§ 5.4.126 - D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Norme in materia ambientale.


Settore:Normativa nazionale
Materia:5. Ambiente
Capitolo:5.4 disciplina generale
Data:03/04/2006
Numero:152


Sommario
Art. 1.  (ambito di applicazione)
Art. 2.  (finalità)
Art. 3.  (criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi)
Art. 3 bis.  Principi sulla produzione del diritto ambientale
Art. 3 ter.  Principio dell'azione ambientale
Art. 3 quater.  Principio dello sviluppo sostenibile
Art. 3 quinquies.  Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione
Art. 3 sexies.  Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo
Art. 3 septies.  (Interpello in materia ambientale)
Art. 4.  Finalità
Art. 5.  Definizioni
Art. 6.  Oggetto della disciplina
Art. 7.  Competenze in materia di VAS e di AIA
Art. 7 bis.  (Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA).
Art. 8.  (Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS).
Art. 8 bis.  Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC
Art. 9.  Norme procedurali generali
Art. 10.  (Coordinamento delle procedure di VAS, VIA, Verifica di assoggettabilità a VIA, Valutazione di incidenza e Autorizzazione integrata ambientale
Art. 11.  Modalità di svolgimento
Art. 12.  Verifica di assoggettabilità
Art. 13.  Redazione del rapporto ambientale
Art. 14.  Consultazione
Art. 15.  Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti della consultazione
Art. 16.  Decisione
Art. 17.  Informazione sulla decisione
Art. 18.  Monitoraggio
Art. 19.  (Modalità di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA).
Art. 20.  (Consultazione preventiva).
Art. 21.  (Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale).
Art. 22.  (Studio di impatto ambientale).
Art. 23.  (Presentazione dell'istanza, avvio del procedimento di VIA e pubblicazione degli atti).
Art. 24.  (Consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere).
Art. 24 bis.  (Inchiesta pubblica).
Art. 25.  (Valutazione degli impatti ambientali e provvedimento di VIA).
Art. 26.  (Integrazione del provvedimento di VIA negli atti autorizzatori).
Art. 26 bis.  (Fase preliminare al provvedimento autorizzatorio unico regionale)
Art. 27.  (Provvedimento unico in materia ambientale).
Art. 27 bis.  (Provvedimento autorizzatorio unico regionale).
Art. 27 ter.  (Procedimento autorizzatorio unico accelerato regionale per settori di rilevanza strategica).
Art. 28.  (Monitoraggio).
Art. 29.  (Sistema sanzionatorio).
Art. 29 bis.  Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili
Art. 29 ter.  Domanda di autorizzazione integrata ambientale
Art. 29 quater.  Procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale
Art. 29 quinquies.  (Coordinamento per l'uniforme applicazione sul territorio nazionale).
Art. 29 sexies.  Autorizzazione integrata ambientale
Art. 29 septies.  (Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale).
Art. 29 octies.  (Rinnovo e riesame).
Art. 29 nonies.  Modifica degli impianti o variazione del gestore
Art. 29 decies.  Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale
Art. 29 undecies.  (Incidenti o imprevisti).
Art. 29 duodecies.  Comunicazioni
Art. 29 terdecies.  Scambio di informazioni
Art. 29 quattuordecies.  (Sanzioni).
Art. 30.  Impatti ambientali interregionali
Art. 31.  Attribuzione competenze
Art. 32.  Consultazioni transfrontaliere
Art. 32 bis.  Effetti transfrontalieri
Art. 33.  Oneri istruttori
Art. 34.  Norme tecniche, organizzative e integrative
Art. 35.  Disposizioni transitorie e finali
Art. 36.  Abrogazioni e modifiche
Art. 37.  (compiti istruttori della commissione tecnico-consultiva)
Art. 38.  (fase preliminare e verifica preventiva)
Art. 39.  (procedure per i progetti con impatti ambientali transfrontalieri)
Art. 40.  (effetti del giudizio di compatibilità ambientale)
Art. 41.  (controlli successivi)
Art. 42.  (progetti sottoposti a VIA in sede regionale o provinciale)
Art. 43.  (procedure di VIA in sede regionale o provinciale)
Art. 44.  (termini del procedimento)
Art. 45.  (coordinamento ed integrazione dei procedimenti amministrativi)
Art. 46.  (procedure semplificate ed esoneri)
Art. 47.  (obblighi di informazione)
Art. 48.  (abrogazioni)
Art. 49.  (provvedimenti di attuazione per la costituzione e funzionamento della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali)
Art. 50.  (adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali)
Art. 51.  (regolamenti e norme tecniche integrative - autorizzazione unica ambientale per le piccole imprese)
Art. 52.  (entrata in vigore)
Art. 53.  (finalità)
Art. 54.  (definizioni)
Art. 55.  (attività conoscitiva)
Art. 56.  (attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione)
Art. 57.  (presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo)
Art. 57 bis.  (Comitato interministeriale per la transizione ecologica).
Art. 58.  (competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)
Art. 59.  (competenze della conferenza Stato-regioni)
Art. 60.  (competenze dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – ISPRA)
Art. 61.  (competenze delle regioni)
Art. 62.  (competenze degli enti locali e di altri soggetti)
Art. 63.  (Autorità di bacino distrettuale).
Art. 63 bis.  (Osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici).
Art. 64.  (Distretti idrografici).
Art. 65.  (valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale)
Art. 66.  (adozione ed approvazione dei piani di bacino)
Art. 67.  (i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio)
Art. 68.  (procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio)
Art. 68 bis.  (Contratti di fiume).
Art. 69.  (programmi di intervento)
Art. 70.  (adozione dei programmi)
Art. 71.  (attuazione degli interventi)
Art. 72.  (finanziamento)
Art. 72 bis.  (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a [...]
Art. 73.  (finalità)
Art. 74.  (definizioni)
Art. 75.  (competenze)
Art. 76.  (disposizioni generali)
Art. 77.  (individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale)
Art. 78.  (Standard di qualità ambientale per le acque superficiali).
Art. 78 bis.  Zone di mescolamento
Art. 78 ter.  Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite
Art. 78 quater.  Inquinamento transfrontaliero
Art. 78 quinquies.  Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee
Art. 78 sexies.  Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi
Art. 78 septies.  Calcolo dei valori medi
Art. 78 octies.  Garanzia e controllo di qualità
Art. 78 nonies.  (Aggiornamento dei piani di gestione).
Art. 78 decies.  (Disposizioni specifiche per alcune sostanze).
Art. 78 undecies.  (Elenco di controllo).
Art. 79.  (obiettivo di qualità per specifica destinazione)
Art. 80.  (acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)
Art. 81.  (deroghe)
Art. 82.  (acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile)
Art. 83.  (acque di balneazione)
Art. 84.  (acque dolci idonee alla vita dei pesci)
Art. 85.  (accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci)
Art. 86.  (deroghe)
Art. 87.  (acque destinate alla vita dei molluschi)
Art. 88.  (accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi)
Art. 89.  (deroghe)
Art. 90.  (norme sanitarie)
Art. 91.  (aree sensibili)
Art. 92.  (zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)
Art. 93.  (zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione)
Art. 94.  (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano)
Art. 95.  (pianificazione del bilancio idrico)
Art. 96.  (modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775)
Art. 97.  (acque minerali naturali e di sorgenti)
Art. 98.  (risparmio idrico)
Art. 99.  (riutilizzo dell'acqua)
Art. 100.  (reti fognarie)
Art. 101.  (criteri generali della disciplina degli scarichi)
Art. 102.  (scarichi di acque termali)
Art. 103.  (scarichi sul suolo)
Art. 104.  (scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee)
Art. 105.  (scarichi in acque superficiali)
Art. 106.  (scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)
Art. 107.  (scarichi in reti fognarie)
Art. 108.  (scarichi di sostanze pericolose)
Art. 109.  (immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte)
Art. 110.  (trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane)
Art. 111.  (impianti di acquacoltura e piscicoltura)
Art. 112.  (utilizzazione agronomica)
Art. 113.  (acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)
Art. 114.  (dighe)
Art. 115.  (tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)
Art. 116.  (programmi di misure)
Art. 117.  (piani di gestione e registro delle aree protette)
Art. 118.  (rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica)
Art. 119.  (principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)
Art. 120.  (rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici)
Art. 121.  (piani di tutela delle acque)
Art. 122.  (informazione e consultazione pubblica)
Art. 123.  (trasmissione delle informazioni e delle relazioni)
Art. 124.  (criteri generali)
Art. 125.  (domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali)
Art. 126.  (approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane)
Art. 127.  (fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)
Art. 128.  (soggetti tenuti al controllo)
Art. 129.  (accessi ed ispezioni)
Art. 130.  (inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)
Art. 131.  (controllo degli scarichi di sostanze pericolose)
Art. 132.  (interventi sostitutivi)
Art. 133.  (sanzioni amministrative)
Art. 134.  (sanzioni in materia di aree di salvaguardia)
Art. 135.  (competenza e giurisdizione)
Art. 136.  (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)
Art. 137.  (sanzioni penali)
Art. 138.  (ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura)
Art. 139.  (obblighi del condannato)
Art. 140.  (circostanza attenuante)
Art. 141.  (ambito di applicazione)
Art. 142.  (competenze)
Art. 143.  (proprietà delle infrastrutture)
Art. 144.  (tutela e uso delle risorse idriche)
Art. 145.  (equilibrio del bilancio idrico)
Art. 146.  (risparmio idrico)
Art. 147.  (organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)
Art. 148.  (autorità d'ambito territoriale ottimale)
Art. 149.  (piano d'ambito)
Art. 149 bis.  (Affidamento del servizio).
Art. 150.  (scelta della forma di gestione e procedure di affidamento)
Art. 151.  (rapporti tra ente di governo dell'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato)
Art. 152.  (poteri di controllo e sostitutivi)
Art. 153.  (dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)
Art. 154.  (tariffa del servizio idrico integrato)
Art. 155.  (tariffa del servizio di fognatura e depurazione)
Art. 156.  (riscossione della tariffa)
Art. 157.  (opere di adeguamento del servizio idrico)
Art. 158.  (opere e interventi per il trasferimento di acqua)
Art. 158 bis.  (Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell'autorità espropriante).
Art. 159.  (autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti)
Art. 160.  (compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza)
Art. 161.  Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche
Art. 162.  (partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)
Art. 163.  (gestione delle aree di salvaguardia)
Art. 164.  (disciplina delle acque nelle aree protette)
Art. 165.  (controlli)
Art. 166.  (usi delle acque irrigue e di bonifica)
Art. 166 bis.  (Usi delle acque per approvvigionamento potabile)
Art. 167.  (usi agricoli delle acque)
Art. 168.  (utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)
Art. 169.  (piani, studi e ricerche)
Art. 170.  (norme transitorie)
Art. 171.  (canoni per le utenze di acqua pubblica)
Art. 172.  (gestioni esistenti)
Art. 173.  (personale)
Art. 174.  (disposizioni di attuazione e di esecuzione)
Art. 175.  (abrogazione di norme)
Art. 176.  (norma finale)
Art. 177.  (Campo di applicazione e finalità)
Art. 178.  (Principi)
Art. 178 bis.  (Responsabilità estesa del produttore)
Art. 178 ter.  (Requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore).
Art. 179.  (Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti)
Art. 180.  (prevenzione della produzione di rifiuti)
Art. 180 bis.  (Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti)
Art. 181.  (Preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti).
Art. 181 bis.  Materie, sostanze e prodotti secondari
Art. 182.  (smaltimento dei rifiuti)
Art. 182 bis.  (Principi di autosufficienza e prossimità)
Art. 182 ter.  (Rifiuti organici)
Art. 183.  (definizioni)
Art. 184.  (classificazione)
Art. 184 bis.  (Sottoprodotto)
Art. 184 ter.  (Cessazione della qualifica di rifiuto)
Art. 184 quater.  (Utilizzo dei materiali di dragaggio).
Art. 185.  (Esclusioni dall'ambito di applicazione)
Art. 185 bis.  (Deposito temporaneo prima della raccolta).
Art. 186.  (terre e rocce da scavo)
Art. 187.  (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi)
Art. 188.  (Responsabilità della gestione dei rifiuti)
Art. 188 bis.  (Sistema di tracciabilità dei rifiuti)
Art. 188 ter.  (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI))
Art. 189.  (Catasto dei rifiuti)
Art. 190.  (Registro cronologico di carico e scarico).
Art. 191.  (ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi)
Art. 192.  (divieto di abbandono)
Art. 193.  (Trasporto dei rifiuti).
Art. 193 bis.  (Trasporto intermodale).
Art. 194.  (Spedizioni transfrontaliere)
Art. 194 bis.  (Procedure semplificate per il recupero dei contributi dovuti per il SISTRI).
Art. 195.  (competenze dello stato)
Art. 196.  (competenze delle regioni)
Art. 197.  (competenze delle province)
Art. 198.  (competenze dei comuni)
Art. 198 bis.  (Programma nazionale per la gestione dei rifiuti).
Art. 199.  (Piani regionali)
Art. 200.  (organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani)
Art. 201.  (disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani)
Art. 202.  (affidamento del servizio)
Art. 203.  (schema tipo di contratto di servizio)
Art. 204.  (gestioni esistenti)
Art. 205.  (misure per incrementare la raccolta differenziata)
Art. 205 bis.  (Regole per il calcolo degli obiettivi).
Art. 206.  (accordi, contratti di programma, incentivi)
Art. 206 bis.  Vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti
Art. 206 ter.  (Accordi e contratti di programma per incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti [...]
Art. 206 quater.  (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi).
Art. 206 quinquies.  (Incentivi per l'acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti [...]
Art. 206 sexies.  (Azioni premianti l'utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi negli [...]
Art. 207.  (autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti)
Art. 208.  (autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti)
Art. 209.  (rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale)
Art. 210.  (autorizzazioni in ipotesi particolari)
Art. 211.  (autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione)
Art. 212.  (albo nazionale gestori ambientali)
Art. 213.  (autorizzazioni integrate ambientali)
Art. 214.  (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate)
Art. 214 bis.  (Sgombero della neve)
Art. 214 ter.  (Determinazione delle condizioni per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata).
Art. 215.  (autosmaltimento)
Art. 216.  (operazioni di recupero)
Art. 216 bis.  (Oli usati)
Art. 216 ter.  (Comunicazioni alla Commissione europea)
Art. 217.  (ambito di applicazione e finalità
Art. 218.  (definizioni)
Art. 219.  (criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio)
Art. 219 bis.  (Sistema di riutilizzo di specifiche tipologie di imballaggi).
Art. 220.  (obiettivi di recupero e di riciclaggio)
Art. 220 bis.  (Obbligo di relazione sull'utilizzo delle borse di plastica).
Art. 221.  (obblighi dei produttori e degli utilizzatori)
Art. 221 bis.  (Sistemi autonomi).
Art. 222.  (raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione)
Art. 223.  (consorzi)
Art. 224.  (consorzio nazionale imballaggi)
Art. 225.  (programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio)
Art. 226.  (divieti)
Art. 226 bis.  (Divieti di commercializzazione delle borse di plastica).
Art. 226 ter.  (Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero).
Art. 226 quater.  (Plastiche monouso)
Art. 227.  (Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto).
Art. 228.  (pneumatici fuori uso)
Art. 229.  (combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q)
Art. 230.  (rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture)
Art. 231.  (veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)
Art. 232.  (rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico)
Art. 232 bis.  (Rifiuti di prodotti da fumo).
Art. 232 ter.  (Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni).
Art. 233.  (consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti
Art. 234.  (consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene
Art. 235.  (Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi
Art. 236.  (consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati
Art. 237.  (Criteri direttivi dei sistemi di gestione).
Art. 237 bis.  (Finalità e oggetto).
Art. 237 ter.  (Definizioni).
Art. 237 quater.  (Ambito di applicazione ed esclusioni).
Art. 237 quinquies.  (Domanda di autorizzazione).
Art. 237 sexies.  (Contenuto dell'autorizzazione).
Art. 237 septies.  (Consegna e ricezione dei rifiuti).
Art. 237 octies.  (Condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento).
Art. 237 nonies.  (Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale dell'attività).
Art. 237 decies.  (Coincenerimento di olii usati).
Art. 237 undecies.  (Coincenerimento di rifiuti animali rientranti nell'ambito di applicazione del regolamento n. 1069/2009/UE).
Art. 237 duodecies.  (Emissione in atmosfera).
Art. 237 terdecies.  (Scarico di acque reflue).
Art. 237 quattuordecies.  (Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincenerimento).
Art. 237 quinquiesdecies.  (Controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici).
Art. 237 sexiesdecies.  (Residui).
Art. 237 septiesdecies.  (Obblighi di comunicazione, informazione, accesso e partecipazione).
Art. 237 octiesdecies.  (Condizioni anomale di funzionamento).
Art. 237 noviesdecies.  (Incidenti o inconvenienti).
Art. 237 vicies.  (Accessi ed ispezioni).
Art. 237 unvicies.  (Spese).
Art. 237 duovicies.  (Disposizioni transitorie e finali).
Art. 238.  (tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)
Art. 239.  (princìpi e campo di applicazione)
Art. 240.  (definizioni)
Art. 241.  (regolamento aree agricole)
Art. 241 bis.  (Aree Militari)
Art. 242.  (procedure operative ed amministrative)
Art. 242 bis.  (Procedura semplificata per le operazioni di bonifica).
Art. 242 ter.  (Interventi e opere nei siti oggetto di bonifica)
Art. 243.  (Gestione delle acque sotterranee emunte).
Art. 244.  (ordinanze)
Art. 245.  (obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione)
Art. 246.  (accordi di programma)
Art. 247.  (siti soggetti a sequestro)
Art. 248.  (controlli)
Art. 249.  (aree contaminate di ridotte dimensioni)
Art. 250.  (bonifica da parte dell'amministrazione)
Art. 251.  (censimento ed anagrafe dei siti da bonificare)
Art. 252.  (siti di interesse nazionale)
Art. 252 bis.  (Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale)
Art. 253.  (oneri reali e privilegi speciali)
Art. 254.  (norme speciali)
Art. 255.  (abbandono di rifiuti)
Art. 256.  (attività di gestione di rifiuti non autorizzata)
Art. 256 bis.  (Combustione illecita di rifiuti).
Art. 257.  (bonifica dei siti)
Art. 258.  (Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari).
Art. 259.  (traffico illecito di rifiuti)
Art. 260.  (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti)
Art. 260 bis.  (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti)
Art. 260 ter.  (Sanzioni amministrative accessorie. Confisca)
Art. 261.  (imballaggi)
Art. 261 bis.  (Sanzioni).
Art. 262.  (competenza e giurisdizione)
Art. 263.  (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)
Art. 264.  (abrogazione di norme)
Art. 264 bis.  (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010)
Art. 264 ter.  (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)
Art. 264 quater.  (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151)
Art. 265.  (disposizioni transitorie)
Art. 266.  (disposizioni finali)
Art. 267.  (campo di applicazione)
Art. 268.  (definizioni)
Art. 269.  (Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti
Art. 270.  (Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni
Art. 271.  (Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività
Art. 272.  (impianti e attività in deroga)
Art. 272 bis.  (Emissioni odorigene).
Art. 273.  (grandi impianti di combustione)
Art. 273 bis.  (Medi impianti di combustione).
Art. 274.  (Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione e dei medi impianti di combustione
Art. 275.  (emissioni di cov)
Art. 276.  (controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali)agli impianti di distribuzione.
Art. 277.  Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento presso gli impianti di distribuzione di benzina
Art. 278.  (poteri di ordinanza)
Art. 279.  (sanzioni)
Art. 280.  (abrogazioni)
Art. 281.  (disposizioni transitorie e finali)
Art. 282.  (campo di applicazione)
Art. 283.  (definizioni)
Art. 284.  Installazione o modifica
Art. 285.  (Caratteristiche tecniche).
Art. 286.  (valori limite di emissione)
Art. 287.  (abilitazione alla conduzione)
Art. 288.  (controlli e sanzioni)
Art. 289.  (abrogazioni)
Art. 290.  (disposizioni transitorie e finali)
Art. 291.  (campo di applicazione)
Art. 292.  (definizioni)
Art. 293.  (combustibili consentiti)
Art. 294.  (Prescrizioni per il rendimento di combustione).
Art. 295.  (Combustibili per uso marittimo).
Art. 296.  (Controlli e sanzioni).
Art. 297.  (abrogazioni)
Art. 298.  (disposizioni transitorie e finali)
Art. 298 bis.  (Disposizioni particolari per installazioni e stabilimenti che producono biossido di titanio e solfati di calcio
Art. 298 bis.  (Principi generali).
Art. 299.  (competenze ministeriali)
Art. 300.  (danno ambientale)
Art. 301.  (attuazione del principio di precauzione)
Art. 302.  (definizioni)
Art. 303.  (esclusioni)
Art. 304.  (azione di prevenzione)
Art. 305.  (ripristino ambientale)
Art. 306.  (determinazione delle misure per il ripristino ambientale)
Art. 306 bis.  (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale).
Art. 307.  (notificazione delle misure preventive e di ripristino)
Art. 308.  (costi dell'attività di prevenzione e di ripristino)
Art. 309.  (richiesta di intervento statale)
Art. 310.  (ricorsi)
Art. 311.  (azione risarcitoria in forma specifica
Art. 312.  (istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale)
Art. 313.  (ordinanza)
Art. 314.  (contenuto dell'ordinanza)
Art. 315.  (effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria)
Art. 316.  (ricorso avverso l'ordinanza)
Art. 317.  (riscossione dei crediti e fondo di rotazione)
Art. 318.  (norme transitorie e finali)
Art. 318 bis.  (Ambito di applicazione).
Art. 318 ter.  (Prescrizioni).
Art. 318 quater.  (Verifica dell'adempimento).
Art. 318 quinquies.  (Notizie di reato non pervenute dall'organo accertatore).
Art. 318 sexies.  (Sospensione del procedimento penale).
Art. 318 septies.  (Estinzione del reato).
Art. 318 octies.  (Norme di coordinamento e transitorie).


§ 5.4.126 - D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. [1]

Norme in materia ambientale.

(G.U. 14 aprile 2006, n. 88 - S.O. n. 96)

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

     Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;

     Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione;

     Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

     Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

     Viste le direttive 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, e 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, come modificata dalle direttive 97/11/CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nonchè riordino e coordinamento delle procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC);

     Vista la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

     Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque;

     Vista la direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti;

     Vista la direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi;

     Vista la direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;

     Vista la direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali;

     Vista la direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio;

     Vista la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, concernente la limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti;

     Vista la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/CEE;

     Vista la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione;

     Vista la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalità, «istituisce un quadro per la responsabilità ambientale» basato sul principio «chi inquina paga»;

     Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 novembre 2005;

     Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

     Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

     Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 gennaio 2006;

     Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

     Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006;

     Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione pubblica, per gli affari regionali, dell'interno, della giustizia, della difesa, dell'economia e delle finanze, delle attività produttive, della salute, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali;

 

Emana

il seguente decreto legislativo:

 

 

PARTE PRIMA

DISPOSIZIONI COMUNI E PRINCIPI GENERALI [2]

 

Art. 1. (ambito di applicazione)

     1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:

     a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);

     b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche;

     c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;

     d) nella parte quinta, la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;

     e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.

 

     Art. 2. (finalità)

     1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

     2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto provvede al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative nelle materie di cui all'articolo 1, in conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9 dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto degli obblighi internazionali, dell'ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali [3].

     3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

     Art. 3. (criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi)

     1. [Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute] [4].

     2. [Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto] [5].

     3. Per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare acquisisce, entro 30 giorni dalla richiesta, il parere delle rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica [6].

     4. [Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale] [7].

     5. [Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, per la durata di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un gruppo di dieci esperti nominati, con proprio decreto, fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di esperti non spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi titolo riconosciuti o rimborsi spese] [8].

 

     Art. 3 bis. Principi sulla produzione del diritto ambientale [9]

     l. I principi posti dalla presente Parte prima e dagli articoli seguenti costituiscono i principi generali in tema di tutela dell'ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario [10].

     2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente.

     3. Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purchè sia comunque sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali [11].

 

     Art. 3 ter. Principio dell'azione ambientale [12]

     1. La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonchè al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale.

 

     Art. 3 quater. Principio dello sviluppo sostenibile [13]

     1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.

     2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

     3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinchè nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro.

     4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.

 

     Art. 3 quinquies. Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione [14]

     1. I principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale [15].

     2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purchè ciò non comporti un'arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali.

     3. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati.

     4. Il principio di sussidiarietà di cui al comma 3 opera anche nei rapporti tra regioni ed enti locali minori. Qualora sussistano i presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di un ente locale, nelle materie di propria competenza la Regione può esercitare il suo potere sostitutivo [16].

 

     Art. 3 sexies. Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo [17]

     1. In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.

     1-bis. Nel caso di piani o programmi da elaborare a norma delle disposizioni di cui all'allegato 1 alla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, qualora agli stessi non si applichi l'articolo 6, comma 2, del presente decreto, l'autorità competente all'elaborazione e all'approvazione dei predetti piani o programmi assicura la partecipazione del pubblico nel procedimento di elaborazione, di modifica e di riesame delle proposte degli stessi piani o programmi prima che vengano adottate decisioni sui medesimi piani o programmi [18].

     1-ter. Delle proposte dei piani e programmi di cui al comma 1-bis l'autorità procedente dà avviso mediante pubblicazione nel proprio sito web. La pubblicazione deve contenere l'indicazione del titolo del piano o del programma, dell'autorità competente, delle sedi ove può essere presa visione del piano o programma e delle modalità dettagliate per la loro consultazione [19].

     1-quater. L'autorità competente mette altresì a disposizione del pubblico il piano o programma mediante il deposito presso i propri uffici e la pubblicazione nel proprio sito web [20].

     1-quinquies. Entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1-ter, chiunque può prendere visione del piano o programma ed estrarne copia, anche in formato digitale, e presentare all'autorità competente proprie osservazioni o pareri in forma scritta [21].

     1-sexies. L'autorità procedente tiene adeguatamente conto delle osservazioni del pubblico presentate nei termini di cui al comma 1-quinquies nell'adozione del piano o programma [22].

     1-septies. Il piano o programma, dopo che sia stato adottato, è pubblicato nel sito web dell'autorità competente unitamente ad una dichiarazione di sintesi nella quale l'autorità stessa dà conto delle considerazioni che sono state alla base della decisione. La dichiarazione contiene altresì informazioni sulla partecipazione del pubblico [23].

 

     Art. 3 septies. (Interpello in materia ambientale) [24]

     1. Le regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le città metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attività di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da più soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica può fornire un'unica risposta.

     2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformità all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

     3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, nè sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

 

PARTE SECONDA [25]

Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione dell'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione integrata ambientale (IPPC)

 

Titolo I

PRINCIPI GENERALI PER LE PROCEDURE DI VIA, DI VAS E PER LA VALUTAZIONE D'INCIDENZA E L'AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA).

 

     Art. 4. Finalità [26]

     1. Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione:

     a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente;

     b) della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati [27];

     c) della direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 gennaio 2008, concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento [28].

     2. [Il presente decreto individua, nell'ambito della procedura di Valutazione dell'impatto ambientale modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale, ivi comprese le procedure di cui al Titolo III-bis, Parte Seconda del presente decreto] [29].

     3. La valutazione ambientale di piani, programmi e progetti ha la finalità di assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica. Per mezzo della stessa si affronta la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione.

     4. In tale ambito:

     a) la valutazione ambientale di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull'ambiente ha la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.

     b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un miglior ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione degli ecosistemi in quanto risorse essenziali per la vita. A questo scopo essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti ambientali di un progetto come definiti all'articolo 5, comma 1, lettera c) [30];

     c) l'autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale [31].

 

     Art. 5. Definizioni [32]

     1. Ai fini del presente decreto si intende per:

     a) valutazione ambientale di piani e programmi, nel seguito valutazione ambientale strategica, di seguito VAS: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione ed il monitoraggio;

     b) valutazione d'impatto ambientale, di seguito VIA: il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto, l'elaborazione e la presentazione dello studio d'impatto ambientale da parte del proponente, lo svolgimento delle consultazioni, la valutazione dello studio d'impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente e degli esiti delle consultazioni, l'adozione del provvedimento di VIA in merito agli impatti ambientali del progetto, l'integrazione del provvedimento di VIA nel provvedimento di approvazione o autorizzazione del progetto [33];

     b-bis) valutazione di impatto sanitario, di seguito VIS: elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l'esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione [34];

     b-ter) valutazione d'incidenza: procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o su un'area geografica proposta come sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso [35];

     c) impatti ambientali: effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori:

     popolazione e salute umana;

     biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE;

     territorio, suolo, acqua, aria e clima;

     beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;

     interazione tra i fattori sopra elencati.

     Negli impatti ambientali rientrano gli effetti derivanti dalla vulnerabilità del progetto a rischio di gravi incidenti o calamità pertinenti il progetto medesimo [36];

     d) patrimonio culturale: l'insieme costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici in conformità al disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     e) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di programmazione comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonchè le loro modifiche:

     1) che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale e

     2) che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

     f) rapporto ambientale: il documento del piano o del programma redatto in conformità alle previsioni di cui all'articolo 13;

     g) progetto: la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo. Ai fini del rilascio del provvedimento di VIA il proponente presenta il progetto di fattibilità come definito dall'articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, o, ove disponibile, il progetto definitivo come definito dall'articolo 23, comma 7, del decreto legislativo n. 50 del 2016, ed in ogni caso tale da consentire la compiuta valutazione dei contenuti dello studio di impatto ambientale ai sensi dell'allegato IV della direttiva 2011/92/UE [37];

     g-bis) studio preliminare ambientale: documento da presentare per l'avvio del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, contenente le informazioni sulle caratteristiche del progetto e sui suoi probabili effetti significativi sull'ambiente, redatto in conformità alle indicazioni contenute nell'allegato IV-bis alla parte seconda del presente decreto [38];

     h) [progetto definitivo: gli elaborati progettuali predisposti in conformità all'articolo 93 del decreto n. 163 del 2006 nel caso di opere pubbliche; negli altri casi, il progetto che presenta almeno un livello informativo e di dettaglio equivalente ai fini della valutazione ambientale] [39];

     i) studio di impatto ambientale: documento che integra i progetti ai fini del procedimento di VIA, redatto in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 22 e alle indicazioni contenute nell'allegato VII alla parte seconda del presente decreto [40];

     i-bis) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui ali decreti legislativi del 3 marzo 1993, n. 91 e n. 92 [41];

     i-ter) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi [42];

     i-quater) "installazione": unità tecnica permanente, in cui sono svolte una o più attività elencate all'allegato VIII alla Parte Seconda e qualsiasi altra attività accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attività svolte nel luogo suddetto e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento. È considerata accessoria l'attività tecnicamente connessa anche quando condotta da diverso gestore [43];

     i-quinquies) "installazione esistente": ai fini dell'applicazione del Titolo III-bis alla Parte Seconda una installazione che, al 6 gennaio 2013, ha ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale o per la quale, a tale data, sono state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che essa entri in funzione entro il 6 gennaio 2014. Le installazioni esistenti si qualificano come 'non già soggette ad AIA' se in esse non si svolgono attività già ricomprese nelle categorie di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 [44];

     i-sexies) "nuova installazione": una installazione che non ricade nella definizione di installazione esistente [45];

     i-septies) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, opera o infrastruttura , di sostanze, vibrazioni, calore o rumore, agenti fisici o chimici, radiazioni, nell'aria, nell'acqua ovvero nel suolo [46];

     i-octies) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, indicate nel allegato X. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano, tranne i casi diversamente previsti dalla legge, nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dall'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto [47];

     i-nonies) norma di qualità ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualità, che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale [48];

     l) modifica: la variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull'ambiente [49];

     l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente o sulla salute umana. In particolare, con riferimento alla disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l'allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica all'installazione che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa [50];

     l-ter) migliori tecniche disponibili (best available techniques - BAT): la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato XI. Si intende per:

     1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;

     2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell'ambito del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purchè il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli;

     3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso [51];

     l-ter.1) "documento di riferimento sulle BAT" o "BREF": documento pubblicato dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 6, della direttiva 2010/75/UE [52];

     l-ter.2) "conclusioni sulle BAT": un documento adottato secondo quanto specificato all'articolo 13, paragrafo 5, della direttiva 2010/75/UE, e pubblicato in italiano nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, contenente le parti di un BREF riguardanti le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l'applicabilità, i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito [53];

     l-ter.4) "livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili" o "BAT-AEL": intervalli di livelli di emissione ottenuti in condizioni di esercizio normali utilizzando una migliore tecnica disponibile o una combinazione di migliori tecniche disponibili, come indicato nelle conclusioni sulle BAT, espressi come media in un determinato arco di tempo e nell'ambito di condizioni di riferimento specifiche [54];

     l-ter.5) "tecnica emergente": una tecnica innovativa per un'attività industriale che, se sviluppata commercialmente, potrebbe assicurare un più elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso o almeno lo stesso livello di protezione dell'ambiente e maggiori risparmi di spesa rispetto alle migliori tecniche disponibili esistenti [55];

     m) verifica di assoggettabilità a VIA di un progetto: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se un progetto determina potenziali impatti ambientali significativi e negativi e deve essere quindi sottoposto al procedimento di VIA secondo le disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del presente decreto [56];

     m-bis) verifica di assoggettabilità di un piano o programma: la verifica attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate [57];

     m-ter) parere motivato: il provvedimento obbligatorio con eventuali osservazioni e condizioni che conclude la fase di valutazione di VAS, espresso dall'autorità competente sulla base dell'istruttoria svolta e degli esiti delle consultazioni [58];

     n) provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA: il provvedimento motivato, obbligatorio e vincolante dell'autorità competente che conclude il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA [59];

     o) provvedimento di VIA: il provvedimento motivato, obbligatorio e vincolante, che esprime la conclusione dell'autorità competente in merito agli impatti ambientali significativi e negativi del progetto, adottato sulla base dell'istruttoria svolta, degli esiti delle consultazioni pubbliche e delle eventuali consultazioni transfrontaliere [60];

     o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l'esercizio di una installazione rientrante fra quelle di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di essa a determinate condizioni che devono garantire che l'installazione sia conforme ai requisiti di cui al Titolo III-bis ai fini dell'individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c). Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per una o più installazioni o parti di esse che siano localizzate sullo stesso sito e gestite dal medesimo gestore. Nel caso in cui diverse parti di una installazione siano gestite da gestori differenti, le relative autorizzazioni integrate ambientali sono opportunamente coordinate a livello istruttorio [61];

     o-ter) condizione ambientale del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA: prescrizione vincolante, se richiesta dal proponente, relativa alle caratteristiche del progetto ovvero alle misure previste per evitare o prevenire impatti ambientali significativi e negativi, eventualmente associata al provvedimento negativo di verifica di assoggettabilità a VIA [62];

     o-quater) condizione ambientale del provvedimento di VIA: prescrizione vincolante eventualmente associata al provvedimento di VIA che definisce le linee di indirizzo da seguire nelle successive fasi di sviluppo progettuale delle opere per garantire l'applicazione di criteri ambientali atti a contenere e limitare gli impatti ambientali significativi e negativi o incrementare le prestazioni ambientali del progetto, nonché i requisiti per la realizzazione del progetto o l'esercizio delle relative attività, ovvero le misure previste per evitare, prevenire, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi nonchè, ove opportuno, le misure di monitoraggio [63];

     o-quinquies) autorizzazione: il provvedimento che abilita il proponente a realizzare il progetto [64];

     p) autorità competente: la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l'esercizio [65];

     q) autorità procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma;

     r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto;

     r-bis) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce, nella sua totalità o in parte, l'installazione o l'impianto oppure che dispone di un potere economico determinante sull'esercizio tecnico dei medesimi [66];

     s) soggetti competenti in materia ambientale: le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessate agli impatti sull'ambiente dovuti all'attuazione dei piani, programmi o progetti;

     t) consultazione: l'insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei piani, programmi e progetti;

     u) pubblico: una o più persone fisiche o giuridiche nonchè, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

     v) pubblico interessato: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonchè le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate come aventi interesse:

     v-bis) "relazione di riferimento": informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività. Tali informazioni riguardano almeno: l'uso attuale e, se possibile, gli usi passati del sito, nonchè, se disponibili, le misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell'elaborazione della relazione o, in alternativa, relative a nuove misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee tenendo conto della possibilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall'installazione interessata. Le informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento. Nella redazione della relazione di riferimento si terrà conto delle linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE [67];

     v-ter) "acque sotterranee": acque sotterranee quali definite all'articolo 74, comma 1, lettera l) [68];

     v-quater) "suolo": lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Ai soli fini dell'applicazione della Parte Terza, l'accezione del termine comprende, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali [69];

     v-quinquies) "ispezione ambientale": tutte le azioni, ivi compresi visite in loco, controllo delle emissioni e controlli delle relazioni interne e dei documenti di follow-up, verifica dell'autocontrollo, controllo delle tecniche utilizzate e adeguatezza della gestione ambientale dell'installazione, intraprese dall'autorità competente o per suo conto al fine di verificare e promuovere il rispetto delle condizioni di autorizzazione da parte delle installazioni, nonchè, se del caso, monitorare l'impatto ambientale di queste ultime [70];

     v-sexies) "pollame": il pollame quale definito all'articolo 2, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1993, n. 587 [71];

     v-septies) "combustibile": qualsiasi materia combustibile solida, liquida o gassosa, che la norma ammette possa essere combusta per utilizzare l'energia liberata dal processo [72];

     v-octies) "sostanze pericolose": le sostanze o miscele, come definite all'articolo 2, punti 7 e 8, del regolamento (CE) n. 1272/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, pericolose ai sensi dell'articolo 3 del medesimo regolamento. Ai fini della Parte Terza si applica la definizione di cui all'articolo 74, comma 2, lettera ee) [73].

     1-bis. Ai fini del della presente Parte Seconda si applicano inoltre le definizioni di 'impianto di incenerimento dei rifiuti' e di 'impianto di coincenerimento dei rifiuti' di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 237-ter [74].

 

     Art. 6. Oggetto della disciplina [75]

     1. La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.

     2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:

     a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV del presente decreto [76];

     b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.

     3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento [77].

     3-bis. L'autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti, producano impatti significativi sull'ambiente [78].

     3-ter. Per progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale o del Piano di sviluppo aeroportuale, già sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che rientrano tra le categorie per le quali è prevista la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale o dal Piano di sviluppo aeroportuale. Qualora il Piano regolatore Portuale, il Piano di sviluppo aeroportuale ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste dalla Parte Seconda del presente decreto ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli eventuali contenuti di pianificazione del Piano e si conclude con un unico provvedimento [79].

     4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:

     a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o ricadenti nella disciplina di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni [80];

     b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;

     c) i piani di protezione civile in caso di pericolo per l'incolumità pubblica;

     c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile e approvati dalle regioni o dagli organismi dalle stesse individuati [81];

     c-ter) i piani, i programmi e i provvedimenti di difesa fitosanitaria adottati dal Servizio fitosanitario nazionale che danno applicazione a misure fitosanitarie di emergenza [82].

     5. La valutazione d'impatto ambientale si applica ai progetti che possono avere impatti ambientali significativi e negativi, come definiti all'articolo 5, comma 1, lettera c) [83].

     6. La verifica di assoggettabilità a VIA è effettuata per:

     a) i progetti elencati nell'allegato II alla parte seconda del presente decreto, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni;

     b) le modifiche o le estensioni dei progetti elencati nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, ivi compresi gli interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti di produzione di energia da fonti eoliche o solari, la cui realizzazione potenzialmente possa produrre impatti ambientali significativi e negativi, ad eccezione delle modifiche o estensioni che risultino conformi agli eventuali valori limite stabiliti nei medesimi allegati II e III [84];

     c) i progetti elencati nell'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015;

     d) i progetti elencati nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015 [85].

     6-bis. Qualora nei procedimenti di VIA di competenza statale l'autorità competente coincida con l'autorità che autorizza il progetto, la valutazione di impatto ambientale viene rilasciata dall'autorità competente nell'ambito del procedimento autorizzatorio. Resta fermo che la decisione di autorizzare il progetto è assunta sulla base del provvedimento di VIA [86].

     7. La VIA è effettuata per:

     a) i progetti di cui agli allegati II e III alla parte seconda del presente decreto;

     b) i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, che ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, ovvero all'interno di siti della rete Natura 2000;

     c) i progetti elencati nell'allegato II alla parte seconda del presente decreto, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni, qualora, all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi;

     d) le modifiche o estensioni dei progetti elencati negli allegati II e III che comportano il superamento degli eventuali valori limite ivi stabiliti;

     e) le modifiche o estensioni dei progetti elencati nell'allegato II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, qualora, all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi e negativi;

     f) i progetti di cui agli allegati II-bis e IV alla parte seconda del presente decreto, qualora all'esito dello svolgimento della verifica di assoggettabilità a VIA, in applicazione dei criteri e delle soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015, l'autorità competente valuti che possano produrre impatti ambientali significativi e negativi [87].

     8. [Per i progetti di cui agli allegati III e IV, ricadenti all'interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento. Le medesime riduzioni si applicano anche per le soglie dimensionali dei progetti di cui all'allegato II, punti 4-bis) e 4-ter), relativi agli elettrodotti facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale] [88].

     9. Per le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, fatta eccezione per le modifiche o estensioni di cui al comma 7, lettera d), il proponente, in ragione della presunta assenza di potenziali impatti ambientali significativi e negativi, ha la facoltà di richiedere all'autorità competente, trasmettendo adeguati elementi informativi tramite apposite liste di controllo, una valutazione preliminare al fine di individuare l'eventuale procedura da avviare. L'autorità competente, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta di valutazione preliminare, comunica al proponente l'esito delle proprie valutazioni, indicando se le modifiche, le estensioni o gli adeguamenti tecnici devono essere assoggettati a verifica di assoggettabilità a VIA, a VIA, ovvero non rientrano nelle categorie di cui ai commi 6 o 7. L'esito della valutazione preliminare e la documentazione trasmessa dal proponente sono tempestivamente pubblicati dall'autorità competente sul proprio sito internet istituzionale [89].

     9-bis. Nell'ambito dei progetti già autorizzati, per le varianti progettuali legate a modifiche, estensioni e adeguamenti tecnici non sostanziali che non comportino impatti ambientali significativi e negativi si applica la procedura di cui al comma 9 [90].

     10. Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, può disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi [91].

     10-bis. Ai procedimenti di cui ai commi 6, 7 e 9 del presente articolo, nonchè all'articolo 28, non si applica quanto previsto dall'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 [92].

     11. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 32, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può, in casi eccezionali, previo parere del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalità del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. In tali casi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:

     a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;

     b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;

     c) informa la Commissione europea, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite [93].

     12. Per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale, urbanistica o della destinazione dei suoli conseguenti all'approvazione dei piani di cui al comma 3-ter, nonché a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere [94].

     13. L'autorizzazione integrata ambientale è necessaria per:

     a) le installazioni che svolgono attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda [95];

     b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui alla lettera a) del presente comma;

     14. Per le attività di smaltimento o di recupero di rifiuti svolte nelle installazioni di cui all'articolo 6, comma 13, anche qualora costituiscano solo una parte delle attività svolte nell'installazione, l'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 29-quater, comma 11, costituisce anche autorizzazione alla realizzazione o alla modifica, come disciplinato dall'articolo 208 [96].

     15. Per le installazioni di cui alla lettera a) del comma 13, nonchè per le loro modifiche sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente decreto e dei termini di cui all'articolo 29-quater, comma 10 [97].

     16. L'autorità competente, nel determinare le condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali:

     a) devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili;

     b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento significativi;

     c) è prevenuta la produzione dei rifiuti, a norma della parte quarta del presente decreto; i rifiuti la cui produzione non è prevenibile sono in ordine di priorità e conformemente alla parte quarta del presente decreto, riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull'ambiente [98];

     d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente;

     e) devono essere prese le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;

     f) deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività e il sito stesso deve essere ripristinato conformemente a quanto previsto all'articolo 29-sexies, comma 9-quinquies [99].

     17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonchè di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell'ambiente, nonchè le operazioni finali di ripristino ambientale. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l'olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell'incremento dell'aliquota ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione, rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l'impiego dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l'ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell'inquinamento marino [100].

 

     Art. 7. Competenze in materia di VAS e di AIA [101]. [102]

     1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato.

     2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali.

     3. [Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II al presente decreto] [103].

     4. [Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto] [104].

     4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali [105].

     4-ter. Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all'allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali [106].

     5. In sede statale, l'autorità competente ai fini della VAS e dell'AIA è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il parere motivato in sede di VAS è espresso dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare [107].

     6. In sede regionale, l'autorità competente ai fini della VAS e dell'AIA è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome [108].

     7. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA. Disciplinano inoltre:

     a) i criteri per la individuazione degli enti locali territoriali interessati;

     b) i criteri specifici per l'individuazione dei soggetti competenti in materia ambientale;

     c) fermo il rispetto della legislazione europea, eventuali ulteriori modalità, rispetto a quelle indicate nel presente decreto, purchè con questo compatibili, per l'individuazione dei piani e programmi o progetti o installazioni da sottoporre a VAS ed AIA e per lo svolgimento della relativa consultazione;

     d) le modalità di partecipazione delle regioni e province autonome confinanti al processo di VAS, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni nazionali in materia;

     e) le regole procedurali per il rilascio dei provvedimenti di AIA e dei pareri motivati in sede di VAS di propria competenza, fermo restando il rispetto dei limiti generali di cui al presente decreto ed all'articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni [109].

     8. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di valutazione in corso.

     9. Le Regioni e le Province Autonome esercitano la competenza ad esse assegnata dai commi 2, 4 e 7 nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal presente Titolo [110].

 

     Art. 7 bis. (Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA). [111]

     1. La verifica di assoggettabilità a VIA e la VIA vengono effettuate ai diversi livelli istituzionali, tenendo conto dell'esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni.

     2. Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto.

     2-bis. Le opere, gli impianti e le infrastrutture necessari alla realizzazione dei progetti strategici per la transizione energetica del Paese inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), predisposto in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999, come individuati nell'Allegato I-bis, e le opere ad essi connesse costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti [112].

     2-ter. [L'individuazione delle aree di cui al comma 2-bis deve avvenire nel rispetto delle esigenze di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, nonché delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici e del suolo, tenuto conto dei suoli degradati le cui funzioni ecosistemiche risultano pregiudicate in modo irreversibile e definitivo] [113].

     2-quater. Per la realizzazione delle opere di cui al comma 2-bis occorre privilegiare, ove possibile, l'utilizzo di superfici di strutture edificate, comprese le piattaforme petrolifere in disuso [114].

     3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis, sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede regionale i progetti di cui all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto [115].

     4. In sede statale, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per le attività istruttorie relative al procedimento di VIA. Il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA è adottato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA è adottato nelle forme e con le modalità di cui all'articolo 25, comma 2, e all'articolo 27, comma 8.

     4-bis. Nel caso di opere o interventi caratterizzati da più elementi progettuali corrispondenti a diverse tipologie soggette a VIA ovvero a verifica di assoggettabilità a VIA rientranti in parte nella competenza statale e in parte in quella regionale, il proponente, con riferimento alle voci elencate negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, invia in formato elettronico al Ministero della transizione ecologica e alla Regione o Provincia autonoma interessata una comunicazione contenente:

     a) oggetto/titolo del progetto o intervento proposto;

     b) tipologia progettuale individuata come principale;

     c) altre tipologie progettuali coinvolte [116].

     4-ter. Entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, la Regione o la Provincia autonoma trasmette al Ministero le valutazioni di competenza, anche in merito all'individuazione dell'autorità competente allo svolgimento della procedura di VIA o alla verifica di assoggettabilità a VIA, dandone contestualmente comunicazione al proponente. Entro i successivi trenta giorni, in base ai criteri di cui agli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del presente decreto, il competente ufficio del Ministero comunica al proponente e alla Regione o Provincia autonoma la determinazione in merito all'autorità competente, alla quale il proponente stesso dovrà presentare l'istanza per l'avvio del procedimento. Decorso tale termine, si considera acquisito l'assenso del Ministero sulla posizione formulata dalla Regione o Provincia autonoma [117].

     5. In sede regionale, l'autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome.

     6. Qualora nei procedimenti di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA l'autorità competente coincida con l'autorità proponente di un progetto, le autorità medesime provvedono a separare in maniera appropriata, nell'ambito della propria organizzazione delle competenze amministrative, le funzioni confliggenti in relazione all'assolvimento dei compiti derivanti dal presente decreto. Le autorità competenti evitano l'insorgenza di situazioni che diano origine a un conflitto di interessi e provvedono a segnalare ogni situazione di conflitto, anche potenziale, alle competenti autorità [118].

     7. Qualora un progetto sia sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA di competenza regionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano che le procedure siano svolte in conformità agli articoli da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del presente decreto. Il procedimento di VIA di competenza regionale si svolge con le modalità di cui all'articolo 27-bis.

     8. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonchè l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali. La potestà normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonchè per la destinazione alle finalità di cui all'articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis.

     8-bis. Limitatamente agli interventi necessari per il superamento di sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in caso di inerzia regionale per i progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA ai sensi del comma 3, lo Stato esercita i poteri sostitutivi di cui all'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012 n. 234 [119].

     9. A decorrere dal 31 dicembre 2017, e con cadenza biennale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano informano il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA e di VIA, fornendo:

     a) il numero di progetti di cui agli allegati III e IV sottoposti ad una valutazione dell'impatto ambientale;

     b) la ripartizione delle valutazioni dell'impatto ambientale secondo le categorie dei progetti di cui agli allegati III e IV;

     c) il numero di progetti di cui all'allegato IV sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA;

     d) la durata media delle procedure di valutazione dell'impatto ambientale;

     e) stime generali dei costi medi diretti delle valutazioni dell'impatto ambientale, incluse le stime degli effetti sulle piccole e medie imprese.

     10. A decorrere dal 16 maggio 2017, ed ogni 6 anni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informa la Commissione europea circa lo stato di attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

 

     Art. 8. (Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS). [120]

     1. Il supporto tecnico-scientifico all'autorità competente per l'attuazione delle norme di cui ai Titoli II e III della presente parte nel caso di piani, programmi e progetti per i quali le valutazioni ambientali VIA e VAS spettano allo Stato è assicurato dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS, composta da un numero massimo di settanta commissari, inclusi il Presidente e il Segretario, posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per lo svolgimento delle istruttorie tecniche, la Commissione si avvale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sulla base di un'apposita convenzione, nel limite di spesa di 500.000 euro annui, cui si provvede con i proventi delle tariffe di cui all'articolo 33, comma 1. Per le medesime finalità la Commissione può avvalersi, tramite appositi protocolli d'intesa, degli altri enti del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, e degli altri enti pubblici di ricerca senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Per i procedimenti per i quali sia riconosciuto un concorrente interesse regionale, all'attività istruttoria partecipa un esperto designato dalle Regioni e dalle Province autonome interessate, individuato tra i soggetti in possesso di adeguata professionalità ed esperienza nel settore della valutazione dell'impatto ambientale e del diritto ambientale. Nella trattazione dei procedimenti di sua competenza ai sensi della normativa vigente, la Commissione di cui al presente comma nonchè la Commissione di cui al comma 2-bis danno precedenza ai progetti aventi un comprovato valore economico superiore a 5 milioni di euro ovvero una ricaduta in termini di maggiore occupazione attesa superiore a quindici unità di personale, nonchè ai progetti cui si correlano scadenze non superiori a dodici mesi, fissate con termine perentorio dalla legge o comunque da enti terzi, e ai progetti relativi ad impianti già autorizzati la cui autorizzazione scade entro dodici mesi dalla presentazione dell'istanza. Con riferimento alle procedure di valutazione ambientale di competenza statale relative ai progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, individuati dall'allegato I-bis alla parte seconda del presente decreto tra quelli a cui, ai sensi del periodo precedente, deve essere data precedenza, hanno in ogni caso priorità, in ordine decrescente, i progetti che hanno maggior valore di potenza installata o trasportata prevista, nonchè i progetti concernenti impianti di produzione di idrogeno verde ovvero rinnovabile di cui al punto 6-bis) dell'allegato II alla parte seconda e i connessi impianti da fonti rinnovabili, ove previsti. La Commissione può derogare all'ordine di priorità di cui al quarto e quinto periodo in caso di deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri ai sensi del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1; in tal caso, la Commissione di cui al presente comma ovvero la Commissione di cui al comma 2-bis del presente articolo dà precedenza ai progetti connessi alle misure relative allo stato di emergenza [121].

     2. I commissari di cui al comma 1 sono scelti tra professori o ricercatori universitari, tra il personale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, ivi compreso quello appartenente ad enti di ricerca, al Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, all'Istituto superiore di sanità ovvero tra soggetti anche estranei alla pubblica amministrazione, provvisti del diploma di laurea di vecchio ordinamento, di laurea specialistica o magistrale, con adeguata esperienza professionale di almeno cinque anni, all'atto della nomina; il loro incarico dura quattro anni ed è rinnovabile una sola volta. I commissari sono nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza obbligo di procedura concorsuale e con determinazione motivata esclusivamente in ordine al possesso da parte dei prescelti dei necessari requisiti di comprovata professionalità e competenza nelle materie ambientali, economiche, giuridiche e di sanità pubblica, garantendo il rispetto del principio dell'equilibrio di genere. Ai commissari, qualora provenienti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonchè se personale di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, si applica quanto previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, per il personale in regime di diritto pubblico, quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti. Ai commissari spetta il compenso definito con le modalità di cui al comma 5 esclusivamente in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti e solo a seguito dell'adozione del relativo parere finale [122].

     2-bis. Per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti compresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di quelli finanziati a valere sul fondo complementare nonchè dei progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, individuati nell'allegato I-bis al presente decreto, e di quelli comunque connessi alla gestione della risorsa idrica, ricompresi nell'allegato II alla parte seconda del presente decreto è istituita la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC, posta alle dipendenze funzionali del Ministero della transizione ecologica, e formata da un numero massimo di quaranta unità, inclusi il presidente e il segretario, in possesso di diploma di laurea o laurea magistrale, con almeno cinque anni di esperienza professionale e con competenze adeguate alla valutazione tecnica, ambientale e paesaggistica dei predetti progetti, individuato tra il personale di ruolo delle amministrazioni statali e regionali, delle istituzioni universitarie, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e dell'Istituto superiore di sanità (ISS), secondo le modalità di cui al comma 2, secondo periodo, ad esclusione del personale docente, fatta eccezione per quanto previsto dal quinto periodo, nonchè di quello, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche. Il personale delle pubbliche amministrazioni è collocato d'ufficio in posizione di fuori ruolo, comando, distacco, aspettativa o altra analoga posizione, secondo i rispettivi ordinamenti, alla data di adozione del decreto di nomina di cui all'ottavo periodo del presente comma. Nel caso in cui al presidente della Commissione di cui al comma 1 sia attribuita anche la presidenza della Commissione di cui al comma 2-bis, si applica l'art. 9, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, anche per evitare qualsiasi effetto decadenziale. I componenti nominati nella Commissione Tecnica PNRR-PNIEC svolgono tale attività a tempo pieno ad eccezione dei componenti nominati ai sensi del quinto periodo, salvo che il tempo pieno non sia previsto nei singoli decreti di cui al medesimo quinto periodo. Con decreto del Ministro della transizione ecologica, su proposta del presidente della Commissione di cui al comma 1, i componenti della predetta Commissione, fino a un massimo di dieci, possono essere nominati anche componenti della Commissione di cui al presente comma, ivi incluso il personale dipendente di società in house dello Stato. Nelle more del perfezionamento del decreto di nomina, il commissario in esso individuato è autorizzato a partecipare, con diritto di voto, alle riunioni della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC. Nella nomina dei membri è garantito il rispetto dell'equilibrio di genere. I componenti della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC sono nominati con decreto del Ministro della transizione ecologica entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, anche attingendo dall'elenco utilizzato per la nomina dei componenti della Commissione tecnica di verifica di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in possesso dei medesimi requisiti di cui al comma 2-bis. I componenti della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC restano in carica cinque anni e sono rinnovabili per una sola volta. Con le medesime modalità previste per le unità di cui al primo periodo, possono essere nominati componenti aggregati della Commissione di cui al presente comma, nel numero massimo di trenta unità, che restano in carica tre anni e il cui trattamento giuridico ed economico è equiparato a ogni effetto a quello previsto per le unità di cui al primo periodo. Alle riunioni della commissione partecipa, senza diritto di voto, anche un rappresentante del Ministero della cultura. Per lo svolgimento delle istruttorie tecniche la Commissione si avvale, tramite appositi protocolli d'intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente a norma della legge 28 giugno 2016, n. 132, e degli altri enti pubblici di ricerca. Per i procedimenti per i quali sia riconosciuto da specifiche disposizioni o intese un concorrente interesse regionale, all'attività istruttoria partecipa con diritto di voto un esperto designato dalle Regioni e dalle Province autonome interessate, individuato tra i soggetti in possesso di adeguata professionalità ed esperienza nel settore della valutazione dell'impatto ambientale e del diritto ambientale; ai fini della designazione e della conseguente partecipazione alle riunioni della Commissione tecnica PNRR-PNIEC, è in ogni caso sufficiente la comunicazione o la conferma da parte della regione o della provincia autonoma del nominativo dell'interessato. La Commissione opera con le modalità previste dagli articoli 20, 21, 23, 24, 25, 27 e 28 del presente decreto. I commissari, laddove collocati in quiescenza nel corso dello svolgimento dell'incarico, restano in carica fino al termine dello stesso e non possono essere rinnovati; in tal caso, i suddetti commissari percepiscono soltanto, oltre al trattamento di quiescenza, il compenso di cui al comma 5. La Commissione può essere articolata in Sottocommissioni e Gruppi istruttori. La composizione delle Sottocommissioni, anche in relazione alle singole adunanze, è definita dal presidente della Commissione, sentito il rispettivo coordinatore, tenendo conto dei carichi di lavoro complessivi e della programmazione generale dei lavori della Commissione medesima e dei Gruppi istruttori interni. Quanto previsto dall'articolo 73, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applica anche ai compiti istruttori svolti dai Commissari nell'ambito delle Sottocommissioni e dei Gruppi istruttori, sino al 31 dicembre 2024 [123].

     2-ter. Al fine di garantire univocità di indirizzo, i presidenti della Commissione tecnica di cui al comma 1 e della Commissione tecnica di cui al comma 2-bis, coadiuvati da un numero massimo di due commissari per ciascuna Commissione, individuati dal Ministro della transizione ecologica, provvedono all'elaborazione di criteri tecnici e procedurali preordinati all'attuazione coordinata e omogenea delle disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto [124].

     2-quater. Il Ministro della transizione ecologica può attribuire, al presidente di una delle Commissioni di cui ai commi 1 o 2-bis, anche la presidenza dell'altra. Nel caso in cui la presidenza di entrambe le Commissioni sia attribuita al presidente della Commissione di cui al comma 1, quest'ultimo è collocato fuori ruolo o in posizione di comando, distacco, aspettativa o altra analoga posizione entro dieci giorni dall'assunzione dell'incarico e per l'intera durata del medesimo [125].

     2-quinquies. In relazione a quanto previsto dai commi 2-ter e 2-quater, resta fermo che dagli incarichi ivi indicati è escluso il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche [126].

     2-sexies. La denominazione "Commissione tecnica PNRR-PNIEC" sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione "Commissione tecnica PNIEC" [127].

     2-septies. Qualora lo richieda almeno una delle Commissioni parlamentari competenti a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, le tipologie dei progetti attuativi del PNIEC individuati nell'allegato I-bis al presente decreto possono essere modificate, con decreto del Ministro della transizione ecologica, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti da rendere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato [128].

     2-octies. Il presidente della Commissione di cui al comma 1 si avvale altresì di una struttura di supporto composta da quattro unità di personale dell'Arma dei carabinieri, appartenenti all'organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare di cui all'articolo 174-bis del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, o comunque con comprovata esperienza nel settore della tutela ambientale o nel coordinamento di unità complesse o nella gestione di fondi. I componenti della struttura di supporto sono individuati dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri, di cui all'articolo 170 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, e posti in posizione di comando, con oneri rientranti nei costi di funzionamento di cui all'articolo 8, comma 5, del presente decreto. La struttura di supporto cessa al rinnovo della Commissione [129].

     3. [Al fine di assicurare il necessario supporto tecnico e giuridico, la Commissione si avvale di un Comitato tecnico istruttorio posto alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, formato da trenta unità di personale pubblico con almeno cinque anni di anzianità di servizio nella pubblica amministrazione ed esperienza professionale e competenze adeguate ai profili individuati, e collocato in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. All'atto del collocamento in fuori ruolo è reso indisponibile per tutta la durata dello stesso un numero di posti nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario. I componenti del Comitato sono nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e individuati tra gli appartenenti ad Amministrazioni pubbliche, al Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, all'ENEA, ad altri Enti di ricerca, nonchè, per lo svolgimento delle attività istruttorie in materia di impatto sanitario, sino a sei unità designate dal Ministro della salute. I componenti del Comitato restano in carica cinque anni e sono rinominabili per una sola volta] [130].

     4. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro della salute, sono stabilite per i profili di rispettiva competenza l'articolazione, l'organizzazione, le modalità di funzionamento e la disciplina delle situazioni di inconferibilità, incompatibilità e conflitto di interessi anche potenziale della Commissione e della Commissione tecnica PNIEC [131].

     5. A decorrere dall'anno 2017, con decreto annuale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i costi di funzionamento della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale e della Commissione tecnica PNRR-PNIEC, comprensivi dei compensi per i relativi componenti. Alla copertura dei costi di cui al primo periodo si provvede con i proventi delle tariffe di cui all'articolo 33, comma 1, che sono versati all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnati agli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, fino a concorrenza dei costi stabiliti con il decreto di cui al primo periodo del presente comma, al netto delle risorse allo scopo già iscritte in bilancio ai sensi dell'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 agosto 2022, n. 108, e ai sensi dell'articolo 2, comma 617-bis, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 fermo restando il conseguimento degli obiettivi di risparmio a regime, di cui all'articolo 2, comma 617, della medesima legge n. 244 del 2007, senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le risorse derivanti dal versamento all'entrata del bilancio dello Stato dei proventi delle tariffe di cui al citato articolo 33, comma 1, del presente decreto eccedenti la quota riassegnata ai sensi del secondo periodo restano definitivamente acquisite al bilancio dello Stato. I compensi sono stabiliti proporzionalmente alle responsabilità di ciascun membro della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale e della Commissione tecnica PNRR-PNIEC, esclusivamente in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti e solo a seguito dell'adozione del parere finale, fermo restando che gli oneri relativi al trattamento economico fondamentale del personale di cui al comma 2-bis restano a carico dell'amministrazione di appartenenza. A decorrere dall'anno 2023, per i componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale si applicano i compensi previsti per i membri della Commissione tecnica PNRR-PNIEC, i quali, in considerazione della specificità dei compiti attribuiti alle medesime commissioni, della peculiare disciplina prevista e della necessità di accelerare l'attuazione degli adempimenti di loro competenza, a decorrere dall'anno 2024 sono riconosciuti integralmente, anche in aggiunta al trattamento eventualmente in godimento ai sensi del quarto periodo [132].

     6. Resta in ogni caso fermo, per i commissari, quanto stabilito dall'articolo 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. In caso di accertata violazione delle prescrizioni del decreto legislativo n. 39 del 2013, fermo restando ogni altro profilo di responsabilità, il componente responsabile decade dall'incarico con effetto dalla data dell'accertamento. Per gli iscritti agli ordini professionali la violazione viene segnalata dall'autorità competente.

     7. Nel caso di progetti per i quali la VIA spetta alle Regioni e alle Province Autonome, queste ultime assicurano che l'autorità competente disponga di adeguate competenze tecnico-scientifiche o, se necessario, si avvalga di adeguate figure di comprovata professionalità, competenza ed esperienza per l'attuazione delle norme di cui ai Titoli II e III della presente parte.

 

     Art. 8 bis. Commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale - IPPC [133]

     1. La Commissione istruttoria per l'IPPC, di cui all'articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, svolge l'attività di supporto scientifico per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare con specifico riguardo alle norme di cui al titolo III-bis del presente decreto. La Commissione svolge i compiti di cui all'articolo 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90.

     2. I componenti della Commissione sono nominati nel rispetto dell'articolo 28, commi 7, 8 e 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Si applicano i commi 2 e 3 dell'articolo 8 del presente decreto.

 

     Art. 9. Norme procedurali generali [134]

     1. Alle procedure di verifica e autorizzazione disciplinate dal presente decreto si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, concernente norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi [135].

     2. L'autorità competente, ove ritenuto utile indice, così come disciplinato dagli articoli che seguono, una o più conferenze di servizi ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate [136].

     3. Nel rispetto dei tempi minimi definiti per la consultazione del pubblico, nell'ambito delle procedure di seguito disciplinate, l'autorità competente può concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti.

     4. Per ragioni di segreto industriale o commerciale è facoltà del proponente presentare all'autorità competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte della documentazione relativa al progetto, allo studio preliminare ambientale o allo studio di impatto ambientale. L'autorità competente, verificate le ragioni del proponente, accoglie o respinge motivatamente la richiesta soppesando l'interesse alla riservatezza con l'interesse pubblico all'accesso alle informazioni. L'autorità competente dispone comunque della documentazione riservata, con l'obbligo di rispettare le disposizioni vigenti in materia. L'invio di informazioni a un altro Stato membro e il ricevimento di informazioni da un altro Stato membro sono soggetti alle restrizioni vigenti nello Stato membro in cui il progetto è proposto [137].

     4-bis. 4-bis. L'autorità competente provvede a mettere a disposizione del pubblico, mediante il proprio sito internet istituzionale, le informazioni pratiche sull'accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale. Ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241, in ogni atto notificato al destinatario sono indicati l'autorità cui è possibile ricorrere e il relativo termine [138].

 

     Art. 10. (Coordinamento delle procedure di VAS, VIA, Verifica di assoggettabilità a VIA, Valutazione di incidenza e Autorizzazione integrata ambientale [139]) [140]

     1. Nel caso di progetti per i quali è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, l'autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della predetta procedura di verifica, l'autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA [141].

     1-bis. [Nei casi di cui al comma 1, lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento finale le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies del presente decreto. Qualora la documentazione prodotta risulti incompleta, si applica il comma 4 dell'articolo 23] [142].

     1-ter. [Le condizioni e le misure supplementari di cui al comma 1-bis sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies] [143].

     2. [Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d'impatto ambientale sia di loro attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell'allegato VIII del presente decreto, la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell'ambito del procedimento di VIA. È in ogni caso disposta l'unicità della consultazione del pubblico per le due procedure. Se l'autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome possono prevedere che il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione. In questo caso, si applica il comma 1-bis del presente articolo] [144].

     3. La VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d'incidenza di cui all'articolo 5 del decreto n. 357 del 1997; a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all'allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell'autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d'incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione di incidenza. Le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale.

     4. La verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell'ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale [145].

     5. Nella redazione dello studio di impatto ambientale di cui all'articolo 22, relativo a progetti previsti da piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale, possono essere utilizzate le informazioni e le analisi contenute nel rapporto ambientale. Nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS.

 

Titolo II

LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

 

     Art. 11. Modalità di svolgimento [146]

     1. La valutazione ambientale strategica è avviata dall'autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma e comprende, secondo le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 18:

     a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità limitatamente ai piani e ai programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3 bis [147];

     b) l'elaborazione del rapporto ambientale;

     c) lo svolgimento di consultazioni;

     d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;

     e) la decisione;

     f) l'informazione sulla decisione;

     g) il monitoraggio.

     2. L'autorità competente, al fine di promuovere l'integrazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale nelle politiche settoriali ed il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali, nazionali ed europei:

     a) esprime il proprio parere sull'assoggettabilità delle proposte di piano o di programma alla valutazione ambientale strategica nei casi previsti dal comma 3 dell'articolo 6;

     b) collabora con l'autorità proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della consultazione pubblica, nonchè l'impostazione ed i contenuti del Rapporto ambientale e le modalità di monitoraggio di cui all'articolo 18;

     c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto ambientale nonchè sull'adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie;.

     3. La fase di valutazione è effettuata anteriormente all'approvazione del piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione [148].

     4. La VAS viene effettuata ai vari livelli istituzionali tenendo conto dell'esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni.

     5. La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.

 

     Art. 12. Verifica di assoggettabilità [149]

     1. Nel caso di piani e programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis, l'autorità procedente trasmette all'autorità competente, su supporto informatico, un rapporto preliminare di assoggettabilità a VAS comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell'allegato I del presente decreto [150].

     2. L'autorità competente in collaborazione con l'autorità procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il rapporto preliminare di assoggettabilità a VAS per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro trenta giorni all'autorità competente ed all'autorità procedente [151].

     3. Salvo quanto diversamente concordato dall'autorità competente con l'autorità procedente, l'autorità competente, sulla base degli elementi di cui all'allegato I del presente decreto e tenuto conto delle osservazioni pervenute, verifica se il piano o programma possa avere impatti significativi sull'ambiente.

     3-bis. Qualora l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il piano o programma al procedimento di VAS, specifica i motivi principali di tale decisione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato I alla presente parte e, tenendo conto delle eventuali osservazioni dei soggetti competenti in materia ambientale pervenute ai sensi dei commi 2 e 3, specifica le eventuali raccomandazioni per evitare o prevenire effetti significativi e negativi sull'ambiente [152].

     4. L'autorità competente, sentita l'autorità procedente, tenuto conto dei contributi pervenuti, entro novanta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1, emette il provvedimento di verifica assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla valutazione di cui agli articoli da 13 a 18 [153].

     5. Il risultato della verifica di assoggettabilità, comprese le motivazioni, è pubblicato integralmente nel sito web dell'autorità competente [154].

     6. La verifica di assoggettabilità a VAS ovvero la VAS relative a modifiche a piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani o programmi già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità di cui all'art. 12 o alla VAS di cui agli artt. da 12 a 17, si limita ai soli effetti significativi sull'ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti normativamente sovraordinati [155].

 

     Art. 13. Redazione del rapporto ambientale [156]

     1. Sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi, anche transfrontalieri, dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attività di elaborazione di piani e programmi, con l'autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale. L'autorità competente, in collaborazione con l'autorità procedente, individua e seleziona i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il rapporto preliminare per acquisire i contributi. I contributi sono inviati all'autorità competente ed all'autorità procedente entro trenta giorni dall'avvio della consultazione [157].

     2. La consultazione, salvo quanto diversamente comunicato dall'autorità competente, si conclude entro quarantacinque giorni dall'invio del rapporto preliminare di cui al comma 1 del presente articolo [158].

     3. La redazione del rapporto ambientale spetta al proponente o all'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione.

     4. Nel rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonchè le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso. L'allegato VI al presente decreto riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Il Rapporto ambientale dà atto della consultazione di cui al comma 1 ed evidenzia come sono stati presi in considerazione i contributi pervenuti. Per evitare duplicazioni della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti già effettuati ed informazioni ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni normative [159].

     5. L'autorità procedente trasmette all'autorità competente in formato elettronico:

     a) la proposta di piano o di programma;

     b) il rapporto ambientale;

     c) la sintesi non tecnica;

     d) le informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri del piano/programma ai sensi dell'articolo 32;

     e) l'avviso al pubblico, con i contenuti indicati all'articolo 14 comma 1;

     f) [copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo di cui all'articolo 33] [160].

     5-bis. La documentazione di cui al comma 5 è immediatamente pubblicata e resa accessibile nel sito web dell'autorità competente e dell'autorità procedente. La proposta di piano o programma e il rapporto ambientale sono altresì messi a disposizione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinchè questi abbiano l'opportunità di esprimersi [161].

     6. La documentazione è depositata presso gli uffici dell'autorità competente e presso gli uffici delle regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione.

 

     Art. 14. Consultazione [162]

     1. L'avviso al pubblico di cui all'articolo 13, comma 5, lettera e), contiene almeno:

     a) la denominazione del piano o del programma proposto, il proponente, l'autorità procedente;

     b) la data dell'avvenuta presentazione dell'istanza di VAS e l'eventuale applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32;

     c) una breve descrizione del piano e del programma e dei suoi possibili effetti ambientali;

     d) l'indirizzo web e le modalità per la consultazione della documentazione e degli atti predisposti dal proponente o dall'autorità procedente nella loro interezza;

     e) i termini e le specifiche modalità per la partecipazione del pubblico;

     f) l'eventuale necessità della valutazione di incidenza a norma dell'articolo 10, comma 3.

     2. Entro il termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1, chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni in forma scritta, in formato elettronico, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi [163].

     3. In attuazione dei principi di economicità e di semplificazione, le procedure di deposito, pubblicità e partecipazione, eventualmente previste dalle vigenti disposizioni anche regionali per specifici piani e programmi, si coordinano con quelle di cui al presente articolo, in modo da evitare duplicazioni ed assicurare il rispetto dei termini previsti dal presente articolo e dal comma 1 dell'articolo 15. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 e all'articolo 8 commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

     Art. 15. Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti della consultazione [164]

     1. L'autorità competente, in collaborazione con l'autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonchè le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'articolo 14 e dell'articolo 32, nonchè i risultati delle consultazioni transfrontaliere di cui al medesimo articolo 32 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di quarantacinque giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all'articolo 14. La tutela avverso il silenzio dell'Amministrazione è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo [165].

     2. L'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, provvede, prima della presentazione del piano o programma per l'approvazione e tenendo conto delle risultanze del parere motivato di cui al comma 1 e dei risultati delle consultazioni transfrontaliere, alle opportune revisioni del piano o programma [166].

 

     Art. 16. Decisione [167]

     1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma [168].

 

     Art. 17. Informazione sulla decisione [169]

     1. La decisione finale è pubblicata nei siti web delle autorità interessate con indicazione del luogo in cui è possibile prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre rese pubbliche attraverso la pubblicazione sui siti web della autorità interessate [170]:

     a) il parere motivato espresso dall'autorità competente;

     b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto del rapporto ambientale e degli esiti delle consultazioni, nonchè le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate;

     c) le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'articolo 18.

 

     Art. 18. Monitoraggio [171]

     1. Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio è effettuato dall'Autorità procedente in collaborazione con l'Autorità competente anche avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali e dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale [172].

     2. Il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle le risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.

     2-bis. L'autorità procedente trasmette all'autorità competente i risultati del monitoraggio ambientale e le eventuali misure correttive adottate secondo le indicazioni di cui alla lettera i), dell'Allegato VI alla parte seconda [173].

     2-ter. L'autorità competente si esprime entro trenta giorni sui risultati del monitoraggio ambientale e sulle eventuali misure correttive adottate da parte dell'autorità procedente [174].

     3. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data adeguata informazione attraverso i siti web dell'autorità competente e dell'autorità procedente [175].

     3-bis. L'autorità competente verifica lo stato di attuazione del piano o programma, gli effetti prodotti e il contributo del medesimo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale definiti dalle strategie di sviluppo sostenibile nazionale e regionali di cui all'articolo 34 [176].

     4. Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione.

 

Titolo III

LA VALUTAZIONE D'IMPATTO AMBIENTALE

 

     Art. 19. (Modalità di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA). [177]

     1. Il proponente trasmette all'autorità competente lo studio preliminare ambientale in formato elettronico, redatto in conformità a quanto contenuto nell'allegato IV-bis alla parte seconda del presente decreto, nonché copia dell'avvenuto pagamento del contributo di cui all'articolo 33.

     2. Entro cinque giorni dalla ricezione dello studio preliminare ambientale, l'autorità competente verifica la completezza e l'adeguatezza della documentazione e, qualora necessario, può richiedere per una sola volta chiarimenti e integrazioni al proponente. In tal caso, il proponente provvede a trasmettere i chiarimenti e le integrazioni richiesti, inderogabilmente entro i successivi quindici giorni. Qualora il proponente non trasmetta la documentazione richiesta entro il termine stabilito, la domanda si intende respinta ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione.

     3. Contestualmente alla ricezione della documentazione, ove ritenuta completa, ovvero dei chiarimenti e delle integrazioni richiesti ai sensi del comma 2, l'autorità competente provvede a pubblicare lo studio preliminare nel proprio sito internet istituzionale, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. Contestualmente, l'autorità competente comunica per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito internet.

     4. Entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3 e dall'avvenuta pubblicazione sul sito internet della relativa documentazione, chiunque abbia interesse può presentare le proprie osservazioni all'autorità competente in merito allo studio preliminare ambientale e alla documentazione allegata [178].

     5. L'autorità competente, sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del presente decreto, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali, verifica se il progetto ha possibili ulteriori impatti ambientali significativi.

     6. L'autorità competente adotta il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA entro i successivi quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4. In casi eccezionali, relativi alla natura, alla complessità, all'ubicazione o alle dimensioni del progetto, l'autorità competente può prorogare, per una sola volta e per un periodo non superiore a venti giorni, il termine per l'adozione del provvedimento di verifica; in tal caso, l'autorità competente comunica tempestivamente per iscritto al proponente le ragioni che giustificano la proroga e la data entro la quale è prevista l'adozione del provvedimento. La presente comunicazione è, altresì, pubblicata nel sito internet istituzionale dell'autorità competente. Nel medesimo termine l'autorità competente può richiedere chiarimenti e integrazioni al proponente finalizzati alla non assoggettabilità del progetto al procedimento di VIA. In tal caso, il proponente può richiedere, per una sola volta, la sospensione dei termini, per un periodo non superiore a quarantacinque giorni, per la presentazione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti. Qualora il proponente non trasmetta la documentazione richiesta entro il termine stabilito, la domanda si intende respinta ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione [179].

     7. Qualora l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda, e, ove richiesto dal proponente, tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per i profili di competenza, specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi. Ai fini di cui al primo periodo l'autorità competente si pronuncia sulla richiesta di condizioni ambientali formulata dal proponente entro il termine di trenta giorni con determinazione positiva o negativa, esclusa ogni ulteriore interlocuzione o proposta di modifica [180].

     8. Qualora l'autorità competente stabilisca che il progetto debba essere assoggettato al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della richiesta di VIA in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda.

     9. Per i progetti elencati nell'allegato II-bis e nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto la verifica di assoggettabilità a VIA è effettuata applicando i criteri e le soglie definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 dell'11 aprile 2015.

     10. Il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, comprese le motivazioni, è pubblicato integralmente nel sito internet istituzionale dell'autorità competente.

     11. I termini per il rilascio del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, acquisito, qualora la competente Commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede al rilascio del provvedimento entro i successivi trenta giorni.

     12. Tutta la documentazione afferente al procedimento, nonché i risultati delle consultazioni svolte, le informazioni raccolte, le osservazioni e i pareri, e, comunque, qualsiasi informazione raccolta nell'esercizio di tale attività da parte dell'autorità competente, sono tempestivamente pubblicati dall'autorità competente sul proprio sito internet istituzionale e sono accessibili a chiunque.

 

     Art. 20. (Consultazione preventiva). [181]

     1. Il proponente ha la facoltà di richiedere, prima di presentare il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), una fase di confronto con l'autorità competente al fine di definire la portata e il livello di dettaglio delle informazioni necessarie da considerare per la redazione dello studio di impatto ambientale. A tal fine, il proponente trasmette, in formato elettronico, una proposta di elaborati progettuali. Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente, l'autorità competente trasmette al proponente il proprio parere entro trenta giorni dalla presentazione della proposta. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis [182].

 

     Art. 21. (Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale). [183]

     1. Il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare per la predisposizione dello studio di impatto ambientale. A tal fine, trasmette all'autorità competente, in formato elettronico, il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), lo studio preliminare ambientale, nonchè una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per l'elaborazione dello studio di impatto ambientale [184].

     2. Entro cinque giorni dalla relativa trasmissione la documentazione di cui al comma 1, è pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, nel sito web dell'autorità competente che comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web [185].

     3. Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente e della consultazione con i soggetti di cui al comma 2, entro quarantacinque giorni dalla messa a disposizione della documentazione nel proprio sito web, l'autorità competente esprime un parere sulla portata e sul livello di dettaglio delle informazioni da includere nello studio di impatto ambientale. Il parere è pubblicato sul sito web dell'autorità competente [186].

     4. L'avvio della procedura di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto dall'autorità competente sulla base delle valutazioni di cui all'articolo 6, comma 9, ovvero di quelle di cui all'articolo 20.

 

     Art. 22. (Studio di impatto ambientale). [187]

     1. Lo studio di impatto ambientale è predisposto dal proponente secondo le indicazioni e i contenuti di cui all'allegato VII alla parte seconda del presente decreto, sulla base del parere espresso dall'autorità competente a seguito della fase di consultazione sulla definizione dei contenuti di cui all'articolo 21, qualora attivata.

     2. Sono a carico del proponente i costi per la redazione dello studio di impatto ambientale e di tutti i documenti elaborati nelle varie fasi del procedimento.

     3. Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni:

     a) una descrizione del progetto, comprendente informazioni relative alla sua ubicazione e concezione, alle sue dimensioni e ad altre sue caratteristiche pertinenti;

     b) una descrizione dei probabili effetti significativi del progetto sull'ambiente, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio e di dismissione;

     c) una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili impatti ambientali significativi e negativi;

     d) una descrizione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue caratteristiche specifiche, compresa l'alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla base dell'opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali;

     e) il progetto di monitoraggio dei potenziali impatti ambientali significativi e negativi derivanti dalla realizzazione e dall'esercizio del progetto, che include le responsabilità e le risorse necessarie per la realizzazione e la gestione del monitoraggio;

     f) qualsiasi informazione supplementare di cui all'allegato VII relativa alle caratteristiche peculiari di un progetto specifico o di una tipologia di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio.

     4. Allo studio di impatto ambientale deve essere allegata una sintesi non tecnica delle informazioni di cui al comma 3, predisposta al fine di consentirne un'agevole comprensione da parte del pubblico ed un'agevole riproduzione.

     5. Per garantire la completezza e la qualità dello studio di impatto ambientale e degli altri elaborati necessari per l'espletamento della fase di valutazione, il proponente:

     a) tiene conto delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili derivanti da altre valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione europea, nazionale o regionale, anche al fine di evitare duplicazioni di valutazioni;

     b) ha facoltà di accedere ai dati e alle pertinenti informazioni disponibili presso le pubbliche amministrazioni, secondo quanto disposto dalle normative vigenti in materia;

     c) cura che la documentazione sia elaborata da esperti con competenze e professionalità specifiche nelle materie afferenti alla valutazione ambientale, e che l'esattezza complessiva della stessa sia attestata da professionisti iscritti agli albi professionali.

 

     Art. 23. (Presentazione dell'istanza, avvio del procedimento di VIA e pubblicazione degli atti). [188]

     1. Il proponente presenta l'istanza di VIA trasmettendo all'autorità competente in formato elettronico:

     a) il progetto di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g) [189];

     b) lo studio di impatto ambientale;

     c) la sintesi non tecnica;

     d) le informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri del progetto ai sensi dell'articolo 32;

     e) l'avviso al pubblico, con i contenuti indicati all'articolo 24, comma 2;

     f) copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo di cui all'articolo 33;

     g) i risultati della procedura di dibattito pubblico eventualmente svolta ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

     g-bis) la relazione paesaggistica prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2006, o la relazione paesaggistica semplificata prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 [190];

     g-ter) [l'atto del competente soprintendente del Ministero della cultura relativo alla verifica preventiva di interesse archeologico di cui all'articolo 25 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50] [191].

     2. Per i progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla presente parte e per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW, di cui al punto 2) del medesimo allegato II, il proponente trasmette, oltre alla documentazione di cui al comma 1, la valutazione di impatto sanitario predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto superiore di sanità [192].

     3. Entro quindici giorni dalla presentazione dell'istanza di VIA l'autorità competente verifica la completezza della documentazione, con riferimento a quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, nonchè l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33. Qualora la documentazione risulti incompleta, l'autorità competente richiede al proponente la documentazione integrativa, assegnando per la presentazione un termine perentorio non superiore a trenta giorni. Qualora entro il termine assegnato il proponente non depositi la documentazione integrativa, ovvero qualora all'esito della nuova verifica, da effettuarsi da parte dell'autorità competente nel termine di quindici giorni, la documentazione risulti ancora incompleta, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. I termini di cui al presente comma sono perentori [193].

     4. La documentazione di cui al comma 1 è immediatamente pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, nel sito web dell'autorità competente all'esito delle verifiche di cui al comma 3. L'autorità competente comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web. Per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, contestualmente alla pubblicazione della documentazione di cui al comma 1, la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, avvia la propria attività istruttoria. La medesima comunicazione è effettuata in sede di notifica ad altro Stato ai sensi dell'articolo 32, comma 1 [194].

 

     Art. 24. (Consultazione del pubblico, acquisizione dei pareri e consultazioni transfrontaliere). [195]

     1. Della presentazione dell'istanza, della pubblicazione della documentazione, nonchè delle comunicazioni di cui all'articolo 23 deve essere dato contestualmente specifico avviso al pubblico sul sito web dell'autorità competente. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data di pubblicazione sul sito web dell'avviso al pubblico decorrono i termini per la consultazione, la valutazione e l'adozione del provvedimento di VIA.

     2. L'avviso al pubblico, predisposto dal proponente, è pubblicato a cura dell'autorità competente ai sensi e per gli effetti di cui al comma 1, e ne è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. L'avviso al pubblico deve indicare almeno:

     a) il proponente, la denominazione del progetto e la tipologia di procedura autorizzativa necessaria ai fini della realizzazione del progetto;

     b) l'avvenuta presentazione dell'istanza di VIA e l'eventuale applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32;

     c) la localizzazione e una breve descrizione del progetto e dei suoi possibili principali impatti ambientali;

     d) l'indirizzo web e le modalità per la consultazione della documentazione e degli atti predisposti dal proponente nella loro interezza;

     e) i termini e le specifiche modalità per la partecipazione del pubblico;

     f) l'eventuale necessità della valutazione di incidenza a norma dell'articolo 10, comma 3.

     3. Entro il termine di sessanta giorni, ovvero trenta giorni per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui al comma 2, chiunque abbia interesse può prendere visione, sul sito web, del progetto e della relativa documentazione e presentare le proprie osservazioni all'autorità competente, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. Entro il medesimo termine sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4. Entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine di cui ai periodi precedenti, il proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti [196].

     4. Qualora all'esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente si renda necessaria la modifica o l'integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione acquisita, la Commissione di cui all'articolo 8, comma 1, ovvero la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, entro i venti giorni successivi, ovvero entro i dieci giorni successivi per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, può, per una sola volta, stabilire un termine non superiore ad ulteriori venti giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della documentazione modificati o integrati. Su richiesta motivata del proponente la Commissione di cui all'articolo 8, comma 1, ovvero la Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a sessanta giorni ovvero a centoventi giorni nei casi di integrazioni che richiedono maggiori approfondimenti su motivata richiesta del proponente in ragione della particolare complessità tecnica del progetto o delle indagini richieste. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio stabilito, l'istanza si intende respinta ed è fatto obbligo alla Commissione di cui all'articolo 8, comma 1, ovvero alla Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis, di procedere all'archiviazione [197].

     5. L'autorità competente, ricevuta la documentazione integrativa, la pubblica immediatamente sul proprio sito web e, tramite proprio apposito avviso, avvia una nuova consultazione del pubblico. In relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica il termine di trenta giorni ovvero quindici giorni per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione dei pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4. Entro i dieci giorni successivi il proponente ha facoltà di presentare all'autorità competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti [198].

     6. Nel caso di progetti cui si applica la disciplina di cui all'articolo 32, i termini per le consultazioni e l'acquisizione di tutti pareri di cui al presente articolo decorrono dalla comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura da parte degli Stati consultati e coincidono con quelli previsti dal medesimo articolo 32.

     7. Tutta la documentazione afferente al procedimento, nonché i risultati delle consultazioni svolte, qualsiasi informazione raccolta, le osservazioni e i pareri comunque espressi, compresi quelli di cui agli articoli 20 e 32, sono tempestivamente resi disponibili al pubblico interessato mediante pubblicazione, a cura dell'autorità competente, sul proprio sito internet istituzionale [199].

 

     Art. 24 bis. (Inchiesta pubblica). [200]

     1. L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all'articolo 24, comma 3, primo periodo, si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto del termine massimo di novanta giorni. L'inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall'autorità competente.

     2. Per i progetti di cui all'allegato II, e nell'ipotesi in cui non sia stata svolta la procedura di dibattito pubblico di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l'autorità competente si esprime con decisione motivata, sentito il proponente, qualora la richiesta di svolgimento dell'inchiesta pubblica sia presentata dal consiglio regionale della Regione territorialmente interessata, ovvero da un numero di consigli comunali rappresentativi di almeno cinquantamila residenti nei territori interessati, ovvero da un numero di associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, rappresentativo di almeno cinquantamila iscritti.

     3. La richiesta di cui al comma 2, motivata specificamente in relazione ai potenziali impatti ambientali del progetto, è presentata entro il quarantesimo giorno dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 1.

 

     Art. 25. (Valutazione degli impatti ambientali e provvedimento di VIA). [201]

     1. L'autorità competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonchè dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24 e 32. Qualora tali pareri non siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul progetto, l'autorità competente procede comunque alla valutazione a norma del presente articolo.

     2. Nel caso di progetti di competenza statale, ad esclusione di quelli di cui all'articolo 8, comma 2-bis, l'autorità competente, entro il termine di sessanta giorni dalla conclusione della fase di consultazione di cui all'articolo 24, adotta il provvedimento di VIA previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di trenta giorni. Nei casi di cui al precedente periodo, qualora sia necessario procedere ad accertamenti e indagini di particolare complessità, l'autorità competente, con atto motivato, dispone il prolungamento della fase di valutazione sino a un massimo di ulteriori trenta giorni, dando tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e del termine entro cui sarà emanato il provvedimento. Nel caso di consultazioni transfrontaliere l'adozione del provvedimento di VIA è proposta al Ministro entro il termine di cui all'articolo 32, comma 5-bis [202].

     2-bis. Per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, la Commissione di cui al medesimo comma 2-bis si esprime entro il termine di trenta giorni dalla conclusione della fase di consultazione di cui all'articolo 24 e comunque entro il termine di centotrenta giorni dalla data di pubblicazione della documentazione di cui all'articolo 23 predisponendo lo schema di provvedimento di VIA. Nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di venti giorni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199. Nel caso di consultazioni transfrontaliere il provvedimento di VIA è adottato entro il termine di cui all'articolo 32, comma 5-bis [203].

     2-ter. Nei casi in cui i termini per la conclusione del procedimento di cui al comma 2-bis, primo e secondo periodo, non siano rispettati è rimborsato al proponente il cinquanta per cento dei diritti di istruttoria di cui all'articolo 33, mediante utilizzazione delle risorse iscritte in apposito capitolo a tal fine istituito nello stato di previsione del Ministero della transizione ecologica con uno stanziamento di euro 840.000 per l'anno 2021, di euro 1.640.000 per l'anno 2022 ed euro 1.260.000 per l'anno 2023. In sede di prima applicazione, i termini indicati al primo periodo del presente comma ai fini dell'eventuale rimborso al proponente del 50 per cento dei diritti di istruttoria decorrono dalla data della prima riunione della Commissione di cui all'articolo 8, comma 2-bis [204].

     2-quater. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte delle Commissioni di cui all'articolo 8, commi 1 e 2-bis, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, acquisito, qualora la competente commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede all'adozione dell'atto omesso entro i successivi trenta giorni. In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del Ministero della transizione ecologica ovvero in caso di ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, provvede al rilascio degli atti di relativa competenza entro i successivi trenta giorni [205].

     2-quinquies. Il concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura comprende l'autorizzazione di cui all'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ove gli elaborati progettuali siano sviluppati a un livello che consenta la compiuta redazione della relazione paesaggistica [206].

     2-sexies. In ogni caso l'adozione del parere e del provvedimento di VIA non è subordinata alla conclusione delle attività di verifica preventiva dell'interesse archeologico ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 o all'esecuzione dei saggi archeologici preventivi prevista dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 [207].

     3. Il provvedimento di VIA contiene le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione dell'autorità competente, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonchè l'indicazione di come tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione.

     4. Il provvedimento di VIA contiene altresì le eventuali e motivate condizioni ambientali che definiscono:

     a) le condizioni per la realizzazione, l'esercizio e la dismissione del progetto, nonchè quelle relative ad eventuali malfunzionamenti;

     a-bis) le linee di indirizzo da seguire nelle successive fasi di sviluppo progettuale delle opere per garantire l'applicazione di criteri ambientali atti a contenere e limitare gli impatti ambientali significativi e negativi o incrementare le prestazioni ambientali del progetto [208];

     b) le misure previste per evitare, prevenire, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi;

     c) le misure per il monitoraggio degli impatti ambientali significativi e negativi, anche tenendo conto dei contenuti del progetto di monitoraggio ambientale predisposto dal proponente ai sensi dell'articolo 22, comma 3, lettera e). La tipologia dei parametri da monitorare e la durata del monitoraggio sono proporzionati alla natura, all'ubicazione, alle dimensioni del progetto ed alla significatività dei suoi effetti sull'ambiente. Al fine di evitare una duplicazione del monitoraggio, è possibile ricorrere, se del caso, a meccanismi di controllo esistenti derivanti dall'attuazione di altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali.

     5. Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonchè dell'eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell'istanza di VIA. Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente corredata di una relazione esplicativa aggiornata che contenga i pertinenti riscontri in merito al contesto ambientale di riferimento e alle eventuali modifiche, anche progettuali, intervenute, di specifica proroga da parte dell'autorità competente. Fatto salvo il caso di mutamento del contesto ambientale di riferimento, il provvedimento con cui è disposta la proroga ai sensi del secondo periodo non contiene prescrizioni diverse e ulteriori rispetto a quelle già previste nel provvedimento di VIA originario [209].

     6. Nel caso di consultazioni transfrontaliere, l'autorità competente informa l'altro Stato e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dell'avvenuta pubblicazione del provvedimento di VIA sul sito web.

     7. Tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

     Art. 26. (Integrazione del provvedimento di VIA negli atti autorizzatori). [210]

     1. Il provvedimento di VIA è sempre integrato nell'autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti sottoposti a VIA, nonchè nell'autorizzazione integrata ambientale, ove prevista.

     2. L'autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni:

     a) il provvedimento di VIA;

     b) le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonchè, ove opportuno, una descrizione delle misure di monitoraggio.

     3. Della decisione in merito alla concessione o al rigetto dell'autorizzazione, è data prontamente informazione al pubblico, nonchè alle Amministrazioni e agli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 23, comma 4, mediante pubblicazione sul sito web dell'autorità che ha adottato l'atto, consentendo altresì l'accesso almeno alle seguenti informazioni:

     a) il contenuto della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano;

     b) le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione, incluse le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico nel procedimento di VIA, la sintesi dei risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte ai sensi degli articoli 23, 24 e 24-bis, e, ove applicabile, ai sensi dell'articolo 32, nonchè l'indicazione di come tali risultati siano stati integrati o altrimenti presi in considerazione.

 

          Art. 26 bis. (Fase preliminare al provvedimento autorizzatorio unico regionale) [211]

     1. Per i progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, il proponente può richiedere, prima della presentazione dell'istanza di cui all'articolo 27-bis, l'avvio di una fase preliminare finalizzata alla definizione delle informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale, del relativo livello di dettaglio e delle metodologie da adottare per la predisposizione dello stesso nonchè alla definizione delle condizioni per ottenere le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi, comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto. Il proponente trasmette all'autorità competente, in formato elettronico, i seguenti documenti:

     a) studio preliminare ambientale ovvero una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per l'elaborazione dello studio di impatto ambientale;

     b) progetto avente un livello di dettaglio equivalente al progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

     2. Entro cinque giorni dalla trasmissione, la documentazione di cui al comma 1 è pubblicata e resa accessibile, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, nel sito web dell'autorità competente che comunica, per via telematica, a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati e comunque competenti a esprimersi sulla realizzazione e sull'esercizio del progetto, l'avvenuta pubblicazione. Contestualmente l'autorità competente indice una conferenza di servizi preliminare ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, con le medesime amministrazioni ed enti.

     3. La conferenza di servizi preliminare di cui all'articolo 14, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, si svolge con le modalità di cui all'articolo 14-bis della medesima legge e i termini possono essere ridotti fino alla metà. Le amministrazioni e gli enti coinvolti ai sensi del comma 2 si esprimono in sede di conferenza, sulla base della documentazione prodotta dal proponente, relativamente alla definizione delle informazioni da inserire nello studio preliminare ambientale, del relativo livello di dettaglio, del rispetto dei requisiti di legge ove sia richiesta anche la variante urbanistica e delle metodologie da adottare per la predisposizione dello studio nonchè alla definizione delle condizioni per ottenere gli atti di assenso, comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto. Entro cinque giorni dal termine dei lavori della conferenza preliminare, l'autorità competente trasmette al proponente le determinazioni acquisite.

     4. L'autorità competente, in accordo con tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati e competenti a esprimersi sulla realizzazione e sull'esercizio del progetto, può stabilire una riduzione dei termini della conferenza di servizi di cui al comma 7 dell'articolo 27-bis, fornendo congrua motivazione dei presupposti che determinano tale decisione in relazione alle risultanze emerse. Le determinazioni espresse in sede di conferenza preliminare possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nel successivo procedimento anche a seguito delle osservazioni degli interessati di cui al comma 4 dell'articolo 27-bis. Le amministrazioni e gli enti che non si esprimono nella conferenza di servizi preliminare non possono porre condizioni, formulare osservazioni o evidenziare motivi ostativi alla realizzazione dell'intervento nel corso del procedimento di cui all'articolo 27-bis, salvo che in presenza di significativi elementi nuovi, emersi nel corso di tale procedimento anche a seguito delle osservazioni degli interessati.

 

          Art. 27. (Provvedimento unico in materia ambientale). [212]

     1. Nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, il proponente può richiedere all'autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato nell'ambito di un provvedimento unico comprensivo delle autorizzazioni ambientali tra quelle elencate al comma 2 richieste dalla normativa vigente per la realizzazione e l'esercizio del progetto. A tal fine, il proponente presenta un'istanza ai sensi dell'articolo 23, avendo cura che l'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 2, rechi altresì specifica indicazione delle autorizzazioni di cui al comma 2, nonchè la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutti i titoli ambientali di cui al comma 2. A tale istanza, laddove necessario, si applica l'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 [213].

     2. È facoltà del proponente richiedere l'esclusione dal presente procedimento dell'acquisizione di autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, nel caso in cui le relative normative di settore richiedano, per consentire una compiuta istruttoria tecnico-amministrativa, un livello di progettazione esecutivo. Il provvedimento unico di cui al comma 1 comprende il rilascio dei seguenti titoli laddove necessario [214]:

     a) autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III-bis della Parte II del presente decreto;

     b) autorizzazione riguardante la disciplina degli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee di cui all'articolo 104 del presente decreto;

     c) autorizzazione riguardante la disciplina dell'immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte di cui all'articolo 109 del presente decreto;

     d) autorizzazione paesaggistica di cui all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     e) autorizzazione culturale di cui all'articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     f) autorizzazione riguardante il vincolo idrogeologico di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

     g) nulla osta di fattibilità di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105;

     h) autorizzazione antisismica di cui all'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

     3. Nel caso di cui al comma 2, lettera a), lo studio di impatto ambientale e gli elaborati progettuali contengono anche le informazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 29-ter e il provvedimento finale contiene le condizioni e le misure supplementari previste dagli articoli 29-sexies e 29-septies.

     4. Entro dieci giorni dalla presentazione dell'istanza l'autorità competente verifica l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33, nonchè l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni ambientali di cui al comma 2 richieste dal proponente l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. La medesima comunicazione è effettuata in sede di notifica ad altro Stato ai sensi dell'articolo 32, comma 1 [215].

     5. Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell'autorità competente, quest'ultima, nonchè le amministrazioni e gli enti di cui al comma 4, per i profili di rispettiva competenza, verificano l'adeguatezza e la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni.

     6. Entro dieci giorni dalla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse l'autorità competente pubblica l'avviso di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge n. 241 del 1990. Dalla data della pubblicazione della suddetta documentazione, e per la durata di sessanta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni concernenti la valutazione di impatto ambientale, la valutazione di incidenza ove necessaria e l'autorizzazione integrata ambientale nonché gli altri titoli autorizzativi inclusi nel provvedimento unico ambientale [216].

     7. Entro i successivi quindici giorni l'autorità competente indice la conferenza di servizi decisoria di cui all'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, che opera secondo quanto disposto dal comma 8. Contestualmente può chiedere al proponente, anche sulla base di quanto indicato dalla competente direzione generale del Ministero della cultura, eventuali integrazioni assegnando allo stesso un termine perentorio non superiore a quindici giorni. Su richiesta motivata del proponente l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a novanta giorni. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. L'autorità competente procede immediatamente alla pubblicazione delle integrazioni sul sito internet istituzionale e dispone, entro cinque giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi dieci giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità all'articolo 24, comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito internet e di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla documentazione, i termini di cui al comma 6 per l'ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla metà [217].

     8. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32, comma 2, per il caso di consultazioni transfrontaliere, al fine di acquisire il provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi in materia ambientale richiesti dal proponente, l'autorità competente convoca nel termine di cui al primo periodo del comma 6, una conferenza di servizi decisoria che opera in modalità simultanea secondo quanto stabilito dall'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla conferenza partecipano il proponente e tutte le amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate al rilascio del provvedimento di VIA e i titoli abilitativi ambientali richiesti dal proponente. Per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, alla conferenza partecipano in ogni caso il direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o un suo delegato e il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo o un suo delegato. La conferenza, nell'ambito della propria attività, prende in considerazione le osservazioni e le informazioni raccolte in sede di consultazione ai sensi dei commi 6 e 7, e conclude i propri lavori nel termine di duecentodieci giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, che costituisce il provvedimento unico in materia ambientale, reca l'indicazione espressa del provvedimento di VIA ed elenca, altresì, i titoli abilitativi compresi nel provvedimento unico. Fatto salvo quanto previsto per i progetti di cui all'articolo 8, comma 2-bis, la decisione di rilasciare i titoli di cui al comma 2 è assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, ai sensi dell'articolo 25. I termini previsti dall'articolo 25, comma 2, quarto periodo, sono ridotti alla metà e, in caso di rimessione alla deliberazione del Consiglio dei ministri, la conferenza di servizi è sospesa per il termine di cui all'articolo 25, comma 2, quinto periodo. Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge n. 241 del 1990 [218].

     9. Le condizioni e le misure supplementari relative all'autorizzazione integrata ambientale di cui al comma 2, lettera a), e contenute nel provvedimento unico, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. Le condizioni e le misure supplementari relative agli altri titoli abilitativi in materia ambientale di cui al comma 2, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità previste dalle relative disposizioni di settore da parte delle amministrazioni competenti per materia.

     10. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano in deroga alle disposizioni che disciplinano i procedimenti riguardanti il solo primo rilascio dei titoli abilitativi in materia ambientale di cui al comma 2.

 

          Art. 27 bis. (Provvedimento autorizzatorio unico regionale). [219]

     1. Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all'autorità competente un'istanza ai sensi dell'articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. L'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 2, reca altresì specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atti di assenso richiesti.

     2. Entro dieci giorni dalla presentazione dell'istanza l'autorità competente verifica l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33, nonchè l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'articolo 32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati, e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione e sull'esercizio del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformità a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. In caso di progetti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, la pubblicazione è notificata al medesimo con le modalità di cui all'articolo 32 [220].

     3. Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell'autorità competente, quest'ultima, nonchè le amministrazioni e gli enti di cui al comma 2, per i profili di rispettiva competenza, verificano la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni. Nei casi in cui sia richiesta anche la variante urbanistica di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, nel termine di cui al primo periodo l'amministrazione competente effettua la verifica del rispetto dei requisiti per la procedibilità [221].

     4. Successivamente alla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse, l'autorità competente pubblica l'avviso di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicità tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data della pubblicazione del suddetto avviso, e per la durata di trenta giorni, il pubblico interessato può presentare osservazioni. Ove il progetto comporti la variazione dello strumento urbanistico, le osservazioni del pubblico interessato riguardano anche tale variazione e, ove necessario, la valutazione ambientale strategica [222].

     5. Entro i successivi trenta giorni l'autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni, anche concernenti i titoli abilitativi compresi nel provvedimento autorizzatorio unico, come indicate dagli enti e amministrazioni competenti al loro rilascio, assegnando un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta motivata del proponente l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. L'autorità competente, ricevuta la documentazione integrativa, la pubblica sul proprio sito web e, tramite proprio apposito avviso, avvia una nuova consultazione del pubblico la cui durata è ridotta della metà rispetto a quella di cui al comma 4 [223].

     6. L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico si svolga ai sensi dell'articolo 24-bis, comma 1, con le forme e le modalità disciplinate dalle regioni e dalle province autonome ai sensi dell'articolo 7-bis, comma 8.

     7. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine per richiedere integrazioni di cui al comma 5 ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e si svolge ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi è di novanta giorni decorrenti dalla data della prima riunione. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende, recandone l'indicazione esplicita, il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto. Nel caso in cui il rilascio di titoli abilitativi settoriali sia compreso nell'ambito di un'autorizzazione unica, le amministrazioni competenti per i singoli atti di assenso partecipano alla conferenza e l'autorizzazione unica confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico regionale [224].

     7-bis. Qualora in base alla normativa di settore per il rilascio di uno o più titoli abilitativi sia richiesto un livello progettuale esecutivo, oppure laddove la messa in esercizio dell'impianto o l'avvio dell'attività necessiti di verifiche, riesami o nulla osta successivi alla realizzazione dell'opera stessa, la amministrazione competente indica in conferenza le condizioni da verificare, secondo un cronoprogramma stabilito nella conferenza stessa, per il rilascio del titolo definitivo. Le condizioni indicate dalla conferenza possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nel corso del successivo procedimento per il rilascio del titolo definitivo [225].

     7-ter. Laddove uno o più titoli compresi nella determinazione motivata di conclusione della conferenza di cui al comma 7 attribuiscano carattere di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza, costituiscano variante agli strumenti urbanistici e vincolo preordinato all'esproprio, la determinazione conclusiva della conferenza ne dà atto [226].

     8. Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

     9. Le condizioni e le misure supplementari relative all'autorizzazione integrata ambientale e contenute nel provvedimento autorizzatorio unico regionale, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. Le condizioni e le misure supplementari relative agli altri titoli abilitativi di cui al comma 7, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalità previste dalle relative disposizioni di settore da parte delle amministrazioni competenti per materia.

 

          Art. 27 ter. (Procedimento autorizzatorio unico accelerato regionale per settori di rilevanza strategica). [227]

     1. Nell'ambito delle aree di interesse strategico nazionale per la realizzazione di piani o programmi comunque denominati che prevedano investimenti pubblici o privati anche cumulativamente pari a un importo non inferiore ad euro 400.000.000,00 relativi ai settori ritenuti di rilevanza strategica, caratterizzati da più elementi progettuali corrispondenti a diverse tipologie soggette a VIA o a verifica di assoggettabilità a VIA o, laddove necessario, a VAS, rientranti in parte nella competenza statale e in parte nella competenza regionale, l'autorità ambientale competente è la regione e tutte le autorizzazioni sono rilasciate, se il proponente ne fa richiesta nell'istanza di cui al comma 5, nell'ambito di un procedimento volto al rilascio di un provvedimento autorizzatorio unico accelerato regionale (PAUAR), come disciplinato secondo quanto previsto dai commi 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14.

     1-bis. Sono inoltre soggetti a procedimento autorizzatorio unico accelerato regionale le opere, gli impianti e le infrastrutture necessari al superamento delle procedure di infrazione dell'Unione europea sulla depurazione o comunque connessi alla gestione della risorsa idrica, ricompresi nell'allegato III alla parte seconda del presente decreto [228].

     2. Per i piani e i programmi di cui all'articolo 6, commi 3 e 3-bis, il procedimento autorizzatorio unico accelerato di cui al presente articolo è preceduto dalla verifica di assoggettabilità disciplinata dall'articolo 12, secondo le diverse tempistiche rese necessarie dell'urgenza della realizzazione dei piani e dei programmi di cui al comma 1. In ragione di ciò, il parere di cui all'articolo 12, comma 2, è inviato all'autorità competente ed all'autorità procedente entro venti giorni dall'invio del rapporto preliminare di assoggettabilità a VAS di cui all'articolo 12, comma 1. Il provvedimento di verifica di cui all'articolo 12, comma 4, è emesso entro quarantacinque giorni dalla trasmissione del predetto parere.

     3. Per i piani e i programmi afferenti ai settori di cui al comma 1, considerati assoggettabili a valutazione ambientale strategica ai sensi del comma 2, la valutazione ambientale strategica è integrata nel procedimento autorizzatorio unico accelerato di cui al presente articolo. Per i piani e i programmi di cui all'articolo 6, comma 2, ove coincidenti con quelli di cui al comma 1 del presente articolo, la valutazione ambientale strategica è in ogni caso integrata nel procedimento autorizzatorio unico accelerato.

     4. Il procedimento autorizzatorio unico accelerato di cui al presente articolo si applica a tutte le opere necessarie per la realizzazione dei piani e dei programmi di cui al comma 1, da individuare secondo le modalità indicate dai commi 5 e 6.

     5. Il proponente, nelle ipotesi individuate dal comma 1, presenta all'autorità competente e alle altre amministrazioni interessate un'istanza ai sensi dell'articolo 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze e di tutti i pareri, i concerti, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. In tale elenco sono indicate le opere necessarie alla realizzazione dei piani e dei programmi di cui al comma 1 per cui si richiede altresì l'applicazione del procedimento autorizzatorio unico accelerato. L'istanza deve contenere anche l'avviso al pubblico di cui all'articolo 24, comma 2, indicando ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atti di assenso richiesti.

     6. Entro cinque giorni dalla presentazione dell'istanza l'autorità competente verifica l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 33 e, qualora l'istanza non sia stata inviata a tutte le amministrazioni e gli enti potenzialmente interessati, la trasmette loro per via telematica e pubblica sul proprio sito web istituzionale l'avviso di cui all'articolo 24, comma 2, di cui è data informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In caso di progetti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, la pubblicazione è notificata al medesimo con le modalità di cui all'articolo 32.

     7. Entro trenta giorni dalla pubblicazione di cui al comma 6, l'autorità competente, nonchè le amministrazioni e gli enti cui sono pervenute l'istanza di cui al comma 5 e le comunicazioni di cui al comma 6, per i profili di rispettiva competenza, verificano la completezza della documentazione e valutano altresì l'istanza di estensione del presente procedimento alle opere eventualmente indicate dal proponente, ai sensi del comma 5, come necessarie alla realizzazione dei piani e dei programmi. Entro il medesimo termine, il pubblico interessato può contemporaneamente presentare le proprie osservazioni.

     8. Entro venti giorni dal termine delle attività di cui al comma 7, verificata la completezza della documentazione e viste le osservazioni del pubblico, l'amministrazione competente assegna al proponente un termine perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni. Nei casi in cui sia richiesta anche la variante urbanistica di cui all'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, nel termine di cui al primo periodo l'amministrazione competente effettua la verifica del rispetto dei requisiti per la procedibilità. Ricevute le integrazioni da parte del proponente, l'amministrazione competente procede ad una nuova pubblicazione sul proprio sito web istituzionale, a seguito della quale il pubblico interessato può far pervenire ulteriori osservazioni entro un termine non superiore a dieci giorni.

     9. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine per richiedere integrazioni di cui al comma 8 ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e si svolge ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi è di sessanta giorni decorrenti dalla data della prima riunione.

     10. Ove siano richieste varianti al piano paesaggistico, necessarie per la realizzazione dei piani o dei programmi di cui al comma 1 e solo se il piano è stato elaborato d'intesa con lo Stato ai sensi degli articoli 135 e 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l'Amministrazione procedente, contestualmente alla convocazione della conferenza di servizi di cui al comma 9, invia al Ministero della cultura una richiesta di approvazione delle predette varianti. Il Ministero si esprime entro trenta giorni dalla richiesta. In caso di silenzio, l'approvazione è rimessa alla decisione del Consiglio dei ministri, che delibera entro il termine di venti giorni e comunica immediatamente le sue deliberazioni all'Amministrazione procedente. In caso di dissenso, si applica l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400. In presenza di autorizzazione, l'amministrazione procedente dispone le conseguenti varianti agli strumenti di pianificazione nell'ambito del provvedimento di cui al comma 11.

     11. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico accelerato regionale e comprende, recandone l'indicazione esplicita, i provvedimenti di VIA e tutti i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, nonchè l'indicazione se uno o più titoli costituiscono variante agli strumenti di pianificazione e urbanistici e vincolo preordinato all'esproprio. Nel caso in cui il rilascio di titoli abilitativi settoriali sia compreso nell'ambito di un'autorizzazione unica, le amministrazioni competenti per i singoli atti di assenso partecipano alla conferenza e l'autorizzazione unica confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico accelerato regionale.

     12. Per i procedimenti per i quali sia riconosciuto da specifiche disposizioni o intese un concorrente interesse statale, al procedimento disciplinato dal presente articolo partecipa con diritto di voto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un esperto designato dallo Stato, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e individuato tra i soggetti in possesso di adeguata professionalità ed esperienza nel settore della valutazione dell'impatto ambientale e del diritto ambientale. Si applica in ogni caso l'articolo 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. All'esperto di cui al primo periodo non spettano compensi, indennità, rimborsi di spese, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati.

     13. Si applicano, in quanto compatibili e senza aggravi ai fini del celere rilascio del provvedimento, le disposizioni di cui all'articolo 27-bis, commi 7-bis e 9.

     14. Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

          Art. 28. (Monitoraggio). [229]

     1. Il proponente è tenuto a ottemperare alle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA.

     2. L'autorità competente, in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per i profili di competenza, verifica l'ottemperanza delle condizioni ambientali di cui al comma 1 al fine di identificare tempestivamente gli impatti ambientali significativi e negativi imprevisti e di adottare le opportune misure correttive. Per tali attività, l'autorità competente può avvalersi, tramite appositi protocolli d'intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, dell'Istituto superiore di sanità per i profili concernenti la sanità pubblica, ovvero di altri soggetti pubblici, i quali informano tempestivamente la stessa autorità competente degli esiti della verifica. Per il supporto alle medesime attività, nel caso di progetti di competenza statale particolarmente rilevanti per natura, complessità, ubicazione e dimensioni delle opere o degli interventi, l'autorità competente può istituire, sentito il proponente e con oneri a carico di quest'ultimo, appositi osservatori ambientali finalizzati a garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza, che operano secondo le modalità definite da uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adottati sulla base dei seguenti criteri:

     a) designazione dei componenti dell'Osservatorio da parte di ciascuna delle Amministrazioni e degli Enti individuati nel decreto di Valutazione di Impatto Ambientale;

     b) nomina del 50 per cento dei rappresentanti del Ministero della transizione ecologica tra soggetti estranei all'amministrazione del Ministero e dotati di significativa competenza e professionalità per l'esercizio delle funzioni;

     c) previsioni di cause di incandidabilità, incompatibilità e conflitto di interessi;

     d) temporaneità dell'incarico, non superiore a quattro anni, non rinnovabile e non cumulabile con incarichi in altri Osservatori;

     e) individuazione degli oneri a carico del proponente, fissando un limite massimo per i compensi dei componenti dell'Osservatorio. All'esito positivo della verifica l'autorità competente attesta l'avvenuta ottemperanza pubblicando sul proprio sito web la relativa documentazione, entro quindici giorni dal ricevimento dell'esito della verifica [230].

     3. Per la verifica dell'ottemperanza delle condizioni ambientali, il proponente, nel rispetto dei tempi e delle specifiche modalità di attuazione stabilite nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA, trasmette in formato elettronico all'autorità competente, o al soggetto eventualmente individuato per la verifica, la documentazione contenente gli elementi necessari alla verifica dell'ottemperanza. L'attività di verifica si conclude entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della documentazione trasmessa dal proponente.

     4. Qualora i soggetti individuati per la verifica di ottemperanza ai sensi del comma 2 non provvedano entro il termine stabilito dal comma 3, le attività di verifica sono svolte direttamente dall'autorità competente, che deve esprimersi entro il termine di novanta giorni. In caso di inerzia da parte dell'autorità competente, allo svolgimento delle attività di verifica provvede il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 [231].

     5. Nel caso in cui la verifica di ottemperanza dia esito negativo, l'autorità competente diffida il proponente ad adempiere entro un congruo termine, trascorso inutilmente il quale si applicano le sanzioni di cui all'articolo 29.

     6. Qualora all'esito dei risultati delle attività di verifica di cui ai commi da 1 a 5, ovvero successivamente all'autorizzazione del progetto, dall'esecuzione dei lavori di costruzione ovvero dall'esercizio dell'opera, si accerti la sussistenza di impatti ambientali negativi, imprevisti, ulteriori o diversi, ovvero di entità significativamente superiore a quelli valutati nell'ambito del procedimento di VIA, comunque non imputabili al mancato adempimento delle condizioni ambientali da parte del proponente, l'autorità competente, acquisite ulteriori informazioni dal proponente o da altri soggetti competenti in materia ambientale, può ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate e disporre l'adozione di opportune misure correttive.

     7. Nei casi in cui, al verificarsi delle fattispecie di cui al comma 6, emerga l'esigenza di modificare il provvedimento di VIA o di stabilire condizioni ambientali ulteriori rispetto a quelle del provvedimento originario, l'autorità competente, ai fini della riedizione del procedimento di VIA, dispone l'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso, assegnando al proponente un termine non superiore a novanta giorni.

     7-bis. Il proponente, entro i termini di validità disposti dal provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o di VIA, trasmette all'autorità competente la documentazione riguardante il collaudo delle opere o la certificazione di regolare esecuzione delle stesse, comprensiva di specifiche indicazioni circa la conformità delle opere rispetto al progetto depositato e alle condizioni ambientali prescritte. La documentazione è pubblicata tempestivamente nel sito internet dell'autorità competente [232]

     8. Delle modalità di svolgimento delle attività di monitoraggio, dei risultati delle verifiche, dei controlli e delle eventuali misure correttive adottate dall'autorità competente, nonchè dei dati derivanti dall'attuazione dei monitoraggi ambientali da parte del proponente è data adeguata informazione attraverso il sito web dell'autorità competente.

 

          Art. 29. (Sistema sanzionatorio). [233]

     1. I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge.

     2. Qualora siano accertati inadempimenti o violazioni delle condizioni ambientali di cui all'articolo 28, ovvero in caso di modifiche progettuali che rendano il progetto difforme da quello sottoposto al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA, ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

     a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

     b) alla diffida con contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifesti il rischio di impatti ambientali significativi e negativi;

     c) alla revoca del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, del provvedimento di VIA, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente.

     3. Nel caso di progetti a cui si applicano le disposizioni del presente decreto realizzati senza la previa sottoposizione al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, ovvero in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA o dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto già realizzato o in corso di realizzazione, l'autorità competente assegna un termine all'interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento e può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale. Scaduto inutilmente il termine assegnato all'interessato, ovvero nel caso in cui il nuovo provvedimento di VIA, adottato ai sensi degli articoli 25, 27 o 27-bis, abbia contenuto negativo, l'autorità competente dispone la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità. In caso di inottemperanza, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.

     4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque realizza un progetto o parte di esso, senza la previa VIA o senza la verifica di assoggettabilità a VIA, ove prescritte, è punito con una sanzione amministrativa da 35.000 euro a 100.000 euro.

     5. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 80.000 euro nei confronti di colui che, pur essendo in possesso del provvedimento di verifica di assoggettabilità o di valutazione di impatto ambientale, non ne osserva le condizioni ambientali.

     6. Le sanzioni sono irrogate dall'autorità competente.

     7. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

     8. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale per le violazioni previste dal presente articolo, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato e sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per essere destinati al miglioramento delle attività di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alle attività di cui all'articolo 28 del presente decreto per la verifica dell'ottemperanza delle condizioni ambientali contenute nel provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA, nonchè alla predisposizione di misure per la protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamità naturali.

 

Titolo III-bis [234]

L'autorizzazione integrata ambientale

 

     Art. 29 bis. Individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili [235]

     1. L'autorizzazione integrata ambientale è rilasciata tenendo conto di quanto indicato all'Allegato XI alla Parte Seconda e le relative condizioni sono definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT, salvo quanto previsto all'articolo 29-sexies, comma 9-bis, e all'articolo 29-octies. Nelle more della emanazione delle conclusioni sulle BAT l'autorità competente utilizza quale riferimento per stabilire le condizioni dell'autorizzazione le pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE [236].

     2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa consultazione delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale degli operatori delle installazioni interessate, possono essere determinati requisiti generali, per talune categorie di installazioni, che tengano luogo dei corrispondenti requisiti fissati per ogni singola autorizzazione, purchè siano garantiti un approccio integrato ed una elevata protezione equivalente dell'ambiente nel suo complesso. I requisiti generali si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza prescrivere l'utilizzo di alcuna tecnica o tecnologia specifica, al fine di garantire la conformità con l'articolo 29-sexies. Per le categorie interessate, salva l'applicazione dell'articolo 29-septies, l'autorità competente rilascia l'autorizzazione in base ad una semplice verifica di conformità dell'istanza con i requisiti generali [237].

     2-bis. I decreti di cui al comma 2 sono aggiornati entro sei mesi dall'emanazione delle pertinenti conclusioni sulle BAT da parte della Commissione europea, al fine di tener conto dei progressi delle migliori tecniche disponibili e garantire la conformità con l'articolo 29-octies, ed inoltre contengono un esplicito riferimento alla direttiva 2010/75/UE all'atto della pubblicazione ufficiale. Decorso inutilmente tale termine e fino al loro aggiornamento, i decreti già emanati ai sensi del comma 2 assumono, per installazioni pertinenti a tali conclusioni sulle BAT, una mera valenza informativa e conseguentemente non trova più applicazione l'ultimo periodo del comma 2 [238].

     3. Per le discariche di rifiuti da autorizzare ai sensi del presente titolo, si considerano soddisfatti i requisiti tecnici di cui al presente titolo se sono soddisfatti i requisiti tecnici di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 fino all'emanazione delle relative conclusioni sulle BAT [239].

 

     Art. 29 ter. Domanda di autorizzazione integrata ambientale [240]

     1. Ai fini dell'esercizio delle nuove installazioni di nuovi impianti, della modifica sostanziale e dell'adeguamento del funzionamento degli impianti delle installazioni esistenti alle disposizioni del presente decreto, si provvede al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui all'articolo 29-sexies. Fatto salvo quanto disposto al comma 4 e ferme restando le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore, la domanda deve contenere le seguenti informazioni:

     a) descrizione dell'installazione e delle sue attività, specificandone tipo e portata;

     b) descrizione delle materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell'energia usate o prodotte dall'installazione;

     c) descrizione delle fonti di emissione dell'installazione;

     d) descrizione dello stato del sito di ubicazione dell'installazione;

     e) descrizione del tipo e dell'entità delle prevedibili emissioni dell'installazione in ogni comparto ambientale nonchè un'identificazione degli effetti significativi delle emissioni sull'ambiente;

     f) descrizione della tecnologia e delle altre tecniche di cui si prevede l'uso per prevenire le emissioni dall'installazione oppure, qualora ciò non fosse possibile, per ridurle;

     g) descrizione delle misure di prevenzione, di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di recupero dei rifiuti prodotti dall'installazione;

     h) descrizione delle misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente nonchè le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiedono l'intervento dell'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3;

     i) descrizione delle principali alternative alla tecnologia, alle tecniche e alle misure proposte, prese in esame dal gestore in forma sommaria;

     l) descrizione delle altre misure previste per ottemperare ai principi di cui all'articolo 6, comma 16;

     m) se l'attività comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito dell'installazione, una relazione di riferimento elaborata dal gestore prima della messa in esercizio dell'installazione o prima del primo aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata, per la quale l'istanza costituisce richiesta di validazione. L'autorità competente esamina la relazione disponendo nell'autorizzazione o nell'atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti [241].

     2. La domanda di autorizzazione integrata ambientale deve contenere anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a m) del comma 1 e l'indicazione delle informazioni che ad avviso del gestore non devono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale e, tenendo conto delle indicazioni contenute nell'articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124, di pubblica sicurezza o di difesa nazionale. In tale caso il richiedente fornisce all'autorità competente anche una versione della domanda priva delle informazioni riservate, ai fini dell'accessibilità al pubblico [242].

     3. Qualora le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidente rilevante connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero i dati prodotti per i siti registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001 e successive modifiche, nonchè altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, rispettino uno o più requisiti di cui al comma 1 del presente articolo, tali dati possono essere utilizzati ai fini della presentazione della domanda e possono essere inclusi nella domanda o essere ad essa allegati.

     4. Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la completezza della stessa e della documentazione allegata. Qualora queste risultino incomplete, l'autorità competente ovvero, nel caso di impianti di competenza statale, la Commissione di cui all'art. 8-bis potrà chiedere apposite integrazioni, indicando un termine non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso i termini del procedimento si intendono interrotti fino alla presentazione della documentazione integrativa. Qualora entro il termine indicato il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. È fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessità della documentazione da presentare.

 

     Art. 29 quater. Procedura per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale [243]

     1. Per le installazioni di competenza statale la domanda è presentata all'autorità competente per mezzo di procedure telematiche, con il formato e le modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2 [244].

     2. L'autorità competente individua gli uffici presso i quali sono depositati i documenti e gli atti inerenti il procedimento, al fine della consultazione del pubblico. Tale consultazione è garantita anche mediante pubblicazione sul sito internet dell'autorità competente, non appena sia ragionevolmente possibile, del progetto di decisione, compreso il verbale conclusivo della conferenza di servizi di cui al comma 5, del contenuto della decisione, compresa una copia dell'autorizzazione e degli eventuali successivi aggiornamenti, e con particolare riferimento agli elementi di cui alle lettere b), e), f) e g) del comma 13, nonchè delle proposte di riesame pervenute dalle autorità competenti in materia ambientale ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, ovvero dal sindaco ai sensi del comma 7, del presente articolo [245].

     3. L'autorità competente, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica al gestore la data di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e la sede degli uffici di cui al comma 2. Entro il termine di quindici giorni dalla data di avvio del procedimento, l'autorità competente pubblica nel proprio sito web l'indicazione della localizzazione dell'installazione e il nominativo del gestore, nonchè gli uffici individuati ai sensi del comma 2 ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono luogo delle comunicazioni di cui all'articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Le informazioni pubblicate dal gestore ai sensi del presente comma sono altresì pubblicate dall'autorità competente nel proprio sito web. È in ogni caso garantita l'unicità della pubblicazione per gli impianti di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto [246].

     4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 3, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all'autorità competente, osservazioni sulla domanda.

     5. La convocazione da parte dell'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, di apposita Conferenza di servizi, alla quale sono invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell'interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l'autorizzazione, nonchè, per le installazioni di competenza regionale, le altre amministrazioni competenti per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio dell'AIA, ha luogo ai sensi degli articoli 14 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Per le installazioni soggette alle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ferme restando le relative disposizioni, al fine di acquisire gli elementi di valutazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 8, e di concordare preliminarmente le condizioni di funzionamento dell'installazione, alla conferenza è invitato un rappresentante della rispettiva autorità competente [247].

     6. Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonchè la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente [248].

     7. In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies [249].

     8. Nell'ambito della Conferenza dei servizi, l'autorità competente può richiedere integrazioni alla documentazione, anche al fine di valutare la applicabilità di specifiche misure alternative o aggiuntive, indicando il termine massimo non superiore a novanta giorni per la presentazione della documentazione integrativa. In tal caso, il termine di cui al comma 10 resta sospeso fino alla presentazione della documentazione integrativa [250].

     9. [Salvo quanto diversamente concordato, la Conferenza dei servizi di cui al comma 5 deve concludersi entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine previsto dal comma 4 per la presentazione delle osservazioni] [251].

     10. L'autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda [252].

     11. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto. A tal fine il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale richiama esplicitamente le eventuali condizioni, già definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessità permane. Inoltre le autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono la comunicazione di cui all'articolo 216 [253].

     12. Ogni autorizzazione integrata ambientale deve includere le modalità previste dal presente decreto per la protezione dell'ambiente, nonchè, la data entro la quale le prescrizioni debbono essere attuate [254].

     13. Copia dell'autorizzazione integrata ambientale e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è messa tempestivamente a disposizione del pubblico, presso l'ufficio di cui al comma 2. Presso il medesimo ufficio sono inoltre rese disponibili:

     a) informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento;

     b) i motivi su cui è basata la decisione;

     c) i risultati delle consultazioni condotte, anche coinvolgendo altri Stati ai sensi dell'articolo 32-bis, prima dell'adozione della decisione e una spiegazione della modalità con cui se ne è tenuto conto nella decisione [255];

     d) il titolo dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti per l'installazione o l'attività interessati;

     e) il metodo utilizzato per determinare le condizioni di autorizzazione di cui all'articolo 29-sexies, ivi compresi i valori limite di emissione, in relazione alle migliori tecniche disponibili e ai livelli di emissione ivi associati;

     f) se è concessa una deroga ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 10, i motivi specifici della deroga sulla base dei criteri indicati in detto comma e le condizioni imposte;

     g) le informazioni pertinenti sulle misure adottate dal gestore, in applicazione dell'articolo 29-sexies, comma 13, al momento della cessazione definitiva delle attività;

     h) i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni di autorizzazione e in possesso dell'autorità competente [256].

     14. L'autorità competente può sottrarre all'accesso le informazioni, in particolare quelle relative agli impianti militari di produzione di esplosivi di cui al punto 4.6 dell'allegato VIII, qualora ciò si renda necessario per l'esigenza di salvaguardare ai sensi dell'articolo 24, comma 6, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, e relative norme di attuazione, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. L'autorità competente può inoltre sottrarre all'accesso informazioni non riguardanti le emissioni dell'impianto nell'ambiente, per ragioni di tutela della proprietà intellettuale o di riservatezza industriale, commerciale o personale.

     15. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.

 

     Art. 29 quinquies. (Coordinamento per l'uniforme applicazione sul territorio nazionale). [257]

     1. È istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero, di ogni regione e provincia autonoma e dell'Unione delle province italiane (UPI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti dell'ISPRA, nonchè, su indicazione della regione o provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente. Il Coordinamento opera attraverso l'indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di informazioni.

     2. Il Coordinamento previsto dal comma 1 assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi connessi all'applicazione del presente Titolo, anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze.

     3. Ai soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, al Coordinamento previsto al comma 1 non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

     Art. 29 sexies. Autorizzazione integrata ambientale [258]

     1. L'autorizzazione integrata ambientale rilasciata ai sensi del presente decreto, deve includere tutte le misure necessarie a soddisfare i requisiti di cui ai seguenti commi del presente articolo nonchè di cui agli articoli 6, comma 16, e 29-septies, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso. L'autorizzazione integrata ambientale di attività regolamentate dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all'allegato B del medesimo decreto, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale [259].

     2. [In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, se sottoposti alla normativa in materia di valutazione d'impatto ambientale, si applicano le disposizioni di cui all'art. 10 del presente decreto] [260].

     3. L'autorizzazione integrata ambientale deve includere valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle dell'allegato X alla Parte Seconda, che possono essere emesse dall'installazione interessata in quantità significativa, in considerazione della loro natura e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro, acqua, aria e suolo, nonchè i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. I valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate ambientali non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l'installazione. Se del caso i valori limite di emissione possono essere integrati o sostituiti con parametri o misure tecniche equivalenti [261].

     3-bis. L'autorizzazione integrata ambientale contiene le ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee, le opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto e per la riduzione dell'impatto acustico, nonchè disposizioni adeguate per la manutenzione e la verifica periodiche delle misure adottate per prevenire le emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee e disposizioni adeguate relative al controllo periodico del suolo e delle acque sotterranee in relazione alle sostanze pericolose che possono essere presenti nel sito e tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee presso il sito dell'installazione [262].

     4. Fatto salvo l'articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui ai commi precedenti fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

     4-bis. L'autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL) di cui all'articolo 5, comma 1, lettera l-ter.4), attraverso una delle due opzioni seguenti:

     a) fissando valori limite di emissione, in condizioni di esercizio normali, che non superano i BAT-AEL, adottino le stesse condizioni di riferimento dei BAT-AEL e tempi di riferimento non maggiori di quelli dei BAT-AEL;

     b) fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori, tempi di riferimento e condizioni, a patto che l'autorità competente stessa valuti almeno annualmente i risultati del controllo delle emissioni al fine di verificare che le emissioni, in condizioni di esercizio normali, non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili [263].

     4-ter. L'autorità competente può fissare valori limite di emissione più rigorosi di quelli di cui al comma 4-bis, se pertinenti, nei seguenti casi:

     a) quando previsto dall'articolo 29-septies;

     b) quando lo richiede il rispetto della normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l'installazione o il rispetto dei provvedimenti relativi all'installazione non sostituiti dall'autorizzazione integrata ambientale [264].

     4-quater. I valori limite di emissione delle sostanze inquinanti si applicano nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'installazione e la determinazione di tali valori è effettuata al netto di ogni eventuale diluizione che avvenga prima di quel punto, tenendo se del caso esplicitamente conto dell'eventuale presenza di fondo della sostanza nell'ambiente per motivi non antropici. Per quanto concerne gli scarichi indiretti di sostanze inquinanti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'installazione interessata, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente [265].

     5. L'autorità competente rilascia l'autorizzazione integrata ambientale osservando quanto specificato nell'articolo 29-bis, commi 1, 2 e 3. In mancanza delle conclusioni sulle BAT l'autorità competente rilascia comunque l'autorizzazione integrata ambientale secondo quanto indicato al comma 5-ter, tenendo conto di quanto previsto nell'Allegato XI alla Parte Seconda [266].

     5-bis. Se l'autorità competente stabilisce condizioni di autorizzazione sulla base di una migliore tecnica disponibile non descritta in alcuna delle pertinenti conclusioni sulle BAT, essa verifica che tale tecnica sia determinata prestando particolare attenzione ai criteri di cui all'Allegato XI alla Parte Seconda, e:

     a) qualora le conclusioni sulle BAT applicabili contengano BAT-AEL verifica il rispetto degli obblighi di cui ai commi 4-bis e 9-bis, ovvero

     b) qualora le conclusioni sulle BAT applicabili non contengano BAT-AEL verifica che la tecnica garantisca un livello di protezione dell'ambiente non inferiore a quello garantito dalle migliori tecniche disponibili descritte nelle conclusioni sulle BAT [267].

     5-ter. Se un'attività, o un tipo di processo di produzione svolto all'interno di un'installazione non è previsto, nè da alcuna delle conclusioni sulle BAT, nè dalle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea in attuazione dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE o dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/01/CE o, se queste conclusioni non prendono in considerazione tutti gli effetti potenziali dell'attività o del processo sull'ambiente, l'autorità competente, consultato il gestore, stabilisce le condizioni dell'autorizzazione tenendo conto dei criteri di cui all'Allegato XI [268].

     6. L'autorizzazione integrata ambientale contiene gli opportuni requisiti di controllo delle emissioni, che specificano, in conformità a quanto disposto dalla vigente normativa in materia ambientale e basandosi sulle conclusioni sulle BAT applicabili, la metodologia e la frequenza di misurazione, le condizioni per valutare la conformità, la relativa procedura di valutazione, nonchè l'obbligo di comunicare all'autorità competente periodicamente, ed almeno una volta all'anno, i dati necessari per verificarne la conformità alle condizioni di autorizzazione ambientale integrata nonchè, quando si applica il comma 4-bis, lettera b), una sintesi di detti risultati espressi in un formato che consenta un confronto con i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, rendendo disponibili, a tal fine, anche i risultati del controllo delle emissioni per gli stessi periodi e alle stesse condizioni di riferimento dei livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili. L'autorizzazione contiene altresì l'obbligo di comunicare all'autorità competente e ai comuni interessati, nonchè all'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale. Tra i requisiti di controllo, l'autorizzazione stabilisce in particolare, nel rispetto del decreto di cui all'articolo 33, comma 3-bis, le modalità e la frequenza dei controlli programmati di cui all'articolo 29-decies, comma 3. Per gli impianti di competenza statale le comunicazioni di cui al presente comma sono trasmesse per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L'autorità competente in sede di aggiornamento dell'autorizzazione, per fissare i nuovi requisiti di controllo delle emissioni, su richiesta del gestore, tiene conto dei dati di controllo sull'installazione trasmessi per verificarne la conformità all'autorizzazione e dei dati relativi ai controlli delle emissioni, nonchè dei dati reperiti durante le attività di cui all'articolo 29-octies, commi 3 e 4 [269].

     6-bis. Fatto salvo quanto specificato nelle conclusioni sulle BAT applicabili, l'autorizzazione integrata ambientale programma specifici controlli almeno una volta ogni cinque anni per le acque sotterranee e almeno una volta ogni dieci anni per il suolo, a meno che sulla base di una valutazione sistematica del rischio di contaminazione non siano state fissate diverse modalità o più ampie frequenze per tali controlli [270].

     6-ter. Nell'ambito dei controlli di cui al comma 6 è espressamente prevista un'attività ispettiva presso le installazioni svolta con oneri a carico del gestore dall'autorità di controllo di cui all'articolo 29-decies, comma 3, e che preveda l'esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dalle installazioni interessate. Le Regioni possono prevedere il coordinamento delle attività ispettive in materia di autorizzazione integrata ambientale con quelle previste in materia di valutazione di impatto ambientale e in materia di incidenti rilevanti, nel rispetto delle relative normative [271].

     7. L'autorizzazione integrata ambientale contiene le misure relative alle condizioni diverse da quelle di esercizio normali, in particolare per le fasi di avvio e di arresto dell'installazione, per le emissioni fuggitive, per i malfunzionamenti, e per l'arresto definitivo dell'installazione. L'autorizzazione può, tra l'altro, ferme restando le diverse competenze in materia di autorizzazione alla demolizione e alla bonifica dei suoli, disciplinare la pulizia, la protezione passiva e la messa in sicurezza di parti dell'installazione per le quali il gestore dichiari non essere previsto il funzionamento o l'utilizzo durante la durata dell'autorizzazione stessa. Gli spazi liberabili con la rimozione di tali parti di impianto sono considerati disponibili alla realizzazione delle migliori tecniche disponibili negli stretti tempi tecnici e amministrativi necessari alla demolizione e, se del caso, alla bonifica [272].

     7-bis. Fermo restando quanto prescritto agli articoli 237-sexies, comma 1, lettera e), e 237-octiedecies per gli impianti di incenerimento o coincenerimento, è facoltà dell'autorità competente, considerata la stabilità d'esercizio delle tecniche adottate, l'affidabilità dei controlli e la mancata contestazione al gestore, nel periodo di validità della precedente autorizzazione, di violazioni relative agli obblighi di comunicazione, indicare preventivamente nell'autorizzazione il numero massimo, la massima durata e la massima intensità (comunque non eccedente il 20 per cento) di superamenti dei valori limite di emissione di cui al comma 4-bis, dovuti ad una medesima causa, che possono essere considerati, nel corso di validità dell'autorizzazione stessa, situazioni diverse dal normale esercizio e nel contempo non rientrare tra le situazioni di incidente o imprevisti, disciplinate dall'articolo 29-undecies [273].

     8. Per le installazioni assoggettate al decreto legislativo del 17 agosto 1999, n. 334, l'autorità competente ai sensi di tale decreto trasmette all'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale le più recenti valutazioni assunte e i provvedimenti adottati, alle cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, citate nella autorizzazione, sono armonizzate le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale [274].

     8-bis. Per le pratiche assoggettate al decreto legislativo del 31 luglio 2020, n. 101, il Prefetto trasmette i provvedimenti adottati all'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Le relative prescrizioni sono espressamente riportate nell'autorizzazione e ad esse sono armonizzate le condizioni ivi previste [275].

     9. L'autorizzazione integrata ambientale può contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dell'autorità competente. Ad esempio, fermo restando l'obbligo di immediato rispetto dei precedenti commi e in particolare del comma 4-bis, l'autorizzazione può disporre la redazione di progetti migliorativi, da presentare ai sensi del successivo articolo 29-nonies, ovvero il raggiungimento di determinate ulteriori prestazioni ambientali in tempi fissati, impegnando il gestore ad individuare le tecniche da implementare a tal fine. In tale ultimo caso, fermo restando l'obbligo di comunicare i miglioramenti progettati, le disposizioni di cui all'articolo 29-nonies non si applicano alle modifiche strettamente necessarie ad adeguare la funzionalità degli impianti alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale [276].

     9-bis. In casi specifici l'autorità competente può fissare valori limite di emissione meno severi di quelli discendenti dall'applicazione del comma 4-bis, a condizione che una valutazione dimostri che porre limiti di emissione corrispondenti ai 'livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili' comporterebbe una maggiorazione sproporzionata dei costi rispetto ai benefici ambientali, in ragione dell'ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali dell'istallazione interessata e delle caratteristiche tecniche dell'istallazione interessata. In tali casi l'autorità competente documenta, in uno specifico allegato all'autorizzazione, le ragioni di tali scelta, illustrando il risultato della valutazione e la giustificazione delle condizioni imposte. I valori limite di emissione così fissati non superano, in ogni caso, i valori limite di emissione di cui agli allegati del presente decreto, laddove applicabili. Ai fini della predisposizione di tale allegato si fa riferimento alle linee guida di cui all'Allegato XII-bis alla Parte Seconda. Tale Allegato è aggiornato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro sei mesi dall'emanazione, da parte della Commissione europea, di eventuali linee guida comunitarie in materia, per garantire la coerenza con tali linee guida comunitarie. L'autorità competente verifica comunque l'applicazione dei principi di cui all'articolo 6, comma 16, e in particolare che non si verifichino eventi inquinanti di rilievo e che si realizzi nel complesso un elevato grado di tutela ambientale. L'applicazione del presente comma deve essere espressamente riverificata e riconfermata in occasione di ciascun pertinente riesame dell'autorizzazione [277].

     9-ter. L'autorità competente può accordare deroghe temporanee alle disposizioni del comma 4-bis e 5-bis e dell'articolo 6, comma 16, lettera a), in caso di sperimentazione e di utilizzo di tecniche emergenti per un periodo complessivo non superiore a nove mesi, a condizione che dopo il periodo specificato tale tecnica sia sospesa o che le emissioni dell'attività raggiungano almeno i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili [278].

     9-quater. Nel caso delle installazioni di cui al punto 6.6 dell'Allegato VIII alla Parte Seconda, il presente articolo si applica fatta salva la normativa in materia di benessere degli animali [279].

     9-quinquies. Fatto salvo quanto disposto alla Parte Terza ed al Titolo V della Parte Quarta del presente decreto, l'autorità competente stabilisce condizioni di autorizzazione volte a garantire che il gestore:

     a) quando l'attività comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell'installazione, elabori e trasmetta per validazione all'autorità competente la relazione di riferimento di cui all'articolo 5, comma 1, lettera v-bis), prima della messa in servizio della nuova installazione o prima dell'aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata per l'installazione esistente;

     b) al momento della cessazione definitiva delle attività, valuti lo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte di sostanze pericolose pertinenti usate, prodotte o rilasciate dall'installazione;

     c) qualora dalla valutazione di cui alla lettera b) risulti che l'installazione ha provocato un inquinamento significativo del suolo o delle acque sotterranee con sostanze pericolose pertinenti, rispetto allo stato constatato nella relazione di riferimento di cui alla lettera a), adotti le misure necessarie per rimediare a tale inquinamento in modo da riportare il sito a tale stato, tenendo conto della fattibilità tecnica di dette misure;

     d) fatta salva la lettera c), se, tenendo conto dello stato del sito indicato nell'istanza, al momento della cessazione definitiva delle attività la contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito comporta un rischio significativo per la salute umana o per l'ambiente in conseguenza delle attività autorizzate svolte dal gestore anteriormente al primo aggiornamento dell'autorizzazione per l'installazione esistente, esegua gli interventi necessari ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto conto dell'uso attuale o dell'uso futuro approvato, cessi di comportare detto rischio;

     e) se non è tenuto ad elaborare la relazione di riferimento di cui alla lettera a), al momento della cessazione definitiva delle attività esegua gli interventi necessari ad eliminare, controllare, contenere o ridurre le sostanze pericolose pertinenti in modo che il sito, tenuto conto dell'uso attuale o dell'uso futuro approvato del medesimo non comporti un rischio significativo per la salute umana o per l'ambiente a causa della contaminazione del suolo o delle acque sotterranee in conseguenza delle attività autorizzate, tenendo conto dello stato del sito di ubicazione dell'installazione indicato nell'istanza [280].

     9-sexies. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabilite le modalità per la redazione della relazione di riferimento di cui all'articolo 5, comma 1, lettera v-bis), con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda [281].

     9-septies. A garanzia degli obblighi di cui alla lettera c del comma 9-quinquies, l'autorizzazione integrata ambientale prevede adeguate garanzie finanziarie, da prestare entro 12 mesi dal rilascio in favore della regione o della provincia autonoma territorialmente competente. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti criteri che l'autorità competente dovrà tenere in conto nel determinare l'importo di tali garanzie finanziarie [282].

 

     Art. 29 septies. (Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale). [283]

     1. Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'amministrazione ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di servizi di cui all'articolo 29-quater, comma 5.

     2. Nei casi di cui al comma 1 l'autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell'area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale.

 

     Art. 29 octies. (Rinnovo e riesame). [284]

     1. L'autorità competente riesamina periodicamente l'autorizzazione integrata ambientale, confermando o aggiornando le relative condizioni.

     2. Il riesame tiene conto di tutte le conclusioni sulle BAT, nuove o aggiornate, applicabili all'installazione e adottate da quando l'autorizzazione è stata concessa o da ultimo riesaminata, nonchè di eventuali nuovi elementi che possano condizionare l'esercizio dell'installazione. Nel caso di installazioni complesse, in cui siano applicabili più conclusioni sulle BAT, il riferimento va fatto, per ciascuna attività, prevalentemente alle conclusioni sulle BAT pertinenti al relativo settore industriale.

     3. Il riesame con valenza, anche in termini tariffari, di rinnovo dell'autorizzazione è disposto sull'installazione nel suo complesso:

     a) entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all'attività principale di un'installazione;

     b) quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale o dall'ultimo riesame effettuato sull'intera installazione.

     4. Il riesame è inoltre disposto, sull'intera installazione o su parti di essa, dall'autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

     a) a giudizio dell'autorità competente ovvero, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell'amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice ambientale interessata, l'inquinamento provocato dall'installazione è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell'autorizzazione o l'inserimento in quest'ultima di nuovi valori limite, in particolare quando è accertato che le prescrizioni stabilite nell'autorizzazione non garantiscono il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;

     b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni;

     c) a giudizio di una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante, la sicurezza di esercizio del processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche;

     d) sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali lo esigono;

     e) una verifica di cui all'articolo 29-sexies, comma 4-bis, lettera b), ha dato esito negativo senza evidenziare violazioni delle prescrizioni autorizzative, indicando conseguentemente la necessità di aggiornare l'autorizzazione per garantire che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni corrispondano ai "livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili.".

     5. A seguito della comunicazione di avvio del riesame da parte dell'autorità competente, il gestore presenta, entro il termine determinato dall'autorità competente in base alla prevista complessità della documentazione, e compreso tra 30 e 180 giorni, ovvero, nel caso in cui la necessità di avviare il riesame interessi numerose autorizzazioni, in base ad un apposito calendario annuale, tutte le informazioni necessarie ai fini del riesame delle condizioni di autorizzazione, ivi compresi, in particolare, i risultati del controllo delle emissioni e altri dati, che consentano un confronto tra il funzionamento dell'installazione, le tecniche descritte nelle conclusioni sulle BAT applicabili e i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili nonchè, nel caso di riesami relativi all'intera installazione, l'aggiornamento di tutte le informazioni di cui all'articolo 29-ter, comma 1. Nei casi di cui al comma 3, lettera b), la domanda di riesame è comunque presentata entro il termine ivi indicato. Nel caso di inosservanza del predetto termine l'autorizzazione si intende scaduta. La mancata presentazione nei tempi indicati di tale documentazione, completa dell'attestazione del pagamento della tariffa, comporta la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 60.000 euro, con l'obbligo di provvedere entro i successivi 90 giorni. Al permanere dell'inadempimento la validità dell'autorizzazione, previa diffida, è sospesa. In occasione del riesame l'autorità competente utilizza anche tutte le informazioni provenienti dai controlli o dalle ispezioni.

     6. Entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Unione europea delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT riferite all'attività principale di un'installazione, l'autorità competente verifica che:

     a) tutte le condizioni di autorizzazione per l'installazione interessata siano riesaminate e, se necessario, aggiornate per assicurare il rispetto del presente decreto in particolare, se applicabile, dell'articolo 29-sexies, commi 3, 4 e 4-bis;

     b) l'installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione.

     7. Il ritardo nella presentazione della istanza di riesame, nel caso disciplinato al comma 3, lettera a), non può in alcun modo essere tenuto in conto per dilazionare i tempi fissati per l'adeguamento dell'esercizio delle installazioni alle condizioni dell'autorizzazione.

     8. Nel caso di un'installazione che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti registrata ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a sedici anni. Se la registrazione ai sensi del predetto regolamento è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni sedici anni, a partire dal primo successivo riesame.

     9. Nel caso di un'installazione che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, risulti certificato secondo la norma UNI EN ISO 14001, il termine di cui al comma 3, lettera b), è esteso a dodici anni. Se la certificazione ai sensi della predetta norma è successiva all'autorizzazione di cui all'articolo 29-quater, il riesame di detta autorizzazione è effettuato almeno ogni dodici anni, a partire dal primo successivo riesame.

     10. Il procedimento di riesame è condotto con le modalità di cui agli articoli 29-ter, comma 4, e 29-quater. In alternativa alle modalità di cui all'articolo 29-quater, comma 3, la partecipazione del pubblico alle decisioni può essere assicurata attraverso la pubblicazione nel sito web istituzionale dell'autorità competente.

     11. Fino alla pronuncia dell'autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l'attività sulla base dell'autorizzazione in suo possesso.

 

     Art. 29 nonies. Modifica degli impianti o variazione del gestore [285]

     1. Il gestore comunica all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto, come definite dall'articolo 5, comma 1, lettera l). L'autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni, ovvero, se rileva che le modifiche progettate sono sostanziali ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), ne dà notizia al gestore entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione ai fini degli adempimenti di cui al comma 2 del presente articolo. Decorso tale termine, il gestore può procedere alla realizzazione delle modifiche comunicate.

     2. Nel caso in cui le modifiche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all'autorità competente una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni di cui all'articolo 29-ter, commi 1 e 2. Si applica quanto previsto dagli articoli 29-ter e 29-quater in quanto compatibile.

     3. Il gestore, esclusi i casi disciplinati ai commi 1 e 2, informa l'autorità competente e l'autorità di controllo di cui all'articolo 29-decies, comma 3, in merito ad ogni nuova istanza presentata per l'installazione ai sensi della normativa in materia di prevenzione dai rischi di incidente rilevante, ai sensi della normativa in materia di valutazione di impatto ambientale o ai sensi della normativa in materia urbanistica. La comunicazione, da effettuare prima di realizzare gli interventi, specifica gli elementi in base ai quali il gestore ritiene che gli interventi previsti non comportino nè effetti sull'ambiente, nè contrasto con le prescrizioni esplicitamente già fissate nell'autorizzazione integrata ambientale [286].

     4. Nel caso in cui intervengano variazioni nella titolarità della gestione dell'impianto, il vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni all'autorità competente, anche nelle forme dell'autocertificazione ai fini della volturazione dell'autorizzazione integrata ambientale [287].

 

     Art. 29 decies. Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale [288]

     1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all'autorità competente. Per gli impianti localizzati in mare, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3, coordinandosi con gli uffici di vigilanza del Ministero dello sviluppo economico [289].

     2. A far data dall'invio della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all'autorità competente e ai comuni interessati, nonchè all'ente responsabile degli accertamenti di cui al comma 3, i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall'autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa. L'autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 3, ovvero mediante pubblicazione sul sito internet dell'autorità competente ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 2. Il gestore provvede, altresì, ad informare immediatamente i medesimi soggetti in caso di violazione delle condizioni dell'autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare nel più breve tempo possibile la conformità [290].

     3. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale , o, negli altri casi, l'autorità competente, avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore [291]:

     a) il rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale;

     b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell'inquinamento nonchè al rispetto dei valori limite di emissione;

     c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l'autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull'ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.

     4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l'autorità competente, nell'ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.

     5. Al fine di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l'assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all'impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto. A tal fine, almeno dopo ogni visita in loco, il soggetto che effettua gli accertamenti redige una relazione che contiene i pertinenti riscontri in merito alla conformità dell'installazione alle condizioni di autorizzazione e le conclusioni riguardanti eventuali azioni da intraprendere. La relazione è notificata al gestore interessato e all'autorità competente entro due mesi dalla visita in loco ed è resa disponibile al pubblico, conformemente al comma 8, entro quattro mesi dalla visita in loco. Fatto salvo il comma 9, l'autorità competente provvede affinchè il gestore, entro un termine ragionevole, adotti tutte le ulteriori misure che ritiene necessarie, tenendo in particolare considerazione quelle proposte nella relazione [292].

     6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all'autorità competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.

     7. Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell'applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all'autorità competente.

     8. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico, tramite l'ufficio individuato all'articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

     9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui all'articolo 29-quattuordecies, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

     a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonchè un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità;

     b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte in un anno. Decorso il tempo determinato contestualmente alla diffida, la sospensione è automaticamente prorogata, finchè il gestore non dichiara di aver individuato e risolto il problema che ha causato l'inottemperanza. La sospensione è inoltre automaticamente rinnovata a cura dell'autorità di controllo di cui al comma 3, alle medesime condizioni e durata individuate contestualmente alla diffida, se i controlli sul successivo esercizio non confermano che è stata ripristinata la conformità, almeno in relazione alle situazioni che, costituendo un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente, avevano determinato la precedente sospensione;

     c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;

     d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione [293].

     10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

     11. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all'articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

     11-bis. Le attività ispettive in sito di cui all'articolo 29-sexies, comma 6-ter, e di cui al comma 4 sono definite in un piano d'ispezione ambientale a livello regionale, periodicamente aggiornato a cura della Regione o della Provincia autonoma, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per garantire il coordinamento con quanto previsto nelle autorizzazioni integrate statali ricadenti nel territorio, e caratterizzato dai seguenti elementi:

     a) un'analisi generale dei principali problemi ambientali pertinenti;

     b) la identificazione della zona geografica coperta dal piano d'ispezione;

     c) un registro delle installazioni coperte dal piano;

     d) le procedure per l'elaborazione dei programmi per le ispezioni ambientali ordinarie;

     e) le procedure per le ispezioni straordinarie, effettuate per indagare nel più breve tempo possibile e, se necessario, prima del rilascio, del riesame o dell'aggiornamento di un'autorizzazione, le denunce ed i casi gravi di incidenti, di guasti e di infrazione in materia ambientale;

     f) se necessario, le disposizioni riguardanti la cooperazione tra le varie autorità d'ispezione [294].

     11-ter. Il periodo tra due visite in loco non supera un anno per le installazioni che presentano i rischi più elevati, tre anni per le installazioni che presentano i rischi meno elevati, sei mesi per installazioni per le quali la precedente ispezione ha evidenziato una grave inosservanza delle condizioni di autorizzazione. Tale periodo è determinato, tenendo conto delle procedure di cui al comma 11-bis, lettera d), sulla base di una valutazione sistematica effettuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma sui rischi ambientali delle installazioni interessate, che considera almeno:

     a) gli impatti potenziali e reali delle installazioni interessate sulla salute umana e sull'ambiente, tenendo conto dei livelli e dei tipi di emissioni, della sensibilità dell'ambiente locale e del rischio di incidenti;

     b) il livello di osservanza delle condizioni di autorizzazione;

     c) la partecipazione del gestore al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) (a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009) [295].

 

     Art. 29 undecies. (Incidenti o imprevisti). [296]

     1. Fatta salva la disciplina relativa alla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in caso di incidenti o eventi imprevisti che incidano in modo significativo sull'ambiente, il gestore informa immediatamente l'autorità competente e l'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, e adotta immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e a prevenire ulteriori eventuali incidenti o eventi imprevisti, informandone l'autorità competente.

     2. In esito alle informative di cui al comma 1, l'autorità competente può diffidare il gestore affinchè adotti ogni misura complementare appropriata che l'autorità stessa, anche su proposta dell'ente responsabile degli accertamenti o delle amministrazioni competenti in materia ambientale territorialmente competenti, ritenga necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o imprevisti. La mancata adozione di tali misure complementari da parte del gestore nei tempi stabiliti dall'autorità competente è sanzionata ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, commi 1 o 2.

     3. L'autorizzazione può meglio specificare tempi, modalità e destinatari delle informative di cui al comma 1, fermo restando il termine massimo di otto ore, di cui all'articolo 271, comma 14, nel caso in cui un guasto non permetta di garantire il rispetto dei valori limite di emissione in aria.

 

     Art. 29 duodecies. Comunicazioni [297]

     1. Le autorità competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con cadenza almeno annuale, i dati di sintesi concernenti le domande ricevute, copia informatizzata delle autorizzazioni rilasciate e dei successivi aggiornamenti, nonchè un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale. L'obbligo si intende ottemperato nel caso in cui tali informazioni siano rese disponibili telematicamente ed almeno annualmente l'autorità competente comunichi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le modalità per acquisire in remoto tali informazioni [298].

     1-bis. In ogni caso in cui è concessa una deroga ai sensi dell'articolo 29-sexies, comma 9-bis, le autorità competenti comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro 120 giorni dall'emanazione del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, i motivi specifici della deroga e le relative condizioni imposte [299].

     2. Le domande relative agli impianti di competenza statale di cui all'articolo 29-quater, comma 1, i dati di cui al comma 1 del presente articolo e quelli di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 29-decies, sono trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, secondo il formato e le modalità di cui al decreto dello stesso Ministro 7 febbraio 2007.

 

     Art. 29 terdecies. Scambio di informazioni [300]

     1. Le autorità competenti trasmettono periodicamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale , una comunicazione relativa all'applicazione del presente titolo, ed in particolare sui dati rappresentativi circa le emissioni e altre forme di inquinamento e sui valori limite di emissione applicati in relazione agli impianti di cui all'Allegato VIII nonchè sulle migliori tecniche disponibili su cui detti valori si basano, segnalando eventuali progressi rilevati nello sviluppo ed applicazione di tecniche emergenti. La frequenza delle comunicazioni, il tipo e il formato delle informazioni che devono essere messe a disposizione, nonchè l'eventuale individuazione di attività e inquinanti specifici a cui limitare le informazioni stesse, sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base delle decisioni in merito emanate dalla Commissione europea. Nelle more della definizione di tale provvedimento le informazioni di cui al presente comma sono trasmesse annualmente, entro il 30 giugno 2014, con riferimento al biennio 2012-2013; entro il 30 aprile 2017, con riferimento al triennio 2014-2016, e successivamente con frequenza triennale, facendo riferimento a tipi e formati definiti nel formulario adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 15 marzo 2012 [301].

     2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone e invia alla Commissione europea una relazione in formato elettronico sull'attuazione del Capo II della direttiva 2010/75/UE e sulla sua efficacia rispetto ad altri strumenti comunitari di protezione dell'ambiente, sulla base delle informazioni pervenute ai sensi dell'articolo 29-duodecies e del comma 1, rispettando periodicità, contenuti e formati stabiliti nelle specifiche decisioni assunte in merito in sede comunitaria [302].

     2 bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare garantisce la partecipazione dell'Italia al Comitato di cui all'articolo 75 della direttiva 2010/75/UE e al Forum di cui all'articolo 13, paragrafo 3, della stessa direttiva, sulla base delle intese di cui al comma 3 [303].

     3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di intesa con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministero della salute e con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede ad assicurare la partecipazione dell'Italia allo scambio di informazioni organizzato dalla Commissione europea relativamente alle migliori tecniche disponibili e al loro sviluppo, nonchè alle relative prescrizioni in materia di controllo, e a rendere accessibili i risultati di tale scambio di informazioni. Le modalità di tale partecipazione, in particolare, dovranno consentire il coinvolgimento delle autorità competenti in tutte le fasi ascendenti dello scambio di informazioni. Le attività di cui al presente comma sono svolte di intesa con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali limitatamente alle attività di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII.

     4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, provvede a garantire la sistematica informazione del pubblico sullo stato di avanzamento dei lavori relativi allo scambio di informazioni di cui al comma 3 e adotta d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 modalità di scambio di informazioni tra le autorità competenti, al fine di promuovere una più ampia conoscenza sulle migliori tecniche disponibili e sul loro sviluppo.

 

     Art. 29 quattuordecies. (Sanzioni). [304]

     1. Chiunque esercita una delle attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro. Nel caso in cui l'esercizio non autorizzato comporti lo scarico di sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza, ovvero la raccolta, o il trasporto, o il recupero, o lo smaltimento di rifiuti pericolosi, nonchè nel caso in cui l'esercizio sia effettuato dopo l'ordine di chiusura dell'installazione, la pena è quella dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro. Se l'esercizio non autorizzato riguarda una discarica, alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

     2. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall' autorità competente.

     3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall' autorità competente nel caso in cui l'inosservanza:

     a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa;

     b) sia relativa alla gestione di rifiuti;

     c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.

     4. Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell'arresto fino a due anni qualora l'inosservanza sia relativa:

     a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;

     b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza;

     c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa;

     d) all'utilizzo di combustibili non autorizzati.

     5. Chiunque sottopone una installazione ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 2.500 euro a 26.000 euro.

     6. Ferma restando l'applicazione del comma 3, nel caso in cui per l'esercizio dell'impianto modificato è necessario l'aggiornamento del provvedimento autorizzativo, colui il quale sottopone una installazione ad una modifica non sostanziale senza aver effettuato le previste comunicazioni o senza avere atteso il termine di cui all'articolo 29-nonies, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.

     7. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 52.000 euro il gestore che omette di trasmettere all'autorità competente la comunicazione prevista all'articolo 29-decies, comma 1, nonchè il gestore che omette di effettuare le comunicazioni di cui all'articolo 29-undecies, comma 1, nei termini di cui al comma 3 del medesimo articolo 29-undecies.

     8. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 11.000 euro il gestore che omette di comunicare all'autorità competente, all'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, e ai comuni interessati i dati relativi alle misurazioni delle emissioni di cui all'articolo 29-decies, comma 2. Nel caso in cui il mancato adempimento riguardi informazioni inerenti la gestione di rifiuti pericolosi la sanzione amministrativa pecuniaria è sestuplicata. La sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un decimo se il gestore effettua tali comunicazioni con un ritardo minore di 60 giorni ovvero le effettua formalmente incomplete o inesatte ma, comunque, con tutti gli elementi informativi essenziali a caratterizzare i dati di esercizio dell'impianto.

     9. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale a chi nell'effettuare le comunicazioni di cui al comma 8 fornisce dati falsificati o alterati.

     10. È punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 26.000 euro il gestore che, senza giustificato e documentato motivo, omette di presentare, nel termine stabilito dall'autorità competente, la documentazione integrativa prevista all'articolo 29-quater, comma 8, o la documentazione ad altro titolo richiesta dall'autorità competente per perfezionare un'istanza del gestore o per consentire l'avvio di un procedimento di riesame.

     11. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

     12. Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall'autorità competente per gli altri impianti.

     13. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza statale, per le violazioni previste dal presente decreto, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato. I soli proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 2, al comma 6, al comma 7, limitatamente alla violazione dell'articolo 29-undecies, comma 1, e al comma 10, con esclusione della violazione di cui all'articolo 29-quater, comma 8, del presente articolo, nonchè di cui all'articolo 29-octies, commi 5 e 5-ter, sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono destinati a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all'articolo 29-decies, comma 4, nonchè le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.

     14. Per gli impianti autorizzati ai sensi della Parte Seconda, dalla data della prima comunicazione di cui all'articolo 29-decies, comma 1, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore o speciali, relative a fattispecie oggetto del presente articolo, a meno che esse non configurino anche un più grave reato.

 

Titolo IV

VALUTAZIONI AMBIENTALI INTERREGIONALI E TRANSFRONTALIERE

 

     Art. 30. Impatti ambientali interregionali [305]

     1. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a procedura di VIA di competenza regionale, i quali risultino localizzati anche sul territorio di regioni confinanti, le procedure di valutazione e autorizzazione ambientale sono effettuate d'intesa tra le autorità competenti [306].

     2. Nel caso di piani e programmi soggetti a VAS, di progetti di interventi e di opere sottoposti a VIA di competenza regionale nonchè di impianti o parti di essi le cui modalità di esercizio necessitano del provvedimento di autorizzazione integrata ambientale con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, i quali possano avere impatti ambientali rilevanti ovvero effetti ambientali negativi e significativi su regioni confinanti, l'autorità competente è tenuta a darne informazione e ad acquisire i pareri delle autorità competenti di tali regioni, nonchè degli enti locali territoriali interessati dagli impatti [307].

     2-bis. Nei casi di cui al comma 2, ai fini dell'espressione dei rispettivi pareri, l'autorità competente mette a disposizione nel proprio sito web tutta la documentazione pervenuta affinchè i soggetti di cui al comma 2 rendano le proprie determinazioni [308].

 

     Art. 31. Attribuzione competenze [309]

     1. In caso di piani, programmi o progetti la cui valutazione ambientale è rimessa alla regione, qualora siano interessati territori di più regioni e si manifesti un conflitto tra le autorità competenti di tali regioni circa gli impatti ambientali di un piano, programma o progetto localizzato sul territorio di una delle regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può disporre che si applichino le procedure previste dal presente decreto per i piani, programmi e progetti di competenza statale.

 

     Art. 32. Consultazioni transfrontaliere [310]

     1. In caso di piani, programmi , progetti e impianti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato così richieda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero degli affari esteri e per suo tramite, ai sensi della Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata ai sensi della legge 3 novembre 1994, n. 640, nell'ambito delle fasi previste dalle procedure di cui ai titoli II, III e III-bis, provvede quanto prima e comunque contestualmente alla informativa resa al pubblico interessato alla notifica dei progetti e di tutta la documentazione concernente il piano, programma, progetto o impianto e delle informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata. Nell'ambito della notifica è fissato il termine, non superiore ai sessanta giorni, per esprimere il proprio interesse alla partecipazione alla procedura. Della notifica è data evidenza pubblica attraverso il sito web dell'autorità competente [311].

     2. Qualora sia espresso l'interesse a partecipare alla procedura, gli Stati consultati trasmettono all'autorità competente i pareri e le osservazioni delle autorità pubbliche e del pubblico entro novanta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di interesse alla partecipazione alla procedura ovvero secondo le modalità ed i termini concordati dagli Stati membri interessati, in modo da consentire comunque che le autorità pubbliche ed il pubblico degli Stati consultati siano informati ed abbiano l'opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli. L'Autorità competente ha l'obbligo di trasmettere agli Stati membri consultati le decisioni finali e tutte le informazioni già stabilite dagli articoli 17, 25, 27 27-bis, e 29-quater del presente decreto [312].

     3. Fatto salvo quanto previsto dagli accordi internazionali, le regioni o le province autonome nel caso in cui i piani, i programmi, i progetti od anche le modalità di esercizio di un impianto o di parte di esso, con esclusione di quelli previsti dall'allegato XII, possano avere effetti transfrontalieri informano immediatamente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e collaborano per lo svolgimento delle fasi procedurali di applicazione della convenzione [313].

     4. La predisposizione e la distribuzione della documentazione necessaria sono a cura del proponente o del gestore o dell'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, che deve provvedervi su richiesta dell'autorità competente secondo le modalità previste dai titoli II, III o III-bis del presente decreto ovvero concordate dall'autorità competente e gli Stati consultati [314].

     5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero degli affari esteri, d'intesa con le regioni interessate, stipulano con i Paesi aderenti alla Convenzione accordi per disciplinare le varie fasi al fine di semplificare e rendere più efficace l'attuazione della convenzione.

     5-bis. Nel caso in cui si provveda ai sensi dei commi 1 e 2, il termine per l'emissione del provvedimento finale di cui all'art. 25, comma 2, è prorogato di 90 giorni o del diverso termine concordato ai sensi del comma 2 [315].

     5-ter. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli [316].

     5-quater. In caso di progetti proposti da altri Stati membri che possono avere effetti significativi sull'ambiente italiano le informazioni ricevute dall'altro Stato membro sono tempestivamente rese disponibili alle pertinenti autorità italiane e al pubblico interessato italiano che entro sessanta giorni esprimono le proprie osservazioni. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro sessanta giorni redige il proprio parere e lo trasmette unitamente alle osservazioni ricevute all'autorità competente nell'altro Stato membro [317].

 

     Art. 32 bis. Effetti transfrontalieri [318]

     1. Nel caso in cui il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, comunica a tale Stato membro i dati forniti ai sensi degli articoli 29-ter, 29-quater e 29-octies, nel momento stesso in cui sono messi a disposizione del pubblico. Comunque tali dati devono essere forniti ad uno Stato dell'Unione europea che ne faccia richiesta, qualora ritenga di poter subire effetti negativi e significativi sull'ambiente nel proprio territorio. Nel caso in cui l'impianto non ricada nell'ambito delle competenze statali, l'autorità competente, qualora constati che il funzionamento di un impianto possa avere effetti negativi e significativi sull'ambiente di un altro Stato dell'Unione europea, informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede ai predetti adempimenti.

     2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei rapporti bilaterali fra Stati, affinchè, nei casi di cui al comma 1, le domande siano accessibili anche ai cittadini dello Stato eventualmente interessato per un periodo di tempo adeguato che consenta una presa di posizione prima della decisione dell'autorità competente.

     2-bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, attraverso il proprio sito internet istituzionale, a rendere disponibili al pubblico in modo appropriato le informazioni ricevute da altri Stati dell'Unione europea, in attuazione degli obblighi recati dall'articolo 26, paragrafo 1, della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, circa le decisioni adottate in tali Stati su domande presentate per l'esercizio di attività di cui all'allegato VIII alla parte seconda del presente decreto [319].

 

Titolo V

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 33. Oneri istruttori [320]

     1. Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, di VIA e di VAS sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze [321].

     2. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti.

     3. Nelle more dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, si continuano ad applicare le norme vigenti in materia.

     3-bis. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti ed i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione integrata ambientale o delle domande di modifica di cui all'articolo 29-nonies o del riesame di cui all'articolo 29-octies e per i successivi controlli previsti dall'articolo 29-decies sono a carico del gestore. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti al Titolo III-bis della Parte Seconda, nonchè i compensi spettanti ai membri della Commissione istruttoria di cui all'articolo 8-bis. Il predetto decreto stabilisce altresì le modalità volte a garantire l'allineamento temporale tra gli introiti derivanti dalle tariffe e gli oneri derivanti dalle attività istruttorie e di controllo. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla complessità delle attività svolte dall'autorità competente e dall'ente responsabile degli accertamenti di cui all'articolo 29-decies, comma 3, sulla base delle categorie di attività condotte nell'installazione, del numero e della tipologia delle emissioni e delle componenti ambientali interessate, nonchè della eventuale presenza di sistemi di gestione ambientale registrati o certificati e delle spese di funzionamento della commissione di cui all'articolo 8-bis. Gli introiti derivanti dalle tariffe corrispondenti a tali oneri, posti a carico del gestore, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine gli importi delle tariffe istruttorie vengono versati, per installazioni di cui all'Allegato XII alla Parte Seconda, all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con gli stessi criteri e modalità di emanazione, le tariffe sono aggiornate almeno ogni due anni [322].

     3-ter. Nelle more del decreto di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal decreto 24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2008 [323].

     4. Al fine di garantire l'operatività della Commissione di cui all'articolo 8-bis, nelle more dell'adozione del decreto di cui al comma 3-bis, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 1 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonchè per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta Commissione è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, e da apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare. Le somme di cui al presente comma si intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante a quanto stabilito dal decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso [324].

 

     Art. 34. Norme tecniche, organizzative e integrative [325]

     1. [Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, provvede alla modifica ed all'integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale nel rispetto delle finalità, dei principi e delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale. Resta ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988] [326].

     2. [Al fine della predisposizione dei provvedimenti di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare acquisisce il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349] [327].

     3. Il Governo, con apposita delibera del Comitato interministeriale per la transizione ecologica, su proposta del Ministro della transizione ecologica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome, ed acquisito il parere delle associazioni ambientali munite di requisiti sostanziali omologhi a quelli previsti dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, provvede, con cadenza almeno triennale, all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 2 agosto 2002 [328].

     4. Entro dodici mesi dalla delibera di aggiornamento della strategia nazionale di cui al comma 3, le regioni si dotano, attraverso adeguati processi informativi e partecipativi, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci regionali, di una complessiva strategia di sviluppo sostenibile che sia coerente e definisca il contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia nazionale. Le strategie regionali indicano insieme al contributo della regione agli obiettivi nazionali, la strumentazione, le priorità, le azioni che si intendono intraprendere. In tale ambito le regioni assicurano unitarietà all'attività di pianificazione. Le regioni promuovono l'attività delle amministrazioni locali che, anche attraverso i processi di Agenda 21 locale, si dotano di strumenti strategici coerenti e capaci di portare un contributo alla realizzazione degli obiettivi della strategia regionale.

     5. Le strategie di sviluppo sostenibile definiscono il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali di cui al presente decreto. Dette strategie, definite coerentemente ai diversi livelli territoriali, attraverso la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, in rappresentanza delle diverse istanze, assicurano la dissociazione fra la crescita economica ed il suo impatto sull'ambiente, il rispetto delle condizioni di stabilità ecologica, la salvaguardia della biodiversità ed il soddisfacimento dei requisiti sociali connessi allo sviluppo delle potenzialità individuali quali presupposti necessari per la crescita della competitività e dell'occupazione.

     6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, le regioni e le province autonome cooperano per assicurare assetti organizzativi, anche mediante la costituzione di apposite unità operative, senza aggravio per la finanza pubblica, e risorse atti a garantire le condizioni per lo svolgimento di funzioni finalizzate a:

     a) determinare, nell'ottica della strategia di sviluppo sostenibile, i requisiti per una piena integrazione della dimensione ambientale nella definizione e valutazione di politiche, piani, programmi e progetti;

     b) garantire le funzioni di orientamento, valutazione, sorveglianza e controllo nei processi decisionali della pubblica amministrazione;

     c) assicurare lo scambio e la condivisione di esperienze e contenuti tecnico-scientifici in materia di valutazione ambientale;

     d) favorire la promozione e diffusione della cultura della sostenibilità dell'integrazione ambientale;

     e) agevolare la partecipazione delle autorità interessate e del pubblico ai processi decisionali ed assicurare un'ampia diffusione delle informazioni ambientali.

     7. Le norme tecniche assicurano la semplificazione delle procedure di valutazione. In particolare, assicurano che la valutazione ambientale strategica e la valutazione d'impatto ambientale si riferiscano al livello strategico pertinente analizzando la coerenza ed il contributo di piani, programmi e progetti alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni di livello superiore. Il processo di valutazione nella sua interezza deve anche assicurare che piani, programmi e progetti riducano il flusso di materia ed energia che attraversa il sistema economico e la connessa produzione di rifiuti.

     8. Il sistema di monitoraggio, effettuato anche avvalendosi delle Agenzie ambientali e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), garantisce la raccolta dei dati concernenti gli indicatori strutturali comunitari o altri appositamente scelti dall'autorità competente [329].

     9. Salvo quanto disposto dai commi 9-bis e 9-ter le modifiche agli allegati alla parte seconda del presente decreto sono apportate con regolamenti da emanarsi, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare [330].

     9-bis. L'elenco riportato nell'allegato IX, ove necessario, è modificato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con le stesse modalità, possono essere introdotte modifiche all'allegato XII, anche per assicurare il coordinamento tra le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e quelle in materia di valutazione d'impatto ambientale [331].

     9-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, previa comunicazione ai Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, si provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli allegati VIII, X e XI e XII emanate dalla Commissione europea [332].

 

     Art. 35. Disposizioni transitorie e finali [333]

     1. Le regioni ove necessario adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto [334].

     2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili.

     2-bis. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei relativi statuti.

     2-ter. Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all'entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento [335].

     2-quater. Fino alla data di invio della comunicazione di cui all'articolo 29-decies, comma 1, relativa alla prima autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'installazione, le installazioni esistenti per le quali sia stata presentata nei termini previsti la relativa domanda, possono proseguire la propria attività, nel rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazioni ambientali di settore rilasciate per l'esercizio e per le modifiche non sostanziali delle installazioni medesime; tali autorizzazioni restano valide ed efficaci fino alla data di cui all'articolo 29-quater, comma 12, specificata nell'autorizzazione integrata ambientale, ovvero fino alla conclusione del procedimento, ove esso non porti al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale [336].

     2-quinquies. Nei casi di cui al comma 2-quater non si applica la sanzione di cui di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 1 [337].

     2-sexies. Le amministrazioni statali, gli enti territoriali e locali, gli enti pubblici, ivi compresi le università e gli istituti di ricerca, le società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, comunicano alle autorità competenti un elenco dei piani e un riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in loro possesso, utili ai fini delle istruttorie per il rilascio di autorizzazioni integrate ambientali, segnalando quelli riservati e rendono disponibili tali dati alle stesse autorità competenti in forma riproducibile e senza altri oneri oltre quelli di copia, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. I dati relativi agli impianti di competenza statale sono comunicati, per il tramite dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati [338].

     2-septies. L'autorità competente rende accessibili ai gestori i dati storici e conoscitivi del territorio e dell'ambiente in proprio possesso, di interesse ai fini dell'applicazione del presente decreto, ove non ritenuti riservati, ed in particolare quelli di cui al comma 2-sexies, anche attraverso le procedure e gli standard di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365. A tale fine l'autorità competente può avvalersi dell'Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, nell'ambito dei compiti istituzionali allo stesso demandati [339].

     2-octies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della salute e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità di autorizzazione nel caso in cui più impianti o parti di essi siano localizzati sullo stesso sito, gestiti dal medesimo gestore, e soggetti ad autorizzazione integrata ambientale da rilasciare da più di una autorità competente [340].

     2-nonies. Il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto non esime i gestori dalla responsabilità in relazione alle eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di cui al decreto legislativo 4 luglio 2006, n. 216 e successive modifiche ed integrazioni [341].

 

     Art. 36. Abrogazioni e modifiche [342]

     1. Gli articoli da 4 a 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono abrogati.

     2. Gli allegati da I a V della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono sostituiti dagli allegati al presente decreto.

     3. Fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono inoltre abrogati:

     a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

     b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;

     c) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377;

     d) l'articolo 7 della legge 2 maggio 1990, n. 102;

     e) il comma 2, dell'articolo 4, ed il comma 2, dell'articolo 5, della legge 4 agosto 1990, n. 240;

     f) il comma 2, dell'articolo 1, della legge 29 novembre 1990, n. 366;

     g) l'articolo 3 della legge 29 novembre 1990, n. 380;

     h) l'articolo 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

     i) il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 460;

     l) l'articolo 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;

     m) articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100;

     n) articolo 1 della legge 28 febbraio 1992, n. 220;

     o) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1992;

     p) il comma 6, dell'articolo 17, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;

     q) il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526;

     r) il comma 1, dell'articolo 2-bis, della legge 31 maggio 1995, n. 206 (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96);

     s) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;

     t) il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1998;

     u) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1998;

     v) la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 1999;

     z) il decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1999, n. 348;

     aa) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999, n. 302;

     bb) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;

     cc) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;

     dd) l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

     ee) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;

     ff) l'articolo 5, comma 9, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto;

     gg) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

     4. [A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto:

     a) nell'articolo 5, comma 1, lettera h) del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, alla fine sono inserite le seguenti parole: «nonchè le attività di autocontrollo e di controllo programmato che richiede l'intervento dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente»;

     b) nell'articolo 5, comma 10, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, le parole «convoca» sono sostituite dalle seguenti: «può convocare»;

     c) nell'articolo 5, comma 11, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, le parole «Nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.» Sono sostituite dalle seguenti: «L'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali l'autorità competente rilascia l'autorizzazione anche in assenza di tali espressioni, ovvero nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10, le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonchè il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per gli impianti di competenza statale o delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente negli altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente.»;

     d) nell'articolo 9, comma 1, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, le parole «L'autorità ambientale rinnova ogni cinque anni le condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, o le condizioni dell'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermandole o aggiornandole, a partire dalla data di cui all'articolo 5, comma 18, per gli impianti esistenti, e, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione negli altri casi, salvo per gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici ai quali si applica il disposto dell'articolo 17, comma 4, per i quali il primo rinnovo dell'autorizzazione ambientale è effettuato dopo sette anni dalla data di rilascio dell'autorizzazione.», sono sostituite dalle seguenti: «L'autorità ambientale rinnova ogni cinque anni l'autorizzazione integrata ambientale, o l'autorizzazione avente valore di autorizzazione integrata ambientale che non prevede un rinnovo periodico, confermando o aggiornando le relative condizioni, a partire dalla data di rilascio dell'autorizzazione.»;

     e) nell'articolo 17, comma 2, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, sono abrogate le seguenti parole: «Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le determinazioni relative all'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio degli impianti di competenza statale, in conformità ai principi del presente decreto, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dal rilascio della valutazione di impatto ambientale. Per gli impianti già muniti di valutazione di impatto ambientale, il predetto termine di sessanta giorni decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Nei casi di inutile scadenza del termine previsto dal presente comma, o di determinazione negativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la decisione definitiva in ordine all'autorizzazione integrata ambientale è rimessa al Consiglio dei Ministri.»;

     f) nell'articolo 17, comma 5, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, sono soppresse le seguenti parole «fino al termine fissato nel calendario» nonchè le parole "entro tale termine"»] [343].

     5. Sono fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, nel caso in cui dalla loro abrogazione o modifica derivino effetti diretti o indiretti a carico della finanza pubblica.

 

     Art. 37. (compiti istruttori della commissione tecnico-consultiva) [344]

     [1. Le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale dei progetti di opere ed interventi di competenza dello Stato sono svolte dalla Commissione di cui all'articolo 6. A tal fine il vicepresidente competente, per ogni progetto inviatogli ai sensi dell'articolo 26, comma 1, provvede alla costituzione di apposita sottocommissione secondo i criteri di cui all'articolo 6, comma 5; ove ne ricorrano i presupposti la sottocommissione è integrata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 6. Il presente comma non si applica agli impianti disciplinati dai commi 8, 9, 10 e 11.

     2. Ove la sottocommissione verifichi l'incompletezza della documentazione presentata, ne può richiedere l'integrazione. In tal caso i termini temporali del procedimento restano sospesi fino al ricevimento delle integrazioni richieste. Nel caso in cui il soggetto interessato non provveda a fornire le integrazioni richieste entro i trenta giorni successivi, o entro il diverso termine specificato nella richiesta di integrazione stessa in considerazione della possibile difficoltà a produrre determinate informazioni, il procedimento viene archiviato. È comunque facoltà del committente o proponente presentare una nuova domanda.

     3. La sottocommissione incaricata acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi degli articoli 36, commi 4 e 6, e 39, ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di trenta giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui ai citati articoli 36, commi 4 e 6, e 39, fatta comunque salva la sospensione eventualmente disposta ai sensi del comma 2.

     4. Il parere emesso dalla sottocommissione è trasmesso, entro dieci giorni dalla sua verbalizzazione, dal competente vicepresidente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'adozione del giudizio di compatibilità ambientale ai sensi del comma 7 dell'articolo 36.

     5. Nei casi in cui, in base alle procedure di approvazione previste, la valutazione di impatto ambientale venga eseguita su progetti preliminari, la sottocommissione ha, altresì, il compito di verificare l'ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del giudizio di compatibilità ambientale e di effettuare gli opportuni controlli in tal senso.

     6. Qualora nel corso delle verifiche di cui al comma 5 si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, la sottocommissione trasmette specifico rapporto al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che adotta i provvedimenti relativi all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

     7. Ai fini dello svolgimento dei compiti di cui ai commi 5 e 6, il proponente è tenuto, pena la decadenza dell'autorizzazione alla realizzazione del progetto o del titolo abilitante alla trasformazione del territorio, a trasmettere il progetto definitivo alla competente sottocommissione prima dell'avvio della realizzazione dell'opera.]

 

     Art. 38. (fase preliminare e verifica preventiva) [345]

     [1. Per i progetti di cui all'articolo 35, la Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 provvede all'istruttoria anche per le fasi preliminari ed eventuali di verifica preventiva, di cui, rispettivamente, agli articoli 26, comma 3, 27, comma 2, 32 e 36, comma 3.

     2. Ai fini di cui al comma 1, le relative richieste sono rivolte direttamente al vicepresidente della Commissione competente per materia, che provvede alla costituzione, secondo i criteri di cui all'articolo 6, commi 5 e 6, delle sottocommissioni cui vengono assegnate le relative istruttorie.

     3. La sottocommissione costituita per la fase preliminare relativa ad un determinato progetto provvede poi anche all'istruttoria di cui all'articolo 37 relativa al medesimo progetto. Lo stesso vale per la sottocommissione costituita per la verifica preventiva in caso di esito positivo di detta procedura preliminare.]

 

     Art. 39. (procedure per i progetti con impatti ambientali transfrontalieri) [346]

     [1. Qualora l'opera o l'intervento progettato possa avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, al medesimo Stato devono essere trasmesse quanto meno:

     a) una descrizione del progetto corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;

     b) informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.

     2. Se lo Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al comma 1, entro i successivi trenta giorni comunica che intende partecipare alla procedura di valutazione in corso, allo stesso Stato, qualora non vi si sia già provveduto, devono essere trasmessi in copia la domanda del committente o proponente, il progetto dell'opera o intervento, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica.

     3. Con la trasmissione della documentazione di cui al comma 2 viene assegnato allo Stato interessato un termine di trenta giorni per presentare eventuali osservazioni, salvo che detto Stato non abbia adottato la decisione di esprimere il proprio parere previa consultazione al proprio interno delle autorità competenti e del pubblico interessato, nel qual caso viene assegnato un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni.

     4. Modalità più dettagliate per l'attuazione del presente articolo possono essere concordate caso per caso con lo Stato membro interessato, ferma restando la previsione di condizioni adeguate di partecipazione del pubblico alle procedure decisionali.

     5. In pendenza dei termini di cui al comma 3, ogni altro termine della procedura resta sospeso.]

 

     Art. 40. (effetti del giudizio di compatibilità ambientale) [347]

     [1. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati. In particolare, le informazioni messe a disposizione del pubblico comprendono: il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l'accompagnano; i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, tenuto conto delle istanze e dei pareri del pubblico, nonché le informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico; una descrizione, ove necessario, delle principali misure prescritte al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.
     2. Il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti deve, in particolare, essere acquisito dall'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione definitiva alla realizzazione dell'opera o dell'intervento progettato.

     3. Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d'impatto ambientale. Negli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.

     4. Nel caso di opere non realizzate almeno per il venti per cento entro tre anni dal giudizio di compatibilità ambientale, la procedura deve essere riaperta per valutare se le informazioni riguardanti il territorio e lo stato delle risorse abbiano subìto nel frattempo mutamenti rilevanti. In ogni caso il giudizio di compatibilità ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione.]

 

     Art. 41. (controlli successivi) [348]

     [1. Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 35 la Commissione di cui all'articolo 6 ravvisi situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ne dà tempestiva comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi.]

 

CAPO III

DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LA VIA IN SEDE REGIONALE O PROVINCIALE

 

     Art. 42. (progetti sottoposti a VIA in sede regionale o provinciale) [349]

     [1. Sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in sede regionale o provinciale i progetti di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui all'articolo 23, salvo si tratti di opere o interventi sottoposti ad autorizzazione statale o aventi impatto ambientale interregionale o internazionale ai sensi dell'articolo 35.

     2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono definire, per determinate tipologie progettuali e/o aree predeterminate, sulla base degli elementi indicati nell'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, un incremento delle soglie di cui all'elenco B dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto fino alla misura del venti per cento.

     3. Qualora dall'istruttoria esperita in sede regionale o provinciale emerga che l'opera o intervento progettato può avere impatti rilevanti anche sul territorio di altre regioni o province autonome o di altri Stati membri dell'Unione europea, l'autorità competente con proprio provvedimento motivato si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva di cui all'articolo 6 per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale. In tale ipotesi è facoltà del committente o proponente chiedere, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, la definizione in via preliminare delle modalità per il rinnovo parziale o totale della fase di apertura del procedimento.

     4. Qualora si accerti che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate oppure alle risorse ambientali coinvolte, o comunque che risulta da esso sensibilmente diverso, l'autorità competente adotta i provvedimenti relativi all'aggiornamento dello studio di impatto ambientale e dispone la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell'invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.]

 

     Art. 43. (procedure di VIA in sede regionale o provinciale) [350]

     [1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 4, 5, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la valutazione di impatto ambientale dei progetti di cui all'articolo 42, comma 1.

     2. Fino all'entrata in vigore delle discipline regionali e provinciali di cui al comma 1, trovano applicazione le disposizioni di cui alla parte seconda del presente decreto.

     3. Nel disciplinare i contenuti e la procedura di valutazione d'impatto ambientale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano comunque che siano individuati:

     a) l'autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale;

     b) l'organo tecnico competente allo svolgimento dell'istruttoria;

     c) le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;

     d) le eventuali modalità, ulteriori o in deroga rispetto a quelle indicate nella parte seconda del presente decreto, per l'informazione e la consultazione del pubblico;

     e) le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio degli studi di impatto ambientale consultabile dal pubblico;

     f) i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.

     4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare appropriate forme di pubblicità, ulteriori rispetto a quelle previste nel regolamento di cui all'articolo 28, comma 2, lettera b).

     5. Qualora durante l'esecuzione delle opere di cui all'articolo 42 siano ravvisate situazioni contrastanti con il giudizio espresso sulla compatibilità ambientale del progetto, oppure comportamenti contrastanti con le prescrizioni ad esso relative o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, l'autorità competente, esperite le opportune verifiche, ordina la sospensione dei lavori e impartisce le prescrizioni necessarie al ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori medesimi.]

 

     Art. 44. (termini del procedimento) [351]

     [1. Ferme restando le ipotesi di sospensione e di interruzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono stabilire, in casi di particolare rilevanza, la prorogabilità dei termini per la conclusione della procedura sino ad un massimo di sessanta giorni.]

 

     Art. 45. (coordinamento ed integrazione dei procedimenti amministrativi) [352]

     [1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono le modalità per l'armonizzazione, il coordinamento e, se possibile, l'integrazione della procedura di valutazione dell'impatto ambientale con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere.

     2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano integrano e specificano, in relazione alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari, quanto disposto dagli articoli 33 e 34.]

 

     Art. 46. (procedure semplificate ed esoneri) [353]

     [1. Per i progetti di dimensioni ridotte o di durata limitata realizzati da artigiani o piccole imprese, nonché per le richieste di verifica di cui all'articolo 32, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono modalità semplificate.

     2. Per i progetti di cui all'articolo 23, comma 1, lettera e), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi di cui all'Allegato IV alla parte seconda del presente decreto, criteri o condizioni di esclusione dalla procedura.]

 

     Art. 47. (obblighi di informazione) [354]

     [1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano informano, ogni dodici mesi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati, i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso e lo stato di definizione delle cartografie e degli strumenti informativi.

 

TITOLO IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 48. (abrogazioni) [355]

     [1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto sono abrogati:

     a) l'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349;

     b) l'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67;

     c) il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996;

     d) l'articolo 27 della legge 30 aprile 1999, n. 136;

     e) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999;

     f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000;

     g) l'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93;

     h) l'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190;

     i) l'articolo 77, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

     l) gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 gennaio 2004, n. 5;

     m) [l'articolo 5, comma 9, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto] [356];

     n) l'articolo 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62.

     2. La Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali di cui all'articolo 6 provvede, attraverso proprie sottocommissioni costituite secondo le modalità di cui al comma 5 del citato articolo 6, alle attività già di competenza delle commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Ogni riferimento a tali commissioni contenuto nella citata legge 11 marzo 1988, n. 67 e nei citati decreti legislativi 20 agosto 2002, n. 190, e 18 febbraio 2005, n. 59, si deve intendere riferito alle sottocommissioni di cui all'articolo 6, comma 5, di volta in volta costituite.

     3. Fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dall'articolo 49, comma 2, resta sospesa l'applicazione del comma 1, lettere b), d), g), h), i), l), del presente articolo e per tanto continuano a svolgere le funzioni di propria competenza le commissioni di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto [357].]

 

     Art. 49. (provvedimenti di attuazione per la costituzione e funzionamento della commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali) [358]

     [1. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, è adottato entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. In sede di prima attuazione del presente decreto, i componenti delle commissioni tecnico-consultive di cui all'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, all'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed all'articolo 5, comma 9, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, restano in carica, in continuità con le attività svolte nelle commissioni di provenienza, assumendo le funzioni di componenti della commissione di cui all'articolo 6 fino alla scadenza del quarto anno dall'entrata in vigore della parte seconda del presente decreto; tale commissione viene integrata nei casi e con le modalità previste dall'articolo 6, commi 6, 7 e 8.

     2. Entro il medesimo termine di novanta giorni, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli previsti dalla parte seconda del presente decreto, comprese le verifiche preventive di cui agli articoli 7, comma 5, e 19, commi 1 e 2, la fase preliminare e quella di conduzione di procedimenti integrati ai sensi dell'articolo 34, comma 1, nonché i compensi spettanti ai membri della Commissione di cui all'articolo 6. Gli oneri per l'istruttoria e per i controlli sono quantificati in relazione alla dimensione e complessità del progetto, al suo valore economico, al numero ed alla tipologia delle componenti ambientali interessate, tenuto conto della eventuale presenza di sistemi di gestione registrati o certificati e delle spese di funzionamento della Commissione. Tali oneri, posti a carico del committente o proponente, sono utilizzati esclusivamente per le predette spese. A tale fine, per gli impianti di competenza statale gli importi delle tariffe vengono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati entro sessanta giorni allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     3. Entro i successivi quindici giorni ciascuna regione e provincia autonoma comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il proprio elenco di esperti di cui all'articolo 6, comma 6, con l'ordine di turnazione secondo il quale, all'occorrenza, dovranno essere convocati in sottocommissione.

     4. L'operatività della Commissione di cui all'articolo 6 è subordinata all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe previsto dal comma 2.

     5. Sono comunque confermate le autorizzazioni di spesa già disposte ai sensi dell'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e dell'articolo 6 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

     6. Al fine di garantire l'operatività della commissione di cui all'articolo 5, comma 9, del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 18, comma 2 del citato decreto legislativo n. 59/2005, e fino all'entrata in vigore del decreto di determinazione delle tariffe di cui al comma 2 del presente articolo, per le spese di funzionamento nonché per il pagamento dei compensi spettanti ai componenti della predetta commissione nominata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4 gennaio 2006, è posto a carico del richiedente il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma forfetaria pari ad euro venticinquemila per ogni richiesta di autorizzazione integrata ambientale per impianti di competenza statale; la predetta somma è riassegnata entro sessanta giorni, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le somme di cui al presente comma s'intendono versate a titolo di acconto, fermo restando l'obbligo del richiedente di corrispondere conguaglio in relazione all'eventuale differenza risultante in base a quanto stabilito dal successivo decreto di determinazione delle tariffe, fissate per la copertura integrale del costo effettivo del servizio reso.]

 

     Art. 50. (adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali) [359]

     [1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono affinché le disposizioni legislative e regolamentari emanate per adeguare i rispettivi ordinamenti alla parte seconda del presente decreto entrino in vigore entro il termine di centoventi giorni dalla pubblicazione del presente decreto. In mancanza delle disposizioni suddette trovano applicazione le norme della parte seconda del presente decreto e dei suoi Allegati.]

 

     Art. 51. (regolamenti e norme tecniche integrative - autorizzazione unica ambientale per le piccole imprese) [360]

     [1. Al fine di semplificare le procedure di valutazione ambientale strategica e valutazione di impatto ambientale, con appositi regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere adottate norme puntuali per una migliore integrazione di dette valutazioni negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani o programmi e delle opere o interventi sottoposti a valutazione.

     2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, non trova applicazione il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, in materia di impianti di gestione di rifiuti soggetti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, fermo restando che, per le opere o interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale, fino all'emanazione dei regolamenti di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 2 del suddetto decreto.

     3. Le norme tecniche integrative della disciplina di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, concernenti la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilità in relazione a ciascuna categoria di opere, sono emanate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri competenti per materia e sentita la Commissione di cui all'articolo 6.

     4. Le norme tecniche emanate in attuazione delle disposizioni di legge di cui all'articolo 48, ivi compreso il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, restano in vigore fino all'emanazione delle corrispondenti norme di cui al comma 3.

     5. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, si provvederà ad accorpare in un unico provvedimento, indicando l'autorità unica competente, le diverse autorizzazioni ambientali nel caso di impianti non rientranti nel campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, ma sottoposti a più di una autorizzazione ambientale di settore.]

 

     Art. 52. (entrata in vigore) [361]

     [1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 49 e 50, la parte seconda del presente decreto entra in vigore il 31 luglio 2007 [362].

     2. I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell'interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza.]

 

PARTE TERZA [363]

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE,

DI TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

 

SEZIONE I

NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE

 

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

 

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

 

     Art. 53. (finalità)

     1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione,

     2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonché preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

     3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

 

     Art. 54. (definizioni)

     1. Ai fini della presente sezione si intende per:

     a) [suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali] [364];

     b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;

     c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

     d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

     e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

     f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;

     g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

     h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;

     i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

     l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonché di acque di transizione o un tratto di acque costiere;

     m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

     n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;

     o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

     p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

     q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

     r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

     s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
     t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

     u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonché del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;

     v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;

     z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

     z-bis) Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 [365];

     z-ter) Piano di bacino distrettuale o Piano di bacino: il Piano di distretto [366].

 

     Art. 55. (attività conoscitiva)

     1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

     a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;

     b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

     c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;

     d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;

     e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.

     2. L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

     3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.

     4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonché ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:

     a) inquinamento dell'aria;

     b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;

     c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;

     d) tutela del territorio;

     e) sviluppo sostenibile;

     f) ciclo integrato dei rifiuti;

     g) energie da fonti energetiche rinnovabili;

     h) parchi e aree protette.

     5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale.

 

     Art. 56. (attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione)

     1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

     a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;

     b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide;

     c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;

     d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;

     e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;

     f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;

     g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;

     h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque;

     i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonché della gestione dei relativi impianti;

     l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;

     m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;

     n) il riordino del vincolo idrogeologico.

     2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:

     a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;

     b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.

 

CAPO II

COMPETENZE

 

     Art. 57. (presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo)

     1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

     a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:

     1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonché per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;

     2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni che si pronuncia entro trenta giorni dalla richiesta di parere, decorsi i quali si procede anche in mancanza del parere [367];

     3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;

     4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;

     b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento [368].

     2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali, nonché dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.

     3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.

     4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

     5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

     6. I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

     Art. 57 bis. (Comitato interministeriale per la transizione ecologica). [369]

     1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione, ferme restando le competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile.

     2. Il CITE è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, che può delegare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica ovvero, qualora si tratti di materia concernente la politica industriale, il Ministro delle imprese e del made in Italy. Il Comitato è composto dai Ministri dell'ambiente e della sicurezza energetica, delle imprese e del made in Italy, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali e dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Alle riunioni del Comitato partecipano, altresì, gli altri Ministri, o loro delegati, aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche poste all'ordine del giorno [370].

