§ 3.14.54 – L.R. 19 aprile 1999, n. 8.
Normativa organica del commercio in sede fissa.


Settore:Codici regionali
Regione:Friuli Venezia Giulia
Materia:3. sviluppo economico
Capitolo:3.14 commercio
Data:19/04/1999
Numero:8


Sommario
Art. 1.  (Principi generali e finalità).
Art. 2.  (Definizioni).
Art. 3.  (Settori merceologici).
Art. 4.  (Ambito di applicazione).
Art. 5.  (Requisiti di accesso all’attività).
Art. 6.  (Esercizi di vicinato).
Art. 7.  (Medie strutture di vendita).
Art. 8.  (Grandi strutture di vendita).
Art. 8 bis.  (Piano per la grande distribuzione).
Art. 9.  (Misure a sostegno delle aree montane ed urbane).
Art. 10.  (Osservatorio regionale del commercio).
Art. 11.  (Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali).
Art. 11 bis.  (Avvalimento da parte della Direzione regionale del commercio, del turismo e del terziario).
Art. 12.  (Criteri per le scelte di localizzazione delle grandi strutture di vendita, dei centri commerciali al dettaglio e dei complessi commerciali).
Art. 13.  (Compatibilità dell’inserimento di attività commerciali di grande distribuzione con le previsioni degli strumenti urbanistici).
Art. 14.  (Strumenti attuativi previsti per gli insediamenti in zona urbanistica Hc).
Art. 15.  (Parere urbanistico).
Art. 16.  (Modalità di applicazione degli standard urbanistici per le aree da riservare a parcheggio per gli esercizi commerciali).
Art. 17.  (Criteri per le scelte di localizzazione degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita).
Art. 18.  (Spacci interni).
Art. 19.  (Distribuzione automatica).
Art. 20.  (Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione).
Art. 21.  (Vendite dirette al domicilio dei consumatori o mediante contratti negoziati fuori dai locali commerciali).
Art. 22.  (Esercizi che effettuano la vendita a soggetti diversi dal consumatore finale).
Art. 23.  (Disposizioni concernenti il commercio equo e solidale).
Art. 23 bis.  (Commercio elettronico e certificazione di qualità).
Art. 23 ter  (Definizioni).
Art. 24.  (Misure per lo sviluppo del commercio elettronico).
Art. 24 bis.  (Investimenti finanziabili).
Art. 24 ter.  (Centri di assistenza tecnica).
Art. 24 quater.  (Criteri e modalità di concessione dei contributi).
Art. 25.  (Orari degli esercizi di vendita al dettaglio).
Art. 26.  (Disposizioni per le località turistiche).
Art. 27.  (Sfera di applicazione e attività particolari di vendita).
Art. 28.  (Orari dei pubblici esercizi).
Art. 29.  (Pubblicità dei prezzi).
Art. 30.  (Disciplina delle vendite di liquidazione).
Art. 31.  (Disciplina delle vendite di fine stagione).
Art. 32.  (Disciplina delle vendite promozionali).
Art. 33.  (Vendite sottocosto).
Art. 34.  (Disposizioni comuni alle vendite straordinarie).
Art. 35.  (Sospensione e cessazione dell’attività).
Art. 36.  (Subingresso).
Art. 37.  (Sanzioni).
Art. 38.  (Revoche).
Art. 39.  (Modificazione dell’articolo 3 della legge regionale 15/1991).
Art. 40.  (Modificazioni e integrazioni alla legge regionale 13/1992).
Art. 41.  (Adempimenti dei Comuni).
Art. 42.  (Disposizioni transitorie).
Art. 43.  (Regolamento di esecuzione).
Art. 44.  (Abrogazioni).
Art. 45.  (Norme finanziarie).
Art. 46.  (Entrata in vigore).


§ 3.14.54 – L.R. 19 aprile 1999, n. 8.

Normativa organica del commercio in sede fissa.

(B.U. 22 aprile 1999, n. 16 - S.S. n. 4).

 

CAPO I

DISCIPLINA DEL COMMERCIO: PRINCIPI GENERALI,

DEFINIZIONI ED AMBITO DI APPLICAZIONE

 

Art. 1. (Principi generali e finalità).

     1. La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell’articolo 4, primo comma, n. 6), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, disciplina con la presente legge il settore del commercio in sede fissa in base ai seguenti principi:

     a) libertà di impresa, libera circolazione delle merci, libera concorrenza e trasparenza del mercato;

     b) tutela dei consumatori nelle sue componenti di garanzia dell’approvvigionamento e del servizio sul territorio, della correttezza dell’informazione, del rapporto tra qualità e prezzo delle merci, della sicurezza dei prodotti, del contenimento dei prezzi;

     c) sviluppo della rete distributiva regionale secondo criteri di efficienza e modernizzazione, anche attraverso l’evoluzione tecnologica dell’offerta;

     d) pluralismo ed equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita;

     e) riconoscimento e valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese;

     f) salvaguardia e tutela del servizio commerciale nelle aree montane, rurali ed urbane, con particolare riferimento alle aree a minore dotazione del servizio.

     2. Nell’osservanza dei principi di cui al comma 1, sono perseguite le seguenti finalità:

     a) armonizzazione dell’evoluzione del settore distributivo con gli obiettivi generali del Piano regionale di sviluppo;

     b) assegnazione al comparto commerciale di un ruolo paritario con gli altri settori produttivi, armonizzando il suo sviluppo con la complessiva evoluzione del sistema economico e territoriale regionale;

     c) valorizzazione del ruolo del commercio promuovendo la capacità di competere con i sistemi distributivi delle regioni e degli stati contermini;

     d) contenimento dei fenomeni di ulteriore saturazione delle aree a più forte concentrazione commerciale e dei processi di ulteriore depauperamento del tessuto commerciale delle aree territoriali più deboli;

     e) tutela e riconoscimento del ruolo delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti.

 

     Art. 2. (Definizioni).

     1. Ai fini della presente legge si intendono:

     a) per commercio all’ingrosso, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda ad altri commercianti all’ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande;

     b) per commercio al dettaglio, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale;

     c) per forme speciali di vendita al dettaglio:

     1) la vendita a favore di dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o privati, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole, negli ospedali e nelle strutture militari esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi;

     2) la vendita per mezzo di apparecchi automatici;

     3) la vendita per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione;

     4) la vendita presso il domicilio dei consumatori;

     d) per esercizi di vendita al dettaglio di vicinato, quelli con superficie di vendita massima da determinarsi con apposita deliberazione della Giunta regionale da adottarsi, acquisito il parere vincolante della Commissione consiliare, entro il termine di 15 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge in relazione alle caratteristiche socio- economiche del territorio, anche in deroga al criterio della consistenza demografica, salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, e nei limiti massimi fissati dall’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 [1];

     e) per esercizi di vendita al dettaglio di media struttura, quelli con superficie di vendita superiore a quella stabilita per gli esercizi di vicinato dalla deliberazione della Giunta regionale di cui alla lettera d), salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, e non superiore al limite da determinarsi con la medesima deliberazione della Giunta regionale e comunque nei limiti massimi fissati dall’articolo 4, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 114/1998 [2];

     f) per esercizi di vendita al dettaglio di grande struttura, quelli aventi superficie di vendita superiore a quella massima determinata ai sensi della lettera e);

     g) per centro commerciale al dettaglio, un insieme di più distinti esercizi al dettaglio concepiti e realizzati secondo un progetto unitario, con infrastrutture e servizi gestiti unitariamente, in cui la prevalente destinazione commerciale possa anche essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di svago ed intrattenimento, con esclusione delle attività di vendita all’ingrosso, la cui superficie complessiva sia superiore a mq. 1.500;

     h) per complesso commerciale, un insieme di più distinti esercizi al dettaglio insediati in uno o più edifici, funzionalmente o fisicamente integrati tra loro, o che facciano parte di un unico piano attuativo, in cui la prevalente destinazione commerciale possa anche essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di svago ed intrattenimento, la cui superficie complessiva sia superiore a mq. 1.500;

     i) per superficie di vendita di un esercizio al dettaglio, l’area alla quale ha accesso il pubblico, compresa quella occupata dai banchi, dalle scaffalature o quella comunque destinata a mostra od esposizione di merce, con esclusione dell’area destinata ai magazzini o ai depositi, ai locali di lavorazione o agli uffici ed ai servizi, nonché dell’area interna adibita a deposito dei carrelli;

     l) per superficie di vendita di un centro commerciale al dettaglio e di un complesso commerciale, quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi di vendita al dettaglio appartenenti al centro o al complesso commerciale;

     m) per denuncia preventiva, la denuncia preventiva di inizio attività di cui all’articolo 2 della legge regionale 8 agosto 1997, n. 27.

 

     Art. 3. (Settori merceologici).

     1. Gli esercizi di vendita al dettaglio sono assegnati ai seguenti due settori merceologici:

     a) generi alimentari;

     b) generi non alimentari.

     2. Ad ulteriori settori merceologici speciali sono assegnati le farmacie, le rivendite di generi di monopolio e gli impianti di distribuzione automatica di carburanti.

     3. I Comuni possono istituire un settore merceologico speciale, riservato agli esercizi di vicinato, per la vendita al dettaglio in orario notturno, ovvero nell’arco delle ventiquattr’ore senza soluzione di continuità, da autorizzare ai sensi dell’articolo 25, comma 10.

     4. I Comuni anche se non ricompresi tra quelli di cui all’articolo 26, comma 1, qualora interessati da flussi di turismo culturale, possono motivatamente istituire un raggruppamento merceologico, per la vendita di prodotti culturali, d’arte, di collezionismo e da ricordo [3].

     5. L’esercizio della vendita al dettaglio per i prodotti dei settori merceologici speciali, di cui ai commi 2 e 3, non può essere effettuato congiuntamente all’esercizio della vendita al dettaglio per i prodotti dei settori merceologici di cui ai commi 1 e 4.

     6. A partire dall’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 7, i soggetti titolari di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di vendita dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui al D.P.G.R. 18 aprile 1990, n. 0170/Pres., possono vendere tutti i prodotti relativi al raggruppamento merceologico omogeneo corrispondente, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari. L’autorizzazione è modificata d’ufficio con l’indicazione del settore merceologico di appartenenza.

     7. Con regolamento di esecuzione della presente legge si provvede:

     a) ad assegnare le vigenti tabelle merceologiche ai settori merceologici di cui al comma 1;

     b) a stabilire i contenuti merceologici dei settori e dei raggruppamenti merceologici speciali di cui ai commi 2, 3 e 4.

 

     Art. 4. (Ambito di applicazione).