     3. Il CITE approva il Piano per la transizione ecologica e per la sicurezza energetica, al fine di coordinare le politiche e le misure di incentivazione nazionali ed europee in materia di:

     a) riduzione delle emissioni di gas climalteranti;

     b) mobilità sostenibile;

     c) contrasto del dissesto idrogeologico e del consumo del suolo;

     c-bis) mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;

     d) risorse idriche e relative infrastrutture;

     e) qualità dell'aria;

     f) economia circolare;

     f-bis) bioeconomia circolare e fiscalità ambientale, ivi compresi i sussidi ambientali e la finanza climatica e sostenibile;

     f-ter) sostegno e sviluppo delle imprese in materia di produzione energetica;

     f-quater) utilizzo delle fonti rinnovabili e dell'idrogeno;

     f-quinquies) sicurezza energetica [371].

     4. Il Piano individua le azioni, le misure, il relativo cronoprogramma, nonchè le amministrazioni competenti all'attuazione delle singole misure e indica altresì le relative fonti di finanziamento già previste dalla normativa e dagli atti vigenti. Sulla proposta di Piano predisposta dal CITE è acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che è reso nel termine di venti giorni dalla data di trasmissione. La proposta di Piano è contestualmente trasmessa alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Il Piano è approvato in via definitiva dal CITE entro trenta giorni dall'espressione dei pareri ovvero dall'inutile decorso dei termini di cui al secondo e al terzo periodo [372].

     4-bis. Dopo l'approvazione definitiva del Piano da parte del CITE, il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato trasmette alle Camere, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano, dando conto delle azioni, delle misure e delle fonti di finanziamento adottate.

     5. Il CITE delibera sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221.

     5-bis. La Commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, di cui al comma 98 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, è soppressa e i relativi compiti sono attribuiti al Comitato tecnico di supporto di cui al comma 7 del presente articolo.

     5-ter. All'articolo 68, comma 2, della legge 28 dicembre 2015, n. 221, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Il Ministro della transizione ecologica invia alle Camere e al Comitato interministeriale per la transizione ecologica, entro il 15 luglio di ogni anno, una relazione concernente gli esiti dell'aggiornamento del Catalogo e le proposte per la progressiva eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi e per la promozione dei sussidi ambientalmente favorevoli, anche al fine di contribuire alla realizzazione del Piano per la transizione ecologica.

     6. Il CITE monitora l'attuazione del Piano, lo aggiorna in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche in sede europea e adotta le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi.

     7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituito un Comitato tecnico di supporto del CITE, composto da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui uno nominato dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, e da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri di cui al comma 2, designati dai rispettivi Ministri, con il compito di istruire le questioni all'ordine del giorno del CITE. Ai componenti del Comitato tecnico di supporto del CITE non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati [373].

     8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e del Ministro delle imprese e del made in Italy, è adottato il regolamento interno del CITE, che ne disciplina il funzionamento. Le deliberazioni del CITE sono pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica [374].

     9. La Presidenza del Consiglio dei ministri assicura il supporto tecnico e organizzativo alle attività del CITE nell'ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

     10. Le attività di cui al presente articolo sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

     Art. 58. (competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)

     1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.

     2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:

     a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

     b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);

     c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

     3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge le seguenti funzioni:

     a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo [375];

     b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;

     c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;

     d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali[376];

     e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonché definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

     f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;

     g) coordinamento dei sistemi cartografici.

 

     Art. 59. (competenze della conferenza Stato-regioni)

     1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In particolare:

     a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;

     b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;

     c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

     d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;

     e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.

 

     Art. 60. (competenze dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – ISPRA)

     1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) esercita, mediante il Servizio geologico d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:

     a) svolgere l'attività conoscitiva, qual'è definita all'articolo 55;

     b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;

     c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.

 

     Art. 61. (competenze delle regioni)

     1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

     a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;

     b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;

     c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all’articolo 121;

     d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;

     e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

     f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

     g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il mese di dicembre;

     h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

     2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

     3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

     4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

     5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

     6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.

 

     Art. 62. (competenze degli enti locali e di altri soggetti)

     1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

     2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e sono tenuti a collaborare con la stessa.

 

     Art. 63. (Autorità di bacino distrettuale). [377]

     1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito denominata "Autorità di bacino", ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione e uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

     2. Nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonchè di efficienza e riduzione della spesa, nei distretti idrografici il cui territorio coincide con il territorio regionale, le regioni, al fine di adeguare il proprio ordinamento ai principi del presente decreto, istituiscono l'Autorità di bacino distrettuale, che esercita i compiti e le funzioni previsti nel presente articolo; alla medesima Autorità di bacino distrettuale sono altresì attribuite le competenze delle regioni di cui alla presente parte. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche avvalendosi dell'ISPRA, assume le funzioni di indirizzo dell'Autorità di bacino distrettuale e di coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuali.

     3. Sono organi dell'Autorità di bacino: la conferenza istituzionale permanente, il segretario generale, la conferenza operativa, l'osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici, la segreteria tecnica operativa e il collegio dei revisori dei conti, quest'ultimo in conformità alle previsioni della normativa vigente. Agli oneri connessi al funzionamento degli organi dell'Autorità di bacino si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nel rispetto dei principi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle stesse e di sussidiarietà. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati l'attribuzione e il trasferimento alle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo del personale e delle risorse strumentali, ivi comprese le sedi, e finanziarie delle Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, salvaguardando l'attuale organizzazione e i livelli occupazionali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e nell'ambito dei contingenti numerici da ultimo determinati dai provvedimenti attuativi delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Al fine di garantire un più efficiente esercizio delle funzioni delle Autorità di bacino di cui al comma 1 del presente articolo, il decreto di cui al periodo precedente può prevederne un'articolazione territoriale a livello regionale, utilizzando le strutture delle soppresse Autorità di bacino regionali e interregionali [378].

     4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni e le province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico, sono individuate le unità di personale trasferite alle Autorità di bacino e sono determinate le dotazioni organiche delle medesime Autorità. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza e il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'ente incorporante, è attribuito, per la differenza, un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con il decreto di cui al primo periodo sono, altresì, individuate e trasferite le inerenti risorse strumentali e finanziarie. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

     5. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino di cui al comma 1 sono adottati in sede di conferenza istituzionale permanente, convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti o del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla conferenza istituzionale permanente partecipano i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati, nonchè il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei casi in cui siano coinvolti i rispettivi ambiti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, o i Sottosegretari di Stato dagli stessi delegati. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza istituzionale permanente è validamente costituita con la presenza di almeno tre membri, tra i quali necessariamente il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e delibera a maggioranza dei presenti. Le delibere della conferenza istituzionale permanente sono approvate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatta salva la procedura di adozione e approvazione dei Piani di bacino. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

     6. La conferenza istituzionale permanente:

     a) adotta criteri e metodi per l'elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

     b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che può articolarsi in piani riferiti a sotto-bacini o sub-distretti;

     c) determina quali componenti del Piano di bacino costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;

     d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;

     e) adotta il Piano di bacino e i suoi stralci;

     f) controlla l'attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui progressi realizzati nell'attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

     g) delibera, nel rispetto dei principi di differenziazione delle funzioni, di adeguatezza delle risorse per l'espletamento delle funzioni stesse e di sussidiarietà, lo statuto dell'Autorità di bacino in relazione alle specifiche condizioni ed esigenze rappresentate dalle amministrazioni interessate, nonchè i bilanci preventivi, i conti consuntivi e le variazioni di bilancio, il regolamento di amministrazione e contabilità, la pianta organica, il piano del fabbisogno del personale e gli atti regolamentari generali, trasmettendoli per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro dell'economia e delle finanze. Lo statuto è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

     7. Il segretario generale è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     8. Il segretario generale, la cui carica ha durata quinquennale:

     a) provvede agli adempimenti necessari al funzionamento dell'Autorità di bacino;

     b) cura l'istruttoria degli atti di competenza della conferenza istituzionale permanente, cui formula proposte;

     c) promuove la collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali, ai fini del coordinamento delle rispettive attività;

     d) cura l'attuazione delle direttive della conferenza operativa;

     e) riferisce semestralmente alla conferenza istituzionale permanente sullo stato di attuazione del Piano di bacino;

     f) cura la raccolta dei dati relativi agli interventi programmati e attuati nonchè alle risorse stanziate per le finalità del Piano di bacino da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali e comunque agli interventi da attuare nell'ambito del distretto, qualora abbiano attinenza con le finalità del Piano medesimo, rendendoli accessibili alla libera consultazione nel sito internet dell'Autorità.

     9. La conferenza operativa è composta dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente; è convocata dal segretario generale che la presiede. Possono essere invitati, in funzione consultiva, due rappresentanti delle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante dell'ANBI-Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo e alla gestione delle acque irrigue. Per la partecipazione alla conferenza sono esclusi emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. La conferenza operativa delibera a maggioranza dei tre quinti dei presenti e può essere integrata, per le attività istruttorie, da esperti appartenenti a enti, istituti e società pubbliche, designati dalla conferenza istituzionale permanente e nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza diritto di voto e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e nel rispetto del principio di invarianza della spesa. La conferenza operativa esprime parere sugli atti di cui al comma 10, lettera a), ed emana direttive, anche tecniche qualora pertinenti, per lo svolgimento delle attività di cui al comma 10, lettera b).

     10. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

     a) a elaborare il Piano di bacino distrettuale e i relativi stralci, tra cui il piano di gestione del bacino idrografico, previsto dall'articolo 13 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e successive modificazioni, e il piano di gestione del rischio di alluvioni, previsto dall'articolo 7 della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, nonchè i programmi di intervento;

     b) a esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell'Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche.

     11. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62 del presente decreto, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonchè del Consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago Maggiore, del Consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago d'Iseo e del Consorzio dell'Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del Lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e alla fitodepurazione.

 

     Art. 63 bis. (Osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici). [379]

     1. Presso ciascuna Autorità di bacino distrettuale è istituito un osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici, nel seguito anche "osservatorio permanente", che costituisce un organo dell'Autorità e opera sulla base degli indirizzi adottati ai sensi dell'articolo 63, commi 2 e 5. L'osservatorio permanente svolge funzioni di supporto per il governo integrato delle risorse idriche e cura la raccolta, l'aggiornamento e la diffusione dei dati relativi alla disponibilità e all'uso della risorsa nel distretto idrografico di riferimento, compresi il riuso delle acque reflue, i trasferimenti di risorsa e i volumi eventualmente derivanti dalla desalinizzazione, i fabbisogni dei vari settori d'impiego, con riferimento alle risorse superficiali e sotterranee, allo scopo di elaborare e aggiornare il quadro conoscitivo di ciascuno degli usi consentiti dalla normativa vigente, coordinandolo con il quadro conoscitivo dei piani di bacino distrettuali, anche al fine di consentire all'Autorità di bacino di esprimere pareri e formulare indirizzi per la regolamentazione dei prelievi e degli usi e delle possibili compensazioni, in funzione degli obiettivi fissati dagli strumenti di pianificazione distrettuale di cui agli articoli 117 e 145, nonchè di quelli della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNACC).

     2. Per le finalità di cui al comma 1, le amministrazioni regionali, gli enti di governo dell'ambito, i consorzi di bonifica, le società di gestione del servizio idrico e gli altri soggetti competenti in materia di risorse idriche relative a ciascun distretto sono tenuti a rendere disponibile con continuità e in formato aperto i dati e le informazioni in loro possesso all'Autorità di bacino distrettuale territorialmente competente.

     3. L'osservatorio assicura, anche nei confronti del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, un adeguato flusso di informazioni necessarie per la valutazione dei livelli della severità idrica in atto, della relativa evoluzione, dei prelievi in atto, nonchè per la definizione delle azioni emergenziali più idonee al livello di severità idrica definito. Nei casi di cui al primo periodo, l'osservatorio permanente elabora scenari previsionali e formula proposte anche relative a temporanee limitazioni all'uso delle derivazioni. Sulla base degli scenari e delle proposte di cui al secondo periodo, il segretario generale dell'Autorità di bacino può adottare, con proprio atto, le misure di salvaguardia di cui all'articolo 65, commi 7 e 8.

     4. L'osservatorio permanente è composto dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente ed è presieduto dal segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale. Per la partecipazione all'osservatorio non spettano emolumenti, compensi, gettoni di presenza o rimborsi comunque denominati. L'osservatorio permanente può essere integrato, per le sole attività istruttorie, da esperti, senza diritto di voto, appartenenti ad enti, ivi compresi quelli firmatari dei protocolli d'intesa istitutivi degli osservatori permanenti già operanti presso le Autorità di bacino, associazioni, istituti e società pubbliche, competenti nelle materie utili allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 1, secondo periodo. Gli esperti sono nominati con decreto del capo dipartimento competente in materia di utilizzi idrici del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

     5. L'osservatorio delibera a maggioranza dei tre quinti dei componenti con diritto di voto presenti alla seduta. Le modalità di organizzazione e di funzionamento dell'osservatorio sono disciplinate con apposito regolamento, approvato dalla Conferenza istituzionale permanente che prevede, altresì, le modalità di cessazione dell'efficacia degli eventuali protocolli di intesa istitutivi degli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici presso l'Autorità di bacino distrettuale.

     5-bis. Per le province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dall'articolo 176.

 

TITOLO II

I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI

 

CAPO I

DISTRETTI IDROGRAFICI

 

     Art. 64. (Distretti idrografici). [380]

     1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

     a) distretto idrografico delle Alpi orientali, comprendente i seguenti bacini idrografici:

     1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     3) bacini del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     4) Lemene, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     b) distretto idrografico del Fiume Po, comprendente i seguenti bacini idrografici:

     1) Po, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     2) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     3) Fissero Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     5) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     6) Fiumi Uniti (Montone, Ronco), Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     7) bacini minori afferenti alla costa romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

     1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     2) Serchio, già bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     3) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     4) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     5) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     d) distretto idrografico dell'Appennino centrale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

     1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     7) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     8) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     e) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, comprendente i seguenti bacini idrografici:

     1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     f) distretto idrografico della Sardegna, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

     g) distretto idrografico della Sicilia, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183.

 

CAPO II

GLI STRUMENTI

 

     Art. 65. (valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale)

     1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

     2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle.

     3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

     a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause;

     c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;

     d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

     1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;

     2) dei pericoli di siccità;

     3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;

     4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonché del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

     e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;

     f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;

     g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;

     h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;

     i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;

     l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;

     m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

     n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;

     o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;

     p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;

     q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;

     r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;

     s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;

     t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

     4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

     5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

     6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.

     7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma.

     8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

     9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

     Art. 66. (adozione ed approvazione dei piani di bacino)

     1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti alla verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica (VAS), di cui all'articolo 12, qualora definiscano il quadro di riferimento per la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV alla parte seconda del presente decreto, oppure possano comportare un qualsiasi impatto ambientale sui siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e su quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto [381].

     2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

     a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;

     b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.

     3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

     4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.

     5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

     6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

     7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

     a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

     b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

     c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

 

     Art. 67. (i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio)

     1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

     2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.

     3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

     4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), per quanto di rispettiva competenza.

     5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.

     6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.

     7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.

 

     Art. 68. (procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio)

     1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.

     2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

     3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.

     4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

     4-bis. Nelle more dell'adozione dei piani e dei relativi stralci, di cui agli articoli 65 e 67, comma 1, ovvero dei loro aggiornamenti, le modifiche della perimetrazione e/o classificazione delle aree a pericolosità e rischio dei piani stralcio relativi all'assetto idrogeologico emanati dalle soppresse Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, derivanti dalla realizzazione di interventi collaudati per la mitigazione del rischio, dal verificarsi di nuovi eventi di dissesto idrogeologico o da approfondimenti puntuali del quadro conoscitivo, sono approvate con proprio atto dal Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale, d'intesa con la Regione territorialmente competente e previo parere della Conferenza Operativa. Le modifiche di cui al presente comma costituiscono parte integrante degli aggiornamenti dei Piani di cui all'articolo 67, comma 1 [382].

     4-ter. Gli aggiornamenti di piano di cui al comma 4-bis sono effettuati nel rispetto delle procedure di partecipazione previste dalle norme tecniche di attuazione dei piani di bacino vigenti nel territorio distrettuale e, comunque, garantendo adeguate forme di consultazione e osservazione sulle proposte di modifica. Nelle more dell'espletamento delle procedure di aggiornamento, il Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale può adottare sulla base del parere della Conferenza Operativa, misure di salvaguardia che sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione dell'aggiornamento del piano di cui al comma 4-bis [383].

 

     Art. 68 bis. (Contratti di fiume). [384]

     1. I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree.

 

CAPO III

GLI INTERVENTI

 

     Art. 69. (programmi di intervento)

     1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.
     2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

     a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;

     b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;

     c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.

     3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

     4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

 

     Art. 70. (adozione dei programmi)

     1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

     2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

     3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.

     4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

     Art. 71. (attuazione degli interventi)

     1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.

     2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.

     3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.

 

     Art. 72. (finanziamento)

     1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.

     2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

     3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

     4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.

     5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

 

     Art. 72 bis. (Disposizioni per il finanziamento degli interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico). [385]

     1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito un capitolo per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzati, in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, ovvero di opere e immobili dei quali viene comprovata l'esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire.

     2. Ai fini del comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno finanziario 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per l'anno 2016, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

     3. Ferme restando le disposizioni in materia di acquisizione dell'area di sedime ai sensi dell'articolo 31, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, i comuni beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono tenuti ad agire nei confronti dei destinatari di provvedimenti esecutivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, per la ripetizione delle relative spese, comprensive di rivalutazioni e interessi. Il comune, entro trenta giorni dalla riscossione, provvede al versamento delle somme di cui al primo periodo ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, trasmettendone la quietanza di versamento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinchè le stesse siano integralmente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al capitolo di cui al comma 1 del presente articolo.

     4. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 6, 13, 29 e 30 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, sono ammessi a finanziamento, sino a concorrenza delle somme disponibili nel capitolo di cui al comma 1 del presente articolo, gli interventi su opere e immobili per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti nei termini stabiliti, con priorità per gli interventi in aree classificate a rischio molto elevato, sulla base di apposito elenco elaborato su base trimestrale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e adottato ogni dodici mesi dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

     5. Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i comuni presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare apposita domanda di concessione, corredata di una relazione contenente il progetto delle attività di rimozione o di demolizione, l'elenco dettagliato dei relativi costi, l'elenco delle opere e degli immobili ubicati nel proprio territorio per i quali sono stati adottati provvedimenti definitivi di rimozione o di demolizione non eseguiti e la documentazione attestante l'inottemperanza a tali provvedimenti da parte dei destinatari dei medesimi. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono adottati i modelli e le linee guida relativi alla procedura per la presentazione della domanda di concessione.

     6. I finanziamenti concessi ai sensi del comma 5 del presente articolo sono aggiuntivi rispetto alle somme eventualmente percepite ai sensi dell'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Resta ferma la disciplina delle modalità di finanziamento e di realizzazione degli interventi di demolizione o di rimozione di opere e immobili abusivi contenuta in altre disposizioni.

     7. Nei casi di mancata realizzazione degli interventi di rimozione o di demolizione di cui al comma 4, nel termine di centoventi giorni dall'erogazione dei finanziamenti concessi, i finanziamenti stessi devono essere restituiti, con le modalità di cui al secondo periodo del comma 3, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione sull'attuazione del presente articolo, in cui sono indicati i finanziamenti utilizzati e gli interventi realizzati.

 

SEZIONE II

TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO

 

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

 

     Art. 73. (finalità)

     1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

     a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;

     b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;

     c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;

     d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;

     e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:

     1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;

     2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;

     3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

     f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

     2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

     a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;

     b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;

     c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;

     d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;

     e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;

     f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;

     g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

     h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

     3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.

 

     Art. 74. (definizioni)

     1. Ai fini della presente sezione si intende per:

     a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BODS) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;

     b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai oiprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;

     c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

     d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;

     c) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;

     f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;

     g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

     h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento [386];

     i) "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato [387];

     l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

     m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;

     n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale [388];

     o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;

     p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;

     q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;

     r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;

     s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;

     t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;

     u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

     v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;

     z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;

     aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;

     bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;

     cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;

     dd) "rete fognaria": un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane [389];

     ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;

     ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114 [390];

     gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

     hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonché gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;

     ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;

     ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BODS delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;

     mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

     nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;

     oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo; i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell'ambiente [391];

     pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

     2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

     a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

     b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

     c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;

     d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

     e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;

     f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

     g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;

     h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

     i) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee [392];

     l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

     m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

     n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

     o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

     p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;

     q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

     r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

     s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

     t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

     u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

     v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

     z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione secondo le modalità previste all'articolo 78, comma 2, lettere a) e b), ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le sostanze dell'elenco di priorità di cui alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza [393];

     aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto [394];

     bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

     cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

     dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto [395];

     ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;

     ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;

     gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;

     hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;

     ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;

     ll) standard di qualità ambientale, denominati anche "SQA": la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente [396];

     mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:

     1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

     2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;

     nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;

     oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:

     1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali o sotterranee;

     2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

     pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;

     qq) [valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente] [397];

     rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;

     ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;

     tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;

     uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento;

     uu-bis) limite di rivelabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da un bianco che non contiene l'analita [398];

     uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilità a una concentrazione dell'analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di taratura più basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco [399];

     uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate [400];

     uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprietà nominali [401];

     uu-sexies) matrice: un comparto dell'ambiente acquatico, vale a dire acqua, sedimenti, biota [402];

     uu-septies) taxon del biota: un particolare taxon acquatico all'interno del rango tassonomico o "sub phylum", "classe" o un loro equivalente [403].

 

     Art. 75. (competenze)

     1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:

     a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;

     b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

     2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto disposto dall'articolo 132.

     3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

     4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

     5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

     6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.

     7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

     8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

     9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.

 

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITÀ

 

CAPO I

OBIETTIVO DI QUALITÀ AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITÀ PER SPECIFICA DESTINAZIONE

 

     Art. 76. (disposizioni generali)

     1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

     2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

     3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

     4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:

     a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";

     b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

     c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

     5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

     6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

     7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.

 

     Art. 77. (individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale)

     1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

     2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

     3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

     4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

     5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

     a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

     1) sull'ambiente in senso ampio;

     2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;

     3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;

     4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;

     5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

     b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

     6. Le regioni possono motivatamente prorogare il termine del 23 dicembre 2015 per poter conseguire gradualmente gli obiettivi dei corpi idrici purchè non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato dei corpi idrici e sussistano tutte le seguenti condizioni:

     a) i miglioramenti necessari per il raggiungimento del buono stato di qualità ambientale non possono essere raggiunti entro i termini stabiliti almeno per uno dei seguenti motivi:

     1) i miglioramenti dello stato dei corpi idrici possono essere conseguiti per motivi tecnici solo in fasi successive al 23 dicembre 2015;

     2) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionalmente costoso;

     3) le condizioni naturali non consentono il miglioramento del corpo idrico nei tempi richiesti;

     b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate nei piani di cui agli articoli 117 e 121;

     c) le proroghe non possono superare il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti dei piani di cui alla lettera b), fatta eccezione per i casi in cui le condizioni naturali non consentano di conseguire gli obiettivi entro detto periodo;

     d) l'elenco delle misure, la necessità delle stesse per il miglioramento progressivo entro il termine previsto, la giustificazione di ogni eventuale significativo ritardo nella attuazione delle misure, nonchè il relativo calendario di attuazione delle misure devono essere riportati nei piani di cui alla lettera b). Le informazioni devono essere aggiornate nel riesame dei piani [404].

     7. Le regioni, per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4, qualora, a causa delle ripercussioni dell'impatto antropico rilevato ai sensi dell'articolo 118 o delle loro condizioni naturali, non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Devono, in ogni caso, ricorrere le seguenti condizioni:

     a) la situazione ambientale e socioeconomica non consente di prevedere altre opzioni significativamente migliori sul piano ambientale ed economico;

     b) la garanzia che:

     1) per le acque superficiali venga conseguito il migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;

     2) per le acque sotterranee siano apportate modifiche minime al loro stato di qualità, tenuto conto degli impatti che non potevano ragionevolmente essere evitati per la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;

     c) per lo stato del corpo idrico non si verifichi alcun ulteriore deterioramento;

     d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico e del piano di tutela di cui agli articoli 117 e 121 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni nell'ambito della revisione di detti piani [405].

     8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

     9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

     10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

     a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;

     b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

     c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;

     d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;

     e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

     10-bis. Le regioni non violano le disposizioni del presente decreto nei casi in cui:

     a) il mancato raggiungimento del buon stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico delle acque superficiali o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacità di impedire il deterioramento del corpo idrico superficiale e sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni idrogeologiche dei corpi idrici sotterranei;

     b) l'incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano purchè sussistano le seguenti condizioni:

     1) siano state avviate le misure possibili per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

     2) siano indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni;

     3) le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni di cui alla lettera b) siano di prioritario interesse pubblico ed i vantaggi per l'ambiente e la società, risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, siano inferiori rispetto ai vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni per la salute umana, per il mantenimento della sicurezza umana o per lo sviluppo sostenibile;

     4) per motivi di fattibilità tecnica o di costi sproporzionati, i vantaggi derivanti dalle modifiche o dalle alterazioni del corpo idrico non possano essere conseguiti con altri mezzi che garantiscono soluzioni ambientali migliori [406].

 

     Art. 78. (Standard di qualità ambientale per le acque superficiali). [407]

     1. Ai fini della determinazione del buono stato chimico delle acque superficiali si applicano, con le modalità disciplinate dal presente articolo, gli SQA elencati alla tabella 1/A per la colonna d'acqua e per il biota e gli SQA elencati alla tabella 2/A per i sedimenti, di cui al paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

     2. Le regioni e le province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente, applicano gli SQA alla colonna d'acqua e al biota con le modalità di cui al paragrafo A.2.8 dell'allegato 1 alla parte terza e nel rispetto dei seguenti criteri e condizioni:

     a) gli SQA per le sostanze individuate con i numeri 2, 5, 15, 20, 22, 23, 28, di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano dal 22 dicembre 2015, per conseguire un buono stato chimico entro il 22 dicembre 2021, mediante programmi di misure inclusi nei piani di gestione dei bacini idrografici elaborati entro il 2015, in attuazione dell'articolo 117;

     b) gli SQA fissati per le nuove sostanze individuate con i numeri da 34 a 45, di cui alla tabella 1/A, del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano dal 22 dicembre 2018, per conseguire un buono stato chimico entro il 22 dicembre 2027 ed impedire il deterioramento dello stato chimico relativamente a tali sostanze. A tal fine, entro il 22 dicembre 2018, le regioni e le province autonome, in collaborazione con le Autorità di bacino, elaborano un programma di monitoraggio supplementare ed un programma preliminare di misure relative a dette sostanze, che trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane, di seguito SINTAI, per il successivo inoltro alla Commissione europea. I piani di gestione di cui all'articolo 117, elaborati entro il 22 dicembre 2021, contengono un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, per il raggiungimento del buono stato chimico delle sostanze di cui alla presente lettera, che è attuato e reso pienamente operativo, entro e non oltre il 22 dicembre 2024;

     c) per le sostanze identificate con i numeri 5, 15, 16, 17, 21, 28, 34, 35, 37, 43 e 44, che figurano alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, si applicano gli SQA per il biota fissati alla medesima tabella 1/A, salvo quanto previsto al comma 3, lettera a). A tal fine, è resa disponibile, entro il 22 marzo 2016, la linea guida italiana, di cui all'allegato 1 alla parte terza, paragrafo A.2.6, elaborata sulla base delle linee guida europee n. 25 - Chemical Monitoring of Sediment and Biota, n. 32 - Biota Monitoring e n. 33 - Analytical Methods for Biota Monitoring, contenente le informazioni pratiche, necessarie per l'utilizzo di taxa di biota alternativi ai fini della classificazione;

     d) per le sostanze diverse da quelle di cui al punto c) si applicano gli SQA per l'acqua fissati alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, salvo quanto previsto al comma 3, lettera b).

     3. Se sono rispettate le condizioni di cui al comma 4 le regioni e le province autonome:

     a) per le sostanze recanti il numero 15, 16, 17, 28, 34, 35, 43 e 44 possono applicare gli SQA fissati alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza per la colonna d'acqua;

     b) per la sostanza 9-ter possono applicare lo SQA per il biota.

     4. Ai fini del comma 3 il metodo di analisi scelto per la matrice o per il taxon del biota deve soddisfare i criteri minimi di efficienza specificati all'articolo 78-sexies. Se i criteri di cui all'articolo 78-sexies non sono rispettati per alcuna matrice, le regioni e le province autonome garantiscono che il monitoraggio sia effettuato utilizzando le migliori tecniche disponibili che non comportino costi eccessivi e che il metodo di analisi fornisca risultati almeno equivalenti al metodo disponibile per la matrice di cui al comma 2, lettera c), per la sostanza pertinente.

     5. Per le acque marino costiere e di transizione le regioni e le province autonome possono applicare gli SQA di cui alla tabella 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza ai sedimenti, se sono rispettate le condizioni di cui al comma 4.

     6. Quando viene individuato un rischio potenziale per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico causato da un'esposizione acuta, quale risultato di concentrazioni od emissioni ambientali misurate o stimate ed è stato applicato uno SQA per il biota o i sedimenti, le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio anche della colonna d'acqua e applicano gli SQA-CMA di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

     7. Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o per il biota, le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio della sostanza nella corrispondente matrice con cadenza almeno annuale, salvo che le conoscenze tecniche e la valutazione di esperti non giustifichino un diverso intervallo temporale. In tale ultimo caso, la motivazione tecnico-scientifica della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici, in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c).

     8. Le regioni e le province autonome effettuano l'analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco di priorità di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza che tendono ad accumularsi nei sedimenti e nel biota ovvero in una sola delle due matrici, con particolare attenzione per le sostanze riportate nella citata tabella ai numeri 2, 5, 6, 7, 12, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 26, 28, 30, 34, 35, 36, 37, 43 e 44, conformemente al paragrafo A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza ed ai commi 9 e 10.

     9. Le regioni e le province autonome effettuano il monitoraggio delle sostanze di cui al comma 8 nei sedimenti o nel biota, con cadenza triennale, al fine di disporre di un numero di dati sufficienti per un'analisi della tendenza a lungo termine affidabile. Ai medesimi fini effettuano, in via prioritaria, eventualmente intensificando la frequenza, il monitoraggio nei corpi idrici che presentano criticità ambientali, quali i corpi idrici in cui sono ubicati scarichi contenenti sostanze dell'elenco di priorità o soggetti a fonti diffuse e perdite derivanti da attività agricola intensiva, siti contaminati da bonificare, discariche e depositi di rifiuti. All'esito dell'analisi di tendenza sono adottate le necessarie misure di tutela nell'ambito del piano di gestione.

     10. Le regioni e le province autonome effettuano la valutazione delle variazioni a lungo termine ai sensi del paragrafo A.3.2.4 dell'allegato 1 alla parte terza nei siti interessati da una diffusa attività antropica. Per l'individuazione di detti siti si tiene conto degli esiti dell'analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata in base alle disposizioni di cui all'allegato 3 alla parte terza, dando priorità ai corpi idrici ed ai siti soggetti a pressioni da fonti puntuali e diffuse derivanti dalle sostanze elencate alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza. In ogni caso, l'elenco comprende i siti rappresentativi dei corpi idrici marino-costieri e di transizione che, sulla base dei dati disponibili, superano gli SQA di cui alla tabella 3/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza. Le regioni e le province autonome, attraverso il sistema SINTAI, rendono disponibili l'elenco dei siti così selezionati, entro il 31 dicembre 2015, ed i risultati dell'analisi di tendenza secondo le modalità previste al punto 1.4.2 del paragrafo A.2.8-ter dell'allegato 1 alla parte terza. I risultati dell'analisi di tendenza sono inseriti nei piani di gestione di cui all'articolo 117.

     11. I risultati del monitoraggio delle sostanze di cui al comma 8 nei sedimenti e nel biota concorrono all'aggiornamento ed all'integrazione degli standard di qualità ambientali per i corpi idrici lacustri e fluviali.

     12. Le regioni e le province autonome adottano misure atte a garantire che le concentrazioni delle sostanze di cui al comma 8 non aumentino in maniera significativamente rilevante nei sedimenti o nel biota.

     13. Le disposizioni del presente articolo concorrono a conseguire l'obiettivo dell'eliminazione delle sostanze pericolose prioritarie indicate come PP alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, negli scarichi, nei rilasci da fonte diffusa e nelle perdite, nonchè alla graduale riduzione negli stessi delle sostanze prioritarie individuate come P alla medesima tabella. Tali obiettivi devono essere conseguiti entro venti anni dall'inserimento della sostanza nell'elenco delle sostanze prioritarie da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Per le sostanze indicate come E l'obiettivo è di eliminare l'inquinamento delle acque causato da scarichi, rilasci da fonte diffusa e perdite entro il 2021.

 

     Art. 78 bis. Zone di mescolamento [408]

     1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono designare zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico di acque reflue contenenti sostanze dell'elenco di priorità nel rispetto dei criteri tecnici stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle linee guida definite a livello comunitario, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/105/CE. Le concentrazioni di una o più sostanze di detto elenco possono superare, nell'ambito di tali zone di mescolamento, gli SQA applicabili, a condizione che il superamento non abbia conseguenze sulla conformità agli SQA del resto del corpo idrico superficiale.

     2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano designano le zone di mescolamento assicurando che l'estensione di ciascuna di tali zone:

     a) sia limitata alle vicinanze del punto di scarico;

     b) sia calibrata sulla base delle concentrazioni di inquinanti nel punto di scarico, dell'applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi di cui alla normativa vigente e dell'adozione delle migliori tecniche disponibili, in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi ambientali.

     3. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto riportano, rispettivamente, nei piani di tutela e nei piani di gestione le zone di mescolamento designate indicando:

     a) l'ubicazione e l'estensione;

     b) gli approcci e le metodologie applicati per definire tali zone;

     c) le misure adottate allo scopo di limitare in futuro l'estensione delle zone di mescolamento, quali quelle necessarie alla riduzione ed all'eliminazione dell'inquinamento delle acque superficiali causato dalle sostanze dell'elenco di priorità o le misure consistenti nel riesame delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e successive modificazioni, o delle autorizzazioni preventive rilasciate ai sensi del presente decreto.

     4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle aree protette elencate all'allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v).

 

     Art. 78 ter. Inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite [409]

     1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ciascuna per la parte di territorio di competenza ricadente in ciascun distretto idrografico, mettono a disposizione attraverso il sistema SINTAI le informazioni di cui alla lettera A.2.8.-ter, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza, secondo le scadenze temporali riportate nel medesimo allegato. Le informazioni sono ricavate sulla base dell'attività di monitoraggio e dell'attività conoscitiva delle pressioni e degli impatti di cui rispettivamente all'allegato 1 e all'allegato 3 - sezione C, alla parte terza.

     2. L'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, di seguito: ISPRA, rende disponibili attraverso il sistema SINTAI i formati standard, aggiornandoli sulla base delle linee guida adottate a livello comunitario, nonchè i servizi per la messa a disposizione delle informazioni da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

     3. L'ISPRA elabora l'inventario, su scala di distretto, dei rilasci derivanti da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite, di seguito denominato "inventario", con riferimento alle sostanze prioritarie e alle sostanze pericolose prioritarie. L'ISPRA effettua ulteriori elaborazioni sulla base di specifiche esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare [410].

     4. L'inventario è redatto sulla base della elaborazione delle informazioni di cui al comma 1, dei dati raccolti in attuazione del regolamento (CE) n. 166/2006, nonchè sulla base di altri dati ufficiali. Nell'inventario sono altresì riportate, ove disponibili, le carte topografiche e, ove rilevate, le concentrazioni di tali sostanze ed inquinanti nei sedimenti e nel biota.

     5. L'inventario è finalizzato a verificare il raggiungimento dell'obiettivo di cui ai commi 1 e 7 dell'articolo 78, ed è sottoposto a riesami sulla base degli aggiornamenti effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 118, comma 2.

     6. L' ISPRA, previa verifica e validazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, mette a disposizione di ciascuna autorità di distretto, tramite il sistema SINTAI, gli inventari aggiornati su scala distrettuale ai fini dell'inserimento della sezione A dell'inventario nei piani di gestione riesaminati da pubblicare.

 

     Art. 78 quater. Inquinamento transfrontaliero [411]

     1. Qualora si verifichi un superamento di un SQA nei bacini idrografici transfrontalieri, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano interessate non si ritengono inadempienti se possono dimostrare che:

     a) il superamento dell'SQA è dovuto ad una fonte di inquinamento al di fuori della giurisdizione nazionale;

     b) a causa di tale inquinamento transfrontaliero si è verificata l'impossibilità di adottare misure efficaci per rispettare l'SQA in questione;

     c) sia stato applicato, per i corpi idrici colpiti da inquinamento transfrontaliero, il meccanismo di coordinamento ai sensi dei commi 7 e 8 dell'articolo 75 e, se del caso, sia stato fatto ricorso alle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 10 dell'articolo 77.

     2. Qualora si verifichino le circostanze di cui al comma 1, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autorità di distretto competenti forniscono le informazioni necessarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione europea e predispongono una relazione sintetica delle misure adottate riguardo all'inquinamento transfrontaliero da inserire rispettivamente nel piano di tutela e nel piano di gestione.

 

     Art. 78 quinquies. Metodi di analisi per le acque superficiali e sotterranee [412]

     1. L'ISPRA assicura che i metodi di analisi, compresi i metodi di laboratorio, sul campo e on line, utilizzati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, di seguito: "ARPA", e dalle agenzie provinciali per la protezione dell'ambiente, di seguito: "APPA", ai fini del programma di monitoraggio chimico svolto ai sensi dell'allegato 1 alla parte terza, siano convalidati e documentati ai sensi della norma UNI-EN ISO/CEI - 17025:2005 o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

     2. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 78, commi 1 e 2, e 78-bis, il monitoraggio è effettuato applicando le metodiche di campionamento e di analisi riportati alle lettere A.2.8, punti 16, 17 e 18, e A.3.10 dell'allegato 1 alla parte terza.

     3. Le disposizioni di cui al presente articolo, agli articoli 78-sexies, 78-septies e 78-octies ed alla lettera A.2.8.-bis della sezione A "Stato delle acque superficiali" della parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici"dell'allegato 1 alla parte terza si applicano per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.

 

     Art. 78 sexies. Requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi [413]

     1. L'ISPRA verifica che i requisiti minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi siano basati su una incertezza di misura definita conformemente ai criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

     2. In mancanza di standard di qualità ambientali per un dato parametro o di un metodo di analisi che rispetti i requisiti minimi di prestazione di cui al comma 1, le ARPA e le APPA assicurano che il monitoraggio sia svolto applicando le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Le autorità di bacino distrettuali promuovono intese con le regioni e con le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei dati del monitoraggio delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non appartenenti alla lista di priorità di cui alla tabella 1/B dell'allegato 1 alla parte terza. Ai fini del monitoraggio e della valutazione dello stato della qualità delle acque, le autorità di bacino distrettuali promuovono altresì intese con i medesimi soggetti di cui al periodo precedente finalizzate all'adozione di una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'ISPRA rende disponibile mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche di analisi disponibili a costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8-bis dell'allegato 1 alla parte terza. Le autorità di bacino distrettuali rendono disponibili nel proprio sito internet istituzionale, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i dati dei monitoraggi periodici come ottenuti dalle analisi effettuate da tali laboratori.

 

     Art. 78 septies. Calcolo dei valori medi [414]

     1. Ai fini del calcolo dei valori medi si applicano i criteri tecnici riportati alla lettera A.2.8.-bis, sezione A "Stato delle acque superficiali", parte 2 "Modalità per la classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici" dell'allegato 1 alla parte terza.

     1-bis. Nel caso in cui, ai sensi del presente articolo, il valore medio calcolato di una misurazione, quando è effettuato utilizzando la migliore tecnica disponibile che non comporti costi eccessivi, è indicato come "inferiore al limite di quantificazione" e il "limite di quantificazione" di tale tecnica è superiore allo SQA, il risultato per la sostanza oggetto di misurazione non si considera ai fini dello stato chimico globale di tale corpo idrico [415].

 

     Art. 78 octies. Garanzia e controllo di qualità [416]

     1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che i laboratori delle Agenzie regionali per l'ambiente (ARPA), e delle agenzie provinciali per l'ambiente (APPA), o degli enti appaltati da queste ultime applichino pratiche di gestione della qualità conformi a quanto previsto dalla norma UNI-EN ISO/CEI-17025:2005 e successive modificazioni o da altre norme equivalenti internazionalmente riconosciute.

     2. L'ISPRA assicura la comparabilità dei risultati analitici dei laboratori ARPA, APPA o degli enti appaltati da queste ultime, sulla base:

     a) della promozione di programmi di prove valutative delle competenze che comprendono i metodi di analisi di cui all'articolo 78-quinquies per i misurandi a livelli di concentrazione rappresentativi dei programmi di monitoraggio delle sostanze chimiche svolti ai sensi del presente decreto;

     b) dell'analisi di materiali di riferimento rappresentativi di campioni prelevati nelle attività di monitoraggio e che contengono livelli di concentrazioni adeguati rispetto agli standard di qualità ambientali di cui all'articolo 78-sexies, comma 1.

     3. I programmi di prove valutative di cui al comma 2, lettera a), vengono organizzati dall'ISPRA o da altri organismi accreditati a livello nazionale o internazionale, che rispettano i criteri stabiliti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010 o da altre norme equivalenti accettate a livello internazionale. L'esito della partecipazione a tali programmi viene valutato sulla base dei sistemi di punteggio definiti dalla norma UNI EN ISO/CEI 17043:2010, dalla norma ISO-13528:2006 o da altre norme equivalenti internazionalmente accettate.

 

     Art. 78 nonies. (Aggiornamento dei piani di gestione). [417]

     1. Gli aggiornamenti dei Piani di gestione dei distretti idrografici predisposti ai sensi dell'articolo 117, comma 2-bis, riportano le seguenti informazioni fornite dalle regioni e dalle province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente:

     a) una tabella contenente i limiti di quantificazione dei metodi di analisi applicati e le informazioni sulle prestazioni di tali metodi in relazione ai criteri minimi di efficienza di cui all'articolo 78-sexies;

     b) per le sostanze per le quali si applica l'opzione di cui all'articolo 78, comma 3:

     1) i motivi e la giustificazione forniti dalle regioni e province autonome, per la scelta di tale opzione;

     2) i limiti di quantificazione dei metodi di analisi per le matrici specificate alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, comprese le informazioni sulle prestazioni di tali metodi in relazione ai requisiti minimi di prestazione fissati all'articolo 78-sexies, al fine di permettere il confronto con le informazioni di cui alla lettera a);

     c) la motivazione tecnica della frequenza applicata per i monitoraggi in conformità all'articolo 78, comma 7, se gli intervalli tra un monitoraggio e l'altro sono superiori ad un anno.

     2. Se del caso, i piani di gestione riportano per gli SQA alternativi stabiliti per la colonna d'acqua relativi all'esaclorobenzene e all'esaclorobutadiene, per il biota relativo al DDT e per le sostanze di cui alla tabella 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza la motivazione tecnica che dimostri che tali SQA garantiscano almeno lo stesso livello di protezione degli SQA fissati per le altre matrici alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza.

     3. Le Autorità di bacino mettono a disposizione su un sito accessibile elettronicamente al pubblico, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i piani di gestione dei bacini idrografici aggiornati ai sensi dell'articolo 117, comma 2-bis, contenenti i risultati e l'impatto delle misure adottate per prevenire l'inquinamento chimico delle acque superficiali e la relazione provvisoria sui progressi realizzati nell'attuazione del programma di misure di cui all'articolo 116. Tali informazioni sono pubblicate e rese accessibili al pubblico sul sito istituzionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

     Art. 78 decies. (Disposizioni specifiche per alcune sostanze). [418]

     1. Nel rispetto degli obblighi di cui al paragrafo A.4.6.3 dell'allegato 1 alla parte terza, concernenti la presentazione dello stato chimico nonchè degli obiettivi e degli obblighi di cui agli articoli 76, 77, 78, 116 e 117, i piani di gestione possono contenere mappe supplementari che presentano separatamente, rispetto alle informazioni riguardanti le altre sostanze di cui alla tabella 1/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, le informazioni sullo stato chimico per una o più delle seguenti sostanze:

     a) sostanze che si comportano come PBT (Persistenti, bioaccumulabili e tossiche) ubiquitarie, recanti il numero 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44;

     b) sostanze recanti il numero da 34 a 45;

     c) sostanze per le quali sono stati definiti SQA rivisti e più restrittivi, recanti il numero 2, 5, 15, 20, 22, 23 e 28.

     2. I piani di gestione dei bacini idrografici possono riportare l'entità di ogni deviazione dal valore degli SQA per le sostanze di cui alle lettere a), b) e c), cercando di garantirne l'intercomparabilità a livello di bacino idrografico.

 

     Art. 78 undecies. (Elenco di controllo). [419]

     1. Le regioni e le province autonome, avvalendosi delle agenzie regionali per l'ambiente, effettuano il monitoraggio delle sostanze presenti nell'elenco di controllo di cui alla decisione 2015/495 della Commissione del 20 marzo 2015, che istituisce un elenco di controllo delle sostanze da sottoporre a monitoraggio a livello dell'Unione nel settore della politica delle acque in attuazione della direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

     2. Il monitoraggio è effettuato per un periodo di almeno dodici mesi, a partire dal 24 settembre 2015. Per ciascuna sostanza presente in elenchi successivi il monitoraggio è avviato entro sei mesi dalla inclusione di dette sostanze nell'elenco di cui al comma 1.

     3. Su proposta delle regioni e delle province autonome, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, di seguito ISPRA, seleziona venti stazioni di monitoraggio rappresentative e definisce la frequenza e la tempistica del monitoraggio per ciascuna sostanza, tenendo conto degli usi e dell'eventuale frequenza di ritrovamento della stessa. ISPRA elabora una relazione che descrive la rappresentatività delle stazioni di monitoraggio e la strategia di monitoraggio e che riporta le informazioni di cui al comma 5, tenuto conto dei criteri indicati all'articolo 8-ter, paragrafo 3, della direttiva 2008/105/CE, come modificata dalla direttiva 2013/39/UE. ISPRA identifica le sostanze di cui al comma 5 sulla base delle informazioni fornite dalle regioni.

     4. Il monitoraggio delle sostanze dell'elenco di controllo viene effettuato almeno una volta l'anno.

     5. Le sostanze dell'elenco di controllo per cui esistono dati di monitoraggio sufficienti, comparabili, rappresentativi e recenti, ricavati da programmi di monitoraggio o da studi esistenti possono essere escluse dal monitoraggio supplementare, purchè tali sostanze siano monitorate utilizzando metodiche conformi ai requisiti delle linee guida elaborate dalla Commissione per facilitare il monitoraggio delle sostanze appartenenti all'elenco di controllo.

     6. ISPRA, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, trasmette alla Commissione europea, per conto dello stesso Ministero, i dati di monitoraggio e la relazione di cui al comma 3, entro quindici mesi dal 24 settembre 2015, per il primo elenco di controllo, o entro ventuno mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo di cui al comma 1 e, successivamente, ogni dodici mesi finchè la sostanza è presente in detto elenco. A tal fine, le regioni e le province autonome mettono a disposizione, attraverso il sistema SINTAI, i risultati dei monitoraggi condotti ai sensi dei commi 1 e 2, trenta giorni prima delle suddette scadenze.

 

     Art. 79. (obiettivo di qualità per specifica destinazione)

     1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

     a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

     b) le acque destinate alla balneazione;

     c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

     d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

     2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

     3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.

 

CAPO II

ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONEE

 

     Art. 80. (acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)

     1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie Al, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

     2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

     a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;

     b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;

     c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.

     3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

     4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.

 

     Art. 81. (deroghe)

     1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

     a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;

     b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;

     c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;

     d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

     2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.

 

     Art. 82. (acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile)

     1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

     a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e

     b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

     2. L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla parte terza dei presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.

     3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.

 

     Art. 83. (acque di balneazione)

     1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.

     2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.

 

     Art. 84. (acque dolci idonee alla vita dei pesci)

     1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

     a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonché di parchi e riserve naturali regionali;

     b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;

     c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

     d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

     2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".

     3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

     4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

     5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

 

     Art. 85. (accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci)

     1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

     2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le misure appropriate.

     3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

 

     Art. 86. (deroghe)

     1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.

 

     Art. 87. (acque destinate alla vita dei molluschi)

     1. Le regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

     2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

     3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

 

     Art. 88. (accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi)

     1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.

     2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.

 

     Art. 89. (deroghe)

     1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.

 

     Art. 90. (norme sanitarie)

     1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

 

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

 

CAPO I

AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE

DALL'INQUINAMENTO E DI RISANAMENTO

 

     Art. 91. (aree sensibili)

     1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

     a) i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonché i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

     b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;

     c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

     d) le aree costiere dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

     e) il lago di Garda e il lago d’ldro;

     f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;

     g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;

     h) il golfo di Castellammare in Sicilia;

     i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.

     3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

     4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

     5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

     6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.

     7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.

     8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.

 

     Art. 92. (zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)

     1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

     2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

     3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1.

     4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

     5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, devono riesaminare e, se necessario, opportunamente rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere [420].

     6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.

     7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

     8. Le regioni provvedono, inoltre, a:

     a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;

     b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

     c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

     8-bis. Le regioni riesaminano e, se del caso, rivedono i programmi d'azione obbligatori di cui al comma 7, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi della lettera c) del comma 8, per lo meno ogni quattro anni [421].

     9. Gli esiti del riesame delle designazioni di cui al comma 5, i programmi di azione stabiliti ai sensi del comma 7, inclusi gli esiti del riesame di cui al comma 8-bis, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonché degli interventi di formazione e informazione [422].

     10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.

 

     Art. 93. (zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione)

     1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.

     2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

     3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

 

     Art. 94. (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano)

     1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.
     2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

     3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

     4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

     a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

     b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

     c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;

     d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.

     e) aree cimiteriali;

     f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;

     g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

     h) gestione di rifiuti;

     i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

     l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;

     m) pozzi perdenti;

     n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. É comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

     5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:

     a) fognature;

     b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

     c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;

     d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

     6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

     7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

     8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

     a) aree di ricarica della falda;

     b) emergenze naturali ed artificiali della falda;

     c) zone di riserva.

 

CAPO II

TUTELA QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO

 

     Art. 95. (pianificazione del bilancio idrico)

     1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

     2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

     3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.

     4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

     5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

     6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

 

     Art. 96. (modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775)

     1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

     "Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante ai competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un Commissario "ad acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".

     2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:

     "1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:

     a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;

     b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;

     c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;

     d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.

     1-bis. È preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001, ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

     1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.".

     3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

     "Articolo 12-bis.

     1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:

     a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;

     b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;

     c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.

     2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.

     3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se:

     a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;

     b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;

     c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.

     4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicalo. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".

     4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

     "Articolo 17.

     1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.

     2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

     3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. È in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".

     5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

     6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

     7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico [423].

     8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

     "Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79".

     9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:

     "Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.".

     10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

     11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.

 

     Art. 97. (acque minerali naturali e di sorgenti)

     1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.

 

     Art. 98. (risparmio idrico)

     1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

     2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

 

     Art. 99. (riutilizzo dell'acqua)

     1. Con regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e con il Ministro delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri, le modalità e le condizioni per il riutilizzo delle acque reflue [424].

     2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate.

 

CAPO III

TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA: DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

 

     Art. 100. (reti fognarie)

     1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

     2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

     a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;

     b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;

     c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

     3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi,

 

     Art. 101. (criteri generali della disciplina degli scarichi)

     1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

     2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

     a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

     b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

     c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;

     d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

     3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

     4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

     5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4 [425].

     6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione o nel caso di utilizzo delle stesse in impianti di desalinizzazione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate o in accordo con fattore di concentrazione tipico degli scarichi derivanti dagli impianti di desalinizzazione e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate [426].

     7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

     a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

     b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame [427];

     c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

     d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

     e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

     f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

     7-bis. Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Al fine di assicurare la tutela del corpo idrico ricettore e il rispetto della disciplina degli scarichi delle acque reflue urbane, lo scarico di acque di vegetazione in pubblica fognatura è ammesso, ove l'ente di governo dell'ambito e il gestore d'ambito non ravvisino criticità nel sistema di depurazione, per i frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale e da aziende agricole i cui terreni insistono in aree scoscese o terrazzate ove i metodi di smaltimento tramite fertilizzazione e irrigazione non siano agevolmente praticabili, previo idoneo trattamento che garantisca il rispetto delle norme tecniche, delle prescrizioni regolamentari e dei valori limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato in base alle caratteristiche e all'effettiva capacità di trattamento dell'impianto di depurazione [428].

     8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5.

     9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.

     10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.

 

     Art. 102. (scarichi di acque termali)

     1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate o, in alternativa che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto [429].

     2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:

     a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;

     b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;

     c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;

     d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.

 

     Art. 103. (scarichi sul suolo)

     1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

     a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;

     b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

     c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

     d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;

     e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;

     f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

     2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

     3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

 

     Art. 104. (scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee)

     1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

     2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

     3. In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto, idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi [430].

     4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.

     4-bis. Fermo restando il divieto di cui al comma 1, l'autorità competente, al fine del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici sotterranei, può autorizzare il ravvenamento o l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei, nel rispetto dei criteri stabiliti con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'acqua impiegata può essere di provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l'impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre nell'ambito del Piano di tutela e del Piano di gestione [431].

     5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/1. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.

     5-bis. In deroga a quanto previsto al comma 1 è consentita l'iniezione, a fini di stoccaggio, di flussi di biossido di carbonio in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni che per motivi naturali sono definitivamente inadatte ad altri scopi, a condizione che l'iniezione sia effettuata a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio [432].

     6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:

     a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;

     b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.

     7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici.

     8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.

     8-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 5 e 7 sono istruite a livello di progetto esecutivo e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale [433].

 

     Art. 105. (scarichi in acque superficiali)

     1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

     2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

     3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

     4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2,

     5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

     6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente,

 

     Art. 106. (scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)

     1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

     2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.

     3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

 

     Art. 107. (scarichi in reti fognarie)

     1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'ente di governo dell'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

     2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'ente di governo dell'ambito competente.

     3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell'esistenza di un sistema di depurazione da parte dell'ente gestore del servizio idrico integrato, che assicura adeguata informazione al pubblico anche in merito alla planimetria delle zone servite da tali sistemi. L'installazione delle apparecchiature è comunicata da parte del rivenditore al gestore del servizio idrico, che ne controlla la diffusione sul territorio [434].

     4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

 

     Art. 108. (scarichi di sostanze pericolose)

     1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

     2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione fissa, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2 [435].

     3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.

     4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

     5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue [436].

     6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

 

CAPO IV

ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI

 

     Art. 109. (immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte)

     1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

     a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

     b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;

     c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

     2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto [437].

     2-bis. Il decreto di cui al comma 2 non si applica alla gestione dei sedimenti all'interno delle acque di transizione e degli ambienti lagunari per i quali trova applicazione la pianificazione di cui all'articolo 121 del presente decreto, fatte salve le specifiche norme per la salvaguardia della Laguna di Venezia di cui all'articolo 95 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 [438].

     3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione regionale, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente [439].

     4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera ), non è soggetta ad autorizzazione.

     5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. [Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti [440]].

     5-bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. Nel caso di condotte o cavi facenti parte della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica o di connessione con reti energetiche di altri Stati, non soggetti a valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti [441].

 

     Art. 110. (trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane)

     1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

     2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'ente di governo dell'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

     3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

     a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;

     b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;

     c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente,

     4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

     5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

     6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'ente di governo dell'ambito.

     7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

 

     Art. 111. (impianti di acquacoltura e piscicoltura)

     1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

 

     Art. 112. (utilizzazione agronomica)

     1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.

     2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

     3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:

     a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;

     b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;

     c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;

     d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;

     e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.

 

     Art. 113. (acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)

     1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, disciplinano e attuano:

     a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;

     b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

     2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

     3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

     4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

 

     Art. 114. (dighe)

     1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.

     2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.

     3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

     4. Per gli invasi realizzati da sbarramenti aventi le caratteristiche di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Per gli invasi di cui all'articolo 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le regioni, in conformità ai propri ordinamenti, adeguano la disciplina regionale agli obiettivi di cui ai commi 2, 3 e 9, anche tenuto conto delle specifiche caratteristiche degli sbarramenti e dei corpi idrici interessati [442].

     5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

     6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

     7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

     8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sci mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.

     9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

 

     Art. 115. (tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)

     1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

     2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

     3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

     4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

 

     Art. 116. (programmi di misure)

     1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.

     1-bis. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell'ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione [443].

 

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

 

CAPO I

PIANI DI GESTIONE E PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

 

     Art. 117. (piani di gestione e registro delle aree protette)

     1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.

     2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

     2-bis. I Piani di gestione dei distretti idrografici, adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, sono riesaminati e aggiornati entro il 22 dicembre 2015 e, successivamente, ogni sei anni [444].

     2-ter. Qualora l'analisi effettuata ai sensi dell'articolo 118 e i risultati dell'attività di monitoraggio condotta ai sensi dell'articolo 120 evidenzino impatti antropici significativi da fonti diffuse, le Autorità competenti individuano misure vincolanti di controllo dell'inquinamento. In tali casi i piani di gestione prevedono misure che vietano l'introduzione di inquinanti nell'acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti. Dette misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre [445].

     2-quater. Al fine di coniugare la prevenzione del rischio di alluvioni con la tutela degli ecosistemi fluviali, nell'ambito del Piano di gestione, le Autorità di bacino, in concorso con gli altri enti competenti, predispongono il programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico, quale strumento conoscitivo, gestionale e di programmazione di interventi relativo all'assetto morfologico dei corridoi fluviali. I programmi di cui al presente comma sono redatti in ottemperanza agli obiettivi individuati dalle direttive 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, e 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e concorrono all'attuazione dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, che individua come prioritari, tra le misure da finanziare per la mitigazione del dissesto idrogeologico, gli interventi integrati che mirino contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità. Il programma di gestione dei sedimenti ha l'obiettivo di migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d'acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite interventi sul trasporto solido, sull'assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e sull'assetto e sulle modalità di gestione delle opere idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche morfologiche del reticolo idrografico. Il programma di gestione dei sedimenti è costituito dalle tre componenti seguenti:

     a) definizione di un quadro conoscitivo a scala spaziale e temporale adeguata, in relazione allo stato morfologico attuale dei corsi d'acqua, alla traiettoria evolutiva degli alvei, alle dinamiche e quantità di trasporto solido in atto, all'interferenza delle opere presenti con i processi morfologici e a ogni elemento utile alla definizione degli obiettivi di cui alla lettera b);

     b) definizione, sulla base del quadro conoscitivo di cui alla lettera a), di obiettivi espliciti in termini di assetto dei corridoi fluviali, al fine di un loro miglioramento morfologico ed ecologico e di ridurre il rischio idraulico; in questo ambito è prioritario, ovunque possibile, ridurre l'alterazione dell'equilibrio geomorfologico e la disconnessione degli alvei con le pianure inondabili, evitando un'ulteriore artificializzazione dei corridoi fluviali;

     c) identificazione degli eventuali interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti alla lettera b), al loro monitoraggio e all'adeguamento nel tempo del quadro conoscitivo; la scelta delle misure più appropriate tra le diverse alternative possibili, incluso il non intervento, deve avvenire sulla base di un'adeguata valutazione e di un confronto degli effetti attesi in relazione ai diversi obiettivi, tenendo conto di un orizzonte temporale e spaziale sufficientemente esteso; tra gli interventi da valutare deve essere data priorità alle misure, anche gestionali, per il ripristino della continuità idromorfologica longitudinale, laterale e verticale, in particolare al ripristino del trasporto solido laddove vi siano significative interruzioni a monte di tratti incisi, alla riconnessione degli alvei con le pianure inondabili e al ripristino di più ampi spazi di mobilità laterale, nonchè alle misure di rinaturazione e riqualificazione morfologica; l'eventuale asportazione locale di materiale litoide o vegetale o altri interventi di artificializzazione del corso d'acqua devono essere giustificati da adeguate valutazioni rispetto alla traiettoria evolutiva del corso d'acqua, agli effetti attesi, sia positivi che negativi nel lungo periodo, rispetto ad altre alternative di intervento; all'asportazione dal corso d'acqua è da preferire comunque, ovunque sia possibile, la reintroduzione del materiale litoide eventualmente rimosso in tratti dello stesso adeguatamente individuati sulla base del quadro conoscitivo, in coerenza con gli obiettivi in termini di assetto del corridoio fluviale [446].

     3. L'Autorità di bacino, sentite gli enti di governo dell'ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente.

     3-bis. Il registro delle aree protette di cui al comma 3 deve essere tenuto aggiornato per ciascun distretto idrografico [447].

 

     Art. 118. (rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica)

     1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di gestione di cui all'articolo 117, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonchè alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'allegato 10 alla presente parte terza. Le risultanze delle attività di cui al primo periodo sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle competenti Autorità di bacino e al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale [448].

     2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono aggiornati entro il 22 dicembre 2013 e successivamente ogni sei anni [449].

     3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.

 

     Art. 119. (principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)

     1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

     2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

     a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell’acqua;

     b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

     3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

     3-bis. Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 3, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l'ammontare, la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni del demanio idrico nonchè le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del principio "chi inquina paga" di cui al comma 1 del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall'articolo 116 del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino ai sensi dell'articolo 71 del presente decreto [450].

 

     Art. 120. (rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici)

     1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

     2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

     3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, gli enti di governo dell'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.

 

     Art. 121. (piani di tutela delle acque)

     1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

     2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e gli enti di governo dell'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza.

     3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

     4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

     a) i risultati dell'attività conoscitiva;

     b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;

     c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;

     d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

     e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

     f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;

     g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;

     g-bis) i dati in possesso delle autorità e agenzie competenti rispetto al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini [451].

     h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;

     i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

     5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni [452].

 

     Art. 122. (informazione e consultazione pubblica)

     1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

     a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

     b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

     c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

     2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

     3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.

 

     Art. 123. (trasmissione delle informazioni e delle relazioni)

     1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.

     2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:

     a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;

     b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.

     3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116.

 

CAPO II

AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI

 

     Art. 124. (criteri generali)

     1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

     2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto [453].

     3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.

     4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'ente di governo dell'ambito.

     5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione rilasciata dall'Autorità di ambito.

     6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio oppure, se già in esercizio, allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, ovvero al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione [454].

     7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'ente di governo dell'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda [455].

     8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.

     9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

     10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

     11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

     12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.

 

     Art. 125. (domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali)

     1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

     2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

     a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

     b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.

 

     Art. 126. (approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane)

     1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.

 

     Art. 127. (fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)

     1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato [456].

     2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

 

CAPO III

CONTROLLO DEGLI SCARICHI

 

     Art. 128. (soggetti tenuti al controllo)

     1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

     2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.

 

     Art. 129. (accessi ed ispezioni)

     1. L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

 

     Art. 130. (inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)

     1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

     a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze:

     b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

     c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

 

     Art. 131. (controllo degli scarichi di sostanze pericolose)

     Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

 

     Art. 132. (interventi sostitutivi)

     1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.

     2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

 

TITOLO V

SANZIONI

 

CAPO I

SANZIONI AMMINISTRATIVE

 

     Art. 133. (sanzioni amministrative)

     1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, e fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, commi 2 e 3, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro [457].

     2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da seicento euro a tremila euro.

     3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, e di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 2, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro [458].

     4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

     5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

     6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

     7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:

     a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2:

     b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

     8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.

     9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

 

     Art. 134. (sanzioni in materia di aree di salvaguardia)

     1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

 

     Art. 135. (competenza e giurisdizione)

     1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.

     2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.

     3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

     4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

     Art. 136. (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

     1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

 

CAPO II

SANZIONI PENALI

 

     Art. 137. (sanzioni penali)

     1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro [459].

     2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni e dell'ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro [460].

     3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, o di cui all'articolo 29-quattuordecies, comma 3, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni [461].

     4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

     5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro [462].

     6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

     7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

     8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

     9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

     10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

     11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.

     12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

     13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.

     14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

 

     Art. 138. (ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura)

     1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.

 

     Art. 139. (obblighi del condannato)

     1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.

 

     Art. 140. (circostanza attenuante)

     1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.

 

SEZIONE III

GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE

 

TITOLO I

I PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

 

     Art. 141. (ambito di applicazione)

     1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

     2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.

 

     Art. 142. (competenze)

     1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione.

     2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

     3. Gli enti locali, attraverso l'ente di governo dell'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.

 

     Art. 143. (proprietà delle infrastrutture)

     1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

     2. Spetta anche all'ente di governo dell'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 8/23, secondo comma, del codice civile.

 

     Art. 144. (tutela e uso delle risorse idriche)

     1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

     2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

     3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

     4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

     4-bis. Ai fini della tutela delle acque sotterranee dall'inquinamento e per promuovere un razionale utilizzo del patrimonio idrico nazionale, tenuto anche conto del principio di precauzione per quanto attiene al rischio sismico e alla prevenzione di incidenti rilevanti, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato sono vietati la ricerca e l'estrazione di shale gas e di shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. A tal fine è vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui sono intrappolati lo shale gas e lo shale oil. I titolari dei permessi di ricerca o di concessioni di coltivazione comunicano, entro il 31 dicembre 2014, al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i dati e le informazioni relativi all'utilizzo pregresso di tali tecniche per lo shale gas e lo shale oil, anche in via sperimentale, compresi quelli sugli additivi utilizzati precisandone la composizione chimica. Le violazioni accertate delle prescrizioni previste dal presente articolo determinano l'automatica decadenza dal relativo titolo concessorio o dal permesso [463].

     5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.

 

     Art. 145. (equilibrio del bilancio idrico)

     1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.

     2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

     3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

 

     Art. 146. (risparmio idrico)

     1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei princìpi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

     a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;

     b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;

     c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;

     d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;

     e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;

     f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;

     g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;

     h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.

     2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.

     3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'ente di governo dell'ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi.

 

TITOLO II

SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

 

     Art. 147. (organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)

     1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Le regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell'ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine si applica l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all'ente di governo dell'ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1 [464].

     1-bis. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell'ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente. Si applica quanto previsto dagli ultimi due periodi dell'articolo 172, comma 4 [465].

     2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:

     a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

     b) unicità della gestione [466];

     c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

     2-bis. Qualora l'ambito territoriale ottimale coincida con l'intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all'utenza, è consentito l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve: a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l'ente di governo d'ambito territorialmente competente provvede all'accertamento dell'esistenza dei predetti requisiti [467].

     2-ter. Entro il 1° luglio 2022, le gestioni del servizio idrico in forma autonoma per le quali l'ente di governo dell'ambito non si sia ancora espresso sulla ricorrenza dei requisiti per la salvaguardia di cui al comma 2-bis, lettera b), confluiscono nella gestione unica individuata dal medesimo ente. Entro il 30 settembre 2022, l'ente di governo dell'ambito provvede ad affidare al gestore unico tutte le gestioni non fatte salve ai sensi del citato comma 2-bis [468].

     3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

 

     Art. 148. (autorità d'ambito territoriale ottimale) [469]

     1. L'ente di governo dell'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.

     2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano gli enti di governo dell'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.

     3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'ente di governo dell'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere [470].

     4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'ente di governo dell'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'ente di governo dell'ambito.

     5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria all'ente di governo dell'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente [471].

 

     Art. 149. (piano d'ambito)

     1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'ente di governo dell'ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti atti:

     a) ricognizione delle infrastrutture;

     b) programma degli interventi;

     c) modello gestionale ed organizzativo;

     d) piano economico finanziario.

     2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

     3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonchè al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densità di popolazione. Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione [472].

     4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

     5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

     6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'ente di governo dell'ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

 

     Art. 149 bis. (Affidamento del servizio). [473]

     1. L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale [474].

     2. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l'ente di governo dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento previgente. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale.

     2-bis. Al fine di ottenere un'offerta più conveniente e completa e di evitare contenziosi tra i soggetti interessati, le procedure di gara per l'affidamento del servizio includono appositi capitolati con la puntuale indicazione delle opere che il gestore incaricato deve realizzare durante la gestione del servizio.

     2-ter. L'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, come sostituito dal comma 4 dell'articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è soppresso.

 

     Art. 150. (scelta della forma di gestione e procedure di affidamento) [475]

     [1. [L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unitarietà della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267] [476].

     2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai princìpi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 257, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.

     3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

     4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.]

 

     Art. 151. (rapporti tra ente di governo dell'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato)

     1. Il rapporto tra l'ente di governo dell'ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato da una convenzione predisposta dall'ente di governo dell'ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico in relazione a quanto previsto dall'articolo 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e dall'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 [477].

     2. A tal fine, le convenzioni tipo, con relativi disciplinari, devono prevedere in particolare [478]:

     a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:

     b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;

     b-bis) le opere da realizzare durante la gestione del servizio come individuate dal bando di gara [479];

     c) l'obbligo del raggiungimento e gli strumenti per assicurare il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione [480];

     d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

     e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall'ente di governo dell'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;

     f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;

     g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;

     h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;

     i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'ente di governo dell'ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;

     l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'ente di governo dell'ambito del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;

     m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione, nonchè la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell'affidamento, anche tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 143 e 158 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed i criteri e le modalità per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente [481];

     n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;

     o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;

     p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.

     3. Sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1 o, in mancanza di questa, sulla base della normativa vigente, l'ente di governo dell'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati della procedura di gara. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2, secondo le modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico [482].

     4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.

     5. L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

     6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

     7. [L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'ente di governo dell'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale] [483].

     8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci percento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.

 

     Art. 152. (poteri di controllo e sostitutivi)

     1. L'ente di governo dell'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

     2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'ente di governo dell'ambito interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l'ente di governo dell'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

     3. Qualora l'ente di governo dell'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario "ad acta".

     4. L'ente di governo dell'ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione.

 

     Art. 153. (dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)

     1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare. Gli enti locali proprietari provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione. Nelle ipotesi di cui all'articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza dell'affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell'articolo 172. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale [484].

     2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica. Il gestore è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli, ed a corrispondere al gestore uscente un valore di rimborso definito secondo i criteri stabiliti dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico [485].

 

     Art. 154. (tariffa del servizio idrico integrato)

     1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, [dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito] e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo [486].

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.

     3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente al principio "chi inquina paga", e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale [487].

     3-bis. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della transizione ecologica, sono definiti i criteri per incentivare l'uso sostenibile dell'acqua in agricoltura, e per sostenere l'uso del Sistema Informativo Nazionale per la Gestione delle Risorse Idriche in Agricoltura (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e di autoapprovvigionamento, sentite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano [488].

     4. Il soggetto competente, al fine della redazione del piano economico- finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera d), predispone la tariffa di base, nell'osservanza del metodo tariffario di cui all'articolo 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e la trasmette per l'approvazione all'Autorità per l'energia elettrica e il gas [489].

     5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

     6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

     7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato,

 

     Art. 155. (tariffa del servizio di fognatura e depurazione)

     1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'ente di governo dell'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'ente di governo dell'ambito [490].

     2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

     3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

     4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

     5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'ente di governo dell'ambito.

     6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.

 

     Art. 156. (riscossione della tariffa)

     1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione, in base a quanto stabilito dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico [491].

     2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione [492].

     3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l'Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all'albo previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica [493].

 

     Art. 157. (opere di adeguamento del servizio idrico)

     1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'ente di governo dell'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.

 

     Art. 158. (opere e interventi per il trasferimento di acqua)

     1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.

     2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.

 

     Art. 158 bis. (Approvazione dei progetti degli interventi e individuazione dell'autorità espropriante). [494]

     1. I progetti definitivi delle opere, degli interventi previsti nei piani di investimenti compresi nei piani d'ambito di cui all'articolo 149 del presente decreto, sono approvati dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che provvedono alla convocazione di apposita conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. La medesima procedura si applica per le modifiche sostanziali delle medesime opere, interventi ed impianti.

     2. L'approvazione di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce titolo abilitativo e, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici. Qualora l'approvazione costituisca variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, tale variante deve essere coordinata con il piano di protezione civile secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 6, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

     3. L'ente di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1 costituisce autorità espropriante per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo. L'ente di governo può delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato, nell'ambito della convenzione di affidamento del servizio i cui estremi sono specificati in ogni atto del procedimento espropriativo.

 

TITOLO III

VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE

 

     Art. 159. (autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti) [495]

     [1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata "Autorità", con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto.

     2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione è composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato esecutivo è composto dal presidente dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, due su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla "Sezione per la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

     3. Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato esecutivo è l'organo deliberante dell'Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.

     4. L'organizzazione e il funzionamento, anche contabile, dell'Autorità sono disciplinati, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell'Autorità ed emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

     5. I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.

     6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche", tra i quali il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente ed i componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore e di componenti della "Sezione per la vigilanza sui rifiuti".

     7. L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono le incompatibilità di cui al comma 5 con le relative conseguenze previste. L'Autorità può richiedere ad altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica,

     8. I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.

     9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.

     10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

     11. L'Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi di attività e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     12. L'Autorità è rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato.]

 

     Art. 160. (compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza) [496]

     [1. Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo 159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.

     2. L'Autorità in particolare:

     a) assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;

     b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle reti e degli impianti;

     c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;

     d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;

     e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell'ambiente;

     f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che disciplinano la materia;

     g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;

     h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia all'autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;

     i) formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proposte di revisione della disciplina vigente, segnalando nei casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione;

     l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso delle risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;

     m) definisce, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti;

     n) esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall'articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

     o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a favore degli enti di governo dell'ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.

     3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:

     a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

     b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio di cui all'articolo 161;

     c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, degli enti di governo dell'ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;

     d) può intervenire, su istanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti degli enti di governo dell'ambito.

     4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio.]

 

     Art. 161. Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche [497]

     1. Il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche di cui al decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 284, articolo 1, comma 5, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 141, comma 2 del presente decreto legislativo, con particolare riferimento alla regolare determinazione ed al regolare adeguamento delle tariffe, nonchè alla tutela dell'interesse degli utenti.

     2. La Commissione è composta da cinque membri nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che durano in carica tre anni, due dei quali designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e tre, di cui uno con funzioni di presidente individuato con il medesimo decreto, scelti tra persone di elevata qualificazione giuridico-amministrativa o tecnico-scientifica, nel settore pubblico e privato, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere. Il presidente è scelto nell'ambito degli esperti con elevata qualificazione tecnico-scientifica. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare procede, con proprio decreto, alla nomina dei cinque componenti della Commissione, in modo da adeguare la composizione dell'organo alle prescrizioni di cui al presente comma. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di nomina dei nuovi componenti, lo svolgimento delle attività è garantito dai componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente disposizione [498].

     3. [I membri del Comitato durano in carica tre anni e non possono essere confermati]. I componenti non possono essere dipendenti di soggetti di diritto privato operanti nel settore, nè possono avere interessi diretti e indiretti nei medesimi; qualora siano dipendenti pubblici, essi sono collocati fuori ruolo o, se professori universitari, sono collocati in aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri del Comitato [499].

     4. Il Comitato, nell'ambito delle attività previste all'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, in particolare:

     a) predispone con delibera il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui all'articolo 154 e le modalità di revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

     b) verifica la corretta redazione del piano d'ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi tecnici ed economici e sulla necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra gli enti di governo dell'ambito e i gestori in particolare quando ciò sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti;

     c) predispone con delibera una o più convenzioni tipo di cui all'articolo 151, e la trasmette al Ministro per l'ambiente e per la tutela del territorio e del mare, che la adotta con proprio decreto sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

     d) emana direttive per la trasparenza della contabilità delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni;

     e) definisce i livelli minimi di qualità dei servizi da prestare, sentite le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori;

     f) controlla le modalità di erogazione dei servizi richiedendo informazioni e documentazioni ai gestori operanti nel settore idrico, anche al fine di individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionali dei servizi idrici;

     g) tutela e garantisce i diritti degli utenti emanando linee guida che indichino le misure idonee al fine di assicurare la parità di trattamento degli utenti, garantire la continuità della prestazione dei servizi e verificare periodicamente la qualità e l'efficacia delle prestazioni;

     h) predispone periodicamente rapporti relativi allo stato di organizzazione dei servizi al fine di consentire il confronto delle prestazioni dei gestori;

     i) esprime pareri in ordine a problemi specifici attinenti la qualità dei servizi e la tutela dei consumatori, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, delle regioni, degli enti locali, degli enti di governo dell'ambito, delle associazioni dei consumatori e di singoli utenti del servizio idrico integrato; per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente comma il Comitato promuove studi e ricerche di settore;

     l) predispone annualmente una relazione al parlamento sullo stato dei servizi idrici e sull'attività svolta.

     5. Per l'espletamento dei propri compiti e per lo svolgimento di funzioni ispettive, il Comitato si avvale della segreteria tecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261, articolo 3, comma 1, lettera o). Esso può richiedere di avvalersi, altresì, dell'attività ispettiva e di verifica dell'Osservatorio di cui al comma 6 e di altre amministrazioni.

     6. La Commissione svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi, in particolare, in materia di [500]:

     a) censimento dei soggetti gestori dei servizi idrici e relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;

     b) convenzioni e condizioni generali di contratto per l'esercizio dei servizi idrici;

     c) modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;

     d) livelli di qualità dei servizi erogati;

     e) tariffe applicate;

     f) piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

     6-bis. Le attività della Segreteria tecnica sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare [501].

     7. I soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono entro il 31 dicembre di ogni anno all'Osservatorio, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati e le informazioni di cui al comma 6. L'Osservatorio ha, altresì, facoltà di acquisire direttamente le notizie relative ai servizi idrici ai fini della proposizione innanzi agli organi giurisdizionali competenti, da parte del Comitato, dell'azione avverso gli atti posti in essere in violazione del presente decreto legislativo, nonchè dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e di risarcimento dei danni a tutela dei diritti dell'utente.

     8. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate per la tutela degli interessi degli utenti.

 

     Art. 162. (partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)

     1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.

     3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche.

 

     Art. 163. (gestione delle aree di salvaguardia)

     1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

     2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.

 

     Art. 164. (disciplina delle acque nelle aree protette)

     1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

     2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

 

     Art. 165. (controlli)

     1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

     2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.

     3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.

 

TITOLO IV

USI PRODUTTIVI DELLE RISORSE IDRICHE

 

     Art. 166. (usi delle acque irrigue e di bonifica)

     1.I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

     2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

     3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

     4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

     4-bis. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentiti i competenti istituti di ricerca, definisce, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 112 del presente decreto e dalla relativa disciplina di attuazione e anche considerati gli standard di qualità, di cui al decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, nonchè gli esiti delle indagini e delle attività effettuati ai sensi del medesimo decreto legislativo. Con il regolamento di cui al presente comma si provvede, altresì, alla verifica ed eventualmente alla modifica delle norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2003, n. 185 [502].

 

     Art. 166 bis. (Usi delle acque per approvvigionamento potabile) [503]

     1. I soggetti gestori del servizio idrico integrato, titolari delle concessioni per l'uso potabile delle acque, in riferimento alla risorsa idrica concessa per uso potabile e già sfruttata in canali o condotte esistenti, possono avanzare richiesta all'autorità competente per la produzione di energia idroelettrica all'interno dei medesimi sistemi idrici. L'autorità competente esprime la propria determinazione entro centoventi giorni, trascorsi i quali la domanda si intende accettata. Per tali usi i gestori sono obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 35 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

     2. Le caratteristiche costruttive degli impianti per le finalità di cui al comma 1 del presente articolo devono consentire lo sfruttamento delle infrastrutture idriche esistenti quali canali artificiali o condotte, senza incremento di portata derivata dal corpo idrico naturale e senza incremento del periodo in cui ha luogo il prelievo.

 

     Art. 167. (usi agricoli delle acque)

     1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

     2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

     3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.

     4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

     5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.

 

     Art. 168. (utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)

     1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:

     a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;

     b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;

     c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.

 

     Art. 169. (piani, studi e ricerche)

     1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

 

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 170. (norme transitorie)

     1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

     2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 3 65, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

     2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al titolo II della parte terza del presente decreto e della eventuale revisione della relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 3, dell'articolo 63 del presente decreto [504].

     3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:

     a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5,

     continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;

     b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1,

     continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;

     c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;

     d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;

     e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;

     f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

     g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

     h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3,

     continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;

     i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,

     all’affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2004;

     l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2,

     continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

     4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

     a) direttiva n. 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

     b) direttiva n. 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;

     c) direttiva n. 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

     d) direttiva n. 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

     e) direttiva n. 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;

     f) direttiva n. 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;

     g) direttiva n. 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

     h) direttiva n. 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;

     i) direttiva n. 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

     l) direttiva n. 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;

     m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva n. 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva n. 76/464/CEE;

     n) direttiva n. 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva n. 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva n. 76/464/CEE;

     o) direttiva n. 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

     p) direttiva n. 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

     q) direttiva n. 98/15/CE recante modifica della direttiva n. 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;

     r) direttiva n. 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

     5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.

     6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva n. 96/92/CE.

     7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

     8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

     9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.

     10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

     11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.

     12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 [505].

     13. [All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare] [506].

     14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

 

     Art. 171. (canoni per le utenze di acqua pubblica)

     1. Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

     a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;

     b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;

     c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;

     d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. II canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;

     e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;

     f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;

     g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

     2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.

 

     Art. 172. (gestioni esistenti)

     1. Gli enti di governo degli ambiti che non abbiano già provveduto alla redazione del Piano d'Ambito di cui all'articolo 149, ovvero non abbiano scelto la forma di gestione ed avviato la procedura di affidamento, sono tenuti, entro il termine perentorio del 30 settembre 2015, ad adottare i predetti provvedimenti disponendo l'affidamento del servizio al gestore unico con la conseguente decadenza degli affidamenti non conformi alla disciplina pro tempore vigente [507].

     2. Al fine di garantire il rispetto del principio di unicità della gestione all'interno dell'ambito territoriale ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, agli ulteriori soggetti operanti all'interno del medesimo ambito territoriale. Qualora detti soggetti gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege, il gestore del servizio idrico integrato subentra alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto [508].

     3. In sede di prima applicazione, al fine di garantire il conseguimento del principio di unicità della gestione all'interno dell'ambito territoriale ottimale, l'ente di governo dell'ambito, nel rispetto della normativa vigente e fuori dai casi di cui al comma 1, dispone l'affidamento al gestore unico di ambito ai sensi dell'articolo 149-bis alla scadenza di una o più gestioni esistenti nell'ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, il cui bacino complessivo affidato sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento. Il gestore unico così individuato subentra agli ulteriori soggetti che gestiscano il servizio in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarato cessato ex lege alla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Al fine di addivenire, nel più breve tempo possibile, all'affidamento del servizio al gestore unico di ambito, nelle more del raggiungimento della percentuale di cui al primo periodo, l'ente competente, nel rispetto della normativa vigente, alla scadenza delle gestioni esistenti nell'ambito territoriale tra quelle di cui al comma 2, ultimo periodo, i cui bacini affidati siano complessivamente inferiori al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento, dispone l'affidamento del relativo servizio per una durata in ogni caso non superiore a quella necessaria al raggiungimento di detta soglia, ovvero per una durata non superiore alla durata residua delle menzionate gestioni esistenti, la cui scadenza sia cronologicamente antecedente alle altre, ed il cui bacino affidato, sommato a quello delle gestioni oggetto di affidamento, sia almeno pari al 25 per cento della popolazione ricadente nell'ambito territoriale ottimale di riferimento [509].

     3-bis. Entro il 31 dicembre 2014 e, negli anni successivi, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico presenta alle Camere una relazione sul rispetto delle prescrizioni stabilite dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:

     a) a carico delle regioni, per la costituzione degli enti di governo dell'ambito;

     b) a carico degli enti di governo dell'ambito, per l'affidamento del servizio idrico integrato;

     c) a carico degli enti locali, in relazione alla partecipazione agli enti di governo dell'ambito e in merito all'affidamento in concessione d'uso gratuito delle infrastrutture del servizio idrico integrato ai gestori affidatari del servizio [510].

     4. Qualora l'ente di governo dell'ambito non provveda nei termini stabiliti agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 o, comunque, agli ulteriori adempimenti previsti dalla legge, il Presidente della regione esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali e avviando entro trenta giorni le procedure di affidamento. In tali ipotesi, i costi di funzionamento dell'ente di governo riconosciuti in tariffa sono posti pari a zero per tutta la durata temporale dell'esercizio dei poteri sostitutivi. Qualora il Presidente della regione non provveda nei termini così stabiliti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, entro i successivi trenta giorni, segnala l'inadempienza al Presidente del Consiglio dei ministri che nomina un commissario ad acta, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale [511].

     5. Alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione [512].

     6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.

 

     Art. 173. (personale)

     1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12,

     comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

 

     Art. 174. (disposizioni di attuazione e di esecuzione)

     1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva.

 

     Art. 175. (abrogazione di norme)

     1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

     a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

     b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;

     c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

     d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;

     e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;

     f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;

     g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;

     h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione,

     con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;

     i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24

     maggio 1988, n. 236;

     1) la legge 18 maggio 1989, n. 183;

     m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;

     n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

     o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;

     p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;

     q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;

     r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;

     s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

     t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;

     u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;

     v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione,

     con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;

     z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni,

     del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;

     aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

     bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;

     cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.

 

          Art. 176. (norma finale)

     1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

     2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

     3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

 

PARTE QUARTA

NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DI BONIFICA DEI SITI INQUINATI

 

TITOLO I [513]

GESTIONE DEI RIFIUTI

 

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

     Art. 177. (Campo di applicazione e finalità) [514]

     1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, così come modificata dalla direttiva (UE) 2018/851 prevedendo misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana, evitando o riducendo la produzione di rifiuti, gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia e l'efficienza che costituiscono elementi fondamentali per il passaggio a un'economia circolare e per assicurare la competitività a lungo termine dell'Unione [515].

     2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.

     3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

     4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

     a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonchè per la fauna e la flora;

     b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

     c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

     5. Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi da 1 a 4, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.

     6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.

     7. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

     8. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi del supporto tecnico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

     Art. 178. (Principi) [516]

     1. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto del principio di concorrenza nonchè del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonchè nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.

 

     Art. 178 bis. (Responsabilità estesa del produttore) [517]

     1. Al fine di rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, con uno o più decreti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, sono istituiti regimi di responsabilità estesa del produttore di cui all'articolo 183, comma 1, lettera g-bis) del presente decreto. Con il medesimo decreto sono definiti, per singolo regime di responsabilità estesa del produttore, i requisiti, nel rispetto dell'articolo 178-ter, e sono altresì determinate le misure che includono un sistema di restituzione dei prodotti dopo l'utilizzo e dei rifiuti derivanti dagli stessi nonchè la successiva gestione dei rifiuti, la responsabilità finanziaria per tali attività [518].

     2. Sono fatte salve le discipline di responsabilità estesa del produttore di cui al titolo II e al titolo III del presente decreto. La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all'articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici [519].

     3. I regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti con i decreti di cui al comma 1 prevedono misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti e dei loro componenti volta a ridurne gli impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti e tesa ad assicurare che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano secondo i criteri di priorità di cui all'articolo 179 e nel rispetto del comma 4 dell'articolo 177. Tali misure incoraggiano, tra l'altro, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e componenti dei prodotti adatti all'uso multiplo, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a essere preparati per il riutilizzo e riciclati per favorire la corretta attuazione della gerarchia dei rifiuti. Le misure tengono conto dell'impatto dell'intero ciclo di vita dei prodotti, della gerarchia dei rifiuti e, se del caso, della potenzialità di riciclaggio multiplo.

     4. I decreti di cui al comma 1:

     a) tengono conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonchè degli impatti complessivi sanitari, ambientali e sociali, rispettando l'esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno;

     b) disciplinano le eventuali modalità di riutilizzo dei prodotti nonchè di gestione dei rifiuti che ne derivano ed includono l'obbligo di mettere a disposizione del pubblico le informazioni relative alla modalità di riutilizzo e riciclo;

     c) prevedono specifici obblighi per gli aderenti al sistema.

     5. Nelle materie di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i regimi di responsabilità estesa del produttore sono istituiti e disciplinati, ai sensi del comma 1, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata.

 

     Art. 178 ter. (Requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore). [520]

     1. I regimi di responsabilità estesa del produttore rispettano i seguenti requisiti:

     a) definizione dei ruoli e delle responsabilità di tutti i pertinenti attori coinvolti nelle diverse filiere di riferimento, compresi i produttori che immettono prodotti sul mercato nazionale, le organizzazioni che attuano, per conto dei produttori di prodotti, gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa di questi ultimi, i gestori pubblici o privati di rifiuti, le autorità locali e, ove applicabile, gli operatori per il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo e le imprese dell'economia sociale;

     b) definizione in linea con la gerarchia dei rifiuti degli obiettivi di gestione dei rifiuti, volti a conseguire almeno gli obiettivi quantitativi rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore e per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente decreto ed alle direttive 94/62/CE, 2000/53/CE, 2006/66/CE e 2012/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e definiscono, ove opportuno, altri obiettivi quantitativi e/o qualitativi considerati rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore;

     c) adozione di un sistema di comunicazione delle informazioni relative ai prodotti immessi sul mercato e dei dati sulla raccolta e sul trattamento di rifiuti risultanti da tali prodotti, specificando i flussi dei materiali di rifiuto e di altri dati pertinenti ai fini della lettera b), da parte dei produttori, tramite il Registro di cui al comma 8;

     d) adempimento degli oneri amministrativi a carico dei produttori e importatori di prodotti, nel rispetto del principio di equità e proporzionalità in relazione alla quota di mercato e indipendentemente dalla loro provenienza;

     e) assicurazione che i produttori del prodotto garantiscano la corretta informazione agli utilizzatori del loro prodotto e ai detentori di rifiuti interessati dai regimi di responsabilità estesa del produttorecirca le misure di prevenzione dei rifiuti, i centri per il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo, i sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti e la prevenzione della dispersione dei rifiuti nonchè le misure per incentivare i detentori di rifiuti a conferire i rifiuti ai sistemi esistenti di raccolta differenziata, in particolare, se del caso, mediante incentivi economici.

     2. I regimi di responsabilità estesa assicurano:

     a) una copertura geografica della rete di raccolta dei rifiuti corrispondente alla copertura geografica della distribuzione dei prodotti, senza limitare la raccolta alle aree in cui la raccolta stessa e gestione dei rifiuti sono più proficue e fornendo un'adeguata disponibilità dei sistemi di raccolta dei rifiuti anche nelle zone più svantaggiate;

     b) idonei mezzi finanziari o mezzi finanziari e organizzativi per soddisfare gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore;

     c) meccanismi adeguati di autosorveglianza supportati da regolari verifiche indipendenti, e inviate al soggetto di cui al comma 4, per valutare:

     1. la loro gestione finanziaria, compreso il rispetto degli obblighi di cui al comma 3, lettere a) e b);

     2. la qualità dei dati raccolti e comunicati in conformità del comma 1, lettera c) e delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1013/2006;

     d) pubblicità delle informazioni sul conseguimento degli obiettivi di gestione dei rifiuti di cui al comma 1, lettera b), e, nel caso di adempimento collettivo degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore, informazioni altresì su:

     1. proprietà e membri;

     2. contributi finanziari versati da produttori di prodotti per unità venduta o per tonnellata di prodotto immessa sul mercato;

     3. procedura di selezione dei gestori di rifiuti.

     3. I produttori, in adempimento ai propri obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore, versano un contributo finanziario affinchè lo stesso:

     a) copra i seguenti costi per i prodotti che il produttore immette sul mercato nazionale:

     1) costi della raccolta differenziata di rifiuti e del loro successivo trasporto;

     2) costi della cernita e del trattamento necessario per raggiungere gli obiettivi dell'Unione in materia di gestione dei rifiuti tenendo conto degli introiti ricavati dal riutilizzo, dalla vendita dei rifiuti derivanti dai propri prodotti, dalla vendita delle materie prime secondarie ottenute dai propri prodotti e da cauzioni di deposito non reclamate;

     3) costi necessari a raggiungere altri traguardi e obiettivi di cui al comma 1, lettera b);

     4) costi di una congrua informazione agli utilizzatori dei prodotti e ai detentori di rifiuti a norma del comma 1, lettera e);

     5) costi della raccolta e della comunicazione dei dati a norma del comma 1, lettera c);

     b) nel caso di adempimento collettivo degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore, sia modulato, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, in particolare tenendo conto della loro durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità e della presenza di sostanze pericolose, adottando in tal modo un approccio basato sul ciclo di vita e in linea con gli obblighi fissati dalla pertinente normativa dell'Unione e, se del caso, sulla base di criteri armonizzati al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno;

     c) non superi i costi che sono necessari per fornire servizi di gestione dei rifiuti in modo efficiente in termini di costi. Tali costi sono stabiliti, sentita l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), in modo trasparente tra i soggetti interessati.

     4. La lettera a) di cui al comma 3 non si applica ai regimi di responsabilità estesa del produttore di cui alle direttive 2000/53/CE, 2006/66/CE e 2012/19/UE. Il principio della copertura finanziaria dei costi, così come declinato alla lettera a) del comma 3 può essere derogato, previa autorizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ove ricorra la necessità di garantire la corretta gestione dei rifiuti e la sostenibilità economica del regime di responsabilità estesa, a condizione che:

     a) nel caso di regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti con direttive europee, per raggiungere gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, i produttori di prodotti sostengano almeno l'80 per cento dei costi necessari;

     b) nel caso di regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti dopo il 4 luglio 2018 per raggiungere gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, i produttori di prodotti sostengano almeno l'80 per cento dei costi necessari;

     c) nel caso di regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima del 4 luglio 2018 per raggiungere gli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, i produttori sostengano almeno il 50 per cento dei costi necessari;

     d) e a condizione che i rimanenti costi siano sostenuti da produttori originali di rifiuti o distributori.

     5. La deroga non può essere utilizzata per ridurre la quota dei costi sostenuti dai produttori di prodotti nell'ambito dei regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima del 4 luglio 2018.

     6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita la funzione di vigilanza e controllo sul rispetto degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore e, in particolare:

     a) raccoglie in formato elettronico i dati di cui al comma 9 nel Registro nazionale di cui al comma 8 e ne verifica la correttezza e la provenienza;

     b) analizza i bilanci di esercizio ed effettua analisi comparative tra i diversi sistemi collettivi evidenziando eventuali anomalie;

     c) analizza la determinazione del contributo ambientale di cui al comma 3;

     d) controlla che vengano raggiunti gli obbiettivi previsti negli accordi di programma stipulati dai sistemi di gestione volti a favorire la prevenzione, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti e ne monitora l'attuazione;

     e) verifica la corretta attuazione delle previsioni del presente articolo e degli ulteriori requisiti di legge stabiliti per le diverse filiere per ciascun sistema istituito e per tutti i soggetti responsabili [521].

     7. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono definite le modalità di vigilanza e controllo di cui al comma 6.

     8. Al fine dello svolgimento della funzione di vigilanza e controllo di cui al comma 6, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è istituito il Registro nazionale dei produttori al quale i soggetti sottoposti ad un regime di responsabilità estesa del produttore sono tenuti ad iscriversi secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 7; in caso di produttori con sede legale in altro Stato Membro dell'Unione che immettono prodotti sul territorio nazionale, ai fini di adempiere agli obblighi derivanti dall'istituzione di un regime di responsabilità estesa, questi designano una persona giuridica o fisica stabilita sul territorio nazionale quale rappresentante autorizzato per l'adempimento degli obblighi e l'iscrizione al Registro.

     9. I soggetti di cui al comma 8 trasmettono al Registro, secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 7: i dati relativi all'immesso sul mercato nazionale dei propri prodotti e le modalità con cui intendono adempiere ai propri obblighi; i sistemi attraverso i quali i produttori adempiono ai propri obblighi, in forma individuale e associata, con statuto e annessa documentazione relativa al proprio progetto; entro il 31 maggio di ogni anno il bilancio in caso di sistemi collettivi, il rendiconto dell'attività di gestione in caso di sistemi individuali; entro il 31 maggio di ogni anno una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente contenente gli obiettivi raggiunti ovvero le ragioni che, eventualmente, impediscono il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo previsti e le relative soluzioni, le modalità di raccolta e di trattamento implementate, le voci di costo relative alle diverse operazioni di gestione, inclusa la prevenzione, i ricavi dalla commercializzazione dei materiali e dal riutilizzo e le entrate da contributo ambientale; entro il 30 settembre di ogni anno un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno successivo; entro il 31 maggio di ogni anno l'entità del contributo ambientale per l'anno successivo dettagliando le voci di costo che lo compongono [522].

 

     Art. 179. (Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti) [523]

     1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

     a) prevenzione;

     b) preparazione per il riutilizzo;

     c) riciclaggio;

     d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

     e) smaltimento.

     2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

     3. Con riferimento a flussi di rifiuti specifici è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall'ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia previsto nella pianificazione nazionale e regionale e consentito dall'autorità che rilascia l'autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte II o del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse [524].

     4. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente [525].

     5. [Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:

     a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;

     b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

     c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;

     d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

     e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia] [526].

     6. [Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia] [527].

     7. [Le pubbliche amministrazioni promuovono l'analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall'ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l'uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie] [528].

     8. [Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica] [529].

 

     Art. 180. (prevenzione della produzione di rifiuti) [530]

     1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione della produzione dei rifiuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, adotta il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti fissa idonei indicatori e obiettivi qualitativi e quantitativi per la valutazione dell'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti in esso stabilite.

     2. Fatte salve le misure già in essere, il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende misure che:

     a) promuovono e sostengono modelli di produzione e consumo sostenibili;

     b) incoraggiano la progettazione, la fabbricazione e l'uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, anche in termini di durata di vita e di assenza di obsolescenza programmata, scomponibili, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili nonchè l'utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione;

     c) riguardano prodotti che contengono materie prime critiche onde evitare che tali materie diventino rifiuti;

     d) incoraggiano il riutilizzo di prodotti e la creazione di sistemi che promuovono attività di riparazione e di riutilizzo, in particolare per le apparecchiature elettriche ed elettroniche, i tessili e i mobili, nonchè imballaggi e materiali e prodotti da costruzione;

     e) incoraggiano, se del caso e fatti salvi i diritti di proprietà intellettuale, la disponibilità di pezzi di ricambio, i manuali di istruzioni e di manutenzione, le informazioni tecniche o altri strumenti, attrezzature o software che consentano la riparazione e il riutilizzo dei prodotti senza comprometterne la qualità e la sicurezza;

     f) riducono la produzione di rifiuti nei processi inerenti alla produzione industriale, all'estrazione di minerali, all'industria manifatturiera, alla costruzione e alla demolizione, tenendo in considerazione le migliori tecniche disponibili;

     g) riducono la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione, nella vendita e in altre forme di distribuzione degli alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonchè nei nuclei domestici come contributo all'obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite di ridurre del 50 per cento i rifiuti alimentari globali pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatori e di ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento entro il 2030. Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende una specifica sezione dedicata al Programma di prevenzione dei rifiuti alimentari che favorisce l'impiego degli strumenti e delle misure finalizzate alla riduzione degli sprechi secondo le disposizioni di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166;

     h) incoraggiano la donazione di alimenti e altre forme di ridistribuzione per il consumo umano, dando priorità all'utilizzo umano rispetto ai mangimi e al ritrattamento per ottenere prodotti non alimentari;

     i) promuovono la riduzione del contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti, fatti salvi i requisiti giuridici armonizzati relativi a tali materiali e prodotti stabiliti a livello dell'Unione;

     l) riducono la produzione di rifiuti, in particolare dei rifiuti che non sono adatti alla preparazione per il riutilizzo o al riciclaggio;

     m) identificano i prodotti che sono le principali fonti della dispersione di rifiuti, in particolare negli ambienti terrestri e acquatici, e adottano le misure adeguate per prevenire e ridurre la dispersione di rifiuti da tali prodotti;

     n) mirano a porre fine alla dispersione di rifiuti in ambiente acquatico come contributo all'obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per prevenire e ridurre in modo significativo l'inquinamento acquatico di ogni tipo;

     o) sviluppano e supportano campagne di informazione per sensibilizzare alla riduzione della produzione dei rifiuti e alla prevenzione della loro dispersione.

     3. A decorrere dal 5 gennaio 2021, ogni fornitore di un articolo, quale definito al punto 33 dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, trasmette le informazioni di cui all'articolo 33, paragrafo 1, del suddetto regolamento all'Agenzia europea per le sostanze chimiche tramite il format e la modalità di trasmissione stabiliti dalla medesima Agenzia ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE. L'attività di controllo è esercitata in linea con gli accordi Stato-regioni in materia. Con successivo decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero della salute, sono stabilite le modalità di analisi dei dati trasmessi dai fornitori di articoli.

     4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare controlla e valuta l'attuazione delle misure di prevenzione di cui al comma 2.

     5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base della metodologia stabilita ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 7, della direttiva 2008/98/CE, valuta l'attuazione delle misure sul riutilizzo.

     6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali controllano e valutano l'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti alimentari, misurando i livelli di rifiuti alimentari sulla base della metodologia stabilita ai sensi dell'articolo 9, paragrafi 5 e 8, della direttiva 2008/98/CE.

 

     Art. 180 bis. (Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti) [531]

     [1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in:

     a) uso di strumenti economici;

     b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;

     c) adozione, nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all'articolo 2 del Ministro dell'ambiente e della trutela del territorio e del mare in data 11 aprile 2008, pubblicato nella G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008;

     d) definizione di obiettivi quantitativi;

     e) misure educative;

     f) promozione di accordi di programma.

     1-bis. Ai fini di cui al comma 1, i comuni possono individuare anche appositi spazi, presso i centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), per l'esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l'obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell'usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana [532].

     2. Con uno o più decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate. e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.

     3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.]

 

     Art. 181. (Preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti). [533]

     1. Nell'ambito delle rispettive competenze, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le Regioni, gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, o, laddove questi non siano stati costituiti, i Comuni, adottano modalità autorizzative semplificate nonchè le misure necessarie, comprese quelle relative alla realizzazione della raccolta differenziata, per promuovere la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio o altre operazioni di recupero, in particolare incoraggiando lo sviluppo di reti di operatori per facilitare le operazioni di preparazione per il riutilizzo e riparazione, agevolando, ove compatibile con la corretta gestione dei rifiuti, il loro accesso ai rifiuti adatti allo scopo, detenuti dai sistemi o dalle infrastrutture di raccolta, sempre che tali operazioni non siano svolte da parte degli stessi sistemi o infrastrutture.

     2. I regimi di responsabilità estesa del produttore adottano le misure necessarie per garantire la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di rispettiva competenza.

     3. Ove necessario per ottemperare al comma 1 e per facilitare o migliorare il recupero, gli operatori e gli enti competenti adottano le misure necessarie, prima o durante il recupero, laddove tecnicamente possibile, per eliminare le sostanze pericolose, le miscele e i componenti dai rifiuti pericolosi in vista della loro gestione conformemente alla gerarchia dei rifiuti ed alla tutela della salute umana e dell'ambiente.

     4. Al fine di rispettare le finalità del presente decreto e procedere verso un'economia circolare con un alto livello di efficienza delle risorse, le autorità competenti adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

     a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50 per cento in termini di peso;

     b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di riempimento che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso;

     c) entro il 2025, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 55 per cento in peso;

     d) entro il 2030, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 60 per cento in peso;

     e) entro il 2035, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani saranno aumentati almeno al 65 per cento in peso.

     5. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando, anche con strumenti economici, il principio di prossimità agli impianti di recupero.

     6. Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale ovvero i Comuni possono individuare appositi spazi, presso i centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), per l'esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Nei centri di raccolta possono altresì essere individuate apposite aree adibite al deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti destinati alla preparazione per il riutilizzo e alla raccolta di beni riutilizzabili. Nei centri di raccolta possono anche essere individuati spazi dedicati alla prevenzione della produzione di rifiuti, con l'obiettivo di consentire la raccolta di beni da destinare al riutilizzo, nel quadro di operazioni di intercettazione e schemi di filiera degli operatori professionali dell'usato autorizzati dagli enti locali e dalle aziende di igiene urbana.

 

     Art. 181 bis. Materie, sostanze e prodotti secondari [534]

     [1. Non rientrano nella definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni:

     a) siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;

     b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre;

     c) siano individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse;

     d) siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario;

     e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato.

     2. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l'ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008.

     3. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

     4. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 181-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 2, continua ad applicarsi la circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN.

     5. In caso di mancata adozione del decreto di cui al comma 2 nel termine previsto, il Consiglio dei Ministri provvede in sostituzione nei successivi novanta giorni, ferma restando l'applicazione del regime transitorio di cui al comma 4 del presente articolo.]

 

     Art. 182. (smaltimento dei rifiuti)

     1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

     2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell'ambito di attività di riciclaggio o di recupero [535].

     3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano [536].

     3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 [537].

     4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico [538].

     5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE [539].

     6. [Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3] [540].

     6-bis. Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10) [541].

     7. [Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE] [542].

     8. [È ammesso lo smaltimento della frazione biodegradabile ottenuta da trattamento di separazione fisica della frazione residua dei rifiuti solidi urbani nell'ambito degli impianti di depurazione delle acque reflue previa verifica tecnica degli impianti da parte dell'ente gestore] [543].

 

     Art. 182 bis. (Principi di autosufficienza e prossimità) [544]

     1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

     a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti derivanti dal loro trattamento in ambiti territoriali ottimali [545];

     b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

     c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

     2. Sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l'ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l'ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al periodo precedente, l'invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.

     3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione europea.

 

     Art. 182 ter. (Rifiuti organici) [546]

     1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano favoriscono, nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente, il riciclaggio, ivi compresi il compostaggio e la digestione dei rifiuti organici, in modo da rispettare un elevato livello di protezione dell'ambiente e che dia luogo ad un prodotto in uscita che soddisfi pertinenti standard di elevata qualità. L'utilizzo in agricoltura è consentito per i soli prodotti in uscita conformi alla normativa vigente sui fertilizzanti.

     2. Al fine di incrementarne il riciclaggio, entro il 31 dicembre 2021, i rifiuti organici sono differenziati e riciclati alla fonte, anche mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti.

     3. Le attività di compostaggio sul luogo di produzione comprendono oltre all'autocompostaggio anche il compostaggio di comunità realizzato secondo i criteri operativi e le procedure autorizzative da stabilirsi con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro della salute.

     4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli Enti di governo dell'ambito ed i Comuni, secondo le rispettive competenze, promuovono le attività di compostaggio sul luogo di produzione, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all'articolo 199 e la pianificazione urbanistica.

     5. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano promuovono la produzione e l'utilizzo di materiali ottenuti dal riciclaggio di rifiuti organici.

     6. I rifiuti anche di imballaggi, aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità rispetto ai rifiuti organici sono raccolti e riciclati assieme a questi ultimi, laddove:

     a) siano certificati conformi, da organismi accreditati, allo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi, o allo standard europeo EN14995 per i manufatti diversi dagli imballaggi se in materiale plastico, recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione [547];

     b) siano opportunamente etichettati e riportino, oltre alla menzione della conformità ai predetti standard europei, elementi identificativi del produttore e del certificatore nonchè idonee istruzioni per i consumatori di conferimento di tali rifiuti nel circuito di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti organici;

     c) [entro il 31 dicembre 2023 siano tracciati in maniera tale da poter essere distinti e separati dalle plastiche convenzionali nei comuni impianti di selezione dei rifiuti e negli impianti di riciclo organico] [548].

     7. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente disposizione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce livelli di qualità per la raccolta differenziata dei rifiuti organici e individua precisi criteri da applicare ai controlli di qualità delle raccolte nonchè degli impianti di riciclaggio di predetti rifiuti.

 

     Art. 183. (definizioni) [549]

     1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

     a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;

     b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto;

     b-bis) "rifiuto non pericoloso": rifiuto non contemplato dalla lettera b) [550];

     b-ter) "rifiuti urbani":

     1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

     2. i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies;

     3. i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;

     4. i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

     5. i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonchè i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;

     6. i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonchè gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5;

     6-bis. i rifiuti accidentalmente pescati nonchè quelli volontariamente raccolti, anche attraverso campagne di pulizia, in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune [551].

     b-quater) "rifiuti da costruzione e demolizione" i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione [552];

     b-quinquies) la definizione di rifiuti urbani di cui alla lettera b-ter) rileva ai fini degli obiettivi di preparazione per il riutilizzo e di riciclaggio nonchè delle relative norme di calcolo e non pregiudica la ripartizione delle responsabilità in materia di gestione dei rifiuti tra gli attori pubblici e privati [553];

     b-sexies) i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso e i rifiuti da costruzione e demolizione prodotti nell'ambito di attività di impresa [554];

     c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonchè gli oli usati per turbine e comandi idraulici;

     d) "rifiuti organici": rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, uffici, attività all'ingrosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell'industria alimentare [555];

     d-bis) "rifiuti alimentari": tutti gli alimenti di cui all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio che sono diventati rifiuti [556];

     d-ter) «rifiuti accidentalmente pescati»: rifiuti raccolti dalle reti durante le operazioni di pesca [557];

     e) “autocompostaggio”: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche e non domestiche, ai fini dell'utilizzo in sito del materiale prodotto [558];

     f) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore) [559];

     g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;

     g-bis) "regime di responsabilità estesa del produttore": le misure volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto [560];

     h) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;

     i) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;

     l) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;

     m) “prevenzione”: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:

     1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;

     2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;

     3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;

     n) "gestione dei rifiuti": la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonchè le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici o vulcanici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati [561];

     o) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera “mm”, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento [562];

     p) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;

     q) “preparazione per il riutilizzo": le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;

     r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;

     s) "trattamento": operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;

     t) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;

     t-bis) "recupero di materia": qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l'altro la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento [563];

     u) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia nè il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;

     u-bis) "riempimento": qualsiasi operazione di recupero in cui rifiuti non pericolosi idonei ai sensi della normativa UNI sono utilizzati a fini di ripristino in aree escavate o per scopi ingegneristici nei rimodellamenti morfologici. I rifiuti usati per il riempimento devono sostituire i materiali che non sono rifiuti, essere idonei ai fini summenzionati ed essere limitati alla quantità strettamente necessaria a perseguire tali fini [564];

     v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

     z) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L'Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;

     aa) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonchè le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;

     bb) "deposito temporaneo prima della raccolta": il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis [565];

     cc) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;

     dd) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;

     ee) "compost": prodotto ottenuto dal compostaggio, o da processi integrati di digestione anaerobica e compostaggio, dei rifiuti organici raccolti separatamente, di altri materiali organici non qualificati come rifiuti, di sottoprodotti e altri rifiuti a matrice organica che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dalla vigente normativa in tema di fertilizzanti e di compostaggio sul luogo di produzione [566];

     ff) “digestato di qualita da rifiuti”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali [567];

     gg) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1, lettera b);

     hh) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);

     ii) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, comma 1, lettera a);

     ll) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;

     mm) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

     nn) "migliori tecniche disponibili": le migliori tecniche disponibili quali definite all'articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;

     oo) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito ;

     pp) “circuito organizzato di raccolta”: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All'accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;

     qq) “sottoprodotto”: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2;

     qq-bis) "compostaggio di comunità": compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti [568];

     qq-ter) "compostaggio": trattamento biologico aerobico di degradazione e stabilizzazione, finalizzato alla produzione di compost dai rifiuti organici differenziati alla fonte, da altri materiali organici non qualificati come rifiuti, da sottoprodotti e da altri rifiuti a matrice organica previsti dalla disciplina nazionale in tema di fertilizzanti nonchè dalle disposizioni della parte quarta del presente decreto relative alla disciplina delle attività di compostaggio sul luogo di produzione [569].

 

     Art. 184. (classificazione)

     1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

     2. Sono rifiuti urbani i rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter) [570].

     3. Sono rifiuti speciali:

     a) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca;

     b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonchè i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;

     c) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2;

     d) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2;

     e) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2;

     f) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2;

     g) i rifiuti derivanti dall'attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonchè i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;

     h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter);

     i) i veicoli fuori uso [571].

     4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto [572].

     5. L'elenco dei rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L'inclusione di una sostanza o di un oggetto nell'elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all'articolo 183. La corretta attribuzione dei Codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle Linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare notifica immediatamente alla Commissione europea i casi di cui all'articolo 7 della direttiva 2008/98/CE e fornisce alla stessa tutte le informazioni pertinenti [573].

     5-bis. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro della salute, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate, nel rispetto delle norme dell'Unione europea e del presente decreto legislativo, le speciali procedure per la gestione, lo stoccaggio, la custodia, nonchè per l'autorizzazione e i nulla osta all'esercizio degli impianti per il trattamento dei rifiuti prodotti dai sistemi d'arma, dai mezzi, dai materiali e dalle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale, così come individuati con decreto del Ministro della difesa, compresi quelli per il trattamento e lo smaltimento delle acque reflue navali e oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle navi militari ausiliarie e del naviglio dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello Stato [574].

     5-bis.1. Presso ciascun poligono militare delle Forze armate è tenuto, sotto la responsabilità del comandante, il registro delle attività a fuoco. Nel registro sono annotati, immediatamente dopo la conclusione di ciascuna attività:

     a) l'arma o il sistema d'arma utilizzati;

     b) il munizionamento utilizzato;

     c) la data dello sparo e i luoghi di partenza e di arrivo dei proiettili [575].

     5-bis.2. Il registro di cui al comma 5-bis.1 è conservato per almeno dieci anni dalla data dell'ultima annotazione. Lo stesso è esibito agli organi di vigilanza e di controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, su richiesta degli stessi, per gli accertamenti di rispettiva competenza [576].

     5-bis.3. Entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, il direttore del poligono avvia le attività finalizzate al recupero dei residuati del munizionamento impiegato. Tali attività devono concludersi entro centottanta giorni al fine di assicurare i successivi adempimenti previsti dagli articoli 1 e seguenti del decreto del Ministro della difesa 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2010 [577].

     5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto [578].

     5-quater. L'obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all'articolo 193 e l'obbligo di tenuta dei registri di cui all'art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un'impresa che abbiano ottenuto l'autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216 [579].

 

     Art. 184 bis. (Sottoprodotto) [580]

     1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

     a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

     b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

     c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

     d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

     2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinchè specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti garantendo un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana favorendo, altresì, l'utilizzazione attenta e razionale delle risorse naturale dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria [581].

     2-bis. [Il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 10 agosto 2012, n. 161, adottato in attuazione delle previsioni di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, si applica solo alle terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d'impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il decreto di cui al periodo precedente non si applica comunque alle ipotesi disciplinate dall'articolo 109 del presente decreto] [582].

 

     Art. 184 ter. (Cessazione della qualifica di rifiuto) [583]

     1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni [584]:

     a) la sostanza o l'oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici [585];

     b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

     c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

     d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

     2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.

     3. In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori previo parere obbligatorio e vincolante dell'ISPRA o dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente, che includono:

     a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;

     b) processi e tecniche di trattamento consentiti;

     c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

     d) requisiti affinchè i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;

     e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

     In mancanza di criteri specifici adottati ai sensi del comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 [586].

     3-bis. Le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 3 comunicano all'ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante [587].

     3-ter. L'ISPRA o l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto controlla a campione, sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonchè alle condizioni di cui al comma 1, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione. [Il procedimento di controllo si conclude entro sessanta giorni dall'inizio della verifica. L'ISPRA o l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente delegata comunica entro quindici giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.] Al fine di assicurare l'armonizzazione, l'efficacia e l'omogeneità dei controlli di cui al presente comma sul territorio nazionale, si applicano gli articoli 4, comma 4, e 6 della legge 28 giugno 2016, n. 132 [588].

     3-quater. [Ricevuta la comunicazione di cui al comma 3-ter, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nei sessanta giorni successivi, adotta proprie conclusioni, motivando l'eventuale mancato recepimento degli esiti dell'istruttoria contenuti nella relazione di cui al comma 3-ter, e le trasmette all'autorità competente. L'autorità competente avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti, da parte del soggetto interessato, alle conclusioni di cui al presente comma, disponendo, in caso di mancato adeguamento, la revoca dell'autorizzazione e dando tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero medesimo. Resta salva la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare] [589].

     3-quinquies. [Decorsi centottanta giorni dalla comunicazione all'autorità competente, ove il procedimento di cui al comma 3-quater non risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3-quater. Al commissario non è dovuto alcun compenso per lo svolgimento delle funzioni attribuite ai sensi del presente comma e il medesimo commissario non ha diritto a gettoni, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati] [590].

     3-sexies. Con cadenza annuale, l'ISPRA redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno ai sensi del comma 3-ter e la comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 gennaio [591].

     3-septies. Al fine del rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate (RECER) concluse ai sensi del presente articolo. Le autorità competenti, al momento del rilascio, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati nonchè gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'inizio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo. Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le modalità di funzionamento e di organizzazione del registro di cui al presente comma. A far data dall'effettiva operatività del registro di cui al presente comma, la comunicazione di cui al comma 3-bis si intende assolta con la sola comunicazione al registro. Alle attività di cui al presente comma le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente [592].

     4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

     5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

     5-bis. La persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinchè il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al comma 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto [593].

 

     Art. 184 quater. (Utilizzo dei materiali di dragaggio). [594]

     1. I materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all'esito delle operazioni di recupero, che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione, soddisfano e sono utilizzati rispettando i seguenti requisiti e condizioni:

     a) non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta, con riferimento alla destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai requisiti tecnici di cui alla lettera b), secondo periodo;

     b) è certo il sito di destinazione e sono utilizzati direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le matrici ambientali interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in particolare non devono determinare emissioni nell'ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle che derivano dall'uso di prodotti e di materie prime per i quali è stata rilasciata l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto.

     2. Al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, i materiali di dragaggio destinati all'utilizzo in un sito devono essere sottoposti a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all'Allegato 3 del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L'autorità competente può derogare alle concentrazioni limite di cloruri e di solfati qualora i materiali di dragaggio siano destinati ad aree prospicenti il litorale e siano compatibili con i livelli di salinità del suolo e della falda.

     3. Il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformità da cui risultino, oltre ai dati del produttore, o del detentore e dell'utilizzatore, la tipologia e la quantità dei materiali oggetto di utilizzo, le attività di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalità di impiego previste e l'attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo. La dichiarazione di conformità è presentata all'autorità competente per il procedimento di recupero e all'ARPA nel cui territorio è localizzato il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell'inizio delle operazioni di conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di cui al presente articolo conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano.

     4. Entro trenta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di cui al comma 3, l'autorità competente per il procedimento di recupero verifica il rispetto dei requisiti e delle procedure disciplinate dal presente articolo e qualora rilevi difformità o violazioni degli stessi ordina il divieto di utilizzo dei materiali di cui al comma 1 che restano assoggettati al regime dei rifiuti.

     5. I materiali che cessano di essere rifiuti ai sensi dei commi 1 e 2 durante la movimentazione sono accompagnati dalla comunicazione di cui al comma 3 e dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286.

     5-bis. Al fine di promuovere investimenti a favore di progetti di economia circolare, di favorire l'innovazione tecnologica e di garantire la sicurezza del trasporto marittimo, le amministrazioni competenti possono autorizzare, previa caratterizzazione, eventualmente anche per singole frazioni granulometriche, dei materiali derivanti dall'escavo di fondali di aree portuali e marino-costiere condotta secondo la disciplina vigente in materia, di cui all'articolo 109 del presente decreto legislativo e all'articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, il riutilizzo dei predetti materiali in ambienti terrestri e marino-costieri anche per singola frazione granulometrica ottenuta a seguito di separazione con metodi fisici [595].

     5-ter. [Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sono adottate le norme tecniche che disciplinano le opzioni di riutilizzo dei sedimenti di dragaggio e di ogni loro singola frazione granulometrica secondo le migliori tecnologie disponibili] [596].

 

     Art. 185. (Esclusioni dall'ambito di applicazione) [597]

     1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

     a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera e il biossido di carbonio catturato e trasportato ai fini dello stoccaggio geologico e stoccato in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio [598];

     b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati [599];

     c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato, le ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all'interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente nè mettono in pericolo la salute umana [600];

     d) i rifiuti radioattivi;

     e) i materiali esplosivi in disuso, ad eccezione dei rifiuti prodotti dai materiali che hanno avuto contatto con materiale esplosivo e dei rifiuti da "articoli pirotecnici", intendendosi tali i rifiuti prodotti dall'accensione di pirotecnici di qualsiasi specie e gli articoli pirotecnici che abbiano cessato il periodo della loro validità, che siano in disuso o che non siano più idonei ad essere impiegati per il loro fine originario [601];

     f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente nè mettono in pericolo la salute umana, nonchè la posidonia spiaggiata, laddove reimmessa nel medesimo ambiente marino o riutilizzata a fini agronomici o in sostituzione di materie prime all'interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente nè mettono in pericolo la salute umana [602].

     2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

     a) le acque di scarico;

     b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

     c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;

     d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;

     d-bis) sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (CE) n. 767/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio e che non sono costituite nè contengono sottoprodotti di origine animale [603].

     3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall'ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all'interno di acque superficiali o nell'ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d'acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni [604].

     4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell'ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter [605].

     4-bis. I rifiuti provenienti da articoli pirotecnici in disuso e qualunque tipologia di rifiuto prodotto dai materiali che hanno avuto contatto con materiale esplosivo sono gestiti ai sensi del decreto ministeriale di cui all'articolo 34, comma 2, del decreto legislativo 29 luglio 2015, n. 123, e, in virtù della persistente capacità esplodente, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di pubblica sicurezza per le attività di detenzione in depositi intermedi e movimentazione dal luogo di deposito preliminare ai depositi intermedi o all'impianto di trattamento, secondo le vigenti normative sul trasporto di materiali esplosivi; il trattamento e recupero o/e distruzione mediante incenerimento sono svolti in impianti all'uopo autorizzati secondo le disposizioni di pubblica sicurezza [606].

     4-ter. Al fine di garantire il perseguimento delle finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando il recupero dei rifiuti da articoli pirotecnici, è fatto obbligo ai produttori e importatori di articoli pirotecnici di provvedere, singolarmente o in forma collettiva, alla gestione dei rifiuti derivanti dai loro prodotti immessi sul mercato nazionale, secondo i criteri direttivi di cui all'articolo 237 del presente decreto [607].

 

     Art. 185 bis. (Deposito temporaneo prima della raccolta). [608]

     1. Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:

     a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;

     b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;

     c) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonchè per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.

     2. Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle seguenti condizioni:

     a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

     b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

     c) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonchè, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

     d) nel rispetto delle norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.

     3. Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell'autorità competente.

 

     Art. 186. (terre e rocce da scavo) [609]

     [1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purchè [610]:

     a) siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti;

     b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo;

     c) l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;

     d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;

     e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;

     f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonchè la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;

     g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p).

     2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonchè i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purchè in ogni caso non superino i tre anni.

     3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonchè i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA).

     4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti nè a VIA nè a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonchè i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista.

     5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.

     6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4.

     7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonchè le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonchè sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.

     7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:

     a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali;

     b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;

     c) un miglioramento della percezione paesaggistica [611].

     7-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall'estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all'articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell'Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto [612].]

 

     Art. 187. (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi) [613]

     1. È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

     2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:

     a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto;

     b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;

     c) l'operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn).

     2-bis. Gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all'esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente articolo e dell'allegato G alla parte quarta del presente decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime [614].

     3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 177, comma 4.

     3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge [615].

 

     Art. 188. (Responsabilità della gestione dei rifiuti) [616]

     1. Il produttore iniziale, o altro detentore, di rifiuti provvede al loro trattamento direttamente ovvero mediante l'affidamento ad intermediario, o ad un commerciante o alla loro consegna a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto addetto alla raccolta o al trasporto dei rifiuti, pubblico o privato, nel rispetto della Parte IV del presente decreto.

     2. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale sono tenuti all'iscrizione all'Albo dei Gestori Ambientali di cui all'articolo 212 e conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti o a un centro di raccolta.

     3. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti nonchè dai detentori che si succedono a vario titolo nelle fasi del ciclo di gestione.

     4. La consegna dei rifiuti, ai fini del trattamento, dal produttore iniziale o dal detentore ad uno dei soggetti di cui al comma 1, non costituisce esclusione automatica della responsabilità rispetto alle operazioni di effettivo recupero o smaltimento. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1013/2006, la responsabilità del produttore o del detentore per il recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa nei seguenti casi:

     a) conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;

     b) conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore ovvero che alla scadenza di detto termine il produttore o detentore abbia provveduto a dare comunicazione alle autorità competenti della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti, con riferimento ai documenti previsti dal regolamento (CE) n. 1013/2006, tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla Regione o alla Provincia autonoma.

     5. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni intermedie di smaltimento, quali il raggruppamento, il ricondizionamento e il deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti è attribuita al soggetto che effettua dette operazioni. La disposizione di cui al presente comma si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, in cui sono definite, altresì, le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell'avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti, nonchè le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti [617].

 

     Art. 188 bis. (Sistema di tracciabilità dei rifiuti) [618]

     1. Il sistema di tracciabilità dei rifiuti si compone delle procedure e degli strumenti di tracciabilità dei rifiuti integrati nel Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti. Il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti è gestito direttamente dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con il supporto tecnico operativo dell'Albo nazionale dei gestori di cui all'articolo 212. Per consentire la lettura integrata dei dati, gli adempimenti relativi alle modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico e del formulario identificativo di trasporto dei rifiuti, di cui agli articoli 190 e 193, sono effettuati secondo le modalità dettate con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nonchè, per gli aspetti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con il decreto di cui al terzo periodo, sono determinati gli importi dovuti a titolo di diritti di segreteria e di contributo, da aggiornare ogni tre anni, nonchè le modalità di versamento [619].

     2. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse rispettivamente alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di tracciabilità dei rifiuti si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle finanze e, per quanto di competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

     3. Il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, collocato presso la competente struttura organizzativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è articolato in:

     a) una sezione Anagrafica, comprensiva dei dati dei soggetti iscritti e delle informazioni relative alle specifiche autorizzazioni rilasciate agli stessi per l'esercizio di attività inerenti alla gestione dei rifiuti;

     b) una sezione Tracciabilità, comprensiva dei dati ambientali relativi agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 e dei dati afferenti ai percorsi dei mezzi di trasporto nei casi stabiliti dal decreto di cui al comma 1.

     3-bis. Gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, i produttori di rifiuti pericolosi e gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti ed intermediari di rifiuti pericolosi, i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonchè, con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, sono tenuti ad iscriversi al Registro elettronico nazionale di cui al comma 3 del presente articolo [620].

     4. I decreti di cui ai commi 1 e 2 disciplinano anche l'organizzazione ed il funzionamento del sistema di tracciabilità di cui al presente articolo, consentendo il colloquio con i sistemi gestionali degli utenti, pubblici e privati, attraverso apposite interfacce, favorendo la semplificazione amministrativa, garantendo un periodo preliminare di sperimentazione e la sostenibilità dei costi a carico degli aderenti al sistema, disponendo in particolare:

     a) i modelli ed i formati relativi al registro di carico e scarico dei rifiuti ed al formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193 con l'indicazione altresì delle modalità di compilazione, vidimazione e tenuta in formato digitale degli stessi;

     b) le modalità di iscrizione al Registro elettronico nazionale, e relativi adempimenti, da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi, ai sensi del comma 3-bis, con la previsione di criteri di gradualità per la progressiva partecipazione degli operatori [621];

     c) il funzionamento del Registro elettronico nazionale, ivi incluse le modalità di trasmissione dei dati relativi ai documenti di cui alla lettera a), comprensivi dei dati di cui all'articolo 193, comma 1, lettera d), relativi ai percorsi dei mezzi di trasporto [622];

     d) le modalità per la condivisione dei dati del Registro elettronico con l'Istituto superiore per la ricerca ambientale (ISPRA) al fine del loro inserimento nel Catasto di cui all'articolo 189;

     e) le modalità di interoperabilità per l'acquisizione della documentazione di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006, nonchè le modalità di coordinamento tra le comunicazioni di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70 e gli adempimenti trasmessi al Registro elettronico nazionale;

     f) le modalità di svolgimento delle funzioni da parte dell'Albo nazionale indicate al comma 1;

     g) le modalità di accesso ai dati del Registro elettronico nazionale da parte degli organi di controllo;

     h) le modalità per la verifica e l'invio della comunicazione dell'avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti, di cui all'articolo 188, comma 5, nonchè le responsabilità da attribuire all'intermediario [623].

     5. Gli adempimenti relativi agli articoli 190 e 193 sono effettuati digitalmente da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi ai sensi del comma 3-bis del presente articolo; negli altri casi i suddetti adempimenti possono essere assolti mediante il formato cartaceo. In entrambi i casi la modulistica è scaricabile direttamente dal Registro elettronico nazionale [624].

     6. Al fine di garantire tempestivi adeguamenti dei modelli di cui alla lettera a) del comma 4, in caso di intervenute novità tecniche o operative, gli aggiornamenti sono adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di natura non regolamentare, sentiti i Ministri indicati al comma 1 e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano [625].

     6-bis. L'iscrizione al Registro elettronico nazionale comporta il versamento di un diritto di segreteria e di un contributo annuale, al fine di assicurare l'integrale copertura dei costi di funzionamento del sistema. Con i decreti di cui ai commi 1 e 2, sono determinati gli importi dovuti a titolo di diritti di segreteria e di contributo, da aggiornare ogni tre anni, nonchè le modalità di versamento. Agli oneri di funzionamento si provvede con i proventi derivanti dai diritti di segreteria e con il contributo annuale, che sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica [626].

     7. Fino all'entrata in vigore dei modelli contenuti nel decreto previsto al comma 1 continuano ad applicarsi i decreti del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145 e 1° aprile 1998, n. 148, recanti i modelli di registro di carico e scarico e di formulario di identificazione del rifiuto [627].

 

     Art. 188 ter. (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)) [628]

     [1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale compresi i vettori esteri che operano sul territorio nazionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi, inclusi i nuovi produttori che trattano o producono rifiuti pericolosi. Sono altresì tenuti ad aderire al SISTRI, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa navale o ferroviaria o dell'impresa che effettua il successivo trasporto. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità di applicazione a regime del SISTRI al trasporto intermodale [629].

     2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1 [630].

     3. Oltre a quanto previsto dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 aprile 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2014, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere specificate le categorie di soggetti di cui al comma 1 e sono individuate, nell'ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis [631].

     4. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania.

     5. [Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l'obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa, nonchè ai soggetti di cui al decreto previsto dall'articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonchè dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature] [632].

     6. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l'applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al regolamento 8CE) n. 1013/2006, e successive modificazioni, ivi compresa l'adozione di un sistema di interscambio di dati previsto dall'articolo 26, parafrafo 4, del predetto regolamento. Nelle more dell'adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.

     7. Con uno o più regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate.

     8. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell'interno, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

     9. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare potranno essere individuate modalità semplificate per l'iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

     10. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore è tenuto a procedere alla richiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall'accertamento della pericolosità dei rifiuti.]

 

     Art. 189. (Catasto dei rifiuti) [633]

     1. Il Catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ed in Sezioni regionali o delle Province autonome di Trento e Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle Province autonome per la protezione dell'ambiente. Le norme di organizzazione del Catasto sono emanate ed aggiornate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Sino all'emanazione del decreto di cui al secondo periodo continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 4 agosto 1998, n. 372.

     2. Il Catasto assicura, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, un quadro conoscitivo, completo e costantemente aggiornato, dei dati raccolti ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70 e mediante gli strumenti di tracciabilità di cui alla presente Parte IV, utilizzando la nomenclatura prevista dalla disciplina europea e nazionale di riferimento.

     3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, gli istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonchè le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività, dei materiali prodotti all'esito delle attività di recupero nonchè i dati relativi alle autorizzazioni ed alle comunicazioni inerenti le attività di gestione dei rifiuti. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8, nonchè, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

     4. Nel caso in cui i produttori di rifiuti speciali conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio, ovvero ad un circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera pp), previa apposita convenzione, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita.

     5. I soggetti responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:

     a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;

     b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;

     c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;

     d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonchè i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;

     e) i dati relativi alla raccolta differenziata;

     f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.

     6. La Sezione nazionale rende disponibili, entro trenta giorni dal ricevimento, alle Sezioni regionali e provinciali le banche dati trasmesse dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70. Le Sezioni regionali e provinciali provvedono all'elaborazione dei dati, secondo una metodologia condivisa ai sensi dell'articolo 4 della legge 28 giugno 2016, n. 132, ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale entro novanta giorni dal ricevimento, delle informazioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonchè gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio e ne assicura la pubblicità anche attraverso la pubblicazione di un rapporto annuale.

     7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.

     8. La Sezione nazionale del catasto dei rifiuti e il Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis, assicurano il coordinamento e la condivisione dei dati, anche al fine di consentire un'opportuna pubblicità alle informazioni.

     9. Il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, disciplina le modalità di coordinamento tra le comunicazioni al Catasto dei rifiuti e gli adempimenti trasmessi al Registro elettronico nazionale, garantendone la precompilazione automatica.

 

     Art. 190. (Registro cronologico di carico e scarico). [634]

     1. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonchè le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), ha l'obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono indicati per ogni tipologia di rifiuto la quantità prodotta o trattata, la natura e l'origine di tali rifiuti e la quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero nonchè, laddove previsto, gli estremi del formulario di identificazione di cui all'articolo 193 [635].

     2. Il modello di registro cronologico di carico e scarico è disciplinato con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1. Fino alla data di entrata in vigore dei modelli contenuti nel suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, nonchè le disposizioni relative alla numerazione e vidimazione dei registri da parte delle Camere di commercio territorialmente competenti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA [636].

     3. Le annotazioni di cui al comma 1, da riportare nel registro cronologico, sono effettuate:

     a) per i produttori di rifiuti, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo [637];

     b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino;

     c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino;

     d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

     4. I soggetti e le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234 e 236, possono adempiere all'obbligo di cui al comma 1 tramite analoghe evidenze documentali o gestionali [638].

     5. Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 1 gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8, nonchè, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

     6. Gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonchè i soggetti esercenti attività ricadenti nell'ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice EER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati ed i produttori di rifiuti pericolosi non rientranti in organizzazione di ente o impresa, quando obbligati alla tenuta del registro ai sensi del comma 1, possono adempiere all'obbligo con una delle seguenti modalità, che sono valide anche ai fini della comunicazione al catasto di cui all'articolo 189:

     a) con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione di cui all'articolo 193, comma 1, relativo al trasporto dei rifiuti o dei documenti sostitutivi previsti dall'articolo 193;

     b) con la conservazione per tre anni del documento di conferimento rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell'ambito del circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183 [639].

     7. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le venti tonnellate di rifiuti non pericolosi e le quattro tonnellate di rifiuti pericolosi, in luogo della tenuta in proprio dei registri di carico e scarico dei rifiuti, possono adempiere tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati con cadenza mensile, mantenendo presso la sede operativa dell'impresa copia delle annotazioni o, comunque, rendendola tempestivamente disponibile su richiesta degli organi di controllo.

     8. Per le attività di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono assolti anche tramite l'utilizzo dei registri IVA di acquisto e di vendita secondo le procedure e le modalità fissate dall'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modifiche.

     9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all'articolo 183 sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti.

     10. I registri sono tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, ovvero per le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto e per i commercianti e gli intermediari, presso la sede operativa. I registri, integrati con i formulari di cui all'articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti, sono conservati per tre anni dalla data dell'ultima registrazione. I registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica devono essere conservati a tempo indeterminato e consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione, alla chiusura dell'impianto. I registri relativi agli impianti dismessi o non presidiati possono essere tenuti presso la sede legale del soggetto che gestisce l'impianto.

     11. I registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di cui all'articolo 230 possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, così come definito dal medesimo articolo. Per rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'ARPA territorialmente competente ovvero al Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis.

     12. Le informazioni contenute nel registro sono utilizzate anche ai fini della comunicazione annuale al Catasto di cui all'articolo 189.

     13. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.

 

     Art. 191. (ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi)

     1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto, comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive dell'Unione europea, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Non è comunque consentito derogare alle disposizioni contenute nel codice dei contratti pubblici nell'ambito dell'affidamento di servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi [640].

     2. Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro sessanta giorni e, in caso di protrazione dell'inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini [641].

     3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.

     4. Le ordinanze di cui al comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini [642].

     5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione dell'Unione europea,

 

     Art. 192. (divieto di abbandono)

     1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

     2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

     3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

     4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.

 

     Art. 193. (Trasporto dei rifiuti). [643]

     1. Il trasporto dei rifiuti, eseguito da enti o imprese, è accompagnato da un formulario di identificazione (FIR) dal quale devono risultare i seguenti dati:

     a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;

     b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;

     c) impianto di destinazione;

     d) data e percorso dell'istradamento;

     e) nome ed indirizzo del destinatario.

     2. Con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, sono disciplinati il modello del formulario di identificazione del rifiuto e le modalità di numerazione, vidimazione, tenuta e trasmissione al Registro elettronico nazionale, con possibilità di scaricare dal medesimo Registro elettronico il formato cartaceo. Possono essere adottati modelli di formulario per particolari tipologie di rifiuti ovvero per particolari forme di raccolta.

     3. Fino alla data di entrata in vigore dei modelli contenuti nel decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, continuano ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145, nonchè le disposizioni relative alla numerazione e vidimazione dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti. La vidimazione dei formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria [644].

     4. Fino all'emanazione dei modelli contenuti nel decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, il formulario in formato cartaceo è redatto in quattro esemplari, compilati, datati e firmati dal produttore o detentore, sottoscritti altresì dal trasportatore; una copia deve rimanere presso il produttore o il detentore, le altre tre, sottoscritte e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al produttore o al detentore. La trasmissione della quarta copia può essere sostituita dall'invio mediante posta elettronica certificata sempre che il trasportatore assicuri la conservazione del documento originale ovvero provveda, successivamente, all'invio dello stesso al produttore. Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni [645].

     5. Fino alla data di entrata in vigore dei modelli contenuti nel decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, in alternativa alle modalità di vidimazione di cui al comma 3, il formulario di identificazione del rifiuto è prodotto in format esemplare, conforme al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145, identificato da un numero univoco, tramite apposita applicazione raggiungibile attraverso i portali istituzionali delle Camere di Commercio, da stamparsi e compilarsi in duplice copia. La medesima applicazione rende disponibile, a coloro che utilizzano propri sistemi gestionali per la compilazione dei formulari, un accesso dedicato al servizio anche in modalità telematica al fine di consentire l'apposizione del codice univoco su ciascun formulario. Una copia rimane presso il produttore e l'altra accompagna il rifiuto fino a destinazione. Il trasportatore trattiene una fotocopia del formulario compilato in tutte le sue parti. Gli altri soggetti coinvolti ricevono una fotocopia del formulario completa in tutte le sue parti. Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni [646].

     6. Durante la raccolta e il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità a tutte le norme vigenti in materia, comprese, in particolare, le disposizioni in materia di trasporto di merci pericolose su strada e quelle di pubblica sicurezza [647].

     7. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani ai centri di raccolta di cui all'articolo 183, effettuato dal produttore iniziale degli stessi; al soggetto che gestisce il servizio pubblico; ai trasporti di rifiuti speciali non pericolosi, effettuati dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario. Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti effettuati per non più di cinque volte l'anno, che non eccedano la quantità giornaliera di trenta chilogrammi o di trenta litri.

     8. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano altresì al trasporto di rifiuti speciali di cui all'articolo 184, comma 3, lettera a), effettuato dal produttore in modo occasionale e saltuario, come definito al comma 7, per il conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta, ovvero al circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera pp), con i quali sia stata stipulata apposita convenzione.

     9. Per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, il formulario di cui al presente articolo è sostituito dai documenti previsti dall'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

     10. Il formulario di identificazione di cui al comma 1, con riguardo all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, può sostituire il documento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 e successive modificazioni, a condizione che siano espressamente riportate in maniera chiara e leggibile le specifiche informazioni di cui all'allegato III A del citato decreto legislativo n. 99 del 1992, nonchè le sottoscrizioni richieste, ancorchè non previste nel modello del formulario.

     11. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della Parte quarta del presente decreto e non necessita di formulario di identificazione.

     12. La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla medesima azienda agricola, ancorchè effettuati percorrendo la pubblica via, non è considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato da elementi oggettivi ed univoci che sia finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo e la distanza fra i fondi non sia superiore a quindici chilometri; non è altresì considerata trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata dall'imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile dai propri fondi al sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa di cui è socio, ivi compresi i consorzi agrari, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.

     13. Il documento commerciale di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, per gli operatori soggetti all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190 sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1. Con il decreto di cui all'articolo 188-bis, comma 1, sono disciplinate le modalità di trasmissione al Registro elettronico nazionale (REN).

     14. La micro-raccolta, intesa come raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori, svolta con lo stesso automezzo, ovvero presso diverse unità locali dello stesso produttore, deve essere effettuata nel termine massimo di 48 ore; nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate tutte le tappe intermedie effettuate. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

     15. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonchè le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compresi quelli effettuati con cassoni e dispositivi scarrabili, o con altre carrozzerie mobili che proseguono il trasporto, non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, aa), purchè le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le 72 ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

     16. Il formulario di identificazione dei rifiuti di cui al comma 1 sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392 e la scheda di cui all'allegato IB del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008.

     17. Nella compilazione del formulario di identificazione, ogni operatore è responsabile delle informazioni inserite e sottoscritte nella parte di propria competenza. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili in base alla comune diligenza.

     18. Ferma restando la disciplina in merito all'attività sanitaria e relativi rifiuti prodotti, ai fini del deposito e del trasporto, i rifiuti provenienti da assistenza sanitaria svolta al di fuori delle strutture sanitarie di riferimento e da assistenza domiciliare si considerano prodotti presso l'unità locale, sede o domicilio dell'operatore che svolge tali attività. La movimentazione di quanto prodotto, dal luogo dell'intervento fino alla sede di chi lo ha svolto, non comporta l'obbligo di tenuta del formulario di identificazione del rifiuto e non necessita di iscrizione all'Albo ai sensi dell'articolo 212 [648].

     19. I rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili, ivi incluse le attività di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 82, si considerano prodotti presso l'unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività. Nel caso di quantitativi limitati che non giustificano l'allestimento di un deposito dove è svolta l'attività, il trasporto dal luogo di effettiva produzione alla sede, in alternativa al formulario di identificazione, è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

     20. Per le attività di cui all'articolo 230, commi 1 e 3, con riferimento alla movimentazione del materiale tolto d'opera prodotto, al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, lo stesso è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

 

     Art. 193 bis. (Trasporto intermodale). [649]

     1. Fermi restando gli obblighi in materia di tracciabilità e le eventuali responsabilità del trasportatore, dell'intermediario, nonchè degli altri soggetti ad esso equiparati per la violazione degli obblighi assunti nei confronti del produttore, il deposito di rifiuti nell'ambito di attività intermodale di carico e scarico, trasbordo e soste tecniche all'interno di porti, scali ferroviari, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci, effettuato da soggetti ai quali i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un'impresa navale o ferroviaria o che effettua il successivo trasporto, non rientra nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera aa), a condizione che non superi il termine finale di trenta giorni e che i rifiuti siano presi in carico per il successivo trasporto entro sei giorni dalla data d'inizio dell'attività di deposito.

     2. Nell'ipotesi in cui i rifiuti non siano presi in carico entro sei giorni dall'inizio dell'attività di deposito, il soggetto al quale i rifiuti sono affidati deve darne comunicazione formale, non oltre le successive 24 ore, all'autorità competente ed al produttore nonchè, se esistente, all'intermediario o al soggetto ad esso equiparato che ha organizzato il trasporto. Il produttore, entro i ventiquattro giorni successivi alla ricezione della comunicazione è tenuto a provvedere alla presa in carico dei rifiuti per il successivo trasporto ed alla corretta gestione dei rifiuti stessi [650].

     3. L'invio della comunicazione e la presa in carico dei rifiuti nel rispetto dei termini indicati al comma 2 escludono la responsabilità per attività di stoccaggio di rifiuti non autorizzato, ai sensi dell'articolo 256, fermo restando l'obbligo, per il soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico, di garantire che il deposito sia effettuato nel rispetto delle norme di tutela ambientale e sanitaria.

     4. Gli oneri sostenuti dal soggetto al quale i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un'impresa navale o ferroviaria o altra impresa per il successivo trasporto, sono posti a carico dei precedenti detentori e del produttore dei rifiuti, in solido tra loro.

 

     Art. 194. (Spedizioni transfrontaliere) [651]

     1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4.

     2. Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 del predetto regolamento.

     3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali di cui all'articolo 212. L'iscrizione all'Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 10 del medesimo articolo 212. [Le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli da imballaggio, devono allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell'autorità del Paese di destinazione dalla quale risulti che nella legislazione nazionale non vi siano norme ambientali meno rigorose di quelle previste dal diritto dell'Unione europea, ivi incluso un sistema di controllo sulle emissioni di gas serra, e che l'operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalla legislazione in materia di rifiuti del Paese di provenienza] [652].

     4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CE) n. 1013/2006 sono disciplinati:

     a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

     b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 29, del regolamento;

     c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2.

     5. Sino all'adozione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 3 settembre 1998, n. 370.

     6. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CE) n. 1013/2006:

     a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;

     b) l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

     c) corrispondente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 56 del regolamento (CE) 1013/2006 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonchè, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340. La comunicazione dei dati relativi alle spedizioni di rifiuti è effettuata in formato elettronico utilizzando la piattaforma elettronica messa a disposizione dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la quale garantisce l'interoperabilità con il Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis [653].

 

     Art. 194 bis. (Procedure semplificate per il recupero dei contributi dovuti per il SISTRI). [654]

     [1. Per il recupero dei contributi per il SISTRI dovuti e non corrisposti e delle richieste di rimborso o di conguaglio da parte di utenti del SISTRI, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto di natura non regolamentare, stabilisce procedure semplificate per la regolarizzazione della posizione contributiva degli utenti, anche mediante ravvedimento operoso, acquiescenza o accertamento concordato in contraddittorio.

     2. L'esperimento delle procedure di cui al presente articolo determina, all'esito della regolarizzazione della posizione contributiva, l'estinzione delle sanzioni per il mancato pagamento e non comporta l'obbligo di corrispondere interessi.

     3. Al contributo previsto dall'articolo 7 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 30 marzo 2016, n. 78, si applicano i termini di prescrizione ordinaria previsti dall'articolo 2946 del codice civile.]

 

CAPO II

COMPETENZE

 

     Art. 195. (competenze dello stato)

     1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:

     a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

     b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti [655];

     b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216 [656];

     b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energetico dei rifiuti [657];

     c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;

     d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi:

     e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;

     f) l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;

     g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;

     h) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti [658];

     i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203 [659];

     l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;

     m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi [660];

     n) la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti [661];

     o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità [662];

     p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;

     q) l'indicazione dei criteri generali, ivi inclusa l'emanazione di specifiche linee guida, per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani [663];

     r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale [664];

     s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);

     t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.

     2. Sono inoltre di competenza dello Stato:

     a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 177, comma 6 [665];

     b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;

     c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;

     d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;

     e) [la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani] [666];

     f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti [667];

     g) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo [668];

     h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti [669];

     i) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica [670];

     l) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonchè l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso [671];

     m) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a) [672];

     n) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto [673];

     o) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo29 aprile 2010, n. 75, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata [674];

     p) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire [675];

     q) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da università o istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori, al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata [676];

     r) l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di installazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disciplina [677];

     s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti [678];

     t) predisposizione di linee guida per l'individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE, e sue modificazioni [679];

     u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211 [680];

     v) predisposizione di linee guida per l'individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell'allegato D della parta quarta del presente decreto [681].

     3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui ai comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano [682].

     4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti.

     5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato.

     5-bis. Nelle more dell'esercizio da parte dello Stato delle competenze di cui al comma 2, lettere a) e g), le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono disciplinare comunque tali aspetti, con l'obbligo di adeguamento alle sopravvenute norme nazionali entro 6 mesi [683].

 

     Art. 196. (competenze delle regioni)

     1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'articolo 195:

     a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 199;

     b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;

     c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;

     d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera f), e di cui all'articolo 7, comma 4-bis;

     e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all'articolo 7, comma 4-bis [684];

     f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento (CEE) n. 259/93 del 1° febbraio 1993 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione;

     g) la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m), degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilali;

     h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera r):

     i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;

     l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;

     m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215, e 216, nel rispetto di linee guida elaborate ai sensi dell'articolo 195, comma 2, lettera b);

     n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell'articolo 195, comma 1, lettera p);

     o) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;

     p) l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. A tal fine i predetti soggetti inseriscono nei bandi di gara o di selezione per l'aggiudicazione apposite clausole di preferenza, a parità degli altri requisiti e condizioni. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203, e successive circolari di attuazione. Restano ferme, nel frattempo, le disposizioni regionali esistenti.

     2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

     3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche.

 

     Art. 197. (competenze delle province)

     1. In attuazione dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competonoin linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare [685]:

     a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;

     b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;

     c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;

     d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e l), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti [686].

     2. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.

     3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.

     4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.

     5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti [687].

     5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell'ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) [688].

     6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali.

 

     Art. 198. (competenze dei comuni)

     1. I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 [689].

     2. I comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d'ambito adottati ai sensi dell'articolo 201, comma 3, stabiliscono in particolare:

     a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;

     b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;

     c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi [690];

     d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'articolo 184, comma 2, lettera f);

     e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;

     f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;

     g) [l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d)] [691].

     2-bis. Le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani [692].

     3. I comuni sono tenuti a fornire alla regione, alla provincia ed alle Autorità d'ambito tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani da esse richieste.

     4. I comuni sono altresì tenuti ad esprimere il proprio parere in ordine all'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni.

 

CAPO III

SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI

 

     Art. 198 bis. (Programma nazionale per la gestione dei rifiuti). [693]

     1. Il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare predispone, con il supporto di ISPRA, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Il Programma nazionale è sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS, ai sensi dell'articolo 12 del presente decreto, ed è approvato, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare.

     2. Il Programma nazionale fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del presente decreto.

     3. Il Programma nazionale contiene:

     a) i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità, e fonte;

     b) la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione;

     c) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi stessi;

     d) l'indicazione dei criteri generali per l'individuazione di macroaree, definite tramite accordi tra Regioni ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità, anche relativamente agli impianti di recupero, in coordinamento con quanto previsto all'articolo 195, comma 1, lettera f);

     e) lo stato di attuazione in relazione al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell'Unione europea in relazione alla gestione dei rifiuti e l'individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi;

     f) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macroaree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale;

     g) l'individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l'economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo;

     h) la definizione di un Piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale in tema di rifiuti e di economica circolare;

     i) [il piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico, definito d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sulla base dell'istruttoria presentata da ciascuna Regione e Provincia autonoma] [694].

     4. Il Programma nazionale può, inoltre, contenere:

     a) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;

     b) la definizione di meccanismi vincolanti di solidarietà tra Regioni finalizzata alla gestione di eventuali emergenze.

     5. In sede di prima applicazione, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti è approvato entro 18 mesi dalla entrata in vigore della presente disposizione. Il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare aggiorna il Programma almeno ogni 6 anni, tenendo conto, tra l'altro, delle modifiche normative, organizzative e tecnologiche intervenute nello scenario nazionale e sovranazionale.

 

     Art. 199. (Piani regionali) [695]

     1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. L'approvazione dei piani regionali avviene tramite atto amministrativo e si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso gli uffici competenti sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate [696].

     2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l'analisi della gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l'efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonchè una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.

     3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

     a) l'indicazione del tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all'interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell'evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonchè la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall'articolo 205 [697];

     b) la ricognizione degli impianti di trattamento, smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi, rifiuti contenenti quantità importanti di materie prime critiche o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa unionale specifica [698];

     c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;

     d) informazioni sui criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;

     e) l'indicazione delle politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione [699];

     f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);

     g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonchè ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

     h) prevedono, per gli ambiti territoriali ottimali più meritevoli, un sistema di premialità tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente [700];

     i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;

     l) i criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, nonchè per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti [701];

     m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;

     n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani:

     o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;

     p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;

     q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

     r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all'art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate anche per la riduzione dei rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione e nel consumo. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori [702];

     r-bis) informazioni sulle misure volte a conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 5, paragrafo 3 bis), della direttiva 1999/31/CE o in altri documenti strategici che coprano l'intero territorio dello Stato membro interessato [703];

     r-ter) misure per contrastare e prevenire tutte le forme di dispersione di rifiuti e per rimuovere tutti i tipi di rifiuti dispersi [704];

     r-quater) l'analisi dei flussi derivanti da materiali da costruzione e demolizione nonchè, per i rifiuti contenenti amianto, idonee modalità di gestione e smaltimento nell'ambito regionale, allo scopo di evitare rischi sanitari e ambientali connessi all'abbandono incontrollato di tali rifiuti [705].

     4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell'area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

     a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;

     b) valutazione dell'utilità e dell'idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;

     c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

     5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.

     6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

     a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);

     b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;

     c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

     d) la stima degli oneri finanziari;

     e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

     6-bis. Costituisce altresì parte integrante del piano di gestione dei rifiuti il piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico. Il piano è redatto in conformità alle linee guida adottate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della transizione ecologica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano [706].

     7. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

     8. La regione approva o adegua il piano entro 18 mesi dalla pubblicazione del Programma Nazionale di cui all'articolo 198-bis, a meno che non siano già conformi nei contenuti o in grado di garantire comunque il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla normativa europea. In tale caso i piani sono adeguati in occasione della prima approvazione o aggiornamento ai sensi del comma 10. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti [707].

     9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell'approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.

     10. Le regioni per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell' aggiornamento del piano almeno ogni sei anni [708].

     11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esclusivamente tramite la piattaforma telematica MonitorPiani, l'adozione o la revisione dei piani di gestione e di altri piani regionali di gestione di specifiche tipologie di rifiuti, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea e comunicano periodicamente idonei indicatori e obiettivi qualitativi o quantitativi che diano evidenza dell'attuazione delle misure previste dai piani [709].

     12. Le regioni e le province autonome assicurano, attraverso propria deliberazione, la pubblicazione annuale nel proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei piani e programmi di cui al presente articolo [710].

     12-bis. L'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti è garantita almeno dalla fruibilità delle seguenti informazioni da comunicare esclusivamente tramite la piattaforma telematica di cui al comma 11, alla quale ISPRA avrà accesso per i dati di competenza:

     a) produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune;

     b) percentuale di raccolta differenziata totale e percentuale di rifiuti effettivamente riciclati;

     c) ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata e capacità tecnica delle piattaforme per il conferimento dei materiali raccolti in maniera differenziata, degli impianti di selezione del multimateriale, degli impianti di trattamento meccanico-biologico, degli impianti di compostaggio, di ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati e degli inceneritori e coinceneritori;

     d) per ogni impianto di trattamento meccanico-biologico e per ogni ulteriore tipo di impianto destinato al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso e quantità di prodotti in uscita, suddivisi per codice CER;

     e) per gli inceneritori e i coinceneritori, oltre a quanto previsto alla lettera c), quantità di rifiuti in ingresso, suddivisi per codice CER;

     f) per le discariche, ubicazione, proprietà, autorizzazioni, capacità volumetrica autorizzata, capacità volumetrica residua disponibile e quantità di materiale ricevuto suddiviso per codice CER, nonchè quantità di percolato prodotto;

     f-bis) per ogni impianto di recupero di materia autorizzato con i criteri di cui all'articolo 184-ter, ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata, quantità di rifiuti in ingresso e quantitativi di materia recuperata [711].

     13. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

     Art. 200. (organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani)

     1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

     a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

     b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

     c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;

     d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

     e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

     f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

     2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.

     3. Le regioni interessate, d'intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.

     4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

     5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.

     6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all'assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.

     7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195.

 

     Art. 201. (disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani) [712]

     1. Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

     2. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

     3. L'Autorità d'ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d'ambito in conformità a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.

     4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:

     a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;

     b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani prodotti all'interno dell'ATO.

     5. In ogni ambito:

     a) è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;

     b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.

     6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

 

     Art. 202. (affidamento del servizio)

     1. [L'Autorità d'ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia] [713].

     1-bis. L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) definisce entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione adeguati standard tecnici e qualitativi per lo svolgimento dell'attività di smaltimento e di recupero, procedendo alla verifica in ordine ai livelli minimi di qualità e alla copertura dei costi efficienti [714].

     1-ter. L'ARERA richiede agli operatori informazioni relative ai costi di gestione, alle caratteristiche dei flussi e a ogni altro elemento idoneo a monitorare le concrete modalità di svolgimento dell'attività di smaltimento e di recupero e la loro incidenza sui corrispettivi applicati all'utenza finale [715].

     2. I soggetti partecipanti alla gara devono formulare, con apposita relazione tecnico-illustrativa allegata all'offerta, proposte di miglioramento della gestione, di riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e di miglioramento dei fattori ambientali, proponendo un proprio piano di riduzione dei corrispettivi per la gestione al raggiungimento di obiettivi autonomamente definiti.

     3. Nella valutazione delle proposte si terrà conto, in particolare, del peso che graverà sull'utente sia in termini economici, sia di complessità delle operazioni a suo carico.

     4. Gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo servizio.

     5. I nuovi impianti vengono realizzati dal soggetto affidatario del servizio o direttamente, ai sensi dell'articolo 113, comma 5-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove sia in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, o mediante il ricorso alle procedure di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, ovvero secondo lo schema della finanza di progetto di cui agli articoli 37 -bis e seguenti della predetta legge n. 109 del 1994.

     6. Il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi comunali per la gestione dei rifiuti sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

 

     Art. 203. (schema tipo di contratto di servizio)

     1. I rapporti tra le Autorità d'ambito e i soggetti affidatari del servizio integrato sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, conformi ad uno schema tipo adottato dalle regioni in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o).

     2. Lo schema tipo prevede:

     a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio;

     b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;

     c) la durata dell'affidamento, comunque non inferiore a quindici anni;

     d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la gestione integrata del servizio;

     e) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio;

     f) i principi e le regole generali relativi alle attività ed alle tipologie di controllo, in relazione ai livelli del servizio ed al corrispettivo, le modalità, i termini e le procedure per lo svolgimento del controllo e le caratteristiche delle strutture organizzative all'uopo preposte;

     g) gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, informazioni e documenti del gestore e le relative sanzioni;

     h) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile, diversificate a seconda della tipologia di controllo;

     i) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

     l) la facoltà di riscatto secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902;

     m) l'obbligo di riconsegna delle opere, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali strumentali all'erogazione del servizio in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;

     n) idonee garanzie finanziarie e assicurative;

     o) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;

     p) l'obbligo di applicazione al personale, non dipendente da amministrazioni pubbliche, da parte del gestore del servizio integrato dei rifiuti, del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dell'igiene ambientale, stipulato dalle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative, anche in conformità a quanto previsto dalla normativa in materia attualmente vigente [716].

     3. Ai fini della definizione dei contenuti dello schema tipo di cui al comma 2, le Autorità d'ambito operano la ricognizione delle opere ed impianti esistenti, trasmettendo alla regione i relativi dati. Le Autorità d'ambito inoltre, ai medesimi fini, definiscono le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del presente decreto ed elaborano, sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un piano d'ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall'applicazione della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato.

 

     Art. 204. (gestioni esistenti)

     1. I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.

     2. In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi dall'entrata in vigore della medesima parte quarta.

     3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, il Presidente della Giunta regionale esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta" che avvia entro quarantacinque giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento [717].

     4. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni di cui al comma 1, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previste dalle rispettive convenzioni di affidamento.

 

     Art. 205. (misure per incrementare la raccolta differenziata)

     1. Fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis, in ogni ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero in ogni comune deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti [718]:

     a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;

     b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;

     c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012.

     1-bis. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al primo periodo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica di un accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, che stabilisca:

     a) le modalità attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;

     b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia;

     c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare [719].

     1-ter. L'accordo di programma di cui al comma precedente può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del presente decreto nonchè stabilire modalità di accertamento dell'adempimento degli obblighi assunti nell'ambito dell'accordo di programma e prevedere una disciplina per l'eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli accordi di programma di cui al presente articolo [720].

     2. [La frazione organica umida separata fisicamente dopo la raccolta e finalizzata al recupero complessivo tra materia ed energia, secondo i criteri dell'economicità, dell'efficacia, dell'efficienza e della trasparenza del sistema, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1] [721].

     3. Nel caso in cui, a livello di ambito territoriale ottimale se costituito, ovvero in ogni comune, non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del 20 per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni [722].

     3-bis. Al fine di favorire la raccolta differenziata di rifiuti urbani, la misura del tributo di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è modulata in base alla quota percentuale di superamento del livello di raccolta differenziata (RD), fatto salvo l'ammontare minimo fissato dal comma 29 dell'articolo 3 della medesima legge n. 549 del 1995, secondo la tabella seguente:

 

Superamento del livello di RD rispetto alla normativa statale

Riduzione del tributo

 

 

da 0,01 per cento fino alla percentuale inferiore al 10 per cento

30 per cento

 

 

10 per cento

40 per cento

15 per cento

50 per cento

20 per cento

60 per cento

25 per cento

70 per cento [723]

 

     3-ter. Per la determinazione del tributo si assume come riferimento il valore di RD raggiunto nell'anno precedente. Il grado di efficienza della RD è calcolato annualmente sulla base dei dati relativi a ciascun comune [724].

     3-quater. La regione, avvalendosi del supporto tecnico-scientifico del gestore del catasto regionale dei rifiuti o di altro organismo pubblico che già svolge tale attività, definisce, con apposita deliberazione, il metodo standard per calcolare e verificare le percentuali di RD dei rifiuti solidi urbani raggiunte in ogni comune, sulla base di linee guida definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La regione individua i formati, i termini e le modalità di rilevamento e trasmissione dei dati che i comuni sono tenuti a comunicare ai fini della certificazione della percentuale di RD raggiunta, nonchè le modalità di eventuale compensazione o di conguaglio dei versamenti effettuati in rapporto alle percentuali da applicare [725].

     3-quinquies. La trasmissione dei dati di cui al comma 3-quater è effettuata annualmente dai comuni attraverso l'adesione al sistema informatizzato adottato per la tenuta del catasto regionale dei rifiuti. L'omessa, incompleta o inesatta trasmissione dei dati determina l'esclusione del comune dall'applicazione della modulazione del tributo di cui al comma 3-bis [726].

     3-sexies. L'ARPA o l'organismo di cui al comma 3-quater provvede alla validazione dei dati raccolti e alla loro trasmissione alla regione, che stabilisce annualmente il livello di RD relativo a ciascun comune e a ciascun ambito territoriale ottimale, ai fini dell'applicazione del tributo [727].

     3-septies. L'addizionale di cui al comma 3 non si applica ai comuni che hanno ottenuto la deroga di cui al comma 1-bis oppure che hanno conseguito nell'anno di riferimento una produzione pro capite di rifiuti, come risultante dai dati forniti dal catasto regionale dei rifiuti, inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quella media dell'ambito territoriale ottimale di appartenenza, anche a seguito dell'attivazione di interventi di prevenzione della produzione di rifiuti [728].

     3-octies. L'addizionale di cui al comma 3 è dovuta alle regioni e affluisce in un apposito fondo regionale destinato a finanziare gli interventi di prevenzione della produzione di rifiuti previsti dai piani regionali di cui all'articolo 199, gli incentivi per l'acquisto di prodotti e materiali riciclati di cui agli articoli 206-quater e 206-quinquies, il cofinanziamento degli impianti e attività di informazione ai cittadini in materia di prevenzione e di raccolta differenziata [729].

     4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo B del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, vengono stabilite la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 e 2, nonché la nuova determinazione del coefficiente di correzione di cui all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.

     5. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 4 continua ad applicarsi la disciplina attuativa di cui all'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

     6. Fatti salvi gli obiettivi indicati all'articolo 181, comma 1, lettera a), la cui realizzazione è valutata secondo la metodologia scelta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi della decisione 2011/753/UE della Commissione, del 18 novembre 2011, le regioni tramite apposita legge, e previa intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e recupero [730].

     6-bis. I rifiuti raccolti in modo differenziato non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali che ne possano compromettere le operazioni di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di altre operazioni di recupero e non sono inceneriti, ad eccezione dei rifiuti derivanti da successive operazioni di trattamento dei rifiuti raccolti separatamente per i quali l'incenerimento produca il miglior risultato ambientale conformemente all'articolo 179 [731].

     6-ter. Alla disposizione di cui al comma 6-bis si può derogare nel caso di raccolta congiunta di più materiali purchè ciò sia economicamente sostenibile e non pregiudichi la possibilità che siano preparati per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero e offra, al termine di tali operazioni, un risultato di qualità comparabile a quello ottenuto mediante la raccolta differenziata delle singole frazioni [732].

     6-quater. La raccolta differenziata è effettuata almeno per la carta, i metalli, la plastica, il vetro, ove possibile per il legno, nonchè per i tessili entro il 1° gennaio 2022; per i rifiuti organici; per imballaggi, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili [733].

     6-quinquies. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove, previa consultazione con le associazioni di categoria, la demolizione selettiva, onde consentire la rimozione e il trattamento sicuro delle sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità, di quanto residua dalle attività di costruzione e demolizione tramite la rimozione selettiva dei materiali, nonchè garantire l'istituzione di sistemi di selezione dei rifiuti da costruzione e demolizione almeno per legno, frazioni minerali (cemento, mattoni, piastrelle e ceramica, pietre), metalli, vetro, plastica e gesso [734].

 

     Art. 205 bis. (Regole per il calcolo degli obiettivi). [735]

     1. Gli obiettivi di cui all'articolo 181 sono calcolati tramite:

     a) il peso dei rifiuti urbani prodotti e preparati per il riutilizzo o riciclati in un determinato anno civile;

     b) il peso dei rifiuti urbani preparati per il riutilizzo calcolato come il peso dei prodotti e dei componenti di prodotti che sono divenuti rifiuti urbani e sono stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, pulizia o riparazione per consentirne il riutilizzo senza ulteriore cernita o pretrattamento;

     c) il peso dei rifiuti urbani riciclati calcolato come il peso dei rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari per eliminare i materiali di scarto che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di alta qualità, sono immessi nell'operazione di riciclaggio con la quale sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze.

     2. Ai fini del comma 1, lettera c), il peso dei rifiuti urbani riciclati è misurato all'atto dell'immissione nell'operazione di riciclaggio.

     3. In deroga al comma 1, il peso dei rifiuti urbani riciclati può essere misurato in uscita dopo qualsiasi operazione di selezione a condizione che:

     a) tali rifiuti in uscita siano successivamente riciclati;

     b) il peso dei materiali o delle sostanze che sono rimossi con ulteriori operazioni, precedenti l'operazione di riciclaggio e che non sono successivamente riciclati, non sia incluso nel peso dei rifiuti comunicati come riciclati.

     4. Per calcolare se gli obiettivi di cui all'articolo 181, comma 4, lettere c), d) ed e), siano stati conseguiti, l'ISPRA tiene conto delle seguenti disposizioni:

     a) la quantità di rifiuti urbani biodegradabili raccolti in modo differenziato in ingresso agli impianti di trattamento aerobico o anaerobico è computata come riciclata se il trattamento produce compost, digestato o altro prodotto in uscita con analoga resa di contenuto riciclato rispetto all'apporto, destinato a essere utilizzato come prodotto, materiale o sostanza riciclati. Qualora il prodotto in uscita sia utilizzato sul terreno, lo stesso è computato come riciclato solo se il suo utilizzo comporta benefici per l'agricoltura o un miglioramento dell'ambiente;

     b) le quantità di materiali di rifiuto che hanno cessato di essere rifiuti prima di essere sottoposti ad ulteriore trattamento possono essere computati come riciclati a condizione che tali materiali siano destinati all'ottenimento di prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. I materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuti da utilizzare come combustibili o altri mezzi per produrre energia, o da incenerire, o da utilizzare in riempimenti o smaltiti in discarica, non sono computati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio;

     c) è possibile tener conto del riciclaggio dei metalli separati dopo l'incenerimento di rifiuti urbani, a condizione che i metalli riciclati soddisfino i criteri di qualità stabiliti con la decisione di esecuzione (UE) 2019/1004 della Commissione, del 7 giugno 2019;

     d) è possibile computare, ai fini degli obiettivi di cui all'articolo 181, comma 4, lettere a), b), c), d) ed e) i rifiuti raccolti ed inviati in un altro Stato membro per essere preparati per il riutilizzo, per essere riciclati o per operazioni di riempimento;

     e) è possibile computare i rifiuti esportati fuori dell'Unione per la preparazione per il riutilizzo o il riciclaggio soltanto se gli obblighi di cui all'articolo 188-bis sono soddisfatti e se, in conformità del regolamento (CE) n. 1013/2006, l'esportatore può provare che la spedizione di rifiuti è conforme agli obblighi di tale regolamento e il trattamento dei rifiuti al di fuori dell'Unione ha avuto luogo in condizioni che siano ampiamente equivalenti agli obblighi previsti dal pertinente diritto ambientale dell'Unione.

 

     Art. 206. (accordi, contratti di programma, incentivi) [736]

     1. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, con particolare riferimento alle piccole imprese, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto: a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti; b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e distributivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti; c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili; d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo; e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento; f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti; g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione; h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani; l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per: a) promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale di cui al regolamento (Cee) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001; b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.

     3. Gli accordi e i contratti di programma di cui al presente articolo non possono stabilire deroghe alla normativa comunitaria e possono prevedere semplificazioni amministrative [737].

     4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sono individuate le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e sono fissate le modalità di stipula dei medesimi.

     5. Ai sensi della comunicazione 2002/412 del 17 luglio 2002 della Commissione delle Comunità europee è inoltre possibile concludere accordi ambientali che la Commissione può utilizzare nell'ambito della autoregolamentazione, intesa come incoraggiamento o riconoscimento dei medesimi accordi, oppure della coregolamentazione, intesa come proposizione al legislatore di utilizzare gli accordi, quando opportuno.

 

     Art. 206 bis. Vigilanza e controllo in materia di gestione dei rifiuti [738]

     1. Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui alla parte quarta del presente decreto con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonchè alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

     a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio anche tramite audit nei confronti dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui ai Titoli I, II e III della parte quarta del presente decreto;

     b) provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento periodico di misure sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne la qualità e la riciclabilità, al fine di promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, la preparazione al riutilizzo, il riutilizzo, i sistemi di restituzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;

     c) analizza le relazioni annuali dei sistemi di gestione dei rifiuti di cui al Titolo II e al Titolo III della parte quarta del presente decreto, verificando le misure adottate e il raggiungimento degli obiettivi, rispetto ai target stabiliti dall'Unione europea e dalla normativa nazionale di settore, al fine di accertare il rispetto della responsabilità estesa del produttore da parte dei produttori e degli importatori di beni;

     d) provvede al riconoscimento dei sistemi autonomi di cui al Titolo II e al Titolo III della parte quarta del presente decreto;

     e) controlla il raggiungimento degli obiettivi previsti negli accordi di programma ai sensi dell'articolo 219-bis e ne monitora l'attuazione;

     f) verifica l'attuazione del Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 e, qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti, predispone lo stesso;

     g) effettua il monitoraggio dell'attuazione del Programma Nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all'articolo 180;

     h) verifica il funzionamento dei sistemi istituiti ai sensi degli articoli 178-bis e 178-ter, in relazione agli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore e al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall'Unione europea in materia di rifiuti [739].

     2. [L'Osservatorio nazionale sui rifiuti è composto da nove membri, scelti tra persone, esperte in materia di rifiuti, di elevata qualificazione giuridico/amministrativa e tecnico/scientifica nel settore pubblico e privato, nominati, nel rispetto del principio dell'equilibrio di genere, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui: a) tre designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di cui uno con funzione di Presidente; b) due designati dal Ministro dello sviluppo economico, di cui uno con funzioni di vice-presidente; c) uno designato dal Ministro della salute; d) uno designato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali; e) uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze; f) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni] [740].

     3. [La durata in carica dei componenti dell'Osservatorio è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90. Il trattamento economico dei componenti dell'Osservatorio è determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare] [741].

     4. Per l'espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo in materia di rifiuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale dell'ISPRA, a tal fine utilizzando le risorse di cui al comma 6 [742].

     4-bis. Al fine di rafforzare le attività di vigilanza e di controllo del funzionamento e dell'efficacia dei sistemi consortili e autonomi di gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui al presente articolo, è istituito presso il Ministero della transizione ecologica l'Organismo di vigilanza dei consorzi e dei sistemi autonomi per la gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi. L'Organismo di vigilanza è composto da due rappresentanti del Ministero della transizione ecologica, di cui uno con funzioni di Presidente, due rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, un rappresentante dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, un rappresentante dell'Associazione nazionale dei comuni italiani. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sono stabiliti le modalità di funzionamento dell'Organismo di vigilanza e i suoi obiettivi specifici. Le risultanze delle attività dell'Organismo di vigilanza sono pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della transizione ecologica entro il 30 aprile di ogni anno. Per il funzionamento dell'Organismo di vigilanza sono stanziati 50.000 euro per l'anno 2022 e 100.000 euro a decorrere dall'anno 2023. Ai componenti dell'Organismo di vigilanza non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati [743].

     5. [Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell'Osservatorio, nonchè gli enti e le agenzie di cui esso può avvalersi] [744].

     6. All'onere derivante dall'esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo di cui al comma 4 dell'articolo 178-ter e al presente articolo, pari a due milioni di euro, aggiornato annualmente al tasso di inflazione, provvedono, tramite contributi di pari importo complessivo, il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 224, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e i Consorzi di cui agli articoli 233, 234 e 236 nonchè quelli istituiti ai sensi degli articoli 227 e 228, e i sistemi di cui agli articoli 178-bis e 178-ter. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare con decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, determina l'entità del predetto onere da porre in capo ai Consorzi e soggetti predetti. Dette somme sono versate dal Consorzio Nazionale Imballaggi e dagli altri soggetti e Consorzi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e della finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare [745].

 

     Art. 206 ter. (Accordi e contratti di programma per incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). [746]

     1. Al fine di incentivare il risparmio e il riciclo di materiali attraverso il sostegno all'acquisto di prodotti derivanti da materiali riciclati post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, può stipulare appositi accordi e contratti di programma:

     a) con le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti;

     b) con enti pubblici;

     c) con soggetti pubblici o privati;

     d) con le associazioni di categoria, ivi comprese le associazioni di aziende che si occupano di riuso, preparazione al riutilizzo e riciclaggio;

     e) con associazioni senza fini di lucro, di promozione sociale nonchè con imprese artigiane e imprese individuali;

     f) con i soggetti incaricati di svolgere le attività connesse all'applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore.

     2. Gli accordi e i contratti di programma di cui al comma 1 hanno ad oggetto:

     a) l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali post consumo riciclati o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, con priorità per i beni provenienti dai rifiuti per i quali devono essere perseguiti obiettivi di raccolta e riciclo nel rispetto del presente decreto e della normativa dell'Unione europea, e l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di produzione e di preparazione dei materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi per il loro riutilizzo e di attività imprenditoriali di produzione e di commercializzazione di prodotti e componenti di prodotti reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;

     b) l'erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione di aggregati riciclati marcati CE e definiti secondo le norme UNI EN 13242:2013 e UNI EN 12620:2013, nonchè di prodotti derivanti da rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e da pneumatici fuori uso ovvero realizzati con i materiali plastici provenienti dal trattamento dei prodotti giunti a fine vita, così come definiti dalla norma UNI 10667-13:2013, dal post consumo o dal recupero degli scarti di produzione;

     c) l'erogazione di incentivi in favore dei soggetti economici e dei soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai materiali di cui alle lettere a) e b).

     3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua con decreto le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente da destinare, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi e ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2 e fissa le modalità di stipulazione dei medesimi accordi e contratti secondo criteri che privilegino prioritariamente le attività per il riutilizzo, la produzione o l'acquisto di beni riciclati utilizzati per la stessa finalità originaria e sistemi produttivi con il minor impatto ambientale rispetto ai metodi tradizionali.

 

     Art. 206 quater. (Incentivi per i prodotti derivanti da materiali post consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). [747]

     1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce con decreto il livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di materiale post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi di cui all'articolo 206-ter, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riciclando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti. La presenza delle percentuali di materiale riciclato e riciclato post consumo o derivante dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi può essere dimostrata tramite certificazioni di enti riconosciuti. Il medesimo decreto stabilisce gli strumenti e le misure di incentivazione per il commercio e per l'acquisto di prodotti e componenti di prodotti usati per favorire l'allungamento del ciclo di vita dei prodotti.

     2. Per l'acquisto e la commercializzazione di manufatti realizzati in materiali polimerici misti riciclati, l'incentivo erogato varia a seconda della categoria di prodotto, in base ai criteri e alle percentuali stabiliti dall'allegato L-bis alla presente parte.

     3. Gli incentivi di cui al comma 2 si applicano ai soli manufatti che impiegano materiali polimerici eterogenei da riciclo post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi in misura almeno pari alle percentuali indicate dall'allegato L-bis alla presente parte. Il contenuto di materiali polimerici eterogenei da riciclo nei manufatti di cui al presente comma deve essere garantito da idonea certificazione, sulla base della normativa vigente.

     4. Gli incentivi di cui al presente articolo possono essere fruiti nel rispetto delle regole in materia di aiuti di importanza minore concessi dagli Stati membri dell'Unione europea in favore di talune imprese o produzioni, di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013.

 

     Art. 206 quinquies. (Incentivi per l'acquisto e la commercializzazione di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi). [748]

     1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento che stabilisce i criteri e il livello di incentivo, anche di natura fiscale, per l'acquisto di manufatti che impiegano materiali post consumo riciclati o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi, ivi inclusi quelli provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti diversi dal materiale polimerico.

 

     Art. 206 sexies. (Azioni premianti l'utilizzo di prodotti che impiegano materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi negli interventi concernenti gli edifici scolastici, le pavimentazioni stradali e le barriere acustiche). [749]

     1. Le amministrazioni pubbliche, nelle more dell'adozione da parte delle regioni di specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi negli edifici scolastici, al fine di consentirne la piena fruibilità dal punto di vista acustico, prevedono, nelle gare d'appalto per l'incremento dell'efficienza energetica delle scuole e comunque per la loro ristrutturazione o costruzione, l'impiego di materiali e soluzioni progettuali idonei al raggiungimento dei valori indicati per i descrittori acustici dalla norma UNI 11367:2010 e dalla norma UNI 11532:2014. Nei bandi di gara sono previsti criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con il decreto di cui al comma 3 del presente articolo.

     2. Nelle gare d'appalto per la realizzazione di pavimentazioni stradali e barriere acustiche, anche ai fini dell'esecuzione degli interventi di risanamento acustico realizzati ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, le amministrazioni pubbliche e gli enti gestori delle infrastrutture prevedono criteri di valutazione delle offerte ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, con punteggi premianti per i prodotti contenenti materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi nelle percentuali fissate con i decreti di cui al comma 3 del presente articolo.

     3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con uno o più decreti, anche attraverso i decreti di attuazione del Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, definisce:

     a) l'entità dei punteggi premianti e le caratteristiche dei materiali che ne beneficeranno, quali quelli indicati all'articolo 206-ter, comma 2, lettera a), e quelli derivanti dall'utilizzo di polverino da pneumatici fuori uso;

     b) i descrittori acustici da tenere in considerazione nei bandi di gara e i relativi valori di riferimento;

     c) le percentuali minime di residui di produzione e di materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere assegnati i punteggi premianti, in considerazione sia della materia risparmiata sia del risparmio energetico ottenuto riutilizzando i materiali, tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti;

     d) i materiali post consumo o derivanti dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi che non possono essere utilizzati senza operazioni di pre-trattamento finalizzate a escludere effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana.

 

     Art. 207. (autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti) [750]

     [1. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti di cui all'articolo 159, di seguito d e nominata "Autorità", garantisce e vigila in merito all'osservanza dei principi ed al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta del presente decreto, con particolare riferimento all'efficienza, all'efficacia, all'economicità ed alla trasparenza del servizio.

     2. L'Autorità, oltre alle attribuzioni individuate dal presente articolo, subentra in tutte le altre competenze già assegnate dall'articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, all'Osservatorio nazionale sui rifiuti, il quale continua ad operare sino all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 4 dell'articolo 159 del presente decreto.

     3. La struttura e la composizione dell'Autorità sono disciplinate dall'articolo 159.

     4. L'autorità svolge le funzioni previste dall'articolo 160.

     5. Per l'espletamento dei propri compiti ed al fine di migliorare, incrementare ed adeguare agli standard europei, alle migliori tecnologie disponibili ed alle migliori pratiche ambientali gli interventi in materia di tutela delle acque interne, di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, nonché di aumentare l'efficienza di detti interventi anche sotto il profilo della capacità di utilizzare le risorse derivanti da cofinanziamenti, l'Autorità si avvale della Segreteria tecnica di cui all'articolo 1, comma 42, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente. Essa può avvalersi, altresì, di organi ed uffici ispettivi e di verifica di altre amministrazioni pubbliche.]

 

CAPO IV

AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI

 

     Art. 208. (autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti)

     1. I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.

     2. Per le installazioni di cui all'articolo 6, comma 13, l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione di cui al presente articolo. A tal fine, in relazione alle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti:

     a) ove un provvedimento di cui al presente articolo sia stato già emanato, la domanda di autorizzazione integrata ambientale ne riporta gli estremi;

     b) se l'istanza non riguarda esclusivamente il rinnovo o l'adeguamento dell'autorizzazione all'esercizio, prevedendo invece nuove realizzazioni o modifiche, la partecipazione alla conferenza di servizi di cui all'articolo 29-quater, comma 5, è estesa a tutti i partecipanti alla conferenza di servizio di cui all'articolo 208, comma 3;

     c) la Regione, o l'autorità da essa delegata, specifica in conferenza le garanzie finanziarie da richiedere ai sensi dell'articolo 208, comma 11, lettera g);

     d) i contenuti dell'AIA sono opportunamente integrati con gli elementi di cui all'articolo 208, comma 11;

     e) le garanzie finanziarie di cui all'articolo 208, comma 11, sono prestate a favore della Regione, o dell'autorità da essa delegata alla gestione della materia;

     f) la comunicazione di cui all'articolo 208, comma 18, è effettuata dall'amministrazione che rilascia l'autorizzazione integrata ambientale;

     g) la comunicazione di cui all'articolo 208, comma 19, è effettuata dal soggetto pubblico che accerta l'evento incidente [751].

     3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d'ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l'impianto, nonchè il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza [752].

     4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

     a) procede alla valutazione dei progetti;

     b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall'articolo 177, comma 4 [753];

     c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

     d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.

     5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

     6. Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori [754].

     7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.

     8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

     9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.

     10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 [755].

     11. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

     a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati [756];

     b) Per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato [757];

     c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare [758];

     d) la localizzazione dell'impianto autorizzato [759];

     e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione [760];

     f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie [761];

     g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 [762];

     h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;

     i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

     11-bis. Le autorizzazioni concernenti l'incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili [763].

     12. Salva l'applicazione dell'articolo 29-octies per le installazioni di cui all'articolo 6, comma 13, l'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990 [764].

     12-bis. Per impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti ricompresi in un'installazione di cui all'articolo 6, comma 13, il rinnovo, l'aggiornamento e il riesame dell'autorizzazione di cui al presente articolo sono disciplinati dal Titolo III-bis della Parte Seconda, previa estensione delle garanzie finanziarie già prestate [765].

     13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

     a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

     b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

     c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente [766].

     14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 193, comma 1, del presente decreto [767].

     15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno venti giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica [768].

     16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.

     17. Fatti salvi l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo prima della raccolta effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 185-bis [769].

     17-bis. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione competente al rilascio della stessa, al registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse (RECER), di cui al comma 3-septies dell'articolo 184-ter, interoperabile con il Catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189 e secondo gli standard concordati con ISPRA, accessibile al pubblico, indicando i seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

     a) ragione sociale;

     b) sede legale dell'impresa autorizzata;

     c) sede dell'impianto autorizzato;

     d) attività di gestione autorizzata;

     e) i rifiuti oggetto dell'attività di gestione;

     f) quantità autorizzate;

     g) scadenza dell'autorizzazione [770].

     17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma 17-bis deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse (RECER) secondo standard condivisi [771].

     18. In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all'articolo 189 [772].

     19. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata [773].

     19-bis. Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell'ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani [774].

     20. [Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata] [775].

 

     Art. 209. (rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale)

     1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit, che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001, possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 [776].

     2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.

     3. L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatone di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

     4. L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.

     5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.

     6. Resta ferma l'applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo [777].

     7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica [778].

     7-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 7 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi [779].

 

     Art. 210. (autorizzazioni in ipotesi particolari) [780]

     [1. Coloro che alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto non abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione alla gestione dell'impianto, ovvero intendano, comunque, richiedere una modifica dell'autorizzazione alla gestione di cui sono in possesso, ovvero ne richiedano il rinnovo presentano domanda alla regione competente per territorio, che si pronuncia entro novanta giorni dall'istanza. La procedura di cui al presente comma si applica anche a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività. Ove la nuova attività di recupero o di smaltimento sia sottoposta a valutazione di impatto ambientale, si applicano le disposizioni previste dalla parte seconda del presente decreto per le modifiche sostanziali.

     2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

     3. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

     a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;

     b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto alla nuova forma di gestione richiesta;

     c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;

     d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;

     e) il metodo di trattamento e di recupero;

     f) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico;

     g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;

     h) le garanzie finanziarie, ove previste dalla normativa vigente, o altre equivalenti; tali garanzie sono in ogni caso ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

     l) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità a quanto previsto dall'articolo 208, comma 12.

     4. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

     a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

     b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

     c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente [781].

     5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 183, comma 1, lettera m), che è soggetto unicamente agli adempimenti relativi al registro di carico e scarico di cui all'articolo 190 ed al divieto di miscelazione di cui all'articolo 187. [La medesima esclusione opera anche quando l'attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore all'affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all'articolo 188, comma 3. In tal caso le annotazioni sia da parte del produttore che dell'affidatario del deposito temporaneo debbono essere effettuate entro ventiquattro ore [782]].

     6. Per i rifiuti in aree portuali e per le operazioni di imbarco e sbarco in caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti si applica quanto previsto dall'articolo 208, comma 14.

     7. Per gli impianti mobili, di cui all'articolo 208, comma 15, si applicano le disposizioni ivi previste.

     8. Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento relativo al rilascio dell'autorizzazione entro i termini previsti dal comma 1, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

     9. Le autorizzazioni di cui al presente articolo devono essere comunicate, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.]

 

     Art. 211. (autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione)

     1. I termini di cui all'articolo 208 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni [783]:

     a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;

     b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

     2. ha durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni.

     3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.

     4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca [784].

     5. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all'ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 16, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica [785].

     5-bis. La comunicazione dei dati di cui al comma 5 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi [786].

 

     Art. 212. (albo nazionale gestori ambientali)

     1. È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.

     2. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:

     a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui uno con funzioni di Presidente;

     b) uno dal Ministro dello sviluppo economico, con funzioni di vice-Presidente;

     c) uno dal Ministro della salute;

     d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze

     e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

     f) uno dal Ministro dell'interno;

     g) tre dalle regioni;

     h) uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;

     i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente [787].

     3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono composte;

     a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;

     b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;

     c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;

     d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

     e) [da due esperti designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche] [788];

     f) [da due esperti designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative] [789].

     4. [Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato nazionale e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all'articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente, del comma 2, lettera 1), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16] [790].

     5. L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali,i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza [791].

     6. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita allo svolgimento delle attività medesime [792].

     7. Gli enti e le imprese iscritte all'Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall'obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte [793].

     8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonchè i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) l'avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione [794].

     9. Le imprese tenute ad aderire al sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis, procedono all'iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti istituito ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, attraverso la piattaforma telematica dell'Albo nazionale gestori ambientali, che fornisce mediante le Sezioni regionali e provinciali il necessario supporto tecnico operativo, ed assicura la gestione dei rapporti con l'utenza e la riscossione dei contributi [795].

     10. L'iscrizione all'Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l'attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 8 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 1997, come modificato dal decreto del Ministro dell'ambiente in data 23 aprile 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 26 giugno 1999 [796].

     11. Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001 [797].

     12. Sono iscritti all'Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell'ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa ferroviaria o navale o dell'impresa che effettua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, è delegato dall'armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie [798].

     13. L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonchè l'accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale [799].

     14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo [800].

     15. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione. Fino all'adozione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406, e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell'Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:

     a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

     b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);

     c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;

     d) ridefinizione dei diritti annuali d'iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali;

     e) interconnessione e interoperabilità con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;

     f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell'Albo e delle cause di cancellazione dell'iscrizione;

     g) definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico [801].

     16. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti [802].

     17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino all'adozione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 29 dicembre 1993, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente in data 13 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1° marzo 1995. Le somme di cui all'articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell'ambiente 29 in data dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell'entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al Capitolo 7083 (spesa corrente funzionamento registro) dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare [803].

     18. I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell'Albo e delle Sezioni regionali dell'Albo sono determinati ai sensi dell'articolo 7, comma 5, del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, 406 [804].

     19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo [805].

     19-bis. Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all'interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l'impresa ai fini del conferimento degli stessi nell'ambito del circuito organizzato di raccolta di cui alla lettera pp) del comma 1 dell'articolo 183 [806].

     20. [Le imprese iscritte all'Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5 sono esentate dall'obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216 ed effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte] [807].

     21. [Alla comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le attività di cui al comma 18 a seguito di comunicazione corredata da documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all'articolo 256, comma 1] [808].

     22. [I soggetti firmatari degli accordi e contratti di programma previsti dall'articolo 181 e dall'articolo 206 sono iscritti presso un'apposita sezione dell'Albo, a seguito di semplice richiesta scritta e senza essere sottoposti alle garanzie finanziarie di cui ai commi 8 e 9] [809].

     23. [Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell'impresa consultabili dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i criteri fissati dal predetto decreto. Le Amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell'autorizzazione, la ragione sociale dell'impresa autorizzata, l'attività per la quale viene rilasciata l'autorizzazione, i rifiuti oggetto dell'attività di gestione, la scadenza dell'autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell'autorizzazione stessa. Nel caso di ritardo dell'Amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio dell'autorizzazione, l'impresa interessata può inoltrare copia autentica del provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l'inserimento nei registri] [810].

     24. [Le imprese che effettuano attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi nel luogo di produzione dei rifiuti stessi ai sensi dell'articolo 215 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo] [811].

     25. [Le imprese che svolgono operazioni di recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 216 sono iscritte in un apposito registro con le modalità previste dal medesimo articolo] [812].

     26. [Per la tenuta dei registri dì cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell'Albo, che procede a contabilizzarli separatamente e ad utilizzarli integralmente per l'attuazione dei medesimi commi] [813].

     27. [La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 16] [814].

     28. [Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica] [815].

 

     Art. 213. (autorizzazioni integrate ambientali)

     1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:

     a) le autorizzazioni di cui al presente capo;

     b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.

     2. [Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto] [816].

 

CAPO V

PROCEDURE SEMPLIFICATE

 

     Art. 214. (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate) [817]

     1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4.

     2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.

     3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 , per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:

     a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;

     b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

     c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;

     d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.

     4. Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.

     5. L'adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006.

     6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All'attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

     7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.

     7-bis. In deroga a quanto stabilito dal comma 7, ferme restando le disposizioni delle direttive e dei regolamenti dell'Unione europea, gli impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili derivanti da attività agricole e vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi, che hanno una capacità di trattamento non eccedente 80 tonnellate annue e sono destinati esclusivamente al trattamento di rifiuti raccolti nel comune dove i suddetti rifiuti sono prodotti e nei comuni confinanti che stipulano una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio, acquisito il parere dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) previa predisposizione di un regolamento di gestione dell'impianto che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in ambito comunale, possono essere realizzati e posti in esercizio con denuncia di inizio di attività ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche in aree agricole, nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all'efficienza energetica nonchè delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 [818].

     8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia.

     9. Le province comunicano al registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse (RECER), di cui al comma 3-septies dell'articolo 184-ter e secondo gli standard concordati con ISPRA, accessibile al pubblico, i seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3 [819]:

     a) ragione sociale;

     b) sede legale dell'impresa;

     c) sede dell'impianto;

     d) tipologia di rifiuti oggetto dell'attività di gestione;

     e) relative quantità;

     f) attività di gestione;

     g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3.

     10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi.

     11. Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l'utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell'articolo 177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l'aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l'alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell'ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.

 

     Art. 214 bis. (Sgombero della neve) [820]

     1. Le attività di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma 1 dell'articolo 183.

 

     Art. 214 ter. (Determinazione delle condizioni per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata). [821]

     1. L'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti, di cui all'articolo 183, comma 1, lettera q), è avviato, a partire dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio attività, entro i quali le province o le città metropolitane territorialmente competenti verificano, secondo le modalità indicate dall'articolo 216, il possesso dei requisiti previsti dal decreto di cui al comma 2 del presente articolo. Gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'inizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo sono comunicati dalle autorità competenti al Ministero della transizione ecologica. Le modalità e la tenuta dei dati oggetto delle suddette comunicazioni sono definite nel decreto di cui al comma 2. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 216, comma 1, in materia di rifiuti elettrici ed elettronici [822].

     2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l'esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonchè le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo.

 

     Art. 215. (autosmaltimento)

     1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente [823].

     2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:

     a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;

     b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;

     c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;

     d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;

     e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.

     3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare [824]:

     a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;

     b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.

     4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione [825].

     5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

     6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.

 

     Art. 216. (operazioni di recupero)

     1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione [826].

     2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

     a) per i rifiuti non pericolosi:

     1) le quantità massime impiegabili;

     2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;

     3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;

     b) per i rifiuti pericolosi:

     1) le quantità massime impiegabili;

     2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;

     3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;

     4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;

     5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.

     3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti [827]:

     a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;

     b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

     c) le attività di recupero che si intendono svolgere;

     d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;

     e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

     4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione [828].

     5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.

     6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell'impianto,

     7. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero [829].

     8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 214, comma 3, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, nonchè dalla direttiva 2009/28/CE e dalle relative disposizioni di recepimento [830].

     8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto [831].

     8-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonchè le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni [832].

     8-quater. Le attività di trattamento disciplinate dai regolamenti di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che fissano i criteri che determinano quando specifici tipi di rifiuti cessano di essere considerati rifiuti, sono sottoposte alle procedure semplificate disciplinate dall'articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti, con particolare riferimento:

     a) alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;

     b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;

     c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;

     d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati [833].

     8-quinquies. L'operazione di recupero può consistere nel mero controllo sui materiali di rifiuto per verificare se soddisfino i criteri elaborati affinchè gli stessi cessino di essere considerati rifiuti nel rispetto delle condizioni previste. Questa è sottoposta, al pari delle altre, alle procedure semplificate disciplinate dall'articolo 214 del presente decreto e dal presente articolo a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai predetti regolamenti con particolare riferimento:

     a) alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare;

     b) alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività;

     c) alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente, con specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio;

     d) alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati [834].

     8-sexies. Gli enti e le imprese che effettuano, ai sensi delle disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269, e dell'articolo 9-bis del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, operazioni di recupero di materia prima secondaria da specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicabili i regolamenti di cui al comma 8-quater del presente articolo, adeguano le proprie attività alle disposizioni di cui al medesimo comma 8-quater o all'articolo 208 del presente decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti di cui al comma 8-quater. Fino alla scadenza di tale termine è autorizzata la continuazione dell'attività in essere nel rispetto delle citate disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, dei regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio n. 161 del 2002 e n. 269 del 2005 e dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210 del 2008. Restano in ogni caso ferme le quantità massime stabilite dalle norme di cui al secondo periodo [835].

     8-septies. Al fine di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione, i rifiuti individuati nella lista verde di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati ai sensi della disciplina dell'autorizzazione integrata ambientale di cui agli articoli 29-sexies e seguenti del presente decreto, nel rispetto del relativo BAT References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell'avvio dell'attività all'autorità ambientale competente. In tal caso i rifiuti saranno assoggettati al rispetto alle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione [836].

     9. [Con apposite norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, da pubblicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, è individuata una lista di rifiuti non pericolosi maggiormente utilizzati nei processi dei settori produttivi nell'osservanza dei seguenti criteri:

     a) diffusione dell'impiego nel settore manifatturiero sulla base di dati di contabilità nazionale o di studi di settore o di programmi specifici di gestione dei rifiuti approvati ai sensi delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;

     b) utilizzazione coerente con le migliori tecniche disponibili senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;

     c) impiego in impianti autorizzati] [837].

     10. [I rifiuti individuati ai sensi del comma 9 sono sottoposti unica mente alle disposizioni di cui agli articoli 188, comma 3,189, 190 e 193 nonché alle relative norme sanzionatorie contenute nella parte quarta del presente decreto. Sulla base delle informazioni di cui all'articolo 189 il Catasto redige per ciascuna provincia un elenco degli impianti di cui al comma 9] [838].

     11 [Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero] [839].

     12. [Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell'Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore] [840].

     13. [Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto] [841].

     14. [Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni] [842].

     15. [Le comunicazioni effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto alle sezioni regionali dell'Albo sono trasmesse, a cura delle Sezioni medesime, alla provincia territorialmente competente] [843].

 

          Art. 216 bis. (Oli usati) [844]

     1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi, gli oli usati sono gestiti in base alla classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell´articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l´ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1.

     2. In deroga a quanto previsto dall'articolo 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo articolo 187, comma 2, lettere a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da tenere costantemente separati, per quanto tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare, secondo l'ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. È fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze [845].

     3. Gli oli usati devono essere gestiti:

     a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;

     b) in via sussidiaria e, comunque, nel rispetto dell´ordine di priorità di cui all'articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo III-bis della parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

     c) in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all'Allegato B della parte IV del presente decreto.

     4. Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178, nonchè il principio di prossimità.

     5. Le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 e, in particolare, dell'articolo 12 del predetto regolamento.

     6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può individuare con uno o più decreti gli elementi da valutare secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell'esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006.

     7. Con uno o più regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente articolo. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, le autorità competenti possono autorizzare, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all'allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla predetta tabella in relazione al parametro PCB/PCT [846].

     8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati.”.

 

     Art. 216 ter. (Comunicazioni alla Commissione europea) [847]

     1. I piani di gestione e i programmi di prevenzione di cui all'articolo 199, commi 1 e 3, lettera r), e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero della transizione ecologica, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea.

     2. Il Ministero della transizione ecologica comunica alla Commissione europea, per ogni anno civile, i dati relativi all'attuazione dell'articolo 181, comma 4. I dati sono raccolti e comunicati per via elettronica entro diciotto mesi dalla fine dell'anno a cui si riferiscono, secondo il formato di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2019/1004 del 7 giugno 2019. Il primo periodo di comunicazione ha inizio il primo anno civile completo dopo l'adozione della suddetta decisione di esecuzione.

     3. Il Ministero della transizione ecologica comunica alla Commissione europea, per ogni anno civile, i dati relativi all'attuazione dell'articolo 180, commi 5 e 6. I dati sono comunicati per via elettronica entro diciotto mesi dalla fine dell'anno per il quale sono raccolti e secondo il formato di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2021/19 del 18 dicembre 2020 in materia di riutilizzo e alla decisione di esecuzione (UE) 2019/2000 del 28 novembre 2019 sui rifiuti alimentari. Il primo periodo di comunicazione ha inizio il primo anno civile completo dopo l'adozione delle suddette decisioni di esecuzione.

     4. Il Ministero della transizione ecologica comunica alla Commissione europea, per ogni anno civile, i dati relativi agli olii industriali o lubrificanti, minerali o sintetici, immessi sul mercato nonchè sulla raccolta e trattamento degli olii usati. I dati sono comunicati per via elettronica entro diciotto mesi dalla fine dell'anno per il quale sono raccolti e secondo il formato di cui all'allegato VI alla decisione di esecuzione (UE) 2019/1004 della Commissione, del 7 giugno 2019. Il primo periodo di comunicazione ha inizio il primo anno civile completo dopo l'adozione della suddetta decisione di esecuzione.