     1. La presente legge non si applica nei confronti:

     a) dei farmacisti e dei direttori di farmacie delle quali i Comuni assumono l’impianto e l’esercizio ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modifiche, e della legge 8 novembre 1991, n. 362, e successive modifiche, qualora pongano in vendita esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici, nonché dei medici veterinari qualora pongano in vendita in forma diretta, con divieto di pubblicizzazione e di esposizione, prodotti attinenti alla salute e al benessere degli animali in cura [4];

     b) dei titolari di rivendite di generi di monopolio, qualora vendano esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni, e al relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074, e successive modificazioni;

     c) delle associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622, e successive modificazioni;

     d) dei produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di vendita di prodotti agricoli nei limiti di cui all’articolo 2135 del codice civile, alla legge 25 marzo 1959, n. 125, e successive modificazioni, e alla legge 9 febbraio 1963, n. 59, e successive modificazioni;

     e) delle vendite di carburanti nonché degli oli minerali di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303, e successive modificazioni; per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all’articolo 16 del decreto legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, e successive modificazioni, ed all’articolo 1, comma 2, della legge regionale 23 aprile 1990, n. 17;

     f) degli artigiani, iscritti nell’apposito albo, nonché dei loro consorzi, e degli industriali, e dei loro consorzi, per la vendita, nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio;

     g) dei pescatori e delle cooperative di pescatori, nonché dei cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall’esercizio della loro attività, e di coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell’esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari;

     h) di chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonché quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico;

     i) della vendita dei beni del fallimento effettuata ai sensi dell’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni;

     l) dell’attività di vendita effettuata durante il periodo di svolgimento delle fiere campionarie e delle mostre di prodotti nei confronti dei visitatori, purché riguardi le sole merci oggetto delle manifestazioni e non duri oltre il periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse;

     m) degli Enti pubblici ovvero delle persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o Enti territoriali che vendano pubblicazioni o altro materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o altrui elaborazione, concernenti l’oggetto della loro attività, ovvero che effettuino una attività di vendita all’interno di spazi destinati all’attività istituzionale [5];

     n) della vendita di merci nelle strutture ricettive, di cui alla legge regionale 18 aprile 1997, n. 17, limitatamente a quella effettuata agli alloggiati;

     o) della vendita di prodotti connessi alle attività di parrucchiere, barbiere ed estetista, nell’esercizio delle medesime;

     p) delle vendite effettuate nei musei pubblici e privati;

     q) delle vendite effettuate nei cinematografi e nei teatri;

     r) delle vendite effettuate in occasione di manifestazioni culturali in genere, sportive, politiche, religiose e similari, dai soggetti promotori delle stesse.

 

CAPO II

REQUISITI PER L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ COMMERCIALE

 

     Art. 5. (Requisiti di accesso all’attività).

     1. L’attività commerciale in sede fissa può essere esercitata con riferimento ai settori merceologici individuati ai sensi dell’articolo 3.

     2. Non possono esercitare l’attività commerciale:

     a) coloro che siano stati dichiarati falliti, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;

     b) coloro che abbiano riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale sia prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;

     c) coloro che abbiano riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui ai Titoli II e VIII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, emissione di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;

     d) coloro che abbiano riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nell’ultimo quinquennio, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 513 bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali [6];

     e) coloro che siano sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

     3. L’accertamento delle condizioni di cui al comma 2 è effettuato sulla base delle disposizioni previste dall’articolo 688 del codice di procedura penale, dall’articolo 10 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dall’articolo 10 bis della legge 575/1965, come introdotto dall’articolo 20 della legge 13 settembre 1982, n. 646, e dall’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

     4. Il divieto di esercizio dell’attività commerciale di cui al comma 2, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena sia stata scontata o si sia in altro modo estinta. Il divieto non si applica, in base all’articolo 166 del codice penale, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena e sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione stessa [7].

     5. Al fine di dare attuazione alla finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), in relazione alla tutela dei consumatori, l’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività commerciale relativa al settore merceologico alimentare di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), anche se effettuata nei confronti di una cerchia determinata di persone, è consentito a chi sia in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:

     a) avere frequentato, con esito positivo, un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), istituito o riconosciuto dalla Regione con le modalità di cui al comma 7;

     b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari, o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attività nel medesimo settore, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, qualora trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’INPS;

     c) essere stato iscritto nell’ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio istituito dalla legge 11 giugno 1971, n. 426, per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere da a) ad h) dell’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375;

     d) essere in possesso del diploma di laurea in un corso della facoltà di scienze economiche ovvero di diploma di ragioniere o perito commerciale ovvero di titolo equivalente.

     6. Nel caso di società, il possesso di uno dei requisiti di cui al comma 5 è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all’attività commerciale; è parimenti richiesto per tutti i preposti all’attività commerciale anche al di fuori della fattispecie di società. Qualora l’attività commerciale non sia esercitata direttamente dal titolare o dal legale rappresentante, il preposto deve essere in ogni caso nominato. Nel caso di società, il possesso dei requisiti di cui al comma 2 è richiesto per i soggetti di cui all’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 [8].

     7. Con Regolamento di esecuzione della presente legge sono stabilite le modalità di organizzazione, le esenzioni, la durata, le materie del corso professionale di cui al comma 5, lettera a), in relazione al settore merceologico alimentare. I corsi sono organizzati e gestiti direttamente, senza delega ad altri soggetti, dai Centri di assistenza tecnica di cui all’articolo 11 e, nel caso in cui questi ultimi non siano costituiti, dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura [9].

     8. Per il settore merceologico alimentare, il corso professionale di cui al comma 7 deve prevedere materie idonee a garantire l’apprendimento - oltre che delle disposizioni relative alla salute, alla sicurezza e all’informazione del consumatore - in particolare di quelle relative alla conservazione, manipolazione e trasformazione degli alimenti, sia freschi che conservati [10].

     9. L’esercizio dell’attività di commercio all’ingrosso, compreso quello relativo ai prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici, è subordinato al possesso dei requisiti del presente articolo.

     9 bis. Al fine di elevare il livello professionale o di riqualificare gli operatori in attività, i Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali di cui all’articolo 11 organizzano e gestiscono direttamente appositi corsi di aggiornamento, senza l’obbligo di superamento di specifici esami a conclusione dei corsi medesimi [11].

     9 ter. I corsi hanno per oggetto, oltre alle materie stabilite con il Regolamento di cui al comma 7, anche la disciplina relativa all’ambiente, alla sicurezza e alla tutela e informazione dei consumatori, alle tecniche di gestione della vendita [12].

     9 quater. La durata e le modalità di organizzazione sono quelle stabilite con il Regolamento di cui al comma 7 [13].

 

CAPO III

ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ DI VENDITA AL

DETTAGLIO SULLE AREE PRIVATE IN SEDE FISSA

 

     Art. 6. (Esercizi di vicinato).

     1. L’apertura di nuovi esercizi di vicinato con superficie di vendita non superiore a quella massima determinata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d), è soggetta alla denuncia preventiva.

     2. Il limite della superficie di vendita, di cui al precedente comma 1, è elevato al doppio di quella massima determinata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d), nei Comuni che presentino le seguenti caratteristiche:

     a) Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria;

     b) Comuni privi di rete distributiva al dettaglio;

     c) Comuni con popolazione residente fino a 3.000 abitanti e non confinanti con aree urbane commerciali o con poli commerciali.

     3. L’individuazione dei Comuni di cui al comma 2 è determinata con deliberazione della Giunta regionale da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

     4. Sono soggetti alla denuncia preventiva:

     a) l’ampliamento della superficie di vendita, fino agli specifici limiti stabiliti con la delibera di cui all’articolo 2, comma 1, degli esercizi di vicinato;

     b) il trasferimento di esercizi di vicinato con superficie di vendita non superiore agli specifici limiti stabiliti con la delibera di cui all’articolo 2, comma 1, a condizione che il trasferimento avvenga nell’ambito del territorio comunale;

     c) la concentrazione di almeno due esercizi di vicinato anche di settori merceologici diversi in un nuovo esercizio con superficie di vendita non superiore al doppio del limite stabilito alla lettera a) del presente comma [14];

     5. [15].

     6. Al fine di salvaguardare il mantenimento di una rete distributiva nelle aree deboli del territorio, gli esercizi di vicinato attivati con i limiti di cui al comma 2 non possono essere oggetto di trasferimento per concentrazione in grandi strutture di vendita.

     7. Le disposizioni del comma 1 hanno efficacia dal novantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge.

     8. Fino all’entrata in vigore dei commi 1 e 2, le autorizzazioni amministrative sono rilasciate con le procedure di cui all’articolo 3 della legge regionale 27/1997, nell’osservanza delle previsioni dei Piani comunali di sviluppo ed adeguamento della rete distributiva, di cui all’articolo 12 della legge 426/1971, vigenti alla data di entrata in vigore della legge, oppure, in assenza di piano, dei criteri di cui all’articolo 18 della legge regionale 24 maggio 1988, n. 36.

 

     Art. 7. (Medie strutture di vendita).

     1. Con regolamento di esecuzione della presente legge, consultate le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, nonché le associazioni dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane, sentita la Commissione consiliare competente, sono emanate disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le medie strutture di vendita al fine di:

     a) definire un modello territoriale generale della rete commerciale al dettaglio nella regione, finalizzato all’individuazione delle aree metropolitane ed urbane omogenee, dei bacini sovracomunali di utenza, delle aree di minore consistenza demografica e socio - economica;

     b) determinare i parametri, soggetti a revisione biennale, ad uso dei Comuni per la valutazione del rapporto tra l’evoluzione della domanda potenziale dei consumi della popolazione residente, di quella in attrazione, turistica e di passaggio, e l’evoluzione dell’offerta di esercizi commerciali al dettaglio.

     2. I Comuni, in conformità al regolamento di cui al comma 1, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali e le associazioni di tutela dei consumatori, provvedono all’approvazione di criteri e modalità per il rilascio delle autorizzazioni amministrative per medie strutture di vendita, nonché per gli esercizi di vicinato e per le medie strutture di vendita che si collocano all’interno di centri commerciali al dettaglio o di complessi commerciali, contenenti, in particolare, i seguenti elementi:

     a) urbanistici, in ordine alla delimitazione delle aree edificate, dei centri storici, degli edifici nei centri storici soggetti a regime vincolistico, delle aree soggette ad interventi di recupero e riqualificazione urbanistica e commerciale;

     b) commerciali, in ordine alla valutazione del rapporto tra l’evoluzione della domanda potenziale dei consumi della popolazione residente, in attrazione, turistica e di passaggio, e l’evoluzione dell’offerta di esercizi commerciali al dettaglio, con riguardo ai diversi settori merceologici, secondo i parametri di cui al comma 1, lettera b);

     c) numerici, in ordine al numero delle nuove autorizzazioni amministrative rilasciabili per medie strutture di vendita nei diversi settori merceologici.

     2 bis. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento e la concentrazione delle medie strutture aventi superficie di vendita non superiore a quella massima raggiungibile ai sensi dell’articolo 6, comma 4, lettera c), non sono assoggettati ai parametri di cui al comma 1, lettera b) [16].

     3. Le autorizzazioni amministrative di cui al comma 2 sono soggette al silenzio assenso di cui all’articolo 3 della legge regionale 27/1997. Le fattispecie di cui al comma 2 bis sono soggette alla denuncia preventiva [17].

     4. Il trasferimento delle medie strutture di vendita è soggetto all’autorizzazione di cui al comma 2, a condizione che avvenga nell’ambito del territorio comunale.

     5. L’ampliamento della superficie di vendita non oltre il 50 per cento della superficie originale e, in ogni caso, fino al limite massimo stabilito ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera e), delle medie strutture di vendita, comunque originariamente autorizzate od attivate, è soggetto all’autorizzazione di cui al comma 2.