     5. I dati di cui ai commi 2, 3 e 4 sono corredati di una relazione di controllo della qualità secondo il formato per la comunicazione stabilito dagli allegati alle rispettive decisioni di esecuzione, nonchè di una relazione sulle misure adottate per il raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 205-bis e 182-ter, che comprende informazioni dettagliate sui tassi di scarto medio. Tali informazioni sono comunicate secondo il formato per la comunicazione stabilito dagli allegati alle rispettive decisioni di esecuzione.

     6. La parte quarta del presente decreto nonchè i provvedimenti inerenti alla gestione dei rifiuti sono comunicati alla Commissione europea.

 

TITOLO II

GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI

 

     Art. 217. (ambito di applicazione e finalità [848])

     1. Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente, favorendo, fra l'altro, livelli sostenuti di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica, nonchè misure intese a prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio, ad incentivare il riutilizzo degli imballaggi, il riciclaggio e altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio e, conseguentemente, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti, ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, in conformità alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e dalla direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonchè dalla direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, di cui la parte quarta del presente decreto costituisce recepimento nell'ordinamento interno. I sistemi di gestione devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati [849].

     2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell'Unione europea e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici o da qualunque altro soggetto che produce o utilizza imballaggi o rifiuti di imballaggio, qualunque siano i materiali che li compongono. Gli operatori delle rispettive filiere degli imballaggi nel loro complesso garantiscono, secondo i principi della "responsabilità condivisa", che l'impatto ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia ridotto al minimo possibile per tutto il ciclo di vita [850].

     3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, come quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.

     3-bis. In attuazione dell'articolo 18 della direttiva 94/62/CE e fatte salve le ipotesi di deroga a tale disposizione previste dalla medesima direttiva o da altre disposizioni dell'ordinamento europeo, è garantita l'immissione sul mercato nazionale degli imballaggi conformi alle previsioni del presente titolo e ad ogni altra disposizione normativa adottata nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 94/62/CE [851].

 

     Art. 218. (definizioni)

     1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si intende per:

     a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo;

     b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore;

     c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;

     d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari marittimi ed aerei;

     e) imballaggio riutilizzabile: imballaggio o componente di imballaggio che è stato concepito, progettato e immesso sul mercato per sopportare nel corso del suo ciclo di vita molteplici spostamenti o rotazioni all'interno di un circuito di riutilizzo, con le stesse finalità per le quali è stato concepito [852];

     e-bis) imballaggio composito: un imballaggio costituito da due o più strati di materiali diversi che non possono essere separati manualmente e formano una singola unità, composto da un recipiente interno e da un involucro esterno, e che è riempito, immagazzinato, trasportato e svuotato in quanto tale [853];

     f) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione;

     g) [gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera d)] [854];

     h) [prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione post-consumo] [855];

     i) [riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento dell'imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato] [856];

     l) [riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, incluso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia] [857];

     m) [recupero dei rifiuti generati da imballaggi: le operazioni che utilizzano rifiuti di imballaggio per generare materie prime secondarie, prodotti o combustibili, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, inclusa la cernita, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto] [858];

     n) [recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante termovalorizzazione con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore] [859];

     o) [riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi e in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di residui organici stabilizzanti o metano, ad esclusione dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico] [860];

     p) [smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente un imballaggio o un rifiuto di imballaggio dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto] [861];

     q) operatori economici: i produttori, gli utilizzatori, i recuperatori, i riciclatori, gli utenti finali, le pubbliche amministrazioni e i gestori;

     r) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;

     s) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;

     t) pubbliche amministrazioni e gestori: i soggetti e gli enti che provvedono alla organizzazione, controllo e gestione del servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti urbani nelle forme di cui alla parte quarta del presente decreto o loro concessionari;

     u) utente finale: il soggetto che nell'esercizio della sua attività professionale acquista, come beni strumentali, articoli o merci imballate;

     v) consumatore: il soggetto che fuori dall'esercizio di una attività professionale acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate;

     z) accordo volontario: accordo formalmente concluso tra le pubbliche amministrazioni competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti i soggetti, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 220 [862];

     aa) filiera: organizzazione economica e produttiva che svolge la propria attività, dall'inizio del ciclo di lavorazione al prodotto finito di imballaggio, nonché svolge attività di recupero e riciclo a fine vita dell'imballaggio stesso;

     bb) ritiro: l'operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei rifiuti urbani di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2, gestita dagli operatori dei servizi di igiene urbana o simili [863];

     cc) ripresa: l'operazione di restituzione degli imballaggi usati secondari e terziari dall'utilizzatore o utente finale, escluso il consumatore, al fornitore della merce o distributore e, a ritroso, lungo la catena logistica di fornitura fino al produttore dell' imballaggio stesso;

     dd) imballaggio usato: imballaggio secondario o terziario già utilizzato e destinato ad essere ritirato o ripreso;

     dd-bis) plastica: un polimero ai sensi dell'articolo 3, punto 5), delregolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze ad eccezione dei polimeri naturali che non sono stati modificati chimicamente e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse [864];

     dd-ter) borse di plastica: borse con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti [865];

     dd-quater) borse di plastica in materiale leggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 50 micron fornite per il trasporto [866];

     dd-quinquies) borse di plastica in materiale ultraleggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 15 micron richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi [867];

     dd-sexies) borse di plastica oxo-degradabili: borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti [868];

     dd-septies) borse di plastica biodegradabili e compostabili: borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma EN 13432 recepita con la norma nazionale UNI EN 13432:2002 [869];

     dd-octies) commercializzazione di borse di platica: fornitura di borse di plastica a pagamento o a titolo gratuito da parte dei produttori e dei distributori, nonchè da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti [870].

     1-bis. Ai fini del presente titolo si applicano le definizioni di "rifiuto", "regime di responsabilità estesa del produttore, "gestione dei rifiuti", "raccolta", "raccolta differenziata", "prevenzione", "riutilizzo", "trattamento", "recupero", "riciclaggio" e "smaltimento" di cui all'articolo 183, comma 1, lettere a), g-bis), m), n), o), p), r), s), t), u) e z) [871].

     2. La definizione di imballaggio di cui alle lettere da a) ad e) del comma 1 è inoltre basata sui criteri interpretativi indicati nell'articolo 3 della direttiva 94/62/CEE, così come modificata dalla direttiva 2004/12/CE e sugli esempi illustrativi riportati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

 

     Art. 219. (criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio)

     1. L'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti princìpi generali:

     a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità nella fabbricazione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità ai princìpi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il loro concreto riutilizzo;

     b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati;

     c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggio destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero;

     d) applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati;

     d-bis) utilizzo di strumenti economici o altre misure volte ad incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti, come quelle elencate nell'allegato L ter o altri strumenti e misure appropriate [872].

     2. Al fine di favorire la transizione verso un'economia circolare conformemente al principio "chi inquina paga", gli operatori economici cooperano secondo il principio di responsabilità condivisa, promuovendo misure atte a garantire la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio [873].

     3. L'attività di gestione integrata dei rifiuti di imballaggio rispetta i seguenti principi:

     a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che i costi di cui all'articolo 221, comma 10, del presente decreto siano sostenuti dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione alle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale, a tal fine promuovendo per tali soggetti e i relativi sistemi di responsabilità estesa del produttore, nel rispetto del principio di concorrenza, l'accesso alle infrastrutture di raccolta e selezione, in condizioni di parità tra loro, e che i Comuni ovvero gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, organizzino la raccolta differenziata;

     b) promozione di strumenti di cooperazione tra i soggetti pubblici e privati;

     c) informazione agli utenti finali degli imballaggi ed in particolare ai consumatori. Dette informazioni riguardano:

     1) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;

     2) il ruolo degli utenti finali di imballaggi e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;

     3) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato;

     d) gli elementi significativi dei programmi di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, di cui all'articolo 225, comma 1, e gli elementi significativi delle specifiche previsioni contenute nei piani regionali ai sensi dell'articolo 225, comma 6.

     e) gli impatti delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;

     f) la sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili;

     g) l'impatto delle borse oxo-degradabili, come definito dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 20-bis, paragrafo 2, della direttiva 94/62/CE [874].

     3.1. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 3 sono rese secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale [875].

     3-bis. Al fine di fornire idonee modalità di informazione ai consumatori e di consentire il riconoscimento delle borse di plastica commercializzabili, i produttori delle borse di cui agli articoli 226-bis e 226-ter, ferme le certificazioni ivi previste, devono apporre su tali borse i propri elementi identificativi, nonchè diciture idonee ad attestare che le borse prodotte rientrino in una delle tipologie commercializzabili. Alle borse biodegradabili e compostabili si applica il disciplinare delle etichette o dei marchi adottato dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE [876].

     4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione europea, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono adottate le misure tecniche necessarie per l'applicazione delle disposizioni del presente titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano coinvolti aspetti sanitari, il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della salute.

     5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Ai fini della identificazione e classificazione dell'imballaggio, i produttori hanno, altresì, l'obbligo di indicare la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione [877].

     5.1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro della transizione ecologica adotta, con decreto di natura non regolamentare, le linee guida tecniche per l'etichettatura di cui al comma 5 [878].

     5.2 Gli obblighi di cui al comma 5 decorrono dal 1° gennaio 2023 [879].

     5-bis. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico può stabilire un livello rettificato degli obiettivi di cui all'Allegato E, per un determinato anno, tenendo conto della quota media, nei tre anni precedenti, di imballaggi per la vendita riutilizzabili immessi per la prima volta sul mercato e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi, nel rispetto dei criteri ivi definiti [880].

 

     Art. 219 bis. (Sistema di riutilizzo di specifiche tipologie di imballaggi). [881]

     1. Al fine di aumentare la percentuale degli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato per contribuire alla transizione verso un'economia circolare, gli operatori economici, in forma individuale o in forma collettiva, adottano sistemi di restituzione con cauzione nonchè sistemi per il riutilizzo degli imballaggi senza causare pregiudizio alla salute umana e nel rispetto della normativa europea, senza compromettere l'igiene degli alimenti nè la sicurezza dei consumatori, nel rispetto della normativa nazionale in materia. Al fine di perseguire le predette finalità, gli operatori economici possono stipulare appositi accordi e contratti di programma ai sensi dell'articolo 206 del presente decreto [882].

     1-bis. I sistemi di cui al comma 1 si applicano agli imballaggi in plastica, in vetro e in metallo utilizzati per acqua e per altre bevande [883].

     2. Con regolamento adottato mediante decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa consultazione delle associazioni delle imprese maggiormente rappresentative sul piano nazionale, sono stabiliti i tempi e le modalità di attuazione delle disposizioni del comma 1 del presente articolo. Con il medesimo regolamento sono, inoltre, previsti:

     a) gli obiettivi annuali qualitativi e quantitativi da raggiungere;

     b) i valori cauzionali per ogni singola tipologia di imballaggio fissati in modo da evitare ostacoli al commercio o distorsioni della concorrenza;

     c) i termini di pagamento e le modalità di restituzione della cauzione da versare al consumatore che restituisce l'imballaggio;

     d) le premialità e gli incentivi economici da riconoscere agli esercenti che adottano sistemi di restituzione con cauzione;

     e) l'eventuale estensione delle disposizioni del presente articolo ad altre tipologie di imballaggio;

     f) la percentuale minima di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato ogni anno per ciascun flusso di imballaggi;

     g) la promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori [884].

 

     Art. 220. (obiettivi di recupero e di riciclaggio)

     1. Per conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 219, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in conformità alla disciplina comunitaria indicati nell'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

     2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all'articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni sono presentate dai soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati fuori dell'Unione sono considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio di cui all'allegato E soltanto se i requisiti di cui al presente comma sono soddisfatti e se, in conformità al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, l'esportatore può provare che la spedizione di rifiuti sia conforme agli obblighi di tale regolamento e il trattamento dei rifiuti di imballaggio al di fuori dell'Unione ha avuto luogo in condizioni sostanzialmente equivalenti agli obblighi previsti al riguardo dalla legislazione europea [885].

     3. [Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, per motivi ambientali o in considerazione del rapporto costi-benefici, il recupero energetico ove esso sia preferibile al riciclaggio, purché non si determini uno scostamento rilevante rispetto agli obiettivi nazionali di recupero e di riciclaggio] [886].

     4. Le pubbliche amministrazioni e i gestori incoraggiano, ove opportuno, l'uso di materiali ottenuti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti mediante:

     a) il miglioramento delle condizioni di mercato per tali materiali;

     b) la revisione delle norme esistenti che impediscono l'uso di tali materiali.

     5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 224, comma 3, lettera e), qualora gli obiettivi complessivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio come fissati al comma 1 non siano raggiunti alla scadenza prevista, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di carattere economico, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio,

     6. Il calcolo degli obiettivi di cui al comma 1 è effettuato su base nazionale con le seguenti modalità:

     a) è calcolato il peso dei rifiuti di imballaggio prodotti e riciclati in un determinato anno civile. La quantità di rifiuti di imballaggio prodotti può essere considerata equivalente alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nel corso dello stesso anno;

     b) il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati è calcolato come il peso degli imballaggi diventati rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di elevata qualità, sono immessi nell'operazione di riciclaggio sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze;

     c) ai fini della lettera a), il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati è misurato all'atto dell'immissione dei rifiuti nell'operazione di riciclaggio. In deroga il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati può essere misurato in uscita dopo qualsiasi operazione di cernita, a condizione che:

     1) tali rifiuti in uscita siano successivamente riciclati;

     2) il peso dei materiali o delle sostanze che sono rimossi con ulteriori operazioni precedenti l'operazione di riciclaggio e che non sono successivamente riciclati non sia incluso nel peso dei rifiuti comunicati come riciclati. Il controllo della qualità e di tracciabilità dei rifiuti di imballaggio è assicurato dal sistema previsto dall'articolo 188-bis [887].

     6-bis. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo la quantità di rifiuti di imballaggio biodegradabili in ingresso al trattamento aerobico o anaerobico può essere considerata come riciclata se il trattamento produce compost, digestato o altro prodotto in uscita con analoga quantità di contenuto riciclato rispetto ai rifiuti immessi, destinato a essere utilizzato come prodotto, materiale o sostanza riciclati. Quando il prodotto in uscita è utilizzato sul terreno, può essere considerato come riciclato solo se il suo utilizzo comporta benefici per l'agricoltura o un miglioramento sul piano ecologico [888].

     6-ter. La quantità di materiali dei rifiuti di imballaggio che hanno cessato di essere rifiuti a seguito di un'operazione preparatoria prima di essere ritrattati può essere considerata riciclata, purchè tali materiali siano destinati al successivo ritrattamento al fine di ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Tuttavia, i materiali che hanno cessato di essere rifiuti e che devono essere utilizzati come combustibili o altri mezzi per produrre energia o devono essere inceneriti, usati per operazioni di riempimento o smaltiti in discarica non possono essere considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio [889].

     6-quater. Per il calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il riciclaggio dei metalli separati dopo l'incenerimento dei rifiuti, proporzionalmente alla quota di rifiuti di imballaggio inceneriti, può essere computato ai fini del raggiungimento a condizione che i metalli riciclati soddisfino determinati criteri di qualità stabiliti dalla decisione di esecuzione (UE) 2019/665 della Commissione del 17 aprile 2019 [890].

     6-quinquies. I rifiuti di imballaggio inviati in un altro Stato membro per essere riciclati in quello stesso Stato possono essere considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 esclusivamente dallo Stato membro in cui sono stati raccolti tali rifiuti di imballaggio [891].

     6-sexies. I rifiuti di imballaggio esportati fuori dell'Unione europea sono considerati ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 da parte dello Stato membro nel quale sono stati raccolti soltanto se i requisiti di cui all'articolo 188-bis sono soddisfatti e se, in conformità del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, l'esportatore può provare che la spedizione di rifiuti è conforme agli obblighi di tale regolamento e il trattamento dei rifiuti di imballaggio al di fuori dell'Unione europea ha avuto luogo in condizioni sostanzialmente equivalenti agli obblighi previsti dal pertinente diritto ambientale dell'Unione [892].

     7. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive notificano alla Commissione dell'Unione europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12 e 16 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'ambito del titolo medesimo [893].

     8. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle attività produttive forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005.

 

     Art. 220 bis. (Obbligo di relazione sull'utilizzo delle borse di plastica). [894]

     1. Il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce dai produttori e dai distributori di borse di plastica i dati necessari ad elaborare la relazione annuale prevista dall'articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE e comunica tali dati alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, avvalendosi del modello di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, che, a tal fine, è modificato con le modalità previste dalla medesima legge. Le informazioni sono fornite per via telematica e riguardano ciascuna categoria di borse di plastica di cui all'articolo 218, comma 1, lettere dd-ter), dd-quater), dd-quinquies), dd-sexies) e dd-septies).

     2. I dati sono elaborati dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in attuazione della metodologia di calcolo dell'utilizzo annuale pro capite di borse di plastica e dei modelli di segnalazione stabiliti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE. Dal 27 maggio 2018, i dati relativi all'utilizzo annuale delle borse di plastica in materiale leggero sono comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, in conformità all'articolo 12 della medesima direttiva.

 

     Art. 221. (obblighi dei produttori e degli utilizzatori)

     1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio riferibili ai propri prodotti definiti in proporzione alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale. Ai produttori e agli utilizzatori è attribuita la responsabilità finanziaria o quella finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto [895].

     2. Nell'ambito degli obiettivi di cui agli articoli 205 e 220 e del Programma di cui all'articolo 225, i produttori e gli utilizzatori, su richiesta del gestore del servizio e secondo quanto previsto dall'accordo di programma di cui all'articolo 224, comma 5, adempiono all'obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato. A tal fine, per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata organizzata dalle pubbliche amministrazioni e per le altre finalità indicate nell'articolo 224, i produttori e gli utilizzatori partecipano al Consorzio nazionale imballaggi, salvo il caso in cui venga adottato uno dei sistemi di cui al comma 3, lettere a) e c) del presente articolo.

     3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, e con riferimento all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori possono alternativamente:

     a) organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio sull'intero territorio nazionale [896];

     b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223;

     c) attestare sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6.

     4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari e i rifiuti di imballaggio secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato. Gli utilizzatori possono tuttavia conferire al servizio pubblico i suddetti imballaggi e rifiuti di imballaggio ovvero secondo le modalità di cui all'articolo 198, comma 2-bis [897].

     5. [I produttori che non intendono aderire al Consorzio Nazionale Imballaggi e a un Consorzio di cui all'articolo 223, devono presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il progetto del sistema di cui al comma 3, lettere a) o c) richiedendone il riconoscimento sulla base di idonea documentazione. Il progetto va presentato entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r) o prima del recesso da uno dei suddetti Consorzi. Il recesso è efficace dal momento del riconoscimento del progetto e perde tale efficacia solo in caso di accertamento del mancato funzionamento del sistema. L'obbligo di corrispondere il contributo ambientale di cui all'articolo 224, comma 3, lettera h), è sospeso a seguito dell'intervenuto riconoscimento del progetto sulla base di idonea documentazione e sino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato funzionamento del sistema e ne dia comunicazione al Consorzio. Per ottenere il riconoscimento i produttori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema sarà effettivamente ed autonomamente funzionante e che sarà in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi di recupero e di riciclaggio di cui all'articolo 220. I produttori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali degli imballaggi siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Osservatorio, acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dall'ISPRA, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Osservatorio è tenuto a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. Alle domande disciplinate dal presente comma si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi del presente articolo, le attività di cui al comma 3 lettere a) e c) possono essere intraprese decorsi novanta giorni dallo scadere del termine per l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come indicato nella presente norma] [898].

     6. [I produttori che hanno ottenuto il riconoscimento del sistema sono tenuti a presentare annualmente al Ministero della Transizione ecologica e al CONAI la documentazione di cui all'articolo 237, comma 6. Il programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti di imballaggio e il piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare[ successivo sono inseriti nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225] [899].

     7. [Entro il 30 settembre di ogni anno i produttori di cui al comma 5 presentano all'Autorità prevista dall'articolo 207 e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225] [900].

     8. [Entro il 31 maggio di ogni anno, i produttori di cui al comma 5 sono inoltre tenuti a presentare all'Autorità prevista dall'articolo 207 ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, comprensiva dell'indicazione nominativa degli utilizzatori che, fino al consumo, partecipano al sistema di cui al comma 3, lettere a) o c), del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio; nella stessa relazione possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa] [901].

     9. [Il mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 5, o la revoca disposta dall'Autorità, previo avviso all'interessato, qualora i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 220 ovvero siano stati violati gli obblighi previsti dai commi 6 e 7, comportano per i produttori l'obbligo di partecipare ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 e, assieme ai propri utilizzatori di ogni livello fino al consumo, al consorzio previsto dall'articolo 224. I provvedimenti dell'Autorità sono comunicati ai produttori interessati e al Consorzio nazionale imballaggi. L'adesione obbligatoria ai consorzi disposta in applicazione del presente comma ha effetto retroattivo ai soli fini della corresponsione del contributo ambientale previsto dall'articolo 224, comma 3, lettera h), e dei relativi interessi di mora. Ai produttori e agli utilizzatori che, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'Autorità, non provvedano ad aderire ai consorzi e a versare le somme a essi dovute si applicano inoltre le sanzioni previste dall'articolo 261] [902].

     10. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori, in linea con i criteri di priorità nella gestione rifiuti:

     a) i costi per il riutilizzo o la ripresa degli imballaggi secondari e terziari usati;

     b) i costi per la gestione degli imballaggi secondari e terziari;

     c) almeno l'80 per cento dei costi relativi ai servizi di cui all'articolo 222, comma 1, lettera b);

     d) i costi del successivo trasporto, nonchè delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari di cui all'Allegato C del presente decreto legislativo;

     e) i costi per il trattamento dei rifiuti di imballaggio;

     f) i costi per un'adeguata attività di informazione ai detentori di rifiuti sulle misure di prevenzione e di riutilizzo, sui sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti anche al fine di prevenire la dispersione degli stessi;

     g) i costi relativi alla raccolta e alla comunicazione dei dati sui prodotti immessi sul mercato nazionale, sui rifiuti raccolti e trattati, e sui quantitativi recuperati e riciclati [903].

     11. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore.

 

     Art. 221 bis. (Sistemi autonomi). [904]

     1. I produttori che non intendono aderire al Consorzio nazionale imballaggi e ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223, presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un'istanza di riconoscimento per la costituzione di un sistema autonomo in forma individuale ovvero collettiva, avente personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, retto da uno statuto, conforme ai principi del presente decreto, nonchè allo "statuto tipo" di cui all'articolo 223, comma 2 [905].

     2. L'istanza, corredata di un progetto, è presentata entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica di produttore ai sensi dell'articolo 218, comma 1, lettera r), ovvero prima del recesso da uno dei sistemi collettivi già esistenti. Il recesso è, in ogni caso, efficace solo dal momento in cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emette il provvedimento di dichiarazione di idoneità del progetto e ne dà comunicazione ai suddetti sistemi collettivi dell'articolo 223.

     3. Il progetto è redatto secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità e contiene: a) un piano di raccolta che prevede una rete articolata sull'intero territorio nazionale; b) un piano industriale, comprensivo di progetto di fattibilità tecnica ed economica, volto a garantire l'effettivo funzionamento in grado di conseguire gli obiettivi di recupero e di riciclaggio fissati dalle norme europee o dalle norme di settore nazionali. Lo statuto deve essere conforme ai principi di cui alle disposizioni del presente titolo. I proponenti determinano il contributo ambientale secondo le modalità di cui all'articolo 237. Nel progetto sono altresì individuate modalità di gestione idonee a garantire che i commercianti, i distributori, gli utenti finali e i consumatori, siano informati sulle modalità di funzionamento del sistema adottato e sui metodi di raccolta, nonchè sul contributo applicato e su ogni altro aspetto per loro rilevante [906].

     4. Il proponente può richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio della documentazione di cui al comma 3.

     5. Sulla base della documentazione trasmessa dal proponente, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro sessanta giorni dalla presentazione della istanza, verificato che il progetto contenga tutti gli elementi di cui al precedente comma 3, con un livello di dettaglio tale da consentire l'avvio della successiva istruttoria, comunica al proponente l'avvio del procedimento di riconoscimento, ovvero, qualora gli elaborati progettuali non presentano un livello di dettaglio adeguato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica al proponente il provvedimento motivato di diniego, dichiarando la non idoneità del progetto.

     6. Acquisiti i necessari elementi di valutazione forniti dall'ISPRA e la fidejussione prevista al comma 11, entro centoventi giorni dall'avvio del procedimento, conclusa l'istruttoria amministrativa attestante l'idoneità del progetto, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è riconosciuto il sistema di gestione [907].

     7. A seguito del provvedimento di riconoscimento di idoneità del progetto, viene effettuata apposita attività di monitoraggio a cura del Ministero con il supporto dell'Ispra, anche attraverso un congruo numero di controlli in loco, per la durata indicata nel provvedimento stesso, volta a verificare l'effettivo funzionamento del sistema, e la conformità alle eventuali prescrizioni dettate. All'esito del monitoraggio effettuato, viene adottato provvedimento di conferma del riconoscimento, ovvero provvedimento motivato di diniego che attesta il mancato funzionamento del sistema.

     7-bis. I produttori che hanno ottenuto il riconoscimento del sistema ai sensi del comma 6, sono tenuti a presentare annualmente al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e al CONAI la documentazione di cui all'articolo 237, comma 6. Il programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti di imballaggio e il piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, sono inseriti nel programma generale di prevenzione e di gestione di cui all'articolo 225 [908].

     8. L'obbligo di corrispondere il contributo ambientale ad uno dei sistemi collettivi già esistenti, è sospeso a seguito dell'intervenuta dichiarazione di idoneità del progetto e sino al provvedimento definitivo di cui al comma 7. La sospensione è comunicata al sistema collettivo di provenienza.

     9. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può revocare il riconoscimento nei casi in cui:

     a) il sistema adottato non operi secondo i criteri di efficienza, efficacia ed economicità;

     b) i risultati ottenuti siano insufficienti per conseguire gli obiettivi di riciclaggio ove previsti;

     c) il sistema adottato non adempia agli obblighi di gestione;

     d) siano stati violati gli obblighi previsti dall'articolo 237, comma 6 [909].

     10. A seguito della comunicazione di non idoneità del progetto di cui al comma 5, di mancato riconoscimento del sistema ai sensi del comma 7, ovvero di revoca del riconoscimento di cui al comma 9, i produttori hanno l'obbligo di partecipare ad uno dei sistemi collettivi già esistenti. Ove, entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, i produttori non provvedono ad aderire ai sistemi collettivi già esistenti e a versare le somme a essi dovute a decorrere dalla data della stessa comunicazione, si applicano le sanzioni previste al Titolo VI.

     11. I proponenti, al fine di garantire la continuità della raccolta, nelle more del provvedimento definitivo di cui al comma 7, sono tenuti alla presentazione di una fideiussione bancaria a prima richiesta in favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, pari all'importo delle entrate previste dall'applicazione del contributo ambientale di cui al comma 3. Detta garanzia sarà aggiornata sino al provvedimento definitivo di cui al comma 7.

     12. Sono fatti salvi i riconoscimenti già operati ai sensi della previgente normativa. Tali sistemi si adeguano alle disposizioni di cui al presente Titolo entro il 5 gennaio 2023 [910].

 

     Art. 222. (raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione)

     1. Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, ovvero i Comuni, organizzano sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio riportati nell'allegato E, e da consentire al consumatore di conferire al servizio pubblico i rifiuti di imballaggio e le altre particolari categorie di rifiuti selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio. In particolare:

     a) garantiscono la copertura della raccolta differenziata in maniera omogenea in ciascun ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero in ciascun Comune, su tutto il suo territorio promuovendo per i produttori e i relativi sistemi di responsabilità estesa del produttore, nel rispetto del principio di concorrenza, l'accesso alle infrastrutture di raccolta, in condizioni di parità tra loro;

     b) garantiscono la gestione della raccolta differenziata, del trasporto, nonchè delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari di cui all'Allegato C del presente decreto legislativo, nonchè il coordinamento con la gestione di altri rifiuti prodotti nel territorio dell'ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero i Comuni [911].

     2. I servizi di cui alla lettera b) sono prestati secondo i criteri di efficacia, efficienza ed economicità, nonchè dell'effettiva riciclabilità, sulla base delle determinazioni in merito ai costi efficienti dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA). I costi necessari per fornire tali servizi di gestione di rifiuti sono posti a carico dei produttori e degli utilizzatori nella misura almeno dell'80 per cento. Tali somme sono versate nei bilanci dei Comuni ovvero degli Enti di Governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti e operanti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti, al fine di essere impiegate nel piano economico finanziario relativo alla determinazione della tassa sui rifiuti (TARI) [912].

     3. Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti e operanti, ovvero i Comuni, trasmettono annualmente entro il 31 ottobre alla Regione competente e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un resoconto delle voci di costo sostenute per ciascun materiale, di cui all'allegato E, nonchè per ciascuna tipologia di rifiuto, dimostrando l'effettivo riciclo, nonchè l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dei servizi resi [913].

     4. Gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituiti ed operanti, ovvero i Comuni, garantiscono la gestione completa della raccolta differenziata relativa a tutte le categorie di rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), tramite specifici accordi di programma, da sottoscrivere con i sistemi di responsabilità estesa del produttore [914].

     5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive cura la pubblicazione delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 226, comma 3, e ne dà comunicazione alla Commissione dell'Unione europea.

     5-bis. Nel caso in cui il Ministero dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare accerti che le pubbliche amministrazioni non abbiano attivato sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti, anche per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 205, ed in particolare di quelli di recupero e riciclaggio di cui all'articolo 220, può attivare azioni sostitutive ai gestori dei servizi di raccolta differenziata, anche avvalendosi di soggetti pubblici, ovvero sistemi collettivi o Consorzi, o privati individuati mediante procedure trasparenti e selettive, in via temporanea e d'urgenza, comunque per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, sempre che ciò avvenga all'interno di ambiti ottimali opportunamente identificati, per l'organizzazione e/o integrazione del servizio ritenuto insufficiente. Ai Consorzi aderenti alla richiesta, per raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclaggio previsti dall'articolo 220, è riconosciuto il valore della tariffa applicata per la raccolta dei rifiuti urbani corrispondente, al netto dei ricavi conseguiti dalla vendita dei materiali e del corrispettivo dovuto sul ritiro dei rifiuti di imballaggio e delle frazioni merceologiche omogenee. Ai soggetti privati, selezionati per comprovata e documentata affidabilità e capacità, a cui è affidata la raccolta differenziata e conferiti i rifiuti di imballaggio in via temporanea e d'urgenza, fino all'espletamento delle procedure ordinarie di aggiudicazione del servizio e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi in caso di impossibilità oggettiva e documentata di aggiudicazione, è riconosciuto il costo del servizio spettante ai gestori, oggetto dell'azione sostitutiva [915].

     5-ter. Le pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti [916].

     5-quater. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 224, comma 3, lettera g) [917].

 

     Art. 223. (consorzi)

     1. I produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), costituiscono un Consorzio per ciascun materiale di imballaggio di cui all'allegato E della parte quarta del presente decreto, operante su tutto il territorio nazionale. Ai Consorzi possono partecipare i recuperatori, ed i riciclatori che non corrispondono alla categoria dei produttori, previo accordo con gli altri consorziati ed unitamente agli stessi [918].

     2. I consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro e sono retti da uno statuto adottato in conformità ad uno schema tipo, redatto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro 31 dicembre 2008, conformemente ai princìpi del presente decreto e, in particolare, a quelli di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato da ciascun consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva nei successivi novanta giorni, con suo provvedimento adottato di concerto con il Ministro delle attività produttive. Ove il Ministro ritenga di non approvare lo statuto trasmesso, per motivi di legittimità o di merito, lo ritrasmette al consorzio richiedente con le relative osservazioni. Nei consigli di amministrazione dei consorzi il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei riciclatori e dei recuperatori deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime di imballaggio. Qualora i Consorzi non ottemperino nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto dei consorzi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale [919].

     3. I consorzi di cui al comma 1 sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. A tal fine i mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti consorzi derivano dai contributi dei consorziati e dai versamenti effettuati dal Consorzio nazionale imballaggi ai sensi dell'articolo 224, comma 3, lettera h), secondo le modalità indicate dall'articolo 224, comma 8, dai proventi della cessione, nel rispetto dei princìpi della concorrenza e della corretta gestione ambientale, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ripresi, raccolti o ritirati, nonché da altri eventuali proventi e contributi di consorziati o di terzi [920].

     4. I consorzi di cui al comma 1 sono tenuti a presentare annualmente al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e al CONAI, la documentazione di cui all'articolo 237, comma 6. Il programma pluriennale di prevenzione della produzione di rifiuti di imballaggio e il piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo sono inseriti nel programma generale di prevenzione e gestione di cui all'articolo 225 [921].

     5. [Entro il 30 settembre di ogni anno i consorzi di cui al presente articolo presentano all'Osservatorio nazionale sui rifiuti e al Consorzio nazionale imballaggi un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione] [922].

     6. [Entro il 31 maggio di ogni anno, i consorzi di cui al presente articolo sono inoltre tenuti a presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed al Consorzio nazionale imballaggi una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, con l'indicazione nominativa dei consorziati, il programma specifico ed i risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio] [923].

 

     Art. 224. (consorzio nazionale imballaggi)

     1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata, i produttori e gli utilizzatori, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 221, comma 2, partecipano in forma paritaria al Consorzio nazionale imballaggi, in seguito denominato CONAI, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto adeguato ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonchè di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, che lo approva con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro delle imprese e del Made in Italy . Qualora da parte dei suddetti Ministeri siano formulate motivate osservazioni, il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni e, nel caso in cui non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono disposte con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro delle imprese e del Made in Italy [924].

     2. [Entro il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, ai sensi dell'articolo 221, comma 2. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva di concerto con il Ministro delle attività produttive, salvo motivate osservazioni cui il CONAI è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il CONAI non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive] [925].

     3. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:

     a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;

     b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;

     c) elabora ed aggiorna, valutati i programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221-bis, comma 7-bis, e 223, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225 [926];

     d) promuove accordi di programma con gli operatori economici per favorire il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio e ne garantisce l'attuazione;

     e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 223, i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c) e gli altri operatori economici. Destina, eventualmente, una quota del contributo ambientale CONAI, di cui alla lettera h), ai consorzi, di cui all'articolo 223, che realizzano percentuali di recupero o di riciclo superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'Allegato E alla parte quarta del presente decreto. Ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero è in ogni caso ridotta la quota del contributo ambientale ad essi riconosciuto dal Conai [927];

     f) indirizza e garantisce il necessario raccordo tra le amministrazioni pubbliche, i consorzi e gli altri operatori economici [928];

     g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale nonchè campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sugli impatti delle borse di plastica sull'ambiente, in particolare attraverso la diffusione delle informazioni di cui all'articolo 219, comma 3, lettere e), f) e g) [929];

     h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per gli oneri di cui all'articolo 221, comma 10, lettera c), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. A tal fine determina e pone a carico dei consorziati, con le modalità individuate dallo statuto, anche in base alle utilizzazioni e ai criteri di cui al comma 8, il contributo denominato contributo ambientale CONAI [930];

     i) promuove il coordinamento con la gestione di altri rifiuti previsto dall'articolo 222, comma 1, lettera b), anche definendone gli ambiti di applicazione;

     l) promuove la conclusione, su base volontaria, di accordi tra i consorzi di cui all'articolo 223 e i soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), con soggetti pubblici e privati. Tali accordi sono relativi alla gestione ambientale della medesima tipologia di materiale oggetto dell'intervento dei consorzi con riguardo agli imballaggi, esclusa in ogni caso l'utilizzazione del contributo ambientale CONAI;

     m) fornisce i dati e le informazioni richieste dall'Autorità di cui all'articolo 207 e assicura l'osservanza degli indirizzi da questa tracciati;

     n) acquisisce da enti pubblici o privati, nazionali o esteri, i dati relativi ai flussi degli imballaggi in entrata e in uscita dal territorio nazionale e i dati degli operatori economici coinvolti. Il conferimento di tali dati al CONAI e la raccolta, l'elaborazione e l'utilizzo degli stessi da parte di questo si considerano, ai fini di quanto previsto dall'articolo 178, comma 1, di rilevante interesse pubblico ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 [931].

     4. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all'articolo 223 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati ed agli aderenti di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei predetti sistemi gestionali, dei consorzi e del CONAI.

     5. Al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubbliche amministrazioni, CONAI ed i sistemi autonomi di cui all'articolo 221, comma, 3 lettere a) e c) promuovono e stipulano un accordo di programma quadro, di cui alla legge 241/90 e successive modificazioni, su base nazionale tra tutti gli operatori del comparto di riferimento, intendendosi i sistemi di responsabilità estesa del produttore operanti, con l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI), con l'Unione delle province italiane (UPI) o con gli Enti di gestione di Ambito territoriale ottimale. In particolare, tale accordo stabilisce:

     1. la copertura dei costi di cui all'articolo 222, commi 1 e 2 del presente decreto legislativo;

     2. le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio ai fini delle attività di riciclaggio e di recupero;

     3. gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti [932].

     5-bis. L'accordo di programma di cui al comma 5 è costituito da una parte generale e dai relativi allegati tecnici per ciascun materiale di cui all'Allegato E. Gli allegati tecnici prevedono i corrispettivi calcolati secondo le fasce di qualità, tenendo conto delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari, che sono stabilite tramite analisi merceologiche effettuate da un soggetto terzo, individuato congiuntamente dai soggetti sottoscrittori, nominato dagli Enti di governo d'ambito territoriali ottimali, ove costituiti ed operanti, ovvero dai Comuni con oneri posti a carico dei sistemi collettivi [933].

     5-ter. L'accordo di programma quadro di cui al comma 5 stabilisce che i produttori e gli utilizzatori che aderiscono ad un sistema autonomo di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), ovvero ad uno dei consorzi di cui all'articolo 223 assicurano la copertura dei costi di raccolta e di gestione dei rifiuti di imballaggio da loro prodotti e conferiti al servizio pubblico di raccolta differenziata anche quando gli obiettivi di recupero e riciclaggio possono essere conseguiti attraverso la raccolta su superfici private. Per adempiere agli obblighi di cui al precedente periodo, i produttori e gli utilizzatori che aderiscono ai sistemi di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), possono avvalersi dei consorzi di cui all'articolo 223 facendosi carico dei costi connessi alla gestione dei rifiuti di imballaggio sostenuti dai consorzi medesimi [934].

     6. L'accordo di programma di cui al comma 5 è trasmesso all'Autorità di cui all'articolo 207, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.

     7. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 3, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione.

     8. Il contributo ambientale del Conai, determinato ai sensi dell'articolo 237, comma 4, è utilizzato in via prioritaria per il ritiro degli imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l'organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. A tali fini, tale contributo è attribuito dal Conai, sulla base di apposite convenzioni, ai soggetti di cui all'articolo 223, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente e degli introiti derivanti dalla vendita dei rifiuti provenienti dai propri prodotti, nonchè da quelli derivanti da eventuali cauzioni di deposito non reclamate, per ciascuna tipologia di materiale. Il CONAI provvede ai mezzi finanziari necessari per lo svolgimento delle proprie funzioni con i proventi dell'attività, con i contributi dei consorziati, con altri contributi e proventi di consorziati e di terzi, compresi quelli dei soggetti di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per le attività svolte in loro favore in adempimento alle prescrizioni di legge e con una quota del contributo ambientale CONAI. Quest'ultima è determinata, nel rispetto dei criteri di contenimento dei costi e di efficienza della gestione, nella misura necessaria a far fronte alle spese derivanti dall'espletamento delle funzioni conferitegli dal presente titolo [935].

     9. [L'applicazione del contributo ambientale CONAI esclude l'assoggettamento del medesimo bene e delle materie prime che lo costituiscono ad altri contributi con finalità ambientali previsti dalla parte quarta del presente decreto o comunque istituiti in applicazione del presente decreto] [936].

     10. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro delle attività produttive.

     11. [Al Consiglio di amministrazione del CONAI non possono partecipare gli amministratori ai quali siano attribuite deleghe operative ed i titolari di cariche direttive degli organismi di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), e 223] [937].

     12. In caso di mancata stipula dell'accordo di cui al comma 5, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare invita le parti a trovare un'intesa entro sessanta giorni, decorsi i quali senza esito positivo, provvede direttamente, d'intesa con Ministro dello sviluppo economico, a definire la copertura dei costi di cui al punto 1 del comma 5. L'accordo di cui al comma 5 è sottoscritto, per le specifiche condizioni tecniche ed economiche relative al ritiro dei rifiuti di ciascun materiale d'imballaggio, anche dal competente Consorzio di cui all'articolo 223 e dai competenti sistemi autonomi di cui all'articolo 221, comma 3, lettere a) e c). Nel caso in cui uno di questi Consorzi non lo sottoscriva e/o non raggiunga le intese necessarie con gli enti locali per il ritiro dei rifiuti d'imballaggio, il Conai subentra nella conclusione delle convenzioni locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio previsti dall'articolo 220 [938].

     13. Nel caso siano superati, a livello nazionale, gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio indicati nel programma generale di prevenzione e gestione degli imballaggi di cui all'articolo 225, il CONAI adotta, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, forme particolari di incentivo per il ritiro dei rifiuti di imballaggi nelle aree geografiche che non abbiano ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata di cui all'articolo 205, comma 1, entro i limiti massimi di riciclaggio previsti dall'Allegato E alla parte quarta del presente decreto.

 

     Art. 225. (programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio)

     1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 221-bis, comma 7-bis, e 223, comma 4, il CONAI elabora annualmente un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure per conseguire i seguenti obiettivi:

     a) la prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio attraverso modelli di produzione e consumo sostenibili;

     a-bis) la progettazione, la fabbricazione e l'uso di imballaggi efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, anche in termini di durata di vita, scomponibili, riutilizzabili, nonchè l'utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione;

     a-ter) la promozione della riduzione del contenuto di sostanze pericolose in materiali e imballaggi, fatti salvi i requisiti giuridici armonizzati relativi a tali materiali e prodotti stabiliti a livello dell'Unione;

     b) l'accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;

     c) l'accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggio riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;

     d) il miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;

     e) la realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio [939].

     2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:

     a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni e, nell'ambito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale;

     b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a).

     3. Entro il 30 novembre di ogni anno il CONAI trasmette all'Osservatorio nazionale sui rifiuti un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, che sarà inserito nel programma generale di prevenzione e gestione, nonchè la relazione generale consuntiva relativa all'anno solare precedente. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica e del Ministro delle imprese e del Made in Italy, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione e alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio [940].

     4. [La relazione generale consuntiva relativa all'anno solare precedente è trasmessa per il parere all'Autorità di cui all'articolo 207, entro il 30 giugno di ogni anno. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI si provvede alla approvazione ed alle eventuali modificazioni e integrazioni del Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio] [941].

     5. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti dall'allegato E alla parte quarta del presente decreto [942].

     6. I piani regionali di cui all'articolo 199 sono integrati con specifiche previsioni per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sulla base del programma di cui al presente articolo.

 

     Art. 226. (divieti)

     1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.

     2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 221, comma 4, è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata nei limiti previsti dall'articolo 221, comma 4.

     3. Possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti a tutti i requisiti essenziali stabiliti dalla direttiva 94/62/CEE e riportati nell'allegato F alla parte quarta del presente decreto. Tali requisiti si presumono soddisfatti quando gli imballaggi siano conformi alle pertinenti norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o alle norme nazionali che abbiano recepito tali norme armonizzate e, in mancanza di queste, agli standard europei fissati dal Comitato europeo di normalizzazione. In mancanza delle norme armonizzate, i requisiti essenziali stabiliti nella direttiva 94/62/CE nonchè quelli di cui all'allegato F alla parte quarta del presente decreto si presumono soddisfatti quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme nazionali, adottate ai sensi del paragrafo 3 dell'articolo 9 della direttiva 94/62/CE. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono aggiornati i predetti standard, tenuto conto della comunicazione della Commissione europea 2005/C44/13. Sino all'emanazione del predetto decreto si applica l'Allegato F alla parte quarta del presente decreto [943].

     4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a 100 parti per milione (ppm) in peso. Per gli imballaggi in vetro si applica la decisione 2001/171/CE del 19 febbraio 2001 e per gli imballaggi in plastica si applica la decisione 1999/177/CE dell' 8 febbraio 1999.

     5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive sono determinate, in conformità alle decisioni dell'Unione europea:

     a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata;

     b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4.

 

     Art. 226 bis. (Divieti di commercializzazione delle borse di plastica). [944]

     1. Fatta salva comunque la commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, è vietata la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero, nonchè delle altre borse di plastica non rispondenti alle seguenti caratteristiche:

     a) borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del secco:

     1) con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

     2) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;

     b) borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:

     1) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano genere alimentari;

     2) con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

     2. Le borse di plastica di cui al comma 1 non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite.

 

     Art. 226 ter. (Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero). [945]

     1. Al fine di conseguire, in attuazione della direttiva (UE) 2015/720, una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica, è avviata la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle aventi entrambe le seguenti caratteristiche, attestate da certificazioni rilasciate da organismi accreditati:

     a) biodegradibilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002;

     b) contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2, lettere a), b) e c), determinato sulla base dello standard di cui al comma 4.

     2. La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata secondo le seguenti modalità:

     a) dal 1° gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento;

     b) dal 1° gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 50 per cento;

     c) dal 1° gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60 per cento.

     3. Nell'applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull'utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonchè il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare.

     4. Gli organismi accreditati certificano la presenza del contenuto minimo di materia prima rinnovabile determinando la percentuale del carbonio di origine biologica presente nelle borse di plastica rispetto al carbonio totale ivi presente ed utilizzando a tal fine lo standard internazionale vigente in materia di determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS 16640.

     5. Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite.

 

     Art. 226 quater. (Plastiche monouso) [946]

     1. [Ai fini di prevenire la produzione di rifiuti da prodotti di plastica monouso e di quella dei materiali di origine fossile, nonchè di prevenire l'abbandono e di favorire la loro raccolta differenziata e il relativo riciclaggio di materia, nonchè di facilitare e promuovere l'utilizzo di beni di consumo ecocompatibili coerentemente con gli obiettivi indicati nella comunicazione della Commissione europea "Strategia europea per la plastica nell'economia circolare", COM(2018) 28 definitivo, i produttori, su base volontaria e in via sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023:

     a) adottano modelli di raccolta differenziata e di riciclo di stoviglie in plastica da fonte fossile con percentuali crescenti di reintroduzione delle materie prime seconde nel ciclo produttivo;

     b) producono, impiegano e avviano a compostaggio stoviglie fabbricate con bio-polimeri di origine vegetale;

     c) utilizzano entro il 31 dicembre 2023 biopolimeri, con particolare attenzione alle fonti di approvvigionamento nazionale, in modo massivo e in alternativa alle plastiche di fonte fossile per la produzione di stoviglie monouso] [947].

     2. [Per le finalità e gli obiettivi di cui al comma 1 i produttori promuovono:

     a) la raccolta delle informazioni necessarie alla messa a punto di materie prime, processi e prodotti ecocompatibili e la raccolta dei dati per la costruzione di Life Cycle Assessment certificabili;

     b) l'elaborazione di standard qualitativi per la:

     1) determinazione delle caratteristiche qualitative delle materie prime e degli additivi impiegabili in fase di produzione;

     2) determinazione delle prestazioni minime del prodotto durante le fasi di impiego, compreso il trasporto, lo stoccaggio e l'utilizzo;

     c) lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo dei prodotti in plastica monouso;

     d) l'informazione sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso usati da parte del consumatore] [948].

     3. [Le informazioni di cui alla lettera d) del comma 2 riguardano in particolare:

     a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;

     b) il ruolo degli utenti di prodotti di plastica monouso e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio dei prodotti di plastica monouso e dei rifiuti di imballaggio;

     c) il significato dei marchi apposti sui prodotti di plastica monouso] [949].

     4. Al fine di realizzare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di ricerca, è istituito un apposito Fondo presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con una dotazione di euro 100.000 a decorrere dall'anno 2019. Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate le specifiche modalità di utilizzazione del Fondo.

 

TITOLO III

GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI

 

     Art. 227. (Rifiuti elettrici ed elettronici, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti sanitari, veicoli fuori uso e prodotti contenenti amianto). [950]

     1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 178-bis e 178-ter, ove applicabili, restano in vigore le disposizioni nazionali relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:

     a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2012/19/UE e direttiva 2011/65/UE e relativi decreti legislativi di attuazione 14 marzo 2014, n. 49 e 4 marzo 2014, n. 27, e direttiva (UE) 2018/849;

     b) rifiuti sanitari: decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254;

     c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 24 giugno 2003, n. 209 e direttiva (UE) 2018/849;

     d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248;

     e) rifiuti di pile e accumulatori: direttiva 2006/66/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 15 febbraio 2016, n. 27 e direttiva (UE) 2018/849.

 

     Art. 228. (pneumatici fuori uso)

     1. Fermo restando il disposto di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, nonché il disposto di cui agli articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di garantire il perseguimento di finalità di tutela ambientale secondo le migliori tecniche disponibili, ottimizzando, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazione, il recupero dei pneumatici fuori uso e per ridurne la formazione anche attraverso la ricostruzione è fatto obbligo ai produttori e importatori di pneumatici di provvedere, singolarmente o in forma associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione di quantitativi di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale, provvedendo anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori uso nel rispetto dell'articolo 177, comma 1. Ai fini di cui al presente comma, un quantitativo di pneumatici pari in peso a cento equivale ad un quantitativo di pneumatici fuori uso pari in peso a novantacinque [951].

     2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi nel termine di giorni centoventi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono disciplinati i tempi e le modalità attuative dell'obbligo di cui al comma 1. In tutte le fasi della commercializzazione dei pneumatici è indicato in fattura il contributo a carico degli utenti finali necessario, anche in relazione alle diverse tipologie di pneumatici, per far fronte agli oneri derivanti dall'obbligo di cui al comma 1. Detto contributo, parte integrante del corrispettivo di vendita, è assoggettato ad IVA ed è riportato nelle fatture in modo chiaro e distinto. Il produttore o l'importatore applicano il rispettivo contributo vigente alla data della immissione del pneumatico nel mercato nazionale del ricambio. Il contributo rimane invariato in tutte le successive fasi di commercializzazione del pneumatico con l'obbligo, per ciascun rivenditore, di indicare in modo chiaro e distinto in fattura il contributo pagato all'atto dell'acquisto dello stesso [952].

     3. Il trasferimento all'eventuale struttura operativa associata, da parte dei produttori e importatori di pneumatici che ne fanno parte, delle somme corrispondenti al contributo per la gestione, calcolato sul quantitativo di pneumatici immessi sul mercato nell'anno precedente costituisce adempimento dell'obbligo di cui al comma 1 con esenzione del produttore o importatore da ogni relativa responsabilità [953].

     3-bis. I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate determinano annualmente l'ammontare del rispettivo contributo necessario per l'adempimento, nell'anno solare successivo, degli obblighi di cui al comma 1 e lo comunicano, entro il 31 ottobre di ogni anno, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche specificando gli oneri e le componenti di costo che giustificano l'ammontare del contributo. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se necessario, richiede integrazioni e chiarimenti al fine di disporre della completezza delle informazioni da divulgare anche a mezzo del proprio portale informatico entro il 31 dicembre del rispettivo anno. È fatta salva la facoltà di procedere nell'anno solare in corso alla rideterminazione, da parte dei produttori e degli importatori di pneumatici o le rispettive forme associate, del contributo richiesto per l'anno solare in corso. I produttori e gli importatori di pneumatici o le loro eventuali forme associate devono utilizzare, nei due esercizi successivi, gli avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale per la gestione di pneumatici fuori uso, anche qualora siano stati fatti oggetto di specifico accordo di programma, protocollo d'intesa o accordo comunque denominato, ovvero per la riduzione del contributo ambientale [954].

     4. I produttori e gli importatori di pneumatici inadempienti agli obblighi di cui al comma 1 sono assoggettati ad una sanzione amministrativa pecuniaria proporzionata alla gravità dell'inadempimento, comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato.

 

     Art. 229. (combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q) [955]

     [1. Ai sensi e per gli effetti della parte quarta del presente decreto, il combustibile da rifiuti (Cdr), di seguito Cdr, e il combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q) di seguito CDR-Q, come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), sono classificati come rifiuto speciale [956].

     2. [Ferma restando l'applicazione della disciplina di cui al presente articolo, è escluso dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto il combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q), di seguito CDR-Q, come definito dall'articolo 183, comma 1, lettera s), prodotto nell'ambito di un processo produttivo che adotta un sistema di gestione per la qualità basato sullo standard UNI-EN ISO 9001 e destinato all'effettivo utilizzo in co-combustione, come definita dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 11 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 14 dicembre 1999, in impianti di produzione di energia elettrica e in cementifici, come specificato nel decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2002. Il Governo è autorizzato ad apportare le conseguenti modifiche al citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002] [957].

     3. La produzione del CDR e del CDR-Q deve avvenire nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti e rimane comunque subordinata al rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio dell'impianto previste dalla parte quarta del presente decreto. Nella produzione del CDR e del CDR-Q è ammesso per una percentuale massima del cinquanta per cento in peso l'impiego di rifiuti speciali non pericolosi. Per la produzione e l'impiego del CDR è ammesso il ricorso alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216.

     4. Ai fini della costruzione e dell'esercizio degli impianti di incenerimento o coincenerimento che utilizzano il CDR si applicano le specifiche disposizioni, comunitarie e nazionali, in materia di autorizzazione integrata ambientale e di incenerimento dei rifiuti. Per la costruzione e per l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica e per i cementifici che utilizzano CDR-Q si applica la specifica normativa di settore. [Le modalità per l'utilizzo del CDR-Q sono definite dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 [958]].

     5. [Il CDR-Q è fonte rinnovabile, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in misura proporzionale alla frazione biodegradabile in esso contenuta] [959].

     6. [Il CDR e il CDR-Q beneficiano del regime di incentivazione di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387] [960].]

 

     Art. 230. (rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture)

     1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.

     1-bis. I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani [961].

     2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per tre anni [962].

     3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.

     4. [Fermo restando quanto previsto nell'articolo 190, comma 3, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1] [963].

     5. I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, compresi le fosse settiche e manufatti analoghi nonchè i sistemi individuali di cui all'articolo 100, comma 3, e i bagni mobili, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva. La raccolta e il trasporto sono accompagnati da un unico documento di trasporto per automezzo e percorso di raccolta, il cui modello è adottato con deliberazione dell'Albo nazionale gestori ambientali entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Tali rifiuti possono essere conferiti direttamente a impianti di smaltimento o di recupero o, in alternativa, essere raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva, nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 183, comma 1, lettera bb). Il soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva è comunque tenuto all'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, ai sensi dell'articolo 212, comma 5, del presente decreto, per lo svolgimento delle attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, e all'iscrizione all'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi di cui all'articolo 1 della legge 6 giugno 1974, n. 298 [964].

 

     Art. 231. (veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)

     1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio, con esclusione di quelli disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2002, n. 209, che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 208, 209 e 210. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore.

     2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio di cui al comma 1 destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1, qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro.

     3. I veicoli a motore o i rimorchi di cui al comma 1 rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927, 928, 929 e 923 del codice civile sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti. Fino all'adozione di tale decreto, trova applicazione il decreto 22 ottobre 1999, n. 460.

     4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali delle case costruttrici rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione, da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale, dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA).

     5. La cancellazione dal PRA dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo o del rimorchio da parte del proprietario, il gestore del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale restituisce la carta di circolazione e le targhe ad uno sportello telematico dell'automobilista che provvede secondo le procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358 [965].

     6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.

     7. I gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5.

     8. [Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285] [966].

     9. Agli stessi obblighi di cui ai commi 7 e 8 sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4 del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

     10. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore o dei rimorchi ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. L'origine delle parti di ricambio immesse alla vendita deve risultare dalle fatture e dalle ricevute rilasciate al cliente.

     11. Le parti di ricambio attinenti alla sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli esercenti l'attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e, per poter essere utilizzate, ciascuna impresa di autoriparazione è tenuta a certificarne l'idoneità e la funzionalità.

     12. L'utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 10 e 11 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente.

     13. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 11. Fino all'adozione di tale decreto, si applicano i requisiti relativi ai centri di raccolta e le modalità di trattamento dei veicoli di cui all'Allegato I del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.

 

     Art. 232. (rifiuti prodotti dalle navi e residui di carico)

     1. La disciplina di carattere nazionale relativa ai rifiuti prodotti dalle navi ed ai residui di carico è contenuta nel decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 197 [967].

     2. Gli impianti che ricevono acque di sentina già sottoposte a un trattamento preliminare in impianti autorizzati ai sensi della legislazione vigente possono accedere alle procedure semplificate di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, fermo restando che le materie prime e i prodotti ottenuti devono possedere le caratteristiche indicate al punto 6.6.4 dell'Allegato 3 del predetto decreto, come modificato dal comma 3 del presente articolo.

     3. Ai punti 2.4 dell'allegato 1 e 6.6.4 dell'Allegato 3 del decreto 17 novembre 2005, n. 269 la congiunzione: "e" è sostituita dalla disgiunzione: "o".

 

     Art. 232 bis. (Rifiuti di prodotti da fumo). [968]

     1. I comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo.

     2. Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione.

     3. È vietato l'abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi.

 

     Art. 232 ter. (Divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni). [969]

     1. Al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell'ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, è vietato l'abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi.

 

     Art. 233. (consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti [970]) [971]

     1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un Consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237 [972].

     2. Il Consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonchè di libera concorrenza nelle attività di settore. Nel consiglio di amministrazione del Consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori di materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del Consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale [973].

     3. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

     a) assicurano la raccolta presso i soggetti di cui al comma 12, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;

     b) assicurano, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;

     c) promuovono lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e recupero degli oli e grassi vegetali e animali esausti.

     4. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti.

     5. Partecipano ai consorzi:

     a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti;

     b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti;

     c) le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti;

     d) eventualmente, le imprese che abbiano versato contributi di riciclaggio ai sensi del comma 10, lettera d).

     6. Le quote di partecipazione ai consorzi sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria,

     7. La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione dei consorzi che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto.

     8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dalla parte quarta del presente decreto, il consorzio può, nei limiti e nei modi determinati dallo statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi.

     9. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono, entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2, organizzare autonomamente la gestione degli oli e grassi vegetali e animali esausti su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'Autorità di cui all'articolo 207, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonoma mente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Autorità, dopo aver acquisito i necessari clementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Autorità è tenuta a presentare una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite [974].

     10. I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. Le risorse finanziarie dei consorzi sono costituite:

     a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;

     b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;

     c) dalle quote consortili;

     d) dal contributo ambientale a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno e ricadenti nelle finalità consortili di cui al comma 1, determinati annualmente con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, al fine di garantire l'equilibrio di gestione dei consorzi [975].

     11. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 9 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

     12. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività professionale, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli ai consorzi direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi, fermo restando quanto previsto al comma 9. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere oli e grassi vegetali e animali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

     13. Chiunque, in ragione della propria attività professionale ed in attesa del conferimento ai consorzi, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.

     14. Restano ferme le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti in materia di prodotti, sottoprodotti e rifiuti di origine animale.

     15. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 5 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 9, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per i soggetti di cui al comma 5, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione, successiva al termine di cui al comma 9, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui al medesimo comma 9, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo [976]].

 

     Art. 234. (consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene [977]) [978]

     1. Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 218, comma 1, lettere a), b), c), d), e) e dd), i beni, ed i relativi rifiuti, di cui agli articoli 227, comma 1, lettere a), b) e c), e 231. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237 [979].

     2. [Ai fini della presente disposizione, per beni in polietilene si intendono i beni composti interamente da polietilene individuati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico. L'elenco di beni in polietilene, di cui al periodo precedente, viene verificato con cadenza triennale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sulla base dei risultati conseguiti in termini di raccolta e ridda dei rifiuti dei predetti beni nonchè degli impatti ambientali generati dagli stessi. In fase di prima attuazione e fino all'emanazione del decreto di cui al presente comma, per beni in polietilene si intendono i teli e le reti ad uso agricolo quali i film per copertura di serre e tunnel, film per la copertura di vigneti e frutteti, film per pacciamatura, film per insilaggio, film per la protezione di attrezzi e prodotti agricoli, film per pollai, le reti ombreggianti, di copertura e di protezione] [980].

     3. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonchè di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri dì amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori con materie prime. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico [981].

     4. Ai consorzi partecipano:

     a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;

     b) gli utilizzatori e i distributori di beni in polietilene;

     c) i riciclatori e i recuperatoli di rifiuti di beni in polietilene.

     5. Ai consorzi possono partecipare in qualità di soci aggiunti i produttori ed importatori di materie prime in polietilene per la produzione di beni in polietilene e le imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei beni in polietilene. Le modalità di partecipazione vengono definite nell'ambito dello statuto di cui al comma 3.

     6. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 o adottano il sistema di cui al comma 7, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per i soggetti di cui ai commi 4 e 5, aderenti ad uno dei consorzi di cui al comma 1, la costituzione, successiva al termine di cui al comma 7, di nuovi consorzi o l'adozione del sistema di cui al medesimo comma 7, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo [982]].

     7. Gli operatori che non provvedono ai sensi del comma 1 possono entro centoventi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dello Statuto tipo ai sensi del comma 2:

     a) organizzare autonomamente la gestione dei rifiuti di beni in polietilene su tutto il territorio nazionale [983];

     b) mettere in atto un sistema di raccolta e restituzione dei beni in polietilene al termine del loro utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previo accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate [984].

     Nelle predette ipotesi gli operatori stessi devono richiedere all'osservatorio nazionale sui rifiuti, previa trasmissione di idonea documentazione, il riconoscimento del sistema adottato. A tal fine i predetti operatori devono dimostrare di aver organizzato il sistema secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, che il sistema è effettivamente ed autonomamente funzionante e che è in grado di conseguire, nell'ambito delle attività svolte, gli obiettivi fissati dal presente articolo. Gli operatori devono inoltre garantire che gli utilizzatori e gli utenti finali siano informati sulle modalità del sistema adottato. L'Osservatorio, dopo aver acquisito i necessari elementi di valutazione, si esprime entro novanta giorni dalla richiesta. In caso di mancata risposta nel termine sopra indicato, l'interessato chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione dei relativi provvedimenti sostitutivi da emanarsi nei successivi sessanta giorni. L'Osservatorio presenta una relazione annuale di sintesi relativa a tutte le istruttorie esperite [985].

     8. I consorzi di cui al comma 1 si propongono come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine i consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

     a) promuovono la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;

     b) assicurano la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene;

     c) promuovono la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;

     d) promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;

     e) assicurano l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento.

     9. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati, i consorzi possono ricorrere a forme di deposito cauzionale.

     10. I consorzi sono tenuti a garantire l'equilibrio della propria gestione finanziaria. I mezzi finanziari per il funzionamento del consorzi sono costituiti:

     a) dai proventi delle attività svolte dai consorzi;

     b) dai contributi dei soggetti partecipanti;

     c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;

     d) dall'eventuale contributo percentuale di riciclaggio di cui al comma 13.

     11. Le deliberazioni degli organi dei consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti.

     12. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I consorzi di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

     13. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio e, in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi, può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di beni di polietilene per il mercato interno. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive determina gli obiettivi di riciclaggio a valere per il primo biennio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Il contributo percentuale di riciclaggio è stabilito comunque in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. Con il medesimo decreto di cui al presente comma è stabilita anche l'entità dei contributi di cui al comma 10, lettera b) [986].

     14. Decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli a uno dei consorzi riconosciuti o direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzi stessi, fatto comunque salvo quanto previsto dal comma 7. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere i rifiuti di bene in polietilene ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

 

     Art. 235. (Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi [987]) [988]

     1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, tutte le imprese di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 15 del presente articolo, aderiscono al consorzio di cui al medesimo articolo 9-quinquies che adotta sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237 [989].

     2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonchè di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale [990].

     3. All'articolo 9-quinquies del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, il comma 6-bis, è sostituito dal presente: «Tutti i soggetti che effettuano attività di gestione del rifiuto di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, devono trasmettere contestualmente al Consorzio copia della comunicazione di cui all'articolo 189, per la sola parte inerente i rifiuti di batterie esauste e di rifiuti piombosi. Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189 comma 3» [991].

     4. [I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

     a) assicurare la gestione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

     b) cedere le batterie al piombo esauste e i rifiuti piombosi alle imprese che ne effettuano il recupero;

     c) assicurare il loro smaltimento, nel caso non sia possibile o economicamente conveniente il recupero, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento;

     d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di produzione, recupero e smaltimento;

     e) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi] [992].

     5. [Ai consorzi di cui al comma 1 partecipano:

     a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;

     b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;

     c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

     d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo] [993].

     6. [Le quote di partecipazione dei consorziati sono determinate di anno in anno con i criteri di cui al comma 3-bis dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal comma 16 del presente articolo] [994].

     7. [Le deliberazioni degli organi dei consorzi di cui al presente articolo, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono obbligatorie per tutte le imprese partecipanti] [995].

     8. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 15 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei consorzi di cui al comma 1 entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività [996].

     9. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento ai consorzi, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti, fermo restando quanto previsto al comma 3. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere le batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

     10. All'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, il comma 7 è sostituito dal seguente: «Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un contributo ambientale sulla vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del contributo ambientale [997].

     11. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il sovrapprezzo di cui al comma 10, la percentuale dei costi da coprirsi con l'applicazione di tale contributo ambientale [998].

     12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento ai sensi del comma 9, detenga batterie esauste è obbligato a stoccare le batterie stesse in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

     13. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione; inoltre, entro il 31 maggio di ogni anno, tali soggetti presentano agli stessi Ministri una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

     14. Al comma 2 dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è aggiunta la seguente lettera: «d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi».

     15. Il comma 3 dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è sostituito dal seguente:

     «Al Consorzio, che è dotato di personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro, partecipano:

     a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in lega;

     b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;

     c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi;

     d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al piombo.».

     16. Dopo il comma 3, dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è inserito il seguente:

     «3-bis: Nell'ambito di ciascuna categoria, le quote di partecipazione da attribuire ai singoli soci sono determinate come segue:

     a) per le imprese di riciclo di cui alla lettera a) del comma 3 sono determinate in base al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti alla stessa categoria;

     b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lettera b) del comma 3, sono determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei rimborsi;

     c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell'artigianato che installano le batterie di avviamento al piombo.» [999].

     17. [Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Consorzio di cui dell'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, adegua il proprio statuto ai princìpi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore. Lo statuto adottato è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che lo approva, di concerto con il Ministro delle attività produttive, nei successivi novanta giorni, salvo motivate osservazioni cui il citato Consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il citato Consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive] [1000].

     18. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.

 

     Art. 236. (consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati [1001]) [1002]

     1. Al fine di razionalizzare e organizzare la gestione degli oli minerali usati, da avviare obbligatoriamente alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base, le imprese di cui al comma 4, sono tenute a partecipare all'assolvimento dei compiti previsti al comma 12 tramite adesione al consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. I consorzi adottano sistemi di gestione conformi ai principi di cui all'articolo 237 [1003].

     2. Il consorzio di cui al comma 1, già riconosciuto dalla previgente normativa, ha personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro e adegua il proprio statuto in conformità allo schema tipo approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centoventi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ai principi contenuti nel presente decreto ed in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonchè di libera concorrenza nelle attività di settore. Nei consigli di amministrazione del consorzio il numero dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei raccoglitori e dei riciclatori dei rifiuti deve essere uguale a quello dei consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei produttori. Lo statuto adottato dal consorzio è trasmesso entro quindici giorni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, che lo approva di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, salvo motivate osservazioni cui il consorzio è tenuto ad adeguarsi nei successivi sessanta giorni. Qualora il consorzio non ottemperi nei termini prescritti, le modifiche allo statuto sono apportate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale [1004].

     3. Le imprese che eliminano gli oli minerali usati tramite co-combustione e all'uopo debitamente autorizzate e gli altri consorzi di cui al presente articolo sono tenute a fornire al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, i dati tecnici di cui al comma 12, lettera h), affinché tale consorzio comunichi annualmente tutti i dati raccolti su base nazionale ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa. Alla violazione dell'obbligo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 258 per la mancata comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3 [1005].

     4. Ai Consorzi partecipano in forma paritetica tutte le imprese che:

     a) le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini; b) le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione; c) le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati; d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti [1006].

     5. Le quote di partecipazione al consorzio sono ripartite fra le categorie di imprese di cui al comma 4 e nell'ambito di ciascuna di esse sono attribuite in proporzione delle quantità di lubrificanti prodotti, commercializzati rigenerati o recuperati [1007].

     6. Le deliberazioni degli organi dei Consorzi, adottate in relazione alle finalità della parte quarta del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i consorziati. [La rappresentanza negli organi elettivi dei Consorzi è attribuita in misura pari all'ottanta per cento alle imprese che producono oli base vergini e immettono sul mercato oli lubrificanti finiti e in misura pari al venti per cento alle imprese che producono e immettono al consumo oli lubrificanti rigenerati [1008]].

     7. I consorzi determinano annualmente, con riferimento ai costi sopportati nell'anno al netto dei ricavi per l'assolvimento degli obblighi di cui al presente articolo, il contributo per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà messo a consumo nell'anno successivo. Ai fini della parte quarta del presente decreto si considerano immessi al consumo gli oli lubrificanti di base e finiti all'atto del pagamento dell'imposta di consumo.

     8. Le imprese partecipanti sono tenute a versare al consorzio i contributi dovuti da ciascuna di esse secondo le modalità ed i termini fissati ai sensi del comma 9.

     9. Le modalità e i termini di accertamento, riscossione e versamento dei contributi di cui al comma 8, sono stabiliti con decreto del Ministro della economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dall'approvazione dello statuto del consorzio.

     10. I consorzi di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive i bilanci preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I Consorzi di cui al comma 1, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente.

     11. Lo statuto di cui al comma 2, prevede, in particolare, gli organi dei consorzi e le relative modalità di nomina.

     12. I consorzi svolgono per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti:

     a) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle tematiche della raccolta;

     b) assicurare ed incentivare la raccolta degli oli usati ritirandoli dai detentori e dalle imprese autorizzate;

     c) espletare direttamente la attività di raccolta degli oli usati dai detentori che ne facciano richiesta nelle aree in cui la raccolta risulti difficoltosa o economicamente svantaggiosa;

     d) selezionare gli oli usati raccolti ai fini della loro corretta eliminazione tramite rigenerazione, combustione o smaltimento;

     e) cedere gli oli usati raccolti:

     1) in via prioritaria, alla rigenerazione tesa alla produzione di oli base;

     2) in caso ostino effettivi vincoli di carattere tecnico economico e organizzativo, alla combustione o coincenerimento;

     3) in difetto dei requisiti per l'avvio agli usi di cui ai numeri precedenti, allo smaltimento tramite incenerimento o deposito permanente;

     f) perseguire ed incentivare lo studio, la sperimentazione e la realizzazione di nuovi processi di trattamento e di impiego alternativi:

     g) operare nel rispetto dei principi di concorrenza, di libera circolazione dei beni, di economicità della gestione, nonché della tutela della salute e dell'ambiente da ogni inquinamento dell'aria, delle acque del suolo;

     h) annotare ed elaborare tutti i dati tecnici relativi alla raccolta ed eliminazione degli oli usati e comunicarli annualmente al Consorzio di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, affinché tale Consorzio li trasmetta ai Ministeri che esercitano il controllo, corredati da una relazione illustrativa;

     i) concordare con le imprese che svolgono attività di rigenerazione i parametri tecnici per la selezione degli oli usati idonei per l’avvio alla rigenerazione [1009];

     l) incentivare la raccolta di oli usati rigenerabili [1010];

     l-bis) cedere gli oli usati rigenerabili raccolti alle imprese di rigenerazione che ne facciano richiesta in ragione del rapporto fra quantità raccolte e richieste, delle capacità produttive degli impianti previste dalle relative autorizzazioni e, per gli impianti già in funzione, della pregressa produzione di basi lubrificanti rigenerate di qualità idonea per il consumo [1011];

     l-ter) corrispondere alle imprese di rigenerazione un corrispettivo a fronte del trattamento determinato in funzione della situazione corrente del mercato delle basi lubrificanti rigenerate, dei costi di raffi nazione e del prezzo ricavabile dall’avvio degli oli usati al riutilizzo tramite combustione; tale corrispettivo sarà erogato con riferimento alla quantità di base lubrificante ottenuta per tonnellata di olio usato, di qualità idonea per il consumo ed effettivamente ricavata dal processo di rigenerazione degli oli usati ceduti dal consorzio all’impresa stessa [1012];

     l-quater) assicurare l’avvio alla combustione dell’olio usato non rigenerabile ma riutilizzabile ovvero dell’olio rigenerabile non ritirato dalle imprese di rigenerazione e lo smaltimento dell’olio usato non riutilizzabile nel rispetto delle disposizioni contro l’inquinamento [1013].

     13. I consorzi possono svolgere le proprie funzioni sia direttamente che tramite mandati conferiti ad imprese per determinati e limitati settori di attività o determinate aree territoriali. L'attività dei mandatari è svolta sotto la direzione e la responsabilità dei consorzi stessi.

     14. I soggetti giuridici appartenenti alle categorie di cui al comma 4 che vengano costituiti o inizino comunque una delle attività proprie delle categorie medesime successivamente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto aderiscono ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, entro sessanta giorni dalla data di costituzione o di inizio della propria attività. [Resta altresì consentita per i predetti soggetti, aderenti ad uno dei Consorzi di cui al comma 1, la costituzione di nuovi Consorzi, decorso almeno un biennio dalla data di adesione al precedente Consorzio e fatto salvo l'obbligo di corrispondere i contributi maturati nel periodo [1014]].

     15. Decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 2, chiunque detiene oli minerali esausti è obbligato al loro conferimento ai Consorzi di cui al comma 1, direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere gli oli minerali esausti ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea.

     16. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi di cui al comma 1 nelle riserve costituenti il patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito, a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi medesimi.

 

     Art. 237. (Criteri direttivi dei sistemi di gestione). [1015]

     1. Al fine di migliorare la qualità dell'ambiente e per contribuire alla transizione verso un'economia circolare, i sistemi di gestione adottati favoriscono misure intese, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti tenuto conto dell'obsolescenza programmata, nonchè a incentivare il riciclaggio, la simbiosi industriale e altre forme di recupero, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti, tenendo conto dei principi di cui all'articolo 178 e dei criteri di cui all'articolo 179 del presente decreto legislativo. I Consorzi ovvero i sistemi di gestione in forma individuale o collettiva, di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo, già istituiti ovvero riconosciuti ovvero in corso di riconoscimento, operano sull'intero territorio nazionale senza generare distorsioni della concorrenza, curano per conto dei produttori la gestione dei rifiuti provenienti dai prodotti che immettono sul mercato nazionale e dai prodotti importati in condizioni non discriminatorie, in modo da evitare ostacoli al commercio, adempiono ai propri obblighi senza limitare le operazioni di raccolta e di gestione alle aree più proficue [1016].

     2. I sistemi di gestione adottati devono essere aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati, assicurando il rispetto del principio di trasparenza e di non discriminazione, garantiscono la continuità dei servizi di gestione dei rifiuti sull'anno solare di riferimento, ancorchè siano stati conseguiti gli obiettivi generali e specifici ad essi applicabili, nonchè adeguata attività di informazione ai detentori di rifiuti sulle misure di prevenzione e di riutilizzo, sui sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti anche al fine di prevenire la dispersione degli stessi.

     3. I produttori del prodotto, dispongono dei mezzi finanziari ovvero dei mezzi finanziari e organizzativi della gestione del ciclo di vita in cui il prodotto diventa rifiuto; tale responsabilità finanziaria non supera i costi necessari per la prestazione di tali servizi; i costi sono determinati in modo trasparente tra gli attori interessati, inclusi i produttori di prodotti, i sistemi collettivi che operano per loro conto e le autorità pubbliche; a tal fine, i produttori del prodotto, ovvero i sistemi collettivi, determinano il contributo ambientale secondo le modalità di cui al comma 4.

     4. Il contributo ambientale, determinato per tipologia, per unità o per peso del prodotto immesso sul mercato nazionale, assicura la copertura dei costi di gestione del rifiuto da esso generato in conformità ai principi di cui all'articolo 178, al netto degli introiti ricavati dal riutilizzo, dalla vendita dei rifiuti derivanti dai propri prodotti, dalla vendita delle materie prime secondarie ottenute dai prodotti, nonchè da eventuali cauzioni di deposito non reclamate. Esso è modulato, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, tenuto conto della loro durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità, nonchè della presenza di sostanze pericolose, garantendo un approccio basato sul ciclo di vita del prodotto e il buon funzionamento del mercato interno [1017].

     5. Il contributo è inoltre impiegato per accrescere l'efficienza della filiera, mediante attività di ricerca scientifica applicata all'ecodesign dei prodotti e allo studio di nuove tecnologie e sistemi innovativi per la gestione dei relativi rifiuti.

     6. Annualmente, entro il 30 settembre, i sistemi di gestione adottati presentano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'ISPRA un programma pluriennale di prevenzione della produzione dei rifiuti e un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno solare successivo, nonchè, entro il 31 maggio di ogni anno, un piano specifico di prevenzione relativo all'anno solare precedente, comprensivo della relazione sulla gestione e del bilancio. I documenti contengono le misure atte a conseguire almeno i seguenti obiettivi: la prevenzione della formazione dei rifiuti, attraverso modelli di produzione e consumo sostenibili; la progettazione, la fabbricazione e l'uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, anche in termini di durata di vita e di assenza di obsolescenza programmata, scomponibili, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili, nonchè l'utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione; la promozione dell'ecodesign per i prodotti che contengono materie prime critiche onde evitare che tali materie diventino rifiuti; la promozione della riduzione del contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti, fatti salvi i requisiti giuridici armonizzati relativi a tali materiali e prodotti stabiliti a livello dell'Unione; l'accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di riutilizzabili rispetto alla quantità di prodotti non riutilizzabili; l'accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti sottoposti alle operazioni di preparazione per il riutilizzo e riciclabili rispetto alla quantità di rifiuti non sottoposti ad operazioni di preparazione per il riutilizzo e non riciclabili; il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio. La relazione sulla gestione relativa all'anno solare precedente, inoltre, riporta [1018]:

     a) l'indicazione nominativa degli operatori economici che partecipano al sistema;

     b) i dati sui prodotti immessi sul mercato nazionale, sui rifiuti raccolti e trattati, e sui quantitativi recuperati e riciclati;

     c) le modalità di determinazione del contributo ambientale;

     d) le finalità per le quali è utilizzato il contributo ambientale;

     e) l'indicazione delle procedure di selezione dei gestori di rifiuti di filiera, secondo la normativa vigente, nonchè dell'elenco degli stessi gestori individuati per area geografica e che operano sull'intero territorio nazionale;

     f) le eventuali ragioni che impediscono il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo previsti, con le relative misure e interventi correttivi finalizzati ad assicurare il raggiungimento degli stessi. In presenza di più attività produttive, il centro di costo afferente all'attività di gestione del fine vita del prodotto è evidenziato in una contabilità dedicata, tale da mostrare tutte le componenti di costo associate al contributo ambientale effettivamente sostenute. Eventuali avanzi di gestione derivanti dal contributo ambientale non concorrono alla formazione del reddito. È fatto divieto di distribuire utili e avanzi di esercizio ai consorziati. L'avanzo di gestione proveniente dal contributo ambientale costituisce anticipazione per l'esercizio successivo e ne determina la riduzione del suo importo nel primo esercizio successivo.

     7. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ove non ritenga congruo il contributo determinato, provvede a nuova determinazione. I sistemi collettivi si conformano alle indicazioni del Ministero ed applicano il contributo come determinato nell'esercizio finanziario successivo.

     8. Il contributo ambientale versato in conformità alle disposizioni di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto legislativo ad un sistema collettivo, ovvero ad un consorzio ex lege o ad un sistema alternativo, esclude l'assoggettamento del medesimo bene, e delle materie prime che lo costituiscono, ad altro contributo ambientale previsto dalla parte quarta del presente decreto legislativo. La presente disposizione si applica con efficacia retroattiva [1019].

     9. I sistemi collettivi già istituiti si conformano ai principi e criteri contenuti negli articoli 178-bis e 178-ter entro il 5 gennaio 2023.

     10. I produttori che non intendono aderire ai sistemi collettivi esistenti di cui al Titolo III, presentano al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare una apposita istanza di riconoscimento per la costituzione di un sistema autonomo in forma individuale ovvero collettiva, avente personalità giuridica di diritto privato, senza scopo di lucro, retto da uno statuto conforme ai principi del presente decreto, nonchè allo statuto tipo. Il riconoscimento è effettuato secondo le modalità contenute nell'articolo 221-bis, in quanto compatibili con il regime specifico applicabile.

 

TITOLO III-bis [1020]

INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI

 

     Art. 237 bis. (Finalità e oggetto). [1021]

     1. Il presente titolo definisce le misure e le procedure atte a prevenire oppure, qualora non sia possibile, a ridurre gli effetti negativi delle attività di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti, ed in particolare le emissioni delle suddette attività nell'aria, nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee, al fine di conseguire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di tutela della salute umana.

     2. Ai fini di cui al comma 1, il presente titolo disciplina:

     a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;

     b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti;

     c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonchè le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento all'esigenza di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti.

 

     Art. 237 ter. (Definizioni). [1022]

     1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo si definiscono:

     a) "rifiuti urbani misti": i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, del presente decreto legislativo, ad esclusione di quelli individuati al sottocapitolo 20.01, che sono oggetto di raccolta differenziata, e al sottocapitolo 20.02 di cui all'Allegato D alla Parte Quarta;

     b) "impianto di incenerimento": qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione, attraverso l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonchè altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di incenerimento si intendono compresi: il sito e tutte le linee di incenerimento, nonchè i luoghi di ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento, i luoghi di stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione in rifiuti, in combustibile ausiliario e in aria di combustione, le caldaie, le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi, le installazioni di trattamento o stoccaggio in loco dei residui e delle acque reflue, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle operazioni di incenerimento, di registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l'impianto di incenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di incenerimento [1023];

     c) "impianto di coincenerimento": qualsiasi unità tecnica, fissa o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento, mediante ossidazione dei rifiuti, nonchè altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. Nella nozione di impianto di coincenerimento si intendono compresi: il sito e l'intero impianto, compresi le linee di coincenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di coincenerimento, le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di coincenerimento. Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione o il processo al plasma, l'impianto di coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che il successivo processo di coincenerimento. Se il coincenerimento dei rifiuti avviene in modo che la funzione principale dell'impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico ai fini dello smaltimento dei rifiuti, l'impianto è considerato un impianto di incenerimento dei rifiuti ai sensi della lettera b) [1024];

     d) "impianto di incenerimento e coincenerimento esistente": un impianto autorizzato prima del 28 dicembre 2002, purchè lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2003; ovvero un impianto per il quale la domanda di autorizzazione sia stata richiesta all'autorità competente entro il 28 dicembre 2002, purchè lo stesso sia stato messo in funzione entro il 28 dicembre 2004;

     e) "impianto di incenerimento e coincenerimento nuovo": impianto diverso da quello ricadente nella definizione di impianto esistente;

     f) "modifica sostanziale": una modifica delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento di un'installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che potrebbe avere effetti negativi e significativi per la salute umana e per l'ambiente;

     g) "camino": una struttura contenente una o più canne di scarico che forniscono un condotto attraverso il quale lo scarico gassoso viene disperso nell'atmosfera;

     h) "capacità nominale": la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono un impianto di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa in quantità di rifiuti che può essere incenerita in un'ora, rapportata al potere calorifico dichiarato dei rifiuti;

     l) "carico termico nominale": la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono l'impianto, quali dichiarate dal costruttore e confermate dal gestore, espressa come prodotto tra la quantità oraria di rifiuti inceneriti ed il potere calorifico dichiarato dei rifiuti;

     m) "ore operative": il tempo, espresso in ore, durante cui un impianto di combustione, in tutto o in parte, è in funzione e scarica emissioni nell'atmosfera, esclusi i periodi di avvio o di arresto;

     n) "emissione": lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'installazione, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo;

     o) "valori limite di emissione": la massa, espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione oppure il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo;

     p) "diossine e furani": tutte le dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati di cui alla nota 1 alla lettera a), del punto 4, al paragrafo A dell'Allegato 1;

     q) "gestore": la persona fisica o giuridica di cui all'articolo 5, comma 1, lettera r-bis);

     r) "residuo": qualsiasi materiale liquido o solido, comprese le scorie e le ceneri pesanti, le ceneri volanti e la polvere di caldaia, i prodotti solidi di reazione derivanti dal trattamento del gas, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, i catalizzatori esauriti e il carbone attivo esaurito, definito come rifiuto all'articolo 183, comma 1, lettera a), generato dal processo di incenerimento o di coincenerimento, dal trattamento degli effluenti gassosi o delle acque reflue o da altri processi all'interno dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento;

     s) "biomassa": per biomassa si intendono:

     1) prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile per recuperarne il contenuto energetico;

     2) i rifiuti seguenti:

     2.1) rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

     2.2) rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;

     2.3) rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e di produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;

     2.4) rifiuti di sughero;

     2.5) rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, ottenuti a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;

     t) "autorizzazione": la decisione o più decisioni scritte, emanate dall'autorità competente ai fini di autorizzare la realizzazione e l'esercizio degli impianti di cui alle lettere b) e c), in conformità a quanto previsto nel presente titolo.

 

     Art. 237 quater. (Ambito di applicazione ed esclusioni). [1025]

     1. Il presente titolo si applica agli impianti di incenerimento e agli impianti di coincenerimento dei rifiuti solidi o liquidi.

     2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente titolo:

     a) gli impianti di gassificazione o di pirolisi, se i gas prodotti da siffatto trattamento termico dei rifiuti sono purificati in misura tale da non costituire più rifiuti prima del loro incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla combustione di gas naturale;

     b) gli impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti:

     1) rifiuti di cui all'articolo 237-ter, comma 1, lettera s), numero 2);

     2) rifiuti radioattivi;

     3) rifiuti animali, come regolati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano;

     4) rifiuti derivanti dalla prospezione e dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e di gas nelle installazioni offshore e inceneriti a bordo di queste ultime;

     c) impianti sperimentali utilizzati a fini di ricerca, sviluppo e sperimentazione per migliorare il processo di incenerimento che trattano meno di 50 t di rifiuti all'anno.

 

     Art. 237 quinquies. (Domanda di autorizzazione). [1026]

     1. La realizzazione e l'esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti rientranti nell'ambito di applicazione del presente titolo devono essere autorizzati ai sensi delle seguenti disposizioni:

     a) per gli impianti non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 13, si applica l'articolo 208;

     b) per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 13 del presente decreto legislativo si applicano le disposizioni del Titolo III-bis della Parte Seconda.

     2. La domanda per il rilascio dell'autorizzazione deve contenere in particolare una descrizione delle misure previste per garantire che siano rispettate le seguenti prescrizioni:

     a) l'impianto è progettato e attrezzato e sarà gestito e sottoposto a manutenzione in maniera conforme ai requisiti del presente titolo, tenendo conto delle categorie di rifiuti da incenerire o da coincenerire;

     b) il calore generato durante il processo di incenerimento e di coincenerimento è recuperato, per quanto praticabile, attraverso la produzione di calore, vapore o energia;

     c) i residui sono ridotti al minimo in quantità e nocività e riciclati ove opportuno;

     d) lo smaltimento dei residui che non possono essere evitati, limitati o riciclati sarà effettuato nel rispetto della Parte IV;

     e) le tecniche di misurazione proposte per le emissioni negli effluenti gassosi e nelle acque di scarico sono conformi ai requisiti dell'Allegato 1, lettera C, e dell'Allegato 2, lettera C, al presente Titolo.

     3. Per gli impianti di produzione di energia elettrica tramite coincenerimento, per cui il produttore fornisca documentazione atta a dimostrare che la producibilità imputabile a fonti rinnovabili, per il quinquennio successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell'impianto, sia superiore al 50 per cento della producibilità complessiva di energia elettrica, si applica il procedimento di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

 

     Art. 237 sexies. (Contenuto dell'autorizzazione). [1027]

     1. L'autorizzazione alla realizzazione ed esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento deve in ogni caso indicare esplicitamente:

     a) un elenco di tutti i tipi di rifiuti che possono essere trattati nell'impianto, individuati mediante il riferimento ai relativi codici dell'elenco europeo dei rifiuti, nonchè l'informazione sulla quantità di ciascun tipo di rifiuti autorizzati;

     b) la capacità nominale e il carico termico nominale autorizzato dell'impianto;

     c) i valori limite per le emissioni nell'atmosfera e nell'acqua per ogni singolo inquinante;

     d) le procedure e la frequenza di campionamento e misurazione da utilizzare per rispettare le condizioni fissate per il controllo delle emissioni, nonchè la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione;

     e) il periodo massimo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le emissioni nell'atmosfera e gli scarichi di acque reflue possono superare i valori limite di emissione previsti;

     f) i periodi massimi di tempo per l'avviamento e l'arresto durante il quale non vengono alimentati rifiuti come disposto all'articolo 237-octies, comma 11, del presente Titolo e conseguentemente esclusi dal periodo di effettivo funzionamento dell'impianto ai fini dell'applicazione dell'Allegato 1, paragrafo A, punto 5, e paragrafo C, punto 1;

     g) le modalità e la frequenza dei controlli programmati per accertare il rispetto delle condizioni e delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione medesima, da effettuarsi, ove non diversamente disposto, da parte delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, con oneri a carico del gestore;

     h) il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce altresì la data entro cui devono essere comunicati all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonchè il numero dei campionamenti da realizzare.

     2. In aggiunta alle prescrizioni di cui al comma 1, l'autorizzazione rilasciata per un impianto di incenerimento e di coincenerimento che utilizza rifiuti pericolosi contiene:

     a) un elenco delle quantità ed i poteri calorifici inferiori minimi e massimi delle diverse tipologie di rifiuti pericolosi che possono essere trattati nell'impianto;

     b) i flussi di massa minimi e massimi di tali rifiuti pericolosi, i loro valori calorifici minimi e massimi e il loro contenuto massimo di policlorobifenile, pentaclorofenolo, cloro, fluoro, zolfo, metalli pesanti e altre sostanze inquinanti.

     3. Per quanto concerne il coincenerimento dei propri rifiuti nel luogo di produzione in caldaie a corteccia utilizzate nelle industrie della pasta di legno e della carta, l'autorizzazione è subordinata almeno alle seguenti condizioni:

     a) devono essere adottate tecniche tali da assicurare il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, paragrafo A, per il carbonio organico totale [1028];

     b) le condizioni d'esercizio autorizzate non devono dare luogo ad una maggior quantità di residui o a residui con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui al presente articolo.

     3-bis. L'autorità competente riesamina periodicamente e aggiorna, ove necessario, le condizioni di autorizzazione [1029].

 

     Art. 237 septies. (Consegna e ricezione dei rifiuti). [1030]

     1. Il gestore dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento adotta tutte le precauzioni necessarie riguardo alla consegna e alla ricezione dei rifiuti per evitare o limitare per quanto praticabile gli effetti negativi sull'ambiente, in particolare l'inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee nonchè altri effetti negativi sull'ambiente, odori e rumore e i rischi diretti per la salute umana. Tali misure devono soddisfare almeno le prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 5.

     2. Prima dell'accettazione dei rifiuti nell'impianto di incenerimento o di coincenerimento, il gestore determina la massa di ciascun tipo di rifiuti, possibilmente individuati in base all'elenco europeo dei rifiuti.

     3. Prima dell'accettazione dei rifiuti pericolosi nell'impianto di incenerimento o nell'impianto di coincenerimento, il gestore raccoglie informazioni sui rifiuti al fine di verificare l'osservanza dei requisiti previsti dall'autorizzazione, in particolare quelli di cui all'articolo 237-sexies.

     4. Le informazioni di cui al comma 3 comprendono quanto segue:

     a) tutti i dati di carattere amministrativo sul processo produttivo contenuti nei documenti di cui al comma 5, lettera a);

     b) la composizione fisica e, se possibile, chimica dei rifiuti e tutte le altre informazioni necessarie per valutarne l'idoneità ai fini del previsto processo di incenerimento e coincenerimento;

     c) le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti, le sostanze con le quali non possono essere mescolati e le precauzioni da adottare nella manipolazione dei rifiuti.

     5. Prima dell'accettazione dei rifiuti pericolosi nell'impianto di incenerimento o di coincenerimento il gestore applica almeno le seguenti procedure:

     a) controllo dei documenti prescritti ai sensi della Parte Quarta, e, se del caso, di quelli prescritti dal regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alla spedizione di rifiuti e dalla legislazione in materia di trasporto di merci pericolose;

     b) ad esclusione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo e di eventuali altri rifiuti individuati dall'autorità competente, per i quali il campionamento risulti inopportuno, devono essere prelevati campioni rappresentativi. Questa operazione va effettuata, per quanto possibile, prima del conferimento nell'impianto, per verificarne mediante controlli la conformità all'autorizzazione nonchè alle informazioni di cui ai commi 3 e 4, e per consentire alle autorità competenti di identificare la natura dei rifiuti trattati. I campioni sono conservati per almeno un mese dopo l'incenerimento o il coincenerimento dei rifiuti da cui sono stati prelevati.

     6. L'autorità competente, in sede di autorizzazione, può concedere deroghe ai commi 2, 3 4 e 5, lettera a), per gli impianti di incenerimento o di coincenerimento che sono parte di un'installazione di cui al Titolo III-bis della Parte Seconda a condizione che inceneriscano o coinceneriscano esclusivamente i propri rifiuti, nel luogo in cui gli stessi sono stati prodotti, e che venga garantito il rispetto delle previsioni del presente titolo, anche mediante la prescrizione di misure specifiche che tengano conto delle masse e delle categorie di tali rifiuti.

 

     Art. 237 octies. (Condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e coincenerimento). [1031]

     1. Nell'esercizio dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere adottate tutte le misure affinchè le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pretrattamenti e la movimentazione dei rifiuti, nonchè per la movimentazione o lo stoccaggio dei residui prodotti, siano progettate e gestite in modo da ridurre le emissioni e gli odori, secondo le migliori tecniche disponibili.

     2. Gli impianti di incenerimento devono essere gestiti in modo da ottenere il più completo livello di incenerimento possibile, adottando, se necessario, adeguate tecniche di pretrattamento dei rifiuti. Le scorie e le ceneri pesanti prodotte dal processo di incenerimento non possono presentare un tenore di incombusti totali, misurato come carbonio organico totale, di seguito denominato TOC, superiore al 3 per cento in peso, o una perdita per ignizione superiore al 5 per cento in peso sul secco.

     3. Gli impianti di incenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che, dopo l'ultima immissione di aria di combustione, i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni più sfavorevoli, ad una temperatura di almeno 850° C per almeno due secondi. Tale temperatura è misurata in prossimità della parete interna della camera di combustione, o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione indicato dall'autorità competente.

     4. Gli impianti di coincenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che i gas prodotti dal coincenerimento dei rifiuti siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni più sfavorevoli previste, ad una temperatura di almeno 850°C per almeno due secondi.

     5. Se vengono inceneriti e coinceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l'1 per cento di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la temperatura necessaria per osservare il disposto del secondo e terzo comma è pari ad almeno 1100°C per almeno due secondi.

     6. Ciascuna linea dell'impianto di incenerimento deve essere dotata di almeno un bruciatore ausiliario da utilizzare, nelle fasi di avviamento e di arresto dell'impianto, per garantire l'innalzamento ed il mantenimento della temperatura minima stabilita ai sensi dei commi 3 e 5 e all'articolo 237-nonies, durante tali operazioni e fintantochè vi siano rifiuti nella camera di combustione. Tale bruciatore deve entrare in funzione automaticamente in modo da evitare, anche nelle condizioni più sfavorevoli, che la temperatura dei gas di combustione, dopo l'ultima immissione di aria di combustione, scenda al di sotto delle temperature minima stabilite ai commi 3 e 5 e all'articolo 237-nonies, fino a quando vi è combustione di rifiuto. Il bruciatore ausiliario non deve essere alimentato con combustibili che possano causare emissioni superiori a quelle derivanti dalla combustione di gasolio, gas liquefatto e gas naturale.

     7. Prima dell'inizio delle operazioni di incenerimento o coincenerimento, l'autorità competente verifica che l'impianto sia conforme alle prescrizioni alle quali è stato subordinato il rilascio dell'autorizzazione. I costi di tale verifica sono a carico del titolare dell'impianto. L'esito della verifica non comporta in alcun modo una minore responsabilità per il gestore.

     8. Qualora l'autorità competente non provvede alla verifica di cui al comma precedente entro trenta giorni dalla ricezione della relativa richiesta, il titolare può dare incarico ad un soggetto abilitato di accertare che l'impianto soddisfa le condizioni e le prescrizioni alle quali è stato subordinato il rilascio dell'autorizzazione. L'esito dell'accertamento è fatto pervenire all'autorità competente e, se positivo, trascorsi quindici giorni, consente l'attivazione dell'impianto.

     9. Al fine di ridurre l'impatto dei trasporti di rifiuti destinati agli impianti di incenerimento in fase progettuale può essere prevista la realizzazione di appositi collegamenti ferroviari con oneri a carico dei soggetti gestori di impianti. L'approvazione di tale elemento progettuale nell'ambito della procedura di autorizzazione, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

     10. La dismissione degli impianti deve avvenire nelle condizioni di massima sicurezza ed il sito deve essere bonificato e ripristinato ai sensi della normativa vigente.

     11. Gli impianti di incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire l'alimentazione di rifiuti in camera di combustione nei seguenti casi:

     a) all'avviamento, finchè non sia raggiunta la temperatura minima stabilita ai commi 3, 4 e 5 e la temperatura prescritta ai sensi dell'articolo 237-nonies;

     b) qualora la temperatura nella camera di combustione scenda al di sotto di quella minima stabilita ai sensi dei commi 3, 4 e 5, oppure della temperatura prescritta ai sensi dell'articolo 237-nonies;

     c) qualora le misurazioni in continuo degli inquinanti negli effluenti indichino il superamento di uno qualsiasi dei valori limite di emissione, a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione degli scarichi gassosi.

     12. Il calore generato durante il processo di incenerimento o coincenerimento è recuperato per quanto tecnicamente possibile.

     13. I rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono introdotti direttamente nel forno di incenerimento senza prima essere mescolati con altre categorie di rifiuti e senza manipolazione diretta.

     14. La gestione operativa degli impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti deve essere affidata a persone fisiche tecnicamente competenti.

 

     Art. 237 nonies. (Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale dell'attività). [1032]

     1. Per determinate categorie di rifiuti o determinati processi termici, l'autorità competente può, in sede di autorizzazione, prevedere espressamente l'applicazione di prescrizioni diverse da quelle riportate ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 237-octies, nonchè, per quanto riguarda la temperatura, di cui al comma 11 dell'articolo 237-octies, purchè nell'impianto di incenerimento e di coincenerimento siano adottate tecniche tali da assicurare:

     a) il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, parte A, per l'incenerimento e Allegato 2, parte A, per il coincenerimento;

     b) che le condizioni d'esercizio autorizzate non diano luogo ad una maggior quantità di residui o a residui con un più elevato tenore di inquinanti organici rispetto ai residui ottenibili applicando le prescrizioni di cui all'articolo 237-octies.

     1-bis. Per le emissioni di carbonio organico totale e monossido di carbonio degli impianti di coincenerimento dei rifiuti, autorizzati a modificare le condizioni di esercizio, è comunque assicurato il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, paragrafo A [1033].

     2. Le autorità competenti comunicano Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tutte le condizioni di esercizio autorizzate ai sensi del presente articolo e i risultati delle verifiche effettuate anche alla luce delle relazioni annuali di cui all'articolo 237-septiesdecies. Il Ministero provvede a comunicare alla Commissione europea le informazioni ricevute nell'ambito delle relazioni di cui all'articolo 29-terdecies.

     3. Se un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti tratta esclusivamente rifiuti non pericolosi, la modifica dell'attività che comporti l'incenerimento o il coincenerimento di rifiuti pericolosi è considerata sostanziale.

 

     Art. 237 decies. (Coincenerimento di olii usati). [1034]

     1. È vietato il coincenerimento di oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 50 parti per milione. Tale divieto deve essere espressamente menzionato nell'autorizzazione concessa dall'autorità competente ad impianti di coincenerimento che utilizzano rifiuti pericolosi.

     2. Il coincenerimento di olii usati, fermo restando il divieto di cui al comma 1, è autorizzato secondo le disposizioni del presente titolo, a condizione che siano rispettate le seguenti ulteriori prescrizioni:

     a) gli oli usati come definiti all'articolo 183, comma 1, lettera c), siano conformi ai seguenti requisiti:

     1) la quantità di policlorodifenili (PCB) di cui al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, e successive modificazioni, e degli idrocarburi policlorurati presenti concentrazioni non superiori a 50 ppm;

     2) questi rifiuti non siano resi pericolosi dal fatto di contenere altri costituenti elencati nell'Allegato D alla Parte Quarta, in quantità o concentrazioni incompatibili con gli obiettivi previsti dall'articolo 177, comma 4;

     3) il potere calorifico inferiore sia almeno 30 MJ per chilogrammo;

     b) la potenza termica nominale della singola apparecchiatura dell'impianto in cui sono alimentati gli oli usati come combustibile sia pari o superiore a 6 MW.

 

     Art. 237 undecies. (Coincenerimento di rifiuti animali rientranti nell'ambito di applicazione del regolamento n. 1069/2009/UE). [1035]

     1. Il coincenerimento dei prodotti trasformati derivanti da materiali di categoria 1, 2 e 3 di cui al regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, è autorizzato secondo le disposizioni degli articoli 237-quinquies e 237-sexies, a condizione che siano rispettati i requisiti, le modalità di esercizio e le prescrizioni di cui all'Allegato 3.

     2. La domanda per il rilascio delle autorizzazioni è inviata anche alla Azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente.

     3. Nella documentazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1 aprile 1998, n. 148, e nel Modello unico di dichiarazione ambientale, di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, e successive modificazioni, deve essere indicato, nella parte relativa all'individuazione e classificazione dei rifiuti di cui al presente articolo, il codice dell'Elenco europeo dei rifiuti; 020203 'Scarti inutilizzabili per il consumo e la trasformazione'.

 

          Art. 237 duodecies. (Emissione in atmosfera). [1036]

     1. Gli effluenti gassosi degli impianti di incenerimento e coincenerimento devono essere emessi in modo controllato attraverso un camino di altezza adeguata e con velocità e contenuto entalpico tale da favorire una buona dispersione degli effluenti al fine di salvaguardare la salute umana e l'ambiente, con particolare riferimento alla normativa relativa alla qualità dell'aria.

     2. Gli impianti di incenerimento dei rifiuti e gli impianti di coincenerimento sono progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo che le emissioni nell'atmosfera non superano i valori limite di emissione di cui rispettivamente all'Allegato I, paragrafo A, e all'Allegato 2, paragrafo A, al presente Titolo.

     3. Qualora il calore liberato dal coincenerimento di rifiuti pericolosi sia superiore al 40 per cento del calore totale liberato nell'impianto, o qualora l'impianto coincenerisca rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati all'Allegato 1, paragrafo A, al presente Titolo e conseguentemente non si applica la formula di miscelazione di cui all'Allegato 2, paragrafo A.

     4. I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l'osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 1, sono normalizzati alle condizioni descritte all'Allegato 1, lettera B, al presente Titolo. Il controllo delle emissioni è effettuato conformemente al punto C dell'Allegato 1 e punto C dell'Allegato 2.

     5. I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l'osservanza dei valori limite di emissione di cui al comma 2, sono normalizzati alle condizioni descritte all'Allegato 2, lettera B, al presente Titolo.

     6. L'installazione e il funzionamento dei sistemi di misurazione automatici sono sottoposti a controllo e test annuale di verifica come prescritto al punto C dell'Allegato 1 e al punto C dell'Allegato 2 al presente Titolo.

     7. Nel caso di coincerimento dei rifiuti urbani misti non trattati, i valori limite di emissione sono quelli fissati all'Allegato 1, paragrafo A.

     8. In sede di autorizzazione, l'autorità competente valuta la possibilità di concedere specifiche deroghe previste agli Allegati 1 e 2, nel rispetto delle norme di qualità ambientale, e, ove ne ricorra la fattispecie, delle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.

 

     Art. 237 terdecies. (Scarico di acque reflue). [1037]

     1. Lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerimento è limitata per quanto possibile e comunque disciplinato dall'autorizzazione di cui all'articolo 237-sexies.

     2. Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi evacuate da un impianto di incenerimento o di coincenerimento sono soggette all'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente ai sensi del Titolo III-bis.

     3. La domanda di autorizzazione, ove preveda lo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di effluenti gassosi, deve essere accompagnata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico; della quantità di acqua da prelevare nell'anno solare, del corpo ricettore e del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dell'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi ove richiesto, dall'indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonchè dall'indicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione di cui al comma 3.

     4. L'autorizzazione di cui all'articolo 237-sexies, con riferimento allo scarico di acque reflue provenienti dalla depurazione di effluenti gassosi, stabilisce:

     a) i valori limite di emissione per gli inquinanti di cui al punto D dell'Allegato I al presente Titolo;

     b) i parametri di controllo operativo per le acque reflue almeno relativamente al pH, alla temperatura e alla portata;

     c) le prescrizioni riguardanti le misurazioni ai fini della sorveglianza degli scarichi come frequenza delle misurazioni della massa degli inquinanti delle acque reflue trattate, nonchè la localizzazione dei punti di campionamento o di misurazione;

     d) prescrizioni tecniche in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori individuati ai sensi dell'articolo 76 e successivi;

     e) le eventuali ulteriori prescrizioni volte a garantire che gli scarichi siano effettuati in conformità alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo recettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

     5. Lo scarico in acque superficiali di acque reflue provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi deve rispettare almeno i valori di emissioni previsti all'Allegato 1, paragrafo D. È vietato lo scarico sul suolo, sottosuolo e nelle acque sotterranee.

     6. Le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi devono essere separate dalle acque di raffreddamento e dalle acque di prima pioggia rispettando i valori limite di emissione di cui alla Tabella 5 dell'Allegato V alla Parte Terza, a piè di impianto di trattamento.

     7. Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione dei gas di scarico siano trattate congiuntamente ad acque reflue provenienti da altre fonti, le misurazioni devono essere effettuate:

     a) sul flusso delle acque reflue provenienti dai processi di depurazione degli effluenti gassosi prima dell'immissione nell'impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;

     b) sugli altri flussi di acque reflue prima dell'immissione nell'impianto di trattamento collettivo delle acque reflue;

     c) dopo il trattamento, al punto di scarico finale delle acque reflue.

     8. Al fine di verificare l'osservanza dei valori limite di emissione stabiliti all'Allegato I, paragrafo D, per il flusso di acque reflue provenienti dal processo di depurazione degli effluenti gassosi, sono effettuati gli opportuni calcoli di bilancio di massa per stabilire i livelli di emissione che, nello scarico finale delle acque reflue, possono essere attribuiti alla depurazione degli effluenti gassosi dell'impianto di incenerimento o coincenerimento [1038].

     9. I valori limite di emissione si applicano nel punto in cui le acque reflue, provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi sono evacuate dall'impianto di incenerimento dei rifiuti o dall'impianto di incenerimento dei rifiuti o dall'impianto di coincenerimento dei rifiuti.

     10. I valori limite non possono essere in alcun caso conseguiti mediante diluizione delle acque reflue.

     11. Fermo restando il divieto di scarico o di immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee, ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le acque meteoriche di dilavamento, le acque di prima pioggia e di lavaggio, le acque contaminate derivanti da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi delle aree esterne devono essere convogliate ed opportunamente trattate, ai sensi della Parte III del presente decreto legislativo.

     12. Devono essere adottate le misure necessarie volte all'eliminazione ed alla riduzione dei consumi, nonchè ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo come l'acqua di raffreddamento, anche mediante le migliori tecnologie disponibili ai sensi della Parte Terza.

     13. Qualora le acque reflue provenienti dalla depurazione degli scarichi gassosi siano trattate al di fuori dell'impianto di incenerimento dei rifiuti o dell'impianto di coincenerimento dei rifiuti in un impianto di trattamento destinato esclusivamente al trattamento di questo tipo di acque reflue, i valori limite di emissione di cui alla tabella dell'Allegato 1, lettera D, si applicano al punto in cui le acque reflue fuoriescono dall'impianto di trattamento.

     14. Il sito dell'impianto di incenerimento dei rifiuti e il sito dell'impianto di coincenerimento dei rifiuti, ivi comprese le aree di stoccaggio dei rifiuti, è progettato e gestito in modo da evitare l'immissione non autorizzata e accidentale di qualsiasi inquinante nel suolo, nelle acque superficiali e nelle acque sotterranee.

     15. È prevista una capacità di stoccaggio per le acque piovane contaminate che defluiscano dal sito dell'impianto di incenerimento dei rifiuti o dal sito dell'impianto di coincenerimento o per l'acqua contaminata derivante da spandimenti o da operazioni di estinzione di incendi. La capacità di stoccaggio deve essere sufficiente per garantire che tali acque possano, se necessario, essere analizzate e, se necessario, trattate prima dello scarico.

 

     Art. 237 quattuordecies. (Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera degli impianti di incenerimento e di coincenerimento). [1039]

     1. I metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera, nonchè le procedure di acquisizione, validazione, elaborazione ed archiviazione dei dati, sono fissati ed aggiornati ai sensi della lettera C dell'Allegato 1 e della lettera C dell'Allegato 2 al presente Titolo, per quanto non previsto all'Allegato VI alla Parte Quinta.

     2. I valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e coincenerimento si intendono rispettati se conformi rispettivamente a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo C, punto 1, e all'Allegato 2, paragrafo C, punto 1.

     3. Negli impianti di incenerimento e in quelli di coincenerimento devono essere misurate e registrate in continuo nell'effluente gassoso le concentrazioni di CO, NOx, SO2, polveri totali, TOC, HCl, HF e NH3. L'autorità competente può autorizzare che le misurazioni in continuo siano sostituite da misurazioni periodiche di HCl, HF ed SO2, se il gestore dimostra che le emissioni di tali inquinanti non possono in nessun caso essere superiori ai valori limite di emissione stabiliti. La misurazione in continuo di acido fluoridrico (HF) può essere sostituita da misurazioni periodiche se l'impianto adotta sistemi di trattamento dell'acido cloridrico (HCl) nell'effluente gassoso che garantiscano il rispetto del valore limite di emissione relativo a tale sostanza.

     4. L'autorità competente può decidere di non imporre misurazioni in continuo per NOx e può prescrivere le misurazioni periodiche stabilite al comma 5, negli impianti esistenti di incenerimento o coincenerimento dei rifiuti aventi capacità nominale inferiore a 6t/ora se il gestore può dimostrare, sulla base di informazioni relative alla qualità dei rifiuti in questione, delle tecnologie utilizzate e dei risultati del monitoraggio delle emissioni, che in nessuna circostanza le emissioni di NOx possono essere superiori al valore limite di emissione prescritto.

     5. Devono inoltre essere misurati e registrati in continuo il tenore volumetrico di ossigeno, la temperatura, la pressione, il tenore di vapore acqueo e la portata volumetrica nell'effluente gassoso. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo non è richiesta se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi.

     6. Deve essere inoltre misurata e registrata in continuo la temperatura dei gas vicino alla parete interna o in altro punto rappresentativo della camera di combustione, secondo quanto autorizzato dall'autorità competente.

     7. Devono essere misurate con cadenza almeno quadrimestrale le sostanze di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3 e 4, nonchè gli altri inquinanti, di cui al precedente comma 2, per i quali l'autorità competente abbia prescritto misurazioni periodiche; per i primi dodici mesi di funzionamento dell'impianto, le predette sostanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi.

     8. All'atto della messa in esercizio dell'impianto, e successivamente su motivata richiesta dell'autorità competente, devono essere controllati nelle più gravose condizioni di funzionamento i seguenti parametri relativi ai gas prodotti, individuati agli articoli 237-octies e 237-nonies:

     a) tempo di permanenza;

     b) temperatura minima;

     c) tenore di ossigeno.

     9. Gli impianti di coincenerimento devono assicurare inoltre la misurazione e registrazione della quantità di rifiuti e di combustibile alimentato a ciascun forno o altra apparecchiatura.

     10. Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all'autorità competente in modo da consentirle di verificare l'osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di emissione stabiliti nell'autorizzazione, secondo le procedure fissate dall'autorità che ha rilasciato la stessa.

     11. Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione in atmosfera stabiliti dal presente articolo sono superati, il gestore provvede a informarne senza indugio l'autorità competente e l'agenzia regionale o provinciale per la protezione dell'ambiente, fermo restando quanto previsto all'articolo 237-octiesdecies.

     12. La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione delle emissioni gassose sono sottoposti a controllo da parte dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione. La taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale.

 

     Art. 237 quinquiesdecies. (Controllo e sorveglianza delle emissioni nei corpi idrici). [1040]

     1. Fermo restando quanto previsto all'articolo 237-terdecies, ai fini della sorveglianza su parametri, condizioni e concentrazioni di massa inerenti al processo di incenerimento o di coincenerimento sono utilizzate tecniche di misurazione e sono installate le relative attrezzature.

     2. Le misurazioni delle emissioni negli ambienti idrici effettuate al punto di scarico delle acque reflue, devono essere eseguite in conformità a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo E, punto 1.

     3. I valori limite di emissione si considerano rispettati se conformi a quanto previsto all'Allegato 1, paragrafo E, punto 2.

     4. Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati all'autorità competente in modo da consentirle di verificare l'osservanza delle condizioni di funzionamento previste e dei valori limite di emissione stabiliti nell'autorizzazione, secondo le procedure fissate dall'autorità che ha rilasciato la stessa.

     5. Qualora dalle misurazioni eseguite risulti che i valori limite di emissione negli ambienti idrici sono superati si provvede ad informare tempestivamente l'autorità competente e l'agenzia regionale o provinciale per la protezione dell'ambiente, fermo restando quanto previsto all'articolo 237-septiesdecies.

     6. La corretta installazione ed il funzionamento dei dispositivi automatici di misurazione degli scarichi idrici sono sottoposti a controllo da parte dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione. La taratura di detti dispositivi deve essere verificata, con metodo parallelo di riferimento, con cadenza almeno triennale.

     7. Il campionamento, la conservazione, il trasporto e le determinazioni analitiche, ai fini dei controlli e della sorveglianza, devono essere eseguiti secondo le metodiche APAT.

 

     Art. 237 sexiesdecies. (Residui). [1041]

     1. La quantità e la pericolosità dei residui prodotti durante il funzionamento dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere ridotte al minimo: I residui sono riciclati in conformità alla Parte IV del presente decreto legislativo, quando appropriato, direttamente nell'impianto o al di fuori di esso. I residui che non possono essere riciclati devono essere smaltiti in conformità alle norme del presente decreto legislativo.

     2. Il trasporto e lo stoccaggio intermedio di residui secchi sotto forma di polveri devono essere effettuati in modo tale da evitare la dispersione nell'ambiente di tali residui, ad esempio mediante l'utilizzo di contenitori chiusi.

     3. Preliminarmente al riciclaggio o smaltimento dei residui prodotti dall'impianto di incenerimento o di coincenerimento, devono essere effettuate opportune analisi per stabilire le caratteristiche fisiche e chimiche, nonchè il potenziale inquinante dei vari residui. L'analisi deve riguardare in particolare l'intera frazione solubile e la frazione solubile dei metalli pesanti.

 

     Art. 237 septiesdecies. (Obblighi di comunicazione, informazione, accesso e partecipazione). [1042]

     1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, integra la relazione di cui all'articolo 29-terdecies, comma 2 con i dati concernenti l'applicazione del presente titolo, anche avvalendosi delle informazioni ricevute dai gestori degli impianti di incenerimento e coincenerimento di cui al successivo comma 5.

     2. Al fine di garantire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la base informativa necessaria all'attuazione del comma 1, le autorità competenti integrano la comunicazione periodica trasmessa ai sensi dell'articolo 29-terdecies, comma 1, con le informazioni relative all'applicazione del presente titolo, secondo le indicazioni fornite del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     3. Le autorizzazioni alla realizzazione e all'esercizio degli impianti di incenerimento o di coincenerimento sono rilasciate solo dopo aver garantito l'accesso alle informazioni ai sensi di quanto disposto dalla normativa di settore.

     4. Fatto salvo il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, e, esclusi i casi in cui si applicano le disposizioni in materia di informazione del pubblico previste al Titolo III-bis della Parte Seconda, le domande di autorizzazione e rinnovo per impianti di incenerimento e di coincenerimento sono rese accessibili al pubblico in uno o più luoghi aperti al pubblico, e comunque presso la sede del comune territorialmente competente, per un periodo di tempo adeguato e comunque non inferiore a trenta giorni, affinchè chiunque possa esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente. La decisione dell'autorità competente, l'autorizzazione e qualsiasi suo successivo aggiornamento sono rese accessibili al pubblico con le medesime modalità.

     5. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacità nominale di due o più Mg l'ora, entro il 30 aprile dell'anno successivo, il gestore predispone una relazione annuale relativa al funzionamento ed alla sorveglianza dell'impianto che dovrà essere trasmessa all'autorità competente che la rende accessibile al pubblico con le modalità di cui al comma 4. Tale relazione fornisce, come requisito minimo, informazioni in merito all'andamento del processo e delle emissioni nell'atmosfera e nell'acqua rispetto alle norme di emissione previste dal presente titolo.

     6. L'autorità competente redige un elenco, accessibile al pubblico, degli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacità nominale inferiore a due tonnellate l'ora.

     7. Copia delle autorizzazioni rilasciate, nonchè della relazione di cui al comma 4 e degli elenchi di cui al comma 5 sono trasmesse, per le finalità di cui al comma 1 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all' Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

 

     Art. 237 octiesdecies. (Condizioni anomale di funzionamento). [1043]

     1. L'autorità competente stabilisce nell'autorizzazione il periodo massimo di tempo durante il quale, a causa di disfunzionamenti, guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione e di misurazione, le concentrazioni delle sostanze regolamentate presenti nelle emissioni in atmosfera e nelle acque reflue depurate possono superare i valori limite di emissione autorizzati.

     2. Nei casi di guasto, il gestore riduce o arresta l'attività appena possibile, finchè sia ristabilito il normale funzionamento.

     3. Fatto salvo l'articolo 237-octies, comma 11, lettera c), per nessun motivo, in caso di superamento dei valori limite di emissione, l'impianto di incenerimento o di coincenerimento o la linea di incenerimento può continuare ad incenerire rifiuti per più di quattro ore consecutive. La durata cumulativa del funzionamento in tali condizioni in un anno deve essere inferiore a sessanta ore. La durata di sessanta ore si applica alle linee dell'intero impianto che sono collegate allo stesso dispositivo di abbattimento degli inquinanti dei gas di combustione.

     4. Per gli impianti di incenerimento, nei casi di cui al comma 1 e di cui al comma 2 qualora il gestore decide di ridurre l'attività, il tenore totale di polvere delle emissioni nell'atmosfera non deve in nessun caso superare i 150 mg/m³, espressi come media su 30 minuti. Non possono essere superati i valori limite relativi alle emissioni nell'atmosfera di TOC e CO di cui all'Allegato 1, lettera A, punto 2 e 5, lettera b). Devono inoltre essere rispettate tutte le altre prescrizioni di cui agli articoli 237-octies e 237-nonies.

     5. Non appena si verificano le condizioni anomale di cui ai commi 1 e 2, il gestore ne dà comunicazione nel più breve tempo possibile all'autorità competente e all'autorità di controllo. Analoga comunicazione viene data non appena è ripristinata la completa funzionalità dell'impianto [1044].

 

     Art. 237 noviesdecies. (Incidenti o inconvenienti). [1045]

     1. Fatte salve le disposizioni della Parte sesta, di attuazione della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale e esclusi i casi disciplinati all'articolo 29-undecies, in caso di incidenti o inconvenienti che incidano in modo significativo sull'ambiente, il gestore:

     a) deve informare immediatamente le Regioni, le Province e i Comuni territorialmente competenti;

     b) deve adottare immediatamente le misure per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

     2. Ai fini del comma 1, le Regioni e le Province territorialmente competenti, diffidano il gestore ad adottare ogni misura complementare appropriata e necessaria per limitare le conseguenze ambientali e prevenire ulteriori eventuali incidenti o inconvenienti.

 

     Art. 237 vicies. (Accessi ed ispezioni). [1046]

     1. I soggetti incaricati dei controlli sono autorizzati ad accedere in ogni tempo presso gli impianti di incenerimento e coincenerimento per effettuare le ispezioni, i controlli, i prelievi e i campionamenti necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione in atmosfera e in ambienti idrici, nonchè del rispetto delle prescrizioni relative alla ricezione, allo stoccaggio dei rifiuti e dei residui, ai pretrattamenti e alla movimentazione dei rifiuti e delle altre prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e di tutte le altre prescrizioni contenute nel presente decreto.

     2. Il proprietario o il gestore degli impianti sono tenuti a fornire tutte le informazioni, dati e documenti richiesti dai soggetti di cui al comma 1, necessari per l'espletamento delle loro funzioni, ed a consentire l'accesso all'intero impianto.

 

     Art. 237 unvicies. (Spese). [1047]

     1. Le spese relative alle ispezioni e ai controlli, in applicazione delle disposizioni del presente Titolo, nonchè quelle relative all'espletamento dell'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione e per la verifica degli impianti sono a carico del titolare dell'autorizzazione, sulla base del costo effettivo del servizio, secondo tariffe e modalità di versamento da determinarsi, salvi i casi disciplinati dalla Parte seconda del presente decreto, con disposizioni regionali.

     2. Fatto salvo il comma 1, le attività e le misure previste rientrano nell'ambito dei compiti istituzionali delle amministrazioni e degli enti interessati, cui si fa fronte con le risorse di bilancio allo scopo destinate a legislazione vigente.

     3. Dall'attuazione del presente titolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

     Art. 237 duovicies. (Disposizioni transitorie e finali). [1048]

     1. Gli impianti esistenti si adeguano alle disposizioni del presente Titolo entro il 10 gennaio 2016.

     2. Per gli impianti esistenti, fermo restando l'obbligo a carico del gestore di adeguamento previsto al comma 1, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione provvede all'aggiornamento della stessa secondo le norme regolamentari e tecniche stabilite dal presente decreto, in occasione del primo rinnovo, rilascio o riesame dell'autorizzazione ambientale, successivo alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

     3. Per gli impianti esistenti che effettuano coincenerimento di rifiuti non pericolosi secondo le procedure semplificate di cui al Capo V, del Titolo I alla Parte Quarta per i quali si effettui il rinnovo della comunicazione prevista articoli dal predetto Capo V, resta fermo l'obbligo di adeguamento, a carico del gestore, previsto al comma 1.

     4. Agli impianti di coincenerimento non sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, con l'esclusione degli impianti che utilizzano rifiuti pericolosi, possono essere applicate le procedure semplificate di cui al Capo V, del Titolo I della Parte quarta. L'ammissione delle attività di coincenerimento dei rifiuti alle procedure semplificate è subordinata alla comunicazione di inizio di attività che dovrà comprendere, oltre a quanto previsto agli articoli 237-quinquies, comma 2, e 237-sexies, comma 1, la relazione prevista all'articolo 215, comma 3. Per l'avvio dell'attività di coincenerimento dei rifiuti la regione chiede la prestazione di adeguata garanzia finanziaria a suo favore nella misura definita dalla regione stessa e proporzionata alla capacità massima di coincenerimento dei rifiuti. L'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una ispezione preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di presentazione della predetta comunicazione. Le ispezioni successive, da effettuarsi almeno una volta l'anno, accertano:

     a) la tipologia e la quantità dei rifiuti sottoposti alle operazioni di coincenerimento;

     b) la conformità delle attività di coincenerimento a quanto previsto agli articoli 214 e 215, e relative norme di attuazione.

     5. Nel caso in cui la provincia competente per territorio, a seguito delle ispezioni previste al comma 4, accerta la violazione delle disposizioni stabilite al comma stesso, vieta, previa diffida e fissazione di un termine per adempiere, l'inizio ovvero la prosecuzione dell'attività, salvo che il titolare dell'impianto non provveda, entro il termine stabilito, a conformare detta attività alla normativa vigente.

     6. Nelle more del rilascio delle autorizzazioni di cui ai commi 2 e 3, i gestori continuano ad operare sulla base del titolo autorizzatorio precedentemente posseduto.

     7. Con riguardo agli impianti autorizzati ai sensi dell'articolo 208, nel caso in cui il titolo autorizzatorio di cui al comma 6 non preveda un rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, entro tale data i gestori degli impianti di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti esistenti presentano comunque all'autorità competente una richiesta di rinnovo del titolo autorizzatorio ai fini dell'adeguamento di cui al comma 1.

     8. Per il recepimento di normative tecniche comunitarie di modifica degli allegati al presente Titolo si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa comunicazione ai Ministri della salute e delle attività produttive; ogni qualvolta la nuova normativa comunitaria preveda poteri discrezionali per la sua trasposizione, il decreto è adottato di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, sentita la Conferenza unificata.

 

TITOLO IV

TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI

 

     Art. 238. (tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)

     1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall'entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.

     2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.

     3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.

     4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

     5. Le Autorità d'ambito approvano e presentano all'Autorità di cui all'articolo 207 il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l'integrale copertura dei costi.

     6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l'assenza di oneri per le autorità interessate.

     7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l'integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.

     8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.

     9. L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio.

     10. Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), numero 2., che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a due anni [1049].

     11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.

     12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.

 

TITOLO V

BONIFICA DI SITI CONTAMINATI

 

     Art. 239. (princìpi e campo di applicazione)

     1. Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio "chi inquina paga".

     2. Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano:

     a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo;

     b) agli interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali, se non nei limiti di quanto espressamente richiamato dalle medesime o di quanto dalle stesse non disciplinato.

     3. Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso sono disciplinati dalle regioni con appositi piani, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale e comunque nel rispetto dei criteri generali di cui al presente titolo.

 

     Art. 240. (definizioni)

     1. Ai fini dell'applicazione del presente titolo, si definiscono:

     a) sito: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti [1050];

     b) concentrazioni soglia di contaminazione (CSC): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si a s su m o n o pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati;

     c) concentrazioni soglia di rischio (CSR): i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito;

     d) sito potenzialmente contaminato: un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);

     e) sito contaminato: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati;

     f) sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica;

     g) sito con attività in esercizio: un sito nel quale risultano in esercizio attività produttive sia industriali che commerciali nonché le aree pertinenziali e quelle adibite ad attività accessorie economiche, ivi comprese le attività di mantenimento e tutela del patrimonio ai fini della successiva ripresa delle attività;

     h) sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attività produttive;

     i) misure di prevenzione: le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia;

     l) misure di riparazione: qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi;

     m) messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente;

     n) messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate;

     o) messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici;

     p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);

     q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici;

     r) inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine:

     s) analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica: analisi sito specifica degli effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate, condotta con i criteri indicati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto;

     t) condizioni di emergenza: gli eventi al verificarsi dei quali è necessaria l'esecuzione di interventi di emergenza, quali ad esempio;

     1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute;

     2) presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda:

     3) contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli;

     4) pericolo di incendi ed esplosioni.

 

     Art. 241. (regolamento aree agricole) [1051]

     1. Il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e delle politiche agricole e forestali.

 

     Art. 241 bis. (Aree Militari) [1052]

     1. Ai fini dell'individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell'istruttoria dei relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle Forze armate per attività connesse alla difesa nazionale, si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione previste nella tabella 1, colonne A e B, dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta, del presente decreto, individuate tenuto conto delle diverse destinazioni e delle attività effettivamente condotte all'interno delle aree militari.

     2. Gli obiettivi di intervento nelle aree di cui al comma 1 sono determinanti mediante applicazione di idonea analisi di rischio sito specifica che deve tenere conto dell'effettivo utilizzo e delle caratteristiche ambientali di dette aree o di porzioni di esse e delle aree limitrofe, al fine di prevenire, ridurre o eliminare i rischi per la salute dovuti alla potenziale esposizione a sostanze inquinanti e la diffusione della contaminazione nelle matrici ambientali.

     3. Resta fermo che in caso di declassificazione del sito da uso militare a destinazione residenziale dovranno essere applicati i limiti di concentrazione di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna a), dell'Allegato 5, alla Parte IV, Titolo V del presente decreto.

     4. Le concentrazioni soglia di contaminazione delle sostanze specifiche delle attività militari non incluse nella Tabella 1 dell'Allegato 5, alla Parte IV, Titolo V del presente decreto sono definite dall'Istituto Superiore di Sanità sulla base delle informazioni tecniche fornite dal Ministero della difesa.

     4-bis. Il comandante di ciascun poligono militare delle Forze armate adotta un piano di monitoraggio permanente sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono, assumendo altresì le iniziative necessarie per l'estensione del monitoraggio, a cura degli organi competenti, anche alle aree limitrofe al poligono. Relativamente ai poligoni temporanei o semi-permanenti il predetto piano è limitato al periodo di utilizzo da parte delle Forze armate [1053].

     4-ter. Il comandante di ciascun poligono militare delle Forze armate predispone semestralmente, per ciascuna tipologia di esercitazione o sperimentazione da eseguire nell'area del poligono, un documento indicante le attività previste, le modalità operative di tempo e di luogo e gli altri elementi rilevanti ai fini della tutela dell'ambiente e della salute [1054].

     4-quater. Il comandante del poligono militare delle Forze armate trasmette il documento di cui al comma 4-ter alla regione in cui ha sede il poligono. Lo stesso documento è messo a disposizione dell'ARPA e dei comuni competenti per territorio [1055].

     4-quinquies. Le regioni in cui hanno sede poligoni militari delle Forze armate istituiscono un Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari, nell'ambito dei sistemi informativi ambientali regionali afferenti alla rete informativa nazionale ambientale (SINANET) di cui all'articolo 11 della legge 28 giugno 2016, n. 132. Il comandante del poligono militare, entro trenta giorni dal termine del periodo esercitativo, trasmette all'Osservatorio le risultanze del piano di monitoraggio ambientale di cui al comma 4-bis. Le forme di collaborazione tra gli Osservatori ambientali regionali e il Ministero della difesa sono disciplinate da appositi protocolli [1056].

     4-sexies. Con le modalità previste dall'articolo 184, comma 5-bis, sono disciplinate, nel rispetto dei principi di cui alla parte sesta, titolo II, del presente decreto, le procedure applicabili al verificarsi, nei poligoni militari delle Forze armate, di un evento in relazione al quale esiste il pericolo imminente di un danno ambientale [1057].

     4-septies. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro della salute, è stabilito il periodo massimo di utilizzo annuale dei poligoni militari delle Forze armate per le esercitazioni e le sperimentazioni [1058].

     4-octies. Ferme restando le competenze di cui all'articolo 9 del decreto del Ministro della difesa 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2010, l'ISPRA provvede alle attività di vigilanza sul rispetto della normativa sui rifiuti avvalendosi delle ARPA [1059].

     4-novies. [Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono determinati annualmente gli oneri a carico del Ministero della difesa, relativi alle attività di cui all'articolo 184, comma 5-bis.3, e ai commi 4-bis e 4-octies del presente articolo] [1060].

     5. Per le attività di progettazione e realizzazione degli interventi, di cui al presente articolo, il Ministero della difesa si può avvalere, con apposite convenzioni, di organismi strumentali dell'Amministrazione centrale che operano nel settore e definisce con propria determinazione le relative modalità di attuazione.

 

     Art. 242. (procedure operative ed amministrative)

     1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.

     2. Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.

     3. Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’Allegato 2 alla parte quarta del presente decreto. Entro i trenta giorni successivi la regione, convocata la conferenza di servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative. L'autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione.

     4. Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). I criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute entro il 30 giugno 2008. Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, i criteri per l'applicazione della procedura di analisi di rischio sono riportati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto. Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso. Tale documento è inviato ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione fornisce una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza [1061].

     5 Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l'approvazione del documento dell'analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione riscontrata in relazione agli esiti dell'analisi di rischio e all'attuale destinazione d'uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall'approvazione di cui sopra, invia alla provincia ed alla regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati:

     a) i parametri da sottoporre a controllo;

     b) la frequenza e la durata del monitoraggio.

     6. La regione, sentita la provincia, approva il piano di monitoraggio entro trenta giorni dal ricevimento dello stesso. L'anzidetto termine può essere sospeso una sola volta, qualora l'autorità competente ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti del progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questo caso il termine per l'approvazione decorre dalla ricezione del progetto integrato. Alla scadenza del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà comunicazione alla regione ed alla provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio svolto. Nel caso in cui le attività di monitoraggio rilevino il superamento di uno o più delle concentrazioni soglia di rischio, il soggetto responsabile dovrà avviare la procedura di bonifica di cui al comma 7.

     7. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito. Per la selezione delle tecnologie di bonifica in situ più idonee, la regione può autorizzare l'applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all'individuazione dei parametri di progetto necessari per l'applicazione a piena scala, a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza di cui al primo periodo, che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Nell'ambito dell'articolazione temporale potrà essere valutata l'adozione di tecnologie innovative, di dimostrata efficienza ed efficacia, a costi sopportabili, resesi disponibili a seguito dello sviluppo tecnico-scientifico del settore. La regione, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento. Tale termine può essere sospeso una sola volta, qualora la regione ravvisi la necessità di richiedere, mediante atto adeguatamente motivato, integrazioni documentali o approfondimenti al progetto, assegnando un congruo termine per l'adempimento. In questa ipotesi il termine per l'approvazione del progetto decorre dalla presentazione del progetto integrato. Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale di cui al presente comma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione, indicando altresì le eventuali prescrizioni necessarie per l'esecuzione dei lavori, le verifiche intermedie per la valutazione dell'efficacia delle tecnologie di bonifica adottate e le attività di verifica in corso d'opera necessarie per la certificazione di cui all'articolo 248, comma 2, con oneri a carico del proponente, ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie, in misura non superiore al cinquanta per cento del costo stimato dell'intervento, che devono essere prestate in favore della regione per la corretta esecuzione ed il completamento degli interventi medesimi [1062].

     7-bis. Qualora gli obiettivi individuati per la bonifica del suolo, sottosuolo e materiali di riporto siano raggiunti anticipatamente rispetto a quelli previsti per la falda, è possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica di cui all'articolo 248 limitatamente alle predette matrici ambientali, anche a stralcio in relazione alle singole aree catastalmente individuate, fermo restando l'obbligo di raggiungere tutti gli obiettivi di bonifica su tutte le matrici interessate da contaminazione. In tal caso è necessario dimostrare e garantire nel tempo che le contaminazioni ancora presenti nelle acque sotterranee fino alla loro completa rimozione non comportino un rischio per i fruitori dell'area, nè una modifica del modello concettuale tale da comportare un peggioramento della qualità ambientale per le altre matrici secondo le specifiche destinazioni d'uso. Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 sono comunque prestate per l'intero intervento e sono svincolate solo al raggiungimento di tutti gli obiettivi di bonifica [1063].

     8. I criteri per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l'individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. - Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell'Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto,

     9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un'ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell'efficacia delle misure adottate ed indicano se all'atto della cessazione dell'attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purchè non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi [1064].

     10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.

     11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l'ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l'esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.

     12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.

     13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. [Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione [1065]].

     13-bis. Per la rete di distribuzione carburanti si applicano le procedure semplificate di cui all'articolo 252, comma 4 [1066].

     13-ter. Qualora la procedura interessi un sito in cui, per fenomeni di origine naturale o antropica, le concentrazioni rilevate superino le CSC di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V, della parte quarta, il proponente può presentare all'ARPA territorialmente competente un piano di indagine per definire i valori di fondo da assumere. Tale piano, condiviso con l'ARPA territorialmente competente, è realizzato dal proponente con oneri a proprio carico, in contraddittorio con la medesima ARPA, entro sessanta giorni dalla data di presentazione dello stesso. Il piano di indagine può fare riferimento anche ai dati pubblicati e validati dall'ARPA territorialmente competente relativi all'area oggetto di indagine. Sulla base delle risultanze del piano di indagine, nonchè di altri dati disponibili per l'area oggetto di indagine, l'ARPA territorialmente competente definisce i valori di fondo. È fatta comunque salva la facoltà dell'ARPA territorialmente competente di esprimersi sulla compatibilità delle CSC rilevate nel sito con le condizioni geologiche, idrogeologiche e antropiche del contesto territoriale in cui esso è inserito. In tale caso le CSC riscontrate nel sito sono ricondotte ai valori di fondo [1067].

 

     Art. 242 bis. (Procedura semplificata per le operazioni di bonifica). [1068]

     1. L'operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, può presentare all'amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonchè del cronoprogramma di svolgimento dei lavori. La caratterizzazione e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle procedure di approvazione di cui agli articoli 242 e 252, bensì a controllo ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo per la verifica del conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli per la specifica destinazione d'uso. L'operatore è responsabile della veridicità dei dati e delle informazioni forniti, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241 [1069].

     1-bis. Qualora il progetto di bonifica di cui al comma 1 riguardi un sito di estensione superiore a 15.000 metri quadrati, esso può essere attuato in non più di tre fasi, ciascuna delle quali è soggetta al termine di esecuzione di cui al comma 2. Nel caso di bonifica di un sito avente estensione superiore a 400.000 metri quadrati, il numero delle fasi o dei lotti funzionali in cui si articola il progetto è stabilito dallo specifico crono-programma ivi annesso, la cui definizione deve formare oggetto di intesa con l'autorità competente. Il crono-programma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e messa in sicurezza relativi all'intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda [1070].

     2. Per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e attività previsti dal progetto di bonifica l'interessato presenta gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attività alla regione nel cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attività, che, entro i successivi trenta giorni, convoca apposita conferenza di servizi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, o delle discipline regionali applicabili in materia. Entro novanta giorni dalla convocazione, la regione adotta la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato. Non oltre trenta giorni dalla comunicazione dell'atto di assenso, il soggetto interessato comunica all'amministrazione titolare del procedimento di cui agli articoli 242 o 252 e all'ARPA territorialmente competente, la data di avvio dell'esecuzione della bonifica che si deve concludere nei successivi diciotto mesi, salva eventuale proroga non superiore a sei mesi; decorso tale termine, salvo motivata sospensione, deve essere avviato il procedimento ordinario ai sensi degli articoli 242 o 252.

     2-bis. Nella selezione della strategia di intervento dovranno essere privilegiate modalità tecniche che minimizzino il ricorso allo smaltimento in discarica. In particolare, nel rispetto dei principi di cui alla parte IV del presente decreto legislativo, dovrà essere privilegiato il riutilizzo in situ dei materiali trattati.

     3. Ultimati gli interventi di bonifica, l'interessato presenta il piano di caratterizzazione all'autorità di cui agli articoli 242 o 252 al fine di verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione della matrice suolo per la specifica destinazione d'uso. Il piano è approvato nei successivi quarantacinque giorni. In via sperimentale, per i procedimenti avviati entro il 31 dicembre 2017, decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, il piano di caratterizzazione si intende approvato. L'esecuzione di tale piano è effettuata in contraddittorio con l'ARPA territorialmente competente, che procede alla validazione dei relativi dati e ne dà comunicazione all'autorità titolare del procedimento di bonifica entro quarantacinque giorni.

     4. La validazione dei risultati del piano di campionamento di collaudo finale da parte dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente, che conferma il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli, costituisce certificazione dell'avvenuta bonifica del suolo. I costi dei controlli sul piano di campionamento finale e della relativa validazione sono a carico del soggetto di cui al comma 1. Ove i risultati del campionamento di collaudo finale dimostrino che non sono stati conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione nella matrice suolo, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente comunica le difformità riscontrate all'autorità titolare del procedimento di bonifica e al soggetto di cui al comma 1, il quale deve presentare, entro i successivi quarantacinque giorni, le necessarie integrazioni al progetto di bonifica che è istruito nel rispetto delle procedure ordinarie ai sensi degli articoli 242 o 252 del presente decreto.

     5. Resta fermo l'obbligo di adottare le misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, se necessarie, secondo le procedure di cui agli articoli 242 o 252.

     6. Conseguiti i valori di concentrazione soglia di contaminazione del suolo, il sito può essere utilizzato in conformità alla destinazione d'uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda.

 

     Art. 242 ter. (Interventi e opere nei siti oggetto di bonifica) [1071]

     1. Nei siti oggetto di bonifica, inclusi i siti di interesse nazionale, possono essere realizzati i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse, di sistemazione idraulica, di mitigazione del rischio idraulico, opere per la realizzazione di impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili e di sistemi di accumulo, esclusi gli impianti termoelettrici, fatti salvi i casi di riconversione da un combustibile fossile ad altra fonte meno inquinante o qualora l'installazione comporti una riduzione degli impatti ambientali rispetto all'assetto esistente, opere con le medesime connesse, infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, nonché le tipologie di opere e interventi individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 7-bis, a condizione che detti interventi e opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscano con l'esecuzione e il completamento della bonifica, né determinino rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area nel rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 [1072].

     1-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per la realizzazione di opere che non prevedono scavi ma comportano occupazione permanente di suolo, a condizione che il sito oggetto di bonifica sia già caratterizzato ai sensi dell'articolo 242 [1073].

     2. La valutazione del rispetto delle condizioni di cui al comma 1 e al comma 1-bis è effettuata da parte dell'autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, nell'ambito dei procedimenti di approvazione e autorizzazione degli interventi e, ove prevista, nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale [1074].

     3. Per gli interventi e le opere individuate al comma 1 e al comma 1-bis, nonché per quelle di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con proprio decreto per le aree ricomprese nei siti di interesse nazionale, e le regioni per le restanti aree, provvedono all'individuazione delle categorie di interventi che non necessitano della preventiva valutazione da parte dell'Autorità competente ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del presente decreto, e, qualora necessaria, definiscono i criteri e le procedure per la predetta valutazione nonché le modalità di controllo [1075].

     4. Ai fini del rispetto delle condizioni previste dal comma 1, anche nelle more dell'attuazione del comma 3, sono rispettate le seguenti procedure e modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni movimentati:

     a) nel caso in cui non sia stata ancora realizzata la caratterizzazione dell'area oggetto dell'intervento ai sensi dell'articolo 242, il soggetto proponente accerta lo stato di potenziale contaminazione del sito mediante un Piano di indagini preliminari. Il Piano, comprensivo della lista degli analiti da ricercare, è concordato con l'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente che si pronuncia entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito. In caso di mancata pronuncia nei termini da parte dell'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, il Piano di indagini preliminari è concordato con l'ISPRA che si pronuncia entro i quindici giorni successivi su segnalazione del proponente. Il proponente, trenta giorni prima dell'avvio delle attività d'indagine, trasmette agli enti interessati il piano con la data di inizio delle operazioni. Qualora l'indagine preliminare accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il soggetto proponente ne dà immediata comunicazione con le forme e le modalità di cui all'articolo 245, comma 2, con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate;

     b) in presenza di attività di messa in sicurezza operativa già in essere, il proponente può avviare la realizzazione degli interventi e delle opere di cui al comma 1 previa comunicazione all'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente da effettuarsi con almeno quindici giorni di anticipo rispetto all'avvio delle opere. Al termine dei lavori, l'interessato assicura il ripristino delle opere di messa in sicurezza operativa;

     c) le attività di scavo sono effettuate con le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee. Le eventuali fonti attive di contaminazione, quali rifiuti o prodotto libero, rilevate nel corso delle attività di scavo, sono rimosse e gestite nel rispetto delle norme in materia di gestione dei rifiuti. I terreni e i materiali provenienti dallo scavo sono gestiti nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120.

     c-bis) ove l'indagine preliminare di cui alla lettera a) accerti che il livello delle CSC non sia stato superato, per i siti di interesse nazionale il procedimento si conclude secondo le modalità previste dal comma 4-bis dell'articolo 252 e per gli altri siti nel rispetto di quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 242.

     4-bis. Ai fini della definizione dei valori di fondo naturale si applica la procedura prevista dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120. È fatta comunque salva la facoltà dell'ARPA territorialmente competente di esprimersi sulla compatibilità delle CSC rilevate nel sito con le condizioni geologiche, idrogeologiche e antropiche del contesto territoriale in cui esso è inserito. In tale caso le CSC riscontrate nel sito sono ricondotte ai valori di fondo [1076].

     5. All'attuazione del presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

     Art. 243. (Gestione delle acque sotterranee emunte). [1077]

     1. Al fine di impedire e arrestare l'inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati, oltre ad adottare le necessarie misure di messa in sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento delle acque, anche tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento, devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall'articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette; in caso di emungimento e trattamento delle acque sotterranee deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito, in conformità alle finalità generali e agli obiettivi di conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti nella parte terza.

     2. Il ricorso al barrieramento fisico è consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti gli obiettivi di cui al comma 1 secondo le modalità dallo stesso previste.

     3. Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l'immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.

     4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.

     5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli fini della bonifica, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. A tal fine il progetto di cui all'articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche qualitative e quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di controllo e monitoraggio della porzione di acquifero interessata; le acque emunte possono essere reimmesse anche mediante reiterati cicli di emungimento, trattamento e reimmissione, e non devono contenere altre acque di scarico nè altre sostanze ad eccezione di sostanze necessarie per la bonifica espressamente autorizzate, con particolare riferimento alle quantità utilizzabili e alle modalità d'impiego.

     6. Il trattamento delle acque emunte, da effettuarsi anche in caso di utilizzazione nei cicli produttivi in esercizio nel sito, deve garantire un'effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali. Al fine di garantire la tempestività degli interventi di messa in sicurezza, di emergenza e di prevenzione, i termini per il rilascio dell'autorizzazione allo scarico sono dimezzati [1078].

 

     Art. 244. (ordinanze)

     1. Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.

     2. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.

     3. L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.

     4. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250.

 

     Art. 245. (obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione)

     1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate suiniziativa degli interessati non responsabili.

     2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. Il procedimento è interrotto qualora il soggetto non responsabile della contaminazione esegua volontariamente il piano di caratterizzazione nel termine perentorio di sei mesi dall'approvazione o comunicazione ai sensi dell'articolo 252, comma 4. In tal caso, il procedimento per l'identificazione del responsabile della contaminazione deve concludersi nel termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento delle risultanze della caratterizzazione validate dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competente. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità [1079].

     3. Qualora i soggetti interessati procedano ai sensi dei commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ovvero abbiano già provveduto in tal senso in precedenza, la decorrenza dell'obbligo di bonifica di siti per eventi anteriori all'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto verrà definita dalla regione territorialmente competente in base alla pericolosità del sito, determinata in generale dal piano regionale delle bonifiche o da suoi eventuali stralci, salva in ogni caso la facoltà degli interessati di procedere agli interventi prima del suddetto termine.

 

     Art. 246. (accordi di programma)

     1. I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo.

     2. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti che interessano il territorio di più regioni, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con appositi accordi di programma stipulati, entro dodici mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le regioni interessate.

     3. Nel caso in cui vi siano soggetti che intendano o siano tenuti a provvedere alla contestuale bonifica di una pluralità di siti dislocati su tutto il territorio nazionale o vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un medesimo sito di interesse nazionale, i tempi e le modalità di intervento possono essere definiti con accordo di programma da stipularsi, entro diciotto mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri della salute e delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

 

     Art. 247. (siti soggetti a sequestro)

     1. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale.

 

     Art. 248. (controlli)

     1. La documentazione relativa al piano della caratterizzazione del sito e al progetto operativo, comprensiva delle misure di riparazione, dei monitoraggi da effettuare, delle limitazioni d'uso e delle prescrizioni eventualmente dettate ai sensi dell'articolo 242, comma 4, è trasmessa alla provincia e all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente competenti ai fini dell'effettuazione dei controlli sulla conformità degli interventi ai progetti approvati e sul rispetto dei tempi di esecuzione di cui all'articolo 242, comma 7 [1080].

     2. Il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione sulla base di una relazione tecnica predisposta dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente. Qualora la Provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della relazione tecnica provvede, nei successivi sessanta giorni, la Regione, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni [1081].

     2-bis. Nel caso gli obiettivi individuati per la bonifica del suolo, sottosuolo e materiali di riporto siano raggiunti anticipatamente rispetto a quelli previsti per la falda, è possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica limitatamente alle predette matrici ambientali, ad esito delle verifiche di cui alla procedura definita dal comma 7-bis dell'articolo 242. In tal caso, la certificazione di avvenuta bonifica dovrà comprendere anche un piano di monitoraggio con l'obiettivo di verificare l'evoluzione nel tempo della contaminazione rilevata nella falda [1082].

     3. La certificazione di cui al comma 2 costituisce titolo per io svincolo delle garanzie finanziarie di cui all'articolo 242, comma 7.

 

     Art. 249. (aree contaminate di ridotte dimensioni)

     1. Per le aree contaminate di ridotte dimensioni si applicano le procedure semplificate di intervento riportate nell'Allegato 4 alla parte quarta del presente decreto.

 

     Art. 250. (bonifica da parte dell'amministrazione)

     1. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica entro il termine di novanta giorni dalla mancata individuazione del soggetto responsabile della contaminazione o dall'accertato inadempimento da parte dello stesso. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio [1083].

     1-bis. Per favorire l'accelerazione degli interventi per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale e di tutela del territorio e delle acque, le Autorità di bacino distrettuali, le regioni, le province autonome e gli enti locali individuati quali soggetti beneficiari e/o attuatori, previa stipula di appositi accordi sottoscritti con il Ministero della transizione ecologica ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, possono avvalersi, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, attraverso la stipula di apposte convenzioni, delle società in house del medesimo Ministero [1084].

 

     Art. 251. (censimento ed anagrafe dei siti da bonificare)

     1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), predispongono l'anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:

     a) l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;

     b) l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;

     c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell'articolo 242.

     2. Qualora, all'esito dell'analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente.

     3. Per garantire l'efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell'anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA).

 

     Art. 252. (siti di interesse nazionale)

     1. I siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.

     2. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

     a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale;

     b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

     c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;

     d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante;

     e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;

     f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni;

     f-bis) l'insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie [1085].

     2-bis. Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto [1086].

     3. Ai fini della perimetrazione del sito, inteso nelle diverse matrici ambientali compresi i corpi idrici superficiali e i relativi sedimenti, sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili. I valori d'intervento sito-specifici delle matrici ambientali in aree marine, che costituiscono i livelli di contaminazione al di sopra dei quali devono essere previste misure d'intervento funzionali all'uso legittimo delle aree e proporzionali all'entità della contaminazione, sono individuati con decreto di natura non regolamentare del Ministero della transizione ecologica su proposta dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) [1087].

     4. La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentito il Ministero dello sviluppo economico. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale per l'istruttoria tecnica del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA) e dell'Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti. A condizione che siano rispettate le norme tecniche di cui al comma 9-quinquies, il piano di caratterizzazione può essere eseguito decorsi sessanta giorni dalla comunicazione di inizio attività al Ministero della transizione ecologica. Qualora il Ministero della transizione ecologica accerti il mancato rispetto delle norme tecniche di cui al precedente periodo, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio o di prosecuzione delle operazioni, salvo che il proponente non provveda a conformarsi entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dal medesimo Ministero [1088].

     4-bis. Nei casi di cui al comma 4, il soggetto responsabile dell'inquinamento o altro soggetto interessato accerta lo stato di potenziale contaminazione del sito mediante un Piano di indagini preliminari. Il Piano, comprensivo della lista degli analiti da ricercare, è concordato con l'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente che si pronuncia entro e non oltre il termine di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito. In caso di mancata pronuncia nei termini da parte dell'Agenzia di protezione ambientale territorialmente competente, il Piano di indagini preliminari è concordato con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che si pronuncia entro e non oltre i quindici giorni successivi su segnalazione del proponente o dell'autorità competente. Il proponente, trenta giorni prima dell'avvio delle attività d'indagine, trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione, al comune, alla provincia e all'agenzia di protezione ambientale competenti il Piano con la data di inizio delle operazioni. Qualora l'indagine preliminare accerti l'avvenuto superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) anche per un solo parametro, si applica la procedura di cui agli articoli 242 e 245. Ove si accerti che il livello delle CSC non sia stato superato, il medesimo soggetto provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla regione, al comune, alla provincia e all'agenzia di protezione ambientale competenti entro novanta giorni dalla data di inizio delle attività di indagine. L'autocertificazione conclude il procedimento, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte della provincia competente da concludere nel termine di novanta giorni dalla data di acquisizione dell'autocertificazione, decorsi i quali il procedimento di verifica si considera definitivamente concluso [1089].

     4-ter In alternativa alla procedura di cui all'articolo 242, il responsabile della potenziale contaminazione o altro soggetto interessato al riutilizzo e alla valorizzazione dell'area, può presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare gli esiti del processo di caratterizzazione del sito eseguito nel rispetto delle procedure di cui all'allegato 2 del presente Titolo, allegando i risultati dell'analisi di rischio sito specifica e dell'applicazione a scala pilota, in campo, delle tecnologie di bonifica ritenute idonee. Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, valutata la documentazione di cui al primo periodo, approva, nel termine di novanta giorni, l'analisi di rischio con il procedimento di cui al comma 4 e contestualmente indica le condizioni per l'approvazione del progetto operativo di cui all'articolo 242, comma 7. Sulla base delle risultanze istruttorie, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può motivatamente chiedere la revisione dell'analisi di rischio previa esecuzione di indagini integrative ove necessarie. Nei successivi sessanta giorni il proponente presenta il progetto e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare lo approva ai sensi del comma 4 e con gli effetti di cui al comma 6. Il potere di espropriare è attribuito al comune sede dell'opera. Ove il progetto debba essere sottoposto alla procedura di verifica di assoggettabilità o a valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, il procedimento è sospeso fino all'acquisizione della pronuncia dell'autorità competente ai sensi della parte seconda del presente decreto. Qualora il progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, i titoli abilitativi per la realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessari all'attuazione del progetto operativo sono ricompresi nel provvedimento autorizzatorio unico regionale rilasciato ai sensi dell'articolo 27-bis [1090].

     4-quater. [Qualora gli obiettivi individuati per la bonifica del suolo, sottosuolo e materiali di riporto siano raggiunti anticipatamente rispetto a quelli previsti per la falda, è possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica di cui all'articolo 248 limitatamente alle predette matrici ambientali, anche a stralcio in relazione alle singole aree catastalmente individuate, fermo restando l'obbligo di raggiungere tutti gli obiettivi di bonifica su tutte le matrici interessate da contaminazione. In tal caso è necessario effettuare un'analisi di rischio atta a dimostrare che le contaminazioni ancora presenti nelle acque sotterranee fino alla loro completa rimozione non comportino un rischio per i fruitori e per le altre matrici ambientali secondo le specifiche destinazioni d'uso. Le garanzie finanziarie di cui al comma 7 dell'articolo 242 sono comunque prestate per l'intero intervento e sono svincolate solo al raggiungimento di tutti gli obiettivi di bonifica] [1091].

     5. Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dell'Istituto superiore di sanità e dell'E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati, anche coordinati fra loro [1092].

     6. L'autorizzazione del progetto e dei relativi interventi ricomprende a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro attuazione. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. A tal fine il proponente allega all'istanza la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutti gli atti di assenso comunque denominati necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco con l'indicazione anche dell'Amministrazione ordinariamente competente [1093].

     7. Se il progetto prevede la realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale valutazione.

     8. [In attesa del perfezionamento del provvedimento di autorizzazione di cui ai commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare in via provvisoria, su richiesta dell'interessato, ove ricorrano motivi d'urgenza e fatta salva l'acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di compatibilità ambientale, ove prevista, l'avvio dei lavori per la realizzazione dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente, con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'autorizzazione provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7] [1094].

     8-bis. Nei siti di interesse nazionale, l'applicazione a scala pilota, in campo, di tecnologie di bonifica innovative, anche finalizzata all'individuazione dei parametri di progetto necessari per l'applicazione a piena scala, non è soggetta a preventiva approvazione del Ministero della transizione ecologica e può essere eseguita a condizione che tale applicazione avvenga in condizioni di sicurezza con riguardo ai rischi sanitari e ambientali. Il rispetto delle suddette condizioni è valutato dal Ministero della transizione ecologica e dall'Istituto superiore di sanità che si pronunciano entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza corredata della necessaria documentazione tecnica [1095].

     9. È qualificato sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla bonifica della ex discarica delle Strillaie (Grosseto). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si provvederà alla perimetrazione della predetta area.

     9-bis. È individuata quale sito di interesse nazionale ai sensi della normativa vigente l'area interessata dalla presenza di discariche ed impianti di trattamento dei rifiuti, compresa nel sito dell'Area vasta di Giugliano (Napoli). Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si provvede alla perimetrazione della predetta area [1096].

     9-ter. In caso di compravendita di aree ubicate nei siti di interesse nazionale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su istanza congiunta degli interessati, autorizza entro novanta giorni dal ricevimento dell'istanza la volturazione dell'autorizzazione di cui ai commi 4 e 6 [1097].

     9-quater. Con decreto di natura non regolamentare il Ministero della transizione ecologica adotta i modelli delle istanze per l'avvio dei procedimenti di cui al comma 4 e i contenuti minimi della documentazione tecnica da allegare [1098].

     9-quinquies. Con decreto del Ministero della transizione ecologica sono adottate le norme tecniche in base alle quali l'esecuzione del piano di caratterizzazione è sottoposta a comunicazione di inizio attività di cui al comma 4 [1099].

 

     Art. 252 bis. (Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale) [1100]

     1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonchè con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Sono escluse le aree interessate dalle misure di cui al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e successive modificazioni. L'esclusione cessa di avere effetto nel caso in cui l'impresa è ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 [1101].

     2. Gli accordi di programma di cui al comma 1 assicurano il coordinamento delle azioni per determinare i tempi, le modalità, il finanziamento e ogni altro connesso e funzionale adempimento per l'attuazione dei progetti e disciplinano in particolare:

     a) l'individuazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica da attuare, sulla base dei risultati della caratterizzazione validati dalle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente;

     b) l'individuazione degli interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico anche attraverso studi e ricerche appositamente condotti da università ed enti di ricerca specializzati;

     c) il piano economico finanziario dell'investimento e la durata del relativo programma;

     d) i tempi di attuazione degli interventi e le relative garanzie;

     e) i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e attribuiti;

     f) la causa di revoca dei contributi e delle altre misure di sostegno, e di risoluzione dell'accordo;

     g) l'individuazione del soggetto attuatore degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, e delle attività di monitoraggio, controllo e gestione degli interventi di messa in sicurezza che restano a carico del soggetto interessato;

     h) i tempi di presentazione e approvazione degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica;

     i) la previsione di interventi di formazione, riqualificazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori degli impianti dismessi da reimpiegare nei lavori di bonifica previsti dai medesimi accordi di programma, mediante il ricorso a fondi preliminarmente individuati a livello nazionale e regionale.

     i-bis) le modalità di monitoraggio per il controllo dell'adempimento degli impegni assunti e della realizzazione dei progetti.

     3. La stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e dichiarazione di pubblica utilità.

     4. Ad eccezione di quanto previsto al comma 5, i soggetti interessati di cui al comma 1 non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica, riconversione industriale e di sviluppo economico, tenuto conto anche dei collegamenti societari e di cariche direttive ricoperte nelle società interessate o ad esse collegate. A tal fine sono soggetti interessati non responsabili i proprietari e i gestori di siti inquinati che non hanno cagionato la contaminazione del sito e hanno assolto gli obblighi imposti dall'articolo 245, comma 2.

     5. Gli Accordi di Programma di cui al comma 1 possono essere stipulati anche con soggetti che non soddisfano i requisiti di cui al comma 4 alle seguenti ulteriori condizioni:

     a) i fatti che hanno causato l'inquinamento devono essere antecedenti al 30 aprile 2007;

     b) oltre alle misure di messa in sicurezza e bonifica, devono essere individuati gli interventi di riparazione del danno ambientale disciplinati dall'allegato 3 alla Parte VI del presente decreto;

     c) termine finale per il completamento degli interventi di riparazione del danno ambientale è determinato in base ad uno specifico piano finanziario presentato dal soggetto interessato tenendo conto dell'esigenza di non pregiudicare l'avvio e lo sviluppo dell'iniziativa economica e di garantire la sostenibilità economica di detti interventi, comunque in misura non inferiore a dieci anni.

     6. L'attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall'accordo di programma esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo. La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale è subordinata, nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, al rilascio della certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 248. Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure di cui alla lettera e) del comma 2 non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l'acquisto di beni strumentali alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell'area.

     7. Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5, la pubblica amministrazione può agire autonomamente nei confronti del responsabile della contaminazione per la ripetizione delle spese sostenute per gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica individuati dall'accordo nonchè per gli ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nelle forme e nei modi previsti dalla legge.

     8. Gli interventi per l'attuazione del progetto integrato sono autorizzati e approvati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico sulla base delle determinazioni assunte in Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell'articolo 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alla conferenza di servizi partecipano anche i soggetti pubblici firmatari dell'accordo di programma. Si applicano i commi 6 e 7 dell'articolo 252 [1102].

     9. [Fatta salva l'applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione ambientale integrata, i decreti di cui al comma 8 autorizzano gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica nonchè la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere connesse] [1103].

     10. Alla progettazione, al coordinamento e al monitoraggio dei progetti integrati di bonifica, riconversione industriale e sviluppo economico in siti inquinati di interesse nazionale di cui al comma 1 sono preposte, con oneri posti a carico delle risorse stanziate a legislazione vigente, una o più società "in house" individuate nell'accordo di programma, di intesa tra il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Sulle aree di proprietà pubblica ovvero nel caso di attivazione degli interventi a iniziativa pubblica, i predetti soggetti sono tenuti ad attivare procedure a evidenza pubblica per l'attuazione degli interventi, salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti per la gestione in house in conformità ai requisiti prescritti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea.

     11. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e le Regioni e Province Autonome, adotta misure volte a favorire la formazione di nuove competenze professionali, anche in ambito degli Istituti tecnici superiori, in materia di bonifica ambientale, finanziate, nell'ambito delle risorse stanziate a legislazione vigente nonchè a valere sulle risorse della programmazione 2014-2020, previamente incluse negli Accordi di programma di cui al comma 1 del presente articolo.

 

     Art. 253. (oneri reali e privilegi speciali)

     1. Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi degli articoli 250 e 252, comma 5. L'onere reale viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell'Agenzia del territorio a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica [1104].

     2. Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile.

     3. Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.

     4. In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.

     5. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

 

TITOLO VI

SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

CAPO I

SANZIONI

 

     Art. 254. (norme speciali)

     1. Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.

 

     Art. 255. (abbandono di rifiuti)

     1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni degli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con l'ammenda da mille euro a diecimila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio [1105].

     1-bis. Chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all'articolo 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio [1106].

     2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

     3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.

 

     Art. 256. (attività di gestione di rifiuti non autorizzata)

     1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito [1107]:

     a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

     b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

     2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

     3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi [1108].

     4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

     5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).

     6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato [1109].

     7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro.

     8. I soggetti di cui agli articoli 233, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Ai soggetti di cui all'articolo 234 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5.000, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi [1110].

     9 Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.

 

     Art. 256 bis. (Combustione illecita di rifiuti). [1111]

     1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.

     2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.

     3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell'attività si applicano altresì le sanzioni previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

     4. La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

     5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

     6. Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e).

 

     Art. 257. (bonifica dei siti)

     1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da mille euro a ventiseimila euro [1112].

     2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.

     3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

     4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilità per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1 [1113].

 

     Art. 258. (Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari). [1114]

     1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuano la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuano in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

     2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila euro a trentamila euro, nonchè nei casi più gravi, la sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.

     3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le sanzioni sono quantificate nelle misure minime e massime da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.

     4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, ovvero riporta nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a diecimila euro. Si applica la pena dell'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

     5. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 4, ove le informazioni, pur formalmente incomplete o inesatte, siano rinvenibili in forma corretta dai dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri cronologici di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica nei casi di indicazioni formalmente incomplete o inesatte, ma contenenti gli elementi atti a ricostruire le informazioni richieste ai sensi di legge, nonchè nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193. La sanzione ridotta di cui alla presente disposizione si applica alla omessa o incompleta tenuta dei registri cronologici di carico e scarico da parte del produttore quando siano presenti i formulari di trasporto, a condizione che la data di produzione e presa in carico dei rifiuti possa essere dimostrata, o coincida con la data di scarico dei rifiuti stessi.

     6. I soggetti di cui all'articolo 220, comma 2, che non effettuano la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila euro a diecimila euro; nel caso in cui la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

     7. I soggetti responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani che non effettuano la comunicazione di cui all'articolo 189, comma 5, ovvero la effettuano in modo incompleto o inesatto, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila euro a diecimila euro; nel caso in cui la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro [1115].

     8. In caso di violazione di uno o più degli obblighi previsti dall'articolo 184, commi 5- bis.1 e 5-bis.2, e dall'articolo 241-bis, commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, del presente decreto, il comandante del poligono militare delle Forze armate è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a diecimila euro. In caso di violazione reiterata degli stessi obblighi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila euro a ventimila euro.

     9. Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo, ovvero commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo.

     9-bis. Le disposizioni di cui al comma 9 si applicano a tutte le violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato [1116].

     10. Salvo che il fatto costituisca reato e fermo restando l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi eventualmente non versati, la mancata o irregolare iscrizione al Registro di cui all'articolo 188-bis, nelle tempistiche e con le modalità definite nel decreto di cui al comma 1 del medesimo articolo, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a duemila euro, per i rifiuti non pericolosi, e da mille euro a tremila euro per i rifiuti pericolosi. La mancata o incompleta trasmissione dei dati informativi con le tempistiche e le modalità ivi definite comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a duemila euro per i rifiuti non pericolosi e da mille euro a tremila euro per i rifiuti pericolosi.

     11. Le sanzioni di cui al comma 10 sono ridotte ad un terzo nel caso in cui si proceda all'iscrizione al Registro entro 60 giorni dalla scadenza dei termini previsti dal decreto di cui al comma 1 dell'articolo 188-bis e dalle procedure operative. Non è soggetta alle sanzioni di cui al comma 11 la mera correzione di dati, comunicata con le modalità previste dal decreto citato.

     12. Gli importi delle sanzioni di cui al comma 10 sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, destinati agli interventi di bonifica dei siti di cui all'articolo 252, comma 5, ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 253, comma 5, secondo criteri e modalità di ripartizione fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     13. Le sanzioni di cui al presente articolo, conseguenti alla trasmissione o all'annotazione di dati incompleti o inesatti sono applicate solo nell'ipotesi in cui i dati siano rilevanti ai fini della tracciabilità, con esclusione degli errori materiali e violazioni formali. In caso di dati incompleti o inesatti rilevanti ai fini della tracciabilità di tipo seriale, si applica una sola sanzione aumentata fino al triplo.

 

     Art. 259. (traffico illecito di rifiuti)

     1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.

     2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

 

     Art. 260. (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) [1117]

     [1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni,

     2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

     3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.

     4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

     4-bis. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca [1118].]

 

     Art. 260 bis. (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti) [1119]

     1. I soggetti obbligati che omettono l'iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

     2. I soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l'iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All'accertamento dell'omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.

     3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti,si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

     4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonchè la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l'infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.

     5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.

     6. Si applica la pena di cui all'articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell'ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti.

     7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all'art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.

     8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI - AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.

     9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

     9-bis. Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette più violazioni della stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo [1120].

     9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione della violazione, il trasgressore può definire la controversia, previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie [1121].

 

     Art. 260 ter. (Sanzioni amministrative accessorie. Confisca) [1122]

     1. All'accertamento delle violazioni di cui ai commi 7 e 8 dell'articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l'attività di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all'art. 99 c.p. o all'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti [1123].

     2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative norme di attuazione.

     3. All'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell'articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal trasportatore. In ogni caso restituzione del veicolo sottoposto al fermo amministrativo non può essere disposta in mancanza dell' iscrizione e del correlativo versamento del contributo.

     4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

     5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell'articolo 256.

 

     Art. 261. (imballaggi)

     1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottano, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5.000 [1124].

     2. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 221, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 223, né adottano un sistema di restituzione dei propri imballaggi ai sensi dell'articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a quarantaseimilacinquecento euro. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 221, comma 4.

     3. La violazione dei divieti di cui all'articolo 226, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemiladuecento euro a quarantamila euro. A chiunque immette sul mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 25.000 euro [1125].

     4. La violazione del disposto di cui all'articolo 226, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

     4-bis. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 226-bis e 226-ter è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 25.000 euro [1126].

     4-ter. La sanzione amministrativa di cui al comma 4-bis è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore, nonchè in caso di utilizzo di diciture o altri mezzi elusivi degli obblighi di cui agli articoli 226-bis e 226-ter [1127].

     4-quater. Le sanzioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981 [1128].

 

     Art. 261 bis. (Sanzioni). [1129]

     1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione all'esercizio di cui presente titolo, è punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da diecimila euro a cinquantamila euro.

     2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non pericolosi, negli impianti di cui all'articolo 237-ter, comma 1, lettere b), c) d) ed e), in mancanza della prescritta autorizzazione all'esercizio, è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

     3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico sul suolo, nel sottosuolo o nelle acque sotterranee, di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all'articolo 237-duodecies, comma 5, è punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

     4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il proprietario ed il gestore che nell'effettuare la dismissione di un impianto di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti non provvedono a quanto previsto all'articolo 237-octies, comma 10, sono puniti con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro.

     5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua attività di incenerimento o di coincenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all'articolo 237-septiesdecies, comma 3, superando anche uno solo dei limiti temporali ivi previsti, è punito con l'arresto fino a nove mesi e con l'ammenda da cinquemila euro a trentamila euro.

     6. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico in acque superficiali di acque reflue evacuate da un impianto di incenerimento o coincenerimento e provenienti dalla depurazione degli effluenti gassosi di cui all'articolo 237-duodecies, comma 5, non rispettando i valori di emissione previsti all'Allegato 1, paragrafo D, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da diecimila euro a trentamila euro.

     7. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque effettua lo scarico delle acque reflue di cui all'articolo 237-duodecies, in mancanza della prescritta autorizzazione di cui al comma 1, è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda da cinquemila euro a trentamila euro.

     8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nell'esercizio dell'attività di incenerimento o coincenerimento, supera i valori limite di emissione di cui all'articolo 237-undecies, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da diecimila euro a venticinquemila euro. Se i valori non rispettati sono quelli di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3) e 4), il responsabile è punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da diecimila euro a quarantamila euro.

     9. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il professionista che, nel certificato sostitutivo di cui all'articolo 237-octies, comma 8, e all'articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, attesta fatti non corrispondenti al vero, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da cinquemila euro a venticinquemila euro.

     10. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque mette in esercizio un impianto di incenerimento o di coincenerimento autorizzato alla costruzione ed all'esercizio, in assenza della verifica di cui all'articolo 237-octies, comma 7, o della relativa certificazione sostitutiva comunicata nelle forme di cui all'articolo 237-octies, comma 8, e all'articolo 237-octies, comma 10, con riferimento agli impianti di coincenerimento, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a venticinquemila euro.

     11. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e salvo quanto previsto al comma 12, chiunque, nell'esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, non osserva le prescrizioni indicate nell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 237-quinquies, comma 2, con riferimento agli impianti di incenerimento, all'articolo 237-quinquies, comma 3, all'articolo 237-septies, comma 1, e all'articolo 237-octies, comma 1, è punito con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro.

     12. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell'esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le parziali deroghe di cui all'articolo 237-septies, comma 6, e all'articolo 237-nonies, non rispetta le prescrizioni imposte dall'autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a venticinquemila euro.

     13. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, nell'esercizio di un impianto autorizzato di incenerimento o coincenerimento, avendo conseguito in sede di autorizzazione le deroghe di cui all'articolo 237-undecies, comma 6, non rispetta le prescrizioni imposte dall'autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da duemilacinquecento euro a venticinquemila euro.

     14. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, nell'esercizio di un impianto di incenerimento o coincenerimento non rispetta le prescrizioni di cui al presente decreto, o quelle imposte dall'autorità competente in sede di autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa da mille euro a trentacinquemila euro.

     15. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 14 e 15 non si applicano nel caso in cui l'installazione è soggetta alle disposizioni del Titolo III-bis della Parte seconda.

 

     Art. 262. (competenza e giurisdizione)

     1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte quarta del presente decreto provvede la provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, per le quali è competente il comune.

     2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione previsto dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 [1130].

     3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati ai comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

 

     Art. 263. (proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

     1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui alle disposizioni della parte quarta del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 261, comma 3, in relazione al divieto di cui all'articolo 226, comma 1, che sono devoluti ai comuni.

     2. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell'articolo 261-bis sono versate all'entrata dei bilanci delle autorità competenti e sono destinate a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal presente decreto, in particolare all'articolo 29-decies, comma 4, nonchè le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione [1131].

     2-bis. Il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi dell'articolo 255, comma 1-bis, è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinato alle attività di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 232-bis. Il restante 50 per cento dei suddetti proventi è destinato ai comuni nel cui territorio sono state accertate le relative violazioni ed è destinato alle attività di cui al comma 1 dell'articolo 232-bis, ad apposite campagne di informazione da parte degli stessi comuni, volte a sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo e dei rifiuti di piccolissime dimensioni di cui all'articolo 232-ter, nonchè alla pulizia del sistema fognario urbano. Con provvedimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità attuative del presente comma [1132].

 

CAPO II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 264. (abrogazione di norme)

     1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto restano o sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza:

     a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;

     b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;

     c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione dell'articolo 9 e dell'articolo 9-quinquies come riformulato dal presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n, 475, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

     d) il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies;

     e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;

     f) l'articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

     g) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;

     h) l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994;

     i) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

     l) l'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dall'articolo 14 della legge 8 agosto 2002, n. 178;

     m) l'articolo 9, comma 2-bis, della legge 21 novembre 2000, n. 342, ultimo periodo, dalle parole: "i soggetti di cui all'articolo 38, comma 3, lettera a) sino alla parola: "CONAI";

     n) [l'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504] [1133];

     o) gli articoli 4, 5, 8, 12, 14 e 15 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95. Restano valide ai fini della gestione degli oli usati, fino al conseguimento o diniego di quelle richieste ai sensi del presente decreto e per un periodo comunque non superiore ad un triennio dalla data della sua entrata in vigore, tutte le autorizzazioni concesse, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, ai sensi della normativa vigente, ivi compresi il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e il decreto 16 maggio 1996, n. 392, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 1996. Al fine di assicurare che non vi sia soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi dell'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto;

     p) l'articolo 19 della legge 23 marzo 2001, n. 93.

     2. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli ulteriori atti normativi incompatibili con le disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.

     2-bis. Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 [1134].

 

     Art. 264 bis. (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010) [1135]

     1. All'Allegato “Articolazione del MUD” del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al capitolo 1 - Rifiuti, al punto “4. Istruzione per la compilazione delle singole sezioni” la “Sezione comunicazione semplificata” è abrogata e sono abrogati il punto 6 “ Sezione rifiuti” e il punto 8 “ Sezione intermediari e commercio”;

     b) i capitoli 2 e 3 sono abrogati a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.

 

     Art. 264 ter. (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209) [1136]

     [1. All'articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonchè i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e all'articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.”.]

 

     Art. 264 quater. (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151) [1137]

     [1. All'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all'articolo 14-bis del decreto-legge n.78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l'allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.”.]

 

     Art. 265. (disposizioni transitorie)

     1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi [1138].

     2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 193-bis e dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 197, al fine di consentire agli operatori del settore di dotarsi delle autorizzazioni necessarie per la gestione dei rifiuti, è ammessa l'assimilazione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico alle merci, anche ai fini della pericolosità, per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare, sino al 30 giugno 2024 [1139].

     3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro delle attività produttive, individua con apposito decreto le forme di promozione e di incentivazione per la ricerca e per lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica presso le università, nonché presso le imprese e i loro consorzi [1140].

     4. Fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie.

     5. [Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive sono disciplinati modalità, presupposti ed effetti economici per l'ipotesi in cui i soggetti aderenti ai vigenti consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o a forme ad essi alternative, in conformità agli schemi tipo di statuto approvati dai medesimi Ministri, senza che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica] [1141].

     6. Le aziende siderurgiche e metallurgiche operanti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e sottoposte alla disciplina di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sono autorizzate in via transitoria, previa presentazione della relativa domanda, e fino al rilascio o al definitivo diniego dell'autorizzazione medesima, ad utilizzare, impiegandoli nel proprio ciclo produttivo, i rottami ferrosi individuati dal codice GA 430 dell'Allegato II (lista verde dei rifiuti) del regolamento (CE) 1° febbraio 1993, n. 259 e i rottami non ferrosi individuati da codici equivalenti del medesimo Allegato.

     6-bis. I soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto svolgono attività di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi che erano da considerarsi escluse dal campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto n. 152 del 2006 possono proseguire le attività di gestione in essere alle condizioni di cui alle disposizioni previgenti fino al rilascio o al diniego delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento di dette attività nel nuovo regime. Le relative istanze di autorizzazione o iscrizione sono presentate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto [1142].

 

     Art. 266. (disposizioni finali)

     1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4, comma 2, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847, sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

     2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato.

     3. Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, restano a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvo quanto previsto dal periodo seguente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse.

     4. [I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività] [1143].

     5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

     6. Fatti salvi gli effetti dei provvedimenti sanzionatori adottati con atti definitivi, dalla data di pubblicazione del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni recanti gli obblighi di cui agli articoli 48, comma 2, e 51, comma 6-ter, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le disposizioni sanzionatorie previste dal medesimo articolo 51, commi 6-bis, 6-ter e 6-quinquies, anche con riferimento a fattispecie verificatesi dopo il 31 marzo 2004.

     7. Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia [1144].

 

PARTE QUINTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA DELL'ARIA E DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA

 

TITOLO I

PREVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANTI E ATTIVITÀ

 

     Art. 267. (campo di applicazione)

     1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.

     2. Per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell'autorizzazione di cui all'articolo 208 o nell'autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis alla Parte Seconda. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento sulla base del Titolo III-bis della Parte Quarta e dei piani regionali di qualità dell'aria e, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, sulla base degli articoli 270 e 271 del presente titolo. Resta ferma l'applicazione del presente titolo per gli altri impianti e le altre attività presenti nello stesso stabilimento, nonchè nei casi previsti dall'articolo 214, comma 8 [1145].

     3. Resta fermo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto al Titolo III-bis della Parte Seconda; per tali installazioni l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente Titolo non è richiesta in quanto sostituita dall'autorizzazione integrata ambientale [1146].

     4. [Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di favorire comunque la riduzione delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti, la normativa di cui alla parte quinta del presente decreto intende determinare l'attuazione di tutte le più opportune azioni volte a promuovere l'impiego dell'energia elettrica prodotta da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa comunitaria e nazionale vigente e, in particolare, della direttiva 2001/77/CE e del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, determinandone il dispacciamento prioritario. In particolare:

     a) potranno essere promosse dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle attività produttive e per lo sviluppo e la coesione territoriale misure atte a favorire la produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili ed al contempo sviluppare la base produttiva di tecnologie pulite, con particolare riferimento al Mezzogiorno;

     b) con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, sono determinati i compensi dei componenti dell'Osservatorio di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, da applicarsi a decorrere dalla data di nomina, nel limite delle risorse di cui all'articolo 16, comma 6, del medesimo decreto legislativo e senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;

     c) i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che siano stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003;

     d) al fine di prolungare il periodo di validità dei certificati verdi, all'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole «otto anni» sono sostituite dalle parole «dodici anni»] [1147].

 

     Art. 268. (definizioni)

     1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

     a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;

     b) emissione in atmosfera: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell'ambiente [1148];

     c) emissione convogliata: emissione di un effluente gassoso effettuata attraverso uno o più appositi punti;

     d) emissione diffusa: emissione diversa da quella ricadente nella lettera c); per le lavorazioni di cui all'articolo 275 le emissioni diffuse includono anche i COV contenuti negli scarichi idrici, nei rifiuti e nei prodotti, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto [1149];

     e) emissione tecnicamente convogliabile: emissione diffusa che deve essere convogliata sulla base delle migliori tecniche disponibili o in presenza di situazioni o di zone che richiedono una particolare tutela;

     f) emissioni totali: la somma delle emissioni diffuse e delle emissioni convogliate;

     f-bis) emissioni odorigene: emissioni convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena [1150];

     g) effluente gassoso: lo scarico gassoso, contenente emissioni solide, liquide o gassose; la relativa portata volumetrica è espressa in metri cubi all'ora riportate in condizioni normali (Nm3/ora), previa detrazione del tenore di vapore acqueo, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto;

     h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all'esercizio di una o più attività [1151];

     i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 [1152];

     i-bis) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi dell'articolo 6 o dell'articolo 11 o dell'articolo 15, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purchè in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008 [1153];

     i-ter) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i-bis) [1154];

     l) impianto: il dispositivo o il sistema o l'insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell'ambito di un ciclo più ampio [1155];

     m) modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all'articolo 269, comma 2, o nell'autorizzazione di cui all'articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all'autorizzazione generale di cui all'articolo 272, o nell'autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall'articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati [1156];

     m-bis) modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse e che possa produrre effetti negativi e significativi sull'ambiente; per gli impianti di cui all'articolo 273 si applica la definizione prevista dall'articolo 5, comma 1, lettera l-bis); per le attività di cui all'articolo 275 si applicano le definizioni previste ai commi 21e 22 di tale articolo. Le regioni e le province autonome possono, nel rispetto della presente definizione, definire ulteriori criteri per la qualificazione delle modifiche sostanziali e indicare modifiche non sostanziali per le quali non vi è l'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 269, comma 8 [1157];

     n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l'installazione o l'esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell'applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto; per gli impianti di cui all'articolo 273 e per le attività di cui all'articolo 275 si applica la definizione prevista all'articolo 5, comma 1, lettera r-bis) [1158];

     o) autorità competente: la regione o la provincia autonoma o la diversa autorità indicata dalla legge regionale quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione alle emissioni e all'adozione degli altri provvedimenti previsti dal presente titolo; per gli stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per gli adempimenti a questa connessi, l'autorità competente è quella che rilascia tale autorizzazione [1159];

     p) autorità competente per il controllo: l'autorità a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell'autorizzazione e delle disposizioni del presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; in caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione alle emissioni tale autorità coincide, salvo diversa indicazione della legge regionale, con quella di cui alla lettera o); per stabilimenti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l'autorità competente per il controllo è quella prevista dalla normativa che disciplina tale autorizzazione [1160];

     q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall'autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria [1161];

     r) fattore di emissione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e unità di misura specifica di prodotto o di servizio;

     s) concentrazione: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell'effluente gassoso; per gli impianti di combustione i valori di emissione espressi come concentrazione (mg/Nm3) sono calcolati considerando, se non diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, un tenore volumetrico di ossigeno di riferimento del 3 per cento in volume dell'effluente gassoso per i combustibili liquidi e gassosi, del 6 per cento in volume per i combustibili solidi e del 15 per cento in volume per le turbine a gas;

     t) percentuale: rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e massa della stessa sostanza utilizzata nel processo produttivo, moltiplicato per cento;

     u) flusso di massa: massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo;

     v) soglia di rilevanza dell'emissione: flusso di massa, per singolo inquinante o per singola classe di inquinanti, calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione [1162];

     z) condizioni normali: una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa;

     aa) migliori tecniche disponibili: la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, se ciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si intende per:

     1) tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti e delle attività [1163];

     2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

     3) migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso;

     Per gli impianti di cui all'articolo 273 e per le attività di cui all'articolo 275 si applica la definizione prevista all'articolo 5, comma 1, lettera l-ter) [1164].

     aa-bis) ore operative: il tempo, espresso in ore, durante il quale un grande impianto di combustione o un medio impianto di combustione è, in tutto o in parte, in esercizio e produce emissioni in atmosfera, esclusi i periodi di avviamento e di arresto [1165];

     bb) periodo di avviamento: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, è portato da una condizione nella quale non esercita l'attività a cui è destinato, o la esercita in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico, ad una condizione nella quale tale attività è esercitata in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico;

     cc) periodo di arresto: salva diversa disposizione autorizzativa, il tempo in cui l'impianto, a seguito dell'interruzione dell'erogazione di energia, combustibili o materiali, non dovuta ad un guasto, è portato da una condizione nella quale esercita l'attività a cui è destinato in situazione di carico di processo pari o superiore al minimo tecnico ad una condizione nella quale tale funzione è esercitata in situazione di carico di processo inferiore al minimo tecnico o non è esercitata;

     dd) carico di processo: il livello percentuale di produzione rispetto alla potenzialità nominale dell'impianto;

     ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l'esercizio dell'attività cui l'impianto è destinato [1166];

     ff) impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto:

     gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW. Un grande impianto di combustione è classificato come:

     1) anteriore al 2013: il grande impianto di combustione che ha ottenuto un'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o per cui è stata presentata una domanda completa di autorizzazione entro tale data, a condizione che sia messo in servizio entro il 7 gennaio 2014;

     2) anteriore al 2002: il grande impianto di combustione che ha ottenuto un'autorizzazione prima del 27 novembre 2002 o per cui è stata presentata una domanda completa di autorizzazione prima di tale data, a condizione che sia stato messo in esercizio entro il 27 novembre 2003;

     3) nuovo: il grande impianto di combustione che non ricade nella definizione di cui ai numeri 2) e 3) [1167];

     gg-bis) medio impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50MW, inclusi i motori e le turbine a gas alimentato con i combustibili previsti all'allegato X alla Parte Quinta o con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta. Un medio impianto di combustione è classificato come:

     1) esistente: il medio impianto di combustione messo in esercizio prima del 20 dicembre 2018 nel rispetto della normativa all'epoca vigente o previsto in una autorizzazione alle emissioni o in una autorizzazione unica ambientale o in una autorizzazione integrata ambientale che il gestore ha ottenuto o alla quale ha aderito prima del 19 dicembre 2017 a condizione che sia messo in esercizio entro il 20 dicembre 2018;

     2) nuovo: il medio impianto di combustione che non rientra nella definizione di cui al punto 1) [1168];

     gg-ter) motore: un motore a gas, diesel o a doppia alimentazione [1169];

     gg-quater) motore a gas: un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo Otto e che utilizza l'accensione comandata per bruciare il combustibile [1170];

     gg-quinquies) motore diesel: un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo diesel e che utilizza l'accensione spontanea per bruciare il combustibile [1171];

     gg-sexies) motore a doppia alimentazione: un motore a combustione interna che utilizza l'accensione spontanea e che funziona secondo il ciclo diesel quando brucia combustibili liquidi e secondo il ciclo Otto quando brucia combustibili gassosi [1172];

     gg-septies) turbina a gas: qualsiasi macchina rotante che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e una turbina; sono incluse le turbine a gas a ciclo aperto, le turbine a gas a ciclo combinato e le turbine a gas in regime di cogenerazione, dotate o meno di bruciatore supplementare [1173];

     hh) potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato al singolo impianto di combustione, così come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli;

     ii) composto organico: qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;

     ll) composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso. Ai fini della parte quinta del presente decreto, è considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa;

     mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti, senza subire trasformazioni chimiche, al fine di dissolvere materie prime, prodotti o rifiuti, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure come dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante [1174];

     nn) capacità nominale: la massa giornaliera massima di solventi organici utilizzati per le attività di cui all'articolo 275, svolte in condizioni di normale funzionamento ed in funzione della potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;

     oo) consumo di solventi: il quantitativo totale di solventi organici utilizzato in uno stabilimento per le attività di cui all'articolo 275 per anno civile ovvero per qualsiasi altro periodo di dodici mesi, detratto qualsiasi COV recuperato per riutilizzo [1175];

     pp) consumo massimo teorico di solventi: il consumo di solventi calcolato sulla base della capacità nominale riferita, se non diversamente stabilito dall'autorizzazione, a trecentotrenta giorni all'anno in caso di attività effettuate su tutto l'arco della settimana ed a duecentoventi giorni all'anno per le altre attività [1176];

     qq) riutilizzo di solventi organici: l'utilizzo di solventi organici prodotti da una attività e successivamente recuperati per qualsiasi finalità tecnica o commerciale, ivi compreso l'uso come combustibile [1177];

     rr) soglia di consumo: il consumo di solvente espresso in tonnellate/anno stabilito dalla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, per le attività ivi previste;

     rr-bis) raffinerie: stabilimenti in cui si effettua la raffinazione di oli minerali o gas [1178];

     ss) [raffinerie: raffinerie di oli minerali sottoposte ad autorizzazione ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239] [1179];

     tt) impianti di distribuzione: impianti in cui il carburante viene erogato ai serbatoi dei veicoli a motore da impianti di deposito; ai fini dell'applicazione dell'articolo 277 si considerano esistenti gli impianti di distribuzione di benzina già costruiti o la cui costruzione ed il cui esercizio sono autorizzati ai sensi della vigente normativa prima del 1° gennaio 2012 e si considerano nuovi gli impianti di distribuzione di benzina la cui costruzione ed il cui esercizio sono autorizzati ai sensi della vigente normativa dal 1° gennaio 2012; sono equiparati agli impianti nuovi gli impianti distribuzione che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, sono oggetto di una ristrutturazione completa, intesa come il totale rinnovo o riposizionamento dei serbatoi e delle relative tubazioni [1180];

     tt-bis) distributore: ogni apparecchio finalizzato all'erogazione di benzina; il distributore degli impianti di distribuzione di benzina deve essere dotato di idonea pompa di erogazione in grado di prelevare il carburante dagli impianti di deposito o, in alternativa, essere collegato a un sistema di pompaggio centralizzato [1181];

     tt-ter) sistema di recupero dei vapori di benzina:

     1) ai fini dell'articolo 276, l'attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;

     2) ai fini dell'articolo 277, l'attrezzatura per il recupero dei vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante del veicolo durante il rifornimento presso un impianto di distribuzione [1182];

     tt-quater) sistema di recupero di fase II: sistema di recupero dei vapori di benzina che prevede il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio [1183];

     tt-quinquies) flusso: quantità totale annua di benzina scaricata da cisterne mobili di qualsiasi capacità in un impianto di distribuzione [1184];

     uu) benzina: ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, corrispondente ai seguenti codici doganali: NC 2710 1131 - 2710 1141 -2710 1145 - 2710 1149 - 2710 1151 - 2710 1159 o che abbia una tensione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, pronto all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL);

     uu-bis) vapori di benzina: composti gassosi che evaporano dalla benzina [1185];

     vv) terminale: ogni struttura adibita al caricamento e allo scaricamento di benzina in/da veicolo-cisterna, carro-cisterna o nave-cisterna, ivi compresi gli impianti di deposito presenti nel sito della struttura;

     zz) impianto di deposito: ogni serbatoio fisso adibito allo stoccaggio di combustibile; ai fini dell'applicazione dell'articolo 277 si fa riferimento ai serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina presso gli impianti di distribuzione [1186];

     aaa) impianto di caricamento: ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per i veicoli-cisterna comprendono una o più torri di caricamento;

     bbb) torre di caricamento: ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può essere, in un dato momento, caricata in un singolo veicolo-cisterna;

     ccc) deposito temporaneo di vapori: il deposito temporaneo di vapori in un impianto di deposito a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della parte quinta del presente decreto;

     ddd) cisterna mobile: una cisterna di capacità superiore ad 1 m3, trasportata su strada, per ferrovia o per via navigabile e adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad un impianto di distribuzione di carburanti;

     eee) veicolo-cisterna: un veicolo adibito al trasporto su strada della benzina che comprenda una o più cisterne montate stabilmente o facenti parte integrante del telaio o una o più cisterne rimuovibili;

     eee-bis) combustibile: qualsiasi materia solida, liquida o gassosa, di cui l'allegato X alla Parte Quinta preveda l'utilizzo per la produzione di energia mediante combustione, esclusi i rifiuti [1187];

     eee-ter) combustibile di raffineria: materiale combustibile solido, liquido o gassoso risultante dalle fasi di distillazione e conversione della raffinazione del petrolio greggio, inclusi gas di raffineria, gas di sintesi, oli di raffineria e coke di petrolio [1188];

     eee-quater) olio combustibile pesante: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui al codice NC da 2710 19 51 a 2710 19 68, 2710 20 31, 2710 20 35, o 2710 20 39 o qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, diverso dal gasolio, che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati a essere usati come combustibile e di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250° C secondo il metodo ASTM D86. anche se la percentuale del distillato a 250° C non può essere determinata secondo il predetto metodo [1189];

     eee-quinquies) gasolio: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui ai codici NC 2710 19 25, 2710 19 29, 2710 19 47, 2710 19 48, 2710 20 17 o 2710 20 19 o qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250° C e di cui almeno l'85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350° C secondo il metodo ASTM D86 [1190];

     eee-sexies) gas naturale: il metano presente in natura, contenente non più del 20% in volume di inerti e altri costituenti [1191];

     eee-septies) polveri: particelle, di qualsiasi forma, struttura o densità, disperse in fase gassosa alle condizioni del punto di campionamento, che, in determinate condizioni, possono essere raccolte mediante filtrazione dopo il prelievo di campioni rappresentativi del gas da analizzare e che, in determinate condizioni, restano a monte del filtro e sul filtro dopo l'essiccazione [1192];

     eee-octies) ossidi di azoto (NOx): il monossido di azoto (NO) ed il biossido di azoto espressi come biossido di azoto (NO2) [1193];

     eee-nonies) rifiuto: rifiuto come definito all'articolo 183, comma 1, lett. a) [1194].

 

     Art. 269. (Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti [1195])

     1. Fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 267, commi 2 e 3, dal comma 10 del presente articolo e dall'articolo 272, commi 1 e 5, per tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto. L'autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni [1196].

     1-bis. In caso di stabilimenti soggetti ad autorizzazione unica ambientale si applicano, in luogo delle procedure previste ai commi 3, 7 e 8, le procedure previste dal decreto di attuazione dell'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, in legge 4 aprile 2012, n. 35. Le disposizioni dei commi 3, 7 e 8 continuano ad applicarsi nei casi in cui il decreto di attuazione dell'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, rinvia alle norme di settore, nonchè in relazione alla partecipazione del Comune al procedimento. Sono fatti salvi gli ulteriori termini previsti all'articolo 273-bis, comma 13 [1197].

     2. Il gestore che intende installare uno stabilimento nuovo o trasferire un impianto da un luogo ad un altro presenta all'autorità competente una domanda di autorizzazione, accompagnata:

     a) dal progetto dello stabilimento in cui sono descritti gli impianti e le attività, le tecniche adottate per limitare le emissioni e la quantità e la qualità di tali emissioni, le modalità di esercizio, la quota dei punti di emissione individuata in modo da garantire l'adeguata dispersione degli inquinanti, i parametri che caratterizzano l'esercizio e la quantità, il tipo e le caratteristiche merceologiche dei combustibili di cui si prevede l'utilizzo, nonchè, per gli impianti soggetti a tale condizione, il minimo tecnico definito tramite i parametri di impianto che lo caratterizzano;

     b) da una relazione tecnica che descrive il complessivo ciclo produttivo in cui si inseriscono gli impianti e le attività ed indica il periodo previsto intercorrente tra la messa in esercizio e la messa a regime degli impianti [1198].

     2-bis. Nella domanda di autorizzazione relativa a stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione devono essere indicati, oltre quanto previsto al comma 2, anche i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta [1199].

     3. Per il rilascio dell'autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi, l'autorità competente indice, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, una conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti amministrativi e, in particolare, nei procedimenti svolti dal comune ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. Per il rinnovo e per l'aggiornamento dell'autorizzazione l'autorità competente, previa informazione al comune interessato il quale può esprimere un parere nei trenta giorni successivi, avvia un autonomo procedimento entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. In sede di conferenza di servizi o di autonomo procedimento, eventuali integrazioni della domanda devono essere trasmesse all'autorità competente entro trenta giorni dalla relativa richiesta; se l'autorità competente non si pronuncia in un termine pari a centoventi giorni o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a centocinquanta giorni dalla ricezione della domanda stessa, il gestore può, entro i successivi sessanta giorni, richiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di provvedere, notificando tale richiesta anche all'autorità competente [1200].

     4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271:

     a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di captazione e di convogliamento;

     b) per le emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, i valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità del monitoraggio di competenza del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli. I valori limite di emissione sono identificati solo per sostanze e parametri valutati pertinenti in relazione al ciclo produttivo e sono riportati nell'autorizzazione unitamente al metodo di monitoraggio di cui all'articolo 271, comma 18 [1201];

     c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni, anche di carattere gestionale, finalizzate ad assicurare il contenimento delle fonti su cui l'autorità competente valuti necessario intervenire [1202].

     5. In aggiunta a quanto previsto dal comma 4, l'autorizzazione può stabilire, per ciascun inquinante, valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento [1203].

     6. L'autorizzazione stabilisce il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio e la messa a regime dell'impianto. La messa in esercizio, fermo restando quanto previsto all'articolo 272, comma 3, deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno quindici giorni. L'autorizzazione stabilisce la data entro cui devono essere trasmessi all'autorità competente i risultati delle misurazioni delle emissioni effettuate in un periodo rappresentativo delle condizioni di esercizio dell'impianto, decorrente dalla messa a regime, e la durata di tale periodo, nonchè il numero dei campionamenti da realizzare. L'autorità competente per il controllo effettua il primo accertamento circa il rispetto dell'autorizzazione entro sei mesi dalla data di messa a regime di uno o più impianti o dall'avvio di una o più attività dello stabilimento autorizzato [1204].

     7. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo ha una durata di quindici anni. La domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un anno prima della scadenza. Nelle more dell'adozione del provvedimento sulla domanda di rinnovo dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del presente articolo, l'esercizio dell'impianto può continuare anche dopo la scadenza dell'autorizzazione in caso di mancata pronuncia in termini del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a cui sia stato richiesto di provvedere ai sensi del comma 3. L'autorità competente può imporre il rinnovo dell'autorizzazione prima della scadenza ed il rinnovo delle autorizzazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, prima dei termini previsti dall'articolo 281, comma 1, se una modifica delle prescrizioni autorizzative risulti necessaria al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta il decorso di un periodo di quindici anni [1205].

     8. Il gestore che intende effettuare una modifica dello stabilimento ne dà comunicazione all'autorità competente o, se la modifica è sostanziale, presenta, ai sensi del presente articolo, una domanda di autorizzazione. Se la modifica per cui è stata data comunicazione è sostanziale, l'autorità competente ordina al gestore di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi del presente articolo. Se la modifica è sostanziale l'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all'evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. Se la modifica non è sostanziale, l'autorità competente provvede, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto. Se l'autorità competente non si esprime entro sessanta giorni, il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere successivamente. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma 11. Il rinnovo dell'autorizzazione comporta, a differenza dell'aggiornamento, il decorso di un nuovo periodo di quindici anni. Alla variazione del gestore si applica la procedura di cui al comma 11-bis [1206].

     9. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare presso gli stabilimenti tutte le ispezioni che ritenga necessarie per accertare il rispetto dell'autorizzazione. Il gestore fornisce a tale autorità la collaborazione necessaria per i controlli, anche svolti mediante attività di campionamento e analisi e raccolta di dati e informazioni, funzionali all'accertamento del rispetto delle disposizioni della parte quinta del presente decreto. Il gestore assicura in tutti i casi l'accesso in condizioni di sicurezza, anche sulla base delle norme tecniche di settore, ai punti di prelievo e di campionamento [1207].

     10. Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente [1208].

     11. Il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro equivale all'installazione di uno stabilimento nuovo [1209].