     6. Fino all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1 ed all’approvazione dei criteri e delle modalità di cui al comma 2, le autorizzazioni amministrative sono rilasciate con le procedure di cui all’articolo 3 della legge regionale 27/1997, nell’osservanza delle previsioni dei Piani comunali di sviluppo ed adeguamento della rete distributiva, di cui all’articolo 12 della legge 426/1971, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, oppure, in assenza di piano, dei criteri di cui all’articolo 18 della legge regionale 36/1988, per l’apertura di esercizi al dettaglio fino al limite di superficie di vendita di mq. 400, elevato, per i soli esercizi definiti "supermercati di quartiere", fino a mq. 800 nei Comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti.

     7. Fino all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1 ed all’approvazione dei criteri e delle modalità di cui al comma 2, l’apertura di esercizi al dettaglio con superficie di vendita superiore a mq. 400 e non superiore a mq. 800, salvo quanto previsto per i "supermercati di quartiere" nei Comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti, è soggetta al nulla osta regionale di cui all’articolo 3 della legge regionale 7 settembre 1990, n. 41.

     8. Il nulla osta regionale di cui al comma 7 viene rilasciato esclusivamente nel limite quantitativo delle superfici incrementali residue di cui all’articolo 4, comma 1, del D.P.G.R. 9 aprile 1991, n. 0130/Pres., e del relativo Allegato "C", e in conformità al comma 8, lettera a), del medesimo articolo 4. Tra le superfici incrementali residue non possono essere inclusi eventuali contingenti per la grande distribuzione, diversi dalla programmazione di esercizi con superficie non superiore a mq. 400 da inserirsi nei centri commerciali al dettaglio previsti dai Piani comunali di sviluppo ed adeguamento della rete distributiva.

 

     Art. 8. (Grandi strutture di vendita).

     1. Con regolamento di esecuzione della presente legge, consultate le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, nonché le associazioni dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane, sentita la Commissione consiliare competente, sono emanate disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le grandi strutture di vendita al fine di:

     a) definire un modello territoriale generale della rete commerciale al dettaglio nella regione, finalizzato all’individuazione delle aree metropolitane ed urbane omogenee, dei bacini sovracomunali di utenza, delle aree di minore consistenza demografica e socio - economica;

     b) prevedere, per i Comuni che intendano allocare nel loro territorio grandi strutture di vendita, la formazione di un Piano di settore del commercio ad integrazione degli strumenti urbanistici comunali, avente i seguenti contenuti: delimitazione delle aree edificate, dei centri storici, degli edifici nei centri storici soggetti a regime vincolistico, delle aree soggette ad interventi di recupero e riqualificazione urbanistica e commerciale; individuazione delle zone omogenee destinate all’allocazione delle grandi strutture di vendita, sia per le zone omogenee Hc previste dall’articolo 13, comma 2, sia per le zone commerciali proprie previste dall’articolo 13, comma 10, nell’osservanza dei criteri di cui all’articolo 12;

     c) disciplinare le modalità relative al divieto di rilascio della concessione od autorizzazione edilizia inerenti l’immobile o il complesso di immobili in assenza dell’autorizzazione all’apertura di una grande struttura di vendita;

     d) determinare parametri e indici numerici, soggetti a revisione quadriennale, finalizzati alla individuazione delle aree e delle condizioni per la disponibilità di superfici destinabili alle grandi strutture di vendita;

     e) individuare le condizioni di ammissibilità dei trasferimenti e delle concentrazioni di preesistenti esercizi di vicinato e medie strutture di vendita ai fini dell’apertura di grandi strutture di vendita in singoli esercizi, centri commerciali al dettaglio e complessi commerciali;

     f) individuare le condizioni di ammissibilità dei trasferimenti e degli ampliamenti delle grandi strutture di vendita, dei centri commerciali al dettaglio e dei complessi commerciali;

     g) determinare il rapporto di composizione tra piccole, medie e grandi strutture di vendita all’interno di centri commerciali al dettaglio e complessi commerciali.

     2. L’apertura, l’ampliamento ed il trasferimento delle grandi strutture di vendita, strutturate in singoli esercizi o centri commerciali al dettaglio o complessi commerciali, sono soggetti ad autorizzazione del Comune.

     3. Le domande di rilascio dell’autorizzazione sono esaminate da una Conferenza di servizi indetta dalla Regione, entro quaranta giorni dal ricevimento, composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la Regione, la Provincia ed il Comune, che decide in base al regolamento di cui al comma 1 e previa assunzione del parere di cui al comma 5; le deliberazioni della Conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro sessanta giorni dalla convocazione ed il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della Regione. La Regione è rappresentata dall’Assessore al commercio e turismo o da un suo delegato.

     3 bis. Nel caso in cui nella Conferenza di servizi di cui al comma 3 il solo rappresentante della Regione esprima parere contrario al rilascio dell’autorizzazione, la Regione, in caso di contenzioso, è titolare dell’azione giudiziale e ne assume la rappresentanza in giudizio ed i relativi oneri [18].

     4. Qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego entro il termine di cento giorni dal ricevimento della domanda, la stessa deve considerarsi accolta.

     5. La Conferenza di servizi acquisisce obbligatoriamente il parere dell’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 10.

     6. Fino all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1 ed all’adeguamento, da parte dei Comuni, a quanto previsto nel comma 1, lettera b), si applicano le norme di cui alla legge regionale 41/1990 e successive modificazioni ed integrazioni [19].

     7. Il nulla osta regionale, di cui all’articolo 3 della legge regionale 41/1990, viene rilasciato esclusivamente nel limite quantitativo delle superfici incrementali residue di cui all’articolo 4, comma 1, del D.P.G.R. 9 aprile 1991, n. 0130/Pres., e del relativo Allegato "C", e in conformità al comma 8, lettera a), del medesimo articolo 4. Tra le superfici incrementali residue non possono essere inclusi eventuali contingenti per la grande distribuzione, diversi dalla programmazione di esercizi con superficie non superiore a mq. 400 da inserirsi nei centri commerciali al dettaglio, previsti dai Piani comunali di sviluppo ed adeguamento della rete distributiva.

     8. In via transitoria, per un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli ampliamenti, le nuove aperture di grandi strutture di vendita, di centri commerciali al dettaglio e di complessi commerciali sono ammessi mediante trasferimento e concentrazione di preesistenti esercizi di vicinato e medie strutture di vendita, con assegnazione di priorità alle domande di rilascio che prevedano il reimpiego di almeno il 70 per cento degli addetti impiegati nelle attività da trasferire e concentrare.

     9. Per le finalità di cui al comma 1, lettera b), e secondo i principi di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d), ed i criteri di cui al successivo articolo 12, i Comuni possono procedere alla formazione del Piano di settore del commercio ad integrazione degli strumenti urbanistici comunali, in forma associata. In tale ipotesi, il Piano di settore approvato dai singoli Consigli comunali è trasmesso alla Regione la quale, entro novanta giorni dal ricevimento, può esprimere riserve vincolanti nel solo caso in cui verifichi contrasti con gli indirizzi di natura ambientale o infrastrutturale del vigente Piano urbanistico regionale (PUR) ovvero del Piano territoriale regionale generale qualora in vigore.

     10. Il Piano di settore di cui al comma 9 tiene luogo, per i Comuni a tal fine associati, agli adempimenti di cui al comma 2 dell’articolo 7, all’articolo 15, all’articolo 17, al comma 2 dell’articolo 41. Negli stessi Comuni le autorizzazioni di cui al comma 2 del presente articolo vengono rilasciate in deroga alle procedure di cui ai commi 3, 4 e 5 [20].

     11. Fatta eccezione per i Comuni facenti parte di Comunità montane, la base demografica minima da raggiungere fra i Comuni che intendono formare il Piano di settore di cui al comma 9 in forma associata, è fissata nel limite di 30.000 abitanti.

     12. Il Piano di settore di cui al comma 9 segue, ai fini della adozione e approvazione, le procedure di cui all’articolo 34 della legge regionale 19 novembre 1991, n. 52, come modificato dall’articolo 5, comma 1, della legge regionale 12 novembre 1997, n. 34.

     13. L’entrata in vigore del Piano di settore di cui al comma 9 comporta la decadenza dei precedenti atti vigenti nei singoli Comuni [21].

 

          Art. 8 bis. (Piano per la grande distribuzione). [22]

     1. La Giunta regionale approva il Piano per la grande distribuzione, previo parere della competente Commissione consiliare, con il quale vengono individuate le aree potenzialmente idonee all’insediamento di strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq., in attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 1, lettera b), tenuto conto delle esigenze di equilibrato e armonico sviluppo del sistema distributivo regionale, di salvaguardia e buon uso del territorio, nonché dell’interesse dei consumatori.

     2. L’insediamento di nuove strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq. o l’ampliamento di strutture esistenti comportante una superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq. sono subordinati alla preventiva approvazione del Piano di settore del commercio di cui all’articolo 8, comma 1, lettera b), da parte dei Comuni che intendono allocare sul proprio territorio le suddette strutture.

     3. I Piani del settore del commercio di cui al comma 2 devono uniformarsi alle previsioni del Piano per la grande distribuzione.

 

CAPO IV

DISPOSIZIONI PARTICOLARI

 

     Art. 9. (Misure a sostegno delle aree montane ed urbane).

     1. Per favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane e marginali, e per riqualificare la rete distributiva nei centri storici i Comuni possono:

     a) prevedere la facoltà di svolgere congiuntamente in un solo esercizio l’attività di vendita per tutti i settori merceologici di cui all’articolo 3 e altri servizi di particolare interesse per la collettività, eventualmente in convenzione con soggetti pubblici o privati, qualora siano compresi tra quelli di cui all’articolo 6, comma 2, lettere a) e b); prevedere la facoltà per i pubblici esercizi, compresi nella tipologia di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 25 agosto 1991, n. 287, di svolgere contemporaneamente l’attività di vendita di generi alimentari di prima necessità, nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 5, e delle norme igienico-sanitarie, qualora siano compresi tra quelli di cui all’articolo 6, comma 2, lettera b), ovvero, nelle frazioni e località sprovviste di rete distributiva al dettaglio, anche nel caso di Comuni compresi tra quelli di cui al medesimo articolo 6, comma 2, lettera a);

     b) disporre, per i centri storici, le aree o gli edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, condizioni particolari nei criteri e nelle modalità di cui all’articolo 7, comma 2, nonché nei Piani di settore del commercio, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera b), relativamente alla localizzazione e alla apertura degli esercizi di vendita, in particolare al fine di rendere compatibili i servizi commerciali con le funzioni territoriali in ordine alla viabilità ed all’arredo urbano;

     c) sospendere, per i centri storici, e per un periodo non superiore a due anni dall’entrata in vigore della presente legge, l’apertura degli esercizi di vicinato sulla base di una specifica valutazione circa l’impatto dei nuovi esercizi sull’apparato distributivo e sul tessuto urbano ed in relazione a programmi di qualificazione della rete commerciale finalizzati alla realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati alle esigenze dei consumatori, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali e le associazioni di tutela dei consumatori.

     2. La Regione può prevedere l’esenzione da tributi regionali delle attività di cui al comma 1, lettera a); per le medesime attività i Comuni possono stabilire particolari agevolazioni, fino alla totale esenzione, per i tributi di loro competenza.

 

     Art. 10. (Osservatorio regionale del commercio).

     1. E’ istituito l’Osservatorio regionale del commercio il quale svolge le seguenti funzioni:

     a) monitorare la consistenza, la modificazione e l’efficienza della rete regionale distributiva al dettaglio, anche in coordinamento con l’Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato;

     b) predisporre, in relazione ai risultati del monitoraggio di cui alla lettera a), anche in collaborazione con i Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali, di cui all’articolo 11, proposte e programmi per il miglior raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettere da b) a f) e comma 2, lettera d);

     c) esprimere il parere di cui all’articolo 8, comma 5, in relazione all’esame delle domande di rilascio dell’autorizzazione all’apertura, all’ampliamento ed al trasferimento delle grandi strutture di vendita da parte della Conferenza di servizi, di cui all’articolo 8, comma 3;

     d) coordinare, anche in collaborazione con i Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali, di cui all’articolo 11, i programmi di attività di formazione e aggiornamento in materia di innovazione tecnologica e organizzativa.

     2. L’Osservatorio regionale del commercio è composto da:

     a) l’Assessore regionale al commercio e turismo, che lo presiede;

     b) il Direttore regionale del commercio e del turismo o suo sostituto;

     c) il Direttore regionale della pianificazione territoriale o suo sostituto;

     d) tre rappresentanti delle associazioni dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane;

     e) tre rappresentanti delle organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, maggiormente rappresentative sul territorio regionale;

     f) un rappresentante delle associazioni di tutela dei consumatori;

     g) un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, maggiormente rappresentative sul territorio regionale;

     h) un rappresentante dell’Unione regionale delle

Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura;

     i) un rappresentante delle organizzazioni della cooperazione;

     l) un rappresentante degli ordini professionali.

     3. Al fine dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1, lettera a), i Comuni provvedono a comunicare all’Osservatorio  la consistenza della rete distributiva esistente, e le modificazioni della stessa derivanti da nuove aperture,  trasferimenti ed ampliamenti degli esercizi di vicinato, delle medie e grandi strutture di vendita, strutturate in singoli esercizi,  centri e complessi commerciali, i criteri e le condizioni di cui all’articolo 7, comma 2, i Piani di settore di cui all’articolo 8, le  deliberazioni della Conferenza di cui all’articolo 8, comma 3, nonché le determinazioni di cui all’articolo 9, comma 1, lettera  c), le variazioni di titolarità e le cessazioni [23].

     4. La Regione, in collaborazione con i Comuni e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, predispone un sistema informatizzato di rilevazione ed elaborazione dei dati necessari allo svolgimento della funzione di cui al comma 1, lettera a).

     5. La Direzione regionale del commercio e del turismo assicura supporto tecnico e amministrativo all’Osservatorio.

     6. Con deliberazione della Giunta regionale sono disciplinate le modalità di funzionamento dell’Osservatorio.

     6 bis. Resta fermo il principio secondo il quale, in caso di parità nei voti decisionali dell’Osservatorio, prevale il voto del presidente [24].

 

     Art. 11. (Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali).

     1. Con la finalità di dare impulso ai processi di ammodernamento della rete distributiva regionale, possono essere istituiti Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali, costituiti, anche in forma consortile, dalle organizzazioni di categoria degli operatori commerciali rappresentative a livello provinciale o regionale; i Centri di assistenza alle imprese sono autorizzati dalla Regione all’esercizio delle attività previste dal loro statuto, con modalità da definirsi con apposita deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro il termine di trecentosessantacinque giorni dall’entrata in vigore della presente legge, nella quale dovranno essere previste relative misure di sostegno finanziario per la loro attività.

     2. I Centri di cui al comma 1 svolgono, a favore delle imprese, siano esse associate o meno alle organizzazioni di categoria, attività di assistenza tecnica, formazione e aggiornamento in materia di innovazione tecnologica e organizzativa, gestione economica e finanziaria di impresa, accesso ai finanziamenti, anche comunitari, sicurezza e tutela dei consumatori, tutela dell’ambiente, igiene e sicurezza sul lavoro e tutte le altre materie eventualmente previste dallo statuto di cui al comma 1, comprese le attività indirizzate alla eventuale certificazione di qualità degli esercizi del commercio, turismo e servizi, in quanto compatibili con le finalità di cui al comma 1.

     3. Le Amministrazioni pubbliche possono avvalersi dei Centri medesimi allo scopo di facilitare il rapporto con le imprese utenti.

 

     Art. 11 bis. (Avvalimento da parte della Direzione regionale del commercio, del turismo e del terziario). [25]

     1. Anche in attuazione di quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, la Direzione regionale del commercio, del turismo e del terziario può avvalersi, nelle proprie attività istruttorie, dei CAT, dei Centri di coordinamento tra gli stessi e dei Consorzi Garanzia Fidi tra piccole e medie imprese commerciali e turistiche (CON.GA.FI.), secondo le modalità contenute nel regolamento approvato dalla Giunta regionale.

     2. Restano ferme le funzioni di assistenza esercitate dai CAT ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge regionale 12 febbraio 2001, n. 3.

     3. Le attività delegate ai CAT dalla Direzione regionale del commercio, del turismo e del terziario, compresa l’attività di formazione di cui all’articolo 5 della presente legge e all’articolo 13, comma 48, secondo periodo, della legge regionale 3 luglio 2000, n. 13, devono essere gestite e organizzate direttamente dai CAT [26].

     4. I corsi professionali abilitanti per l’iscrizione al Ruolo mediatori di cui alla legge 3 febbraio 1989, n. 39, modificata dall’articolo 18 della legge 5 marzo 2001, n. 57, sono organizzati e gestiti direttamente dai CAT.

     5. I corsi professionali abilitanti per l’iscrizione al Ruolo Agenti e Rappresentanti di cui alla legge 3 maggio 1985, n. 204, sono organizzati e gestiti direttamente dai CAT.

 

CAPO V

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI URBANISTICA COMMERCIALE

 

     Art. 12. (Criteri per le scelte di localizzazione delle grandi strutture di vendita, dei centri commerciali al dettaglio e dei complessi commerciali).

     1. L’insediamento delle grandi strutture di vendita, dei centri commerciali al dettaglio e dei complessi commerciali deve tendere al riequilibrio tra le aree urbane centrali ed il contesto insediativo urbano complessivo, nel mantenimento della pluralità e della interconnessione tra le diverse funzioni del territorio, le destinazioni urbanistiche e le attrezzature infrastrutturali.

     2. Nell’osservanza dell’indirizzo di cui al comma 1, nella scelta della localizzazione sono privilegiate le aree con elevato livello di accessibilità agli assi viari primari e secondari esistenti, con forte livello relazionale e di comunicazione con le aree urbane centrali e con rilevante interconnessione con altri servizi e poli di attrazione rivolti all’utenza commerciale.

     3. I criteri di indirizzo per la scelta di localizzazione devono essere informati:

     a) alla salvaguardia ed alla razionalizzazione della funzionalità della rete viaria primaria e secondaria;

     b) alla congruenza ambientale dell’intervento previsto con l’osservanza dei valori storico-architettonici, culturali, paesaggistici, naturalistici ed insediativi del contesto, e con il rispetto delle norme vigenti nei singoli settori.

     4. Per le finalità di cui al comma 3, lettera a), non è ammissibile la localizzazione lungo assi viari non ancora interessati da consistenti insediamenti commerciali o produttivi, ovvero ove esistano condizioni di difficile accessibilità, a meno che non siano previste espressamente soluzioni tecniche atte a rimuovere i fenomeni di congestione già esistenti, nel rispetto dell’armonia con le caratteristiche del contorno insediativo.

     5. Per le finalità di cui al comma 3, lettera a), i soggetti promotori devono realizzare, antecedentemente all’attivazione delle grandi strutture di vendita, opere di raccordo con la viabilità che assicurino scorrevolezza negli accessi in entrata ed uscita, garantendo piste di decelerazione ed arretramenti dell’edificato tali da consentire la realizzazione di corsie laterali di servizio.

 

     Art. 13. (Compatibilità dell’inserimento di attività commerciali di grande distribuzione con le previsioni degli strumenti urbanistici).

     1. I Comuni valutano la necessità di inserire in zona commerciale, individuata con variante allo strumento urbanistico, le attività commerciali che, per dimensioni, localizzazione e tipi di flussi che inducono, possono considerarsi eventi rilevanti dal punto di vista urbanistico.

     2. Gli esercizi commerciali, i complessi commerciali e i centri commerciali al dettaglio con superficie coperta complessiva superiore a mq. 5.000 vanno inseriti in zona urbanistica commerciale propria; a tale fine viene istituita la zona omogenea HC “Zona per grandi strutture di vendita superiori a mq. 5.000” da individuarsi con variante allo strumento urbanistico vigente prioritariamente nelle zone commerciali, già previste dagli strumenti urbanistici vigenti, qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 12 [27].

     3. La superficie coperta di un edificio è la sua proiezione ortogonale sul lotto di pertinenza; per superficie coperta complessiva, ai sensi del comma 2, si intende la superficie coperta destinata ad attività commerciale, inclusi anche uffici, depositi, locali di lavorazione, servizi, ecc., come somma dei singoli piani, qualora l’attività si svolga in un edificio su più piani.

     [4. Ai fini dell’applicazione del comma 2, sono compresi nei complessi commerciali gli insediamenti con superficie coperta complessiva superiore a mq. 5.000 costituiti da esercizi i quali, insediati in più edifici appartenenti ad un’unica proprietà, siano funzionalmente integrati tra loro] [28].

     5. Nella zona omogenea Hc, oltre alle tipologie commerciali di cui al comma 2, è consentita l’allocazione di servizi all’utenza diversi da quello esclusivamente commerciale, incluse le attività di svago ed intrattenimento, purché inserite nel contesto unitario delle tipologie commerciali.

     6. Nella zona omogenea Hc non è consentita l’allocazione di attività commerciali all’ingrosso nell’ambito dei centri commerciali al dettaglio.

     7. Fino all’entrata in vigore del nuovo Piano territoriale regionale generale ed al successivo adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al medesimo, l’individuazione della zona omogenea Hc, sia con lo strumento del Piano regolatore generale comunale, sia con la variante al Piano stesso, deve essere preventivamente autorizzata dalla Giunta regionale, su proposta di concerto dell’Assessore alla pianificazione territoriale e dell’Assessore al commercio e turismo.

     8. La Giunta regionale, ai fini del rilascio dell’autorizzazione preventiva di cui al comma 7, osserva gli indirizzi e gli obiettivi delle disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le grandi strutture di vendita, di cui all’articolo 8, comma 1, e valuta la rispondenza ai criteri di cui all’articolo 12.

     9. La Giunta regionale, ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 7, acquisisce preventivamente il parere dell’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 10.

     10. Le attività commerciali di grande distribuzione con superficie coperta complessiva inferiore a mq. 5.000 sono inserite in zona ammessa dallo strumento urbanistico, nel rispetto dei criteri individuati all’articolo 12 [29].

     11. [30].

     12. [31].