     11-bis. La variazione del gestore dello stabilimento è comunicata dal nuovo gestore all'autorità competente entro dieci giorni dalla data in cui essa acquista efficacia, risultante dal contratto o dall'atto che la produce. L'aggiornamento dell'autorizzazione ha effetto dalla suddetta data. La presente procedura non si applica se, congiuntamente alla variazione del gestore, è effettuata una modifica sostanziale dello stabilimento [1210].

     11-ter. In caso di trasferimento di una parte di uno stabilimento il gestore cessionario richiede il rilascio dell'autorizzazione per la parte trasferita. L'autorizzazione applica la classificazione di cui all'articolo 268, comma 1, lettere i), i-bis), i-ter), corrispondente a quella dello stabilimento oggetto di parziale trasferimento. L'autorità competente procede altresì all'aggiornamento dell'autorizzazione della parte di stabilimento che rimane sotto la gestione del gestore cedente, sulla base di una apposita comunicazione di modifica non sostanziale da parte di quest'ultimo [1211].

     11-quater. Le spese per rilievi, accertamenti, verifiche e sopralluoghi necessari per l'istruttoria relativa alle autorizzazioni di cui al presente articolo sono a carico del richiedente, sulla base di appositi tariffari adottati dall'autorità competente [1212].

     12. [Le disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano altresì a chi intende effettuare, in modo non occasionale ed in un luogo a ciò adibito, in assenza di un impianto, attività di lavorazione, trasformazione o conservazione di materiali agricoli, le quali producano emissioni, o attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti, salvo tali attività ricadano tra quelle previste dall'articolo 272, comma 1. Per le attività aventi ad oggetto i materiali polverulenti si applicano le norme di cui alla parte I dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto] [1213].

     13. [Se un luogo è adibito, in assenza di una struttura fissa, all'esercizio non occasionale delle attività previste dai commi 10 o 12, ivi effettuate in modo occasionale da più soggetti, l'autorizzazione è richiesta dal gestore del luogo. Per gestore si intende, ai fini del presente comma, il soggetto che esercita un potere decisionale circa le modalità e le condizioni di utilizzo di tale area da parte di chi esercita l'attività] [1214].

     14. [Non sono sottoposti ad autorizzazione i seguenti impianti:

     a) impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni a cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel;

     b) impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW;

     c) impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW:

     d) impianti di combustione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate;

     e) impianti di combustione alimentati a biogas di cui all'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale complessiva inferiore o uguale a 3 MW;

     f) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW;

     g) gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW;

     h) impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale inferiore a 5 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 2,5 MW se alimentati a gasolio;

     i) impianti di emergenza e di sicurezza, laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi. Tale esenzione non si applica in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossiche per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dalla parte II dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto] [1215].

     15. [L'autorità competente può prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori degli impianti di cui al comma 14 comunichino alla stessa, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività.

     16. [Non sono sottoposti ad autorizzazione gli impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti. I gestori sono comunque tenuti ad adottare apposite misure per contenere le emissioni diffuse ed a rispettare le ulteriori prescrizioni eventualmente disposte, per le medesime finalità, con apposito provvedimento dall'autorità competente] [1216].

 

     Art. 270. (Individuazione degli impianti e convogliamento delle emissioni [1217])

     1. In sede di autorizzazione, fatto salvo quanto previsto all'articolo 272, l'autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell'Allegato I alla parte quinta dei presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento [1218].

     2. In presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale, l'autorità competente dispone la captazione ed il convogliamento delle emissioni diffuse ai sensi del comma 1 anche se la tecnica individuata non soddisfa il requisito della disponibilità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa), numero 2).

     3. [Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sono stabiliti i criteri da utilizzare per la verifica di cui ai commi 1 e 2] [1219].

     4. Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L'autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 282, comma 2 [1220].

     5. In caso di emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, ciascun impianto deve avere un solo punto di emissione, fatto salvo quanto previsto nei commi 6 e 7. Salvo quanto diversamente previsto da altre disposizioni del presente titolo, i valori limite di emissione si applicano a ciascun punto di emissione [1221].

     6. Ove non sia tecnicamente possibile, anche per ragioni di sicurezza, assicurare il rispetto del comma 5, l'autorità competente può consentire un impianto avente più punti di emissione. In tal caso, i valori limite di emissione espressi come flusso di massa, fattore di emissione e percentuale sono riferiti al complesso delle emissioni dell'impianto e quelli espressi come concentrazione sono riferiti alle emissioni dei singoli punti. L'autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell'impianto; in tal caso, il flusso di massa complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione [1222].

     7. Ove opportuno, l'autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, può consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti in uno o più punti di emissione comuni, purchè le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i flussi inviati a tale punto. L'autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 4, lettera b) [1223].

     8. L'adeguamento alle disposizioni del comma 5 o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, alle disposizioni dei commi 6 e 7 è realizzato entro i tre anni successivi al primo rinnovo o all'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 281, o dell'articolo 272, comma 3, ovvero nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione. Ai fini dell'applicazione dei commi 4, 5, 6 e 7 l'autorità competente tiene anche conto della documentazione elaborata dalla commissione di cui all'articolo 281, comma 9 [1224].

     8-bis. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione ed ai medi impianti di combustione, ferme restando le specifiche disposizioni in materia di aggregazione degli impianti previste all'articolo 273, commi 9 e 10, e all'articolo 273-bis, commi 8 e 9 [1225].

 

     Art. 271. (Valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività [1226])

     1. Il presente articolo disciplina i valori di emissione e le prescrizioni da applicare agli impianti ed alle attività degli stabilimenti [1227].

     2. [Con decreto da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, sono individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i valori di emissione e le prescrizioni da applicare alle emissioni convogliate e diffuse degli impianti ed alle emissioni diffuse delle attività presso gli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi, attraverso la modifica e l'integrazione degli allegati I e V alla parte quinta del presente decreto] [1228].

     3. La normativa delle regioni e delle province autonome in materia di valori limite e di prescrizioni per le emissioni in atmosfera degli impianti e delle attività deve tenere conto, ove esistenti, dei piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. Restano comunque in vigore le normative adottate dalle regioni o dalle province autonome in conformità al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ed al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989, in cui si stabiliscono appositi valori limite di emissione e prescrizioni. Per tutti gli impianti e le attività previsti dall'articolo 272, comma 1, la regione o la provincia autonoma, può stabilire, anche con legge o provvedimento generale, sulla base delle migliori tecniche disponibili, appositi valori limite di emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati. Con legge o provvedimento generale la regione o la provincia autonoma può inoltre stabilire, ai fini della valutazione dell'entità della diluizione delle emissioni, portate caratteristiche di specifiche tipologie di impianti [1229].

     4. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n.155 possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purchè ciò sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria [1230].

     5. Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un'istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4. A tal fine possono essere altresì considerati, in relazione agli stabilimenti previsti dal presente titolo, i BAT-AEL e le tecniche previste nelle conclusioni sulle BAT pertinenti per tipologia di impianti e attività, anche se riferiti ad installazioni di cui al titolo III-bis alla Parte Seconda. Si devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo [1231].

     5-bis. Per gli impianti e le attività degli stabilimenti a tecnologia avanzata nella produzione di biocarburanti, i criteri per la fissazione dei valori limite di emissione sono fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro della salute [1232].

     5-ter. [Nelle more dell'adozione delle linee guida di cui al comma 5-bis, gli impianti di bioraffinazione devono applicare le migliori tecniche disponibili, rispettare i limiti massimi previsti dalla normativa nazionale applicabile in materia di tutela della qualità dell'aria, di qualità ambientale e di emissioni in atmosfera] [1233].

     6. Per le sostanze per cui non sono fissati valori di emissione, l'autorizzazione stabilisce appositi valori limite con riferimento a quelli previsti per sostanze simili sotto il profilo chimico e aventi effetti analoghi sulla salute e sull'ambiente [1234].

     7. L'autorizzazione degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi può sempre stabilire, per effetto dell'istruttoria prevista dal comma 5, valori limite e prescrizioni più severi di quelli contenuti negli allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto, nelle normative di cui al comma 3 e nei piani e programmi di cui al comma 4 [1235].

     7-bis. Le emissioni delle sostanze classificate come cancerogene o tossiche per la riproduzione o mutagene (H340, H350, H360) e delle sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevata devono essere limitate nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio. Dette sostanze e quelle classificate estremamente preoccupanti dal regolamento (CE) n. 1907/2006, del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) devono essere sostituite non appena tecnicamente ed economicamente possibile nei cicli produttivi da cui originano emissioni delle sostanze stesse. Ogni cinque anni, a decorrere dalla data di rilascio o di rinnovo dell'autorizzazione i gestori degli stabilimenti o delle installazioni in cui le sostanze previste dal presente comma sono utilizzate nei cicli produttivi da cui originano le emissioni inviano all'autorità competente una relazione con la quale si analizza la disponibilità di alternative, se ne considerano i rischi e si esamina la fattibilità tecnica ed economica della sostituzione delle predette sostanze. Sulla base della relazione di cui al precedente periodo, l'autorità competente può richiedere la presentazione di una domanda di aggiornamento o di rinnovo dell'autorizzazione. In caso di stabilimenti o di installazioni in cui le sostanze o le miscele utilizzate nei cicli produttivi da cui originano le emissioni ricadono nel presente comma a seguito di una modifica della classificazione delle stesse sostanze o miscele, il gestore presenta, entro tre anni dalla modifica, una domanda di autorizzazione volta all'adeguamento alle disposizioni del presente comma, allegando alla stessa domanda la relazione di cui al terzo periodo [1236].

     8. [Per gli impianti nuovi o per gli impianti anteriori al 2006, fino all'adozione del decreto di cui al comma 2, l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni sulla base dei valori e delle prescrizioni fissati nei piani e programmi di cui al comma 5 e sulla base delle migliori tecniche disponibili. Nell'autorizzazione non devono comunque essere superati i valori minimi di emissione che l'Allegato I fissa per gli impianti anteriori al 1988. Le prescrizioni finalizzate ad assicurare il contenimento delle emissioni diffuse sono stabilite sulla base delle migliori tecniche disponibili e dell'Allegato V alla parte quinta del presente decreto. Si applica l'ultimo periodo del comma 6] [1237].

     9. [Fermo restando quanto previsto dal comma 8, l'autorizzazione può stabilire valori limite di emissione più severi di quelli fissati dall'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, dalla normativa di cui al comma 3 e dai piani e programmi relativi alla qualità dell'aria:

     a) in sede di rinnovo, sulla base delle migliori tecniche disponibili, anche tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi;

     b) per zone di particolare pregio naturalistico, individuate all'interno dei piani e dei programmi adottati ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, o dell'articolo 3 del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183, o dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203] [1238].

     10. [Nel caso previsto dall'articolo 270, comma 6, l'autorizzazione può prevedere che i valori limite di emissione si riferiscano alla media ponderata delle emissioni di sostanze inquinanti uguali o appartenenti alla stessa classe ed aventi caratteristiche chimiche omogenee, provenienti dai diversi punti di emissione dell'impianto. Il flusso di massa complessivo dell'impianto non può essere superiore a quello che si avrebbe se i valori limite di emissione si applicassero ai singoli punti di emissione] [1239].

     11. I valori limite di emissione e il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento si riferiscono al volume di effluente gassoso rapportato alle condizioni normali, previa detrazione, salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, del tenore volumetrico di vapore acqueo.

     12. Salvo quanto diversamente indicato nell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore volumetrico dell'ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell'emissione il tenore volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:

 

     E = (21 - O2)/( 21 - O2M) * EM

 

     dove:

     EM = concentrazione misurata

     E = concentrazione

     O2 M = tenore di ossigeno misurato

     O2 = tenore di ossigeno di riferimento

     13. I valori limite di emissione si riferiscono alla quantità di emissione diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio. In caso di ulteriore diluizione dell'emissione le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula:

 

     E = (EM * PM) / P

 

     dove:

     PM= portata misurata

     EM = concentrazione misurata

     P = portata di effluente gassoso diluita nella misura che risulta inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio

     E = concentrazione riferita alla P

     14. Salvo quanto diversamente stabilito dalla parte quinta del presente decreto, i valori limite di emissione si applicano ai periodi di normale funzionamento dell'impianto, intesi come i periodi in cui l'impianto è in funzione con esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi in cui si verificano anomalie o guasti tali da non permettere il rispetto dei valori stessi. L'autorizzazione può stabilire specifiche prescrizioni per tali periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di tali anomalie o guasti ed individuare gli ulteriori periodi transitori nei quali non si applicano i valori limite di emissione. In caso di emissione di sostanze di cui all'articolo 272, comma 4, l'autorizzazione, ove tecnicamente possibile, deve stabilire prescrizioni volte a consentire la stima delle quantità di tali sostanze emesse durante i periodi in cui si verificano anomalie o guasti o durante gli altri periodi transitori e fissare appositi valori limite di emissione, riferiti a tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. Se si verifica un'anomalia o un guasto tale da non permettere il rispetto di valori limite di emissione, l'autorità competente deve essere informata entro le otto ore successive e può disporre la riduzione o la cessazione delle attività o altre prescrizioni, fermo restando l'obbligo del gestore di procedere al ripristino funzionale dell'impianto nel più breve tempo possibile. Si applica, in tali casi, la procedura prevista al comma 20-ter. Il gestore è comunque tenuto ad adottare tutte le precauzioni opportune per ridurre al minimo le emissioni durante le fasi di avviamento e di arresto e per assicurare che la durata di tali fasi sia la minore possibile. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nella parte quinta del presente decreto per specifiche tipologie di impianti. Non costituiscono in ogni caso periodi di avviamento o di arresto i periodi di oscillazione che si verificano regolarmente nello svolgimento della funzione dell'impianto [1240].

     15. Il presente articolo si applica anche ai grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273, ai medi impianti di combustione di cui all'articolo 273-bis ed agli impianti e alle attività di cui all'articolo 275 [1241].

     16. [Fermo quanto disposto dai commi 5-bis e 5-ter del presente articolo, per le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale i valori limite e le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano ai fini del rilascio di tale autorizzazione, fermo restando il potere dell'autorità competente di stabilire valori limite e prescrizioni più severi] [1242].

     17. L'allegato VI alla Parte Quinta stabilisce i criteri per i controlli da parte dell'autorità e per il monitoraggio delle emissioni da parte del gestore. In sede di rilascio, rinnovo e riesame delle autorizzazioni previste dal presente titolo l'autorità competente individua i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni da utilizzare nel monitoraggio di competenza del gestore sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle norme nazionali previgenti. I controlli, da parte dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e l'accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati nell'autorizzazione per il monitoraggio di competenza del gestore o, se l'autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati, oppure attraverso un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni conforme all'allegato VI alla Parte Quinta che rispetta le procedure di garanzia di qualità delle norma UNI EN 14181, qualora la relativa installazione sia prevista dalla normativa nazionale o regionale o qualora l'autorizzazione preveda che tale sistema sia utilizzato anche ai fini dei controlli dell'autorità [1243].

     18. L'autorizzazione stabilisce, per il monitoraggio delle emissioni di competenza del gestore, l'esecuzione di misure periodiche basate su metodi discontinui o l'utilizzo di sistemi di monitoraggio basati su metodi in continuo. Il gestore effettua il monitoraggio di propria competenza sulla base dei metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell'autorità competente per il controllo nei modi previsti dall'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2-bis [1244].

     19. [Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall'autorizzazione, l'autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l'autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di emissione] [1245].

     20. Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all'articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi o di sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni conformi ai requisiti previsti al comma 17. Le difformità accertate nel monitoraggio di competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all'autorità competente e all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. L'autorizzazione stabilisce i casi in cui devono essere comunicate anche le difformità relative ai singoli valori che concorrono alla valutazione dei valori limite su base media o percentuale [1246].

     20-bis. Se si accerta, nel corso dei controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, l'autorità competente impartisce al gestore, con ordinanza, prescrizioni dirette al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile, sempre che tali prescrizioni non possano essere imposte sulla base di altre procedure previste dalla vigente normativa. La cessazione dell'esercizio dell'impianto deve essere sempre disposta se la non conformità può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale [1247].

     20-ter. Il gestore che, nel corso del monitoraggio di propria competenza, accerti la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti deve procedere al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile. In tali casi, l'autorità competente impartisce al gestore prescrizioni dirette al ripristino della conformità, fissando un termine per l'adempimento, e stabilisce le condizioni per l'esercizio dell'impianto fino al ripristino. La continuazione dell'esercizio non è in tutti i casi concessa se la non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale. Nel caso in cui il gestore non osservi la prescrizione entro il termine fissato si applica, per tale inadempimento, la sanzione prevista all'articolo 279, comma 2 [1248].

 

     Art. 272. (impianti e attività in deroga)

     1. Non sono sottoposti ad autorizzazione di cui al presente titolo gli stabilimenti in cui sono presenti esclusivamente impianti e attività elencati nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto. L'elenco si riferisce a impianti e ad attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico. Si applicano esclusivamente i valori limite di emissione e le prescrizioni specificamente previsti, per tali impianti e attività, dai piani e programmi o dalle normative di cui all'articolo 271, commi 3 e 4. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte I dell'Allegato IV alla parte quinta del presente decreto si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. Gli impianti che utilizzano i combustibili soggetti alle condizioni previste dalla parte II, sezioni 4 e 6, dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, devono in ogni caso rispettare almeno i valori limite appositamente previsti per l'uso di tali combustibili nella parte II, dell'Allegato I alla parte quinta del presente decreto. Se in uno stabilimento sono presenti sia impianti o attività inclusi nell'elenco della parte I dell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto, sia impianti o attività non inclusi nell'elenco, l'autorizzazione di cui al presente titolo considera solo quelli esclusi. Il presente comma si applica anche ai dispositivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento. Il gestore di uno stabilimento in cui i dispositivi mobili di un altro gestore sono collocati ed utilizzati in modo non occasionale deve comunque ricomprendere tali dispositivi nella domanda di autorizzazione dell'articolo 269 salva la possibilità di aderire alle autorizzazioni generali del comma 2 nei casi ivi previsti. L'autorità competente può altresì prevedere, con proprio provvedimento generale, che i gestori comunichino alla stessa o ad altra autorità da questa delegata, in via preventiva, la data di messa in esercizio dell'impianto o di avvio dell'attività ovvero, in caso di dispositivi mobili, la data di inizio di ciascuna campagna di utilizzo. Gli elenchi contenuti nell'allegato IV alla parte quinta del presente decreto possono essere aggiornati ed integrati, con le modalità di cui all'articolo 281, comma 5, anche su indicazione delle regioni, delle province autonome e delle associazioni rappresentative di categorie produttive [1249].

     1-bis. Per gli impianti previsti dal comma 1, ove soggetti a valori limite di emissione applicabili ai sensi del medesimo comma, la legislazione regionale di cui all'articolo 271, comma 3, individua i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni da utilizzare nei controlli e può imporre obblighi di monitoraggio di competenza del gestore. Per gli impianti di combustione previsti dal comma 1, ove soggetti a valori limite di emissione applicabili ai sensi del medesimo comma, l'autorità competente per il controllo può decidere di non effettuare o di limitare i controlli sulle emissioni se il gestore dispone di una dichiarazione di conformità dell'impianto rilasciata dal costruttore che attesta la conformità delle emissioni ai valori limite e se, sulla base di un controllo documentale, risultano regolarmente applicate le apposite istruzioni tecniche per l'esercizio e per la manutenzione previste dalla dichiarazione. La decisione dell'autorità competente per il controllo è ammessa solo se la dichiarazione riporta le istruzioni tecniche per l'esercizio e la manutenzione dell'impianto e le altre informazioni necessarie a rispettare i valori limite, quali le configurazioni impiantistiche e le modalità di gestione idonee, il regime di esercizio ottimale, le caratteristiche del combustibile ed i sistemi di regolazione [1250].

     2. L'autorità competente può adottare autorizzazioni di carattere generale riferite a stabilimenti oppure a categorie di impianti e attività, nelle quali sono stabiliti i valori limite di emissione, le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio e i combustibili utilizzati, i tempi di adeguamento, i metodi di campionamento e di analisi e la periodicità dei controlli. Può inoltre stabilire apposite prescrizioni finalizzate a predefinire i casi e le condizioni in cui il gestore è tenuto a captare e convogliare le emissioni ai sensi dell'articolo 270. Al di fuori di tali casi e condizioni l'articolo 270 non si applica agli impianti degli stabilimenti soggetti ad autorizzazione generale. I valori limite di emissione e le prescrizioni sono stabiliti in conformità all'articolo 271, commi da 5 a 7. L'autorizzazione generale stabilisce i requisiti della domanda di adesione e può prevedere appositi modelli semplificati di domanda, nei quali le quantità e le qualità delle emissioni sono deducibili dalle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate. Le autorizzazioni generali sono adottate con priorità per gli stabilimenti in cui sono presenti le tipologie di impianti e di attività elencate alla Parte II dell'allegato IV alla Parte Quinta. Al fine di stabilire le soglie di produzione e di consumo e le potenze termiche nominali indicate nella parte II dell'allegato IV alla Parte Quinta si deve considerare l'insieme degli impianti e delle attività che, nello stabilimento, ricadono in ciascuna categoria presente nell'elenco. I gestori degli stabilimenti per cui è stata adottata una autorizzazione generale possono comunque presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269. L'installazione di stabilimenti in cui sono presenti anche impianti e attività non previsti in autorizzazioni generali è soggetta alle autorizzazioni di cui all'articolo 269. L'installazione di stabilimenti in cui sono presenti impianti e attività previsti in più autorizzazioni generali è ammessa previa contestuale procedura di adesione alle stesse. In stabilimenti dotati di autorizzazioni generali è ammessa, previa procedura di adesione, l'installazione di impianti e l'avvio di attività previsti in altre autorizzazioni generali. In caso di convogliamento delle emissioni prodotte da impianti previsti da diverse autorizzazioni generali in punti di emissione comuni, si applicano i valori limite più severi prescritti in tali autorizzazioni per ciascuna sostanza interessata. In stabilimenti dotati di un'autorizzazione prevista all'articolo 269, è ammessa, previa procedura di adesione, l'installazione di impianti e l'avvio di attività previsti nelle autorizzazioni generali, purchè la normativa regionale o le autorizzazioni generali stabiliscano requisiti e condizioni volti a limitare il numero massimo o l'entità delle modifiche effettuabili mediante tale procedura per singolo stabilimento; l'autorità competente provvede ad aggiornare l'autorizzazione prevista all'articolo 269 sulla base dell'avvenuta adesione [1251].

     3. Ai fini previsti dal comma 2, almeno quarantacinque giorni prima dell'installazione il gestore invia all'autorità competente una domanda di adesione all'autorizzazione generale corredata dai documenti ivi prescritti. La domanda di adesione individua specificamente gli impianti e le attività a cui fare riferimento nell'ambito delle autorizzazioni generali vigenti. L'autorità che riceve la domanda può, con proprio provvedimento, negare l'adesione nel caso in cui non siano rispettati i requisiti previsti dall'autorizzazione generale o i requisiti previsti dai piani e dai programmi o dalla legislazione regionale di cui all'articolo 271, commi 3 e 4, o in presenza di particolari situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedono una particolare tutela ambientale. Alla domanda di adesione può essere allegata la comunicazione relativa alla messa in esercizio prevista all'articolo 269, comma 6, che può avvenire dopo un periodo di quarantacinque giorni dalla domanda stessa. La procedura si applica anche nel caso in cui il gestore intenda effettuare una modifica dello stabilimento. Resta fermo l'obbligo di sottoporre lo stabilimento alle autorizzazioni previste all'articolo 269 in caso di modifiche relative all'installazione di impianti o all'avvio di attività non previsti nelle autorizzazioni generali. L'autorizzazione generale si applica a chi vi ha aderito, anche se sostituita da successive autorizzazioni generali, per un periodo pari ai quindici anni successivi all'adesione. Non hanno effetto su tale termine le domande di adesione relative alle modifiche dello stabilimento. Almeno quarantacinque giorni prima della scadenza di tale periodo il gestore presenta una domanda di adesione all'autorizzazione generale vigente, corredata dai documenti ivi prescritti. L'autorità competente procede, almeno ogni quindici anni, al rinnovo delle autorizzazioni generali adottate ai sensi del presente articolo. Le procedure e le tempistiche previste dal presente articolo si applicano in luogo di quelle previste dalle norme generali vigenti in materia di comunicazioni amministrative e silenzio assenso [1252].

     3-bis. Le autorizzazioni di carattere generale adottate per gli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione, anche insieme ad altri impianti e attività, devono disciplinare anche le voci previste all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta, escluse quelle riportate alle lettere a), g) e h). Le relative domande di adesione devono contenere tutti i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta [1253].

     4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 non si applicano nel caso in cui siano utilizzate, nei cicli produttivi da cui originano le emissioni, le sostanze o le miscele con indicazioni di pericolo H350, H340, H350i, H360D, H360F, H360FD, H360Df e H360Fd o quelle classificate estremamente preoccupanti, ai sensi della normativa europea vigente in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele. Nel caso in cui, a seguito di una modifica della classificazione di una sostanza, uno o più impianti o attività ricompresi in autorizzazioni generali siano soggetti al divieto previsto al presente comma, il gestore deve presentare all'autorità competente, entro tre anni dalla modifica della classificazione, una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269. In caso di mancata presentazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione [1254].

     4-bis. [Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare l'allegato IV, parte II, alla parte quinta del presente decreto con l'indicazione dei casi in cui, in deroga al comma precedente, l'autorità competente può permettere, nell'autorizzazione generale, l'utilizzo di sostanze inquinanti classificate con frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degli scarsi quantitativi d'impiego o delle ridotte percentuali di presenza nelle materie prime o nelle emissioni] [1255].

     5. Il presente titolo non si applica agli stabilimenti destinati alla difesa nazionale, fatto salvo quanto previsto al comma 5-bis, ed alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e alla sicurezza degli ambienti di lavoro in relazione alla temperatura, all'umidità e ad altre condizioni attinenti al microclima di tali ambienti. Sono in tutti i casi soggette al presente titolo le emissioni provenienti da punti di emissione specificamente destinati all'evacuazione di sostanze inquinanti dagli ambienti di lavoro. Il presente titolo non si applica inoltre a valvole di sicurezza, dischi di rottura e altri dispositivi destinati a situazioni critiche o di emergenza, salvo quelli che l'autorità competente stabilisca di disciplinare nell'autorizzazione. Sono comunque soggetti al presente titolo gli impianti che, anche se messi in funzione in caso di situazioni critiche o di emergenza, operano come parte integrante del ciclo produttivo dello stabilimento. Agli impianti di distribuzione dei carburanti si applicano esclusivamente le pertinenti disposizioni degli articoli 276 e 277 [1256].

     5-bis. Sono soggetti ad autorizzazione gli stabilimenti destinati alla difesa nazionale in cui sono ubicati medi impianti di combustione. L'autorizzazione dello stabilimento prevede valori limite e prescrizioni solo per tali impianti [1257].

 

     Art. 272 bis. (Emissioni odorigene). [1258]

     1. La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all'articolo 271:

     a) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;

     b) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento;

     c) procedure volte a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell'intorno dello stabilimento;

     d) criteri e procedure volti a definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;

     e) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento,

     2. Il Coordinamento previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, può elaborare indirizzi in relazione alle misure previste dal presente articolo. Attraverso l'integrazione dell'allegato I alla Parte Quinta, con le modalità previste dall'articolo 281, comma 6, possono essere previsti, anche sulla base dei lavori del Coordinamento, valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti.

 

     Art. 273. (grandi impianti di combustione)

     1. L'Allegato II alla parte quinta del presente decreto stabilisce, in relazione ai grandi impianti di combustione, i valori limite di emissione, inclusi quelli degli impianti multicombustibili, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e le ipotesi di anomalo funzionamento o di guasto degli impianti.

     2. Ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell'Allegato II alla Parte Quinta [1259].

     3. Ai grandi impianti di combustione anteriori al 2013 i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell'Allegato II alla Parte Quinta si applicano a partire dal 1° gennaio 2016. Ai grandi impianti di combustione che hanno ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato II, Parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta si applicano, in caso di esercizio dal 1° gennaio 2016, i valori limite di emissione previsti dal comma 2 per gli impianti nuovi. Le vigenti autorizzazioni sono entro tale data adeguate alle disposizioni del presente articolo nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, a seguito di una richiesta di aggiornamento presentata dal gestore entro il 1° gennaio 2015 ai sensi dell'articolo 29-nonies. Fatto salvo quanto disposto dalla parte seconda del presente decreto, tali autorizzazioni continuano, nelle more del loro adeguamento, a costituire titolo all'esercizio fino al 1° gennaio 2016. Le autorizzazioni rilasciate in sede di rinnovo non possono stabilire valori limite meno severi di quelli previsti dalle autorizzazioni soggette al rinnovo, ferma restando l'istruttoria relativa alle domande di modifica degli impianti [1260].

     3-bis. Il termine del 1º gennaio 2016, di cui al comma 3, è prorogato al 1º gennaio 2017 per i grandi impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate istanze di deroga ai sensi dei commi 4 o 5. Sino alla definitiva pronuncia dell'Autorità Competente in merito all'istanza, e comunque non oltre il 1º gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all'esercizio a condizione che il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga [1261].

     3-ter. Il termine del 1° gennaio 2016, di cui al comma 3 è prorogato al 1° gennaio 2017 per i grandi impianti di combustione per i quali sono state regolarmente presentate, alla data del 31 dicembre 2015, istanze di deroga ai sensi dei paragrafi 3.3 o 3.4 della parte I dell'allegato II alla parte quinta del presente decreto ovvero ai sensi della parte II dell'allegato II alla parte quinta del presente decreto. Sino alla definitiva pronuncia dell'Autorità Competente in merito all'istanza, e comunque non oltre il 1° gennaio 2017, le relative autorizzazioni continuano a costituire titolo all'esercizio, a condizione che il gestore rispetti anche le condizioni aggiuntive indicate nelle istanze di deroga e rispetti dal 1° gennaio 2016, per gli inquinanti non oggetto di richiesta di deroga, i pertinenti valori limite di emissione massimi indicati nella parte II dell'allegato II alla parte quinta del presente decreto [1262].

     4. L'autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, gli impianti di combustione di cui al comma 3 siano in esercizio per un numero di ore operative pari o inferiore a 17.500 senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

     a) il gestore dell'impianto presenta all'autorità competente, entro il 30 giugno 2014, nell'ambito delle ordinarie procedure di rinnovo periodico dell'autorizzazione ovvero, se nessun rinnovo periodico è previsto entro tale data, nell'ambito di una richiesta di aggiornamento presentata ai sensi dell'articolo 29-nonies, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 17.500 ore operative tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, informandone contestualmente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

     b) entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, il gestore presenta all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016;

     c) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l'impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, del presente Titolo e del Titolo III-bis alla Parte Seconda;

     d) l'impianto non ha ottenuto l'esenzione prevista all'Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta [1263].

     4-bis. Se l'esenzione prevista dal comma 4 è concessa ad impianti di combustione con potenza termica nominale totale superiore a 500 MW alimentati con combustibili solidi, autorizzati per la prima volta dopo il 1° luglio 1987, devono essere in tutti i casi rispettati, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023, i valori limite previsti per gli ossidi azoto all'Allegato II, Parte II, alla Parte Quinta [1264].

     5. L'autorizzazione può consentire che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2022, gli impianti di combustione anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a 200 MW siano in esercizio senza rispettare i valori limite di emissione di cui al comma 3, ove ricorrano le seguenti condizioni:

     a) almeno il 50 per cento della produzione di calore utile dell'impianto, calcolata come media mobile su ciascun periodo di cinque anni a partire dal quinto anno antecedente l'autorizzazione, è fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda; il gestore è tenuto a presentare all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell'impianto destinata a tale fornitura;

     b) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2022 si applicano valori limite di emissione non meno severi di quelli che l'impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, del presente titolo e del Titolo III-bis della Parte Seconda [1265].

     6. Ai sensi dell'articolo 271, commi 5, 14 e 15, l'autorizzazione di tutti i grandi impianti di combustione deve prevedere valori limite di emissione non meno severi dei pertinenti valori di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 7, dell'Allegato II e dei valori di cui all'Allegato I alla Parte Quinta [1266].

     7. Per i grandi impianti di combustione, ciascun camino, contenente una o più canne di scarico, corrisponde, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 270, ad un punto di emissione [1267].

     8. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 271, comma 14, i valori limite di emissione non si applicano ai grandi impianti di combustione nei casi di anomalo funzionamento previsti dalla parte I dell'Allegato II alla parte quinta del presente decreto, nel rispetto delle condizioni ivi previste.

     9. Si considerano come un unico grande impianto di combustione, ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione, più impianti di combustione di potenza termica pari o superiore a 15 MW e la somma delle cui potenze è pari o superiore a 50 MW che sono localizzati nello stesso stabilimento e le cui emissioni risultano convogliate o convogliabili, sulla base di una valutazione delle condizioni tecniche svolta dalle autorità competenti, ad un solo punto di emissione. La valutazione relativa alla convogliabilità tiene conto dei criteri previsti all'articolo 270. Non sono considerati, a tali fini, gli impianti di riserva che funzionano in sostituzione di altri impianti quando questi ultimi sono disattivati. L'autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può altresì disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente [1268].

     10. L'adeguamento alle disposizioni del comma 9 è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione [1269].

     11. Nel caso in cui un grande impianto di combustione sia sottoposto a modifiche sostanziali, si applicano all'impianto i valori limite di emissione stabiliti alla Parte II, sezioni da 1 a 5, lettera B, e sezione 6 dell'Allegato II alla Parte Quinta [1270].

     12. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, per gli impianti nuovi o in caso di modifiche ai sensi del comma 11, la domanda di autorizzazione deve essere corredata da un apposito studio concernente la fattibilità tecnica ed economica della generazione combinata di calore e di elettricità. Nel caso in cui tale fattibilità sia accertata, anche alla luce di elementi diversi da quelli contenuti nello studio, l'autorità competente, tenuto conto della situazione del mercato e della distribuzione, condiziona il rilascio del provvedimento autorizzativo alla realizzazione immediata o differita di tale soluzione.

     13. [Dopo il 1° gennaio 2008, agli impianti di combustione di potenza termica nominale inferiore a 50MW ed agli altri impianti esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto, facenti parte di una raffineria, continuano ad applicarsi, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale, i valori limite di emissione calcolati, su un intervallo mensile o inferiore, come rapporto ponderato tra la somma delle masse inquinanti emesse e la somma dei volumi delle emissioni di tutti gli impianti della raffineria, inclusi quelli ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo] [1271].

     14. In caso di realizzazione di grandi impianti di combustione che potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all'ambiente di un altro Stato della Comunità europea, l'autorità competente informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'adempimento degli obblighi di cui alla convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3 novembre 1994, n. 640.

     15. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli impianti di combustione destinati alla produzione di energia, ad esclusione di quelli che utilizzano direttamente i prodotti di combustione in procedimenti di fabbricazione. Sono esclusi in particolare:

     a) gli impianti in cui i prodotti della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali, come i forni di riscaldo o i forni di trattamento termico;

     b) gli impianti di postcombustione, cioè qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;

     c) i dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di craking catalitico;

     d) i dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;

     e) i reattori utilizzati nell'industria chimica;

     f) le batterie di forni per il coke;

     g) i cowpers degli altiforni;

     h) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;

     i) le turbine a gas e motori a gas usati su piattaforme off-shore e sugli impianti di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore [1272];

     l) [le turbine a gas autorizzate anteriormente alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, fatte salve le disposizioni alle stesse espressa mente riferite] [1273];

     m) [gli impianti azionati da motori diesel, a benzina o a gas] [1274];

     m-bis) gli impianti che utilizzano come combustibile qualsiasi rifiuto solido o liquido non ricadente nella definizione di biomassa di cui all'Allegato II alla Parte Quinta [1275].

     16. [Le disposizioni del presente articolo si applicano alle turbine a gas autorizzate successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. Alle turbine a gas autorizzate precedentemente si applicano esclusivamente le disposizioni alle stesse riferite dall'Allegato II alla parte quinta del presente decreto in materia di monitoraggio e controllo delle emissioni, nonchè di anomalie e guasti degli impianti di abbattimento] [1276].

     16-bis. A partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, ai fini del rilascio dell'autorizzazione prevista per la costruzione degli di impianti di combustione con una potenza termica nominale pari o superiore a 300 MW, il gestore presenta una relazione che comprova la sussistenza delle seguenti condizioni:

     a) disponibilità di appropriati siti di stoccaggio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;

     b) fattibilità tecnica ed economica di strutture di trasporto di cui all'articolo 3, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162;

     c) possibilità tecnica ed economica di installare a posteriori le strutture per la cattura di CO2 [1277].

     16-ter. L'autorità competente, sulla base della documentazione di cui al comma 16-bis, stabilisce se le condizioni di cui allo stesso comma sono soddisfatte. In tal caso il gestore provvede a riservare un'area sufficiente all'interno del sito per installare le strutture necessarie alla cattura e alla compressione di CO 2 [1278].

 

     Art. 273 bis. (Medi impianti di combustione). [1279]

     1. Gli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione sono soggetti ad autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 e, in caso di installazioni di cui alla Parte Seconda, all'autorizzazione integrata ambientale. Gli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione alimentati con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta sono autorizzati ai sensi degli articoli 208 o 214.

     2. Gli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione, anche insieme ad altri impianti o attività, possono essere oggetto di adesione alle autorizzazioni di carattere generale adottate in conformità all'articolo 272, comma 3-bis.

     3. L'istruttoria autorizzativa prevista all'articolo 271, comma 5, e all'articolo 272, comma 2, individua, per i medi impianti di combustione, valori limite di emissione e prescrizioni di esercizio non meno restrittivi rispetto ai pertinenti valori e prescrizioni previsti agli allegati I e V alla Parte Quinta e dalle normative e dai piani regionali di cui all'articolo 271, commi 3 e 4, e rispetto a quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo.

     4. Per i medi impianti di combustione ubicati in installazioni di cui alla Parte Seconda i valori limite di emissione e le prescrizioni di esercizio degli allegati I e V alla Parte Quinta e delle normative e dei piani regionali previsti all'articolo 271, commi 3 e 4, sono presi in esame nell'istruttoria dell'autorizzazione integrata ambientale ai fini previsti all'articolo 29-sexies, comma 4-ter.

     5. A partire dal 1° gennaio 2025 e, in caso di impianti di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW, a partire dal 1° gennaio 2030, i medi impianti di combustione esistenti sono soggetti ai valori limite di emissione individuati attraverso l'istruttoria autorizzativa prevista ai commi 3 e 4. Fino a tali date devono essere rispettati i valori limite previsti dalle vigenti autorizzazioni e, per i medi impianti di combustione che prima del 19 dicembre 2017 erano elencati all'allegato IV, Parte I, alla Parte Quinta, gli eventuali valori limite applicabili ai sensi dell'articolo 272, comma 1.

     6. Ai fini dell'adeguamento alle disposizioni del presente articolo il gestore di stabilimenti dotati di un'autorizzazione prevista all'articolo 269, in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti, presenta una domanda autorizzativa almeno due anni prima delle date previste al comma 5. L'adeguamento, anche su richiesta dell'autorità competente, può essere altresì previsto nelle ordinarie domande di rinnovo periodico dell'autorizzazione presentate prima di tale termine di due anni. L'autorità competente aggiorna l'autorizzazione dello stabilimento con un'istruttoria limitata ai medi impianti di combustione esistenti o la rinnova con un'istruttoria estesa all'intero stabilimento. In caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5 il gestore comunica tale condizione all'autorità competente quantomeno due anni prima delle date previste dal comma 5. Fermo restando il rispetto dei termini di legge di cui al primo periodo, l'autorità competente può stabilire appositi calendari e criteri temporali per la presentazione delle domande e delle comunicazioni previste dal presente comma [1280].

     7. Entro il termine previsto al comma 6 sono, altresì, presentate:

     a) le domande di adesione alle autorizzazioni di carattere generale adottate in conformità all'articolo 272, comma 3-bis, per gli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti;

     b) le domande di autorizzazione degli stabilimenti, in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti, che non erano soggetti all'obbligo di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 secondo la normativa vigente prima del 19 dicembre 2017;

     c) le domande di autorizzazione, ai sensi degli articoli 208 o 214, comma 7, degli stabilimenti in cui sono presenti medi impianti di combustione alimentati con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta. Tali domande sono sostituite da una comunicazione in caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5;

     d) le domande di rinnovo e riesame delle autorizzazioni integrate ambientali delle installazioni di cui alla Parte Seconda in cui sono ubicati medi impianti di combustione esistenti. Tali domande sono sostituite da una comunicazione in caso di autorizzazioni che già prescrivono valori limite e prescrizioni conformi a quelli previsti al comma 5.

     8. Si considerano come un unico impianto, ai fini della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione, i medi impianti di combustione che sono localizzati nello stesso stabilimento e le cui emissioni risultano convogliate o convogliabili, sulla base di una valutazione delle condizioni tecniche svolta dalle autorità competenti, ad un solo punto di emissione. La valutazione relativa alla convogliabilità tiene conto dei criteri previsti all'articolo 270. Tale unità si qualifica come grande impianto di combustione nei casi previsti all'articolo 273, comma 9. Non sono considerati, a tali fini, gli impianti di riserva che funzionano in sostituzione di altri impianti quando questi ultimi sono disattivati. Se le emissioni di più medi impianti di combustione sono convogliate ad uno o più punti di emissione comuni, il medio impianto di combustione che risulta da tale aggregazione è soggetto ai valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all'impianto più recente.

     9. L'adeguamento alle disposizioni del comma 8, in caso di medi impianti di combustione esistenti, è effettuato nei tempi a tal fine stabiliti dall'autorizzazione, nel rispetto delle date previste dal comma 5.

     10. Non costituiscono medi impianti di combustione:

     a) impianti in cui i gas della combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, l'essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali;

     b) impianti di postcombustione, ossia qualsiasi dispositivo tecnico per la depurazione dell'effluente gassoso mediante combustione, che non sia gestito come impianto indipendente di combustione;

     c) qualsiasi dispositivo tecnico usato per la propulsione di un veicolo, una nave, o un aeromobile;

     d) turbine a gas e motori a gas e diesel usati su piattaforme off-shore;

     e) impianti di combustione utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni di uno stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro;

     f) dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico;

     g) dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;

     h) reattori utilizzati nell'industria chimica;

     i) batterie di forni per il coke;

     l) cowpers degli altiforni;

     m) impianti di cremazione;

     n) medi impianti di combustione alimentati da combustibili di raffineria, anche unitamente ad altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas;

     o) caldaie di recupero nelle installazioni di produzione della pasta di legno;

     p) impianti di combustione disciplinati dalle norme europee in materia di motori o combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali;

     q) impianti di incenerimento o coincenerimento previsti al titolo III-bis alla Parte Quarta;

     q-bis) impianti di combustione aventi potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW per effetto delle norme di aggregazione previste dall'articolo 270 o dall'articolo 272, comma 1, salvo il caso in cui sia previsto l'effettivo convogliamento a punti di emissione comuni [1281].

     10-bis. Agli impianti previsti dal comma 10, lettera q-bis, si applicano i valori limite di emissione specificamente previsti dal presente decreto per gli impianti aventi potenza termica nominale inferiore a 1 MW e le norme sui controlli previste dall'articolo 272, comma 1-bis [1282].

     11. È tenuto, presso ciascuna autorità competente, con le forme da questa stabilite, un registro documentale nel quale sono riportati i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta per i medi impianti di combustione e per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, commi 2-bis e 2-ter, nonchè i dati relativi alle modifiche di tali impianti. È assicurato l'accesso del pubblico alle informazioni contenute nel registro, attraverso pubblicazione su siti internet, secondo le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 [1283].

     12. I dati previsti al comma 11 sono inseriti nel registro documentale:

     a) al rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 o delle autorizzazioni integrate ambientali o delle autorizzazioni di cui agli articoli 208 o 214 di stabilimenti o installazioni in cui sono presenti medi impianti di combustione nuovi;

     b) al rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 o delle autorizzazioni integrate ambientali delle autorizzazioni di cui agli articoli 208 o 214, comma 7, di stabilimenti o installazioni in cui sono presenti medi impianti di combustione esistenti, in caso di rilascio avvenuto a partire dal 19 dicembre 2017;

     c) entro sessanta giorni dalla comunicazione prevista al comma 6, ultimo periodo, e al comma 7, lettere c) e d);

     d) al perfezionamento della procedura di adesione alle autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 3-bis;

     e) entro sessanta giorni dalla comunicazione delle modifiche non sostanziali di cui all'articolo 269, comma 8, relative a medi impianti di combustione, fatte salve le eventuali integrazioni del registro ove l'autorità competente aggiorni l'autorizzazione dopo il termine;

     f) all'atto dell'iscrizione dei medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, commi 2-bis e 2-ter, nel relativo registro autorizzativo [1284].

     13. Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 o della domanda di autorizzazione integrata ambientale di stabilimenti e di installazioni in cui sono ubicati medi impianti di combustione o della domanda di adesione alle autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 3-bis, o della comunicazione di modifiche non sostanziali relative a medi impianti di combustione, l'autorità competente avvia il procedimento istruttorio e comunica tempestivamente tale avvio al richiedente.

     14. Per gli impianti di combustione di potenza termica inferiore a 1 MW alimentati a biomasse o biogas, installati prima del 19 dicembre 2017, i pertinenti valori di emissione in atmosfera previsti all'allegato I alla Parte Quinta devono essere rispettati entro il 1° gennaio 2030. Fino a tale data devono essere rispettati gli eventuali valori limite applicabili ai sensi dell'articolo 272, comma 1.

     15. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 può esentare i medi impianti di combustione esistenti che non sono in funzione per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su ciascun periodo di cinque anni, dall'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione previsti al comma 5. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. Il primo periodo da considerare per il calcolo si riferisce ai cinque anni civili successivi quello di rilascio dell'autorizzazione. Entro il 1° marzo di ogni anno, a partire dal secondo anno civile successivo a quello di rilascio dell'autorizzazione, il gestore presenta all'autorità competente, ai fini del calcolo della media mobile, la registrazione delle ore operative utilizzate nell'anno precedente. Il numero massimo di ore operative può essere elevato a 1.000 in caso di emergenza dovuta alla necessità di produrre energia elettrica nelle isole connesse ad un sistema di alimentazione principale a seguito dell'interruzione di tale alimentazione.

     16. L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi che non sono in funzione per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su un periodo di tre anni, può esentare tali impianti dall'applicazione dei pertinenti valori limite previsti all'allegato I alla Parte Quinta. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. Il primo periodo da considerare per il calcolo si riferisce alla frazione di anno civile successiva al rilascio dell'autorizzazione ed ai due anni civili seguenti. Entro il 1° marzo di ogni anno, a partire dall'anno civile successivo a quello di rilascio dell'autorizzazione, il gestore presenta all'autorità competente, ai fini del calcolo della media mobile, la registrazione delle ore operative utilizzate nell'anno precedente. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017 e, per le emissioni di polveri degli impianti alimentati a combustibili solidi, in ogni caso, un valore limite non superiore a 100 mg/Nm³.

     17. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 può differire al 1° gennaio 2030 l'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione previsti al comma 5 per i medi impianti di combustione esistenti di potenza termica superiore a 5 MW se almeno il 50% della produzione di calore utile dell'impianto, calcolata come media mobile su ciascun periodo di cinque anni, sia fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o acqua calda. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale percentuale di fornitura. Il primo periodo da considerare per il calcolo si riferisce ai cinque anni civili successivi quello di rilascio dell'autorizzazione. Entro il 1° marzo di ogni anno, a partire dal secondo anno civile successivo a quello di rilascio dell'autorizzazione, il gestore presenta all'autorità competente, ai fini del calcolo della media mobile, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell'impianto destinata a tale fornitura nell'anno precedente. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua, per le emissioni del periodo compreso tra il 1° gennaio 2025 ed al 1° gennaio 2030, valori limite non meno restrittivi di quelli precedentemente autorizzati e, per le emissioni di ossidi di zolfo, in ogni caso, un valore limite non superiore a 1.100 mg/Nm³.

     18. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 può differire al 1° gennaio 2030 l'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione degli ossidi di azoto previsti al comma 5 per i medi impianti di combustione esistenti costituiti da motori a gas o turbine a gas di potenza termica superiore a 5 MW, se tali impianti sono utilizzati per il funzionamento delle stazioni di compressione di gas necessarie per garantire la protezione e la sicurezza di un sistema nazionale di trasporto del gas. Resta fermo, fino alla data prevista di adeguamento, il rispetto dei valori limite precedentemente autorizzati.

     19. In caso di impossibilità di rispettare i pertinenti valori limite di emissione previsti per gli ossidi di zolfo all'allegato I alla Parte Quinta per i medi impianti nuovi ed esistenti a causa di un'interruzione nella fornitura di combustibili a basso tenore di zolfo, dovuta ad una situazione di grave penuria, l'autorità competente può disporre una deroga, non superiore a sei mesi, all'applicazione di tali valori limite. L'autorizzazione individua i valori limite da applicare in tali periodi, assicurando che risultino non meno restrittivi di quelli autorizzati prima del 19 dicembre 2017.

     20. In caso di medi impianti nuovi ed esistenti, alimentati esclusivamente a combustibili gassosi, che a causa di un'improvvisa interruzione nella fornitura di gas debbano eccezionalmente utilizzare altri combustibili e dotarsi di un apposito sistema di abbattimento, l'autorità competente può disporre una deroga, non superiore a 10 giorni, salvo giustificate proroghe, all'applicazione dei pertinenti valori limite di emissione previsti dall'allegato I alla Parte Quinta. L'autorizzazione individua i valori limite da applicare in tali periodi, assicurando che risultino non meno restrittivi di quelli autorizzati prima del 19 dicembre 2017 [1285].

     21. Le deroghe previste ai commi 18 e 19 sono comunicate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione europea entro un mese dalla concessione. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica al Ministero tali deroghe entro cinque giorni dalla concessione.».

     22. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 6 fissa al 1° gennaio 2030 l'obbligo di adeguarsi ai valori limite di emissione previsti al comma 5 per i medi impianti di combustione esistenti che fanno parte di un piccolo sistema isolato o di un microsistema isolato di cui all´articolo 2, punto 26 e punto 27, della direttiva 2009/72/CE. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua, per le emissioni del periodo compreso tra il 1° gennaio 2025 ed il 1° gennaio 2030, valori limite non meno restrittivi di quelli precedentemente autorizzati.

 

     Art. 274. (Raccolta e trasmissione dei dati sulle emissioni dei grandi impianti di combustione e dei medi impianti di combustione [1286]). [1287]

     1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea, ogni tre anni, una relazione inerente le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto, nella quale siano separatamente indicate le emissioni delle raffinerie. Tale relazione è trasmessa per la prima volta entro il 31 dicembre 2007 in relazione al periodo di tre anni che decorre dal 1° gennaio 2004 e, in seguito, entro dodici mesi dalla fine di ciascun successivo periodo di tre anni preso in esame. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette inoltre alla Commissione europea, su richiesta, i dati annuali relativi alle emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri dei singoli impianti di combustione.

     2. [Fino all'anno 2016, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alla Commissione europea ogni anno, in relazione all'anno precedente, una relazione concernente gli impianti per i quali è stata concessa l'esenzione prevista dall'Allegato II, parte I, paragrafo 2, alla Parte Quinta, con l'indicazione dei tempi utilizzati e non utilizzati che sono stati autorizzati per il restante periodo di funzionamento degli impianti. A tal fine l'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, comunica a tale Ministero le predette informazioni] [1288].

     3. [Entro il 1° gennaio 2016 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea gli elenchi di tutti gli impianti di combustione cui si applicano rispettivamente l'articolo 273, comma 4, e l'articolo 273, comma 5, specificando, per ciascun impianto, la potenza termica nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri]. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio presenta alla Commissione europea entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, per ciascun impianto di cui all'articolo 273, comma 5, la registrazione del numero di ore operative utilizzate dal 1° gennaio 2016 e, per ciascun impianto di cui all'articolo 273, comma 6, la percentuale della produzione di calore utile, calcolata come media mobile sui cinque anni civili precedenti, fornita ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale Ministero le predette deroghe contestualmente all'applicazione delle stesse specificando, per ciascun impianto, la potenza termica nominale totale, le tipologie di combustibili usati e i valori limite di emissione applicati per ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri [1289].

     4. Entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2006, i gestori dei grandi impianti di combustione comunicano all'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA), con le modalità previste alla Parte III dell'Allegato II alla Parte Quinta, la tipologia dell'impianto gestito, la data di messa in esercizio dell'impianto e, con riferimento all'anno precedente, le emissioni totali, di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri, determinate conformemente alle prescrizioni della Parte IV dell'Allegato II alla Parte Quinta, la quantità annua totale di energia prodotta rispettivamente dal carbone, dalla lignite, dalle biomasse, dalla torba, dagli altri combustibili solidi, dai combustibili liquidi, dal gas naturale e dagli altri gas, riferita al potere calorifico netto, le ore operative, nonchè la caratterizzazione dei sistemi di abbattimento delle emissioni. In caso di mancata comunicazione dei dati e delle informazioni di cui al presente comma, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina al gestore inadempiente di provvedere.

     5. L'ISPRA, sulla base delle informazioni di cui al comma 4, elabora una relazione in cui sono riportate le emissioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri di tutti i grandi impianti di combustione di cui alla parte quinta del presente decreto. Tale relazione deve riportare tutti gli elementi previsti dal comma 4. Almeno due mesi prima della scadenza prevista dal comma 1 per la trasmissione dei dati alla Commissione europea, l'ISPRA trasmette al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la suddetta relazione, nonchè i dati disaggregati relativi a ciascun impianto.

     6. I dati di cui al comma 4 sono raccolti e inviati in formato elettronico. A tal fine debbono essere osservate, ove disponibili, le procedure indicate sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La relazione di cui al comma 5, nonchè i dati disaggregati raccolti dall'ISPRA sono resi disponibili alle autorità competenti sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sul sito internet dell'ISPRA.

     7. Entro il 31 dicembre di ogni anno, a partire dal 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea, con riferimento all'anno precedente:

     a) per gli impianti di combustione cui si applica la Parte II, sezione 1, lettera C, dell'Allegato II alla Parte Quinta, il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell'impossibilità di rispettare i valori limite di emissione oggetto di deroga;

     b) il numero di ore operative annue utilizzate dagli impianti di combustione a cui sono state concesse le deroghe previste all'Allegato II, parte II, alla Parte Quinta, sezione I, lettera A, paragrafo 2, sezione 2, lettera A, paragrafo 2, sezione 4, lettera A, paragrafo 1, note 1, 4 e 5, e sezione 4, lettera A-bis, paragrafo 3.

     8. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, comunica a tale Ministero le deroghe di cui alle lettere a) e b) contestualmente all'applicazione delle stesse.

     8-bis. Il Ministero dell'ambiente trasmette alla Commissione europea, sulla base dei formati da questa adottati:

     a) entro il 1° gennaio 2021, una relazione contenente una stima delle emissioni totali annue di monossido di carbonio dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili e le informazioni relative alle concentrazioni di monossido di carbonio nelle emissioni di tali impianti, raggruppate per tipo di combustibile e classe di capacità;

     b) entro il 1° ottobre 2026 ed entro il 1° ottobre 2031, una relazione contenente le informazioni qualitative e quantitative relative all'applicazione delle norme vigenti in materia di medi impianti di combustione e medi impianti termici civili, incluse le attività finalizzate a verificare la conformità degli impianti. La prima relazione contiene anche una stima delle emissioni totali annue di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili, raggruppate per tipo di impianto, tipo di combustibile e classe di capacità [1290].

     8-ter. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stabiliti i dati, i metodi di stima, i tempi e le modalità delle comunicazioni che i gestori dei medi impianti di combustione e le autorità competenti di cui ai titoli I e II alla Parte Quinta effettuano all'ISPRA ed al predetto Ministero ai fini della predisposizione delle relazioni previste al comma 8-bis. L'ISPRA, sulla base di tali informazioni, elabora un rapporto, conforme ai pertinenti formati adottati dalla Commissione europea, da inviare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare almeno tre mesi prima dei termini previsti al comma 8-bis [1291].

 

     Art. 275. (emissioni di cov)

     1. L'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce, relativamente alle emissioni di composti organici volatili, i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi. Le disposizioni previste dal presente articolo per gli stabilimenti si intendono riferite anche alle installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale. L'Allegato III alla Parte Quinta indica i casi in cui le attività degli stabilimenti esistenti di cui al comma 8 sono soggette a valori limite e prescrizioni speciali [1292].

     2. Se nello stesso stabilimento sono esercitate, mediante uno o più impianti o macchinari e sistemi non fissi o operazioni manuali, una o più attività individuate nella parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, a ciascuna di tali attività si applicano, secondo le modalità di cui al comma 7, i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse di cui al medesimo Allegato III, parte III, oppure i valori limite di emissione totale di cui a tale Allegato III, parti III e IV, nonché le prescrizioni ivi previste. Tale disposizione si applica anche alle attività che, nello stesso stabilimento, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nel suddetto Allegato III, parte II, e che possono influire sulle emissioni di COV. Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al consumo massimo teorico di solvente. Le attività di cui alla parte II dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto comprendono la pulizia delle apparecchiature e non comprendono la pulizia dei prodotti, fatte salve le diverse disposizioni ivi previste [1293].

     3. Ai fini di quanto previsto dal comma 2, i valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni ed i valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.

     4. Il gestore che intende effettuare le attività di cui al comma 2 presenta all'autorità competenteuna domanda di autorizzazione dello stabilimento ai sensi dell'articolo 269 o, ricorrendone i presupposti, una domanda di adesione ai sensi dell'articolo 272, comma 3, o una domanda di autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell'articolo 29-ter, in conformità a quanto previsto al presente articolo e all'Allegato III alla Parte Quinta. In aggiunta ai casi previsti dall'articolo 269, comma 8, la domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore dello stabilimento in cui sono esercitate le attività che, a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, rientrano tra quelle di cui al comma 2 [1294].

     5. L'autorizzazione stabilisce, sulla base dei commi 2 e 7, i valori limite di emissione e le prescrizioni che devono essere rispettati. Per la captazione e il convogliamento si applica l'articolo 270. Sono inoltre previste le precauzioni necessarie per ridurre al minimo le emissioni di COV durante le operazioni di avviamento e di arresto. Le autorizzazioni, incluse quelle rilasciate in sede di rinnovo ai sensi dell'articolo 281, assicurano che tali valori limite e prescrizioni si applichino a tutte le attività di cui al comma 2 e che i valori limite e le prescrizioni di cui all'ultimo periodo del comma 2 si possano applicare soltanto alle attività degli stabilimenti esistenti [1295].

     5-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 271, commi 14 e 20, il gestore informa tempestivamente l'autorità competente di qualsiasi violazione delle prescrizioni autorizzative [1296].

     6. L'autorizzazione indica il consumo massimo teorico di solvente e l'emissione totale annua conseguente all'applicazione dei valori limite di cui al comma 2 nonché la periodicità dell'aggiornamento del piano di gestione di cui alla parte V dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. Al fine di ammettere l'applicazione di valori limite espressi come emissioni totali equivalenti, ai sensi della parte V dell'allegato III alla parte quinta del presente decreto, negli stabilimenti caratterizzati da elevate soglie di consumo di solventi, l'autorità competente valuta anche, tenuto conto delle specifiche attività degli stabilimenti oggetto di autorizzazione, la sussistenza della possibilità di assicurare un efficace controllo sul rispetto di tali valori [1297].

     7. Il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal comma 2 è assicurato mediante l'applicazione delle migliori tecniche disponibili e, in particolare, utilizzando materie prime a ridotto o nullo tenore di solventi organici, ottimizzando l'esercizio e la gestione delle attività e, ove necessario, installando idonei dispositivi di abbattimento, in modo da minimizzare le emissioni di composti organici volatili.

     8. Si considerano esistenti, ai fini del presente articolo, gli stabilimenti che al 1° aprile 2001 erano in esercizio in base agli atti autorizzativi all'epoca previsti o per i quali è stata presentata una domanda completa di autorizzazione prima di tale data ove lo stabilimento sia stato messo in funzione entro il 1° aprile 2002. Si considerano nuovi gli altri stabilimenti. Ai fini dell'applicazione degli articoli 270, 271 e 281 gli stabilimenti previsti dal presente articolo, escluse le installazioni sottoposte ad autorizzazione integrata ambientale, si considerano anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi sulla base delle definizioni previste dall'articolo 268 [1298].

     9. [Se le attività di cui al comma 2 sono effettuate esclusivamente da macchinari e sistemi non fissi o da operazioni manuali, in esercizio prima dell'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, le emissioni devono essere adeguate alle pertinenti prescrizioni dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto e alle altre prescrizioni del presente articolo entro il 31 ottobre 2007. A tal fine l'autorizzazione di cui al comma 4 deve essere richiesta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto. In caso di mancata presentazione della richiesta entro tale termine le attività si considerano in esercizio senza autorizzazione] [1299].

     10. Sono fatte salve le autorizzazioni rilasciate prima del 13 marzo 2004 che conseguono un maggiore contenimento delle emissioni di composti organici volatili rispetto a quello ottenibile con l'applicazione delle indicazioni di cui alle parti III e IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. In tal caso rimangono validi i metodi di campionamento e di analisi precedentemente in uso. È fatta salva la facoltà del gestore di chiedere all'autorità competente di rivedere dette autorizzazioni sulla base delle disposizioni della parte quinta del presente decreto [1300].

     11. In caso di modifiche sostanziali di attività svolte negli stabilimenti esistenti l'autorizzazione dispone che le attività oggetto di modifica sostanziale:

     a) siano soggette alle prescrizioni relative alle attività degli stabilimenti nuovi;

     b) siano soggette alle prescrizioni relative alle attività degli stabilimenti esistenti se le emissioni totali di tutte le attività svolte nello stabilimento non superano quelle che si producono in caso di applicazione della lettera a) [1301].

     12. Se il gestore comprova all'autorità competente che, pur utilizzando la migliore tecnica disponibile, non è possibile, per uno specifico stabilimento, rispettare il valore limite per le emissioni diffuse, tale autorità può autorizzare deroghe a detto valore limite, purchè ciò non comporti rischi per la salute umana o per l'ambiente e purchè le migliori tecniche disponibili siano comunque applicate [1302].

     13. Nei casi previsti nella parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, l'autorità competente può esentare il gestore dall'applicazione delle prescrizioni ivi stabilite se le emissioni non possono essere convogliate ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2. In tal caso si applica quanto previsto dalla parte IV dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto, salvo il gestore comprovi all'autorità competente che il rispetto di detto Allegato non è, nel caso di specie, tecnicamente ed economicamente fattibile e che l'impianto utilizza la migliore tecnica disponibile.

     14. L'autorità competente comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella relazione di cui al comma 18, le deroghe autorizzate ai sensi dei commi 12 e 13.

     15. Se due o più attività effettuate nello stesso stabilimento superano singolarmente le soglie di cui al comma 2, l'autorità competente può [1303]:

     a) applicare i valori limite previsti da tale comma a ciascuna singola attività o

     b) applicare un valore di emissione totale, riferito alla somma delle emissioni di tali attività, non superiore a quello che si avrebbe applicando quanto previsto dalla lettera a); la presente opzione non si estende alle emissioni delle sostanze indicate nel comma 17.

     16. [Il gestore che, nei casi previsti dal comma 8, utilizza un dispositivo di abbattimento che consente il rispetto di un valore limite di emissione pari a 50 mgC/N m3, in caso di combustione, e pari a 150 mgC/N m3, in tutti gli altri casi, deve rispettare i valori limite per le emissioni convogliate di cui alla parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto entro il 1° aprile 2013, purchè, sin dalle date di adeguamento previste dal comma 8, le emissioni totali non superino quelle che si sarebbero prodotte in caso di applicazione delle prescrizioni della parte III dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto] [1304].

     17. La parte I dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto stabilisce appositi valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente.

     18. Le autorità competenti trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ogni tre anni ed entro il 30 aprile, a partire dal 2005, una relazione relativa all'applicazione del presente articolo, in conformità a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea 2010/681/UE del 9 novembre 2010. Copia della relazione è inviata dalle autorità competenti alla regione o alla provincia autonoma. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invia tali informazioni alla Commissione europea [1305].

     18-bis. Con apposito decreto, da adottare ai sensi dell'articolo 281, comma 6, si provvede ad inserire all'Allegato III alla Parte Quinta una specifica disciplina delle attività di relazione e di comunicazione alla Commissione europea in merito all'applicazione del presente articolo, in conformità ai provvedimenti comunitari di attuazione dell'articolo 72 della direttiva 2010/75/UE. Il comma 18 non trova applicazione a decorrere dalla data prevista dal predetto decreto [1306].

     19. [Alle emissioni di COV degli impianti anteriori al 1988, disciplinati dal presente articolo, si applicano, fino alle date previste dai commi 8 e 9 ovvero fino alla data di effettivo adeguamento degli impianti, se anteriore, i valori limite e le prescrizioni di cui all'Allegato I alla parte quinta del presente decreto] [1307].

     20. I gestori degli stabilimenti costituiti da uno o più impianti a ciclo chiuso di pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso, per i quali l'autorità competente non abbia adottato autorizzazioni di carattere generale, comunicano a tali autorità di aderire all'autorizzazione di cui alla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto. È fatto salvo il potere delle medesime autorità di adottare successivamente nuove autorizzazioni di carattere generale, ai sensi dell'articolo 272, l'obbligatoria adesione alle quali comporta, per il soggetto interessato, la decadenza di quella prevista dalla parte VII dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto relativamente al territorio a cui tali nuove autorizzazioni si riferiscono. A tali attività non si applicano le prescrizioni della parte I, paragrafo 3, punti 3.2, 3.3. e 3.4 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto [1308].

     21. Costituisce modifica sostanziale, ai sensi del presente articolo:

     a) per le attività di ridotte dimensioni, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al venticinque per cento;

     b) per tutte le altre attività, una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al dieci per cento;

     c) qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;

     d) qualsiasi modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili;

     22. Per attività di ridotte dimensioni, ai sensi del comma 21, si intendono le attività di cui alla parte III, punti 1, 3, 4, 5, 8, 10, 13,16 o 17 dell'Allegato III alla parte quinta del presente decreto aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore o uguale alla più bassa tra le soglie di consumo ivi indicate in terza colonna e le altre attività di cui alla parte III del medesimo Allegato III aventi un consumo massimo teorico di solventi inferiore a 10 tonnellate l'anno.

 

     Art. 276. (controllo delle emissioni di cov derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali)agli impianti di distribuzione.

     1. L'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto stabilisce le prescrizioni che devono essere rispettate ai fini del controllo delle emissioni di COV relativamente:

     a) agli impianti di deposito presso i terminali;

     b) agli impianti di caricamento di benzina presso i terminali;

     c) agli impianti adibiti al deposito temporaneo di vapori presso i terminali;

     d) alle cisterne mobili e ai veicoli cisterna:

     e) agli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti;

     f) alle attrezzature per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori.

     2. Per impianti di deposito ai sensi del presente articolo si intendono i serbatoi fissi adibiti allo stoccaggio di benzina. Per tali impianti di deposito situati presso i terminali le pertinenti prescrizioni dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto costituiscono le misure che i gestori devono adottare ai sensi dell'articolo 269, comma 10. Con apposito provvedimento l'autorità competente può disporre deroghe a tali prescrizioni, relativamente agli obblighi di rivestimento, ove necessario ai fini della tutela di aree di particolare pregio sotto il profilo paesaggistico [1309].

     3. Per impianti di distribuzione, ai sensi del presente articolo, si intendono gli impianti in cui la benzina viene erogata ai serbatoi di tutti i veicoli a motore da impianti di deposito.

     4. Nei terminali all'interno dei quali è movimentata una quantità di benzina inferiore a 10.000 tonnellate/anno e la cui costruzione è stata autorizzata prima del 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, gli impianti di caricamento si adeguano alle disposizioni della parte II, paragrafo 2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto entro il 17 maggio 2010. Fino alla data di adeguamento deve essere garantita l'agibilità delle operazioni di caricamento anche per i veicoli-cisterna con caricamento dall'alto. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale nei tre anni precedenti il 17 maggio 2000.

     5. Le prescrizioni di cui alla parte II, punto 3.2, dell'Allegato VII alla parte quinta del presente decreto si applicano ai veicoli cisterna collaudati dopo il 17 novembre 2000 e si estendono agli altri veicoli cisterna a partire dal 17 maggio 2010. Tali prescrizioni non si applicano ai veicoli cisterna a scomparti tarati, collaudati dopo il 1° gennaio 1990 e attrezzati con un dispositivo che garantisca la completa tenuta di vapori durante la fase di caricamento. A tali veicoli cisterna a scomparti tarati deve essere consentita l'agibilità delle operazioni di caricamento presso gli impianti di deposito dei terminali.

     6. Gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di cui al comma 1, lettera b), non sono soggetti all'autorizzazione di cui all'articolo 269 [1310].

 

     Art. 277. Recupero di cov prodotti durante le operazioni di rifornimento presso gli impianti di distribuzione di benzina [1311]

     1. I distributori degli impianti di distribuzione di benzina devono essere attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina prodotti durante le operazioni di rifornimento.

     2. I nuovi impianti di distribuzione di benzina e quelli esistenti soggetti a ristrutturazione completa devono essere equipaggiati con sistemi di recupero dei vapori di benzina conformi ai requisiti previsti, per i sistemi di recupero di fase II, all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto, nonchè essere sottoposti ai controlli previsti all'allegato VIII medesimo, se:

     a) il flusso è superiore a 500 m³/ anno;

     b) il flusso è superiore a 100 m³/ anno e sono situati in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro.

     3. Negli impianti esistenti di distribuzione di benzina, aventi un flusso superiore a 3.000 mc all'anno, i sistemi di recupero devono rispettare, entro il 31 dicembre 2018, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di fase II dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto.

     4. Negli impianti di distribuzione di benzina esistenti, di cui ai commi 2 e 3, i sistemi di recupero devono rispettare, fino alla ristrutturazione completa o fino all'adeguamento previsto al comma 3, i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II. È fatta comunque salva, presso tali impianti, la possibilità di rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti per i sistemi di recupero di fase II.

     5. I commi 2 e 3 non si applicano agli impianti di distribuzione di benzina utilizzati esclusivamente in relazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore ai fini del primo rifornimento di tali veicoli.

     6. Negli impianti di distribuzione diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 i sistemi di recupero devono rispettare i requisiti di efficienza e gli obblighi di controllo previsti dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto per i sistemi di recupero diversi da quelli di fase II.

     7. Il flusso previsto dai commi 2 e 3 si calcola considerando la media degli anni civili in cui l'impianto è stato in esercizio nei tre anni antecedenti il 2012 oppure, se durante tale periodo non vi è stato almeno un anno civile di esercizio, una stima effettuata dal gestore e documentata con atti da tenere a disposizione presso l'impianto; se la media della quantità di benzina scaricata nei tre anni civili successivi a quello della messa in esercizio dell'impianto supera, diversamente dalla stima, il flusso di cui al comma 3, il titolare dell'autorizzazione o della concessione dell'impianto è tenuto all'obbligo di adeguamento previsto da tale disposizione [1312].

     8. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori devono essere omologati dal Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza corredata della documentazione necessaria ad identificare i dispositivi e dalla certificazione di cui all'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto. Ai fini del rilascio dell'omologazione, il Ministero dell'interno verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di efficienza previsti dal presente articolo ed ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia l'omologazione si intende negata.

     9. I dispositivi componenti i sistemi di recupero dei vapori che sono stati omologati dalle competenti autorità di altri Paesi appartenenti all'Unione europea possono essere utilizzati per attrezzare i distributori degli impianti di distribuzione, previo riconoscimento da parte del Ministero dell'interno, a cui il costruttore presenta apposita istanza, corredata dalla documentazione necessaria ad identificare i dispositivi, dalle certificazioni di prova rilasciate dalle competenti autorità estere e da una traduzione giurata in lingua italiana di tali documenti e certificazioni. Ai fini del riconoscimento, il Ministero dell'interno verifica i documenti e le certificazioni trasmessi, da cui deve risultare il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dal presente articolo, e verifica la rispondenza dei dispositivi ai requisiti di sicurezza antincendio previsti dalla vigente normativa. In caso di mancata pronuncia il riconoscimento si intende negato.

     10. Durante le operazioni di rifornimento i gestori degli impianti di distribuzione devono mantenere in funzione i sistemi di recupero dei vapori di cui al presente articolo.

     11. Presso gli impianti di distribuzione attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, deve essere esposto, sui distributori o vicino agli stessi, un cartello, una etichetta o un altro tipo di supporto che informi i consumatori circa l'esistenza di tale sistema. Presso gli impianti di distribuzione esistenti previsti dal comma 4 che, alla data del 1° gennaio 2012, sono già attrezzati con sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II, tale obbligo di informazione si applica entro i due mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

     12. I gestori degli impianti di distribuzione di benzina devono rispettare gli obblighi di documentazione previsti dall'allegato VIII alla parte quinta del presente decreto.

 

     Art. 278. (poteri di ordinanza)

     1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

     a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;

     b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente [1313];

     c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente [1314].

     1-bis. Resta ferma, in caso di non conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, accertata nel corso dei controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), la possibilità di adottare le ordinanze previste all'articolo 271, comma 20-bis [1315].

 

     Art. 279. (sanzioni)

     1. Fuori dai casi per cui trova applicazione l'articolo 6, comma 13, cui eventuali sanzioni sono applicate ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza dell'autorizzazione prevista dagli articoli 269 o 272 ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8 o, ove applicabile, dal decreto di attuazione dell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 269, comma 8 o comma 11-bis, o, ove applicabile, dal decreto di attuazione dell'articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, è assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente [1316].

     2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 10.000 euro. Se i valori limite violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione [1317].

     2-bis. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola le prescrizioni stabilite dall'autorizzazione, dagli allegati I, II, III o V alla Parte Quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente. Se le prescrizioni violate sono contenute nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione [1318].

     3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 7, chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro. È soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente, chi non presenta, nei termini previsti, la domanda o la relazione di cui all'articolo 271, comma 7-bis, chi non effettua, nei termini, una delle comunicazioni previste all'articolo 273-bis, comma 6 e comma 7, lettere c) e d), e chi non presenta, nei termini, la domanda prevista all'articolo 273-bis, comma 6 [1319].

     4. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 8, chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro [1320].

     5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa.

     6. Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a milletrentadue euro.

     7. Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500 euro a 155.000 euro. All'irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva [1321].

 

     Art. 280. (abrogazioni) [1322]

     1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto preveda l'ulteriore vigenza:

     a) il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;

     b) l'articolo 4 della legge 4 novembre 1997, n. 413;

     c) l'articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

     d) il decreto del Ministro dell'ambiente 10 marzo 1987, n. 105;

     e) il decreto del Ministro dell'ambiente 8 maggio 1989;

     f) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 luglio 1989;

     g) il decreto del Ministro dell'ambiente 12 luglio 1990;

     h) il decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991;

     i) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 dicembre 1995;

     l) il decreto del Ministro dell'ambiente del 16 maggio 1996;

     m) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 gennaio 1999, n. 76;

     n) il decreto del Ministro dell'ambiente 21 gennaio 2000, n. 107;

     o) il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 gennaio 2004, n. 44.

 

     Art. 281. (disposizioni transitorie e finali)

     1. [I gestori degli stabilimenti autorizzati, anche in via provvisoria o in forma tacita, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ad esclusione di quelli dotati di autorizzazione generale che sono sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 272, comma 3, devono presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 269 entro i termini di seguito indicati. Le regioni e le province autonome adottano, nel rispetto di tali termini, appositi calendari per la presentazione delle domande; in caso di mancata adozione dei calendari, la domanda di autorizzazione deve essere comunque presentata nei termini stabiliti dal presente comma. La mancata presentazione della domanda nei termini, inclusi quelli fissati dai calendari, comporta la decadenza della precedente autorizzazione. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Se la domanda è presentata nei termini, l'esercizio degli stabilimenti può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente. In caso di stabilimenti autorizzati in via provvisoria o in forma tacita, il gestore deve adottare, fino alla pronuncia dell'autorità competente, tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini [1323]:

     a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011 per stabilimenti anteriori al 1988;

     b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per impianti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;

     c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999] [1324].

     2. [Non sono sottoposti alla procedura autorizzativa prevista dal comma 1, gli stabilimenti per cui l'autorizzazione è stata rinnovata ai sensi dell'articolo 269, commi 7 o 8. Se uno stabilimento anteriore al 1988 è sottoposto ad una modifica sostanziale, ai sensi dell'articolo 269, comma 8, prima del termine previsto dal comma 1, l'autorità competente procede, in ogni caso, al rinnovo dell'autorizzazione] [1325].

     3. I gestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, si adeguano alle disposizioni del presente titolo entro il 1° settembre 2013 o nel più breve termine stabilito dall'autorizzazione alle emissioni. Se lo stabilimento è soggetto a tale autorizzazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensi dell'articolo 269 o dell'articolo 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio 2012. L'autorità competente si pronuncia in un termine pari a otto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autorizzazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stessa. Dopo la presentazione della domanda, le condizioni di esercizio ed i combustibili utilizzati non possono essere modificati fino all'ottenimento dell'autorizzazione. In caso di mancata presentazione della domanda entro il termine previsto o in caso di realizzazione di modifiche prima dell'ottenimento dell'autorizzazione, lo stabilimento si considera in esercizio senza autorizzazione alle emissioni. Se la domanda è presentata nel termine previsto, l'esercizio può essere proseguito fino alla pronuncia dell'autorità competente. Ai soli fini della determinazione dei valori limite e delle prescrizioni di cui agli articoli 271 e 272, tali stabilimenti si considerano nuovi. La procedura prevista dal presente articolo si applica anche in caso di stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, ma erano esentati dall'autorizzazione ivi disciplinata e che, per effetto di tale parte quinta, siano soggetti all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera [1326].

     4. Per gli impianti degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto che ricadono nel campo di applicazione del presente titolo e che ricadevano nel campo di applicazione della legge 13 luglio 1966, n. 615, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, o del titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, aventi potenza termica nominale inferiore a 10 MW, l'autorità competente, ai fini dell'applicazione del comma 3, adotta le autorizzazioni generali di cui all'articolo 272, comma 2, entro cinque anni da tale data [1327].

     5. Le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell'aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera del presente decreto sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 [1328].

     6. Alla modifica ed integrazione degli Allegati alla parte quinta del presente decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell'articolo 36 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 [1329].

     7. Le domande di autorizzazione, i provvedimenti adottati dall'autorità competente e i risultati delle attività di controllo, ai sensi del presente titolo, nonché gli elenchi delle attività autorizzate in possesso dell'autorità competente sono messi a disposizione del pubblico ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

     8. [L'adozione, da parte dell'autorità competente o della regione che abbia delegato la propria competenza, di un atto precedentemente omesso preclude la conclusione del procedimento con il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita i poteri sostitutivi previsti dal presente titolo. A tal fine l'autorità che adotta l'atto ne dà tempestiva comunicazione al Ministero] [1330].

     9. Il Coordinamento previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, assicura un esame congiunto e l'elaborazione di indirizzi e linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse inerenti la normativa vigente in materia di emissioni in atmosfera e inquinamento dell'aria ambiente ed assicura, anche sulla base dello scambio di informazioni previsto dall'articolo 6, comma 10, della direttiva 2015/2193/UE, le attività necessarie per la raccolta, l'elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 268, comma 1, lettera aa) [1331].

     10. A fini di informazione le autorità competenti rendono disponibili al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in formato digitale, le autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 269 e 272 [1332].

     10-bis. Agli impianti che, prima del 19 dicembre 2017, erano soggetti al regime di deroga previsto dall'articolo 272, comma 1, e che, per effetto del decreto legislativo n. 183 del 2017, sono esclusi da tale regime, si applicano le tempistiche di adeguamento e le procedure di rilascio, rinnovo o riesame dell'autorizzazione del relativo stabilimento previsti dall'articolo 273-bis per i medi impianti di combustione di potenza termica nominale pari o inferiore a 5 MW [1333].

     11. [Per l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal presente titolo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si può avvalere dell'ISPRA ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 140, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato] [1334].

 

TITOLO II

IMPIANTI TERMICI CIVILI

 

     Art. 282. (campo di applicazione) [1335]

     1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono sottoposti alle disposizioni del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore.

     2. Un impianto termico civile avente potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW si considera come un unico impianto ai fini dell'applicazione delle disposizioni del titolo I. Resta soggetta alle disposizioni degli articoli 270, 273, commi 9 e 10, e 273-bis, commi 8 e 9, l'aggregazione di tale impianto con altri impianti [1336].

     2-bis. Il produttore di impianti termici civili attesta, per ciascun modello prodotto, la conformità alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 e l'idoneità a rispettare i valori limite di emissione di cui all'articolo 286. L'idoneità deve risultare da apposite prove, effettuate secondo le pertinenti norme EN da laboratori accreditati ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 per i metodi di prova relativi ai parametri per i quali si effettua la misura. I rapporti sono tenuti a disposizione dal produttore. Ciascun impianto termico civile messo in commercio è accompagnato dalla attestazione e dalle istruzioni relative all'installazione [1337].

 

     Art. 283. (definizioni)

     1. Ai fini del presente titolo si applicano le seguenti definizioni:

     a) impianto termico: impianto destinalo alla produzione di calore costituito da uno o più generatori di calore e da un unico sistema di distribuzione e utilizzazione di tale calore, nonché da appositi dispositivi di regolazione e di controllo;

     b) generatore di calore: qualsiasi dispositivo di combustione alimentato con combustibili al fine di produrre calore, costituito da un focolare ed eventualmente uno scambiatore di calore [1338];

     c) focolare: parte di un generatore di calore nella quale avviene il processo di combustione;

     d) impianto termico civile: impianto termico la cui produzione di calore è esclusivamente destinata, anche in edifici ad uso non residenziale, al riscaldamento o alla climatizzazione invernale o estiva di ambienti o al riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari; l'impianto termico civile è centralizzato se serve tutte le unità dell'edificio o di più edifici ed è individuale negli altri casi [1339];

     d-bis) medio impianto termico civile: impianto termico civile di potenza pari o superiore a 1 MW; non ricadono nella definizione gli impianti utilizzati per il riscaldamento a gas diretto degli spazi interni dello stabilimento ai fini del miglioramento delle condizioni degli ambienti di lavoro [1340];

     e) potenza termica nominale dell'impianto: la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari costituenti l'impianto;

     f) potenza termica nominale del focolare: il prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata massima di combustibile bruciato all'interno del focolare, espresso in Watt termici o suoi multipli;

     g) valore di soglia: potenza termica nominale dell'impianto pari a 0.035MW;

     h) modifica dell'impianto: qualsiasi intervento che sia effettuato su un impianto già installato e che richieda la dichiarazione di conformità di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 [1341];

     i) autorità competente: l'autorità responsabile dei controlli, degli accertamenti e delle ispezioni previsti all'articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), e comma 1-bis, del citato decreto legislativo, o altra autorità indicata dalla legge regionale [1342];

     l) installatore: il soggetto indicato dall'articolo 3 del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37 [1343];

     m) responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto: il soggetto indicato dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), e comma 1-bis, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 [1344];

     n) conduzione di un impianto termico: insieme delle operazioni necessarie al fine di assicurare la corretta combustione nei focolari e l'adeguamento del regime dell'impianto termico alla richiesta di calore.

 

     Art. 284. Installazione o modifica [1345]

     1. Nel corso delle verifiche finalizzate alla dichiarazione di conformità prevista dal decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, l'installatore verifica e dichiara anche che l'impianto è dotato della attestazione prevista all'articolo 282, comma 2-bis. In caso di modifica di impianti fuori produzione l'installatore dichiara che il libretto di centrale è stato integrato nei modi previsti dal comma 2. Tali dichiarazioni devono essere espressamente riportate in un atto allegato alla dichiarazione di conformità, messo a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto da parte dell'installatore entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori. L'autorità che riceve la dichiarazione di conformità ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, provvede ad inviare tale atto all'autorità competente. In occasione della dichiarazione di conformità, l'installatore indica al responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'elenco delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286, affinchè tale elenco sia inserito nel libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Se il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto non è ancora individuato al momento dell'installazione, l'installatore, entro 30 giorni dall'installazione, invia l'atto e l'elenco di cui sopra al soggetto committente, il quale li mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto entro 30 giorni dalla relativa individuazione [1346].

     2. Per gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia, in esercizio alla data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto, il libretto di centrale previsto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412 deve essere integrato, a cura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, entro il 31 dicembre 2012, da un atto in cui si dichiara che l'impianto è conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 ed è idoneo a rispettare i valori limite di cui all'articolo 286. Entro il 31 dicembre 2012, il libretto di centrale deve essere inoltre integrato con l'indicazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie necessarie ad assicurare il rispetto dei valori limite di cui all'articolo 286. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto provvede ad inviare tali atti integrativi all'autorità competente entro 30 giorni dalla redazione.

     2-bis. I medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 devono essere preventivamente iscritti nel registro autorizzativo previsto al comma 2-quater. A tal fine il responsabile dell'esercizio e della manutenzione trasmette all'autorità titolare del registro, entro un termine non inferiore a sessanta giorni prima dell'installazione o della modifica dell'impianto, un apposito atto in cui dichiara i dati previsti all'allegato I, Parte IV-bis, alla Parte Quinta. Il termine di sessanta giorni può essere ridotto qualora sussista una imprevedibile urgenza da dichiarare in un atto allegato dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione [1347].

     2-ter. I medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 devono essere iscritti nel registro autorizzativo previsto al comma 2-quater entro il 1° gennaio 2029. A tal fine il responsabile dell'esercizio e della manutenzione trasmette all'autorità titolare del registro, entro il 31 ottobre 2028, un apposito atto in cui dichiara i dati previsti all'allegato I, parte IV-bis, alla Parte Quinta [1348].

     2-quater. È tenuto, presso ciascuna autorità competente, un registro per l'iscrizione dei medi impianti termici civili. Entro trenta giorni dalla ricezione degli atti previsti ai commi 2-bis e 2-ter l'autorità competente effettua o nega l'iscrizione nel registro autorizzativo e comunica tempestivamente tale esito al richiedente [1349].

 

     Art. 285. (Caratteristiche tecniche). [1350]

     1. Gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell'allegato IX alla presente parte pertinenti al tipo di combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010 possono imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria [1351].

 

     Art. 286. (valori limite di emissione)

     1. Le emissioni in atmosfera degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare i pertinenti valori limite previsti dalla parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto e i più restrittivi valori limite previsti dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010, ove necessario al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria [1352].

     1-bis. I medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 sono soggetti ai pertinenti valori previsti a fini di adeguamento dall'allegato IX alla Parte Quinta ed alle disposizioni dei commi 2-bis e 2-ter a partire dal 1° gennaio 2029 [1353].

     2. I valori di emissione degli impianti di cui al comma 1 devono essere controllati almeno annualmente dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto nel corso delle normali operazioni di controllo e manutenzione. I valori misurati, con l'indicazione delle relative date, dei metodi di misura utilizzati e del soggetto che ha effettuato la misura, devono essere allegati al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. La parte III, sezione 1, dell'allegato IX alla parte quinta del presente decreto individua i casi in cui tale controllo dei valori di emissione non è richiesto o deve essere effettuato con una diversa frequenza. Al libretto di centrale devono essere allegati altresì i documenti o le dichiarazioni che attestano l'espletamento delle manutenzioni necessarie a garantire il rispetto dei valori limite di emissione previste dal libretto di centrale [1354].

     2-bis. In caso di medi impianti termici civili, le non conformità dei valori limite misurati rispetto ai valori limite prescritti, accertate nei controlli previsti al comma 2, sono comunicate dal responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto all'autorità competente entro 24 ore dall'accertamento, utilizzando il formato stabilito dalla normativa regionale. In tali casi, il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto deve procedere al ripristino della conformità nel più breve tempo possibile. L'autorità competente può impartire prescrizioni dirette al ripristino della conformità, fissando un termine per l'adempimento, e stabilire le condizioni per l'esercizio dell'impianto fino al ripristino. La continuazione dell'esercizio non è in tutti i casi concessa se la non conformità può determinare un pericolo per la salute umana o un significativo peggioramento della qualità dell'aria a livello locale [1355].

     2-ter. In caso di medi impianti termici civili, al libretto di centrale sono allegati, oltre agli atti previsti al comma 2, i seguenti atti:

     a) la comunicazione di avvenuta registrazione di cui all'articolo 284, comma 2-quater;

     b) la documentazione relativa al tipo ed al quantitativo di combustibili utilizzati;

     c) le prove del funzionamento effettivo e costante dell'impianto di abbattimento delle emissioni, ove presente;

     d) la documentazione relativa alle comunicazioni effettuate ed agli interventi effettuati ai sensi del comma 2-bis [1356].

     3. Ai fini del campionamento, dell'analisi e della valutazione delle emissioni degli impianti termici di cui al comma 1 si applicano i metodi previsti nella parte III dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto.

     4. [A decorrere dal 29 ottobre 2006, l'installatore, contestualmente all'installazione o alla modifica dell'impianto, verifica il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente articolo. La documentazione relativa a tale verifica è messa a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che la allega al libretto di centrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412. Tale verifica non è richiesta nei casi previsti dalla parte III, sezione 1, dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto] [1357].

 

     Art. 287. (abilitazione alla conduzione)

     1. Il personale addetto alla conduzione degli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW deve essere munito di un patentino di abilitazione rilasciatoda una autorità individuata dalla legge regionale, la quale disciplina anche le opportune modalità di formazione nonchè le modalità di compilazione, tenuta e aggiornamento di un registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici. I patentini possono essere rilasciati a persone aventi età non inferiore a diciotto anni compiuti. Il registro degli abilitati alla conduzione degli impianti termici è tenuto presso l'autorità che rilascia il patentino o presso la diversa autorità indicata dalla legge regionale e, in copia, presso l'autorità competente e presso il comando provinciale dei vigili del fuoco [1358].

     2. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.

     3. Ai fini del comma 1 sono previsti due gradi di abilitazione. Il patentino di primo grado abilita alla conduzione degli impianti termici per il cui mantenimento in funzione è richiesto il certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore a norma del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e il patentino di secondo grado abilita alla conduzione degli altri impianti. Il patentino di primo grado abilita anche alla conduzione degli impianti per cui è richiesto il patentino di secondo grado.

     4. Il possesso di un certificato di abilitazione di qualsiasi grado per la condotta dei generatori di vapore, ai sensi del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, consente, ove previsto dalla legge regionale, il rilascio del patentino senza necessità dell'esame di cui al comma 1 [1359].

     5. Il patentino può essere in qualsiasi momento revocato in caso di irregolare conduzione dell'impianto. A tal fine l'autorità competente comunica all'autorità che ha rilasciato il patentino i casi di irregolare conduzione accertati. Il provvedimento di sospensione o di revoca del certificato di abilitazione alla condotta dei generatori di vapore ai sensi degli articoli 31 e 32 del regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non ha effetto sul patentino di cui al presente articolo [1360].

     6. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la disciplina dei corsi e degli esami resta quella individuata ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 12 agosto 1968 [1361].

 

     Art. 288. (controlli e sanzioni)

     1. È punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro l'installatore che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 1, o non lo mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto o del soggetto committente nei termini prescritti o non lo trasmette unitamente alla dichiarazione di conformità nei casi in cui questa è trasmessa ai sensi del decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Con la stessa sanzione è punito il soggetto committente che non mette a disposizione del responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto l'atto e l'elenco dovuti nei termini prescritti. Con la stessa sanzione è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non redige o redige in modo incompleto l'atto di cui all'articolo 284, comma 2, o non lo trasmette all'autorità competente nei termini prescritti. Il produttore di impianti termici civili che non tiene a disposizione i rapporti di prova previsti all'articolo 282, comma 2-bis, è soggetto alla stessa sanzione [1362].

     1-bis. In caso di esercizio di medi impianti termici civili in assenza di iscrizione nel registro previsto all'articolo 284, comma 2-quater, il responsabile dell'esercizio e della manutenzione è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro [1363].

     2. In caso di esercizio di un impianto termico civile non conforme alle caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:

     a) il produttore o, se manca l'attestazione prevista all'articolo 282, il produttore e l'installatore, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 1 [1364];

     b) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto, nei casi soggetti all'articolo 284, comma 2 [1365].

     3. Nel caso in cui un impianto termico civile non rispetti i valori limite di emissione di cui all'articolo 286, comma 1, sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro:

     a) il produttore e l'installatore se mancano la attestazione o le istruzioni previste dall'articolo 282;

     b) il produttore se sussistono la attestazione e le istruzioni previste dall'articolo 282 e se dal libretto di centrale risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti dalla parte quinta del presente decreto e dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, purchè non sia superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto;

     c) il responsabile dell'esercizio e della manutenzione se sussistono la attestazione e le istruzioni previste dall'articolo 282 e se dal libretto di centrale non risultano regolarmente effettuati i controlli e le manutenzioni prescritti o è stata superata la durata stabilita per il ciclo di vita dell'impianto [1366].

     3-bis. In caso di violazione degli obblighi di comunicazione o di ripristino di conformità previsti dall'articolo 286, comma 2-bis, il responsabile dell'esercizio e della manutenzione è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro [1367].

     4. Con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecentosedici euro a duemilacinquecentottantadue euro è punito il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto che non effettua il controllo delle emissioni ai sensi dell'articolo 286, comma 2, o non allega al libretto di centrale i dati ivi previsti o i dati previsti all'articolo 286, comma 2-ter [1368].

     5. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste dai commi precedenti, della procedura prevista all'articolo 286, comma 2-bis e delle sanzioni previste per la produzione di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni, l'autorità competente, ove accerti che l'impianto non rispetta le caratteristiche tecniche di cui all'articolo 285 o i valori limite di emissione di cui all'articolo 286 o quanto disposto dall'articolo 293, impone, con proprio provvedimento, al contravventore di procedere all'adeguamento entro un determinato termine oltre il quale l'impianto non può essere utilizzato. In caso di mancato rispetto del provvedimento adottato dall'autorità competente si applica l'articolo 650 del codice penale [1369].

     6. All'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, provvede l'autorità competente di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i), o la diversa autorità indicata dalla legge regionale.

     7. Chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all'articolo 287 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da quindici euro a quarantasei euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità indicata dalla legge regionale [1370].

     8. I controlli relativi al rispetto del presente titolo sono effettuati dall'autorità competente in occasione delle ispezioni effettuate ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e del decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto legislativo anche avvalendosi degli organismi ivi previsti, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente [1371].

     8-bis. Il responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto fornisce all'autorità competente la collaborazione necessaria per i controlli, anche svolti mediante attività di campionamento e analisi e raccolta di dati e informazioni, funzionali all'accertamento del rispetto delle disposizioni della Parte Quinta del presente decreto [1372].

     8-ter. Gli atti allegati al libretto di centrale ai sensi del presente titolo, relativi ad un anno civile, sono conservati per almeno i sei anni civili successivi. Tali atti sono messi senza indebito ritardo a disposizione dell'autorità competente che ne richieda l'acquisizione. L'autorità competente richiede l'acquisizione degli atti ai fini di controllo e quando un cittadino formuli una richiesta di accesso ai dati ivi contenuti [1373].

 

     Art. 289. (abrogazioni)

     1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, la legge 13 luglio 1966, n. 615, ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391.

 

     Art. 290. (disposizioni transitorie e finali)

     1. [Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato IX alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, comma 5] [1374].

     2. L'installazione di impianti termici civili centralizzati può essere imposta dai regolamenti edilizi comunali relativamente agli interventi di ristrutturazione edilizia ed agli interventi di nuova costruzione qualora tale misura sia individuata dai piani e dai programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, come necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria [1375].

     3. [La legge 13 luglio 1966, n. 615, il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1970, n. 1391, e il titolo II del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 continuano ad applicarsi agli impianti termici assoggettati al titolo I della parte quinta al del presente decreto, fino alla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3] [1376].

     4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico sono disciplinati i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione dei generatori di calore, con priorità per quelli aventi potenza termica nominale inferiore al valore di soglia di 0,035 MW, alimentati con i combustibili individuati alle lettere f), g) e h) della parte I, sezione 2, dell'allegato X alla parte quinta del presente decreto. Nella certificazione si attesta l'idoneità dell'impianto ad assicurare specifiche prestazioni emissive, con particolare riferimento alle emissioni di polveri e di ossidi di azoto, e si assegna, in relazione ai livelli prestazionali assicurati, una specifica classe di qualità. Tale decreto individua anche le prestazioni emissive di riferimento per le diverse classi, i relativi metodi di prova e le verifiche che il produttore deve effettuare ai fini della certificazione, nonchè indicazioni circa le corrette modalità di installazione e gestione dei generatori di calore. A seguito dell'entrata in vigore del decreto, i piani di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre limiti e divieti all'utilizzo dei generatori di calore non aventi la certificazione o certificati con una classe di qualità inferiore, ove tale misura sia necessaria al conseguimento dei valori di qualità dell'aria. I programmi e gli strumenti di finanziamento statali e regionali diretti ad incentivare l'installazione di generatori di calore a ridotto impatto ambientale assicurano priorità a quelli certificati con una classe di qualità superiore [1377].

 

TITOLO III

COMBUSTIBILI

 

     Art. 291. (campo di applicazione)

     1. Il presente titolo disciplina, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere utilizzati negli impianti di cui ai titoli I e II della parte quinta del presente decreto, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, e le caratteristiche merceologiche dei combustibili per uso marittimo. Il presente titolo stabilisce inoltre le condizioni di utilizzo dei combustibili, comprese le prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione, e i metodi di misura delle caratteristiche merceologiche [1378].

 

     Art. 292. (definizioni) [1379]

     1. Ai fini del presente titolo si applicano, ove non altrimenti disposto, le definizioni di cui al titolo I ed al titolo II della parte quinta.

     2. In aggiunta alle definizioni del comma 1, si applicano le seguenti definizioni:

     a) olio combustibile pesante:

     1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio che rientra nei codici da NC 2710 1951 a NC 2710 1968, 2710 2031, 2710 2035, 2710 2039, escluso il combustibile per uso marittimo [1380];

     2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il gasolio di cui alle lettere b) e f), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C secondo il metodo ASTM D86 o per il quale la percentuale del distillato a 250 °C non può essere determinata con tale metodo;

     b) gasolio:

     1) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 1925, 2710 1929, 2710 1947, 2710 1948, 2710 2017, 2710 2019 [1381];

     2) qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, di cui meno del 65% in volume, comprese le perdite, distilla a 250 °C e di cui almeno l'85% in volume, comprese le perdite, distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;

     c) metodo ASTM: i metodi stabiliti dalla "American Society for Testing and Materials" nell'edizione 1976 delle definizioni e delle specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;

     d) combustibile per uso marittimo: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio utilizzato su una nave in mare o destinato ad essere utilizzato su una nave in mare, inclusi i combustibili definiti nella norma ISO 8217 [1382];

     e) olio diesel marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per la qualità "DMB" alla tabella I della norma ISO 8217, eccettuato il riferimento al tenore di zolfo [1383];

     f) gasolio marino: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per le qualità "DMX", "DMA" e "DMZ" alla tabella I della norma ISO 8217, eccettuato il riferimento al tenore di zolfo [1384];

     g) immissione sul mercato: qualsiasi operazione di messa a disposizione di terzi, a titolo oneroso o gratuito, di combustibili per uso marittimo destinati alla combustione su una nave, eccettuati quelli destinati all'esportazione e trasportati, a tale fine, all'interno delle cisterne di una nave;

     h) acque territoriali: zone di mare previste dall'articolo 2 del codice della navigazione;

     i) zona economica esclusiva: zona di cui all'articolo 55 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata con legge 2 dicembre 1994, n. 689;

     l) zona di protezione ecologica: zona individuata ai sensi della legge 8 febbraio 2006, n. 61;

     m) aree di controllo delle emissioni di SOX: zone a cui tale qualificazione è stata assegnata dall'International Maritime Organization (I.M.O.) previa apposita procedura di designazione, ai sensi dell'allegato VI della Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, denominata Convenzione MARPOL;

     n) nave passeggeri: nave che trasporta più di dodici passeggeri, ad eccezione del comandante, dei membri dell'equipaggio e di tutti i soggetti adibiti ad attività relative alla gestione della nave, nonchè dei bambini di età inferiore ad un anno;

     o) servizio di linea: i viaggi seriali per collegare due o più porti o i viaggi seriali che iniziano e terminano presso lo stesso porto senza scali intermedi, purchè effettuati sulla base di un orario reso noto al pubblico; l'orario può essere desunto anche dalla regolarità o dalla frequenza del servizio;

     p) [nave adibita alla navigazione interna: nave destinata ad essere utilizzata in una via navigabile interna di cui al decreto del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie 28 novembre 1987, n. 572] [1385];

     q) nave all'ormeggio: nave assicurata ad un ormeggio o ancorata presso un porto italiano;

     r) stazionamento: l'utilizzo dei motori su una nave all'ormeggio, ad eccezione dei periodi di carico e scarico;

     s) nave da guerra: nave che appartiene alle forze armate di uno Stato e porta i segni distintivi delle navi militari di tale Stato, il cui equipaggio sia soggetto alle leggi relative ai militari ed il cui comandante sia un ufficiale di marina debitamente incaricato e sia inscritto nell'apposito ruolo degli ufficiali o in un documento equivalente;

     t) metodo di riduzione delle emissioni: qualsiasi apparecchiatura, apparato, dispositivo o materiale da installare su una nave o qualsiasi procedura, metodo o combustibile alternativo, utilizzato in alternativa ai combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti all'articolo 295, che sia verificabile, quantificabile ed applicabile [1386].

 

     Art. 293. (combustibili consentiti) [1387]

     1. Negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall'Allegato X alla parte quinta, alle condizioni ivi previste. I materiali e le sostanze elencati nell'allegato X alla parte quinta del presente decreto non possono essere utilizzati come combustibili ai sensi del presente titolo se costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. È soggetta alla normativa vigente in materia di rifiuti la combustione di materiali e sostanze che non sono conformi all'allegato X alla parte quinta del presente decreto o che comunque costituiscono rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. Agli impianti di cui alla parte I, paragrafo 4, lettere e) ed f), dell'Allegato IV alla parte quinta si applicano le prescrizioni del successivo Allegato X relative agli impianti disciplinati dal titolo II. Ai combustibili per uso marittimo si applicano le disposizioni dell'articolo 295 [1388].

     2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa autorizzazione della Commissione europea, possono essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti, nei gasoli e nei combustibili per uso marittimo più elevati di quelli fissati nell'Allegato X alla parte quinta qualora, a causa di un mutamento improvviso nell'approvvigionamento del petrolio greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, non sia possibile rispettare tali valori limite.

     3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, sono stabiliti i criteri e le modalità per esentare, anche mediante apposite procedure autorizzative, i combustibili previsti dal presente titolo III dall'applicazione delle prescrizioni dell'Allegato X alla parte quinta ove gli stessi siano utilizzati a fini di ricerca e sperimentazione.

 

     Art. 294. (Prescrizioni per il rendimento di combustione). [1389]

     1. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto, eccettuati quelli previsti dall'allegato IV, parte I, alla stessa parte quinta, devono essere dotati, ove tecnicamente possibile, di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile. Ai fini della presente disposizione non si applicano le norme di aggregazione previste dall'articolo 272, comma 1 [1390].

     2. Il comma 1 non si applica agli impianti elencati nell'articolo 273, comma 15, anche di potenza termica nominale inferiore a 50MW.

     3. Al fine di ottimizzare il rendimento di combustione, gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale per singolo focolare superiore a 1,16 MW, o di potenza termica nominale complessiva superiore a 1,5 MW e dotati di singoli focolari di potenza termica nominale non inferiore a 0,75 MW, devono essere dotati di un sistema di controllo della combustione che consenta la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile.

     3-bis. Per consentire la regolazione automatica del rapporto aria-combustibile ai sensi del presente articolo, il sistema di controllo della combustione deve essere in grado di garantire il mantenimento in continuo dei valori di rendimento verificati al collaudo e di quelli applicabili per effetto della vigente normativa, anche in presenza di variazioni chimico/fisiche dell'aria comburente o del combustibile. Tale condizione si considera rispettata se è utilizzato un sistema di regolazione automatica che prevede la misura in continuo del tenore di ossigeno residuo nelle emissioni o dei valori espressi come massa di comburente e combustibile. I dispositivi di misura a tal fine utilizzati devono essere compatibili con i sistemi realizzati secondo la norma UNI EN 298:2012 ed essere tarati in conformità alle modalità ed alle periodicità previste nelle istruzioni tecniche rilasciate dal produttore [1391].

 

     Art. 295. (Combustibili per uso marittimo). [1392]

     1. Fermi restando i limiti di tenore di zolfo previsti ai commi 2, 3, 4, 6 e 8, è vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, a bordo di navi di qualsiasi bandiera, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo, dal 18 giugno 2014, superiore al 3,50% in massa e, dal 1° gennaio 2020, superiore allo 0,50% in massa. Dal 1° gennaio 2018 per il mare Adriatico e il mare Ionio e dal 1° gennaio 2020 per le altre zone di mare, si applica un tenore massimo di zolfo pari allo 0,10% in massa, a condizione che gli Stati membri dell'Unione europea prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l'applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori [1393].

     2. È vietata l'immissione sul mercato di gasoli marini con tenore di zolfo superiore allo 0,10% in massa [1394].

     3. È vietata l'immissione sul mercato di oli diesel marini con tenore di zolfo superiore all'1,50% in massa [1395].

     4. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, ricadenti all'interno di aree di controllo delle emissioni di SO "X"^, ovunque ubicate, è vietato, a bordo di una nave battente bandiera italiana, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,00% in massa e, dal 1° gennaio 2015, superiore allo 0,10% in massa. La violazione del divieto è fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana che hanno attraversato una di tali aree inclusa nel territorio italiano o con esso confinante e che si trovano in un porto italiano [1396].

     5. Il divieto di cui al comma 4 si applica all'area del Mar Baltico all'area del Mare del Nord, nonchè, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della relativa designazione, alle ulteriori aree designate [1397].

     6. Per le navi passeggeri battenti bandiera italiana, le quali effettuano un servizio di linea proveniente da o diretto ad un porto di un Paese dell'Unione europea, è vietato, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,50% in massa. La violazione del divieto è fatta valere anche nei confronti delle navi non battenti bandiera italiana e che si trovano in un porto italiano. Il divieto si applica fino all'entrata in vigore dei più restrittivi limiti di tenore di zolfo di cui al comma 1 [1398].

     6-bis. Fermi restando i limiti di tenore di zolfo previsti ai commi 1, 2, 3, 4, 6 e 8, è vietato, nelle aree soggette alla giurisdizione nazionale, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore al 3,50%. Tali limiti non si applicano ai combustibili destinati alle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni basati su sistemi a circuito chiuso. Per sistema a circuito chiuso si intende un sistema operante mediante ricircolo della soluzione utilizzata senza che vi sia rilascio all'esterno della stessa o di eventuali solidi ivi contenuti, salvo nelle fasi di manutenzione o di raccolta e smaltimento a terra dei residui costituiti da fanghi. Tali limiti non si applicano inoltre quando siano utilizzati combustibili o miscele previsti in alternativa ai combustibili per uso marittimo all'allegato X, parte I, sezione 5, alla Parte Quinta. Per i combustibili per uso marittimo destinati alle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni non basati su sistemi a circuito chiuso si applica, nelle aree soggette alla giurisdizione nazionale, un limite relativo al tenore di zolfo pari al 3,50% [1399].

     6-ter. Il soggetto responsabile dell'immissione sul mercato di combustibili per uso marittimo destinati a navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni basati su sistemi a circuito chiuso allega ai documenti di accompagnamento e di consegna del combustibile una dichiarazione fornita dal comandante o dall'armatore in cui si attesta, ai fini del presente decreto, che la nave di destinazione utilizza tali metodi [1400].

     7. [A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietato, su navi adibite alla navigazione interna, l'utilizzo di combustibili per uso marittimo, diversi dal gasolio marino e dall'olio diesel marino, con tenore di zolfo superiore allo 0,1% massa] [1401].

     8. A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietato l'utilizzo di combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,10% in massa su navi all'ormeggio. Il divieto si applica anche ai periodi di carico, scarico e stazionamento. La sostituzione dei combustibili utilizzati con combustibili conformi a tale limite deve essere completata il prima possibile dopo l'ormeggio. La sostituzione dei combustibili conformi a tale limite con altri combustibili deve avvenire il più tardi possibile prima della partenza. I tempi delle operazioni di sostituzione del combustibile sono iscritti nei documenti di cui al comma 10 [1402].

     9. Il comma 8 non si applica [1403]:

     a) [alle navi adibite alla navigazione interna, quando utilizzate in mare, per le quali sia stato rilasciato un certificato di conformità alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare] [1404];

     b) alle navi di cui si prevede, secondo orari resi noti al pubblico, un ormeggio di durata inferiore alle due ore;

     c) alle navi all'ormeggio a motori spenti e collegate ad un sistema di alimentazione di energia elettrica ubicato sulla costa.

     10. Tutte le operazioni di cambio dei combustibili utilizzati sulle navi devono essere indicate nel giornale generale e di contabilità e nel giornale di macchina o nell'inventario di cui agli articoli 174, 175 e 176 del codice della navigazione o in un apposito documento di bordo.

     11. Chi mette combustibili per uso marittimo a disposizione dell'armatore o di un suo delegato, per una nave di stazza non inferiore a 400 tonnellate lorde, fornisce un bollettino di consegna indicante il quantitativo ed il relativo tenore di zolfo, del quale conserva una copia per i tre anni successivi, nonchè un campione sigillato di tale combustibile, firmato da chi riceve la consegna. Chi riceve il combustibile conserva il bollettino a bordo per lo stesso periodo e conserva il campione a bordo fino al completo esaurimento del combustibile a cui si riferisce e, comunque, per almeno dodici mesi successivi alla consegna.

     12. È tenuto, presso ciascuna autorità marittima e, ove istituita, presso ciascuna autorità portuale, un apposito registro che riporta l'elenco dei fornitori di combustibili per uso marittimo nell'area di competenza, con l'indicazione dei combustibili forniti e del relativo contenuto massimo di zolfo. Le variazioni dei dati sono comunicate in via preventiva. La presenza di nuovi fornitori è comunicata in via preventiva. I registri devono essere tenuti a disposizione del pubblico sia in forma documentale, sia attraverso canali informatici. Le autorità che detengono i registri elaborano, sulla base degli stessi, informative annuali circa la disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti dal presente articolo nell'area di competenza e le inviano, entro il 31 marzo di ogni anno, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che le allega alla relazione prevista all'articolo 298, comma 2-bis [1405].

     12-bis. Al fine di assicurare la disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti al presente articolo, ove emergano situazioni in cui vi sia il rischio di una significativa riduzione della disponibilità di tali combustibili su tutto il territorio nazionale o in specifiche aree, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche su segnalazione delle autorità marittime e, ove istituite, delle autorità portuali, può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di attivare le procedure di emergenza previste all'articolo 20 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 249. A tali fini, i gestori degli impianti di produzione e dei depositi fiscali che importano i combustibili ed i fornitori di cui al comma 12 comunicano preventivamente alle autorità marittime e, ove istituite, alle autorità portuali le situazioni in cui può verificarsi una significativa riduzione della disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi ai limiti previsti al presente articolo [1406].

     13. I limiti relativi al tenore di zolfo previsti dai commi precedenti non si applicano:

     a) ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio militare se le rotte non prevedono l'accesso a porti in cui sono presenti fornitori di combustibili conformi a tali limiti o, comunque, se il relativo rifornimento può pregiudicare le operazioni o le capacità operative; in tale secondo caso il comandante informa il Ministero della difesa dei motivi della scelta;

     b) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave risulta specificamente necessario per garantire la sicurezza della stessa o di altra nave e per salvare vite in mare;

     c) ai combustibili il cui utilizzo a bordo di una nave è imposto dal danneggiamento della stessa o delle relative attrezzature, purchè si dimostri che, dopo il verificarsi del danno, sono state assunte tutte le misure ragionevoli per evitare o ridurre al minimo l'incremento delle emissioni e che sono state adottate quanto prima misure dirette ad eliminare il danno. Tale deroga non si applica se il danno è dovuto a dolo o colpa del comandante o dell'armatore;

     d) ai combustibili utilizzati a bordo di navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni ai sensi del comma 14 o del comma 19, fatto salvo quanto previsto al comma 6-bis [1407];

     e) ai combustibili destinati alla trasformazione prima dell'utilizzo.

     14. Con decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono autorizzati, su navi battenti bandiera italiana o nelle acque sotto giurisdizione italiana, esperimenti relativi a metodi di riduzione delle emissioni, nel corso dei quali è ammesso l'utilizzo di combustibili non conformi ai limiti previsti dai commi da 1 a 8. Tale autorizzazione, la cui durata non può eccedere i diciotto mesi, è rilasciata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, la quale deve essere accompagnata da una relazione contenente i seguenti elementi [1408]:

     a) la descrizione del metodo e, in particolare, del principio di funzionamento, corredata da riferimenti di letteratura scientifica o dai risultati di sperimentazioni preliminari, nonchè la stima qualitativa e quantitativa delle emissioni, degli scarichi e dei rifiuti previsti per effetto della sperimentazione, e la descrizione delle caratteristiche dei combustibili, delle navi e di tutte le strutture da utilizzare per l'esperimento [1409];

     b) la stima che, a parità di condizioni, le emissioni previste di ossido di zolfo saranno costantemente inferiori o equivalenti a quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza del metodo di riduzione delle emissioni [1410];

     c) la stima che, a parità di condizioni, le emissioni previste di inquinanti diversi dagli ossidi di zolfo, quali ossidi di azoto e polveri, non superino i livelli previsti dalla vigente normativa e, comunque, non superino in modo significativo quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza della tecnologia di riduzione delle emissioni [1411];

     d) uno studio diretto a dimostrare la compatibilità dell'impatto dell'esperimento sull'ambiente marino, con particolare riferimento agli ecosistemi delle baie, dei porti e degli estuari, finalizzato a dimostrarne la compatibilità; lo studio include un piano di monitoraggio degli effetti prodotti dall'esperimento sull'ambiente marino [1412];

     e) la descrizione delle zone interessate dai viaggi durante l'esperimento [1413];

     e-bis) la descrizione degli strumenti a prova di manomissione di cui le navi saranno dotate per le misurazioni in continuo delle emissioni degli ossidi di zolfo e di tutti i parametri necessari a normalizzare le concentrazioni [1414];

     e-ter) la descrizione dei sistemi diretti a garantire una adeguata gestione dei rifiuti e degli scarichi prodotti per effetto della sperimentazione [1415].

     15. L'autorizzazione di cui al comma 14 è rilasciata previa verifica della completezza della relazione allegata alla domanda e dell'idoneità delle descrizioni, delle stime e dello studio ivi contenuti. Al rilascio ed all'istruttoria provvede la Direzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare competente in materia di inquinamento atmosferico, fatta salva l'istruttoria relativa agli elementi di cui al comma 14, lettere d) ed e-ter), curata rispettivamente dalle Direzioni del predetto Ministero competenti in materia di tutela del mare e di gestione degli scarichi e dei rifiuti. Ai fini dell'istruttoria il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si può avvalere dell'ISPRA. L'autorizzazione prevede il periodo in cui l'esperimento può essere effettuato e stabilisce i dati e le informazioni che il soggetto autorizzato deve comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare e al Ministero dei trasporti e la periodicità di tale comunicazione. Stabilisce inoltre la periodicità con la quale il soggetto autorizzato deve comunicare a tali Ministeri gli esiti del monitoraggio effettuato sulla base del piano di cui al comma 14, lettera d) [1416].

     16. L'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 14 è immediatamente revocata se, anche sulla base dei controlli effettuati dall'autorità di cui all'articolo 296, comma 9:

     a) gli strumenti di misura ed i sistemi di gestione dei rifiuti e degli scarichi di cui al comma 14 non sono utilizzati [1417];

     b) il metodo, alla luce dei risultati delle misure effettuate, non ottiene i risultati previsti dalle stime contenute nella relazione [1418];

     c) il soggetto autorizzato non provvede a comunicare, nei termini stabiliti, i dati, le informazioni e gli esiti del monitoraggio previsti dall'autorizzazione, conformi ai criteri ivi stabiliti [1419].

     17. Nel caso in cui gli esperimenti di cui al comma 14 siano effettuati da navi battenti bandiera italiana in acque sotto giurisdizione di altri Stati dell'Unione europea o da navi battenti bandiera di altri Stati dell'Unione europea in acque sotto giurisdizione italiana, gli Stati interessati individuano opportune modalità di cooperazione nel procedimento autorizzativo.

     18. Almeno sei mesi prima dell'inizio di ciascun esperimento di cui al comma 14 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare ne informa la Commissione europea e l'eventuale Stato estero avente giurisdizione sulle acque in cui l'esperimento è effettuato. I risultati di ciascun esperimento di cui al comma 14 sono trasmessi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare alla Commissione europea entro sei mesi dalla conclusione dello stesso e sono messi a disposizione del pubblico secondo quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

     18-bis. Per gli esperimenti relativi a metodi di riduzione delle emissioni che prevedono l'utilizzo di sistemi, dispositivi o materiali non collocati a bordo della nave, nel corso dei quali è ammesso l'utilizzo sulla nave di combustibili non conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, i criteri per il rilascio dell'autorizzazione sono stabiliti con uno o più decreti ai sensi dell'articolo 281, comma 5. A tale autorizzazione si applicano le procedure previste ai commi da 14 a 18 [1420].

     19. In alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, è ammesso, nei porti, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, a bordo di navi battenti bandiera di uno Stato dell'Unione europea, l'utilizzo di metodi di riduzione delle emissioni che sono approvati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1999, n. 407, e successive modificazioni, o che, non ricadendo nel campo di applicazione di tale decreto, sono stati approvati dal Comitato istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 [1421].

     20. Al di fuori dei casi previsti al comma 19, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, l'uso, a bordo di navi battenti qualsiasi bandiera, di metodi di riduzione delle emissioni in alternativa all'utilizzo di combustibili conformi ai limiti previsti ai commi da 1 a 8, è ammesso ove si disponga degli atti, rilasciati dalle competenti autorità di bandiera in conformità all' Allegato VI della Convenzione MARPOL 73/78 e notificati sulla base di tale normativa internazionale, attestanti che:

     a) le emissioni di anidride solforosa sono costantemente inferiori o equivalenti a quelle prodotte dall'utilizzo di combustibili conformi ai commi da 1 a 8 in assenza del metodo di riduzione delle emissioni; ai fini della valutazione si applicano valori di emissione equivalenti ai sensi dell'allegato X, parte I, sezione 4, alla Parte Quinta;

     b) sono rispettati i criteri previsti, per ciascun tipo di metodo di riduzione delle emissioni, all'allegato X, parte I, sezione 5, paragrafo 1, punti A, B e C, alla Parte Quinta [1422].

     20-bis. Gli atti previsti al comma 20 devono essere tenuti a bordo della nave in originale ed esibiti su richiesta dell'autorità competente [1423].

 

     Art. 296. (Controlli e sanzioni). [1424]

     1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 4, chi effettua la combustione di materiali o sostanze in difformità alle prescrizioni del presente titolo, ove gli stessi non costituiscano rifiuti ai sensi della vigente normativa, è punito [1425]:

     a) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo I della parte quinta del presente decreto, con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da duecentocinquantotto euro a milletrentadue euro;

     b) in caso di combustione effettuata presso gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, con una sanzione amministrativa pecuniaria da duecento euro a mille euro; a tale sanzione, da irrogare ai sensi dell'articolo 288, comma 6, non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; la sanzione non si applica se, dalla documentazione relativa all'acquisto di tali materiali o sostanze, risultano caratteristiche merceologiche conformi a quelle dei combustibili consentiti nell'impianto, ferma restando l'applicazione dell'articolo 515 del codice penale e degli altri reati previsti dalla vigente normativa [1426].

     2. I controlli sul rispetto delle disposizioni del presente titolo sono effettuati, per gli impianti di cui al titolo I della parte quinta, dall'autorità di cui all'articolo 268, comma 1, lettera p), e per gli impianti di cui al titolo II della parte quinta, dall'autorità di cui all'articolo 283, comma 1, lettera i).

     3. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, il gestore degli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta è punito con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro. Per gli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta si applica la sanzione prevista dall'articolo 288, comma 2; tale sanzione, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 294, si applica al responsabile per l'esercizio e la manutenzione se ricorre il caso previsto dall'ultimo periodo dell'articolo 284, comma 2.

     4. In caso di mancata trasmissione dei dati di cui all'articolo 298, comma 3, nei termini prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, ordina ai soggetti inadempienti di provvedere.

     5. Salvo che il fatto costituisca reato, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 150.000 euro coloro che immettono sul mercato combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore ai limiti previsti nell'articolo 295 e l'armatore o il comandante che, anche in concorso tra loro, utilizzano combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore a tali limiti. In caso di recidiva e in caso di infrazioni che, per l'entità del tenore di zolfo o della quantità del combustibile o per le caratteristiche della zona interessata, risultano di maggiore gravità, all'irrogazione segue, per un periodo da un mese a due anni:

     a) la sospensione dei titoli professionali marittimi o la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche nell'esercizio dei quali l'infrazione è commessa, ovvero, se tali sanzioni accessorie non sono applicabili,

     b) l'inibizione dell'accesso ai porti italiani per il comandante che ha commesso l'infrazione o per le navi dell'armatore che ha commesso l'infrazione.

     6. In caso di violazione dell'articolo 295, comma 10, il comandante è punito con la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 1193 del codice della navigazione.

     7. Salvo che il fatto costituisca reato, chi, senza commettere l'infrazione di cui al comma 5, non consegna il bollettino o il campione di cui all'articolo 295, comma 11, o consegna un bollettino in cui l'indicazione ivi prevista sia assente è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. Con la stessa sanzione è punito chi, senza commettere l'infrazione di cui al comma 5, non conserva a bordo il bollettino o il campione previsto dall'articolo 295, comma 11.

     8. I fornitori di combustibili che non comunicano in termini i dati previsti dall'articolo 295, comma 12, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro.

     9. All'accertamento delle infrazioni previste dai commi da 5 a 8, provvedono, con adeguata frequenza e programmazione e nell'ambito delle rispettive competenze, ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, il Corpo delle capitanerie di porto, la Guardia costiera, gli altri soggetti di cui all'articolo 1235 del codice della navigazione e gli altri organi di polizia giudiziaria. All'irrogazione delle sanzioni previste da tali commi provvedono le autorità marittime competenti per territorio e, in caso di infrazioni attinenti alla immissione sul mercato, le regioni o le diverse autorità indicate dalla legge regionale. Restano ferme, per i fatti commessi all'estero, le competenze attribuite alle autorità consolari [1427].

     10. Gli accertamenti previsti dal comma 9, ove relativi all'utilizzo dei combustibili, possono essere effettuati con le seguenti modalità [1428]:

     a) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo al momento della consegna alla nave; il campionamento deve essere effettuato secondo le linee guida di cui alla risoluzione 182(59) del comitato MEPC dell'IMO [1429];

     b) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo contenuti nei serbatoi della nave o, ove ciò non sia tecnicamente possibile, nei campioni sigillati presenti a bordo,

     c) mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini di consegna dei combustibili.

     10-bis. Per i controlli analitici si applica la procedura di verifica prevista all'appendice VI dell'allegato VI alla Convenzione MARPOL 73/78 [1430].

     10-ter. Nei casi soggetti alla giurisdizione dell'Italia, l'armatore o il comandante della nave, fermi restando i termini previsti al comma 10-quater, hanno l'obbligo di comunicare all'autorità marittima competente per territorio tutti i casi in cui sussiste l'impossibilità di ottenere combustibile a norma. È utilizzato, a tal fine, il rapporto contenuto all'allegato X, parte I, sezione 6, alla Parte Quinta. La comunicazione è effettuata prima dell'accesso nelle acque soggette alla giurisdizione nazionale e, nel caso di viaggi effettuati esclusivamente all'interno di tali zone, prima dell'arrivo al porto di prima destinazione. In caso di violazioni commesse all'estero, l'armatore o il comandante delle navi battenti bandiera italiana notificano inoltre al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite del porto di iscrizione, tutti i casi in cui sussiste l'impossibilità di ottenere combustibile per uso marittimo a norma [1431].

     10-quater. Nei casi in cui vi sia una violazione degli obblighi relativi al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo l'armatore o il comandante possono presentare all'autorità competente per il controllo operante presso il porto di destinazione, anche su richiesta della stessa, un rapporto nel quale indicano tutte le misure adottate, prima e durante il viaggio, al fine di rispettare l'obbligo violato e, in particolare, le azioni intraprese per ottenere combustibile a norma nell'ambito del proprio piano di viaggio e, se tale combustibile non era disponibile nel luogo previsto, le azioni intraprese per ottenerlo da altre fonti. Il rapporto deve essere diretto a dimostrare che tali tentativi sono stati effettuati con la massima diligenza possibile, la quale non comporta tuttavia l'obbligo di deviare la rotta prevista o di ritardare il viaggio per ottenere il combustibile a norma. Se il rapporto è presentato almeno 48 ore prima dell'accesso nelle zone soggette alla giurisdizione nazionale l'autorità competente per il controllo, valutando la diligenza osservata dal responsabile alla luce del numero, della gravità e della imprevedibilità delle cause del mancato ottenimento del combustibile a norma, può stabilire di non procedere al controllo per la presenza di una causa esimente della violazione. Con le stesse modalità si procede se, in caso di viaggi effettuati esclusivamente all'interno di zone soggette alla giurisdizione nazionale, il rapporto è presentato almeno 48 ore prima dell'arrivo al porto di prima destinazione. Se il rapporto è stato presentato oltre tali termini e, comunque, se nel rapporto non è dimostrato che il responsabile ha osservato la massima diligenza possibile, l'autorità competente per il controllo acquisisce il rapporto e procede ai sensi degli articoli 14 e 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi l'autorità competente all'irrogazione della sanzione, valutando la diligenza osservata dal responsabile alla luce del numero, della gravità e della imprevedibilità delle cause del mancato ottenimento del combustibile a norma, procede, se necessario, ad adeguare l'entità della sanzione ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, o adottare l'ordinanza di archiviazione ai sensi dell'articolo 18, comma 2, di tale legge [1432].

     10-quinquies. Le autorità che ricevono il rapporto di cui al comma 10-quater ne informano, entro dieci giorni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede a trasmettere alla Commissione europea tutti i rapporti ricevuti in ciascun mese civile entro la fine del mese successivo. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla luce di tali informazioni e di quelle ricevute ai sensi del comma 10-ter, può attivare la procedura prevista all'articolo 295, comma 12-bis, con particolare riferimento ai casi in cui emerga, presso un porto o terminale, la ricorrente impossibilità di ottenere combustibile per uso marittimo a norma [1433].

     11. In caso di accertamento degli illeciti previsti al comma 5, fatti salvi i casi di cui al comma 10-quater, l'autorità competente all'applicazione delle procedure di sequestro, dispone, ove tecnicamente possibile, ed assicurando il preventivo prelievo di campioni e la conservazione degli altri elementi necessari a fini di prova, il cambio del combustibile fuori norma con combustibile marittimo a norma, a spese del responsabile [1434].

 

     Art. 297. (abrogazioni)

     1. Sono abrogati, escluse le disposizioni di cui il presente decreto prevede l'ulteriore vigenza, l'articolo 2, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 settembre 2001, n. 395, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 e l'articolo 2 del decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 maggio 2002, n. 82.

 

     Art. 298. (disposizioni transitorie e finali)

     1. Le disposizioni del presente titolo relative agli impianti disciplinati dal titolo I della parte quinta del presente decreto si applicano agli impianti termici civili di cui all'articolo 290, comma 3, a partire dalla data in cui è effettuato l'adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 3 [1435].

     2. Alla modifica e all'integrazione dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto si provvede con le modalità previste dall'articolo 281, commi 5 e 6. All'integrazione di tale Allegato si procede per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto.

     2-bis. Entro il 30 giugno di ciascun anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare invia alla Commissione europea, sulla base di una relazione trasmessa dall'ISPRA entro il mese precedente, un rapporto circa il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, del gasolio e dei combustibili per uso marittimo utilizzati nell'anno civile precedente. I soggetti di cui all'articolo 296, commi 2 e 9, i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, i gestori dei depositi fiscali, i gestori degli impianti di produzione di combustibili e i gestori dei grandi impianti di combustione trasmettono all'ISPRA ed al Ministero, nei casi, nei tempi e con le modalità previsti nella parte I, sezione 3, dell'Allegato X alla parte quinta, i dati e le informazioni necessari ad elaborare la relazione [1436].

     2-ter. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste è istituita, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, una commissione per l'esame delle proposte di integrazione ed aggiornamento dell'Allegato X alla parte quinta del presente decreto, presentate dalle amministrazioni dello Stato e dalle regioni. La commissione è composta da due rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, due rappresentanti del Ministero della salute, due rappresentanti del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, nonchè da un rappresentante del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ai componenti della commissione non sono dovuti compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati [1437].

 

PARTE QUINTA-BIS [1438]

DISPOSIZIONI PER PARTICOLARI INSTALLAZIONI

 

TITOLO I

ATTIVITÀ DI PRODUZIONE DI BIOSSIDO DI TITANIO E SOLFATI DI CALCIO [1439]

 

     Art. 298 bis. (Disposizioni particolari per installazioni e stabilimenti che producono biossido di titanio e solfati di calcio [1440]). [1441]

     1. Sono vietati, con riferimento alle sostanze relative ai processi di produzione di biossido di titanio, l'immersione, l'iniezione e lo scarico in qualsiasi corpo d'acqua e nel mare dei seguenti rifiuti:

     a) rifiuti solidi, in particolare i residui insolubili del minerale che non vengono attaccati dall'acido solforico o dal cloro nel procedimento di fabbricazione; il vetriolo verde, ossia il solfato ferroso cristallizzato (FeSO4H2O; i cloruri metallici e idrossidi metallici (stanze di filtrazione) provenienti in forma solida dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio; i residui di coke provenienti dalla fabbricazione del tetracloruro di titanio;

     b) le acque madri provenienti dalla fase di filtrazione successiva all'idrolisi della soluzione di solfato di 1titanio e da installazioni che utilizzano il procedimento al solfato; sono compresi i rifiuti acidi associati a tali acque madri, contenenti complessivamente più dello 0,5 per cento di acido solforico libero nonchè vari metalli pesanti; sono e comprese le acque madri che sono state diluite fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido solforico libero;

     c) i rifiuti provenienti da installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro, contenenti più dello 0,5 per cento di acido cloridrico, nonchè vari metalli pesanti; sono compresi i rifiuti acidi che sono stati diluiti fino a contenere lo 0,5 per cento o meno di acido cloridrico libero;

     d) i sali di filtrazione, i fanghi ed i rifiuti liquidi ottenuti dal trattamento (concentrazione o neutralizzazione) dei rifiuti di cui alle lettere b) e c) e contenenti vari metalli pesanti; sono esclusi i rifiuti neutralizzati e filtrati o decantati che contengono metalli pesanti solo in tracce e che, prima di qualsiasi diluizione, hanno un valore di pH superiore a 5,5.

     1-bis. Il gestore delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio informa immediatamente l'autorità competente in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare la conformità nel più breve tempo possibile [1442].

     1-ter. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, l'autorità competente impone al gestore di adottare ogni misura complementare appropriata che ritiene necessaria per ripristinare la conformità, disponendo la sospensione dell'esercizio della parte interessata laddove la violazione determini un pericolo immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie e immediate sull'ambiente, finchè la conformità non sia ripristinata con l'applicazione delle misure adottate ai sensi del presente comma e del comma 1-bis [1443].

     2. Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio, le emissioni nelle acque e nell'atmosfera devono rispettare i valori limite di emissione previsti all'Allegato I, parti 1 e 2, alla Parte Quinta-bis. Le autorizzazioni prevedono inoltre opportune misure per prevenire l'emissione di aerosol acidi dalle installazioni.

     3. Le autorità competenti per il controllo effettuano ispezioni e prelievi di campioni 3.relativamente alla emissioni nelle acque, alle emissioni nell'atmosfera, agli stoccaggi ed alle lavorazioni presso le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio. Tale controllo comprende almeno il controllo delle emissioni di cui all'Allegato I, Parte 3.3, alla Parte Quinta-bis. Il controllo è effettuato conformemente alle norme CEN oppure, se non sono disponibili norme CEN, conformemente a norme ISO, nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica [1444].

     3-bis. Alle installazioni e agli stabilimenti che producono biossido di titanio si applicano le disposizioni dell'articolo 29-undecies [1445].

     4. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare integra la relazione di cui all'articolo 29-terdecies, comma 2, con i dati relativi all'attuazione del presente articolo, secondo le modalità fissate dalla normativa comunitaria e sulla base di rapporti di cui al comma 5 che le regioni e le province autonome forniscono entro il 30 aprile di ogni anno.

     5. Il rapporto di cui al comma 4, elaborato sulla base dei controlli di cui al comma 3 e dei dati di cui al comma 6, deve contenere almeno, con riferimento a ciascuna risorsa ambientale interessata, le seguenti informazioni:

     a) una descrizione del luogo di campionamento e delle sue caratteristiche permanenti, unitamente ad altre notizie di tipo amministrativo e geografico;

     b) l'indicazione dei metodi di campionamento e analisi usati;

     c) i risultati delle analisi;

     d) le modifiche apportate alla frequenza di campionamento e di analisi ed al luogo di campionamento.

     6. I gestori delle installazioni e degli stabilimenti che producono biossido di titanio trasmettono alle regioni e alla province autonome, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione contenente i dati necessari per il rapporto di cui al comma 5 con riferimento alle emissioni, agli stoccaggi e alle lavorazioni di cui al comma 3, indicando anche la tipologia e sui quantitativi di rifiuti prodotti e/o scaricati o stoccati nell'anno civile precedente.

     6-bis. Fatto salvo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l'autorità competente, in sede di valutazione di compatibilità ambientale, può non applicare i valori di concentrazione soglia di contaminazione, indicati nella tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V della parte quarta del presente decreto, agli analiti presenti nei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, utilizzati nell'attività di recupero ambientale, qualora sia dimostrata, secondo le metodiche previste dal citato decreto ministeriale, l'assenza di cedibilità dei suddetti analiti [1446].

     6-ter. Fatto salvo l'obbligo di sottoporre i solfati di calcio destinati all'attività di recupero ambientale a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all'allegato 3 del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, l'autorità competente, nell'autorizzare l'utilizzo dei solfati di calcio, ottenuti da neutralizzazione di correnti acide liquide o gassose generati da lavorazioni industriali, nell'attività di recupero ambientale, può derogare, sulla base delle caratteristiche del sito, alle concentrazioni limite di cloruri di cui al citato allegato 3, qualora tale deroga non costituisca un pericolo per la salute dell'uomo e non rechi pregiudizio all'ambiente [1447].

 

PARTE SESTA

NORME IN MATERIA DI TUTELA RISARCITORIA CONTRO I DANNI ALL'AMBIENTE

 

TITOLO I

AMBITO DI APPLICAZIONE

 

     Art. 298 bis. (Principi generali). [1448]

     1. La disciplina della parte sesta del presente decreto legislativo si applica:

     a) al danno ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività;

     b) al danno ambientale causato da un'attività diversa da quelle elencate nell'allegato 5 alla stessa parte sesta e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività, in caso di comportamento doloso o colposo.

     2. La riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti nel titolo II e nell'allegato 3 alla parte sesta, ove occorra anche mediante l'esperimento dei procedimenti finalizzati a conseguire dal soggetto che ha causato il danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non attuate dal medesimo soggetto.

     3. Restano disciplinati dal titolo V della parte quarta del presente decreto legislativo gli interventi di ripristino del suolo e del sottosuolo progettati ed attuati in conformità ai principi ed ai criteri stabiliti al punto 2 dell'allegato 3 alla parte sesta nonchè gli interventi di riparazione delle acque sotterranee progettati ed attuati in conformità al punto 1 del medesimo allegato 3, o, per le contaminazioni antecedenti alla data del 29 aprile 2006, gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli obiettivi di qualità nei tempi stabiliti dalla parte terza del presente decreto.

 

     Art. 299. (competenze ministeriali)

     1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente [1449].

     2. L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo.

     3. L'azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali con applicazione dei princìpi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione.

     4. Per le finalità connesse all'individuazione, all'accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti.

     5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno [1450].

     6. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

 

     Art. 300. (danno ambientale)

     1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.

     2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:

     a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;

     b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo su:

     1) lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/ce, fatta eccezione per gli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva, oppure;

     2) lo stato ambientale delle acque marine interessate, quale definito nella direttiva 2008/56/ce, nella misura in cui aspetti particolari dello stato ecologico dell'ambiente marino non siano già affrontati nella direttiva 2000/60/ce [1451];

     c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;

     d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.

 

     Art. 301. (attuazione del principio di precauzione)

     1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.

     2. L'applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a sèguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva.

     3. L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino:

     a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere;

     b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;

     c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri;

     d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.

     5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuove l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale.

 

     Art. 302. (definizioni)

     1. Lo stato di conservazione di una specie è considerato favorevole quando:

     a) i dati relativi alla sua popolazione mostrano che essa si sta mantenendo, a lungo termine, come componente vitale dei suoi habitat naturali;

     b) l'area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà verosimilmente in un futuro prevedibile;

     c) esiste, e verosimilmente continuerà ad esistere, un habitat sufficientemente ampio per mantenerne la popolazione a lungo termine.

     2. Lo stato di conservazione di un habitat naturale è considerato favorevole quando:

     a) la sua area naturale e le zone in essa racchiuse sono stabili o in aumento;

     b) le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile; e

     c) lo stato di conservazione delle sue specie tipiche è favorevole, ai sensi del comma 1.

     3. Per "acque" si intendono tutte le acque cui si applica la parte terza del presente decreto.

     4. Per "operatore" s'intende qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un'attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell'autorizzazione a svolgere detta attività.

     5. Per "attività professionale" s'intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un'attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi, pubblica o privata.

     6. Per "emissione" s'intende il rilascio nell'ambiente, a seguito dell'attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.

     7. Per "minaccia imminente" di danno si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.

     8. Per "misure di prevenzione" si intendono le misure prese per reagire a un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente di danno ambientale, al fine di impedire o minimizzare tale danno.

     9. Per "ripristino", anche "naturale", s'intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall'autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.

     10. Per "risorse naturali" si intendono specie e habitat naturali protetti, acqua e terreno.

     11. Per "servizi" e "servizi delle risorse naturali" si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.

     12. Per "condizioni originarie" si intendono le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili.

     13. Per "costi" s'intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un'attuazione corretta ed efficace delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, compresi i costi per valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente, per progettare gli interventi alternativi, per sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza.

 

     Art. 303. (esclusioni)

     1. La parte sesta del presente decreto:

     a) non riguarda il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno cagionati da:

     1) atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;

     2) fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;

     b) non si applica al danno ambientale o a minaccia imminente di tale danno provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l'indennizzo rientrino nell'ambito d'applicazione di una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato 1 alla parte sesta del presente decreto cui la Repubblica italiana abbia aderito;

     c) non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988;

     d) non si applica ai rischi nucleari relativi all'ambiente né alla minaccia imminente di tale danno causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea dell'energia atomica o causati da un incidente o un'attività per i quali la responsabilità o l'indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali elencati nell'allegato 2 alla parte sesta del presente decreto;

     e) non si applica alle attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;

     f) non si applica al danno causato da un'emissione, un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte sesta del presente decreto [1452];

     g) non si applica al danno in relazione al quale siano trascorsi più di trent'anni dall'emissione, dall'evento o dall'incidente che l'hanno causato;

     h) non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causa ti da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l'attività di singoli operatori;

     i) [non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti hi materia, salvo che ad esito di tale bonifica non per m a n g a un danno ambientale] [1453].

 

TITOLO II

PREVENZIONE E RIPRISTINO AMBIENTALE

 

     Art. 304. (azione di prevenzione)

     1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.

     2. L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo.

     3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

     a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente;

     b) ordinare all'operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire;

     c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.

     4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.

 

     Art. 305. (ripristino ambientale)

     1. Quando si è verificato un danno ambientale, l'operatore deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità di cui all'articolo 304, con gli effetti ivi previsti, e, se del caso, alle altre autorità dello Stato competenti, comunque interessate. L'operatore ha inoltre l'obbligo di adottare immediatamente:

     a) tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare;

     b) le necessarie misure di ripristino di cui all'articolo 306.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di:

     a) chiedere all'operatore di fornire informazioni su qualsiasi danno verificatosi e sulle misure da lui adottate immediatamente ai sensi del comma 1;

     b) adottare, o ordinare all'operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;

     c) ordinare all'operatore di prendere le misure di ripristino necessarie;

     d) adottare egli stesso le suddette misure.

     3. Se l'operatore non adempie agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 2, lettera b) o c), o se esso non può essere individuato o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso tali misure, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o comunque concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.

 

     Art. 306. (determinazione delle misure per il ripristino ambientale)

     1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decide quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di addivenire ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

     3. Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l'autorità competente non è in grado di assicurare l'adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l'autorità competente tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino naturale.

     4. Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.

     5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l'invito può essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in corso.

 

     Art. 306 bis. (Determinazione delle misure per il risarcimento del danno ambientale e il ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale). [1454]

     1. Salvo che la transazione avvenga in sede giudiziale a norma dell'articolo 185 del codice di procedura civile, nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto conto del quadro comune da rispettare di cui all'allegato 3 alla presente parte sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonchè ai sensi del titolo V della parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva in sede amministrativa [1455].

     2. La proposta di transazione di cui al comma 1:

     a) individua gli interventi di riparazione primaria, complementare e compensativa;

     b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire l'obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;

     c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;

     d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all'impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l'ambiente;

     e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;

     f) in caso di concorso di più soggetti nell'aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all'intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;

     g) contiene l'indicazione di idonee garanzie finanziarie.

     3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei medesimi requisiti.

     4. Nel caso in cui dichiari ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente coinvolti, che acquisisce il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dell'Istituto superiore di sanità. In ogni caso il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall'evento lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.

     5. La conferenza di servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente per l'accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le determinazioni assunte all'esito della conferenza sostituiscono a tutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti.

     6. Sulla base della deliberazione della conferenza accettata dall'interessato, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di transazione sul quale è acquisito il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e, ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.

     7. Acquisito il parere di cui al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal proponente, è adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

     8. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest'ultimo, previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1.

 

     Art. 307. (notificazione delle misure preventive e di ripristino)

     1. Le decisioni che impongono misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, adottate ai sensi della parte sesta del presente decreto, sono adeguatamente motivate e comunicate senza indugio all'operatore interessato con indicazione dei mezzi di ricorso di cui dispone e dei termini relativi.

 

     Art. 308. (costi dell'attività di prevenzione e di ripristino)

     1. L'operatore sostiene i costi delle iniziative statali di prevenzione e di ripristino ambientale adottate secondo le disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

     2. Fatti salvi i commi 4, 5 e 6, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recupera, anche attraverso garanzie reali o fideiussioni bancarie a prima richiesta e con esclusione del beneficio della preventiva escussione, dall'operatore che ha causato il danno o l'imminente minaccia, le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate a norma della parte sesta del presente decreto.

     3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina di non recuperare la totalità dei costi qualora la spesa necessaria sia maggiore dell'importo recuperabile o qualora l'operatore non possa essere individuato.

     4. Non sono a carico dell'operatore i costi delle azioni di precauzione, prevenzione e ripristino adottate conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto se egli può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:

     a) è stato causato da un terzo e si è verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee;

     b) è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica, diversi da quelli impartiti a seguito di un'emissione o di un incidente imputabili all'operatore; in tal caso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta le misure necessarie per consentire all'operatore il recupero dei costi sostenuti.

     5. L'operatore non è tenuto a sostenere i costi delle azioni di cui al comma 5 intraprese conformemente alle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo e che l'intervento preventivo a tutela dell'ambiente è stato causato da:

     a) un'emissione o un evento espressa mente consentiti da un'autorizzazione conferita ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari recanti attuazione delle misure legislative adottate dalla Comunità europea di cui all'allegato 5 della parte sesta del presente decreto, applicabili alla data dell'emissione o dell'evento e in piena conformità alle condizioni ivi previste;

     b) un'emissione o un'attività o qualsiasi altro modo di utilizzazione di un prodotto nel corso di un'attività che l'operatore dimostri non essere stati considerati probabile causa di danno ambientale secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell'emissione o dell'esecuzione dell'attività.

     6. Le misure adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto lasciano impregiudicata la responsabilità e l'obbligo risarcitorio del trasgressore interessato.

 

     Art. 309. (richiesta di intervento statale)

     1. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.

     2. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente, di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono riconosciute titolari dell'interesse di cui al comma 1.

     3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare valuta le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale e informa senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo.

     4. In caso di minaccia imminente di danno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'urgenza estrema, provvede sul danno denunciato anche prima d'aver risposto ai richiedenti ai sensi del comma 3.

 

     Art. 310. (ricorsi)

     1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i princìpi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.

     2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice amministrativo può essere preceduto da una opposizione depositata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviata presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga opposizione può essere proposta entro il suddetto termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno successivo all'effettuato deposito dell'opposizione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare [1456].

     3. Se sia stata presentata l'opposizione e non ancora il ricorso al giudice amministrativo, quest'ultimo è proponibile entro il termine di sessanta giorni decorrenti dal ricevimento della decisione di rigetto dell'opposizione oppure dal trentunesimo giorno successivo alla presentazione dell'opposizione se il Ministro non si sia pronunciato.

     4. Resta ferma la facoltà dell'interessato di ricorrere in via straordinaria al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto o provvedimento che si ritenga illegittimo e lesivo.

 

TITOLO III

RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE

 

     Art. 311. (azione risarcitoria in forma specifica [1457])

     1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto.

     2. Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attività sono elencate nell'allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all'adozione delle misure di riparazione di cui all'allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine congruo di cui all'articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi è tenuto chiunque altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l'adozione delle misure di riparazione anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti [1458].

     3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede in applicazione dei criteri enunciati negli allegati 3 e 4 della presente parte sesta alla determinazione delle misure di riparazione da adottare e provvede con le procedure di cui al presente titolo III all'accertamento delle responsabilità risarcitorie. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformità a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i metodi, anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa. Tali criteri e metodi trovano applicazione anche ai giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo precedente. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi, nei limiti del loro effettivo arricchimento [1459].

 

     Art. 312. (istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale)

     1. L'istruttoria per l'emanazione dell'ordinanza ministeriale di cui all'articolo 313 si svolge ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

     2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento dei fatti, per l'individuazione dei trasgressori, per l'attuazione delle misure a tutela dell'ambiente e per il risarcimento dei danni, può delegare il Prefetto competente per territorio ed avvalersi, anche mediante apposite convenzioni, della collaborazione delle Avvocature distrettuali dello Stato, del Corpo forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e di qualsiasi altro soggetto pubblico dotato di competenza adeguata.

     3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'accertamento delle cause del danno e per la sua quantificazione, da effettuare in applicazione delle disposizioni contenute negli Allegati 3 e 4 alla parte sesta del presente decreto, può disporre, nel rispetto del principio del contraddittorio con l'operatore interessato, apposita consulenza tecnica svolta dagli uffici ministeriali, da quelli di cui al comma 2 oppure, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, da liberi professionisti.

     4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche anche in apparecchiature informatiche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del fatto dannoso e per l'individuazione dei trasgressori, può disporre l'accesso di propri incaricati nel sito interessato dal fatto dannoso. Gli incaricati che eseguono l'accesso devono essere muniti di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal capo dell'ufficio da cui dipendono. Per l'accesso a locali che siano adibiti ad abitazione o all'esercizio di attività professionali è necessario che l'Amministrazione si munisca dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente. In ogni caso, dell'accesso nei luoghi di cui al presente comma dovrà essere informato il titolare dell'attività o un suo delegato, che ha il diritto di essere presente, anche con l'assistenza di un difensore di fiducia, e di chiedere che le sue dichiarazioni siano verbalizzate.

     5. In caso di gravi indizi che facciano ritenere che libri, registri, documenti, scritture ed altre prove del fatto dannoso si trovino in locali diversi da quelli indicati nel comma 4, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può chiedere l'autorizzazione per la perquisizione di tali locali all'autorità giudiziaria competente.

     6. È in ogni caso necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente per procedere, durante l'accesso, a perquisizioni personali e all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l'esame dei documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale.

     7. Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte all'interessato o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute, nonché le sue dichiarazioni. Il verbale deve essere sottoscritto dall'interessato o da chi lo rappresenta oppure deve indicare il motivo della mancata sottoscrizione. L'interessato ha diritto di averne copia.

     8. I documenti e le scritture possono essere sequestrati soltanto se non sia possibile riprodurne o farne constare agevolmente il contenuto rilevante nel verbale, nonché in caso di mancata sottoscrizione o di contestazione del contenuto del verbale; tuttavia gli agenti possono sempre acquisire dati con strumenti propri da sistemi meccanografici, telematici, elettronici e simili.

 

     Art. 313. (ordinanza)

     1. Qualora all'esito dell'istruttoria di cui all'articolo 312 sia stato accertato un fatto che abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine fissato.

     2. Qualora il responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto o in parte al ripristino nel termine ingiunto o all'adozione delle misure di riparazione nei termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguire la completa attuazione delle misure anzidette secondo i criteri definiti con il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 311 e, al fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, delle somme corrispondenti [1460].

     3. Con riguardo al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili.

     4. L'ordinanza è adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria, e comunque entro il termine di decadenza di due anni dalla notizia del fatto, salvo quando sia in corso il ripristino ambientale a cura e spese del trasgressore. In tal caso i medesimi termini decorrono dalla sospensione ingiustificata dei lavori di ripristino oppure dalla loro conclusione in caso di incompleta riparazione del danno. Alle attestazioni concernenti la sospensione dei lavori e la loro incompletezza provvede il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito atto di accertamento.

     5. Nei termini previsti dai commi 1 e 3 dell'articolo 2947 del codice civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare ulteriori provvedimenti nei confronti di trasgressori successivamente individuati.

     6. Nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio.

     7. Nel caso di intervenuto risarcimento del danno, sono esclusi, a seguito di azione concorrente da parte di autorità diversa dal Ministro dell'ambiente e della tutela territorio, nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l'operatore interessato. Resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi.

 

     Art. 314. (contenuto dell'ordinanza)

     1. L'ordinanza contiene l'indicazione specifica del fatto, commissivo o omissivo, contestato, nonché degli elementi di fatto ritenuti rilevanti per l'individuazione e la quantificazione del danno e delle fonti di prova per l'identificazione dei trasgressori.

     2. L'ordinanza fissa un termine, anche concordato con il trasgressore in applicazione dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per il ripristino dello stato dei luoghi a sue spese, comunque non inferiore a due mesi e non superiore a due anni, salvo ulteriore proroga da definire in considerazione dell'entità dei lavori necessari.

     3. La quantificazione del danno deve comprendere il pregiudizio arrecato alla situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo ripristino. [Ove non sia motivatamente possibile l'esatta quantificazione del danno non risarcibile in forma specifica, o di parte di esso, il danno per equivalente patrimoniale si presume, fino a prova contraria, di ammontare non inferiore al triplo della somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, oppure alla sanzione penale, in concreto applicata. Se sia stata erogata una pena detentiva, al fine della quantificazione del danno di cui al presente articolo, il ragguaglio fra la stessa e la somma da addebitare a titolo di risarcimento del danno ha luogo calcolando quattrocento euro per ciascun giorno di pena detentiva [1461]].

     4. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza o il provvedimento trasmette copia degli stessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro cinque giorni dalla loro pubblicazione.

     5. Le regioni, le province autonome e gli altri enti territoriali, al fine del risarcimento del danno ambientale, comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le sanzioni amministrative, entro dieci giorni dall'avvenuta irrogazione.

     6. Le ordinanze ministeriali di cui agli articoli 304, comma 3, e 313 indicano i mezzi di ricorso ed i relativi termini.

 

     Art. 315. (effetti dell'ordinanza sull'azione giudiziaria)

     1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che abbia adottato l'ordinanza di cui all'articolo 313 non può né proporre né procedere ulteriormente nel giudizio per il risarcimento del danno ambientale, salva la possibilità dell'intervento in qualità di persona offesa dal reato nel giudizio penale.

 

     Art. 316. (ricorso avverso l'ordinanza)

     1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di cui all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale competente in relazione al luogo nel quale si è prodotto il danno ambientale [1462].

     2. Il trasgressore può far precedere l'azione giurisdizionale dal ricorso in opposizione di cui all'articolo 310, commi 2 e 3.

     3. Il trasgressore può proporre altresì ricorso al Presidente della Repubblica nel termine di centoventi giorni dalla ricevuta notificazione o comunicazione dell'ordinanza o dalla sua piena conoscenza.

 

     Art. 317. (riscossione dei crediti e fondo di rotazione)

     1. Per la riscossione delle somme costituenti credito dello Stato ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto, nell'ammontare determinato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o dal giudice, si applicano le norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

     2. Nell'ordinanza o nella sentenza può essere disposto, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che gli importi dovuti vengano pagati in rate mensili non superiori al numero di venti; ciascuna rata non può essere inferiore comunque ad euro cinquemila.

     3. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

     4. Il mancato adempimento anche di una sola rata alla sua scadenza comporta l'obbligo di pagamento del residuo ammontare in unica soluzione.

     5. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla presente parte sesta, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in conformità alle previsioni della direttiva 2004/35/CE ed agli obblighi da essa derivanti [1463].

     6. [Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al predetto fondo di rotazione, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione] [1464].

 

     Art. 318. (norme transitorie e finali)

     1. Nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 317, comma 6, continua ad applicarsi il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 ottobre 2003.

     2. Sono abrogati:

     a) l'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, ad eccezione del comma 5;

     b) l'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

     c) l'articolo 1, commi 439, 440, 441, 442 e 443 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

     3. In attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2004/35/CE, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, sono adottate misure per la definizione di idonee forme di garanzia e per lo sviluppo dell'offerta dei relativi strumenti, in modo da consentirne l'utilizzo da parte degli operatori interessati ai lini dell'assolvimento delle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della parte sesta del presente decreto.

     4. Quando un danno ambientale riguarda o può riguardare una pluralità di Stati membri dell'Unione europea, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare coopera, anche attraverso un appropriato scambio di informazioni, per assicurare che sia posta in essere un'azione di prevenzione e, se necessario, di riparazione di tale danno ambientale. In tale ipotesi, quando il danno ambientale ha avuto origine nel territorio italiano, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fornisce informazioni sufficienti agli Stati membri potenzialmente esposti ai suoi effetti. Se il Ministro individua entro i confini del territorio nazionale un danno la cui causa sì è invece verificata al di fuori di tali confini, esso ne informa la Commissione europea e qualsiasi altro Stato membro interessato; il Ministro può raccomandare l'adozione di misure di prevenzione o di riparazione e può cercare, ai sensi della parte sesta del presente decreto, di recuperare i costi sostenuti in relazione all'adozione delle misure di prevenzione o riparazione.

 

Parte Sesta-bis. [1465]

Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale.

 

     Art. 318 bis. (Ambito di applicazione). [1466]

     1. Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

 

     Art. 318 ter. (Prescrizioni). [1467]

     1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un'apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall'ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero.

     2. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore.

     3. Con la prescrizione l'organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose.

     4. Resta fermo l'obbligo dell'organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale.

     4-bis. Con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti gli importi da corrispondere a carico del contravventore per l'attività di asseverazione tecnica fornita dall'ente specializzato competente nella materia cui si riferisce la prescrizione di cui al comma 1, quando diverso dall'organo di vigilanza che l'ha rilasciata, ovvero, in alternativa, per la redazione della prescrizione rilasciata, previo sopralluogo e in assenza di asseverazione, dallo stesso organo accertatore, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 55 del codice di procedura penale quando si tratti di ente diverso da un corpo od organo riconducibile a un'amministrazione statale [1468].

 

     Art. 318 quater. (Verifica dell'adempimento). [1469]

     1. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell'articolo 318-ter, l'organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.

     2. Quando risulta l'adempimento della prescrizione, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini dell'estinzione del reato, destinata all'entrata del bilancio dello Stato, unitamente alla somma dovuta ai sensi del dell'articolo 318-ter, comma 4-bis. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione nonchè l'eventuale pagamento della somma dovuta ai fini dell'estinzione del reato e di quella da corrispondere, ai sensi dell'articolo 318-ter, comma 4-bis, per la redazione della prescrizione o, in alternativa, per il rilascio dell'asseverazione tecnica. Gli importi di cui all'articolo 318-ter, comma 4-bis, sono riscossi dall'ente accertatore e sono destinati al potenziamento delle attività di controllo e verifica ambientale svolte dai predetti organi ed enti [1470].

     3. Quando risulta l'inadempimento della prescrizione, l'organo accertatore ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.

 

     Art. 318 quinquies. (Notizie di reato non pervenute dall'organo accertatore). [1471]

     1. Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne dà comunicazione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinchè provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater.

     2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informano il pubblico ministero della propria attività senza ritardo.

 

     Art. 318 sexies. (Sospensione del procedimento penale). [1472]

     1. Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente decreto.

     2. Nel caso previsto dall'articolo 318-quinquies, comma 1, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato al comma 1 del presente articolo.

     3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio, nè gli atti urgenti di indagine preliminare, nè il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.

 

     Art. 318 septies. (Estinzione del reato). [1473]

     1. La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'articolo 318-quater, comma 2.

     2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del comma 1.

     3. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 318-quater, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

 

     Art. 318 octies. (Norme di coordinamento e transitorie). [1474]

     1. Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte.

 

 

ALLEGATI ALLA PARTE II [1475]

 

Allegato I

Criteri per la verifica di assoggettabilità di piani e programmi di cui all’articolo 12.

 

1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

• in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l’ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse;

• in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati;

• la pertinenza del piano o del programma per l’integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile;

• problemi ambientali pertinenti al piano o al programma;

• la rilevanza del piano o del programma per l’attuazione della normativa comunitaria nel settore dell’ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque).

2. Caratteristiche degli impatti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:

• probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli impatti;

• carattere cumulativo degli impatti;

• natura transfrontaliera degli impatti;

• rischi per la salute umana o per l’ambiente (ad es. in caso di incidenti);

• entità ed estensione nello spazio degli impatti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate);

• valore e vulnerabilità dell’area che potrebbe essere interessata a causa:

- delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale;

- del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite dell’utilizzo intensivo del suolo;

- impatti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.

 

     ALLEGATO I-bis [1476]

     Opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. (PNIEC), predisposto in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999.

     1 Dimensione della decarbonizzazione

     1.1 Infrastrutture per il phase out della generazione elettrica alimentata a carbone

     1.1.1 Riconversione e/o dismissione delle centrali alimentate a carbone;

     1.1.2 Nuovi impianti termoelettrici alimentati attraverso gas naturale per le esigenze di nuova potenza programmabile, con prevalente funzione di adeguatezza, regolazione e riserva connessi alle esigenze del sistema elettrico derivanti dalla chiusura delle centrali alimentate a carbone

     1.1.3 Infrastrutture di reloading, trasporto via nave, stoccaggio e rigassificazione necessarie a consentire il phase out dalla generazione a carbone e la decarbonizzazione delle industrie in Sardegna.

     1.2 Nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili, residui e rifiuti, nonchè ammodernamento, integrali ricostruzioni, riconversione e incremento della capacità esistente, relativamente a:

     1.2.1 Generazione di energia elettrica: impianti idroelettrici, geotermici, eolici e fotovoltaici (in terraferma e in mare), solari a concentrazione, produzione di energia dal mare e produzione di bioenergia da biomasse solide, bioliquidi, biogas, residui e rifiuti;

     1.2.2 Generazione di energia termica: impianti geotermici, solare termico e a concentrazione, produzione di energia da biomasse solide, bioliquidi, biogas, biometano, residui e rifiuti;

     1.2.3 Produzione di carburanti sostenibili: biocarburanti e biocarburanti avanzati, biometano e biometano avanzato (compreso l'upgrading del biogas e la produzione di BioLNG da biometano), syngas, carburanti rinnovabili non biologici (idrogeno, e-fuels), carburanti da carbonio riciclato (recycled carbon fuels).

     1.3 Infrastrutture e impianti per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio di idrogeno

     1.3.1 Impianti di produzione di idrogeno;

     1.3.2 Impianti di Power-to-X;

     1.3.3 Infrastrutture di trasporto di idrogeno;

     1.3.4 Infrastrutture di stoccaggio di idrogeno.

     1.4 Altre opere funzionali alla decarbonizzazione del sistema energetico e dell'industria

     1.4.1 Costruzione di impianti di rifornimento di combustibili alternativi (per il trasporto stradale, aereo e navale), nonchè ristrutturazione totale o parziale di impianti esistenti con incluso l'annesso stoccaggio, per:

     a. Ricarica elettrica;

     b. Rifornimento Idrogeno (per utilizzo con Fuel cell, motori endotermici e vettori derivati, quali ammoniaca);

     c. Rifornimento Gas Naturale Compresso / Gas Naturale Compresso di origine Biologica;

     d. Rifornimento Gas Naturale Liquefatto / Gas Naturale Liquefatto di origine biologica;

     e. Rifornimento Gas di Petrolio Liquefatto / Gas di Petrolio Liquefatto di origine biologica;

     f. Biocarburanti in purezza;

     1.4.2 Impianti di riconversione del ciclo produttivo finalizzati a ridurre le emissioni da parte del settore industriale, ivi compresa la cattura, trasporto, utilizzo e/o stoccaggio della CO2.

     2 Dimensione dell'efficienza energetica

     2.1 Riqualificazione energetica profonda di zone industriali o produttive, aree portuali, urbane e commerciali;

     2.2 Reti di telecalore / teleriscaldamento / teleraffrescamento;

     2.3 Impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR);

     2.4 Impianti di Recupero di calore di scarto.

     3 Dimensione della sicurezza energetica

     3.1 Settore elettrico

     3.1.1 Sviluppo rete di trasmissione nazionale:

     a. elettrodotti funzionali al collegamento internazionale e interconnector;

     b. elettrodotti e opere funzionali al collegamento tra zone di mercato nazionali e alla riduzione delle congestioni intrazonali e dei vincoli di capacità produttiva;

     c. opere funzionali all'incremento dell'adeguatezza e della sicurezza del sistema e di regolazione dei parametri di frequenza, tensione e potenza di corto circuito;

     d. aumento della resilienza delle reti anche verso fenomeni meteorologici estremi a tutela della continuità delle forniture e della sicurezza di persone e cose;

     3.1.2 Riqualificazione delle reti di distribuzione:

     a. Cabine primarie e secondarie;

     b. Linee elettriche Bassa e Media Tensione;

     c. Telecontrollo e Metering.

     3.1.3 Sviluppo capacità di accumulo elettrochimico e pompaggio

     a. Installazione di sistemi di accumulo elettrochimici e pompaggi

     3.2 Settore gas

     3.2.1 Miglioramento della flessibilità della rete nazionale e regionale di trasporto, , e ammodernamento delle stesse reti finalizzato all' aumento degli standard di sicurezza e controllo;

     3.2.1-bis. Opere e infrastrutture finalizzate all'incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione [1477];

     3.2.2 Impianti per l'integrazione delle fonti di gas rinnovabili attraverso l'utilizzo delle infrastrutture esistenti del sistema gas per il relativo trasporto, stoccaggio e distribuzione;

     3.2.3 Impianti per la diversificazione della capacità di importazione;

     3.2.4 Infrastrutture di stoccaggio, trasporto e distribuzione di GNL di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, nonchè impianti di liquefazione di GNL, finalizzati alla riduzione di emissioni di CO2 rispetto ad altre fonti fossili, e relative modifiche degli impianti esistenti;

     3.2.5 Infrastrutture di stoccaggio, trasporto e distribuzione di GPL di cui all'articolo 57 del Decreto-Legge del 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 finalizzate alla riduzione di emissioni di CO2 rispetto ad altre fonti fossili.

     3.3 Settore dei prodotti petroliferi

     3.3.1 Interventi per la riconversione delle raffinerie esistenti e nuovi impianti per la produzione di prodotti energetici derivanti da fonti rinnovabili, residui e rifiuti, nonchè l'ammodernamento e l'incremento della capacità esistente anche finalizzata alla produzione di carburanti rinnovabili non biologici (idrogeno, e-fuels), carburanti da carbonio riciclato (recycled carbon fuels);

     3.3.2 Interventi di decommissioning delle piattaforme di coltivazione di idrocarburi ed infrastrutture connesse.

 

Allegato II [1478]

Progetti di competenza statale

 

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi, nonché terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto.

2) Installazioni relative a:

- centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;

- centrali per la produzione dell’energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti;

- impianti per l’estrazione dell’amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell’amianto e dei prodotti contenenti amianto;

- centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smaltellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica);

- impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;

- impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW, calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il medesimo punto di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità ambientale;

- impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il medesimo punto di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità ambientale [1479].

3) Impianti destinati:

- al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati;

- alla produzione o all’arricchimento di combustibili nucleari;

- al trattamento di combustibile nucleare irradiato o di residui altamente radioattivi;

- allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati;

- esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi;

- esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o di residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione;

- al trattamento e allo stoccaggio di residui radioattivi (impianti non compresi tra quelli già individuati nel presente punto), qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20 [1480].

4) [Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri] [1481].

4-bis) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km [1482];

4-ter) [Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20] [1483].

5) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio.

6) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:

- per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie [1] di seguito indicate:

[1] Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un’unica riga.

 

Classe di prodotto

Soglie [*] (Gg/anno)

a) Idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici)

200

b) Idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi

200

c) Idrocarburi solforati

100

d) Idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati

100

e) Idrocarburi fosforosi

100

f) Idrocarburi alogenati

100

g) Composti organometallici

100

h) Materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa)

100

i) Gomme sintetiche

100

 

- per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie [2] di seguito indicate:

 

[2] Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un’unica riga.

 

Classe di prodotto

Soglie [*] (Gg/anno)

j) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile

100

k) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati

100

 

l) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio

- per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) con capacità produttiva complessiva annua superiore a 300 milioni di chilogrammi (intesa come somma delle capacità produttive relative ai singoli composti elencati nella presente classe di prodotto).

6-bis) Impianti chimici integrati per la produzione di idrogeno verde ovvero rinnovabile, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di idrogeno verde ovvero rinnovabile, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra loro [1484].

7) perforazione di pozzi finalizzati alla ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma e in mare;

7.1) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m³ al giorno per il gas naturale;

7.2) rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun o esplosivo [1485].

7-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare.

7-ter) Attività di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio [1486].

7-quater). Impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, nonchè attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare [1487].

7-quinquies) attività di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali:

     minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti;

     grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose;

     sostanze radioattive [1488].

8) Stoccaggio:

     di petrolio con capacità complessiva superiore a 40.000 m3; di prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacità complessiva superiore a 200.000 tonnellate;

     superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 40.000 m³;

     sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacità complessiva superiore a 80.000 m³;

     di prodotti di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale liquefatto con capacità complessiva superiore a 20.000 m³;

     di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 tonnellate [1489].

9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici e per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2 ) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta [1490].

10) Opere relative a:

- tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 metri di lunghezza;

- autostrade e strade extraurbane principali;

- strade extraurbane a quattro o più corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o più corsie, con una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km;

- parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5ha, localizzati nei centri storici o in aree soggette a vincoli paesaggistici decretati con atti ministeriali o facenti parte dei siti UNESCO [1491].

11) Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, nonchè porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti, collegati con la terraferma e l’esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse [1492].

12) Interventi per la difesa del mare:

- terminali per il carico e lo scarico degli idrocarburi e sostanze pericolose;

- piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi;

- condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi;

- sfruttamento minerario piattaforma continentale.

13) Impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d’invaso superiore ad 1.000.000 m3, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d’invaso superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati [1493].

14) Trivellazioni in profondità per lo stoccaggio dei residui nucleari.

15) Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240 successive modifiche, comunque comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione.

16) Opere ed interventi relativi a trasferimenti d’acqua che prevedano o possano prevedere trasferimento d’acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183.

17) Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei naturali in unità geologiche profonde e giacimenti esauriti di idrocarburi, nonchè siti per lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio [1494].

17-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO 2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato e nell'allegato III al presente decreto o impianti di cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato è pari ad almeno 1,5 milioni di tonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio [1495];

17-ter) [Impianti di desalinizzazione] [1496];

18) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.

 

     ALLEGATO II-BIS [1497]

     Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza statale

 

     1. Industria energetica ed estrattiva:

     a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;

     b) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;

     c) impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni;

     d) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.

     2. Progetti di infrastrutture:

     a) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;

     b) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili;

     c) strade extraurbane secondarie di interesse nazionale;

     d) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;

     e) aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II);

     f) porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri;

     g) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m³ al giorno per il gas naturale;

     h) modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato II, o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell'allegato II).

 

Allegato III [1498]

Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano

 

a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari.

b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo.

c) [Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW] [1499];

c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19 [1500];

d) Impianti industriali destinati:

- alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

- alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno.

e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:

- per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base (progetti non inclusi nell’Allegato II);

- per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell’Allegato II);

- per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) (progetti non inclusi nell’Allegato II);

- per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;

- per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;

- per la fabbricazione di esplosivi.

f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate.

g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate.

h) [Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 m3] [1501].

h-bis) [Stoccaggio di gas naturale liquefatto, con capacità complessiva superiore a 20000 metri cubi] [1502];

i) Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno.

l) [Porti turistici e da diporto quando lo specchio d’acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri] [1503].

m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’Allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all’Allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

n) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all’Allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed all’Allegato C, lettere R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

o) Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D13 e D14, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3 (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152): discariche di rifiuti speciali non pericolosi (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo n. 152/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva sino a 100.000 m3.

q) Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all’Allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.000 abitanti equivalenti.

s) Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o di un’area interessata superiore a 20 ettari.

t) Dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacità superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati [1504].

u) Attività di coltivazione sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’art. 2, comma 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, fatta salva la disciplina delle acque minerali e termali di cui alla precedente lettera b) [1505];

v) Attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni [1506].

z) [Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km] [1507].

aa) Impianti di smaltimento di rifiuti mediante operazioni di iniezione in profondità, lagunaggio, scarico di rifiuti solidi nell’ambiente idrico, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino, deposito permanente (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D3, D4, D6, D7 e D12, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

ab) [Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3] [1508].

ac) Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:

- 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000 posti per galline;

- 3.000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o

- 900 posti per scrofe.

ad) Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici.

ae) Sistemi di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua ricaricata sia superiore a 10 milioni di metri cubi.

af) Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno. In tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 2.000 milioni di metri cubi all’anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5% di detta erogazione.

In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni.

af-bis) strade urbane di scorrimento [1509].

ag) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato.

 

Allegato IV [1510]

Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano

 

1. Agricoltura

a) Cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari;

b) iniziale forestazione di una superficie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari;

c) impianti per l’allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all’allevamento.

Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini;

d) progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari;

e) impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari [1511];

f) progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari.

 

2. Industria energetica ed estrattiva:

a) attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, incluse le relative attività minerarie, fatta salva la disciplina delle acque minerali e termali di cui alla lettera b) dell'allegato III alla parte seconda [1512];

b) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW;

c) impianti industriali per il trasporto del vapore e dell'acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;

d) impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW;

e) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;

f) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;

g) impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile e di minerali metallici nonchè di scisti bituminose;

h) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'articolo 166 del presente decreto ed all'articolo 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW, ovvero 1.000 kW per i soli impianti idroelettrici realizzati su condotte esistenti senza incremento nè della portata esistente nè del periodo in cui ha luogo il prelievo e realizzati su edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche alle destinazioni d'uso, non riguardino parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici [1513];

i) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone [1514].

 

3. Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali

a) Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metalliferi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

b) impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria) compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all’ora;

c) impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

- laminazione a caldo con capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all’ora;

- forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifera è superiore a 20 MW;

- applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all’ora;

d) fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;

e) impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia) con una capacità di fusione superiore a 10 tonnellate per il piombo e il cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno;

f) impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento abbiano un volume superiore a 30 m3;

g) impianti di costruzione e montaggio di auto e motoveicoli e costruzione dei relativi motori; impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili; costruzione di materiale ferroviario e rotabile che superino 10.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

h) cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari;

i) imbuttitura di fondo con esplosivi che superino 5.000 m2di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

l) cokerie (distillazione a secco di carbone);

m) fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo;

n) impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;

o) impianti per la produzione di vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;

p) impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.

 

4. Industria dei prodotti alimentari

a) Impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno;

b) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno su base trimestrale;

c) impianti per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari con capacità di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base annua;

d) impianti per la produzione di birra o malto con capacità di produzione superiore a 500.000 hl/anno;

e) impianti per la produzione di dolciumi e sciroppi che superino 50.000 m3 di volume;

f) macelli aventi una capacità di produzione di carcasse superiori a 50 tonnellate al giorno e impianti per l’eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno;

g) impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce con capacità di lavorazione superiore a 50.000 q/anno di prodotto lavorato;

h) molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria dei prodotti alimentari per zootecnia che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

i) zuccherifici, impianti per la produzione di lieviti con capacità di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di barbabietole.

 

5. Industria dei tessili, del cuoio, del legno, della carta

a) Impianti di fabbricazione di pannelli di fibre, pannelli di particelle e compensati, di capacità superiore alle 50.000 t/anno di materie lavorate;

b) impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni di capacità superiore a 50 tonnellate al giorno;

c) impianti per il pretrattamento (operazioni quali il lavaggio, l’imbianchimento, la mercerizzazione) o la tintura di fibre, di tessili, di lana la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno;

d) impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno.

 

6. Industria della gomma e delle materie plastiche

a) Fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate.

 

7. Progetti di infrastrutture

a) Progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;

b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 «Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59»; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto;

c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonché impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1.800 persone;

d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonché le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo;

e) [interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali] [1515];

f) [porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili] [1516];

g) [strade extraurbane secondarie] [1517];

h) strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III [1518];

i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale;

l) sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di passeggeri;

m) [acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km] [1519];

n) opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare;

o) opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d'acqua [1520];

p) [aeroporti] [1521];

q) [porti turistici e da diporto, quando lo specchio d’acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti] [1522];

r) impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D13 e D14 del decreto legislativo n. 152/2006);

s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

t) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m3 oppure con capacità superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all’Allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all’Allegato B, lettere D1 e D5, della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

v) impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti;

z) [elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km] [1523].

z.a) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’Allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’Allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

z.b) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all’Allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ad esclusione degli impianti mobili volti al recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalle operazioni di costruzione e demolizione, qualora la campagna di attività abbia una durata inferiore a novanta giorni, e degli altri impianti mobili di trattamento dei rifiuti non pericolosi, qualora la campagna di attività abbia una durata inferiore a trenta giorni. Le eventuali successive campagne di attività sul medesimo sito sono sottoposte alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA qualora le quantità siano superiori a 1.000 metri cubi al giorno [1524].

 

8. Altri progetti

a) Villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricadenti all’interno di centri abitati;

b) piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore;

c) centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro;

d) banchi di prova per motori, turbine, reattori quando l’area impegnata supera i 500 m2;

e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate;

g) stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 1.000 m3;

h) recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari;

i) cave e torbiere;

l) trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate;

m) produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 10.000 t/anno in materie prime lavorate;

n) depositi di fanghi, compresi quelli provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con capacità superiore a 10.000 metri cubi [1525];

o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive;

p) stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno;

q) terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari;

r) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari;

s) progetti di cui all’Allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per più di due anni;

s-bis) Impianti di desalinizzazione con capacità pari o superiore a 200 l/s [1526];

t) modfiiche o estensioni di progetti di cui all’Allegato III o all’Allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’Allegato III).

 

     ALLEGATO IV-BIS [1527]

     Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo 19

 

     1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:

     a) la descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto e, ove pertinente, dei lavori di demolizione;

     b) la descrizione della localizzazione del progetto, in particolare per quanto riguarda la sensibilità ambientale delle aree geografiche che potrebbero essere interessate.

     2. La descrizione delle componenti dell'ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante.

     3. La descrizione di tutti i probabili effetti rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano disponibili, risultanti da:

     a) i residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove pertinente;

     b) l'uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità.

     4. Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si tiene conto, se del caso, dei criteri contenuti nell'allegato V.

     5. Lo Studio Preliminare Ambientale tiene conto, se del caso, dei risultati disponibili di altre pertinenti valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base alle normative europee, nazionali e regionali e può contenere una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi.

 

     ALLEGATO V [1528]

     Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19

 

     1. Caratteristiche dei progetti.

     Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

     a) delle dimensioni e della concezione dell'insieme del progetto;

     b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;

     c) dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;

     d) della produzione di rifiuti;

     e) dell'inquinamento e disturbi ambientali;

     f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento climatico, in base alle conoscenze scientifiche;

     g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione dell'acqua o all'inquinamento atmosferico.

     2. Localizzazione dei progetti.

     Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

     a) dell'utilizzazione del territorio esistente e approvato;

     b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e biodiversità) e del relativo sottosuolo;

     c) della capacità di carico dell'ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

     c1) zone umide, zone riparie, foci dei fiumi;

     c2) zone costiere e ambiente marino;

     c3) zone montuose e forestali;

     c4) riserve e parchi naturali;

     c5) zone classificate o protette dalla normativa nazionale; i siti della rete Natura 2000;

     c6) zone in cui si è già verificato, o nelle quali si ritiene che si possa verificare, il mancato rispetto degli standard di qualità ambientale pertinenti al progetto stabiliti dalla legislazione dell'Unione;

     c7) zone a forte densità demografica;

     c8) zone di importanza paesaggistica, storica, culturale o archeologica;

     c9) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

     3. Tipologia e caratteristiche dell'impatto potenziale.

     I potenziali impatti ambientali dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento ai fattori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto, e tenendo conto, in particolare:

     a) dell'entità ed estensione dell'impatto quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, area geografica e densità della popolazione potenzialmente interessata;

     b) della natura dell'impatto;

     c) della natura transfrontaliera dell'impatto;

     d) dell'intensità e della complessità dell'impatto;

     e) della probabilità dell'impatto;

     f) della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell'impatto;

     g) del cumulo tra l'impatto del progetto in questione e l'impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;

     h) della possibilità di ridurre l'impatto in modo efficace.

 

Allegato VI

Contenuti del rapporto ambientale di cui all’art. 13.

Le informazioni da fornire con i rapporti ambientali che devono accompagnare le proposte di piani e di programmi sottoposti a valutazione ambientale strategica sono:

a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;

b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell’ambiente e sua evoluzione probabile senza l’attuazione del piano o del programma;

c) caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;

d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e dalla flora e della fauna selvatica, nonché i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;

f) possibili impatti significativi sull’ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l’interrelazione tra i suddetti fattori. Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi;

g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull’ambiente dell’attuazione del piano o del programma;

h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste;

i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione dei piani o del programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare;

j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.

 

     ALLEGATO VII [1529]

     Contenuti dello Studio di Impatto Ambientale di cui all'articolo 22

 

     1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:

     a) la descrizione dell'ubicazione del progetto, anche in riferimento alle tutele e ai vincoli presenti;

     b) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto, compresi, ove pertinenti, i lavori di demolizione necessari, nonchè delle esigenze di utilizzo del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;

     c) una descrizione delle principali caratteristiche della fase di funzionamento del progetto e, in particolare dell'eventuale processo produttivo, con l'indicazione, a titolo esemplificativo e non esaustivo, del fabbisogno e del consumo di energia, della natura e delle quantità dei materiali e delle risorse naturali impiegate (quali acqua, territorio, suolo e biodiversità);

     d) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, inquinamento dell'acqua, dell'aria, del suolo e del sottosuolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione, e della quantità e della tipologia di rifiuti prodotti durante le fasi di costruzione e di funzionamento;

     e) la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l'utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili.

     2. Una descrizione delle principali alternative ragionevoli del progetto (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelle relative alla concezione del progetto, alla tecnologia, all'ubicazione, alle dimensioni e alla portata) prese in esame dal proponente, compresa l'alternativa zero, adeguate al progetto proposto e alle sue caratteristiche specifiche, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale, e la motivazione della scelta progettuale, sotto il profilo dell'impatto ambientale, con una descrizione delle alternative prese in esame e loro comparazione con il progetto presentato.

     3. La descrizione degli aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente (scenario di base) e una descrizione generale della sua probabile evoluzione in caso di mancata attuazione del progetto, nella misura in cui i cambiamenti naturali rispetto allo scenario di base possano essere valutati con uno sforzo ragionevole in funzione della disponibilità di informazioni ambientali e conoscenze scientifiche.

     4. Una descrizione dei fattori specificati all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto potenzialmente soggetti a impatti ambientali dal progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, salute umana, biodiversità (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, fauna e flora), al territorio (quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sottrazione del territorio), al suolo (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, erosione, diminuzione di materia organica, compattazione, impermeabilizzazione), all'acqua (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, modificazioni idromorfologiche, quantità e qualità), all'aria, ai fattori climatici (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, emissioni di gas a effetto serra, gli impatti rilevanti per l'adattamento), ai beni materiali, al patrimonio culturale, al patrimonio agroalimentare, al paesaggio, nonchè all'interazione tra questi vari fattori.

     5. Una descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l'altro:

     a) alla costruzione e all'esercizio del progetto, inclusi, ove pertinenti, i lavori di demolizione;

     b) all'utilizzazione delle risorse naturali, in particolare del territorio, del suolo, delle risorse idriche e della biodiversità, tenendo conto, per quanto possibile, della disponibilità sostenibile di tali risorse;

     c) all'emissione di inquinanti, rumori, vibrazioni, luce, calore, radiazioni, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti;

     d) ai rischi per la salute umana, il patrimonio culturale, il paesaggio o l'ambiente (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, in caso di incidenti o di calamità);

     e) al cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati, tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti, relative all'uso delle risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto;

     f) all'impatto del progetto sul clima (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, natura ed entità delle emissioni di gas a effetto serra) e alla vulnerabilità del progetto al cambiamento climatico;

     g) alle tecnologie e alle sostanze utilizzate.

     La descrizione dei possibili impatti ambientali sui fattori specificati all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto include sia effetti diretti che eventuali effetti indiretti, secondari, cumulativi, transfrontalieri, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto. La descrizione deve tenere conto degli obiettivi di protezione dell'ambiente stabiliti a livello di Unione o degli Stati membri e pertinenti al progetto.

     6. La descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per individuare e valutare gli impatti ambientali significativi del progetto, incluse informazioni dettagliate sulle difficoltà incontrate nel raccogliere i dati richiesti (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, carenze tecniche o mancanza di conoscenze) nonchè sulle principali incertezze riscontrate.

     7. Una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire, ridurre o, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi identificati del progetto e, ove pertinenti, delle eventuali disposizioni di monitoraggio (quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la preparazione di un'analisi ex post del progetto). Tale descrizione deve spiegare in che misura gli impatti ambientali significativi e negativi sono evitati, prevenuti, ridotti o compensati e deve riguardare sia le fasi di costruzione che di funzionamento.

     8. La descrizione degli elementi e dei beni culturali e paesaggistici eventualmente presenti, nonchè dell'impatto del progetto su di essi, delle trasformazioni proposte e delle misure di mitigazione e compensazione eventualmente necessarie.

     9. Una descrizione dei previsti impatti ambientali significativi e negativi del progetto, derivanti dalla vulnerabilità del progetto ai rischi di gravi incidenti e/o calamità che sono pertinenti per il progetto in questione. A tale fine potranno essere utilizzate le informazioni pertinenti disponibili, ottenute sulla base di valutazioni del rischio effettuate in conformità della legislazione dell'Unione (a titolo e non esaustivo la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio o la direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio), ovvero di valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione nazionale, a condizione che siano soddisfatte le prescrizioni del presente decreto. Ove opportuno, tale descrizione dovrebbe comprendere le misure previste per evitare o mitigare gli impatti ambientali significativi e negativi di tali eventi, nonchè dettagli riguardanti la preparazione a tali emergenze e la risposta proposta.

     10. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei punti precedenti.

     11. Un elenco di riferimenti che specifichi le fonti utilizzate per le descrizioni e le valutazioni incluse nello Studio di Impatto Ambientale.

     12. Un sommario delle eventuali difficoltà, quali lacune tecniche o mancanza di conoscenze, incontrate dal proponente nella raccolta dei dati richiesti e nella previsione degli impatti di cui al punto 5.

 

ALLEGATO VIII ALLA PARTE SECONDA [1530]

     Inquadramento generale

     A- Le installazioni, gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nel Titolo III-bis alla Parte Seconda.

     B- I valori soglia riportati di seguito si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attività elencate alla medesima voce in una stessa installazione o in una stessa località, si sommano le capacità di tali attività. Per le attività di gestione dei rifiuti, tale calcolo si applica al livello delle attività 5.1 e 5.3, lettere a) e b).

     C - Nell'ambito delle categorie di attività di cui al punto 4 (industria chimica), si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica o biologica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

     D- In mancanza di specifici indirizzi interpretativi emanati ai sensi dell'articolo 29-quinquies e di linee guida interpretative emanate dalla Commissione Europea, le autorità competenti valuteranno autonomamente:

     a) il rapporto tra le attività di gestione dei rifiuti descritte nel presente Allegato e quelle descritte agli Allegati B e C alla Parte Quarta; e

     b) l'interpretazione del termine "scala industriale" in riferimento alle attività dell'industria chimica descritte nel presente Allegato.

     Categorie di attività di cui all'articolo 6, comma 13.

     1. Attività energetiche

     1.1. Combustione di combustibili in installazione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW

     1.2. Raffinazione di petrolio e di gas

     1.3. Produzione di coke

     1.4. Gassificazione o liquefazione di:

     a) carbone;

     b) altri combustibili in installazioni con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 20 MW.

     1.4-bis attività svolte su terminali di rigassificazione e altre installazioni localizzate in mare su piattaforme off-shore, esclusi quelli che non effettuino alcuno scarico (ai sensi del Capo II del Titolo IV alla Parte Terza) e le cui emissioni in atmosfera siano esclusivamente riferibili ad impianti ed attività scarsamente rilevanti di cui alla Parte I dell'Allegato IV alla Parte Quinta.

     2. Produzione e trasformazione dei metalli

     2.1. Arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati

     2.2. Produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 Mg all'ora

     2.3. Trasformazione di metalli ferrosi mediante:

     a) attività di laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 Mg di acciaio grezzo all'ora;

     b) attività di forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorchè la potenza calorifica è superiore a 20 MW;

     c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 Mg di acciaio grezzo all'ora.

     2.4. Funzionamento di fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno.

     2.5. Lavorazione di metalli non ferrosi:

     a) produzione di metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonchè concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

     b) fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero e funzionamento di fonderie di metalli non ferrosi, con una capacità di fusione superiore a 4 Mg al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 Mg al giorno per tutti gli altri metalli;

     2.6. Trattamento di superficie di metalli o materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m³.

     3. Industria dei prodotti minerali

     3.1. Produzione di cemento, calce viva e ossido di magnesio

     a) Produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 Mg al giorno oppure altri forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno;

     b) produzione di calce viva in forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno;

     c) produzione di ossido di magnesio in forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno.

     3.2. Produzione di amianto o fabbricazione di prodotti dell'amianto

     3.3. Fabbricazione del vetro compresa la produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 Mg al giorno

     3.4. Fusione di sostanze minerali compresa la produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 Mg al giorno

     3.5. Fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane con una capacità di produzione di oltre 75 Mg al giorno.

     4. Industria chimica

     4.1. Fabbricazione di prodotti chimici organici, e in particolare:

     a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);

     b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri e miscele di esteri, acetati, eteri, perossidi e resine epossidiche;

     c) idrocarburi solforati;

     d) idrocarburi azotati, segnatamente amine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

     e) idrocarburi fosforosi;

     f) idrocarburi alogenati;

     g) composti organometallici;

     h) materie plastiche (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);

     i) gomme sintetiche;

     l) sostanze coloranti e pigmenti;

     m) tensioattivi e agenti di superficie.

     4.2. Fabbricazione di prodotti chimici inorganici, e in particolare:

     a) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro e fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

     b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

     c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;

     d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;

     e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.

     4.3. Fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)

     4.4. Fabbricazione di prodotti fitosanitari o di biocidi

     4.5. Fabbricazione di prodotti farmaceutici compresi i prodotti intermedi

     4.6. Fabbricazione di esplosivi

     5. Gestione dei rifiuti

     5.1. Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacità di oltre 10 Mg al giorno, che comporti il ricorso ad una o più delle seguenti attività:

     a) trattamento biologico;

     b) trattamento fisico-chimico;

     c) dosaggio o miscelatura prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2;

     d) ricondizionamento prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2;

     e) rigenerazione/recupero dei solventi;

     f) rigenerazione/recupero di sostanze inorganiche diverse dai metalli o dai composti metallici;

     g) rigenerazione degli acidi o delle basi;

     h) recupero dei prodotti che servono a captare le sostanze inquinanti;

     i) recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;

     j) rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;

     k) lagunaggio.

     5.2. Smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento dei rifiuti o in impianti di coincenerimento dei rifiuti:

     a) per i rifiuti non pericolosi con una capacità superiore a 3 Mg all'ora;

     b) per i rifiuti pericolosi con una capacità superiore a 10 Mg al giorno.

     5.3.

     a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:

     1) trattamento biologico;

     2) trattamento fisico-chimico;

     3) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;

     4) trattamento di scorie e ceneri;

     5) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

     b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:

     1) trattamento biologico;

     2) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;

     3) trattamento di scorie e ceneri;

     4) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.

     Qualora l'attività di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacità di siffatta attività è fissata a 100 Mg al giorno.

     5.4. Discariche, che ricevono più di 10 Mg di rifiuti al giorno o con una capacità totale di oltre 25000 Mg, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.

     5.5. Accumulo temporaneo di rifiuti pericolosi non contemplati al punto 5.4 prima di una delle attività elencate ai punti 5.1, 5.2, 5.4 e 5.6 con una capacità totale superiore a 50 Mg, eccetto il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti.

     5.6. Deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi con una capacità totale superiore a 50 Mg.

     6. Altre attività

     6.1. Fabbricazione in installazioni industriali di:

     a) pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

     b) carta o cartoni con capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno;

     c) uno o più dei seguenti pannelli a base di legno: pannelli a fibre orientate (pannelli OSB), pannelli truciolari o pannelli di fibre, con una capacità di produzione superiore a 600 m³ al giorno.

     6.2. Pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o tintura di fibre tessili o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 Mg al giorno.

     6.3. Concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 Mg al giorno di prodotto finito.

     6.4.

     a) Funzionamento di macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 Mg al giorno;

     b) Escluso il caso in cui la materia prima sia esclusivamente il latte, trattamento e trasformazione, diversi dal semplice imballo, delle seguenti materie prime, sia trasformate in precedenza sia non trasformate destinate alla fabbricazione di prodotti alimentari o mangimi da:

     1) solo materie prime animali (diverse dal semplice latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 Mg al giorno;

     2) solo materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 Mg al giorno o 600 Mg al giorno se l'installazione è in funzione per un periodo non superiore a 90 giorni consecutivi all'anno;

     3) materie prime animali e vegetali, sia in prodotti combinati che separati, quando, detta "A" la percentuale (%) in peso della materia animale nei prodotti finiti, la capacità di produzione di prodotti finiti in Mg al giorno è superiore a;

     - 75 se A è pari o superiore a 10; oppure

     - [300 - (22,5 × A)] in tutti gli altri casi

     L'imballaggio non è compreso nel peso finale del prodotto.

     c) Trattamento e trasformazione esclusivamente del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 Mg al giorno (valore medio su base annua).

     6.5. Lo smaltimento o il riciclaggio di carcasse o di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 Mg al giorno.

     6.6. Allevamento intensivo di pollame o di suini:

     a) con più di 40000 posti pollame;

     b) con più di 2000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o

     c) con più di 750 posti scrofe.

     6.7. Trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solventi organici superiore a 150 kg all'ora o a 200 Mg all'anno.

     6.8. Fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

     6.9. Cattura di flussi di CO2 provenienti da installazioni che rientrano nel presente Allegato ai fini dello stoccaggio geologico in conformità decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162.

     6.10. Conservazione del legno e dei prodotti in legno con prodotti chimici con una capacità di produzione superiore a 75 m³ al giorno eccetto il trattamento esclusivamente contro l'azzurratura.

     6.11. Attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da un'installazione in cui è svolta una delle attività di cui al presente Allegato.

 

     ALLEGATO IX ALLA PARTE SECONDA [1531]

     Elenco delle autorizzazioni ambientali sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale

     1. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari (titolo I della parte quinta del presente decreto).

     2. Autorizzazione allo scarico (Capo II del Titolo IV della Parte Terza).

     3. Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210)

     4. Autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, articolo 7).

     5. Autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, articolo 9)

     6. Autorizzazione allo scarico rilasciata dal Magistrato alle Acque di Venezia, limitatamente alle condizioni di esercizio degli scarichi idrici e alle modalità di controllo di tali condizioni (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito con modificazioni nella legge 31 maggio 1995, n. 206, articolo 2, comma 2).

 

ALLEGATO X ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006 [1532]

Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione

 

Aria:

1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.

2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto.

3. Monossido di carbonio.

4. Composti organici volatili.

5. Metalli e relativi composti.

6. Polveri, comprese le particelle sottili [1533].

7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).

8. Cloro e suoi composti.

9. Fluoro e suoi composti [1534].

10. Arsenico e suoi composti.

11. Cianuri.

12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'atmosfera.

13. Policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF).

Acqua:

1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'ambiente idrico.

2. Composti organofosforici.

3. Composti organici dello stagno.

4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il concorso dello stesso.

5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili.

6. Cianuri.

7. Metalli e loro composti.

8. Arsenico e suoi composti.

9. Biocidi e prodotti fitofarmaceutici.

10. Materie in sospensione.

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare).

12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali BOD, COD).

13. sostanze prioritarie di cui all'articolo 74, comma 2, lettera ff) [1535].

 

ALLEGATO XI ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006 [1536]

Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto definito all'art. 5, comma 1, lettera 1 ter), tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzione.

 

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.

2. Impiego di sostanze meno pericolose.

3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.

4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.

5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.

6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.

7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.

8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.

9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza energetica.

10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei rischi.

11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente.

12. Indicazioni dei documenti di riferimento sulle BAT (BREF) già pubblicati, informazioni diffuse ai sensi dell'articolo 29-tedecies, comma 4, nonchè altre informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali pubbliche [1537].

 

ALLEGATO XII ALLA PARTE SECONDA DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 152/2006 [1538]

Categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all'allegato 8, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale

 

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonchè impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi;

2) Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW nonchè quelli facenti parte della rete nazionale dei gasdotti con potenza termica di almeno 50 MW [1539];

3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio; 4) Impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie di seguito indicate:

 

Classe di prodotto

Soglie* Gg/ anno

 

 

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici)

200

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi

200

c) idrocarburi solforati

100

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati

100

e) idrocarburi fosforosi

100

f) idrocarburi alogenati

100

g) composti organometallici

100

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa)

100

i) gomme sintetiche

100

l) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile

100

m) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati

100

n) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio

100

o) fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)

300

 

* Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un'unica riga.

 

5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non svolgono attività di cui all'allegato VIII;

6) Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato VIII localizzati interamente in mare.

 

     ALLEGATO XII-bis ALLA PARTE SECONDA [1540]

     Linee guida sui criteri da tenere in considerazione per l'applicazione dell'articolo 29-sexies, comma 9-bis

     Le deroghe di cui all'articolo 29-sexies, comma 9-bis, sono tipicamente ammesse nei seguenti casi, resi evidenti da un'analisi costi-benefici allegata all'istanza e verificata dall'autorità competente nel corso dell'istruttoria:

     a) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce alcun effetto benefico nello specifico contesto ambientale, se confrontato alle prestazioni garantite con l'autorizzazione in corso di definizione;

     b) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce, rispetto alle prestazioni garantite con l'autorizzazione in corso di definizione, significativi effetti benefici nello specifico contesto ambientale, mentre di contro richiede notevoli investimenti da parte del gestore;

     c) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL permetterebbe di conseguire benefici effetti ambientali che, nello specifico contesto, possono essere garantiti negli stessi tempi e con investimenti notevolmente minori finanziando azioni di soggetti non sottoposti alla disciplina IPPC;

     d) il particolare assetto impiantistico o i vincoli determinati dalla collocazione geografica dell'installazione (prescrizioni paesaggistiche di VIA ad es.) determinano un costo di implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento sproporzionato rispetto a quello medio richiesto alle altre installazioni del settore;

     e) il particolare assetto impiantistico o la collocazione geografica fanno sì che il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non possa essere conseguito con la sola implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento;

     f) è opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere il punto di pareggio in relazione agli investimenti già effettuati, per l'adeguamento alle migliori tecniche disponibili, in attuazione della autorizzazione in corso di rinnovo o riesame;

     g) è opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere almeno il punto di pareggio in relazione agli investimenti già effettuati, in considerazione di particolari caratteristiche tecniche delle installazioni e dei processi produttivi che rendono possibile l'applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unità tecniche interessate, e non solo delle parti oggetto delle BAT;

     h) degli impianti e dei processi produttivi che rendono possibile l'applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unità produttive;

     i) l'installazione, o la parte di installazione, è utilizzata per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti o processi

     j) altri casi particolari legati ad assetto impiantistico, contesto ambientale e collocazione geografica, riconosciuti dall'autorità competente.

 

 

ALLEGATI ALLA PARTE III [1541]

 

ALLEGATO 1 alla parte III [1542]

MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI DI QUALITÀ AMBIENTALE

 

     Il presente allegato stabilisce i criteri per il monitoraggio e la classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei

     1. CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI

     1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

     I corpi idrici superficiali vengono caratterizzati e individuati secondo quanto riportato in Allegato 3

     1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

     Identificazione e caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei

     Parte A - Identificazione dei corpi idrici

     L'identificazione dei corpi idrici sotterranei è necessaria ai fini dell'attuazione del presente decreto.

     L'identificazione dei complessi idrogeologici e quindi degli acquiferi rappresenta la fase propedeutica alla identificazione dei corpi idrici sotterranei.

     È stato definito un percorso di caratterizzazione che porta alla individuazione dei corpi idrici partendo dai complessi idrogeologici di cui alla Tabella 1, passando per gli acquiferi che rappresentano gli elementi di riferimento già in larga parte individuati dalle Regioni.

     A.1 Identificazione dei complessi idrogeologici

     Sulla base dei criteri generali univoci utili per giungere alla definizione dei corpi idrici sotterranei sono state definite sette tipologie di complessi idrogeologici partendo dalla Carta delle risorse idriche sotterranee di Mouton che costituisce il quadro di riferimento nazionale omogeneo.

     Tali tipologie sono state definite tenendo in considerazione gli elementi caratterizzanti i complessi idrogeologici (litologia e assetto idrogeologico) e i parametri descrittivi come la produttività, la facies idrochimica, i contaminanti naturali, la vulnerabilità e l'impatto antropico (tabella 1).

 

Acronimo

Complessi idrogeologici

 

 

DQ

Alluvioni delle depressioni quaternarie

AV

Alluvioni vallive

CA

Calcari

VU

Vulcaniti

DET

Formazioni detritiche degli altipiani plio-quaternarie

LOC

Acquiferi locali

STE

Formazioni sterili

 

     Tabella 1 J.J. Fried, J. Mouton, F. Mangano (1982)

 

     Tali sette tipologie di Complessi Idrogeologici rappresentano il quadro ove ricollocare gli acquiferi e, successivamente, i corpi idrici sotterranei secondo lo schema di massima, di seguito riportato.

 

Complessi idrogeologici Sub-complessi Idrogeologici Tipologia di Acquifero (assetto idraulico) Acquifero o Unità di bilancio * Corpo idrico o Unità di Bilancio

 

     *Unità di bilancio: dominio dotato di una comprovata unità stratigrafica e/o strutturale, al cui limite si verificano condizioni che annullano od ostacolano le possibilità di interscambi idrici sotterranei e che al suo interno può contenere uno o più corpi idrici.