     13. Le nuove autorizzazioni alla variante di strumento urbanistico per insediamento della zona Hc devono prevedere un termine utile di tre anni dalla data del rilascio, entro il quale i promotori dell’iniziativa commerciale devono ottenere l’autorizzazione di cui all’articolo 8, comma 2; per le autorizzazioni concesse anteriormente all’entrata in vigore della presente legge il termine di cui sopra decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge; trascorsi tali termini, in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 8, comma 2, i Comuni devono provvedere alla riclassificazione della zona omogenea Hc nella precedente destinazione funzionale.

     14. La scelta di localizzazione per le aperture di grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a mq. 5.000, da ubicarsi nelle aree edificate di cui agli articoli 7, comma 2, lettera a), ed 8, comma 1, lettera b), per le quali non sia possibile, per la preesistenza di zone omogenee a diversa caratterizzazione, procedere alla variante urbanistica di zona omogenea Hc, di cui al comma 2, è soggetta a specifica autorizzazione della Giunta regionale, con le modalità di cui agli articoli 8 e 9 [32].

     15. Per le grandi strutture di vendita, costituite in singolo esercizio di grande dettaglio, che abbiano ottenuto il nulla osta di cui all’articolo 3, comma 1, della legge regionale 41/1990, relativamente ad una superficie coperta complessiva compresa tra i mq. 2.500 ed i mq. 5.000, anteriormente all’entrata in vigore della presente legge, non si fa luogo all’obbligo della variante urbanistica della zona Hc, di cui al comma 2, per l’ampliamento fino a mq. 5.000.

     15 bis. Le autorizzazioni preventive per l’adozione della variante urbanistica Hc per strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq., non possono essere rilasciate oltre i limiti individuati dal Piano per la grande distribuzione [33].

 

     Art. 14. (Strumenti attuativi previsti per gli insediamenti in zona urbanistica Hc).

     1. L’attuazione di quanto previsto dalla variante urbanistica Hc deve essere sviluppata attraverso appositi piani regolatori particolareggiati di iniziativa privata secondo le modalità previste dal Titolo IV, Capo II, Sezione I, della legge regionale 52/1991, e successive modificazioni ed integrazioni.

     2. I proprietari di aree o di edifici inclusi in un ambito Hc che rappresentano, in base all’imponibile catastale, almeno i due terzi del valore delle aree e degli edifici compresi nell’ambito predetto, possono predisporre e presentare al Comune proposte di Piano regolatore particolareggiato comunale (PRPC) da adottarsi ed approvarsi con le modalità di cui all’articolo 45 della legge regionale 52/1991, come da ultimo modificato dall’articolo 82, comma 8, della legge regionale 13/1998.

     3. Contestualmente alla presentazione di cui al comma 2, i proprietari propongono uno schema di convenzione da approvarsi unitamente al PRPC, che deve prevedere:

     a) l’impegno a realizzare gli interventi di urbanizzazione previsti dal PRPC;

     b) la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui alla lettera c);

     c) l’assunzione, a carico dei proponenti, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative al piano di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona a pubblici servizi. La quota è determinata in base a criteri da stabilire con delibera comunale in relazione all’entità ed alle caratteristiche del piano;

     d) i termini entro i quali deve essere ultimata l’esecuzione delle opere, nonché le garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla stipula della convenzione.

     4. Divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del PRPC, si procede alla stipula della convenzione di cui al comma 3.

     5. Successivamente il Sindaco invita, entro trenta giorni dalla data di esecutività della deliberazione di approvazione del PRPC, i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del PRPC ad attuare le indicazioni del predetto piano stipulando, entro un termine perentorio di novanta giorni, la convenzione di cui al comma 3.

     6. Decorsi inutilmente i termini di cui al comma 5, il Comune procede alla espropriazione delle aree e degli edifici dei proprietari che non abbiano aderito al piano, con la possibilità di cedere, in proprietà o in diritto di superficie, ai soggetti privati che ne abbiano fatto richiesta, con diritto di prelazione ai proprietari della maggioranza del valore delle aree e degli edifici compresi nell’ambito del PRPC e previa stipula della convenzione di cui all’articolo 35 della legge 12 ottobre 1971, n. 865, come da ultimo modificato dall’articolo 3, comma 63, della legge 662/1996, le aree e gli edifici espropriati.

     7. Al termine del periodo di efficacia del PRPC permangono a tempo indeterminato gli obblighi di rispetto delle indicazioni tipologiche, degli allineamenti e delle altre prescrizioni urbanistiche stabilite dal PRPC.

     8. Non necessitano di approvazione di variante al PRPC le modifiche planovolumetriche che non alterino le caratteristiche tipologiche di impostazione del PRPC stesso, non incidano sul dimensionamento globale degli insediamenti e non diminuiscano la dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico.

 

     Art. 15. (Parere urbanistico).

     1. La deliberazione della Conferenza di servizi, di cui all’articolo 8, comma 3, nel caso vada riferita all’insediamento, all’ampliamento o al trasferimento di grandi strutture di vendita, con superficie coperta complessiva superiore a mq. 1.500, deve essere preceduta dal parere della Direzione regionale della pianificazione territoriale, da rilasciarsi nel termine di sessanta giorni, sulla base dei criteri di cui all’articolo 12.

     2. Qualora il parere di cui al comma 1 non venga espresso  nel termine previsto, si prescinde dal medesimo [34].

     3. Il parere va espresso avuto riguardo al rispetto dei criteri per le scelte localizzative individuate all’articolo 12 ed in conformità alla normativa vigente in materia urbanistica e commerciale.

     4. Il parere non è richiesto per l’insediamento, l’ampliamento o il trasferimento di grandi strutture di vendita per le quali è obbligatoria l’allocazione nella zona omogenea Hc, di cui all’articolo 13, comma 2.

 

     Art. 16. (Modalità di applicazione degli standard urbanistici per le aree da riservare a parcheggio per gli esercizi commerciali). [35]

     1. Per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), in relazione alla commisurazione degli standard urbanistici in materia di aree da riservare a parcheggio per esercizi commerciali, trovano applicazione le disposizioni contenute negli strumenti urbanistici vigenti salvo quanto stabilito dal comma 2.

     2. Le prescrizioni di cui al comma 1, in materia di aree da riservare a parcheggi in edifici preesistenti e già con destinazione d’uso commerciale alla data del 18 giugno 2003, così come definita dagli articoli 73 e 74 della legge regionale 52/1991 e successive modifiche ed integrazioni, non trovano applicazione.

     3. È ammesso reperire le aree da destinare a parcheggio, alle distanze indicate negli strumenti urbanistici o, in assenza di tali disposizioni, dalla vigente normativa urbanistica o di settore.

     4. Nelle zone omogenee Hc e nelle aree a destinazione prevalentemente commerciale costituite da più lotti funzionali, la distribuzione dei parcheggi deve essere progettata complessivamente per tutta la superficie interessata dall’intervento, prevedendo la realizzazione di aree verdi attrezzate, alberature, percorsi pedonali e ciclabili che migliorino la qualità dell’insediamento assicurando continuità con le eventuali limitrofe zone commerciali, produttive o di servizio.

     5. I titolari delle autorizzazioni di grandi strutture di vendita già insediate devono uniformarsi alle prescrizioni di cui al comma 4, relativamente alle aree parcheggio, nel caso in cui chiedano ampliamenti di superficie di vendita o di superficie coperta esistente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 17. (Criteri per le scelte di localizzazione degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita).

     1. L’allocazione di esercizi commerciali di vicinato e di medie strutture di vendita, quali definiti dall’articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), è ammessa:

     a) senza vincolo di individuazione di zona omogenea propria a destinazione commerciale nell’ambito delle aree edificate, di cui all’articolo 7, comma 2, lettera a), ed all’articolo 8, comma 1, lettera b);

     b) con vincolo di individuazione di zona omogenea propria a destinazione commerciale in tutte le aree diverse da quelle definite dalla lettera a), e solamente per le medie strutture di vendita.

     2. I Comuni, anche con eventuali modifiche ai regolamenti locali, possono stabilire condizioni particolari per l’apertura di esercizi destinati alla esclusiva vendita di pubblicazioni o materiali pornografici.

 

CAPO VI

FORME SPECIALI DI VENDITA

 

     Art. 18. (Spacci interni).

     1. La vendita al dettaglio a favore dei dipendenti di enti pubblici o di imprese private, di militari, di soci di circoli privati, è soggetta alla denuncia preventiva, a condizione che l’attività venga effettuata in appositi locali non aperti al pubblico, privi di accesso diretto dalla pubblica via e che la superficie di vendita dei locali non sia superiore a mq. 200.

     2. Il requisito del mancato accesso diretto dalla pubblica via, di cui ai commi 1 e 5, è richiesto solo per le superfici di vendita istituite successivamente al 31 dicembre 1998.

     3. Nella denuncia di cui al comma 1 devono essere dichiarati la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 5 in capo alla persona preposta alla gestione dello spaccio, il rispetto delle norme igienico sanitarie relativamente ai locali, il settore merceologico, l’ubicazione e la superficie di vendita [36].

     4. Ai soggetti ammessi all’acquisto nei locali di cui al comma 1 deve essere data in dotazione apposita tessera nominativa, che può essere rilasciata anche ai soggetti facenti parte del nucleo familiare; per tale adempimento deve essere tenuto apposito registro in cui iscrivere i nominativi dei soggetti medesimi.

     5. Le cooperative di consumo ed i consorzi da esse costituiti, che esercitano l’attività di vendita al dettaglio esclusivamente a favore dei soci, possono operare soltanto in locali non aperti al pubblico, privi di accesso diretto dalla pubblica via, con superficie di vendita non superiore a mq. 200, secondo le modalità di cui ai commi 1, 3 e 4.

 

     Art. 19. (Distribuzione automatica).

     1. La vendita al dettaglio a mezzo di apparecchi automatici, nel caso in cui non sia effettuata direttamente dall’esercente all’interno dell’esercizio di vendita o nelle sue immediate adiacenze, è soggetta alla denuncia preventiva.

     2. Nella denuncia di cui al comma 1 devono essere dichiarati la sussistenza, per il richiedente, dei requisiti di cui all’articolo 5, il settore merceologico e l’ubicazione, nonché, qualora l’apparecchio automatico venga installato su area pubblica, l’osservanza delle norme sull’occupazione del suolo pubblico.

     3. Qualora la vendita al dettaglio mediante apparecchi automatici si svolga in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo, è considerata come apertura di un esercizio di vendita al dettaglio ed è soggetta alle norme di cui al Capo III.

 

     Art. 20. (Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione).

     1. La vendita al dettaglio per corrispondenza, inclusa la vendita per corrispondenza su catalogo, o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta alla denuncia preventiva al Comune nel quale l’esercente ha la residenza o la sede legale [37].

     2. Nella denuncia di cui al comma 1 devono essere dichiarati la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 ed il settore merceologico.

     3. Alle vendite di cui al comma 1 si applica l’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

 

     Art. 21. (Vendite dirette al domicilio dei consumatori o mediante contratti negoziati fuori dai locali commerciali).

     1. La vendita al dettaglio o la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori è soggetta a denuncia preventiva al Comune nel quale l’esercente ha la residenza o la sede legale.

     2. Nella denuncia di cui al comma 1 devono essere dichiarati la sussistenza per il richiedente dei requisiti di cui all’articolo 5 ed il settore merceologico.

     3. Alle vendite di cui al comma 1 si applica l’articolo 19 del decreto legislativo 114/1998.

 

     Art. 22. (Esercizi che effettuano la vendita a soggetti diversi dal consumatore finale).

     1. Gli esercizi commerciali che effettuano la vendita a soggetti diversi dal consumatore finale, limitatamente a quelli esercitanti la vendita all’ingrosso, quali i "cash and carry" e le tipologie similari, sono tenuti all’obbligo di esercitare la vendita esclusivamente nei confronti di soggetti esercitanti la vendita al dettaglio e all’ingrosso, alle comunità e agli utilizzatori in grande o professionali.

     2. La limitazione di cui al comma 1 deve essere esposta in forma visibile all’ingresso degli esercizi ed esplicitata in tutte le informazioni promozionali e pubblicitarie.

 

     Art. 23. (Disposizioni concernenti il commercio equo e solidale).

     1. La definizione di commercio equo e solidale è riservata alla vendita di beni provenienti dai Paesi in via di sviluppo, effettuata secondo i criteri contenuti nella risoluzione del Parlamento dell’Unione Europea PE 178.921 del 19 gennaio 1994.

     2. All’attività del commercio equo e solidale, svolta da associazioni di volontariato, organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), cooperative senza fine di lucro ed altri enti non commerciali, secondo le disposizioni di cui ai commi 4 e 5, si applicano le disposizioni concernenti gli esercizi di vicinato.

     3. Ai soggetti individuati al comma 2 è consentita la vendita dei beni commercializzati anche non in sede fissa in occasione di manifestazioni, fiere ed altre iniziative promozionali, anche in deroga alle disposizioni sul commercio su aree pubbliche.

     4. Agli esercizi ove si effettui la vendita al dettaglio di beni che, almeno per l’ottanta per cento del volume d’affari, facciano parte del circuito del commercio equo e solidale, è conferita la denominazione di "Bottega del Mondo" con decreto del Direttore regionale del commercio e turismo, previa verifica dei requisiti previsti.

     5. Gli esercizi di cui al comma 4, che svolgano l’attività su una superficie di vendita non superiore a quella massima determinata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d), possono effettuare contemporaneamente la vendita dei beni ricompresi nei settori merceologici di cui all’articolo 3, comma 1, secondo quanto previsto dal regolamento di cui all’articolo 3, comma 7 [38].

     6. Con deliberazione della Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, sono stabilite ulteriori disposizioni e modalità di controllo atte ad assicurare la piena rispondenza dell’attività svolta dalle "Botteghe del Mondo" ai principi del commercio equo e solidale.

     7. L’inosservanza delle disposizioni di cui ai precedenti commi e, in particolare, del limite di cui al comma 4, comporta la revoca della denominazione e la sanzione della chiusura dell’attività.

 

     Art. 23 bis. (Commercio elettronico e certificazione di qualità). [39]

     1. La Regione sostiene la diffusione del commercio elettronico, organizzato da piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizi, comprese quelle inserite con codice attività 51 nella classificazione ISTAT, anche in associazione tra loro, nonché la certificazione di qualità.

     2. Ai fini della protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza si applica il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, e successive modificazioni e integrazioni, emanato in attuazione della direttiva 97/7/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997.

 

     Art. 23 ter (Definizioni). [40]

     1. Ai fini della presente legge si intende:

     a) per commercio elettronico, l’effettuazione retribuita di operazioni commerciali o di prestazioni di servizi, a distanza, per via elettronica;

     b) per operazioni e prestazioni a distanza, servizi forniti o beni acquistati o venduti senza la presenza simultanea delle parti interessate;

     c) per operazioni e prestazioni per via elettronica, i servizi inviati direttamente e ricevuti a destinazione mediante attrezzature elettroniche di elaborazione, compresa la compressione digitale, e di memorizzazione di dati, e interamente trasmessi, inoltrati e ricevuti mediante filo, radio, mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici.

 

     Art. 24. (Misure per lo sviluppo del commercio elettronico).

     1. I contributi previsti dalle leggi regionali 8 aprile 1982, n. 25, e 26 agosto 1996, n. 36, possono essere concessi a favore di imprese commerciali, singole o associate, per l’introduzione, l’uso e lo sviluppo del commercio elettronico al fine di:

     a) sostenere una crescita equilibrata del mercato elettronico;

     b) tutelare gli interessi dei consumatori;

     c) promuovere lo sviluppo di campagne di informazione ed apprendimento per operatori del settore ed operatori del servizio;

     d) predisporre azioni specifiche finalizzate a migliorare la competitività globale delle piccole e medie imprese attraverso l’utilizzo del commercio elettronico;

     e) favorire l’uso di strumenti e tecniche di gestione di qualità volte a garantire l’affidabilità degli operatori e ad accrescere la fiducia del consumatore.

     e bis) sostenere la riqualificazione delle imprese attraverso le certificazioni di qualità [41].

     2. La Regione coordina i propri interventi con le iniziative promosse in sede nazionale dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per lo sviluppo del commercio elettronico.

     2 bis. I contributi, di cui alla presente legge, sono concessi ed erogati secondo la regola del "de minimis" [42].

 

     Art. 24 bis. (Investimenti finanziabili). [43]

     1. Le piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio, anche associate tra loro, inclusi i consorzi di aziende, possono ottenere contributi in conto capitale nella misura massima del 50 per cento della spesa ammissibile compresa tra 5.000 e 26.000 euro al netto dell’IVA, per l’effettuazione dei programmi connessi a:

     a) investimenti in hardware e software per la creazione di siti web orientati al commercio elettronico;

     b) investimenti per l’acquisto di hardware per la creazione di un servizio di providing o hosting a supporto del commercio elettronico;

     c) investimenti in hardware e tecnologie rivolti al miglioramento dei sistemi di sicurezza della connessione alla rete Internet;

     d) investimenti per la costituzione di Secure Payment System attraverso convenzioni con Istituti bancari o gestori di carte di credito o di debito;

     e) investimenti per la promozione del sito di commercio elettronico (shop-site);

     f) investimenti per corsi di formazione, al netto delle eventuali spese di trasferta, del personale destinato alla gestione, manutenzione, controllo dei siti orientati al commercio elettronico;

     g) investimenti per la creazione di software prodotti interamente sul territorio regionale e finalizzati alla gestione del commercio elettronico;

     h) interventi relativi all’introduzione dell’HACCP nelle aziende alimentari e di somministrazione di alimenti e bevande;

     i) introduzione dei sistemi di qualità compresa la certificazione ISO 9000 e/o VISION 2000;

     l) collegamento con i sistemi regionali di teleinformazione e teleprenotazione regionali;

     l bis) ammodernamento degli immobili e degli impianti, ivi compreso il loro ampliamento, acquisto di beni mobili, quali automezzi, macchine per la movimentazione delle merci, attrezzature, macchine d’ufficio e arredi [44];

     l ter) introduzione di sistemi di sicurezza per contrastare gli atti criminosi, quali impianti di allarme, blindature, porte e rafforzamento serrature, installazione di telecamere anti rapina e sistemi antifurto e anti taccheggio, vetri anti sfondamento e anti proiettile, acquisto casseforti, nonché interventi similari; per tali investimenti il limite minimo di spesa ammissibile è ridotto a 2.500 euro [45]. [46]

     2. I contributi possono essere concessi solo in presenza di situazioni aziendali non irrimediabilmente compromesse e comportano l’obbligo di mantenere la destinazione dei beni oggetto del contributo per un biennio dalla data di erogazione del contributo stesso.

     3. Nel caso di cessione dell’azienda, o di un ramo della stessa al quale siano riferibili gli investimenti finanziati prima della scadenza del biennio di persistenza, i benefici possono essere confermati all’impresa subentrante qualora siano mantenuti i requisiti soggettivi e oggettivi.

 

     Art. 24 ter. (Centri di assistenza tecnica). [47]

     1. L’assegnazione dei fondi è effettuata a favore dei Centri di assistenza tecnica, di seguito denominati CAT, in via anticipata dalla Direzione regionale del commercio e del turismo, nel limite massimo di 260.000 euro a trimestre [48].

     2. Le domande di contributo sono presentate alle apposite strutture organizzate a tal fine dai CAT e possono essere prefinanziate, previa prestazione di idonea fidejussione.

     3. L’istruttoria, l’assegnazione e la liquidazione dei contributi sono effettuate dalle strutture di cui al comma 2, secondo le indicazioni formulate dalla Direzione regionale del commercio e del turismo.

     4. Le domande sono ammesse a finanziamento entro i limiti dei fondi disponibili, esauriti i quali, sono soggette a decadenza.

     5. I CAT inviano trimestralmente alla Direzione regionale del commercio e del turismo una relazione sull’utilizzazione dei fondi assegnati e presentano il rendiconto delle spese sostenute entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di assegnazione dei fondi, fermi restando i controlli a campione da parte della Direzione regionale del commercio e del turismo.

     [6. I CAT possono riservare per le iniziative di cui all’articolo 24 bis, comma 1, lettere h) e i), una quota fino a un massimo del 50 per cento dei fondi disponibili, eventualmente elevabile, soltanto nel caso si rendano disponibili ulteriori fondi, dopo l’accoglimento delle domande presentate per la realizzazione delle altre iniziative previste dall’articolo 24 bis, comma 1] [49].

 

     Art. 24 quater. (Criteri e modalità di concessione dei contributi). [50]

     1. I criteri e le modalità di concessione dei contributi di cui all’articolo 24 sono definiti con regolamento.

 

CAPO VII

ORARI

 

     Art. 25. (Orari degli esercizi di vendita al dettaglio).

     1. Gli orari di apertura e di chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio sono determinati dai Comuni, tenuto conto delle esigenze dei consumatori, acquisito il parere delle organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, delle associazioni di tutela dei consumatori e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, ed avuto riguardo alle caratteristiche ed allo sviluppo della rete di vendita. I pareri devono essere espressi, entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta.

     2. Nel rispetto delle determinazioni di cui al comma 1, ciascun operatore commerciale ha facoltà di scegliere l’orario di apertura e di chiusura.

     3. Il nastro orario giornaliero, nell’ambito del quale gli esercizi possono restare aperti, è fissato dalle ore cinque alle ore ventidue.

     4. Nell’ambito del nastro orario di cui al comma 3, l’apertura massima giornaliera è stabilita in tredici ore; è fatta salva la facoltà degli operatori commerciali di chiudere per fatti aziendali o personali, quali l’effettuazione di inventario, le ferie annuali, malattia, lutto [51].

     5. Gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura totale nei giorni domenicali e festivi, salvo quanto previsto al comma 10, nonché la chiusura infrasettimanale di mezza giornata. Il turno di riposo è disciplinato da apposito Regolamento di esecuzione della presente legge, che stabilisce la giornata di chiusura standard, anche suddivisa per categorie merceologiche, e le procedure per modificare, a scelta dell’operatore, tale giornata prestabilita [52].

     [5 bis. Per gli esercizi di vendita di cui agli articoli 6 e 7 l’orario di apertura e di chiusura è determinato liberamente, sia nei giorni feriali, sia in quelli domenicali e festivi] [53].

     6. La mezza giornata comporta l’apertura massima di sei ore.

     7. Nel caso di più festività consecutive, i Comuni hanno la facoltà di determinare, limitatamente agli esercizi commerciali del settore alimentare, l’apertura antimeridiana nel giorno domenicale o nei giorni festivi più idonei a garantire il servizio di rifornimento al pubblico.