 

     L'individuazione dei limiti delle unità di bilancio è un processo iterativo che le Regioni perfezionano nel corso del tempo.

     A.2 Criteri per l'identificazione degli acquiferi

     L'identificazione degli acquiferi viene effettuata sulla base di criteri idrogeologici. L'elaborazione di un modello concettuale permetterà di pervenire ad un bilancio in termini di entrate e di uscite ed alla valutazione della vulnerabilità, tenendo conto delle pressioni antropiche.

     La complessità ed il dettaglio del modello aumentano gradualmente all'aumentare delle conoscenze e vengono approfondite nel tempo durante le fasi di caratterizzazione e di monitoraggio.

     L'identificazione degli acquiferi deve comunque soddisfare 2 criteri: flusso significativo e quantità significativa.

     Se uno o entrambi i criteri sono soddisfatti, le unità stratigrafiche sono da considerarsi acquifero.

     Detti criteri per l'identificazione degli acquiferi sono illustrati nello schema seguente (Fig. 1):

 

 

Figura 1: schema per l'identificazione degli acquiferi

 

     A.3 Delimitazione dei corpi idrici

     La delimitazione dei corpi idrici sotterranei deve assicurare che vengano raggiunti gli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76 del decreto n.152 del 2006 ed una descrizione appropriata dello stato chimico e quantitativo delle acque sotterranee. Il Corpo Idrico sotterraneo è per definizione "un volume distinto di acque sotterranee contenuto da uno o più acquiferi". Deve essere individuato come quella massa di acqua caratterizzata da omogeneità nello stato ambientale (qualitativo e/o quantitativo), tale da permettere, attraverso l'interpretazione delle misure effettuate in un numero significativo di stazioni di campionamento, di valutarne lo stato e di individuare il trend. Può essere coincidente con l'acquifero che lo contiene, può esserne una parte, ovvero corrispondere a più acquiferi diversi o loro porzioni.

     Le definizioni di acquifero e di corpo idrico sotterraneo permettono di identificare i corpi idrici sotterranei sia separatamente, all'interno di strati diversi che si sovrappongono su un piano verticale, sia come singolo corpo idrico che si estende tra i diversi strati. Un corpo idrico sotterraneo può essere all'interno di uno o più acquiferi, come, ad esempio, nel caso di due acquiferi adiacenti caratterizzati da pressioni simili e contenenti acque con caratteristiche qualitative e quantitative analoghe.

     I corpi idrici devono essere delimitati in modo da permettere una descrizione appropriata ed affidabile dello stato quantitativo e chimico delle acque sotterranee.

     La valutazione dello stato quantitativo è facilitata se i corpi idrici sotterranei sono delimitati in modo tale che qualsiasi flusso di acqua sotterranea da un corpo idrico ad un altro è talmente piccolo da poter essere trascurato nei calcoli dei bilanci idrici oppure può essere stimato con sufficiente precisione.

     Le Regioni devono tenere conto delle caratteristiche specifiche degli acquiferi quando procedono alla delimitazione dei corpi idrici sotterranei. Per esempio, le caratteristiche del flusso di alcuni strati geologici, quali il substrato carsico e fratturato, sono molto più difficili da prevedere rispetto ad altre. La delimitazione dei corpi idrici deve essere vista come un processo iterativo, da perfezionare nel corso del tempo, nella misura necessaria per valutare e gestire adeguatamente i rischi del non raggiungimento degli obiettivi ambientali.

     Potrebbe anche presentarsi il caso di un flusso consistente tra strati con caratteristiche molto differenti (per esempio, i complessi carsici e l'arenaria). Le proprietà diverse di questi strati potrebbero richiedere approcci diversi di gestione per il raggiungimento degli obiettivi preposti. In questo caso, le Regioni possono delimitare i confini dei corpi idrici in modo che coincidano con i confini tra gli strati. Nel far ciò devono, comunque, assicurare una adeguata valutazione dello stato quantitativo.

     A.4 Criteri per la delimitazione dei corpi idrici sotterranei

     La delimitazione dei corpi idrici sotterranei si basa inizialmente su criteri di tipo fisico ed è successivamente perfezionata sulla base di informazioni concernenti lo stato di qualità ambientale.

     Due sono, quindi, i criteri generali che si basano sui seguenti elementi:

     a. confini idrogeologici;

     b. differenze nello stato di qualità ambientale.

     CRITERIO a)

     Possono essere assunti come punto di partenza per la identificazione geografica dei corpi idrici i limiti geologici. Nei casi in cui la descrizione dello stato e/o il raggiungimento degli obiettivi ambientali richiedano una maggiore suddivisione ovvero non sia possibile identificare un limite geologico, si possono utilizzare, ad esempio, lo spartiacque sotterraneo o le linee di flusso.

     CRITERIO b)

     Differenze nello stato di qualità ambientale: gli obiettivi di qualità dei corpi idrici sotterranei e le misure necessarie per raggiungerli dipendono dallo stato di qualità esistente. I corpi idrici sotterranei devono essere unità con uno stato chimico ed uno stato quantitativo ben definiti. Quindi, significative variazioni di stato di qualità all'interno di acque sotterranee devono essere prese in considerazione per individuare i confini dei corpi idrici, procedendo, ove necessario, ad una suddivisione in corpi idrici di dimensioni minori. Qualora le differenze nello stato di qualità si riducano durante un ciclo di pianificazione, si può procedere alla riunificazione dei corpi idrici precedentemente identificati in vista dei successivi cicli di pianificazione. Laddove, invece, lo stato di qualità sia omogeneo possono essere delimitati estesi corpi idrici sotterranei. Detti confini possono essere ridefiniti ad ogni revisione del Piano di gestione dei Bacini Idrografici ma devono restare fissi per il periodo di durata di ciascun piano.

     Qualora non siano disponibili informazioni sufficienti alla valutazione dello stato di qualità ambientale nelle fasi iniziali di attuazione del presente decreto, per individuare i confini dei corpi idrici sotterranei, si usano le analisi su pressioni ed impatti come indicatori dello stato di qualità. Con il miglioramento delle conoscenze relative allo stato delle acque, i confini dei corpi idrici devono essere modificati prima della pubblicazione di ciascun Piano di gestione dei Bacini Idrografici, ogni 6 anni.

     La suddivisione delle acque sotterranee in corpi idrici sotterranei è quindi una questione che le Regioni devono decidere sulla base delle caratteristiche particolari del loro territorio.

     Nel prendere tali decisioni sarà necessario trovare un punto di equilibrio tra l'esigenza di descrivere adeguatamente lo stato delle acque sotterranee e la necessità di evitare una suddivisione degli acquiferi in un numero di corpi idrici impossibile da gestire.

     A.5 Procedura suggerita per l'applicazione pratica del termine corpo idrico sotterraneo

     La figura 2 suggerisce un procedimento iterativo e gerarchico per l'identificazione dei corpi idrici sotterranei, basato sui principi descritti nel presente Allegato.

 

 

Fig. 2 - Procedura suggerita per l'identificazione dei corpi idrici sotterranei

 

     2. MODALITÀ PER LA CLASSIFICAZIONE DELLO STATO DI QUALITÀ DEI CORPI IDRICI

     A - STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI

 

     A.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico

     A.1.1 - Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere.

 

 

FIUMI

LAGHI

TRANSIZIONE

MARINO COSTIERE

ELEMENTI BIOLOGICI

 

 

 

 

Composizione e abbondanza della flora acquatica

X

 

 

 

Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici. Per le acque marine-costiere segnalazione anche dei taxa sensibili.

X

X

X

X

Composizione e abbondanza della fauna ittica. Per i fiumi e i laghi individuazione anche della struttura di età della fauna ittica.

X

X

X

 

Composizione abbondanza e biomassa del fitoplancton. Per le acque marino-costiere segnalazione inoltre di fioriture di specie potenzialmente tossiche o nocive.

 

X

X

X

Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica. Per le acque marino-costiere individuazione anche della copertura della flora e segnalazione di taxa sensibili.

 

X

X

X

ELEMENTI IDROMORFOLOGICI A SOSTEGNO DEGLI ELEMENTI BIOLOGICI

 

 

 

 

REGIME IDROLOGICO

 

 

 

 

volume e dinamica del flusso idrico

X

 

 

 

connessione con il corpo idrico sotterraneo

X

X

 

 

escursioni di livello

 

X

 

 

tempo di residenza

 

X

 

 

REGIME DI MAREA

 

 

 

 

flusso di acqua dolce

 

 

X

 

Scambio con il mare

 

 

X

 

Regime correntometrico

 

 

 

X

Continuità fluviale

X

 

 

 

CONDIZIONI MORFOLOGICHE

 

 

 

 

variazione della profondità e della larghezza del fiume

X

 

 

 

struttura e substrato dell'alveo

X

 

 

 

struttura della zona ripariale, e per i laghi anche della costa

X

X

 

 

variazione della profondità

 

X

 

 

struttura e tessitura del sedimento per i laghi. Natura e composizione del substrato per transizione e marino costiere

 

X

X

X

profondità

 

 

X

X

struttura della zona intertidale

 

 

X

 

morfologia del fondale

 

 

 

X

ELEMENTI CHIMICI E FISICO-CHIMICI A SOSTEGNO DEGLI ELEMENTI BIOLOGICI

 

 

 

 

Elementi generali

 

 

 

 

Trasparenza

 

X

X

X

Condizioni termiche - Temperatura per marino costiere

X

X

X

X

Condizioni di ossigenazione - Ossigeno disciolto per marino costiere

X

X

X

X

Conducibilità

X

X

 

 

Stato di acidificazione

X

X

 

 

Condizioni dei nutrienti

X

X

X

X

Salinità

 

 

X

X

INQUINANTI SPECIFICI

 

 

 

 

Inquinamento da altre sostanze non appartenenti all’elenco di priorità di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative

X

X

X

X

 

     A.1.2 Corpi idrici superficiali artificiali e corpi idrici fortemente modificati

     Per i corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati si utilizzano gli elementi di qualità applicabili a quella delle suesposte quattro categorie di acque superficiali naturali che più si accosta al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione.

     A.2. Definizioni normative per la classificazione dello stato ecologico

     Tabella A.2. Definizione generale per fiumi, laghi, acque di transizione e acque costiere

     Il testo seguente fornisce una definizione generale della qualità ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli elementi di qualità dello stato ecologico per ciascuna categoria di acque superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da A.2.1 a A.2.4 in appresso.

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

Nessuna alterazione antropica, o alterazioni antropiche poco rilevanti, dei valori degli elementi di qualità

 

 

 

fisico-chimica e idromorfologica del tipo di corpo idrico superficiale rispetto a quelli di norma associati a tale tipo inalterato.

I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale presentano livelli poco elevati di distorsione dovuti all'attività

I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale si discostano moderatamente da quelli di norma associati

Generale

I valori degli elementi di qualità biologica del corpo idrico superficiale rispecchiano quelli di norma associati a tale tipo inalterato e non evidenziano nessuna distorsione, o distorsioni poco rilevanti

umana, ma si discostano solo lievemente da quelli di norma associati al tipo di corpo idrico superficiale inalterato.

al tipo di corpo idrico superficiale inalterato. I valori presentano segni moderati di distorsione dovuti all'attività umana e alterazioni significativamente maggiori rispetto alle condizioni dello stato buono.

 

Si tratta di condizioni e comunità tipiche specifiche

 

 

 

     Le acque aventi uno stato inferiore al moderato sono classificate come aventi stato scarso o cattivo.  Le acque che presentano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato scarso.

     Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali mancano ampie porzioni di comunità biologiche interessate di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato cattivo.

 

Tabelle A.2.1. - A.2.5

 

     A.2.6 STATO CHIMICO [1543]

     Al fine di raggiungere o mantenere il buono stato chimico, le regioni e le province autonome applicano per le sostanze dell'elenco di priorità, selezionate come indicato ai paragrafi A.3.2.5 e A.3.3.4, gli standard di qualità ambientali così come riportati per le diverse matrici alle tabelle 1A e 2A del presente allegato.

     Le sostanze dell'elenco di priorità sono: le sostanze prioritarie (P), le sostanze pericolose prioritarie (PP) e le rimanenti sostanze (E).

     Tali standard rappresentano le concentrazioni che identificano il buono stato chimico.

     Ai fini della classificazione delle acque superficiali il monitoraggio chimico viene eseguito nella colonna d'acqua e nel biota. A tal fine, entro il 22 marzo 2016, sulla base delle linee guida europee n. 25 - Chemical Monitoring of Sediment and Biota, n. 32 - Biota Monitoring e n. 33 - Analytical Methods for Biota Monitoring è resa disponibile una linea guida italiana, predisposta dagli istituti scientifici nazionali di riferimento, con le informazioni pratiche, necessarie per l'utilizzo di taxa di biota alternativi ai fini della classificazione.

     La linea guida riporta, inoltre, i riferimenti ai criteri fisico-chimici per valutare la concentrazione di piombo e nichel in base alla biodisponibilità sito-specifica nelle acque interne.

     Le regioni e le province autonome possono utilizzare, limitatamente alle sostanze di cui alla tabella 2/A, la matrice sedimento al fine della classificazione dei corpi idrici marino-costieri e di transizione.

 

Tabella 1/A

Standard di qualità ambientale nella colonna d'acqua e nel biota per le sostanze dell'elenco di priorità.

 

 

 

 

     Note alla tabella 1/A:

     1 - CAS: Chemical Abstracts Service.

     2 - Questo parametro rappresenta lo SQA espresso come valore medio annuo (SQA-MA). Se non altrimenti specificato, si applica alla concentrazione totale di tutti gli isomeri.

     3 - Per acque superficiali interne si intendono i fiumi, i laghi e i corpi idrici artificiali o fortemente modificati.

     4 - Questo parametro rappresenta lo standard di qualità ambientale espresso come concentrazione massima ammissibile (SQA-CMA). Quando compare la dicitura "non applicabile" riferita agli SQA-CMA, si ritiene che i valori SQA-MA tutelino dai picchi di inquinamento di breve termine, in scarichi continui, perchè sono sensibilmente inferiori ai valori derivati in base alla tossicità acuta.

     5 - Per il gruppo di sostanze prioritarie "difenileteri bromurati" (voce n. 5), lo SQA ambientale si riferisce alla somma delle concentrazioni dei congeneri numeri 28, 47, 99, 100, 153 e 154.

     6 - Per il cadmio e composti (voce n. 6) i valori degli SQA variano in funzione della durezza dell'acqua classificata secondo le seguenti cinque categorie: classe 1: < 40 mg CaCO³/l, classe 2: da 40 a < 50 mg CaCO³/l, classe 3: da 50 a < 100 mg CaCO³/l, classe 4: da 100 a < 200 mg CaCO³/l e classe 5: ≥ 200 mg CaCO³/l.

     7 - Questa sostanza non è prioritaria, ma è uno degli altri inquinanti in cui gli SQA sono identici a quelli fissati dalla normativa applicata prima del 13 gennaio 2009.

     8 - Per questo gruppo di sostanze non è fornito alcun parametro indicativo. Il parametro o i parametri indicativi devono essere definiti con il metodo analitico.

     9 - Il DDT totale comprende la somma degli isomeri 1,1,1-tricloro 2,2 bis (p-clorofenil)etano (numero CAS 50-29-3; numero UE 200-024-3), 1,1,1-tricloro-2 (o-clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano (numero CAS 789-02-6; numero UE 212-332-5), 1,1-dicloro-2,2 bis (p-clorofenil)etilene (numero CAS 72-55-9; numero UE 200-784-6) e 1,1-dicloro-2,2 bis (p-clorofenil)etano (numero CAS 72-54-8; numero UE 200-783-0).

     10 - Per queste sostanze non sono disponibili informazioni sufficienti per fissare un SQA-CMA.

     11 - Per il gruppo di sostanze prioritarie "idrocarburi policiclici aromatici" (IPA) (voce n. 28), lo SQA per il biota e il corrispondente SQA-AA in acqua si riferiscono alla concentrazione di benzo(a)pirene sulla cui tossicità sono basati. Il benzo(a)pirene può essere considerato marcatore degli altri IPA, di conseguenza solo il benzo(a)pirene deve essere monitorato per raffronto con lo SQA per il biota o il corrispondente SQA-AA in acqua.

     12 - Se non altrimenti indicato, lo SQA per il biota è riferito ai pesci. Si può monitorare un taxon del biota alternativo o un'altra matrice purchè lo SQA applicato garantisca un livello equivalente di protezione. Per le sostanze numeri 15 (Fluorantene) e 28 (IPA), lo SQA per il biota si riferisce ai crostacei ed ai molluschi. Ai fini della valutazione dello stato chimico, il monitoraggio di Fluorantene e di IPA nel pesce non è opportuno. Per la sostanza numero 37 (Diossine e composti diossina-simili), lo SQA per il biota si riferisce al pesce, ai crostacei ed ai molluschi. Fare riferimento al punto 5.3 dell'allegato al regolamento (UE) n. 1259/2011 della Commissione del 2 dicembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1881/2006 per quanto riguarda i tenori massimi per le diossine, i PCB diossina-simili e per i PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari (Gazzetta Ufficiale n. L 320 del 3 dicembre 2011).

     13 - Questi SQA si riferiscono alle concentrazioni biodisponibili delle sostanze.

     14 - PCDD: dibenzo-p-diossine policlorurate; PCDF: dibenzofurani policlorurati; PCB-DL: bifenili policlorurati diossina-simili; TEQ: equivalenti di tossicità conformemente ai fattori di tossicità equivalente del 2005 dell'Organizzazione mondiale della sanità.

     15 - Le sostanze contraddistinte dalla lettera P e PP sono, rispettivamente, le sostanze prioritarie e quelle pericolose prioritarie individuate ai sensi della direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, modificata dalla direttiva 2013/39/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 agosto 2013. Le sostanze contraddistinte dalla lettera E sono le sostanze incluse nell'elenco di priorità individuate dalle "direttive figlie" della direttiva 76/464/CE.

 

Tab. 2/A - Standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione.

 

NUMERO CAS

PARAMETRI

SQA-MA(1) (2)

 

 

 

 

Metalli

mg/kg s.s

7440-43-9

Cadmio

0,3

7439-97-6

Mercurio

0,3

7439-92-1

Piombo

30

 

Organo metalli

µg/kg

 

Tributilstagno

5

Policiclici

Aromatici

µg/kg

120-12-7

Antracene

24

91-20-3

Naftalene

35

 

Pesticidi

 

309-00-2

Aldrin

0,2

319-84-6

Alfa esaclorocicloesano

0,2

319-85-7

Beta esaclorocicloesano

0,2

58-89-9

Gamma esaclorocicloesano lindano

0,2

 

DDT(3)

1

 

DDD(3)0,8

 

 

DDE(3)

1,8

60-57-1

Dieldrin

0,2

 

     Note alla tabella 2/A:

     (1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA). Se non altrimenti specificato, lo standard di qualità ambientale si applica alla concentrazione totale di tutti gli isomeri.

     (2) In considerazione della complessità della matrice sedimento è ammesso, ai fini della classificazione del buono stato chimico, uno scostamento pari al 20% del valore riportato in tabella.

     (3) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.

 

Tab. 3/A - Standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione ai fini della selezione dei siti per l'analisi della tendenza.

 

NUMERO CAS

PARAMETRI

SQA-MA

 

 

 

 

Metalli

mg/kg s.s

7440-43-9

Cadmio

0,3

7439-97-6

Mercurio (1)

0,3

7439-92-1

Piombo

30

 

Organo metalli

µg/kg

 

Tributilstagno

5

 

Policiclici Aromatici (1)

µg/kg

50-32-8

Benzo(a)pirene(1)

30

205-99-2

Benzo(b)fluorantene (1)

40

207-08-9

Benzo(k)fluorantene (1)

20

191-24-2

Benzo(g,h,i) perilene (1)

55

193-39-5

Indenopirene (1)

70

120-12-7

Antracene

24

206-44-0

Fluorantene (1)

110

91-20-3

Naftalene

35

 

Pesticidi

 

309-00-2

Aldrin

0,2

319-84-6

Alfa esaclorocicloesano

0,2

319-85-7

Beta esaclorocicloesano

0,2

58-89-9

Gamma esaclorocicloesano lindano

0,2

 

DDT(2)

1

 

DDD(2)

0,8

 

DDE(2)

1,8

60-57-1

Dieldrin

0,2

118-74-1

Esaclorobenzene (1)

0,4

 

PCB e Diossine (1)

 

 

Sommat. T.E. PCDD,PCDF (3) (Diossine e Furani) e PCB diossina simili

2 X 10-3

 

     Note alla tabella 3/A:

     (1) Sostanze per cui è definito uno SQA per il biota in tab. 1/A.

     (2) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.

     (3) Elenco congeneri e relativi Fattori di tossicità equivalenti (EPA, 1989) e elenco congeneri PCB diossina simili (WHO, 2005):

 

Congenere Policlorodibenzofurani

I-TEF

 

 

2,3,7,8 T4CDD

1

1,2,3,7,8 P5CDD

0,5

1,2,3,4,7,8 H6CDD

0,1

1,2,3,6,7,8 H6CDD

0,1

1,2,3,7,8,9 H6CDD

0,1

1,2,3,4,6,7,8 H7CDD

0,01

OCDD

0,001

Policlorodibenzofurani

 

2,3,7,8 T4CDF

0,1

1,2,3,7,8 P5CDF

0,05

2,3,4,7,8 P5CDF

0,5

1,2,3,4,7,8 H6CDF

0,1

1,2,3,6,7,8 H6CDF

0,1

1,2,3,7,8,9 H6CDF

0,1

2,3,4,6,7,8 H6CDF

0,1

1,2,3,4,6,7,8 H7CDF

0,01

1,2,3,4,7,8,9 H7CDF

0,01

OCDF

0,001

 

Congenere PCB Diossina simili

WHO TEF

 

 

PCB 77

0,0001

PCB 81

0,0003

PCB 126

0,1

PCB 169

0,03

PCB 105

0,00003

PCB 114

0,00003

PCB 118

0,00003

PCB 123

0,00003

PCB 156

0,00003

PCB 157

0,00003

PCB 167

0,00003

PCB 170

0,00003

PCB 189

0,00003

 

 

     A.2.6.1 Standard di qualità dei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione [1544]

     [Entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le Regioni, che non abbiano già adempiuto nel corso del 2008 ad attuare programmi di monitoraggio conformemente alle disposizioni del presente Allegato e dell'Allegato 3 e loro modifiche ed integrazioni, provvedono in tal senso, garantendo in 2 mesi consecutivi 2 campionamenti nella colonna d'acqua ed uno nei sedimenti per le sostanze di cui alla tabella 2/A al fine di fornire elementi di supporto per la notifica alla Commissione europea, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie. In caso di non superamento per entrambe le matrici si prosegue, al fine della classificazione dello stato chimico limitatamente ai citati parametri, con un campionamento annuale sul sedimento.

     Qualora gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento degli standard in una o più sostanze per entrambe le matrici o solo nei sedimenti, la Regione individua la matrice su cui effettuare la classificazione dello stato chimico, secondo le frequenze previste per le specifiche matrici.

     Nel caso in cui gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento per una o più sostanze solo per la colonna d'acqua, ai fini della classificazione, si effettua il monitoraggio nella colonna d'acqua, con cadenza mensile.

     Qualora il superamento avvenga nel sedimento e la classificazione sia eseguita sulla base dei dati di monitoraggio effettuato nella colonna d'acqua, le Regioni, ai fini del controllo delle alterazioni riscontrate, hanno comunque l'obbligo di effettuare un monitoraggio almeno annuale dei sedimenti che includa per almeno i primi 2 anni batterie di saggi biologici costituite da almeno tre specie-test, finalizzati ad evidenziare eventuali effetti ecotossicologici a breve e a lungo termine, nonchè ogni altra indagine ritenuta utile a valutare gli eventuali rischi per la salute umana associati al superamento riscontrato.

     Sulla base dei risultati di tale monitoraggio, le Regioni valutano la necessità di continuare oltre i due anni le indagini integrative rispetto alle sole misure chimiche da condurre sul sedimento, l'opportunità di riconsiderare la classificazione effettuata sulla base del monitoraggio nella colonna d'acqua e adottano le misure necessarie per la tutela del corpo idrico.

     I saggi biologici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI e con specie di organismi appartenenti ad almeno tre differenti livelli trofici (da scegliere tra decompositori/saprofiti, detritivori/filtratori, produttori primari, consumatori). I saggi di tossicità possono essere applicati a diverse matrici naturali, secondo la seguente priorità: sedimento tal quale, acqua interstiziale, elutriato.

     Nel caso di saggi di tossicità acuta o a breve termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna A della Tabella 2.4 del "Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini" ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 <= 90%, oppure effetto massimo <= 15%, anche se statisticamente significativo.

     Nel caso di saggi di tossicità cronica o a lungo termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna B della Tabella 2.4 del "Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini" ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 < 90% e EC50 > 100%, oppure 15% < effetto massimo <= 30%, anche se statisticamente significativo.

     In alternativa è possibile fare riferimento a criteri di ponderazione integrata in accordo con le indicazioni UNI.

     Nel caso in cui non siano note le cause del superamento e/o l'estensione dell'area interessata, la Regione è tenuta ad effettuare un monitoraggio di indagine.

     I risultati del monitoraggio effettuato, compreso quello d'indagine e le misure di tutela adottate, sono riportate nei Piani di tutela e nei Piani di gestione.

 

     Tab. 2/A Standard di qualità nei sedimenti

 

NUMERO CAS

PARAMETRI

SQA-MA (1) (2)

 

Metalli

mg/kg s.s

7440-43-9

Cadmio

0,3

7439-97-6

Mercurio

0,3

7440-02-0

Nichel

30

7439-92-1

Piombo

30

 

Organo metalli

μg/kg

 

Tributilstagno

5

 

Policiclici Aromatici

μg/kg

50-32-8

Benzo(a)pirene

30

205-99-2

Benzo(b)fluorantene

40

207-08-9

Benzo(k)fluorantene

20

191-24-2

Benzo(g,h,i) perilene

55

193-39-5

Indenopirene

70

120-12-7

Antracene

45

206-44-0

Fluorantene

110

91-20-3

Naftalene

35

 

Pesticidi

 

309-00-2

Aldrin 0,2

0,2

319-84-6

Alfa esaclorocicloesano

0,2

319-85-7

Beta esaclorocicloesano

0,2

58-89-9

Gamma esaclorocicloesano lindano

0,2

 

DDT (3)

1

 

DDD (3)

0,8

 

DDE (3)

1,8

60-57-1

Dieldrin

0,2

118-74-1

Esaclorobenzene

0,4

 

Note alla tabella 2/A

(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).

(2) In considerazione della complessità della matrice sedimento è ammesso, ai fini della classificazione del buono stato chimico uno scostamento pari al 20% del valore riportato in tabella.

(3) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.

 

Tab. 3/A Standard di Qualità biota (Stato Chimico) (1) (2)

 

Sostanze

SQA-MA (3)

Mercurio e composti

20 μg/kg

Esaclorobenzene

10 μg/kg

Esaclorobutadiene

55 μg/kg

 

Note alla tabella 3/A

(1) Gli Standard di qualità nel biota si applicano ai tessuti (peso umido).

(2) L’organismo bioaccumulatore di riferimento per le acque marino-costiere è il Mitile (Mytilus galloprovincialis, Lamark, 1819).

(3) La conformità viene valutata rispetto alla concentrazione rilevata in un unico campionamento. Se sono stati effettuati ulteriori campionamenti nel corso dell’anno la conformità viene valutata sulla media dei campionamenti effettuati.]

 

     A.2.7. Standard di qualità ambientale nella colonna d'acqua per alcune delle sostanze non appartenenti all'elenco di priorità

     Nella tabella 1/B sono definiti standard di qualità ambientale per alcune delle sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato 8 del presente decreto legislativo. La selezione delle sostanze da monitorare è riportata ai punti A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente Allegato.

 

Tab. 1/B [1545]

 

 

CAS

Sostanza

SQA-MA(1) (μg/l)

 

 

 

 

 

 

 

 

Acque superficiali interne (2)

Altre acque di superficie (3)

1

7440-38-2

Arsenico

10

5

2

2642-71-9

Azinfos etile

0,01

0,01

3

86-50-0

Azinfos metile

0,01

0,01

4

25057-89-0

Bentazone

0,5

0,2

5

95-51-2

2-Cloroanilina

1

0,3

6

108-42-9

3-Cloroanilina

2

0,6

7

106-47-8

4-Cloroanilina

1

0,3

8

108-90-7

Clorobenzene

3

0,3

9

95-57-8

2-Clorofenolo

4

1

10

108-43-0

3-Clorofenolo

2

0,5

11

106-48-9

4-Clorofenolo

2

0,5

12

88-73-3

1-Cloro-2-nitrobenzene

1

0,2

13

121-73-3

1-Cloro-3-nitrobenzene

1

0,2

14

100-00-5

1-Cloro-4-nitrobenzene

1

0,2

15

-

Cloronitrotolueni (4)

1

0,2

16

95-49-8

2-Clorotoluene

1

0,2

17

108-41-8

3-Clorotoluene

1

0,2

18

106-43-4

4-Clorotoluene

1

0,2

19

74440-47-3

Cromo totale

7

4

20

94-75-7

2,4 D

0,5

0,2

21

298-03-3

Demeton

0,1

0,1

22

95-76-1

3,4-Dicloroanilina

0,5

0,2

23

95-50-1

1,2 Diclorobenzene

2

0,5

24

541-73-1

1,3 Diclorobenzene

2

0,5

25

106-46-7

1,4 Diclorobenzene

2

0,5

26

120-83-2

2,4-Diclorofenolo

1

0,2

27

60-51-5

Dimetoato

0,5

0,2

28

122-14-5

Fenitrotion

0,01

0,01

29

55-38-9

Fention

0,01

0,01

30

330-55-2

Linuron

0,5

0,2

31

121-75-5

Malation

0,01

0,01

32

94-74-6

MCPA

0,5

0,2

33

93-65-2

Mecoprop

0,5

0,2

34

10265-92-6

Metamidofos

0,5

0,2

35

7786-34-7

Mevinfos

0,01

0,01

36

1113-02-6

Ometoato

0,5

0,2

37

301-12-2

Ossidemeton-metile

0,5

0,2

38

56-38-2

Paration etile

0,01

0,01

39

298-00-0

Paration metile

0,01

0,01

40

93-76-5

2,4,5 T

0,5

0,2

41

108-88-3

Toluene

5

1

42

71-55-6

1,1,1 Tricloroetano

10

2

43

95-95-4

2,4,5-Triclorofenolo

1

0,2

44

88-06-2

2,4,6-Triclorofenolo

1

0,2

45

5915-41-3

Terbutilazina (incluso metabolita)

0,5

0,2

46

-

Composti del Trifenilstagno

0,0002

0,0002

47

1330-20-7

Xileni (5)

5

1

48

Pesticidi singoli(6)

0,1

0,1

 

49

Pesticidi totali (7)

1

1

 

50

375-22-4

Acido perfluorobutanoico (PFBA) (8)

7

1,4

51

2706-90-3

Acido perfluoropentanoico (PFPeA) (8)

3

0,6

52

307-24-4

Acido perfluoroesanoico (PFHxA) (8)

1

0,2

53

375-73-5

Acido perfluorobutansolfonico (PFBS) (8)

3

0,6

54

335-67-1

Acido perfluoroottanoico (PFOA) (8)

0,1

0,02

 

     Note alla tabella 1/B:

     (1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).

     (2) Per acque superficiali interne si intendono i fiumi, i laghi e i corpi idrici artificiali o fortemente modificati.

     (3) Per altre acque di superficie si intendono le acque marino-costiere e le acque di transizione.

     (4) Cloronitrotolueni: lo standard è riferito al singolo isomero.

     (5) Xileni: lo standard di qualità si riferisce ad ogni singolo isomero (orto-, meta- e para-xilene).

     (6) Per tutti i singoli pesticidi (inclusi i metaboliti) non presenti in questa tabella si applica il valore cautelativo di 0,1 μg/l. Tale valore, per le singole sostanze, potrà essere modificato sulla base di studi di letteratura scientifica nazionale e internazionale che ne giustifichino una variazione.

     (7) Per i pesticidi totali (la somma di tutti i singoli pesticidi individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio compresi i metaboliti ed i prodotti di degradazione) si applica il valore di 1 μg/l, fatta eccezione per le risorse idriche destinate ad uso potabile, per le quali si applica il valore di 0,5 μg/l.

     (8) Per le sostanze perfluorurate 50, 51, 52, 53, 54 sono applicati i relativi SQA con effetto dal 22 dicembre 2018, al fine di concorrere al conseguimento di un buono stato ecologico entro il 22 dicembre 2027 ed impedire il deterioramento dello stato ecologico relativamente a tali sostanze. Le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, a tal fine, entro il 22 dicembre 2018, un programma di monitoraggio supplementare e un programma preliminare di misure relative a tali sostanze e li trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al SINTAI per il successivo inoltro alla Commissione europea. Le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, entro il 22 dicembre 2021, un programma di misure definitivo, ai sensi dell'articolo 116, che è attuato e reso operativo entro e non oltre il 22 dicembre 2024. Qualora, invece, gli esiti di monitoraggi pregressi, anche condotti a scopo di studio, abbiano già evidenziato la presenza di tali sostanze in concentrazioni superiori agli SQA di cui alla tabella 1/B, le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano e riportano nei piani di gestione, entro il 22 dicembre 2015, i programmi di monitoraggio ed un programma preliminare di misure relative a tali sostanze, immediatamente operativi.

 

Tab. 2/B

 

Sostanza

SQA-MA (µg/l)

Antimonio

5

Boro

1 (mg/l)

Cianuro

50

Fluoruri

1,5 (mg/l)

Nitrato (NO3) (1)

50 (mg/l)

Nitrito (NO2)

0,5 (mg/l)

Selenio

10

Cloruro di vinile

0,5

Vanadio

50

 

(1) È da soddisfare la condizione: (nitrato)/50+(nitrito)/0,5(0.1) <= 1 ove le parentesi esprimono la concentrazione in mg/l per il nitrato e il nitrito e il valore di 0,1 mg/l per i nitriti sia rispettato nelle acque provenienti da impianti di trattamento.

 

     A.2.7.1 - Standard di qualità ambientale per altre sostanze, non appartenenti all'elenco di priorità, nei sedimenti per i corpi idrici marino-costieri e di transizione [1546].

     Nella tabella 3/B sono riportati standard di qualità ambientale per la matrice sedimenti per alcune sostanze diverse da quelle dell'elenco di priorità, appartenenti alle famiglie di cui all'allegato 8. Tali standard di qualità ambientale possono essere utilizzati al fine di acquisire ulteriori elementi conoscitivi utili per il monitoraggio di indagine.

 

Tabella 3/B:

 

NUMERO CAS

PARAMETRI

SQA-MA(1)

 

 

 

 

Metalli

mg/kg s.s

7440-38-2

Arsenico

12

7440-47-3

Cromo totale

50

 

Cromo VI

2

 

PCB

μg/kg s.s.

 

PCB totali (2)

 

 

     Note alla tabella 3/B:

     (1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).

     (2) PCB totali, lo standard è riferito alla sommatoria dei seguenti cogeneri: PCB 28, PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 101, PCB 118, PCB 126, PCB 128, PCB 138, PCB 153, PCB 156, PCB 169, PCB 180.

 

     A.2.8. Applicazione degli standard di qualità ambientale per la valutazione dello stato chimico ed ecologico

     1 SQA-MA (standard di qualità ambientale-media annua): rappresenta, ai fini della classificazione del buono stato chimico ed ecologico, la concentrazione da rispettare. Il valore viene calcolato sulla base della media aritmetica delle concentrazioni rilevate nei diversi mesi dell'anno.

     2 SQA-CMA (standard di qualità ambientale-massima concentrazione ammissibile): rappresenta la concentrazione da non superare mai in ciascun sito di monitoraggio.

     3 Per quanto riguarda le acque territoriali si effettua solo la valutazione dello stato chimico. Pertanto le sostanze riportate in tabella 1/A sono monitorate qualora vengano scaricate e/o rilasciate e/o immesse in queste acque a seguito di attività antropiche (ad es. piattaforme offshore) o a seguito di sversamenti causati da incidenti.

     4 Gli standard di qualità ambientale (SQA) nella colonna d'acqua sono espressi sotto forma di concentrazioni totali nell'intero campione d'acqua. Per i metalli invece l'SQA si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuto per filtrazione con un filtro da 0,45 µm o altro pretrattamento equivalente.

     5 Nel caso delle acque interne superficiali le Autorità Competenti nel valutare i risultati del monitoraggio possono tener conto dei seguenti fattori: pH, durezza e altri parametri chimico-fisici che incidono sulla biodisponibilità dei metalli.

     6 Nei sedimenti ricadenti in Regioni geochimiche che presentano livelli di fondo naturali, dimostrati scientificamente, dei metalli superiori agli SQA di cui alle tabelle 2/A e 3/B, questi ultimi sono sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.

     7 Nelle acque in cui è dimostrata scientificamente la presenza di metalli in concentrazioni di fondo naturali superiori ai limiti fissati nelle tabelle 1/A e 1/B, tali livelli di fondo costituiscono gli standard da rispettare. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.

     8 Il limite di rivelabilità è definito come la più bassa concentrazione di un analita nel campione di prova che può essere distinta in modo statisticamente significativo dallo zero o dal bianco. Il limite di rivelabilità è numericamente uguale alla somma di 3 volte lo scarto tipo del segnale ottenuto dal bianco (concentrazione media calcolata su un numero di misure di bianchi indipendenti > 10) del segnale del bianco).

     9 Il limite di quantificazione è definito come la più bassa concentrazione di un analita che può essere determinato in modo quantitativo con una determinata incertezza. Il limite di quantificazione è definito come 3 volte il limite di rivelabilità.

     10 Incertezza di misura: è il parametro associato al risultato di una misura che caratterizza la dispersione dei valori che possono essere attribuiti al parametro.

     11 Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.

     12 I criteri minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi applicati sono basati su un'incertezza di misura del 50% o inferiore (k=2) stimata ad un livello pari al valore degli standard di qualità ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al 30% dello standard di qualità ambientale.

     13 Ai fini dell'elaborazione della media per gli SQA, nell'eventualità che un risultato analitico sia inferiore al limite di quantificazione della metodica analitica utilizzata viene utilizzato il 50% del valore del limite di quantificazione .

     14 Il punto 13 non si applica alle sommatorie di sostanze, inclusi i loro metaboliti e prodotti di reazione o degradazione. In questi casi i risultati inferiori al limite di quantificazione delle singole sostanze sono considerati zero.

     15 Nel caso in cui il 90% dei risultati analitici siano sotto il limite di quantificazione non è effettuata la media dei valori; il risultato è riportato come "minore del limite di quantificazione".

     16 I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo con la norma UNI/ ISO/ EN 17025.

     17 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale, si applicano le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 12 validati in accordo con la norma UNI/ ISO/EN 17025.

     18 I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 17, sono utilizzati a titolo conoscitivo in attesa della definizione di protocolli analitici, che saranno resi disponibili da CNR-IRSA, ISPRA e ISS. Fino all'adeguamento di tali metodi, lo standard si identifica con il limite di quantificazione dei metodi utilizzati che rispondono ai riportati al punto 17.

 

     A.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali

     A.3.1. Parte generale

     A.3.1.1. Tipi di monitoraggio

     Il monitoraggio si articola in

     1. sorveglianza

     2. operativo

     3. indagine

     Le Regioni sentite le Autorità di bacino nell'ambito del proprio territorio definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di monitoraggio operativo.

     I programmi di monitoraggio hanno valenza sessennale al fine di contribuire alla predisposizione dei piani di gestione e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010-2015. Il programma di monitoraggio operativo può essere comunque modificato sulla base delle informazioni ottenute dalla caratterizzazione di cui all'Allegato 3 del presente decreto legislativo. Resta fermo che il primo monitoraggio di sorveglianza e quello operativo sono effettuati nel periodo 2008-2009. I risultati dei monitoraggi sono utilizzati per la stesura dei piani di gestione, da predisporre conformemente alle specifiche disposizioni della Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 e anche sulla base dei Piani di tutela regionali, adeguati alla normativa vigente.

     In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d'indagine. I programmi di monitoraggio per le aree protette di cui all'articolo 117 e all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto legislativo, definiti ai sensi del presente Allegato, si integrano con quelli già in essere in attuazione delle relative direttive.

     Le Regioni forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio di sorveglianza e operativa. Le mappe con le reti di monitoraggio sono parte integrante del piano di gestione e del piano di tutela delle acque.

     La scelta del programma di monitoraggio, che comprende anche l'individuazione dei siti, si basa sulla valutazione del rischio di cui all'Allegato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo; è soggetta a modifiche e aggiornamenti, al fine di tenere conto delle variazioni dello stato dei corpi idrici. Rimangono, invece, fissi i siti della rete nucleo di cui al punto A.3.2.4 del presente Allegato che sono sottoposti a un monitoraggio di sorveglianza con le modalità di cui al medesimo punto A.3.2.4.

     A.3.1.2. Obiettivi del monitoraggio

     L'obiettivo del monitoraggio è quello di stabilire un quadro generale coerente ed esauriente dello stato ecologico e chimico delle acque all'interno di ciascun bacino idrografico ivi comprese le acque marino-costiere assegnate al distretto idrografico in cui ricade il medesimo bacino idrografico e permettere la classificazione di tutti i corpi idrici superficiali, "individuati" ai sensi dell'Allegato 3, punto 1.1, sezione B del presente decreto legislativo, in cinque classi.

     Le autorità competenti nel definire i programmi di monitoraggio assicurano all'interno di ciascun bacino idrografico:

     o la scelta dei corpi idrici da sottoporre al monitoraggio di sorveglianza e/o operativo in relazione alle diverse finalità dei due tipi di controllo;

     o l'individuazione di siti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata per la valutazione dello stato ecologico e chimico, tenendo conto ai fini dello stato ecologico delle indicazioni minime riportate nei protocolli di campionamento.

     In particolari corpi idrici per alcuni elementi di qualità con grande variabilità naturale o a causa di pressioni antropiche, può essere necessario un monitoraggio più intensivo (per numero di siti e frequenze di campionamento) al fine di ottenere livelli alti o comunque sufficienti di attendibilità e precisione nella valutazione dello stato di un corpo idrico.

     Per la categoria "Acque di Transizione", per il primo anno dall'avvio del monitoraggio, è consentito di procedere in deroga rispetto a quanto previsto nel protocollo ICRAM, relativamente all'individuazione degli habitat da monitorare ed al conseguente posizionamento dei siti di misura.

     In questo caso, nel primo anno il monitoraggio è comunque condotto in conformità alle disposizioni del presente decreto legislativo e volto a raccogliere gli elementi conoscitivi necessari all'individuazione degli habitat per l'adeguamento dei piani di monitoraggio negli anni successivi .

     A.3.1.3. Progettazione del monitoraggio e valutazione del rischio  Sulla base di quanto disposto nell'Allegato 3 al presente decreto legislativo nella sezione relativa alle pressioni e agli impatti (punto 1.1 sezione C), i corpi idrici sono assegnati ad una delle categorie di rischio ivi elencate.

 

     Tab. 3.1. Categorie del rischio

 

Categoria del rischio

Definizione

 

 

a

Corpi idrici a rischio

b

Corpi idrici probabilmente a rischio (in base ai dati disponibili non è possibile assegnare la categoria di rischio sono pertanto necessarie ulteriori informazioni)

c

Corpi idrici non a rischio

 

     Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato nei corpi idrici rappresentativi per ciascun bacino idrografico, e fondamentalmente appartenenti alle categorie "b" e "c" salvo le eccezioni di siti in corpi idrici a rischio importanti per la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica o particolarmente significativi su scala di bacino o laddove le Regioni ritengano opportuno effettuarlo, sulla base delle peculiarità del proprio territorio.

     La priorità dell'attuazione del monitoraggio di sorveglianza è rivolta a quelli di categoria "b" al fine di stabilire l'effettiva condizione di rischio. Il monitoraggio operativo è, invece, programmato per tutti i corpi idrici a rischio rientranti nella categoria "a".

     Come riportato nella sezione C del punto 1.1 dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo, tra i corpi idrici a rischio possono essere inclusi anche corpi idrici che, a causa dell'importanza delle pressioni in essi incidenti, sono a rischio per il mantenimento dell'obiettivo buono.

     A.3.2. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza

     A.3.2.1. Obiettivi

     Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato per :

     * integrare e convalidare i risultati dell'analisi dell'impatto di cui alla sezione C del punto 1.1 dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo;

     * la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio;

     * la valutazione delle variazioni a lungo termine di origine naturale (rete nucleo);

     * la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica (rete nucleo);

     * tenere sotto osservazione l'evoluzione dello stato ecologico dei siti di riferimento;

     * classificare i corpi idrici.

     I risultati di tale monitoraggio sono riesaminati e utilizzati, insieme ai risultati dell'analisi dell'impatto di cui all'Allegato 3 del presente decreto legislativo, per stabilire i programmi di monitoraggio successivi.

     Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato per almeno un anno ogni sei anni (arco temporale di validità di un piano di gestione).

     A.3.2.2. Selezione dei corpi idrici e dei siti di monitoraggio

     Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato su un numero sufficiente e, comunque, rappresentativo di corpi idrici al fine di fornire una valutazione dello stato complessivo di tutte le acque superficiali di ciascun bacino e sotto-bacino idrografico compreso nel distretto idrografico.

     Nel selezionare i corpi idrici rappresentativi, le Autorità competenti, assicurano che il monitoraggio sia effettuato in modo da rispettare gli obiettivi specificati al punto A.3.2.1 del presente Allegato comprendendo anche i seguenti siti:

     * nei quali la proporzione del flusso idrico è significativa nell'ambito dell'intero bacino idrografico;

     * a chiusura di bacino e dei principali sottobacini;

     * nei quali il volume d'acqua presente è significativo nell'ambito del bacino idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali;

     * in corpi idrici significativi che attraversano la frontiera italiana con altri Stati membri;

     * identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di informazioni;

     * necessari per valutare la quantità d'inquinanti trasferiti attraverso le frontiere italiane con altri Stati membri e nell'ambiente marino;

     * identificati per la definizione delle condizioni di riferimento;

     * di interesse locale.

     A.3.2.3. Monitoraggio e validazione dell'analisi di rischio

     Qualora la valutazione del rischio, effettuata sulla base dell'attività conoscitiva pregressa, abbia una bassa attendibilità (es. per insufficienza dei dati di monitoraggio pregressi, mancanza di dati esaustivi sulle pressioni esistenti e dei relativi impatti), il primo monitoraggio di sorveglianza può essere esteso ad un maggior numero di siti e corpi idrici, rispetto a quelli necessari nei successivi programmi di sorveglianza.

     Contestualmente, al fine di completare il processo dell'analisi puntuale delle pressioni e degli impatti, viene effettuata, secondo le modalità riportate nell'Allegato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo, un'indagine integrativa dettagliata delle attività antropiche insistenti sul corpo idrico ed un'analisi della loro incidenza sulla qualità dello stesso per ottenere le informazioni necessarie per l'assegnazione definitiva della classe di rischio.

     I corpi idrici che a seguito della suddetta attività vengono identificati come a rischio sono inseriti nell'elenco dei corpi idrici già identificati come a rischio e come tali assoggettati al programma di monitoraggio operativo.

     A.3.2.4. Valutazione delle variazioni a lungo termine in condizioni naturali o risultanti da una diffusa attività antropica: definizione della rete nucleo

     Il monitoraggio di sorveglianza è finalizzato altresì a fornire valutazioni delle variazioni a lungo termine dovute sia a fenomeni naturali sia a una diffusa attività antropica.

     Per rispondere agli obiettivi, di cui al punto A.3.2.1 del presente Allegato, di valutare le variazioni sia naturali sia antropogeniche a lungo termine, è selezionato un sottoinsieme di punti fissi denominato rete nucleo.

     Per le variazioni a lungo termine di origine naturale sono considerati, ove esistenti, i corpi idrici identificati come siti di riferimento di cui al punto 1.1.1 dell'Allegato 3 al presente decreto legislativo, in numero sufficiente per lo studio delle variazioni a lungo termine per ciascun bacino idrografico, tenendo conto dei diversi tipi di corpo idrico presenti. Qualora, per determinati tipi ed elementi biologici relativi non esistano siti di riferimento o non siano in numero sufficiente per una corretta analisi a lungo termine, si considerano in sostituzione siti in stato buono.

     La valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica richiede la scelta di corpi idrici e, nel loro ambito, di siti rappresentativi di tale attività per la determinazione o la conferma dell'impatto.

     Il monitoraggio di sorveglianza nei siti della rete nucleo ha un ciclo più breve e più precisamente triennale con frequenze di campionamento di cui alle tabelle 3.6 e 3.7 del presente Allegato.

     I primi risultati del monitoraggio di sorveglianza effettuato nella rete nucleo costituiscono il livello di riferimento per la verifica delle variazioni nel tempo. Rispetto a tale livello di riferimento sono valutati la graduale riduzione dell'inquinamento da parte di sostanze dell'elenco di priorità (indicate al punto A.2.6) e delle altre sostanze inquinanti di cui all'Allegato 8 del presente decreto legislativo, nonchè i risultati dell'arresto e della graduale eliminazione delle emissioni e perdite delle sostanze pericolose prioritarie.

     A.3.2.5. Selezione degli elementi di qualità

     Nel monitoraggio di sorveglianza per la valutazione e classificazione dello stato ecologico sono monitorati, almeno per un periodo di un anno, i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità biologici idromorfologici, fisico-chimici di cui al punto A.1 del presente Allegato (fatto salve le eccezioni previste al punto A.3.5) e le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato 8 del presente decreto legislativo. In riferimento a queste ultime il monitoraggio è obbligatorio qualora siano scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o sottobacino. Per quantità significativa si intende la quantità di sostanza inquinante che potrebbe compromettere il raggiungimento di uno degli obiettivi di cui all'articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo; ad esempio uno scarico si considera significativo qualora abbia impattato un'area protetta o ha causato superamenti di qualsiasi standard di cui al punto A.2.7 del presente Allegato o ha causato effetti tossici sull'ecosistema.

     La selezione delle sostanze chimiche da controllare nell'ambito del monitoraggio di sorveglianza si basa sulle conoscenze acquisite attraverso l'analisi delle pressioni e degli impatti. Inoltre la selezione è guidata anche da informazioni sullo stato ecologico laddove risultino effetti tossici o evidenze di effetti ecotossicologici. Quest'ultima ipotesi consente di identificare quelle situazioni in cui vengono introdotti nell'ambiente prodotti chimici non evidenziati dall'analisi degli impatti e per i quali è pertanto necessario un monitoraggio d'indagine. Anche i dati di monitoraggio pregressi costituiscono un supporto per la selezione delle sostanze chimiche da monitorare.

     Per quanto riguarda invece la valutazione e classificazione dello stato chimico sono da monitorare le sostanze dell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato per le quali a seguito di un'analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata per ciascuna singola sostanza dell'elenco di priorità, risultano attività che ne comportano scarichi, emissioni, rilasci e perdite nel bacino idrografico o sottobacino.

     Nell'analisi delle attività antropiche che possono provocare la presenza nelle acque di sostanze dell'elenco di priorità, è necessario tener conto non solo delle attività in essere ma anche di quelle pregresse. La selezione delle sostanze chimiche è supportata da documentazione tecnica relativa all'analisi delle pressioni e degli impatti, che costituisce parte integrante del programma di monitoraggio da inserire nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque. Qualora non vi siano informazioni sufficienti per effettuare una valida e chiara selezione delle sostanze dell'elenco di priorità, a fini precauzionali e di indagine, sono da monitorare tutte le sostanze di cui non si possa escludere a priori la presenza nel bacino o sottobacino.

     A.3.2.6. Monitoraggio di sorveglianza stratificato

     Nel monitoraggio di sorveglianza non sono da monitorare necessariamente nello stesso anno tutti i corpi idrici selezionati. Il programma di sorveglianza può, pertanto, prevedere che i corpi idrici siano monitorati anche in anni diversi, con un intervallo temporale preferibilmente non superiore a 3 anni, nell'arco del periodo di validità del piano di gestione e del piano di tutela delle acque. In tal caso, nei diversi anni è consentito un monitoraggio stratificato effettuando il controllo a sottoinsiemi di corpi idrici, identificati sulla base di criteri geografici (ad esempio corpi idrici di un intero bacino o sottobacino). Comunque, tutti i corpi idrici inclusi nel programma di sorveglianza sono da monitorare in tempo utile, per consentire la verifica dell'obiettivo ambientale e la predisposizione del nuovo Piano di gestione.  Il monitoraggio stratificato può essere applicato a decorrere dal 2010.

     A.3.3. Monitoraggio operativo delle acque superficiali

     A.3.3.1. Obiettivi

     Il monitoraggio operativo è realizzato per:

     * stabilire lo stato dei corpi idrici identificati "a rischio" di non soddisfare gli obiettivi ambientali dell'articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo;

     * valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi idrici risultante dai programmi di misure;

     * classificare i corpi idrici

     A.3.3.2. Selezione dei corpi idrici

     Il monitoraggio operativo è effettuato per tutti i corpi idrici:

     * che sono stati classificati a rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali sulla base dell'analisi delle pressioni e degli impatti e/o dei risultati del monitoraggio di sorveglianza e/o da precedenti campagne di monitoraggio;

     * nei quali sono scaricate e/o immesse e/o rilasciate e/o presenti le sostanze riportate nell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato.

     Ove tecnicamente possibile è consentito raggruppare corpi idrici secondo i criteri riportati al punto A.3.3.5 del presente Allegato e limitare il monitoraggio solo a quelli rappresentativi.

     A.3.3.3. Selezione dei siti di monitoraggio

     I siti di monitoraggio sono selezionati come segue:

     * per i corpi idrici soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte d'inquinamento puntuale, i punti di monitoraggio sono stabiliti in numero sufficiente per poter valutare l'ampiezza e l'impatto delle pressioni della fonte d'inquinamento. Se il corpo è esposto a varie pressioni da fonte puntuale, i punti di monitoraggio possono essere identificati con la finalità di valutare l'ampiezza dell'impatto dell'insieme delle pressioni;

     * per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte diffusa, nell'ambito di una selezione di corpi idrici, si situano punti di monitoraggio in numero sufficiente e posizione adeguata a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte diffusa. La selezione dei corpi idrici deve essere effettuata in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi alle pressioni della fonte diffusa e dei relativi rischi di non raggiungere un buono stato delle acque superficiali;

     * Per i corpi idrici esposti a un rischio di pressione idromorfologica significativa vengono individuati, nell'ambito di una selezione di corpi, punti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata, per valutare ampiezza e impatto delle pressioni idromorfologiche. I corpi idrici selezionati devono essere rappresentativi dell'impatto globale della pressione idromorfologica a cui sono esposti tutti i corpi idrici.

     Nel caso in cui il corpo idrico sia soggetto a diverse pressioni significative è necessario distinguerle al fine di individuare le misure idonee per ciascuna di esse. Conseguentemente si considerano differenti siti di monitoraggio e diversi elementi di qualità. Qualora non sia possibile determinare l'impatto di ciascuna pressione viene considerato l'impatto complessivo.

     A.3.3.4. Selezione degli elementi di qualità

     Per i programmi di monitoraggio operativo devono essere selezionati i parametri indicativi degli elementi di qualità biologica, idromorfologica e chimico-fisica più sensibili alla pressione o pressioni significative alle quali i corpi idrici sono soggetti.

     Nelle seguenti tabelle 3.2, 3.3, 3.4 e 3.5 vengono riportati, a titolo indicativo, gli elementi di qualità più idonei per specifiche pressioni per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere. Quando più di un elemento è sensibile a una pressione, si scelgono, sulla base del giudizio esperto dell'autorità competente, gli elementi più sensibili per la categoria di acque interessata o quelli per i quali si disponga dei sistemi di classificazione più affidabili.

     Tra le sostanze chimiche quelle da monitorare sono da individuare, come nel monitoraggio di sorveglianza, sulla base dell'analisi delle pressioni e degli impatti. Le sostanze dell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato sono monitorate qualora vengano scaricate, immesse o vi siano perdite nel corpo idrico indagato. Le altre sostanze riportate all'Allegato 8 del presente decreto legislativo sono monitorate qualora tali scarichi, immissioni o perdite nel corpo idrico siano in quantità significativa da poter essere un rischio per il raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di cui all'articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo.

 

Tab. 3.2. - Tab. 3.5.

 

     A.3.3.5. Raggruppamento dei corpi idrici

     Al fine di conseguire il miglior rapporto tra costi del monitoraggio ed informazioni utili alla tutela delle acque ottenute dallo stesso, è consentito il raggruppamento dei corpi idrici e tra questi sottoporre a monitoraggio operativo solo quelli rappresentativi, nel rispetto di quanto riportato al presente paragrafo.

     Il raggruppamento può essere applicato qualora l'Autorità competente al monitoraggio sia in possesso delle informazioni necessarie per effettuare le decisioni di gestione su tutti i corpi idrici del gruppo. In ogni caso, è necessario che il raggruppamento risulti tecnicamente e scientificamente giustificabile e le motivazioni dello stesso siano riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque assieme al protocollo di monitoraggio ed è comunque escluso nel caso di pressioni puntuali significative.

     Il raggruppamento dei corpi idrici individuati è altresì applicabile solo nel caso in cui per gli stessi esistano tutte le seguenti condizioni:

     a) appartengono alla stessa categoria ed allo stesso tipo;

     b) sono soggetti a pressioni analoghe per tipo, estensione e incidenza;

     c) presentano sensibilità paragonabile alle suddette pressioni;

     d) presentano i medesimi obiettivi di qualità da raggiungere;

     e) appartengono alla stessa categoria di rischio.

     Qualora si faccia ricorso al raggruppamento è possibile monitorare, di volta in volta, i diversi corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo allo scopo di avere una migliore rappresentatività dell'intero raggruppamento.

     La classe di qualità risultante dai dati di monitoraggio effettuato sul/i corpo/i idrico/i rappresentativi del raggruppamento, si applica a tutti gli altri corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo.

     Per le caratteristiche fisiografiche delle acque lacustri italiane si ritiene non appropriata l'applicazione del raggruppamento per il monitoraggio di questa categoria di corpi idrici.

     A.3.4. Ulteriori indicazioni per la selezione dei siti di monitoraggio

     All'interno di un corpo idrico selezionato per il monitoraggio, sono individuati uno o più siti di monitoraggio. Per sito si intende una stazione di monitoraggio, individuata da due cooordinate geografiche, rappresentativa di un'area del corpo idrico. Qualora non sia possibile monitorare nel sito individuato tutti gli elementi di qualità, si individuano sotto-siti, all'interno della stessa area, i cui dati di monitoraggio si integrano con quelli rilevati nel sito principale.

     In tal caso i sotto-siti sono posizionati in modo da controllare la medesima ampiezza e il medesimo insieme di pressioni.

     Nella rappresentazione cartografica va riportato unicamente il sito principale.

     In merito al monitoraggio biologico è opportuno individuare e selezionare l'habitat dominante che sostiene l'elemento di qualità più sensibile alla pressione.

     Nel determinare gli habitat da monitorare si tiene conto anche di quanto riportato, sull'argomento, nei singoli protocolli di campionamento.

     I siti sono localizzati ad una distanza dagli scarichi tale da risultare esterne all'area di rimescolamento delle acque (di scarico e del corpo recettore) in modo da valutare la qualità del corpo idrico recettore e non quella degli apporti. A tal fine può essere necessario effettuare misure di variabili chimico-fisiche (quali temperatura e conducibilità) onde dimostrare l'avvenuto rimescolamento.

     In base alla scala ed alla grandezza della pressione, la Regione identifica l'ubicazione e la distribuzione dei siti di campionamento.

     Nei casi in cui il corpo idrico è soggetto a una o più pressioni che causano il rischio del non raggiungimento degli obiettivi, i siti sono ubicati all'interno della zona d'impatto, conosciuta o prevista, per monitorare che gli obiettivi vengano raggiunti e che le misure di contenimento stabilite siano adatte alle pressioni esistenti.

 

     A.3.5 Frequenze [1547]

     Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato, per almeno 1 anno ogni sei anni (periodo di validità di un piano di gestione del bacino idrografico), salvo l'eccezione della rete nucleo che è controllata ogni tre anni. Il ciclo del monitoraggio operativo varia invece in funzione degli elementi di qualità presi in considerazione così come indicato nelle note delle seguenti tabelle 3.6 e 3.7.

     Nelle suddette tabelle sono riportate le frequenze di campionamento nell'anno di monitoraggio di sorveglianza e operativo, per fiumi e laghi e per acque di transizione e marino-costiere. Nell'ambito del monitoraggio operativo è possibile ridurre le frequenze di campionamento solo se giustificabili sulla base di conoscenze tecniche e indagini di esperti. Queste ultime, riportate in apposite relazioni tecniche, sono inserite nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque. La frequenza del monitoraggio delle sostanze PBT ubiquitarie di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, recanti il numero 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44, può essere ridotta, purchè tale monitoraggio sia rappresentativo e sia disponibile un riferimento statisticamente valido per la presenza di tali sostanze nel corpo idrico. Nei piani di gestione vengono inserite le informazioni sulla riduzione delle frequenze del monitoraggio.

     Nella progettazione dei programmi di monitoraggio si tiene conto della variabilità temporale e spaziale degli elementi di qualità biologici e dei relativi parametri indicativi. Quelli molto variabili possono richiedere una frequenza di campionamento maggiore rispetto a quella riportata nelle tabelle 3.6 e 3.7. Può essere inoltre previsto anche un programma di campionamento mirato per raccogliere dati in un limitato ma ben definito periodo durante il quale si ha una maggiore variabilità.

     Nel caso di sostanze che possono avere un andamento stagionale come ad esempio i prodotti fitosanitari e i fertilizzanti, le frequenze di campionamento possono essere intensificate in corrispondenza dei periodi di massimo utilizzo.

     L'Autorità competente, per ulteriori situazioni locali specifiche, può prevedere per ciascuno degli elementi di qualità da monitorare frequenze più ravvicinate al fine di ottenere una precisione sufficiente nella validazione delle valutazioni dell'analisi degli impatti.

     Al contrario, per le sostanze chimiche dell'elenco di priorità e per tutte le altre sostanze chimiche per le quali nel primo monitoraggio di sorveglianza vengono riscontrate concentrazioni che garantiscono il rispetto dello standard di qualità, le frequenze di campionamento nei successivi monitoraggi di sorveglianza possono essere ridotte. In tal caso le modalità e le motivazioni delle riduzioni sono riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque.

 

     Tab. 3.6. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell’arco di un anno per fiumi e laghi

 

ELEMENTI DI QUALITÀ

FIUMI

 

LAGHI

 

 

BIOLOGICI

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (2)

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (2)

 

Fitoplancton

 

 

6 volte (3)

6 volte (3)

 

Macrofite

2 volte (4)

2 volte (4)

1 volta (5)

1 volta (5)

 

Diatomee

2 volte in coincidenza con il campionamento dei macroinvertebrati (6)

2 volte, in coincidenza con il campionamento dei macroinvertebrati (6)

 

 

 

Macroinvertebrati

3 volte (7)

3 volte(7)

almeno 2 volte (5)

almeno 2 volte (5)

 

Pesci

1 volta (8)

1 volta (8)

1 volta (9)

1 volta (9)

 

IDROMORFOLOGICI

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO

 

Continuità

1 volta

1 volta (10)

 

 

 

Idrologia

Continuo (11)

Continuo (11)

Continuo (12)

Continuo (12)

 

 

alterazione morfologica

1 volta

1 volta (10)

1 volta

1 volta (10)

Morfologia (13)

caratterizzazione degli habitat prevalenti (14)

1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati

1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati

1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati

1 volta in coincidenza con uno dei campionamenti dei macroinvertebrati

FISICO-CHIMICI E CHIMICI

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (15)

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (15)

 

Condizioni termiche

Trimestrale e

Trimestrale e

Bimestrale e

Bimestrale e

 

Ossigenazione

comunque in

comunque in

comunque in

comunque in

 

Conducibilità

coincidenza del

coincidenza del

coincidenza del

coincidenza con il

 

Stato dei nutrienti

campionamento

campionamento

campionamento

campionamento

 

Stato di acidificazione

dei macroinvertebrati e/o delle diatomee

dei macroinvertebrati e/o delle diatomee

del fitoplancton

del fitoplancton

 

Altre sostanze non appartenenti all'elenco di priorità (16)

- trimestrale nella matrice acqua. Possibilmente in coincidenza con campionamento dei macroinvertebrati e/o delle diatomee

- trimestrale nella matrice acqua. Nell'anno del monitoraggio biologico i campionamenti sono effettuati possibilmente in coincidenza con quelli dei macroinvertebrati e/o delle diatomee

- trimestrale in colonna d'acqua

trimestrale in colonna d'acqua

 

Sostanze dell'elenco di priorità (17) (18)

- mensile nella matrice acqua e annuale nel biota

- mensile nella matrice acqua e annuale nel biota

- mensile in colonna d'acqua e annuale nel biota

- mensile in colonna d'acqua e annuale nel biota

 

 

Le frequenze riportate in tabella per fiumi e laghi sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui al manuale APAT 46/2007 e quaderni e notiziari CNR-IRSA.

 

Note alla tabella Tab. 3.6.

(1) Il ciclo del monitoraggio di sorveglianza è almeno sessennale fatte salve le eccezioni previste in tabella per l’idrologia dei fiumi e per i siti della rete nucleo.

(2) Il monitoraggio operativo degli elementi di qualità biologica, salvo il fitoplancton nei laghi, è effettuato con cicli non superiori a 3 anni.

(3) Nei laghi che presentano un periodo di copertura glaciale il numero dei campioni viene ridotto di conseguenza. Nel monitoraggio di sorveglianza, per i laghi per i quali non ci siano dati tali da poter fornire un’attendibile classificazione è necessario avviare una prima campagna di monitoraggio per un totale di almeno 18 campioni

(circa tre anni). Per i corpi idrici lacustri rientranti nella rete nucleo, il ciclo di monitoraggio è annuale secondo le frequenze di campionamento riportate in tabella. Il ciclo del monitoraggio operativo è sempre annuale secondo le frequenze di campionamento riportate in tabella.

(4) Monitoraggio facoltativo per i fiumi ricadenti nelle idroecoregioni alpine e per i fiumi grandi e molto grandi così come definiti nella sezione A punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo.

(5) Monitoraggio non richiesto per gli invasi, così come definiti nella sezione A al punto 1.1 dell’Allegato 3 del presente decreto legislativo.

(6) La frequenza di campionamento è aumentata a 3 volte per fiumi ad elevata variabilità idrologica naturale o artificiale e grandi fiumi.

(7) La frequenza di campionamento è ridotta a 2 volte per i fiumi temporanei mentre è aumentata a 4 volte per fiumi ad elevata variabilità idrologica naturale o artificiale e grandi fiumi.

(8) Nel caso di corsi d’acqua temporanei il monitoraggio dei pesci è facoltativo.

(9) Per gli invasi, così come definiti nella sezione A al punto 1.1 dell’Allegato 3, il monitoraggio dei pesci è facoltativo.

(10) Il monitoraggio operativo è effettuato con cicli non superiori a 6 anni.

(11) Le misurazioni in continuo sono da prevedersi per i siti idrologicamente significativi della rete, è possibile utilizzare interpolazioni per gli altri siti.

(12) È preferibile l'uso di stazioni idrologiche automatiche, in loro assenza è necessaria la misura di livello con frequenza mensile, incrementata a settimanale in caso di siccità con forti prelievi di acqua e, possibilmente, giornaliera in caso forti precipitazioni.

(13) Nelle more della pubblicazione di un metodo ufficiale, le Regioni utilizzano metodologie di rilevamento già in essere.

(14) Gli habitat prevalenti sono caratterizzati a partire dal 2010 sulla base dei criteri tecnici pubblicati dai competenti istituti scientifici nazionali.

(15) Il ciclo del monitoraggio operativo degli elementi fisico-chimici e chimici è annuale.

(16) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel corpo idrico.

(17) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel corpo idrico.

(18) Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o il biota, le regioni e le province autonome monitorano la sostanza nella corrispondente matrice almeno una volta all'anno, sempre che le conoscenze tecniche e la valutazione degli esperti non giustifichino un altro intervallo. La giustificazione della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c), e secondo quanto previsto all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva consolidata.

 

Tab. 3.7. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell’arco di un anno per acque di transizione e marino-costiere

 

Elementi di qualità

ACQUE DI TRANSIZIONE

 

ACQUE MARINO-COSTIERE

 

BIOLOGICI

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (2)

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (2)

Fitoplancton

4 volte (3)

4 volte (3)

6 volte

6 volte

Fanerogame

1 volta

1 volta

1 volta (4)

1 volta (4)

Macroalghe

2 volte

2 volte

1 volta

1 volta

Macroinvertebrati

2 volte

1 volta

2 volte (5)

2 volte (5)

IDROMORFOLOGICI

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO

Profondità e morfologia del fondale

1 volta

1 volta (6)

1 volta

1 volta (6)

Natura e composizione del substrato

In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame

In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame

In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame

In coincidenza del campionamento degli elementi biologici Macroinvertebrati bentonici e Fanerogame

Struttura della zona intertidale (copertura e composizione della vegetazione)

1 volta (7)

1 volta (7)

 

 

Regime di marea

Da definire in base alle caratteristiche del corpo idrico (8)

Da definire in base alle caratteristiche del corpo idrico (8)

 

 

Regime correntometrico

 

 

1 volta

1 volta (6)

FISICO-CHIMICI E CHIMICI

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (9)

SORVEGLIANZA (1)

OPERATIVO (9)

Condizioni termiche

Trimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton, macrofite e fauna ittica (10)

Trimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton, macrofite e fauna ittica (10)

Bimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton e fanerogame (11)

Bimestrale e comunque in coincidenza del campionamento del fitoplancton e delle fanerogame (11)

Ossigenazione

 

 

 

 

Salinità

 

 

 

 

Stato dei nutrienti

 

 

 

 

Stato di acidificazione

 

 

 

 

Altre sostanze non appartenenti all'elenco di priorità (12)

Trimestrale in colonna d'acqua

Trimestrale in colonna d'acqua

Trimestrale in colonna d'acqua

Trimestrale in colonna d'acqua

Sostanze dell'elenco di priorità (13) (14)

Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota

Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota

Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota

Mensile in colonna d'acqua e annuale in sedimenti o biota

 

Le frequenze riportate in tabella per le acque di transizione e marino-costiere sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui ai manuali ICRAM ed ISPRA.

 

Note alla tabella Tab. 3.7.

(1) Il ciclo del monitoraggio di sorveglianza è almeno sessennale eccetto per i siti della rete nucleo e, limitatamente alle acque di transizione, per la struttura della zona intertidale e del regime di marea

(vedi rispettivamente nota 7 e 8).

(2) Il monitoraggio operativo degli elementi di qualità biologica, è effettuato con cicli non superiori a 3 anni, salvo il fitoplancton che è controllato ogni anno secondo le frequenze riportate in tabella.

(3) Campionamento stagionale.

(4) Campionamento da effettuarsi tra giugno e settembre.

(5) Campionamento semestrale.

(6) Il monitoraggio operativo è effettuato con cicli non superiori a 6 anni.

(7) Entrambi i monitoraggi

(sorveglianza e operativo) sono effettuati con cicli non superiori a 3 anni.

(8) Bilancio idrologico da eseguire ogni 3 anni, mediante misure distribuite nel tempo, con cadenze che dipendono dalle caratteristiche morfologiche ed idrodinamiche del corpo idrico da monitorare.

(9) Il ciclo del monitoraggio operativo degli elementi fisico-chimici e chimici è annuale.

(10) Per la fauna ittica sono obbligatorie solo le misure delle condizioni termiche, di ossigenazione e di salinità.

(11) Per le fanerogame sono obbligatorie solo le misure delle condizioni termiche e della trasparenza.

(12) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel corpo idrico.

(13) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel corpo idrico.

(14) Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o il biota, le regioni e le province autonome monitorano la sostanza nella corrispondente matrice almeno una volta all'anno, sempre che le conoscenze tecniche e la valutazione degli esperti non giustifichino un altro intervallo. La giustificazione della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c), e secondo quanto previsto all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva consolidata.

 

     A.3.6. Monitoraggio d'indagine [1548]

     Il monitoraggio d'indagine è richiesto in casi specifici e più precisamente:

     * quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti (ad esempio quando non si ha chiara conoscenza delle cause del mancato raggiungimento del buono stato ecologico e/o chimico, ovvero del peggioramento dello stato delle acque);

     * quando il monitoraggio di sorveglianza indica per un dato corpo idrico il probabile rischio di non raggiungere gli obiettivi, di cui all'articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo, e il monitoraggio operativo non è ancora stato definito, al fine di avere un quadro conoscitivo più dettagliato sulle cause che impediscono il raggiungimento degli obiettivi;

     * per valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale.

     I risultati del monitoraggio costituiscono la base per l'elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di interventi specifici atti a rimediare agli effetti dell'inquinamento accidentale.

     Tale tipo di monitoraggio può essere più intensivo sia in termini di frequenze di campionamento che di numero di corpi idrici o parti di essi.

     Rientrano nei monitoraggi di indagine gli eventuali controlli investigativi per situazioni di allarme o a scopo preventivo per la valutazione del rischio sanitario e l'informazione al pubblico oppure i monitoraggi di indagine per la redazione di autorizzazioni preventive (es. prelievi di acqua o scarichi). Questo tipo di monitoraggio può essere considerato come parte dei programmi di misure richiesti dall'art. 116 del presente decreto legislativo e può includere misurazioni in continuo di alcuni prodotti chimici e/o l'utilizzo di determinandi biologici anche se non previsti dal regolamento per quella categoria di corpo idrico. L'Autorità competente al monitoraggio definisce gli elementi (es. ulteriori indagini su sedimenti e biota, raccolta ed elaborazione di dati sul regime di flusso, morfologia ed uso del suolo, selezione di sostanze inquinanti non rilevate precedentemente ecc.) e i metodi (ad es. misure ecotossicologiche, biomarker, tecniche di remote sensing) più appropriati per lo studio da realizzare sulla base delle caratteristiche e problematiche dell'area interessata. Eventuali saggi biologici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI.

     Il monitoraggio d'indagine non è usato per classificare direttamente, ma contribuisce a determinare la rete operativa di monitoraggio. Pur tuttavia i dati che derivano da tale tipo di monitoraggio possono essere utilizzati per la classificazione qualora forniscano informazioni integrative necessarie a un quadro conoscitivo più di dettaglio.

 

     A.3.7. Aree protette

     Per le aree protette, i programmi di monitoraggio tengono conto di quanto già riportato al punto A.3.1.1 del presente Allegato. I programmi di monitoraggio esistenti ai fini del controllo delle acque per la vita dei pesci e dei molluschi di cui all'articolo 79 del presente decreto legislativo costituiscono parte integrante del monitoraggio di cui dal presente Allegato [1549].

     A.3.8. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile

     I corpi idrici superficiali individuati a norma dell'articolo 82 del presente decreto legislativo che forniscono in media più di 100 m3 al giorno sono designati come siti di monitoraggio da eseguire secondo le modalità riportate ai paragrafi precedenti e sono sottoposti ad un monitoraggio supplementare al fine di soddisfare i requisiti previsti dal Decreto Legislativo del 02/02/2001 n. 31.

     Il monitoraggio suppletivo, da effettuarsi annualmente secondo la frequenza di campionamento riportata nella tab. 3.8, riguarda tutte le sostanze dell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato scaricate e/o immesse e/o rilasciate, nonchè tutte le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato 8 del presente decreto legislativo scaricate e/o immesse e/o rilasciate in quantità significativa da incidere negativamente sullo stato del corpo idrico.

     Nel monitoraggio si applicano i valori di parametro previsti dall'Allegato 1 del decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31 nei casi in cui essi risultino più restrittivi dei valori individuati per gli stessi parametri nelle tabelle 1/A, 1/B e 2B del presente Allegato. I parametri di cui alla tabella 1/A, indipendentemente dalla presenza di scarichi, immissioni o rilasci conosciuti, sono comunque tutti parte integrante di uno screening chimico da effettuarsi con cadenza biennale.

 

     Tab. 3.8. Frequenza di campionamento

 

Comunità servita

Frequenza

 

 

< 10.000

4 volte l'anno

Da 10.000 a 30.000

8 volte l'anno

> 30.000

12 volte l'anno

 

     Il monitoraggio supplementare non si effettua qualora siano già soddisfatti tutti i seguenti requisiti:

     1) le posizioni dei siti di monitoraggio dello stato delle acque superficiali risultano anche idonee a un controllo adeguato ai fini della tutela della qualità dell'acqua destinata alla produzione di acqua potabile;

     2) la frequenza del campionamento dello stato delle acque superficiali non è in nessun caso più bassa di quella fissata nella tabella 3.8;

     3) il rischio per la qualità delle acque per l'utilizzo idropotabile non è connesso:

     * a un parametro non pertinente alla valutazione dello stato delle acque superficiali (es. parametri microbiologici);

     * a uno standard di qualità più restrittivo per le acque potabili rispetto a quello previsto per lo stato delle acque superficiali del corpo idrico. In tali casi, il corpo idrico può non essere a rischio di non raggiungere lo stato buono ma è a rischio di non rispettare gli obiettivi di protezione delle acque potabili.

     A.3.9. Aree di protezione dell'habitat e delle specie

     I corpi idrici che rientrano nelle aree di protezione dell'habitat e delle specie sono compresi nel programma di monitoraggio operativo qualora, in base alla valutazione dell'impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire i propri obiettivi ambientali. Il monitoraggio viene effettuato per valutare la grandezza e l'impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su tali corpi idrici e, se necessario, per rilevare le variazioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finchè le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finchè non sono raggiunti gli obiettivi di cui all'articolo 77 del presente decreto legislativo.

     Qualora un corpo idrico sia interessato da più di uno degli obiettivi si applica quello più rigoroso.

     Come già riportato nella parte generale del presente Allegato, ai fini di evitare sovrapposizioni, la valutazione dello stato avviene per quanto possibile attraverso un unico monitoraggio articolato in modo da soddisfare le specifiche esigenze derivanti dagli obblighi delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.

     A.3.10. Precisione e attendibilità dei risultati del monitoraggio [1550]

     La precisione ed il livello di confidenza associato al piano di monitoraggio dipendono dalla variabilità spaziale e temporale associata ai processi naturali ed alla frequenza di campionamento ed analisi previste dal piano di monitoraggio stesso.

     Il monitoraggio è programmato ed effettuato al fine di fornire risultati con un adeguato livello di precisione e di attendibilità. Una stima di tale livello è indicata nel piano di monitoraggio stesso.

     Al fine del raggiungimento di un adeguato livello di precisione ed attendibilità, è necessario porre attenzione a:

     * il numero dei corpi idrici inclusi nei vari tipi di monitoraggio;

     * il numero di siti necessario per valutare lo stato di ogni corpo idrico;

     * la frequenza idonea al monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità.

     Per quanto riguarda i metodi sia di natura chimica che biologica, l'affidabilità e la precisione dei risultati devono essere assicurati dalle procedure di qualità interne ai laboratori che effettuano le attività di campionamento ed analisi. Per assicurare che i dati prodotti dai laboratori siano affidabili, rappresentativi ed assicurino una corretta valutazione dello stato dei corpi idrici, i laboratori coinvolti nelle attività di monitoraggio sono accreditati od operano in modo conforme a quanto richiesto dalla UNI CEN EN ISO 17025. I laboratori devono essere accreditati almeno per i parametri di maggiore rilevanza od operare secondo un programma di garanzia della qualità/controllo della qualità per i seguenti aspetti:

     o campionamento, trasporto, stoccaggio e trattamento del campione;

     o documentazione relativa alle procedure analitiche che devono essere basate su norme tecniche riconosciute a livello internazionale (CEN, ISO, EPA) o nazionale (UNI, metodi proposti dall'ISPRA o da CNR-IRSA per i corpi idrici fluviali e lacustri e metodi proposti dall'ISPRA per le acque marino-costiere e di transizione);

     o procedure per il controllo di qualità interno ai laboratori e partecipazione a prove valutative organizzati da istituzioni conformi alla ISO Guide 43-1;

     o convalida dei metodi analitici, determinazione dei limiti di rivelabilità e di quantificazione, calcolo dell'incertezza;

     o piani di formazione del personale;

     o procedure per la predisposizione dei rapporti di prova, gestione delle informazioni.

     Per i metodi per il campionamento degli elementi di qualità biologica si fa riferimento ai pertinenti manuali ISPRA, quaderni e notiziari CNR-IRSA per le acque dolci e manuali ISPRA ed ICRAM per le acque marino-costiere e di transizione.

     I metodi per i parametri chimici sono riportati nei Manuali e Linee Guida APAT/ CNR-IRSA n. 29/2003 e successivi aggiornamenti e in "Metodologie Analitiche di Riferimento. Programma di Monitoraggio per il controllo dell'Ambiente marino costiero (Triennio 2001-2003)" Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, ICRAM, Roma 2001 e successivi aggiornamenti.

     Per le sostanze dell'elenco di priorità per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dell'aggiornamento dei quaderni APAT/CNR-IRSA si fa riferimento per i metodi analitici alle metodiche di cui alla seguente tabella 3.9.

     Per la misura delle caratteristiche morfologiche dei corsi d'acqua, si fa riferimento ai pertinenti manuali ISPRA.

     Per la misura delle caratteristiche morfologiche dei laghi, si fa riferimento ai Report CNR-ISE.

     Per la misura della portata (solida e liquida) per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dei metodi ISPRA/CNR, si fa riferimento a quelli indicati nell'elenco di seguito riportato.

     Tab. 3.9. Metodi analitici per la misura delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco di priorità nella colonna d'acqua per le acque interne.

 

Sostanze dell’elenco di priorità

Metodi analitici

Alaclor

EN ISO 6468: 1996; ISO 11370:2000;

 

APAT 5060 (2003); Istisan 07/31

Antracene

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Atrazina

EN ISO 11369:1997; EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31

Benzene

ISO 15680:2003; ISO 11423-1:1997;

 

APAT 5140 (2003)

Cadmio e composti

EN ISO 5961:1994; ISO 17294-2:2003; ISO 15586:2003;

 

APAT 3120 (2003); Istisan 07/31

C10-13-cloroalcani

(1)

Clorfenvinfos

DIN EN 12918:1999; ISO 11370:2000;

 

APAT 5060 (2003); Istisan 07/31

Clorpyrifos (-etil, -metil)

DIN EN 12918:1999; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31

1,2-Dicloroetano

EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;

 

APAT 5150 (2003)

Diclorometano

EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;

 

APAT 5150 (2003)

Ftalato di bis(2-etilesile) (DEHP)

ISO 18856:2004

Diuron

EN ISO 11369:1997;

 

APAT 5050 (2003) con LC/MS

Endosulfan

EN ISO 6468:1996; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31

Fluorantene

ISO 17993:2002;

 

APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Esaclorobenzene

EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31

Esaclorobutadiene

EN ISO 10301:1997; APAT 5150 (2003)

Esaclorocicloesano

EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31

Isoproturon

EN ISO 11369:1997; APAT 5050 (2003) con LC/MS

Piombo e composti

ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007; ISO 15586:2003;

 

APAT 3230 (2003); Istisan 07/31

Mercurio e composti

EN 1483:1997; EN 12338:1998; EN 13506:2001;

 

APAT 3200 (2003); Istisan 07/31

Naftalene

ISO 17993:2002; ISO 15680:2003;

 

APAT 5080 (2003)

Nichel e composti

ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007; ISO 15586:2003;

 

APAT 3220 (2003); Istisan 07/31

Nonilfenoli

ISO 18857-1:2005

Octilfenoli

ISO 18857-1:2005

Pentaclorobenzene

EN ISO 6468:1996

Pentaclorofenolo

EN 12673:1998; ISO 8165-2:1999

Idrocarburi policiclici aromatici

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Benzo(a)pirene

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Benzo(b)fluorantene

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Benzo(g,h,i)perilene

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Benzo(k)fluorantene

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Indeno(1,2,3-cd)pirene

ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31

Simazina

EN ISO 11369:1997; EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000;

 

APAT 5060 (2003); Istisan 07/31

Composti del tributilstagno

ISO 17353:2004

Triclorobenzeni

EN ISO 6468:1996; ISO 15680:2003;

 

APAT 5150 (2003)

Triclorometano (Cloroformio)

EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;

 

APAT 5150 (2003)

Trifluralin

EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000

DDT Totale

EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31

Aldrin

EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31

Endrin

EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31

Isodrin

EN ISO 6468:1996

Dieldrin

EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31

Tetracloroetilene

EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)

Tetraclorometano (Tetracloruro di Carbonio)

EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)

Tricloroetilene

EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)

 

(1) Per il parametro C10-13-cloroalcani il monitoraggio si effettua allorchè sarà disponibile il relativo metodo analitico.

 

     Riferimenti metodologici per la misura della portata (solida e liquida) dei corsi d'acqua e dei laghi sono:

     * Manual on stream gauging - volume I - Fieldwork - World Meteorological Organization, n° 519;

     * Manual on stream gauging - volume II - Computation of discharge - World Meteorological Organization, n° 519 MO n° 519;

     * Hydrometry - Measurement of liquid flow in open channels using current-maters or floats - ISO 748/2007;

     * Measurement of liquid flow in open channels - Water level measuring devices - ISO 4373/1995;

     * Measurement of liquid flow in open channels - Part 1: Establishment and opertion of gauging station - ISO/1100-1;

     * Measurement of liquid flow in open channels - Part 2: Determination of the stage-discharge relation - ISO/1100-2;

     * Norme Tecniche per la raccolta e l'elaborazione dei dati idrometeorologici (Parte II, dati idrometrici) - Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, 1998.

     I monitoraggi e i relativi dati devono essere rispettivamente programmati e gestiti in modo tale da evitare rischi di errore di classificazione del corpo idrico al fine di ottimizzare i costi per il monitoraggio e poter orientare maggiori risorse economiche all'attuazione delle misure per il risanamento degli stessi corpi idrici.

     Le Autorità competenti riportano nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque la metodologia adottata per garantire adeguata attendibilità e precisione ai risultati derivanti dai programmi di monitoraggio.

     A.4 Classificazione e presentazione dello stato ecologico e chimico

     Sistemi di classificazione per lo stato ecologico

     Vengono, di seguito, riportati i sistemi di classificazione dello stato ecologico per le varie categorie di corpi idrici (fiumi, laghi, acque marino-costiere e di transizione). La classificazione è effettuata sulla base della valutazione degli Elementi di Qualità Biologica (EQB), degli elementi fisico-chimici, chimici (inquinanti specifici) e idromorfologici, nonchè dei metodi di classificazione di cui al presente allegato.

     Per gli elementi biologici la classificazione si effettua sulla base del valore di Rapporto di Qualità Ecologica (RQE), definito al punto 1.1.1, lett. D.2.1, dell'allegato 3, Parte terza del presente decreto legislativo, ossia del rapporto tra valore del parametro biologico osservato e valore dello stesso parametro, corrispondente alle condizioni di riferimento per il "tipo" di corpo idrico in osservazione. Pertanto, la classificazione degli elementi biologici deve tener conto del "tipo" di corpo idrico, stabilito in attuazione dei criteri tecnici di cui all'allegato 3 del presente decreto, e delle relative condizioni di riferimento tipo-specifiche. La tipo-specificità dei singoli EQB viene riportata all'interno dei relativi paragrafi del presente allegato.

     Si sottolinea che, in considerazione della diversa sensibilità degli EQB ai vari descrittori utilizzati nella tipizzazione in diversi casi la tipo specificità e le condizioni di riferimento sono indicate per gruppi di tipi (macrotipi).

     ISPRA predispone un manuale per la raccolta dei metodi di classificazione già elaborati, ciascuno per la propria competenza, dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRSA), dall'Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISE), dall'Istituto Superiore di Sanità, dall'Agenzia nazionale per le Nuove tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo economico sostenibile (ENEA), dall'ARPA Lombardia e dall'Ispettorato Generale del Corpo Forestale dello Stato (CFS). Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi degli Istituti e delle altre Amministrazioni su riportati, avvia un'attività di coordinamento con le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le ARPA e le APPA al fine della validazione dei metodi di classificazione indicati alla presente lettera A4 e per l'integrazione dei metodi non ancora definiti.

     A. 4.1 Corsi d'acqua

     Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

     - Macroinvertebrati

     - Diatomee

     - Macrofite

     - Pesci

     Macrotipi fluviali per la classificazione

     Ai fini della classificazione, per i macroinvertebrati bentonici e le diatomee i tipi fluviali di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 8 gruppi (macrotipi) come indicati alla Tab. 4.1/a.

     Tab. 4.1/a - Macrotipi fluviali e rapporto tra tipi fluviali per Macroinvertebrati e Diatomee

 

Area geografica

Macrotipi fluviali

Descrizione sommaria

Idroecoregioni

Alpino

A1

calcareo

1, 2, 3, 4 (Alpi)

 

A2

siliceo

 

Centrale

C

Tutti i tipi delle idroecoregioni ricadenti nell’area geografica

1, 2, 3, 4, 5, 7 (aree collinari o di pianura)

 

 

centrale

6 (pianura Padana a Nord del fiume Po)

Mediterraneo

M1

Fiumi molto piccoli e piccoli

8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16,

 

M2

Fiumi medi e grandi di pianura

17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni).

 

M3

Fiumi di pianura molto grandi

6 (fiumi perenni della pianura

 

M4

Fiumi medi di montagna

Padana a Sud del fiume Po)

 

M5

Corsi d'acqua temporanei

8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi temporanei)

 

 

 

6 (fiumi temporanei della pianura Padana a Sud del fiume Po)

 

     Per le macrofite i tipi fluviali di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 12 gruppi (macrotipi) come indicati alla tabella 4.1/b.

     Tab. 4.1/b - Macrotipi fluviali per Macrofite

 

Area geografica

Macrotipi

Descrizione

Idroecoregioni

Alpina

Aa

Molto piccoli e piccoli

1, 2, 3, 4 (Alpi)

 

Ab

Medi

 

Centrale

Ca

Molto piccoli e piccoli

1, 2, 3, 4 (aree collinari o di

 

Cb

Medi

pianura);

 

Cc

Grandi e molto grandi

5, 7;

 

 

 

6 (pianura Padana a Nord del fiume Po)

Mediterranea

Ma

Fiumi molto piccoli e piccoli

6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);

 

 

 

8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)

 

Mb

Fiumi medi e grandi di pianura

6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);

 

 

 

8, 9, 10, 11, 13, 14, 15

 

Mc

 

12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)

 

Md

Fiumi di pianura molto grandi

6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);

 

 

 

8, 9, 10, 11, 13, 14, 15

 

Me

 

12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)

 

Mf

Fiumi medi di montagna

6 (fiumi perenni della pianura Padana a Sud del fiume Po);

 

 

 

8, 9, 10, 11, 13, 14, 15

 

Mg

 

12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)

 

     L'elemento di qualità biologica "Fauna ittica" non risulta sensibile ai descrittori utilizzati per la tipizzazione effettuata ai sensi dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo. Pertanto, ai fini della classificazione è sufficiente considerare tutti i tipi fluviali presenti nelle idroecoregioni, prendendo a riferimento di volta in volta la comunità ittica attesa, in relazione alle Zone zoogeografico-ecologiche riportate nella tabella 4.1.1/h di cui alla sezione "Pesci" del paragrafo A.4.1.1 del presente Allegato.

     A.4.1.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

     Macroinvertebrati

     Il sistema di classificazione per i macroinvertebrati, denominato MacrOper, è basato sul calcolo dell'indice denominato Indice multimetrico STAR di Intercalibrazione (STAR ICMi), che consente di derivare una classe di qualità per gli organismi macrobentonici per la definizione dello Stato Ecologico.  Lo STAR ICMi è applicabile anche ai corsi d'acqua artificiali e fortemente modificati.

     Specifiche per i fiumi molto grandi e/o non accessibili(2)

     La classificazione dei fiumi molto grandi e/o non accessibili, cioè "non guadabili", ovvero di quei tipi fluviali per i quali non sia possibile effettuare in modo affidabile un campionamento multihabitat proporzionale, si ottiene dalla combinazione dei valori RQE ottenuti per gli indici STAR ICMi e MTS (Mayfly Total Score), mediante il calcolo della media ponderata.

(2) Per i fiumi molto grandi e/o non accessibili il metodo di campionamento richiede l'utilizzo di substrati artificiali a lamelle, sulla base delle specifiche tecniche contenute nelle pubblicazioni Buffagni A., Moruzzi E., Belfiore C., Bordin F., Cambiaghi M., Erba S., Galbiati L., Pagnotta R., 2007. Macroinvertebrati acquatici e direttiva 2000/60/EC (WFD) - parte D. Metodo di campionamento per i fiumi non guadabili. IRSA-CNR Notiziario dei metodi analitici, Marzo 2007 (1), 69-93.

 

     Limiti di classe e classificazione

     In tab. 4.1.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe validi sia per lo STAR ICMi sia per la media ponderata tra STAR ICMi e MTS, nel caso di fiumi molto grandi e/o non accessibili, per i macrotipi fluviali. L'attribuzione a una delle cinque classi di qualità per il sito in esame è da effettuarsi sulla base del valore medio dei valori dell'indice utilizzato relativi alle diverse stagioni di campionamento.

 

     Tab. 4.1.1/b - Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali

 

Macrotipo fluviale

 

 

Limiti di classe

 

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

A1

0,97

0,73

0,49

0,24

A2

0,95

0,71

0,48

0,24

C

0,96

0,72

0,48

0,24

M1

0,97

0,72

0,48

0,24

M2-M3-M4

0,94

0,70

0,47

0,24

M5

0,97

0,73

0,49

0,24

 

     I valori riportati in Tab. 4.1.1/b corrispondono al valore più basso della classe superiore.

     La sezione A dell'Appendice al presente Allegato riporta i valori di riferimento tipo-specifici ad oggi disponibili, per le sei metriche che compongono lo STAR ICMi e per il valore dell'indice stesso, nonchè i valori per l'indice MTS.

     Diatomee

     L'indice multimetrico da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità diatomiche, è l'indice denominato Indice Multimetrico di Intercalibrazione (ICMi).

     L'ICMi si basa sull'Indice di Sensibilità agli Inquinanti IPS e sull'Indice Trofico TI.

     Limiti di classe e classificazione

     In tabella 4.1.1/c sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell'ICMi, distinti nei macrotipi fluviali indicati nella tabella 4.1/a

 

     Tab. 4.1.1/c Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali.

 

Macrotipi

 

 

Limiti di classe

 

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

A1

0,87

0,70

0,60

0,30

A2

0,85

0,64

0,54

0,27

C

0,84

0,65

0,55

0,26

M1-M2-M3-M4

0,80

0,61

0,51

0,25

M5

0,88

0,65

0,55

0,26

 

     I valori riportati in Tab. 4.1.1/c corrispondono al valore più basso della classe superiore.

     Nella tabella 4.1.1/d vengono riportati i valori di riferimento degli indici IPS e TI da utilizzare per il calcolo dei rispettivi RQE.

 

     Tab. 4.1.1/d - Valori di riferimento degli indici IPS e TI per i macrotipi fluviali.

 

Macrotipo

Valori di riferimento

fluviale

IPS

TI

A1

18,4

1,7

A2

19,6

1,2

C

16,7

2,4

M1

17,15

1,2

M2

14,8

2,8

M3

16,8

2,8

M4

17,8

1,7

M5

16,9

2,0

 

     Macrofite

     L'indice da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità macrofitiche, è l'indice denominato "Indice Biologique Macrophyitique en Riviere" IBMR. L' IBMR è un indice finalizzato alla valutazione dello stato trofico inteso in termini di intensità di produzione primaria.

     Allo stato attuale questo indice non trova applicazione per i corsi d'acqua temporanei mediterranei.

     Limiti di classe e classificazione

     Nella tabella 4.1.1/e si riportano i valori di RQE IBMR relativi ai limiti di classe differenziati per Area geografica.

 

     Tab. 4.1.1/e - Valori di RQE IBMR relativi ai limiti tra le classi Elevata, Buona e Sufficiente

 

Area

 

 

Limiti di Classe

 

geografica

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

Alpina

0,85

0,70

0,60

0,50

Centrale

0,90

0,80

0,65

0,50

Mediterranea

0,90

0,80

0,65

0,50

 

     In tabella 4.1.1/f sono riportati i valori di riferimento da utilizzare per il calcolo di RQE IBMR per i macrotipi definiti in tabella 4.1/b.

 

     Tab. 4.1.1/f - Valori di riferimento dell'IBMR per i macrotipi fluviali

 

Area geografica

Macrotipi

Valore di riferimento

Alpina

Aa

14,5

 

Ab

14

Centrale

Ca

12,5

 

Cb

11,5

 

Cc

10,5

Mediterranea

Ma

12,5

 

Mb

10,5

 

Mc

10

 

Md

10,5

 

Me

10

 

Mf

11,5

 

Mg

11

 

     Fauna ittica

     L'indice da utilizzare per l'EQB fauna ittica è l'Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche - ISECI.

     Limiti di classe e condizioni di riferimento  Per quanto riguarda l'elemento di qualità biologica fauna ittica viene presa come condizione di riferimento, corrispondente allo stato ecologico elevato, la "comunità ittica attesa" con tutte le popolazioni che la costituiscono in buona condizione biologica (popolazioni ben strutturate in classi di età, capaci di riprodursi naturalmente, con buona o sufficiente consistenza demografica).  Al fine di individuare le comunità ittiche attese nei vari tipi fluviali viene compiuta una prima suddivisione del territorio nazionale su base zoogeografica e una seconda articolazione su base ecologica. La prima porta a distinguere tre "regioni": Regione Padana, Regione Italico-peninsulare, Regione delle Isole. La seconda porta a distinguere, all'interno di ciascuna regione, tre "zone" (tab. 4.1.1/g): Zona dei Salmonidi, Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila, Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila; un'ultima zona fluviale, la Zona dei Mugilidi, non viene considerata in quanto appartenente alle acque di transizione.

 

     Tab. 4.1.1/g - Caratteristiche ambientali delle tre "zone ittiche" dulcicole in cui è possibile suddividere i corsi d'acqua italiani.

     ZONA DEI SALMONIDI

     Acqua limpida e bene ossigenata; corrente molto veloce, con presenza di rapide; fondo a massi, ciottoli o ghiaia grossolana; scarsa o moderata presenza di macrofite; temperatura fino a 16-17 °C, ma generalmente inferiore.

     ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA

     Acqua limpida, soggetta però a torbide di breve durata, discreta-mente ossigenata; corrente veloce, alternata a zone di acqua calma e con profondità maggiore; fondo con ghiaia fine e sabbia; moderata presenza di macrofite; temperatura raramente superiore a 19-20 °C.

     ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA

     Acqua frequentemente torbida e solo moderatamente ossigenata in alcuni periodi; bassa velocità della corrente; fondo fangoso; abbondanza di macrofite; temperatura fino a 24-25 °C.

     La REGIONE PADANA è composta dalle seguenti idroecoregioni (livello 1 della tipizzazione di cui alla sezione A dell'allegato 3 del presente decreto): 1) Alpi Occidentali; 2) Prealpi Dolomiti; 3) Alpi Centro-Orientali; 4) Alpi Meridionali; 5) Monferrato; 6) Pianura Padana; 7) Carso; 8) Appennino Piemontese; 9) Alpi Mediterranee - versante padano; 10) Appennino settentrionale - versanti padano e adriatico; 12) Costa Adriatica - parte settentrionale fino al Fiume Vomano compreso; 13) Appennino Centrale - parte settentrionale fino al Fiume Chienti compreso.

     La REGIONE ITALICO-PENINSULARE è composta dalle seguenti idroecoregioni: 10) Appennino settentrionale - versante tirrenico; 11) Toscana; 12) Costa Adriatica - parte meridionale a sud del Fiume Vomano; 13) Appennino centrale - parte centrale e meridionale a sud del Fiume Chienti; 14) Roma Viterbese; 15) Basso Lazio; 16) Basilicata Tavoliere; 17) Puglia Carsica; 18) Appennino meridionale; 19) Calabria Nebrodi - parte continentale.

     La REGIONE DELLE ISOLE è composta dalle seguenti idroecoregioni: 19) Calabria Nebrodi - parte insulare; 20) Sicilia; 21) Sardegna.

     Tenendo conto della zonazione ittica vengono individuate 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali riportate nella tab. 4.1.1/h.

 

     Tab. 4.1.1/h - Zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali individuabili in Italia

 

zone zoogeografico-ecologiche

REGIONI

 

REGIONE PADANA

I

ZONA DEI SALMONIDI

II

ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA

III

ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA

 

REGIONE ITALICO-PENINSULARE

IV

ZONA DEI SALMONIDI

V

ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA

VI

ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA

 

REGIONE DELLE ISOLE

VII

ZONA DEI SALMONIDI

VIII

ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA

IX

ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA

 

     Nella sezione B dell'Appendice al presente allegato sono indicate le 9 comunità ittiche attese che si assumono come comunità di riferimento. Le indagini correlate alle attività di monitoraggio condotte dalle Regioni e dalle Province autonome possono portare all'affinamento della comunità ittica attesa, mediante osservazioni ecologiche sugli habitat effettivamente presenti nei corsi d'acqua e l'analisi storico-bibliografica delle conoscenze sulla fauna ittica di ogni singola idroecoregione o tipo fluviale.

     Le Regioni che, a seguito delle indagini sopraindicate, abbiano realizzato l'affinamento delle comunità ittiche attese, trasmettono i risultati delle indagini effettuate e le relative informazioni, corredate dalla documentazione scientifica di supporto, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     Ai fini della classificazione, non sono considerate eventuali specie campionate non presenti nelle liste delle comunità ittiche attese e nelle liste delle specie aliene.

 

     Tab. 4.1.1/i - Limiti di classe fra gli stati per l'indice ISECI

 

 

 

 

Limiti di classe

 

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

 

 

 

 

 

Valore ISECI (i)

0,8

0,6

0,4

0,2

 

     I valori riportati in Tab. 4.1.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.

     A.4.1.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico -chimica a sostegno

     Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali gli elementi fisico -chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

     - Nutrienti (N-NH4, N-NO3, Fosforo totale);

     - Ossigeno disciolto (% di saturazione).

     Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo "Altri parametri", anche di:

     - Temperatura;

     - pH;

     - Alcalinità (capacità di neutralizzazione degli acidi);

     - Conducibilità.

     Nutrienti e ossigeno disciolto

     I nutrienti e l'ossigeno disciolto, ai fini della classificazione, vengono integrati in un singolo descrittore LIMeco (Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico) utilizzato per derivare la classe di qualità.

     La procedura prevede che sia calcolato un punteggio sulla base della concentrazione, osservata nel sito in esame, dei seguenti macrodescrittori: N-NH4, N-NO3, Fosforo totale e Ossigeno disciolto (100 - % di saturazione O2). Il punteggio LIMeco da attribuire al sito rappresentativo del corpo idrico è dato dalla media dei singoli LIMeco dei vari campionamenti effettuati nell'arco dell'anno in esame. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, il valore di LIMeco viene calcolato come media ponderata (in base alla percentuale di corpo idrico rappresentata da ciascun sito) tra i valori di LIMeco ottenuti per i diversi siti(3). Nel caso di monitoraggio operativo il valore di LIMeco da attribuire al sito è dato dalla media dei valori di LIMeco ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Per il monitoraggio di sorveglianza, si fa riferimento al LIMeco dell'anno di controllo o, qualora il monitoraggio venisse effettuato per periodi più lunghi, alla media dei LIMeco dei vari anni.

     Il LIMeco di ciascun campionamento viene derivato come media tra i punteggi attributi ai singoli parametri secondo le soglie di concentrazione indicate nella seguente tab. 4.1.2/a, in base alla concentrazione osservata.

     (3)Si deve valutare la percentuale di corpo idrico rappresentata da ciascuno dei siti in esame. Il valore di LIMeco calcolato per un sito va moltiplicato per la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore va quindi sommato al valore di LIMeco calcolato in un altro sito del medesimo corpo idrico moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del sito nel corpo idrico.

 

     Tab. 4.1.2/a - Soglie per l'assegnazione dei punteggi ai singoli parametri per ottenere il punteggio LIMeco

 

 

 

Livello 1

Livello 2

Livello 3

Livello 4

Livello 5

 

Punteggio *

1

0,5

0,25

0,125

0

Parametro

 

 

 

 

 

 

100-O2% sat.

 

≤ | 10 |

≤ | 20 |

≤ | 40 |

≤ | 80 |

> | 80 |

N-NH4 (mg/l)

Soglie **

< 0,03

≤ 0,06

≤ 0,12

≤ 0,24

> 0,24

N-NO3 (mg/l)

 

< 0,6

≤ 1,2

≤ 2,4

≤ 4,8

> 4,8

Fosforo totale (µg/l)

 

< 50

≤ 100

≤ 200

≤ 400

> 400

 

     * Punteggio da attribuire al singolo parametro

     ** Le soglie di concentrazione corrispondenti al Livello 1 sono state definite sulla base delle concentrazioni osservate in campioni (115) prelevati in siti di riferimento (49), appartenenti a diversi tipi fluviali. In particolare, tali soglie, che permettono l'attribuzione di un punteggio pari a 1, corrispondono al 75° percentile (N-NH4, N-NO3, e Ossigeno disciolto) o al 90° (Fosforo totale) della distribuzione delle concentrazioni di ciascun parametro nei siti di riferimento. I siti di riferimento considerati fanno parte di un database disponibile presso CNR-IRSA.

     Per tipi fluviali particolari le Regioni e le Province Autonome possono derogare ai valori soglia di LIMeco stabilendo soglie tipo specifiche diverse, purchè sia dimostrato, sulla base di un'attività conoscitiva specifica ed il monitoraggio di indagine, che i livelli maggiori di concentrazione dei nutrienti o i valori più bassi di ossigeno disciolto sono attribuibili esclusivamente a ragioni naturali. Il valore di deroga e le relative motivazioni devono essere trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e devono comunque essere riportate nel Piano di gestione e nel Piano di tutela delle acque.

     Il valore medio di LIMeco calcolato per il periodo di campionamento è utilizzato per attribuire la classe di qualità al sito, secondo i limiti indicati nella successiva tab 4.1.2/b.

     Conformemente a quanto stabilito nella Direttiva 2000/60/CE, lo stato ecologico del corpo idrico risultante dagli elementi di qualità biologica non viene declassato oltre la classe sufficiente qualora il valore di LIMeco per il corpo idrico osservato dovesse ricadere nella classe scarso o cattivo.

 

     Tab. 4.1.2/b - Classificazione di qualità secondo i valori di LIMeco

 

Stato

LIMeco

 

 

Elevato*

>= 0,66

Buono

>= 0,50

Sufficiente

>= 0,33

Scarso

>= 0,17

Cattivo

< 0,17

 

     * Il limite tra lo stato elevato e lo stato buono è stato fissato pari al 10° percentile dei campioni ottenuti da siti di riferimento

 

     Altri parametri

     Gli altri parametri, temperatura, pH, alcalinità e conducibilità, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico e non per la classificazione. Ai fini della classificazione in stato elevato è necessario che sia verificato che gli stessi non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la forcella di norma associata alle condizioni territoriali inalterate. Ai fini della classificazione in stato buono, è necessario che sia verificato che detti parametri non siano al di fuori dell'intervallo dei valori fissati per il funzionamento dell'ecosistema tipo specifico e per il raggiungimento dei corrispondenti valor per gli elementi di qualità biologica.

     A.4.1.3 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno

     Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, gli elementi idromorfologici a sostegno vengono valutati attraverso l'analisi dei seguenti aspetti (ciascuno dei quali descritto da una serie di parametri e/o indicatori):

     - regime idrologico (quantità e variazione del regime delle portate);

     - condizioni morfologiche (configurazione morfologica plano-altimetrica, configurazione delle sezioni fluviali, configurazione e struttura del letto, vegetazione nella fascia perifluviale, continuità fluviale - entità ed estensione degli impatti di opere artificiali sul flusso di acqua, sedimenti e biota -).

     Per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento sono valutate anche le condizioni di habitat, conformemente a quanto riportato al successivo paragrafo "Condizioni di habitat".

     Regime idrologico

     L'analisi del regime idrologico è effettuata in corrispondenza di una sezione trasversale sulla base dell'Indice di Alterazione del Regime Idrologico IARI, che fornisce una misura dello scostamento del regime idrologico osservato rispetto a quello naturale che si avrebbe in assenza di pressioni antropiche.

     L' indice di alterazione è definito in maniera differente a seconda che la sezione in cui si effettua la valutazione del regime idrologico sia dotata o meno di strumentazione per la misura, diretta o indiretta, della portata.

     La serie delle portate naturali, utilizzata dall'Autorità competente per definire il regime idrologico di riferimento deve essere sufficientemente lunga per ottenere una stima idrologica affidabile. I dati di portata sono stimati o ricostruiti secondo le disponibilità territoriali. I criteri e i modelli di stima e/o ricostruzione della serie delle portate naturali devono essere riportati nei piani di gestione.

     La valutazione dello stato del regime idrologico si articola in due fasi (Fase 1 e Fase 2).

     Nella Fase 1, sulla base del valore assunto da IARI, è individuato il corrispondente stato del regime idrologico così come indicato nella tabella 4.1.3/a.

 

     Tab. 4.1.3/a- Classi di stato idrologico

 

IARI

STATO

 

 

0 <= IARI <= 0,05

ELEVATO

0,05 < IARI <= 0,15

BUONO

0,15 < IARI

NON BUONO

 

     Nel caso in cui il valore di IARI evidenzi la presenza di condizioni critiche, ossia corrispondenti ad uno stato inferiore al "BUONO" (IARI > 0,15), si procede alla Fase 2.

     Nella Fase 2, si provvede ad un approfondimento per individuare l'origine della criticità e conseguentemente confermare o variare il giudizio espresso.

     Nel caso di sezione strumentata, si effettua l'indagine derivata dal metodo Indicators of Hydrologic Alterations (IHA) che individua cinque componenti critiche del regime idrologico fondamentali per la regolazione dei processi ecologici fluviali.

     La differenza tra parametri omologhi dedotti dalle due diverse serie, naturale e reale, è valutata rispetto ad un intervallo di accettabilità prefissato, che definisce l'accettabilità dello scostamento dalle condizioni naturali.

     Qualora alcuni parametri non rientrino nell'intervallo di accettabilità a causa di un'alterazione imputabile a fattori naturali (es. variazioni climatiche), è possibile elevare la classe di stato idrologico (indicazioni e motivazioni dell'attribuzione del corpo idrico ad una classe più elevata devono essere riportate nei piani di gestione). In questi casi deve inoltre essere valutato se si tratti di una tendenza consolidata e in tal caso se sia opportuno rivedere le condizioni di riferimento.

     Se invece le cause sono di origine antropica, si conferma la valutazione derivante dalla Fase 1 e si definiscono le misure per riportare i parametri idrologici critici all'interno dell'intervallo di accettabilità prefissato.

     Nel caso di sezione non strumentata, nella Fase 2, occorre provvedere al monitoraggio sistematico della portata nella sezione in esame al fine di investigare le cause che hanno determinato le condizioni di criticità, e quindi confermare o modificare il giudizio precedentemente espresso secondo le indicazioni sopra riportate.

     Condizioni morfologiche

     Le condizioni morfologiche vengono valutate per ciascuno dei seguenti aspetti:

     - continuità: la continuità longitudinale riguarda la capacità del corso d'acqua di garantire il transito delle portate solide; la continuità laterale riguarda il libero manifestarsi di processi fisici di esondazione e di erosione;

     - configurazione morfologica: riguarda la morfologia planimetrica e l'assetto altimetrico;

     - configurazione della sezione: riguarda le variazioni di larghezza e profondità della sezione fluviale;

     - configurazione e struttura alveo: riguarda la struttura e le caratteristiche tessiturali dell'alveo;

     - vegetazione nella fascia perifluviale: riguarda gli aspetti legati alla struttura ed estensione della vegetazione nella fascia perifluviale.

     La classificazione si basa sul confronto tra le condizioni morfologiche attuali e quelle di riferimento in modo da poter valutare i processi evolutivi in corso e i valori dei parametri per descriverne lo stato e le tendenze evolutive future.

     La valutazione dello stato morfologico viene effettuata considerando la funzionalità geomorfologica, l'artificialità e le variazioni morfologiche, che concorrono alla formazione dell'Indice di Qualità Morfologica, IQM.

     Sulla base del valore assunto dall'IQM, è definita la classe di stato morfologico così come indicato nella tabella 4.1.3/b .

 

     Tab. 4.1.3/b - Classi di stato morfologico

 

IQM

STATO

 

 

0,85 <= IQM <= 1

ELEVATO

IQM < 0,85

NON ELEVATO

 

     Classificazione per gli aspetti idromorfologici  La classificazione per gli aspetti idromorfologici è ottenuta dalla combinazione dello stato definito dagli indici IQM e IARI secondo la tabella 4.1.3/c .

 

     Tab. 4.1.3/c - Classi di stato idromorfologico

 

 

 

STATO MORFOLOGICO

 

ELEVATO

NON ELEVATO

 

 

ELEVATO

ELEVATO

NON ELEVATO

STATO IDROLOGICO

BUONO

ELEVATO

NON ELEVATO

 

NON BUONO

NON ELEVATO

NON ELEVATO

 

     Condizioni di habitat

     Le condizioni di habitat sono valutate, secondo le modalità di seguito riportate, per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento. Le Regioni possono valutare le condizioni di habitat anche nei corpi idrici sottoposti a monitoraggio di sorveglianza per acquisire un quadro conoscitivo più articolato in relazione all'interpretazione del dato biologico.

     La valutazione delle caratteristiche degli habitat è realizzata sulla base di informazioni (scala locale: tratto) relative ai seguenti aspetti: substrato, vegetazione nel canale e detrito organico, caratteristiche di erosione/deposito, flussi, continuità longitudinale, struttura e modificazione delle sponde, tipi di vegetazione/struttura delle sponde e dei territori adiacenti, uso del suolo adiacente al corso d'acqua e caratteristiche associate. Ai fini dell'attribuzione di un tratto fluviale allo stato elevato o non elevato, gli elementi sopra riportati devono essere formalizzati nelle seguenti categorie:

     - diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari;

     - presenza di strutture artificiali nel tratto considerato;

     - uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali.

     Le informazioni relative a tali categorie, opportunamente mediate, concorrono a definire lo stato di qualità dell'habitat (Indice di Qualità dell'Habitat: IQH).

     I limiti di classe per l'attribuzione dello stato elevato secondo la qualità dell'habitat sono riportati nelle tabelle 4.1.3/d e 4.1.3/e, separatamente per:

     - corsi d'acqua temporanei e corsi d'acqua di pianura piccoli e molto piccoli;

     - tutti i rimanenti tipi fluviali.

 

     Tab. 4.1.3/d - Stato di qualità dell'habitat per i corsi d'acqua temporanei e per i corsi d'acqua di pianura piccoli e molto piccoli.

 

IQH

QUALITÀ HABITAT

 

 

IQH >= 0,81

ELEVATO

IQH < 0,81

NON ELEVATO

 

     Tab. 4.1.3/e - Stato di qualità dell'habitat per tutti i rimanenti tipi fluviali.

 

IQH

QUALITÀ HABITAT

 

 

IQH >= 0,90

ELEVATO

IQH < 0,90

NON ELEVATO

 

     Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più tratti di corpo idrico candidati a sito di riferimento, per il rilevamento della qualità dell'habitat il valore di IQH è calcolato come media ponderata tra i diversi tratti. Occorre valutare quale percentuale del corpo idrico i diversi tratti in esame rappresentino. Il valore di IQH calcolato per un tratto andrà moltiplicato per la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore andrà quindi sommato al valore di IQH calcolato in un altro tratto del medesimo corpo idrico moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del tratto nel corpo idrico.

     La classificazione si basa sul rapporto tra le condizioni osservate e quelle attese in condizioni di riferimento. Nella sezione C dell'Appendice vengono riportati i valori di riferimento utili per il calcolo dei rapporti di qualità, qualora il metodo di valutazione IQH utilizzato fosse basato sull'applicazione del metodo "CARAVAGGIO".

     Ai fini della classificazione, qualora si faccia anche ricorso alla valutazione delle condizioni di habitat, lo stato idromorfologico complessivo, come riportato in tabella 4.1.3/f, è ottenuto dall'integrazione delle seguenti componenti:

     - la classe ottenuta dagli aspetti idromorfologici;

     - la classe ottenuta dalla qualità dell'habitat.

 

     Tab. 4.1.3/f - Classificazione dello stato idromorfologico complessivo qualora sia valutata l'informazione relativa all'habitat.

 

 

 

ASPETTI IDROMORFOLOGICI

 

ELEVATO

NON ELEVATO

 

HABITAT

ELEVATO

ELEVATO

ELEVATO

 

NON ELEVATO

ELEVATO

NON ELEVATO

 

     A.4.2 Corpi idrici lacustri

     Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi di qualità biologica da considerare sono i seguenti:

     - Fitoplancton

     - Macrofite

     - Pesci

     Macrotipi lacustri per la classificazione

     Ai fini della classificazione, i tipi lacustri di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati nei macrotipi come indicati alla Tab. 4.2/a

 

     Tab. 4.2/a - Accorpamento dei tipi lacustri italiani in macrotipi

 

Macrotipo

Descrizione

Tipi di cui alla lettera A2 dell’allegato 3 del presente Decreto legislativo

L1

Laghi con profondità massima maggiore di 125 m

AL-3

L2

Altri laghi con profondità media maggiore di 15 m

Laghi appartenenti ai tipi ME-4/5/7, AL-6/9/10 e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi più di 15 m.

L3

Laghi con profondità media minore di 15 m, non polimittici

Laghi appartenenti ai tipi ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi meno di 15 m.

L4

Laghi polimittici

Laghi appartenenti ai tipi ME-1, AL-4

I1

Invasi dell'ecoregione mediterranea con profondità media maggiore di 15 m

Invasi appartenenti ai tipi ME-4/5

I2

Invasi con profondità media maggiore di 15 m

Invasi appartenenti ai tipi ME-7, AL-6/9/10 e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi più di 15 m.

I3

Invasi con profondità media minore di 15 m, non polimittici

Invasi appartenenti ai tipi ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2, limitatamente a quelli profondi meno di 15 m.

I4

Invasi polimittici

Invasi appartenenti ai tipi ME-1, AL-4

 

     A.4.2.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

     Fitoplancton

     La classificazione dei laghi e degli invasi a partire dal fitoplancton si basa sulla media dei valori di due indici, l'Indice medio di biomassa e l'Indice di composizione.

     Il calcolo di questi due indici si basa a sua volta su più indici componenti: Concentrazione media di clorofilla a, Biovolume medio, PTI (PTIot, PTIspecies, MedPTI) e Percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe.

     Come indicato in tab. 4.2.1/a, l'Indice medio di biomassa è ottenuto, per tutti i macrotipi, come media degli RQE normalizzati della Concentrazione della clorofilla a e del Biovolume.

     L'Indice di composizione è invece ottenuto attraverso indici diversi in relazione alla loro applicabilità ai differenti macrotipi; il suo valore può così corrispondere all'RQE normalizzato del PTIot o del PTIspecies, ovvero alla media degli RQE normalizzati del MedPTI e della Percentuale di cianobatteri.

     L'Indice complessivo per il fitoplancton (ICF), determinato sulla base dei dati di un anno di campionamento, si ottiene come media degli Indici medi di composizione e biomassa.

     Per la classificazione nel caso di monitoraggio operativo si utilizza il valore medio dei tre ICF calcolati annualmente.

 

     Tab. 4.2.1/a - Componenti degli indici da mediare per il calcolo dell'Indice finale di classificazione

 

Macrotipi

Indice medio di biomassa*

Indice di composizione**

L2, L3, L4, I2, I3, I4

Concentrazione media di clorofilla a

Biovolume medio

PTIot

 

L1

Concentrazione media di clorofilla a

Biovolume medio

PTIspecies

 

I1

Concentrazione media di clorofilla a

Biovolume medio

MedPTI

Percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe

 

     * Calcolato come media degli RQE normalizzati degli indici componenti sottostanti

     ** Corrispondente all'RQE normalizzato del singolo indice componente sottostante, o calcolato come media degli RQE normalizzati dei due indici componenti sottostanti per il solo macrotipo I1

     Limiti di classe e classificazione  In tabella 4.2.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell'Indice complessivo per il fitoplancton (ICF). Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimento, distinti per macrotipi, per la Concentrazione media annua di clorofilla a, il Biovolume medio, la Percentuale di cianobatteri, il MedPTI, il PTIot e il PTIspecies.

 

     Tab. 4.2.1/b - Limiti di classe, espressi come rapporti di qualità ecologica (RQE), dell'Indice complessivo per il fitoplancton

 

Stato

Limiti di classe (RQE)

 

 

Elevato/Buono

0,8

Buono/Sufficiente

0,6

Sufficiente/Scarso

0,4

Scarso/Cattivo

0,2

 

     Nelle tabelle seguenti si riportano i valori di RQE relativi ai limiti di classe ed ai valori di riferimento degli indici componenti.

 

Tab. 4.2.1/c - 4.2.1/h

 

     Macrofite

     L'elemento biologico macrofite, o piante acquatiche, basa la classificazione dei laghi sull'utilizzo delle sole specie idrofitiche, cioè quelle macrofite che hanno modo di svilupparsi in ambienti puramente acquatici o su terreni o substrati che almeno periodicamente vengono sommersi dall'acqua.

     Le metriche applicate alle macrofite per la classificazione degli ambienti lacustri sono in totale cinque: la massima profondità di crescita, la frequenza relativa delle specie con forma di colonizzazione sommersa, la frequenza delle specie esotiche, la diversità calcolata come indice Simpson e il punteggio trofico per ciascuna specie. Le metriche permettono di calcolare due indici MTIspecies, per i laghi di categoria L-AL3, e MacroIMMI, per i laghi appartenenti alle tipologie L-AL4, L-AL5 e L-AL6.

     Allo stato attuale questi indici non trovano applicazione per i laghi mediterranei.

     La metodologia di classificazione è diversa a seconda dell'indice che viene applicato e quindi della tipologia di lago che deve essere classificato.

     Per determinare il valore dell'indice MTIspecies occorre calcolare per ciascun sito (inteso come porzione continua di riva, di ampiezza variabile, al cui interno è possibile individuare una comunità macrofisica omogenea in termini di composizione specifica) la media ponderata dei valori trofici di ciascuna specie rispetto alle abbondanze relative e, per l'intero corpo idrico , la media ponderata del valore ottenuto per ciascun sito rispetto alla lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione.

     Per la determinazione del valore dell'indice MacroIMMI sono necessari due passaggi successivi: il primo passaggio prevede il calcolo in ciascun sito (definito come sopradetto) della media dei valori ottenuti di ciascuna metrica; il secondo passaggio prevede il calcolo della media ponderata dei valori in ciascun sito rispetto alla lunghezza totale dei siti con presenza di vegetazione. L'ambiente di applicazione è costituito dai laghi polimittici o non polimittici con profondità massima minore o uguale a 125 m.

     Limiti di classe e classificazione

     In tabella 4.2.1/i e in tabella 4.2.1/l sono riportati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, rispettivamente per gli indici finali MTIspecies e MacroIMMI. Nelle tabelle successive sono indicati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, per le metriche (massima profondità di crescita, frequenza relativa delle specie sommerse, frequenza delle specie esotiche, diversità, punteggio trofico per ciascuna specie) da utilizzare per il calcolo dei suddetti indici.

 

Tab. 4.2.1/i - 4.2.1/q

 

     Pesci

     La classificazione dei laghi per l'elemento biologico pesci è effettuata attraverso l'applicazione dell'indice LFI (Lake Fish Index - LFI). Tale indice è composto da cinque metriche. Il LFI è applicabile ad ogni lago con superficie >0,5 km2 dell'Ecoregione Alpina e dell'Ecoregione Mediterranea.

     Per ogni bacino lacustre sono definite delle specie indicatrici (specie chiave e tipo-specifiche) per la valutazione dello stato della fauna ittica.

     Il valore degli RQE per ogni metrica è definito dal rapporto tra il punteggio della metrica e il punteggio della stessa assunto in condizioni di riferimento(4).

     Il valore del Rapporto di Qualità Ecologica finale RQEtot, per la valutazione dello stato della fauna ittica, è calcolato come media aritmetica dei valori degli RQE delle singole metriche.

     (4) Le condizioni di riferimento sono individuate sulla base di dati storici e di metriche desunte dalla letteratura di settore

     Limiti di classe e classificazione

     In tabella 4.2.1/r sono riportati i valori di RQEtot relativi ai limiti di classe dell'Indice LFI.

     Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimento per le seguenti metriche:

     - abbondanza relativa delle specie chiave NPUS (Numero Per Unità di Sforzo) - metrica 1;

     - struttura di popolazione delle specie chiave - Indice di struttura PSD - metrica 2;

     - successo riproduttivo delle specie chiave e delle specie tipo-specifiche - metrica 3;

     - diminuzione (%) del numero di specie chiave e tipo-specifiche - metrica 4;

     - presenza di specie ittiche alloctone ad elevato impatto - metrica 5.

 

     Tab. 4.2.1/r - Limiti di classe RQEtot per la valutazione dello stato della fauna ittica nei laghi con superficie > 0,5km2

 

Stato

Limiti di classe (RQE tot)

 

 

Elevato/Buono

0,8

Buono/Sufficiente

0,6

Sufficiente/Scarso

0,4

Scarso/Cattivo

0,2

 

Tab. 4.2.1/s - 4.2.1/z

 

     Per quanto riguarda l'EQB "pesci" ogni lago è considerato come un unico corpo idrico.

     Nei laghi con superficie superiore a 50km2 - il cui campionamento presuppone la suddivisione in sottobacini - il valore finale degli RQE è calcolato come media aritmetica degli RQE calcolati per ogni sottobacino.

     A.4.2.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico -chimica a sostegno

     Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi fisico -chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

     - fosforo totale;

     - trasparenza;

     - ossigeno ipolimnico;

     Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo "Altri parametri", anche di:

     - pH;

     - alcalinità;

     - conducibilità;

     - ammonio.

     Fosforo totale, trasparenza e ossigeno disciolto (LTLeco)

     Ai fini della classificazione, il fosforo totale, la trasparenza e l'ossigeno disciolto vengono integrati in un singolo descrittore LTLeco (livello trofico laghi per lo stato ecologico) secondo la metodologia di seguito riportata basato su un numero di campionamenti annuali pari a quelli previsti dal protocollo di campionamento APAT 46/2007 - . La procedura per il calcolo dell'LTL eco prevede l'assegnazione di un punteggio per fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico, misurati in sito, sulla base di quanto indicato nelle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, 4.2.2/c del presente paragrafo. Dette tabelle riportano punteggi distinti per i livelli corrispondenti alle classi elevata, buona e sufficiente per i singoli parametri.

     I livelli per il fosforo totale, di cui alla tab. 4.2.2/a, sono riferiti alla concentrazione media, ottenuta come media ponderata rispetto ai volumi o all'altezza degli strati, nel periodo di piena circolazione alla fine della stagione invernale, anche per i laghi e gli invasi meromittici.

 

     Tab. 4.2.2/a - Individuazione dei livelli per il Fosforo  Totale (µg/l)

 

Valore di fosforo per macrotipi

 

Livello 1

Livello 2

Livello 3

 

 

 

 

 

 

Punteggio

5

4

3

L1, L2, I1, I2

<= 8(*)

<= 15

> 15

 

L3, L4, I3, I4

<= 12(**)

<= 20

> 20

 

 

(*) Valori di riferimento < 5 µg/l

(**) Valori di riferimento < 10 µg/l

I valori di trasparenza per l'individuazione dei livelli, di cui alla tab. 4.2.2/b, sono ricavati mediante il calcolo della media dei valori riscontrati nel corso dell'anno di monitoraggio.

 

     Tab. 4.2.2/b - Individuazione dei livelli per la trasparenza (metri)

 

Valore di trasparenza per macrotipi

 

Livello 1

Livello 2

Livello 3

 

Punteggio

5

4

3

L1, L2, I1, I2

 

≥ 10 (*)

≥ 5,5

<5,5

L3, L4, I3, I4

 

≥ 6 (**)

≥ 3

<3

 

(*) Valori di riferimento > 15 m

(**) Valori di riferimento > 10 m

 

     La concentrazione dell'Ossigeno ipolimnico è ottenuta come media ponderata rispetto al volume degli strati. In assenza dei volumi possono essere utilizzate le altezze degli strati considerati. I valori di saturazione dell'ossigeno da utilizzare per la classificazione sono quelli misurati nell'ipolimnio alla fine del periodo di stratificazione. In tab. 4.2.2/c, sono riportati i valori per l'individuazione dei livelli dell'ossigeno disciolto.

 

     Tab. 4.2.2/c - Individuazione dei livelli per l'Ossigeno  disciolto (% saturazione)

 

Valore di ossigeno disciolto per macrotipo

 

Livello 1

Livello 2

Livello 3

 

Punteggio

5

4

3

Tutti

 

>80% (*)

>40%

≤40%

 

(*) Valori di riferimento >90 %

 

     La somma dei punteggi ottenuti per i singoli parametri (fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico) costituisce il punteggio da attribuire all'LTLeco , utile per l'assegnazione della classe di qualità secondo i limiti definiti nella tabella 4.2.2/d di seguito riportata.

 

     Tab. 4.2.2/d - Limiti di classe in termini di LTLeco 

 

Classificazione stato

Limiti di classe

Limiti di classe in caso di trasparenza ridotta per cause naturali

 

 

 

Elevato

15

10

Buono

12-14

8-9

Sufficiente

< 12

< 8

 

     Nel caso di monitoraggio operativo, per la classificazione si utilizzano le medie dei valori misurati nei tre anni per ogni singolo parametro. Nel caso di monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento ai valori o di un singolo anno o alla media dei valori misurati negli anni di monitoraggio. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato più basso tra quelli attribuiti alle singole stazioni.

     I valori di cui alle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, e 4.2.2/c sopra riportate possono essere derogati qualora coesistano le seguenti condizioni:

     - gli elementi di qualità biologica del corpo idrico sono risultati in stato buono o elevato;

     - il superamento dei valori tabellari è dovuto alle caratteristiche peculiari del corpo idrico;

     - non sono presenti pressioni che comportino l'aumento di nutrienti ovvero siano state messe in atto tutte le necessarie misure per ridurre adeguatamente l'impatto delle pressioni presenti.

     Limitatamente al parametro trasparenza, i limiti previsti dalla tabella 4.2.2/b possono essere derogati qualora l'autorità competente verifichi che la diminuzione di trasparenza è principalmente causata dalla presenza di particolato minerale sospeso dipendente dalle caratteristiche naturali del corpo idrico. Inoltre, qualora l'autorità competente verifichi che la concentrazione di riferimento del Fosforo Totale (µg/l) per un determinato lago o invaso, con particolare attenzione alla categoria dei polimittici, determinata con metodi paleolimnologici o altri modelli previsionali attendibili, risulti essere superiore ai valori indicati in tabella 4.2.2/a possono essere derivati altri limiti meno restrittivi utilizzando la relazione TP/Chl-a dei laghi alpini (OECD,1982).

     Nel caso di deroga, il corpo idrico non subisce il declassamento a causa del superamento dei valori tabellari dei nutrienti.

     Nei piani di gestione devono essere riportate le motivazioni dettagliate che giustificano l'applicazione della deroga ed il nuovo valore di riferimento per il parametro utilizzato in deroga.

     I corpi idrici ai quali è stata applicata la deroga per i valori dei nutrienti, sono sottoposti a monitoraggio operativo e a verifica annuale finalizzata ad accertare l'assenza di un andamento di crescita statisticamente significativo, valutato sulla base di tre anni di campionamenti stagionali nella colonna d'acqua e, se disponibili, dal confronto con dati pregressi.

     Altri parametri

     Per quanto riguarda temperatura, pH, alcalinità, conducibilità e ammonio (nell'epilimnio) deve essere verificato che, ai fini della classificazione in stato elevato, non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la variabilità di norma associata alle condizioni inalterate con particolare attenzione agli equilibri legati ai processi fotosintetici. Ai fini della classificazione in stato buono, deve essere verificato che essi non raggiungano livelli superiori alla forcella fissata per assicurare il funzionamento dell'ecosistema tipico specifico e il raggiungimento dei corrispondenti valori per gli elementi di qualità biologica. I suddetti parametri chimico-fisici ed altri non qui specificati, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico, ma non sono da utilizzarsi per la classificazione.

     A.4.2.3 Criteri tecnici per la classificazione dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno  Nella classificazione dello stato ecologico dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione gli elementi idromorfologici a sostegno del biologico da utilizzare sono:

     - il livello

     - i parametri morfologici.

 

      Livello

     L'utilizzo del livello per la classificazione avviene attraverso il calcolo della sintesi annuale (Sa) dei dati mensili di livello (Im) come di seguito riportato.

     La sintesi annuale Sa è definita come la media pesata dei valori ricavati per ciascun mese (Im) dell'anno da valutare, con peso 2 per i mesi da gennaio a luglio (compreso) e peso 1 per i restanti mesi e si applica a tutti i macrotipi. In tab. 4.2.3/a si riportano i limiti di classe per la sintesi annuale Sa.

 

     Tab. 4.2.3/a - Limiti di classe espressi come Sa 

Classificazione stato

Limiti di classe

 

 

Elevato(*)

Sa <= 1,25

Buono

1,25 < Sa <= 1,5

 

(*) Sa <= 1 rappresentano le condizioni di riferimento

 

      Si definisce il valore mensile di livello (Im) come:

     Im=(delta)H mensile misurato/(delta)H di riferimento

     ( (delta)H = variazione di livello)

     La valutazione di qualità del livello mensile deve essere distinta per condizione di piovosità (bassa, media o elevata) e per macrotipi.

     Le condizioni di piovosità, avute nel mese precedente a quello di misura del livello, sono stabilite sulla base delle seguenti definizioni:

     - condizione bassa: assenza di precipitazione sensibile (cioè > 1 mm), nel mese precedente a quello di misura. In alternativa utilizzare SPI;

     - condizione media: piovosità media mensile, nel mese precedente a quello di misura, calcolata su almeno 10 anni di osservazione;

     - condizione elevata: piovosità, nel mese precedente a quello di misura, al di sopra (+ 30%) delle piogge medie mensili calcolate su almeno 10 anni di osservazione. In alternativa utilizzare SPI.

     Nella successiva tab. 4.2.3/b si riportano i (delta)H di riferimento per le diverse condizioni di piovosità (bassa, media o elevata).

 

     Tab. 4.2.3/b - H di riferimento

 

 

 

Macrotipi

ΔH

L3, L4, I3*, I4*

L1, L2, I1*, I2*

Valore di riferimento in condizioni di piovosità bassa ΔH (cm)

15

30

Valore di riferimento in condizioni di piovosità media ΔH (cm)

10

20

Valore di riferimento in condizioni di piovosità elevata ΔH (cm)

25

80

 

     * in questo caso sono da intendersi solo invasi identificati come corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione

     In alternativa alla classificazione con Sa, per casi specifici, le Regioni possono classificare attraverso la variazione di livello H giornaliera come riportato in tabella 4.2.3/c

 

     Tab. 4.2.3/c - Classificazione secondo i valori di H giornalieri

 

Classificazione stato

Descrizione

Limiti di classe

 

Si ammette un utilizzo antropico incidente per un 5% in più

ΔH ≤ 10%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l’abbassamento)

Elevato (*)

rispetto alle condizioni di riferimento

ΔH < 25 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio pluriennale)

Buono

Si ammette un utilizzo antropico incidente per un 10% in più

10% < ΔH ≤ 15%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l’abbassamento)

 

rispetto alle condizioni di riferimento

25 ≤ ΔH < 30 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio pluriennale)

 

(*) H <= 5%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l'abbassamento) H < 20 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio pluriennale) rappresentano le condizioni di riferimento per il parametro livello.

 

     I valori di livello misurati (giornalieri, settimanali, o mensili) devono essere riportati al riferimento assoluto (rispetto al livello del mare), per permettere una confrontabilità a livello nazionale dei dati raccolti.

     Parametri morfologici

     I parametri morfologici da valutare ai fini della classificazione morfologica di un corpo idrico sono:

     - la linea di costa intesa come la zona identificata attraverso il perimetro del corpo idrico lacustre;

     - l'area litorale intesa come la parte di sponda che si trova tra il canneto, se presente, e le piante emerse galleggianti oppure, in assenza della zona a canneto, la zona tra il livello medio pluriennale del corpo idrico lacustre, dove batte l'onda, e la zona dove arrivano le macrofite emerse, galleggianti;

     - il substrato inteso come la tipologia del materiale di cui sono composte sia la zona litorale che la zona pelagica;

     - la profondità o interrimento intesa come evoluzione morfologica del fondo del corpo idrico lacustre, considerando in particolare i delta alluvionali.

     Il metodo di riferimento per la valutazione dei suddetti parametri è il Lake Habitat Survey (LHS).

     Tale metodo, mediante l'indice di alterazione morfologica (LHMS), permette di esprimere un giudizio di sintesi sulla qualità morfologica attraverso l'elaborazione di dati raccolti in campo. Il metodo si basa sull'osservazione di 10 punti o sezioni (Hab-plot), ugualmente distribuite lungo tutto il perimetro del corpo idrico lacustre, in ciascuna delle quali si valutano le caratteristiche della linea di costa, dell'area litorale, del substrato, della profondità locale, della presenza di affluenti e di infrastrutture antropiche. Vengono anche segnalate e quindi conteggiate nell'elaborazione del giudizio finale, tutte le attività antropiche insistenti sul corpo idrico lacustre (es. attività ricreative, turistiche, economiche, la presenza di campeggi, porti, banchine, opere di ingegneria naturalista o classica, presenza di sbarramenti ecc.), individuate durante il passaggio tra un punto di osservazione e l'altro.

     In tab. 4.2.3/d si riportano i parametri da analizzare e una sintesi delle pressioni insistenti sul corpo idrico, ciascuna con diversi intervalli e relativi punteggi indicativi del passaggio da uno stato morfologico all'altro.

 

     Tab. 4.2.3/d - Parametri da valutare e sintesi delle attività antropiche

 

 

 

 

 

Intervalli

 

Parametri

Punteggio=0

Punteggio=2

Punteggio=4

Punteggio=6

Punteggio=8

Linea di costa e Area litorale

<10% della linea di costa con opere di ingegneria classica e area litorale rinforzata per 0-1 Hab-plot

>= 10%, <30% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 2 Hab-plot

>= 30%, <50% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 3-4 Hab-plot

>=50%, <75% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 5-7 Hab-plot

>=75% della linea di costa con opere di ingegneria classica o area litorale rinforzata per 8 o più Hab-plot

Utilizzo intensivo della area di costa

<10% della linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 0-1 Hab-plot

>= 10%, <30% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 2 Hab-plot

>= 30%, <50% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 3-4 Hab-plot

>=50%, <75% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 5-7 Hab-plot

>=75% linea di costa non naturale e copertura non naturale dell'uso del suolo per 8 o più Hab-plot

Idrologia

0-1 strutture idrologiche

2 strutture idrologiche o presenza uno sbarramento a monte

3 o più strutture idrologiche

Utilizzo principale idroelettrico, controllo per le piene, approvvigionamento idropotabile o innalzamento o abbassamenti dell'ordine di 1 m

Una diga che non permette il passaggio di pesci o principale utilizzo idroelettrico o controllo piene, approvvigionamento idropotabile e fluttuazioni annuali tra 0,5 e 5 m

Interrimento e substrato

< 25% della costa soggetto ad erosione e <25% area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate)

>= 25%, <50% della costa soggetta ad erosione o >= 25%, <50% dell'area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate) o sedimentazione sopra il naturale substrato per 3-4 Hab-plot

>= 50%, <70% della costa affetta da erosione o >= 50%, <70% dell'area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate) o sedimentazione sopra il naturale substrato per 5-6 Hab-plot

>70% della costa affetta da erosione o >70% dell'area del corpo idrico lacustre affetta da deposito (escluse le isole vegetate)

 

 

     Effettuando un'analisi incrociata dei parametri e delle pressioni di cui alla tab. 4.2.3/d, attraverso un database e un software dedicato, si definisce il punteggio dell'indice di alterazione morfologica (LHMS). In tab. 4.2.3/e si riportano le classi di stato morfologico sulla base dei punteggi del LHMS.

 

     Tab. 4.2.3/e - Classificazione secondo i punteggi del LHMS 

 

Classificazione stato

Punteggio

 

 

Elevato(*)

LHMS <= 2

Buono

2 < LHMS <= 4

 

(*)Il punteggio = 0 rappresenta un valore indice di condizioni di riferimento morfologiche.

 

     Classificazione degli elementi idromorfologici a sostegno

     La classificazione idromorfologica del corpo idrico è data dal peggiore tra gli indici idrologico Sa e quello morfologico LHMS

     A.4.3 Acque marino costiere

     Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

     - Fitoplancton

     - Macroinvertebrati bentonici

     - Macroalghe

     - Angiosperme (Posidonia oceanica)

     Macrotipi marino-costieri per la classificazione

     I criteri per la tipizzazione dei corpi idrici, di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo, consentono l'individuazione dei tipi marino-costieri, su base geomorfologica e su base idrologica. La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

     In considerazione delle caratteristiche dei vari EQB, le differenze tipo-specifiche e conseguentemente le condizioni di riferimento sono determinate, a seconda dell'EQB analizzato, dalle condizioni idrologiche e da quelle morfologiche.

     La tipo-specificità per il Fitoplancton e i Macroinvertebrati bentonici è caratterizzata dal criterio di tipizzazione idrologico, ai fini della classificazione per tali EQB i tipi delle acque marino-costiere , sono aggregati nei 3 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/a.

     Per ciò che riguarda le Angiosperme (Posidonia oceanica) si fa riferimento al solo macrotipo 3 (bassa stabilità)

     Per l'EQB Macroalghe la tipo-specificità è caratterizzata dal criterio di tipizzazione morfologico, le condizioni di riferimento sono in relazione alle differenti condizioni geomorfologiche, ai fini della classificazione per questo EQB i tipi delle acque marino-costiere sono aggregati nei 2 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/b.

 

     Tab. 4.3/a - Macrotipi marino-costieri per fitoplancton e macroinvertebrati bentonici

 

Macrotipi

Stabilità

Descrizione

 

 

 

1

Alta

Siti costieri fortemente influenzati da apporti d'acqua dolce di origine fluviale;

2

Media

Siti costieri moderatamente influenzati da apporti d'acqua dolce (influenza continentale);

3

Bassa

Siti costieri non influenzati da apporti d'acqua dolce continentale.

 

     Tab. 4.3/b - Macrotipi marino-costieri per macroalghe

 

Macrotipi

Descrizione

 

 

A

rilievi montuosi

B

terrazzi

 

     A.4.3.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

     Fitoplancton

     Il fitoplancton è valutato attraverso il parametro "clorofilla a" misurato in superficie, scelto come indicatore della biomassa. Occorre fare riferimento non solo ai rapporti di qualità ecologica (RQE) ma anche ai valori assoluti (espressi in mg/m3) di concentrazione di clorofilla a. Come già indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per il fitoplancton è caratterizzata dal criterio idrologico. Di seguito vengono indicate le categorie "tipo-specifiche", i valori da assegnare alle condizioni di riferimento e i limiti di classe distinti per ciascun macrotipo.

     Modalità di calcolo, condizioni di riferimento e limiti di classe

     Per il calcolo del valore del parametro "clorofilla a" si applicano 2 tipi di metriche:

     - per i tipi ricompresi nei macrotipi 2 e 3 il valore del 90° percentile per la distribuzione normalizzata dei dati(5)

     - il valore della media geometrica, per i tipi ricompresi nel macrotipo 1

     (5) Le serie annuali o pluriennali di clorofilla sono spesso ben approssimate da una distribuzione di tipo Log-normale. Per "normalizzare" queste distribuzioni si applica la Log-trasformazione dei dati originari, E Il 90° percentile della distribuzione dei logaritmi deve essere riconvertito in numero (i.e. in concentrazione di clorofilla). La Lognormalità dei dati di clorofilla giustifica anche la scelta della Media Geometrica al posto della Media Aritmetica.

 

     La Tab. 4.3.1/a, di seguito riportata, indica per ciascun macrotipo:

     - i valori delle condizioni di riferimento in termini di concentrazione di "clorofilla a";

     - i limiti di classe, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente, espressi sia in termini di concentrazione di clorofilla a, che in termini di RQE;

     - il tipo di metrica da utilizzare.

 

     Tab. 4.3.1/a Limiti di classe fra gli stati e valori di riferimento per fitoplancton

 

Macrotipo

Valore di

Limiti di classe

Metrica

 

riferimento (mg/m³)

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

 

 

 

(mg/m³)

RQE

(mg/m³)

RQE

 

1 (alta stabilità)

1,8

2,4

0,75

3,5

0,51

Media Geometrica

2 (media stabilità)

1,9

2,4

0,80

3,6

0,53

90° Percentile

3 (bassa stabilità)

0,9

1,1

0,80

1,8

0,50

90° Percentile

 

     Nella procedura di classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo l'EQB Fitoplancton, le metriche da tenere in considerazione per il confronto con i valori della tabella, sono quelle relative alle distribuzioni di almeno un anno della clorofilla a.

     Poichè il monitoraggio dell'EQB Fitoplancton è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottiene un valore di "clorofilla a" per ogni anno. Il valore da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di "clorofilla a" ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

     Macroinvertebrati bentonici

     Sistema di classificazione

     Per l'EQB Macroinvertebrati bentonici si applica l'Indice M-AMBI, che utilizza lo strumento dell' analisi statistica multivariata ed è in grado di riassumere la complessità delle comunità di fondo mobile, permettendo una lettura ecologica dell'ecosistema in esame.

     Come indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per i macroinvetebrati bentonici è caratterizzata dal criterio idrologico. Pertanto le categorie "tipo-specifiche" per i macroinvertebrati sono quelle associabili ai macrotipi 1, 2 e 3.

     Modalità di calcolo dell'M-AMBI, condizioni di riferimento e limiti di classe

     L'M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell'AMBI integrato con l'Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La modalità di calcolo dell'M-AMBI prevede l'elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata. Per il calcolo dell'indice è necessario l'utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l'ultimo aggiornamento già disponibile della lista delle specie.

     Il valore dell'M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

     Nella tab. 4.3.1/b sono riportati:

     - i valori di riferimento per ciascuna metrica che compone l'M-AMBI;

     - i limiti di classe dell'M-AMBI, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.

     I valori delle condizioni di riferimento e i relativi limiti Buono/Sufficiente ed Elevato/Buono descritti in tabella devono intendersi relativi al solo macrotipo 3 (bassa stabilità).

 

     Tab. 4.3.1/b - Limiti di classe e valori di riferimento per l'M-AMBI

 

Macrotipo

 

Valori di riferimento

 

RQE

 

 

AMBI

H’

S

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

3

0,5

4

30

0,81

0,61

 

     Macroalghe

     Sistema di classificazione

     Il metodo da applicare per la classificazione dell' EQB Macroalghe è il CARLIT.

     La tipo-specificità per le macroalghe è definita dal criterio geomorfologico di cui all'Allegato 3 sez. A.3 del presente decreto legislativo. I macrotipi su base geomorfologica da tenere in considerazione sono: A) rilievi montuosi e B) terrazzi. Nella procedura di valutazione dell'Indice CARLIT è necessario precisare anche i seguenti elementi morfologici: la morfologia della costa (blocchi metrici, falesia bassa, falesia alta), il diverso grado di inclinazione della frangia infralitorale, l'orientazione della costa, il grado di esposizione all'idrodinamismo, il tipo di substrato (naturale, artificiale).

     Modalità di calcolo del CARLIT, condizioni di riferimento e limiti di classe

     Sulla base dei diversi elementi morfologici precedentemente citati sono individuate alcune situazioni geomorfologiche rilevanti, a ciascuna delle quali è assegnato un Valore di Qualità Ecologica di riferimento (EQVrif) come riportato nella tab. 4.3.1/c.

 

     Tab. 4.3.1/c - Valori di riferimento per il CARLIT 

 

Situazione geomorfologica rilevante

EQVrif

 

 

Blocchi naturali

12,2

Scogliera bassa naturale

16,6

Falesia alta naturale

15,3

Blocchi artificiali

12,1

Struttura bassa artificiale

11,9

Struttura alta artificiale

8,0

 

     L'indice CARLIT si basa su una prima valutazione del Valore di Qualità Ecologica (VQE), in ogni sito e per ogni categoria geomorfologica rilevante.

     Il risultato finale dell'applicazione del CARLIT non fornisce un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE).

     La tabella seguente riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.

 

     Tab. 4.3.1/d - Limiti di classe per Elemento di qualità biologica "MACROALGHE" secondo il metodo CARLIT espresso in termini di RQE 

 

Sistema di classificazione adottato

Macrotipi

Rapporti di qualità ecologica RQE CARLIT

 

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

 

 

 

 

CARLIT

A e B

0,75

0,60

 

      Angiosperme - Prateria a Posidonia oceanica

     Sistema di classificazione

     Per l'EQB Posidonia oceanica si applica l'Indice PREI.

     L'Indice PREI include il calcolo di cinque descrittori: la densità della prateria (fasci m-2); la superficie fogliare fascio, (cm2 fascio-1); il rapporto tra la biomassa degli epifiti (mg fascio-1) e la biomassa fogliare fascio (mg fascio-1); la profondità del limite inferiore e la tipologia del limite inferiore.

     La densità della prateria, la superficie fogliare fascio ed il rapporto tra la biomassa degli epifiti e la biomassa fogliare vengono valutati alla profondità standard di 15 m, su substrato sabbia o matte; nei casi in cui lo sviluppo batimetrico della prateria non consenta il campionamento alla profondità standard, può essere individuata, motivandone la scelta, una profondità idonea al caso specifico.

     Le praterie a P.oceanica vengono monitorate nel piano infralitorale non influenzato da apporti d'acqua dolce significativi, ovvero nel macrotipo 3: bassa stabilità, siti costieri non influenzati da apporti d'acqua dolce e continentale.

     Modalità di calcolo dell'indice PREI, condizioni di riferimento e limiti di classe

     La modalità di calcolo dell'indice PREI prevede l'applicazione della seguente equazione:

 

[Equazione]

 

     Il valore del PREI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).  Il risultato finale dell'applicazione dell'Indice PREI non fornisce un valore assoluto, ma direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE). La tabella 4.3.1/e riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE.

     Nel sistema di classificazione seguente lo stato cattivo corrisponde ad una recente non sopravvivenza di P. oceanica, ovvero, alla sua scomparsa da meno di cinque anni.

 

     Tab. 4.3.1/e - Limiti di classe degli RQE per Elemento di Qualità Biologica "Posidonia oceanica", e condizioni di riferimento riferiti ai valori dell'Indice PREI.

 

RQE

STATO ECOLOGICO

1 - 0,775

Elevato

0,774 - 0,550

Buono

0,549 - 0,325

Sufficiente

0,324 - 0,100

Scarso

< 0,100 - 0

Cattivo

CONDIZIONI DI RIFERIMENTO

 

Densità

599 fasci m-2

Superficie fogliare fascio

310 cm² fascio-1

Biomassa epifiti/Biomassa fogliare

0

Profondità limite inferiore

38 m

 

     A.4.3.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologica a sostegno

     Nelle acque marino costiere con l'espressione: "a sostegno", si intende che gli elementi di qualità fisico-chimica, salvo le eccezioni riportate nella Tab. 4.3.2/b, devono essere considerati nel sistema di classificazione dello stato ecologico, in quanto concorrono alla definizione di tale stato. Gli elementi idromorfologici devono essere utilizzati per migliorare l'interpretazione dei risultati biologici, in modo da pervenire all'assegnazione di uno stato ecologico certo.

     Si riportano di seguito le tabelle che indicano gli elementi idromorfologici, Tab. 4.3.2/a e fisico-chimici, Tab. 4.3.2/b, a sostegno dei vari EQB.

 

     Tab. 4.3.2/a- Elementi idromorfologici a sostegno dei vari EQB 

 

EQB

Elementi idromorfologici (*)

Fitoplancton

regime correntometrico

Macroalghe ed Angiosperme

escursione mareale, esposizione al moto ondoso, regime correntometrico, profondità, natura e composizione del substrato.

Macroinvertebrati bentonici

profondità, natura e composizione del substrato

 

* Gli elementi idromorfologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione dei dati acquisiti per gli altri elementi di qualità

 

     Tab. 4.3.2/b - Elementi fisico-chimici a sostegno dei vari EQB con indicazione dell'applicazione ai fini della classificazione dello stato ecologico 

 

EQB

Elementi fisico-chimici per la classificazione*

Elementi fisico-chimici per l’interpretazione**

Fitoplancton

ossigeno disciolto, nutrienti

trasparenza, temperatura, salinità

Macroalghe ed Angiosperme

ossigeno disciolto, nutrienti

trasparenza, temperatura, salinità,

Macroinvertebrati bentonici

ossigeno disciolto, nutrienti

trasparenza, temperatura, salinità

 

* Elementi fisico-chimici che rientrano nel sistema di classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo idrico  ** Elementi fisico-chimici che non rientrano nel sistema di classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo, ma sono utilizzati ai fini interpretavi dei risultati degli altri elementi

 

     Elementi di qualità fisico-chimica e relativi limiti di classe

     Ossigeno disciolto e nutrienti

     L'ossigeno disciolto e i nutrienti, unitamente al parametro clorofilla a, sono valutati attraverso l'applicazione dell'Indice TRIX, al fine di misurare il livello trofico degli ambienti marino-costieri. L'Indice TRIX può essere utilizzato non solo ai fini della valutazione del rischio eutrofico (acque costiere con elevati livelli trofici e importanti apporti fluviali), ma anche per segnalare scostamenti significativi dalle condizioni di trofia tipiche di aree naturalmente a basso livello trofico.

     Ai fini dell'applicazione di tale indice, nella classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, nella Tab. 4.3.2/c, vengono riportati i valori di TRIX (espressi come valore medio annuo), ossia i limiti di classe tra lo stato buono e quello sufficiente, per ciascuno dei macrotipi individuati su base idrologica.

 

     Tab. 4.3.2/c - Limiti di classe, espressi in termini del TRIX, tra lo stato buono e quello sufficiente 

 

Macrotipo

Limiti di classe TRIX (Buono/Sufficiente)

 

 

1: Alta stabilità

5,0

2: Media stabilità

4,5

3: Bassa stabilità

4,0

 

     Nella procedura di classificazione dello stato ecologico, il giudizio espresso per ciascun EQB deve essere perciò congruo con il limite di classe di TRIX: in caso di stato ecologico "buono" il corrispondente valore di TRIX deve essere minore della soglia riportata in tabella, per ciascuno dei tre macrotipi individuati. Qualora il valore del TRIX sia conforme alla soglia individuata dallo stato biologico, nell'esprimere il giudizio di stato ecologico si fa riferimento al giudizio espresso sulla base degli elementi di qualità biologica. Poichè il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottengono tre valori di TRIX. Il valore di TRIX da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di TRIX ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

     Temperatura e salinità

     La temperatura e la salinità sono elementi fondamentali per la definizione dei tipi: essi concorrono alla definizione della densità dell'acqua di mare e, quindi, alla stabilità, parametro su cui è basata la tipizzazione su base idrologica. Dalla stabilità della colonna d'acqua discende la tipo-specificità delle metriche e degli indici utilizzati per la classificazione degli EQB.

     Trasparenza

     Per la trasparenza, espressa come misura del Disco Secchi, si adotta la stessa risoluzione valida per gli elementi idromorfologici a sostegno: essa è utilizzata come elemento ausiliario per integrare e migliorare l'interpretazione del monitoraggio degli EQB, in modo da pervenire all'assegnazione di uno stato ecologico certo.

     A.4.4 Acque di transizione

     Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:

     - Macroalghe

     - Fanerogame

     - Macroinvertebrati bentonici

     Tipizzazione e condizioni di riferimento

     La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.

     Le condizioni di riferimento sono di seguito riportate per macrotipi, sulla base dell'escursione di marea e di intervalli di salinità (> 30 PSU e < 30 PSU) gli intervalli di salinità sono riferiti solo alla marea > 50 cm .

     Pertanto ai fini della classificazione i corpi idrici di transizione sono distinti in tre macrotipi (vedi Tab. 4.4/a).

 

     Tab. 4.4/a - Macrotipi ai fini della definizione delle condizioni di riferimento per gli elementi di qualità biologica macroalghe, fanerogame e macroinvertebrati bentonici.

 

marea

non tidale

microtidale

 

salinità

oligo/meso/poli/eu/iperalino

oligo/meso/polialino

eu/iperalino

Codice DM

AT01/AT02/AT03/AT04/AT05

AT11/AT12/

 

trasmissione dati

AT06/AT07/AT08/AT09/AT10

AT13/ AT16/AT17/AT18

AT14/AT15/AT19/AT20

Macrotipo

M-AT-1

M-AT-2

M-AT-3

 

     I sistemi di classificazione dello stato ecologico per le acque di transizione definiti nel presente decreto non si applicano al tipo foci fluviali - delta.

     Tali corpi idrici devono comunque essere tipizzati, secondo quanto previsto dall'allegato 3, sezione A del presente decreto e monitorati secondo quanto previsto dalla lettera A.3 del punto 2 del presente allegato

     A.4.4.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica

     Fanerogame e macroalghe

     Per l'EQB Macrofite, viene utilizzato l'indice E-MaQI, che integra i due elementi di qualità biologica macroalghe e fanerogame.

     L'affidabilità dell'indice è legata al numero di specie presenti nelle stazioni di monitoraggio; l'applicabilità dell'indice richiede la presenza di almeno 20 specie.

     Nel caso in cui il numero di specie presenti sia inferiore a 20, si applica l'indice R-MaQI, modificato.

     Valori di riferimento e limiti di classe

     Le soglie relative al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE) per la suddivisione dello stato nelle 5 classi previste è riportato in Tab. 4.1.1/a; i valori si applicano ai tre macrotipi (M-AT-1, M-AT-2, M-AT3).

 

     Tab. 4.4.1/a - Limiti di classe per l'E-MaQI e per l'R-MaQI modificato.

      Rapporto di Qualità Ecologica

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

 

 

 

 

0,8

0,6

0,4

0,2

 

     Le condizioni di riferimento per l'indice E MaQI sono espresse in Tab. 4.1.1/b

 

     Tab. 4.4.1/b - Valori di riferimento per l'applicazione dell'indice E-MaQI per i diversi macrotipi 

 

Macrotipo

Geomorfologia

Escursione marea

Salinità

Valori di riferimento (E-MaQI)

M-AT-1

Laguna costiera

Non tidale

-

1,00

M-AT-2

Laguna costiera

microtidale

Oligo/meso/poli

1,00

M-AT-3

Laguna costiera

microtidale

Eu/iper

1,03

 

     L'indice R-MaQI modificato restituisce direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE),le condizioni di riferimento dell'indice sono intrinseche nel metodo.

     Macroinvertebrati bentonici

     Per l'EQB Macroinvertebrati bentonici ai fini della classificazione dello stato di qualità viene applicato l'indice M-AMBI e facoltativamente anche l'indice BITS.

     L'M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell'AMBI integrato con l'Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La modalità di calcolo dell'M-AMBI prevede l'elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata. Per il calcolo dell'indice è necessario l'utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l'ultimo aggiornamento già disponibile della lista delle specie. Il valore dell'M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).

     In aggiunta può essere utilizzato anche l'indice BITS.

     L'applicazione dell'indice BITS è finalizzata ad un'eventuale sostituzione dell'M-AMBI nei successivi piani di gestione.

     Valori di riferimento e limiti di classe

 

     Tab. 4.4.1/c - Limiti di classe in termini di RQE per l'M-AMBI   Rapporto di Qualità Ecologica

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

 

 

 

 

0,96

0,71

0,57

0,46

 

     Le condizioni di riferimento sono state definite sulla base di un criterio misto statistico/geografico. L'indice M-AMBI è un indice multivariato, pertanto le condizioni di riferimento vanno indicate per i tre indici che lo compongono: AMBI, Indice di Diversità di Shannon-Wiener e numero di specie (S).

 

     Tab. 4.4.1/d - Valori di riferimento tipo-specifiche per l'applicazione dell'M-AMBI

 

Macrotipo

Geomorfologia

Escursione marea

Salinità

AMBI

Diversità di Shannon- Wiener

Numero di Specie (S)

M-AT-1

Laguna costiera

Non tidale

-

1,85

3,3

25

M-AT-2

Laguna costiera

microtidale

Oligo/meso/poli

2,14

3,40

28

M-AT-3

Laguna costiera

microtidale

Eu/iper

0,63

4,23

46

 

     Tab. 4.4.1/e - Limiti di classe in termini di RQE per il BITS   Limiti di classe (RQE)

 

Elevato/Buono

Buono/Sufficiente

Sufficiente/Scarso

Scarso/Cattivo

 

 

 

 

0,87

0,68

0,44

0,25

 

     Tab. 4.4.1/f - Valori di riferimento tipo-specifiche per l'applicazione del BITS 

 

Macrotipo

Geomorfologia

Escursione marea

Salinità

BITS

M-AT-1

Laguna costiera

Non tidale

-

2,80

M-AT-2

Laguna costiera

Microtidale

Oligo/meso/poli

3,40

M-AT-3

Laguna costiera

Microtidale

Eu/iper

3,40

 

     A.4.4.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologici a sostegno

     Nella classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione gli elementi fisico -chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:

     - Azoto inorganico disciolto (DIN);

     - Fosforo reattivo (P-PO4);

     - Ossigeno disciolto;

     Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

     Si riportano in Tab. 4.4.2/a di seguito i limiti di classe degli elementi fisico-chimici a sostegno degli elementi di qualità biologica per la classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici di transizione. I limiti di classe per l'azoto sono definiti per 2 diverse classi di salinità (>30 psu e <30 psu). Il limite per il fosforo reattivo è definito per gli ambienti con salinità >30 psu.

 

     Tab. 4.4.2/a - Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica nella colonna d'acqua

 

Denominazione della sostanza

Limiti di classe B/S

Classi di salinità

 

Salinità <30psu

oligoalino

 

30 μM (420 μg/l c.a.)

mesoalino

Azoto inorganico disciolto (DIN) (*)

 

polialino

 

Salinità >30psu

eualino

 

18 μM (253 μg/l c.a.)

iperalino

Fosforo reattivo (P-PO4) (*)

Salinità >30psu

eualino

 

0,48 μM (15 μg/l c.a.)

iperalino

Ossigeno disciolto

≤ 1 giorno di anossia/anno **

 

 

     Note alla tab. 4.4.2/a

     *Valore espresso come medio annuo; considerata l'influenza degli apporti di acqua dolce, per la definizione degli standard di qualità dell'azoto e del fosforo si forniscono valori tipo-specifici in relazione alla salinità dei corpi idrici.

     **Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1.0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99), Ipossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 1-2.0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99)

 

     Criteri di utilizzo degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno

     Nutrienti

     Qualora gli elementi di qualità biologica monitorati consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato, ma, per uno o entrambi i nutrienti, siano superati i limiti di classe riportati in Tab 4.4.2/a , e comunque di un incremento non superiore al 75% del limite di classe riportato nella suddetta tabella, le autorità competenti possono non declassare automaticamente a sufficiente il corpo idrico, purchè attivino un approfondimento dell'attività conoscitiva, un' analisi delle pressioni e degli impatti ed il contestuale avvio di un monitoraggio di indagine basato su :

     a) la verifica dello stato degli elementi di qualità biologica rappresentativi dello stato trofico del corpo idrico (macroalghe, angiosperme e fitoplancton);

     b) il controllo dei nutrienti con frequenza mensile.

     Le attività necessarie ad escludere il declassamento del corpo idrico come sopra indicato rivestono durata minima diversa a seconda dell'entità del superamento:

     1) superamento<50% di uno o entrambi i parametri:

     * il monitoraggio d'indagine sopra dettagliato è eseguito per un solo anno;

     * il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di indagine, purchè risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;

     Se il superamento dei limiti di classe dei nutrienti riportati in Tab 4.4.2/a si verifica durante il monitoraggio di sorveglianza, il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d'acqua deve essere effettuato per i 2 anni successivi al campionamento.

     2) un superamento > 50%, e comunque inferiore a 75%, di uno o entrambi i parametri:

     * il monitoraggio di indagine sopra dettagliato è seguito per due anni consecutivi;

     * il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di indagine, purchè risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione dei nutrienti;

     * il monitoraggio di indagine negli anni intermedi tra i successivi monitoraggi operativi può essere proseguito a giudizio dell'autorità competente.

     Resta fermo che anche in caso di esito positivo delle suddette attività volte ad escludere il declassamento, il corpo idrico è classificato in stato buono, anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato.

     Nel caso in cui non sia attivata la procedura volta ad escludere il declassamento del corpo idrico sopra descritta, poichè il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni) si ottengono tre valori di concentrazione dei nutrienti. Il valore di concentrazione da utilizzare per la classificazione è la media dei valori ottenuti per ciascuno dei tre anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

     Ossigeno

     Qualora gli elementi di qualità biologica, controllati nel monitoraggio di sorveglianza od operativo, consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato ma si verifichino condizioni di anossia/ipossia si procede come descritto di seguito:

     1) Condizioni di anossia(6) per 1 o più giorni all'interno di un anno

     Il corpo idrico viene automaticamente classificato in stato ecologico sufficiente.

     2) Condizioni di anossia(7) di durata inferiore ad 1 giorno ma ripetute per più giorni consecutivi e/o condizioni di ipossia(8) per più di 1 giorno/anno.

     (6) Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99)

     (7) Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99)

     (8) Ipossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 1-2,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99)

 

     Si effettua per i due anni successivi e consecutivi al campionamento la verifica dello stato dei macroinvertebrati bentonici (anche qualora non selezionati per il monitoraggio operativo) quali elementi di qualità biologica indicativi delle condizioni di ossigenazione delle acque di fondo, al fine di verificare un eventuale ritardo nella risposta biologica.

     In assenza di impatti sulla comunità biologica per due anni consecutivi, il corpo idrico può essere classificato in buono stato ecologico (anche nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato), in caso contrario si classifica come sufficiente.

     Alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni), si classifica sulla base del valore peggiore nei tre anni. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, allora si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.

     Il superamento dei limiti dell'ossigeno comporta il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d'acqua per i successivi 2 anni anche nel caso di monitoraggio di sorveglianza.

     Qualora il posizionamento della sonda per il rilevamento in continuo dell'ossigeno ponga dei problemi di gestione possono essere dedotti indirettamente fenomeni di anossia pregressi o in corso, dalla concentrazione del parametro ferro labile (LFe) e del rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/LFe) entrambi rilevati nei sedimenti.

     Al riguardo le frequenze di campionamento dei suddetti parametri sono le seguenti:

     * tra giugno e luglio e tra fine agosto e settembre (in concomitanza con le maree di quadratura) quando il rischio di anossia è elevato;

     * tra febbraio e marzo (in concomitanza con le maree di sizigia) quando la riossigenazione del sistema è massima.

     Di seguito sono riportati i limiti di classe per il ferro labile (Lfe) e per il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe)

 

     Tab. 4.4.2/b- Limiti di classe per il ferro labile (LFe) e il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe) nei sedimenti. 

 

 

Fe labile (μmol/ cm³)

 

Classificazione

 

>100

50-100

<50

stato

 

<0.25

<0.25

<0.25

Buono

AVS/LFe

≥0.25

≥0.25

≥0.25

Sufficiente

 

     Altri parametri

     Il valore della trasparenza e della temperatura non concorrono direttamente alla classificazione dello stato ecologico, ma sono utilizzati per migliorare l'interpretazione dei risultati biologici e evidenziare eventuali anomalie di origine antropica. Lo stesso criterio vale per i parametri fisico-chimici a sostegno, indicati nel protocollo di monitoraggio ISPRA per i quali non sono stati definiti valori di soglia.

     Elementi di qualità idromorfologica a sostegno

     La valutazione degli elementi di qualità idromorfologica influenza la classificazione dello stato ecologico solo nel passaggio tra stato "buono ed elevato".

     I parametri idromorfologici a supporto degli elementi di qualità biologica previsti dalla tab. A.1.1 del punto 2 del presente allegato sono:

     Condizioni morfologiche

     - variazione della profondità

     - massa, struttura e substrato del letto

     - struttura della zona intertidale

     Regime di marea

     - flusso di acqua dolce

     - esposizione alle onde

     Le condizioni idromorfologiche dei corpi idrici di transizione per gli elementi sopra indicati sono valutate tramite giudizio esperto, come di seguito indicato.

     Variazione della profondità

     I dati di profondità derivanti dai rilievi morfobatimetrici dei fondali previsti dalla lettera A.3.3.4 del punto 2 dell'allegato 1 al presente decreto da eseguirsi sono utilizzati secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato, almeno una volta nell'arco temporale del Piano di Gestione.

     È necessario indicare la presenza di attività antropiche rilevanti, quali dragaggio di canali e bassofondali o ripascimenti.

     Struttura della zona intertidale

     La valutazione della struttura della zona intertidale comprende diversi aspetti, quali l'estensione degli habitat caratteristici (es. barene, velme) e la copertura e composizione della vegetazione.

     Per una prima analisi è utile l'utilizzo di supporti cartografici e di foto aeree o satellitari, integrate dai risultati dell'attività di monitoraggio della vegetazione da eseguirsi secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato.

     Massa struttura e composizione del substrato.

     Per l'analisi del substrato si utilizzano i dati rilevati in corrispondenza delle stazioni di macroinvertebrati e angiosperme, ovvero granulometria, densità e contenuto organico del sedimento. Qualora tali elementi di qualità biologica, nel caso di monitoraggio operativo, non siano stati selezionati, è necessario provvedere a appositi campionamenti del substrato o utilizzare informazioni derivanti da altre attività di monitoraggio.

     Va inoltre considerata la presenza di attività antropiche rilevanti, quali ripascimenti con sedimenti di diverse caratteristiche.

     Flusso di acque dolce

     L'analisi diretta della variazione dei flussi d'acqua dolce è possibile qualora siano attive (o previste) stazioni di monitoraggio degli apporti d'acqua derivanti dai corsi d'acqua o artificialmente da idrovore e altri scarichi (possibilmente integrati dagli altri elementi conoscitivi utili alla determinazione del bilancio idrologico del corpo idrico).

     Ad integrazione delle analisi, le variazioni di flusso di acqua dolce possono essere indirettamente valutate tramite i dati di salinità derivanti dai campionamenti della matrice acqua previsti in corrispondenza delle stazioni di monitoraggio degli elementi di qualità biologica o integrati da dati derivanti da altre attività di monitoraggio.

     Esposizione alle onde

     Non si ritiene necessaria l'installazione obbligatoria nelle acque di transizione di ondametri per l'analisi del moto ondoso. L'impiego di tali strumenti può essere previsto nel caso in cui, dall'analisi delle condizioni morfologiche, siano evidenti fenomeni di erosione e instabilità del substrato dei bassofondali o delle zone interditali e si ritenga necessaria la quantificazione delle pressioni idrodinamiche.

     A.4.5 Elementi chimici a sostegno (altri inquinanti specifici di cui all'allegato 8 e non appartenenti all'elenco di priorità)

     Per la classificazione dello stato ecologico attraverso gli elementi chimici a sostegno si deve fare riferimento a quanto riportato nella tabella 4.5/a in merito alla definizione di stato elevato, buono sufficiente. Per la classificazione del triennio del monitoraggio operativo si utilizza il valore peggiore della media calcolata per ciascun anno. Nel caso del monitoraggio di sorveglianza si fa riferimento al valor medio di un singolo anno; qualora nell'arco dei sei anni le regioni programmino il monitoraggio di sorveglianza per più di un anno si deve considerare il valore medio annuale peggiore. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri chimici ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato peggiore tra quelli attribuiti alle singole stazioni.

 

Tab. 4.5/a - Definizioni dello stato elevato, buono e sufficiente per gli elementi chimici a sostegno. [1551]

 

Stato Elevato

La media delle concentrazioni delle sostanze di sintesi, misurate nell'arco di un anno, sono minori o uguali ai limiti di quantificazione delle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. Le concentrazioni delle sostanze di origine naturale ricadono entro i livelli di fondo naturale.

 

Stato Buono

La media delle concentrazioni di una sostanza chimica, monitorata nell'arco di un anno, è conforme allo standard di qualità ambientale di cui alla tab. 1/B, lettera A.2.7, del presente allegato e successive modifiche e integrazioni.

 

Stato Sufficiente

La media delle concentrazioni di una sostanza chimica, monitorata nell'arco di un anno, supera lo standard di qualità ambientale di cui alla tab. 1/B lettera A.2.7, del presente allegato e successive modifiche e integrazioni.

 

     Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato

     A.4.6 Identificazione dello stato delle acque superficiali e relativa presentazione

     A.4.6.1 Stato ecologico

     Lo stato ecologico del corpo idrico è classificato in base alla classe più bassa, risultante dai dati di monitoraggio, relativa agli:

     - elementi biologici;

     - elementi fisico-chimici a sostegno, ad eccezione di quelli indicati, nel presente allegato, come utili ai fini interpretativi;

     - elementi chimici a sostegno (altre sostanze non appartenenti all'elenco di priorità).

     Qualora lo stato complessivo risulti "elevato", è necessario provvedere ad una conferma mediante l'esame degli elementi idromorfologici. Se tale conferma risultasse negativa, il corpo idrico è declassato allo stato "buono".

     Fanno eccezione le acque marino-costiere per le quali gli elementi idromorfologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione dei dati acquisiti per gli altri elementi di qualità.

     Si riportano di seguito gli schemi che chiariscono le 2 fasi necessarie per arrivare alla classificazione ecologica dei corpi idrici superficiali.

 

Fase I - Fase II

 

     Presentazione dello stato ecologico

     Per le varie categorie di acque superficiali, le Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella tabella 4.6.1/a di seguito riportata. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui lo stato ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

 

     Tab. 4.6.1/a - Schema cromatico per la presentazione delle classi dello stato ecologico

 

Classe dello stato ecologico

Colori associati

 

 

Elevato

blu

Buono

verde

Sufficiente

giallo

Scarso

arancione

Cattivo

rosso

 

     A.4.6.2 Potenziale ecologico

     Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico, fisico-chimico e chimico (inquinanti specifici) relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella 4.6.2/a di seguito riportata. Le Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione del potenziale ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli fortemente modificati, nella terza. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui il buon potenziale ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici.

 

     Tab. 4.6.2/a - Schema cromatico per la presentazione delle classi del potenziale ecologico 

 

 

Colori associati

 

Classe del potenziale ecologico

Corpi idrici artificiali

Corpi idrici fortemente modificati

Buono e oltre

Rigatura uniforme verde e grigio chiaro

rigatura uniforme verde e grigio scuro

Sufficiente

Rigatura uniforme giallo e grigio chiaro

rigatura uniforme giallo e grigio scuro

Scarso

Rigatura uniforme arancione e grigio chiaro

rigatura uniforme arancione e grigio scuro

Cattivo

Rigatura uniforme rosso e grigio chiaro

rigatura uniforme rosso e grigio scuro

 

     A.4.6.3 Stato chimico

     In conformità a quanto riportato al punto A.2.6 e A.2.8 del presente allegato, il corpo idrico che soddisfa, per le sostanze dell'elenco di priorità, tutti gli standard di qualità ambientale fissati al punto 2, lettera A.2.6 tabella 1/A, o 2/A del presente allegato, è classificato in buono stato chimico.

     In caso negativo, il corpo idrico è classificato come corpo idrico cui non è riconosciuto il buono stato chimico.

     Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.

     Le Autorità competenti forniscono una mappa che indica lo stato chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della tabella 4.6.3/a di seguito riportata per rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.

 

     Tab. 4.6.3/a - Schema cromatico per la rappresentazione delle classi dello stato chimico

 

Classificazione dello stato chimico

Colori associati

 

 

Buono

blu

Mancato conseguimento dello stato buono

rosso

 

     A.4.6.4 Trasmissione dati  I dati di cui ai punti A.4.6.1, A.4.6.2 e A.4.6.3 sono parte integrante delle informazioni fornite ai sensi del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 luglio 2009 recante: " Individuazione delle informazioni territoriali e modalità per la raccolta, lo scambio e l'utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari e nazionali in materia di acque".

 

     B. ACQUE SOTTERRANEE [1552]

     Buono stato delle acque sotterranee

 

     Parte A - Buono stato chimico

     Nella tabella 1 è riportata la definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee.

 

 

     A.1 - Standard di qualità

     Nella tabella 2 sono inclusi gli standard di qualità individuati a livello comunitario.

 

 

     * Per pesticidi si intendono i prodotti fitosanitari e i biocidi, quali definiti all'art. 2, rispettivamente del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, e del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174.

     ** «Totale» significa la somma di tutti i singoli pesticidi individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio, compresi i corrispondenti metaboliti e i prodotti di degradazione e reazione.

     - I risultati dell'applicazione degli standard di qualità per i pesticidi ai fini del presente decreto non pregiudicano i risultati delle procedure di valutazione di rischio prescritte dal decreto, n. 194 del 1995 dal decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e dal decreto n. 174 del 2000.

     - Quando per un determinato corpo idrico sotterraneo si considera che gli standard di qualità in materia possono impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali specificati agli articoli 76 e 77 del decreto n. 152 del 2006 per i corpi idrici superficiali connessi o provocare un deterioramento significativo della qualità ecologica o chimica di tali corpi o un danno significativo agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo sono stabiliti valori soglia più severi conformemente all'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30 e al presente allegato. I programmi e le misure richiesti in relazione a tali valori soglia si applicano anche alle attività che rientrano nel campo di applicazione dell'art. 92 del decreto n. 152 del 2006.

     A.2 - Valori soglia ai fini del buono stato chimico

     1. Il superamento dei valori soglia di cui alla tabella 3, in qualsiasi punto di monitoraggio è indicativo del rischio che non siano soddisfatte una o più condizioni concernenti il buono stato chimico delle acque sotterranee di cui all'art. 4, comma 2, lettera c, punti 1, 2 e 3 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30.

     I valori soglia di cui alla tabella 3 si basano sui seguenti elementi: l'entità delle interazioni tra acque sotterranee ed ecosistemi acquatici associati ed ecosistemi terrestri che dipendono da essi; l'interferenza con legittimi usi delle acque sotterranee, presenti o futuri; la tossicità umana, l'ecotossicità, la tendenza alla dispersione, la persistenza e il loro potenziale di bioaccumulo.

 

 

 

     Note alla tabella 3:

     * Tali valori sono cautelativi anche per gli ecosistemi acquatici e si applicano ai corpi idrici sotterranei che alimentano i corpi idrici superficiali e gli ecosistemi terrestri dipendenti. Le regioni, sulla base di una conoscenza approfondita del sistema idrologico superficiale e sotterraneo, possono applicare ai valori di cui alla colonna (*) fattori di attenuazione o diluizione. In assenza di tale conoscenza, si applicano i valori di cui alla medesima colonna.

     ** Per il cadmio e composti i valori dei valori soglia variano in funzione della durezza dell'acqua classificata secondo le seguenti quattro categorie: Classe 1: <50 mg L-1 CaCO3 , Classe 2: da 50 a <100 mg L-1 CaCO3 , Classe 3: da 100 a <200 mg L-1 CaCO3 e Classe 4: ≥200 mg L-1 CaCO3 .

     *** Tali valori sono espressi come SQA CMA (massime concentrazioni ammissibili) di cui al decreto legislativo n. 172/2015.

     **** Il DDT totale comprende la somma degli isomeri p,p'-DDT (1,1,1-tricloro-2,2 bis(p-clorofenil)etano; CAS 50-29-3), o,p'-DDT (1,1,1-tricloro-2(o-clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano; CAS 789-02-6), p,p'-DDE (1,1-dicloro-2,2 bis(p-clorofenil)etilene; CAS 72-55-9) e p,p'-DDD (1,1-dicloro-2,2 bis(p-clorofenil)etano; CAS 72-54-8).

     ***** Il valore della sommatoria deve far riferimento ai seguenti congeneri: 28, 52, 77, 81, 95, 99, 101, 105, 110, 114, 118, 123, 126, 128, 138, 146, 149, 151, 153, 156, 157, 167, 169, 170, 177, 180, 183, 187, 189.

     - Per i pesticidi per cui sono stati definiti i valori soglia si applicano tali valori in sostituzione dello standard di qualità individuato alla tabella 2.

     - Per i metalli il valore dello standard di qualità si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuta per filtrazione con un filtro da 0,45 µm.

     - Per tutti gli altri parametri il valore si riferisce alla concentrazione totale nell'intero campione di acqua

     2. Laddove elevati livelli di fondo di sostanze o ioni, o loro indicatori, siano presenti per motivi idrogeologici naturali, tali livelli di fondo nel pertinente corpo idrico sono presi in considerazione nella determinazione dei valori soglia. Nel determinare i livelli di fondo, è opportuno tenere presente i seguenti principi:

     a) la determinazione dei livelli di fondo dovrebbe essere basata sulla caratterizzazione di corpi idrici sotterranei in conformità dell'allegato 1 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, e sui risultati del monitoraggio delle acque sotterranee, conformemente al presente allegato. La strategia di monitoraggio e l'interpretazione dei dati dovrebbero tenere conto del fatto che condizioni di flusso e la chimica delle acque sotterranee presentano variazioni a livello laterale e verticale;

     b) in caso di dati di monitoraggio limitati, dovrebbero essere raccolti ulteriori dati. Nel contempo si dovrebbe procedere a una determinazione dei livelli di fondo basandosi su tali dati di monitoraggio limitati, se del caso mediante un approccio semplificato che prevede l'uso di un sottoinsieme di campioni per i quali gli indicatori non evidenziano nessuna influenza risultante dall'attività umana. Se disponibili, dovrebbero essere tenute in considerazione anche le informazioni sui trasferimenti e i processi geochimici;

     c) in caso di dati di monitoraggio delle acque sotterranee insufficienti e di scarse informazioni in materia di trasferimenti e processi geochimici, dovrebbero essere raccolti ulteriori dati e informazioni. Nel contempo si dovrebbe procedere a una stima dei livelli di fondo, se del caso basandosi su risultati statistici di riferimento per il medesimo tipo di falda acquifera in altri settori per cui sussistono dati di monitoraggio sufficienti.»;

     Al fine di fornire gli elementi utili alla valutazione dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei, sono rese disponibili le seguenti linee guida nazionali predisposte dagli istituti scientifici nazionali di riferimento:

     - una linea guida recante la procedura da seguire per il calcolo dei valori di fondo entro il 31 dicembre 2016.

     - una linea guida sulla metodologia per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione degli inquinanti nelle acque sotterranee entro il 30 giugno 2017.

     A.2.1 Applicazione degli standard di qualità ambientale e dei valori soglia

     1. La conformità del valore soglia e dello standard di qualità ambientale deve essere calcolata attraverso la media dei risultati del monitoraggio, riferita al ciclo specifico di monitoraggio, ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei.

     2. Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.

     3. I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle più avanzate tecniche di impiego generale. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo con la norma UNI/ ISO/ EN 17025.

     4. Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale si applicano le migliori tecniche disponibili a costi sostenibili riconosciute come appropriate dalla comunità analitica internazionale. I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 6 e sono validati in accordo con la norma UNI/ ISO/EN 17025.

     5. a) per le sostanze per cui non sono presenti metodi analitici normalizzati, in attesa che metodi analitici validati ai sensi della ISO 17025 siano resi disponibili da ISPRA, in collaborazione con IRSA-CNR ed ISS, il monitoraggio sarà effettuato utilizzando le migliori tecniche disponibili, sia da un punto di vista scientifico che economico.

     b) I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 4, sono utilizzati a titolo conoscitivo.

     A.2.2 Aggiornamento piani di gestione

     Nei piani di gestione dei bacini idrografici, riesaminati e riaggiornati in conformità all'art. 117 del decreto n. 152/06, sono inserite le seguenti informazioni sulle modalità di applicazione della procedura illustrata nella parte A del presente allegato:

     a) informazioni su ciascuno dei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei caratterizzati come a rischio:

     - le dimensioni dei corpi idrici;

     - ciascun inquinante o indicatore di inquinamento in base a cui i corpi idrici sotterranei sono caratterizzati come a rischio;

     - gli obiettivi di qualità ambientale a cui il rischio è connesso, tra cui gli usi legittimi, reali o potenziali, del corpo idrico e il rapporto tra i corpi idrici sotterranei e le acque superficiali connesse e agli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente;

     - nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo naturali nei corpi idrici sotterranei;

     - informazioni sui superamenti se i valori soglia sono oltrepassati;

     b) i valori soglia, applicabili a livello nazionale, di distretto idrografico o della parte di distretto idrografico internazionale che rientra nel territorio nazionale, oppure a livello di corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei;

     c) il rapporto tra i valori soglia e ciascuno dei seguenti elementi:

     - nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo;

     - le acque superficiali connesse e gli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente;

     - gli obiettivi di qualità ambientale e altre norme per la protezione dell'acqua esistenti a livello nazionale, unionale o internazionale;

     - qualsiasi informazione pertinente in materia di tossicologia, ecotossicologia, persistenza e potenziale di bioaccumulo nonchè tendenza alla dispersione degli inquinanti;

     d) la metodologia per determinare i livelli di fondo sulla base dei principi di cui alla parte A, punto 3;

     e) le ragioni per cui non sono stati stabiliti valori soglia per gli inquinanti e gli indicatori identificati nella tabella 3 del presente allegato.

     f) elementi chiave della valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee, compresi il livello, il metodo e il periodo di aggregazione dei risultati di monitoraggio, la definizione dell'entità del superamento considerata accettabile e il relativo metodo di calcolo, conformemente all'art. 4,comma 2, lettera c), punto 1), e al punto 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30.

     Qualora uno dei dati di cui alle lettere da a) a f), non sia incluso nei piani di gestione dei bacini idrografici, le motivazioni dell'esclusione sono inserite nei suddetti piani.

 

     Parte B - Stato quantitativo

     Nella Tabella 4 è riportata la definizione di buono stato quantitativo delle acque sotterranee.

 

     Tabella 4- Definizione di buono stato quantitativo 

 

Elementi

Stato buono

 

Il livello/portata di acque sotterranee nel corpo sotterraneo è tale che la media annua dell’estrazione a lungo termine non esaurisca le risorse idriche sotterranee disponibili.

 

Di conseguenza, il livello delle acque sotterranee non subisce alterazioni antropiche tali da:

 

- impedire il conseguimento degli obiettivi ecologici specificati per le acque superficiali connesse;

 

- comportare un deterioramento significativo della qualità di tali acque;

 

- recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo.

Livello delle acque sotterranee

Inoltre, alterazioni della direzione di flusso risultanti da variazioni del livello possono verificarsi, su base temporanea o permanente, in un’area delimitata nello spazio; tali inversioni non causano tuttavia l’intrusione di acqua salata o di altro tipo né imprimono alla direzione di flusso alcuna tendenza antropica duratura e chiaramente identificabile che possa determinare siffatte intrusioni.

 

Un importante elemento da prendere in considerazione al fine della valutazione dello stato quantitativo è inoltre, specialmente per i complessi idrogeologici alluvionali, l’andamento nel tempo del livello piezometrico. Qualora tale andamento, evidenziato ad esempio con il metodo della regressione lineare, sia positivo o stazionario, lo stato quantitativo del copro idrico è definito buono. Ai fini dell’ottenimento di un risultato omogeneo è bene che l’intervallo temporale ed il numero di misure scelte per la valutazione del trend siano confrontabili tra le diverse aree. È evidente che un intervallo di osservazione lungo permetterà di ottenere dei risultati meno influenzati da variazioni naturali (tipo anni particolarmente siccitosi).

 

     La media annua dell'estrazione a lungo termine di acque sotterranee è da ritenersi tale da non esaurirne le risorse idriche qualora non si delineino diminuzioni significative, ovvero trend negativi significativi, delle medesime risorse.

     Ai fini della valutazione della conformità a dette condizioni, è necessario, nell'ambito della revisione dei piani di gestione e dei piani di tutela da pubblicare nel 2015, acquisire le informazioni utili a valutare il bilancio idrico.

     Monitoraggio dei corpi idrici sotterranei

     Al fine di controllare lo stato quali-quantitativo di un corpo idrico, è necessario realizzare due specifiche reti di monitoraggio volte a rilevare:

     a) per lo stato quantitativo, una stima affidabile dello stato di tutti i corpi idrici o gruppo di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili;

     b) per lo stato chimico, una panoramica corretta e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all'interno di ciascun bacino idrogeologico e tale da rilevare eventuali trend crescenti dell'inquinamento antropico sul lungo periodo.

     I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee ricadenti all'interno di ciascun bacino idrografico devono comprendere:

     a) una rete per il monitoraggio quantitativo: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la definizione del rischio di non raggiungere l'obiettivo di buono stato quantitativo per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell'Allegato 1; il principale obiettivo è, quindi, quello di facilitare la valutazione dello stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;

     b) una rete per il monitoraggio chimico che si articola in:

     1. una rete per il monitoraggio di sorveglianza: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la identificazione del rischio di non raggiungere l'obiettivo di buono stato chimico per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell'Allegato 1; fornire informazioni utili a valutare le tendenze a lungo termine delle condizioni naturali e delle concentrazioni di inquinanti derivanti dall'attività antropica; indirizzare, in concomitanza con l'analisi delle pressioni e degli impatti, il monitoraggio operativo;

     2. una rete per il monitoraggio operativo: al fine di stabilire lo stato di qualità di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici definiti a rischio; stabilire la presenza di significative e durature tendenze ascendenti nella concentrazione di inquinanti.

     Nei corpi idrici sotterranei destinati all'approvvigionamento idropotabile, in caso di particolari pressioni, sono considerati nel monitoraggio anche l'Escherichia Coli, come indicatore microbiologico, e le sostanza chimiche di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 "Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano".

     Detti parametri sono monitorati almeno una volta prima ed una durante ciascun periodo di pianificazione della gestione del bacino idrografico. Con particolare riferimento all'Escherichia Coli, tale parametro non è utilizzato ai fini della classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici, ma come indicatore per l'individuazione delle misure da intraprendere. Inoltre, lo stesso parametro è monitorato solo in assenza di adeguati controlli.

     I risultati dei programmi di monitoraggio devono essere utilizzati per:

     a) stabilire lo stato chimico e quantitativo di tutti i corpi idrici sotterranei, inclusa una valutazione delle risorse idriche sotterranee disponibili;

     b) supportare l' ulteriore caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei;

     c) validare la valutazione del rischio;

     d) stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee che oltrepassano la frontiera tra Stati Membri;

     e) assistere la progettazione dei programmi di misure;

     f) valutare l'efficacia dei programmi di misure;

     g) dimostrare la conformità con gli obiettivi delle aree protette comprese le aree protette designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano;

     h) definire la qualità naturale delle acque sotterranee, incluse le tendenze naturali;

     i) identificare le tendenze nella concentrazione di inquinanti di origine antropica e la loro inversione.

     Le Regioni assicurano che i programmi di monitoraggio dei corpi idrici sotterranei siano basati su:

     a) l'identificazione dei corpi idrici di cui all'Allegato 1, Parte A;

     b) i risultati della caratterizzazione, compresa la valutazione del rischio, di cui all'Allegato 1, Parte B;

     c) il modello concettuale di cui all'Allegato 1, Parte C.

     I monitoraggi, da effettuarsi con modalità e frequenze stabilite nel presente Allegato, hanno valenza sessennale, al fine di contribuire alla revisione dei piani di gestione del bacino idrografico, all'interno di ciascun distretto, e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010-2015. Resta fermo che i risultati del monitoraggio effettuato nel periodo 2008, ai sensi del decreto n. 152 del 2006, sono utilizzati per la predisposizione del primo piano di gestione da pubblicare entro il 22 dicembre 2009.

     Caratteristiche dei siti per il monitoraggio chimico e per il monitoraggio quantitativo

     La selezione, l'ubicazione e l'appropriata densità di siti di monitoraggio devono essere basate sul modello concettuale (caratteristiche idrogeologiche e pressioni) e possono essere supportate dalle seguenti informazioni esistenti:

     a) dati esistenti sulla qualità e/o quantità;

     b) caratteristiche costruttive degli esistenti siti di monitoraggio e regime delle estrazioni;

     c) distribuzione spaziale dei siti esistenti in rapporto alle dimensioni del corpo idrico sotterraneo;

     d) considerazioni pratiche inerenti la facilità di accesso, l'accesso a lungo termine e la sicurezza.

     La selezione di appropriati tipi di siti di monitoraggio all'interno di una rete a livello di corpi idrici sotterranei deve essere basata sulla conoscenza degli obiettivi del monitoraggio, del tempo di percorrenza e/o dell'età delle acque sotterranee che nel sito di monitoraggio vengono campionati. Queste conoscenze possono essere migliorate con la datazione delle acque sotterranee, attraverso specifiche metodiche quali, ad esempio, Trizio e Carbonio-14. Le coppie isotopiche 18O/ 16O e 2 H/ 1H danno informazioni sul tasso di rinnovamento delle falde e permettono di distinguere gli acquiferi confinati da quelli liberi; inoltre, permettono di identificare le zone di ricarica in relazione ai dati isotopici dell'acqua piovana.

     Le informazioni dettagliate sui siti devono essere disponibili e revisionate periodicamente. Dette informazioni, riportate a livello indicativo nella successiva tabella 1, devono essere usate per valutare l'adeguatezza del sito e costituiscono supporto per l'individuazione dei programmi di monitoraggio pertinenti.

 

     Tabella 1- Informazioni utili per un sito di monitoraggio

 

Fattore

Siti di monitoraggio chimico

Siti di monitoraggio quantitativo

Acquifero/i monitorato/i

E*

E

Ubicazione (coordinate geografiche), nome del sito e codice di identificazione

E

E

Corpo idrico interessato dal sito

E

E

Finalità del sito di monitoraggio

E

E

Tipo di sito di monitoraggio (pozzo in azienda agricola, pozzo industriale, sorgente, etc.)

E

E

Profondità e diametro/i dei pozzi

 

 

Descrizione della parte esterna del pozzo (integrità del rivestimento, pendenza della zona limitrofa esterna al pozzo)

 

 

Profondità delle sezioni a griglia o aperte dei pozzi

 

 

Vulnerabilità o indicazione dello spessore e del tipo di sottosuolo in corrispondenza del sito di monitoraggio

 

 

Valutazione dell’area di ricarica (inclusi l’uso del suolo, le pressioni e le potenziali fonti di pressioni puntuali, attraverso analisi di immagini satellitari e foto aeree)

 

 

Dettagli costruttivi

 

 

Quantitativi estratti o portata totale (alle sorgenti)

 

 

Regime pompaggio (descrizione qualitativa, per esempio intermittente, continuo, notturno etc.)

 

 

Abbassamento piezometrico (livello dinamico)

 

 

Area di ricarica

 

 

Profondità di pompaggio

 

 

Livello idrico statico o di riposo

 

 

Livello di riferimento per le misurazioni e caposaldo topografico di riferimento

 

 

Fenomeni di risalite artesiane o di tracimazioni

 

 

Stratigrafia del pozzo

 

 

Proprietà dell’acquifero (trasmissività, conduttività idraulica, etc.)

 

 

 

* (E): informazioni essenziali. Per quanto riguarda le altre informazioni non identificate come essenziali, se ne raccomanda la raccolta.

 

     Per la selezione dei siti del monitoraggio quantitativo si riportano le seguenti indicazioni:

     a) nei siti di monitoraggio non si devono svolgere attività di pompaggio o possono essere svolte solo per periodi brevi e in tempi ben definiti, e comunque interrotto per tempi significativi, in modo tale che le misurazioni del livello idrico riflettano le condizioni naturali;

     b) l'ubicazione dei siti deve essere al di fuori del raggio di influenza idraulico della pressione (pompaggio) così che le variazioni quotidiane dovute al pompaggio non siano evidenziate nei dati di monitoraggio.

     c) possono essere utilizzate sorgenti caratterizzate da una portata totale superiore a 1 litro/secondo.

     Ove non vi siano alternative, i dati provenienti da siti che fungono da pozzi di estrazione continua possono essere ritenuti accettabili solo se vi siano opportune correlazioni tra il livello statico ed il livello dinamico.

     Al fine di ottimizzare i monitoraggi previsti da specifiche disposizioni in relazione a differenti obiettivi, è raccomandato, ove possibile, procedere alla individuazione di siti comuni rappresentativi dei diversi obiettivi. Tale pratica costituisce il monitoraggio integrato che contribuisce significativamente ad un monitoraggio a basso rapporto costi/efficacia, combinando i requisiti del monitoraggio di cui all'art. 92, comma 5, del decreto n.152 del 2006, alle aree protette designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano, alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, di cui al decreto n. 59 del 2005, e la conformità al presente decreto legislativo.

     4.1 Raggruppamento dei corpi idrici

     I corpi idrici sotterranei possono essere raggruppati ai fini del monitoraggio garantendo che le informazioni ottenute forniscano una valutazione affidabile dello stato di ciascun corpo idrico all'interno del gruppo e la conferma di ogni tendenza significativa ascendente della concentrazione di inquinanti.

     Il raggruppamento non deve compromettere il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di monitoraggio di ciascun corpo idrico componente il gruppo.

     Il raggruppamento può avvenire purchè i corpi idrici siano assimilabili in termini di:

     a) caratteristiche dell'acquifero;

     b) alterazione delle linee di flusso;

     c) pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto;

     d) attendibilità della valutazione del rischio.

     Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come "non a rischio", non è necessario che gli stessi siano adiacenti nè prevedere siti di monitoraggio per ogni corpo idrico appartenente allo stesso raggruppamento. In quest'ultimo caso deve comunque essere garantito un monitoraggio complessivo sufficiente a rappresentarli.

     Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come "a rischio", il raggruppamento è possibile solo quando gli stessi sono adiacenti, fatta eccezione per i piccoli corpi idrici sotterranei simili o per i corpi idrici sotterranei ricadenti nelle isole di medie o piccole dimensioni. Per ciascun corpo idrico è raccomandato almeno un sito di monitoraggio. Per determinare la relazione tra i corpi idrici, comunque, il numero di siti di monitoraggio dipenderà dalle caratteristiche dell'acquifero, direzione di deflusso idrico, pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto e attendibilità della valutazione del rischio.

     Il monitoraggio operativo può essere rivolto ad uno o più corpi idrici componenti il gruppo, selezionati sulla base del modello concettuale, di cui alla Parte C dell'Allegato 1, per esempio il corpo o i corpi idrici più sensibili. Quest'ultimo criterio è finalizzato all'ottimizzazione del monitoraggio ambientale in termini di rapporto costi/efficacia.

     4.2 Monitoraggio dello stato chimico e valutazione delle tendenze

     I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee sono necessari per fornire un quadro conoscitivo completo e corretto dello stato delle acque all'interno di ciascun bacino idrografico, per rilevare la presenza di tendenze ascendenti all'aumento delle concentrazioni di inquinanti nel lungo termine causate dall'impatto di attività antropiche ed assicurare la conformità agli obiettivi delle aree protette.

     In base alla caratterizzazione ed alla valutazione dell'impatto svolti conformemente all'Allegato 1, le Regioni definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma del monitoraggio di sorveglianza sono utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.

     Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.

 

     4.2.1 Monitoraggio di sorveglianza

     Il monitoraggio di sorveglianza, da condurre durante ciascun ciclo di gestione del bacino idrografico, va effettuato nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sia a rischio sia non a rischio.

     Il programma di monitoraggio di sorveglianza è inoltre utile per definire le concentrazioni di fondo naturale e le caratteristiche all'interno del corpo idrico.

     Selezione dei parametri

     Le Regioni devono obbligatoriamente monitorare i seguenti parametri di base:

     - Tenore di ossigeno (OD), qualora ci sia un'interazione con le acque superficiali;

     - pH;

     - Conduttività elettrica (CE);

     - Nitrati;

     - Ione ammonio.

     Qualora sia appropriato, tra i parametri da monitorare devono essere inclusi la temperatura ed un set di ioni diffusi ed in traccia ed indicatori selezionati.

     L'elenco dei parametri di base deve anche includere ulteriori parametri inorganici specifici della struttura geologica locale per l'acquisizione di informazioni sullo stato qualitativo del fondo naturale, per poter verificare l'efficacia del modello concettuale, del piano di monitoraggio, del campionamento e dei risultati analitici.