     8. I Comuni, sentiti gli organismi di cui al comma 1, determinano le date e, ove possibile e necessario, le zone del territorio comunale nelle quali gli esercizi commerciali possono derogare all’obbligo della chiusura domenicale e festiva, per un numero massimo annuo di otto domeniche o festività in occasione di manifestazioni, ricorrenze e fiere locali, ferme restando l’apertura nelle domeniche e nelle festività del mese di dicembre e la deroga all’obbligo della chiusura infrasettimanale di mezza giornata, sempre nel mese di dicembre, con esclusione delle giornate del 25 e 26 dicembre [54].

     9. Gli esercizi commerciali sono tenuti ad indicare al pubblico, mediante cartelli o altri supporti informativi, esposti in maniera ben visibile, l’orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale e la sospensione di cui all’articolo 35, anche se inferiore a trenta giorni [55].

     10. I Comuni possono autorizzare, sentiti gli organismi di cui al comma 1, qualora ricorrano esigenze particolari dell’utenza ed in base alle peculiari caratteristiche del territorio, l’esercizio dell’attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi classificati come esercizi di vicinato con la tabella speciale di cui all’articolo 3, comma 3. Gli operatori di cui al presente comma possono altresì svolgere l’attività di vendita durante l’intero arco delle ventiquattro ore, a condizione che non vi sia soluzione di continuità nell’esercizio dell’attività.

 

     Art. 26. (Disposizioni per le località turistiche).

     1. Nelle località ad economia turistica gli esercenti determinano liberamente l’orario di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali sia nei giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, in deroga a quanto disposto dall’articolo 25. Sono comunque considerate località turistiche i Comuni già facenti parte degli ambiti turistici di cui all’articolo 9, comma 2, della legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2, nonché i Comuni capoluogo di provincia o, se individuato diversamente dal Consiglio comunale, parte del territorio degli stessi [56].

     2. Le località ad economia turistica sono individuate, con deliberazione della Giunta regionale, sulla base dell’afflusso turistico, residenziale. La deliberazione va adottata entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sentite le Province e i Comuni interessati, le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti [57].

     3. Esclusivamente nelle località interessate dalla produzione industriale od artigianale di prodotti agro-alimentari tipici locali a denominazione di origine controllata o protetta, i Comuni, acquisito il parere degli organismi di cui all’articolo 25, comma 1, possono prevedere, per tutto il territorio comunale o per parte di esso, l’apertura facoltativa degli esercizi commerciali del settore merceologico alimentare nei giorni domenicali e festivi, anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 25, comma 8.

     4. Al fine di rivitalizzare i centri storici ed urbani, i Sindaci, acquisito il parere delle organizzazioni dei commercianti e dei lavoratori, possono disporre, limitatamente ad aree ben identificate dei centri storici ed urbani, per un solo giorno alla settimana e limitatamente ai mesi di giugno, luglio, agosto e settembre, la protrazione dell’orario serale fino alle ore ventitre.

 

     Art. 27. (Sfera di applicazione e attività particolari di vendita).

     1. Gli esercizi di vendita al dettaglio, le cooperative, gli enti che svolgono un’attività di vendita al pubblico, gli spacci interni, le cooperative per soli soci e le imprese artigiane o industriali operanti nel settore agro-alimentare con attività di vendita al pubblico riferita ai prodotti di propria produzione, devono rispettare l’orario determinato dal Comune ai sensi dell’articolo 25 [58].

     2. Sono escluse dalla disciplina di cui al presente Capo:

     a) le rivendite di generi di monopolio;

     b) gli esercizi commerciali interni agli esercizi ricettivi di cui alla legge regionale 17/1997;

     c) gli esercizi commerciali situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali;

     d) le rivendite dei giornali;

     d bis) gli esercizi commerciali che vendano prevalentemente mobili ed articoli di arredamento [59];

     d ter) gli esercizi commerciali che vendano prevalentemente libri [60];

     e) gli impianti stradali di distribuzione di carburante;

     f) le imprese artigiane o industriali non rientranti nel comma 1, quando esercitano l’attività di vendita dei prodotti di propria produzione nei locali dell’azienda o in altri ad essi contigui [61].

     f bis) le concessionarie e le rivendite autorizzate di autocarri, autovetture e motocicli in occasione di campagne dimostrative promosse direttamente dalle case produttrici [62].

     3. Le rosticcerie, le pasticcerie, le gelaterie artigiane e le rivendite di pizze al taglio sono escluse dall’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 25, comma 5, fermo restando il rispetto della chiusura infrasettimanale di mezza giornata, e dall’obbligo della chiusura nelle giornate del 25 e 26 dicembre, di cui all’articolo 25, comma 8, ultimo inciso [63].

     4. In deroga a quanto disposto dall’articolo 25, commi 5 e 8, la vendita di fiori può essere effettuata anche nelle ore antimeridiane della domenica e delle festività, compresi i giorni 25 e 26 dicembre [64].

     5. Le attività miste sono tenute all’osservanza dell’orario previsto per l’attività prevalentemente esercitata, quale accertata dal Comune; in ogni caso, è vietato un orario differenziato. La prevalenza viene accertata in particolare sulla base della superficie di vendita e del volume d’affari [65].

 

     Art. 28. (Orari dei pubblici esercizi).

     1. Gli orari di apertura e di chiusura dei pubblici esercizi sono determinati dal Comune competente per territorio, sentite le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali più rappresentative degli esercenti e dei lavoratori, nonché le Aziende di promozione turistica, se esistenti.

     2. La determinazione degli orari dei pubblici esercizi avviene nel rispetto dei seguenti criteri generali:

     a) per gli esercizi classificati alle lettere a), b) e d) dell’articolo 5, comma 1, della legge 287/1991, la fascia oraria di apertura è fissata dalle ore cinque alle ore tre del giorno successivo; per gli esercizi classificati alla lettera c) dell’articolo 5, comma 1, della legge 287/1991, la fascia oraria di apertura è fissata dalle ore otto alle ore quattro del giorno successivo;

     b) nell’ambito della fascia oraria individuata alla lettera a), agli esercizi classificati alle lettere a), b) e d) dell’articolo 5, comma 1, della legge 287/1991, è consentito scegliere un orario di apertura con il solo limite minimo giornaliero di sette ore, da effettuarsi anche non consecutivamente; per gli esercizi classificati alla lettera c) dell’articolo 5, comma 1, della legge 287/1991, l’apertura dovrà essere non inferiore alle cinque ore e non superiore alle dodici ore giornaliere, anche non consecutive;

     [c) è obbligatoria la chiusura per un’intera giornata alla settimana, scelta a facoltà dell’esercente;] [66]

     d) ogni esercente deve comunicare preventivamente al Comune l’orario prescelto, che diviene esecutivo dopo sette giorni dall’avvenuta comunicazione; l’orario comunicato sarà considerato orario minimo obbligatorio da osservare per l’esercente, che potrà comunque, a seconda delle esigenze, ampliarlo facoltativamente e senza obbligo di comunicazione, ma comunque nel rispetto dell’orario massimo consentito e lo sgombero, di cui all’articolo 186 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, deve avvenire entro tre ore dalla chiusura; l’esercente, inoltre, deve indicare al pubblico, mediante cartelli o altri supporti informativi, esposti in maniera ben visibile, l’orario adottato [67];

     e) per i pubblici esercizi nei quali la somministrazione di alimenti e bevande viene effettuata congiuntamente all’attività di svago ed intrattenimento, l’orario consentito per la somministrazione non può eccedere quello autorizzato per l’attività di svago ed intrattenimento;

     f) all’esercente è data facoltà di effettuare fino a due giornate di chiusura per riposo, nel corso della settimana; tale chiusura deve essere comunicata al Comune e esposta nel cartello dell’orario, secondo le modalità di cui alla lettera d) [68].

     2 bis. Ove ne ricorra l’esigenza, i Comuni possono liberamente fissare la fascia oraria di apertura, anche in deroga al comma 2 [69].

     [3. Il Sindaco, sentite le organizzazioni provinciali maggiormente rappresentative degli esercenti, le organizzazioni dei lavoratori e degli enti turistici, può emanare ordinanza di deroga all’obbligo della chiusura settimanale per un periodo complessivamente non superiore a centottanta giornate; tale periodo è elevato a duecentodieci giornate per le località montane a doppia stagione.] [70]

     [4. I Comuni possono disporre la deroga all’obbligo di chiusura settimanale dei pubblici esercizi in occasione delle seguenti circostanze:

     a) in tutte le festività infrasettimanali;

     b) nella ricorrenza della festa patronale locale;

     c) nel periodo dall’1 dicembre al 6 gennaio;

     d) nel mercoledì delle Ceneri;

     e) nell’ultima settimana intera del carnevale e nell’ultima giornata di carnevale;

     f) nella settimana antecedente la Pasqua.] [71]

     [5. I Comuni, previo assenso degli organismi di cui al comma 1, possono disporre, per tutto il territorio comunale o parte di esso, la deroga all’obbligo di chiusura settimanale per i pubblici esercizi il cui turno di chiusura ricada nella giornata di domenica o altra giornata festiva, per un numero massimo annuo di quattro domeniche o festività, in occasione di festività e manifestazioni locali.] [72]

     6. Non sono soggette alle disposizioni di cui al presente articolo:

     a) le attività di somministrazione al domicilio del consumatore;

     b) le attività di somministrazione negli esercizi annessi alle strutture ricettive, di cui alla legge regionale 17/1997, limitatamente alle prestazioni effettuate agli alloggiati;

     c) le attività di somministrazione negli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade ed all’interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime;

     d) le attività di somministrazione effettuate nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno;

     e) le attività di somministrazione esercitate in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;

     f) le attività di somministrazione effettuate in scuole, in ospedali, in comunità religiose, in stabilimenti militari, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

     g) le attività di somministrazione effettuate nei mezzi di trasporto pubblico;

     h) le attività di somministrazione effettuate nelle aziende agricole e agrituristiche.

     7. [73].

     8. I Comuni promuovono, in accordo con le rappresentanze locali degli organismi di cui al comma 1, le opportune iniziative affinché la chiusura facoltativa degli esercizi durante le ferie avvenga con criteri di gradualità e di equilibrata distribuzione sul territorio, in modo da assicurare un soddisfacente livello di servizio ai consumatori; analoghe iniziative sono promosse in relazione alla chiusura settimanale.

 

CAPO VIII

PUBBLICITA’ DEI PREZZI E VENDITE STRAORDINARIE

 

     Art. 29. (Pubblicità dei prezzi).

     1. I prodotti esposti per la vendita al dettaglio, ovunque collocati, devono indicare, in modo ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o di altre modalità idonee alla medesima finalità.

     2. Qualora prodotti identici dello stesso valore siano esposti insieme, è sufficiente l’uso di un unico cartello; negli esercizi di vendita, organizzati con il sistema di vendita del libero servizio, l’obbligo dell’indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico.

     3. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso con caratteri ben leggibili sono esclusi dall’applicazione del comma 2.

     4. Restano salve le disposizioni vigenti circa l’obbligo dell’indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di misura.

 

     Art. 30. (Disciplina delle vendite di liquidazione).