     In aggiunta ai parametri di base, le Regioni, sulla base di una dettagliata analisi delle pressioni, selezionano tra le sostanze riportate di seguito quelle potenzialmente immesse nel corpo idrico sotterraneo. In assenza di detta analisi tutte le sostanze di seguito riportate devono essere monitorate.

     Inquinanti di origine naturale

     * Arsenico

     * Cadmio

     * Piombo

     * Mercurio

     * Cloruri

     * Solfati

     Inquinanti di sintesi

     * Tricloroetilene

     * Tetracloroetilene

     Inoltre è necessario monitorare obbligatoriamente quelle sostanze indicative di rischio e di impatto sulle acque sotterranee ascrivibili alle pressioni definite nella fase di caratterizzazione, tenendo in considerazione la lista dei contaminanti definita nelle tabelle 2 e 3, Parte A, dell'Allegato 3. In questa fase di selezione risulta fondamentale utilizzare il modello concettuale che consente, tra l'altro, di identificare qualunque pressione che vada ad influenzare ciascun sito di campionamento.

     Per i corpi idrici che, in base alla caratterizzazione, si ritiene rischino di non raggiungere lo stato buono, il monitoraggio riguarda anche i parametri indicativi dell'impatto delle pressioni determinanti il rischio.

     Sono monitorati, se necessario, anche parametri addizionali quali, ad esempio, la torbidità ed il potenziale redox (Eh).

     In corrispondenza di tutti i siti è raccomandato il controllo del livello piezometrico o della portata al fine di descrivere "lo stato fisico del sito" come supporto per interpretare le variazioni (stagionali) o le tendenze nella composizione chimica delle acque sotterranee.

     I corpi idrici transfrontalieri sono controllati rispetto ai parametri utili per tutelare tutti gli usi legittimi cui sono destinate le acque sotterranee.

     Selezione dei siti

     Il processo di selezione dei siti di monitoraggio è basato su tre fattori principali:

     a) il modello concettuale (o i modelli concettuali), compresa la valutazione delle caratteristiche idrologiche, idrogeologiche e idrochimiche del corpo idrico sotterraneo, quali i tempi di percorrenza, la distribuzione dei diversi tipi di uso del suolo (esempi: insediamenti, industria, foresta, pascolo/agricoltura), alterazione delle linee di flusso, sensibilità del recettore e dati di qualità esistenti;

     b) la valutazione del rischio e grado di confidenza nella valutazione, compresa la distribuzione delle pressioni principali;

     c) considerazioni pratiche relative all'adeguatezza dei singoli siti di campionamento. I siti devono essere facilmente accessibili a breve e a lungo termine e sicuri.

     Una rete efficace di monitoraggio deve essere in grado di monitorare impatti potenziali delle pressioni identificate e l'evoluzione della qualità delle acque sotterranee lungo le linee di flusso all'interno del corpo idrico.

     Nel caso in cui i rischi riguardino alcuni recettori specifici come ad esempio alcuni ecosistemi particolari, devono essere previsti siti addizionali di campionamento nelle aree adiacenti a questi recettori specifici (ad esempio, corpi idrici superficiali ad elevata biodiversità).

     I principi fondamentali da seguire ai fini dell'identificazione dei siti, che comunque non può prescindere da una analisi caso per caso, sono:

     a) siti adatti: la selezione deve essere basata sul modello concettuale regionale dei corpi idrici (o dei gruppi di corpi idrici sotterranei) e su una revisione dei siti di monitoraggio esistenti e candidati sul modello concettuale locale. Estese aree di estrazione e sorgenti possono fornire adeguati siti di campionamento, poichè prelevano acqua da una grande area e volume dell'acquifero particolarmente in sistemi omogenei. Le sorgenti sono particolarmente raccomandate in acquiferi in cui predominano fratture carsiche o superficiali. Comunque, una rete rappresentativa di monitoraggio deve idealmente basarsi su un mix bilanciato di diversi tipi di siti di monitoraggio. In alcuni sistemi idrogeologici in cui l'acqua sotterranea contribuisce in maniera significativa al flusso di base di un corso d'acqua, il campionamento dell'acqua superficiale può fornire campioni rappresentativi dell'acqua sotterranea;

     b) rappresentatività: nei sistemi acquiferi caratterizzati da fenomeni di stratificazione, la collocazione dei siti di monitoraggio deve ricadere su quelle parti del corpo idrico che sono più suscettibili all'inquinamento. In genere tali parti sono quelle superiori. Per avere una valutazione rappresentativa della distribuzione dei contaminanti in tutto il corpo idrico, può essere necessario prevedere ulteriori punti di monitoraggio;

     c) corpi a rischio: i siti di monitoraggio di sorveglianza servono a fornire la base per il monitoraggio operativo, ossia, a partire dai risultati la rete può essere adattata di conseguenza. Per i programmi di sorveglianza ed operativo possono essere usati gli stessi siti;

     d) corpi non a rischio dove la confidenza per la valutazione del rischio è bassa: il numero dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente a rappresentare il range delle pressioni e delle condizioni del percorso dell'inquinante nei corpi idrici sotterranei (o gruppi di corpi idrici sotterranei) con lo scopo di fornire dati sufficienti ad integrare la valutazione di rischio. L'ubicazione dei siti di campionamento può dunque ricadere sulla aree più suscettibili del corpo idrico per ciascuna combinazione pressione/percorso. Si raccomanda un minimo di 3 punti di campionamento in un corpo idrico sotterraneo o gruppo di corpi idrici;

     e) gruppi di corpi idrici sotterranei in cui le pressioni sono limitate (basse o assenti): nei gruppi di corpi idrici sotterranei definiti non a rischio e per i quali la confidenza nella valutazione del rischio è elevata, i siti di campionamento sono necessari in primo luogo per valutare le concentrazioni di fondo naturale e le tendenze naturali.

     Frequenza di monitoraggio

     Il monitoraggio di sorveglianza deve essere effettuato durante ogni periodo di pianificazione della gestione di un bacino idrografico e non può superare la periodicità dei 6 anni prevista per la revisione e l'aggiornamento dei Piani di gestione dei bacini idrografici; le Regioni ne possono aumentare la frequenza in relazione ad esigenze territoriali.

     La scelta di un'appropriata frequenza di monitoraggio di sorveglianza è generalmente basata sul modello concettuale e sui dati di monitoraggio delle acque sotterranee esistenti.

     Laddove vi sia una adeguata conoscenza del sistema delle acque sotterranee e sia già stato istituito un programma di monitoraggio a lungo termine, questo deve essere utilizzato per determinare un'appropriata frequenza del monitoraggio di sorveglianza.

     Qualora le conoscenze siano inadeguate e i dati non disponibili, la tabella 2 indica le frequenze minime di monitoraggio di sorveglianza che possono essere adottate per differenti tipi di acquiferi.

 

Tabella 2 - frequenze minime del monitoraggio di sorveglianza

 

     Al fine di definire un programma corretto delle frequenze di monitoraggio è necessario considerare anche quanto di seguito riportato.

     Di grande importanza sono i cambiamenti nell'andamento temporale della concentrazione degli inquinanti che influenza la frequenza di monitoraggio selezionata così come l'accresciuta conoscenza del modello concettuale.

     In generale, i corpi sotterranei di prima falda sono piuttosto dinamici nelle variazioni qualitative e quantitative delle acque. Quando si verifica tale variabilità, la frequenza di monitoraggio deve essere selezionata in modo tale da caratterizzare in maniera adeguata la stessa variabilità.

     Nei sistemi di corpi idrici sotterranei meno dinamici due campionamenti per anno possono, inizialmente, essere sufficienti per il monitoraggio di sorveglianza. Se questo monitoraggio non mostra significative variazioni in un ciclo di pianificazione di bacino idrografico ( 6 anni), può essere opportuna una successiva riduzione della frequenza di campionamento.

     A causa dei probabili cambiamenti temporali nell'andamento della concentrazione di inquinanti, specialmente nei sistemi con flusso sotterraneo piuttosto dinamico, i campionamenti nei siti di monitoraggio devono essere eseguiti ad uguali intervalli temporali. Questo garantisce risultati di monitoraggio comparabili e un'appropriata valutazione delle tendenze.

     Sulla base dei risultati del monitoraggio di sorveglianza acquisiti, le frequenze devono essere riviste regolarmente ed adeguate di conseguenza al fine di assicurare la qualità delle informazioni.

 

     4.2.2 Monitoraggio operativo

     Il monitoraggio operativo è richiesto solo per i corpi idrici a rischio di non raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale.

     Deve essere effettuato tutti gli anni nei periodi intermedi tra due monitoraggi di sorveglianza a una frequenza sufficiente a rilevare gli impatti delle pressioni e, comunque, almeno una volta all'anno.

     Deve essere finalizzato principalmente a valutare i rischi specifici che determinano il non raggiungimento degli obiettivi.

     Nella progettazione di un programma di monitoraggio operativo, la confidenza richiesta nei risultati di monitoraggio deve essere definita. Tale confidenza nei monitoraggi operativi dipende dalla variabilità delle sorgenti di impatto, dalle caratteristiche dell'acquifero o delle acque sotterranee in questione, così come dai rischi in caso di errore. In teoria l'incertezza derivante dal processo di monitoraggio non deve aggiungersi significativamente all'incertezza nel controllo del rischio.

     L'accettabilità di non individuare un nuovo rischio o di non controllarne uno conosciuto deve essere stabilita, usata per fissare gli obiettivi di variabilità delle proprietà in questione e usata per il controllo della qualità del monitoraggio rispetto alla variabilità dei dati.

     Selezione dei parametri

     Nella maggior parte dei casi sia i parametri di base, sia parametri selezionati sono richiesti in ogni stazione di monitoraggio.

     Il processo di selezione di tali parametri è basato su:

     a) caratterizzazione e modello/i concettuale/i inclusa una valutazione della suscettibilità del percorso delle acque sotterranee, sensibilità del recettore, il tempo necessario perchè ciascun programma di misure sia efficace e la capacità di discernere tra gli effetti delle varie misure;

     b) valutazione del rischio e livello di confidenza nella valutazione; inclusa la distribuzione delle pressioni principali identificate nel processo di caratterizzazione che possono determinare lo "stato scarso" del corpo idrico;

     c) considerazioni pratiche relative alla idoneità dei singoli siti di monitoraggio.

     Selezione dei siti

     Nel selezionare i siti di monitoraggio operativo la priorità nella ubicazione degli stessi deve essere basata su:

     a) disponibilità di siti idonei esistenti (ad esempio siti impiegati nei monitoraggi di sorveglianza) che forniscano campioni rappresentativi;

     b) potenzialità nel supportare differenti programmi di monitoraggio (per es. determinate sorgenti possono fungere da siti di monitoraggio per la qualità e la quantità delle acque sotterranee e per le acque superficiali);

     c) potenzialità per monitoraggi integrati-multiobiettivo ad esempio combinando i requisiti del monitoraggio di cui all'articolo 92, comma 5, del decreto n.152 del 2006, del monitoraggio di cui alle aree protette designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano, del monitoraggio connesso alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, del monitoraggio ai sensi del decreto n.59 del 2005, e la conformità al presente decreto;

     d) potenziali collegamenti con siti di monitoraggio delle acque superficiali esistenti o pianificati.

     Qualora il rischio coinvolga ecosistemi significativi di corpi idrici superficiali connessi alle acque sotterranee, la Regione può prevedere siti di campionamento addizionali da ubicare in aree prossime ai corpi idrici superficiali. Detto monitoraggio suppletivo può includere il controllo delle parti più superficiali dell'acquifero ed eventualmente delle acque che drenano dai suoli, per esempio tramite campionatori multilivello, lisimetri e prove di drenaggio in situ. I dati ottenuti, oltre che contribuire a valutare lo stato e le tendenze, possono anche aiutare a distinguere gli impatti dei differenti tipi di pressioni, valutare l'estensione spaziale degli impatti e determinare il destino dei contaminanti e il trasporto tra la sorgente e il recettore.

     Nel caso in cui i rischi e le pressioni riguardino le stesse acque sotterranee, per esempio pressioni diffuse, i siti di campionamento devono essere maggiormente distribuiti lungo il corpo idrico, e devono essere rivolti alle differenti pressioni e alla loro distribuzione all'interno del corpo idrico sotterraneo. Nell'ambito di tale monitoraggio è importante tenere conto della combinazione tra le pressioni più rappresentative e la sensibilità delle acque sotterranee.

     Frequenza di monitoraggio

     La selezione della frequenza nell'ambito di ogni anno di monitoraggio è generalmente basata sul modello concettuale e, in particolare, sulle caratteristiche dell'acquifero e sulla sua suscettibilità alle pressioni inquinanti.

     La tabella 3 individua frequenze minime di monitoraggio operativo per differenti tipologie di acquifero dove il modello concettuale è limitato e i dati esistenti non sono disponibili.

     Se, invece, vi è una buona conoscenza della qualità delle acque sotterranee e del comportamento del sistema idrogeologico, possono essere adottate frequenze ridotte di monitoraggio, comunque non inferiori ad una volta l'anno.

     La frequenza e la tempistica del campionamento in ogni sito di monitoraggio deve, inoltre, considerare i seguenti criteri:

     a) i requisiti per la valutazione della tendenza;

     b) l'ubicazione del sito di campionamento rispetto alla pressione (a monte, direttamente al disotto, o a valle). Infatti le ubicazioni direttamente al disotto di una pressione possono richiedere monitoraggi più frequenti;

     c) il livello di confidenza nella valutazione del rischio e i cambiamenti della stessa valutazione nel tempo;

     d) le fluttuazioni a breve termine nella concentrazione degli inquinanti, per esempio effetti stagionali. Laddove sia probabile riscontrare effetti stagionali e altri effetti a breve termine, è essenziale che le frequenze di campionamento e le tempistiche siano adattate (incrementate) di conseguenza e che il campionamento abbia luogo nello stesso momento ogni anno, o nelle stesse condizioni, per rendere comparabili i dati per la valutazione delle tendenze, per accurate caratterizzazioni e per la valutazione degli stati di qualità;

     e) la tipologia di gestione dell'uso del suolo, per esempio periodo di applicazione di nitrati o pesticidi. Questo è importante specialmente per i sistemi a rapido scorrimento come gli acquiferi carsici e/o i corpi idrici sotterranei di prima falda.

     Il campionamento per il monitoraggio operativo deve continuare finchè il corpo idrico sotterraneo è considerato, con adeguata confidenza, non più nello stato scarso o a rischio di essere in uno stato scarso e ci sono adeguati dati che dimostrano un'inversione delle tendenze.

 

Tabella 3- Frequenze minime del monitoraggio operativo nell'ambito di ciascun anno

 

     4.3 Monitoraggio dello stato quantitativo

     La rete di monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Le Regioni inseriscono nei piani di tutela una o più mappe che riportano detta rete.

     Il Monitoraggio dello stato quantitativo ha l'obiettivo di integrare e confermare la validità della caratterizzazione e della procedura di valutazione di rischio, determinare lo stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo, supportare la valutazione dello stato chimico, l'analisi delle tendenze e la progettazione e la valutazione dei programmi di misure.

     Come per le altre reti di monitoraggio, la progettazione della rete per il monitoraggio quantitativo deve essere basata sul modello concettuale del sistema idrico sotterraneo e sulle pressioni.

     Gli elementi chiave del modello concettuale quantitativo sono:

     a) la valutazione della ricarica e del bilancio idrico predisposto secondo le linee guida di cui all'Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268;

     b) le valutazioni esistenti del livello dell'acqua sotterranea o della portata ed informazioni pertinenti sui rischi per le acque superficiali e gli ecosistemi terrestri che dipendono dalle acque sotterranee;

     c) il grado di interazione tra acque sotterranee e relativi ecosistemi terrestri e superficiali dove questa interazione è importante e potrebbe potenzialmente determinare un'influenza negativa sullo stato di qualità del corpo idrico superficiale.

     Lo sviluppo di una rete di monitoraggio quantitativo può essere iterativo; i dati raccolti dai nuovi siti di monitoraggio possono essere usati per migliorare e perfezionare il modello concettuale, usato per collocare ogni sito di monitoraggio, sull'intero corpo idrico sotterraneo, e la gestione del programma di monitoraggio quantitativo.

     L'implementazione di un modello numerico delle acque sotterranee o di un modello idrologico che integri le acque superficiali e sotterranee sono utili strumenti per compilare ed interpretare i dati del monitoraggio quantitativo ed identificare le risorse e gli ecosistemi a rischio. Inoltre, le stime di incertezza che si possono ottenere con un modello numerico possono essere d'aiuto per identificare parti del corpo idrico sotterraneo che necessitano dell'integrazione di siti per meglio descrivere la quantità e la portata delle acque sotterranee.

     Selezione dei parametri

     Per la valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono raccomandati almeno i seguenti parametri:

     a) livelli delle acque sotterranee nei pozzi o nei piezometri;

     b) portata delle sorgenti;

     c) caratteristiche del flusso e/o livelli idrici dei corsi d'acqua superficiali durante i periodi di siccità (ad es. quando il contributo delle piogge al flusso delle acque superficiali può essere trascurato e la portata del fiume è mantenuta sostanzialmente dall'acqua sotterranea);

     d) livelli idrici delle zone umide e dei laghi che dipendono significativamente dalle acque sotterranee.

     La selezione dei siti di monitoraggio e dei parametri deve essere basata su un solido modello concettuale del corpo idrico che deve essere monitorato.

     Un monitoraggio addizionale per supportare la caratterizzazione e la classificazione delle acque sotterranee tiene conto almeno di:

     a) parametri chimici e indicatori (per esempio temperatura, conduttività, etc.) per monitorare l'intrusione salina o di altra natura. Qualora venga utilizzato un unico sito di monitoraggio sia per la valutazione dello stato chimico sia per la valutazione dello stato quantitativo e i controlli avvengano contemporaneamente, i dati per il controllo dei parametri chimici addizionali sono utilizzati per le finalità sopra riportate. Per gli acquiferi delle isole può essere appropriato monitorare le zone di transizione tra acqua dolce ed acqua marina;

     b) piovosità e altri componenti richiesti per calcolare l'evapotraspirazione (per il calcolo della ricarica delle acque sotterranee);

     c) monitoraggio ecologico degli ecosistemi terrestri connessi alle acque sotterranee (inclusi gli indicatori ecologici);

     d) estrazione di acque sotterranee.

     I requisiti specifici per i dati di monitoraggio di supporto, che integrano le conoscenze ottenute dal monitoraggio del livello delle acque sotterranee, sono fortemente determinati dagli strumenti o dai metodi adoperati per supportare la valutazione del rischio o dello stato e della confidenza richiesta in queste valutazioni.

     La chiave per la selezione dei parametri dipende da quanto quel parametro sia rappresentativo dello scenario idrogeologico monitorato e della sua importanza nel determinare il rischio o lo stato del corpo idrico.

     In alcuni scenari idrogeologici particolarmente complessi, limitare il monitoraggio al solo livello delle acque sotterranee nei piezometri può essere inappropriato per le finalità del presente decreto e in alcuni casi altamente fuorviante. In queste circostanze le caratteristiche del flusso dei corsi d'acqua o delle sorgenti connesse può fornire dati migliori con i quali intraprendere una valutazione.

     Ciò è maggiormente probabile nei casi di bassa permeabilità o di acquiferi fratturati. Ci sono casi in cui il livello dell'acqua rimane più o meno stabile, ma si verificano fenomeni di intrusione di acqua proveniente da altri acquiferi o da corpi idrici superficiali o dal mare. Specifiche condizioni devono essere considerate nel caso dei copri idrici sotterranei delle isole. Se c'è il rischio di intrusione, allora specifici indicatori della qualità delle acque andranno monitorati ( per esempio la conduttività elettrica e la temperatura dell'acqua).

     Densità dei siti di monitoraggio

     La rete per il monitoraggio quantitativo deve essere progettata prevedendo un numero di pozzi tale da consentire il controllo su eventuali variazioni dello stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo.

     La rete si articola in sufficienti siti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppi di corpi idrici, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e a lungo termine ed in particolare:

     a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, bisogna assicurare una densità dei punti di monitoraggio sufficiente a valutare l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sulle variazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee [1553];

     b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l'Italia ed altri Paesi, è necessario designare sufficienti punti di monitoraggio per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

     Il monitoraggio quantitativo può essere richiesto su due differenti piani.

     In primo luogo, se possibile, bisogna valutare i livelli e i flussi delle acque lungo un corpo idrico sotterraneo. Questi possono essere correlati alla valutazione del bilancio idrico dell'intero corpo idrico sotterraneo predisposto secondo le linee guida di cui all'Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268.

     In secondo luogo, può essere necessario un monitoraggio "locale" più mirato sui flussi e sui livelli riferiti ai corpi recettori pertinenti che sono localmente alimentati dalle acque sotterranee, ad es. corpi idrici superficiali (fiumi, laghi ed estuari) ed ecosistemi terrestri dipendenti dalle acque sotterranee. Quest'ultimo monitoraggio può includere informazioni integrative sulla salinità (con riferimento alle intrusioni saline) o informazioni integrative derivanti dal monitoraggio ecologico svolto ai sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente (come prova dell'impatto sugli ecosistemi dovuti all'estrazione di acqua sotterranea).

     Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati "non a rischio" il monitoraggio quantitativo può essere ridotto. Infatti, non è necessario svolgere il monitoraggio su ogni corpo idrico all'interno di un gruppo di corpi idrici, a patto che tutti i corpi idrici del gruppo siano comparabili dal punto di vista idrogeologico.

     Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati "a rischio" la distribuzione dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente per capire le condizioni idrogeologiche relative ai recettori identificati come a rischio e alla loro importanza.

     La densità del monitoraggio deve essere sufficiente per assicurare un'appropriata valutazione degli impatti sul livello delle acque sotterranee causati dalle estrazioni.

     Per quei corpi idrici sotterranei che attraversano la frontiera tra l'Italia ed uno o più Stati Membri, il numero di siti di campionamento deve essere sufficiente per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso il confine.

     Frequenza di monitoraggio

     La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:

     a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee [1554];

     b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l'Italia ed altri Paesi, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.

     La frequenza dei monitoraggi si stabilisce sulla base dei dati necessari per determinare rischio e stato dei corpi idrici e, laddove necessario, per supportare la progettazione e valutazione dei programmi di misure.

     La frequenza di monitoraggio dipende principalmente dalle caratteristiche di un corpo idrico e dal sito di monitoraggio. I siti con una significativa variabilità annuale devono essere monitorati più frequentemente rispetto a siti con minore variabilità. In generale un monitoraggio trimestrale sarà sufficiente per il monitoraggio quantitativo dove la variabilità è bassa, ma un monitoraggio giornaliero è preferito, in particolare quando si misurano le portate. La frequenza deve essere rivista quando migliora la comprensione della risposta e del comportamento dell'acquifero e in relazione all'importanza di ciascun cambiamento delle pressioni sul corpo idrico sotterraneo. Questo assicura che sia mantenuto un programma caratterizzato da un basso rapporto costi/efficacia.

     4.4 Controlli di qualità

     Per il campionamento e l'analisi devono essere stabilite procedure appropriate per il controllo di qualità; tali misure sono necessarie per ridurre al minimo le incertezze.

     Gli elementi minimi che devono essere presi in considerazione nei controlli di qualità sono:

     a) identificazione e registrazione dei campioni;

     b) metodi di campionamento, pianificazione del campionamento e report per esercizi di campo;

     c) trasporto e magazzinaggio del campione;

     d) validazione dei metodi analitici;

     e) procedure per le misure analitiche;

     f) controlli di qualità interni dei metodi;

     g) partecipazione in schemi esterni per i controlli di qualità (intercalibrazione);

     h) elaborazione dei risultati;

     i) tracciabilità dei documenti e delle misure.

     Per i laboratori di analisi l'accreditamento deve avvenire ai sensi della ISO 17025.

     4.5 Protocollo per il campionamento-ISO raccomandate

     Un appropriato piano di campionamento deve includere la selezione dei siti di campionamento, la frequenza e la durata del campionamento, le procedure di campionamento, il trattamento dei campioni e l'analisi dei campioni.

     Le procedure di campionamento e di trattamento del campione dovranno riferirsi a linee guida e/o standard internazionali incluse parti rilevanti della norma ISO 5667 nello stato di ultima revisione.

     Allo stato attuale le parti della norma ISO 5667 utili per il monitoraggio delle acque sotterranee sono le seguenti:

     La norma ISO 5667-1: 2006 fornisce i principi per una corretta progettazione del campionamento negli ambienti acquatici.

     La norma ISO 5667-3: 2003 fornisce indicazioni riguardo alla preparazione, stabilizzazione, trasporto e conservazione dei campioni di acqua.

     La norma ISO 5667-11: 1993 fornisce i principi a) per la progettazione dei programmi di campionamento, b) le tecniche di campionamento, c) la manipolazione dei campioni e d) il sistema di identificazione del campione e le procedure di registrazione e tracciabilità delle acque sotterranee;

     La norma ISO 5667-18: 2001 fornisce dei principi per i metodi di campionamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.

     La norma ISO 5667-14: 1993 fornisce linee guida per il controllo di qualità delle operazioni di campionamento e trattamento del campione.

 

 

APPENDICE

 

SEZIONE A

 

SEZIONE B

 

Tabella 1. Comunità ittiche attese nelle 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali.

 

Zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali

Comunità ittiche attese

Zona dei Salmonidi della Regione Padana

Salmo (trutta) trutta (ceppo mediterraneo) (10), Salmo (trutta) marmoratus (11), Thymallus thymallus (10), Phoxinus phoxinus, Cottus gobio (10).

Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Padana

Leuciscus cephalus, Leuciscus souffia muticellus, Phoxinus phoxinus, Chondrostoma genei, Gobio gobio, Barbus plebejus, Barbus meridionalis caninus, Lampetra zanandreai, Anguilla anguilla, Salmo (trutta) marmoratus, Sabanejewia larvata, Cobitis taenia bilineata, Barbatula barbatula (limitatamente alle acque del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia), Padogobius martensii, Knipowitschia punctatissima (limitatamente agli ambienti di risorgiva, dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia)

Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione Padana

Rutilus erythrophthalmus, Rutilus pigus, Chondrostoma soetta, Tinca tinca, Scardinius erythrophthalmus, Alburnus alburnus alborella, Leuciscus cephalus, Cyprinus carpio, Petromyzon marinus (stadi giovanili), Acipenser naccarii (almeno stadi giovanili), Anguilla anguilla, Alosa fallax (stadi giovanili), Cobitis taenia bilineata, Esox lucius, Perca fluviatilis, Gasterosteus aculeatus (12), Syngnathus abaster.

Zona dei Salmonidi della Regione Italico-Peninsulare

Salmo (trutta) trutta (ceppo mediterraneo, limitatamente all’Appennino settentrionale), Salmo (trutta) macrostigma (limitatamente al versante tirrenico di Lazio, Campania, Basilicata e Calabria), Salmo fibreni (limitatamente alla risorgiva denominata Lago di Posta Fibreno).

Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Italico-Peninsulare

Leuciscus souffia muticellus, Leuciscus cephalus, Rutilus rubilio, Alburnus albidus (limitatamente alla Campania, Molise, Puglia e Basilicata), Barbus plebejus, Lampetra planeri (limitatamente al versante tirrenico di Toscana, Lazio, Campania e Basilicata; nel versante adriatico, la sola popolazione dell’Aterno-Pescara), Anguilla anguilla, Cobitis tenia bilineata, Gasterosteus aculeatus, Salaria fluviatilis, Gobius nigricans (limitatamente al versante tirrenico di Toscana, Umbria e Lazio).

Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione Italico-peninsulare

Tinca tinca, Scardinius erythrophthalmus, Rutilus rubilio, Leuciscus cephalus, Alburnus albidus (limitatamente alla Campania, Molise, Puglia e Basilicata), Petromyzon marinus (stadi giovanili), Anguilla anguilla, Alosa fallax (stadi giovanili), Cobitis taenia bilineata, Esox lucius, Gasterosteus aculeatus, Syngnathus abaster (13).

Zona dei Salmonidi della Regione delle Isole

Salmo (trutta) macrostigma.

Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione delle Isole

Anguilla anguilla, Gasterosteus aculeatus, Salaria fluviatilis.

Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione delle Isole

Cyprinus carpio, Petromyzon marinus (stadi giovanili), Anguilla anguilla, Gasterosteus aculeatus, Alosa fallax (stadi giovanili), Syngnathus abaster.

 

(10) Le popolazioni del ceppo mediterraneo di Salmo (trutta) trutta hanno naturalmente un areale molto frammentato. Per ogni regione andrebbe stabilito meglio l'areale.

(11) In Piemonte, a esclusione dei tributari di destra del Po a valle del Tanaro e, nel bacino del Tanaro, a valle della confluenza con il torrente Rea.

(12) In Piemonte, la distribuzione è limitata al solo Verbano.

(13) Non presente in Umbria.

 

     SEZIONE C

 

     Tabella 1. Valore di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla presenza di strutture artificiali nel tratto considerato (indice HMS) e per la componente relativa all'uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali (indice LUI).

 

Descrizione sommaria dell'ambito di applicazione

HMS

RQ _HMS

LUI

RQ _LUI

 

 

 

 

 

Tutti i tipi fluviali

0

1

0

1

 

     Il valore utilizzato per convertire l'HMS in RQ è pari a 100. Il valore utilizzato per convertire il LUI in RQ è pari a 39,2.

 

     Tabella 2. Valori di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari (indice HQA)

 

Descrizione sommaria dell’ambito di applicazione

Macrotipi fluviali

HQA

RQ_HQA

Fiumi alpini

A1, A2

54

1

Fiumi Appenninici

M1, M2, M4

64

1

Fiumi Appenninici poco diversificati

M1, M2, M4

52

1

Fiumi Mediterranei temporanei

M5

58

1

Piccoli fiumi di pianura

C, M1

56

1

Tutti gli altri fiumi

-

57

1

 

     È opportuno far riferimento alla categoria "Tutti gli altri fiumi" qualora il tipo fluviale in esame, per la sua peculiarità, non risulti attribuibile con certezza ad una delle macrocategorie riportate in tabella. Per la conversione dell'HQA in RQ si è considerato come valore minimo 11 per tutte le categorie

 

 

ALLEGATO 2 alla parte III

 

Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale

 

SEZIONE A: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e per la classificazione delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

 

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

 

1) Calcolo delta conformità e classificazione

 

Per la classificazione delle acque in una delle categorie Al, A2, A3, di cui alla tabella 1/A i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in misura superiore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.

 

2) Campionamento

 

2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo

 

Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l'approvvigionamento idrico potabile - fermo restando quanto previsto nell'allegato 1 - le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque da utilizzare.

 

Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio d'inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità di approfondire la conoscenza della qualità del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

 

2.2) Frequenza minima dei campionamenti e delle analisi di ogni parametro.

 

 

 

GRUPPO DI PARAMETRI [°]

 

 

 

 

 

 

 

I

II

III

 

 

 

 

Frequenza minima annua dei

 

 

 

campionamenti e delle analisi per i

12

12

12

corpi idrici da classificare

 

 

 

 

 

 

 

 

GRUPPO DI PARAMETRI [°A]

 

 

 

 

 

 

Frequenza minima annua dei

I [*]

II

III [**]

campionamenti e delle analisi per i

 

 

 

corpi idrici già classificati

8

8

8

 

 

[*] Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.

 

[°] I parametri dei diversi gruppi comprendono:

 

PARAMETRI I GRUPPO

pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività, odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5, ammoniaca

 

PARAMETRI II GRUPPO

ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli, azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali.

 

PARAMETRI III GRUPPO

fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio, bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsioni, idrocarburi policiclici aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con cloroformio, streptococchi fecali e salmonelle.

 

[**] Per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell'autorità competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinare la loro presenza nelle acque, la frequenza di campionamento può essere ridotta.

 

3. Modalità di prelievo, di conservazione e di trasporto dei campioni

 

I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle analisi.

 

a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.

 

b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:

 

i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;

 

qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di sodio tiosolfato, nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL di capacità della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;

 

le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità idonea a prelevare l'acqua necessaria all'esecuzione delle analisi microbiologiche;

 

i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10 °C) al riparo della luce e dovranno, nel più breve tempo possibile, e comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.

 

Tabella 1/A: Caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

 

Num.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parametro

Unità di

A1

A1

A2

A2

A3

A3

Param

 

misura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

G

I

G

I

G

I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

pH

unità pH

6,5-8,5

-

5,5-9

-

5,5-9

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colore (dopo

 

 

 

 

 

 

 

2

filtrazione

mg/L scala

10

20[o]

50

100(0)

50

200[o]

 

semplice)

pt

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Totale

 

 

 

 

 

 

 

3

materie in

mg/L MES

25

-

-

-

-

-

 

sospensione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4

Temperatura

°C

22

25[o]

22

25[o]

22

25[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5

Conduttività

mS/cm a 20°

1000

-

1000

-

1000

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fattore di

 

 

 

 

 

 

6

Odore

diluizione a

3

-

10

-

20

-

 

 

25 °C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7 *

Nitrati

mg/L NO3

25

50[o]

-

50[o]

-

50[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8

Fluoruri [l]

mg/ L F

0,7/1

1,5

0,7/1,7

-

0,7/1,7

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cloro

 

 

 

 

 

 

 

 

organico

 

 

 

 

 

 

 

9

totale

mg/L Cl

-

-

-

-

-

-

 

estraibile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ferro

 

 

 

 

 

 

 

10 *

disciolto

mg/L Fe

0,1

0,3

1

2

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11 *

Manganese

mg/L Mn

0,05

-

0,1

-

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

12

Rame

mg/L Cu

0,02

0,05[o]

0,05

-

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

13

Zinco

mg/L Zn

0,5

2

1

5

1

5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

14

Boro

mg/L B

1

-

1

-

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

15

Berillio

mg/L Be

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

16

Cobalto

mg/L Co

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17

Nichelio

mg/L Ni

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

18

Vanadio

mg/L V

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

19

Arsenico

mg/L As

0,01

0,05

-

0,05

0,05

0,1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20

Cadmio

mg/L Cd

0,001

0,005

0,001

0,005

0,001

0,005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cromo

 

 

 

 

 

 

 

21

totale

mg/L Cr

-

0,05

-

0,05

-

0,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22

Piombo

mg/L Pb

-

0,05

-

0,05

-

0,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

23

Selenio

mg/L Se

-

0,01

-

0,01

-

0,01

 

 

 

 

 

 

 

 

 

24

Mercurio

mg/L Hg

0,0005

0,001

0,0005

0,001

0,0005

0,001

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25

Bario

mg/L Ba

-

0,1

-

1

-

1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

26

Cianuro

mg/L CN

-

0,05

-

0,05

-

0,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

27

Solfati

mg/L SO4

150

250

150

250(0)

150

250[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

28

Cloruri

mg/L Cl

200

-

200

-

200

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tensioattivi

 

 

 

 

 

 

 

 

(che

 

 

 

 

 

 

 

29

reagiscono al blu di metilene

mg/L (solfato

0,2

-

0,2

-

0,5

-

 

 

di laurile)

 

 

 

 

 

 

30 *

Fosfati [2]

mg/L P205

0,4

-

0,7

-

0,7

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fenoli

 

 

 

 

 

 

 

 

(indice

 

 

 

 

 

 

 

 

fenoli)

 

 

 

 

 

 

 

31

paranitroanilina,

mg/L

-

0,001

0,001

0,005

0,01

0,1

 

4

C6H5OH

 

 

 

 

 

 

 

amminoantipirina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Idrocarburi

 

 

 

 

 

 

 

 

disciolti o

 

 

 

 

 

 

 

 

emulsionati

 

 

 

 

 

 

 

32

(dopo

mg/L

-

0,05

-

0,2

0,5

1

 

estrazione

 

 

 

 

 

 

 

 

mediante

 

 

 

 

 

 

 

 

etere di

 

 

 

 

 

 

 

 

petrolio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Idrocarburi

 

 

 

 

 

 

 

33

policiclici

mg/L

-

0,0002

-

0,0002

-

0,001

 

aromatici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antiparassitari-

 

 

 

 

 

 

 

 

totale

 

 

 

 

 

 

 

34

(parathion

mg/L

-

0,001

-

0,0025

-

0,005

 

HCH,

 

 

 

 

 

 

 

 

dieldrine)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Domanda

 

 

 

 

 

 

 

35 *

chimica

mg/L 02

-

-

-

-

30

-

 

ossigeno

 

 

 

 

 

 

 

 

(COD)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tasso di

 

 

 

 

 

 

 

36 *

saturazione

% 02

< 70

-

< 50

-

< 30

-

 

dell'ossigeno

 

 

 

 

 

 

 

 

disciolto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A 20 °C

 

 

 

 

 

 

 

 

senza

 

 

 

 

 

 

 

 

nitrificazione

 

 

 

 

 

 

 

37 *

domanda

mg/L 02

< 3

-

< 5

-

< 7

-

 

biochimica

 

 

 

 

 

 

 

 

di ossigeno

 

 

 

 

 

 

 

 

(BOD5)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Azoto

 

 

 

 

 

 

 

 

Kjeldahl

 

 

 

 

 

 

 

38

(tranne NO2

mg/L N

1

-

2

-

3

-

 

ed NO3)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

39

Ammoniaca

mg/L NH4

0,05

-

1

1,5

2

4[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sostanze

 

 

 

 

 

 

 

40

estraibili al

mg/L SEC

0,1

-

0,2

-

0,5

-

 

cloroformio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

 

 

 

 

 

 

 

41

organico

mg/L C

-

-

-

-

-

-

 

totale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

 

 

 

 

 

 

 

 

organico

 

 

 

 

 

 

 

 

residuo

 

 

 

 

 

 

 

 

(dopo

 

 

 

 

 

 

 

42

flocculazione

mg/L C

-

-

-

-

-

-

 

e filtrazione

 

 

 

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

 

 

 

membrana

 

 

 

 

 

 

 

 

da 5p) TOC

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coliformi

 

 

 

 

 

 

 

43

totali

/100 mL

50

-

5000

-

50000

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coliformi

 

 

 

 

 

 

 

44

fecali

/100 mL

20

-

2000

-

20000

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

45

Streptococchi

 

 

 

 

 

 

 

 

fecali

/100 mL

20

-

1000

-

10000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

assenza

 

assenza

 

 

 

 

 

 

in

 

in

 

 

 

46

Salmonelle

-

5000

-

1000

-

-

-

 

 

 

mL

 

mL

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legenda:

- Categoria A1 - Trattamento fisico semplice e disinfezione

- Categoria A2 - Trattamento fisico e chimico normale e disinfezione

- Categoria A3 - Trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione

- I = Imperativo

- G = Guida

- [o] = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto

*= sono possibili deroghe in conformità al presente decreto

 

Note:

[1] I valori indicati costituiscono i limiti superiori determinati in base alla temperatura media annua (alta e bassa temperatura)

[2] Tale parametro è inserito per soddisfare le esigenze ecologiche di taluni ambienti.

 

 

Tab. 2/A: metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico-fisici di cui alla tab. 1/A

 

 

(A)

(B)

(C)

(D)

(E)

(F)

(G)

 

 

 

 

 

 

 

 

Num.

 

Unità

Limite

 

Accuratezza

Metodi di

 

Param.

Parametro

di

di

Precisione

 

misura [*] 1

a) Materiale del

 

 

misura

rilevamento

±

±

 

contenitore del

 

 

 

 

 

 

 

campione;

 

 

 

 

 

 

 

b) metodo di

 

 

 

 

 

 

 

conservazione;

 

 

 

 

 

 

 

c) tempo

 

 

 

 

 

 

 

massimo tra il

 

 

 

 

 

 

 

campionamento e

 

 

 

 

 

 

 

l'analisi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elettrometria

 

1

PH

Unità

-

0,1

0,2

La misura va

a) polietilene o

 

 

pH

 

 

 

eseguita

vetro;

 

 

 

 

 

 

preferibilmente

 

 

 

 

 

 

 

sul posto al

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

momento del

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

campionamento.

 

 

 

 

 

 

 

Il valore va

 

 

 

 

 

 

 

sempre riferito

 

 

 

 

 

 

 

alla temperatura

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

dell'acqua al

 

 

 

 

 

 

 

momento

 

 

 

 

 

 

 

del prelievo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colore

 

 

 

 

 

 

2

(dopo

mg/L

 

 

 

Colorimetria.

 

 

filtrazione

scala

5

10%

20%

Metodo

a) polietilene o

 

semplice)

pt

 

 

 

fotometrico

vetro;

 

 

 

 

 

 

secondo gli

 

 

 

 

 

 

 

standard

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

della scala

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

platino cobalto

 

 

 

 

 

 

 

(previa

 

 

 

 

 

 

 

filtrazione

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

su membrana

 

 

 

 

 

 

 

di fibra di vetro).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Materiali

 

 

 

 

 

 

3

in

mg/L

-

5%

10%

Gravimetria.

a) polietilene o

 

sospensione

 

 

 

 

Filtrazione su

vetro;

 

totali

 

 

 

 

membrana da

 

 

 

 

 

 

 

0,45 mm,

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

essiccazione a

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

105 °C a peso

 

 

 

 

 

 

 

costante.

 

 

 

 

 

 

 

Centrifugazione

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

(tempo minimo

 

 

 

 

 

 

 

5 min,

 

 

 

 

 

 

 

velocità media

 

 

 

 

 

 

 

2800/3000

 

 

 

 

 

 

 

giri-minuto).

 

 

 

 

 

 

 

Filtrazione ed

 

 

 

 

 

 

 

essiccazione a

 

 

 

 

 

 

 

105 °C a peso

 

 

 

 

 

 

 

costante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Termometria.

 

 

 

 

 

 

 

La misura deve

 

 

 

 

 

 

 

essere eseguita

 

4

Temperatura

° C

-

0,5

1

sul posto, al

 

 

 

 

 

 

 

momento del

 

 

 

 

 

 

 

campionamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

μS/c

 

 

 

 

a) vetro o

5

Conduttività

m a

-

5%

10%

Elettrometria

polietilene;

 

 

20 °C

 

 

 

 

c) 1-3 giorni [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fattore

 

 

 

Tecnica

a) vetro;

6

Odore

di

-

-

-

delle

 

 

 

diluizione

 

 

 

diluizioni

b) refrigerazione

 

 

a 25 °C

 

 

 

successive.

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) 6-24 ore [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) polietilene o

7

Nitrati

mg/L

2

10%

20%

di

vetro;

 

 

NO3

 

 

 

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

 

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) 1-3 giorni [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

Spettrofotometria

 

8

Fluoruri

F

0,05

10%

20%

di assorbimento

a) polietilene;

 

 

 

 

 

 

molecolare previa

 

 

 

 

 

 

 

distillazione se

 

 

 

 

 

 

 

necessaria.

 

 

 

 

 

 

 

Elettrometria.

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

Elettrodiionici

 

 

 

 

 

 

 

specifici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9

Cloro

mg/L

pm [***]

pm

pm

pm

pm

 

organico

Cl

 

 

 

 

 

 

totale

 

 

 

 

 

 

 

estraibile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10

Ferro

mg/L

 

 

 

Spettrometria di

a) polietilene o

 

disciolto

Fe

0,02

10%

20%

assorbimento

vetro;

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

Previa

b) campione ben

 

 

 

 

 

 

filtrazione su

chiuso e

 

 

 

 

 

 

membrana da 0,45

refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

mm.

4 °C

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare, previa

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

filtrazione su

 

 

 

 

 

 

 

membrana da 0,45

 

 

 

 

 

 

 

mm.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11

Manganese

mg/L

 

 

 

Spettrometria

a) polietilene o

 

 

Mn

0,01 [2]

10%

20%

di

vetro;

 

 

 

 

 

 

assorbimento

b) acidificare a

 

 

 

 

 

 

atomico.

pH < 2

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

(preferibilmente

 

 

 

 

 

 

di

con HNO3

 

 

 

 

 

 

assorbimento

concentrato)

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

0,02 [3]

10%

20%

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

12

Rame [9]

mg/L

0,005

10%

20%

assorbimento

Come specificato

 

 

Cu

 

 

 

atomico.

al parametro n.

 

 

 

 

 

 

Polarografia.

11

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

 

 

 

0,02 [4]

10%

20%

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

Polarografia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

13

Zinco [9]

mg/L

 

 

 

assorbimento

 

 

 

Zn

0,01 [2]

10%

20%

atomico.

Come specificato

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

al parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

0,02 [3]

10%

20%

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) polietilene;

14

Boro [9]

mg/L

 

 

 

di

 

 

 

B

0,1

10%

20%

assorbimento

b) acidificare a

 

 

 

 

 

 

molecolare.

Ph < 2

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

(preferibilmente

 

 

 

 

 

 

di

con HNO3 diluito

 

 

 

 

 

 

assorbimento

1:1)

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

15

Berillio

Be

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

16

Cobalto

Co

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

17

Nichelio

Ni

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

18

Vanadio

V

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

19

Arsenico

mg/L

0,002 [2]

20%

20%

assorbimento

come specificato al

 

[9]

As

 

 

 

atomico.

parametro n.

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

11

 

 

 

0,01 [5]

-

-

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

20

Cadmio

mg/L

0,0002

30%

30%

assorbimento

come specificato al

 

[9]

Cd

 

 

 

atomico.

parametro n. 11

 

 

 

0,0001 [5]

 

 

Polarografia

 

 

 

 

 

 

 

.

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

21

Cromo

mg/L

 

 

 

assorbimento

 

 

totale [9]

Cr

0,01

20%

30%

atomica

come specificato al

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

22

Piombo

mg/L

 

 

 

assorbimento

come specificato al

 

[9]

Pb

0,01

20%

30%

atomico.

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

Polarografia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

23

Selenio

mg/L

0,005

-

-

assorbimento

come specificato al

 

[9]

Se

 

 

 

atomico.

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

a) polietilene o

24

Mercurio

mg/L

 

 

 

di

vetro;

 

[9]

Hg

0,0001

30%

30%

assorbimento

b) per ogni litro di

 

 

 

 

 

 

atomico

campione

 

 

 

 

 

 

senza

addizionare 5 mL

 

 

 

 

 

 

fiamma (su

di HNO3

 

 

 

 

 

 

vapori

concentrato e 10

 

 

 

 

 

 

freddi).

mL di soluzione di

 

 

 

 

 

 

 

KMnO4 al 5%;

 

 

 

0,0002[5]

 

 

 

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

Come specificato

25

Bario [9]

mg/L

0,02

15%

30%

di assorbimento

al parametro n. 11

 

 

Ba

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

a) polietilene o

26

Cianuro

mg/L

0,01

20%

30%

assorbimento

vetro;

 

 

CN

 

 

 

molecolare.

b) addizionare

 

 

 

 

 

 

 

NaOH in gocce o

 

 

 

 

 

 

 

in soluzione

 

 

 

 

 

 

 

concentrata (pH

 

 

 

 

 

 

 

circa 12) e

 

 

 

 

 

 

 

raffreddare a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

 

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gravimetria.

 

27

Solfati

mg/L

 

 

 

Complessometria

a) polietilene o

 

 

SO4

10

10%

10%

con EDTA.

vetro;

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

b) refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

4 °C;

 

 

 

 

 

 

molecolare.

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Determinazione

a) polietilene o

28

Cloruri

mg/L

 

 

 

volumetrica

vetro;

 

 

Cl

10

10%

10%

(metodo di Mohr).

b) refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

Metodo

4 °C;

 

 

 

 

 

 

mercurimetrico con

 

 

 

 

 

 

 

indicatore.

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a) vetro o

29

Tensioattivi

mg/L

 

 

 

Spettrofotometria

polietilene;

 

 

MBAS

0,05

20%

-

di

b) refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

assorbimento

4 °C;

 

 

 

 

 

 

molecolare.

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) vetro;

30

Fosfati

mg/L

 

 

 

di

b) acidificazione

 

 

P205

0,02

10%

20%

assorbimento

con H2SO4 a pH

 

 

 

 

 

 

molecolare.

< 2;

 

 

 

 

 

 

 

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

Spettrofotometria

a) vetro;

31

Fenoli

 

0,0005

0,0005

0,0005

di

 

 

 

C6H5

 

 

 

assorbimento

b) acidificazione

 

 

OH

 

 

 

molecolare.

con H3PO4 a pH

 

 

(indice

 

 

 

 

< 4 ed

 

 

fenoli)

 

 

 

Metodo alla 4-

aggiunta di

 

 

 

 

 

 

ammino-antipirina.

CuSO4 5 H2O

 

 

 

 

 

 

 

c) 24 ore

 

 

 

0,001 [6]

30%

50%

Metodo alla

 

 

 

 

 

 

 

p-nitro-anilina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) vetro;

32

Idrocarburi

mg/L

0,01

20%

30%

all'infrarosso

 

 

disciolti o

 

 

 

 

previa estrazione

b) acidificare a

 

emulsionati

 

 

 

 

con tetracloruro di

pH < 2

 

 

 

 

 

 

carbonio.

(H2SO4 o HC1);

 

 

 

 

 

 

Gravimetria previa

 

 

 

 

0,04 [3]

 

 

estrazione

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

mediante etere di

 

 

 

 

 

 

 

petrolio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Misura della

a) vetro scuro od

33

Idrocarburi

mg/L

0,00004

50%

50%

fluorescenza in

alluminio;

 

policiclici

 

 

 

 

UV previa

 

 

aromatici

 

 

 

 

cromatografia su

b)tenere al buio a

 

[9]

 

 

 

 

strato sottile.

4 °C;

 

 

 

 

 

 

Misura

 

 

 

 

 

 

 

comparativa

 

 

 

 

 

 

 

rispetto ad un

c) 24 ore 34

 

 

 

 

 

 

miscuglio di 6

 

 

 

 

 

 

 

sostanze standard

 

 

 

 

 

 

 

aventi la stessa

 

 

 

 

 

 

 

concentrazione [7].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cromatografia in

a) vetro;

34

Antiparassitari

mh/L

0,0001

50%

50%

fase gassosa o

 

 

totale

 

 

 

 

liquida previa

b) per IICII e

 

[parathion,

 

 

 

 

estrazione

dieldrin acidificare

 

esaclorocicloe

 

 

 

 

mediante solventi

con HCI

 

sano

 

 

 

 

adeguati e

concentrato [1]

 

(HCH)

 

 

 

 

purificazione.

mL per litro di;

 

dieldrine [9]

 

 

 

 

Identificazione

campione) e

 

 

 

 

 

 

dei componenti

refrigerare a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

del miscuglio

per parathion

 

 

 

 

 

 

e determinazione

acidificare a pH 5

 

 

 

 

 

 

quantitativa

con H2SO4 (1:1) e

 

 

 

 

 

 

[8].

refrigerare a 4 °C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Metodo al

a) vetro;

 

Domanda

mg/L

15

20%

20%

bicromato di

 

35

chimica

O2

 

 

 

potassio (ebollizione

b) acidificare a pH

 

ossigeno

 

 

 

 

2 ore)

< 2 con H2SO4; 1-

 

(COD)

 

 

 

 

 

7 giorni [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Metodo di Winkler.

a) vetro;

36

Tasso di

% O2

5

10%

10%

Metodo di

 

 

saturazione

 

 

 

 

elettrochimico

b) fissare

 

dell'ossigeno

 

 

 

 

(determinazione in

l'ossigeno sul posto

 

disciolto

 

 

 

 

situ)

con solfato

 

 

 

 

 

 

 

manganoso e

 

 

 

 

 

 

 

ioduro-sodio-azide;

 

 

 

 

 

 

 

1-5 giorni a 4 °C

 

 

 

 

 

 

 

[**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Determinazione

a) vetro;

37

Domanda

mg/L

2

1,5

2

dell'O2 disciolto

 

 

biochimica di

O2

 

 

 

prima e dopo

b) refrigerazione a

 

ossigeno

 

 

 

 

incubazione di 5

4 °C;

 

(BOD5) a 20

 

 

 

 

giorni (20 ± 1 °C) al

 

 

°C senza

 

 

 

 

buio. Aggiunta di un

c) 4-24 ore

 

nitrificazione

 

 

 

 

inibitore di

 

 

 

 

 

 

 

nitrificazione

 

 

 

 

 

 

 

(Preferibilmente

 

 

 

 

 

 

 

alliltiourea).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria di

a) vetro;

38

Azoto Kieldahl

mg/ L

0,5

0,5

0,5

assorbimento

 

 

(escluso azoto

N

 

 

 

molecolare e

b) acidificare con

 

di NO2 ed

 

 

 

 

determinazione

H2SO4 fino a pH

 

NO3)

 

 

 

 

volumetrica previa

< 2;

 

 

 

 

 

 

mineralizzazione e

 

 

 

 

 

 

 

distillazione secondo

c) refrigerare a 4

 

 

 

 

 

 

il metodo Kieldahl.

°C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria di

 

39

Ammoniaca

mg/L

0,01 [2]

0,03 [2]

0,03 [2]

assorbimento

come specificato al

 

 

NH4

 

 

 

molecolare.

parametro n. 38

 

 

 

0,1 [3]

10% [3]

20% [3]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gravimetria

a) vetro;

40

Sostanze

mg/L

-

-

-

Estrazione a pH

 

 

estraibili con

 

 

 

 

neutro mediante

b) refrigerazione a

 

cloroformio

 

 

 

 

cloroformio distillato

4 °C;

 

 

 

 

 

 

di fresco,

 

 

 

 

 

 

 

evaporazione sotto

 

 

 

 

 

 

 

vuoto moderato a

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

temperatura

 

 

 

 

 

 

 

ambiente e pesata

 

 

 

 

 

 

 

del residuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

mg/L

 

 

 

 

 

41

organico totale

C

pm

pm

pm

pm

pm

 

(TOC)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

 

 

 

 

 

 

42

organico

 

pm

 

pm

pm

pm

 

residuo

 

 

 

 

 

 

 

(dopo

 

 

 

 

 

 

 

flocculazione e

 

 

 

 

 

 

 

filtrazione su

 

 

 

 

 

 

 

membrana da 5

 

 

 

 

 

 

 

mm)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[*] Possono adottarsi metodo di misura diversi, purché i limiti di rilevamento, la precisione e l'accuratezza siano compatibili con quelli indicati per i metodi riportati per ciascun parametro nel presente allegato. In tal caso deve indicarsi il metodo adottato.

[**] Il tempo massimo dipende dal tipo di campione.

[***] Per memoria.

 

[1] I campioni di acqua superficiali prelevati nel luogo di estrazione vengono analizzati e misurati previa eliminazione, mediante filtrazione semplice (vaglio a rete), dei residui galleggianti come legno, plastica.

[2] Per le acque della categoria Al valore G.

[3] Per le acque delle categorie A2, A3.

[4] Per le acque della categoria A3.

[5] Per le acque delle categorie Al, A2, A3, valore I.

[6] Per le acque delle categorie A2, valore I ed A3.

[7] Miscuglio di sei sostanze standard aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: fluorantrene, benzo-3, 4, fluorantrene, benzo 11, 12 fluorantrene, benzo 3, 4 pirene, benzo 1, 12 perilene, indeno (1, 2, 3-ed) pirene.

[8] Miscuglio di tre sostanze aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: parathion, esaclorocicloesano, dieldrin.

[9] Se il tenore di materie in sospensione dei campioni è elevato al punto da rendere necessario un trattamento preliminare speciale di tali campioni, i valori dell'accuratezza riportati nella colonna E del presente allegato potranno eccezionalmente essere superati e costituiranno un obiettivo. Questi campioni dovranno essere trattati in maniera tale che l'analisi copra la quantità maggiore delle sostanze da misurare.

 

 

Tab. 3/A: Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

 

Num.

 

 

Param.

Parametro

Metodi di misura [*]

 

 

 

 

Coliformi totali

 

1

100 Ml

(A) Metodo MPM

 

 

 

 

 

Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre serie) di Brodo Lattosato. Incubare a 36 ± 1 °C per 24 ± 24 ore. I tubi positivi (presenza di gas) debbono essere sottoposti a conferma in Brodo Lattosio Bile Verde Brillante a 36 ± 1 °C. Sulla base della positività su tale terreno riportare il valore come MPN/100 mL, di campione.

 

 

(B) Metodo MF

 

 

Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante. Incubate su m-Endo-Agar per 24 ore a 36 ± 1 °C. Contare le colonie rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.

 

 

 

2

Coliformi fecali

 

 

100 Ml

(A) Metodo MPN

 

 

I tubi positivi in Brodo Lattosato di cui al numero 1 lettera (A) debbono essere sottoposti a conferma in tubi di EC-Broth per 24 ore a 44 ± 0,2 °C in bagnomaria. Sulla base della positività dei tubi di EC-Broth riportate il valore come MPN/100 mL.

 

 

(B) Metodo MF

 

 

Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante come al numero 1 lettera (B). Incubare su m-FC-Agar a 44 ± 0,2 °C per 24 ore in bagnomaria. Contare le colonie blu. Riportare il valore a100 mL di campione.

 

 

 

3

Streptococchi

 

 

fecali

(A) Metodo MPN

 

 

Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre) di Azide Dextrose Broth. Incubare a 36 ± 1 °C per 24 ± 24 ore. I tubi positivi (torbidi) debbono essere sottoposti a conferma in Ethyl Violet Azide Broth per 48 ore a 36 ± 1°C. Leggere i tubi positivi (torbidi con fondo porpora).

 

 

Riportare il valore come MPN/ 100 mL di campione.

 

 

(B) Metodo MF

 

 

Filtrare mL 100 di campione (e/o sue diluizioni) attraverso membrana filtrante come al numero 1, lettera(B). Incubare su KF-Agar a 36 ± 1 °C per 48 ore. Leggere le colonie rosse.

 

 

Riportare il valore a 100 mL di campione.

 

 

 

4

Salmonelle [1]

Metodo MF

 

 

Filtrare 1000 e 5000 mL di campione attraverso membrana filtrante. Se la torbidità non consente di filtrare la quantità richiesta di campione, utilizzare idoneo prefiltro. Incubare il filtro (e l'eventuale prefiltro) in acqua peptonata e temperatura ambiente per 6 ore.

 

 

Passare nei seguenti terreni:

 

 

a) Terreno di MULLER-KAUFFMAN (incubare a 42 °C per 24-48 ore);

 

 

b) Terreno di Brodo Selenite (incubare a 36 °C per 24-48 ore);

 

 

Dai predetti terreni ed alle scadenze temporali indicate eseguire semine isolanti sui seguenti terreni:

 

 

SS-Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).

 

 

Hektoen Enteric Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).

 

 

d) Desossicolato Citrato Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).

 

 

Le colonie sospette devono essere sottoposte ad identificazione.

 

[*] Per i parametri dal n. 1 al n. 3 è facoltativa la scelta tra i metodi di analisi MPN ed MF specificando il metodo impiegato.

Assenza in 5000 mL (Al, G) e assenza in 1000 mL (A2, G).

 

Sezione B: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo della conformità delle acque dolci superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicolie ciprinicoli.

 

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.

 

1) Calcolo della conformità

 

Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualità conformi ai limiti imperativi indicati e alle relative note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:

 

a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:

- pH

- BOD5

- ammoniaca indissociata

- ammoniaca totale

- nitriti

- cloro residuo totale

- zinco totale

- rame disciolto.

 

Quando la frequenza di campionamento è inferiore ad un prelievo al mese, i valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni prelevati;

 

b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:

- temperatura

- ossigeno disciolto;

 

c) la concentrazione media fissata per il parametro:

- materie in sospensione.

 

Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamità naturali.

 

2) Campionamento

 

Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al punto 1:

a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B può essere ridotta ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente migliore di quella riscontrabile, per i singoli parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto 1;

b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

 

Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati sono definiti dall'autorità competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.

 

Tab. 1/B: Qualità delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e ciprinidi

 

 

 

Unità

Acque per

 

Acque per

 

Metodo di

Frequenza minima di

Riferimento

N.

Parametro

di

salmonidi

 

ciprinidi

 

analisi e

campionamento

in note

prog.

 

misura

 

 

 

 

rilevamento

e di

esplicative

 

 

 

G

I

G

I

 

misura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

 

 

 

 

 

 

1

(aumento)

Δ °C

 

1,5

 

3

- Termometria

Mensile

[1]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

21,5

 

28 [o]

 

 

 

 

(massima)

°C

 

[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(periodi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di

°C

 

10 [o]

 

 

 

 

 

 

riproduzione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Volumetria

 

 

2

Ossigeno

mg/L

≥ 9

≥ 9

≥ 8

≥ 7

(metodo di

Mensile

[2]

 

 

O2

(50%)

(50%)

(50%)

(50%)

Winkler)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

 

 

≥ 7

 

≥ 5

 

Elettrometria

 

 

 

 

 

(100%)

 

(100%)

 

(elettrodi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

specifici)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concentrazione

 

 

 

 

 

 

 

 

3

azione di

pH

6-9 [o]

 

6-9 [o]

 

Potenziometria

Mensile

[3]

 

ioni idrogeno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4

Materiali

mg/L

25 [o]

60 [o]

25 [o]

80 [o]

- Gravimetria

Mensile

[4]

 

in

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sospensione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Volumetria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(metodo di

 

 

5

BOD5

mg /L

 

 

 

 

Winklcr)

Mensile

[5]

 

 

O2

3

5

6

9

Elettrometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Respirometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Metodo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

all'acidofosfo

 

 

6

Fosforo

mg/L

 

 

 

 

molibdico in

Mensile

[6]

 

totale

P

0,07

 

0,14

 

presenza di acido

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ascorbico, previa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mineralizzazione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

7

Nitriti

mg/ L

0,01

0,88

0,03

1,77

(Metodo alla

Mensile

[7]

 

 

NO2

 

 

 

 

N- 1- naftiletilen-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

diammina e

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sul fanilammide)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

8

Composti

mg/L

 

 

 

 

(Metodo alla

 

 

 

fenolici

C6H5

0,01

**

0,01

**

4-

Mensile

[8]

 

 

OH

 

 

 

 

aminoantipirina o

 

 

 

 

 

 

 

 

 

alla p-nitroanilina)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Esame gustativo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IR (previa

 

 

 

Idrocarburi di

 

 

 

 

 

estrazione con

 

 

9

origine

mg/L

0,2

***

0,2

***

CC14 o solvente

Mensile

[9]

 

petrolifera

 

 

 

 

 

equivalente)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Esame visivo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Esame gustativo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

10

Ammoniaca

mg/ L

0,005

0,025

0,005

0,025

(Metodo al blu di

Mensile

[10]

 

non ionizzata

NH3

 

 

 

 

indofenolo -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

oppure - Metodo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Nessler)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

11

Ammoniaca

mg/ L

0,04

1

0,2

1

(Metodo al blu di

Mensile

[11]

 

totale

NH4

 

 

 

 

indofenolo -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

oppure - Metodo di

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessler)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

Cloro

mg/L

 

 

 

 

molecolare o

 

 

12

residuo

come

 

0,004

 

0,004

volumetria

Mensile

[12]

 

totale

HOC1

 

 

 

 

(Metodo DPD:N,N-dietil-p-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-fenilendiammina)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

 

13

Zinco

mg/L

 

300

 

400

assorbimento

Mensile

[14]

 

totale *

Zn

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

μg/L

 

 

 

 

Spettrometria di

 

 

14

Rame

Cu

 

40

 

40

assorbimento

Mensile

[14]

 

 

 

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di

 

 

15

Tensioattivi

mg/L

 

 

 

 

assorbimento

 

 

 

(anionici)

come

0,2

 

0,2

 

molecolare

Mensile

[13]

 

 

MBAS

 

 

 

 

(Metodo al blu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di metilene)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

μg/L

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

16

Arsenico

As

 

50

 

50

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

 

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

17

Cadmio

μg/L

0,2

2,5

0,2

2,5

di assorbimento

Mensile

[14]

 

totale *

Cd

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

18

Cromo

μg/L

 

20

 

100

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

Cr

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

 

Mercurio

μg/L

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

19

totale *

Hg

0,05

0,5

0,05

0,5

atomico (su

Mensile

[14]

 

 

 

 

 

 

 

vapori freddi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

20

Nichel

μg/L

 

75

 

75

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

Ni

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

21

Piombo

μg/L

 

10

 

50

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

Pb

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ABBREVIAZIONI: G = guida o indicativo; I = imperativo od obbligatorio.

Note: [o]: Conformemente al presente decreto sono possibili deroghe;

* Totale = Disciolto più particolato;

** I composti fenolici non devono essere presenti in concentrazioni tali da alterare il sapore dei pesci

*** I prodotti di origine petrolifera non devono essere presenti in quantità tali da:

- produrre alla superficie dell'acqua una pellicola visibile o da depositarsi in strati sul letto dei corsi d'acqua o sul fondo

dei laghi

- dare ai pesci un sapore percettibile di idrocarburi

- provocare effetti nocivi sui pesci.

 

Osservazioni di carattere generale:

 

Occorre rilevare che nel fissare i valori dei parametri si è partiti dal presupposto che gli altri parametri, considerati ovvero non considerati nella presente sezione, sono favorevoli. Ciò significa in particolare che le concentrazioni di sostanze nocive diverse da quelle enumerate sono molto deboli. Qualora due o più sostanze nocive siano presenti sotto forma di miscuglio, è possibile che si manifestino, in maniera rilevante, effetti additivi, sinergici o antagonistici.

 

Metodiche analitiche e di campionamento:

 

Le metodiche analitiche e di campionamento da impiegarsi nella determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volumi «Metodi analitici per le acque» pubblicati dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del C.N.R. (Roma), e successivi aggiornamenti.

 

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B

 

(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)

[l] Per la verifica del ΔT la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.

 

Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non è stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilità di temperatura ideale di riproduzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.

 

[2] a) Valore limite «I» - acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 6 mg/L, le Autorità competenti devono intervenire ai sensi della parte terza del presente decreto;

 

b) Valore limite «I» - acque per Ciprinidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 4 mg/L, le Autorità competenti applicano le disposizioni della parte terza del presente decreto;

- quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le Autorità competenti devono provare che dette situazioni non avranno conseguenze dannose allo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche;

- tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. ≥ 9 (50%) significa che almeno nel 50% delle misure di controllo la concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);

- campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle condizioni di minima ossigenazione nel corso dell'anno. Tuttavia se si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno essere prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti situazioni nel giorno del prelievo.

 

[3] Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di ± 0,5 unità-pH i valori estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinano un aumento della nocività di altre sostanze presenti nell'acqua.

 

[4] Si può derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropico;

 

- i valori limite (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi proprietà chimiche nocive. In quest'ultimo caso le Autorità competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se individuata l'origine antropica;

 

- nell'analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su membrana di porosità 0,45 mm o dopo centrifugazione (tempo 5 min. ed accelerazione media di 2.800 3.200 g), dovrà essere essiccato a 105 °C fino a peso costante.

 

[5] La determinazione dell'ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni, al buio completo, a 20 °C (± 1 °C) e senza impedire la nitrificazione.

 

[6] I valori limite «G» riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;

 

- per i laghi aventi profondità media compresa tra 18 e 300 metri, per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di controllare l'eutrofizzazione, può essere utilizzata la seguente formula:

 

L = A Z / Tw (1 - vTw)

 

dove:

L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;

Z = profondità media del lago in metri (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie);

Tw = tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell'emissario);

A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la maggior parte dei laghi italiani «A» può essere considerato pari a 20.

 

Tuttavia per ogni singolo ambiente è possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l'applicazione di una delle seguenti equazioni. (Il valore ottenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).

 

Log [P] = 1,48 + 0,33 (± 0,09) Log MEI* alcal.

 

Log [P] = 0,75 + 0,27 (± 0,11) Log MEI* cond.

 

dove:

P = A = Concentrazione di fosforo totale di mg/L;

MEI alcal. = Rapporto tra alcalinità (meq/L) e profondità media (m);

MEI cond. = Rapporto tra conducibilità (μS/cm) e profondità media (m);

 

(*) MEI = Indice morfoedafico.

 

[7] Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente più tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori «I» indicati nella tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualità per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/L.

 

Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite «I» corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

 

Tab. 2/B - Valori limite «Imperativi» per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

 

 

Cloruri

Acque per salmonidi

Acque per ciprinidi

(mg/L)

(mg/L NO2)

(mg/ L NO2)

 

 

 

1

0,10

0,19

 

 

 

5

0,49

0,98

 

 

 

10

0,88

1,77

 

 

 

20

1,18

2,37

 

 

 

40

1,48

2,96

 

 

 

 

[8] Data la complessità della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1/B può risultare a seconda del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;

 

- poiché la direttiva del Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio 1978) prevede soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B la concentrazione più alta delle sostanze più rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA - Ambient Water Quality Criteria, 1978):

 

Tab. 3/B

 

Fenoli

Livelli

Fenoli

Livelli

 

(μg/L)

 

(μg/L)

2-clorofenolo

60

2,5-diclorofenolo

23

 

 

 

 

4-clorofenolo

45

2,6-diclorofenolo

35

 

 

 

 

 

 

4, 2, 6-

 

2,3-diclorofenolo

84

triclorofenolo

52

 

 

 

 

2,4-diclorofenolo

0,4 [*]

 

 

 

[*] Questo valore indica che si possono riscontrare alterazioni del sapore dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del valore guida (G) proposto.

 

Appare infine utile richiamare, nella tabella 4/B, i criteri, di qualità per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo Australiano in «Australian Water Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 (1984)».

 

Tab. 4/B

 

Fenoli

(μg/L)

Fenoli

(μg/L)

 

 

 

 

Fenolo

100

4-clorofenolo

400

 

 

 

 

o-cresolo

100

2,4-diclorofenolo

30

 

 

 

 

 

 

2, 4, 6-,

 

m-cresolo

100

triclorofenolo

30

 

 

 

 

p-cresolo

100

Pentaclorofenolo

1

 

 

[9] Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell'acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emulsionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:

 

- concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce;

 

- la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.

 

[10] La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4+) dipende dalla temperatura e dal pH;

 

- le concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4+) che contengono una concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:

 

Tab. 5/B

 

Temperatura

Valori di PH

(°C)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6,5

7,0

7,5

8,0

8,5

9,0

9,5

 

 

 

 

 

 

 

 

5

63,3

20,0

6,3

2,0

0,66

0,23

0,089

 

 

 

 

 

 

 

 

10

42,4

13,4

4,3

1,4

0,45

0,16

0,067

 

 

 

 

 

 

 

 

15

28,9

9,2

2,9

0,94

0,31

0,12

0,053

 

 

 

 

 

 

 

 

20

20,0

6,3

2,0

0,66

0,22

0,088

0,045

 

 

 

 

 

 

 

 

25

13,9

4,4

1,4

0,46

0,16

0,069

0,038

 

 

 

 

 

 

 

 

30

9,8

3,1

1,0

0,36

0,12

0,056

0,035

 

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori «I» indicati nel prospetto della tabella 1/B;

 

- tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e di diminuzione della nitrificazione o qualora l'Autorità competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, è consentito il superamento dei valori tabellari.

 

[12] Quando il cloro è presente in acqua in forma disponibile, cioè in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, «disponibile» «attivo», o «residuo» si equivalgono;

 

- il «cloro residuo totale» corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioè quello presente come una miscela in equilibrio di ioni ipoclorito (OCI) ed acido ipocloroso (HOCI] e del cloro combinato disponibile [cioè quello presente nelle cloroammine o in altri composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];

 

- la concentrazione più elevata di cloro (Cl2) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili, entro 5 giorni, è di 0,005 mg Cl2/L (corrispondente a 0,004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro è troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore è stato confermato il limite suddetto;

 

- le quantità di cloro totale, espresse in mg/L di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOC1, variano in funzione della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell'acido ipocloroso HOC1 <-> H+ + ClO-) secondo la seguente tabella 6/B:

 

Tab. 6/B

 

Temperatura

Valori di PH

(°C)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6

7

8

9

 

 

 

 

 

5

0,004

0,005

0,011

0,075

 

 

 

 

 

25

0,004

0,005

0,016

0,121

 

Pertanto i valori «I» risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH più alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (Cl2) più elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella 6/B;

 

- per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che, dell'equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corrisponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOCl).

 

- in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilità strumentale del metodo di riferimento.

 

[13] L'attenzione è rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;

 

- il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee legge 22 aprile 1982, n. 109), appare ancora il più valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro è da prevedere l'inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.

 

[14] Gli otto metalli presi in considerazione risultano più o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacità di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.

 

La tossicità è spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua di 100 mg/L come CaCO3. Per durezze comprese tra < 50 e > 250 i valori limite corrispondenti sono riportali nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e dei Ciprinidi.

 

Protezione Salmonidi

 

 

 

 

Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)

Parametri

 

 

 

 

 

 

 

 

[*]

 

 

<50

50-99

100-149

150-199

200-250

>250

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

12

Arsenico

AS

50

50

50

50

50

50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cadmio

come

 

 

 

 

 

 

13

totale

Cd

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

14

Cromo

Cr

5

10

20

20

50

50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mercurio

come

 

 

 

 

 

 

15

totale

Hg

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

16

Nichel

Ni

25

50

75

75

100

100

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

17

Piombo

Pb

4

10

10

20

20

20

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

18

Rame

Cu

5[a]

22

40

40

40

112

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

19

Zinco totale

Zn

30

200

300

300

300

500

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[a] La presenza di pesci in acque con più alte concentrazioni può significare che predominano complessi organocuprici disciolti.

 

 

Protezione Ciprinidi

 

 

 

 

Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)

Parametri

 

 

 

 

 

 

 

 

[*]

 

 

<50

50-99

100-149

150-199

200-250

>250

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

50

50

50

50

50

50

12

Arsenico

As

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

13

Cadmio totale

Cd

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

14

Cromo

Cr

75

80

100

100

125

125

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

15

Mercurio totale

Hg

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

25

50

75

75

100

100

16

Nichel

Ni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

17

Piombo

Pb

50

125

125

250

250

250

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

18

Rame

Cu

5

22

40

40

40

112

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

19

Zinco totale

Zn

150

350

400

500

500

1000

 

(*) I valori limite si riferiscono al metallo disciolto, salvo diversa indicazione e sono espressi in mg/L.

 

 

Sezione C: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative ed il calcolo della conformità delle acque destinate alla vita dei molluschi

 

I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualità (dei prodotti della molluschicoltura destinati al consumo umano.

 

1) Calcolo della conformità

 

1. Le acque designate ai sensi dell'art. 87 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi, secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:

 

a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo alogenate e metalli;

 

b) il 95% dei campioni per i parametri ed ossigeno disciolto;

 

c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab. 1/C.

 

2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli, sia inferiore a quella indicata nella tab. 1/C, la conformità ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.

 

3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

 

2) Campionamento

 

1. L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati, sono definiti dall'Autorità competente in funzione delle condizioni ambientali locali.

 

2. Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/C può essere ridotta dall'Autorità competente ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall'applicazione dei valori limite e relative note.

 

3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

 

Tab. 1/C Qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

 

 

 

 

 

 

 

Frequenza

 

 

Unità di

 

 

Metodo di

minima di

 

Parametro

misura

G

1

analisi di

campionamenti

 

 

 

 

 

riferimento

e delle misurazioni

 

 

 

 

 

 

 

1

pH

unità pH

 

7-9

- Elettrometria

Trimestrale

 

 

 

 

 

La misurazione

 

 

 

 

 

 

viene eseguita sul

 

 

 

 

 

 

posto al momento

 

 

 

 

 

 

del campionamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La differenza di

 

 

 

2

Temperatura

°C

temperatura

 

- Termometria

Trimestrale

 

 

 

provocata da uno

 

 

 

 

 

 

scarico non deve

 

La misurazione

 

 

 

 

superare, nelle

 

viene eseguita

 

 

 

 

acque destinate

 

sul posto al momento

 

 

 

 

alla vita dei

 

del campionamento

 

 

 

 

molluschi

 

 

 

 

 

 

influenzate da

 

 

 

 

 

 

tale scarico, di

 

 

 

 

 

 

oltre 2 °C la

 

 

 

 

 

 

temperatura

 

 

 

 

 

 

misurata

 

 

 

 

 

 

nelle acque

 

 

 

 

 

 

non influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo filtrazione

 

 

 

 

 

 

il colore

 

 

 

 

 

 

dell'acqua,

 

 

 

 

 

 

provocato da uno

-Filtrazione su

 

 

 

 

 

scarico, non deve

membrana

 

 

 

 

 

discostarsi nelle

filtrante di 0,45 hym.

 

 

 

 

 

acque destinate

Metodo

 

 

 

 

 

alla vita dei

fotometrico,

 

 

Colorazione

 

 

molluschi

secondo gli

 

3

(dopo

mg Pt/L

 

influenzate

standard della

Trimestrale

 

filtrazione)

 

 

da tale scarico

scala platino-

 

 

 

 

 

di oltre 10 mg

cobalto

 

 

 

 

 

Pt/ L dal colore

 

 

 

 

 

 

misurato nelle

 

 

 

 

 

 

acque non

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'aumento del

- Filtrazione su

 

 

 

 

 

tenore di materie

membrana filtrante

 

 

 

 

 

in sospensione

di 0,45 μm,

 

 

 

 

 

e provocato

essiccazione a

 

 

 

 

 

da uno scarico

105 °C e pesatura;-

 

 

 

 

 

non deve

Centrifugazione

 

 

 

 

 

superare, nelle

(tempo minimo

 

 

 

 

 

acque destinate

5 min accelerazione

 

 

 

 

 

alla vita dei

media di 2800-

 

 

 

 

 

dei molluschi

3200 g)

 

4

Materiali in

 

 

influenzate da

essiccazione a 105

Trimestrale

 

sospensione

mg/L

 

tale scarico, di

°C e pesatura

 

 

 

 

 

oltre il 30% il

 

 

 

 

 

 

tenore misurato

 

 

 

 

 

 

nelle acque

 

 

 

 

 

 

non

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5

Salinità

%,

12-38‰

- ≤ 40‰,

Conduttometria

 

 

 

 

 

 

 

Mensile

 

 

 

 

- La variazione

 

 

 

 

 

 

della salinità

 

 

 

 

 

 

provocata da uno

 

 

 

 

 

 

scarico non deve

 

 

 

 

 

 

superare, nelle

 

 

 

 

 

 

acque destinate

 

 

 

 

 

 

alla vita dei

 

 

 

 

 

 

molluschi

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

da tale scarico,

 

 

 

 

 

 

± 10% la salinità

 

 

 

 

 

 

misurata nelle

 

 

 

 

 

 

acque non

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6

Ossigeno

 

 

- = 70%

 

Mensile, con

.

disciolto

% di

- ≤ 80%

(valore medio).

- Metodo di

almeno un

 

 

saturazione

 

Se una singola

Winkler-

campione

 

 

 

 

singola

Metodo

rappresentativo

 

 

 

 

misurazione

elettrochimico

del basso tenore di

 

 

 

 

e indica un

 

ossigeno

 

 

 

 

valore inferiore

 

presente nel

 

 

 

 

al 70% le

 

giorno del

 

 

 

 

misurazioni

 

prelievo.

 

 

 

 

vengono

 

Tuttavia se si

 

 

 

 

proseguite-

 

presentano

 

 

 

 

Una singola

 

variazioni

 

 

 

 

misurazione può

 

diurne

 

 

 

 

indicare un

 

significative

 

 

 

 

valore inferiore

 

saranno

 

 

 

 

al 60% soltanto

 

effettuati

 

 

 

 

qualora non vi

 

almeno due

 

 

 

 

siano

 

prelievi al

 

 

 

 

conseguenze

 

giorno.

 

 

 

 

dannose per lo

 

 

 

 

 

 

sviluppo delle

 

 

 

 

 

 

popolazioni

 

 

 

 

 

 

di molluschi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli idrocarburi

 

 

 

 

 

 

non devono

 

 

 

Idrocarburi

 

 

essere presenti

 

 

7

di origine

 

 

nell'acqua in

 

 

 

petrolifera

 

 

quantità tale:

- Esame visivo

Trimestrale

 

 

 

 

- da produrre

 

 

 

 

 

 

un film visibile

 

 

 

 

 

 

alla superficie

 

 

 

 

 

 

dell'acqua e/o un

 

 

 

 

 

 

deposito sui

 

 

 

 

 

 

molluschi

 

 

 

 

 

 

- da avere

 

 

 

 

 

 

effetti nocivi

 

 

 

 

 

 

per i molluschi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La

 

 

 

 

 

La

concentrazione

 

 

 

 

 

concentrazione

di ogni sostanza

Cromatografia

 

 

 

 

di ogni

nell'acqua

in fase

 

 

 

 

sostanza nella

o nella polpa

gassosa, previa

 

 

 

 

polpa del

del mollusco non

estrazione

 

 

Sostanze

 

mollusco

deve superare

mediante

 

8

organo-

 

deve essere tale

un livello tale

appropriati

Semestrale

 

alogenate

 

da contribuire

da provocare

solventi e

 

 

 

 

ad una buona

effetti nocivi

purificazione

 

 

 

 

qualità dei

per i molluschi

 

 

 

 

 

prodotti della

e per le

 

 

 

 

 

molluschicoltura

loro larve

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La

La

-

 

 

 

 

concentrazione

concentrazione

Spettrofotometria

Semestrale

9

Metalli:

ppm

di ogni sostanza

di ogni sostanza

di assorbimento

 

 

Argento Ag

 

nella polpa del

nell'acqua o nella

atomico,

 

 

Arsenico As

 

mollusco deve

polpa del

eventualmente

 

 

Cadmio Cd

 

essere tale da

mollusco non

preceduta da

 

 

Cromo Cr

 

contribuire

deve superare un

concentrazione e/o

 

 

Rame Cu

 

ad una buona

livello tale da

estrazione

 

 

Mercurio Hg [*]

 

qualità dei

provocare effetti

 

 

 

Nichelio Ni

 

prodotti della

nocivi per i

 

 

 

Piombo Pb [**]

 

molluschicoltura

molluschi e per

 

 

 

Zinco Zn

 

 

le loro larve.

 

 

 

 

 

 

È necessario

 

 

 

 

 

 

prendere in

 

 

 

 

 

 

considerazione

 

 

 

 

 

 

gli effetti

 

 

 

 

 

 

sinergici dei

 

 

 

 

 

 

vari metalli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

≤ 300 nella

Metodo di

 

10

Coliformi

n°/ 100m

 

polpa del

diluizione con

Trimestrale

 

fecali

 

 

mollusco e

fermentazione in

 

 

 

 

 

nel liquido

substrati liquidi in

 

 

 

 

 

intervalvare

almeno tre provette,

 

 

 

 

 

 

in tre diluizioni.

 

 

 

 

 

 

Trapianto delle

 

 

 

 

 

 

provette positive sul

 

 

 

 

 

 

terreno di conferma.

 

 

 

 

 

 

Computo secondo il

 

 

 

 

 

 

sistema M.P.N.

 

 

 

 

 

 

(Numero più

 

 

 

 

 

 

probabile).

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

 

 

 

 

di incubazione

 

 

 

 

 

 

44±0,5°C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concentrazione

Esame gustativo dei

 

 

Sostanze che

 

 

inferiore a quella

molluschi, allorché

 

11

influiscono

 

 

che può alterare

si presume la

 

 

sul sapore

 

 

il sapore dei

presenza di tali

 

 

dei molluschi

 

 

molluschi

sostanze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sassitossina

 

 

 

 

 

12

(prodotta dai

 

 

 

 

 

 

dinoflagellati)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[*] valore imperativo nella polpa del mollusco = 0,5 ppm

[**] valore imperativo nella polpa del mollusco = 2 ppm

 

ABBREVIAZIONI

 

G = guida o indicativo

I = imperativo o obbligatorio

 

ALLEGATI 3 - 10 ALLA PARTE III [1555]

 

 

ALLEGATI ALLA PARTE IV

 

ALLEGATI AL TITOLO I DELLA PARTE QUARTA [1556]

ALLEGATO B - elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento

ALLEGATO C - elenco non esaustivo delle operazioni di recupero

ALLEGATO D - elenco dei rifiuti

ALLEGATO E

ALLEGATO F - Criteri da applicarsi sino all'entrata, in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 226, comma 3

ALLEGATO I - caratteristiche di pericolo per i rifiuti

ALLEGATO L - Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti

 

ALLEGATO A [1557]

[1 - Categorie di rifiuti

Q1 Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati;

Q2 Prodotti fuori norma;

Q3 Prodotti scaduti;

Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc., contaminati in seguito all'incidente in questione;

Q5 Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (a esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio, contenitori, ecc.);

Q6 Elementi inutilizzabili (a esempio batterie fuori uso, catalizzatori esausti, ecc.);

Q7 Sostanze divenute inadatte all'impiego (a esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.);

Q8 Residui di processi industriali (a esempio scorie, residui di distillazione, ecc.);

Q9 Residui di procedimenti antinquinamento (a esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell'aria, filtri usati, ecc.);

Q10 Residui di lavorazione/sagomatura (a esempio trucioli di tornitura o di fresatura, ecc.);

Q11 Residui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime (a esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.);

Q12 Sostanze contaminate (a esempio olio contaminato da PCB, ecc.);

Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata;

Q14 Prodotti di cui il detentore non si serve più (a esempio articoli messi fra gli scarti dell'agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.);

Q15 Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività di riattamento di terreni;

Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate.]

 

     ALLEGATO B [1558]

 

     Operazioni di smaltimento

     D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).

     D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli).

     D3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).

     D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.).

     D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall'ambiente).

     D6 Scarico dei rifiuti solidi nell'ambiente idrico eccetto l'immersione.

     D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.

     D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12.

     D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)

     D10 Incenerimento a terra.

     D11 Incenerimento in mare.

     D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera).

     D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12.

     D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

     D15 Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

     ------ Questa operazione è vietata dalla normativa UE e dalle convenzioni internazionali.

     In mancanza di un altro codice D appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12.

 

 

     ALLEGATO C [1559]

 

     Operazioni di recupero

     R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia

     R2 Rigenerazione/recupero di solventi

     R3 - Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche (**);

     R4 - Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici (***);

     R5 - Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (****)

     R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

     R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l'inquinamento

     R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori

     R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

     R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia

     R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10

     R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11

     R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)

     (**) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia organica sotto forma di riempimento.

     (***) È compresa la preparazione per il riutilizzo.

     (****) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio di materiali da costruzione inorganici, il recupero di sostanze inorganiche sotto forma di riempimento e la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo.

 

(4) Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:

     - 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1° gennaio 2009,

     - 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008,

     calcolata con la seguente formula:

     Efficienza energetica = {(Ep - (Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef))} * CCF

     dove:

     Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica. È calcolata moltiplicando l'energia sotto forma di elettricità per 2,6 e l'energia termica prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)

     Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)

     Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata in base al potere calorifico netto dei rifiuti (GJ/anno)

     Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)

     0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.

     CCF = valore del fattore di correzione corrispondente all'area climatica nella quale insiste l'impianto di incenerimento (Climate Correction Factor).

     1. Per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità alla legislazione applicabile nell'Unione europea prima del 1 settembre 2015, CCF è uguale a:

     CCF = 1 se HDDLLT >= 3350

     CCF = 1,25 se HDDLLT <= 2150

     CCF = - (0,25/1200) × HDDLLT + 1,698 se 2150 < HDDLLT < 3350

     2. Per gli impianti autorizzati dopo il 31 agosto 2015 e per gli impianti di cui al punto 1 dopo il 31 dicembre 2029, CCF è uguale a:

     CCF = 1 se HDDLLT >= 3350

     CCF = 1,12 se HDDLLT <= 2150

     CCF = - (0,12/1200) x HDDLLT + 1,335 se 2150 < HDDLLT < 3350

     I valori di CCF sono approssimati alla terza cifra decimale.

     Dove:

     HDDLLT, ovvero HDD locale a lungo termine, è uguale alla media ventennale dei valori di HDDanno calcolati nell'area di riferimento come segue:

 

 

     HDDanno è il grado di riscaldamento annuo calcolati nell'area di riferimento come segue:

     HDDanno = ∑HDDi

     HDDi è il grado di riscaldamento giornaliero dello i-esimo giorno

     Pari a:

     HDDi = (18°C - Tm) se Tm ≤ 15°C

     HDDi = 0 se Tm > 15°C

     Essendo Tm la temperatura media giornaliera, calcolata come (Tmin + Tmax)/2, del giorno "i" dell'anno di riferimento nell'area di riferimento.

     I valori di temperatura sono quelli ufficiali dell'aeronautica militare della stazione meteorologica più rappresentativa in termini di prossimità e quota del sito dell'impianto di incenerimento. Se nessuna stazione dell'aeronautica militare è rappresentativa del sito dell'impianto di incenerimento o non presenta una sufficiente disponibilità di dati è possibile fare riferimento a dati di temperatura acquisiti da altre istituzioni del territorio, quali ad esempio le ARPA regionali o altre reti locali.

     La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l'incenerimento dei rifiuti.

 

 

     ALLEGATO D [1560]

     Elenco dei rifiuti.

     Classificazione dei rifiuti.

 

     Classificazione dei rifiuti.

     Definizioni.

     Ai fini del presente allegato, si intende per:

     1. «sostanza pericolosa», una sostanza classificata come pericolosa in quanto conforme ai criteri di cui alle parti da 2 a 5 dell'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

     2. «metallo pesante», qualunque composto di antimonio, arsenico, cadmio, cromo (VI), rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tellurio, tallio e stagno, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche nella misura in cui questi sono classificate come pericolose;

     3. «policlorodifenili e policlorotrifenili» (PCB), i PCB, conformemente alla definizione di cui all'articolo 2, lettera a), della direttiva 96/59/CE del Consiglio;

     4. «metalli di transizione», uno dei metalli seguenti: qualsiasi composto di scandio vanadio, manganese, cobalto, rame, ittrio, niobio, afnio, tungsteno, titanio, cromo, ferro, nichel, zinco, zirconio, molibdeno e tantalio, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche, nella misura in cui questi sono classificati come pericolosi;

     5. «stabilizzazione», i processi che modificano la pericolosità dei componenti dei rifiuti e trasformano i rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi;

     6. «solidificazione», processi che influiscono esclusivamente sullo stato fisico dei rifiuti per mezzo di appositi additivi, senza modificare le proprietà chimiche dei rifiuti stessi;

     7. «rifiuto parzialmente stabilizzato», un rifiuto che contiene, dopo il processo di stabilizzazione, componenti pericolosi, che non sono stati completamente trasformati in componenti non pericolosi e che potrebbero essere rilasciati nell'ambiente nel breve, medio o lungo periodo.

     Valutazione e classificazione.

     1. Valutazione delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti.

     Nel valutare le caratteristiche di pericolo dei rifiuti, si applicano i criteri di cui all'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. Per le caratteristiche di pericolo HP 4, HP 6 e HP 8, ai fini della valutazione si applicano i valori soglia per le singole sostanze come indicato nell'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. Quando una sostanza è presente nei rifiuti in quantità inferiori al suo valore soglia, non viene presa in considerazione per il calcolo del valore limite di concentrazione. Laddove una caratteristica di pericolo di un rifiuto è stata valutata sia mediante una prova che utilizzando le concentrazioni di sostanze pericolose come indicato nell'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevalgono i risultati della prova.

     2. Classificazione di un rifiuto come pericoloso.

     I rifiuti contrassegnati da un asterisco (*) nell'elenco di rifiuti sono considerati rifiuti pericolosi a meno che non si applichino le esclusioni di cui all'articolo 20 della direttiva 2008/98/CE.

     Ai rifiuti cui potrebbero essere assegnati codici di rifiuti pericolosi e non pericolosi, si applicano le seguenti disposizioni: l'iscrizione di una voce nell'elenco armonizzato di rifiuti contrassegnata come pericolosa, con un riferimento specifico o generico a «sostanze pericolose», è opportuna solo quando questo rifiuto contiene sostanze pericolose pertinenti che determinano nel rifiuto una o più delle caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 8 e/o da HP 10 a HP 15 di cui all'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006. La valutazione della caratteristica di pericolo HP 9 «infettivo» è effettuata conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254; una caratteristica di pericolo può essere valutata utilizzando la concentrazione di sostanze nei rifiuti, come specificato nell'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 o, se non diversamente specificato nel regolamento (CE) n. 1272/2008, eseguendo una prova conformemente al regolamento (CE) n. 440/2008 o altri metodi di prova e linee guida riconosciuti a livello internazionale, tenendo conto dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1272/2008 per quanto riguarda la sperimentazione animale e umana; i rifiuti contenenti dibenzo-p-diossine e i dibenzofurani policlorurati (PCDD/PCDF), DDT (1,1,1-tricloro-2,2-bis (4- clorofenil) etano), clordano, esaclorocicloesani (compreso il lindano), dieldrin, endrin, eptacloro, esaclorobenzene, clordecone, aldrin, pentaclorobenzene, mirex, toxafene esabromobifenile e/o PCB in quantità superiori ai limiti di concentrazione di cui all'allegato IV del regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) devono essere classificati come pericolosi; i limiti di concentrazione di cui all'Allegato I alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 non sono applicabili alle leghe di metalli puri in forma massiva (non contaminati da sostanze pericolose). I residui di leghe che sono considerati rifiuti pericolosi sono specificamente menzionati nel presente elenco e contrassegnati con un asterisco (*); se del caso, al momento di stabilire le caratteristiche di pericolo dei rifiuti si possono prendere in considerazione le seguenti note contenute nell'allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008: 1.1.3.1. Note relative all'identificazione, alla classificazione e all'etichettatura delle sostanze: note B, D, F, J, L, M, P, Q, R, e U; 1.1.3.2. Note relative alla classificazione e all'etichettatura delle miscele: note 1, 2, 3 e 5; dopo la valutazione delle caratteristiche di pericolo di un tipo di rifiuti in base a questo metodo, si assegnerà l'adeguata voce di pericolosità o non pericolosità dall'elenco dei rifiuti. Tutte le altre voci dell'elenco armonizzato di rifiuti sono considerate rifiuti non pericolosi.

     Elenco dei rifiuti.

     I diversi tipi di rifiuti inclusi nell'elenco sono definiti specificatamente mediante il codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell'elenco occorre procedere come segue: identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. Occorre rilevare che è possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attività in capitoli diversi. Per esempio, un costruttore di automobili può reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti metalli provenienti da trattamento e rivestimento di metalli) o ancora nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie fasi della produzione; se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto; se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16; se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non specificati altrimenti) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all'attività identificata nella prima fase.

     Indice. Capitoli dell'elenco.

     01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonchè dal trattamento fisico o chimico di minerali;

     02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti;

     03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone;

     04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell'industria tessile;

     05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone;

     06 Rifiuti dei processi chimici inorganici;

     07 Rifiuti dei processi chimici organici;

     08 Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti, e inchiostri per stampa;

     09 Rifiuti dell'industria fotografica;

     10 Rifiuti provenienti da processi termici

     11 Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa;

     12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica;

     13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili, 05 e 12);

     14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le voci 07 e 08);

     15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti);

     16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco;

     17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati);

     18 Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione che non derivino direttamente da trattamento terapeutico)»;

     19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonchè dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso industriale;

     20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonchè dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata.

     01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonchè dal trattamento fisico o chimico di minerali

     01 01 Rifiuti da estrazione di minerali

     01 01 01 rifiuti da estrazione di minerali metalliferi

     01 01 02 rifiuti da estrazione di minerali non metalliferi

     01 03 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi

     01 03 04 * sterili che possono generare acido prodotti dalla lavorazione di minerale solforoso

     01 03 05 * altri sterili contenenti sostanze pericolose

     01 03 06 sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04 e 01 03 05

     01 03 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi

     01 03 08 polveri e residui affini diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07

     01 03 09 fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 10

     01 03 10* fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina contenenti sostanze pericolose, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07

     01 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     01 04 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi

     01 04 07 * rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi

     01 04 08 scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07

     01 04 09 scarti di sabbia e argilla

     01 04 10 polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07

     01 04 11 rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07

     01 04 12 sterili ed altri residui del lavaggio e della pulitura di minerali, diversi da quelli di cui alle voci 0104 07 e 01 04 11

     01 04 13 rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce

     01 04 07

     01 04 99 rifiuti non specificati altrimenti

     01 05 fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione

     01 05 04 fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci

     01 05 05 * fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli

     01 05 06 * fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione contenenti sostanze pericolose

     01 05 07 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti barite, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06

     01 05 08 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti cloruri, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06

     01 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, preparazione e lavorazione di alimenti

     02 01 rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca

     02 01 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia

     02 01 02 scarti di tessuti animali

     02 01 03 scarti di tessuti vegetali

     02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi)

     02 01 06 feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito

     02 01 07 rifiuti derivanti dalla silvicoltura

     02 01 08 * rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose

     02 01 09 rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08

     02 01 10 rifiuti metallici

     02 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 02 rifiuti della preparazione e della trasformazione di carne, pesce ed altri alimenti di origine animale

     02 02 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia

     02 02 02 scarti di tessuti animali

     02 02 03 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione

     02 02 04 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     02 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 03 rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffè, tè e tabacco; della produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa

     02 03 01 fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione

     02 03 02 rifiuti legati all'impiego di conservanti

     02 03 03 rifiuti prodotti dall'estrazione tramite solvente

     02 03 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione

     02 03 05 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     02 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero

     02 04 01 terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole

     02 04 02 carbonato di calcio fuori specifica

     02 04 03 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     02 04 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 05 rifiuti dell'industria lattiero-casearia

     02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione

     02 05 02 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     02 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 06 rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione

     02 06 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione

     02 06 02 rifiuti prodotti dall'impiego di conservanti

     02 06 03 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     02 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

     02 07 rifiuti della produzione di bevande alcoliche e analcoliche (tranne caffè, tè e cacao)

     02 07 01 rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, pulizia e macinazione della materia prima

     02 07 02 rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche

     02 07 03 rifiuti prodotti dai trattamenti chimici

     02 07 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione

     02 07 05 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     02 07 99 rifiuti non specificati altrimenti

     03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone

     03 01 rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili

     03 01 01 scarti di corteccia e sughero

     03 01 04 * segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose

     03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04

     03 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     03 02 rifiuti dei trattamenti conservativi del legno

     03 02 01 * preservanti del legno contenenti composti organici non alogenati

     03 02 02 * prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici clorurati

     03 02 03 * prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti composti organometallici

     03 02 04 * prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti composti inorganici

     03 02 05 * altri prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti sostanze pericolose

     03 02 99 prodotti per trattamenti conservativi del legno non specificati altrimenti

     03 03 rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone

     03 03 01 scarti di corteccia e legno

     03 03 02 fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor)

     03 03 05 fanghi derivanti da processi di deinchiostrazione nel riciclaggio della carta

     03 03 07 scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone

     03 03 08 scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati

     03 03 09 fanghi di scarto contenenti carbonato di calcio

     03 03 10 scarti di fibre e fanghi contenenti fibre, riempitivi e prodotti di rivestimento generati dai processi di separazione meccanica

     03 03 11 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10

     03 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce, e dell'industria tessile

     04 01 rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce

     04 01 01 carniccio e frammenti di calce

     04 01 02 rifiuti di calcinazione

     04 01 03 * bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida

     04 01 04 liquido di concia contenente cromo

     04 01 05 liquido di concia non contenente cromo

     04 01 06 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo

     04 01 07 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo

     04 01 08 rifiuti di cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo

     04 01 09 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura

     04 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     04 02 rifiuti dell'industria tessile

     04 02 09 rifiuti da materiali compositi (fibre impregnate, elastomeri, plastomeri)

     04 02 10 materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad es. grasso, cera)

     04 02 14 * rifiuti provenienti da operazioni di finitura, contenenti solventi organici

     04 02 15 rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 14

     04 02 16 * tinture e pigmenti contenenti sostanze pericolose

     04 02 17 tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 16

     04 02 19 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     04 02 20 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19

     04 02 21 rifiuti da fibre tessili grezze

     04 02 22 rifiuti da fibre tessili lavorate

     04 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone

     05 01 rifiuti della raffinazione del petrolio

     05 01 02 * fanghi da processi di dissalazione

     05 01 03 * morchie da fondi di serbatoi

     05 01 04 * fanghi acidi prodotti da processi di alchilazione

     05 01 05 * perdite di olio

     05 01 06 * fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di impianti e apparecchiature

     05 01 07 * catrami acidi

     05 01 08 * altri catrami

     05 01 09 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     05 01 10 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 05 01 09

     05 01 11 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti mediante basi

     05 01 12 * acidi contenenti oli

     05 01 13 fanghi residui dell'acqua di alimentazione delle caldaie

     05 01 14 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento

     05 01 15 * filtri di argilla esauriti

     05 01 16 rifiuti contenenti zolfo prodotti dalla desolforizzazione del petrolio

     05 01 17 bitume

     05 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     05 06 rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del carbone

     05 06 01 * catrami acidi

     05 06 03 * altri catrami

     05 06 04 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento

     05 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

     05 07 rifiuti prodotti dalla purificazione e dal trasporto di gas naturale

     05 07 01 * rifiuti contenenti mercurio

     05 07 02 rifiuti contenenti zolfo

     05 07 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 Rifiuti dei processi chimici inorganici

     06 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di acidi

     06 01 01 * acido solforico ed acido solforoso

     06 01 02 * acido cloridrico

     06 01 03 * acido fluoridrico

     06 01 04 * acido fosforico e fosforoso

     06 01 05 * acido nitrico e acido nitroso

     06 01 06 * altri acidi

     06 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di basi

     06 02 01 * idrossido di calcio

     06 02 03 * idrossido di ammonio

     06 02 04 * idrossido di sodio e di potassio

     06 02 05 * altre basi

     06 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di sali, loro soluzioni e ossidi metallici

     06 03 11 * sali e loro soluzioni, contenenti cianuri

     06 03 13 * sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti

     06 03 14 sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle voci 06 03 11 e 06 03 13

     06 03 15 * ossidi metallici contenenti metalli pesanti

     06 03 16 ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla voce 06 03 15

     06 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 04 rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui alla voce 06 03

     06 04 03 * rifiuti contenenti arsenico

     06 04 04 * rifiuti contenenti mercurio

     06 04 05 * rifiuti contenenti altri metalli pesanti

     06 04 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 05 fanghi da trattamento in loco degli effluenti

     06 05 02 * fanghi da trattamento in loco di effluenti, contenenti sostanze pericolose

     06 05 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 06 05 02

     06 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici contenenti zolfo, dei processi chimici dello zolfo e dei processi di desolforazione

     06 06 02 * rifiuti contenenti solfuri pericolosi

     06 06 03 rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli di cui alla voce 06 06 02

     06 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti alogeni e dei processi chimici degli alogeni

     06 07 01 * rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti amianto

     06 07 02 * carbone attivato dalla produzione di cloro

     06 07 03 * fanghi di solfati di bario, contenenti mercurio

     06 07 04 * soluzioni ed acidi, ad esempio acido di contatto

     06 07 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 08 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso del silicio e dei suoi derivati

     06 08 02 * rifiuti contenenti clorosilani pericolosi

     06 08 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 09 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo

     06 09 02 scorie fosforose

     06 09 03 * rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio contenenti o contaminati da sostanze pericolose

     06 09 04 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio, diversi da quelli di cui alla voce 06 09 03

     06 09 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 10 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici contenenti azoto, dei processi chimici dell'azoto e della produzione di fertilizzanti

     06 10 02 * rifiuti contenenti sostanze pericolose

     06 10 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 11 rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici e opacificanti

     06 11 01 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio nella produzione di diossido di titanio

     06 11 99 rifiuti non specificati altrimenti

     06 13 rifiuti di processi chimici inorganici non specificati altrimenti

     06 13 01 * prodotti fitosanitari, agenti conservativi del legno ed altri biocidi inorganici

     06 13 02 * carbone attivo esaurito (tranne 06 07 02)

     06 13 03 nerofumo

     06 13 04 * rifiuti derivanti dai processi di lavorazione dell'amianto

     06 13 05 * fuliggine

     06 13 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 Rifiuti dei processi chimici organici

     07 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici organici di base

     07 01 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 01 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 01 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 01 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 01 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 01 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati

     07 01 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 01 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 01 11

     07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali

     07 02 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 02 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 02 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 02 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 02 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 02 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati

     07 02 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 02 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 11

     07 02 13 rifiuti plastici

     07 02 14 * rifiuti prodotti da additivi, contenenti sostanze pericolose

     07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 14

     07 02 16 * rifiuti contenenti siliconi pericolosi

     07 02 17 rifiuti contenenti siliconi diversi da quelli di cui alla voce 07 02 16

     07 02 17* rifiuti contenenti siliconi, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 16

     07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di coloranti e pigmenti organici (tranne 06 11)

     07 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 03 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 03 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 03 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 03 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 03 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati

     07 03 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 03 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 03 11

     07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fitosanitari (tranne 02 01 08 e 02 01 09), agenti conservativi del legno (tranne 03 02) ed altri biocidi, organici

     07 04 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 04 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 04 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 04 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 04 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 04 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati

     07 04 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 04 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 04 11

     07 04 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose

     07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 05 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti farmaceutici

     07 05 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 05 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 05 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 05 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 05 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 05 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati

     07 05 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 05 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11

     07 05 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose

     07 05 14 rifiuti solidi diversi da quelli di cui alla voce 07 05 13

     07 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici

     07 06 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 06 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 06 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 06 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 06 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 06 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati

     07 06 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 06 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11

     07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

     07 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti della chimica fine e di prodotti chimici non specificati altrimenti

     07 07 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

     07 07 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 07 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri

     07 07 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

     07 07 08 * altri fondi e residui di reazione

     07 07 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati

     07 07 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

     07 07 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     07 07 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 07 11

     07 07 99 rifiuti non specificati altrimenti

     08 Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa

     08 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso nonchè della rimozione di pitture e vernici

     08 01 11 * pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 11

     08 01 13 * fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 13

     08 01 15 * fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 01 16 fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 15

     08 01 17 * fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 01 18 fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 17

     08 01 19 * sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 19

     08 01 21 * residui di pittura o di sverniciatori

     08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     08 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di altri rivestimenti (inclusi materiali ceramici)

     08 02 01 polveri di scarti di rivestimenti

     08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici

     08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali ceramici

     08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     08 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di inchiostri per stampa

     08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro

     08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro

     08 03 12 * scarti di inchiostro, contenenti sostanze pericolose

     08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 12

     08 03 14 * fanghi di inchiostro, contenenti sostanze pericolose

     08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 14

     08 03 16 * residui di soluzioni per incisione

     08 03 17 * toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose

     08 03 18 toner per stampa esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 17

     08 03 19 * oli dispersi

     08 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     08 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti impermeabilizzanti)

     08 04 09 * adesivi e sigillanti di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 04 10 adesivi e sigillanti di scarto, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 09

     08 04 11 * fanghi di adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 04 12 fanghi di adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 11

     08 04 13 * fanghi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 04 14 fanghi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 13

     08 04 15 * rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

     08 04 16 rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15

     08 04 17 * olio di resina

     08 04 99 rifiuti non specificati altrimenti

     08 05 rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08

     08 05 01 * isocianati di scarto

     09 Rifiuti dell'industria fotografica

     09 01 rifiuti dell'industria fotografica

     09 01 01 * soluzioni di sviluppo e soluzioni attivanti a base acquosa

     09 01 02 * soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa

     09 01 03 * soluzioni di sviluppo a base di solventi

     09 01 04 * soluzioni di fissaggio

     09 01 05* soluzioni di lavaggio e soluzioni di arresto-fissaggio

     09 01 06 * rifiuti contenenti argento prodotti dal trattamento in loco di rifiuti fotografici

     09 01 07 carta e pellicole per fotografia, contenenti argento o composti dell'argento

     09 01 08 carta e pellicole per fotografia, non contenenti argento o composti dell'argento

     09 01 10 macchine fotografiche monouso senza batterie

     09 01 11 * macchine fotografiche monouso contenenti batterie incluse nelle voci 16 06 01, 16 06 02 o 16 06 03

     09 01 12 macchine fotografiche monouso diverse da quelle di cui alla voce 09 01 11

     09 01 13 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal recupero in loco dell'argento, diversi da quelli di cui alla voce 09 01 06

     09 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 Rifiuti provenienti da processi termici

     10 01 rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri impianti termici (tranne 19)

     10 01 01 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia (tranne le polveri di caldaia di cui alla voce 10 01 04)

     10 01 02 ceneri leggere di carbone

     10 01 03 ceneri leggere di torba e di legno non trattato

     10 01 04 * ceneri leggere di olio combustibile e polveri di caldaia

     10 01 05 rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi

     10 01 07 rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi

     10 01 09 * acido solforico

     10 01 13 * ceneri leggere prodotte da idrocarburi emulsionati usati come combustibile

     10 01 14 * ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose

     10 01 15 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 14

     10 01 16 * ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose

     10 01 17 ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, diverse da quelle di cui alla voce 10 01 16

     10 01 18 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 01 19 rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, diversi da quelli di cui alle voci 10 01 05, 10 01 07 e 10 01 18

     10 01 20 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     10 01 21 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20

     10 01 22 * fanghi acquosi da operazioni di pulizia di caldaie, contenenti sostanze pericolose

     10 01 23 fanghi acquosi da operazioni di pulizia di caldaie, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 22

     10 01 24 sabbie dei reattori a letto fluidizzato

     10 01 25 rifiuti dell'immagazzinamento e della preparazione del combustibile delle centrali termoelettriche a carbone

     10 01 26 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento

     10 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 02 rifiuti dell'industria siderurgica

     10 02 01 rifiuti del trattamento delle scorie

     10 02 02 scorie non trattate

     10 02 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 02 08 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 07

     10 02 10 scaglie di laminazione

     10 02 11 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 02 12 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 11

     10 02 13 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 02 14 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 13

     10 02 15 altri fanghi e residui di filtrazione

     10 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 03 rifiuti della metallurgia termica dell'alluminio

     10 03 02 frammenti di anodi

     10 03 04 * scorie della produzione primaria

     10 03 05 rifiuti di allumina

     10 03 08 * scorie saline della produzione secondaria

     10 03 09 * scorie nere della produzione secondaria

     10 03 15 * schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose

     10 03 16 schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 03 15

     10 03 17 * rifiuti contenenti catrame derivanti dalla produzione di anodi

     10 03 18 rifiuti contenenti carbonio derivanti dalla produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 17

     10 03 19 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose

     10 03 20 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 03 19

     10 03 21 * altre polveri e particolati (compresi quelli prodotti da mulini a palle), contenenti sostanze pericolose

     10 03 22 altre polveri e particolati (compresi quelli prodotti da mulini a palle), diverse da quelle di cui alla voce 10 03 21

     10 03 23 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 03 24 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 23

     10 03 25 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 03 26 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 25

     10 03 27 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 03 28 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 27

     10 03 29 * rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, contenenti sostanze pericolose

     10 03 30 rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 29

     10 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 04 rifiuti della metallurgia termica del piombo

     10 04 01 * scorie della produzione primaria e secondaria

     10 04 02 * scorie e schiumature della produzione primaria e secondaria

     10 04 03 * arsenato di calcio

     10 04 04 * polveri dei gas di combustione

     10 04 05 * altre polveri e particolato

     10 04 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi

     10 04 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     10 04 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 04 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 04 09

     10 04 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 05 rifiuti della metallurgia termica dello zinco

     10 05 01 scorie della produzione primaria e secondaria

     10 05 03 * polveri dei gas di combustione

     10 05 04 altre polveri e particolato

     10 05 05 * rifiuti solidi derivanti dal trattamento dei fumi

     10 05 06 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     10 05 08 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 05 09 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 05 08

     10 05 10 * scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose

     10 05 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 05 10

     10 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 06 rifiuti della metallurgia termica del rame

     10 06 01 scorie della produzione primaria e secondaria

     10 06 02 scorie e schiumature della produzione primaria e secondaria

     10 06 03 * polveri dei gas di combustione

     10 06 04 altre polveri e particolato

     10 06 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi

     10 06 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     10 06 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 06 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 06 09

     10 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 07 rifiuti della metallurgia termica di argento, oro e platino

     10 07 01 scorie della produzione primaria e secondaria

     10 07 02 scorie e schiumature della produzione primaria e secondaria

     10 07 03 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi

     10 07 04 altre polveri e particolato

     10 07 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     10 07 07 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 07 08 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 07 07

     10 07 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 08 rifiuti della metallurgia termica di altri minerali non ferrosi

     10 08 04 polveri e particolato

     10 08 08 * scorie saline della produzione primaria e secondaria

     10 08 09 altre scorie

     10 08 10 * scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose

     10 08 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 08 10

     10 08 12 * rifiuti contenenti catrame derivante dalla produzione degli anodi

     10 08 13 rifiuti contenenti carbonio della produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 12

     10 08 14 frammenti di anodi

     10 08 15 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose

     10 08 16 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 08 15

     10 08 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 08 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 17

     10 08 19 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli

     10 08 20 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 19

     10 08 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 09 rifiuti della fusione di materiali ferrosi

     10 09 03 scorie di fusione

     10 09 05 * forme e anime da fonderia inutilizzate, contenenti sostanze pericolose

     10 09 06 forme e anime da fonderia inutilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 05

     10 09 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose

     10 09 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 07

     10 09 09 * polveri dei gas di combustione contenenti sostanze pericolose

     10 09 10 polveri dei gas di combustione diverse, da quelle di cui alla voce 10 09 09

     10 09 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose

     10 09 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 09 11

     10 09 13 * scarti di leganti contenenti sostanze pericolose

     10 09 14 scarti di leganti diversi da quelli di cui alla voce 10 09 13

     10 09 15 * scarti di rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose

     10 09 16 scarti di rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 09 15

     10 09 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 10 rifiuti della fusione di materiali non ferrosi

     10 10 03 scorie di fusione

     10 10 05 * forme e anime da fonderia inutilizzate, contenenti sostanze pericolose

     10 10 06 forme e anime da fonderia inutilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 05

     10 10 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose

     10 10 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 07

     10 10 09 * polveri di gas di combustione, contenenti sostanze pericolose

     10 10 10 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 09

     10 10 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose

     10 10 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 10 11

     10 10 13 * scarti di leganti contenenti sostanze pericolose

     10 10 14 scarti di leganti diversi da quelli di cui alla voce 10 10 13

     10 10 15 * scarti di rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose

     10 10 16 scarti di rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 10 15

     10 10 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 11 rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro

     10 11 03 scarti di materiali in fibra a base di vetro

     10 11 05 polveri e particolato

     10 11 09 * residui di miscela di preparazione non sottoposti a trattamento termico, contenenti sostanze pericolose

     10 11 10 residui di miscela di preparazione non sottoposti a trattamento termico, diverse da quelle di cui alla voce 10 11 09

     10 11 11 * rifiuti di vetro in forma di particolato e polveri di vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad esempio da tubi a raggi catodici)

     10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11

     10 11 13 * fanghi provenienti dalla lucidatura e dalla macinazione del vetro, contenenti sostanze pericolose

     10 11 14 fanghi provenienti dalla lucidatura e dalla macinazione del vetro, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 13

     10 11 15 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento di fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 11 16 rifiuti prodotti dal trattamento di fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 15

     10 11 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento di fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 11 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento di fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 17

     10 11 19 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     10 11 20 rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 19

     10 11 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 12 rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione

     10 12 01 residui di miscela non sottoposti a trattamento termico

     10 12 03 polveri e particolato

     10 12 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     10 12 06 stampi di scarto

     10 12 08 scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico)

     10 12 09 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 12 10 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 12 09

     10 12 11 * rifiuti delle operazioni di smaltatura, contenenti metalli pesanti

     10 12 12 rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da quelli di cui alla voce 10 12 11

     10 12 13 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti

     10 12 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 13 rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e manufatti di tali materiali

     10 13 01 residui di miscela non sottoposti a trattamento termico

     10 13 04 rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce

     10 13 06 polveri e particolato (eccetto quelli delle voci 10 13 12 e 10 13 13)

     10 13 07 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     10 13 09 * rifiuti della fabbricazione di cemento-amianto, contenenti amianto

     10 13 10 rifiuti della fabbricazione di cemento-amianto, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 09

     10 13 11 rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10

     10 13 12 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose

     10 13 13 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 12

     10 13 14 rifiuti e fanghi di cemento

     10 13 99 rifiuti non specificati altrimenti

     10 14 rifiuti prodotti dai forni crematori

     10 14 01 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti mercurio

     11 Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa

     11 01 rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e rivestimento di metalli (ad esempio, processi galvanici, zincatura, decappaggio, pulitura elettrolitica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione)

     11 01 05 * acidi di decappaggio

     11 01 06 * acidi non specificati altrimenti

     11 01 07 * basi di decappaggio

     11 01 08 * fanghi di fosfatazione

     11 01 09 * fanghi e residui di filtrazione, contenenti sostanze pericolose

     11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da quelli di cui alla voce 11 01 09

     11 01 11 * soluzioni acquose di lavaggio, contenenti sostanze pericolose

     11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da quelle di cui alla voce 11 01 11

     11 01 13 * rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze pericolose

     11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla voce 11 01 13

     11 01 15 * eluati e fanghi di sistemi a membrana o sistemi a scambio ionico, contenenti sostanze pericolose

     11 01 16 * resine a scambio ionico saturate o esaurite

     11 01 98 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose

     11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     11 02 rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di metalli non ferrosi

     11 02 02 * fanghi della lavorazione idrometallurgica dello zinco (compresi jarosite, goethite)

     11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi elettrolitici acquosi

     11 02 05 * rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, contenenti sostanze pericolose

     11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, diversi da quelli della voce 11 02 05

     11 02 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose

     11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     11 03 rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di rinvenimento

     11 03 01 * rifiuti contenenti cianuro

     11 03 02 * altri rifiuti

     11 05 rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione a caldo

     11 05 01 zinco solido

     11 05 02 ceneri di zinco

     11 05 03 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi

     11 05 04 * fondente esaurito

     11 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

     12 Rifiuti prodotti dalla sagomatura e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica

     12 01 rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica

     12 01 01 limatura e trucioli di metalli ferrosi

     12 01 02 polveri e particolato di metalli ferrosi

     12 01 03 limatura e trucioli di metalli non ferrosi

     12 01 04 polveri e particolato di metalli non ferrosi

     12 01 05 limatura e trucioli di materiali plastici

     12 01 06 * oli minerali per macchinari, contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni)

     12 01 07 * oli minerali per macchinari, non contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni)

     12 01 08 * emulsioni e soluzioni per macchinari, contenenti alogeni

     12 01 09 * emulsioni e soluzioni per macchinari, non contenenti alogeni

     12 01 10 * oli sintetici per macchinari

     12 01 12 * cere e grassi esauriti

     12 01 13 rifiuti di saldatura

     12 01 14 * fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose

     12 01 15 fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 14

     12 01 16 * residui di materiale di sabbiatura, contenente sostanze pericolose

     12 01 17 residui di materiale di sabbiatura, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 16

     12 01 18 * fanghi metallici (fanghi di rettifica, affilatura e lappatura) contenenti oli

     12 01 19 * oli per macchinari, facilmente biodegradabili

     12 01 20 * corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, contenenti sostanze pericolose

     12 01 21 corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 20

     12 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     12 03 rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad acqua e vapore (tranne 11)

     12 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio

     12 03 02 * rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a vapore

     13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19)

     13 01 scarti di oli per circuiti idraulici

     13 01 01 * oli per circuiti idraulici contenenti PCB

     13 01 04 * emulsioni clorurate

     13 01 05 * emulsioni non clorurate

     13 01 09 * oli minerali per circuiti idraulici, clorurati

     13 01 10 * oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati

     13 01 11 * oli sintetici per circuiti idraulici

     13 01 12 * oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili

     13 01 13 * altri oli per circuiti idraulici

     13 02 scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli lubrificanti

     13 02 04 * oli minerali per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati

     13 02 05 * oli minerali per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati

     13 02 06 * oli sintetici per motori, ingranaggi e lubrificazione

     13 02 07 * oli per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente biodegradabili

     13 02 08 * altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione

     13 03 oli isolanti e oli termoconduttori usati

     13 03 01 * oli isolanti o oli termoconduttori, contenenti PCB

     13 03 06 * oli minerali isolanti e termoconduttori clorurati, diversi da quelli di cui alla voce 13 03 01

     13 03 07 * oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati

     13 03 08 * oli sintetici isolanti e oli termoconduttori

     13 03 09 * oli isolanti e oli termoconduttori, facilmente biodegradabili

     13 03 10 * altri oli isolanti e oli termoconduttori

     13 04 oli di sentina

     13 04 01 * oli di sentina da navigazione interna

     13 04 02 * oli di sentina derivanti dalle fognature dei moli

     13 04 03 * oli di sentina da un altro tipo di navigazione

     13 05 prodotti di separazione olio/acqua

     13 05 01 * rifiuti solidi delle camere a sabbia e di prodotti di separazione olio/acqua

     13 05 02 * fanghi di prodotti di separazione olio/acqua

     13 05 03 * fanghi da collettori

     13 05 06 * oli prodotti da separatori olio/acqua

     13 05 07 * acque oleose prodotte da separatori olio/acqua

     13 05 08 * miscugli di rifiuti prodotti da camere a sabbia e separatori olio/acqua

     13 07 residui di combustibili liquidi

     13 07 01 * olio combustibile e carburante diesel

     13 07 02 * benzina

     13 07 03 * altri carburanti (comprese le miscele)

     13 08 rifiuti di oli non specificati altrimenti

     13 08 01 * fanghi ed emulsioni da processi di dissalazione

     13 08 02 * altre emulsioni

     13 08 99 * rifiuti non specificati altrimenti

     14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07 e 08)

     14 06 rifiuti di solventi organici, refrigeranti e propellenti di schiuma/aerosol

     14 06 01 * clorofluorocarburi, HCFC, HFC

     14 06 02 * altri solventi e miscele di solventi, alogenati

     14 06 03 * altri solventi e miscele di solventi

     14 06 04 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati

     14 06 05 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri solventi

     15 Rifiuti di imballaggio; assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)

     15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di raccolta differenziata)

     15 01 01 imballaggi di carta e cartone

     15 01 02 imballaggi di plastica

     15 01 03 imballaggi in legno

     15 01 04 imballaggi metallici

     15 01 05 imballaggi compositi

     15 01 06 imballaggi in materiali misti

     15 01 07 imballaggi di vetro

     15 01 09 imballaggi in materia tessile

     15 01 10 * imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze

     15 01 11 * imballaggi metallici contenenti matrici solide porose pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori a pressione vuoti

     15 02 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi

     15 02 02 * assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose

     15 02 03 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02

     16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco

     16 01 veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione di veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08)

     16 01 03 pneumatici fuori uso

     16 01 04 * veicoli fuori uso

     16 01 06 veicoli fuori uso, non contenenti liquidi nè altre componenti pericolose

     16 01 07 * filtri dell'olio

     16 01 08 * componenti contenenti mercurio

     16 01 09 * componenti contenenti PCB

     16 01 10 * componenti esplosivi (ad esempio "air bag")

     16 01 11 * pastiglie per freni, contenenti amianto

     16 01 12 pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla voce 16 01 11

     16 01 13 * liquidi per freni

     16 01 14 * liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose

     16 01 15 liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14

     16 01 16 serbatoi per gas liquefatto

     16 01 17 metalli ferrosi

     16 01 18 metalli non ferrosi

     16 01 19 plastica

     16 01 20 vetro

     16 01 21 * componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14

     16 01 22 componenti non specificati altrimenti

     16 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     16 02 rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche

     16 02 09 * trasformatori e condensatori contenenti PCB

     16 02 10 * apparecchiature fuori uso contenenti PCB o da essi contaminate, diverse da quelle di cui alla voce 16 02 09

     16 02 11 * apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi, HCFC, HFC

     16 02 12 * apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre libere

     16 02 13 * apparecchiature fuori uso, contenenti componenti pericolosi (1) diversi da quelli di cui alle voci 16 02 09 e 16 02 12

(1) Fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche possono rientrare gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06, contrassegnati come pericolosi; commutatori a mercurio, vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi ecc.

 

     16 02 14 apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci da 16 02 09 a 16 02 13

     16 02 15 * componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso

     16 02 16 componenti rimossi da apparecchiature fuori uso diversi da quelli di cui alla voce 16 02 15

     16 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati

     16 03 03 * rifiuti inorganici contenenti sostanze pericolose

     16 03 04 rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 03

     16 03 05 * rifiuti organici contenenti sostanze pericolose

     16 03 06 rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 05

     16 03 07* mercurio metallico

     16 04 esplosivi di scarto

     16 04 01 * munizioni di scarto

     16 04 02 * fuochi artificiali di scarto

     16 04 03 * altri esplosivi di scarto

     16 05 gas in contenitori a pressione e sostanze chimiche di scarto

     16 05 04 * gas in contenitori a pressione (compresi gli halon), contenenti sostanze pericolose

     16 05 05 gas in contenitori a pressione, diversi da quelli di cui alla voce 16 05 04

     16 05 06 * sostanze chimiche di laboratorio contenenti o costituite da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di laboratorio

     16 05 07 * sostanze chimiche inorganiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose

     16 05 08 * sostanze chimiche organiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose

     16 05 09 sostanze chimiche di scarto diverse da quelle di cui alle voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05 08

     16 06 batterie ed accumulatori

     16 06 01 * batterie al piombo

     16 06 02 * batterie al nichel-cadmio

     16 06 03 * batterie contenenti mercurio

     16 06 04 batterie alcaline (tranne 16 06 03)

     16 06 05 altre batterie ed accumulatori

     16 06 06 * elettroliti di batterie ed accumulatori, oggetto di raccolta differenziata

     16 07 rifiuti della pulizia di serbatoi e di fusti per trasporto e stoccaggio (tranne 05 e 13)

     16 07 08 * rifiuti contenenti oli

     16 07 09 * rifiuti contenenti altre sostanze pericolose

     16 07 99 rifiuti non specificati altrimenti

     16 08 catalizzatori esauriti

     16 08 01 catalizzatori esauriti contenenti oro, argento, renio, rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07)

     16 08 02* catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione pericolosi o composti di metalli di transizione pericolosi

     16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione o composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti

     16 08 04 catalizzatori liquidi esauriti per il cracking catalitico (tranne 16 08 07)

     16 08 05 * catalizzatori esauriti contenenti acido fosforico

     16 08 06 * liquidi esauriti usati come catalizzatori

     16 08 07 * catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose

     16 09 sostanze ossidanti

     16 09 01 * permanganati, ad esempio permanganato di potassio

     16 09 02 * cromati, ad esempio cromato di potassio, dicromato di potassio o di sodio

     16 09 03 * perossidi, ad esempio perossido d'idrogeno

     16 09 04 * sostanze ossidanti non specificate altrimenti

     16 10 rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito

     16 10 01 * rifiuti liquidi acquosi, contenenti sostanze pericolose

     16 10 02 rifiuti liquidi acquosi, diversi da quelle di cui alla voce 16 10 01

     16 10 03 * concentrati acquosi, contenenti sostanze pericolose

     16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui alla voce 16 10 03

     16 11 rifiuti di rivestimenti e materiali refrattari

     16 11 01 * rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti da processi metallurgici, contenenti sostanze pericolose

     16 11 02 rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 01

     16 11 03 * altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti da processi metallurgici, contenenti sostanze pericolose

     16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti da processi metallurgici, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 03

     16 11 05 * rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, contenenti sostanze pericolose

     16 11 06 rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 05

     17 Rifiuti dalle attività di costruzione e demolizione (compreso il terreno prelevato da siti contaminati

     17 01 cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche

     17 01 01 cemento

     17 01 02 mattoni

     17 01 03 mattonelle e ceramiche

     17 01 06 * miscugli o frazioni separate di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, contenenti sostanze pericolose

     17 01 07 miscugli di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diversi da quelle di cui alla voce 17 01 06

     17 02 legno, vetro e plastica

     17 02 01 legno

     17 02 02 vetro

     17 02 03 plastica

     17 02 04 * vetro, plastica e legno contenenti sostanze pericolose o da esse contaminati

     17 03 miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame

     17 03 01 * miscele bituminose contenenti catrame di carbone

     17 03 02 miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03 01

     17 03 03 * catrame di carbone e prodotti contenenti catrame

     17 04 metalli (incluse le loro leghe)

     17 04 01 rame, bronzo, ottone

     17 04 02 alluminio

     17 04 03 piombo

     17 04 04 zinco

     17 04 05 ferro e acciaio

     17 04 06 stagno

     17 04 07 metalli misti

     17 04 09 * rifiuti metallici contaminati da sostanze pericolose

     17 04 10 * cavi impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose

     17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10

     17 05 terra (compresa quella proveniente da siti contaminati), rocce e materiale di dragaggio

     17 05 03 * terra e rocce, contenenti sostanze pericolose

     17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03

     17 05 05 * materiale di dragaggio, contenente sostanze pericolose

     17 05 06 materiale di dragaggio, diverso da quello di cui alla voce 17 05 05

     17 05 07 * pietrisco per massicciate ferroviarie, contenente sostanze pericolose

     17 05 08 pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 17 05 07

     17 06 materiali isolanti e materiali da costruzione contenenti amianto

     17 06 01 * materiali isolanti, contenenti amianto

     17 06 03 * altri materiali isolanti contenenti o costituiti da sostanze pericolose

     17 06 04 materiali isolanti, diversi da quelli di cui alle voci 17 06 01 e 17 06 03

     17 06 05 * materiali da costruzione contenenti amianto

     17 08 materiali da costruzione a base di gesso

     17 08 01 * materiali da costruzione a base di gesso contaminati da sostanze pericolose

     17 08 02 materiali da costruzione a base di gesso, diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01

     17 09 altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione

     17 09 01 * rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti mercurio

     17 09 02 * rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti PCB (ad esempio sigillanti contenenti PCB, pavimentazioni a base di resina contenenti PCB, elementi stagni in vetro contenenti PCB, condensatori contenenti PCB)

     17 09 03 * altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione (compresi rifiuti misti) contenenti sostanze pericolose

     17 09 04 rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03

     18 Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico)

     18 01 rifiuti dei reparti di maternità e rifiuti legati a diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani

     18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03)

     18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche per il plasma e le riserve di sangue (tranne 18 01 03)

     18 01 03 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni

     18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici)

     18 01 06 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose

     18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 01 06

     18 01 08 * medicinali citotossici e citostatici

     18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 01 08

     18 01 10 * rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici

     18 02 Rifiuti legati alle attività di ricerca, diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli animali

     18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02)

     18 02 02 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni

     18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni

     18 02 05 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose

     18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 02 05

     18 02 07 * medicinali citotossici e citostatici

     18 02 08 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07

     19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonchè dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso industriale

     19 01 rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti

     19 01 02 materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti

     19 01 05 * residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi

     19 01 06 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei fumi e altri rifiuti liquidi acquosi

     19 01 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi

     19 01 10 * carbone attivo esaurito, prodotto dal trattamento dei fumi

     19 01 11 * ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose

     19 01 12 ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 11

     19 01 13 * ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose

     19 01 14 ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13

     19 01 15 * polveri di caldaia, contenenti sostanze pericolose

     19 01 16 polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 15

     19 01 17 * rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pericolose

     19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla voce 19 01 17

     19 01 19 sabbie dei reattori a letto fluidizzato

     19 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 02 Rifiuti prodotti da trattamenti chimico-fisici di rifiuti (comprese decromatazione, decianizzazione, neutralizzazione)

     19 02 03 rifiuti premiscelati composti esclusivamente da rifiuti non pericolosi

     19 02 04 * rifiuti premiscelati contenenti almeno un rifiuto pericoloso

     19 02 05 * fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose

     19 02 06 fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da quelli di cui alla voce 19 02 05

     19 02 07 * oli e concentrati prodotti da processi di separazione

     19 02 08 * rifiuti combustibili liquidi, contenenti sostanze pericolose

     19 02 09 * rifiuti combustibili solidi, contenenti sostanze pericolose

     19 02 10 rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle voci 19 02 08 e 19 02 09

     19 02 11 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose

     19 02 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 03 Rifiuti stabilizzati/solidificati

     19 03 04 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente stabilizzati diversi da quelli di cui al punto 19 03 08

     19 03 05 rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 04

     19 03 06 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati

     19 03 07 rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 06

     19 03 08* mercurio parzialmente stabilizzato

     19 04 Rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione

     19 04 01 rifiuti vetrificati

     19 04 02 * ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi

     19 04 03 * fase solida non vetrificata

     19 04 04 rifiuti liquidi acquosi prodotti dalla tempra di rifiuti vetrificati

     19 05 rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi

     19 05 01 parte di rifiuti urbani e simili non compostata

     19 05 02 parte di rifiuti animali e vegetali non compostata

     19 05 03 compost fuori specifica

     19 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 06 Rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei rifiuti

     19 06 03 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani

     19 06 04 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani

     19 06 05 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale

     19 06 06 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale

     19 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 07 Percolato di discarica

     19 07 02 * percolato di discarica, contenente sostanze pericolose

     19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 19 07 02

     19 08 Rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non specificati altrimenti

     19 08 01 residui di vagliatura

     19 08 02 rifiuti da dissabbiamento

     19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane

     19 08 06 * resine a scambio ionico saturate o esaurite

     19 08 07 * soluzioni e fanghi di rigenerazione degli scambiatori di ioni

     19 08 08 * rifiuti prodotti da sistemi a membrana, contenenti sostanze pericolose

     19 08 09 miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, contenenti esclusivamente oli e grassi commestibili

     19 08 10 * miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09

     19 08 11 * fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, contenenti sostanze pericolose

     19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11

     19 08 13 * fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali

     19 08 14 fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13

     19 08 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 09 Rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell'acqua o dalla sua preparazione per uso industriale

     19 09 01 rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione e vaglio primari

     19 09 02 fanghi prodotti dai processi di chiarificazione dell'acqua

     19 09 03 fanghi prodotti dai processi di decarbonatazione

     19 09 04 carbone attivo esaurito

     19 09 05 resine a scambio ionico saturate o esaurite

     19 09 06 soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico

     19 09 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 10 Rifiuti prodotti da operazioni di frantumazione di rifiuti contenenti metallo

     19 10 01 rifiuti di ferro e acciaio

     19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi

     19 10 03 * fluff - frazione leggera e polveri, contenenti sostanze pericolose

     19 10 04 fluff - frazione leggera e polveri, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 03

     19 10 05 * altre frazioni, contenenti sostanze pericolose

     19 10 06 altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 05

     19 11 Rifiuti prodotti dalla rigenerazione degli oli

     19 11 01 * filtri di argilla esauriti

     19 11 02 * catrami acidi

     19 11 03 * rifiuti liquidi acquosi

     19 11 04 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite basi

     19 11 05 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

     19 11 06 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 19 11 05

     19 11 07 * rifiuti prodotti dalla depurazione di fumi

     19 11 99 rifiuti non specificati altrimenti

     19 12 Rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (ad esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti

     19 12 01 carta e cartone

     19 12 02 metalli ferrosi

     19 12 03 metalli non ferrosi

     19 12 04 plastica e gomma

     19 12 05 vetro

     19 12 06 * legno, contenente sostanze pericolose

     19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06

     19 12 08 prodotti tessili

     19 12 09 minerali (ad esempio sabbia, rocce)

     19 12 10 rifiuti combustibili (combustibile da rifiuti)

     19 12 11 * altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose

     19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11

     19 13 Rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e risanamento delle acque di falda

     19 13 01 * rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose

     19 13 02 rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 01

     19 13 03 * fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose

     19 13 04 fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 03

     19 13 05 * fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose

     19 13 06 fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 05

     19 13 07 * rifiuti liquidi acquosi e rifiuti concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose

     19 13 08 rifiuti liquidi acquosi e rifiuti concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 07

     20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonchè dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata

     20 01 frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01)

     20 01 01 carta e cartone

     20 01 02 vetro

     20 01 08 rifiuti biodegradabili di cucine e mense

     20 01 10 abbigliamento

     20 01 11 prodotti tessili

     20 01 13 * solventi

     20 01 14 * acidi

     20 01 15 * sostanze alcaline

     20 01 17 * prodotti fotochimici

     20 01 19 * pesticidi

     20 01 21 * tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio

     20 01 23 * apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi

     20 01 25 oli e grassi commestibili

     20 01 26 * oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20 01 25

     20 01 27 * vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti sostanze pericolose

     20 01 28 vernici, inchiostri, adesivi e resine, diversi da quelli di cui alla voce 20 01 27

     20 01 29 * detergenti, contenenti sostanze pericolose

     20 01 30 detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20 01 29

     20 01 31 * medicinali citotossici e citostatici

     20 01 32 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20 01 31

     20 01 33 * batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06 01, 16 06 02 e 16 06 03, nonchè batterie e accumulatori non suddivisi contenenti tali batterie

     20 01 34 batterie e accumulatori, diversi da quelli di cui alla voce 20 01 33

     20 01 35 * apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alla voce 20

     01 21 e 20 01 23, contenenti componenti pericolosi (2)

(2) Fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche possono rientrare gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06, contrassegnati come pericolosi; commutatori a mercurio, vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi ecc.

 

     20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35

     20 01 37 * legno contenente sostanze pericolose

     20 01 38 legno diverso da quello di cui alla voce 20 01 37

     20 01 39 plastica

     20 01 40 metalli

     20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e ciminiere

     20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti

     20 02 Rifiuti prodotti da giardini e parchi (inclusi i rifiuti provenienti da cimiteri)

     20 02 01 rifiuti biodegradabili

     20 02 02 terra e roccia

     20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili

     20 03 Altri rifiuti urbani

     20 03 01 rifiuti urbani non differenziati

     20 03 02 rifiuti dei mercati

     20 03 03 residui della pulizia stradale

     20 03 04 fanghi delle fosse settiche

     20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature

     20 03 07 rifiuti ingombranti

     20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti.

 

ALLEGATO E [1561]

1) Obiettivi di recupero e di riciclaggio

Entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60% in peso dei rifiuti di imballaggio sarà recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero di energia;

entro il 31 dicembre 2008 sarà riciclato almeno il 55% e fino all'80% in peso dei rifiuti di imballaggio; entro il 31 dicembre 2008 saranno raggiunti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio per i materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio:

60% in peso per il vetro;

60% in peso per la carta e il cartone;

50% in peso per i metalli;

26% in peso per la plastica, tenuto conto esclusivamente dei materiali riciclati sottoforma di plastica;

35% in peso per il legno.

Entro il 31 dicembre 2025 almeno il 65% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio sarà riciclato entro il 31 dicembre 2025, saranno conseguiti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio, in termini di peso, per quanto concerne i seguenti materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio:

     50% per la plastica;

     25% per il legno;

     70% per i metalli ferrosi;

     50% per l'alluminio;

     70% per il vetro;

     75% per la carta e il cartone;

     entro il 31 dicembre 2030 almeno il 70% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio sarà riciclato;

     entro il 31 dicembre 2030, saranno conseguiti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio, in termini di peso, per quanto concerne i seguenti materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio:

     55% per la plastica;

     30% per il legno;

     80% per i metalli ferrosi;

     60% per l'alluminio;

     75% per il vetro;

     85% per la carta e il cartone.

     Il calcolo del livello rettificato, di cui all'articolo 219, comma 5-bis, è effettuato come segue:

     sottraendo dagli obiettivi di riciclaggio relativi a tutti i rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, la quota media, nei tre anni precedenti, di imballaggi riutilizzabili e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi, rispetto alla totalità degli imballaggi per la vendita immessi sul mercato;

     sottraendo dagli obiettivi di riciclaggio relativi ai materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, la medesima quota media nei tre anni precedenti, di imballaggi riutilizzabili e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi di cui sopra costituiti dal rispettivo materiale di imballaggio, rispetto alla totalità degli imballaggi per la vendita, costituiti da tale materiale, immessi sul mercato.

     Non si tengono in considerazione più di cinque punti percentuali di tale quota ai fini del calcolo del corrispondente livello rettificato degli obiettivi.

     Ai fini del calcolo degli obiettivi di riciclaggio di cui al presente allegato, relativi a tutti i rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, nonchè di quelli relativi al legno contenuto nei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, possono essere prese in considerazione le quantità di imballaggi in legno riparati per il riutilizzo.

 

2) Criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della Direttiva 2004/12/CE

i) Sono considerati imballaggi gli articoli che rientrano nella definizione di cui sopra, fatte salve altre possibili funzioni dell'imballaggio, a meno che tali articoli non siano parti integranti di un prodotto e siano necessari per contenere, sostenere o preservare tale prodotto per tutto il suo ciclo di vita e tutti gli elementi siano destinati ad essere utilizzati, consumati o eliminati insieme;

ii) sono considerati imballaggi gli articoli progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita e gli elementi usa e getta venduti, riempiti o progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita, a condizione che svolgano una funzione di imballaggio;

iii) i componenti dell'imballaggio e gli elementi accessori integrati nell'imballaggio sono considerati parti integranti dello stesso. Gli elementi accessori direttamente fissati o attaccati al prodotto e che svolgono funzioni di imballaggio sono considerati imballaggio a meno che non siano parte integrante del prodotto e tutti gli elementi siano destinati ad essere consumati o eliminati insieme. Esempi illustrativi per i criteri sopra citati sono:

 

     Esempi illustrativi per il criterio i).

     Articoli considerati imballaggio.

     Scatole per dolci.

     Pellicola che ricopre le custodie di CD.

     Buste a sacco per l'invio di cataloghi e riviste (contenenti riviste).

     Pizzi per torte venduti con le torte.

     Rotoli, tubi e cilindri sui quali è avvolto materiale flessibile (come ad esempio pellicola, fogli di alluminio, carta), eccetto i rotoli, i tubi e i cilindri che sono parti di macchinari di produzione e non sono utilizzati per presentare un prodotto come un'unità di vendita.

     Vasi da fiori da usare solo per la vendita e il trasporto di piante e non destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.

     Bottiglie di vetro per soluzioni iniettabili.

     Spine di contenimento per CD (spindle) (vendute con i CD, non destinate ad essere usate per riporli).

     Grucce per indumenti (vendute con un indumento).

     Scatole di fiammiferi.

     Sistemi di barriera sterili (involucri, vassoi e materiali necessari per preservare la sterilità del prodotto).

     Capsule per sistemi erogatori di bevande (caffè, cioccolata e latte) che sono lasciate vuote dopo l'uso.

     Recipienti di acciaio ricaricabili per gas di vario tipo, esclusi gli estintori.  Articoli non considerati imballaggio.

     Vasi da fiori destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.

     Cassette di attrezzi.

     Bustine da tè.

     Rivestimenti di cera dei formaggi.

     Budelli per salsicce.

     Grucce per indumenti (vendute separatamente).

     Capsule per sistemi erogatori di caffè, sacchetti di alluminio per caffè e bustine di carta per caffè filtro che si gettano insieme al caffè usato.

     Cartucce per stampanti.

     Custodie per CD, DVD e videocassette (vendute insieme ai CD, DVD e alle videocassette).

     Spine di contenimento per CD (spindle) (venduti vuoti, destinati ad essere usati per custodire i CD).

     Bustine solubili per detersivi.

     Lumini per tombe (contenitori per candele).

     Macinini meccanici (integrati in recipienti ricaricabili, ed es. macinapepe ricaricabile).

 

     Esempi illustrativi per il criterio ii).

     Articoli da imballaggio progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita.

     Sacchetti o borse di carta o di plastica.

     Piatti e tazze monouso.

     Pellicola retrattile.

     Sacchetti per panini.

     Fogli di alluminio.

     Pellicola di plastica per gli indumenti lavati nelle lavanderie.

     Articoli non considerati imballaggio.

     Agitatori.

     Posate monouso.

     Carta da imballaggio (venduta separatamente).

     Forme di carta per prodotti da forno (vendute vuote).

     Pizzi per torte venduti senza le torte.

 

     Esempi illustrativi per il criterio iii).

     Articoli considerati imballaggio.

     Etichette fissate direttamente o apposte sul prodotto.

     Articoli considerati parti di imballaggio.

     Spazzolini per mascara che fanno parte integrante della chiusura dei recipienti.

     Etichette adesive apposte su un altro articolo di imballaggio.

     Graffette.

     Fascette di plastica.

     Dispositivo di dosaggio che fa parte integrante della chiusura della confezione dei detersivi.

     Macinini meccanici (integrati in recipienti non ricaricabili, riempiti con un prodotto, ed es. macinapepe contenente pepe).

     Articoli non considerati imballaggio.

     Etichette di identificazione a radiofrequenza (RIFID)

 

ALLEGATO F [1562]

Criteri da applicarsi sino all'entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 226, comma 3.

     Requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi:

     gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore;

     gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne il reimpiego riutilizzo o il recupero, compreso il riciclaggio, in linea con la gerarchia dei rifiuti, e da ridurne al minimo l'impatto sull'ambiente derivante dallo smaltimento dei rifiuti di imballaggio o dei residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio;

     gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale di imballaggio o di qualsiasi componente dell'imballaggio sia limitata al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione se gli imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati.

     Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio. I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente:

     1) le proprietà fisiche e le caratteristiche dell'imballaggio devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di impiego normalmente prevedibili;

     2) possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori;

     3) osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se l'imballaggio non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto;

     Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio:

     a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale:

     l'imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio di una determinata percentuale in peso dei materiali usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore nella Unione europea. La determinazione di tale percentuale può variare a seconda del tipo di materiale che costituisce l'imballaggio;

     b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero energetico. I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono avere un valore calorifico minimo inferiore per permettere di ottimizzare il recupero energetico;

     c) Imballaggi recuperabili sotto forma di compost:

     i rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata differenziata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti.

     d) Imballaggi biodegradabili:

     i rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua. Gli imballaggi oxodegradabili in plastica non sono considerati biodegradabili.

 

ALLEGATO G [1563]

Categorie o tipi generici di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all'attività che li ha prodotti (I rifiuti

possono presentarsi sotto forma di liquido, di solido o di fango) (*)

Allegato G.1

Rifiuti che presentano una qualsiasi delle caratteristiche elencate nell'allegato I e che consistono in:

1. Sostanze anatomiche: rifiuti di ospedali o provenienti da altre attività mediche

2. Prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari

3. Prodotti per la protezione del legno

4. Biocidi e prodotti fitosanitari

5. Residui di prodotti utilizzati come solventi

6. Sostanze organiche alogenate non utilizzate come solventi, escluse le sostanze polimerizzate inerti

7. Sali per rinvenimento contenenti cianuri

8. Oli e sostanze oleose minerali (ad esempio fanghi di lavorazione, ecc.)

9. Miscugli olio/acqua o idrocarburo/acqua, emulsioni

10. Sostanze contenenti PCB e/o PCT (ad esempio isolanti elettrici, ecc.)

11. Sostanze bituminose provenienti da operazioni di raffinazione, distillazione o pirolisi (ad esempio residui di

distillazione, ecc.)

12. Inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche, vernici

13. Resine, lattici, plastificanti, colle/adesivi

14. Sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui

effetti sull'uomo e/o sull'ambiente non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio, ecc.)

15. Prodotti pirotecnici e altre sostanze esplosive

16. Prodotti di laboratori fotografici

17. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorurati.

18. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia delle dibenzoparadiossine policlorurate.

Allegato G.2

Rifiuti contenenti uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato H, aventi una delle caratteristiche elencate

nell'allegato I e consistenti in:

19. Saponi, corpi grassi, cere di origine animale o vegetale

20. Sostanze organiche non alogenate non utilizzate come solventi

21. Sostanze inorganiche senza metalli né composti metallici

22. Scorie e/o ceneri

23. Terre, argille o sabbie, compresi i fanghi di dragaggio

24. Sali per rinvenimento non contenenti cianuri

25. Polveri metalliche

26. Materiali catalitici usati

27. Liquidi o fanghi contenenti metalli o composti metallici

28. Rifiuti provenienti da trattamenti disinquinanti (ad esempio: polveri di filtri dell'aria, ecc.) salvo quelli previsti ai

punti 29, 30 e 33

29. Fanghi provenienti dal lavaggio di gas

30. Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell'acqua

31. Residui di decarbonazione

32. Residui di colonne scambiatrici di ioni

33. Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura

34. Residui della pulitura di cisterne e/o di materiale

35. Materiale contaminato

36. Recipienti contaminati (ad esempio: imballaggi, bombole di gas, ecc.) che abbiano contenuto uno o più dei

costituenti elencati nell'allegato H

37. Accumulatori e pile elettriche

38. Oli vegetali

39. Oggetti provenienti da una raccolta selettiva di rifiuti domestici e aventi una delle caratteristiche elencate

nell'allegato I

40. Qualunque altro rifiuto contenente uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato H e aventi una delle

caratteristiche elencate nell'allegato I.

(*) alcune ripetizioni rispetto alle voci dell’allegato H sono fatte intenzionalmente.

 

ALLEGATO H [1564]

Costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell'allegato G.2 quando tali rifiuti possiedono le caratteristiche dell'allegato I

:

C1 Berillio, composti del berillio

C2 Composti del vanadio

C3 Composti del cromo esavalente

C4 Composti del cobalto

C5 Composti del nichel

C6 Composti del rame

C7 Composti dello zinco

C8 Arsenico, composti dell'arsenico

C9 Selenio, composti del selenio

C10 Composti dell'argento

C11 Cadmio, composti del cadmio

C12 Composti dello stagno

C13 Antimonio, composti dell'antimonio

C14 Tellurio, composti del tellurio

C15 Composti del bario, ad eccezione del solfato di bario

C16 Mercurio, composti del mercurio

C17 Tallio, composti del tallio

C18 Piombo, composti del piombo

C19 Solfuri inorganici

C20 Composti inorganici del fluoro, escluso il fluoruro di calcio

C21 Cianuri inorganici

C22 I seguenti metalli alcalini o alcalino-terrosi: litio, sodio, potassio, calcio, magnesio sotto forma non combinata

C23 Soluzioni acide o acidi sotto forma solida

C24 Soluzioni basiche o basi sotto forma solida

C25 Amianto (polvere e fibre)

C26 Fosforo, composti del fosforo esclusi i fosfati minerali

C27 Metallocarbonili

Rifiuti aventi come costituenti:

C28 Perossidi

C29 Clorati

C30 Perclorati

C31 Azoturi

C32 PCB e/o PCT

C33 Composti farmaceutici o veterinari

C34 Biocidi e sostanze fitosanitarie (ad esempio antiparassitari, ecc.)

C35 Sostanze infettive

C36 Oli di creosoto

C37 Isocianati, tiocianati

C38 Cianuri organici (ad esempio: nitrilli, ecc.)

C39 Fenoli, composti fenolati

C40 Solventi alogenati

C41 Solventi organici, esclusi i solventi alogenati

C42 Composti organo-alogenati, escluse le sostanze polimerizzate inerti e le altre sostanze indicate nel presente allegato

C43 Composti aromatici, composti organici policiclici ed eterociclici

C44 Ammine alifatiche

C45 Ammine aromatiche

C46 Eteri

C47 Sostanze di carattere esplosivo, escluse le sostanze indicate in altri punti del presente allegato

C48 Composti organici dello zolfo

C49 Qualsiasi prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorati

C50 Qualsiasi prodotto della famiglia delle dibenzo-paradiossine policlorate

C51 Idrocarburi e loro composti ossigenati azotati e/o solforati non altrimenti indicati nel presente allegato.

 

     ALLEGATO I [1565]

 

     Caratteristiche di pericolo per i rifiuti

     H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene;

     H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica;

     H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati:

     - liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21° C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o - che a contatto con l'aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o

     - solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l'allontanamento della sorgente di accensione, o

     - gassosi che si infiammano a contatto con l'aria a pressione normale,

     o

     - che, a contatto con l'acqua o l'aria umida, sprigionano gas facilmente

     infiammabili in quantità pericolose;

     H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21° C e inferiore o pari a 55° C;

     H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria;

     H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata;

     H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte;

     H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l'incidenza;

     H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un'azione distruttiva;

     H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell'uomo o in altri organismi viventi;

     H10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza;

     H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l'incidenza;

     H12 Rifiuti che, a contatto con l'acqua, l'aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico;

     H13 «Sensibilizzanti»

     : sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici;

     H14 «Ecotossico»: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.

     H15 Rifiuti suscettibili, dopo l'eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un'altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate.

     Note

     1. L'attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» «cancerogeno», «tossico per la riproduzione», «mutageno» ed «ecotossico» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'allegato VI, parte I.A e parte II.B della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 e successive modifiche e integrazioni, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose.

     2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi.

     Metodi di prova:

     I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell'allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

     -----  Se disponibili metodi di prova.

 

 

     ALLEGATO L [1566]

 

     Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti

     Misure che possono incidere sulle condizioni generali relative alla produzione di rifiuti

     1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri strumenti economici che promuovono l'uso efficiente delle risorse.

     2. Promozione di attività di ricerca e sviluppo finalizzate a realizzare prodotti e tecnologie più puliti e capaci di generare meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei risultati di tali attività.

     3. Elaborazione di indicatori efficaci e significativi delle pressioni ambientali associate alla produzione di rifiuti volti a contribuire alla prevenzione della produzione di rifiuti a tutti i livelli, dalla comparazione di prodotti a livello comunitario attraverso interventi delle autorità locali fino a misure nazionali.

     Misure che possono incidere sulla fase di progettazione e produzione e di distribuzione

     4. Promozione della progettazione ecologica (cioè l'integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto al fine di migliorarne le prestazioni ambientali nel corso dell'intero ciclo di vita).

     5. Diffusione di informazioni sulle tecniche di prevenzione dei rifiuti al fine di agevolare l'applicazione delle migliori tecniche disponibili da parte dell'industria.

     6. Organizzazione di attività di formazione delle autorità competenti per quanto riguarda l'integrazione delle prescrizioni in materia di prevenzione dei rifiuti nelle autorizzazioni rilasciate a norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE.

     7. Introduzione di misure per prevenire la produzione di rifiuti negli impianti non soggetti al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Tali misure potrebbero eventualmente comprendere valutazioni o piani di prevenzione dei rifiuti [1567].

     7-bis Introduzione delle misure indicate nei documenti di riferimento sulle BAT per prevenire la produzione di rifiuti da installazioni soggette al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Sono a tal fine pertinenti le operazioni di riutilizzo, riciclo, ricupero effettuate all'interno delle stesse installazioni in cui si generano i materiali [1568].

     8. Campagne di sensibilizzazione o interventi per sostenere le imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo.

     Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano attraverso reti di imprese già costituite.

     9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e produttori o a negoziati settoriali per incoraggiare le imprese o i settori industriali interessati a predisporre i propri piani o obiettivi di prevenzione dei rifiuti o a modificare prodotti o imballaggi che generano troppi rifiuti.

     10. Promozione di sistemi di gestione ambientale affidabili, come l'EMAS e la norma ISO 14001.

     Misure che possono incidere sulla fase del consumo e dell'utilizzo

     11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per l'acquisto di beni e servizi meno inquinanti o imposizione ai consumatori di un pagamento obbligatorio per un determinato articolo o elemento dell'imballaggio che altrimenti sarebbe fornito gratuitamente.

     12. Campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

     13. Promozione di marchi di qualità ecologica affidabili.

     14. Accordi con l'industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio sui prodotti come quelli costituiti nell'ambito delle politiche integrate di prodotto, o accordi con i rivenditori per garantire la disponibilità di informazioni sulla prevenzione dei rifiuti e di prodotti a minor impatto ambientale.

     15. Nell'ambito degli appalti pubblici e privati, integrazione dei criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di gara e nei contratti, coerentemente con quanto indicato nel manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili pubblicato dalla Commissione il 29 ottobre 2004.

     16. Promozione del riutilizzo e/o della riparazione di determinati prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure educative, economiche, logistiche o altro, ad esempio il sostegno o la creazione di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, specialmente in regioni densamente popolate.

 

Allegato L-bis [1569]

(articolo 206-quater, comma 2)

Categorie di prodotti che sono oggetto di incentivi economici all'acquisto, ai sensi dell'articolo 206-quater, comma 2

 

Categoria di prodotto

Percentuale minima in peso di materiale polimerico riciclato sul peso complessivo del componente sostituito

Incentivo in percentuale sul prezzo di vendita del prodotto al consumatore

 

 

 

Cicli e veicoli a motore

>10%

10%

Elettrodomestici

>20%

10%

Contenitori per uso di igiene ambientale

>50%

5%

Arredo per interni

>50%

5%

Arredo urbano

>70%

15%

Computer

>10%

10%

Prodotti per la casa e per l'ufficio

>10%

10%

Pannelli fonoassorbenti, barriere e segnaletica stradale

>30%

10%

 

     Allegato L-ter (esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti di cui all'articolo 179) [1570].

     1. tasse e restrizioni per il collocamento in discarica e l'incenerimento dei rifiuti che incentivano la prevenzione e il riciclaggio, lasciando il collocamento in discarica come opzione di gestione dei rifiuti meno preferibile;

     2. regimi di tariffe puntuali (pay-as-you-throw) che gravano sui produttori di rifiuti sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e forniscono incentivi alla separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e alla riduzione dei rifiuti indifferenziati;

     3. incentivi fiscali per la donazione di prodotti, in particolare quelli alimentari;

     4. regimi di responsabilità estesa del produttore per vari tipi di rifiuti e misure per incrementarne l'efficacia, l'efficienza sotto il profilo dei costi e la governance;

     5. sistemi di cauzione-rimborso e altre misure per incoraggiare la raccolta efficiente di prodotti e materiali usati;

     6. solida pianificazione degli investimenti nelle infrastrutture per la gestione dei rifiuti, anche per mezzo dei fondi dell'Unione;

     7. appalti pubblici sostenibili per incoraggiare una migliore gestione dei rifiuti e l'uso di prodotti e materiali riciclati;

     8. eliminazione graduale delle sovvenzioni in contrasto con la gerarchia dei rifiuti;

     9. ricorso a misure fiscali o altri mezzi per promuovere la diffusione di prodotti e materiali che sono preparati per il riutilizzo o riciclati;

     10. sostegno alla ricerca e all'innovazione nelle tecnologie avanzate di riciclaggio e nella ricostruzione;

     11. utilizzo delle migliori tecniche disponibili per il trattamento dei rifiuti;

     12. incentivi economici per le autorità locali e regionali, volti in particolare a promuovere la prevenzione dei rifiuti e intensificare i regimi di raccolta differenziata, evitando nel contempo di sostenere il collocamento in discarica e l'incenerimento;

     13. campagne di sensibilizzazione pubblica, in particolare sulla raccolta differenziata, sulla prevenzione della produzione dei rifiuti e sulla riduzione della dispersione dei rifiuti, e integrazione di tali questioni nell'educazione e nella formazione;

     14. sistemi di coordinamento, anche per via digitale, tra tutte le autorità pubbliche competenti che intervengono nella gestione dei rifiuti;

     15. promozione di un dialogo e una cooperazione continui tra tutte le parti interessate alla gestione dei rifiuti, incoraggiamento di accordi volontari e della trasmissione delle informazioni sui rifiuti da parte delle aziende.

 

     Allegato L-quater [1571]

     Elenco dei rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2).

 

 

     Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile.

 

     Allegato L-quinquies [1572]

     Elenco attività che producono rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2)

     1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.

     2. Cinematografi e teatri.

     3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.

     4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.

     5. Stabilimenti balneari.

     6. Esposizioni, autosaloni.

     7. Alberghi con ristorante.

     8. Alberghi senza ristorante.

     9. Case di cura e riposo.

     10. Ospedali.

     11. Uffici, agenzie, studi professionali.

     12. Banche ed istituti di credito.

     13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta, e altri beni durevoli.

     14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.

     15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.

     16. Banchi di mercato beni durevoli.

     17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.

     18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.

     19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.

     20. Attività artigianali di produzione beni specifici.

     21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.

     22. Mense, birrerie, hamburgerie.

     23. Bar, caffè, pasticceria.

     24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.

     25. Plurilicenze alimentari e/o miste.

     26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.

     27. Ipermercati di generi misti.

     28. Banchi di mercato generi alimentari.

     29. Discoteche, night club.

     Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile.

     Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.

 

Allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta [1573]

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento di rifiuti

A. VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA

1. Valori limite di emissione medi giornalieri espressi in mg/Nm3

 

Polvere totale

10

Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori espresse come carbonio organico totale (TOC)

10

Acido cloridrico (HCl)

10

Acido fluoridrico (HF)

1

Biossido di zolfo (SO2)

50

Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti dotati di una capacità nominale superiore a 6 t/ora e per i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti

200

Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti con una capacità nominale pari o inferiore a 6 t/ora

400

Ammoniaca (NH3)

30

 

2. Valori limite di emissione medi su 30 minuti espressi in mg/Nm3

 

 

A (100 %)

B (97 %)

a) Polveri totali

30

10

a) Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori espresse come carbonio organico totale (TOC)

20

10

a) Acido cloridrico (HCl)

60

10

a) Acido fluoridrico (HF)

4

2

a) Biossido di zolfo (SO2)

200

50

a) Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti dotati di una capacità nominale superiore a 6 t/ora e per i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti

400

200

a) Ammoniaca (NH3)

60

30

 

3. Valori limite di emissione medi ottenuti con periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore espressi in mg/Nm3

I valori medi di concentrazione degli inquinanti si ottengono secondo i metodi fissati ed aggiornati ai sensi della tabella di cui alla lettera C

 

Cadmio e suoi composti, espressi come cadmio (Cd) 0,05 in totale

Tallio e suoi composti espressi come tallio (Tl)

 

Mercurio e suoi composti espressi come mercurio (Hg) 0,05

Antimonio e suoi composti espressi come antimonio (Sb)

Arsenico e suoi composti espressi come arsenico (As)

Piombo e suoi composti espressi come piombo (Pb)

Cromo e suoi composti espressi come cromo (Cr)

 

Cobalto e suoi composti espressi come cobalto (Co) 0,5 in totale

Rame e suoi composti espressi come rame (Cu)

Manganese e suoi composti espressi come manganese (Mn)

Nickel e suoi composti espressi come nickel (Ni)

Vanadio e suoi composti espressi come vanadio (V)

 

I suddetti valori medi comprendono anche le emissioni sotto forma di polveri, gas e vapori dei metalli presenti nei relativi composti.

 

4. Valori limite di emissione medi ottenuti con periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore.

I valori medi di concentrazione degli inquinanti si ottengono secondo i metodi fissati ed aggiornati

ai sensi della tabella di cui alla lettera C.

a) Diossine e furani (PCDD + PCDF) (1) 0,1 ng/Nm3

b) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (2) 0,01 mg/Nm3

c)PCB-DL (3) 0,1 ng/Nm3

(1) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di diossine e furani, calcolata come concentrazione "tossica equivalente". Per la determinazione della concentrazione "tossica equivalente", le concentrazioni di massa delle seguenti policloro-dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani misurate nell'effluente gassoso devono essere moltiplicate per i fattori di equivalenza tossica (FTE) di seguito riportati, prima di eseguire la somma.

 

 

FTE

2, 3, 7, 8 Tetraclorodibenzodiossina (TCDD)

1

1, 2, 3, 7, 8 - Pentaclorodibenzodiossina (PeCDD)

0,5

1, 2, 3, 4, 7, 8 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD)

0,1

1, 2, 3, 7, 8, 9 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD)

0,1

1, 2, 3, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD)

0,1

1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 Eptaclorodibenzodiossina (HpCDD)

0,01

Octaclorodibenzodiossina (OCDD)

0,001

2, 3, 7, 8 - Tetraclorodibenzofurano (TCDF)

0,1

2, 3, 4, 7, 8 - Pentaclorodibenzofurano (PeCDF)

0,5

1, 2, 3, 7, 8 - Pentaclorodibenzofurano (PeCDF)

0,05

1, 2, 3, 4, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF)

0,1

1, 2, 3, 7, 8, 9 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF)

0,1

1, 2, 3, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF)

0,1

2, 3, 4, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF)

0,1

1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 - Eptaclorodibenzofurano (HpCDF)

0,01

1, 2, 3, 4, 7, 8, 9 - Eptaclorodibenzofurano (HpCDF)

0,01

Octaclorodibenzofurano (OCDF)

0,001

 

(2) Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono determinati come somma di:

Benz[a]antracene

Dibenz[a, h]antracene

Benzo[h]fluorantene

Benzo[j]fluorantene

Benzo[k]fluorantene

Benzo[a]pirene

Dibenzo[a, e]pirene

Dibenzo[a, h]pirene

Dibenzo[a, i]pirene

Dibenzo[a, l]pirene

Indeno [1,2,3 - cd] pirene

 

(3) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di PCB-Dl, calcolata come concentrazione "tossica equivalente". Per la determinazione della concentrazione "tossica equivalente", le concentrazioni di massa dei seguenti PCB misurati nell'effluente gassoso devono essere moltiplicati per i fattori di equivalenza tossica (FTE) di seguito riportati, prima di eseguire la somma.

 

Congenere

Nome IUPAC

WHO-TEF

3,3’,4,4’-TetraCB

PCB77

0,0001

3,4,4’,5-TetraCB

PCB81

0,0003

2,3,3’4,4’-PentaCB

PCB105

0,00003

2,3,4,4’,5-PentaCB

PCB114

0,00003

2,3’,4,4’,5-PentaCB

PCB118

0,00003

2’,3,4,4’,5-PentaCB

PCB123

0,00003

3,3’,4,4',5-PentaCB

PCB126

0,1

2,3,3',4,4',5-HexaCB

PCB156

0,00003

2,3,3',4,4',5'-HexaCB

PCB157

0,00003

2,3',4,4',5,5’-HexaCB

PCB167

0,00003

3,3',4,4',5,5'-HexaCB

PCB169

0,03

2,3,3',4,4',5,5'-HeptaCB

PCB189

0,00003

 

5. Valori limite di emissione per il monossido di carbonio (CO)

I seguenti valori limite di emissione per le concentrazioni di monossido di carbonio (CO) non devono essere superati nei gas di combustione (escluse le fasi di avviamento ed arresto):

- 50 mg/Nm3 come valore medio giornaliero;

- 100 mg/Nm3 come valore medio su 30 minuti;

- il valore di 150 mg/Nm3 come valore medio su 10 minuti.

L'autorità competente può concedere deroghe per gli impianti di incenerimento che utilizzano la tecnologia del letto fluido, purché l'autorizzazione preveda un valore limite di emissione per il monossido di carbonio (CO) non superiore a 100 mg/m³ come valore medio orario.

 

B. NORMALIZZAZIONE

Condizioni di cui all'articolo 237-nonies del Titolo III-bis della Parte IV:

- pressione 101,3 kPa;

- gas secco,

nonché un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari all'11% in volume,

utilizzando la seguente formula

 

Es. = 21 - Os /21 - Om x Em

 

nella quale:

Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento;

Em = concentrazione di emissione misurata;

Os = tenore di ossigeno di riferimento;

Om = tenore di ossigeno misurato.

Nel caso di incenerimento unicamente di oli usati, come definiti all'articolo 183, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'ossigeno di riferimento negli effluenti gassosi secchi è pari al 3%.

Se i rifiuti sono inceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento.

Nel caso di incenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno viene applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento.

 

C. VALUTAZIONE DELL’OSSERVANZA DEI VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA

1. Valutazione dei risultati delle misurazioni

Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.

Per le misurazioni in continuo i valori limite di emissione si intendono rispettati se:

a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei valori limite di emissione stabiliti al paragrafo A, punto 1;

b) per il monossido di carbonio (CO):

- almeno il 97% dei valori medi giornalieri nel corso dell’anno non supera il valore limite di emissione di cui al paragrafo A, punto 5, primo trattino;

- almeno il 95% di tutti i valori medi su 10 minuti in un qualsiasi periodo di 24 ore oppure tutti i valori medi su 30 minuti nello stesso periodo non superano i valori limite di emissione di cui al paragrafo A, punto 5, secondo e terzo trattino”;

c) nessuno dei valori medi su 30 minuti supera uno qualsiasi dei valori limite di emissione di cui alla colonna A del paragrafo A, punto 2, oppure, in caso di non totale rispetto di tale limite per il parametro in esame, almeno il 97% dei valori medi su 30 minuti nel corso dell'anno non supera il relativo valore limite di emissione di cui alla colonna B del paragrafo A, punto 2;

d) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, le diossine e i furani, gli idrocarburi policiclici aromatici, e i policlorobifenili (PCB-DL), durante il periodo di campionamento supera i pertinenti valori limite di emissione stabiliti al paragrafo A, punti 3 e 4;

I valori medi su 30 minuti e i valori medi su 10 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95% riscontrato sperimentalmente. Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN, si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

L’assicurazione di qualità dei sistemi automatici di misurazione e la loro taratura in base ai metodi di misurazione di riferimento devono essere eseguiti in conformità alla norma UNI EN 14181. I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta all'anno.

I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori limite di emissione riferiti alla media giornaliera:

 

Polveri totali 30%

Carbonio organico totale 30%

Acido cloridrico 40%

Acido fluoridrico 40%

Biossido di zolfo 20%

Biossido di azoto 20%

Monossido di carbonio 10%

Ammoniaca 30%

 

I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati.

Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati, a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo, più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme con la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.

Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori limite di emissione si effettua sulla base di quanto previsto dalle norme tecniche di seguito riportate:

 

Parametro

Metodo

Temperatura

UNI EN ISO 16911:2013

Pressione

UNI EN ISO 16911:2013

Velocità

UNI EN ISO 16911:2013

Portata

UNI EN ISO 16911:2013

Umidità

UNI EN 14790:2006

Ossigeno (O2)

UNI EN 14789:2006

Acido Cloridrico (HCl)

UNI EN 1911:2010

Acido Fluoridrico (HF)

ISO15713 :2006

Ossidi Di Azoto (NOx) Espressi Come NO2

UNI EN 14792 : 2006

Ammoniaca (NH3)

EPA CTM-027 :1997

Biossido Di Zolfo (SO2)

UNI EN 14791:2006

Monossido Di Carbonio (CO)

UNI EN 15058:2006

TOC Espresso Come C

UNI EN 12619 : 2013

PCDD/PCDF Come (Teq)

UNI EN 1948-1,2,3 : 2006

PCB-Dl come (Teq)

UNI EN 1948-1,2,3,4 :2010

IPA

ISO 11338 -1 e 2 : 2003

Polveri

UNI EN 13284-1: 2003

Mercurio (Hg)

UNI EN 13211:2003

Metalli Pesanti (As,Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V)

UNI EN 14385:2004

 

In caso di misure discontinue, al fine di valutare la conformità delle emissioni convogliate ai valori limite di emissioni, la concentrazione è calcolata preferibilmente come media di almeno tre campionamenti consecutivi e riferiti ciascuno ai periodi di campionamento indicati all’Allegato 1, lettera A nelle condizioni di esercizio più gravose dell’impianto.

 

D. ACQUE DI SCARICO DALL'IMPIANTO DI INCENERIMENTO

1. Valori limite di emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi

Sono di seguito riportati i valori limite di emissione di inquinanti negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi, espressi in concentrazioni di massa per campioni non filtrati.

 

 

95%

100%

a) Solidi sospesi totali

30 mg/l

45 mg/l

b) Mercurio e suoi composti, espressi come mercurio (Hg)

 

0,03 mg/l

c) Cadmio e suoi composti, espressi come cadmio (Cd)

 

0,05 mg/l

d) Tallio e suoi composti, espressi come tallio (TI)

 

0,05 mg/l

e) Arsenico e suoi composti, espressi come arsenico As

 

0,15 mg/l

f) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)

 

0,2 mg/l

g) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr)

 

0,5 mg/l

h) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)

 

0,5 mg/l

i) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)

 

0,5 mg/l

l) Zinco e suoi composti, espressi come zinco (Zn)

 

1,5 mg/l

m) Diossine e furani (PCDD + PCDF) come Teq

 

0,3 ng/l

n) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)

 

0,0002 mg/l

o) Policlorobifenili (PCB-Dl) come Teq

 

0,3 ng/l

 

E. CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE DELLE EMISSIONI NELLE ACQUE DI SCARICO

1. Misurazioni

a) misurazioni continue del pH, della temperatura e della portata;

b) misurazioni giornaliere dei solidi sospesi totali effettuate su campioni per sondaggio;

c) misurazioni almeno mensili, su di un campione rappresentativo proporzionale al flusso dello scarico su un periodo di 24 ore, degli inquinanti di cui al paragrafo D, punto 1, lettere da b) a l);

d) misurazioni almeno semestrali di diossine e furani e degli idrocarburi policiclici aromatici; per i primi dodici mesi di funzionamento dell'impianto, tali sostanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi;

d-bis) le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'acqua sono eseguite in modo rappresentativo.

2. Valutazione dei risultati delle misurazioni

I valori limite di emissione si intendono rispettati se:

a) il 95% e il 100% dei valori misurati per i solidi sospesi totali non superano i rispettivi valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lett. a);

b) non più di una misurazione all'anno per i metalli pesanti supera i valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lettere da b) a l);

c) le misurazioni semestrali per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici non superano i valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lettere m) e n).

 

 

Allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 [1574]

 

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento

 

A. VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA

 

     1. Formula di miscelazione

La seguente "formula di miscelazione" deve essere applicata ogniqualvolta non sia stato stabilito uno specifico valore limite totale di emissione "C" nel presente Allegato.

Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio presenti nell'effluente gassoso derivante dal coincenerimento dei rifiuti è calcolato come segue:

 

Vrifiuti x Crifiuti + Vprocesso x Cprocesso / Vrifiuti + Cprocesso = C

 

Vrifiuti: volume dell'effluente gassoso derivante dall'incenerimento dei soli rifiuti, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico specificato nell'autorizzazione e normalizzato alle condizioni indicate al paragrafo B dell'Allegato 1.

Qualora il calore liberato dall'incenerimento di rifiuti pericolosi sia inferiore al 10% del calore totale liberato nell'impianto, Vrifiuti deve essere calcolato in base ad un quantitativo (fittizio) di rifiuti che, se incenerito, libererebbe un calore pari al 10% del calore totale liberato nell'impianto.

Cririfiuti: valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento stabiliti al paragrafo A dell'Allegato 1.

Vprocesso: volume dell'effluente gassoso derivante dal processo dell'impianto, inclusa la combustione dei combustibili autorizzati normalmente utilizzati nell'impianto (esclusi i rifiuti), determinato sulla base dei tenori di ossigeno previsti dalla normativa ai fini della normalizzazione delle emissioni. In assenza di normativa per il pertinente tipo di impianto, si deve utilizzare il tenore reale di ossigeno dell'effluente gassoso non diluito con aggiunta di aria non indispensabile per il processo. La normalizzazione per le altre condizioni è quella specificata al paragrafo B.

Cprocesso: valori limite di emissione indicati nel presente Allegato per taluni settori industriali o, in caso di assenza di tali valori, valori limite di emissione degli inquinanti e del monossido di carbonio fissati dalla normativa statale o regionale per tali impianti quando vengono bruciati i combustibili normalmente autorizzati (rifiuti esclusi). In mancanza di tali disposizioni si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione. Se in questa non sono menzionati tali valori, si ricorre alle concentrazioni reali in massa.

C: valori limite totali di emissione e tenore di ossigeno individuati nel presente Allegato per taluni settori industriali e per taluni inquinanti o, in caso di assenza di tali valori, valori limite totali di emissione da rispettare per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio. Il tenore totale di ossigeno di riferimento, che sostituisce il tenore di ossigeno di riferimento per la normalizzazione di cui al successivo paragrafo B, è calcolato sulla base dei tenori di ossigeno sopraindicati per Vrifiuti e per Vprocesso, rispettando i volumi parziali.

 

I valori limite totali di emissione (C) per gli inquinanti di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3 e

4, sono quelli fissati nei suddetti punti, e non sono soggetti alla applicazione della "formula di

miscelazione".

 

     2. Disposizioni speciali relative ai forni per cemento che coinceneriscono rifiuti

     2.1. I valori limite di emissione di cui ai punti 2.2 e 2.3 si applicano come valori medi giornalieri di polveri totali, HC1, HF, NOx, SO2, TOC, NH3 (per misurazioni in continuo), come valori medi in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore per i metalli pesanti e come valori medi in un periodi di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore per diossine e furani.

Tutti i valori sono normalizzati a ossigeno 10 %.

I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

     2.2. C – Valori limite totali di emissione (espressi in mg/Nm3 tranne che per diossine e furani, IPA e PCB-Dl) per le seguenti sostanze inquinanti

 

Sostanza inquinante

C

Polveri totali

30

HCl

10

HF

1

Nox

500 (1)

Cd + Tl

0,05

Hg

0,05

Sb + As +Pb + Cr + Co + Cu + Mn + Ni + V

0,5

Diosine e furani (ng/Nm³)

C

IPA

C

PCB-Dl (ng/Nm³)

C

 

(1) Fino al 1° gennaio 2016 l'autorità competente può autorizzare dal valore limite per i NOx per i forni Lepol e per i forni rotativi lunghi purché l'autorizzazione stabilisca un valore limite di emissione complessivo per i NOx inferiore o pari a 800 mg/Nm3.

 

2.3. C – Valori limite totali di emissione (espressi in mg/Nm3) per SO2 e TOC

 

Inquinanti

C

SO2

50

TOC

10

 

L'autorità competente può concedere deroghe rispetto ai valori limite di emissione di cui al presente punto nei casi in cui il coincenerimento di rifiuti non dia luogo a TOC e SO2.

 

 

     2.4. C - Valori limite di emissione complessivi per il CO

     L'autorità competente può stabilire valori limite di emissione per il CO

 

     3. Disposizioni speciali per impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti

 

     3.1. Cprocesso espresso come valori medi giornalieri (in mg/Nm3 ) valido fino alle seguenti date:

 

     a) 31 dicembre 2015 per gli impianti che hanno ottenuto un'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013, o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un'autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio al più tardi entro il 7 gennaio 2014;

 

     b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione non coperti dal comma precedente.

 

     Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni di cui all'Allegato 4. I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

 

     Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni. I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

 

     Cprocesso per combustibili solidi esclusa la biomassa (tenore di O2 6 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

850

200

200

Nox

-

400

200

200

Polvere

50

50

30

30

 

     Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

200

200

200

Nox

-

350

300

200

Polvere

50

50

30

30

 

     Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

850

da 400 a 200 (decremento lineare da 100 a 300 MWth)

200

Nox

-

400

200

200

Polvere

50

50

30

30

 

     3.2. Cprocesso espresso in valori medi giornalieri (in mg/Nm³) valido fino alle seguenti date:

 

     a) 1° gennaio 2016 per gli impianti di combustione che hanno ottenuto l'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un'autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio entro il 7 gennaio 2014;

 

     b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione diversi da quelli di cui al punto a).

 

     Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni. I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.

 

     3.2.1. Cprocesso per gli impianti di combustione che hanno ottenuto l'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un'autorizzazione entro tale data, purchè siano messi in servizio entro il 7 gennaio 2014, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

 

     Cprocesso per i combustibili solidi ad eccezione della biomassa (tenore di O2 6 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

400 per la torba: 300

200

200

Nox

-

300 per la polverizzata: 400

200

200

Polvere

50

30

25 per la torba: 20

20

 

     Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

200

200

200

Nox

-

300

250

200

Polvere

50

30

20

20

 

 

     Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

350

250

200

Nox

-

400

200

150

Polvere

50

30

25

20

 

     3.2.2. Cprocesso per gli impianti di combustione diversi da quelli di cui al punto 3.2.1, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

 

     Cprocesso per i combustibili solidi ad eccezione della biomassa (tenore di O2 6 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

400 per la torba: 300

200 per la torba: 300, tranne nel caso di combustione a letto fluido: 250

150 per combustione a letto fluido circolante o a letto fluido oppure, nel caso di combustione di torba, per tutti i tipi di combustione a letto fluido: 200

Nox

-

250

300 per la torba: 200

150 per la combustione di lignite polverizzata: 200

Polvere

50

20

20

10 per la torba: 20

 

 

     Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

200

200

150

Nox

-

250

200

150

Polvere

50

20

20

20

 

     Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

 

 

Sostanza inquinante

50 MWth

da 50 a 100 MWth

da 100 a 300 MWth

300 MWth

 

 

 

 

 

SO2

-

350

200

150

Nox

-

300

150

100

Polvere

50

20

20

10

 

     3.3. C - Valori limite totali di emissione per metalli pesanti (in mg/Nm3 ) espresso come valori medi in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore (tenore di O2 6 % per i combustibili solidi e 3 % per i combustibili liquidi).

 

 

Sostanze inquinanti

C

 

 

Cd + Tl

0,05

Hg

0,05

Sb + As + Pb + Cr + Co + Cu + Mn + Ni + V

0,5

 

 

     a. C - valori limite totali di emissione per diossine e furani, IPA e PCB-Dl espresso come valore medio misurato in un periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore (tenore di O2 6 % per i combustibili solidi e 3 % per i combustibili liquidi).

 

Sostanza inquinante

C

 

 

Diossine e furani (come Teq)

0,1 ng/Nm³

IPA

0,01 mg/Nm³

PCB-Dl (come Teq)

0,1 ng/Nm³

 

 

     4. Disposizioni speciali per gli impianti di coincenerimento di rifiuti nei settori industriali non contemplati nei punti 2 e 3 della presente parte

 

     4.1. C - valore limite totale di emissione per diossine e furani, IPA e PCB DL espresso come valore medio misurato in un periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore:

 

Sostanza inquinante

C

 

 

Diossine e furani (come Teq)

0,1 ng/Nm³

IPA

0,01 mg/Nm³

PCB-Dl (come Teq)

0,1 ng/Nm³

 

 

     4.2. C - valori limite totali di emissione (in mg/Nm3) per i metalli pesanti espresso come valori medi misurati in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore:

 

Sostanze inquinanti

C

 

 

Cd + Tl

0,05

Hg

0,05

 

 

     B. NORMALIZZAZIONE

 

     Condizioni di cui all'articolo 237 nonies del Titolo III-bis della Parte IV del presente decreto legislativo

 

     - temperatura 273,15 °K;

     - pressione 101,3 kPa.

     - gas secco.

 

     nonchè ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco stabilito o determinato in accordo a quanto previsto al precedente paragrafo A, utilizzando la seguente formula:

 

     Es = 21 - Os / 21 - Om x Em

 

     nella quale:

     Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento;

     Em = concentrazione di emissione misurata;

     Os = tenore di ossigeno di riferimento;

     Om = tenore di ossigeno misurato.

 

     Se i rifiuti sono coinceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento.

 

     Nel caso di coincenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno è applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento.

 

     C. METODI DI CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE DELL'OSSERVANZA DEI VALORI LIMITE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA

 

     1. Valutazione dei risultati delle misurazioni

     Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.

     Per le misurazioni in continuo i valori limite di emissione si intendono rispettati se:

 

     a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei pertinenti valori limite di emissione stabiliti nel presente Allegato;

 

     b) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici e PCB-DL supera i pertinenti valori limite di emissione stabiliti nel presente Allegato.

 

     I valori medi su 30 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95% riscontrato sperimentalmente. Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN, si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

 

     L'assicurazione di qualità dei sistemi automatici di misurazione e la loro taratura in base ai metodi di misurazione di riferimento devono essere eseguiti in conformità alla norma UNI EN 14181. I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta all'anno.

 

     I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori limite di emissione riferiti alla media giornaliera:

 

Polveri totali 30%

Carbonio organico totale 30%

Acido cloridrico 40%

Acido fluoridrico 40%

Biossido di zolfo 20%

Biossido di azoto 20%

Monossido di carbonio 10%

Ammoniaca 30%

 

     I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati.

 

     Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo.

 

     Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori limite di emissione si effettua secondo i seguenti metodi:

 

Parametro

Metodo

 

 

Temperatura

UNI EN ISO 16911:2013

Pressione

UNI EN ISO 16911:2013

Velocità

UNI EN ISO 16911:2013

Portata

UNI EN ISO 16911:2013

Umidità

UNI EN 14790:2006

Ossigeno (O2)

UNI EN 14789:2006

Acido Cloridrico (HCl)

UNI EN 1911:2010

Acido Fluoridrico (HF)

ISO15713 :2006

Ossidi Di Azoto (NOx) Espressi Come NO2

UNI EN 14792 : 2006

Ammoniaca (NH³)

EPA CTM-027 :1997

Biossido Di Zolfo (SO2)

UNI EN 14791:2006

Monossido Di Carbonio (CO)

UNI EN 15058:2006

TOC Espresso Come C

UNI EN 12619 : 2013

PCDD/PCDF Come (Teq)

UNI EN 1948-1,2,3 : 2006

PCB-Dl come (Teq)

UNI EN 1948-1,2,3,4 :2010

IPA

ISO 11338 -1 e 2:2003

Polveri

UNI EN 13284-1:2003

Mercurio (Hg)

UNI EN 13211:2003

Metalli Pesanti (As,Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V)

UNI EN 14385:2004

 

 

     In caso di misure discontinue, al fine di valutare la conformità delle emissioni convogliate ai valori limite di emissioni, la concentrazione è calcolata preferibilmente come media di almeno tre campionamenti consecutivi e riferiti ciascuno ai periodi di campionamento indicati all'Allegato 1, lettera A nelle condizioni di esercizio più gravose dell'impianto. I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme con la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.

 

     D. ACQUE DI SCARICO DALL'IMPIANTO DI COINCENERIMENTO E RELATIVE NORME SU CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE

 

     Per gli impianti di coincenerimento valgono le disposizioni dei paragrafi D ed E dell'Allegato 1, relative agli impianti di incenerimento.

 

 

     Allegato 3 al Titolo III-bis alla Parte Quarta [1575]

 

     NORME TECNICHE PER IL COINCENERIMENTO DEI PRODOTTI TRASFORMATI DERIVATI DA MATERIALI DI CATEGORIA 1, 2 E 3 DI CUI AL REGOLAMENTO (CE) 1069/2009.

 

     1. Tipologia: Prodotti trasformati e derivati da materiali di categoria 1, 2 e 3, ivi compresi i grassi; partite di alimenti zootecnicì contenenti frazioni dei materiali predetti.

 

     1.1 Provenienza: impianti di trasformazione riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, per le partite di alimenti zootecnici contenenti frazioni dei materiali predetti è ammessa qualsiasi provenienza

 

     1.2 Caratteristiche:

 

     a) farina proteica animale e/o alimenti zootecnici aventi le seguenti caratteristiche:

 

     P.C.I. sul tal quale 12.000 kJ/kg min;

 

     umidità 10% max;

 

     ceneri sul secco 40% max.

 

     b) grasso animale avente le seguenti caratteristiche:

 

     P.C.I. sul tal quale 30.000 kJ/kg min;

 

     umidità 2% max;

 

     ceneri sul secco 2% max.

 

     I parametri di cui ai punti a) e b) devono essere documentati dal produttore in aggiunta alla documentazione sanitaria prevista dalla vigente normativa.

 

     1.3 Il coincenerimento con recupero energetico, comprende anche la relativa messa in riserva presso l'impianto. Durante tutte le fasi dell'attività devono essere evitati il contatto diretto e la manipolazione dei rifiuti di cui al punto 1.2, nonchè qualsiasi forma di dispersione ambientale degli stessi.

 

 

ALLEGATI AL TITOLO V DELLA PARTE QUARTA [1576]

 

ALLEGATO 1 - Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica

ALLEGATO 2 - Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati

ALLEGATO 3 - Criteri generali per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza (d'urgenza, operativa o permanente), nonchè per l'individuazione delle migliori tecniche d'intervento a costi sopportabili

ALLEGATO 4 - Criteri generali per l'applicazione di procedure semplificate

ALLEGATO 5 - Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare

 

ALLEGATO 1 [1577]

CRITERI GENERALI PER L’ANALISI DI RISCHIO SANITARIO AMBIENTALE SITO-SPECIFICA

PREMESSA

Il presente allegato definisce gli elementi necessari per la redazione dell’analisi di rischio sanitario ambientale sitospecifica (nel seguito analisi di rischio), da utilizzarsi per la definizione degli obiettivi di bonifica. L’analisi di rischio si può applicare prima, durante e dopo le operazioni di bonifica o messa in sicurezza.

L’articolato normativo fa riferimento a due criteri-soglia di intervento: il primo (CSC) da considerarsi valore di attenzione, superato il quale occorre svolgere una caratterizzazione ed il secondo (CSR) che identifica i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica.

Il presente allegato definisce i criteri minimi da applicare nella procedura di analisi di rischio inversa che verrà utilizzata per il calcolo delle CSR, cioè per definire in modo rigoroso e cautelativo per l’ambiente gli obiettivi di bonifica aderenti alla realtà del sito, che rispettino i criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell’indice di rischio assunti nei punti di conformità prescelti.

CONCETTI E PRINCIPI BASE

Nell’applicazione dell’analisi di rischio dei siti contaminati ed ai fini di una interpretazione corretta dei risultati finali occorre tenere conto dei seguenti concetti:

la grandezza rischio, in tutte le sue diverse accezioni, ha costantemente al suo interno componenti probabilistiche. Nella sua applicazione per definire gli obiettivi di risanamento è importante sottolineare che la probabilità non è legata all’evento di contaminazione (già avvenuto), quanto alla natura probabilistica degli effetti nocivi che la contaminazione, o meglio l’esposizione ad un certo contaminante, può avere sui ricettori finali.

Ai fini di una piena accettazione dei risultati dovrà essere posta una particolare cura nella scelta dei parametri da utilizzare nei calcoli, scelta che dovrà rispondere sia a criteri di conservatività, il principio della cautela è intrinseco alla procedura di analisi di rischio, che a quelli di sito-specificità ricavabili dalle indagini di caratterizzazione svolte.

L’individuazione e l’analisi dei potenziali percorsi di esposizione e dei bersagli e la definizione degli obiettivi di bonifica, in coerenza con gli orientamenti strategici più recenti, devono tenere presente la destinazione d’uso del sito prevista dagli strumenti di programmazione territoriale.

COMPONENTI DELL’ANALISI DI RISCHIO DA PARAMETRIZZARE

Sulla base della struttura del processo decisionale di “analisi di rischio”, indipendentemente dal tipo di metodologia impiegata, dovranno essere parametrizzate le seguenti componenti: contaminanti indice, sorgenti, vie e modalità di esposizione, ricettori finali.

Di seguito si presentano gli indirizzi necessari per la loro definizione ai fini dei calcoli.

Contaminanti indice

Particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta delle sostanze di interesse (contaminanti indice) da sottoporre ai calcoli di analisi di rischio.

La scelta dei contaminanti indice, desunti dai risultati della caratterizzazione, deve tener conto dei seguenti fattori:

§ Superamento della o delle CSC, ovvero dei valori di fondo naturali.

§ Livelli di tossicità.

§ Grado di mobilità e persistenza nelle varie matrici ambientali

§ Correlabilità ad attività svolta nel sito

§Frequenza dei valori superiori al CSC.

Sorgenti

Le indagini di caratterizzazione dovranno portare alla valutazione della geometria della sorgente: tale valutazione dovrà necessariamente tenere conto delle dimensioni globali del sito, in modo da procedere, eventualmente, ad una suddivisione in aree omogenee sia per le caratteristiche idrogeologiche che per la presenza di sostanze contaminanti, da sottoporre individualmente ai calcoli di analisi di rischio.

In generale l’esecuzione dell’analisi di rischio richiede l’individuazione di valori di concentrazione dei contaminanti rappresentativi in corrispondenza di ogni sorgente di contaminazione (suolo superficiale, suolo profondo, falda) secondo modalità e criteri che si diversificano in funzione del grado di approssimazione richiesto.

Tale valore verrà confrontato con quello ricavato dai calcoli di analisi di rischio, per poter definire gli interventi necessari. Salvo che per le contaminazioni puntuali (hot-spots), che verranno trattate in modo puntuale, tali concentrazioni dovranno essere di norma stabilite su basi statistiche (media aritmetica, media geometrica, UCL 95% del valore medio).

Le vie e le modalità di esposizione

Le vie di esposizione sono quelle mediante le quali il potenziale bersaglio entra in contatto con le sostanze inquinanti. Si ha una esposizione diretta se la via di esposizione coincide con la sorgente di contaminazione; si ha una esposizione indiretta nel caso in cui il contatto del recettore con la sostanza inquinante avviene a seguito della migrazione dello stesso e quindi avviene ad una certa distanza dalla sorgente.

Le vie di esposizione per le quali occorre definire i parametri da introdurre nei calcoli sono le seguenti:

- Suolo superficiale (compreso fra piano campagna e 1 metro di profondità).

- Suolo profondo (compreso fra la base del precedente e la massima profondità indagata).

- Aria outdoor (porzione di ambiente aperto, aeriforme, dove si possono avere evaporazioni di sostanze inquinanti provenienti dai livelli più superficiali).

- Aria indoor (porzione di ambiente aeriforme confinata in ambienti chiusi)

- Acqua sotterranea (falda superficiale e/o profonda).

Le modalità di esposizione attraverso le quali può avvenire il contatto tra l’inquinante ed il bersaglio variano in funzione delle vie di esposizione sopra riportate e sono distinguibili in:

- ingestione di acqua potabile.

- ingestione di suolo.

- contatto dermico.

- inalazione di vapori e particolato.

I recettori o bersagli della contaminazione

Sono i recettori umani, identificabili in residenti e/o lavoratori presenti nel sito (on-site) o persone che vivono al di fuori del sito (off-site).

Di fondamentale importanza è la scelta del punto di conformità (soprattutto quello per le acque sotterranee) e del livello di rischio accettabile sia per le sostanze cancerogene che non-cancerogene.

- punto di conformità per le acque sotterranee

Il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300). Pertanto in attuazione del principio generale di precauzione, il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5 della parte quarta del presente decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in caso di fondo naturale più elevato o di modifiche allo stato originario dovute all'inquinamento diffuso, ove accertati o validati dalla Autorità pubblica competente, o in caso di specifici minori obiettivi di qualità per il corpo idrico sotterraneo o per altri corpi idrici recettori, ove stabiliti e indicati dall'Autorità pubblica competente, comunque compatibilmente con l'assenza di rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a valle. A monte idrogeologico del punto di conformità così determinato e comunque limitatamente alle aree interne del sito in considerazione, la concentrazione dei contaminanti può risultare maggiore della CSR così determinata, purchè compatibile con il rispetto della CSC al punto di conformità nonchè compatibile con l'analisi del rischio igienico sanitario per ogni altro possibile recettore nell'area stessa.

- criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell’indice di rischio

Si propone 1x10-6 come valore di rischio incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena e 1x10'5 come valore di rischio incrementale accettabile cumulato per tutte le sostanze cancerogene, mentre per le sostanze non cancerogene si applica il criterio del non superamento della dose tollerabile o accettabile (ADI o TDI) definita per la sostanza (Hazard Index complessivo 1).

PROCEDURE DI CALCOLO E STIMA DEL RISCHIO

Le procedure di calcolo finalizzate alla caratterizzazione quantitativa del rischio, data l’importanza della definizione dei livelli di bonifica (CSR), dovranno essere condotte mediante l’utilizzo di metodologie quale ad esempio ASTM PS 104, di comprovata validità sia dal punto di vista delle basi scientifiche che supportano gli algoritmi di calcolo, che della riproducibilità dei risultati.

PROCEDURA DI VALIDAZIONE

Al fine di consentire la validazione dei risultati ottenuti da parte degli enti di controllo è necessario avere la piena rintracciabilità dei dati di input con relative fonti e dei criteri utilizzati per i calcoli.

Gli elementi più importanti sono di seguito riportati:

§ Criteri di scelta dei contaminanti indice.

§ Modello concettuale del sito alla luce dei risultati delle indagini di caratterizzazione con percorsi di esposizione e punti di conformità.

§ Procedure di calcolo utilizzate.

§ Fonti utilizzate per la determinazione dei parametri di input degli algoritmi di calcolo.

 

ALLEGATO 2

CRITERI GENERALI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI

PREMESSA

La caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. Le attività di caratterizzazione devono essere condotte in modo tale da permettere la validazione dei risultati finali da parte delle Pubbliche Autorità in un quadro realistico e condiviso delle situazioni di contaminazione eventualmente emerse.

Per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l’intero processo costituito dalle seguenti fasi:

1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito.

2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.

3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti.

4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.

5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo.

6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si rendessero successivamente necessari a seguito dell’analisi di rischio- calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato 1.

La Caratterizzazione ambientale, sarà avviata successivamente alla approvazione da parte delle Autorità Competenti del Piano di indagini di cui al punto 1 e si riterrà conclusa con l’approvazione, in unica soluzione, da parte delle Autorità Competenti dell’intero processo sopra riportato, al termine delle attività di cui al punto 5 nel caso di non superamento delle CSC e al termine dell’attività di cui al punto 6 qualora si riscontri un superamento delle suddette concentrazioni.

Nella fase di attuazione dell’intero processo, l’Autorità competente potrà richiedere al Proponente stati di avanzamento dei lavori per ognuna delle fasi sopra riportate, rilasciando eventuali prescrizioni per ognuna delle fasi di cui sopra in un’unica soluzione. Per i Siti di interresse nazionale, i tempi e le modalità di approvazione delle fasi di cui sopra potranno essere disciplinate con appositi Accordi di Programma.

Il presente documento fa riferimento ai siti potenzialmente contaminati che non rientrano nella fattispecie a cui si applicano le procedure semplificate dell’Allegato 4.

PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DI INDAGINI AMBIENTALI FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DEL SOTTOSUOLO

Tale fase si attua attraverso:

1. Raccolta dei dati esistenti ed elaborazione del Modello Concettuale Preliminare

2. Elaborazione del Piano di Investigazione Iniziale comprendente: indagini, campionamenti e analisi da svolgere mediante prove in sito ed analisi di laboratorio

3. Ogni altra indagine, campionamento e analisi finalizzati alla definizione dello stato ambientale del sottosuolo e dei livelli di concentrazione accettabili per il terreno e le acque sotterranee

Modello concettuale preliminare

Il modello concettuale preliminare è realizzato sulla base delle informazioni storiche disponibili prima dell’inizio del Piano di investigazione, nonché di eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito. Con il modello concettuale preliminare vengono infatti descritte: caratteristiche specifiche del sito in termini di potenziali fonti della contaminazione; estensione, caratteristiche e qualità preliminari delle matrici ambientali influenzate dalla presenza dell’attività esistente o passata svolta sul sito; potenziali percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati. Tale modello deve essere elaborato prima di condurre l’attività di campo in modo da guidare la definizione del Piano di investigazione.

Parte integrante e fondamentale del modello concettuale del sito è la definizione preliminare, sulla base delle informazioni storiche a disposizione, delle caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.

Per la redazione del Modello Concettuale preliminare dovranno essere considerate le eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito, prima dell’attuazione del piano di indagini.

Piano di indagini

Il piano di indagini dovrà contenere la dettagliata descrizione delle attività che saranno svolte in campo ed in laboratorio per la caratterizzazione ambientale del sito. Il Proponente dovrà includere in tale documento le specifiche tecniche per l’esecuzione delle attività (procedure di campionamento, le misure di campo, modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, metodiche analitiche, ecc. ) che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell’inizio dei lavori, costituiranno il protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.

Le fonti potenziali di inquinamento sono definite sulla base del Modello Concettuale Preliminare del sito e comprendono: luoghi di accumulo e stoccaggio di rifiuti e materiali, vasche e serbatoi interrati e fuori terra, pozzi disperdenti, cumuli di rifiuti in contenitori o dispersi, tubazioni e fognature, ecc...

Le indagini avranno l’obiettivo di:

- verificare l'esistenza di inquinamento di suolo, sottosuolo e acque sotterranee; definire il grado, l'estensione volumetrica dell'inquinamento; delimitare il volume delle aree di interramento di rifiuti;

- individuare le possibili vie di dispersione e migrazione degli inquinanti dalle fonti verso i potenziali ricettori;

- ricostruire le caratteristiche geologiche ed idrogeologiche dell'area al fine di sviluppare il modello concettuale definitivo del sito;

- ottenere i parametri necessari a condurre nel dettaglio l'analisi di rischio sito specifica;

- individuare i possibili ricettori.

A tal fine devono essere definiti:

- l’ubicazione e tipologia delle indagini da svolgere, sia di tipo diretto, quali sondaggi e piezometri, sia indiretto, come i rilievi geofisici;

- il piano di campionamento di suolo, sottosuolo, rifiuti e acque sotterranee;

- il piano di analisi chimico-fisiche e le metodiche analitiche;

- la profondità da raggiungere con le perforazioni, assicurando la protezione degli acquiferi profondi ed evitando il rischio di contaminazione indotta dal campionamento ;

- le metodologie di interpretazione e restituzione dei risultati.

Ubicazione dei punti di campionamento

L’ubicazione dei punti di campionamento deve essere stabilita in modo da corrispondere agli obiettivi indicati nei criteri generali. Per ogni matrice ambientale investigata (suolo, sottosuolo, acque sotterranee) si possono presentare due principali strategie per selezionare l’ubicazione dei punti di sondaggio e prelievo:

1. la scelta è basata sull’esame dei dati storici a disposizione e su tutte le informazioni sintetizzate nel modello concettuale preliminare e deve essere mirata a verificare le ipotesi formulate nel suddetto modello in termini di presenza, estensione e potenziale diffusione della contaminazione; questa scelta è da preferirsi per i siti complessi qualora le informazioni storiche e impiantistiche a disposizione consentano di prevedere la localizzazione delle aree più vulnerabili e delle più probabili fonti di contaminazione [“ubicazione ragionata”]

2. la scelta della localizzazione dei punti è effettuata sulla base di un criterio di tipo casuale o statistico, ad esempio campionamento sulla base di una griglia predefinita o casuale; questa scelta è da preferirsi ogni volta che le dimensioni dell’area o la scarsità di informazioni storiche e impiantistiche sul sito non permettano di ottenere una caratterizzazione preliminare soddisfacente e di prevedere la localizzazione delle più probabili fonti di contaminazione [“ubicazione sistematica”]

A seconda della complessità del sito, i due approcci di cui sopra possono essere applicati contemporaneamente in funzione del differente utilizzo delle aree del sito. In particolare, nella scelta dei punti di indagine si terrà conto della diversità tra aree dismesse e/o libere da impianti e aree occupate da impianti, collocando i punti di campionamento in corrispondenza dei punti di criticità, valutando nel contempo la configurazione impiantistica e lo schema dei relativi sottoservizi.

Oltre ai criteri di cui sopra, l’applicazione di tecniche indirette di indagine, la dove applicabili (analisi del gas interstiziale del suolo, indagini geofisiche indirette, ecc.), potrà essere utilizzata al fine di determinare una migliore ubicazione dei punti di indagine diretta (prelievi di terreno e acqua) ed ottenere una maggiore copertura areale delle informazioni. In tal caso il proponente potrà presentare un piano di indagini per approfondimenti successivi utilizzando le indagini indirette per formulare il modello concettuale preliminare del sito e concordando con le Autorità competenti modalità di discussione ed approvazione degli stati di avanzamento delle indagini. In tal caso il piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione della validità e della applicabilità delle tecniche di indagine indirette utilizzate.

Al fine di conoscere la qualità delle matrici ambientali (valori di fondo) dell’ambiente in cui è inserito il sito potrà essere necessario prelevare campioni da aree adiacenti il sito. Tali campioni verranno utilizzati per determinare i valori di concentrazione delle sostanze inquinanti per ognuna delle componenti ambientali rilevanti per il sito in esame; nel caso di campionamento di suoli, la profondità ed il tipo di terreno da campionare deve corrispondere, per quanto possibile, a quelli dei campioni raccolti nel sito.

Selezione delle sostanze inquinanti da ricercare

La selezione dei parametri dovrà avvenire essenzialmente sulla base seguente processo:

Esame del ciclo produttivo e/o dei dati storici del sito (processo industriale, materie prime, intermedi, prodotti e reflui generati nel caso di un’area industriale dimessa; materiali smaltiti nel caso di una discarica; prodotti coinvolti nel caso di versamenti accidentali, eventuali analisi esistenti, etc.), per la definizione di un “set standard” di analiti (sia per le analisi dei terreni sia per quelle delle acque sotterranee) concettualmente applicabile, nel corso delle indagini, alla generalità delle aree di interesse.

Esame dello stato fisico, della stabilità e delle caratteristiche di reale pericolosità delle sostanze individuate nel “set standard” di analiti di cui al punto precedente per eseguire solo su queste la caratterizzazione completa di laboratorio;

Nei punti distanti dalle possibili sorgenti di contaminazione si potrà inoltre selezionare un numero limitato di parametri indicatori, scelti sulla base della tossicità e mobilità dei contaminanti e dei relativi prodotti di trasformazione.

Il percorso logico di cui sopra dovrà essere validato prima dell’inizio dei lavori con l’approvazione del Piano di Indagini presentato dal proponente. Si potrà valutare la possibilità e l’opportunità di modulare il piano analitico in funzione delle peculiarità delle varie sub aree di interesse, individuando set specifici.

Modalità di esecuzione sondaggi e piezometri

I sondaggi saranno eseguiti, per quanto possibile, mediante carotaggio continuo a infissione diretta, rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo ed evitando fenomeni di surriscaldamento.

I sondaggi da attrezzare a piezometro saranno realizzati, per quanto possibile, a carotaggio continuo a rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un carotiere di diametro idoneo.

Campionamento terreni e acque sotterranee

Tutte le operazioni che saranno svolte per il campionamento delle matrici ambientali, il prelievo, la formazione, il trasporto e la conservazione del campione e per le analisi di laboratorio dovranno essere documentate con verbali quotidiani.

Dovrà inoltre essere riportato l’elenco e la descrizione dei materiali e delle principali attrezzature utilizzati.

Il piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione delle procedure di campionamento dei terreni e delle acque, le misure da effettuare in campo, le modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell’inizio dei lavori, costituiranno l’unico protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.

Ogni campione è suddiviso in due aliquote, una per l’analisi da condurre ad opera dei soggetti privati, una per archivio a disposizione dell’ente di controllo.

L’eventuale terza aliquota, quando richiesta, sarà confezionata in contraddittorio solo alla presenza dell’ente di controllo, sigillando il campione che verrà firmato dagli addetti incaricati, verbalizzando il relativo prelievo. La copia di archivio verrà conservata a temperatura idonea, sino all’esecuzione e validazione delle analisi di laboratorio da parte dell’ente di controllo preposto.

Terreni

I criteri che devono essere adottati nella formazione di campioni di terreno che si succedono lungo la colonna di materiali prelevati sono:

- ottenere la determinazione della concentrazione delle sostanze inquinanti per strati omogenei dal punto di vista litologico;

- prelevare separatamente, in aggiunta ai campioni previsti per sondaggio, materiali che si distinguono per evidenze di inquinamento o per caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e litologico-stratigrafiche. Analisi di campo e analisi semiquantitative (p.es. test in sito dello spazio di testa) potranno essere utilizzate, laddove applicabili, per selezionare tali campioni e per ottenere una maggiore estensione delle informazioni sulla verticale. I campioni relativi a particolari evidenze o anomalie sono formati per spessori superiori ai 50 cm.

Per corrispondere ai criteri indicati, da ciascun sondaggio i campioni dovranno essere formati distinguendo almeno:

- campione 1: da 0 a –1 metro dal piano campagna;

- campione 2: 1 m che comprenda la zona di frangia capillare;

- campione 3: 1 m nella zona intermedia tra i due campioni precedenti.

Con eccezione dei casi in cui esista un accumulo di rifiuti nella zona satura, la caratterizzazione del terreno sarà concentrata sulla zona insatura. Quando il campionamento dei terreni è specificatamente destinato a composti volatili, non viene previsto il campionamento in doppia aliquota.

Il campione dovrà essere formato immediatamente a seguito dell’estrusione del materiale dal carotiere in quantità significative e rappresentative. Un apposito campione dovrà essere prelevato nel caso in cui si debba provvedere alla classificazione granulometrica del terreno.

Quando sono oggetto di indagine rifiuti interrati, in particolare quando sia prevista la loro rimozione e smaltimento come rifiuto, si procederà al prelievo e all'analisi di un campione medio del materiale estratto da ogni posizione di sondaggio.

I sondaggi, dopo il prelievo dei campioni di terreno, saranno sigillati con riempimento dall’alto o iniezione di miscele bentonitiche dal fondo.

Acque sotterranee

Ai fini del presente documento si intende rappresentativo della composizione delle acque sotterranee il campionamento dinamico.

Qualora debba essere prelevata solamente la fase separata di sostanze non miscibili oppure si sia in presenza di acquiferi poco produttivi, può essere utilizzato il campionamento statico.

Qualora sia rinvenuto nei piezometri del prodotto surnatante in fase libera, occorrerà provvedere ad un campionamento selettivo del prodotto; sui campioni prelevati saranno condotti i necessari accertamenti di laboratorio finalizzati alla sua caratterizzazione per determinarne se possibile l’origine.

Metodiche analitiche

Le attività analitiche verranno eseguite da laboratori pubblici o privati che garantiscano di corrispondere ai necessari requisiti di qualità. Le metodiche analitiche applicate dovranno essere concordate fra le parti prima dell’inizio dei lavori, in fase di approvazione del piano di indagine proposto.

Analisi chimica dei terreni

Ai fini di ottenere l’obiettivo di ricostruire il profilo verticale della concentrazione degli inquinanti nel terreno, i campioni da portare in laboratorio dovranno essere privi della frazione maggiore di 2 cm (da scartare in campo) e le determinazioni analitiche in laboratorio dovranno essere condotte sull’aliquota di granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione dovrà essere determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro.

Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite.

Analisi chimica delle acque

Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite.

Attività di controllo

Le attività di controllo da parte della Pubblica Autorità sarà soprattutto qualitativo e potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle attività di campo, attraverso la verifica dell’applicazione delle specifiche definite nel Piano di Indagini. Le attività di campo, saranno descritte e cura del responsabile del sito, con la redazione del Giornale dei Lavori, che sarà verificato e validato dai Responsabili degli Enti preposti al controllo.

Le attività di controllo da parte degli enti preposti, potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle analisi di laboratorio, seguendone le diverse fasi.

I Responsabili degli Enti preposti al controllo, potranno pertanto verificare, attraverso un sistema di controllo qualità, la corretta applicazione :

- delle metodiche analitiche;

- dei sistemi utilizzati;

- del rispetto delle Buone Pratiche di Laboratorio.

Tutte le fasi operative di laboratorio, comprese le attività di controllo degli Enti preposti, saranno descritte nel giornale lavori di laboratorio, che potrà essere verificato e validato dai Responsabili degli stessi Enti.

La validazione dell’intero percorso analitico, dal prelievo dal campione alla restituzione del dato, potrà essere eseguita dagli Enti di Controllo, attraverso l’approvazione dei certificati analitici.

ESECUZIONE DI EVENTUALI INDAGINI INTEGRATIVE

Sulla base dei risultati del Piano di Indagini eseguito in conformità con le specifiche in esso contenute, il Proponente potrà procedere, se ritenuto necessario, alla predisposizione di indagini integrative mirate alla migliore definizione del Modello Concettuale Definitivo del sito.

Per indagini integrative si intendono quindi tutte le indagini mirate alla definizione dei parametri sito specifici necessari per l’applicazione dell’analisi di rischio ed eventualmente alla migliore calibrazione dei modelli di calcolo impiegati, che non sia stato possibile caratterizzare con le indagini iniziali.

Tali indagini possono includere: campionamenti e analisi di terreno e acque sotterranee con le modalità riportate ai paragrafi precedenti; prove specifiche per verificare la stabilità e la mobilità dei contaminanti (test di permeabilità, test di cessione, ecc.); prove e test in sito per verificare la naturale attenuazione dei contaminanti nel terreno e nelle acque sotterranee.

Tutte le indagini integrative proposte saranno dettagliatamente descritte e motivate in un documento tecnico che sarà presentato dal Proponente, prima dell’inizio dei lavori, alla Autorità Competenti, per eventuali prescrizioni.

RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DI CONTAMINAZIONE DEL SOTTOSUOLO

Tutti i risultati analitici ricavati nel corso delle fasi di indagine costituiscono la base di dati a cui riferirsi per definire il modello concettuale del sito e definire il grado e l'estensione della contaminazione nel sito.

L'obiettivo è quello di raccogliere e rappresentare tutti gli elementi che servono a definire: l'estensione dell'area da bonificare; i volumi di suolo contaminato; le caratteristiche rilevanti dell'ambiente naturale e costruito; il grado di inquinamento delle diverse matrici ambientali.

L'elaborazione dei risultati analitici deve esprimere l'incertezza del valore di concentrazione determinato per ciascun campione: in considerazione della eterogeneità delle matrici suolo, sottosuolo e materiali di riporto la deviazione standard per ogni valore di concentrazione determinato, da confrontare con i valori di concentrazione limite accettabili, dovrà essere stabilita sulla base del confronto delle metodologie che si intendono adottare per il campionamento e per le analisi dei campioni di terreno e di acqua.

Nella relazione che accompagna la presentazione dei risultati delle analisi devono essere riportati i metodi e calcoli statistici adottati nell'espressione dei risultati e della deviazione standard.

I risultati delle attività di indagine svolte sul sito e in laboratorio devono essere espressi sotto forma di tabelle di sintesi, di rappresentazioni grafiche e cartografiche, tra cui devono essere realizzate:

- carte geologiche, strutturali ed idrogeologiche;

- carte dell'ubicazione delle indagini svolte e dei punti di campionamento;

- carte piezometriche, con evidenziazione delle direzioni prevalenti di flusso e dei punti di misura;

- carte di rappresentazione della contaminazione.

In particolare, carte di rappresentazione della isoconcentrazione dei contaminanti (es. curve di isoconcentrazione) potranno essere utilizzate principalmente per le acque sotterranee e applicate alla contaminazione del terreno qualora le condizioni di omogeneità del sottosuolo lo consentano.

Per i Siti di Interesse nazionale, potrà essere realizzata una banca-dati informatizzata collegata ad un Sistema Informativo Territoriale (SIT/GIS) per permettere la precisa archiviazione di tutti dati relativi al sito e dei risultati di ogni tipo di investigazione.

ELABORAZIONE DI UN MODELLO CONCETTUALE DEFINITIVO DEL SITO

L’elaborazione di un Modello Concettuale Definitivo del sito è mirata alla rappresentazione dell’interazione tra lo stato di contaminazione del sottosuolo, ricostruita e rappresentata conformemente al paragrafo precedente, e l’ambiente naturale e/o costruito.

Il Modello Concettuale costituisce pertanto la base per l’applicazione dell’Analisi di Rischio che dovrà verificare gli scenari di esposizione in esso definiti.

Il Modello Concettuale Definitivo include:

• le caratteristiche specifiche del sito in termini di stato delle potenziali fonti della contaminazione (attive, non attive, in sicurezza, ecc.);

• grado ed estensione della contaminazione del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee del sito e dell'ambiente da questo influenzato; a tale fine dovranno essere individuati dei parametri specifici di rappresentazione (ad esempio; concentrazione media della sorgente secondaria di contaminazione);

• percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati nello scenario attuale (siti in esercizio) o nello scenario futuro (in caso di riqualificazione dell’area).

Informazioni di dettaglio sulla formulazione del Modello Concettuale Definitivo ai fini dell’applicazione dell’Analisi di Rischio sono riportate nell’Allegato 1. In particolare, nel caso di siti in esercizio, il modello concettuale dovrà inoltre includere tutte le informazioni necessarie per stabilire le priorità di intervento per la eventuale verifica delle sorgenti primarie di contaminazione e la messa in sicurezza e bonifica del sottosuolo.

Parte integrante del modello concettuale del sito è la definizione del modello idrogeologico dell’area che descrive in dettaglio le caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.

IDENTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE RESIDUA ACCETTABILI

Fatto salvo quanto previsto per i casi in cui si applicano le procedure semplificate di cui in Allegato 4, la Caratterizzazione del sito si riterrà conclusa con la definizione da parte del Proponente e l’approvazione da parte delle Autorità Competenti, dei livelli di concentrazione residua accettabili nel terreno e nelle acque sotterranee mediante l’applicazione dell’analisi di rischio secondo quanto previsto dall’Allegato 1.

L’Analisi di Rischio dovrà essere sviluppata verificando i percorsi di esposizione attivi individuati dal Modello Concettuale di cui al paragrafo precedente.

 

ALLEGATO 3

CRITERI GENERALI PER LA SELEZIONE E L’ESECUZIONE DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE, DI MESSA IN SICUREZZA (D’URGENZA, OPERATIVA O PERMANENTE), NONCHÈ PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE MIGLIORI TECNICHE D’INTERVENTO A COSTI SOPPORTABILI

Premessa

Il presente allegato si propone di illustrare i criteri generali da seguire sia nella selezione che nell’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza d’urgenza, messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente, nonché degli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo.

Sono presentate, quindi, le diverse opzioni da prendere in considerazione sia per pervenire ad un’effettiva eliminazione/riduzione della contaminazione, sia per conseguire un’efficace azione di protezione delle matrici ambientali influenzate dagli effetti del sito, mediante la messa in sicurezza dello stesso, qualora le tecniche di bonifica dovessero risultare meno efficaci, ovvero non sostenibili economicamente ovvero non compatibili con la prosecuzione delle attività produttive.

Per i siti “in esercizio”, infatti, laddove un intervento di bonifica intensivo comporterebbe delle limitazioni se non l’interruzione delle attività di produzione, il soggetto responsabile dell’inquinamento o il proprietario del sito può ricorrere, in alternativa, ad interventi altrettanto efficaci di messa in sicurezza dell’intero sito, finalizzati alla protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all’interno dello stesso, e provvedere gradualmente all’eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati, rimandando la bonifica alla dismissione delle attività.

Le modalità di gestione dei rifiuti e delle acque di scarico, o meglio, gli accorgimenti tecnici che possono essere previsti e progettati per evitare la produzione di rifiuti (per es. il riutilizzo delle acque e dei terreni) incidono in maniera determinante sui costi di un intervento a parità di obiettivi di bonifica o di messa in sicurezza da raggiungere.

Tale situazione è particolarmente rilevante nel caso di siti in esercizio.

Criteri generali per gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza

Interventi di bonifica

La bonifica di un sito inquinato è finalizzata ad eliminare l'inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti in suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d'uso prevista o ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) definiti in base ad una metodologia di Analisi di Rischio condotta per il sito specifico sulla base dei criteri indicati nell'Allegato 1.

Interventi di messa in sicurezza

Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati alla rimozione e all’isolamento delle fonti inquinanti, e al contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con l’uomo e con i recettori ambientali circostanti.

Essi hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione (messa in sicurezza d’urgenza), ovvero di continuità e compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio (messa in sicurezza operativa), ovvero di definitività nei casi in cui, nei siti non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili di cui al presente allegato (messa in sicurezza permanente).

La messa in sicurezza di un sito inquinato è comprensiva delle azioni di monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica nel tempo delle soluzioni adottate ed il mantenimento dei valori di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali interessate al di sotto dei valori soglia di rischio (CSR).

Gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza devono essere condotti secondo i seguenti criteri tecnici generali:

a) privilegiare le tecniche di bonifica che riducono permanentemente e significativamente la concentrazione nelle diverse matrici ambientali, gli effetti tossici e la mobilità delle sostanze inquinanti;

b) privilegiare le tecniche di bonifica tendenti a trattare e riutilizzare il suolo nel sito, trattamento in-situ ed on-site del suolo contaminato, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e messa a discarica di terreno inquinato;

c) privilegiare le tecniche di bonifica/messa in sicurezza permanente che blocchino le sostanze inquinanti in composti chimici stabili (ed es. fasi cristalline stabili per metalli pesanti).

a) privilegiare le tecniche di bonifica che permettono il trattamento e il riutilizzo nel sito anche dei materiali eterogenei o di risulta utilizzati nel sito come materiali di riempimento;

b) prevedere il riutilizzo del suolo e dei materiali eterogenei sottoposti a trattamenti off-site sia nel sito medesimo che in altri siti che presentino le caratteristiche ambientali e sanitarie adeguate;

c) privilegiare negli interventi di bonifica e ripristino ambientale l'impiego di materiali organici di adeguata qualità provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) evitare ogni rischio aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell'aria, delle acque sotterranee e superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori e odori;

e) evitare rischi igienico-sanitari per la popolazione durante lo svolgimento degli interventi;

f) adeguare gli interventi di ripristino ambientale alla destinazione d'uso e alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche dell'area.

g) per la messa in sicurezza privilegiare gli interventi che permettano il trattamento in situ ed il riutilizzo industriale dei terreni, dei materiali di risulta e delle acque estratte dal sottosuolo, al fine di conseguire una riduzione del volume di rifiuti prodotti e della loro pericolosità;

h) adeguare le misure di sicurezza alle caratteristiche specifiche del sito e dell'ambiente da questo influenzato;

i) evitare ogni possibile peggioramento dell’ambiente e del paesaggio dovuto dalle opere da realizzare.

Nel progetto relativo agli interventi da adottare si dovrà presentare, infatti, una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento applicabili al sito in esame, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell'area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni residue, tempi di esecuzione, impatto sull'ambiente circostante degli interventi; questa analisi deve essere corredata da un'analisi dei costi delle diverse tecnologie.

Le alternative presentate dovranno permettere di comparare l'efficacia delle tecnologie anche in considerazione delle risorse economiche disponibili per l’esecuzione degli interventi.

Nel progetto si dovrà inoltre indicare se, qualora previste, si dovrà procedere alla rimozione o al mantenimento a lungo termine delle misure di sicurezza, e dei relativi controlli e monitoraggi.

Messa in sicurezza d'urgenza

Gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono mirati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie, ad evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate e matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto diretto della popolazione con la contaminazione presente.

Gli interventi di messa in sicurezza d’urgenza devono essere attuati tempestivamente a seguito di incidenti o all'individuazione di una chiara situazione di pericolo di inquinamento dell'ambiente o di rischio per la salute umana, per rimuovere o isolare le fonti di contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare pericoli immediati verso l'uomo e l'ambiente circostante. Tali interventi, in assenza di dati specifici, vengono definiti in base ad ipotesi cautelative.

Di seguito vengono riportate le principali tipologie di interventi di messa in sicurezza d’urgenza:

- rimozione dei rifiuti ammassati in superficie, svuotamento di vasche, raccolta sostanze pericolose sversate;

- pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei;

- installazione di recinzioni, segnali di pericolo e altre misure di sicurezza e sorveglianza;

- installazione di trincee drenanti di recupero e controllo; - costruzione o stabilizzazione di argini;

- copertura o impermeabilizzazione temporanea di suoli e fanghi contaminati;

- rimozione o svuotamento di bidoni o container abbandonati, contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi.

In caso di adozione di interventi di messa in sicurezza d’urgenza sono previste attività di monitoraggio e controllo finalizzate a verificare il permanere nel tempo delle condizioni che assicurano la protezione ambientale e della salute pubblica.

Messa in sicurezza operativa

Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti contaminati in cui siano presenti attività produttive in esercizio.

Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute pubblica e per l’ambiente a livelli di accettabilità attraverso il contenimento degli inquinanti all’interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie mediante tecniche che siano compatibili col proseguimento delle attività produttive svolte nell’ambito del sito.

Gli interventi di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da idonei sistemi di monitoraggio e controllo atti a verificare l’efficacia delle misure adottate e il mantenimento nel tempo delle condizioni di accettabilità del rischio.

È opportuno progettare tali interventi dopo aver eseguito la caratterizzazione ambientale del sito, finalizzata ad un’analisi di rischio sito-specifica.

Devono pertanto essere acquisite sufficienti informazioni sulla contaminazione presente, sulle caratteristiche degli acquiferi sottostanti e delle altre possibili vie di migrazione degli inquinanti, sui possibili punti di esposizione, e sui probabili bersagli ambientali ed umani.

Nelle operazioni di messa in sicurezza devono essere privilegiate le soluzioni tecniche che consentano di minimizzare la produzione di rifiuti e pertanto favoriscano:

- il trattamento on-site ed il riutilizzo del terreno eventualmente estratto dal sottosuolo;

- il riutilizzo nel sito come materiali di riempimento anche dei materiali eterogenei e di risulta;

- la reintroduzione nel ciclo di lavorazione delle materie prime recuperate;

- il risparmio idrico mediante il riutilizzo industriale delle acque emunte dal sottosuolo;

Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in:

- mitigative;

- di contenimento.

Misure mitigative

Per misure mitigative della messa in sicurezza operativa si intendono gli interventi finalizzati ad isolare, immobilizzare, rimuovere gli inquinanti dispersi nel suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee.

Esse sono attuate in particolare con:

- sistemi fissi o mobili di emungimento e recupero con estrazione monofase o plurifase;

- trincee drenanti;

- sistemi di ventilazione del sottosuolo insaturo e degli acquiferi ed estrazione dei vapori;

- sistemi gestionali di pronto intervento in caso di incidente che provochi il rilascio di sostanze inquinanti sul suolo, sottosuolo, corpi idrici;

Misure di contenimento

Esse hanno il compito di impedire la migrazione dei contaminanti verso ricettori ambientali sensibili, quali acque superficiali e sotterranee. Esse sono generalmente applicate in prossimità dei confini del sito produttivo.

Esse si dividono in:

- misure di sbarramento passive di natura fisica o statica;

- misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica;

- misure di sbarramento reattive di natura chimica.

Tra le prime si possono elencare:

- barriere o diaframmi verticali in acciaio o in altri materiali impermeabili; essi possono essere realizzati mediante infissione, escavazione, gettiniezione, iniezione, congelamento, miscelazione in situ, o misti di due o più delle precedenti tipologie;

- sistemi di impermeabilizzazione sotterranei e di immobilizzazione degli inquinanti.

Tra le misure attive e di natura idraulica vi sono:

- sbarramenti realizzati con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee;

- trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate di sistemi di prelievo di acque contaminate;

- sistemi idraulici di stabilizzazione degli acquiferi sotterranei;

Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano l’abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante sistemi costituiti da sezioni filtranti in cui vengono inserirti materiali in grado di degradare i contaminanti (barriere reattive permeabili).

Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente

Tali tipologie possono considerarsi come interventi definitivi da realizzarsi sul sito non interessato da attività produttive in esercizio, al fine di renderlo fruibile per gli utilizzi previsti dagli strumenti urbanistici.

La definizione e la realizzazione degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono essere precedute da un'accurata attività di caratterizzazione del sito inquinato e dell'area soggetta agli effetti dell'inquinamento presente nel sito, sulla base dei criteri di cui all’Allegato 2.

Gli obiettivi di bonifica o della messa in sicurezza permanente sono determinati mediante un’analisi di rischio condotta per il sito specifico secondo i criteri di cui all’Allegato 1, e devono tener conto della specifica destinazione d’uso prevista.

La scelta della soluzione da adottare tiene conto del processo di valutazione dei benefici ambientali e della sostenibilità dei costi delle diverse tecniche applicabili, secondo i criteri di seguito, anche in relazione alla destinazione d’uso del sito.

La definizione di un programma di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato può essere schematizzata in questo modo:

- definizione della destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti urbanistici;

- acquisizione dei dati di caratterizzazione del sito, dell'ambiente e del territorio influenzati, secondo i criteri definiti nell’Allegato 2;

- definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell’Allegato 1, e selezione della tecnica di bonifica.

- selezione della tecnica di bonifica e definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell’Allegato 1;

- selezione delle eventuali misure di sicurezza aggiuntive;

- studio della compatibilità ambientale degli interventi;

- definizione dei criteri di accettazione dei risultati;

- controllo e monitoraggio degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente e delle eventuali misure di sicurezza,

- definizione delle eventuali limitazioni e prescrizioni all'uso del sito.

Gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor impatto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

Il sistema di classificazione generalmente adottato per individuare la tipologia di intervento definisce:

- interventi in-situ: effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo;

- interventi ex situ on-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell'area del sito stesso e possibile riutilizzo;

- interventi ex situ off-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato fuori dal sito stesso, per avviare i materiali e il suolo negli impianti di trattamento autorizzati o in discarica.

Il collaudo degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente dovrà valutare la rispondenza tra il progetto definitivo e la realizzazione in termini di:

- raggiungimento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) o di concentrazioni soglia di rischio (CSR) in caso di intervento di bonifica;

- efficacia delle misure di sicurezza in caso di messa in sicurezza permanente, in particolare di quelle adottate al fine di impedire la migrazione degli inquinanti all’esterno dell’area oggetto dell’intervento;

- efficienza di sistemi, tecnologie, strumenti e mezzi utilizzati per la bonifica/messa in sicurezza permanente, sia durante l'esecuzione che al termine delle attività di bonifica e ripristino ambientale o della messa in sicurezza permanente.

Protezione dei lavoratori

L'applicazione di un intervento di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato deve garantire che non si verifichino emissioni di sostanze o prodotti intermedi pericolosi per la salute degli operatori che operano sul sito, sia durante l'esecuzione delle indagini, dei sopralluoghi, del monitoraggio, del campionamento e degli interventi.

Per ciascun sito in cui i lavoratori sono potenzialmente esposti a sostanze pericolose sarà previsto un piano di protezione con lo scopo di indicare i pericoli per la sicurezza e la salute che possono esistere in ogni fase operativa ed identificare le procedure per la protezione dei dipendenti. Il piano di protezione sarà definito in conformità a quanto previsto dalle norme vigenti in materia di protezione dei lavoratori.

Monitoraggio

Le azioni di monitoraggio e controllo devono essere effettuate nel corso e al termine di tutte le fasi previste per la messa in sicurezza, per la bonifica e il ripristino ambientale del sito inquinato, al fine di verificare l'efficacia degli interventi nel raggiungere gli obiettivi prefissati.

In particolare:

- al termine delle azioni di messa in sicurezza d'emergenza e operativa;

- a seguito della realizzazione delle misure di sicurezza a valle della bonifica, per verificare che: i valori di contaminazione nelle matrici ambientali influenzate dal sito corrispondano ai livelli di concentrazione residui accettati in fase di progettazione; non siano in atto fenomeni di migrazione dell'inquinamento; sia tutelata la salute pubblica;

- nel corso delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente per verificare la congruità con i requisiti di progetto;

- a seguito del completamento delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale, per verificare, durante un congruo periodo di tempo, l’efficacia dell'intervento di bonifica e delle misure di sicurezza.

Criteri generali per gli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo

a) L'uso di inoculi costituiti da microrganismi geneticamente modificati (MGM) negli interventi di bonifica biologica di suolo, sottosuolo, acque sotterranee o superficiali è consentito limitatamente a sistemi di trattamento completamente chiusi, di seguito indicati come bioreattori. Per bioreattori si intendono strutture nelle quali è possibile isolare completamente dall'ambiente esterno le matrici da bonificare, una volta asportate dalla giacitura originaria. In questo caso, le reazioni biologiche avvengono all'interno di contenitori le cui vie di ingresso (per l'alimentazione) e di uscita (per il monitoraggio del processo e lo scarico) devono essere a tenuta, in modo da prevenire il rilascio di agenti biologici nell'ambiente circostante.

b) Nei casi previsti in a) è consentito l'impiego di soli MGM appartenenti al Gruppo 1 di cui alla direttiva 90/219/CEE, recepita col D.Lgs. 3 marzo 1993, con emendamenti introdotti dalla Direttiva 94/51/CEE.

c) Il titolare dell'intervento di bonifica che intenda avvalersi di MGM, limitatamente a quanto specificato al capoverso a) deve inoltrare documentata richiesta al Ministero dell'ambiente (o ad altra autorità competente da designarsi), fornendo le informazioni specificate nell'allegato VB della succitata direttiva. L'impiego di MGM del Gruppo 1 in sistemi chiusi può avvenire solo previo rilascio di autorizzazione da parte dell'autorità competente, la quale è obbligata a pronunciarsi entro 90 giorni dall'inoltro della richiesta da parte del titolare dell'intervento di bonifica.

d) Una volta terminato il ciclo di trattamento in bioreattore, le matrici, prima di una eventuale ricollocazione nella giacitura originaria, devono essere sottoposte a procedure atte a favorire una diffusa ricolonizzazione da parte di comunità microbiche naturali, in modo da ricondurre il numero dei MGM inoculati a valori < 10³ UFC (unità formanti colonie) per g di suolo o mL di acqua sottoposti a trattamento di bonifica.

e) Non sono soggetti a limitazioni particolari, anche per gli interventi di bonifica condotti in sistemi non confinati, gli interventi di amplificazione (bioaugmentation) delle comunità microbiche degradatrici autoctone alle matrici da sottoporre a trattamento biologico ovvero l'inoculazione delle stesse con microrganismi o consorzi microbici naturali, fatta salva la non patogenicità di questi per l'uomo, gli animali e le piante.

Migliori tecniche disponibili (BAT)

Principi generali e strumenti per la selezione delle migliori tecniche disponibili (BAT)

La scelta della migliore tra le possibili tipologie di intervento descritte nei paragrafi precedenti applicabile in un determinato caso di inquinamento di un sito comporta il bilanciamento di vari interessi in presenza di numerose variabili, sia di ordine generale che soprattutto sito-specifiche, quali in particolare:

- il livello di protezione dell’ambiente che sarebbe desiderabile conseguire;

- l’esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di conseguire e mantenere nel tempo detti livelli di protezione;

- l’entità dei costi di progettazione, realizzazione, gestione monitoraggio, etc. da sostenere nelle varie fasi dell’intervento.

La formulazione più evoluta cui deve ispirarsi tale bilanciamento di interessi è data dalla definizione di “migliori tecniche disponibili”, contenuta nella Direttiva 96/61/CE, recepita nel nostro ordinamento, che per la prevenzione ed il controllo integrati dell’inquinamento di talune categorie di impianti considera tale “la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso”. E specifica che si intende per

- «tecniche», sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto;

- «disponibili», le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;

- «migliori», le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Strumenti di supporto nel processo decisionale che porta alla scelta sito-specifica della “migliore tecnica disponibile” da adottare sono costituiti dalle metodiche di analisi costi - efficacia e/o costi – benefici.

 

ALLEGATO 4

CRITERI GENERALI PER L’APPLICAZIONE DI PROCEDURE SEMPLIFICATE

PREMESSA

Il presente allegato riporta le procedure amministrative e tecnico/operative con le quali gestire situazioni di rischio concreto o potenziale di superamento delle soglie di contaminazione (CSC) per i siti di ridotte dimensioni (quali, ad esempio, la rete di distribuzione carburanti) oppure per eventi accidentali che interessino aree circoscritte, anche nell’ambito di siti industriali, di superficie non superiore a 1000 metri quadri.

CRITERI GENERALI

Il principio che guida gli interventi si basa sulla semplificazione delle procedure amministrative da seguire nel caso di superamento delle CSC nei casi di cui al punto precedente.

PROCEDURE AMMINISTRATIVE

Nel caso in cui anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti presenti in una delle matrici ambientali risulti superiore ai valori delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), il responsabile deve effettuare una comunicazione di potenziale contaminazione di sito con le seguenti modalità:

1. Comunicazione a Comune, Provincia e Regione territorialmente competente, della constatazione del superamento o del pericolo di superamento delle soglie di contaminazione CSC;

2. -1° caso

Qualora gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza effettuati riportino i valori di contaminazione del sito al di sotto delle CSC, la comunicazione di cui al punto precedente sarà aggiornata, entro trenta giorni, con una relazione tecnica che descriva gli interventi effettuati ed eventuale autocertificazione di avvenuto ripristino della situazione antecedente il superamento con annullamento della comunicazione.

- 2°caso

Qualora invece oltre agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza siano necessari interventi di bonifica, il soggetto responsabile può scegliere una delle seguenti alternative:

a) Bonifica riportando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di contaminazione CSC (senza effettuare l’analisi di rischio).

b) Bonifica portando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di rischio CSR effettuando l’analisi di rischio sulla base dei criteri di cui all’allegato 1.

In entrambi i casi verrà presentato alle Autorità competenti un unico progetto di bonifica che comprenderà:

1. la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,

2. gli eventuali interventi di messa in sicurezza d’emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell’ambiente,

3. la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base:

a) dei risultati della caratterizzazione per riportare la contaminazione ai valori di CSC;

oppure

b) dell’analisi di rischio sito-specifica di cui all’allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.

Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro 60 giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell’esecuzione degli interventi di bonifica.

- 3° caso

Qualora si riscontri una contaminazione della falda, il soggetto responsabile provvederà alla presentazione alle autorità competenti entro novembre di un unico progetto di bonifica che comprenderà:

1) la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,

2) gli eventuali interventi di messa in sicurezza d’emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell’ambiente,

3) la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base dell’analisi di rischio sito-specifica di cui all’allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.

Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell’esecuzione degli interventi di bonifica.

4. notifica di ultimazione interventi per richiesta di certificazione da parte dell’autorità competente.

Procedure Tecniche e Operative

Attività di Messa in sicurezza d’urgenza

Le attività di messa in sicurezza d’urgenza vengono realizzate a partire dalla individuazione della sorgente di contaminazione, allo scopo di evitare la diffusione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate; tali attività possono essere sostitutive degli interventi di bonifica qualora si dimostri che tramite gli interventi effettuati non sussista più il superamento delle CSC.

Le attività di messa in sicurezza d’urgenza vanno in deroga a qualsiasi autorizzazione, concessione, o nulla osta eventualmente necessario per lo svolgimento delle attività inerenti l’intervento.

Caratterizzazione del sito

Per la caratterizzazione del sito valgono i criteri generali di cui all’allegato 2 viste le ridotte dimensioni dei siti oggetto della procedura, si definisce essere 3 il numero minimo di perforazioni da attrezzare eventualmente a piezometro qualora si supponga una contaminazione della falda.

A integrazione delle indagini dirette posso essere previste indagini indirette (rilievi geofisici, soil gas survey, etc. ) al fine di ottenere un quadro ambientale più esaustivo. Non è richiesta la elaborazione di un GIS/SIT.

Analisi di rischio sito–specifica (casi 2 b e 3 di cui al punto precedente)

I risultati della caratterizzazione serviranno alla definizione del Modello Concettuale Definitivo; tale strumento sarà la base per la costruzione e la esecuzione dell’analisi di rischio sito-specifica secondo i criteri di cui in Allegato 1.

Bonifica (casi 2 a e b , 3 di cui al punto precedente)

Ove dall’indagine di caratterizzazione e successivamente dall’analisi di rischio emergesse la necessità di eseguire interventi di bonifica del sito, gli stessi verranno realizzati secondo i criteri previsti dalla normativa vigente.

La scelta della tecnologia da applicare al caso specifico di inquinamento deve scaturire da un processo decisionale nel quale devono essere presi in considerazione non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli economici.

 

ALLEGATO 5

 

Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti

 

Tabella 1: Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare [1578]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A

B

 

 

Siti ad uso Verde pubblico, privato e residenziale(mg kg-1 espressi come ss)

Siti ad uso Commerciale e Industriale(mg kg-1 espressi come ss)

 

Composti inorganici

 

 

1

Antimonio

10

30

2

Arsenico

20

50

3

Berillio

2

10

4

Cadmio

2

15

5

Cobalto

20

250

6

Cromo totale

150

800

7

Cromo VI

2

15

8

Mercurio

1

5

9

Nichel

120

500

10

Piombo

100

1000

11

Rame

120

600

12

Selenio

3

15

13

Composti organo-stannici

1

350

14

Tallio

1

10

15

Vanadio

90

250

16

Zinco

150

1500

17

Cianuri (liberi)

1

100

18

Fluoruri

100

2000

 

Aromatici

 

 

19

Benzene

0.1

2

20

Etilbenzene

0.5

50

21

Stirene

0.5

50

22

Toluene

0.5

50

23

Xilene

0.5

50

24

Sommatoria organici aromatici (da 20 a 23)

1

100

 

Aromatici policiclici(1)

 

 

25

Benzo(a)antracene

0.5

10

26

Benzo(a)pirene

0.1

10

27

Benzo(b)fluorantene

0.5

10

28

Benzo(k,)fluorantene

0.5

10

29

Benzo(g, h, i,)terilene

0.1

10

30

Crisene

5

50

31

Dibenzo(a,e)pirene

0.1

10

32

Dibenzo(a,l)pirene

0.1

10

33

Dibenzo(a,i)pirene

0.1

10

34

Dibenzo(a,h)pirene.

0.1

10

35

Dibenzo(a,h)antracene

0.1

10

36

Indenopirene

0.1

  5

37

Pirene

5

50

38

Sommatoria policiclici aromatici (da 25 a 34)

10

100

 

Alifatici clorurati cancerogeni (1)

 

 

39

Clorometano

0.1

5

40

Diclorometano

0.1

5

41

Triclorometano

0.1

5

42

Cloruro di Vinile

0.01

0.1

43

1,2-Dicloroetano

0.2

5

44

1,1 Dicloroetilene

0.1

1

45

Tricloroetilene

1

10

46

Tetracloroetilene (PCE)

0.5

20

 

Alifatici clorurati non cancerogeni (1)

 

 

47

1,1-Dicloroetano

0.5

30

48

1,2-Dicloroetilene

0.3

15

49

1,1,1-Tricloroetano

0.5

50

50

1,2-Dicloropropano

0.3

5

51

1,1,2-Tricloroetano

0.5

15

52

1,2,3-Tricloropropano

1

10

53

1,1,2,2-Tetracloroetano

0.5

10

 

Alifatici alogenati Cancerogeni (1)

 

 

54

Tribromometano(bromoformio)

0.5

10

55

1,2-Dibromoetano

0.01

0.1

56

Dibromoclorometano

0.5

10

57

Bromodiclorometano

0.5 

10 

 

Nitrobenzeni

 

 

58

Nitrobenzene

0.5

30

59

1,2-Dinitrobenzene

0.1

25

60

1,3-Dinitrobenzene

0.1

25

61

Cloronitrobenzeni

0.1

10

 

Clorobenzeni (1)

 

 

62

Monoclorobenzene

0.5

50

63

Diclorobenzeni non cancerogeni (1,2-diclorobenzene)

1

50

64

Diclorobenzeni cancerogeni (1,4 - diclorobenzene)

0.1

10

65

1,2,4 -triclorobenzene

1

50

66

1,2,4,5-tetracloro-benzene

1

25

67

Pentaclorobenzene

0.1

50

68

Esaclorobenzene

0.05

5

69

Fenoli non clorurati (1)

 

 

70

Metilfenolo(o-, m-, p-)

0.1

25

71

Fenolo

1

60

 

Fenoli clorurati (1)

 

 

72

2-clorofenolo

0.5

25

73

2,4-diclorofenolo

0.5

50

74

2,4,6 - triclorofenolo

0.01

5

75

Pentaclorofenolo

0.01

5

 

Ammine Aromatiche (1)

 

 

76

Anilina

0.05

5

77

o-Anisidina

0.1

10

78

m,p-Anisidina

0.1

10

79

Difenilamina

0.1

10 

80

p-Toluidina

0.1

5

81

Sommatoria Ammine Aromatiche (da 73 a 77)

0.5

25

 

Fitofarmaci

 

 

82

Alaclor

0.01

1

83

Aldrin

0.01

0.1

84

Atrazina

0.01

1

85

α-esacloroesano

0.01

0.1

86

β-esacloroesano

0.01

0.5

87

γ-esacloroesano (Lindano)

0.01

0.5

88

Clordano

0.01

0.1

89

DDD, DDT, DDE

0.01

0.1

90

Dieldrin

0.01

0.1

91

Endrin

0.01

2

 

Diossine e furani

 

 

92

Sommatoria PCDD, PCDF (conversione T.E.)

1x10-5

1x10-4

93

PCB

0.06

5

 

Idrocarburi

 

 

94

Idrocarburi Leggeri C inferiore o uguale a 12

10

250

95

Idrocarburi pesanti C superiore a 12

50

750

 

Altre sostanze

 

 

96

Amianto

1000 (*)

1000 (*)

97

Esteri dell'acido ftalico (ognuno)

10

60

 

 

 

 

 

(1) In Tabella sono selezionate, per ogni categoria chimica, alcune sostanze frequentemente rilevate nei siti contaminati. Per le sostanze non esplicitamente indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.

(*) Corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica (diffrattometria a raggi X oppure I.R.- Trasformata di Fourier)

 

Tabella 2. Concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee

 

N° ord

SOSTANZE

Valore limite (µ/l)

METALLI

 

 

1

Alluminio

200

2

Antimonio

5

3

Argento

10

4

Arsenico

10

5

Berillio

4

6

Cadmio

5

7

Cobalto

50

8

Cromo totale

50

9

Cromo (VI)

5

10

Ferro

200

11

Mercurio

1

12

Nichel

20

13

Piombo

10

14

Rame

1000

15

Selenio

10

16

Manganese

50

17

Tallio

2

18

Zinco

3000

 

INQUINANTI INORGANICI

 

19

Boro

1000

20

Cianuri liberi

50

21

Fluoruri

1500

22

Nitriti

500

23

Solfati (mg/L)

250

 

COMPOSTI ORGANICI AROMATICI

 

24

Benzene

1

25

Etilbenzene

50

26

Stirene

25

27

Toluene

15

28

para-Xilene

10

 

POLICLICI AROMATICI

 

29

Benzo(a) antracene

0.1

30

Benzo (a) pirene

0.01

31

Benzo (b) fluorantene

0.1

32

Benzo (k,) fluorantene

0.05

33

Benzo (g, h, i) perilene

0.01

34

Crisene

5

35

Dibenzo (a, h) antracene

0.01

36

Indeno (1,2,3 - c, d) pirene

0.1

37

Pirene

50

38

Sommatoria (31, 32, 33, 36 )

0.1

 

ALIFATICI CLORURATI CANCEROGENI

 

39

Clorometano

1.5

40

Triclorometano

0.15

41

Cloruro di Vinile

0.5

42

1,2-Dicloroetano

3

43

1,1 Dicloroetilene

0.05

44

Tricloroetilene

1.5

45

Tetracloroetilene

1.1

46

Esaclorobutadiene

0.15

47

Sommatoria organoalogenati

10

 

ALIFATICI CLORURATI NON CANCEROGENI

 

48

1,1 - Dicloroetano

810

49

1,2-Dicloroetilene

60

50

1,2-Dicloropropano

0.15

51

1,1,2 - Tricloroetano

0.2

52

1,2,3 - Tricloropropano

0.001

53

1,1,2,2, - Tetracloroetano

0.05

 

ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI

 

54

Tribromometano

0.3

55

1,2-Dibromoetano

0.001

56

Dibromoclorometano

0.13

57

Bromodiclorometano

0.17

 

NITROBENZENI

 

58

Nitrobenzene

3.5

59

1,2 - Dinitrobenzene

15

60

1,3 - Dinitrobenzene

3.7

61

Cloronitrobenzeni (ognuno)

0.5

 

CLOROBENZENI

 

62

Monoclorobenzene

40

63

1,2 Diclorobenzene

270

64

1,4 Diclorobenzene

0.5

65

1,2,4 Triclorobenzene

190

66

1,2,4,5 Tetraclorobenzene

1.8

67

Pentaclorobenzene

5

68

Esaclorobenzene

0.01

 

FENOLI E CLOROFENOLI

 

69

2-clorofenolo

180

70

2,4 Diclorofenolo

110

71

2,4,6 Triclorofenolo

5

72

Pentaclorofenolo

0.5

 

AMMINE AROMATICHE

 

73

Anilina

10

74

Difenilamina

910

75

p-toluidina

0.35

 

FITOFARMACI

 

76

Alaclor

0.1

77

Aldrin

0.03

78

Atrazina

0.3

79

alfa - esacloroesano

0.1

80

beta - esacloroesano

0.1

81

Gamma - esacloroesano (lindano)

0.1

82

Clordano

0.1

83

DDD, DDT, DDE

0.1

84

Dieldrin

0.03

85

Endrin

0.1

86

Sommatoria fitofarmaci

0.5

 

DIOSSINE E FURANI

 

87

Sommatoria PCDD, PCDF (conversione TEF)

4 x 10-6

 

ALTRE SOSTANZE

 

88

PCB

0.01

89

Acrilammide

0.1

90

Idrocarburi totali (espressi come n-esano)

350

91

Acido para - ftalico

37000

92

Amianto (fibre A > 10 mm) (*)

da definire

 

(*) Non sono disponibili dati di letteratura tranne il valore di 7 milioni fibre/l comunicato da ISS, ma giudicato da ANPA e dallo stesso ISS troppo elevato. Per la definizione del limite si propone un confronto con ARPA e Regioni.

 

 

ALLEGATI ALLA PARTE V

 

Allegato I [1579]

Valori di emissione e prescrizioni

 

Parte I

Disposizioni generali

1. Il presente allegato fissa, nella Parte II, i valori di emissione per le sostanze inquinanti, nella Parte III, i valori di emissione per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti e le relative prescrizioni. Per gli impianti previsti nella Parte III i valori di emissione ivi stabiliti si applicano in luogo di quelli stabiliti per le stesse sostanze nella Parte II. Per le sostanze per cui non sono stabiliti valori di emissione nella Parte III si applicano, anche per gli impianti previsti alla Parte III, i valori di emissione stabiliti alla Parte II. Per gli impianti delle installazioni di cui alla Parte Seconda del presente decreto, per i quali sono state emanate apposite BAT-AEL, i valori limite previsti nelle BAT-AEL, in relazione alle sostanze ivi considerate, si applicano in luogo di quelli previsti, per le stesse sostanze, alle Parti II e III del presente allegato.

2. Il presente allegato fissa, alla Parte IV, i valori di emissione e le prescrizioni relativi agli impianti per la coltivazione di idrocarburi e dei flussi geotermici. A tali impianti si applicano esclusivamente i valori di emissione e le prescrizioni ivi stabiliti.

3. Nei casi in cui le Parti II e III stabiliscano soglie di rilevanza delle emissioni, i valori di emissione, salvo diversamente previsto, devono essere rispettati solo se tali soglie sono raggiunte o superate.

4. L'autorità competente fa riferimento ai valori di emissione del presente allegato, nell'ambito dell'istruttoria autorizzativa prevista all'articolo 271, commi 5 e 7, che stabilisce i valori limite sulla base di una valutazione delle migliori tecniche disponibili, della normativa regionale e dei piani regionali di qualità dell'aria e di tutti gli altri parametri previsti da tali commi. L'autorizzazione deve specificamente indicare le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, previa valutazione della pertinenza di tali sostanze al ciclo produttivo degli stabilimenti da autorizzare.

5. Ove non espressamente specificato i limiti riportati nelle tabelle del presente allegato sono riferiti all'ossigeno di processo.

Parte II

Valori di emissione

1.1. Sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene (tabella A1)

In via generale le emissioni di sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene devono essere limitate nella maggiore misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio.

Per le sostanze della tabella A1, i valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Classe I

0,5 g/h

0,1 mg/Nm3

Classe II

5 g/h

1 mg/Nm3

Classe III

25 g/h

5 mg/Nm3

 

 

 

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;

- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze di classe I e alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, al fine del rispetto del limite in concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II

- in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.

Tabella A1

Classe I

 

 

-

Asbeso (crisotilo, crocidolite, amosite.

-

Dibenzo(a.e)pirene

 

antofillite, actinolite e tremolite

-

Dibenzo(a,h)pirene

-

Benzo(a)pirene

-

Dibenzo(a,i)pirene

-

Berillio e i suoi composti espressi come Be

-

Dibenzo(a,l)pirene

-

Dibenzo(a,h)antracene

-

Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)

-

2-naftilammina e suoi sali

-

Dimetilnitrosamina

-

Benzo(a)antracene

-

 

-

Benzo(b)fluorantene

-

Indeno (1,2,3-cd) pirene (1)

-

Benzo(j)fluorantene

-

5-Nitroacenaftene

-

Benzo(k)fluorantene

-

2-Nitronaftalene

-

Dibenzo(a,h)acridina

-

1-Metil-3-Nitro-1-Nitrosoguanidina

-

Dibenzo(a,j)acridina

 

 

 

 

 

 

(1) Il valore di emissione e la soglia di rilevanza previsti dal presente punto si applicano a decorrere dalla data indicata nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 281, comma 1.

Classe II

 

 

-

Arsenico e suoi composti, espressi

-

Benzidina e suoi sali

 

come As

-

4,4'-Metilen bis (2-Cloroanilina) e suoi

-

Cromo (VI) e suoi composti, espressi

 

sali

 

come Cr

-

Dietilsolfato

-

Cobalto e suoi composti, espressi

-

3,3'-Dimetilbenzidina e suoi sali

-

come Co

-

Esametilfosforotriamide

-

3,3'-Diclorobenzidina e suoi sali

-

2-Metilaziridina

-

Dimetilsolfato

-

Metil ONN Azossimetile Acetato

-

Etilenimmina

-

Sulfallate

-

Nichel e suoi composti espressi

-

Dimetilcarbammoilcloruro

-

come Ni (2)

-

3,3'-Dimetossibenzidina e suoi sali

-

4-aminobifenile e suoi sali

 

 

 

 

 

 

(2) Riferito ad emissioni in atmosfera nella forma respirabile ed insolubile.

Classe III

 

 

-

Acrilonitrile

-

N,N-Dimetilidrazina

-

Benzene

-

Idrazina

-

1,3-butadiene

-

Ossido di etilene

-

1-cloro-2,3-epossipropano (epicloridrina)

-

Etilentiourea

-

1,2-dibromoetano

-

2-Nitropropano

-

1,2-epossipropano

-

Bis-Clorometiletere

-

1,2-dicloroetano

-

3-Propanolide

-

vinile cloruro

-

1,3-Propansultone

-

1,3-Dicloro-2-propanolo

-

Stirene Ossido

-

Clorometil (Metil) Etere

 

 

 

 

 

 

1.2. Sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate (tabella A2)

Le emissioni di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate devono essere limitate nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio.

I valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Classe I

0,02 g/h

0,01 mg/Nm3

Classe II

0,5 g/h

0,5 mg/Nm3

 

 

 

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.

Tabella A2

CLASSE I

CLASSE II

Policlorodibenzodiossine

Policlorobifenili

Policlorodibenzofurani

Policlorotrifenili

 

Policloronaftaleni

 

 

2. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere (tabella B)

I valori di emissione sono quelli riportati nella tabella seguente:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Classe I

1 g/h

0,2 mg/Nm3

Classe II

5 g/h

1 mg/Nm3

Classe III

25 g/h

5 mg/Nm3

 

 

 

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati

a) ai fini del calcolo di flusso di massa e di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.

- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze della classe I e alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.

b) al fine del rispetto del limite di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II, ferme restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II; in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.

Ove non indicato diversamente nella tabella B devono essere considerate anche le eventuali quantità di sostanze presenti nell'effluente gassoso sotto forma di gas o vapore.

Tabella B

CLASSE I

- Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)

- Mercurio e suoi composti, espressi come Hg

- Tallio e suoi composti, espressi come TI

(1) Fatto salvo quanto previsto dalla Tabella A1

 

 

CLASSE II

- Selenio e suoi composti, espressi come Se

- Tellurio e suoi composti, espressi come Te

- Nichel e suoi composti, espressi cone Ni, in forma di polvere

 

 

CLASSE III

- Antimonio e suoi composti, espressi come Sb

- Cianuri, espressi come CN

- Cromo (III) e suoi composti, espressi come Cr

- Manganese e suoi composti, espressi come Mn

- Palladio e suoi composti, espressi come Pd

- Piombo e suoi composti, espressi come Pb

- Platino e suoi composti, espressi come Pt

- Quarzo in polvere, se sotto forma di silice cristallina, espressi come SiO2

- Rame e suoi composti, espressi come Cu

- Rodio e suoi composti, espressi come Rh

- Stagno e suoi composti, espressi come Sn

- Vanadio e suoi composti, espressi come V

 

3. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di gas o vapore (tabella C)

I valori di emissione sono:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Classe I

10 g/h

1 mg/Nm3

Classe II

50 g/h

5 mg/Nm3

Classe III

300 g/h

30 mg/Nm3

Classe IV

2000 g/h

250 mg/Nm3

Classe V

5000 g/h

500 mg/Nm3

 

 

 

I flussi di massa e i valori di emissione si riferiscono alle singole sostanze o famiglie di sostanze.

CLASSE I

- Clorocianuro

- Fosfina

- Fosgene

 

 

CLASSE II

- Acido cianidrico

- Bromo e suoi composti, espressi come acido bromidrico

- Cloro

- Fluoro e suoi composti, espressi come acido fluoridrico

- Idrogeno solforato

 

 

CLASSE III

- Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, esclusi clorocianuro e fosgene, espressi come acido cloridrico.

 

 

CLASSE IV

- Ammoniaca

 

 

CLASSE V

- Ossidi di azoto (monossido e biossido), espressi come biossido di azoto

- Ossidi di zolfo (biossido e triossido), espressi come biossido di zolfo.

 

4. Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri (tabella D)

I valori di emissione sono:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Classe I

25 g/h

5 mg/Nm3

Classe II

100 g/h

20 mg/Nm3

Classe III

2000 g/h

150 mg/Nm3

Classe IV

3000 g/h

300 mg/Nm3

Classe V

4000 g/h

600 mg/Nm3

 

 

 

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:

- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;

- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze di ogni classe devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi inferiori.

Al fine del rispetto del limite di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze di classe diverse, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe più elevata.

Per i composti organici sotto forma di polvere devono essere rispettate anche le condizioni contenute nel paragrafo 5.

Tabella D

Classe I

 

 

-

Anisidina

-

Etere diglicidilico

-

Butilmercaptano

-

Etilacrilato

-

Cloropicrina

-

Etilenimina

-

Diazometano

-

Etilemercaptano

-

Dicloroacetilene

-

Isocianati

-

Dinitrobenzene

-

Metilacrilato

-

Dinitrocresolo

-

Nitroglicerina

-

Esaclorobutadiene

-

Perclorometilmercaptano

-

Esaclorociclopentadiene

-

1,4-diossano

-

Esafluoroacetone

 

 

 

 

 

 

 

Classe II

 

 

-

Acetaldeide

-

2-Furaldeide Furfurolo

-

Acido cloroacetico

-

Iodoformio

-

Acido formico

-

Iosoforone

-

Acido tioglicolico

-

Iosopropilammina

-

Acido tricloroacetico

-

Metilacrilonitrile

-

Anidride ftalica

-

Metilammina

-

Anidride maleica

-

Metilanilina

-

Anilina

-

Metilbromuro

-

Benzilcloruro

-

Metil n-butilbromuro

-

Bifenile

-

Metilcloruro

-

Butilacrilato

-

Metil-2-cianoacrilato

Butilammina

-

Metilstirene

-

Canfora sintetica

-

2-Metossietanolo

-

Carbonio tetrabromuro

-

2-Metossietanolo acetato

-

Carbonio tetracloruro

-

Nitroetano

-

Cicloesilammina

-

Nitrometano

-

Cloroacetaldeide

-

1-Nitropropano

-

1-Cloro-1-nitropentano

-

Nitrotoluene

-

Cresoli

-

Piretro

-

Crotonaldeide

-

Piridina

-

1,2-Dibutilaminoetanolo

-

Piomboalchili

-

Dibutilfosfato o-diclorobenzene

-

2-Propenale

-

1,1-dicloroetilene

-

1,1,2,2,-tetracloroetano

-

Dicloroetiletere

-

Tetracloroetilene

-

Diclorofenolo

-

Tetranitrometano

-

Diclorometano

-

m, p toluidina

-

Dietilammina

-

Tributilfosfato

-

Difenilammina

-

Triclorofenolo

-

Diisopropilammina

-

Tricloroetilene

-

Dimetilammina

-

Triclorometano

-

Etilammina

-

Trietilammina

-

Etanolammina

-

Trimetilammina

-

2-etossietanolo

-

Trimetilfosfina

-

2-etossietilacetato

-

Vinilbromuro

-

Fenolo

-

Xilenolo (escluso 2,4-xilenolo)

-

Ftalati

-

Formaldeide

 

 

 

 

 

Classe III

 

 

-

Acido acrilico

-

N,N-Dimetilacetammide

-

Acetonitrile

-

N,N-Dimetilformammide

-

Acido propinico

-

Dipropilchetone

-

Acido acetico

-

Esametilendiammina

-

Alcool n-butilico

-

n-esano

-

Alcool iso-bitilico

-

Etilamilchetone

-

Alcool sec-butilico

-

Etilbenzene

-

Alcool terb-utilico

-

Etilbutilchetone

-

Alcool metilico

-

Etilenglicole

-

Butirraldeide

-

Isobutilglicidiletere

-

p-ter-butiltoluene

-

Isopropossietanolo

-

2-butossietanolo

-

Metilmetacrilato

-

Caprolattame

-

Metilamilchetone

-

Disolfuro di carbonio

-

o-metilcicloesanone

-

Cicloesanone

-

Metilcloroformio

-

Ciclopentadiene

-

Metilformiato

-

Clorobenzene

-

Metilisobutilchetone

-

2-cloro-l,3-butadiene

-

Metilisobutilcarbinolo

-

o-clorostirene

-

Naftalene

-

o-clorotoluente

-

Propilenglicole

-

p-clorotoluene

-

Propilenglicolemonometiletere

-

Cumene

-

Propionaldeide

-

Diacetonalcool

-

Stirene

-

1,4-diclorobenzene

-

Tetraidrofurano

-

1,1-dicloroetano

-

Trimetilbenzene

-

Dicloropropano

-

n-veratraldeide

-

Dietanolammina

-

Vinilacetato

-

Dietilformammide

-

Viniltoluene

-

Diisobutilchetone

-

2,4-xilenolo

 

 

 

 

 

Classe IV

 

 

-

Alcool propilico

-

Etilformiato

-

Alcool isopropilico

-

Metilacetato

-

n-amilacetato

-

Metiletilchetone

-

sec-amilacetato

-

Metilisopropilchetone

-

Benzoato di metile

-

N-metilpirrolidone

-

n-butilacetato

-

Pinene

-

isobutilacetato

-

n-propilacetato

-

Dietilchetone

-

iso-propilenacetato

-

Difluorodibromonetano

-

Toluene

-

Sec-esilacetato

-

Xilene

 

 

 

 

 

Classe V

 

 

-

Acetone

-

Esano tecnico

-

Alcool etilico

-

Etere isopropilico

-

Butano

-

Etilacetato

-

Cicloesano

-

Metilacetilene

-

Cicloesene

-

Metilcicloesano

-

Cloropentano

-

Pentano

-

Clorobromometano

-

1,1,1,2-tetracloro-2,2-difluoroetano

-

Clorodifluorometano

-

1,1,1,2-tetracloro-1,2-difluoroetano

-

Cloropentafluoroetano

-

Triclorofluorometano

-

Dibromodifluoroetano

-

1,1,2-tricloro-1,2,2-trifluoroetano

 

Dibutiletere

-

Trifluorometano

 

Diclorofluorometano

-

Trifluorobromometano

 

Diclorotetrafluoroetano

 

 

 

Dietiletere

 

 

 

Diisopropiletere Dimetiletere

 

 

 

Eptano

 

 

 

 

 

 

5. Polveri totali.

Il valore di emissione è pari a:

50 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore a 0,5 kg/h il valore di emissione;

150 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore alla soglia di rilevanza corrispondente a 0,1 kg/h ed è inferiore a 0,5 kg/h.

 

Parte III

Valori di emissione per specifiche tipologie di impianti

(1) Impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 50 MW

1.1. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili solidi.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili solidi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW)

≤5

>5

polveri

100-150 mg/ Nm3

50 mg/Nm3

COV

50 mg/Nm3

50 mg/ Nm3

ossidi di azoto (NO2)

650 mg/Nm3

650 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido

 

2000 mg/Nm3 per tutti gli altri impianti

I valori si considerano rispettati se sono utilizzati combustibili con contenuto di zolfo uguale o inferiore all'1%.

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili solidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW)

≥1 ÷ ≤5

>5

polveri

50 mg/Nm3

30 mg/Nm3 [1]

COV

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

650 mg/Nm3

650 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

1.100 mg/Nm3 [2]

400 mg/Nm3 [3]

[1] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW.

[2] 600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido.

[3] 1.100 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW (600 mg/Nm3 per quelli a letto fluido).

 

 

 

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili solidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW)

≥1 ÷ ≤5

>5

polveri

50 mg/Nm3

20 mg/Nm3 [1]

COV

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

300 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

400 mg/Nm3

400 mg/Nm3

[1] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW.

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse solide e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'11%.

Potenza termica nominale (MW)

>0,15 ÷ ≤3

>3 ÷ ≤6

>6 ÷ ≤20

>20

polveri [1]

100 mg/Nm3

30 mg/Nm3

30 mg/Nm3

30 mg/Nm3

carbonio organico totale (COT)

-

-

30 mg/Nm3

20 mg/Nm3

 

 

 

10 mg/Nm3 [2]

monossido di carbonio (CO)

350 mg/Nm3

300 mg/Nm3

250 mg/Nm3

200 mg/Nm3

 

 

 

150 mg/Nm3 [2]

100 mg/Nm3 [2]

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

500 mg/Nm3

400 mg/Nm3

400 mg/Nm3

 

 

 

300 mg/Nm3 [2]

200 mg/Nm3 [2]

ossidi di zolfo (SO2)

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

[1] 200 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica pari o superiore a 0,035 MW e non superiore a 0,15 MW.

[2] Valori medi giornalieri.

 

 

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse solide (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW)

>0,15 ÷ <1

≥1 ÷ ≤5

>5 ÷ ≤20

>20

polveri [1] [2]

75 mg/Nm3

45 mg/Nm3 [3]

45 mg/Nm3

30 mg/Nm3

 

 

30 mg/Nm3 [*]

 

carbonio organico totale (COT)

-

-

45 mg/Nm3

30 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

525 mg/Nm3

450 mg/Nm3

300 mg/Nm3

300 mg/Nm3

ammoniaca [4]

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2) [2]

650 mg/Nm3

650 mg/Nm3

600 mg/Nm3

450 mg/Nm3

525 mg/Nm3 [*]

450 mg/Nm3 [*]

300 mg/Nm3 [*][5]

300 mg/Nm3 [*][5]

ossidi di zolfo (SO2) [2] [6]

225 mg/Nm3

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] 150 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW.

[2] In caso di utilizzo di pollina si applicano, indipendentemente dalla potenza termica, valori pari a 10 mg/Nm3 per le polveri, 200 mg/Nm3 per gli ossidi di azoto e 50 mg/Nm3 per gli ossidi di zolfo.

[3] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 3 MW.

[4] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

[5] Se é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore guida si applica come media giornaliera. Se non é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore guida si applica come media oraria.

[6] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

 

 

 

 

 

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse solide e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW)

>0,15 ÷ ≤0,5

>0,5 ÷ <1

≥1 ÷ ≤5

>5 ÷ ≤20

>20

polveri [1] [2]

75 mg/Nm3

60 mg/Nm3

45mg/Nm3 [3]

30 mg/Nm3

20 mg/Nm3

45 mg/Nm3 [*]

45 mg/Nm3 [*]

15 mg/Nm3 [*]

15 mg/Nm3 [*]

15 mg/Nm3 [*]

carbonio organico totale (COT)

75 mg/Nm3

75 mg/Nm3

45 mg/Nm3

30 mg/Nm3

15 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

525 mg/Nm3

375 mg/Nm3

375 mg/Nm3

300 mg/Nm3

225 mg/Nm3

ammoniaca [4]

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

7,5 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2) [2]

500 mg/Nm3

500 mg/Nm3

500 mg/Nm3

300 mg/Nm3 [5]

300 mg/Nm3 [5]

300 mg/Nm3 [*]

ossidi di zolfo (SO2) [2] [6]

150 mg/Nm3

150 mg/Nm3

150 mg/Nm3

150 mg/Nm3

150 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] 105 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW.

[2] In caso di utilizzo di pollina si applicano, indipendentemente dalla potenza termica, valori pari a 10 mg/Nm3 per le polveri, 200 mg/Nm3 per gli ossidi di azoto e 50 mg/Nm3 per gli ossidi di zolfo.

[3] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 3 MW.

[4] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

[5] Se é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore si applica come media giornaliera. Se non é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore si applica come media oraria.

[6] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

 

 

 

 

 

 

1.2. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili liquidi.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3% e, se è utilizzata come combustibile la liscivia proveniente dalla produzione di cellulosa, 6%.

Potenza termica nominale (MW)

≤5

>5

Polveri [1]

150 mg/Nm3

100 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

500 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

1700 mg/Nm3 [2]

[1] Non si applica la parte II, paragrafo 2 se il valore limite è rispettato senza l'impiego di un impianto di abbattimento.

[2] Il valore si considera rispettato se sono utilizzati combustibili con contenuto di zolfo uguale o inferiore all'1%.

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≥1 ÷ ≤5

>5

polveri

50 mg/Nm3

30 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3 [1]

500 mg/Nm3 [1]

ossidi di zolfo (SO2)

350 mg/Nm3 [2]

350 mg/Nm3 [2] [3]

[1] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gasolio.

[2] Il valore si considera rispettato se é utilizzato gasolio.

[3] 850 mg/Nm3 fino al 1° gennaio 2027 in caso di impianti di potenza termica superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW alimentati a olio combustibile pesante.

 

 

 

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≥1 ÷ ≤5

>5

polveri

50 mg/Nm3

20 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

300 mg/Nm3 [1]

300 mg/Nm3 [1]

ossidi di zolfo (SO2)

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

[1] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gasolio

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse liquide (valori da rispettare entro le date previste dall'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biomasse liquide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 5

> 5

polveri

50 mg/Nm3

30 mg/Nm3

30 mg/Nm3 [*]

20 mg/Nm3 [*]

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

500 mg/Nm3

200 mg/Nm3 [*]

200 mg/Nm3 [*]

ossidi di zolfo (SO2)

350 mg/Nm3

350 mg/Nm3

200 mg/Nm3 [*]

200 mg/Nm3 [*]

monossido di carbonio (CO)

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

ammoniaca [1]

10 mg/Nm3

10 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse liquide e impianti di combustione a biomasse liquide di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 5

> 5

polveri

50 mg/Nm3

20 mg/Nm3

20 mg/Nm3 [*]

10 mg/Nm3 [*]

ossidi di azoto (NO2)

300 mg/Nm3

300 mg/Nm3

200 mg/Nm3 [*]

200 mg/Nm3 [*]

ossidi di zolfo (SO2)

350 mg/Nm3

350 mg/Nm3

200 mg/Nm3 [*]

200 mg/Nm3 [*]

monossido di carbonio (CO)

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

ammoniaca [1]

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

1.3. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

polveri

5 mg/Nm3 [1] [2]

ossidi di zolfo (SO2)

35 mg/Nm3 [2] [3]

ossidi di azoto (NO2)

350 mg/Nm3 [4]

[1] 15-20 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da altoforno.

[2] Il valore limite di emissione si considera rispettato se é utilizzato come combustibile metano o GPL.

[3] 1700 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da forno a coke; 800 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da forno a coke e gas da altoforno (o di acciaieria).

[4] Se il combustibile utilizzato é un gas di processo contenente composti dell'azoto non si applica un valore limite; le emissioni devono comunque essere ridotte per quanto possibile.

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 5

> 5

polveri

5 mg/Nm3 [1] [4]

5 mg/Nm3 [1] [4]

ossidi di azoto (NO2)

250 mg/Nm3

250 mg/Nm3 [2]

ossidi di zolfo (SO2)

35 mg/Nm3 [3] [4]

35 mg/Nm3 [3] [4]

[1] 15-20 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas da altoforno.

[2] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.

[3] 400 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgica; 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da altoforno dell'industria siderurgica.

[4] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

 

 

 

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 5

> 5

polveri

5 mg/Nm3 [3]

5 mg/Nm3 [3]

ossidi di azoto (NO2)

200 mg/Nm3 [1]

200 mg/Nm3 [1]

ossidi di zolfo (SO2)

35 mg/Nm3 [2] [3]

35 mg/Nm3 [2] [3]

[1] 100 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.

[2] 400 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgica; 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da altoforno dell'industria siderurgica.

[3] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas e impianti di combustione a biogas di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 3

> 3

ossidi di azoto (NO2)

300 mg/Nm3

200 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

150 mg/Nm3

100 mg/Nm3

carbonio organico totale (COT) [1]

20 mg/Nm3

20 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come 30 mg/Nm3 30 mg/Nm3 HCI)

[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

 

 

 

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 3

> 3 - ≤ 5

> 5

polveri

20 mg/Nm3

10 mg/Nm3

10 mg/Nm3

5 mg/Nm3 [*]

5 mg/Nm3 [*]

5 mg/Nm3 [*]

ossidi di azoto (NO2)

250 mg/Nm3

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

170 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

150 mg/Nm3

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3 [*]

 

 

carbonio organico totale (COT) [2]

20 mg/Nm3

20 mg/Nm3

20 mg/Nm3

ammoniaca [3]

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

 

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse e impianti di combustione a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 3

> 3 MW - ≤ 5

> 5

polveri

20 mg/Nm3

10 mg/Nm3

10 mg/Nm3

5 mg/Nm3 [*]

5 mg/Nm3 [*]

5 mg/Nm3 [*]

ossidi di azoto (NO2)

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

200 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

150 mg/Nm3

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3 [*]

 

 

carbonio organico totale (COT) [2]

20 mg/Nm3

20 mg/Nm3

20 mg/Nm3

Ammoniaca [3]

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione.

[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

 

1.4. Impianti multicombustibile

1.4.1. In caso di impiego simultaneo di due o più combustibili i valori di emissione sono determinati nel modo seguente:

- assumendo ai punti 1.1, 1.2 e 1.3 e 3 il valore di emissione relativo a ciascun combustibile e a ciascun inquinante

- calcolando i valori di emissione ponderati per combustibile; detti valori si ottengono moltiplicando ciascuno dei valori di emissione per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili

- addizionando i valori di emissione ponderati per combustibile.

1.4.2. In caso di impiego alternato di due o più combustibili i valori di emissione sono quelli relativi al combustibile di volta in volta utilizzato.

1.4.3. Per gli impianti multicombustibile a letto fluido si applicano, per le emissioni di polveri, i valori limite previsti ai sensi del presente punto 1.4 o, se più restrittivi, i seguenti:

- per impianti di potenza termica superiore a 5 MW: 50 mg/Nm3.

- per impianti di potenza termica uguale o inferiore a 5 MW: 150 mg/Nm3.

(2) Impianti di essiccazione

I valori di emissione per gli impianti di essiccazione nei quali i gas combusti o le fiamme vengono a contatto diretto con i materiali da essiccare si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%. Il presente paragrafo non si applica, salvo diversa disposizione autorizzativa, agli impianti di essiccazione di materiali agricoli.

(3) Motori fissi a combustione interna.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

[1]

monossido di carbonio

650 mg/Nm3

polveri

130 mg/Nm3

[1] 2000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza uguale o superiore a 3 MW; 4000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza inferiore a 3 MW; 500 mg/Nm3 per gli altri motori a quattro tempi; 800 mg/Nm3 per gli altri motori a due tempi.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

190 mg/Nm3 [1] [2] [3] [4]

monossido di carbonio

240 mg/Nm3

ossidi di zolfo

120 mg/Nm3 [5]

polveri

50 mg/Nm3 [6]

[1] In caso di motori diesel la cui costruzione é iniziata prima del 18 maggio 2006: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW.

[2] In caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;

[3] In caso di motori di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW: 250 mg/Nm3 se il motore é diesel oppure a due tempi.

[4] 225 mg/Nm3 in caso di motori a due tempi di potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW se sono utilizzati combustibili liquidi diversi dal gasolio.

[5] In caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio.

[6] 20 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW; 10 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale superiore a 20 MW.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

190 mg/Nm3 [1] [2] [3]

monossido di carbonio

240 mg/Nm3

ossidi di zolfo

120 mg/Nm3 [4]

polveri

50 mg/Nm3 [5]

[1] 225 mg/Nm3 in caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.

[2] 225 mg/Nm3 in caso di motori diesel alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.

[3] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a:

- per i motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;

- per i motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1.200 giri al minuto: 1.300 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;

- per i motori diesel di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW: 750 mg/Nm3;

- per i motori diesel a> 1.200 giri al minuto: 750 mg/Nm3.

I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.

[4] In caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio.

[5] 20 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW; 10 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale superiore a 5 MW.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

190 mg/Nm3 [1]

monossido di carbonio

240 mg/Nm3

ossidi di zolfo

15 mg/Nm3 [2] [3]

polveri

50 mg/Nm3

[1] 300 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione alimentati a combustibili gassosi in modalità a gas.

[2] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

[3] 130 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 65 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

190 [1] [2]

monossido di carbonio

240 mg/Nm3

ossidi di zolfo

15 mg/Nm3 [3]

polveri

50 mg/Nm3

[1] In caso di motori alimentati a gas naturale: 95 mg/Nm3 e, per i motori a doppia alimentazione in modalità a gas, 190 mg/Nm3.

[2] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a 300 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a gas. I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.

[3] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse liquide (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biomasse liquide installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

polveri

20 mg/Nm3 [1]

10 mg/Nm3 [*]

ossidi di azoto

190 mg/Nm3 [2] [3] [4] [5]

75mg/Nm3 [*]

ossidi di zolfo

120 mg/Nm3

75 mg/Nm3 [*]

monossido di carbonio

240 mg/Nm3

75 mg/Nm3 [*]

carbonio organico totale (COT)

20 mg/Nm3

ammoniaca [6]

5 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] 10 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 20 MW.

[2] In caso di motori diesel la cui costruzione é iniziata prima del 18 maggio 2006: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW.

[3] In caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;

[4] In caso di motori di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW: 250 mg/Nm3 se il motore é diesel oppure a due tempi.

[5] 225 mg/Nm3 in caso di motori a due tempi di potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.

[6] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse liquide e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biomasse liquide installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

polveri

20 mg/Nm3 [1]

10 mg/Nm3 [*]

ossidi di azoto

190 mg/Nm3 [2] [3] [4]

75 mg/Nm3 [*]

ossidi di zolfo

120 mg/Nm3

60 mg/Nm3 [*]

monossido di carbonio

240 mg/Nm3

75 mg/Nm3 [*]

carbonio organico totale (COT)

20 mg/Nm3

ammoniaca [5]

5 mg/Nm3

[1] 10 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 5 MW.

[2] 225 mg/Nm3 in caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.

[3] 225 mg/Nm3 in caso di motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.

[4] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a:

- per i motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;

- per i motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1.200 giri al minuto: 1.300 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;

- per i motori diesel di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW: 750 mg/Nm3;

- per i motori diesel a> 1.200 giri al minuto: 750 mg/Nm3.

I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.

[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas installati prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

Potenza termica nominale installata (MW)

≤ 3

> 3

ossidi di azoto

500 mg/Nm3

450 mg/Nm3

monossido di carbonio

800 mg/Nm3

650 mg/Nm3

carbonio organico totale (COT) [1]

100 mg/Nm3

100 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

10 mg/Nm3

10 mg/Nm3

[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

 

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste dall'articolo 273bis, comma 5) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas e gas di sintesi da gassificazione di biomasse installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 0,3

> 0,3 - ≤ 5

> 5

ossidi di azoto

190 mg/Nm3

190 mg/Nm3 [1]

170 mg/Nm3

150 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW

95 mg/Nm3 [*]

 

95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW

ossidi di zolfo

130

130 [2]

60

monossido di carbonio

300 mg/Nm3

300 mg/Nm3 [3]

240mg/Nm3

240 mg/Nm3 [*]

190 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW

95 mg/Nm3 [*]

 

 

95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW

carbonio organico totale (COT) [4]

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

ammoniaca [5]

4 mg/Nm3

4 mg/Nm3

4 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

4 mg/Nm3

4 mg/Nm3

4 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] 170 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.

[2] 60 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW.

[3] 240 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.

[4] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

 

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 0,3 MW

> 0,3 - ≤ 5 MW

> 5 MW

ossidi di azoto

190 mg/Nm3

190 mg/Nm3 [1]

170 mg/Nm3

 

150 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW

75 mg/Nm3 [*]

 

95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW

ossidi di zolfo

60 mg/Nm3

60 mg/Nm3 [2]

40

monossido di carbonio

300 mg/Nm3

300 mg/Nm3 [3]

240mg/Nm3

240 mg/Nm3 [*]

190 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 1,5 MW

95 mg/Nm3 [*]

 

 

95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW

carbonio organico totale (COT) [4]

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

ammoniaca [5]

2 mg/Nm3

2 mg/Nm3

2 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

2 mg/Nm3

2 mg/Nm3

2 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] 170 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.

[2] 40 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 1 MW.

[3] 240 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.

[4] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

 

(4) Turbine a gas fisse

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15 % (se la turbina a gas è accoppiata ad una caldaia di recupero con o senza sistema di postcombustione i valori di emissione misurati al camino della caldaia si riferiscono ad un tenore di ossigeno del 15%). Per le turbine utilizzate nei cicli combinati i valori di riferimento sono riferiti al combustibile principale.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

450 mg/Nm3 [1] [2] [3]

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

[1] 400 mg/Nm3 se il flusso in volume dei gas di scarico è uguale o superiore a 60.000 Nm3/h.

[2] 600 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gasolio.

[3] In caso di rendimento termico superiore al 30% i valori di emissione della tabella e delle note 1 e 2 sono calcolati aumentando i valori di emissione in proporzione all'aumento del rendimento.

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto

200 mg/Nm3 [1]

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

ossidi di zolfo

120 mg/Nm3

polveri

10 mg/Nm3 [2]

[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

[2] 20 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW.

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto [1]

75 mg/Nm3

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

ossidi di zolfo

120 mg/Nm3

polveri

10 mg/Nm3 [2]

[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

[2] 20 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

[2] 150 mg/Nm3 in caso di utilizzo è gas naturale.

ossidi di azoto [1]

200 mg/Nm3 [2]

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

ossidi di zolfo

15 mg/Nm3 [3] [4]

[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

[3] Il valore limite si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

[4] 130 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgia; 65 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

< 50

ossidi di azoto [1]

75 mg/Nm3 [2]

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

ossidi di zolfo

15 mg/Nm3 [3]

[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

[2] 50 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.

[3] Il valore limite si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentate a biogas installate prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 8

> 8 - ≤ 15

> 15 - ≤ 50

ossidi di azoto

150 mg/Nm3

80 mg/Nm3

80 mg/Nm3

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

80 mg/Nm3

60 mg/Nm3

carbonio organico totale (COT) [1]

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

 

 

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentate a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 8

> 8 - ≤ 15

> 15 MW - ≤ 50

ossidi di azoto [1]

180 mg/Nm3

75 mg/Nm3

75 mg/Nm3

75 mg/Nm3 [*]

 

 

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

80 mg/Nm3

60 mg/Nm3

80 mg/Nm3 [*]

 

 

ossidi di zolfo

60 mg/Nm3

60 mg/Nm3

60 mg/Nm3

35 mg/Nm3 [*]

35 mg/Nm3 [*]

35 mg/Nm3 [*]

carbonio organico totale (COT) [2]

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

ammoniaca [3]

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione.

[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

 

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi, alimentate a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW)

≤ 8

> 8 - ≤ 15

> 15 - ≤ 50

ossidi di azoto [1]

75 mg/Nm3

75 mg/Nm3

75 mg/Nm3

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

80 mg/Nm3

60 mg/Nm3

80 mg/Nm3 [*]

 

 

ossidi di zolfo

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

35 mg/Nm3 [*]

35 mg/Nm3 [*]

35 mg/Nm3 [*]

carbonio organico totale (COT) [2]

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

50 mg/Nm3

ammoniaca [3]

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

5 mg/Nm3

[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.

[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

 

 

 

 

(5) Cementifici

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

Ossidi di azoto

1800-3000 mg/Nm3

Ossidi di zolfo

600 mg/Nm3

 

1500 mg/Nm3 per i forni a via umida

 

 

(6) Forni per la calcinazione di bauxite, dolomite, gesso, calcare, diatomite, magnesite, quarzite

I valori di emissione di seguito riportati si riferiscono agli effluenti gassosi umidi, per gli impianti di produzione di calce spenta e di dolomite idrata.

- Cromo

Nella calcinazione di materiali contenenti cromo, il valore di emissione per il cromo [III] e i suoi composti, espressi come cromo, sotto forma di polvere è 10 mg/Nm3.

- Ossidi di azoto

II valore di emissione è 1800-3000 mg/Nm3.

- Composti del fluoro

Per i forni usati periodicamente per la calcinazione di quarzite, il valore di emissione di composti inorganici gassosi del fluoro espressi come acido fluoridrico è 10 mg/Nm3.

(7) Forni per la produzione di vetro

Per i forni a bacino a lavorazione continua i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'8% e per i forni a crogiolo e quelli a bacino a lavorazione giornaliera ad un tenore di ossigeno del 13%.

I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

 

Forni che utilizzano combustibile liquido

Forni che utilizzano combustibile gassoso

Forni a crogiolo

1200 mg/Nm3

1200 mg/Nm3

Forni a bacino con recupero di calore

1200 mg/Nm3

1400 mg/Nm3

Forni a bacino a lavorazione giornaliera

1600 mg/Nm3

1600 mg/Nm3

Forni a bacino con bruciatore ad "U" con rigenerazione e recupero di calore

1800 mg/Nm3

2200 mg/Nm3

Forni a bacino con bruciatore trasversale con rigenerazione e recupero di calore

3000 mg/Nm3

3500 mg/Nm3

Se, per ragioni connesse alla qualità della produzione, è necessario l'utilizzo di nitrati nella fase di affinaggio si applicano valori di emissione pari al doppio di quelli sopra indicati.

 

 

 

I valori di emissione per gli ossidi di zolfo sono:

Per i forni a bacino a lavorazione continua

1800 mg/Nm3

Per i forni a crogiolo e forni a bacino a lavorazione giornaliera

1100 mg/Nm3

 

 

I valori di emissione per le polveri sono:

Per gli impianti con una produzione di vetro inferiore a 250 tonnellate al giorno, se il flusso di massa è superiore a 0,1 kg/h

150 mg/Nm3

Per gli impianti con una produzione di vetro superiore od uguale a 250 tonnellate al giorno

80-100 mg/Nm3

Per gli impianti di produzione di fibre di vetro e tubo di vetro

350 mg/Nm3

 

 

(8) Forni per la cottura di prodotti ceramici a base di argilla

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 18%.

Inquinante

Valori di emissione di emissione

Ossidi di zolfo

1500 mg/Nm3

Ossidi di azoto

1500 mg/Nm3

Fenoli e aldeidi

40 mg/Nm3

 

 

(9) Impianti per la fusione di prodotti minerali, in particolare di basalto, di diabase o di scorie

In caso di utilizzo di combustibile solido i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'8%.

I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

 

Combustibile liquido

Gas

Forni a bacino con recupero di calore

1200 mg/Nm3

1400 mg/Nm3

Forni a tino

1800 mg/Nm3

2200 mg/Nm3

 

 

 

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo è:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Ossidi di zolfo

10 kg/h

1800 mg/Nm3

 

 

 

(10) Impianti per la produzione di piastrelle in ceramica.

Si applicano i seguenti valori di emissione

Fluoro e suoi composti

10 mg/Nm3 per i forni fusori, i forni del vetrato e monocottura e i forni del biscotto e del grès

Polveri

75 mg/Nm3 per gli essiccatori a spruzzo (atomizzatori)

Ossidi di azoto

1500mg/Nm3

 

 

(11) Impianti per l'agglomerazione di perlite, scisti o argilla espansa

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi ed a un tenore di ossigeno del 14%.

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

(espresso come concentrazione)

Ossidi di zolfo

10 kg/h

1000 mg/Nm3

 

 

 

(12) Impianti per la produzione o la fusione di miscele composte da bitumi o da catrami e prodotti minerali, compresi gli impianti per la preparazione di materiali da costruzione stradali a base di bitume e gli impianti per la produzione di pietrisco di catrame

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%.

Inquinante

Valore di emissione

 

(espresso come concentrazione)

Polveri

20 mg/Nm3 per l'effluente gassoso proveniente dall'essiccatore a tamburo e dal miscelatore

Ossidi di zolfo

1700 mg/Nm3

 

 

(13) Impianti di distillazione a secco del carbone (cokerie)

13.1 Forno inferiore

I valori di emissione di seguito indicati si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

- Polveri

Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di polveri dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

Sino alla ricostruzione del forno a coke, il valore di emissione è 100 mg/Nm3.

- Ossidi di zolfo

Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke, il valore di emissione è 1.700 mg/Nm3.

Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas da altoforno (o d'acciaieria) il valore di emissione è 800 mg/Nm3.

- Ossidi di azoto

II valore di emissione è 600 mg/Nm3.

Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di ossidi di azoto dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

Le emissioni di ossidi di azoto, sino alla ricostruzione del forno a coke, non devono essere superiori a 800 mg/Nm3.

13.2 Caricamento dei forni da coke

Devono essere evitate le emissioni di polvere nel prelevare il carbone dalle tramogge e nel caricare i carrelli.

I gas di caricamento devono essere raccolti.

Nelle operazioni di versamento, i gas di caricamento devono essere deviati nel gas grezzo, o in un forno vicino, ove non fosse possibile utilizzarli per lavorare i catrame grezzo.

Nelle operazioni di pigiatura, i gas di caricamento devono essere deviati il più possibile nel gas grezzo.

I gas di caricamento che non possono essere deviati devono essere convogliati ad un impianto di combustione cui si applica il valore di emissione per le polveri di 25 mg/Nm3.

Nelle operazioni di spianamento del carbone le emissioni dei gas di caricamento devono essere limitate assicurando la tenuta delle aperture che servono a tali operazioni.

13.3 Coperchio portello di carica

Le emissioni dal coperchio di carica devono essere evitate quanto più possibile, usando porte a elevata tenuta, spruzzando i coperchi dei portelli dopo ogni carica dei forni, pulendo regolarmente gli stipiti e i coperchi dei portelli di carica prima di chiudere. La copertura del forno deve essere mantenuta costantemente pulita da resti di carbone.

13.4 Coperchio tubo di mandata

I coperchi dei tubi di mandata, per evitare emissioni di gas o di catrame, devono essere dotati di dispositivi ad immersione in acqua, o sistemi analoghi, di pari efficacia; i tubi di mandata devono venire costantemente puliti.

13.5 Macchine ausiliari per forno a coke

Le macchine ausiliarie adibite al funzionamento del forno a coke devono essere dotate di dispositivo per mantenere pulite le guarnizioni applicate agli stipiti dei portelli di carica.

13.6 Porte del forno a coke

Si devono usare porte ad elevate tenuta. Le guarnizioni delle porte dei forni devono essere regolarmente pulite.

13.7 Sfornamento del coke

Nella ricostruzione delle batterie di forni a coke queste devono essere progettate in modo da permettere che vengano installati, sul lato macchina e sul lato coke, impianti di captazione e abbattimento delle emissioni di polveri allo sfornamento del coke, in modo che le emissioni non superino 5 g/t di coke prodotto.

Sino alla ricostruzione del forno a coke, gli effluenti gassosi devono essere raccolti e convogliati ad un impianto di abbattimento delle polveri, ove tecnicamente possibile.

13.8 Raffreddamento del coke

Per il raffreddamento del coke devono essere limitate, per quanto possibile, le emissioni. Nel caso in cui la tecnologia adottata sia quella del raffreddamento a secco, il valore di emissione per le polveri è 20 mg/Nm3.

(14) Impianti per l'agglomerazione del minerale di ferro

I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

Polveri

Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di abbattimento: i valori di emissione sono pari ai valori massimi previsti nella parte II, paragrafo 5

Ossidi di azoto

Il valore di emissione è 400 mg/Nm3

Inquinanti di cui alla parte II, paragrafo 2

I valori di emissione sono pari ai valori massimi previsti nella parte II, paragrafo 2

 

 

(15) Impianti per la produzione di ghisa

Fino al rifacimento del rivestimento in refrattario dell'altoforno il valore di emissione per le polveri è 150 mg/Nm3.

(16) Impianti per la produzione d'acciaio per mezzo di convertitori, forni ad arco elettrici, e forni di fusione sotto vuoto

Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri

25-100 mg/Nm3 per i forni ad arco

 

25 mg/Nm3 per i forni ad induzione

monossido di carbonio

Negli impianti per fusione ad eccezione dei forni ad arco e nei convertitori l'effluente gassoso deve essere riutilizzato, per quanto possibile, o combusto.

 

 

(17) Fonderie di ghisa, d'acciaio.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri

20-40 mg/Nm3 se il flusso di massa è uguale o superiore a 0,5 kg/h,

 

Per gli impianti funzionanti con abbattimento ad umido i valori di emissione sono:

 

-25 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata alla bocca superiore

 

-50 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata alla bocca inferiore

monossido di carbonio

1000 mg/Nm3 per i cubilotti a vento caldo dotati di recuperatore

 

 

(18) Forni di riscaldo e per trattamenti termici, per impianti di laminazione ed altre deformazioni plastiche

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%:

ossidi di azoto

Per gli impianti nei quali l'aria di combustione è preriscaldata a temperature uguali o superiori a 200°C il valore di emissione è determinato mediante il diagramma riportato in figura 1

ossidi di zolfo

1700 mg/Nm3 se il combustibile usato è gas da forno a coke

 

800 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas d'altoforno o d'acciaieria

 

 

(19) Impianti di zincatura a caldo.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri

15-30 mg/Nm3

composti gassosi del cloro, espressi come acido cloridrico

10 mg/Nm3

ammoniaca ed ammonio in fase gassosa

30 mg/Nm3

 

 

(20) Impianti di trattamento di superfici metalliche con uso di acido nitrico

Agli impianti di decapaggio funzionanti in continuo si applica il valore di emissione per gli ossidi di azoto di 1500 mg/Nm3.

(21) Impianti per la produzione di ferroleghe mediante processi elettrotermici o pirometallurgici

Per le polveri di valori di emissione minimo e massimo sono pari rispettivamente a 20 mg/Nm3 e 40 mg/Nm3

(22) Impianti per la produzione primaria di metalli non ferrosi

Si applicano i seguenti valori di emissione:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

 

polveri

-

10 mg/Nm3 per le fonderie di piombo 20 mg/Nm3 negli altri casi

ossidi di zolfo

5kg/h

800 mg/Nm3

 

 

 

(23) Impianti per la produzione di alluminio

I forni elettrolitici devono essere chiusi, le dimensioni dell'apertura del forno devono essere quelle minime indispensabili per il funzionamento e il meccanismo di apertura deve essere, per quanto possibile, automatizzato. Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri (1)

30 mg/Nm3 per i forni elettrolitici;

 

5 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera se all'effluente gassoso dei forni elettrolitici è aggiunta l'aria di ventilazione dei locali di elettrolisi

composti inorganici gassosi del fluoro,

2 mg/Nm3

espressi come acido fluoridrico (1)

0,6-1 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera se all'effluente gassoso dei forni elettrolitici è aggiunta l'aria di ventilazione dei locali di elettrolisi

(1) in caso di aggiunta di aria di ventilazione si applicano entrambi i valori

 

 

(24) Impianti per la fusione dell'alluminio

Si applicano i seguenti valori di emissione:

 

Soglia di rilevanza

Valore di emissione

 

(espressa come flusso di massa)

 

polveri

0,5 kg/h

20 mg/Nm3

cloro

-

3 mg/Nm3 per i forni di affinazione (impianti di clorazione)

COV (espressi come carbonio organico totale)

-

50 mg/Nm3

 

 

 

(25) Impianti per la seconda fusione degli altri metalli non ferrosi e delle loro leghe.

Si applicano i seguenti valori di emissione:

Inquinante

Tipologia di impianto

Valore di emissione

Polveri

impianti per seconda fusione del piombo o delle sue leghe

10 mg/Nm3

 

altri impianti, se il flusso di massa è uguale o superiore a 0,2 kg/h

20 mg/Nm3

Rame e suoi composti

Per i forni a tino, durante la fusione del rame elettrolitico

10 mg/Nm3

COV (espressi come carbonio organico totale)

-

50 mg/Nm3

 

 

 

(26) Impianti per la produzione di accumulatori al piombo

Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 5 g/h, si applica il valore di emissione di 0,5 mg/Nm3.

(27) Impianti per la produzione di ossidi di zolfo, acido solforico e oleum

Negli impianti per la produzione di ossidi di zolfo allo stato liquido l'effluente gassoso deve essere convogliato da un impianto per la produzione di acido solforico o ad altri impianti di trattamento.

Nei processi a doppio contatto deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 99%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d'alimentazione uguali o superiori all'8% in volume deve essere mantenuta:

- una resa del 99,5% in condizioni variabili del gas

- una resa del 99,6% in condizioni costanti del gas

Le emissioni di biossido di zolfo devono essere ulteriormente limitate con adeguati processi di trattamento, se superano 1200 mg/Nm3.

Nei processi a contatto semplice deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 97,5%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d'alimentazione inferiori al 6% le emissioni devono essere ulteriormente limitate.

Nei processi di catalisi ad umido deve essere mantenuta una resa di conversione di almeno il 97,5%.

Per l'acido solforico si applicano valori di emissione minimo e massimo rispettivamente pari a 80 mg/Nm3 e 100 mg/Nm3.

(28) Impianti per la produzione di cloro

Si applicano i seguenti valori di emissione

cloro

1 mg/Nm3

 

6 mg/Nm3 per gli impianti per la produzione del cloro a liquefazione totale

mercurio

1,5-2 g/t di produzione nella elettrolisi dei cloruri alcalini secondo il processo all'amalgama

 

 

(29) Impianti Claus per la produzione di zolfo

Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di combustione. Per l'idrogeno solforato si applica un valore di emissione di 10 mg/Nm3.

(30) Impianti per la produzione, granulazione ed essiccamento di fertilizzanti fosfatici, azotati o potassici.

Si applicano i seguenti valori di emissioni:

polveri

75 mg/Nm3

 

100-150 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido

ammoniaca

200 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido

 

 

(31 ) Impianti per la produzione di acrilonitrile

L'effluente gassoso prodotto dal reattore e dall'assorbitore deve essere combusto.

L'effluente gassoso prodotto durante la purificazione per distillazione dei prodotti di reazione e quello proveniente dal processo di travaso deve essere convogliato ad idonei sistemi di abbattimento.

(32) Impianti per la produzione di principi attivi antiparassitari

Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 25 g/h, si applica un valore di emissione di 5 mg/Nm3.

(33) Impianti per la produzione di polivinile cloruro (PVC)

I tenori residui in cloruro di vinile monomero (CVM) nel polimero devono essere ridotti al massimo. Nella zona di passaggio dal sistema chiuso a quello aperto il tenore residuo non può superare i seguenti valori:

PVC in massa

10 mg CVM/ kg PVC

omopolimeri in sospensione

100 mg CVM/kg PVC

copolimeri in sospensione

400 mg CVM/kg PVC

PVC in microsospensione e emulsione di PVC

1500 mg CVM/kg PVC

 

 

Al fine di ridurre ulteriormente la concentrazione di cloruro di vinile nell'effluente gassoso proveniente dall'essiccatore tale effluente deve, per quanto possibile, essere utilizzato come comburente in un impianto di combustione.

(34) Impianti per la produzione di polimeri in poliacrilonitrile

I gas provenienti dal reattore e dall'assorbitore devono essere convogliati ad un efficace sistema di combustione. I gas provenienti dalla purificazione per distillazione e dalle operazioni di travaso devono essere convogliati ad idonei sistemi di abbattimento.

34.1. Produzione e lavorazione di polimeri acrilici per fibre

Se la polimerizzazione è effettuata in soluzione acquosa, agli impianti di polimerizzazione, di essiccamento del polimero e di filatura si applica un valore di emissione per l'acrilonitrile pari a 25 mg/Nm3.

Se la polimerizzazione è effettuata in solvente, agli impianti di polimerizzazione si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 5 mg/Nm3 ed agli impianti di filatura, lavaggio ed essiccamento si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 50 mg/Nm3.

34.2. Produzione di materie plastiche ABS e SAN

- Polimerizzazione in emulsione: l'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dalla precipitazione e dalla pulizia del reattore deve essere convogliato ad un termocombustore. A tale effluente si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 25 mg/Nm3.

- Polimerizzazione combinata in soluzione/emulsione: l'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dai serbatoi di stoccaggio intermedi, dalla precipitazione, dalla disidratazione, dal recupero dei solventi e dai miscelatori, deve essere convogliato ad un termocombustore. Alle emissioni che si formano nella zona di uscita dei miscelatori si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 10 mg/Nm3.

34.3. Produzione di gomma acrilonitrilica (NBR)

L'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dal recupero di butadiene, dal deposito di lattice, dal lavaggio del caucciù solido, deve essere convogliato ad un termocombustore. L'effluente gassoso proveniente dal recupero dell'acrilonitrile deve essere convogliato ad un impianto di lavaggio. Agli essiccatori si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 15 mg/Nml3

34.4. Produzione di lattice per polimerizzazione, in emulsione, di acrilonitrile.

L'effluente gassoso contenente acrilonitrile e proveniente dai contenitori di monomeri, dai reattori, dai serbatoi di stoccaggio e dai condensatori deve essere convogliato ad un impianto di abbattimento se la concentrazione di acrilonitrile nell'effluente gassoso è superiore a 5 mg/Nm3.

(35) Impianti per la produzione e la lavorazione della viscosa.

35.1. Le emissioni dalla produzione di viscosa, dalla preparazione del bagno di rilavatura e dai trattamenti successivi connessi alla produzione di rayon tessile, devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

idrogeno solforato

5 mg/Nm3

solfuro di carbonio

100 mg/Nm3

 

 

35.2. Nella produzione di fibra cellulosica in fiocco e cellofane, i gas provenienti dai filatoi e dal trattamento successivo devono essere convogliati ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

idrogeno solforato

5 mg/Nm3

solfuro di carbonio

150 mg/Nm3

 

 

35.3. Nella produzione di prodotti da viscosa all'impianto di aspirazione generale e agli aspiratori delle macchine, si applica un valore di emissione per l'idrogeno solforato pari a 50 mg/Nm3, mentre per il solfuro di carbonio si applicano i seguenti valori emissione:

prodotti di viscosa

Solfuro di carbonio

fibra cellulosica

150 mg/Nm3

cellofane

150 mg/Nm3

rayon tessile

150 mg/Nm3

rayon continuo per usi speciali

300 mg/Nm3

budella artificiali

400 mg/Nm3

panno spugnoso

400 mg/Nm3

rayon tecnico

600 mg/Nm3

 

 

(36) Impianti per la produzione di acido nitrosilsolforico

Per la fase di concentrazione i valori di emissione sono:

ossidi di azoto

2000 mg/Nm3

ossidi di zolfo

800 mg/Nm3

n-esano

1000 mg/Nm3

 

 

(37) Impianti di produzione di poliesteri

Negli impianti di produzione di acido tereftalico e di dimetiltereftalato facenti parte di cicli di produzione di polimeri e fibre poliesteri per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione delle sostanze organiche, espresso come carbonio organico totale, è 350 mg/Nm3.

(38) Impianti di produzione di acetato di cellulosa per fibre.

Negli impianti di polimerizzazione, dissoluzione e filatura di acetato di cellulosa per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione di acetone è pari a 400 mg/Nm3.

(39) Impianti di produzione di fibre poliammidiche

Negli impianti di filatura per fili continui del polimero «poliammide 6» per flussi di massa superiori a 2 kg/h il valore di emissione del caprolattame è 100 mg/Nm3.

Negli impianti di filatura per fiocco il valore di emissione del caprolattame è 150 mg/Nm3.

(40) Impianti per la formulazione di preparati antiparassitari

Le emissioni contenente polveri devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.

(41) Impianti per la nitrazione della cellulosa

Il valore di emissione per gli ossidi di azoto è pari a 2000 mg/Nm3.

(42) Impianti per la produzione di biossido di titanio

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla digestione e dalla calcinazione è pari a 10 kg/t di biossido di titanio prodotto. Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla concentrazione degli acidi residui è pari a 500 mg/Nm3.

(43) Impianti per la produzione di fibre acriliche

Se il flusso di massa di N,N-dimetilacetamide e N,N-dimetilformamide è uguale o superiore a 2 kg/h si applica, per tali sostanze, un valore di emissione di 150 mg/Nm3.

(44) Impianti per la produzione di policarbonato

Il valore di emissione per il diclorometano è pari a 100 mg/Nm3.

(45) Impianti per la produzione di nero carbonio

I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono agli effluenti gassosi umidi. L'effluente gassoso contenente idrogeno solforato, monossido di carbonio o sostanze organiche deve essere convogliato ad un termocombustore.

polveri

15-30 mg/Nm3

ossidi di zolfo

2600 mg/Nm3

ossidi di azoto

1000 mg/Nm3

 

 

(46) Impianti per la produzione di carbone o elettrografite mediante cottura, ad esempio per la fabbricazione di elettrodi

Per le sostanze organiche si applicano i seguenti valori di emissione, espressi come carbonio organico totale:

100 mg/Nm3

per la miscelazione e macinazione con uso, ad alta temperatura, di pece, catrame o altri leganti o solventi volatili

50 mg/Nm3

per i forni a camera unica, forni a camere comunicanti e forni a tunnel

200 mg/Nm3

per i forni anulari utilizzati per la cottura degli elettrodi di grafite, degli elettrodi di carbone e delle mattonelle di carbone

50 mg/Nm3

per l'impregnazione a base di catrame

 

 

(47) Impianti per la verniciatura in serie, inclusi gli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari, delle carrozzerie degli autoveicoli e componenti degli stessi, eccettuate le carrozzerie degli autobus

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, si applicano i seguenti valori di emissione, espressi in grammi di solvente per metro quadrato di manufatto trattato, inclusi i solventi emessi dagli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari:

a) vernici a due strati 120 g/m2

b) altre vernici 60 g/m2.

Per le zone d'applicazione della vernice all'aria di ventilazione delle cabine di verniciatura non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V.

Per gli essiccatori il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse come carbonio organico totale, è pari a 50 mg/Nm3. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.

(48) Altri impianti di verniciatura

48.1 Verniciatura del legno

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, il valore di emissione per la verniciatura piana, espresso in grammi di solvente per metro quadro di superficie verniciata è 40 g/m2. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.

48.2 Verniciatura manuale a spruzzo

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, per l'aria di ventilazione delle cabine di verniciatura nelle quali si vernicia a mano con pistola a spruzzo non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V; devono comunque essere prese le misure possibili per ridurre le emissioni, facendo ricorso a procedimenti di applicazione della vernice particolarmente efficaci, assicurando un efficace ricambio dell'aria e il suo convogliamento ad un impianto di abbattimento, oppure utilizzando vernici prodotte secondo le migliori tecnologie. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.

48.3 Essiccatori

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse con carbonio totale, è 50 mg/Nm3.

(49) Impianti per la produzione di manufatti in gomma

Per le polveri, nella fase di preparazione mescole, i valori di emissione minimo e massimo sono rispettivamente pari a 20 mg/Nm3 e 50 mg/Nm3.

(50) Impianti per impregnare di resine le fibre di vetro o le fibre minerali

Le emissioni di sostanze di cui alla parte II, paragrafo 4, classe I non devono superare 40 mg/Nm3 e devono essere adottate le possibili soluzioni atte a limitare le emissioni, come la postcombustione, o altre misure della medesima efficacia.

(51 ) Impianti per la produzione di zucchero

- Ossidi di zolfo

Il valore di emissione è 1700 mg/Nm3.

- Ammoniaca

Se il flusso di massa supera 1,5 kg/h, i valori di emissione sono:

fase di saturazione

500 mg/ Nm3

fase di essiccazione

150 mg/ Nm3

 

 

- Polveri

Il valore di emissione è pari a 75 mg/Nm3, e, nella fase di movimentazione e condizionamento zucchero, è pari a 20 mg/Nm3.

(52) Impianti per l'estrazione e la raffinazione degli oli di sansa di oliva.

I valori di emissione sono:

polveri

200-300 mg/Nm3

ossidi di azoto

300 mg/Nm3

 

 

(53) Impianti per l'estrazione e la raffinazione di oli di semi

I valori di emissione per le polveri sono i seguenti:

fase di essiccazione semi

150 mg/Nm3

fase di lavorazione semi oleosi

80 mg/Nm3

 

 

Parte IV

Sezione 1

Valori di emissione e prescrizioni relativi alle raffinerie

(Soppressa)

 

Sezione 2

Impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici

1. L'autorità competente si avvale delle competenti Sezioni dell'Ufficio nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia ai fini del rilascio dell'autorizzazione alle emissioni degli impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici.

2. Coltivazione di idrocarburi

2.1. Disposizioni generali.

Le emissioni devono essere limitate all'origine, convogliate ed abbattute utilizzando la migliore tecnologia disponibile.

2.2. Emissioni da combustione di gas di coda.

I gas di coda derivanti dalle centrali di raccolta e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, se non utilizzati come combustibili, devono essere convogliati ad unità di termodistruzione in cui la combustione deve avvenire ad una temperatura minima di 950°C per un tempo di almeno 2 secondi e con eccesso di ossigeno non inferiore al 6%. A tali emissioni si applicano i limiti seguenti:

ossidi di zolfo espressi come SO2

1200 mg/Nm3

idrogeno solforato

10 mg/Nm3

ossidi di azoto espressi come NO2

350 mg/Nm3

monossido di carbonio

100 mg/Nm3

sostanze organiche volatili espresse come carbonio organico totale

20 mg/Nm3

polveri

10 mg/Nm3

 

 

Quale unità di riserva a quella di termodistruzione deve essere prevista una torcia, con pilota, in grado di assicurare una efficienza minima di combustione del 99% espressa come CO2/(CO2+CO).

2.3. Emissioni da impianti di combustione utilizzanti il gas naturale del giacimento.

a) Nel caso di impiego di gas naturale proveniente dal giacimento con contenuto di H2S massimo fino a 5 mg/Nm3 i valori di emissione si intendono comunque rispettati.

b) Nel caso che il contenuto di H2S sia superiore a 5 mg/Nm3 o che il gas naturale venga miscelato con gas di coda e/o con gas di saturazione, si applicano i seguenti limiti:

ossidi di zolfo (espressi come SO2)

800 mg/Nm3

ossidi di azoto (espressi come NO2)

350 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

100 mg/Nm3

sostanze organiche volatili (espresse come COT)

10 mg/Nm3

polveri

10 mg/Nm3

 

 

2.4. Emissioni da stoccaggi in attività di coltivazione.

Per lo stoccaggio degli idrocarburi estratti dal giacimento e dei prodotti ausiliari aventi tensione di vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C devono essere usati i seguenti sistemi:

a) i serbatoi a tetto galleggiante devono essere dotati di sistemi di tenuta di elevata efficienza realizzati secondo la migliore tecnologia disponibile;

b) i serbatoi a tetto fisso devono essere dotati di sistemi di condotte per l'invio dei gas di sfiato e/o di flussaggio ad una unità di combustione o termodistruzione;

c) le superfici esterne dei serbatoi devono essere trattate in modo tale che venga riflesso inizialmente almeno il 70% dell'energia solare. Detta protezione è ripristinata quando il valore di riflessione diventa inferiore al 45%.

2.5. Vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici (DEG e/o TEG) usati per la disidratazione del gas naturale.

I vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici devono essere convogliati ad una unità di termodistruzione oppure miscelati al gas combustibile primario.

Solo nel caso di piccoli impianti (fino a 200.000 Nm3/giorno di gas naturale trattato) e/o per flussi di massa non superiori a 200 g/h come H2S è consentita l'emissione in atmosfera cui si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri totali

5 mg/Nm3

ossidi di zolfo (espressi come SO2)

30 mg/Nm3

ossidi di azoto (espressi come NO2)

50 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

10 mg/Nm3

alcali, escluso metano (espressi come esano)

300 mg/Nm3

glicoli etilenici (come MEG)

300 mg/Nm3

idrogeno solforato (H2S )

10 mg/Nm3

 

 

2.6. Emissioni da piattaforme di coltivazione di idrocarburi offshore ossia ubicate nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana.

Se la collocazione geografica della piattaforma assicura una ottimale dispersione delle emissioni, evitando che le stesse interessino località abitate, i limiti di emissione si intendono rispettati quando in torcia viene bruciato esclusivamente gas naturale.

In caso contrario si applicano i valori di emissione indicati alla parte II, paragrafo 3, per le sostanze gassose e un valore pari a 10 mg/Nm3 per le polveri totali.

Per i motori a combustione interna e le turbine a gas si applicano i pertinenti paragrafi della parte III in cui si individuano i valori limite previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.

3. Impianti che utilizzano fluidi geotermici

1. Gli effluenti gassosi negli impianti che utilizzano i fluidi geotermici di cui all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1986, n. 896, devono essere dispersi mediante torri refrigeranti e camini di caratteristiche adatte. Per ciascuno dei due tipi di emissione i valori di emissione minimi e massimi, di seguito riportati, sono riferiti agli effluenti gassosi umidi ed intesi come media oraria su base mensile:

H2S

70-100 mg/Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 170 kg/h

As (come sali disciolti nell'acqua trascinata)

1-1,5 mg/Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 5 g/h

Hg (come sali disciolti nell'acqua trascinata)

0,2-0,4 mg/ Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 1 g/h

 

 

 

Parte IV-bis

Elementi minimi dell'autorizzazione e della registrazione dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili

1. Elementi minimi in caso di medi impianti di combustione:

a) Nome e sede legale del gestore e sede dello stabilimento in cui sono ubicati gli impianti, se fissi;

b) Classificazione secondo le definizioni dell'articolo 268, comma 1, lett. da gg-bis) a gg-septies);

c) Classificazione dei combustibili utilizzati (biomassa solida, altri combustibili solidi, gasolio, altri combustibili liquidi, gas naturale, altri combustibili gassosi) e relativa quantitativi;

d) Potenza termica nominale;

e) Numero previsto di ore operative annue;

f) Carico medio di processo;

g) Data di messa in esercizio o, se tale data non é nota, prove che la messa in esercizio dei medi impianti di combustione esistenti sia antecedente al 20 dicembre 2018.

h) Settore di attività dello stabilimento o del medio impianto di combustione secondo il codice NACE.

2. Elementi minimi in caso di medi impianti termici civili:

a) Nome e sede legale del responsabile dell'esercizio e della manutenzione e sede dell'impianto;

b) Classificazione secondo le definizioni dell'articolo 268, comma 1, lett. da gg-bis) a gg-septies);

c) Classificazione dei combustibili utilizzati (biomassa solida, altri combustibili solidi, gasolio, altri combustibili liquidi, gas naturale, altri combustibili gassosi) e relativi quantitativi;

d) Potenza termica nominale;

e) Numero previsto di ore operative;

f) Data di messa in esercizio o, se tale data non é nota, prove che la messa in esercizio dei medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, sia antecedente al 20 dicembre 2018.

 

Allegato II [1580]

Grandi impianti di combustione 

 

Parte I

Disposizioni generali

1. Definizioni.

Ai fini del presente allegato si intende per :

a) impianto multicombustibile: qualsiasi impianto di combustione che possa essere alimentato simultaneamente o alternativamente da due o più tipi di combustibile;

b) grado di desolforazione: il rapporto tra la quantità di zolfo non emessa nell'atmosfera nel sito dell'impianto di combustione per un determinato periodo di tempo e la quantità di zolfo contenuta nel combustibile introdotto nei dispositivi dell'impianto di combustione e utilizzata per lo stesso periodo di tempo;

c) biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile:

- rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

- rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti di sughero;

- rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.

d) turbina a gas: qualsiasi macchina rotante, che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, da un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e da una turbina;

e) ore operative: il numero delle ore in cui l'impianto è in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diversamente stabilito dalle normative adottate ai sensi dell'articolo 271, comma 3, o dall 'autorizzazione.

1-bis. Condizioni generali

I valori limite di emissione previsti dal presente Allegato sono calcolati in condizioni normali (temperatura di 273,15 K, e pressione di 101,3 kPa) previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli scarichi gassosi e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per gli impianti che utilizzano combustibili solidi, al 3% per gli impianti, diversi dalle turbine a gas e dai motori a gas, che utilizzano combustibili liquidi e gassosi ed al 15 % per le turbine a gas e per i motori a gas. Nel caso delle turbine a gas usate in impianti nuovi a ciclo combinato dotati di un bruciatore supplementare, il tenore di O2 standard può essere definito dall'autorità competente in funzione delle caratteristiche dell'installazione.

2. Procedura di esenzione per gli impianti anteriori al 1988.

2.1 I gestori degli impianti anteriori al 1988 presentano all'autorità competente, nell'ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, una dichiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 20.000 ore operative a partire dal 1° gennaio 2008 ed a non farlo funzionare oltre il 31 dicembre 2015. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW la dichiarazione è presentata entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del presente titolo e l'autorità competente, in caso di approvazione della richiesta di esenzione, provvede ad aggiornare l'autorizzazione in atto con la procedura prevista dall'articolo 269. La richiesta di esenzione è approvata soltanto se compatibile con le misure stabilite nei piani e nei programmi di cui al decreto legislativo n. 351 del 1999 ove tali misure siano necessarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria e se compatibile con le condizioni stabilite dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale. Tutti i predetti provvedimenti autorizzativi indicano le ore operative approvate per ogni anno del funzionamento residuo degli impianti. In caso di approvazione il gestore è tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate e quelle non utilizzate che sono state autorizzate per il restante periodo di funzionamento degli impianti.

2.2 La richiesta di esenzione di cui al punto precedente decade se il gestore presenta, successivamente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e comunque non oltre il 31 maggio 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo 273, comma 6, nell'ambito di una richiesta di aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la richiesta di esenzione decade se il gestore trasmette all'autorità competente, entro il 1° agosto 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo 273, comma 7. La richiesta di esenzione non si considera decaduta nel caso in cui l'autorità competente non approvi la relazione tecnica o il progetto di adeguamento

2.3 Gli impianti per cui l'esenzione è stata approvata ai sensi del punto 2.1 e non è decaduta ai sensi del punto 2.2 non possono, in alcun caso, funzionare per più di 20.000 ore operative nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2015.

3. Impianti multicombustibili

3.1 Per gli impianti multicombustibili che comportano l'impiego simultaneo di due o più combustibili, l'autorità competente, in sede di autorizzazione, stabilisce i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, le polveri e i metalli nei modi previsti dal punto 3.2 o applicando le deroghe previste ai punti 3.3 e 3.4.

3.2. L'autorità competente applica la seguente procedura:

a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell'intero impianto di combustione secondo quanto stabilito dalla Parte II, sezioni da 1 a 6;

b) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando ciascuno dei valori limite di emissione di cui alla lettera a) per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;

c) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.

3.3. In deroga al punto 3.2 l'autorità competente, in sede di autorizzazione, può applicare le disposizioni concernenti il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il più elevato valore limite di emissione, per gli impianti multi combustibile anteriori al 2013 che utilizzano i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i propri consumi propri dell'installazione, sempre che, durante il funzionamento dell'impianto la proporzione di calore fornito da tale combustibile risulti pari ad almeno il 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili. Se la proporzione del calore fornito dal combustibile determinante è inferiore al 50% della somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili, l'autorità competente determina il valore limite di emissione, applicando la seguente procedura:

a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell'impianto secondo quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6;

b) calcolare il valore limite di emissione per il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il valore limite di emissione più elevato in base a quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e inteso, in caso di combustibili aventi il medesimo valore limite, come il combustibile che fornisce la quantità più elevata di calore. Tale valore limite si ottiene moltiplicando per due il valore limite di emissione del combustibile determinante, previsto dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e sottraendo il valore limite di emissione relativo al combustibile con il valore limite di emissione meno elevato;

c) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando il valore limite di emissione del combustibile calcolato in base alla lettera b) per la quantità di calore fornita da ciascun combustibile determinante, moltiplicando ciascuno degli altri valori limite di emissione per la quantità di calore fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;

d) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.

3.4 In alternativa a quanto previsto al punto 3.3, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas, per gli impianti multicombustibili, ricompresi in una installazione che svolge attività di raffinazione, alimentati con i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i consumi propri dell'installazione, l'autorizzazione può applicare un valore limite medio di emissione di anidride solforosa pari a 1.000 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 e pari a 600 mg/Nm3 per gli altri impianti anteriori al 2013.

I valori medi da confrontare con tali valori limite sono calcolati ad una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa, previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli effluenti gassosi, e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per i combustibili solidi e al 3% per i combustibili liquidi e gassosi, come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di biossido di zolfo emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi relativi agli impianti.

Tali valori limite medi sono rispettati se superiori alla media, calcolata su base mensile, delle emissioni di tutti i detti impianti, indipendentemente dalla miscela di combustibili usata, qualora ciò non determini un aumento delle emissioni rispetto a quelle previste dalle autorizzazioni in atto.

3.5 Per gli impianti multicombustibili che comportano l'impiego alternativo di due o più combustibili, sono applicabili i valori limite di emissione di cui alla parte II, sezioni da 1 a 6, corrispondenti a ciascuno dei combustibili utilizzati.

4. Monitoraggio e controllo delle emissioni

4.1 A partire dall'entrata in vigore del presente decreto, negli impianti di cui all'articolo 273, commi 3 e 4, di potenza termica nominale pari o superiore a 300MW e negli impianti di cui all'articolo 273, comma 2, di potenza termica nominale pari o superiore a 100MW le misurazioni delle concentrazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell'effluente gassoso, sono effettuate in continuo.

4.2. In deroga al punto 4.1 le misurazioni continue non sono richieste nei seguenti casi:

a) per il biossido di zolfo e per le polveri degli impianti di combustione alimentati con gas naturale;

b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentate a combustibile liquido con tenore di zolfo noto, in assenza di apparecchiature di desolforazione.

4.3. In deroga al punto 4.1, l'autorità competente può non richiedere misurazioni continue nei seguenti casi:

a) per gli impianti di combustione con un ciclo di vita inferiore a 10.000 ore di funzionamento;

b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentati con biomassa se il gestore può provare che le emissioni di biossido di zolfo non possono in nessun caso superare i valori limite di emissione previsti dal presente decreto.

4.4. Nei casi previsti dai punti 4.2 e 4.3, l'autorità competente stabilisce, in sede di autorizzazione, l'obbligo di effettuare misurazioni discontinue degli inquinanti per cui vi è la deroga almeno ogni sei mesi ovvero, in alternativa, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo e degli ossidi di azoto nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

4.5. Per gli impianti di combustione alimentati a carbone o lignite, le emissioni di mercurio totale devono essere misurate almeno una volta all'anno.

4.6 La modifiche relative al combustibile utilizzato e alle modalità di esercizio costituiscono modifica ai sensi dell'articolo 268, comma 1, lettera m). In tal caso l'autorità competente valuta anche, in sede di autorizzazione, se rivedere le prescrizioni imposte ai sensi dei punti da 4.1 a 4.5.

4.7. L'autorità competente in sede di autorizzazione può stabilire che le misurazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell'effluente gassoso siano effettuate in continuo anche nei casi non previsti dai paragrafi precedenti.

4.8. Il controllo del livello di inquinanti nelle emissioni degli impianti di combustione e di tutti gli altri parametri stabiliti dal presente decreto deve essere realizzato in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, e alle prescrizioni dell'allegato VI.

4.9. Le autorità competenti stabiliscono, in sede di autorizzazione, le modalità e la periodicità secondo cui i gestori devono informare le stesse autorità circa i risultati delle misurazioni continue, i risultati della verifica del funzionamento delle apparecchiature di misurazione, i risultati delle misurazioni discontinue, nonché circa i risultati di tutte le altre misurazioni effettuate per valutare il rispetto delle pertinenti disposizioni del presente decreto.

4.10. Nel caso di impianti che devono rispondere ai gradi di desolforazione fissati nella parte II sezione 1, l'autorità competente, in sede di autorizzazione, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali, che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. L'autorità competente stabilisce inoltre, in sede di autorizzazione, l'obbligo di effettuare regolari controlli del tenore di zolfo nel combustibile introdotto nell'impianto.

5. Conformità ai valori limite di emissione

5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile:

     nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite, e

     nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti nuovi supera i pertinenti valori limite,

     nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti anteriori al 2002 e anteriori al 2013 supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite,

     il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite.

5.2. Nel caso in cui l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione, richieda soltanto misurazioni discontinue o altre opportune procedure di determinazione, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 6, si considerano rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle altre procedure disciplinate nell'allegato VI non superano tali valori limite di emissione.

5.3. [Soppresso].

5.4. I valori medi convalidati di cui al punto 5.3. sono determinati in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, paragrafo 5.

6. Anomalie o guasti degli impianti di abbattimento

6.1. L'autorità competente può concedere sospensioni dell'applicazione dei valori limite di emissione di cui all'articolo 273 per il biossido di zolfo, per periodi massimi di sei mesi, a favore degli impianti che, ai fini del rispetto di tali valori utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo e che, a causa di un'interruzione delle forniture dello stesso combustibile, derivante da una grave ed eccezionale difficoltà di reperimento sul mercato, non siano in grado di rispettare i predetti valori limite.

6.2. L'autorità competente può concedere deroghe all'applicazione dei valori limite di emissione previsti dall'articolo 273, a favore degli impianti che normalmente utilizzano soltanto combustibili gassosi e che sarebbero altrimenti soggetti all'obbligo di dotarsi di un dispositivo di depurazione degli effluenti gassosi, nel caso in cui, a causa di una improvvisa interruzione della fornitura di gas, tali impianti debbano eccezionalmente ricorrere all'uso di altri combustibili per un periodo non superiore a 10 giorni o, se esiste una assoluta necessità di continuare le forniture di energia, per un periodo più lungo.

6.3. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, informa tempestivamente tale Ministero in merito a tutte le sospensioni e le deroghe concesse per i periodi di anomalo funzionamento di cui ai punti 6.1. e 6.2.

6.4. In caso di guasti tali da non permettere il rispetto dei valori limite di emissione, il ripristino funzionale dell'impianto deve avvenire nel più breve tempo possibile e comunque entro le successive 24 ore. In caso di mancato ripristino funzionale l'autorità competente può prescrivere la riduzione o la cessazione dell'attività oppure l'utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale rispetto a quelli autorizzati. Un impianto di combustione non può funzionare in assenza di impianti di abbattimento per un periodo complessivo che ecceda le centoventi ore nell'arco di qualsiasi periodo di dodici mesi consecutivi preso in esame. L'autorizzazione prevede l'installazione di idonei sistemi di misurazione dei periodi di funzionamento degli impianti di abbattimento.

6.5. Nei casi in cui siano effettuate misurazioni continue il punto 6.4 si applica soltanto se da tali misurazioni risulti un superamento dei valori limite di emissione previsti negli atti autorizzativi.

6.6. L'autorità competente può concedere deroghe al limite di ventiquattro ore ed al limite di centoventi ore, previsti dal punto 6.4, nei casi in cui sussista la necessità assoluta di mantenere la fornitura energetica e nei casi in cui l'impianto sarebbe sostituito, per il periodo di tempo corrispondente alla durata della deroga, da un impianto in grado di causare un aumento complessivo delle emissioni.

Parte II

Valori limite di emissione

Sezione 1

Valori limite di emissione di SO2 - Combustibili solidi

A.

1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Potenza termica nominale totale (MWth)

Carbone e lignite e altri combustibili solidi

Biomassa

Torba

50-100

400

200

300

100-300

250

200

300

> 300

200

200

200

 

 

 

 

2. In deroga al paragrafo 1, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 800 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

B.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Potenza termica nominale totale (MWth)

Carbone e lignite e altri combustibili solidi

Biomassa

Torba

50-100

200

100

200

100-300

100

100

100

> 300

75

75

75

 

 

 

 

C.

1. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni, se il gestore dimostra che i valori limite di emissione delle lettere A) e B) non possono essere rispettati a causa delle caratteristiche del combustibile, l'autorizzazione può prevedere un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai seguenti valori, intesi come valori limite medi mensili:

Potenza termica nominale totale (MW)

Impianti anteriori al 2002

Impianti anteriori al 2013

Altri impianti

50-100

80%

92%

93%

100-300

90%

92%

93%

> 300

96%(*)

96%

97%

(*) per impianti alimentati a scisti bituminosi: 95%

 

 

 

 

2. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni in cui sono coinceneriti anche rifiuti, se il gestore dimostra che non possono essere rispettati i valori limite Cprocesso per il biossido di zolfo di cui alla parte 4, punti 3.1 o 3.2, dell'Allegato I al Titolo I-bis della Parte Quarta del presente decreto, a causa delle caratteristiche del combustibile, l'autorizzazione può prevedere, in alternativa, un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai valori del precedente paragrafo. In tal caso, il valore Crifiuti di cui a tale parte 4, punto 1, è pari a 0 mg/Nm3.

3. Nei casi previsti dai paragrafi 1 e 2 il gestore, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, é tenuto a presentare all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento che riporta il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell'impossibilità di rispettare i valori limite di emissione oggetto di deroga.

Sezione 2

Valori limite di emissione di SO2 - Combustibili liquidi

A.

1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth)

valore limite di emissione di SO2(mg/Nm3)

50-100

350

100-300

250

> 300

200

 

 

2. In deroga al paragrafo 1, per gli impianti anteriori al 2002, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 850 mg/Nm3 per gli impianti con potenza non superiore a 300 MW e pari a 400 mg/Nm3 per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno.. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

B.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti nuovi, che utilizzano combustibili liquidi ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth)

valore limite di emissione di SO2(mg/Nm3)

50-100

350

100-300

200

> 300

150

 

 

Sezione 3

Valori limite di emissione di SO2- Combustibili gassosi

A.

Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti alimentati a combustibile gassoso ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Gas naturale ed altri gas

35

Gas liquido

5

Gas a basso potere calorifico originati da forni a coke

400

Gas a basso potere calorifico originati da altiforni

200

 

 

Per gli impianti di combustione anteriori al 2002 alimentati con gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie si applica un limite pari a 800 mg/Nm3.

Sezione 4

Valori limite di emissione di NOx (misurati come NO2) e di CO

A.

1. Valori limite di emissione di NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 alimentati con combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth)

Carbone e lignite e altri combustibili solidi

Biomassa e torba

Combustibili liquidi

50-100

300 (4)

300 (4)

450

100-300

200 (4)

250 (4)

200 (2) (3) (4)

> 300

200 (4) (5)

200 (4) (5)

150 (1) (2) (3) (4) (5)

 

 

 

 

2. Le turbine a gas (comprese le turbine a gas a ciclo combinato - CCGT) di impianti che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 90 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.

3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera A. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

A-bis

1. Valori limite di emissione di NOx e di CO espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi) che devono essere applicati per gli impianti di combustione alimentati a combustibile gassoso anteriori al 2013:

Tipo impianto

NOx

CO

alimentato con gas naturale,* ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

100

100

alimentato con gas di altoforno, gas da forno a coke o gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

200 (300 per impianti anteriori al 2002 di potenza termica totale non superiore ai 500 MW)

-

alimentato con gas diversi da quelli specificamente previsti dalla presente tabella, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas

200 (300 per impianti anteriori al 2002 di potenza termica totale non superiore ai 500 MW)

-

Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale*

50

100

Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate con gas diversi dal gas naturale*

120

-

Motori a gas

100

100

* Il gas naturale è il metano presente in natura con non più del 20% in volume di inerti ed altri costituenti.

 

 

 

2. In deroga al paragrafo 1, sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 75 mg/Nm3 le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale usate:

- in un sistema di produzione combinata di calore e di elettricità che abbia un grado di rendimento globale superiore al 75%;

- in impianti a ciclo combinato che abbiano un grado di rendimento elettrico globale medio annuo superiore al 55%;

- per trasmissioni meccaniche.

Per le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale che non rientrano in una delle categorie di cui sopra e che hanno un grado di efficienza η , determinato alle condizioni ISO di carico base, superiore al 35%, il valore limite di emissione di NOx é pari a 50 x η/35%.

3. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 4, l'autorizzazione può prevedere, per le turbine a gas (comprese le CCGT) anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno, un valore limite di emissione di NOx pari a 150 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate a gas naturale e a 200 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate con altri gas o combustibili liquidi. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

4. Per le turbine a gas di potenza termica nominale maggiore o uguale a 300 MW ubicate nelle zone nelle quali i livelli di ossidi di azoto comportano il rischio di superamento dei valori di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, l'autorizzazione deve prevedere un valore limite di ossidi di azoto pari o inferiore a 40 mg/Nm3.

5. Le turbine a gas e i motori a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera A-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

B.

1. Valori limite di emissione NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth)

Carbone e lignite e altri combustibili solidi

Biomassa e torba

Combustibili liquidi

50-100

150

180 per biomasse solide e torba

150

 

 

200 per biomasse liquide

 

100-300

100

180 per biomasse solide e torba

100

 

 

200 per biomasse liquide

 

> 300

100

150

100

 

 

 

 

2. Le turbine a gas (comprese le CCGT) che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 50 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.

3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera B. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

B-bis

1. Valori limite di emissione di NOx e CO espressi in mg/Nm3 per impianti di combustione nuovi alimentati a combustibile gassoso (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi).

Tipo impianto

NOx

CO

diverso dalle turbine a gas e dei motori a gas

100

100

Turbine a gas (comprese le CCGT)

30 *

100

Turbine a gas per Trasmissione meccanica (comprese le CCGT)

50 *

100

Motori a gas

75

100

 

*Se il grado di efficienza η , determinato alle condizioni ISO di carico base, supera il 35%, il valore limite di emissione di NOx è pari a 30 x η/35%, o in caso di CCGT utilizzate per trasmissioni meccaniche è pari a 50 x η/35%.

 

2. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla presente lettera B-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.

Sezione 5

Valori limite di emissione delle polveri

A.

1. Valori limite di emissione di polveri espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth)

Carbone e lignite ed altri combustibili solidi

Biomassa e torba

Combustibili liquidi

50-100

30

30

30

100-300

25

20

25

> 300

20

20

20

 

 

 

 

2. In deroga al paragrafo 1, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di polveri pari a 50 mg/Nm3 per gli impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.

B.

1. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth)

Biomassa e torba

altri combustibili solidi o liquidi

50-300

18 per biomasse solide e torba 10 per biomasse liquide

20

> 300

18 per biomasse solide e torba 10 per biomasse liquide

10

 

 

 

2. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento 3%) che devono essere applicati a tutti gli impianti che utilizzano combustibili gassosi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Gas diversi da quelli indicati nella presente tabella

5

Gas di altiforni

10

Gas prodotti dall'industria siderurgica che possono essere usati in stabilimenti diversi da quello di produzione

30

 

 

Sezione 6

Valori limite di emissione per alcuni metalli e loro composti (6)

Valori limite di emissione di metalli e loro composti espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono essere applicati a tutti i grandi impianti di combustione.

Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW e inferiore o pari a 100MW

Inquinante

Valore limite di emissione (mg/Nm3)

Be

0.08

Cd + Hg + TI

0.20

As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione respirabile ed insolubile)

0.80

Se + Te + Ni (sotto forma di polvere)

1.60

Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V

8.00

 

 

Impianti di potenza termica nominale superiore a 100MW

Inquinante

Valore limite di emissione (mg/Nm3)

Be

0.05

Cd + Hg + TI

0.10

As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione respirabile ed insolubile)

0.50

Se + Te + Ni (sotto forma di polvere)

100

Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V

5.00

 

 

Sezione 7

Valori limite di emissione di alcuni inquinanti espressi in mg/Nm3 (tenore di 02 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi).

1. Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW

Inquinante

Valore limite di emissione (mg/Nm3)

CO

250 (7)

sostanze organiche volatili, espresse come carbonio totale

300 mg/m3

cloro

5 mg/m3

idrogeno solforato

5 mg/m3

bromo e suoi composti espressi come acido bromidrico

5 mg/m3

fluoro e suoi composti espressi come acido fluoridrico

5 mg/m3

ammoniaca e composti a base di cloro espressi come acido cloridrico:

100 mg/m3

 

 

2. I valori di emissione per le sostanze cancerogene tossiche per la riproduzione e mutagene e quelle di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate sono quelli riportati nell'allegato I, parte II, punti 1.1 e 1.2.

3. Fatto salvo quanto previsto nella sezione 6, i valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere, riportate nell'allegato I, parte II, sono i seguenti:

sostanze appartenenti alla classe I

0,2 mg/m3

sostanze appartenenti alla classe II

2 mg/m3

sostanze appartenenti alla classe III

10 mg/m3

 

 

4. I valori di emissione di cui ai punti 1, 2 e 3 costituiscono valori di emissione minimi e massimi coincidenti.

Sezione 8

Misurazione e valutazione delle emissioni

1. Le misurazioni in continuo di cui alla parte I, paragrafo 4, devono essere effettuate contestualmente alla misurazione in continuo dei seguenti parametri di processo: tenore di ossigeno, temperatura, pressione e tenore di vapore acqueo. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo dell'effluente gassoso può non essere effettuata qualora l'effluente gassoso prelevato sia essiccato prima dell'analisi delle emissioni.

2. Il campionamento e l'analisi dei pertinenti inquinanti e dei parametri di processo e i metodi di misurazione di riferimento per calibrare i sistemi di misura automatici devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

3. I sistemi di misurazione continua sono soggetti a verifica mediante misurazioni parallele secondo i metodi di riferimento, almeno una volta all'anno. I gestori informano l'autorità competente dei risultati di tale verifica.

4. I valori degli intervalli di fiducia al 95% di un singolo risultato di misurazione non possono superare le seguenti percentuali dei valori limite di emissione:

Biossido di zolfo

20%

Ossidi di azoto

20%

Polveri

30%

Monossido di carbonio

10%

 

 

5. I valori medi orari e giornalieri convalidati sono determinati in base ai valori medi orari validi misurati previa detrazione del valore dell'intervallo di fiducia di cui al punto 4. Qualsiasi giorno nel quale più di 3 valori medi orari non sono validi, a causa di malfunzionamento o manutenzione del sistema di misure in continuo, non è considerato valido. Se in un anno più di dieci giorni non sono considerati validi per tali ragioni, l'autorità competente per il controllo prescrive al gestore di assumere adeguati provvedimenti per migliorare l'affidabilità del sistema di controllo in continuo.

6. In caso di impianti a cui si applicano i gradi di desolforazione di cui alla sezione 1, lettera C, l'autorizzazione prescrive le modalità atte ad assicurare anche un controllo periodico del tenore di zolfo del combustibile utilizzato. Le modifiche relative al combustibile utilizzato costituiscono modifica ai sensi dell'articolo 268, comma 1, lettera m).

Parte III

Modello di trasmissione informazioni a cura del gestore dell'impianto

 

 

 

Parte IV

Determinazione delle emissioni totali di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri per la elaborazione della relazione alla Commissione europea.

1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare elabora la relazione di cui all'articolo 274, comma 1, sulla base dei dati sulle emissioni totali annue di biossido di zolfo e ossidi d'azoto, trasmessi dai gestori ai sensi dell'articolo 274, comma 4. Qualora si usi il controllo continuo, il gestore dell'impianto di combustione addiziona separatamente, per ogni inquinante, la massa di inquinante emesso quotidianamente, sulla base delle portate volumetriche degli effluenti gassosi. Qualora non si usi il controllo continuo, le stime delle emissioni annue totali sono determinate dal gestore sulla base delle disposizioni di cui alla parte I, paragrafo 4, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti in sede di rilascio delle autorizzazioni. Ai fini della trasmissione dei dati previsti dall'articolo 274, le emissioni annue e le concentrazioni delle sostanze inquinanti negli effluenti gassosi sono determinate nel rispetto di quanto stabilito dalle disposizioni della parte I, paragrafi 4 e 5.

 

Parte V [1581]

 

(1) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 400 mg/Nm3 per impianti anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

(2) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.

(3) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, situati all'interno di installazioni chimiche, alimentati con residui liquidi di produzione di cui non è ammesso il commercio utilizzati ai fini del processo di produzione.

(4) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido o liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

(5) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm3 per impianti di combustione autorizzati prima del 1° luglio 1987, anche se con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.

(6) I valori limite di emissione della presente sezione non si applicano agli impianti che utilizzano esclusivamente combustibili gassosi oppure biomasse.

(7) L'autorità competente può fissare, per particolari situazioni impiantistiche, un valore limite di emissione maggiore del valore di emissione sopra indicato. Restano in ogni caso fermi i valori limite di CO indicati nella sezione 4, lettere A-bis e B-bis.

 

Allegato III [1582]

Emissioni di composti organici volatili

 

Parte I

Disposizioni generali

 

1. Definizioni

1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:

a) adesivo: qualsiasi miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per far aderire parti separate di un prodotto;

b) inchiostro: una miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti i solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato in un'attività di stampa per imprimere testi o immagini su una superficie;

c) input: la quantità di solventi organici e la loro quantità nelle miscele utilizzati nello svolgimento di un'attività; sono inclusi i solventi recuperati all'interno e all'esterno del luogo in cui l'attività è svolta, i quali devono essere registrati tutte le volte in cui sono riutilizzati per svolgere l'attività;

d) miscela: le miscele o le soluzioni composte di due o più sostanze;

e) rivestimento: ogni miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per ottenere su una superficie un effetto decorativo, protettivo o funzionale;

f) soglia di produzione: la quantità espressa in numero di pezzi prodotti/anno di cui all'appendice 1 della parte III, riferita alla potenzialità di prodotto per cui le attività sono progettate;

g) solvente organico alogenato: un solvente organico che contiene almeno un atomo di bromo, cloro, fluoro o iodio per molecola;

h) vernice: un rivestimento trasparente.

2. Emissioni di sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente

2.1. Le sostanze e le miscele alle quali, a causa del loro tenore di COV classificati dal regolamento 1272/2008 come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, sono state assegnate o sulle quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H340, H350, H350i, H360D o H360F o le frasi di rischio R45, R46, R49, R60 o R61, sono sostituite quanto prima con sostanze e miscele meno nocive, tenendo conto delle linee guida della Commissione europea, ove emanate. [1583]

2.2. Agli effluenti gassosi che emettono i COV di cui al punto 2.1 in una quantità complessivamente uguale o superiore a 10 g/h, si applica un valore limite di 2 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV. [1584]

2.3. Agli effluenti gassosi che emettono COV ai quali sono state assegnate o sui quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H341 o H351 o ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R40, R68, in una quantità complessivamente uguale o superiore a 100 g/h, si applica un valore limite di emissione di 20 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV. [1585]

2.4. Al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, le emissioni dei COV di cui ai punti 2.1 e 2.3 devono essere sempre convogliate.

2.5. Alle emissioni di COV ai quali, successivamente al 12 marzo 2004, sono assegnate etichette con una delle frasi di rischio di cui ai punti 2.1 e 2.3, si applicano, quanto prima, e comunque entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento di attuazione delle relative disposizioni comunitarie, i valori limite di emissione previsti da tali punti. Se il provvedimento di attuazione è anteriore al 31 ottobre 2006 tali valori limite, nei casi previsti dall'articolo 275, commi 8 e 9, si applicano a partire dal 31 ottobre 2007. [1586]

3. Controlli

3.1. Il gestore, in conformità alle prescrizioni dell'autorizzazione e, comunque almeno una volta all'anno, fornisce all'autorità competente i dati di cui al punto 4.1 e tutti gli altri dati che consentano di verificare la conformità dell'impianto o delle attività alle prescrizioni del presente decreto.

3.2. Il gestore installa apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, superiore a 10 kg/h, al fine di verificarne la conformità ai valori limite per le emissioni convogliate. Se tale flusso di massa è inferiore, il gestore effettua misurazioni continue o periodiche, e, nel caso di misurazioni periodiche, assicura almeno tre letture durante ogni misurazione; anche in tal caso l'autorità competente può comunque, ove lo ritenga necessario, richiedere l'installazione di apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni,

3.3. Per la verifica dei valori limite espressi come concentrazione sono utilizzati i metodi analitici indicati nella parte VI.

3.4. In caso di emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, non superiore a 10 kg/h, l'autorità competente può consentire l'installazione di strumenti per la misura e per la registrazione in continuo di parametri significativi ed indicativi del corretto stato di funzionamento dei dispositivi di abbattimento [1587].

4. Conformità ai valori limite di emissione

4.1. Il gestore dimostra all'autorità competente, ai sensi del punto 3.1, la conformità delle emissioni:

a) ai valori limite di emissione di cui all'articolo 275, comma 2;

b) all'emissione totale annua di cui all'articolo 275, comma 6;

c) alle disposizioni di cui all'articolo 275, comma 12 e 13, ove applicabili.

4.2. Ai fini dell'applicazione del punto 4.1, il gestore effettua, secondo le prescrizioni dell'autorizzazione e secondo i punti 3.2, 3.3. e 3.4, misurazioni di COV continue o periodiche nelle emissioni convogliate ed elabora e aggiorna, con la periodicità prevista dall'autorizzazione, e comunque almeno una volta all'anno, un piano di gestione dei solventi, secondo le indicazioni contenute nella parte V.

4.3. La conformità delle emissioni ai valori limite del paragrafo 2 è verificata sulla base della somma delle concentrazioni di massa dei singoli COV interessati. In tutti gli altri casi, la conformità delle emissioni ai valori limite di cui all'articolo 275, comma 2, ove non altrimenti previsto nella parte III, è verificata sulla base della massa totale di carbonio organico emesso.

4.3-bis. Nel determinare la concentrazione di massa dell'inquinante nell'effluente gassoso non sono presi in considerazione i volumi di gas che possono essere aggiunti, ove tecnicamente giustificato, per scopi di raffreddamento o di diluizione.

5. Comunicazioni alla Commissione europea.

5.1 La comunicazione alla Commissione europea prevista dall'art. 29-terdecies, comma 1, e dai relativi decreti di attuazione prevede le seguenti informazioni inerenti agli stabilimenti disciplinati dall'art. 275:

     lista degli stabilimenti per i quali sono state applicate le prescrizioni alternative di cui all'allegato III, parte IV, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006 (emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa, definite emissioni bersaglio), corredata delle seguenti informazioni:

     nome del gestore,

     indirizzo dello stabilimento,

     attività svolta (secondo l'allegato III, parte II, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006),

     autorizzazione che ha applicato l'emissione bersaglio e autorità che ha rilasciato l'autorizzazione,

     descrizione del processo di conseguimento delle emissioni bersaglio che è stato autorizzato e dei risultati ottenuti, negli anni di riferimento, in termini di ottenimento di una riduzione delle emissioni equivalente a quella conseguibile applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa.

     lista degli stabilimenti per i quali sono state concesse le deroghe previste dall'art. 275, comma 12 e comma 13, corredata delle seguenti informazioni:

     nome del gestore,

     indirizzo dello stabilimento,

     attività svolta (secondo l'allegato III, parte II, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006),

     tipo di deroga concessa (comma 12 o comma 13),

     autorizzazione che ha concesso la deroga e autorità che ha rilasciato l'autorizzazione,

     motivazioni della concessione della deroga.

 

Parte II

Attività e soglie di consumo di solvente

1. Rivestimento adesivo con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività in cui un adesivo è applicato ad una superficie, ad eccezione dei rivestimenti e dei laminati adesivi nelle attività di stampa.

2. Attività di rivestimento

Qualsiasi attività in cui un film continuo di un rivestimento è applicato in una sola volta o in più volte su:

a) autoveicoli, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno appartenenti alle categorie definite nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, e precisamente:

- autovetture nuove definite come autoveicoli della categoria MI e della categoria NI, nella misura in cui sono trattati nello stesso impianto con gli autoveicoli MI;

- cabine di autocarri, definite come la cabina per il guidatore e tutto l'alloggiamento integrato per l'apparecchiatura tecnica degli autoveicoli delle categorie N2 e N3;

- furgoni e autocarri, definiti come autoveicoli delle categorie NI, N2 e N3, escluse le cabine di autocarri;

- autobus, definiti come autoveicoli delle categorie M2 e M3.

b) rimorchi, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno, come definiti nelle categorie 01, 02, 03 e 04 nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974;

c) superfici metalliche e di plastica (comprese le superfici di aeroplani, navi, treni), con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

d) superfici di legno, con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno;

e) superfici tessili, di tessuto, di film e di carta, con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

f) cuoio, con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno.

Non è compreso il rivestimento metallico di substrati mediante tecniche di elettroforesi e di spruzzatura chimica. Le fasi di stampa di un substrato inserite in una attività di rivestimento si considerano, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, come parte dell'attività di rivestimento. Le attività di stampa a sé stanti rientrano nel paragrafo 8, nel caso in cui superino le soglie ivi indicate.

3. Verniciatura in continuo di metalli (coil coating) con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno

Qualsiasi attività per rivestire acciaio in bobine, acciaio inossidabile, acciaio rivestito, leghe di rame o nastro di alluminio con rivestimento filmogeno o rivestimento con lamine in un processo in continuo.

4. Pulitura a secco

Qualsiasi attività industriale o commerciale che utilizza COV in un impianto di pulitura di indumenti, di elementi di arredamento e di prodotti di consumo analoghi, ad eccezione della rimozione manuale di macchie e di chiazze nell'industria tessile e dell'abbigliamento.

5. Fabbricazione di calzature con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di produzione di calzature, o di parti di esse.

6. Fabbricazione di miscele per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi con una soglia di consumo di solvente superiore a 100 tonnellate/anno.

La fabbricazione dei prodotti finali sopra indicati e di quelli intermedi se effettuata nello stesso luogo, mediante miscela di pigmenti, di resine e di materiali adesivi con solventi organici o altre basi, comprese attività di dispersione e di dispersione preliminare, di correzione di viscosità e di tinta, nonché operazioni di riempimento del contenitore con il prodotto finale.

7. Fabbricazione di prodotti farmaceutici con una soglia di consumo di solvente superiore a 50 tonnellate/anno.

Sintesi chimica, fermentazione, estrazione, formulazione e finitura di prodotti farmaceutici e, se effettuata nello stesso luogo, la fabbricazione di prodotti intermedi.

8. Stampa

Qualsiasi attività di riproduzione di testi o di immagini nella quale, mediante un supporto dell'immagine, l'inchiostro è trasferito su qualsiasi tipo di superficie, incluse le tecniche correlate di verniciatura, di rivestimento e di laminazione, limitatamente ai seguenti processi, purché il consumo di solvente sia superiore alle soglie indicate:

a) flessografia intesa come un'attività di stampa rilievografica, con un supporto dell'immagine di gomma o di fotopolimeri elastici, in cui la zona stampante si trova al di sopra della zona non stampante, che impiega inchiostri a bassa viscosità che seccano mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

b) Offset intesa come un'attività di stampa con sistema a bobina con un supporto dell'immagine in cui la zona stampante e quella non stampante sono sullo stesso piano. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina. La zona non stampante è trattata in modo da attirare acqua e, quindi, respingere inchiostro. La zona stampante è trattata per assorbire e per trasmettere inchiostro sulla superficie da stampare. L'evaporazione avviene in un forno dove si utilizza aria calda per riscaldare il materiale stampato.

c) Laminazione associata all'attività di stampa intesa come un'attività in cui si opera l'adesione di due o più materiali flessibili per produrre laminati. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

d) Rotocalcografia per pubblicazioni intesa come rotocalcografia per stampare carta destinata a riviste, a opuscoli, a cataloghi o a prodotti simili, usando inchiostri a base di toluene. Soglia di consumo di solvente: >25 tonnellate/anno.

e) Rotocalcografia intesa come un'attività di stampa incavografica nella quale il supporto dell'immagine è un cilindro in cui la zona stampante si trova al di sotto della zona non stampante e vengono usati inchiostri liquidi che asciugano mediante evaporazione. Le cellette sono riempite con inchiostro e l'eccesso è rimosso dalla zona non stampante prima che la zona stampante venga a contatto del cilindro ed assorba l'inchiostro dalle cellette. Soglia di consumo di solvente: > 15 tonnellate/anno.

f) Offset dal rotolo intesa come un'attività di stampa con sistema a bobina, nella quale l'inchiostro è trasferito sulla superficie da stampare facendolo passare attraverso un supporto dell'immagine poroso in cui la zona stampante è aperta e quella non stampante è isolata ermeticamente, usando inchiostri liquidi che seccano soltanto mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina.

g) Laccatura intesa come un'attività di applicazione di una vernice o di un rivestimento adesivo ad un materiale flessibile in vista della successiva sigillatura del materiale di imballaggio. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.

9. Conversione di gomma con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di miscela, di macinazione, di dosaggio, di calandratura, di estrusione e di vulcanizzazione di gomma naturale o sintetica e ogni operazione ausiliaria per trasformare gomma naturale o sintetica in un prodotto finito.

10. Pulizia di superficie, con una soglia di consumo di solvente superiore a 1 tonnellata/anno nel caso si utilizzino i COV di cui al paragrafo 2 della parte I del presente allegato e superiore a 2 tonnellate/anno negli altri casi.

Qualsiasi attività, a parte la pulitura a secco, che utilizza solventi organici per eliminare la contaminazione dalla superficie di materiali, compresa la sgrassatura, anche effettuata in più fasi anteriori o successive ad altre fasi di lavorazione. È incussa la pulizia della superficie dei prodotti. È esclusa la pulizia dell'attrezzatura.

11. Estrazione di olio vegetale e grasso animale e attività di raffinazione di olio vegetale con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di estrazione di olio vegetale da semi e da altre sostanze vegetali, la lavorazione di residui secchi per la produzione di mangimi, la depurazione di grassi e di olii vegetali ricavati da semi, da sostanze vegetali o da sostanze animali.

12. Finitura di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno Qualsiasi attività industriale o commerciale di rivestimento nonché attività associata di sgrassatura riguardante:

a) il rivestimento di autoveicoli, come definiti nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, di manutenzione o di decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione;

b) il rivestimento originale di autoveicoli come definiti nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974, o parti di essi, con rivestimenti del tipo usato per la finitura se il trattamento è eseguito al di fuori della linea originale di produzione;

c) il rivestimento di rimorchi, compresi i semirimorchi (categoria 0).

13. Rivestimento di filo per avvolgimento con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno Qualsiasi attività di rivestimento di conduttori metallici usati per avvolgimenti di trasformatori, di motori, e altre apparecchiature simili.

14. Impregnazione del legno con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno

Qualsiasi attività di applicazione al legno di antisettici.

15. Stratificazione di legno e plastica con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno

Qualsiasi attività in cui si opera l'adesione di legno con legno, di plastica con plastica o di legno con plastica, per produrre laminati.

 

Parte III

Valori limite di emissione

Tabella 1

 

Attività (soglie di consumo di solvente in tonnellate/anno)

Soglie di consumo di solvente (tonn/anno)

Valori limite per le emissioni convogliate (mgC/Nm3)

Valori limite per le emissioni diffuse (% di input di solvente)

Valori limite di emissione totale

Disposizioni speciali

 

 

≤25

100

30[1]

L'eventuale valore limite di emissione totale si

[1] Il residuo di solvente nel prodotto finito non va

1

Stampa offset (>15)

>25

20

30[1]

determina secondo la procedura indicata nella parte IV

considerato parte delle emissioni diffuse

 

Rotocalcografia per

 

 

 

L'eventuale valore limite di emissione

Per le attività di cui all'articolo 275, commi

2

pubblicazioni (>25)

 

75

10[1]

totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV

8 e 9 si applica un valore limite di emissione diffusa pari al 15% di input di solvente

 

Altri tipi di rotocalcografia,

≤25

100

25

L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la

 

3.1

flessografia, offset dal rotolo, unità di laminazione o laccatura (>15)

>25

100

20

procedura indicata nella parte IV

 

 

offset dal rotolo su

 

 

 

L'eventuale valore limite di emissione

 

3.2

tessili/cartone (>30)

 

100

20

totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV

 

 

 

 

 

 

L'eventuale valore limite di

[1] Qualora siano utilizzati i

 

Pulizia di superficie

≤5

20[2]

15

emissione totale si determina secondo la

composti specificati alla parte 1, punti 2.1 e 2.3.

4

[1]. (>1)

>5

20[2]

10

procedura indicata nella parte IV

[2] Il limite si riferisce alla massa di composti in mg/Nm3, e non al carbonio totale

 

 

 

 

 

L'eventuale valore limite di emissione totale si

[1] I gestori che dimostrano all'autorità competente

5

Altri tipi di pulizia di

≤10

75[1]

20[1]

determina secondo la procedura indicata nella

che il tenore medio di solvente organico di tutti i

 

superficie (>2)

>10

75[1]

15[1]

parte IV

materiali da pulizia usati non supera il 30% in peso sono esonerati dall'applicare questi valori

 

Rivestimento di

 

 

 

L'eventuale valore limite di emissione totale si

[1] Per tale attività la conformità al valore limite

6.1

autoveicoli (>0,5)

≤15

50[1]

25

determina secondo la procedura indicata nella parte IV

nel caso di misurazioni continue essere dimostrata sulla base delle medie di 15 minuti

 

Rivestimento di

 

 

 

 

 

6.2

autoveicoli (>15)

>15

 

 

vedi appendice 1

 

 

Finitura di

 

 

 

L'eventuale valore limite di

[1] Per tale attività, la

6.3

autoveicoli (>0,5)

 

50[1]

25

emissione totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV

conformità al valore limite nel caso di misurazioni continue deve essere dimostrata sulla base delle medie di 15 minuti.

 

 

 

 

 

 

[1] Per gli impianti cheusano tecniche che consentono di riutilizzare i solventi recuperati, il limite di emissione è 150mgC/Nm3

7

Verniciatura in continuo (coil coating) (>25)

 

50[1]

5[2]

L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la procedura indicata nella parte IV

[2] Per le attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 si applica un valore limite di emissione diffusa pari al 10% di input di solvente

 

Altri rivestimenti, compreso il

 

 

 

L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la

[1] Il valore limite di emissione concerne l'applicazione del

8

rivestimento di metalli, plastica,

≤15

100 [1] [4]

25[4]

procedura indicata nella parte IV

rivestimento e i processi di essicazione con emissioni convogliate.

 

tessili [5], tessuti, film e carta (>5)

>15

50/75 [2] [3] [4]

20 [4]

 

[2] Il primo valore limite di emissione concerne i processi di essicazione, il secondo i processi di applicazione del rivestimento.

 

 

 

 

 

 

[3] Per gli impianti di rivestimento di tessili che applicano tecniche che consentono di riutilizzare i solventi recuperati, il limite di emissione applicato ai processi di applicazione del rivestimento e di essiccazione considerati insieme è di 150.

 

 

 

 

 

 

[4] Le attività di rivestimento le cui emissioni di COV non possono essere convogliate (come la costruzione di navi, la verniciatura di aerei) possono essere esonerate da questi valori, alle condizioni di cui all'articolo 275 comma 13.

 

 

 

 

 

 

[5] L'offset dal rotolo su tessili ricade nel punto 3.2

 

 

 

 

 

 

[1] Si applica agli impianti dove il diametro medio del

9

Rivestimento di filo per

 

 

 

10 g/kg [1]

filo è ≤0,1 mm.

 

avvolgimento (>5)

 

 

 

5 g/kg [2]

[2] Si applica a tutti gli altri impianti.

 

Rivestimento delle

 

 

 

L'eventuale valore limite di emissione totale si

[1] Il limite di emissione si applica ai processi di

10

superfici di legno (>15)

≤25

100 [1]

25

determina secondo la procedura indicata nella parte IV

applicazione di rivestimento ed essiccazione aventi emissioni convogliate.

 

 

>25

50 75 [2]

20

 

[2] Il primo valore concerne i processi di essiccazione e il secondo quelli di applicazione del rivestimento.

 

 

 

 

 

 

[1] Espressa in massa di

11

Pulitura a secco

 

 

 

20 g/kg [1] [2]

solvente emesso per chilogrammo di prodotto pulito e asciugato.

 

 

 

 

 

 

[2] Il limite di emissione di cui alla parte I, punto 2.3, non si applica a questo settore.

12

Impregnazione del legno (>25)

 

100 [1]

45

11 kg/m3

[1] Non si applica all'impregnazione con creosoto

 

Rivestimento di cuoio

 

 

 

 

I valori di emissione sono espressi in grami di

13.1

(ad esclusione

≤25

 

 

85 g/m2

solvente emesso per m2 di cuoio rivestito durante la

 

degli articoli previsti al punto 13.2) (>10)

<25

 

 

75 g/m2

produzione

 

Rivestimento di cuoio per articoli

 

 

 

 

I valori di emissione totale sono espressi in grammi di solvente emesso per m2 di cuoio rivestito

13.2

di arredamento e piccola pelletteria (es. borse, cinture, portafogli, ecc...) (>10)

 

 

 

150 g/m2

durante la produzione

 

Fabbricazione di

 

 

 

 

I valori limite di emissione totale sono espressi in

14

calzature (>5)

 

 

 

25 g per paio

grammi di solvente emesso per paio completo di calzature prodotto.

15

Stratificazione di legno e plastica (>5)

 

 

 

30 g/m2

 

16

Rivestimento adesivi

≤15

50 [1]

25

L'eventuale valore limite di emissione totale si

[1] Se sono applicare tecniche che consentono il

 

(>5)

>15

50 [1]

20

determina secondo la procedura indicata nella parte IV

riuso del solvente recuperato, il valore limite di emissione negli scarichi gassosi è 150.

 

Fabbricazione di miscele

≤1000

150

5

5% di input di consumo massimo teorico di solvente

Il valore di emissioni diffuse non comprende il solvente venduto, come parte di una

17

per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi (>100)

>1000

150

3

3% di input di consumo massimo teorico di solvente

miscela per rivestimento, in un contenitore sigillato.

 

 

 

 

 

 

[1] Se si applicano tecniche che consentono il riuso del

18

Conversione della gomma (>15)

 

20 [1]

25 [2]

25% di input di consumo massimo teorico di solvente

solvente recuperato, il valore limite di emissione negli scarichi gassosi è 150

 

 

 

 

 

 

[2] Il valore di emissione diffusa non comprende il solvente venduto, come parte di prodotti o miscele, in un contenitore sigillato.

 

 

 

 

 

Grasso animale

[1] L'autorità competente

 

 

 

 

 

1,5 kg/tonn

stabilisce, caso per caso,

 

 

 

 

 

Ricino

applicando le migliori

 

 

 

 

 

3,0 kg/tonn

tecniche disponibili, i valori

 

Estrazione

 

 

 

colza

limite di emissione totale

 

di olio

 

 

 

1,0 kg/tonn

da applicare nei casi in cui

 

vegetale e

 

 

 

semi di girasole

gli impianti utilizzino singole

 

grasso

 

 

 

1,0 kg/tonn

partite di semi o di sostanze

19

animale e

 

 

 

semi di soia

vegetali dello stesso tipo.

 

attività di

 

 

 

(frantumazione normale)

[2] Si applica a tutti i

 

raffinazione

 

 

 

0,8 kg/tonn

processi di frazionamento,

 

di olio vegetale

 

 

 

semi di soia (fiocchi bianchi)

ad esclusione della demucillaginazione

 

(>10)

 

 

 

1,2 kg/tonn

(eliminazione delle materie

 

 

 

 

 

altri semi e altre sostanze vegetali

gommose dall'olio).

 

 

 

 

 

3 kg/tonn [1]

[3] Si applica alla

 

 

 

 

 

1,5 kg/tonn [2]

demucillaginazione

 

 

 

 

 

4 kg/tonn [3]

 

20

Fabbricazione di prodotti farmaceutici (>50)

 

20 [1]

5 [2] [3]

5% di input di consumo massimo teorico di solvente [4]

[1] Se si applicano tecniche che consentono il riuso del solvente recuperato, il valore limite di emissione negli scarichi gassosi è 150mg/Nm3

 

 

 

 

 

 

[2] Il valore limite di emissione diffusa non comprende il solvente venduto come parte di prodotti o miscele in un contenitore sigillato.

 

 

 

 

 

 

[3] Per le attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 si applica un valore limite di emissione diffusa pari al 15% di input di solvente

 

 

 

 

 

 

[4] Per le attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 si applica un valore limite di emissione totale pari al 15% di consumo massimo teorico di solvente

 

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE 1 [1588]

Attività i rivestimento di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno

1. I valori limite di emissione totale sono, a scelta del gestore, espressi in grammi di solvente emesso per metro quadrato di superficie del prodotto o in chilogrammi di solvente emesso rapportati alla carrozzeria del singolo veicolo.

2. La superficie di ogni prodotto di cui alla tabella sottostante è alternativamente definita come:

- la superficie calcolata sulla base del rivestimento per elettroforesi totale più la superficie di tutte le parti eventualmente aggiunte nelle fasi successive del processo di rivestimento, se rivestite con gli stessi rivestimenti usati per il prodotto in questione, oppure

- la superficie totale del prodotto rivestito nell'impianto.

2.1 La superficie del rivestimento per elettroforesi è calcolata con la formula:

(2 x peso totale della scocca) / (spessore medio della lamiera x densità della lamiera)

Nello stesso modo si calcola la superficie delle altre parti di lamiera rivestite.

2.2 La superficie delle altre parti aggiunte e la superficie totale rivestita nell'impianto sono calcolate tramite la progettazione assistita da calcolatore o altri metodi equivalenti.

3. Nella tabella, il valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione si riferisce a tutte le fasi del processo che si svolgono nello stesso impianto, dal rivestimento mediante elettroforesi o altro processo, sino alle operazioni di lucidatura finale comprese, nonché al solvente utilizzato per pulire l'attrezzatura, compresa la pulitura delle cabine di verniciatura a spruzzo e delle altre attrezzature fisse, sia durante il tempo di produzione che al di fuori di esso.

Il valore limite di emissione totale è espresso come somma della massa totale di composti organici per metro quadro della superficie totale del prodotto trattato o come somma della massa dei composti organici per singola carrozzeria.

Tabella 2

Attività (soglia di consumo di solvente

Soglia di produzione (produzione annuale

Valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione

in tonnellate/anno)

del prodotto rivestito)

 

Attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9

Rivestimento di

> 5000

45g/m2 o

60g/m2 o

autovetture nuove

 

1,3

1,9 kg/carrozzeria

(>15)

 

kg/carrozzeria +

+ 41 g/m2

 

 

33 g/ m2

 

 

≤ 5000

90 g/m2 o

90 g/m2 o

 

monoscocche o

1,5

1,5 kg/carrozzeria

 

> 3500 telai

kg/carrozzeria +

+ 70 g/m2

 

 

70 g/m2

 

Rivestimento di

≤ 5000

65 g/m2

85 g/m2

cabine di autocarri

> 5000

55 g/m2

75 g/m2

nuovi (>15)

 

 

 

Rivestimento di

≤ 2500

90 g/m2

120 g/m2

furgoni, autocarri e

> 2500

70 g/m2

90 g/m2

rimorchi nuovi (>15)

 

 

 

Rivestimento di

≤ 2000

210 g/m2

290 g/m2

autobus nuovi (>15)

> 2000

150 g/m2

225 g/m2

 

 

 

 

Gli impianti di rivestimento di autoveicoli con soglie di consumo di solvente inferiori ai valori della tabella 2 devono rispettare i requisiti di cui al punto 6.1 della tabella 1.

 

Parte IV

Prescrizioni alternative alla Parte III

1. Principi

La presente parte è riferita alle attività per cui non sono individuati nella parte III specifici valori di emissione totale. Sulla base dei paragrafi che seguono il gestore ha la possibilità di conseguire, a partire da uno scenario emissivo di riferimento, con mezzi diversi, emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa. Tali emissioni totali equivalenti si definiscono emissioni bersaglio.

La presente parte si applica altresì alle attività di cui all'articolo 275, comma 13. Per scenario emissivo di riferimento si intende il livello di emissioni totali dell'attività che corrisponde il più fedelmente possibile a quello che si avrebbe in assenza di interventi e di impianti di abbattimento e con l'uso di materie prime ad alto contenuto di solvente, in funzione della potenzialità di prodotto per cui l'attività è progettata.

2. Procedura

2.1. Per le attività di cui alla seguente tabella per le quali può essere ipotizzato un tenore costante di materia solida nelle materie prime, le emissioni bersaglio e lo scenario emissivo di riferimento possono essere individuati secondo il metodo descritto al punto 2.2. Qualora tale metodo risulti inadeguato e in tutti i casi in cui non sia previsto uno specifico fattore di moltiplicazione, l'autorità competente può autorizzare il gestore ad applicare qualsiasi metodo alternativo che soddisfi i principi di cui al paragrafo 1. Al fine di conseguire l'emissione bersaglio, il progetto o la domanda di autorizzazione prevedono la diminuzione del tenore medio di solvente nelle materie prime utilizzate e una maggiore efficienza nell'uso delle materie solide.

2.2 Ai fini di quanto previsto nel punto 2.1, per ciascun anno, si applica un metodo articolato nelle seguenti fasi:

a) calcolo della massa totale annua di materia solida nella quantità di rivestimento, di inchiostro, di vernice o di adesivo in funzione della potenzialità di prodotto per cui l'attività è progettata. Per materia solida si intendono tutte le sostanze contenute nelle vernici, negli inchiostri e negli adesivi che diventano solide dopo l'evaporazione dell'acqua o dei COV.

b) moltiplicazione della massa calcolata ai sensi della lettera a) per l'opportuno fattore elencato nella tabella seguente. Si ottiene in tal modo l'emissione annua di riferimento. Le autorità competenti possono modificare tali fattori per singole attività sulla base del provato aumento di efficienza nell'uso di materia solida e sulla base delle caratteristiche del processo e della tipologia di manufatti oggetto della produzione.

Attività

Fattore di moltiplicazione da usare

Rotocalcografia, flessografia;

 

Laminazione associata all'attività di stampa;

 

Laccatura associata all'attività di stampa;

4

Rivestimento del legno;

 

Rivestimento di tessili, tessuti o carta;

 

Rivestimento adesivo

 

Verniciatura in continuo (coil coating),

 

Finitura di autoveicoli

3

Rivestimento a contatto di prodotti alimentari

 

Rivestimenti aerospaziali

2,33

Altri rivestimenti e offset dal rotolo

1,5

 

 

c) determinazione dell'emissione bersaglio attraverso la moltiplicazione dell'emissione annua di riferimento per una percentuale pari:

- al valore di emissione diffusa + 15, per le attività che rientrano nei punti 6.1 e 6.3 e nella fascia di soglia inferiore dei punti 8 e 10 della parte III;

- al valore di emissione diffusa + 5, per tutte le altre attività.

[3. Adeguamento degli impianti e delle attività [1589]

In caso di applicazione dei paragrafi che precedono, l'adeguamento degli impianti e delle attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 è effettuato in due fasi in conformità alla seguente tabella:

Date di applicazione

Emissioni totali annue autorizzate

al 31.10.2005

emissione bersaglio * 1,5

al 31.10.2007

emissione bersaglio]

 

 

 

Parte V

Piano di gestione dei solventi

1. Principi

1.1. Il piano di gestione dei solventi è elaborato dal gestore, con la periodicità prevista nell'autorizzazione e, comunque, almeno una volta all'anno, ai fini previsti dalla parte I, paragrafo 4, ed al fine di individuare le future opzioni di riduzione e di consentire all'autorità competente di mettere a disposizione del pubblico le informazioni di cui all'articolo 281, comma 6.

1.2. Per valutare la conformità ai requisiti dell'articolo 275, comma 15, il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato per determinare le emissioni totali di tutte le attività interessate; questo valore deve essere poi comparato con le emissioni totali che si sarebbero avute se fossero stati rispettati, per ogni singola attività, i requisiti di cui all'articolo 275, comma 2.

2. Definizioni

Ai fini del calcolo del bilancio di massa necessario per l'elaborazione del piano di gestione dei solventi si applicano le seguenti definizioni. Per il calcolo di tale bilancio tutte le grandezze devono essere espresse nella stessa unità di massa.

a) Input di solventi organici [I]:

I1. La quantità di solventi organici o la loro quantità nelle miscele acquistati che sono immessi nel processo nell'arco di tempo in cui viene calcolato il bilancio di massa.

I2. La quantità di solventi organici o la loro quantità nelle miscele recuperati e reimmessi come solvente nel processo (il solvente riutilizzato è registrato ogni qualvolta sia usato per svolgere l'attività).

b) Output di solventi organici [O]:

O1. Emissioni negli effluenti gassosi.

O2. La quantità di solventi organici scaricati nell'acqua, tenendo conto, se del caso, del trattamento delle acque reflue nel calcolare O5.

O3. La quantità di solventi organici che rimane come contaminante o residuo nei prodotti all'uscita del processo.

O4. Emissioni diffuse di solventi organici nell'aria. È inclusa la ventilazione generale dei locali nei quali l'aria e scaricata all'esterno attraverso finestre, porte, sfiati e aperture simili.

O5. La quantità di solventi organici e composti organici persi a causa di reazioni chimiche o fisiche (inclusi ad esempio quelli distrutti mediante incenerimento o altri trattamenti degli effluenti gassosi o delle acque reflue, o catturati ad esempio mediante adsorbimento, se non sono stati considerati ai sensi dei punti O6, O7 o O8).

O6. La quantità di solventi organici contenuti nei rifiuti raccolti.

O7. La quantità di solventi organici da soli o solventi organici contenuti in miscele che sono o saranno venduti come prodotto avente i requisiti richiesti per il relativo commercio.

O8. La quantità di solventi organici contenuti nelle miscele recuperati per riuso, ma non per riutilizzo nel processo, se non sono stati considerati ai sensi del punto 07.

O9. La quantità di solventi organici scaricati in altro modo.

3. Formule di calcolo a)

L'emissione diffusa è calcolata secondo la seguente formula:

F = I1 - O1 - O5 - O6 - O7 - O8 oppure

F = O2 + O3 + O4 + O9

Questo parametro può essere determinato mediante misurazioni dirette delle quantità. Alternativamente, si può effettuare un calcolo equivalente con altri mezzi, ad esempio utilizzando l'efficienza di captazione del processo. La determinazione delle emissioni diffuse può essere effettuata mediante una serie completa di misurazioni e non deve essere ripetuta sino all'eventuale modifica dell'impianto.

b) Le emissioni totali [E] sono calcolate con la formula seguente:

E = F + O1

dove F è l'emissione diffusa quale definita sopra. Per valutare la conformità al valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione in riferimento a taluni parametri specifici, stabilito nell'autorizzazione, il valore [E] è riferito al pertinente parametro specifico.

c) Il consumo ove applicabile si calcola secondo la formula seguente:

C = I1 - O8

d) L'input per la verifica del limite per le emissioni diffuse o per altri scopi si calcola con la seguente formula:

I = I1 + 12

Parte VI

Metodi di campionamento ed analisi per le emissioni convogliate

1. Ai fini della valutazione della conformità dei valori di emissione misurati ai valori limite per le emissioni convogliate si applicano i metodi di misura indicati nella tabella seguente:

Parametro o inquinante

Metodo

Velocità e portata

UNI 10169

COV (Singoli composti)

UNI EN 13649

COV (Concentrazione < 20 mg m-3)

UNI EN 12619

COV (Concentrazione ≥20 mg m-3

UNI EN 13526

 

 

Parte VII

SEZIONE 1

Modello di domanda di autorizzazione per la costruzione e la modifica degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e i pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Alla Regione (o alla diversa autorità competente individuata dalla normativa regionale) ..................

Via .................

n° ....................

e p. c. Al Sindaco del Comune di ................

All'A.R.P.A. Dipartimento di .................

Via ....................

n° ....................

Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Il sottoscritto ........................................................ nato a ........................... il ............./............../............. residente a ................... in via/corso ............................ n ....................... in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1] [ ] o dell'ente [1] [ ] .............. con sede legale in via/corso ......................... n .............. nel comune di ........................ CAP ................... in provincia di ............ e con telefono n° ................. fax n° ................. partita IVA ...................... codice fiscale ................... iscrizione camera di commercio n° .......... codice ISTAT attività ........... addetti n° .................. [1] [ ] classificata industria insalubre di classe ........................... [1] [ ] non classificata industria insalubre.

chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per:

[1] [ ] installare un nuovo impianto in via/corso .................................. n .................. nel comune di ............................... CAP .................... in provincia di ...................... telefono n° ........................

[1] [ ] modificare un impianto sito in via/corso ....................................... n ......... nel comune di ......................... CAP ................. in provincia di .......................... telefono n° ..................

[1] [ ] trasferire un impianto da via/corso ....................... n ................. nel comune di .................. CAP .............. in provincia di ........................ telefono n° ....................... costituito/a da n ............. macchine di lavaggio a ciclo chiuso a via/corso ......................... n ............ nel comune di ....................... CAP ....................... in provincia di ............... telefono n° ...................

L'impianto è costituito/a da n ................ macchine di lavaggio a ciclo chiuso aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

N° e modello della macchina

Volume del tamburo [m3]

Tipo di solvente utilizzato

Quantità annua massima di solvente utilizzato [kg]

Quantità annua massima di prodotto pulito e asciugato [kg]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e si impegna

a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/ 13/CE

Allega la planimetria generale dell'impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza dei solventi utilizzati

Data ................. / ................. / ....................

IL LEGALE RAPPRESENTANTE

..............................................

[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.

Sezione 2

Modello di domanda di autorizzazione per la continuazione dell'esercizio degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e i pellami, escluse le pellicce, e elle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Alla Regione (o alla diversa autorità competente individuata dalla normativa regionale) .................................

Via .............................................. n ................

ep. c. Al Sindaco del Comune di ...........................

All'A.R.P.A. Dipartimento di ....................................... Via ............................................. n ..............

Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso.

Il sottoscritto ................................................................ nato a .......................................... il .......... / ......... / ........ residente a ....................................... in via/corso ....................................................................... n ................. in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1] [ ] o dell'ente [1] [ ] ....................................... con sede legale in via/corso ............................... n .........nel comune di ....................... CAP .................. in provincia di ......................... e con telefono n° ....................... fax n° ........................ partita IVA .......................................... codice fiscale ............................ iscrizione camera di commercio n° ...................... codice ISTAT attività ........................... addetti n° ..................................... [1] [ ] classificata industria insalubre di classe ................................. [1] [ ] non classificata industria insalubre.

chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE

per continuare ad esercire l'impianto a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, o la pulitintolavanderia a ciclo chiuso, ubicato/a ........................................................... in via/corso ............................................................. n ...................... nel comune di ......................................... CAP ........................... in provincia di .......................... telefono n° .................................... costituito/a da n ................. macchine di lavaggio a ciclo chiuso ed esistente al 12 marzo 2004 aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

N° e modello della macchina

Volume del tamburo [m3]

Tipo di solvente utilizzato

Quantità annua massima di solvente utilizzato [kg]

Quantità annua massima di prodotto pulito e asciugato [kg]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e si impegna

a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le seguenti prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/13/CE.

Allega la planimetria generale dell'impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza dei solventi utilizzati

Data ........ / ........ / .........

IL LEGALE RAPPRESENTANTE

..........................................................

[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.

 

APPENDICE

Requisiti tecnico costruttivi e gestionali per gli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a ciclo chiuso

1. Caratteristiche tecnico-costruttive degli impianti

Negli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse le pellicce, e nelle pulitintolavanderie a ciclo chiuso possono essere utilizzati solventi organici o solventi organici clorurati con l'esclusione delle sostanze di cui alla legge 28 dicembre 1993 n. 549 e delle sostanze o preparati classificati ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61.

Tali impianti lavorano secondo cicli di lavaggio che comprendono le seguenti fasi:

- lavaggio

- centrifugazione

- asciugatura

- deodorizzazione

- distillazione e recupero solvente

Tutte le fasi sono svolte in una macchina ermetica la cui unica emissione di solvente nell'aria può avvenire al momento dell'apertura dell'oblò al termine del ciclo di lavaggio.

Gli impianti sono dotati di un ciclo frigorifero in grado di fornire le frigorie necessarie per avere la massima condensazione del solvente (per il percloroetilene, temperature inferiori a -10 °C), in modo da ridurre al minimo le emissioni di solvente.

Gli impianti devono avere una emissione di solvente inferiore ai 20 g di solvente per ogni kg di prodotto pulito e asciugato.

2. Prescrizioni relative all'installazione e all'esercizio:

a) L'esercizio e la manutenzione degli impianti devono essere tali da garantire le condizioni operative e il rispetto del limite di emissione indicati al paragrafo 1.

b) Qualunque anomalia di funzionamento dell'impianto tale da non permettere il rispetto delle condizioni operative fissate comporta la sospensione della lavorazione per il tempo necessario alla rimessa in efficienza dell'impianto stesso.

c) Il gestore che ha installato, modificato o trasferito una o più impianti deve comunicare, con almeno 15 giorni di anticipo, all'autorità competente, al sindaco e al Dipartimento provinciale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente, la data in cui intende dare inizio alla messa in esercizio degli impianti. Il termine per la messa a regime dell'impianto è stabilito in 30 giorni a partire dalla data di inizio della messa in esercizio.

d) Al fine di dimostrare la conformità dell'impianto al valore limite di emissione ed elaborare annualmente il piano di gestione dei solventi di cui alla parte V, il gestore deve registrare per ciascuna macchina lavasecco installata:

- il quantitativo di solvente presente nella macchina all'inizio dell'anno solare considerato, in kg (A)

- la data di carico o di reintegro e il quantitativo di solvente caricato o reintegrato, in kg (B)

- giornalmente, il quantitativo di prodotto pulito e asciugato, in kg (C), ovvero il numero di cicli di lavaggio effettuati e il carico/ciclo massimo della macchina in kg

- la data di smaltimento e il contenuto di solvente presente nei rifiuti smaltiti, in kg (D)

- il quantitativo di solvente presente nella macchina al termine dell'anno solare considerato, in kg (E)

e) Annualmente deve essere elaborato il piano di gestione dei solventi verificando che la massa di solvente emesso per chilogrammo di prodotto pulito o asciugato sia inferiore a 20g/kg, ovvero che:

(A+ΣB-ΣD-E)/ (ΣC) < 0,020

dove Σ indica la sommatoria di tutte le registrazioni effettuate nell'anno solare considerato

f) Il gestore deve conservare nella sede presso cui è localizzato l'impianto, a disposizione dell'autorità competente per il controllo copia della documentazione trasmessa all'autorità competente per aderire alla presente autorizzazione, copia delle registrazioni di cui alla lettera d) e del piano di gestione dei solventi di cui alla lettera e).

 

Allegato IV [1590]

Impianti e attività in deroga

 

Parte I

Impianti ed attività di cui all'articolo 272, comma 1

1. Elenco degli impianti e delle attività:

a) Lavorazioni meccaniche dei metalli, con esclusione di attività di verniciatura e trattamento superficiale e smerigliature con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) inferiore a 500 kg/anno.

b) Laboratori orafi in cui non è effettuata la fusione di metalli, laboratori odontotecnici, esercizi in cui viene svolta attività estetica, sanitaria e di servizio e cura della persona, officine ed altri laboratori annessi a scuole.

c) Decorazione di piastrelle ceramiche senza procedimento di cottura.

d) Le seguenti lavorazioni tessili:

- preparazione, filatura, tessitura della trama, della catena o della maglia di fibre naturali, artificiali o sintetiche, con eccezione dell'operazione di testurizzazione delle fibre sintetiche e del bruciapelo;

- nobilitazione di fibre, di filati, di tessuti limitatamente alle fasi di purga, lavaggio, candeggio (ad eccezione dei candeggi effettuati con sostanze in grado di liberare cloro e/o suoi composti), tintura e finissaggio a condizione che tutte le citate fasi della nobilitazione siano effettuate nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) le operazioni in bagno acquoso devono essere condotte a temperatura inferiore alla temperatura di ebollizione del bagno, oppure, nel caso in cui siano condotte alla temperatura di ebollizione del bagno, ciò deve avvenire senza utilizzazione di acidi, di alcali o di prodotti volatili, organici o inorganici, o, in alternativa, all'interno di macchinari chiusi;

2) le operazioni di asciugamento o essiccazione e i trattamenti con vapore espanso o a bassa pressione devono essere effettuate a temperatura inferiore a 150° e nell'ultimo bagno acquoso applicato alla merce non devono essere stati utilizzati acidi, alcali o prodotti volatili, organici od inorganici.

e) Cucine, esercizi di ristorazione collettiva, mense, rosticcerie e friggitorie.

f) Panetterie, pasticcerie ed affini con un utilizzo complessivo giornaliero di farina non superiore a 300 kg.

g) Stabulari acclusi a laboratori di ricerca e di analisi.

h) Serre.

i) Stirerie.

j) Laboratori fotografici.

k) Autorimesse e officine meccaniche di riparazioni veicoli, escluse quelle in cui si effettuano operazioni di verniciatura.

l) Autolavaggi.

m) Silos per materiali da costruzione ad esclusione di quelli asserviti ad altri impianti, nonché silos per i materiali vegetali.

n) Macchine per eliografia.

o) Stoccaggio e movimentazione di prodotti petrolchimici ed idrocarburi naturali estratti da giacimento, stoccati e movimentati a ciclo chiuso o protetti da gas inerte.

p) Impianti di trattamento delle acque, escluse le linee di trattamento dei fanghi, fatto salvo quanto previsto dalla lettera p-bis).

p-bis) Linee di trattamento dei fanghi che operano nell'ambito di impianti di trattamento delle acque reflue con potenzialità inferiore a 10.000 abitanti equivalenti per trattamenti di tipo biologico e inferiore a 10 m3 /h di acque trattate per trattamenti di tipo chimico/fisico; in caso di impianti che prevedono sia un trattamento biologico, sia un trattamento chimico/fisico, devono essere rispettati entrambi i requisiti.

q) Macchinari a ciclo chiuso di concerie e pelliccerie.

r) Attività di seconde lavorazioni del vetro, successive alle fasi iniziali di fusione, formatura e tempera, ad esclusione di quelle comportanti operazioni di acidatura e satinatura.

s) Forni elettrici a volta fredda destinati alla produzione di vetro.

t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

v) Molitura di cereali con produzione giornaliera massima non superiore a 500 kg.

v-bis) impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse con potenza termica nominale uguale o inferiore a 1 MW, se alimentati a biomasse o a biodiesel o a gasolio come tale o in emulsione con biodiesel, e uguale o inferiore a 3 MW, se alimentati a metano o a gpl o a biogas.

w) Lavorazione e conservazione, esclusa surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

x) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo giornaliero di materie prime non superiore a 350 kg.

y) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

z) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi presenti è inferiore a quello indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali.

Categoria animale e tipologia di allevamento

N° capi

Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo)

Meno di 200

Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo)

Meno di 300

Altre vacche (nutrici e duplice attitudine)

Meno di 300

Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo)

Meno di 300

Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo)

Meno di 1.000

Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento

Meno di 400

Suini: accrescimento/ingrasso

Meno di 1.000

Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo)

Meno di 2.000

Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo)

Meno di 25.000

Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo)

Meno di 30.000

Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo)

Meno di 30.000

Altro pollame

Meno di 30.000

Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo)

Meno di 7.000

Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo)

Meno di 14.000

Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo)

Meno di 30.000

Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo)

Meno di 40.000

Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo)

Meno di 24.000

Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo)

Meno di 250

Struzzi

Meno di 700

 

 

aa) Allevamenti effettuati in ambienti non confinati.

bb) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse di cui all'allegato X alla parte quinta del presente decreto, e di potenza termica inferiore a 1 MW, alimentati a gasolio, come tale o in emulsione, o a biodiesel.

cc) Impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW.

dd) Impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW.

ee) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate.

ff) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, alimentati a biogas di cui all'allegato X alla parte quinta del presente decreto, di potenza termica nominale inferiore o uguale a 1 MW.

gg) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW.

hh) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW.

ii) Impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 1 MW se alimentati a gasolio.

jj) Laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi.

kk) Dispostivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento.

kk-bis) Cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l'anno di uva nonché stabilimenti di produzione di aceto o altre bevande fermentate, con una produzione annua di 250 ettolitri per i distillati e di 1.000 ettolitri per gli altri prodotti. Nelle cantine e negli stabilimenti che superano tali soglie sono comunque sempre escluse, indipendentemente dalla produzione annua, le fasi di fermentazione, movimentazione, travaso, addizione, trattamento meccanico, miscelazione, confezionamento e stoccaggio delle materie prime e dei residui effettuate negli stabilimenti di cui alla presente lettera.

kk-ter) Frantoi di materiali vegetali.

kk-quater) Attività di stampa «3d» e stampa «ink jet»;

kk-quinquies) Attività di taglio, incisione e marcatura laser su carta o tessuti;

kk-sexies) turbine a gas e motori a gas esclusivamente usati su piattaforme off-shore, inclusi gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 3 MW se alimentati a metano o a GPL, inferiore o uguale a 3 MW se alimentati a biogas.

 

Parte II

Impianti ed attività di cui all'articolo 272, comma 2

1. Elenco degli impianti e delle attività:

a) Riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi e macchine agricole con utilizzo di impianti a ciclo aperto e utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso giornaliero massimo complessivo non superiore a 20 kg.

b) Tipografia, litografia, serigrafia, con utilizzo di prodotti per la stampa (inchiostri, vernici e similari) giornaliero massimo complessivo non superiore a 30 kg.

c) Produzione di prodotti in vetroresine con utilizzo giornaliero massimo complessivo di resina pronta all'uso non superiore a 200 kg.

d) Produzione di articoli in gomma e prodotti delle materie plastiche con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 500 kg.

e) Produzione di mobili, oggetti, imballaggi, prodotti semifiniti in materiale a base di legno con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 2000 kg.

f) Verniciatura, laccatura, doratura di mobili ed altri oggetti in legno con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50 kg/g.

g) Verniciatura di oggetti vari in metalli o vetro con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50 kg/g.

h) Panificazione, pasticceria e affini con consumo di farina non superiore a 1500 kg/g.

i) Torrefazione di caffè ed altri prodotti tostati con produzione non superiore a 450 kg/g.

l) Produzione di mastici, pitture, vernici, cere, inchiostri e affini con produzione complessiva non superiore a 500 kg/h.

m) Sgrassaggio superficiale dei metalli con consumo complessivo di solventi non superiore a 10 kg/g.

n) Laboratori orafi con fusione di metalli con meno di venticinque addetti.

o) Anodizzazione, galvanotecnica, fosfatazione di superfici metalliche con consumo di prodotti chimici non superiore a 10 kg/g.

p) Utilizzazione di mastici e colle con consumo complessivo di sostanze collanti non superiore a 100 kg/g.

q) Produzione di sapone e detergenti sintetici prodotti per l'igiene e la profumeria con utilizzo di materie prime non superiori a 200 kg/g.

r) Tempra di metalli con consumo di olio non superiore a 10 kg/g.

s) Produzione di oggetti artistici in ceramica, terracotta o vetro in forni in muffola discontinua con utilizzo nel ciclo produttivo di smalti, colori e affini non superiore a 50 kg/g.

t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione non superiore a 1000 kg/g.

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione non superiore a 1000 kg/g.

v) Molitura cereali con produzione non superiore a 1500 kg/g.

v-bis) Impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati o a servizio di imprese agricole non ricompresi nella parte I del presente allegato.

z) Lavorazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione non superiore a 1000 kg/g.

aa) Prodotti in calcestruzzo e gesso in quantità non superiore a 1500 kg/g.

bb) Pressofusione con utilizzo di metalli e leghe in quantità non superiore a 100 kg/g.

cc) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo di materie prime non superiori a 1000 kg/g.

dd) Lavorazioni conciarie con utilizzo di prodotti vernicianti pronti all'uso giornaliero massimo non superiore a 50 kg.

ee) Fonderie di metalli con produzione di oggetti metallici giornaliero massimo non superiore a 100 kg.

ff) Produzione di ceramiche artistiche esclusa la decoratura con utilizzo di materia prima giornaliero massimo non superiore a 3000 kg.

gg) Produzione di carta, cartone e similari con utilizzo di materie prime giornaliero massimo non superiore a 4000 kg.

hh) Saldatura di oggetti e superfici metalliche.

ii) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera non superiore a 1000 kg.

ll) Impianti termici civili aventi potenza termica nominale non inferiore a 3 MW e inferiore a 10 MW.

nn) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi potenzialmente presenti è compreso nell'intervallo indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali.

Categoria animale e tipologia di allevamento

N° capi

Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo)

Da 200 a 400

Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo)

Da 300 a 600

Altre vacche (nutrici e duplice attitudine)

Da 300 a 600

Bovini all’ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo)

Da 300 a 600

Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo)

Da 1.000 a 2.500

Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento

Da 400 a 750

Suini: accrescimento/ingrasso

Da 1.000 a 2.000

Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo)

Da 2.000 a 4.000

Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo)

Da 25.000 a 40.000

Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo)

Da 30.000 a 40.000

Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo)

Da 30.000 a 40.000

Altro pollame

Da 30.000 a 40.000

Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo)

Da 7.000 a 40.000

Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo)

Da 14.000 a 40.000

Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo)

Da 30.000 a 40.000

Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo)

Da 40.000 a 80.000

Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo)

Da 24.000 a 80.000

Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo)

Da 250 a 500

Struzzi

Da 700 a 1.500

 

 

oo) Lavorazioni meccaniche dei metalli con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) uguale o superiore a 500 kg/anno.

oo-bis) Stabilimenti di produzione di vino, aceto o altre bevande fermentate non ricompresi nella parte I del presente allegato.

 

Allegato V [1591]

Polveri e sostanze organiche liquide

 

Parte I

Emissioni di polveri provenienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti.

 

1. Disposizioni generali

1.1. Nei casi in cui in uno stabilimento siano prodotti manipolati, trasportati, immagazzinati, caricati e scaricati materiali polverulenti, il gestore deve adottare apposite misure per il contenimento delle emissioni di polveri.

1.2. Nei casi di cui al punto 1.1. l’autorità competente può altresì stabilire specifiche prescrizioni per il contenimento delle emissioni di polveri tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

- pericolosità delle polveri;

- flusso di massa delle emissioni;

- durata delle emissioni;

- condizioni meteorologiche;

- condizioni dell'ambiente circostante.

2. Produzione e manipolazione di materiali polverulenti.

2.1. I macchinari e i sistemi usati per la preparazione o la produzione (comprendenti, per esempio, la frantumazione, la cernita, la miscelazione, il riscaldamento, il raffreddamento, la pellettizzazione e la bricchettazione) di materiali polverulenti devono essere incapsulati.

2.2. Se l'incapsulamento non può assicurare il contenimento ermetico delle polveri, le emissioni, con particolare riferimento ai punti di introduzione, estrazione e trasferimento dei materiali polverulenti, devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.

3. Trasporto, carico e scarico dei materiali polverulenti.

3.1. Per il trasporto di materiali polverulenti devono essere utilizzati dispositivi chiusi.

3.2. Se l'utilizzo di dispositivi chiusi non è, in tutto o in parte, possibile, le emissioni polverulenti devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.

3.3. Per il carico e lo scarico dei materiali polverulenti, ove tecnologicamente possibile, devono essere installati impianti di aspirazione e di abbattimento nei seguenti punti:

- punti fissi, nei quali avviene il prelievo, il trasferimento, lo sgancio con benne, pale caricatrici, attrezzature di trasporto;

- sbocchi di tubazione di caduta delle attrezzature di caricamento;

- attrezzature di ventilazione, operanti come parte integrante di impianti di scarico pneumatici o meccanici;

- canali di scarico per veicoli su strada o rotaie;

- convogliatori aspiranti.

3.4. Se nella movimentazione dei materiali polverulenti non è possibile assicurare il convogliamento delle emissioni di polveri, si deve mantenere, possibilmente in modo automatico, una adeguata altezza di caduta e deve essere assicurata, nei tubi di scarico, la più bassa velocità che è tecnicamente possibile conseguire per l'uscita del materiale trasportato, ad esempio mediante l'utilizzo di deflettori oscillanti.

3.5. Nel caricamento di materiali polverulenti in contenitori da trasporto chiusi, l'aria di spostamento deve essere raccolta e convogliata ad un impianto di abbattimento.

3.6. La copertura delle strade, ove possibile, deve essere realizzata in materiali che ne consentano la regolare pulizia; ove ciò non sia possibile, deve essere presente un adeguato sistema di bagnatura.

3.7 Nel caso di operazioni di carico di silos da autobotte, la tubazione di raccordo, al termine delle operazioni di carico, deve essere svuotata prima di essere scollegata; in alternativa deve essere previsto uno specifico impianto di captazione e trattamento delle polveri residue presenti all’interno della tubazione di raccordo.

4. Stoccaggio di materiali polverulenti.

4.1. L’autorità competente può stabilire specifiche prescrizioni per lo stoccaggio dei materiali polverulenti tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

- possibilità di stoccaggio in silos;

- possibilità di realizzare una copertura della sommità e di tutti i lati del cumulo di materiali sfusi, incluse tutte le attrezzature ausiliarie;

- possibilità di realizzare una copertura della superficie, per esempio utilizzando stuoie;

- possibilità di stoccaggio su manti erbosi;

- possibilità di costruire terrapieni coperti di verde, piantagioni e barriere frangivento;

- umidificazione costante e sufficiente della superficie del suolo.

5. Materiali polverulenti contenenti specifiche categorie di sostanze.

5.1. Si applica sempre la prescrizione più severa tra quelle previste ai punti precedenti, nel caso in cui i materiali polverulenti contengano sostanze comprese nelle classi riportate nella seguente tabella al di sopra di 50 mg/kg, riferiti al secco:

 

Classe

Indicazione di pericolo

Classe I

H340, H350, H360

Classe II

H341, H351, H361, H300, H310, H330,

 

Parte II

Emissioni in forma i gas o vapore derivanti alla lavorazione, trasporto, travaso e stoccaggio di sostanze organiche liquide

 

1. Pompe.

1.1. Il gestore deve garantire una tenuta efficace delle pompe utilizzate per la movimentazione di sostanze organiche liquide.

1.2 Nei casi previsti dal punto 1.1, ove non possa essere garantita l'efficace tenuta delle pompe, devono essere installati idonei sistemi di aspirazione delle perdite di gas o vapore e sistemi di convogliamento ad impianti di abbattimento.

2. Compressori.

2.1. Il gestore deve effettuare il degasaggio del liquido residuo conseguente all'arresto dei compressori utilizzati per i gas.

3. Raccordi a flangia.

3.1. I raccordi a flangia, con particolare riferimento al caso in cui vi defluiscono miscele, devono essere usati soltanto se garantiscono un buon livello di tenuta.

4. Valvolame.

4.1. Le valvole devono essere rese ermetiche con adeguati sistemi di tenuta.

5. Campionamento.

5.1. I punti in cui si prelevano campioni di sostanze organiche liquide devono essere incapsulati o dotati di dispositivi di bloccaggio, al fine di evitare emissioni durante il prelievo.

5.2. Durante il prelievo dei campioni il prodotto di testa deve essere rimesso in circolo o completamente raccolto.

6. Caricamento.

6.1 Nel caricamento di sostanze organiche liquide devono essere assunte speciali misure per il contenimento delle emissioni, come l'aspirazione e il convogliamento dei gas di scarico in un impianto di abbattimento.

 

Allegato VI [1592]

Criteri per i controlli e per il monitoraggio delle emissioni [1593]

 

1. Definizioni

1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:

a) misura diretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale alla concentrazione dell'inquinante;

b) misura indiretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale ad un parametro da correlare, tramite ulteriori misure, alle concentrazioni dell'inquinante, come, ad esempio, la misura di trasmittanza o di estinzione effettuata dagli analizzatori di tipo ottico;

c) periodo di osservazione: intervallo temporale a cui si riferisce il limite di emissione da rispettare. Tale periodo, a seconda della norma da applicare, può essere orario, giornaliero, di 48 ore, di sette giorni, di un mese, di un anno. In relazione a ciascun periodo di osservazione, devono essere considerate le ore di normale funzionamento;

d) ore di normale funzionamento: il numero delle ore in cui l'impianto è in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diversamente stabilito dal presente decreto, dalle normative adottate ai sensi dell'articolo 271, comma 3, o dall'autorizzazione;

e) valore medio orario o media oraria: media aritmetica delle misure istantanee valide effettuate nel corso di un'ora solare;

f) valore medio giornaliero o media di 24 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati dalle ore 00:00:00 alle ore 23.59.59 [1594];

g) valore di 48 ore o media di 48 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di 48 ore di normale funzionamento, anche non consecutive;

h) valore medio mensile: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso del mese; per mese, salvo diversamente specificato, si intende il mese di calendario;

i) valore medio annuale: media aritmetica dei valori medi orari rilevati nel corso del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre successivo;

j) media mensile mobile: valore medio mensile riferito agli ultimi 30 giorni interi, vale a dire alle 24 ore di ogni giorno; le elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno;

k) media mobile di sette giorni: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati durante gli ultimi 7 giorni interi; le elaborazioni devono essere effettuate al termine di ogni giorno;

l) disponibilità dei dati elementari: la percentuale del numero delle misure elementari valide acquisite, relativamente ad un valore medio orario di una misura, rispetto al numero dei valori teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora;

m) sistemi di misura estrattivi: sistemi basati sull'estrazione del campione dall'effluente gassoso; l'estrazione avviene direttamente, nel caso dei sistemi ad estrazione diretta, o con diluizione del campione, negli altri casi;

n) sistemi di misura non estrattivi o analizzatori in situ: sistemi basati sulla misura eseguita direttamente su un volume definito di effluente, all'interno del condotto degli effluenti gassosi; tali sistemi possono prevedere la misura lungo un diametro del condotto, e in tal caso sono definiti strumenti in situ lungo percorso o strumenti in situ path, o la misura in un punto o in un tratto molto limitato dell'effluente gassoso, e in tal caso sono definiti strumenti in situ puntuale o strumenti in situ point.

o) calibrazione: procedura di verifica dei segnali di un analizzatore a risposta lineare sullo zero e su un prefissato punto intermedio della scala (span), il quale corrisponde tipicamente all'80% del fondo scala.

2. Metodi di valutazione delle misure effettuate dal gestore dell'impianto e delle misure effettuate dall'autorità competente per il controllo

2.1 Ai fini di una corretta interpretazione dei dati, alle misure di emissione effettuate con metodi discontinui o con metodi continui automatici devono essere associati i valori delle grandezze più significative dell'impianto, atte a caratterizzarne lo stato di funzionamento (ad esempio: produzione di vapore, carico generato, assorbimento elettrico dei filtri di captazione, ecc.).

2.2. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in caso di misure in continuo, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se nessuna delle medie di 24 ore supera i valori limite di emissione e se nessuna delle medie orarie supera i valori limite di emissione di un fattore superiore a 1,25.

2.3. Salvo quanto diversamente previsto dal presente decreto, in caso di misure discontinue, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se, nel corso di una misurazione, la concentrazione, calcolata come media dei valori analitici di almeno tre campioni consecutivi che siano effettuati secondo le prescrizioni dei metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione e che siano rappresentativi di almeno un'ora di funzionamento dell'impianto, non supera il valore limite di emissione. Nel caso in cui i metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione prevedano, per specifiche sostanze, un periodo minimo di campionamento superiore alle tre ore, è possibile utilizzare un unico campione ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite. L'autorizzazione può stabilire che, per ciascun prelievo, sia effettuato un numero di campioni o sia individuata una sequenza temporale differente rispetto a quanto previsto dal presente punto 2.3 nei casi in cui, per necessità di natura analitica e per la durata e le caratteristiche del ciclo da cui deriva l'emissione, non sia possibile garantirne l'applicazione [1595].

2.4. Il sistema di misura in continuo di ciascun inquinante deve assicurare un indice di disponibilità mensile delle medie orarie, come definito al punto 5.5, non inferiore all'80%. Nel caso in cui tale valore non sia raggiunto, il gestore è tenuto a predisporre azioni correttive per migliorare il funzionamento del sistema di misura, dandone comunicazione all'autorità competente per il controllo.

2.5. Il gestore il quale preveda che le misure in continuo di uno o più inquinanti non potranno essere effettuate o registrate per periodi superiori a 48 ore continuative, è tenuto ad informare tempestivamente l'autorità competente per il controllo. In ogni caso in cui, per un determinato periodo, non sia possibile effettuare misure in continuo, laddove queste siano prescritte dall'autorizzazione, il gestore è tenuto, ove tecnicamente ed economicamente possibile, ad attuare forme alternative di controllo delle emissioni basate su misure discontinue, correlazioni con parametri di esercizio o con specifiche caratteristiche delle materie prime utilizzate. Per tali periodi l'autorità competente per il controllo stabilisce, sentito il gestore, le procedure da adottare per la stima delle emissioni. La disposizione data da tale autorità deve essere allegata al registro di cui al punto 2.7.

2.6. I dati misurati o stimati con le modalità di cui al punto 2.5 concorrono ai fini della verifica del rispetto dei valori limite.

2.7. I dati relativi ai controlli analitici discontinui previsti nell'autorizzazione ed ai controlli previsti al punto 2.5 devono essere riportati dal gestore su appositi registri ai quali devono essere allegati i certificati analitici. I registri devono essere tenuti a disposizione dell'autorità competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione dei registri è riportato in appendice 1. Per i medi impianti di combustione il registro è sostituito dall'archiviazione prevista al punto 5-bis.2 [1596].

2.8. Ogni interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione del funzionamento dell'impianto produttivo) deve essere annotata su un apposito registro. Il registro deve essere tenuto a disposizione dell'autorità competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione del registro è riportato in appendice 2. Per i medi impianti di combustione il registro è sostituito dall'archiviazione prevista al punto 5-bis.2 [1597].

2.9. Ai fini della verifica del rispetto dei valori limite si applicano le procedure di calibrazione degli strumenti di misura stabilite dall'autorità competente per il controllo sentito il gestore [1598].

3. Requisiti e prescrizioni funzionali dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni

3.1. Nella realizzazione e nell'esercizio dei sistemi di rilevamento devono essere perseguiti, per la misura di ogni singolo parametro, elevati livelli di accuratezza e di disponibilità dei dati elementari. Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con una configurazione idonea al funzionamento continuo non presidiato in tutte le condizioni ambientali e di processo. Il gestore è tenuto a garantire la qualità dei dati mediante l'adozione di procedure che documentino le modalità e l'avvenuta esecuzione degli interventi manutentivi programmati e straordinari e delle operazioni di calibrazione e taratura della strumentazione di misura. Tali procedure sono stabilite dall'autorità competente per il controllo sentito il gestore e devono, in particolare, prevedere:

a) la verifica periodica, per ogni analizzatore, della risposta strumentale su tutto l'intervallo di misura tramite prove e tarature fuori campo;

b) il controllo e la correzione in campo delle normali derive strumentali o dell'influenza esercitata sulla misura dalla variabilità delle condizioni ambientali;

c) l'esecuzione degli interventi manutentivi periodici per il mantenimento dell'integrità e dell'efficienza del sistema, riguardanti, ad esempio, la sostituzione dei componenti attivi soggetti ad esaurimento, la pulizia di organi filtranti, ecc.;

d) la verifica periodica in campo delle curve di taratura degli analizzatori. In caso di grandi impianti di combustione, cementifici, vetrerie e acciaierie, le procedure di garanzia di qualità dei sistemi di monitoraggio delle emissioni sono soggette alla norma UNI EN 14181. In tali casi non si applica il paragrafo 4 del presente allegato [1599].

3.2. Per ogni strumento devono essere registrate le azioni di manutenzione periodica e straordinaria mediante la redazione di una tabella di riepilogo degli interventi, di cui è riportato uno schema esemplificativo in appendice 3. Per i medi impianti di combustione la registrazione è effettuata nell'ambito dell'archiviazione prevista al punto 5-bis.2 [1600].

3.3. L'idoneità degli analizzatori in continuo deve essere attestata, ai sensi della norma UNI EN 15267, sulla base del procedimento di valutazione standardizzata delle caratteristiche degli strumenti previsto da tale norma tecnica. Resta fermo l'utilizzo degli analizzatori autorizzati, sulla base delle norme all'epoca vigenti, prima dell'entrata in vigore della norma UNI EN 15267:2009 [1601].

3.4. La misura in continuo delle grandezze deve essere realizzata con un sistema che espleti le seguenti funzioni:

- campionamento ed analisi;

- calibrazione;

- acquisizione, validazione, elaborazione automatica dei dati.

Tali funzioni possono essere svolte da sottosistemi a sé stanti, eventualmente comuni a più analizzatori, oppure da una singola apparecchiatura di analisi.

3.5. La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma norma UNI EN 15259. La sezione di campionamento deve essere resa accessibile e agibile, con le necessarie condizioni di sicurezza, per le operazioni di rilevazione [1602].

3.6. Ogni analizzatore installato deve avere un sistema di calibrazione in campo. Il sistema di calibrazione, ove tecnicamente possibile in relazione al tipo di analizzatore utilizzato, deve essere di tipo automatico e può utilizzare:

- sistemi di riferimento esterni, quali bombole con concentrazioni certificate o calibratori dinamici, oppure, se l'utilizzo dei sistemi di riferimento esterni non è tecnicamente o economicamente possibile,

- sistemi interni agli analizzatori stessi.

3.7. Il sistema per l'acquisizione, la validazione e l'elaborazione dei dati, in aggiunta alle funzioni di cui ai punti seguenti, deve consentire:

- la gestione delle segnalazioni di allarme e delle anomalie provenienti dalle varie apparecchiature;

- la gestione delle operazioni di calibrazione automatica, ove prevista;

- l'elaborazione dei dati e la redazione di tabelle in formato idoneo per il confronto con i valori limite; tali tabelle sono redatte secondo le indicazioni riportate nel punto 5.4.

3.7.1. L'acquisizione dei dati comprende le seguenti funzioni :

- la lettura istantanea, con opportuna frequenza, dei segnali elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori;

- la traduzione dei segnali elettrici di risposta in valori elementari espressi nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata;

- la memorizzazione dei segnali validi;

- il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature principali ed ausiliarie necessarie per lo svolgimento delle funzioni precedenti.

Per lo svolgimento di tali funzioni e per le elaborazioni dei segnali acquisiti è ammesso l'intervento dell'operatore, il quale può introdurre nel sistema dati e informazioni. Tali dati e informazioni devono essere archiviati e visualizzati con gli stessi criteri degli altri parametri misurati.

3.7.2. Il sistema di validazione delle misure deve provvedere automaticamente, sulla base di procedure di verifica predefinite, a validare sia i valori elementari acquisiti, sia i valori medi orari calcolati. Le procedure di validazione adottate in relazione al tipo di processo e ad ogni tipo di analizzatore, devono essere stabilite dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Per i grandi impianti di combustione, i dati non sono comunque validi se:

- i dati elementari sono stati acquisiti in presenza di segnalazioni di anomalia del sistema di misura tali da rendere inaffidabile la misura stessa;

- i segnali elettrici di risposta dei sensori sono al di fuori di tolleranze predefinite;

- lo scarto tra l'ultimo dato elementare acquisito ed il valore precedente supera una soglia massima che deve essere fissata dall'autorità competente per il controllo;

- il numero di dati elementari validi che hanno concorso al calcolo del valore medio orario è inferiore al 70% del numero dei valori teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora;

- il massimo scarto tra le misure elementari non è compreso in un intervallo fissato dall'autorità competente per il controllo;

- il valore medio orario non è compreso in un intervallo fissato dall'autorità competente per il controllo;

3.7.3 Le soglie di validità di cui al punto precedente devono essere fissate in funzione del tipo di processo e del sistema di misura. I valori medi orari archiviati devono essere sempre associati ad un indice di validità che permetta di escludere automaticamente i valori non validi o non significativi dalle elaborazioni successive.

3.7.4. Per preelaborazione dei dati si intende l'insieme delle procedure di calcolo che consentono di definire i valori medi orari espressi nelle unità di misura richieste e riferiti alle condizioni fisiche prescritte, partendo dai valori elementari acquisiti nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata. Nel caso in cui sia prevista la calibrazione automatica degli analizzatori, la preelaborazione include anche la correzione dei valori misurati sulla base dei risultati dell'ultima calibrazione valida.

3.8. Se la misura di concentrazione è effettuata sui effluenti gassosi umidi e deve essere riportata ad un valore riferito agli effluenti gassosi secchi si applica la seguente formula:

 

Cs = Cu/1-Uf

 

dove:

- Cs è la concentrazione riferita agli effluenti gassosi secchi;

- Cu è la concentrazione riferita agli effluenti gassosi umidi;

- Uf è il contenuto di vapor d'acqua negli effluenti gassosi espresso come rapporto in volume (v/v).

3.8.1. Per i sistemi di misura di tipo estrattivo dotati di apparato di deumidificazione del campione con umidità residua corrispondente all'umidità di saturazione ad una temperatura non superiore a 4 °C, le concentrazioni misurate possono essere considerate come riferite agli effluenti gassosi secchi. In tal caso non è necessaria la correzione di cui al punto precedente.

3.8.2. Ove le caratteristiche del processo produttivo sono tali per cui la percentuale di umidità dipende da parametri noti è ammessa la determinazione del tenore di umidità a mezzo calcolo tramite dati introdotti nel sistema dall'operatore.

3.9. Quando in un processo di produzione è stato verificato che nelle emissioni la concentrazione di NO2 è inferiore o uguale al 5% della concentrazione totale di NOx (NOx= NO + NO2), è consentita la misura del solo monossido di azoto (NO). In tal caso la concentrazione degli ossidi di azoto NOx si ottiene tramite il seguente calcolo: NOx = NO/0,95.

3.10. Ove opportuno può essere adottato un criterio analogo a quello del punto

3.9. per la misura degli ossidi di zolfo (SOx = SO2 + SO3).

4. Tarature e verifiche

4.1. Le verifiche periodiche, di competenza del gestore, consistono nel controllo periodico della risposta su tutto il campo di misura dei singoli analizzatori, da effettuarsi con periodicità almeno annuale. Tale tipo di verifica deve essere effettuata anche dopo interventi manutentivi conseguenti ad un guasto degli analizzatori.

4.2. Nel caso di analizzatori utilizzati nei sistemi estrattivi, la taratura coincide con le operazioni di calibrazione strumentale. La periodicità dipende dalle caratteristiche degli analizzatori e dalle condizioni ambientali di misura e deve essere stabilita dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore.

4.2.1 Nel caso di analizzatori in situ per la misura di gas o di polveri, che forniscono una misura indiretta del valore della concentrazione, la taratura consiste nella determinazione in campo della curva di correlazione tra risposta strumentale ed i valori forniti da un secondo sistema manuale o automatico che rileva la grandezza in esame. In questo caso la curva di taratura è definita con riferimento al volume di effluente gassoso nelle condizioni di pressione, temperatura e percentuale di ossigeno effettivamente presenti nel condotto e senza detrazioni della umidità (cioè in mg/m3 e su tal quale). I valori determinati automaticamente dal sistema in base a tale curva sono riportati, durante la fase di preelaborazione dei dati, alle condizioni di riferimento prescritte. La curva di correlazione si ottiene per interpolazione, da effettuarsi col metodo dei minimi quadrati o con altri criteri statistici, dei valori rilevati attraverso più misure riferite a diverse concentrazioni di inquinante nell'effluente gassoso. Devono essere effettuate almeno tre misure per tre diverse concentrazioni di inquinante.

L'interpolazione può essere di primo grado (lineare) o di secondo grado (parabolica) in funzione del numero delle misure effettuate a diversa concentrazione, del tipo di inquinante misurato e del tipo di processo. Deve essere scelta la curva avente il coefficiente di correlazione più prossimo all'unità.

Le operazioni di taratura sopra descritte devono essere effettuate con periodicità almeno annuale.

4.2.2. La risposta strumentale sullo zero degli analizzatori in situ con misura diretta deve essere verificata nei periodi in cui l'impianto non è in funzione.

4.3. Le verifiche in campo sono le attività destinate all'accertamento della correttezza delle operazioni di misura. Tali attività sono effettuate dall'autorità competente per il controllo o dal gestore sotto la supervisione della stessa.

4.3.1. Per gli analizzatori in situ che forniscono una misura indiretta le verifiche in campo coincidono con le operazioni di taratura indicate nel punto 4.2.

4.3.2 Per le misure di inquinanti gassosi basati su analizzatori in situ con misura diretta e di tipo estrattivo, la verifica in campo consiste nella determinazione dell'indice di accuratezza relativo da effettuare come descritto nel punto 4.4. e con periodicità almeno annuale.

4.4. La verifica di accuratezza di una misura si effettua confrontando le misure rilevate dal sistema in esame con le misure rilevate nello stesso punto o nella stessa zona di campionamento da un altro sistema di misura assunto come riferimento. L'accordo tra i due sistemi si valuta, effettuando almeno tre misure di confronto, tramite l'indice di accuratezza relativo (IAR). Tale indice si calcola, dopo aver determinato i valori assoluti (Xi) delle differenze delle concentrazioni misurate dai due sistemi nelle N prove effettuate, applicando la formula seguente:

 

IAR = 100* (1 -M + Ic)/Mr

 

Dove:

- M è la media aritmetica degli N valori xi

- Mr è la media dei valori delle concentrazioni rilevate dal sistema di riferimento;

- Ic è il valore assoluto dell'intervallo di confidenza calcolato per la media degli N valori xj ossia:

dove:

- N è il numero delle misure effettuate

- S è la deviazione standard dei valori xj cioè:

- tn è la variabile causale t di Student calcolata per un livello di fiducia del 95% e per n gradi di libertà pari a (N - 1). I valori di tn sono riportati nella tabella seguente in funzione di N:

N

tn

3

4.303

4

3.182

5

2.776

6

2.571

7

2.447

8

2.365

9

2.306

10

2.262

11

2.229

12

2.201

13

2.179

14

2.160

15

2.145

16

2.131

 

 

La correttezza delle operazioni di misura è verificata se l'indice di accuratezza relativo delle due misure è superiore all'80%.

5. Elaborazione, presentazione e valutazione dei risultati

5.1. In fase di preelaborazione dei dati il valore medio orario deve essere invalidato se la disponibilità dei dati elementari è inferiore al 70%.

5.1.1. Salvo diversamente disposto dall'autorizzazione, i valori medi su periodi di osservazione diversi dall'ora sono calcolati, ai fini del confronto con i pertinenti valori limite, a partire dal valore medio orario.

5.1.2. I valori medi orari calcolati sono utilizzabili nelle elaborazioni successive ai fini della verifica dei valori limite se, oltre ad essere validi relativamente alla disponibilità dei dati elementari, si riferiscono ad ore di normale funzionamento. Il sistema di acquisizione o elaborazione dei dati deve essere pertanto in grado di determinare automaticamente, durante il calcolo delle medie per periodi di osservazione superiori all'ora, la validità del valore medio orario. I valori di concentrazione devono essere riportati alle condizioni di riferimento e sono ritenuti validi se sono valide le misure, effettuate contemporaneamente, di tutte le grandezze necessarie alla determinazione di tali valori, fatto salvo quanto previsto dal punto 3.8.2.

5.2. Salvo diversamente disposto nell'autorizzazione, i limiti alle emissioni si intendono riferiti alle concentrazioni mediate sui periodi temporali (medie mobili di 7 giorni, mensili, giornaliere ecc.) indicati, per le diverse tipologie di impianto, nel presente decreto.

5.2.1. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie giornaliere, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i valori di concentrazione medi giornalieri secondo quanto indicato al punto 5.1.1. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie riferite al giorno sia inferiore al 70% il valore medio giornaliero è invalidato. In questi casi la verifica del rispetto del limite giornaliero deve essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1. Il valore medio giornaliero non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento nel giorno siano inferiori a 6. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio giornaliero. Ove prescritto nell'autorizzazione o richiesto dall'autorità competente per il controllo, nel caso in cui l'autorizzazione stabilisca un valore limite di emissione riferito ad un periodo di osservazione inferiore al mese, allo scadere di ogni giorno devono essere registrati i casi in cui il valore medio giornaliero è risultato superiore al valore limite; tale superamento deve essere espresso come incremento percentuale rispetto al valore limite.

5.2.2. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie mobili di 7 giorni, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i valori di concentrazione media degli ultimi sette giorni trascorsi (media mobile di sette giorni). Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie calcolate nei sette giorni sia inferiore al 70% il valore medio è invalidato. La media dei sette giorni non deve essere calcolata nel caso in cui le ore di normale funzionamento nei sette giorni sono inferiori a 42. In tali casi si ritiene non significativo il valore della media.

5.2.3. Qualora i valori limite di emissione si applichino alle concentrazioni medie mensili, allo scadere di ogni mese civile devono essere calcolati ed archiviati il valore limite relativo al mese trascorso (nel caso di impianti multicombustibile) ed il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo. Il valore medio mensile non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento nel mese civile siano inferiori a 144. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese, calcolata secondo quanto indicato al punto 5.5, sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non deve essere considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile deve essere effettuata ai sensi del punto 5.5.1.

5.2.4. Fermo restando quanto stabilito al punto 5.3, per gli impianti di cui all'allegato I, parte IV, sezione 1, il mese, salvo diversa prescrizione autorizzativa, è inteso come una sequenza di 720 ore di normale funzionamento. Il valore medio mensile è la media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di ognuna delle sequenze consecutive di 720 ore considerate.

5.2.5 I valori medi mensili calcolati ai sensi del punto 5.2.4. sono archiviati e, ove richiesto dall'autorità competente per il controllo, trasmessi alla stessa unitamente ai riferimenti di inizio e fine periodo del calcolo nonché al numero dei dati validi che concorrono al calcolo stesso. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie valide nelle 720 ore considerate sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite deve essere effettuata con le procedure previste nel punto 5.5.1.

5.3. Per i grandi impianti di combustione, di cui all'allegato II, parte I, paragrafo 3, relativamente agli inquinanti SO2 ed NOx e polveri, allo scadere di ogni mese civile sono calcolati ed archiviati i seguenti valori:

- il valore limite di emissione relativo al mese trascorso, calcolato secondo quanto previsto nello stesso paragrafo;

- il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo.

Fermo restando il calcolo delle medie di 48 ore per gli impianti di combustione anteriori al 1988 e anteriori al 2006 e salvo diversa disposizione autorizzativa o data dall'autorità competente per il controllo, il valore medio mensile non viene calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento nel mese civile siano inferiori a 240. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese calcolate ai sensi del punto 5.5. sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile è effettuata ai sensi del punto 5.5.1.

5.3.1 II calcolo delle medie di 48 ore si riferisce a sequenze consecutive di 48 ore di normale funzionamento. Ogni media è archiviata allo scadere del periodo a cui il calcolo si riferisce. Contestualmente deve essere calcolato, ai sensi dell'allegato II, parte I, paragrafo 3, e archiviato il valore limite relativo alle stesse 48 ore di normale funzionamento. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nelle 48 ore considerate sia inferiore al 70% il valore medio non è considerato valido ai fini della verifica del rispetto del limite sulle medie di 48 ore. Allo scadere di ognuno dei periodi di calcolo si provvede ad aggiornare e archiviare l'elenco dei casi in cui le medie di 48 ore hanno superato il 110% del limite corrispondente ed il numero delle medie di 48 ore valide dall'inizio dell'anno. Nel calcolare le percentuali delle medie di 48 ore da sottoporre a verifica si fa riferimento alle medie di 48 ore valide e si approssima il numero risultante per eccesso o per difetto al numero intero più vicino.

5.4. Il gestore è tenuto a conservare e a mettere a disposizione dell'autorità competente per il controllo, per un periodo minimo di cinque anni, salvo diversa disposizione autorizzativa, i dati rilevati ed elaborati secondo quanto previsto ai punti 5.1, 5.2. e 5.3 utilizzando, per l'archiviazione, appositi formati predisposti dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Si riporta in appendice 4 un esempio di tale formato relativo ai grandi impianti di combustione. Per i medi impianti di combustione l'archiviazione dei dati è effettuata ai sensi del punto 5-bis.2 [1603].

5.5. L'indice di disponibilità mensile delle medie orarie del singolo inquinante, si calcola nel seguente modo:

 

Id = 100*Ns/Onf

 

dove:

- Ns è il numero delle medie orarie valide registrate dal sistema di acquisizione.

- Onf sono le ore di normale funzionamento dell'impianto nel mese.

Il gestore è tenuto a riportare nella documentazione di cui al punto 5.4 le cause di indisponibilità dei dati.

5.5.1. Qualora l'indice di cui al punto 5.5. sia inferiore all'80%, la verifica del rispetto dei valori limite deve essere effettuata integrando i dati rilevati automaticamente con i dati e le informazioni raccolti in conformità a quanto indicato nei punti 2.5, 2.6 e 2.7.

 

     5-bis. Medi impianti di combustione [1604]

     5-bis.1. Ai medi impianti di combustione si applicano, in aggiunta alle disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3, 4, e 5, le specifiche disposizioni del presente paragrafo. Se è utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni si applicano, in luogo delle pertinenti disposizioni dei paragrafi 2, 3 e 5, i punti 4 e 5 della sezione 8 della Parte II dell'allegato II alla Parte Quinta ed i valori limite di emissione si considerano rispettati se, nelle ore di normale funzionamento, durante un anno civile:

     il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite di emissione,

     nessun valore medio giornaliero convalidato supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite di emissione o, in caso di impianti composti esclusivamente da caldaie alimentate a carbone, il 150 per cento dei pertinenti valori limite di emissione,

     nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite di emissione.

     5-bis.2. Il gestore di stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione archivia e conserva, per ciascun medio impianto di combustione, sulla base dello schema previsto all'appendice 4-bis i dati previsti ai punti 2.7, 2.8 e 3.2, i dati di monitoraggio previsti al punto 5.4, le comunicazioni previste al punto 5-bis.3 e gli interventi posti in essere ai sensi dell'articolo 271, commi 14, 20-bis e 20-ter.

     5-bis.3. Le comunicazioni delle anomalie o dei guasti tali da non permettere il rispetto di valori limite di emissione e le comunicazioni delle non conformità accertate nel monitoraggio di competenza del gestore, ai sensi dell'articolo 271, commi 14 e 20, sono effettuate secondo il formato stabilito dalla normativa regionale.

     5-bis.4. L'autorizzazione o, in caso di impianti di stabilimenti non soggetti ad autorizzazione, l'autorità competente per il controllo può disporre che i dati di monitoraggio e altri dati previsti al punto 5-bis.2 siano soggetti ad invio periodico, anche utilizzando, in caso di sistemi di monitoraggio in continuo, procedure di trasmissione basate su sistemi informatici automatici.

     5-bis.5. I dati previsti al punto 5-bis.2 e l'autorizzazione di cui agli articoli 269, 272 o 272-bis, sono messi senza ritardo a disposizione dell'autorità competente per il controllo che ne richieda l'acquisizione. Tali dati, relativi ad un anno civile, sono conservati per almeno i sei anni civili successivi. L'autorità competente per il controllo richiede l'acquisizione dei dati a fini di controllo e quando un cittadino formuli una richiesta di accesso ai dati ivi contenuti.

     5-bis.6. Per i medi impianti di combustione multicombustibili i valori limite di emissione sono misurati nei periodi di normale funzionamento dell'impianto in cui è utilizzato il combustibile o la miscela di combustibili che può determinare il livello più elevato di emissioni.

     5-bis.7. Il gestore assicura, nei modi previsti dall'autorizzazione, la misura delle sostanze per cui sono prescritti valori limite di emissione e, anche quando non sia prescritto un valore limite, la misura del monossido di carbonio.

     5-bis.8. Se è utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni l'autorizzazione prescrive una verifica almeno annuale mediante misurazioni parallele, svolte con il metodo utilizzato per i controlli dell'autorità competente, e disciplina le modalità per la comunicazione dei risultati della verifica all'autorità competente.

     5-bis.9. L'autorizzazione che prevede, per il monitoraggio di competenza del gestore, misure periodiche basate su metodi discontinui, ne prescrive l'esecuzione quantomeno annuale.

     5-bis.10. Le misure periodiche del punto 5-bis.9 si effettuano per la prima volta entro quattro mesi dalla più recente tra la data di messa in esercizio dell'impianto e quella di rilascio dell'autorizzazione o di perfezionamento della procedura di adesione alle autorizzazioni generali, relative agli stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione.

     5-bis.11. Il presente paragrafo si applica ai medi impianti di combustione esistenti a decorrere dalle date previste all'articolo 273-bis, comma 5. Fino a tali date continuano ad applicarsi le sole disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3, 4, e 5.

 

Appendice 1

Schema esemplificativo dei registri relativi ai controlli discontinui di cui ai punti 2.5 e 2.7

(Omissis)

 

Appendice 2

Schema esemplificativo del registro relativo ai casi di interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione dell'impianto produttivo) (punto 2.8.)

(Omissis)

 

Appendice 3 Schema esemplificativo della tabella di riepilogo degli interventi di manutenzione periodica e straordinaria degli strumenti di misura (punto 3.2.)

(Omissis)

 

Appendice 4

Esempio di formato per l'archiviazione dei dati relativi ai grandi impianti di combustione (punto 5.4).

Tabella dei dati giornalieri

Dati di riferimento:

- numero delle ore di normale funzionamento nelle 48 ore trascorse (dalle 24 del giorno corrente alle ore 0 del giorno precedente);

- frazione della potenza media generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel giorno e nelle 48 ore trascorse (proporzione in ragione del calore prodotto dai diversi combustibili);

- tenore di ossigeno di riferimento nelle 48 ore trascorse;

- tenore medio di ossigeno misurato nelle 48 ore trascorse;

Dati per inquinante:

- limiti applicabili nelle 48 ore;

- concentrazione media nelle 48 ore trascorse;

- numero delle medie orarie valide nelle 48 ore trascorse;

Tabella dei dati mensili e di sintesi

La tabella riporta i valori medi mensili di consuntivo e i dati di sintesi per i parametri da valutare su base annuale.

Dati di riferimento:

- numero delle ore di normale funzionamento nel mese;

- tenore di ossigeno di riferimento (può essere variabile nel caso di impianti multicombustibile);

- tenore medio di ossigeno misurato;

- frazione della potenza generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel mese.

Dati per inquinante:

- concentrazioni medie mensili rilevate;

- numero delle medie orarie valide rilevate nel mese;

- limiti applicabili nel mese;

- numero delle 48 ore caratterizzate da media valida;

- numero delle medie di 48 ore che nel mese hanno superato il 110% del limite corrispondente.

Tabella dei dati annuali

La tabella riporta il riepilogo di tutti i valori mensili consuntivati ed il consuntivo per inquinante dei dati da valutare su base annuale.

Dati su base annuale:

- numero delle ore di normale funzionamento nell'anno;

- numero delle 48 ore caratterizzate da media valida ed il calcolo del 5% o del 3% di tale numero (cioe' del complemento al 95 e al 97%);

- numero delle medie di 48 ore che nell'anno hanno superato il 110% del limite corrispondente.

 

Appendice 4-bis [1605]

Schema dei dati da archiviare in caso di medi impianti di combustione (punto 5-bis.2)

 

- punti di emissione e origine delle relative emissioni;

- indice di disponibilità mensile delle medie orarie;

- numero delle medie orarie valide durante il periodo di mediazione;

- valore limite per ciascun inquinante;

- concentrazioni medie rilevate per ciascun inquinante, con evidenza delle non conformità;

- concentrazioni medie orarie di ciascun inquinante rilevate, con applicazione del tenore di ossigeno di riferimento, durante il periodo di mediazione e correlati valori medi su base oraria rilevati dei seguenti parametri di processo:

- tenore di O2 libero,

- tenore di vapore acqueo,

- temperatura dell’emissione,

- stato di impianto (produttività),

- portata;

- tipo e quantitativo di combustibili utilizzati;

- tipo di impianto di abbattimento delle emissioni e prove del funzionamento effettivo e costante di tale impianto, inclusa la documentazione relativa ad ogni interruzione del normale funzionamento ed alla manutenzione ordinaria e straordinaria;

- dati relativi alle comunicazioni effettuate ai sensi dell’articolo 271, commi 14 e 20;

- dati relativi agli interventi effettuati ai sensi dell’articolo 271, commi 14, 20-bis e 20-ter.

 

 

Allegato VII

Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione

 

Parte I

1. Definizioni

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) vapori: composti aeriformi che evaporano dalla benzina;

b) vapori di ritorno: vapori provenienti da impianti di deposito o da cisterne mobili in fase di caricamento;

c) vapori residui: vapori che rimangono nella cisterna dopo lo scarico di benzina agli impianti di deposito;

d) sistema di recupero dei vapori: l'attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;

e) carro-cisterna: una cisterna mobile costituita da una sovrastruttura che comprende una o più cisterne ed i relativi equipaggiamenti, e da un telaio munito dei propri equipaggiamenti (ruote, sospensioni), destinata al trasporto di benzine su rotaia;

f) nave-cisterna: una cisterna mobile costituite da una nave destinata alla navigazione interna quale definita nel capitolo 1 della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, destinata al trasporto di benzine in cisterne.

 

Parte II

1. Requisiti per gli impianti di deposito di benzina presso i terminali

1.1 Rivestimenti

Le pareti esterne ed i tetti degli impianti di deposito di superficie devono essere dipinti di un colore con riflessione totale del calore radiante pari o superiore al 70%. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che, per la verniciatura, sono state utilizzate vernici certificate dal fornitore come rispondenti alle norme contenute nell'appendice, applicate secondo regole di buona tecnica.

Detta disposizione non si applica agli impianti di deposito collegati ad un sistema di recupero dei vapori conforme ai requisiti di cui al punto 2.3.

Le operazioni di verniciatura possono essere programmate in modo da essere effettuate come parte dei normali cicli di manutenzione degli impianti di deposito. Il programma delle manutenzioni deve essere conservato dal gestore e reso disponibile su richiesta dell'autorità competente per il controllo.

1.2 Dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina

Gli impianti di deposito con tetto galleggiante esterno devono essere dotati di un dispositivo primario di tenuta che copra lo spazio anulare tra la parete del serbatoio e il perimetro esterno del tetto galleggiante, nonché di un dispositivo secondario fissato su quello primario. Tali dispositivi devono essere progettati in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 95% di quello di un serbatoio similare, a tetto fisso, privo di dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori ovvero di un serbatoio a tetto fisso dotato solo di valvola limitatrice di pressione. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che la progettazione del sistema a doppia tenuta risponde a quanto previsto dal presente punto 1.2, verificato sulla base delle procedure di stima, contenute nella normativa API (American Petroleum Institute) MPMS, Chapter 19, e che tale sistema è stato installato a regola d'arte. A tal fine si utilizza il «Manual of Petroleum Measurement Standards» - capitolo 19 - «Evaporative loss measurement», sezione 1 - «Evaporative loss from fixed - roof tanks» e sezione 2 - «Evaporative loss from floating-rooftanks».

I dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori degli impianti di deposito devono essere sottoposti a manutenzione periodica secondo le modalità previste dalla regola d'arte.

1.3. Sistemi per il recupero dei vapori di benzina

- Gli impianti di deposito presso terminali la cui costruzione è stata autorizzata dopo il 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'autorizzazione, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità ai requisiti di cui al paragrafo 2.

In alternativa, detti depositi devono essere progettati con un tetto galleggiante, interno o esterno, e dotati di dispositivi primari e secondari a tenuta in modo da rispondere ai requisiti relativi alle prestazioni stabiliti dal punto 1.2.

- Gli altri impianti di deposito presso i terminali, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità alle disposizioni contenute nel paragrafo 2. In alternativa, detti depositi devono essere dotati di un tetto galleggiante interno con un dispositivo primario a tenuta progettato in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 90% di quello di un serbatoio similare a tetto fisso privo di dispositivi di controllo dei vapori.

1.4 Ai serbatoi a tetto fisso situati presso i terminali cui è consentito, ai sensi del punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori non si applicano i requisiti relativi ai dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina di cui al punto 1.3.

 

Appendice

Misura del fattore di riflessione delle superfìci dei serbatoi.

Ai fini di quanto prescritto al punto 1.2. per la determinazione del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi, può essere utilizzato uno dei seguenti metodi di misura.

a) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale del calore radiante. Per riflessione totale del calore radiante si intende la riflessione dell'energia solare totale incidente, misurata nello spettro compreso fra 0,3 ÷ 2,5 μm di lunghezza d'onda (spettro solare incidente a livello della superficie terrestre).

Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione di una superficie (ottenuta in laboratorio su provini campione), si basa sulle seguenti norme tecniche di riferimento: ASTM E 903-82 (1) ed ISO 9050 (2). Il fattore di riflessione della superficie deve essere superiore o uguale al 70%.

b) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale dell'energia luminosa.

Tale metodo si riferisce alla misura del solo fattore di riflessione totale dell'energia luminosa ed è quindi relativo alla sola parte della radiazione solare contenuta nel campo dello spettro visibile (0,38 ÷ 0,78 μm).

Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione totale dell'energia luminosa di una superficie (ottenuta su provini campione in laboratorio) si basa sulla normativa di riferimento applicabile UNI 9389 (3) ed ISO 2813 (4).

Il fattore di riflessione della superficie all'energia luminosa deve essere superiore o uguale al 70%.

Nel caso in cui siano presenti serbatoi con superfici di materiale diverso o verniciati con colori diversi il valore medio di riflessione può essere calcolato dagli indici di riflessione (misurati su campioni con uno dei precedenti metodi per i singoli colori), pesati con le estensioni delle relative aree di serbatoio. Il valore medio di riflessione così calcolato deve essere superiore o eguale al 70%.

Riferimenti:

(1) ASTM E 903-82: «Standard test method for solar absorptance, reflectance and trasmittance of materials using integrating spheres».

(2) ISO 9050: «Glass in building. Determination of light trasmittance, direct solar trasmittance, total solar energy trasmittance and ultraviolet trasmittance, and related glazing factors».

(3) UNI 9389: «Misura della riflessione di pellicole di prodotti vernicianti non metallizzanti».

(4) ISO 2813: «Paints and varnishes-Determination of specular gloss of non-metallic paint films at 20°, 60° and 85°».

2. Requisiti per gli impianti di caricamento presso i terminali.

2.1 Attrezzature per il caricamento dal basso

Le torri di caricamento di veicoli-cisterna presenti presso i terminali devono soddisfare le specifiche relative alle attrezzature per il caricamento dal basso previste dal punto 3.2.

2.2. Recupero di vapori

I vapori di ritorno provenienti da una cisterna mobile in fase di caricamento devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso un sistema di recupero di vapori. Tale disposizione non si applica alle operazioni di caricamento dall'alto di cisterne mobili che, in accordo con le deroghe previste all'articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2.

Nei terminali presso i quali negli tre anni civili precedenti l'anno in corso è stata movimentata una quantità di benzina inferiore a 25.000 tonnellate/anno, il deposito temporaneo dei vapori può sostituire il recupero immediato dei vapori presso il terminale. Il serbatoio adibito esclusivamente a tale uso deve essere chiaramente identificato. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di deposito del terminale.

Nei terminali in cui la benzina è caricata su navi, può essere adottato un sistema di combustione dei vapori, se ogni altra operazione di recupero dei vapori è pericolosa o tecnicamente impossibile a causa del volume dei vapori di ritorno. I gestori degli impianti di caricamento che producono emissioni in atmosfera provenienti dai sistemi di recupero dei vapori o dalle unità di combustione di vapori devono ottenere l'autorizzazione alle emissioni ai sensi del titolo I del presente decreto.

2.3. Valori limite di emissione, criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione

Agli effluenti gassosi emessi dai sistemi di recupero dei vapori si applica il valore limite di emissione pari a 10 g/Nm3 espressi come media oraria.

Le misurazioni effettuate ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite devono essere effettuate per un'intera giornata lavorativa (minimo sette ore) in condizioni di normale movimentazione.

Dette misurazioni possono essere continue o discontinue. Le misurazioni discontinue devono essere rilevate almeno quattro volte ogni ora.

L'errore totale di misurazione dovuto alle attrezzature utilizzate, al gas di taratura e al metodo applicato, non deve superare il 10% del valore misurato.

L'apparecchiatura utilizzata deve essere in grado di misurare almeno concentrazioni di 1 g/Nm3.

La precisione della misura deve essere almeno pari al 95% del valore misurato. I controlli di competenza del gestore sono effettuati con periodicità semestrale.

2.4. Misure per la prevenzione di emissioni diffuse

Prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori, il gestore è tenuto effettuare le procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapori di cui al punto 2.2 e ad istituire ed effettuare apposite procedure di controllo periodico secondo quanto indicato nella seguente appendice. È tenuto altresì a seguire le procedure previste nella medesima appendice in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero.

2.5. Perdite accidentali

In caso di perdita accidentale di vapore, le operazioni di caricamento devono essere immediatamente arrestate a livello della torre di caricamento attraverso dispositivi automatici di arresto che devono essere installati sulla torre.

2.6. Operazioni di caricamento di veicoli cisterna dall'alto

Durante le operazioni di caricamento dall'alto di veicoli cisterna che, in accordo con le deroghe previste all'articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2 l'uscita del braccio di caricamento deve essere mantenuta vicino al fondo della cisterna mobile, per evitare spruzzi di benzina, ed il braccio di carico deve essere dotato di un dispositivo di captazione dei vapori.

Appendice

Procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapore prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori e nel corso della manutenzione periodica e procedure da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero

a) Prove di tenuta del sistema di trasferimento (1).

Le tubazioni di convogliamelo del vapore devono essere provate, prima della messa in servizio dell'impianto, al fine di verificarne accuratamente la tenuta:

- prima di allacciare le apparecchiature, l'impianto deve essere provato con aria o gas inerte ad una pressione di almeno 100 mbar;

- la durata di prova deve essere di almeno 30 minuti;

- la tenuta deve essere controllata mediante manometro ad acqua od apparecchi di equivalente sensibilità;

- il manometro non deve accusare una caduta di pressione fra le due letture eseguite all'inizio ed al termine del secondo quarto d'ora di prova;

- se si verificano delle perdite, queste devono essere ricercate con l'ausilio di una soluzione saponosa;

- le parti difettose devono essere sostituite e le guarnizioni rifatte;

- non si devono riparare dette parti con mastici, ovvero cianfrinarle;

- una volta eliminate le perdite occorre ripetere la prova di tenuta;

- le prove di tenuta precedenti devono essere ripetute con frequenza triennale;

- se i sistemi sono assemblati con collegamenti fissi (per esempio saldati o cementati), essi devono essere testati su tutto l'assemblaggio, con le stesse modalità di prova sopra descritte

b) Collegamento delle apparecchiature e messa in servizio dell'impianto.

Effettuato il collegamento delle apparecchiature alle parti fisse, ad allacciamento terminato, dovrà essere controllata, mediante soluzione saponosa od altro idoneo equivalente mezzo, la perfetta tenuta dell'impianto, con particolare riguardo ai collegamenti.

c) Avviamento dell'impianto.

Deve essere effettuata una verifica del buon funzionamento delle apparecchiature e degli eventuali dispositivi di sicurezza.

d) Manutenzione periodica.

La manutenzione che il gestore deve assicurare consiste nel frequente controllo dello stato di efficienza delle tubazioni e dei collegamenti, con particolare riguardo per i tubi flessibili e le guarnizioni. Le parti difettose devono essere sostituite. Il monitoraggio in servizio deve comprendere un esame visivo del sistema per verificare eventuali danneggiamenti, disallineamenti o corrosioni del sistema di tubazioni e nei giunti.

Deve essere eseguito un esame visivo delle tubazioni flessibili usate per collegare contenitori mobili al sistema di tubazioni di raccolta del vapore, al fine di individuarne eventuali danneggiamenti.

Gli esami visivi devono essere ripetuti con frequenza almeno trimestrale.

e) Procedure di notifica da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero dei vapori.

Il gestore, deve informare l'autorità competente, prima di un pianificato spegnimento di un sistema di recupero vapori che comporti una fermata superiore ai tre giorni.

Deve inoltre specificare la data, il periodo previsto ed il motivo dell'arresto.

Nel caso di un arresto non pianificato, il gestore deve informare l'autorità competente della causa dell'arresto, dei provvedimenti attuati al fine di riportare in operazione l'unità e del probabile periodo di non funzionamento. L'autorità competente dispone i provvedimenti necessari ai sensi dell'articolo 271, comma 14.

Il gestore deve adoperarsi per assicurare che il sistema sia riportato in condizioni di operatività il più rapidamente possibile e deve tempestivamente informare l'autorità competente qualora l'arresto si prolunghi per un periodo di tempo superiore a quello originariamente previsto e comunicato all'autorità stessa. Il gestore provvede ad annotare su un apposito registro i periodi di mancata operatività del sistema di recupero dei vapori.

Riferimenti:

(1) UNI 7131- 72: «Impianti a gas di petrolio liquefatti per uso domestico non alimentati da rete di distribuzione».

3. Requisiti per le cisterne mobili e per i veicoli cisterna.

3.1 Contenimento dei vapori di benzina

3.1.1. I vapori residui devono essere trattenuti nella cisterna mobile dopo lo scarico della benzina.

3.1.2. Le cisterne mobili sono progettate e utilizzate in modo che i vapori di ritorno provenienti dagli impianti di deposito situati presso gli impianti di distribuzione o presso i terminali siano raccolti e trattenuti nelle stesse. Il sistema di raccolta deve consentire la tenuta dei vapori durante le operazioni di trasferimento della benzina. Per i carro-cisterna le suddette prescrizioni trovano applicazione solo se gli stessi forniscono la benzina a impianti di distribuzione o la caricano presso i terminali in cui è consentito ai sensi del paragrafo 2, punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori.

3.1.3. Salva l'emissione attraverso le valvole di sfiato previste dalla vigente normativa, i vapori menzionati ai punti 3.1.1. e 3.1.2. sono trattenuti nella cisterna mobile sino alla successiva operazione di caricamento presso il terminale.

3.1.4. Le cisterne montate su veicoli-cisterna devono essere sottoposte a verifiche triennali della tenuta della pressione dei vapori e del corretto funzionamento delle valvole di sfiato.

3.2. Specifiche per il caricamento dal basso, la raccolta dei vapori e la protezione contro il troppo pieno nei veicoli cisterna.

3.2.1. Accoppiatori.

a) L'accoppiatore per i liquidi sul braccio di caricamento deve essere un accoppiatore femmina, cui corrisponde un adattatore maschio API di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor Vehicles (Section 2.1.1.1 - Type of Adapter used for Bottom Loading).

b) L'accoppiatore per la raccolta dei vapori sul tubo di raccolta dei vapori della torre di caricamento deve essere un accoppiatore femmina a camma e scanalatura cui corrisponde un adattatore maschio a camma e scanalatura di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: «API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor. Vehicles (Section 4.1.1.2 - Vapour Recovery Adapter)».

3.2.2. Condizioni di caricamento.

a) Il caricamento normale per i liquidi è di 2.300 litri al minuto (massimo: 2.500 litri al minuto) per braccio di caricamento.

b) Quando il terminale lavora a regime massimo, il sistema di raccolta dei vapori della torre di caricamento, ivi compreso il sistema di recupero dei vapori, può generare una contropressione massima di 55 millibar sul lato del veicolo-cisterna dov'è posizionato l'adattatore per la raccolta dei vapori.

c) Tutte le cisterne montate su veicoli, idonee al caricamento dal basso sono munite di una targa di identificazione che specifica il numero massimo di bracci di caricamento che possono operare simultaneamente purché, in corrispondenza della contropressione massima dell'impianto di cui alla lettera b), non fuoriescano vapori dai compartimenti e dalle valvole.

3.2.3. Collegamento della messa a terra e del rivelatore di dispersione/troppopieno del veicolo-cisterna.

a) La torre di caricamento deve essere munita di un rivelatore di troppopieno che, collegato al veicolo-cisterna, emette un segnale di consenso all'operazione con logica di interruzione in caso di guasto o malfunzionamento. Il caricamento è consentito ai sensi del punto 2.2., se nessun sensore di troppopieno nei vari compartimenti rileva un livello elevato.

b) Il veicolo-cisterna deve essere collegato al rilevatore collocato sulla torre di caricamento con un connettore elettrico industriale standard a 10 conduttori. Il connettore maschio deve essere montato sul veicolo-cisterna, mentre il connettore femmina deve essere fissato ad un cavo volante raccordato al rilevatore posizionato sulla torre.

c) I rilevatori del livello installati sul veicolo-cisterna devono essere termistori a due fili, sensori ottici a due fili, sensori ottici a cinque fili o dispositivi equivalenti compatibili, purché il sistema sia tale da disporsi automaticamente in condizioni di sicurezza in caso di guasto. I termistori devono avere un coefficiente negativo di temperatura.

d) Il rilevatore collocato sulla torre di caricamento deve essere compatibile con i sistemi a due o a cinque fili montati sul veicolo-cisterna.

e) Il veicolo-cisterna deve essere collegato alla torre di caricamento attraverso il filo comune di terra dei sensori di troppopieno, collegato al conduttore n. 10 del connettore maschio attraverso il telaio del veicolo-cisterna. Il conduttore n. 10 del connettore femmina deve essere collegato al telaio del rilevatore, a sua volta collegato alla terra della torre.

f) Tutte le cisterne idonee al caricamento dal basso sono munite della targa di identificazione di cui al punto 3.2.2, lettera e) che specifica il tipo di sensori per il rilevamento del troppopieno installati (ad esempio, a due o cinque fili).

3.2.4. Posizionamento dei collegamenti.

a) La progettazione delle strutture per il caricamento dei liquidi e la raccolta dei vapori sulla torre di caricamento si basa sul seguente posizionamento dei collegamenti sul veicolo-cisterna:

- L'altezza della linea centrale degli accoppiatori per i liquidi non deve essere superiore a 1,4 metri (senza carico) e inferiore a d 0,5 metri (sotto carico); l'altezza ideale è compresa tra 0,7 e 1 metro.

- La distanza orizzontale tra gli accoppiatori non deve essere inferiore a 0,25 metri; la distanza minima ideale è pari a 0,3 metri.

- Tutti gli accoppiatori per i liquidi sono posizionati in un alloggiamento di lunghezza non superiore a 2,5 metri.

- L'accoppiatore per la raccolta dei vapori, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiatori per i liquidi, ad un altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).

b) Il connettore per la messa a terra/troppopieno, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiatori per i liquidi e per la raccolta dei vapori, ad un'altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).

c) I collegamenti sopra descritti sono posizionati su un unico lato del veicolo-cisterna.

3.2.5. Blocchi di sicurezza.

a) Messa a terra e dispositivo di troppo pieno.

Il caricamento è consentito soltanto quando il rilevatore combinato di messa a terra/troppopieno emette un segnale di autorizzazione. In caso di troppo pieno o di mancanza di messa a terra del veicolo-cisterna, il rivelatore montato sulla torre deve chiudere la valvola di controllo del caricamento.

b) Rilevatore di raccolta dei vapori. Il caricamento è consentito soltanto se il tubo per il recupero dei vapori è collegato al veicolo-cisterna e i vapori spostati possono liberamente fluire dal veicolo-cisterna al sistema di recupero dei vapori dell'impianto.

4. Requisiti per gli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione e per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzione e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori

4.1. I vapori di ritorno durante le operazioni di trasferimento della benzina negli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di trasferimento possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.

Il gestore dell'impianto di distribuzione deve predisporre idonee procedure per gli autisti dei veicoli-cisterna che dovranno includere istruzioni sul collegamento della tubazione di bilanciamento del vapore prima del trasferimento della benzina all'impianto di distribuzione dei carburanti. Le procedure devono inoltre contenere istruzioni per la fase di distacco delle tubazioni alla fine delle operazioni di trasferimento.

Le operazioni di trasferimento devono essere riportate nel registro di carico e scarico dell'impianto di distribuzione del carburante e controfirmate dal gestore dell'impianto di distribuzione e dall'autista del veicolo-cisterna.

4.2. Nei terminali cui è consentito il deposito temporaneo dei vapori, i vapori spostati durante le operazioni di trasferimento della benzina devono essere riconvogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di carico possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.

 

Allegato VIII

Impianti di distribuzione di benzina

 

1. Definizioni

Ai fini del presente allegato si intende per:

a) efficienza del sistema di recupero: il rapporto percentuale tra il peso dei vapori di benzina recuperati e il peso degli stessi che risulterebbe rilasciato nell'ambiente in assenza del sistema di recupero;

b) pompa di erogazione macchina idraulica atta all'estrazione della benzina dall'impianto di deposito verso il distributore, ai fini dell'erogazione;

c) rapporto V/L: rapporto tra il volume di vapori di benzina ed aria recuperati (V) e il volume di benzina erogato (L);

d) testata contometrica: dispositivo per l'indicazione e il calcolo delle quantità di benzina erogata, la cui adozione è obbligatoria per distributori inseriti in un impianto di distribuzione dei carburanti in rapporto con il pubblico;

e) pompa del vuoto: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da una macchina idraulica atta a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito;

f) circolatore idraulico: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito;

g) ripartitore: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori, dal quale tali linee si dipartono distintamente;

h) tubazione di erogazione: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile per l'erogazione della benzina;

i) tubazione coassiale: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile costituito da due tubi concentrici per il passaggio rispettivamente della benzina erogata e dei vapori recuperati;

l) tubazioni gemellate: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da due tubi flessibili distinti per il passaggio rispettivamente del carburante erogato e dei vapori recuperati;

m) pistola erogatrice: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un apparecchio per il controllo del flusso del carburante durante una operazione di erogazione.

 

2. Requisiti di efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II [1606].

Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione o il riconvogliamento degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'85%. In caso di sistemi che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione, il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi in un intervallo compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-ter e 2-quinquies.

2-bis. Requisiti di efficienza degli altri sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6.

Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza media del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'80%, raggiunto con un valore medio del rapporto V/L compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi entro tale intervallo. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-quater e 2-quinquies. Se l'efficienza certificata ai sensi del paragrafo 2-ter è pari o superiore all'85%, con un valore medio del rapporto V/L sempre compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi, il sistema di recupero deve essere comunque considerato di fase II.

2-ter. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II.

L'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione è determinata in base a quanto disposto dalla norma EN 16321-1 [1607].

2-quater. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6.

Nelle more dell'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, l'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione è determinata misurando le perdite di vapori di benzina globali, incluse quelle degli sfiati degli impianti di deposito interrati, attraverso apposite prove effettuate con sistemi di misura che utilizzano il metodo volumetrico-gravimetrico del TÜV Rheinland, ovvero altro metodo equivalente. L'equivalenza del metodo deve risultare da apposite prove.

2-quinquies. Certificazione dell'efficienza dei prototipi.

La certificazione comprovante l'efficienza del prototipo è rilasciata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Per laboratorio accreditato s'intende un laboratorio accreditato da un organismo riconosciuto dall'European Co-operation for accreditation.

2-sexies. Atti di conformità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.

Restano fermi, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, gli obblighi relativi alle procedure ed agli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.

 

3. Requisiti costruttivi e di installazione. [1608]

3.1. Il presente paragrafo si applica, fino all'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, ai sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione [1609].

3.1-bis. L'insieme dei dispositivi dei sistemi di recupero dei vapori comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione della benzina, collegamenti interni ai distributori, linee interrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di sicurezza ed efficienza [1610].

3.2 I sistemi di recupero dei vapori sono classificati, sulla base del principio di funzionamento, in sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale e sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata, come definiti dai punti 3.3. e 3.4, i quali stabiliscono altresì i requisiti tecnici di carattere generale di tali impianti.

3.3. Sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale. In tali sistemi la pressione esistente nel serbatoio del veicolo e la depressione che si crea nell'impianto di deposito quando si estrae il carburante determinano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito durante il rifornimento, senza l'impiego di pompe a vuoto, aspiratori o altri dispositivi atti a facilitare la circolazione dei vapori.

3.4 Sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata. Tali sistemi prevedono l'impiego di dispositivi che, in aggiunta alla differenza di pressione che si determina tra il serbatoio del veicolo e l'impianto di deposito, facilitano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo all'impianto di deposito durante il rifornimento. In base al tipo di dispositivo impiegato tali sistemi sono classificati in:

a) Sistemi assistiti da pompe. Tali sistemi prevedono l'impiego di una o più pompe del vuoto atte a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori stessi dal serbatoio del veicolo verso gli impianti di deposito. Sulla base del numero e della disposizione delle pompe a vuoto impiegate, tali sistemi vengono classificati in:

- sistemi dedicati. Tali sistemi prevedono l'impiego di almeno una pompa del vuoto installata nel corpo di ciascun distributore, e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

- sistemi centralizzati. Tali sistemi prevedono l'impiego di un'unica pompa del vuoto centralizzata asservita a più distributori, installata lungo la linea di ritorno dei vapori e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.

b) Sistemi a circolatore idraulico. Tali sistemi prevedono l'impiego di un circolatore idraulico (pompa a getto, aspiratore Venturi o altro dispositivo) al fine di ottenere una depressione atta a facilitare il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo agli impianti di deposito durante la fase del rifornimento. Il circolatore idraulico può essere installato presso il distributore o presso la pompa di erogazione del carburante, e deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis; la mandata del circolatore idraulico deve essere dotata di idoneo dispositivo tagliafiamma [1611].

3.5 Le pistole erogatrici da impiegarsi nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori devono avere requisiti tali da garantire l'esercizio dell'impianto in condizioni di sicurezza e di efficienza. Esse devono essere provviste di un condotto separato per il passaggio dei vapori, di una valvola di ritegno per mantenere chiuso il circuito dei vapori tra due successive operazioni di erogazione e di idonei dispositivi atti a garantire l'arresto dell'erogazione per serbatoio pieno e per caduta a terra della pistola. Se l'impianto è dotato di sistema di recupero dei vapori di benzina a circolazione naturale le pistole di erogazione devono garantire una tenuta con il bocchettone di carico del serbatoio del veicolo.

3.6 Nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori è consentito l'impiego di tubazioni flessibili coassiali o gemellate. La lunghezza massima di tali tubazioni, esterna al distributore, è pari a 5,00 m.

3.7 Al fine di separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori è necessario installare un idoneo ripartitore coassiale, dal quale si dipartono distintamente la linea di erogazione del carburante e la linea di recupero dei vapori.

Se il distributore è dotato di tubazioni flessibili coassiali il ripartitore coassiale può essere installato all'interno o all'esterno del corpo del distributore; se il distributore è dotato di tubazioni flessibili gemellate il ripartitore coassiale deve essere installato sulla pistola erogatrice.

3.8 II collegamento tra il distributore e le tubazioni interrate del sistema di recupero dei vapori di benzina può essere costituito da un tronco di tubazione flessibile o rigido.

3.9 Le linee interrate di ritorno dei vapori di benzina, nel tratto compreso tra i distributori e gli impianti di deposito, possono assumere le seguenti configurazioni:

a) linee dedicate (una per ogni distributore), le quali collegano ciascun distributore ad un singolo impianto di deposito;

b) linee centralizzate (a servizio di più distributori), le quali collegano tutti i distributori ad uno o più impianti di deposito per mezzo di una rete comune di tubazioni.

3.10. [Sulla linea di ritorno dei vapori deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento, che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti] [1612].

3.11. È consentito immettere i vapori recuperati nella parte superiore degli impianti di deposito, senza gorgogliamento. All'ingresso della linea di ritorno dei vapori di ogni serbatoio deve essere inoltre installato un idoneo dispositivo tagliafiamma. Devono essere installati idonei dispositivi al fine di evitare che il carburante rifluisca nella linea di recupero dei vapori in caso di sovrariempimento degli impianti di deposito. Qualora l'impianto di distribuzione di carburanti sia asservito ad un sistema di più impianti di deposito, questi possono essere collegati fra loro in corrispondenza della linea di ritorno dei vapori tramite un collettore comune, a condizione che tutti contengano esclusivamente benzina.

3.12. I requisiti costruttivi delle tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori sono identici a quelli richiesti per le tubazioni per l'adduzione del carburante; i materiali impiegati devono essere compatibili con le caratteristiche fisico-chimiche dei carburanti immagazzinati e devono possedere un'adeguata capacità, robustezza e durata per poter sopportare le pressioni di esercizio, lo stato di tensione strutturale e l'aggressione chimica a cui possono essere sottoposte; devono inoltre assicurare un libero passaggio e nel contempo garantire una bassa resistenza al flusso dei vapori.

3.13. Le tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori devono seguire il percorso effettivo più breve dai distributori agli impianti di deposto, con una pendenza uniforme minima del 2% verso gli impianti di deposito stessi.

3.14. Tutti gli elementi metallici appartenenti alla linea di ritorno dei vapori devono essere adeguatamente protetti dalla corrosione.

3.15. Gli impianti elettrici negli impianti di distribuzione di carburanti liquidi devono essere realizzati secondo quanto prescritto dalle norme vigenti in materia. Le tubazioni e tutti gli altri elementi appartenenti alla linea di erogazione del carburante e alla linea di ritorno dei vapori, se di tipo non metallico, devono essere corredati di certificazione prodotta dal costruttore che ne attesti l'antistaticità [1613].

 

4. Controlli periodici dei dispositivi di recupero dei vapori [1614].

4.1. I controlli circa il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dai paragrafi 2 o 2-bis devono essere eseguiti con periodicità almeno annuale dal gestore. I risultati devono essere riportati sul registro di impianto di cui al punto 5.4. Ai fini del controllo, in caso di sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione, si verifica che il rapporto V/L rispetti, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, l'intervallo previsto dai paragrafi 2 e 2-bis. Si applica il metodo EN16321-2.

4.2. Negli impianti di distribuzione di benzina deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento che segnali visivamente le anomalie del sistema di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. La presente disposizione non si applica in caso di installazione del sistema automatico previsto dal punto 4.3.

4.3. I controlli previsti al punto 4.1 possono essere eseguiti dal gestore con periodicità triennale se è installato un sistema di controllo automatico. Tale sistema deve rilevare automaticamente i guasti che si verificano nel corretto funzionamento del sistema di recupero dei vapori di benzina e nel sistema stesso di controllo automatico, indicare i guasti al gestore ed arrestare automaticamente il flusso di benzina dal distributore interessato dal guasto se questo non è riparato entro sette giorni.

 

5. Obblighi di documentazione.

5.1 [Per il rilascio delle approvazioni di tipo di competenza del Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934, relative a distributori provvisti di un sistema di recupero dei vapori omologato, devono essere osservate le modalità di prova contenute nell'appendice] [1615].

5.2. Gli impianti di distribuzione di benzina realizzati sulla base di una concessione o di una autorizzazione rilasciata dopo il 30 giugno 1996, ai sensi della normativa vigente al momento del rilascio, installati o da installare su un sito precedentemente non utilizzato quale impianto di distribuzione di carburante, devono essere provvisti di:

a) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell'interno, nonché, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126;

b) approvazione di tipo del distributore provvisto di un sistema di recupero dei vapori omologato, rilasciata dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934 e nel rispetto delle modalità di prova previste dalla normativa all'epoca vigente;

b-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell'approvazione di tipo di cui alla lettera b), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003;

c) certificato di collaudo dell'intero impianto effettuato dalla commissione competente ai sensi della vigente normativa [1616].

5.3 Gli impianti di distribuzione di benzina diversi da quelli del punto 5.2 devono essere provvisti di:

a) originaria approvazione di tipo del distributore sprovvisto di un sistema per il recupero dei vapori, rilasciata dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934;

a-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell'approvazione di tipo di cui alla lettera a), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003;

b) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell'interno, nonché, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126;

c) certificazione, rilasciata dal costruttore, attestante la conformità del sistema di recupero di vapori prodotto in serie al prototipo omologato. Tale certificato di conformità deve attestare la capacità del sistema di recupero dei vapori prodotto in serie di rispettare, se correttamente installato, il valore di efficienza prescritto quando sia rispettato il valore V/L, con le relative tolleranze, rilevate in sede di prova del prototipo omologato; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformità previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista dal tale decreto;

d) dichiarazione rilasciata dall'installatore del sistema di recupero dei vapori al titolare dell'impianto di distribuzione, attestante che l'installazione del sistema è stata effettuata seguendo le istruzioni fornite dal costruttore e che le prove funzionali, con verifica del rapporto V/L prescritto, eseguite all'atto della presa in carico del sistema da parte del titolare, hanno avuto esito positivo; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformità previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista da tale decreto;

e) copia della notifica, da parte del gestore, circa l'avvenuta installazione del sistema di recupero dei vapori, completa di documentazione comprovante il rispetto della normativa all'epoca vigente [1617].

5.4 Tutti gli impianti di distribuzione di benzina devono essere dotati di un registro di impianto che deve essere custodito dal gestore. Nel registro devono essere riportati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati sull'impianto, i risultati degli autocontrolli previsti dal paragrafo 4 ed i provvedimenti assunti ai sensi dei paragrafi 4.2 e 4.3 [1618].

5.5 [A seguito di qualsiasi intervento che comporti una sostituzione di componenti, l'installatore deve produrre una dichiarazione scritta dalla quale risulti che i componenti sostituiti sono conformi a quelli del tipo approvato; tale atto deve essere allegato al registro di impianto e ne costituisce parte integrante [1619].

 

Appendice

Modalità di prova

(Omissis) [1620]

 

Allegato IX [1621]

Impianti termici civili

 

Parte I

Modulo di denuncia

(Omissis) [1622]

 

Parte II

Requisiti tecnici e costruttivi

1. Definizioni

1.1. Agli effetti delle presenti norme valgono le seguenti definizioni:

a) bocca del camino: sezione terminale retta del camino.

b) bruciatore: dispositivo che consente di bruciare combustibili liquidi, gassosi o solidi macinati, previo mescolamento con aria comburente.

c) camera di calma: dispositivo atto a separare dai fumi, essenzialmente per effetto della forza di gravità, le particelle in essi contenute.

d) camini: porzioni ascendenti dei canali da fumo atte a determinare un tiraggio naturale nei focolari ed a scaricare i prodotti della combustione nell'atmosfera.

e) canali da fumo: insieme delle canalizzazioni attraversate dai fumi prodotti dalla combustione.

f) ciclone: dispositivo atto a separare dai fumi, per effetto della forza centrifuga, le particelle in essi contenute.

g) griglia: dispositivo statico o mobile che consente di bruciare combustibili solidi nei focolari, assicurandone il contatto con l'aria comburente, e lo scarico delle ceneri.

h) impianto termico automatico: impianto termico nel o nei focolari del quale l'accensione, lo spegnimento o la regolazione della fiamma possa normalmente avvenire anche senza interventi manuali.

i) mitria o comignolo: dispositivo posto alla bocca del camino atto a facilitare la dispersione dei prodotti della combustione nell'atmosfera.

l) registro: dispositivo inserito in una sezione dei canali da fumo che consente di regolare il tiraggio.

m) sezione dei canali da fumo: area della sezione retta minima dei canali da fumo.

n) tiraggio: movimentazione degli effluenti gassosi prodotti da una camera di combustione.

o) tiraggio forzato: tiraggio attivato per effetto di un dispositivo meccanico attivo, inserito sul percorso dell'aria o degli effluenti gassosi.

p) tiraggio naturale: tiraggio determinato da un camino unicamente per effetto della differenza di densità esistente tra gli effluenti gassosi e l'aria atmosferica circostante.

q) velocità dei fumi: velocità che si riscontra in un punto di una determinata sezione retta dei canali da fumo.

r) viscosità: la proprietà dei fluidi di opporsi al moto relativo delle loro particelle.

2. Caratteristiche dei camini.

2.1. Ogni impianto termico civile di potenza termica nominale superiore al valore di soglia deve disporre di uno o più camini tali da assicurare una adeguata dispersione in atmosfera dei prodotti della combustione.

2.2. Ogni camino deve avere, al di sotto dell'imbocco del primo canale da fumo, una camera di raccolta di materiali solidi ed eventuali condense, di altezza sufficiente a garantire una completa rimozione dei materiali accumulati e l'ispezione dei canali. Tale camera deve essere dotata di un'apertura munita di sportello di chiusura a tenuta d'aria realizzato in materiale incombustibile.

2.3. I camini devono garantire la tenuta dei prodotti della combustione e devono essere impermeabili e termicamente isolati. I materiali utilizzati per realizzare i camini devono essere adatti a resistere nel tempo alle normali sollecitazioni meccaniche, al calore ed all'azione dei prodotti della combustione e delle loro eventuali condense. In particolare tali materiali devono essere resistenti alla corrosione. La sezione interna dei camini deve essere di forma circolare, quadrata o rettangolare con rapporto tra i lati non superiore a 1,5.

2.4 I camini che passano entro locali abitati o sono incorporati nell'involucro edilizio devono essere dimensionati in modo tale da evitare sovrappressioni, durante l'esercizio.

2.5. L'afflusso di aria nei focolari e l'emissione degli effluenti gassosi possono essere attivati dal tiraggio naturale dei camini o da mezzi meccanici.

2.6. Più generatori di calore possono essere collegati allo stesso camino soltanto se fanno parte dello stesso impianto termico; in questo caso i generatori di calore dovranno immettere in collettori dotati, ove necessario, ciascuno di propria serranda di intercettazione, distinta dalla valvola di regolazione del tiraggio. Camino e collettore dovranno essere dimensionati secondo la regola dell'arte.

2.7. Gli impianti installati o che hanno subito una modifica relativa ai camini successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto devono essere dotati di camini realizzati con prodotti idonei all'uso in conformità ai seguenti requisiti:

- essere realizzati con materiali aventi caratteristiche di incombustibilità, in conformità alle disposizioni nazionali di recepimento del sistema di classificazione europea di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione;

- avere andamento verticale e il più breve e diretto possibile tra l'apparecchio e la quota di sbocco;

- essere privi di qualsiasi strozzatura in tutta la loro lunghezza;

- avere pareti interne lisce per tutta la lunghezza;

- garantire che siano evitati fenomeni di condensa con esclusione degli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071;

- essere adeguatamente distanziati, mediante intercapedine d'aria o isolanti idonei, da materiali combustibili o facilmente infiammabili;

- avere angoli arrotondati con raggio non minore di 20 mm, se di sezione quadrata o rettangolare;

- avere un'altezza correlata alla sezione utile secondo gli appropriati metodi di calcolo riportati dalla normativa tecnica vigente (norme UNI e norme CEN). Resta salvo quanto stabilito ai punti 2.9 e 2.10.

2.8. Le bocche possono terminare comignoli di sezione utile d'uscita non inferiore al doppio della sezione del camino, conformati in modo da non ostacolare il tiraggio e favorire la dispersione dei fumi nell'atmosfera.

2.9. Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione e da evitare la reimmissione degli stessi nell'edificio attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri.

2.10. Le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono essere a quota non inferiore a quella del filo superiore dell'apertura più alta. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas.

2.11. La parete interna del camino deve risultare per tutto il suo sviluppo, ad eccezione del tronco terminale emergente dalla copertura degli edifici, sempre distaccata dalle murature circostanti e deve essere circondata da una controcanna continua formante intercapedine per consentire la normale dilatazione termica. Sono ammessi nell'intercapedine elementi distanziatori o di fissaggio necessari per la stabilità del camino.

2.12. Al fine di agevolare analisi e campionamenti devono essere predisposti alla base del camino due fori allineati sull'asse del camino con relativa chiusura a tenuta. In caso di impianti con potenza termica nominale superiore a 580 kW, due identici fori devono essere predisposti anche alla sommità dei camini in posizione accessibile per le verifiche; la distanza di tali fori dalla bocca non deve essere inferiore a cinque volte il diametro medio della sezione del camino, e comunque ad 1,50 m. In ogni caso i fori devono avere un diametro idoneo a garantire l'effettiva realizzazione di analisi e campionamenti.

2.13. I fori di cui al punto 2.12. devono trovarsi in un tratto rettilineo del camino e a distanza non inferiore a cinque volte la dimensione minima della sezione retta interna da qualunque cambiamento di direzione o di sezione. Qualora esistano impossibilità tecniche di praticare i fori alla base del camino alla distanza stabilita, questi possono essere praticati alla sommità del camino con distanza minima dalla bocca di m 1,5 in posizione accessibile per le verifiche.

3. Canali da fumo.

3.1. I canali da fumo degli impianti termici devono avere in ogni loro tratto un andamento suborizzontale ascendente con pendenza non inferiore al 5%. I canali da fumo al servizio di impianti di potenzialità uguale o superiore a 1.000.000 di kcal/h possono avere pendenza non inferiore al 2 per cento.

3.2. La sezione dei canali da fumo deve essere, in ogni punto del loro percorso, sempre non superiore del 30% alla sezione del camino e non inferiore alla sezione del camino stesso.

3.3. Per quanto riguarda la forma, le variazioni ed i raccordi delle sezioni dei canali da fumo e le loro pareti interne devono essere osservate le medesime norme prescritte per i camini.

3.4. I canali da fumo devono essere costituiti con strutture e materiali aventi le medesime caratteristiche stabilite per i camini. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071.

3.5. I canali da fumo devono avere per tutto il loro sviluppo un efficace e duraturo rivestimento coibente tale che la temperatura delle superfici esterne non sia in nessun punto mai superiore a 50 °C. È ammesso che il rivestimento coibente venga omesso in corrispondenza dei giunti di dilatazione e degli sportelli d'ispezione dei canali da fumo nonché dei raccordi metallici con gli apparecchi di cui fanno parte i focolari.

3.6. I raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi di cui fanno parte i focolari devono essere rimovibili con facilità e dovranno avere spessore non inferiore ad 1/100 del loro diametro medio, nel caso di materiali ferrosi comuni, e spessore adeguato, nel caso di altri metalli.

3.7. Sulle pareti dei canali da fumo devono essere predisposte aperture per facili ispezioni e pulizie ad intervalli non superiori a 10 metri ed una ad ogni testata di tratto rettilineo. Le aperture dovranno essere munite di sportelli di chiusura a tenuta d'aria, formati con doppia parete metallica.

3.8. Nei canali da fumo dovrà essere inserito un registro qualora gli apparecchi di cui fanno parte i focolari non possiedano propri dispositivi per la regolazione del tiraggio.

3.9. Al fine di consentire con facilità rilevamenti e prelevamenti di campioni, devono essere predisposti sulle pareti dei canali da fumo due fori, uno del diametro di mm 50 ed uno del diametro di mm 80, con relative chiusure metalliche, in vicinanza del raccordo con ciascun apparecchio di cui fa parte un focolare.

3.10. La posizione dei fori rispetto alla sezione ed alle curve o raccordi dei canali deve rispondere alle stesse prescrizioni date per i fori praticati sui camini.

4. Dispositivi accessori.

4.1. È vietato l'uso di qualunque apparecchio od impianto di trattamento dei fumi funzionante secondo ciclo ad umido che comporti lo scarico, anche parziale delle sostanze derivanti dal processo adottato, nelle fognature pubbliche o nei corsi di acqua.

4.2. Gli eventuali dispositivi di trattamento possono essere inseriti in qualunque punto del percorso dei fumi purché l'ubicazione ne consenta la facile accessibilità da parte del personale addetto alla conduzione degli impianti ed a quello preposto alla loro sorveglianza.

4.3. L'adozione dei dispositivi di cui sopra non esime dalla osservanza di tutte le prescrizioni contenute nel presente regolamento.

4.4. Gli eventuali dispositivi di trattamento, per quanto concerne le altezze di sbocco, le distanze, le strutture, i materiali e le pareti interne, devono rispondere alle medesime norme stabilite per i camini.

4.5. Il materiale che si raccoglie nei dispositivi suddetti deve essere periodicamente rimosso e smaltito secondo la normativa vigente in materia di rifiuti.

4.6. Tutte le operazioni di manutenzione e di pulizia devono potersi effettuare in modo tale da evitare qualsiasi accidentale dispersione del materiale raccolto.

5. Apparecchi indicatori.

5.1. Allo scopo di consentire il rilevamento dei principali dati caratteristici relativi alla conduzione dei focolari, gli impianti termici devono essere dotati di due apparecchi misuratori delle pressioni relative (riferite a quella atmosferica) che regnano rispettivamente nella camera di combustione ed alla base del camino, per ciascun focolare di potenzialità superiore ad 1,16 MW.

5.2. I dati forniti dagli apparecchi indicatori a servizio degli impianti termici aventi potenzialità superiore a 5,8 MW, anche se costituiti da un solo focolare, devono essere riportati su di un quadro raggruppante i ripetitori ed i registratori delle misure, situato in un punto riconosciuto idoneo per una lettura agevole da parte del personale addetto alla conduzione dell'impianto termico.

5.3. Tutti gli apparecchi indicatori, ripetitori e registratori delle misure devono essere installati in maniera stabile e devono essere tarati.

 

Parte III

Valori di emissione

 

Sezione 1

Valori limite per gli impianti che utilizzano i combustibili diversi da biomasse e da biogas

1. Gli impianti termici civili che utilizzano i combustibili previsti all’allegato X diversi da biomasse e biogas devono rispettare, nelle condizioni di esercizio più gravose, i seguenti valori limite, riferiti ad un’ora di funzionamento, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. Il tenore volumetrico di ossigeno nell’effluente gassoso anidro è pari al 3% per i combustibili liquidi e gassosi e pari al 6% per i combustibili solidi. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

- per gli impianti termici civili di potenza termica nominale pari o superiore al valore di soglia e inferiore a 1 MW e per i medi impianti termici civili di cui all’eccezione prevista all’articolo 283, comma 1, lettera d-bis), si applica un valore limite per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3.

- per i medi impianti termici civili di cui all’articolo 284, comma 2-ter, si applica un valore limite per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3 e, dalla data prevista dall’articolo 286, comma 1-bis, i valori limite di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo previsti dall’allegato I alla parte quinta del presente decreto per l’adeguamento dei medi impianti di combustione esistenti di potenza termica inferiore a 3 MW.

- per i medi impianti termici civili di cui all’articolo 284, comma 2-bis, si applicano i valori limite di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo previsti dall’allegato I alla parte quinta del presente decreto per i medi impianti di combustione nuovi di potenza termica inferiore a 3 MW.

2. I controlli annuali dei valori di emissione di cui all’articolo 286, comma 2, e le verifiche di cui all’articolo 286, comma 4, non sono richiesti se l’impianto utilizza i combustibili di cui all’allegato X, parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), e), d), e) o i), e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manutenzione previste dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. E’ fatto salvo quanto previsto dai punti 3 e 4.

3. Per i medi impianti termici civili il controllo di cui all’articolo 286, comma 2, é effettuato con frequenza triennale se l’impianto utilizza i combustibili di cui all’allegato X, Parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), c), d), e), i), e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manutenzione previste dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

4. Per i medi impianti termici civili di cui all’articolo 284, comma 2-ter, si applica, fino al 31 dicembre 2028, quanto previsto dal punto 2 e, successivamente, quanto previsto dal punto 3. Un controllo è in tutti i casi effettuato entro quattro mesi dalla registrazione di cui all’articolo 284, comma 2-quater.

 

Sezione 2

Valori limite per gli impianti che utilizzano biomasse

1. Gli impianti termici che utilizzano biomasse di cui all’allegato X devono rispettare i seguenti valori limite di emissione, riferiti ad un’ora di funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide (valori da rispettare prima della data prevista dall’articolo 286, comma 1-bis) e impianti termici civili di potenza termica inferiore a 1 MW alimentati a biomasse solide. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 11%.

 

Potenza termica nominale MW

>0,15 ÷ ≤3

polveri [1]

100 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

350 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

200 mg/Nm3

 

[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.

 

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide. Valori da rispettare entro la data prevista dall’articolo 286, comma 1bis. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 6%.

 

Potenza termica nominale MW

>0,15 ÷ ≤ 3

polveri [1]

50 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

525 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

650 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2) [2]

200 mg/Nm3

 

[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.

[2] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

 

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 6%.

 

Potenza termica nominale MW

>0,15 ÷ ≤ 3

polveri [1]

50 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

525 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2) [2]

200 mg/Nm3

 

 

[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.

[2] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

 

Medi impianti temici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse liquide. Valori da rispettare entro la data prevista dall’articolo 286, comma 1-bis. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell’effluente gassoso del 3%.

 

Potenza termica nominale MW

>1 ÷ ≤ 3

polveri

50 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

 

ossidi di azoto (NO2)

650 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

350 mg/Nm3

 

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse liquide.

 

Potenza termica nominale MW

>1 ÷ ≤ 3

polveri

50 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

 

ossidi di azoto (NO2)

300 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

350 mg/Nm3

 

Sezione 3

Valori limite per gli impianti che utilizzano biogas

1. Gli impianti che utilizzano biogas di cui all’allegato X devono rispettare i valori limite di emissione indicati nei punti seguenti, espressi in mg/Nm3 e riferiti ad un’ora di funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biogas (valori da rispettare prima della data prevista dall’articolo 286, comma 1-bis) e impianti termici civili di potenza termica pari o superiore al valore di soglia e inferiore a 1 MW alimentati a biogas. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 15% in volume nell’effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

 

 

Motori a combustione interna

Turbine a gas

Altri impianti di combustione

carbonio organico totale (COT)

55 mg/Nm3

-

30 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

800 mg/Nm3

100 mg/Nm3

150 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

500 mg/Nm3

150 mg/Nm3

300 mg/Nm3

Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

10 mg/Nm3

5 mg/Nm3

30 mg/Nm3

 

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biogas. Valori da rispettare entro la data prevista dall’articolo 286, comma 1bis. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 15% in volume nell’effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

 

 

Motori a combustione interna

Turbine a gas

Altri impianti di combustione

carbonio organico totale (COT)

55 mg/Nm3

 

30 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

300 mg/Nm3

100 mg/Nm3

150 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

190 mg/Nm3

200 mg/Nm3 [1]

250 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

60 mg/Nm3

60 mg/Nm3

200 mg/Nm3

Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

4 mg/Nm3

5 mg/Nm3

30 mg/Nm3

 

[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

 

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biogas. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 5% in volume nell’effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

 

 

Motori a combustione interna

Turbine a gas

Altri impianti di combustione

carbonio organico totale (COT)

60 mg/Nm3

-

30 mg/Nm3

monossido di carbonio (CO)

300 mg/Nm3

100 mg/Nm3

150 mg/Nm3

ossidi di azoto (NO2)

190 mg/Nm3

60 mg/Nm3[1]

200 mg/Nm3

ossidi di zolfo (SO2)

40 mg/Nm3

40 mg/Nm3

100 mg/Nm3

Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori (come HCI)

4 mg/Nm3

5 mg/Nm3

30 mg/Nm3

 

[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

 

Sezione 4

Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni

1. Per il campionamento, l'analisi e la valutazione delle emissioni previste dalle sezioni precedenti si applicano i metodi contenuti nelle seguenti norme tecniche e nei relativi aggiornamenti:

UNI EN 13284-1;

UNI EN 14792:2017;

UNI EN 15058:2017;

UNI 10393;

UNI EN 12619;

UNI EN 1911-1,2,3.

2. Per la determinazione delle concentrazioni delle polveri, le norme tecniche di cui al punto 1 non si applicano nelle parti relative ai punti di prelievo.

3. Per la determinazione delle concentrazioni di ossidi di azoto, monossido di carbonio, ossidi di zolfo e carbonio organico totale, è consentito anche l'utilizzo di strumenti di misura di tipo elettrochimico.

4. Per gli impianti di cui alla sezione II o alla sezione III, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati i metodi in uso ai sensi della normativa previgente.

 

Allegato X [1623]

Disciplina dei combustibili

 

Parte I

Combustibili consentiti

Sezione 1

Elenco dei combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo I

1. Negli impianti disciplinati dal titolo I è consentito l'utilizzo dei seguenti combustibili:

a) gas naturale;

b) gas di petrolio liquefatto;

c) gas di raffineria e petrolchimici;

d) gas d'altoforno, di cokeria, e d'acciaieria;

e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1;

f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera e), rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;

g) biodiesel rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 3;

h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e risondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10, fatto salvo quanto previsto nella sezione 3;

i) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera h), e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

l) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;

m) carbone di legna;

n) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;

o) carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;

r) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste;

s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di combustibili consentiti, limitatamente allo stesso comprensorio industriale nel quale tale gas è prodotto.

2. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti di combustione con potenza termica nominale uguale o superiore a 50 MW è consentito l'utilizzo di:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7, fatta eccezione per il contenuto di nichel e vanadio come somma; tale contenuto non deve essere superiore a 180 mg/kg per gli impianti autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normativa, non hanno completato l'adeguamento autorizzato;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all'1,5% in massa;

d) miscele acqua-carbone, anche additivate con stabilizzanti o emulsionanti, purché il carbone utilizzato corrisponda ai requisiti indicati al paragrafo 1, lettere o), p) e q);

e) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7.

3. In aggiunta ai combustibili di cui ai paragrafi 1 e 2, negli impianti di combustione di potenza termica nominale uguale o superiore a 300 MW, ad eccezione di quelli anteriori al 1988 che sono autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normativa, non hanno completato l'adeguamento autorizzato, è consentito l'uso di:

a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2;

b) petrolio greggio con contenuto di nichel e vanadio, come somma, non superiore a 230 mg/kg.

4. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, è consentito l'utilizzo dei seguenti combustibili purché prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui sono utilizzati:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

c) gas di raffineria, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio, olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio, derivanti esclusivamente da greggi nazionali, e coke da petrolio;

d) idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di utilizzo di cui alla parte II, sezione 5.

5. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60% con il prodotto ottenuto, ad eccezione dei forni per la produzione della calce impiegata nell'industria alimentare, è consentito l'uso di:

a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 8;

b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 2;

C) bitume di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa;

d) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 8.

6. In aggiunta a quanto previsto ai paragrafi precedenti, nella regione Sardegna è consentito l'uso di combustibili indigeni, costituiti da carbone e da miscele acqua- carbone, in:

a) centrali termoelettriche e impianti di produzione, combinata e non, di energia elettrica e termica, purché vengano raggiunte le percentuali di desolforazione riportate nell'allegato II;

b) impianti di cui al paragrafo 2.

7. In deroga ai paragrafi 1, 5 e 6, negli impianti aventi potenza termica nominale non superiore a 3 MW, è vietato l'uso dei seguenti combustibili;

a) carbone da vapore salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;

b) coke metallurgico salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;

c) coke da gas;

d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele;

e) gas da altoforno, di cokeria e d'acciaieria;

f) bitume da petrolio;

g) coke da petrolio;

h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa e loro emulsioni; tale disposizione si applica soltanto agli impianti autorizzati dopo il 24 marzo 1996, salvo il caso in cui le regioni, nei piani e programmi di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, ne prevedano l'estensione anche agli impianti autorizzati precedentemente ove tale misura sia necessaria per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria.

8. I divieti di cui al paragrafo 7 non si applicano ai combustibili prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui gli stessi sono utilizzati.

9. Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 2, 3 e 7 si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti sono considerati, ai sensi degli articoli 270, comma 4, 273, comma 9, o282, comma 2, come un unico impianto.

10. Senza pregiudizio per quanto previsto ai paragrafi precedenti, è consentito, alle condizioni previste nella parte II, sezione 7, l'utilizzo del combustibile solido secondario (CSS) di cui all'art. 183, comma 1, lettera cc), meglio individuato nella predetta parte II, sezione 7, che, ai sensi e per gli effetti dell'art. 184-ter, ha cessato di essere un rifiuto (CSS-Combustibile).

Sezione 2

Elenco dei combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo II

1. Negli impianti disciplinati dal titolo II è consentito l'uso dei seguenti combustibili:

a) gas naturale;

b) gas di città;

c) gas di petrolio liquefatto;

d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1;

e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera d) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;

f) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;

g) carbone di legna;

h) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;

i) biodiesel avente le caratteristiche indicate in parte II, sezione 1, paragrafo 3;

l) [Soppressa]

m) [Soppressa]

n) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste.

1-bis. L'uso dei combustibili di cui alle lettere f), g) e h) può essere limitato o vietato dai piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, ove tale misura sia necessaria al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.

2. I combustibili di cui alle lettere 1), m) ed n), non possono essere utilizzati negli impianti di cui all'allegato IV, parte I, punti 5 e 6.

3. [Soppresso]

4. [Soppresso]

Sezione 3

Disposizioni per alcune specifiche tipologie di combustibili liquidi

1. Olio combustibile pesante.

1.1. L'olio combustibile pesante di cui all'articolo 292, comma 2, lettera a), utilizzato negli impianti disciplinati dal titolo I, come tale o in emulsione con acqua, deve avere un contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e, nei casi previsti dalla sezione 1, paragrafo 7, non superiore allo 0,3% in massa.

1.2. In deroga a quanto previsto al punto 1.1, negli impianti di cui alla sezione 1, paragrafi da 2 a 6, è consentito, in conformità a tali paragrafi, l'uso di oli combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo superiore all'1% in massa nel caso di:

a) grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273, ad eccezione di quelli che beneficiano di una deroga prevista da tale articolo al rispetto dei valori limite fissati per gli ossidi di zolfo all'allegato II alla Parte Quinta;

b) impianti di combustione non compresi nella precedente lettera a) ubicati nelle raffinerie di oli minerali, a condizione che la media mensile delle emissioni di ossidi di zolfo di tutti gli impianti della raffineria, esclusi quelli di cui alla lettera a), non superi, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibile utilizzati, il valore di 1700 mg/Nm3;

c) impianti di combustione non compresi alle precedenti lettere a) e b), a condizione che sia rispettato, per gli ossidi di zolfo, il valore limite previsto nell'autorizzazione.

2. Metodi di misura per i combustibili per uso marittimo.

2.1. Fatti salvi i casi in cui si applica il decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, i metodi di riferimento per la determinazione del tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo di cui all'articolo 292, comma 2, lettera d), sono quelli definiti, per tale caratteristica, nella parte II, sezione 1, paragrafo 1. Per la trattazione dei risultati delle misure e l'arbitrato si applica quanto previsto alla parte II, sezione 1, paragrafo 4.

     2-bis. Modalità di raccolta dei dati e delle informazioni sui combustibili per uso marittimo.

     2-bis.1. È assicurato un numero di accertamenti sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi svolto mediante controllo dei documenti di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile almeno pari al10% del numero delle navi facenti annualmente scalo presso il territorio italiano. Tale numero corrisponde alla media annuale delle navi facenti scalo sul territorio italiano calcolata sulla base dei dati registrati nei tre anni civili precedenti attraverso il sistema SafeSeaNet (sistema di gestione delle informazioni istituito dalla direttiva 2002/59/CE per registrare e scambiare informazioni sui risultati dei controlli ai sensi della direttiva 1999/32/CE). A tal fine, una nave è conteggiata una sola volta per ciascun anno in cui ha effettuato uno o più scali sul territorio italiano.

     2-bis.2. È assicurato un numero di accertamenti sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi svolto anche mediante campionamento e analisi almeno pari al 20% degli accertamenti di cui al punto 2-bis.1. Dal 1° gennaio 2020 tale percentuale è elevata al 30%.

     2-bis.3. È assicurato l'accertamento, mediante campionamento e analisi, sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi al momento della consegna alle navi, per i fornitori di tali combustibili che, nel corso di un anno civile, secondo quanto risulta dai dati del sistema di informazione dell'Unione (sistema che utilizza i dati sullo scalo delle singole navi nell'ambito del sistema SafeSeaNet) o dalla relazione di cui all'art. 298, comma 2-bis, hanno consegnato almeno tre volte combustibili non conforme a quanto indicato nel bollettino di consegna. Tale accertamento deve essere svolto entro la fine dell'anno successivo a quello in cui è stata riscontrata la consegna di combustibile non conforme.

     2-bis.4. In caso di accertamento mediante controllo sui campioni sigillati che sono presenti a bordo e accompagnano il bollettino di consegna del combustibile il prelievo è effettuato conformemente alla regola 18, punti 8.1 e 8.2, dell'allegato VI della Convenzione MARPOL.

     2-bis.5. In caso di accertamento mediante controllo sui combustibili presenti nei serbatoi della nave, si devono effettuare uno o più prelievi istantanei nel punto dell'impianto servizio combustibile in cui è installata un'apposita valvola, secondo quanto è indicato nel sistema di tubature del combustibile della nave o quanto è previsto dal piano generale delle sistemazioni, sempre che tale sistema o tale piano siano stati approvati dall'autorità competente dello Stato di bandiera della nave o da un organismo riconosciuto che agisce per conto dell'autorità stessa. Per impianto servizio combustibile si intende il sistema a sostegno di distribuzione, filtraggio, purificazione e fornitura di combustibile dalle casse di servizio agli apparati motori ad olio combustibile. Se il punto di prelievo non è reperibile con le modalità di cui sopra, il prelievo istantaneo deve essere effettuato in un punto, proposto dal rappresentante della nave (il comandante o l'ufficiale responsabile per i combustibili marittimi e per la relativa documentazione) ed accettato dall'autorità competente per il controllo, in cui sia installata una valvola per il prelievo dei campioni che soddisfi tutte le seguenti condizioni:

     a) è accessibile in modo facile e sicuro;

     b) permette di tenere conto delle differenti qualità di combustibile utilizzato in relazione a ciascun apparato motore ad olio combustibile;

     c) è situato a valle della cassa di servizio da cui proviene il combustibile utilizzato; per cassa di servizio si intende il serbatoio da cui proviene il combustibile per alimentare gli apparati motori ad olio combustibile che sono situati a valle;

     d) è quanto più vicino possibile, in condizioni di sicurezza, all'ingresso dell'apparato motore ad olio combustibile, considerando il tipo di combustibile, la portata, la temperatura e la pressione a valle del punto di campionamento stesso.

     In tutti i casi è possibile effettuare un prelievo istantaneo presso diversi punti dell'impianto servizio combustibile per determinare se vi sia una eventuale contaminazione incrociata di combustibile in assenza di impianti servizio completamente separati o in caso di configurazioni multiple delle casse di servizio.

     2-bis.6. I campioni di combustibile prelevati dai serbatoi della nave devono essere raccolti in un contenitore che permetta di riempire almeno tre fiale per campioni rappresentative del combustibile utilizzato. Le fiale per campioni devono essere sigillate dall'autorità competente per il controllo con un mezzo di identificazione, affisso in presenza del rappresentante della nave (il comandante o l'ufficiale responsabile per i combustibili marittimi e per la relativa documentazione). Il mezzo di identificazione deve essere uguale per tutte le tre fiale in tutti i controlli. Due fiale devono essere avviate alle analisi. Una fiala deve essere consegnata al rappresentante della nave con l'indicazione di conservarla, per un periodo non inferiore a 12 mesi dalla data del prelievo, in modo idoneo nel rispetto delle procedure tecniche attinenti alle modalità di conservazione di tale tipologia di campioni.

     2-bis.7. Con apposita ordinanza l'autorità marittima e, ove istituita, l'autorità portuale, prescrive nell'ambito territoriale di competenza:

     l'obbligo, per i fornitori di combustibili per uso marittimo, di comunicare a tale autorità, entro il mese di febbraio di ciascun anno, le notifiche e le lettere di protesta ricevute nell'anno precedente riguardo al tenore di zolfo dei combustibili consegnati;

     l'obbligo, per il comandante o l'armatore delle navi che utilizzano metodi alternativi di riduzione delle emissioni e che effettuano il primo scalo in territorio italiano durante l'anno civile, di trasmettere a tale autorità, entro le 24 ore successive all'accosto ed in ogni caso prima della partenza, qualora la sosta sia di durata inferiore, una descrizione del metodo utilizzato; in caso di utilizzo di metodi di riduzione delle emissioni di cui all'art. 295, comma 20, deve essere inclusa la descrizione del rispetto dei requisiti di cui alle lettere a) e b) di tale comma.

3. Trasmissione di dati.

3.1. Al fine di consentire l'elaborazione della relazione di cui all'articolo 298, comma 3, i soggetti competenti l'accertamento delle infrazioni ai sensi dell'articolo 296, comma 2 e comma 9, trasmettono all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 marzo di ogni anno, utilizzando il formato indicato nella tabella I, i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli accertamenti dell'anno civile precedente sui combustibili di cui all'art. 292, comma 2, lettere a) e b) e, limitatamente a quelli prodotti o importati e destinati alla commercializzazione sul mercato nazionale, sui combustibili di cui all'art. 292, comma 2, lettera d). Gli esiti trasmessi devono riferirsi ad accertamenti effettuati con una frequenza adeguata e secondo modalità che assicurino la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile controllato.

3.1-bis. I soggetti competenti all'accertamento delle infrazioni ai sensi dell'art. 296, comma 9, provvedono a inserire nel Sistema di informazione dell'Unione europea, operante come piattaforma per la registrazione e lo scambio delle informazioni sui controlli di conformità, denominato Thetis EU, i dati inerenti ai rilevamenti del tenore di zolfo negli accertamenti sui combustibili ad uso marittimo utilizzati. I dati sono inseriti in modo tempestivo rispetto alla data dell'accertamento. Il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica assicura le funzioni di soggetto amministratore per l'Italia del Sistema Thetis EU. Il soggetto amministratore può altresì formulare indirizzi operativi per i soggetti tenuti all'inserimento dei dati, al fine di assicurare l'omogeneità dei riscontri e segnalare le eventuali criticità. Il Ministero può avvalersi dell'ISPRA ai fini della formulazione di tali indirizzi ed in relazione alla gestione del sistema Thetis EU. Gli esiti inseriti si riferiscono ad accertamenti effettuati con una frequenza adeguata e con modalità che assicurino la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile controllato e rispetto al complesso dei combustibili utilizzati nelle zone di mare e nei porti in cui si applica il limite.

3.2. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che importano i combustibili di cui al punto 3.1 da Paesi terzi o che li ricevono da Paesi membri dell'Unione europea e i gestori degli impianti di produzione dei medesimi combustibili inviano all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nelle tabelle II e III, i dati concernenti i quantitativi di tali combustibili prodotti o importati nel corso dell'anno precedente, con esclusione di quelli destinati all'esportazione. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei grandi impianti di combustione che importano olio combustibile pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi membri dell'Unione europea inviano all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nella tabella IV, i dati concernenti i quantitativi di olio combustibile pesante importati nell'anno precedente.

3.3. Per depositi fiscali, ai sensi del punto 3.2 si intendono gli impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti i combustibili oggetto della parte quinta del presente decreto, sottoposti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall'amministrazione finanziaria; ricadono in tale definizione anche gli impianti di produzione dei combustibili. Per combustibile sottoposto ad accisa si intende un combustibile al quale si applica il regime fiscale delle accise.

3.4. I dati previsti ai punti 3.1 e 3.2 sono trasmessi all'ISPRA su supporto digitale, unitamente alla lettera di accompagnamento e, per posta elettronica all'indirizzo dati.combustibili@isprambiente.it e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per posta elettronica all'indirizzo dati.combustibili@minambiente.it.

3.5. La relazione elaborata dall'ISPRA sulla base dei dati e delle informazioni di cui ai punti 3.1 e 3.2 deve indicare, per ciascun combustibile, il numero totale di accertamenti effettuati, il tenore medio di zolfo relativo a tali accertamenti ed il quantitativo complessivamente prodotto e importato.

3.6. [Soppresso].

 

Sezione 4

Valori di emissione equivalenti per i metodi di riduzione delle emissioni

1. Ai fini previsti dall'articolo 295, comma 20, lettera a), si applicano i seguenti valori di emissione equivalenti ai limiti di tenore di zolfo dei combustibile per uso marittimo:

 

Tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo

Rapporto emissione SO2 (ppm)/CO2

(% m/m)

(% v/v)

3,50

151,7

1,50

65,0

1,00

43,3

0,50

21,7

0,10

4,3

 

2. Il rapporto di equivalenza di cui al punto 1 si applica solo se si utilizzano un distillato a base di petrolio o oli combustibili residui. Se si utilizza un altro tipo di combustibile, l'operatore deve individuare un'altra idonea modalità ai fini prevista all'articolo 295, comma 20, lettera a).

3. In casi in cui la concentrazione di CO2 è ridotta da un sistema di depurazione dei gas di scarico, la concentrazione di CO2, può essere misurata nel punto di ingresso di tale sistema, purché l'operatore fornisca una adeguata giustificazione e dimostri che la metodologia è idonea ai fini della misura.

 

Sezione 5

Criteri per l'utilizzo dei metodi di riduzione delle emissioni

1. I metodi di riduzione delle emissioni previsti all'articolo 295, commi 19 e 20, devono rispettare, ai fini dell'utilizzo, nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, ivi inclusi i porti, almeno i seguenti criteri individuati in funzione dello specifico tipo di metodo:

 

Metodo di riduzione delle emissioni

Criteri per l'utilizzo

A.

 

Utilizzo di una miscela di combustibile per uso marittimo e gas di evaporazione (per le navi all'ormeggio)

Si applicano i criteri previsti dalla decisione della Commissione europea 2010/769/UE del 13 dicembre 2010.

B.

 

Sistemi di depurazione dei gas di scarico

Si applicano i criteri previsti dalla risoluzione MEPC.184(59).

 

Le acque di lavaggio risultanti dai sistemi di depurazione dei gas di scarico che utilizzano prodotti chimici, additivi o preparati o che creano rilevanti agenti chimici durante l'esercizio, previsti dal punto 10.1.6.1 della risoluzione MEPC.184(59), non possono essere scaricate in mare, inclusi baie, porti ed estuari, eccettuato il caso in cui l'utilizzatore dimostri che tali gli scarichi non producono impatti negativi rilevanti e non presentano rischi per la salute umana e l'ambiente. Se il prodotto chimico utilizzato è la soda caustica, tali scarichi sono ammessi se rispettano i criteri stabiliti nella risoluzione MEPC.184(59), ed un limite per il pH pari a 8,0.

C.

Si utilizzano combustibili definiti biocarburanti nella direttiva 2009/28/CE e che rispettano le pertinenti norme CEN e ISO.

Utilizzo di biocarburanti

Restano fermi i limiti di tenore di zolfo previsti dall'articolo 295 per le miscele di biocarburanti e combustibili per uso marittimo.

 

Sezione 6

Rapporto per la comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter

1. Ai fini della comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter, si utilizza il seguente rapporto:

Rapporto di indisponibilità di combustibile a norma (facsimile)

Data:

Campo

Nome del campo

Dati

Note e istruzioni di compilazione

1

Nome della compagnia della nave

 

Inserire il nome della compagnia della nave

2

Nome della Nave

 

Inserire il nome della nave

3

Paese di bandiera

 

Inserire il codice paese come da ISO 3166

(Un elenco dei codici è reperibile al seguente indirizzo) https://www.iso.org/obp/ui/#search

4

Numero IMO

 

Inserire il numero identificativo IMO assegnato alla nave.

Inserire “ND” se non si dispone di un numero identificativo IMO

5

Data prima comunicazione

 

Inserire la data in cui la nave ha ricevuto la prima comunicazione di dover effettuare un viaggio comportante il transito nelle acque di giurisdizione italiana

6

Luogo di prima comunicazione

 

Inserire il nome del porto in cui la nave ha ricevuto la prima comunicazione di dover effettuare un viaggio comportante il transito nelle acque di giurisdizione italiana

Nota: se la nave ha ricevuto la comunicazione in navigazione, fornire le coordinate della nave al momento della comunicazione

7

Nomi dei porti dopo la prima comunicazione

 

Inserire i nomi di tutti i successivi porti noti, che la nave dovrà scalare durante il viaggio pianificato, dopo aver ricevuto la comunicazione di dover effettuare un viaggio comportante il transito nelle acque di giurisdizione italiana.

8

Nome dell'ultimo porto prima dell’ingresso in acque Italiane

 

Inserire il nome del porto precedente a quello di ingresso in acque di giurisdizione italiana

Nota: questo porto deve essere riportato anche nel Campo 7

9

Nome del porto in cui si è verificato il disservizio sul rifornimento di combustibile

 

Inserire il nome del porto si è verificato il disservizio sul rifornimento di combustibile. Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento inserire “ND”

10

Nome del fornitore di carburante che ha originato il disservizio

 

Immettere il nome del fornitore di carburante previsto nel porto di cui al campo 9 all'unità che sta attualmente riportando la non conformità del carburante utilizzato.

Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento inserire “ND”

11

Numero di fornitori contattati

 

Inserire il numero dei fornitori contattati nel porto indicato al Campo 9 dove si è verificato il disservizio del rifornimento.

Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento inserire “ND”.

Nota: si prega di inserire le informazioni di contatto dei fornitori

12

Data e orario stimati di arrivo nelle acque di giurisdizione Italiane

 

Inserire data e ora stimate di ingresso nelle acque di giurisdizione Italiane

Formato:anno/mese/giorno/ora

13

Contenuto di zolfo del combustibile non conforme

 

Inserire il contenuto di zolfo, in percentuale per massa

(% m/m) del combustibile non conforme che verrà usato all'ingresso e durante le operazioni nelle acque di giurisdizione Italiana

14

Stima delle ore d'impiego del propulsore principale

 

Inserire il numero di ore previsto durante le quali i motori principali funzioneranno con il combustibile non conforme, nelle acque di giurisdizione Italiana

15

Nome del primo porto italiano di accosto

 

Inserire il nome del primo porto italiano di accosto

16

E’ disponibile combustibile conforme nel primo porto italiano?

 

Il primo porto italiano di accosto avente disponibilità di combustibile conforme?

S: Si

N: No

17

Piano di rifornimento di combustibile conforme nel primo porto italiano di accosto ?

 

La vostra nave ha pianificato il rifornimento di combustibile a norma nel primo porto italiano ?

S: Si

N: No

18

Numero di fornitori contattati al primo porto italiano

 

Inserire il numero di fornitori contattati al primo porto di accosto indicato nel Campo 15.

Nota: Se il Campo 17 è “S”, allora inserire “ND”.

Fornire informazioni di contatto dei fornitori

19

Nome del secondo porto italiano di accosto

 

Inserire il nome del secondo porto italiano di accosto.

Nota: Se il Campo 17 è “S”, allora inserire “ND” / Se il vostro successivo porto di accosto non è in Italia allora inserire “Nessuno”

20

E’ disponibile combustibile conforme nel secondo porto italiano?

 

E’ disponibile combustibile conforme nel secondo porto italiano di accosto?

S: Si

N: No

Nota: Se il Campo 17 è “ND” o il campo 19 è “Nessuno” allora inserire “ND”

21

Piano di rifornimento di combustibile conforme, nel secondo porto italiano?

 

La nave ha pianificato il bunker al secondo porto italiano?

S: Si

N: No

Nota: Se Campo 17 è “ND” o il 19 è “Nessuno” allora inserire “ND”

22

Numero di fornitori contattati al secondo porto italiano

 

Inserire il numero di fornitori contattati al secondo porto di accosto al Campo 19

Nota: Se il Campo 19 è “ND” o “Nessuno” allora inserire “ND”.

Nota: Prego fornire informazioni di contatto dei fornitori

23

Data e orario stimati di uscita dalle acque di giurisdizione Italiana

 

Inserire data e ora stimate di uscita dalle acque di giurisdizione Italiana

Formato:anno/mese/giorno/ora

24

Sono stati presentati analoghi rapporti precedentemente?

 

Indicare se la compagnia indicata al Campo 1 ha già presentato analoghi rapporti per qualsiasi nave nei precedenti 12 mesi

S: Si

N: No

25

Numero di rapporti presentati

 

Inserire il numero di Rapporti di indisponibilità presentati negli ultimi 12 mesi (Includere il presente nel totale)

Nota: Se il Campo 24 è “N”, allora inserire “1”

26

Funzionario della Società Armatrice Nome, e-mail e telefono

 

Inserire il nome di un funzionario della Società armatrice designato quale punto di contatto (includendo il titolo, es: Dott, Sig., Cap.,ecc.), l'e-mail e il telefono (includendo il prefisso internazionale se non italiano)

27

Descrizione delle azioni intraprese per raggiungere la conformità, eventuali ulteriori problemi, commenti o altre informazioni

 

Fornire una descrizione delle azioni intraprese per raggiungere la conformità, eventuali ulteriori problemi, commenti o altre informazioni afferenti alla situazione di non conformità della nave ai requisiti per il combustibile marino previsti nelle acque di giurisdizione italiana.

Nota: Si può scegliere di allegare un documento separato che contenga tale descrizione (formato pdf).

Se si sceglie di allegare un documento separato, immettere “allegato” in questo campo.

Se non si dispone di queste informazioni, inserire “ND”

 

Parte II

Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura

Sezione 1

Combustibili liquidi

1. Gasolio, kerosene olio combustibile ed altri distillati leggeri, medi e pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettere e) e h), paragrafo 2 lettera a), paragrafo 4, lettera a), paragrafo 5 lettera a) e sezione 2, paragrafo 1, lettere d), e), ed.1)]

Tipo di

Gasolio /

Olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio

combustibile liquido

kerosene / distillati leggeri e medi di petrolio

Fluidissimo BTZ

Fluido BTZ

Semifluido BTZ

Denso ATZ

Denso BTZ

Metodo di analisi

Caratteristica

Unità

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

 

Viscosità

 

 

 

 

 

 

 

 

a 50 C

mm2/s

 

<21,2

da 21,2 a 36,4

da 37,5 a 91,0

>di 91

>di 91

EN ISO 3104

a 50 C

°E

 

<3

da 3,0 a 5,0

da 5,1 a 12,0

>di 12

>di 12

EN ISO 3104

a 40 C

mm2/s

Da 2,0 a 7,4 (1)

 

 

 

 

 

EN ISO 3104

Acqua e sedimenti

% (V/V)

≤ 0,05

≤0,05

≤1,0

≤1,0

 

 

UNI 20058

Acqua

% (V/V)

 

 

 

 

≤1,5(6)

≤1,5

ISO 3733

Sedimenti

% (V/V)

 

 

 

 

≤0,5

≤0,5

ISO 3735

 

 

≤0,20

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISO 8754

Zolfo

% (m/m)

≤0,10(5)

≤0,3

1

≤0,3

1

≤0,3

1

≤3,0

≤4,0

≤0,3

1

UNI EN ISO 14596

Residuo carbonioso

% (m/m)

 

≤6

≤15

≤6

≤15

≤6

≤15

≤18

≤6

≤15

ISO 6615

Nichel + Vanadio

mg/kg

≤15

≤50

≤180

≤50

≤180

≤50

≤180

≤230(2)

≤50

≤180

UNI e 09.10.024.0 EN 13131(3)

Ceneri

% (m/m)

 

≤0,05

≤0,10

≤0,15

≤0,20(7)

≤0,20

UNI EN ISO 6245

PCB/PCT

mg/kg

Inferiore al limite di rilevabilità

Inferiore al limite di rilevabilità

Inferiore al limite di rilevabilità

Inferiore al limite di rilevabilità

Inferiore al limite di rilevabilità

Inferiore al limite di rilevabilità

DIN 51527(4)EN 12766

 

(1) Solo per il gasolio

(2) Il valore è di 180 mg/kg per gli impianti di cui alla parte I, sezione 1, paragrafo 2 fino all'adeguamento.

(3) Il metodo UNI E 09.10.024.0 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo 13131.

(4) Il metodo DIN 51527 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo EN 12766.

(5) Tale specifica è riferita solo al gasolio e si applica a partire dal 1° gennaio 2008.

(6) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è consentito un contenuto massimo di acqua pari al 15% V/V

(7) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è consentito un contenuto massimo di ceneri pari all'1,5% m/m

 

2. Emulsioni acqua - bitumi [parte I, sezione 1, paragrafo 3, lettera a)]

Caratteristica

Unità

Emulsioni acqua-bitumi naturali

Emulsioni acqua - altri bitumi

Metodi di analisi

Acqua

% (m/m)

≤35%

≤35%

ISO 3733

Zolfo

% (m/m)

≤3%*

≤3%*/**

ASTM D 1552

Nichel + Vanadio

mg/kg

≤450*

≤230*

1)

 

 

 

 

 

1) Fino all'adozione di una metodica ufficiale da parte dei competenti organismi di normazione, per l'analisi del nichel e vanadio si applica un metodo di comprovata validità concordato con l'autorità competente. Fino a tale data non si applica la norma EN ISO 4259 per la trattazione dei risultati.

* I valori limite sono riferiti all'emulsione tal quale.

** Per emulsioni derivanti da greggi nazionali il valore è ≤8%.

3. Biodiesel [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera g) e sezione 2, paragrafo 1, lettera i)]

Proprietà

Unità

Limiti

Metodo di prova

 

 

Minimo

Massimo

 

Viscosità a 40 °C

mm2/s

3,5

5,0

EN ISO 3104

 

 

 

 

ISO 3105

Residuo carbonioso (a)(sul 10% residuo distillazione)

% (m/m)

-

0,30

EN ISO 10370

Contenuto di ceneri solfatate

% (m/m)

-

0,02

ISO 3987

Contenuto di acqua

mg/kg

-

500

EN ISO 12937:2000

Contaminazione totale*

mg/kg

-

24

EN 12662

Valore di acidità

mg KOH/g

 

0,50

EN 14104

Contenuto di estere(b)*

% (m/m)

96,5

 

EN 14103

Contenuto di monogliceridi

% (m/m)

 

0,80

EN 14105

Contenuto di digliceridi

% (m/m)

 

0,20

EN 14105

Contenuto di trigliceridi*

% (m/m)

 

0,20

EN 14105

Glicerolo libero (c)*

% /m/m)

 

0,02

EN 14105

 

 

 

 

EN 14106

CFPP (d)

°C

 

 

UNI EN 116

Punto di scorrimento(e)

°C

 

0

ISO 3016

Potere calorifico inferiore (calcolato)

MJ/kg

35

 

DIN 51900:1989

 

 

 

 

DIN 51900-1:1998

 

 

 

 

DIN 51900-2:1977

 

 

 

 

DIN 51900-3:1977

Numero di iodio

g iodio/100 g

 

130

EN 14111

Contenuto di zolfo

mg/kg

 

10,0

prEN ISO 20846

 

 

 

 

prEN ISO 20884

Stabilità all'ossidazione 110°C

ore

4,0

-

EN 14112

 

(a) Per ottenere il 10% residuo deve essere utilizzato il metodo ASTM D 1160.

(b) Non è consentita l'aggiunta di esteri diversi da quelli propri del biodiesel e di altre sostanze diverse dagli additivi.

(c) In caso di controversia sul glicerolo libero, si deve utilizzare il EN 14105.

(d) Per il biodiesel da utilizzare tal quale, il limite massimo coincide con quello previsto dalla UNI 6579.

(e) Il biodiesel destinato alla miscelazione con oli combustibili convenzionali non deve contenere additivi migliorativi della filtrabilità a freddo.

* In caso di controversia per la determinazione della contaminazione totale, del contenuto di esteri, del contenuto di trigliveridi e del glicerolo libero non si applica il criterio del 2R della UNI EN ISO 4259 rispetto al limite indicato in tabella.

 

4. Per la determinazione delle caratteristiche dei combustibili di cui alla presente sezione si applicano i metodi riportati nelle tabelle di cui ai paragrafi da 1 a 3 riferiti alle versioni più aggiornate. Salvo quanto diversamente disposto nei paragrafi 2 e 3, la trattazione dei risultati delle misure è effettuata secondo la norma EN ISO 4259. Per l'arbitrato è utilizzato il metodo EN ISO 14596 - edizione 1998.

Sezione 2

Combustibili solidi

1. Caratteristiche e metodi di prova per i combustibili solidi [parte 1, sezione 1, paragrafo 1, lettere o), p) e q), paragrafo 2, lettera e), paragrafo 5, lettera d)]

Tipo

 

Materie volatili (b)

Ceneri (b)

Zolfo (b)

Umidità (b)

Potere calorifico inferiore (c)

 

 

%

%

%

%

MJ/Kg

 

Coke

1

 

≤ 12

 

≤ 12

 

Coke

metallurgico e da gas

2

≤ 2

≤ 10

≤ 1

≤ 8

≥ 27,63

metallurgico e da gas

Antracite, prodotti antracitosi e loro miscele

3

≤ 13

≤ 10

≤ 1

≤ 5

≥ 29,31

Antracite, prodotti antracitosi e loro miscele

Carbone da vapore

4

≤ 40

≤ 16

≤ 1

 

 

Carbone da vapore

Agglomerati di lignite

5

≤ 40

≤ 16

≤ 0,5

≤ 15

≥ 14,65

Agglomerati di lignite

Coke da

7 (a)

≤ 12

 

≤ 3

 

 

Coke da

petrolio

8 (d)

≤ 14

 

≤ 6

 

≥ 29,31

petrolio

Norma per l’analisi

 

ISO 562

UNI 7342

UNI 7584

UNI 7340

ISO 1928

 

(a) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 2

(b) - i valori rappresentano limiti massimi come percentuali di massa sul prodotto tal quale

(c) - valori minimi riferiti al prodotto tal quale

(d) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 5

Sezione 3

Caratteristiche delle emulsioni acqua - gasolio, acqua - kerosene e acqua - olio combustibile

1. Emulsione acqua-gasolio, acqua-kerosene o acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio (parte 1, sezione 1 paragrafo 1, lettera f) e sezione 2, paragrafo 1, lettera e)

1.1 II contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 1 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.

1.2 Le emulsioni di cui al punto 1 possono essere stabilizzate con l'aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluoro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile usato per preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell'emulsione, dedotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.

1.3 Le emulsioni di cui al punto 1 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 20°C ± 1°C e sottoposto a centrifugazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa a pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce «Acqua e sedimenti».

1.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l'emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce «Acqua e sedimenti», può essere utilizzato il metodo indicato all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.

1.5 La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-CEI EN 45001 per le prove sopracitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla norma UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.

2. Emulsioni acqua-olio combustibile, ed altri distillati pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera i), paragrafo 2 lettera b), paragrafo 4 lettera b) e paragrafo 5 lettera b) e sezione 2, paragrafo 1, lettera m)]

2.1 II contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 2 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.

2.2 Le emulsioni di cui al punto 2 possono essere stabilizzate con l'aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluoro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile usato per preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell'emulsione, dedotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.

2.3 Le emulsioni di cui al punto 2 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 50°C ± 1°C e sottoposto a centrifugazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga relativa pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita alla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci «Acqua e sedimenti», «Acqua» e «Sedimenti».

2.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l'emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci «Acqua e sedimenti», «Acqua» e «Sedimenti», può essere utilizzato il metodo indicato all'articolo 1, comma 2, decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.

La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-CEI EN 45001 per le prove sopraccitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.

Sezione 4

Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo

(parte 1, sezione 1, paragrafo 1 lettera n) e sezione 2, paragrafo 1, lettera h))

1. Tipologia e provenienza

a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di coltivazioni agricole non dedicate;

c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica e dal trattamento con aria, vapore o acqua anche surriscaldata di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti;

e) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di prodotti agricoli;

f) Sansa di oliva disoleata avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dal trattamento delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell'olio di sansa destinato all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purché i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di produzione, devono risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al punto 3:

 

Caratteristica

Unità

Valori minimi / massimi

Metodi di analisi

Ceneri

% (m/m)

≤ 4%

ASTM D 5142-98

Umidità

% (m/m)

≤ 15%

ASTM D 5142-98

N-esano

mg/kg

≤ 30

UNI 22609

Solventi organici clorurati

 

assenti

*

Potere calorifico inferiore

 

 

ASTM D

 

MJ/kg

≥ 15,700

5865-01

 

(*) Nel certificato di analisi deve essere indicato il metodo impiegato per la rilevazione dei solventi organici clorurati

 

g) Liquor nero ottenuto nelle cartiere dalle operazioni di lisciviazione del legno e sottoposto ad evaporazione al fine di incrementarne il residuo solido, purché la produzione, il trattamento e la successiva combustione siano effettuate nella medesima cartiera e purché l'utilizzo di tale prodotto costituisca una misura per la riduzione delle emissioni e per il risparmio energetico individuata nell'autorizzazione integrata ambientale;

h) prodotti greggi o raffinati costituiti prevalentemente da gliceridi di origine animale qualificati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del 21 ottobre 2009, dal regolamento (UE) n. 142/2011 del 25 febbraio 2011, modificato dal regolamento (UE) n. 592/2014 del 3 giugno 2014, e da successivi regolamenti attuativi come sottoprodotti di origine animale o prodotti derivati che è possibile utilizzare nei processi di combustione, purchè:

     siano applicati i metodi di trasformazione, le condizioni di combustione e le altre condizioni prescritti per l'uso di tali materiali come combustibili dal regolamento (UE) n. 142/2011 del 25 febbraio 2011, modificato dal regolamento (UE) n. 592/2014 del 3 giugno 2014, e da successivi regolamenti attuativi del regolamento (CE) n. 1069/2009 del 21 ottobre 2009;

     i materiali rispettino i valori limite previsti dalla seguente tabella:

 

Proprietà

Unità di misura

Valori limite

Metodo di prova

 

 

 

 

Densità a 15 °C

(kg/m³)

850-970

ISO 6883

Densità a 60 °C

(kg/m³)

820-940

UNI EN ISO 3675

Viscosità a 50 °C

(cST)

Max. 100

UNI EN ISO 3104

Contenuto di acqua

(%m/m)

Max. 1

UNI EN ISO 12937

Ceneri

(%m/m)

Max. 0.05

ISO 6884

Sedimenti totali

(mg/kg)

Max. 1.500

ISO 10307-1

Potere Calorifico Inferiore

(MJ/kg)

Min. 33

ASTM-D 240

Punto di infiammabilità

°C

Min. 120

ISO 15267

Stabilità all'ossidazione 110°C

(h)

Min. 4

ISO 6886

Residuo carbonioso

(%m/m)

Max. 1,5

UNI EN ISO 10370

Acidità forte (SAN)

(mgKOH/g)

LR

ASTM-D 664

Zolfo

mg/kg

Max. 200

UNI EN ISO 20884

Solventi organici clorurati

mg/kg

LR

EN ISO 16035

Solventi idrocarburici (Esano)

mg/kg

Max. 300

UNI EN ISO 9832

 

     LR: il valore rilevato deve essere inferiore al limite di rilevabilità specifico per il metodo di analisi indicato

     L'utilizzo di tali materiali come combustibili è in tutti i casi escluso negli impianti termici civili di cui alla parte quinta, titolo II, del presente decreto.

 

h-bis) Farina di vinaccioli disoleata, avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dalla disoleazione dei vinaccioli con n-esano per l'estrazione di olio di vinaccioli e da successivo trattamento termico ed eventuali trattamenti meccanici e lavaggi, purchè tutti i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo stabilimento; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dello stabilimento stesso di produzione, devono risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al paragrafo 3.

 

Caratteristica

Unità

Valori minimi/massimi UNI 11459:2016

Metodi di analisi

 

 

 

 

Umidità

% (m di H2O/m totale)

≤ 15

UNI EN 14774-1/2/3

N-Esano

mg/kg

≤ 30

UNI 22609

Ceneri sul secco

% (m/m)

≤ 5,9

UNI EN 14775

Potere calorifico inferiore sul secco

MJ/kg ss

≥ 16,5

UNI EN 14918

Potere calorifico inferiore sul tal quale (umidità 15%)

MJ/kg tq

≥ 15,7

UNI EN 14918

Solventi organici clorurati

 

LR

UNI EN ISO 16035

 

LR: il valore misurato, espresso in mg/kg, deve essere minore del Limite di Rilevabilità specifico per il metodo di analisi indicato in colonna

 

h-ter) residui di legno derivanti da lavorazioni di tavole di legno incollato, pannelli di tavole incollate a strati incrociati, legno per falegnameria come definito dalla norma UNI EN 942, nel caso in cui siano rispettate tutte le seguenti condizioni:

1) il legno vergine e i residui di legno non hanno subito, oltre all'incollatura, trattamenti diversi da quelli meccanici, lavaggio con acqua ed essiccazione;

2) le schede di sicurezza dei prodotti utilizzati come induritori prescritte dalla vigente normativa, non indicano la presenza di metalli pesanti o composti alogenati;

3) i residui, a seguito del trattamento, sono conformi alle caratteristiche indicate nella seguente tabella:

 

Proprieta

Unità di misura

Valori limite

Umidità

(% m/m)

≤ 15

Additivi (collanti)

(% m/m)

≤ 2

Azoto

(% m/m)

≤ 1

Zolfo

(% m/m)

≤ 0,05

Cloro

(% m/m)

≤ 0,03

Arsenico

(mg/kg)

≤ 1

Cadmio

(mg/kg)

≤ 0,5

Cromo

(mg/kg)

≤ 10

Rame

(mg/kg)

≤ 10

Piombo

(mg/kg)

≤ 10

Mercurio

(mg/kg)

≤ 0,1

Nichel

(mg/kg)

≤ 10

Zinco

(mg/kg)

≤ 100

 

4) la combustione è effettuata nel rispetto delle condizioni previste dal paragrafo 4.

 

1-bis. Salvo il caso in cui i materiali elencati nel paragrafo 1 derivino da processi direttamente destinati alla loro produzione o ricadano nelle esclusioni dal campo di applicazione della parte quarta del presente decreto, la possibilità di utilizzare tali biomasse secondo le disposizioni della presente parte quinta è subordinata alla sussistenza dei requisiti previsti per i sottoprodotti dalla precedente parte quarta.

2. Condizioni di utilizzo

2.1 La conversione energetica della biomasse di cui al paragrafo 1 può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.

2.2 Modalità di combustione

Al fine di garantire il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente decreto, le condizioni operative devono essere assicurate, alle normali condizioni di esercizio, anche attraverso:

a) l'alimentazione automatica del combustibile (non obbligatoria se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto di cui al titolo I o di ciascun singolo focolare di cui al titolo II è inferiore o uguale a 1 MW);

b) il controllo della combustione, anche in fase di avviamento, tramite la misura e la registrazione in continuo, nella camera di combustione, della temperatura e del tenore di ossigeno, e la regolazione automatica del rapporto aria/combustibile (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto è inferiore o uguale a 3 MW);

c) l'installazione del bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto è inferiore o uguale a 6 MW);

d) la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso, della temperatura e delle concentrazioni di monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva è inferiore o uguale a 6 MW). La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi;

e) la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso, delle concentrazioni di polveri totali e carbonio organico totale (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva è inferiore o uguale a 20 MW);

f) la misurazione con frequenza almeno annuale della concentrazione negli effluenti gassosi delle sostanze per cui sono fissati specifici valori limite di emissione, ove non sia prevista la misurazione in continuo.

3. Norme per l'identificazione delle biomasse di cui al paragrafo 1, lettera f) e lettera h-bis)

3.1. La denominazione «sansa di oliva disoleata» o la denominazione «farina di vinaccioli disoleata», la denominazione e l'ubicazione dell'impianto di produzione, l'anno di produzione, nonché il possesso delle caratteristiche di cui alla tabella riportata al paragrafo 1 devono figurare:

a) in caso di imballaggio, su apposite etichette o direttamente sugli imballaggi;

b) in caso di prodotto sfuso, nei documenti di accompagnamento.

Nel caso di imballaggi che contengano quantitativi superiori a 100 kg è ammessa la sola iscrizione dei dati nei documenti di accompagnamento.

Un esemplare dei documenti di accompagnamento, contenente le informazioni prescritte, deve essere unito al prodotto e deve essere accessibile agli organi di controllo.

3.2. Le etichette o i dati stampati sull'imballaggio, contenenti tutte le informazioni prescritte, devono essere bene in vista. Le etichette devono essere inoltre fissate al sistema di chiusura dell'imballaggio. Le informazioni devono essere redatte almeno in lingua italiana, indelebili e chiaramente leggibili e devono essere nettamente separate da altre eventuali informazioni concernenti il prodotto.

3.3. In caso di prodotto imballato, l'imballaggio deve essere chiuso con un dispositivo o con un sistema tale che, all'atto dell'apertura, il dispositivo o il sigillo di chiusura o l'imballaggio stesso risultino irreparabilmente danneggiati.

3-bis. Condizioni di utilizzo delle biomasse di cui al paragrafo 1, lettera h-ter).

3-bis.1. L'utilizzo come combustibile è ammesso esclusivamente nello stabilimento in cui i residui di legno sono stati prodotti.

3-bis.2. In caso di combustione in impianti termici di potenza termica nominale non superiore a 500 kW, l'impianto deve essere dotato di certificazione di conformità alla classe 5 secondo la norma tecnica UNI EN 303-5:2012.

3-bis.3. In caso di combustione in impianti termici di potenza termica nominale superiore a 500 kW, l'impianto deve avere un rendimento non inferiore all'85 per cento e deve essere dotato di un dispositivo di regolazione della potenza e di un dispositivo di regolazione in continuo del processo di combustione tra loro coordinati.

3-bis.4. La tecnologia di combustione deve prevedere la regolazione automatica dell'alimentazione del combustibile e del ventilatore per il tiraggio forzato dell'aria secondaria.

3-bis.5. Restano ferme, per quanto non previsto dal presente paragrafo, le prescrizioni del paragrafo 2.2.

 

Sezione 5

Caratteristiche e condizioni di utilizzo degli idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio (parte I, sezione 1, paragrafo 4, lettera d))

1. Provenienza

Gli idrocarburi pesanti devono derivare dai processi di lavorazione del greggio (distillazione, processi di conversione e/o estrazione)

2. Caratteristiche degli idrocarburi pesanti e metodi di misura.

Gli idrocarburi pesanti devono avere le seguenti caratteristiche, da misurare con i pertinenti metodi:

 

 

Metodi di misura

Potere calorifico inferiore sul tal quale

min. 35.000 kJ/kg

 

Contenuto di ceneri sul tal quale

in massa max 1%

UNI EN ISO 6245

Contenuto di zolfo sul tal quale

in massa max 10%

UNI EN ISO 8754

3. Condizioni di impiego:

Gli idrocarburi pesanti possono essere impiegati solo previa gassificazione per l'ottenimento di gas di sintesi e alle seguenti condizioni:

3.1 II gas di sintesi può essere destinato alla produzione di energia elettrica in cicli combinati o nella combustione diretta (in caldaie e/o forni), in impianti con potenza termica nominale non inferiore a 50 MW localizzati nel comprensorio industriale in cui è prodotto. A tal fine si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti sono considerati, ai sensi dell'articolo 273, comma 9, come un unico impianto.

3.2 Gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere attrezzati per la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso in atmosfera, della temperatura, del tenore volumetrico di ossigeno, del tenore di vapore acqueo e delle concentrazioni di monossido di carbonio e degli ossidi di azoto; la misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi.

3.3 I valori limite di emissione nell'effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in ciclo combinato per la produzione di energia elettrica, riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 15%, sono i seguenti:

a) Polveri totali

10 mg/Nm3 (1)

b) Ossidi di azoto (espressi come NO2)

70 mg/Nm3 (1)

c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2)

60 mg/Nm3 (1)

d) Monossido di carbonio

50 mg/Nm3 (1) (come valore medio giornaliero)

(1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa

3.4 I valori limite di emissione nell'effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in forni e caldaie, non facenti parte dei cicli combinati, riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 3%, sono i seguenti:

a) Polveri totali

30 mg/Nm3 (1)

b) Ossidi di azoto (espressi come NO2)

200 mg/Nm3 (1)

c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2)

180 mg/Nm3 (1)

d) Monossido di carbonio

150 mg/Nm3 (1) (come valore medio giornaliero)

(1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa

 

Sezione 6

Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas

(parte I, sezione paragrafo 1, lettera r) e sezione 2, paragrafo 1, lettera n))

1. Provenienza:

Il biogas deve provenire dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche, quali per esempio effluenti di allevamento, prodotti agricoli o borlande di distillazione, purché tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. In particolare non deve essere prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica. Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti.

2. Caratteristiche

Il biogas deve essere costituito prevalentemente da metano e biossido di carbonio e con un contenuto massimo di composti solforati, espressi come solfuro di idrogeno, non superiore allo 0.1%v/v.

3. Condizioni di utilizzo

3.1 L'utilizzo del biogas è consentito nel medesimo comprensorio in cui tale biogas è prodotto.

3.2 Per gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere effettuati controlli almeno annuali dei valori di emissione ad esclusione di quelli per cui è richiesta la misurazione in continuo di cui al punto 3.3.

3.3 Se la potenza termica nominale complessiva è superiore a 6 MW, deve essere effettuata la misurazione e registrazione in continuo nell'effluente gassoso del tenore volumetrico di ossigeno, della temperatura, delle concentrazioni del monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (la misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi).

Sezione 7

CARATTERISTICHE E CONDIZIONI DI UTILIZZO DEL CSS-COMBUSTIBILE Parte I, sezione 1, paragrafo 10

La provenienza, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del CSS-Combustibile sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013.

 

 

Allegati alla Parte V bis

 

Allegato I

Attività che producono biossido di titanio [1624]

 

Parte 1

Valori limite per le emissioni nelle acque

1. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento al solfato (come media annuale): 550 kg di solfato per t di biossido di titano prodotto;

2. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro (come media annuale):

a) 130 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio naturale;

b) 228 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio sintetico;

c) 330 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza “slag”. In caso di scarico in acque salate (estuariali, costiere, d'altura) si può applicare un valore limite di 450 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza “slag”.

3. Per installazioni e stabilimenti che utilizzano il processo con cloruro e che utilizzano più di un tipo di minerale, i valori limite di emissione di cui al punto 2 si applicano in proporzione ai quantitativi di ciascun minerale utilizzato.

Parte 2

Valori limite per le emissioni nell'atmosfera

1. I valori limite di emissione espressi come in concentrazioni di massa per metro cubo (Nm3) sono calcolati a una temperatura di 273,15 K ad una pressione di 101,3 kPa.

2. Polveri: 50 mg/Nm3 come media oraria dalle fonti più importanti e 150 mg/Nm3 come media oraria dalle altre fonti.

3. Biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione, compresi gli aerosol acidi, calcolati come SO2 equivalente:

a) 6 kg per t di biossido di titanio prodotto come media annuale;

b) 500 mg/Nm3 come media oraria per gli impianti di concentrazione dell'acido di scarto.

4. Cloro, in caso di installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro:

a) 5 mg/Nm3 come media giornaliera;

b) 40 mg/Nm3 per qualsiasi intervallo di tempo.

Parte 3

Controllo delle emissioni

Il controllo delle emissioni nell'atmosfera comprende almeno il monitoraggio in continuo di:

a) biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione da impianti di concentrazione degli acidi di scarto in installazioni che utilizzano il procedimento al solfato;

b) cloro proveniente dalle fonti principali all'interno di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro;

c) polvere proveniente dalle fonti principali di installazioni e stabilimenti.

 

 

ALLEGATI ALLA PARTE VI

 

ALLEGATO 1

 

a) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

 

b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per l'indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;

 

c) Convenzione internazionale del 23 marzo 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall'inquinamento determinato dal carburante delle navi;

 

d) Convenzione internazionale del 3 maggio 1996 sulla responsabilità e l'indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose;

 

e) Convenzione del 10 ottobre 1989 sulla responsabilità civile per i danni causati durante il trasporto di materiali pericolosi su strada, ferrovia o battello di navigazione interna.

 

 

ALLEGATO 2

 

a) Convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell'energia nucleare e convenzione complementare di Bruxelles del 31 gennaio 1963;

 

b) Convenzione di Vienna del 21 maggio 1963 sulla responsabilità civile in materia di danni nucleari;

 

c) Convenzione di Vienna del 12 settembre 1997 sull'indennizzo complementare per danno nucleare;

 

d) Protocollo congiunto del 21 settembre 1988 relativo all'applicazione della convenzione di Vienna e della convenzione di Parigi;

 

e) Convenzione di Bruxelles del 17 dicembre 1971 relativa alla responsabilità civile derivante dal trasporto marittimo di sostanze nucleari.

 

 

ALLEGATO 3

 

Il presente allegato stabilisce un quadro comune da rispettare per scegliere le misure più appropriate cui attenersi per garantire la riparazione del danno ambientale.

 

 

1. Riparazione del danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti

 

La riparazione del danno ambientale, in relazione all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, è conseguita riportando l'ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa, da intendersi come segue:

 

a) riparazione "primaria": qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie;

 

b) riparazione "complementare": qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati;

 

c) riparazione "compensativa": qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo;

 

d) "perdite temporanee": perdite risultanti dal fatto che le risorse e/o i servizi naturali danneggiati non possono svolgere le loro funzioni ecologiche o fornire i servizi ad altre risorse naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o complementari non abbiano avuto effetto. Non si tratta di una compensazione finanziaria al pubblico.

 

Qualora la riparazione primaria non dia luogo a un ritorno dell'ambiente alle condizioni originarie, si intraprenderà la riparazione complementare. Inoltre, si intraprenderà la riparazione compensativa per compensare le perdite temporanee. La riparazione del danno ambientale, in termini di danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana.

 

1.1. Obiettivi di riparazione.

 

Finalità della riparazione primaria.

 

1.1.1. Lo scopo della riparazione primaria è quello di riportare le risorse naturali e/o i servizi danneggiati alle o verso le condizioni originarie.

 

Finalità della riparazione complementare.

 

1.1.2. Qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione complementare. Lo scopo della riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie. Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita.

 

Finalità della riparazione compensativa.

 

1.1.3. La riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico.

 

1.2. Individuazione di misure di riparazione

 

Individuazione di misure di riparazione primarie

 

1.2.1. Vanno prese in considerazione altre opzioni, ossia azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi brevi, o attraverso il ripristino naturale.

 

Individuazione di misure di riparazione complementare e compensativa

 

1.2.2. Nel determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa, occorre prendere in considerazione in primo luogo l'uso di metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione in primo luogo azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo, qualità e quantità di quelli danneggiati. Qualora ciò non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi di tipo alternativo. Per esempio, una riduzione della qualità potrebbe essere compensata da una maggiore quantità di misure di riparazione.

 

1.2.3. Se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione alternative. L'autorità a competente può prescrivere il metodo, ad esempio la valutazione monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.

 

Le misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero essere concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari rispecchino le preferenze e il profilo temporali delle misure di riparazione. Per esempio, a parità delle altre condizioni, più lungo è il periodo prima del raggiungimento delle condizioni originarie, maggiore è il numero delle misure di riparazione compensativa che saranno avviate.

 

1.3. Scelta delle opzioni di riparazione

 

1.3.1. Le opzioni ragionevoli di riparazione dovrebbero essere valutate, usando le migliori tecnologie disponibili, qualora siano definite, in base ai seguenti criteri:

 

- l'effetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;

 

- il costo di attuazione dell'opzione;

 

- la probabilità di successo di ciascuna opzione;

 

- la misura in cui ciascuna opzione impedirà danni futuri ed eviterà danni collaterali a seguito dell'attuazione dell'opzione stessa;

 

- la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni componente della risorsa naturale e/o del servizio;

 

- la misura in cui ciascuna opzione tiene conto dei pertinenti aspetti sociali, economici e culturali e di altri fattori specifici della località;

 

- il tempo necessario per l'efficace riparazione del danno ambientale;

 

- la misura in cui ciascuna opzione realizza la riparazione del sito colpito dal danno ambientale;

 

- il collegamento geografico al sito danneggiato.

 

1.3.2. Nel valutare le diverse opzioni di riparazione, possono essere scelte misure di riparazione primaria che non riportano completamente l'acqua o le specie e gli habitat naturali protetti danneggiati alle condizioni originarie o che li riportano più lentamente a tali condizioni. Questa decisione può essere presa soltanto se le risorse naturali e/o i servizi perduti sul sito primario a seguito della decisione sono compensati aumentando le azioni complementari o compensative per fornire un livello di risorse naturali e/o servizi simile a quello perduto. È il caso, per esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti forniti altrove a costo inferiore. Queste misure supplementari di riparazione sono determinate conformemente alle regole precisate nel punto 1.2.2.

 

1.3.3. In deroga alle disposizioni di cui al punto 1.3.2 e conformemente all'articolo 7, paragrafo 3, l'autorità competente può decidere di non intraprendere ulteriori misure di riparazione qualora:

 

a) le misure di riparazione già intraprese garantiscano che non esiste più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana, l'acqua, le specie e gli habitat naturali protetti e b) i costi delle misure di riparazione da adottare per raggiungere le condizioni originarie o un livello simile siano sproporzionati rispetto ai vantaggi ambientali ricercati.

 

2. Riparazione del danno al terreno

 

Si devono adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana. La presenza di tale rischio è valutata mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della caratteristica e della funzione del suolo, del tipo e della concentrazione delle sostanze, dei preparati, degli organismi o microrganismi nocivi, dei relativi rischi e della possibilità di dispersione degli stessi. L'utilizzo è calcolato sulla base delle normative sull'assetto territoriale o di eventuali altre normative pertinenti vigenti quando si è verificato il danno.

 

Se l'uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte le misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute umana. In mancanza di normative sull'assetto territoriale o di altre normative pertinenti, l'uso dell'area specifica del terreno è determinato, tenuto conto dello sviluppo previsto, dalla natura dell'area in cui si è verificato il danno. Va presa in considerazione un'opzione di ripristino naturale, ossia un'opzione senza interventi umani diretti nel processo di ripristino.

 

 

ALLEGATO 4

 

Il carattere significativo di un danno che produce effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di specie o habitat è da valutare in riferimento allo stato di conservazione, al momento del danno, ai servizi offerti dai valori ricreativi connessi e alla capacità di rigenerazione naturale. Gli effetti negativi significativi rispetto alle condizioni originarie dovrebbero essere determinati con dati misurabili, del tipo:

 

- numero degli individui, loro densità o area coperta;

 

- ruolo di determinati individui o dell'area danneggiata in relazione alla specie o alla conservazione dell'habitat, alla rarità della specie o dell'habitat (valutata a livello locale, regionale e più alto, anche a livello comunitario);

 

- capacità di propagazione della specie (secondo la dinamica propria alla specie o alla popolazione), sua vitalità o capacità di rigenerazione naturale dell'habitat (secondo le dinamiche proprie alle specie che lo caratterizzano o alle loro popolazioni);

 

- capacità della specie o dell'habitat, dopo che il danno si è verificato, di ripristinarsi in breve tempo, senza interventi diversi da misure di protezione rafforzate, in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell'habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.

 

Il danno con un provato effetto sulla salute umana deve essere classificato come significativo.

 

Non devono essere classificati come danni significativi:

 

- le variazioni negative inferiori alle fluttuazioni naturali considerate normali per la specie o l'habitat in questione;

 

- le variazioni negative dovute a cause naturali o risultanti da interventi connessi con la normale gestione dei siti, quale definita nei documenti di gestione o di indirizzo relativi all'habitat, o praticata anteriormente dai proprietari o dagli operatori;

 

- il danno a specie o habitat per i quali è stabilito che si ripristineranno entro breve tempo e senza interventi, o nelle condizioni originarie o in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell'habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.

 

 

ALLEGATO 5

 

1. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 96/61/Ce del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento. Include tutte le attività elencate nell'allegato I della direttiva 96/61/Ce, ad esclusione degli impianti o parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi.

 

2. Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali operazioni e i controlli successivi sui siti di smaltimento, soggetti ad autorizzazione o registrazione, conformemente alle direttive del Consiglio 75/442/Cee, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e 91/689/Cee, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi. Tali operazioni comprendono tra l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva del Consiglio 1999/31/Ce, del 26 aprile 1999, concernente le operazioni di discarica di rifiuti, e il funzionamento di impianti d'incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento di rifiuti.

 

3. Tutti gli scarichi nelle acque interne superficiali che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 76/464/Cee del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità.

 

4. Tutti gli scarichi di sostanze nelle acque sotterranee che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 80/68/Cee del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose.

 

5. Lo scarico o l'immissione di inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee che sono soggetti a permesso, autorizzazione o registrazione conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.

 

6. Estrazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.

 

7. Fabbricazione, uso, stoccaggio, trattamento, interramento, rilascio nell'ambiente e trasporto sul sito di:

 

a) sostanze pericolose definite nell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 67/548/Cee del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose;

 

b) preparati pericolosi definiti nell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 1999/45/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi;

 

c) prodotti fitosanitari definiti nell'articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 91/414/Cee del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari;

 

d) biocidi definiti nell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 98/8/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi in quantitativi superiori.

 

8. Trasporto per strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria di merci pericolose o di merci inquinanti definite nell'allegato A della direttiva 94/55/Ce del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada, o nell'allegato della direttiva 96/49/Ce del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia, o definite nella direttiva 93/75/Cee del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti.

 

9. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 84/360/Cee del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali relativamente al rilascio nell'aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da detta direttiva.

 

10. Qualsiasi uso confinato, compreso il trasporto, di microrganismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 90/219/Cee del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.

 

11. Qualsiasi rilascio deliberato nell'ambiente, trasporto e immissione in commercio di organismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 2001/18/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

12. Qualsiasi spedizione transfrontaliera di rifiuti all'interno dell'Unione europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, che necessiti di un'autorizzazione o sia vietata ai sensi del regolamento (Cee) n. 259/93 del Consiglio, del 1 febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio.

 

12-bis. La gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive [1625].

 

12-ter. Gestione dei siti di stoccaggio a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio [1626].


[1] Nel presente decreto, le parole, «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59», ovunque ricorrenti, sono state sostituite da: «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto» per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio», sono state sostituite da: «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono state sostituite da: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», le parole «Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite da: «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale», e la parola «APAT» è stata sostituita da: «ISPRA» per effetto dell'art. 4 dello stesso D.Lgs. 128/2010.

[2] Denominazione così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[3] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[4] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[5] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[6] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[7] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[8] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[9] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[10] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[11] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[12] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[13] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[14] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[15] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[16] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[17] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[18] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[19] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[20] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[21] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[22] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[23] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[24] Articolo inserito dall'art. 27 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[25] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, applicabile come ivi previsto dall'art. 23.

[26] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[27] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[28] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[29] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[30] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[31] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[32] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[33] Lettera già sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituita con le lett. b), b bis) e b ter) per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[34] La previgente lett. b) è stata così sostituita con le attuali lett. b), b bis) e b ter) per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[35] La previgente lett. b) è stata così sostituita con le attuali lett. b), b bis) e b ter) per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[36] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[37] Lettera già sostituita dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, ulteriormente sostituita con le lett. g) e g bis) per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23 e così modificata dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[38] La previgente lett. g) è stata così sostituita dalle attuali lett. g) e g bis) per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[39] Lettera abrogata dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[40] Lettera sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23 e così modificata dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[41] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[42] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[43] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[44] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[45] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[46] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[47] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[48] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[49] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[50] Lettera sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, già modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così ulteriormente modificata dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[51] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[52] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[53] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[54] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[55] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[56] Lettera modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[57] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[58] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[59] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[60] Lettera modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[61] Lettera già sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[62] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[63] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23 e così modificata dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[64] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[65] Lettera già modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, ulteriormente modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[66] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[67] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[68] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[69] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[70] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[71] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[72] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[73] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[74] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[75] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[76] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[77] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[78] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[79] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[80] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[81] Lettera aggiunta dall'art. 4 undecies del D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito dalla L. 30 dicembre 2008, n. 205.

[82] Lettera aggiunta dall'art. 8 del D.L. 29 marzo 2019, n. 27, convertito dalla L. 21 maggio 2019, n. 44.

[83] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[84] Lettera così modificata dall'art. 4 bis del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[85] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[86] Comma inserito dall'art. 25 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[87] Comma già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, modificato dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e così ulteriormente sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[88] Comma modificato dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[89] Comma già sostituito dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, ulteriormente sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23 e così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[90] Comma inserito dall'art. 18 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[91] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[92] Comma inserito dall'art. 25 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[93] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[94] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[95] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[96] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[97] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[98] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[99] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. La lett. f) è stata così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[100] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, sostituito dall'art. 35 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, modificato dall'art. 1, comma 239, della L. 28 dicembre 2015, n. 208 e così ulteriormente modificato dall'art. 2 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[101] Rubrica così sostituita dall'art. 4 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[102] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[103] Comma abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[104] Comma abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[105] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[106] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[107] Comma già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così ulteriormente sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[108] Comma così sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[109] Comma così sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[110] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[111] Articolo inserito dall'art. 5 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[112] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così sostituito dal'art. 18 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[113] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e abrogato dall'art. 18 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[114] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[115] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[116] Comma inserito dall'art. 25 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[117] Comma inserito dall'art. 25 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[118] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[119] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[120] Articolo sostituito dall'art. 6 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[121] Comma già modificato dall'art. 228 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108, dall'art. 17 del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, dall'art. 36 del D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito dalla L. 27 aprile 2022, n. 34, dall'art. 41 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41 e così ulteriormente modificato dall'art. 4 sexies del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[122] Comma così modificato dall'art. 12 del D.L. 16 giugno 2022, n. 68, convertito dalla L. 5 agosto 2022, n. 108.

[123] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, sostituito dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108, già modificato dall'art. 17 undecies del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, dall'art. 10 del D.L. 10 settembre 2021, n. 121, convertito dalla L. 9 novembre 2021, n. 156, dall'art. 17 del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, dall'art. 36 del D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito dalla L. 27 aprile 2022, n. 34, dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91, dall'art. 11 del D.L. 18 novembre 2022, n. 176, convertito dalla L. 13 gennaio 2023, n. 6, dall'art. 11 del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14, dall'art. 19 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41, dall'art. 4 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68, dall'art. 19 del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito dalla L. 10 agosto 2023, n. 112 e così ulteriormente modificato dall'art. 14 quinquies del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[124] Comma aggiunto dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[125] Comma aggiunto dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[126] Comma aggiunto dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[127] Comma aggiunto dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[128] Comma aggiunto dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[129] Comma inserito dall'art. 17 del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito dalla L. 28 marzo 2022, n. 25 e così sostituito dall'art. 36 del D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito dalla L. 27 aprile 2022, n. 34.

[130] Comma abrogato dall'art. 228 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

[131] Comma già modificato dall'art. 228 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 e così ulteriormente modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[132] Comma già modificato dall'art. 228 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, dall'art. 17 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108, dall'art. 17 undecies del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, dall'art. 12 del D.L. 16 giugno 2022, n. 68, convertito dalla L. 5 agosto 2022, n. 108, dall'art. 19 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41 e così ulteriormente modificato dall'art. 4 sexies del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[133] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[134] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[135] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[136] Comma così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127.

[137] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[138] Comma aggiunto dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[139] Rubrica così sostituita dall'art. 7 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[140] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[141] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[142] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[143] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, sostituito dall'art. 5 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[144] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[145] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[146] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[147] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[148] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[149] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[150] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[151] Comma così modificato dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[152] Comma inserito dall'art. 18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[153] Comma così modificato dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[154] Comma così sostituito dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[155] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[156] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[157] Comma già modificato dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così ulteriormente modificato dall'art. 18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[158] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[159] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[160] Comma così sostituito dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108. La lett. f) è stata abrogata dall'art. 18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[161] Comma inserito dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[162] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[163] Comma così modificato dall'art. 18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[164] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. La rubrica è stata così sostituita dall'art.18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[165] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 18 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[166] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[167] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[168] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[169] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[170] Alinea così modificato dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[171] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[172] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[173] Comma inserito dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[174] Comma inserito dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[175] Comma così modificato dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[176] Comma inserito dall'art. 28 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[177] Articolo già sostituito dall'art. 8 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104 e ulteriormente sostituito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[178] Comma così modificato dall'art. 19 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[179] Comma così modificato dall'art. 19 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[180] Comma così modificato dall'art. 19 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[181] Articolo già sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104 e ulteriormente sostituito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[182] Comma così modificato dall'art. 19 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[183] Articolo sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[184] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[185] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[186] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[187] Articolo così sostituito dall'art. 11 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[188] Articolo sostituito dall'art. 12 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[189] Lettera così modificata dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[190] Lettera aggiunta dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

[191] Lettera aggiunta dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91 e soppressa dall'art. 19 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41.

[192] Comma così modificato dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

[193] Comma così sostituito dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

[194] Comma già modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 21 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[195] Articolo sostituito dall'art. 13 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[196] Comma così sostituito dall'art. 21 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[197] Comma sostituito dall'art. 21 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così modificato dall'art. 36 del D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito dalla L. 27 aprile 2022, n. 34.

[198] Comma già modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 21 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[199] Comma così sostituito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[200] Articolo inserito dall'art. 13 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[201] Articolo sostituito dall'art. 14 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[202] Comma così sostituito dall'art. 20 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[203] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, sostituito dall'art. 20 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così modificato dall'art. 9 del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[204] Comma aggiunto dall'art. 20 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[205] Comma aggiunto dall'art. 20 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[206] Comma aggiunto dall'art. 20 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[207] Comma inserito dall'art. 19 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41.

[208] Lettera inserita dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[209] Comma così modificato dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91. Per una modifica del presente comma, vedi l'art. 12 del D.L. 2 marzo 2024, n. 19, in attesa di conversione.

[210] Articolo così sostituito dall'art. 15 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[211] Articolo inserito dall'art. 23 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[212] Articolo sostituito dall'art. 16 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[213] Comma così modificato dall'art. 22 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[214] Alinea così modificato dall'art. 22 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[215] Comma già modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 22 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[216] Comma sostituito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così modificato dall'art. 22 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[217] Comma sostituito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, già modificato dall'art. 22 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così ulteriormente modificato dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

[218] Comma sostituito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così modificato dall'art. 22 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[219] Articolo inserito dall'art. 16 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[220] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[221] Comma così modificato dall'art. 24 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[222] Comma già modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 24 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[223] Comma così sostituito dall'art. 24 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[224] Il comma 7 è stato così sostituito dagli attuali commi 7, 7 bis e 7 ter per effetto dell'art. 24 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[225] Il comma 7 è stato così sostituito dagli attuali commi 7, 7 bis e 7 ter per effetto dell'art. 24 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[226] Il comma 7 è stato così sostituito dagli attuali commi 7, 7 bis e 7 ter per effetto dell'art. 24 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[227] Articolo inserito dall'art. 33 del D.L. 9 agosto 2022, n. 115, convertito dalla L. 21 settembre 2022, n. 142.

[228] Comma inserito dall'art. 4 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[229] Articolo sostituito dall'art. 17 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[230] Comma già modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 26 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[231] Comma così modificato dall'art. 19 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41.

[232] Comma inserito dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[233] Articolo così sostituito dall'art. 18 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[234] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[235] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[236] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[237] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[238] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[239] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[240] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[241] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[242] Comma così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[243] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[244] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[245] Comma già modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così ulteriormente modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[246] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[247] Comma sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127.

[248] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[249] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[250] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[251] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[252] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[253] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[254] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[255] Lettera così modificata dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[256] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[257] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[258] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[259] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[260] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[261] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[262] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[263] Comma inserito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[264] Comma inserito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[265] Comma inserito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[266] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[267] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[268] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[269] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[270] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[271] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[272] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[273] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[274] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[275] Comma inserito dall'art. 71 del D.Lgs. 25 novembre 2022, n. 203.

[276] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[277] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[278] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[279] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[280] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[281] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[282] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[283] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[284] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[285] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[286] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[287] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[288] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[289] Comma così modificato dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[290] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[291] Alinea così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[292] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[293] Comma sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[294] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[295] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[296] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[297] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[298] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[299] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[300] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[301] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[302] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[303] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[304] Il Titolo III bis, artt. 29 bis - 29 quattuordecies, è stato inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. Il presente articolo è stato così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[305] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[306] Comma sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 8 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[307] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[308] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[309] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[310] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[311] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e così ulteriormente modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[312] Comma sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 20 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[313] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[314] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[315] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 20 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[316] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[317] Comma aggiunto dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[318] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[319] Comma aggiunto dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[320] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[321] Comma così sostituito dall'art. 21 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[322] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[323] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[324] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[325] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[326] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[327] Comma abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[328] Comma già modificato dall'art. 3 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così ulteriormente modificato dall'art. 4 del D.L. 1 marzo 2021, n. 22, convertito dalla L. 22 aprile 2021, n. 55.

[329] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[330] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[331] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[332] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[333] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[334] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[335] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[336] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[337] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. L'art. 35 dello stesso D.Lgs. 46/2014 ha contemporanamente abrogato il presente comma.

[338] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[339] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[340] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[341] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[342] L'originaria Parte Seconda, artt. 4 - 52, è stata sostituita dall'attuale Parte Seconda, artt. 4 - 36, per effetto dell'art. 1 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[343] Comma abrogato dall'art. 34 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[344] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[345] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[346] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[347] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[348] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[349] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[350] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[351] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[352] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[353] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[354] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[355] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[356] Lettera abrogata dall'art. 14 del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

[357] Comma così modificato dall'art. 14 del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

[358] Articolo abrogato dall'art. 14 del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90.

[359] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[360] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[361] Articolo abrogato dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[362] Comma modificato dall'art. 1 septies del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, convertito dalla L. 12 luglio 2006, n. 228 e così sostituito dall'art. 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17.

[363] Nella presente Parte, le parole «l'Autorità d'ambito» sono sostituite dalle seguenti: «l'ente di governo dell'ambito» e le parole «le Autorità d'ambito» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti di governo dell'ambito» per effetto dell'art 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[364] Lettera abrogata dall'art. 34 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[365] Lettera aggiunta dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[366] Lettera aggiunta dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[367] Numero così modificato dall'art. 23 del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[368] La Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 2009, n. 232, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato con il previo parere della Conferenza unificata.

[369] Articolo inserito dall'art. 4 del D.L. 1 marzo 2021, n. 22, convertito dalla L. 22 aprile 2021, n. 55.

[370] Comma così sostituito dall'art. 11 del D.L. 11 novembre 2022, n. 173, convertito dalla L. 16 dicembre 2022, n. 204.

[371] Comma così modificato dall'art. 11 del D.L. 11 novembre 2022, n. 173, convertito dalla L. 16 dicembre 2022, n. 204.

[372] Comma così modificato dall'art. 11 del D.L. 11 novembre 2022, n. 173, convertito dalla L. 16 dicembre 2022, n. 204.

[373] Comma così modificato dall'art. 2 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[374] Comma così sostituito dall'art. 11 del D.L. 11 novembre 2022, n. 173, convertito dalla L. 16 dicembre 2022, n. 204.

[375] La Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 2009, n. 232, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, nella parte in cui non prevede che le funzioni di programmazione e finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.

[376] La Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 2009, n. 232, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata.

[377] Articolo sostituito dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[378] Comma così modificato dall'art. 11 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[379] Articolo inserito dall'art. 11 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[380] Articolo così sostituito dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[381] Comma così modificato dall'art. 54 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[382] Comma aggiunto dall'art. 54 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[383] Comma aggiunto dall'art. 54 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[384] Articolo inserito dall'art. 59 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[385] Articolo inserito dall'art. 52 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[386] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[387] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[388] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[389] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[390] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[391] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[392] Per la sostituzione della presente lettera, vedi l'art. 9 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

[393] Lettera già sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 e così ulteriormente sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[394] Per la sostituzione della presente lettera, vedi l'art. 9 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

[395] Per la sostituzione della presente lettera, vedi l'art. 9 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

[396] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[397] Lettera abrogata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[398] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[399] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[400] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[401] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[402] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[403] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[404] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla L. 6 giugno 2008, n. 101.

[405] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla L. 6 giugno 2008, n. 101.

[406] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla L. 6 giugno 2008, n. 101.

[407] Articolo già sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 e così ulteriormente sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[408] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[409] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[410] Comma così sostituito dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[411] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[412] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[413] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 e così modificato dall'art. 16 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[414] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[415] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[416] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[417] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[418] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[419] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[420] Comma così modificato dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[421] Comma inserito dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[422] Comma così modificato dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[423] Comma così modificato dall'art. 2 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17.

[424] Comma così sostituito dall'art. 14 ter del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[425] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[426] Comma così modificato dall'art. 10 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[427] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[428] Comma inserito dall'art. 65 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[429] Comma così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[430] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

[431] Comma inserito dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[432] Comma inserito dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162.

[433] Comma aggiunto dall'art. 8 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[434] Comma già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente sostituito dall'art. 9 quater del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

[435] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[436] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[437] Comma così modificato dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[438] Comma inserito dall'art. 10 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[439]Comma così modificato dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[440] Periodo soppresso dall'art. 8 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[441] Comma aggiunto dall'art. 8 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[442] Comma così modificato dall'art. 2 del D.L. 10 settembre 2021, n. 121, convertito dalla L. 9 novembre 2021, n. 156.

[443] Comma aggiunto dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[444] Comma inserito dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[445] Comma inserito dall'art. 17 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[446] Comma inserito dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[447] Comma aggiunto dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[448] Comma così sostituito dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[449] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.

[450] Comma aggiunto dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[451] Lettera inserita dall'art. 2 del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

[452] Comma così modificato dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[453] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[454] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[455] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[456] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 9 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[457] Comma così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[458] Comma così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[459] Comma così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[460] Comma così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[461] Comma così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[462] Comma già modificato dall'art. 1 della L. 25 febbraio 2010, n. 36 e così ulteriormente modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[463] Comma inserito dall'art. 38 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[464] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[465] Comma inserito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164. La Corte costituzionale, con sentenza 10 marzo 2016, n. 51, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione di modifica, limitatamente alle parole «e dalle province autonome».

[466] Lettera modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così sostituita dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[467] Comma inserito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 e così modificato dall'art. 62 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[468] Comma inserito dall'art. 22 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[469] Per la soppressione delle autorità di cui al presente articolo, vedi l'art. 2, comma 186 bis, della L. 23 dicembre 2009, n. 191.

[470] La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 246, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede che «I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente».

[471] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[472] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[473] Articolo inserito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[474] Comma così modificato dall'art. 1, comma 615, della L. 23 dicembre 2014, n. 190.

[475] Articolo abrogato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[476] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 12 del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell'Autorità d'ambito per l'affidamento e l'aggiudicazione.

[477] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[478] Alinea così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[479] Lettera inserita dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[480] Lettera così modificata dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[481] Lettera così modificata dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[482] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[483] Comma abrogato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[484] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[485] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[486] Comma abrogato dall'art. 1 del D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, limitatamente alle parole: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito».

[487] Comma così modificato dall'art. 16 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[488] Comma aggiunto dall'art. 16 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[489] Comma così sostituito dall'art. 34 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

[490] La Corte costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 335, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi».

[491] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[492] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[493] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla L. 24 novembre 2006, n. 286.

[494] Articolo inserito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[495] Articolo abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284. Tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti contenuti nel presente decreto sono soppressi per effetto dello stesso art. 1, D.Lgs. 284/2006.

[496] Articolo abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

[497] Articolo così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Il Comitato di cui al presente articolo è stato soppresso dall'art. 9 bis del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla L. 24 giugno 2009, n. 77 e sostituito dalla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche. Per la parziale abrogazione del presente articolo, vedi l'art. 10, comma 26, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

[498] Comma così sostituito dall'art. 9 bis del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

[499] Il primo periodo del presente comma è stato soppresso dall'art. 9 bis del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

[500] Alinea così modificato dall'art. 9 bis del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

[501] Comma così modificato dall'art. 9 bis del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

[502] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito dalla L. 6 febbraio 2014, n. 6 e così modificato dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[503] Articolo inserito dall'art. 1, comma 821, della L. 30 dicembre 2021, n. 234.

[504] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, sostituito dall'art. 1 del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13 e così modificato dall'art. 51 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[505] Comma così modificato dall'art. 9 bis del D.L. 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla L. 24 giugno 2009, n. 77.

[506] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[507] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[508] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[509] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[510] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[511] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[512] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[513] Nel presente titolo, le parole "e assimilati", ovunque ricorrano, sono state soppresse dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[514] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[515] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[516] Articolo sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[517] Articolo inserito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[518] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[519] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[520] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[521] Lettera così modificata dall'art. 7 della L. 30 dicembre 2023, n. 214.

[522] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[523] Articolo sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[524] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[525] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[526] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[527] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[528] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[529] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[530] Articolo così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[531] Articolo inserito dall'art. 6 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[532] Comma inserito dall'art. 66 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[533] Articolo già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 7 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[534] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[535] Comma così modificato dall'art. 8 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[536] Comma così sostituito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[537] Comma inserito dall'art. 35 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[538] Comma così sostituito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[539] Comma così sostituito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[540] Comma abrogato dall'art. 2, comma 19, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nel testo previgente la modifica apportata dall'art. 9 quater del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210.

[541] Comma inserito dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[542] Comma abrogato dall'art. 8 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[543] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[544] Articolo inserito dall'art. 9 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[545] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[546] Articolo inserito dall'art. 9 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[547] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[548] Lettera abrogata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[549] Articolo già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e ulteriormente sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[550] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[551] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, già modificata dall'art. 2 della L. 17 maggio 2022, n. 60 e così ulteriormente modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[552] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[553] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[554] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[555] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[556] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[557] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[558] Lettera così modificata dall'art. 38 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[559] Lettera già modificata dall'art. 11 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125 e così ulteriormente modificata dall'art. 11 del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

[560] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[561] Lettera sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificata dall'art. 7 del D.L. 8 settembre 2021, n. 120, convertito dalla L. 8 novembre 2021, n. 155.

[562] Lettera così modificata dall'art. 11 del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

[563] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[564] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[565] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[566] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[567] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[568] Lettera aggiunta dall'art. 38 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[569] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[570] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[571] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[572] Comma così sostituito dall'art. 11 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[573] Comma sostituito dall'art. 11 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[574] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, modificato dall'art. 35 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 e così sostituito dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[575] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[576] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[577] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[578] Comma aggiunto dall'art. 11 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[579] Comma aggiunto dall'art. 11 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[580] Articolo inserito dall'art. 12 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[581] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[582] Comma aggiunto dall'art. 41 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 e abrogato dall'art. 31 del D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120.

[583] Articolo inserito dall'art. 12 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[584] Alinea così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[585] Lettera così sostituita dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

[586] Comma sostituito dall'art. 1 del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128 e così modificato dall'art. 34 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[587] Comma inserito dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128.

[588] Comma inserito dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128. Il secondo e il terzo periodo sono stati soppressi dall'art. 34 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[589] Comma inserito dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128 e abrogato dall'art. 34 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[590] Comma inserito dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128 e abrogato dall'art. 34 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[591] Comma inserito dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[592] Comma inserito dall'art. 14 bis del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito dalla L. 2 novembre 2019, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[593] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[594] Articolo inserito dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[595] Comma aggiunto dall'art. 4 del D.L. 10 settembre 2021, n. 121, convertito dalla L. 9 novembre 2021, n. 156 e così modificato dall'art. 19 del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[596] Comma aggiunto dall'art. 4 del D.L. 10 settembre 2021, n. 121, convertito dalla L. 9 novembre 2021, n. 156 e abrogato dall'art. 19 del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[597] Articolo già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, modificato dall'art. 20 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, dall'art. 1 del D.L. 8 luglio 2010, n. 105, convertito dalla L. 13 agosto 2010, n. 129 e ulteriormente sostituito dall'art. 13 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[598] Lettera così sostituita dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162.

[599] Per un'interpretazione autentica della presente lettera, vedi l'art. 3 del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

[600] Lettera così modificata dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108. Per un'interpretazione autentica della presente lettera, vedi l'art. 3 del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

[601] Lettera già modificata dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così ulteriormente modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[602] Lettera sostituita dall'art. 41 della L. 28 luglio 2016, n. 154, dall'art. 20 della L. 3 maggio 2019, n. 37, già modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, dall'art. 39 quater del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 e così ulteriormente modificata dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[603] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[604] Comma così modificato dall'art. 7 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[605] Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 3 del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

[606] Comma aggiunto dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[607] Comma aggiunto dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[608] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[609] Articolo sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, con la decorrenza ivi prevista.

[610] Alinea così modificato dall'art. 20 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[611] Comma aggiunto dall'art. 8 ter del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

[612] Comma aggiunto dall'art. 8 ter del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13 e così modificato dall'art. 14 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[613] Articolo sostituito dall'art. 15 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[614] Comma inserito dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[615] Comma aggiunto dall'art. 49 della L. 28 dicembre 2015, n. 221. La Corte costituzionale, con sentenza 12 aprile 2017, n. 75, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 49, L. 221/2015.

[616] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[617] Comma già modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[618] Articolo inserito dall'art. 16 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116. L'art. 16, D.Lgs. 205/2010, è stato abrogato dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[619] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[620] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[621] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[622] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[623] Lettera così modificata dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[624] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[625] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[626] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[627] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[628] Articolo inserito dall'art. 16 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116. L'art. 16, D.Lgs. 205/2010, è stato abrogato dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[629] Comma così sostituito dall'art. 11 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125. La disposizione di modifica è stata abrogata dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[630] Comma così sostituito dall'art. 11 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125. La disposizione di modifica è stata abrogata dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[631] Comma sostituito dall'art. 11 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125 e così modificato dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221. La prima disposizione di modifica è stata abrogata dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[632] Comma abrogato dall'art. 11 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

[633] Articolo così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[634] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[635] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[636] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[637] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[638] Comma così modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[639] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[640] Comma già modificato dall'art. 44 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[641] Comma così modificato dall'art. 44 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[642] Comma così modificato dall'art. 9 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito dalla L. 14 luglio 2008, n. 123.

[643] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[644] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[645] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[646] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[647] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[648] Comma così modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[649] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[650] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[651] Articolo sostituito dall'art. 17 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[652] Comma così modificato dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35. Il terzo periodo è stato soppresso dall'art. 9 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44.

[653] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[654] Articolo inserito dall'art. 1, comma 1135, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e abrogato dall'art. 50 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.

[655] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[656] Lettera inserita dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[657] Lettera inserita dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[658] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[659] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[660] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[661] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[662] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[663] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[664] Lettera così modificata dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[665] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[666] Lettera sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, modificata dall'art. 5 del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, dall'art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166, dall'art. 14 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 e abrogata dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[667] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[668] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[669] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[670] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[671] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[672] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[673] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[674] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[675] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[676] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[677] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[678] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[679] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[680] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[681] Le previgenti lettere da f) a s-bis) (che era stata aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sono state sostituite dalle attuali lettere da f) a v) per effetto dell'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[682] Comma così modificato dall'art. 18 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[683] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[684] Lettera così sostituita dall'art. 12 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[685] Alinea così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[686] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[687] Comma così modificato dall'art. 19 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[688] Comma inserito dall'art. 19 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[689] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[690] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[691] Lettera abrogata dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[692] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[693] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[694] Lettera abrogata dall'art. 25 del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[695] Articolo sostituito dall'art. 20 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[696] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[697] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[698] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[699] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[700] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[701] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[702] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[703] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[704] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[705] Lettera aggiunta dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[706] Comma inserito dall'art. 25 del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[707] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[708] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[709] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[710] Comma sostituito dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[711] Comma aggiunto dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[712] Per la soppressione delle autorità di cui al presente articolo, vedi l'art. 2, comma 186 bis, della L. 23 dicembre 2009, n. 191.

[713] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 12 del D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell'Autorità d'ambito per l'affidamento e l'aggiudicazione.

[714] Comma inserito dall'art. 14 della L. 5 agosto 2022, n. 118.

[715] Comma inserito dall'art. 14 della L. 5 agosto 2022, n. 118.

[716] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[717] La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 249, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui disciplina l'esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti.

[718] Alinea già modificato dall'art. 21 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente modificato dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[719] Comma inserito dall'art. 21 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[720] Comma inserito dall'art. 21 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[721] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[722] Comma così sostituito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[723] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[724] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[725] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[726] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[727] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[728] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[729] Comma inserito dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[730] Comma così modificato dall'art. 32 della L. 28 dicembre 2015, n. 221. La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 249, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui assoggetta ad una previa intesa con il Ministro dell'ambiente l'adozione delle leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti.

[731] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[732] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[733] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[734] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[735] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[736] Articolo così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[737] Comma così sostituito dall'art. 8 quater del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13.

[738] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. La rubrica è stata così sostituita dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221. L'art. 2, comma 29 bis, del D.Lgs. 4/2008 è stato abrogato dall'art. 37 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 201.

[739] Comma già modificato dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così ulteriormente modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[740] Comma abrogato dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[741] Comma abrogato dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[742] Comma così sostituito dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[743] Comma inserito dall'art. 22 del D.L. 23 settembre 2022, n. 144, convertito dalla L. 17 novembre 2022, n. 175.

[744] Comma abrogato dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[745] Comma già modificato dall'art. 29 della L. 28 dicembre 2015, n. 221, dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così ulteriormente modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[746] Articolo inserito dall'art. 23 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[747] Articolo inserito dall'art. 23 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[748] Articolo inserito dall'art. 23 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[749] Articolo inserito dall'art. 23 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[750] Articolo abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

[751] Comma così sostituito dall'art. 13 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[752] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[753] Lettera così modificata dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[754] Comma così modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[755] Comma così modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[756] Lettera così modificata dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[757] Lettera così modificata dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[758] Lettera così sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[759] Lettera così modificata dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[760] Lettera così modificata dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[761] Lettera così sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[762] Lettera così modificata dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[763] Comma inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[764] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente modificato dall'art. 13 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[765] Comma inserito dall'art. 13 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[766] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[767] Comma così modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[768] Comma già modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[769] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[770] Comma inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[771] Comma inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[772] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[773] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[774] Comma inserito dall'art. 37 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[775] Comma abrogato dall'art. 22 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[776] Comma così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[777] Comma sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 14 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[778] Comma così modificato dall'art. 23 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[779] Comma aggiunto dall'art. 23 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[780] Articolo abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[781] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[782] Parole soppresse dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[783] Alinea così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[784] Comma così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[785] Comma così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[786] Comma aggiunto dall'art. 24 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[787] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[788] Lettera abrogata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[789] Lettera abrogata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[790] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[791] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[792] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[793] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[794] Comma già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, modificato dall'art. 4 quinquies del D.L. 3 novembre 2008, n. 171, convertito dalla L. 30 dicembre 2008, n. 205 e così ulteriormente sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[795] Comma già sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[796] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[797] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[798] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[799] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[800] Comma già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[801] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[802] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[803] Comma sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[804] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[805] Comma così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[806] Comma inserito dall'art. 11 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

[807] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[808] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[809] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[810] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[811] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[812] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[813] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[814] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[815] Comma abrogato dall'art. 25 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[816] Comma abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[817] Articolo così sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[818] Comma inserito dall'art. 37 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[819] Alinea così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[820] Articolo inserito dall'art. 28 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[821] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[822] Comma già modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così ulteriormente modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[823] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 29 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[824] Alinea così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[825] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[826] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[827] Alinea così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[828] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[829] Comma così sostituito dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[830] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[831] Comma inserito dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[832] Comma inserito dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[833] Comma aggiunto dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[834] Comma aggiunto dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[835] Comma aggiunto dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[836] Comma aggiunto dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[837] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[838] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[839] Comma abrogato dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[840] Comma abrogato dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[841] Comma abrogato dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[842] Comma abrogato dall'art. 30 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[843] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[844] Articolo inserito dall'art. 31 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[845] Comma così sostituito dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[846] Comma così modificato dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[847] Articolo inserito dall'art. 31 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così sostituito dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[848] Rubrica così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[849] Comma già modificato dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123 e così ulteriormente modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[850] Comma così modificato dall'art. 23 della L. 29 luglio 2015, n. 115.

[851] Comma aggiunto dall'art. 23 della L. 29 luglio 2015, n. 115.

[852] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[853] Lettera inserita dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[854] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[855] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[856] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[857] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[858] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[859] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[860] Lettera modificata dall'art. 23 della L. 29 luglio 2015, n. 115 e abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[861] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[862] Lettera così modificata dall'art. 23 della L. 29 luglio 2015, n. 115.

[863] Lettera così modificata dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[864] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123 e così modificata dall'art. 15 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196.

[865] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[866] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[867] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[868] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[869] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[870] Lettera aggiunta dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[871] Comma inserito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[872] Lettera inserita dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[873] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[874] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[875] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[876] Comma inserito dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[877] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[878] Comma inserito dall'art. 11 del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15.

[879] Comma inserito dall'art. 9 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[880] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[881] Articolo inserito dall'art. 39 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[882] Comma così modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[883] Comma inserito dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[884] Comma così sostituito dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[885] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 5 del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[886] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[887] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[888] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[889] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[890] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[891] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[892] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[893] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[894] Articolo inserito dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[895] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[896] Lettera modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così sostituita dall'art. 26 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.

[897] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[898] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 5 del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 13, dall'art. 26 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, dall'art. 1, comma 120, della L. 4 agosto 2017, n. 124, dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[899] Comma sostituito dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[900] Comma abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[901] Comma abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[902] Comma abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[903] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[904] Articolo inserito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[905] Comma così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[906] Comma così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[907] Comma così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[908] Comma inserito dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[909] Lettera così modificata dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[910] Comma così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[911] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[912] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificato dall'art. 9 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[913] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[914] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[915] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[916] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[917] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[918] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[919] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[920] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[921] Comma già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente sostituito dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[922] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[923] Comma modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[924] Comma così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[925] Comma già modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, dall'art. 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17, dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[926] Lettera già modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificata dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[927] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[928] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[929] Lettera già modificata dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123 e così ulteriormente modificata dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[930] Lettera già modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così ulteriormente modificata dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[931] Lettera aggiunta dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[932] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, già modificato dall'art. 14 della L. 5 agosto 2022, n. 118 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[933] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[934] Comma inserito dall'art. 25 bis del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[935] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[936] Comma abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[937] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[938] Comma sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[939] Comma così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[940] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così ulteriormente modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[941] Comma abrogato dall'art. 6 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[942] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[943] Comma così modificato dall'art. 23 della L. 29 luglio 2015, n. 115.

[944] Articolo inserito dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[945] Articolo inserito dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[946] Articolo inserito dall'art. 1, comma 802, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[947] Comma abrogato dall'art. 15 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196.

[948] Comma abrogato dall'art. 15 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196.

[949] Comma abrogato dall'art. 15 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196.

[950] Articolo così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[951] Comma già modificato dall'art. 32 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente modificato dall'art. 1, comma 751, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[952] Comma così modificato dall'art. 8 bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[953] Comma così modificato dall'art. 32 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[954] Comma inserito dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 e così modificato dall'art. 1, comma 751, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[955] Articolo abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[956] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[957] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[958] Periodo soppresso dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[959] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[960] Comma abrogato dall'art. 1, comma 1120, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.

[961] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[962] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[963] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[964] Comma già sostituito dall'art. 33 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e così ulteriormente sostituito dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[965] Comma così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 98, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 7.

[966] Comma abrogato dall'art. 48 del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[967] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[968] Articolo inserito dall'art. 40 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[969] Articolo inserito dall'art. 40 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[970] Rubrica così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[971] Nel presente articolo, la parola: «Consorzi» è sostituita con la parola: «Consorzio» per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[972] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[973] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[974] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[975] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[976] Periodo soppresso dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[977] Rubrica così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[978] Nel presente articolo, la parola: «Consorzi» è sostituita con la parola: «Consorzio» per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[979] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[980] Comma già sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, ulteriormente sostituito dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e abrogato dall'art. 35 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[981] Comma sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e così modificato dall'art. 35 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[982] Periodo soppresso dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[983] Lettera così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[984] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[985] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[986] Comma così modificato dall'art. 35 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[987] Rubrica così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[988] Articolo abrogato dall'art. 29 del D.Lgs. 20 novembre 2008, n. 188. Nel presente articolo, la parola: «Consorzi» è sostituita con la parola: «Consorzio» per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[989] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[990] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[991] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Il testo previgente recava: " I consorzi di cui al comma 1, contestualmente alla comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, devono trasmettere copia della comunicazione stessa al consorzio di cui all'articolo 9-quinquies, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, come modificato dal presente decreto. Alla violazione dell'obbligo si applicano le medesime sanzioni previste per la mancata comunicazione di cui al citato articolo 189, comma 3".

[992] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[993] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[994] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[995] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[996] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[997] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. Il testo previgente recava: "Al fine di assicurare, ai consorzi, i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita delle batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte dei produttori e degli importatori delle batterie stesse, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori verseranno direttamente ai consorzi i proventi del sovrapprezzo".

[998] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[999] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1000] Comma modificato dall'art. 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17 e soppresso dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1001] Rubrica così modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1002] Nel presente articolo, la parola: «Consorzi» è sostituita con la parola: «Consorzio» per effetto dell'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1003] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1004] Comma modificato dall'art. 5 del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17 e così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1005] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1006] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1007] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1008] Periodo soppresso dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1009] Lettera così sostituita dall'art. 13 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

[1010] Lettera così sostituita dall'art. 13 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

[1011] Lettera inserita dall'art. 13 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

[1012] Lettera inserita dall'art. 13 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

[1013] Lettera inserita dall'art. 13 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

[1014] Periodo soppresso dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1015] Articolo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1016] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[1017] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[1018] Alinea così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[1019] Comma così modificato dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[1020] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1021] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1022] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1023] Lettera così modificata dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1024] Lettera così modificata dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1025] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1026] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1027] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1028] Lettera così modificata dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1029] Comma aggiunto dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1030] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1031] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1032] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1033] Comma inserito dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1034] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1035] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1036] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1037] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1038] Comma così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1039] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1040] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1041] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1042] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1043] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1044] Comma così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1045] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1046] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1047] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1048] Il Titolo III bis, artt. 237 bis - 237 duovicies, è stato inserito dall'art. 15 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1049] Comma già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e così ulteriormente sostituito dall'art. 14 della L. 5 agosto 2022, n. 118.

[1050] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

[1051] La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 247, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che, prima dell'adozione del regolamento da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.

[1052] Articolo inserito dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1053] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[1054] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[1055] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[1056] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[1057] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[1058] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205.

[1059] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205 e così modificato dall'art. 66 bis del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1060] Comma inserito dall'art. 1, comma 304, della L. 27 dicembre 2017, n. 205 e abrogato dall'art. 1, comma 623, della L. 27 dicembre 2019, n. 160.

[1061] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1062] Comma sostituito dall'art. 40 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, già modificato dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, dall'art. 34 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 e così ulteriormente modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1063] Comma inserito dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1064] Comma così modificato dall'art. 40 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[1065] Il terzo e il quarto periodo sono stati soppressi dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1066] Comma aggiunto dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1067] Comma aggiunto dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1068] Articolo inserito dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1069] Comma così modificato dall'art. 34 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[1070] Comma inserito dall'art. 34 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[1071] Articolo inserito dall'art. 52 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1072] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1073] Comma inserito dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1074] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1075] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1076] Comma inserito dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1077] Articolo sostituito dall'art. 41 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

[1078] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1079] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1080] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1081] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1082] Comma aggiunto dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1083] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1084] Comma aggiunto dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così modificato dall'art. 23 del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[1085] Lettera aggiunta dall'art. 36 bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

[1086] Comma inserito dall'art. 36 bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

[1087] Comma già modificato dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1088] Comma già modificato dall'art. 57 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e così ulteriormente modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1089] Comma inserito dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1090] Comma inserito dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1091] Comma inserito dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e abrogato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1092] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1093] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1094] Comma abrogato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1095] Comma inserito dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1096] Comma aggiunto dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1097] Comma aggiunto dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1098] Comma aggiunto dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1099] Comma aggiunto dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1100] Articolo inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e sostituito dall'art. 4 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

[1101] Comma così modificato dall'art. 2 del D.L. 5 gennaio 2015, n. 1, convertito dalla L. 4 marzo 2015, n. 20.

[1102] Comma così modificato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1103] Comma abrogato dall'art. 37 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1104] Comma così modificato dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1105] Comma così sostituito dall'art. 6 ter del D.L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito dalla L. 9 ottobre 2023, n. 137.

[1106] Comma inserito dall'art. 40 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1107] Alinea così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1108] Comma così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1109] Comma così modificato dall'art. 14 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1110] Comma così modificato dall'art. 15 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196.

[1111] Articolo inserito dall'art. 3 del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136, convertito dalla L. 6 febbraio 2014, n. 6.

[1112] Comma così modificato dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1113] Comma così sostituito dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1114] Articolo sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1115] Comma così modificato dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1116] Comma inserito dall'art. 8 quater del D.L. 18 ottobre 2023, n. 145, convertito dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191.

[1117] Articolo abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21.

[1118] Comma aggiunto dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1119] Articolo inserito dall'art. 36 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. L'art. 36, D.Lgs. 205/2010, è stato abrogato dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[1120] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

[1121] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

[1122] Articolo inserito dall'art. 36 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. L'art. 36, D.Lgs. 205/2010, è stato abrogato dall'art. 6 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

[1123] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121.

[1124] Comma già modificato dall'art. 26 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 e così ulteriormente modificato dall'art. 11 della L. 28 luglio 2016, n. 154.

[1125] Comma così modificato dall'art. 15 del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 196.

[1126] Comma aggiunto dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[1127] Comma aggiunto dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[1128] Comma aggiunto dall'art. 9 bis del D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla L. 3 agosto 2017, n. 123.

[1129] Articolo inserito dall'art. 16 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1130] Comma così modificato dall'art. 34 del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150.

[1131] Comma inserito dall'art. 17 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1132] Comma aggiunto dall'art. 40 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1133] Lettera abrogata dall'art. 2, comma 44, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, fatto salvo quanto ivi previsto.

[1134] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 28.

[1135] Articolo inserito dall'art. 37 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[1136] Articolo inserito dall'art. 37 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1137] Articolo inserito dall'art. 37 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1138] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1139] Comma sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213 e così modificato dall'art. 12 del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.

[1140] La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 247, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non prevede che, prima dell'adozione del decreto ministeriale da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997.

[1141] Comma soppresso dall'art. 26 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.

[1142] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1143] Comma abrogato dall'art. 7 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1144] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1145] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 18 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1146] Comma già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituito dall'art. 18 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1147] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1148] Lettera già sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1149] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1150] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1151] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1152] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1153] Lettera inserita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1154] Lettera inserita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1155] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1156] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1157] Lettera inserita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, sostituita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1158] Lettera già sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1159] Lettera modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1160] Lettera già sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, modificata dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 e così ulteriormente sostituita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1161] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1162] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1163] Punto così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1164] Periodo aggiunto dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1165] Lettera inserita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1166] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1167] Lettera sostituita dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1168] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1169] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1170] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1171] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1172] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1173] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1174] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1175] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1176] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1177] Lettera così modificata dall'art. 19 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1178] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1179] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1180] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1181] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1182] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1183] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1184] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1185] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1186] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1187] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1188] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1189] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1190] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1191] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1192] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1193] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1194] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1195] Rubrica così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1196] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1197] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1198] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1199] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1200] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 11 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59 e così ulteriormente modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127.

[1201] Lettera già modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1202] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1203] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 20 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1204] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1205] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1206] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 20 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1207] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1208] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1209] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1210] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1211] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1212] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1213] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1214] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1215] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1216] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1217] Rubrica così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1218] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1219] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1220] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1221] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1222] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1223] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1224] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1225] Comma aggiunto dall'art. 20 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1226] Rubrica così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1227] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1228] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1229] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1230] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1231] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1232] Comma inserito dall'art. 30 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1233] Comma inserito dall'art. 30 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1234] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1235] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1236] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1237] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1238] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1239] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1240] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1241] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1242] Comma già modificato dall'art. 21 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, ulteriormente modificato dall'art. 30 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1243] Comma già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, modificato dall'art. 21 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così ulteriormente sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1244] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, già modificato dall'art. 21 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1245] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1246] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1247] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1248] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1249] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1250] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1251] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1252] Comma già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1253] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1254] Comma sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1255] Comma inserito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1256] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1257] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1258] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1259] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1260] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1261] Comma inserito dall'art. 8 del D.L. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito dalla L. 25 febbraio 2016, n. 21.

[1262] Comma inserito dall'art. 8 del D.L. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito dalla L. 25 febbraio 2016, n. 21.

[1263] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1264] Comma aggiunto dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1265] Comma sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1266] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1267] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1268] Comma già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1269] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1270] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1271] Comma modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1272] Lettera così sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1273] Lettera abrogata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1274] Lettera abrogata dall'art. 34 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1275] Lettera aggiunta dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1276] Comma inserito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 34 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1277] Comma aggiunto dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162 e così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1278] Comma aggiunto dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162.

[1279] Articolo inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1280] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1281] Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1282] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1283] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1284] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1285] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1286] Rubrica così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1287] Articolo così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1288] Comma abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1289] Il primo periodo del presente comma è stato soppresso dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1290] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1291] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1292] Comma così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1293] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1294] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1295] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1296] Comma inserito dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1297] Comma già modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1298] Comma modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1299] Comma abrogato dall'art. 34 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1300] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1301] Comma così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1302] Comma così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1303] Alinea così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1304] Comma modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 34 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1305] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1306] Comma inserito dall'art. 24 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1307] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1308] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1309] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1310] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1311] Articolo modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1312] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1313] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1314] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1315] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1316] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, già modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1317] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1318] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1319] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1320] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1321] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1322] Articolo così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1323] Alinea così modificato dall'art. 11 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

[1324] Comma modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1325] Comma modificato dall'art. 1 del D.L. 30 ottobre 2007, n. 180, convertito dalla L. 19 dicembre 2007, n. 243, dall'art. 32 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, dall'art. 8 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25, sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1326] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 11 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

[1327] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, già modificato dall'art. 11 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1328] Comma modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 24 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[1329] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1330] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 11 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

[1331] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1332] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1333] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1334] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 11 del D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59.

[1335] Articolo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1336] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1337] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1338] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1339] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1340] Lettera inserita dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1341] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1342] Lettera sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, già modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1343] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1344] Lettera già modificata dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1345] Articolo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1346] Comma già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1347] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1348] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1349] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1350] Articolo già sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 34 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e ulteriormente sostituito dall'art. 11 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1351] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1352] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1353] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1354] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1355] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1356] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1357] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1358] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1359] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2009, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, limitatamente alle parole «senza necessità dell'esame di cui al comma 1».

[1360] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1361] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1362] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1363] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1364] Lettera già sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1365] Lettera così sostituita dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1366] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1367] Comma inserito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1368] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1369] Comma già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così ulteriormente modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1370] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1371] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1372] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1373] Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1374] Comma abrogato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1375] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1376] Comma sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1377] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1378] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

[1379] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

[1380] Numero così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1381] Numero così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1382] Lettera così sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

[1383] Lettera già sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55 e così ulteriormente sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1384] Lettera già sostituita dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55 e così ulteriormente sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1385] Lettera abrogata dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

[1386] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1387] Articolo così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

[1388] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1389] Articolo sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1390] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1391] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1392] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

[1393] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1394] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1395] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1396] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1397] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1398] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1399] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1400] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1401] Comma abrogato dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

[1402] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1403] Alinea così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1404] Lettera abrogata dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

[1405] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1406] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1407] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1408] Alinea così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1409] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1410] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1411] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1412] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1413] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1414] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1415] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1416] Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1417] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1418] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1419] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1420] Comma inserito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1421] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1422] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1423] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1424] Articolo sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

[1425] Alinea così modificato dall'art. 11 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1426] Lettera così modificata dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1427] Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 55.

[1428] Alinea così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1429] Lettera così modificata dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1430] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1431] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1432] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1433] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1434] Comma così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112.

[1435] Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1436] Comma aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205.

[1437] Comma aggiunto dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così modificato dall'art. 5 del D.L. 9 dicembre 2023, n. 181, convertito dalla L. 2 febbraio 2024, n. 11.

[1438] La Parte V bis, art. 298 bis, è stata inserita dall'art. 25 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1439] Rubrica così modificata dall'art. 50 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1440] Rubrica così modificata dall'art. 50 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1441] La Parte V bis, art. 298 bis, è stata inserita dall'art. 25 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. L'art. 298 bis era già stato inserito dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1442] Comma inserito dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1443] Comma inserito dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1444] Comma così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1445] Comma inserito dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1446] Comma aggiunto dall'art. 50 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1447] Comma aggiunto dall'art. 50 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1448] Articolo inserito dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1449] Comma così modificato dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1450] Comma così modificato dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1451] Lettera così sostituita dall'art. 33 del D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 145.

[1452] Lettera già modificata dall'art. 5 bis del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e così ulteriormente modificata dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1453] Lettera abrogata dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1454] Articolo inserito dall'art. 31 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1455] Comma così modificato dall'art. 53 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1456] Comma così modificato dall'art. 4 dell'Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

[1457] Rubrica così modificata dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1458] Comma modificato dall'art. 5 bis del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e così sostituito dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1459] Comma modificato dall'art. 5 bis del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166 e così sostituito dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1460] Comma così modificato dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1461] Il secondo e terzo periodo sono stati soppressi dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1462] Comma così modificato dall'art. 4 dell'Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

[1463] Comma così sostituito dall'art. 25 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1464] Comma abrogato dall'art. 5 bis del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

[1465] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1466] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1467] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1468] Comma aggiunto dall'art. 26 bis del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[1469] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1470] Comma così sostituito dall'art. 26 bis del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla L. 29 giugno 2022, n. 79.

[1471] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1472] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1473] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1474] La Parte VI bis, artt. 318 bis - 318 octies, è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 22 maggio 2015, n. 68.

[1475] Nella presente Parte, gli allegati da I a V sono stati sostituiti con gli allegati da I a VII dall'art. 4 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1476] Allegato inserito dall'art. 18 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1477] Punto inserito dall'art. 3 del D.L. 29 maggio 2023, n. 57, convertito dalla L. 26 luglio 2023, n. 95.

[1478] Allegato modificato dall'art. 42 della L. 23 luglio 2009, n. 99. Testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, applicabile come ivi previsto dall'art. 23.

[1479] Paragrafo già modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23, dall'art. 31 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così ulteriormente modificato dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

[1480] Punto così modificato dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1481] Punto soppresso dall'art. 10 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

[1482] Punto inserito dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, già modificato dall'art. 8 della L. 28 dicembre 2015, n. 221 e così ulteriormente modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1483] Punto inserito dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e abrogato dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1484] Punto inserito dall'art. 41 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41.

[1485] Punto modificato dall'art. 38 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 e così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1486] Punto inserito dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162 e così sostituito dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1487] Punto inserito dall'art. 41 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 e così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1488] Punto inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1489] Punto sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23 e così modificato dall'art. 50 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[1490] Punto già sostituito dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162 e così ulteriormente sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1491] Punto già modificato dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e così ulteriormente modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1492] Punto così modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1493] Punto così modificato dall'art. 4 bis del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

[1494] Punto così sostituito dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1495] Punto aggiunto dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162 e così modificato dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1496] Punto inserito dall'art. 12 della L. 17 maggio 2022, n. 60 e soppresso dall'art. 10 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[1497] Allegato inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1498] Testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, applicabile come ivi previsto dall'art. 23.

[1499] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1500] Lettera modificata dall'art. 42 della L. 23 luglio 2009, n. 99 e così sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1501] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1502] Lettera inserita dall'art. 13 del D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257 e abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1503] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1504] Lettera così modificata dall'art. 4 bis del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.

[1505] Lettera così modificata dall'art. 19 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1506] Lettera già modificata dall'art. 41 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 e così ulteriormente modificata dall'art. 38 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[1507] Lettera già modificata dall'art. 40 della L. 23 luglio 2009, n. 99, ulteriormente modificata dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1508] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1509] Lettera inserita dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162 e così sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1510] Allegato modificato dall'art. 27, comma 43, della L. 23 luglio 2009, n. 99. Testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, applicabile come ivi previsto dall'art. 23.

[1511] Lettera così sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1512] Lettera così modificata dall'art. 19 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1513] Lettera così modificata dall'art. 47 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla L. 21 aprile 2023, n. 41.

[1514] Punto sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1515] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1516] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1517] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1518] Lettera già sostituita dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e così ulteriormente sostituita dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1519] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1520] Lettera così sostituita dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1521] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1522] Lettera abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1523] Lettera modificata dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e abrogata dall'art. 26 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.

[1524] Lettera così modificata dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

[1525] Lettera così sostituita dall'art. 15 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1526] Lettera inserita dall'art. 10 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[1527] Allegato inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23.

[1528] Allegato così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. Testo previgente alla sostituzione apportata dal D.Lgs. 104/2017, applicabile come ivi previsto dall'art. 23.

[1529] Allegato così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, con la decorrenza ivi prevista dall'art. 23. Testo previgente alla sostituzione apportata dal D.Lgs. 104/2017, applicabile come ivi previsto dall'art. 23.

[1530] Allegato aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1531] Allegato aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e così sostituito dall'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1532] Allegato aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1533] Punto così modificato dall'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1534] Per una modifica del presente punto, vedi l'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1535] Punto aggiunto dall'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1536] Allegato aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1537] Punto così sostituito dall'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1538] Allegato aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1539] Punto così modificato dall'art. 37 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

[1540] Allegato aggiunto dall'art. 26 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1541] Parte modificata dall'art. 1 del D.M. 16 giugno 2008, n. 131, dall'art. 9 e dagli allegati 1, parte A, 3 e 4 al D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30 e dall’art. 1 al D.M. 14 aprile 2009, n. 56.

[1542] Allegato modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 e sostituito dall'art. 1 del D.M. 8 novembre 2010, n. 260.

[1543] Paragrafo così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1544] Paragrafo soppresso dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1545] Tabella così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1546] Paragrafo così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1547] Paragrafo così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1548] Paragrafo così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1549] Lettera così modificata dall'art. 17 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1550] Paragrafo così modificato dall'art. 1 del D.M. 15 luglio 2016.

[1551] Tabella così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172.

[1552] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.M. 6 luglio 2016.

[1553] Lettera così modificata dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1554] Lettera così modificata dall'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97.

[1555] Allegati così modificati dall'art. 1 del D.M. 16 giugno 2008, n. 131, dall'art. 2 del D.M. 14 aprile 2009, n. 56, dall'art. 1 del D.M. 27 novembre 2013, n. 156 e dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Per ulteriori modifiche vedi l'art. 9 del D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, l'art. 24 della L. 6 agosto 2013, n. 97, l'art. 17 della L. 20 novembre 2017, n. 167 e l'art. 10 del D.L. 14 aprile 2023, n. 39, convertito dalla L. 13 giugno 2023, n. 68.

[1556] Riepilogo così sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1557] Allegato abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[1558] Allegato così sostituito dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[1559] Allegato sostituito dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, già modificato dall'art. 1 del D.M. 7 agosto 2013, dall'art. 1 del D.M. 19 maggio 2016, n. 134 e così ulteriormente modificato dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1560] Allegato già sostituito dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, ulteriormente sostituito dall'art. 35 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 e così modificato dall'art. 8 del D.Lgs. 23 dicembre 2022, n. 213.

[1561] Allegato già modificato dall'art. 1 del D.M. 22 aprile 2014, dall'art. 23 della L. 29 luglio 2015, n. 115 e così ulteriormente modificato dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1562] Allegato così sostituito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1563] Allegato abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[1564] Allegato abrogato dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[1565] Allegato così sostituito dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Per un'ulteriore sostituzione del presente allegato, vedi l'art. 8, comma 5, del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116

[1566] Allegato aggiunto dall'art. 39 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.

[1567] Punto così modificato dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1568] Punto aggiunto dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1569] Allegato aggiunto dall'art. 23 della L. 28 dicembre 2015, n. 221.

[1570] Allegato inserito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1571] Allegato inserito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1572] Allegato inserito dall'art. 8 del D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.

[1573] Allegato aggiunto dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1574] Allegato aggiunto dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1575] Allegato aggiunto dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1576] Intestazione così modificata dall'art. 27 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1577] Allegato così modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[1578] Tabella così modificata dall'art. 13 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.

[1579] Allegato già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1 del D.M. 19 maggio 2016, n. 118, dall'art. 3 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1580] Allegato già modificato dall'art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, dall'art. 11 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116 e così ulteriormente modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1582] Allegato già modificato dall'art. 2 del D.M. 23 marzo 2011, dall’art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e ulteriormente modificato dall'Allegato II al D.M. 31 maggio 2016.

[1583] Paragrafo così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. l), del D.M. 23 marzo 2011, fino a fine maggio 2015; per il testo in vigore dal 1 giugno 2015, vedi l'art. 2, comma 1, lett. m), dello stesso D.M. 23 marzo 2011 e l'art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1584] Per una modifica al presente paragrafo, a decorrere dal 1 giugno 2015, vedi l'art. 2, comma 1, lett. n), del D.M. 23 marzo 2011.

[1585] Per la sostituzione del presente punto, a decorrere dal 1 giugno 2015, vedi l’ art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1586] Per una modifica al presente paragrafo, a decorrere dal 1 giugno 2015, vedi l'art. 2, comma 1, lett. o), del D.M. 23 marzo 2011.

[1587] Paragrafo così modificato dall'art. 18 della L. 20 novembre 2017, n. 167.

[1588] Per una modifica alla presente appendice, vedi l'art. 2 del D.M. 23 marzo 2011.

[1589] Paragrafo soppresso dall’art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1590] Allegato già modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 41-ter del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, dall'art. unico del D.M. 15 gennaio 2014, dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1591] Allegato così sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1592] Nel presente allegato, i riferimenti alle parole «ore di normale funzionamento», ovunque ricorrano, devono intendersi, relativamente ai grandi impianti di combustione, alle parole «ore operative» per effetto dell'art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1593] Rubrica così sostituita dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1594] Lettera così modificata dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1595] Punto sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1596] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1597] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1598] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1599] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1600] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1601] Punto così sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1602] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1603] Punto così modificato dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1604] Paragrafo aggiunto dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1605] Appendice aggiunta dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183.

[1606] Paragrafo così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1607] Paragrafo così modificato dall'art. 2 del D.M. 8 aprile 2016, n. 99.

[1608] Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 33, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, con la decorrenza ivi prevista. Per la disapplicazione del presente punto, vedi l'art. 14 della L. 15 dicembre 2011, n. 217 e l'art. 5 del D.M. 27 dicembre 2017 (G.U. 5 gennaio 2018, n. 4).

[1609] Paragrafo così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1610] Paragrafo inserito dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1611] Paragrafo così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1612] Paragrafo soppresso dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1613] Paragrafo così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1614] Paragrafo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125 e così modificato dall'art. 2 del D.M. 8 aprile 2016, n. 99.

[1615] Paragrafo soppresso dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1616] Paragrafo così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1617] Paragrafo così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1618] Paragrafo così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1619] Paragrafo soppresso dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1620] Appendice soppressa dall'art. 3 del D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.

[1621] Allegato già modificato dall'art. 34 della L. 23 luglio 2009, n. 99, dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 4 della L. 30 ottobre 2014, n. 161, dall'art. 4 del D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.

[1622] Parte soppressa dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

[1623] Allegato già modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205, dall'art. 30 della L. 23 luglio 2009, n. 99, dall'art. 3 del D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1 del D.M. 20 marzo 2013, dall'art. 1 del D.Lgs. 16 luglio 2014, n. 112, dall'art. 1 del D.M. 19 maggio 2016, n. 123, dall'art. 1 del D.M. 22 marzo 2017, dall'art. 1 del D.M. 29 maggio 2019, n. 74, dall'art. 1 del D.M. 8 maggio 2023, n. 90 e così ulteriormente modificato dall'art. 1 del D.M. 24 aprile 2023 (G.U. 20 luglio 2023, n. 168).

[1624] Allegato inserito dall'art. 28 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.

[1625] Punto aggiunto dall'art. 15 del D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 117.

[1626] Punto aggiunto dall'art. 35 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162.