     1. Le vendite di liquidazione sono effettuate al fine di vendere in breve tempo tutte le merci, presentando al consumatore l’acquisto come occasione particolarmente favorevole, a seguito di cessazione dell’attività commerciale, cessione dell’azienda, trasferimento di sede dell’azienda, trasformazione o rinnovo dei locali, trasformazione o rinnovo delle attrezzature.

     2. L’effettuazione delle vendite di liquidazione di cui al comma 1 deve essere preventivamente autorizzata dal Comune ove ha sede il punto di vendita. A tale fine apposita comunicazione è inviata mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno almeno quindici giorni prima della data di inizio delle vendite medesime; l’autorizzazione si intende concessa qualora non sia negata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione da parte del Comune.

     3. La trasformazione o il rinnovo dei locali ai fini di cui al comma 1 deve comportare l’esecuzione di rilevanti lavori di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria od ordinaria dei locali di vendita, relativi ad opere strutturali, all’installazione o alla sostituzione di impianti tecnologici o servizi, o loro adeguamento alle norme vigenti, tali da determinare la chiusura dell’esercizio per almeno venti giorni consecutivi.

     4. La trasformazione o il rinnovo delle attrezzature ai fini di cui al comma 1 deve comportare l’esecuzione di rilevanti lavori di sostituzione degli arredi e delle finiture, tali da determinare la chiusura dell’esercizio per almeno venti giorni consecutivi.

     5. Non è consentita l’effettuazione delle vendite di liquidazione nell’ipotesi di cessione dell’azienda, nei casi in cui la cessione avvenga tra aziende controllate o collegate, quali definite dall’articolo 2359 del codice civile.

     6. La comunicazione, di cui al comma 2, deve, inoltre, contenere le seguenti indicazioni: l’ubicazione dei locali in cui viene effettuata la vendita di liquidazione, la data di inizio e la sua durata entro i termini di cui al comma 8, le merci poste in vendita, distinte per articoli, con indicazione del prezzo praticato ordinariamente e dello sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che si intende praticare nel corso della vendita di liquidazione.

     7. Alla comunicazione di cui al comma 2 devono essere allegati i seguenti atti, con riferimento alla diversa casistica:

     a) cessazione dell’attività: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di cessare l’attività di vendita al termine della vendita di liquidazione;

     b) cessione dell’azienda: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta la compravendita dell’azienda, sia in forma preliminare, sia in forma definitiva; per le società per azioni, dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di non rientrare nelle condizioni ostative di cui al precedente comma 5;

     c) trasferimento di sede dell’azienda: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di essere in possesso dell’autorizzazione al trasferimento, ovvero di aver effettuato la denuncia preventiva; nei casi in cui sia prevista la semplice comunicazione, dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di aver effettuato la comunicazione;

     d) trasformazione o rinnovo dei locali: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di avere richiesto il rilascio della concessione o dell’autorizzazione edilizia, se necessaria; qualora si tratti di interventi non soggetti a concessione o autorizzazione edilizia, dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di disporre di un preventivo di spesa e della relativa conferma d’ordine dell’impresa incaricata o fornitrice, specificandone l’ammontare; entro quindici giorni dall’effettuazione dei lavori deve essere prodotta al Comune dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di essere in possesso delle fatture comprovanti l’intervento, nel caso questo non sia soggetto a concessione o autorizzazione edilizia, indicandone l’ammontare;

     e) trasformazione o rinnovo dell’attrezzatura: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di disporre di un preventivo di spesa e della relativa conferma d’ordine dell’impresa incaricata o fornitrice; entro quindici giorni dall’effettuazione dei lavori deve essere prodotta al Comune dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di essere in possesso delle fatture comprovanti l’intervento, indicandone l’ammontare.

     8. Le vendite di liquidazione, di cui al comma 2, possono essere effettuate durante tutto l’anno per un periodo di durata non superiore alle sei settimane; nel caso di cessazione dell’attività commerciale, o di cessione dell’azienda, la vendita può essere effettuata per un periodo non superiore a tredici settimane. L’esercente, al termine dei periodi suindicati, è obbligato a chiudere l’esercizio per i casi di cui ai commi 3 e 4. Le vendite di liquidazione, di cui alle lettere d) ed e) del comma 7, non si possono effettuare nei quaranta giorni precedenti i saldi estivi ed invernali e nelle due settimane antecedenti la Pasqua, ma possono essere effettuate in concomitanza ai periodi dei saldi [74].

     9. A decorrere dalla data di invio della comunicazione di cui al comma 2, è fatto divieto di introdurre nei locali o pertinenze dell’esercizio ulteriori merci, sia in conto acquisto sia in conto deposito, del genere di quelle per le quali viene effettuata la vendita di liquidazione.

     10. In tutte le comunicazioni pubblicitarie che si riferiscono alla vendita di liquidazione è fatto obbligo di indicare gli estremi dell’autorizzazione comunale o gli estremi della comunicazione, in caso di decorrenza del termine di cui al comma 2.

     11. E’ vietata la vendita di liquidazione con la modalità del pubblico incanto.

     12. E’ obbligatoria l’esposizione del prezzo praticato ordinariamente e lo sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che si intende praticare nel corso della vendita di liquidazione.

     13. Nel caso di liquidazione antecedente la cessazione dell’attività commerciale, al termine della conclusione delle vendite il Sindaco è tenuto a provvedere d’ufficio alla revoca dell’autorizzazione con effetto immediato ed è fatto divieto al cessante, per il periodo di 12 mesi, nel caso di un esercizio di vicinato, di aprire una nuova attività nei medesimi locali per lo stesso settore merceologico cessato.

     14. Gli eventi posti a base delle possibilità di effettuare le vendite di liquidazione, di cui al comma 1, devono realizzarsi entro tre mesi dalla fine delle vendite stesse.

 

     Art. 31. (Disciplina delle vendite di fine stagione).

     1. Le vendite di fine stagione, denominate anche "saldi", riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, che non vengono venduti durante una determinata stagione ovvero entro un breve periodo di tempo.

     2. Le vendite di cui al comma 1 possono essere effettuate in due periodi dell’anno, e si denominano, pertanto, vendite di fine stagione estive od invernali; i periodi vengono determinati dalla Regione, tenuto conto delle consuetudini locali e delle esigenze del consumatore, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali e le associazioni di tutela dei consumatori.

     3. L’effettuazione della vendita di fine stagione è soggetta a comunicazione al Comune con l’indicazione della data di inizio e della sua durata, che non potrà comunque superare le nove settimane, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, da inviarsi almeno cinque giorni prima dell’inizio dell’effettuazione dei saldi.

     4. La presentazione al pubblico della vendita di fine stagione deve esplicitamente contenere l’indicazione della natura di detta vendita.

     5. E’ obbligatorio esporre il prezzo praticato ordinariamente e lo sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che si intende praticare nel corso della vendita di fine stagione.

 

     Art. 32. (Disciplina delle vendite promozionali).

     1. Le vendite promozionali, caratterizzate da sconti o ribassi diretti a presentare al consumatore l’opportunità dell’acquisto, sono effettuate per tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitato.

     2. L’effettuazione della vendita promozionale è soggetta a comunicazione al Comune con l’indicazione della data di inizio e della sua durata, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, da inviarsi almeno cinque giorni prima dell’inizio della vendita medesima, salvo quanto previsto al comma 4.

     3. E’ obbligatoria l’esposizione del prezzo praticato ordinariamente e dello sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che viene praticato nel corso della vendita promozionale.

     4. Le vendite promozionali dei prodotti appartenenti ai settori merceologici di cui all’articolo 3, comma 1, possono essere effettuate in qualunque periodo dell’anno, anche reiteratamente ma per una durata non superiore alle tre settimane, senza obbligo della comunicazione preventiva di cui al comma 2.

     5. Le vendite promozionali dei prodotti di abbigliamento, calzature e abbigliamento ed articoli sportivi, possono essere effettuate solamente due volte nel corso dell’anno, senza limitazione temporale nei seguenti casi:

     a) dal quarantesimo giorno successivo alla fine delle vendite di fine stagione estive fino al quarantesimo giorno antecedente l’inizio delle vendite di fine stagione invernali;

     b) dal quarantesimo giorno successivo alla fine delle vendite di fine stagione invernali fino al quarantesimo giorno antecedente l’inizio delle vendite di fine stagione estive.

     6. I periodi di effettuazione delle vendite di fine stagione indicati al comma 5 corrispondono a quelli stabiliti dalla Regione, ai sensi dell’articolo 31, comma 2.

 

     Art. 33. (Vendite sottocosto).

     1. Per vendita sottocosto si intende la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato dell’imposta sul valore aggiunto e di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati.

     2. Viene promossa la sottoscrizione e l’attuazione di codici di autoregolamentazione delle vendite di cui al comma 1 tra le organizzazioni rappresentative delle imprese produttrici e distributrici.

     3. Sino all’entrata in vigore della disciplina relativa alle vendite sottocosto, si applicano le disposizioni di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

     Art. 34. (Disposizioni comuni alle vendite straordinarie).

     1. La pubblicità relativa alle vendite, disciplinate dagli articoli 30, 31, 32 e 33, deve essere presentata graficamente in modo non ingannevole per il consumatore.

     2. E’ obbligatorio che la pubblicità citi espressamente, per le fattispecie di cui agli articoli 31, comma 3, e 32, comma 2, gli estremi della comunicazione al Comune e per le fattispecie di cui all’articolo 30, comma 2, gli estremi dell’autorizzazione comunale o della comunicazione, per le forme di vendita soggette a tali prescrizioni, nonché la durata della vendita stessa.

     3. Alle comunicazioni di cui agli articoli 30, comma 2, 31, comma 3 e 32, comma 2, dovranno essere allegate le pubblicità corrispondenti esattamente per contenuto, forma e dimensioni a quelle che verranno diffuse, esposte o comunicate.

     4. Ai fini dell’effettuazione delle vendite di cui agli articoli 30, 31 e 32, deve essere dimostrata la veridicità di qualsiasi pubblicità relativa sia alla composizione merceologica sia alla qualità delle merci vendute, nonché agli sconti o ribassi dichiarati.

     5. Al fine di non indurre il consumatore in errore, è fatto obbligo di disporre le merci offerte nelle vendite regolate dagli articoli 30, 31 e 32 in maniera inequivocabilmente distinta e separata da quelle che eventualmente siano contemporaneamente poste in vendita alle condizioni ordinarie; ove una tale separazione non sia praticabile, la vendita ordinaria viene sospesa.

     6. Nel caso che per una stessa tipologia merceologica vengano praticati al consumatore prezzi di vendita diversi a seconda della varietà degli articoli che rientrano in tale tipologia, è fatto obbligo di indicare nel materiale pubblicitario ed espositivo tutti i prezzi con lo stesso rilievo tipografico e visivo.

     7. Nel caso venga indicato un solo prezzo, è fatto obbligo di vendere a quel prezzo tutti gli articoli che rientrano nella tipologia reclamizzata.

     8. E’ fatto obbligo di praticare nei confronti del consumatore i prezzi pubblicizzati senza limitazioni di quantità e senza alcun abbinamento di vendite, fino all’esaurimento delle scorte.

     9. L’esaurimento delle scorte di talune merci durante il periodo di vendita deve essere portato a conoscenza del consumatore con avvisi ben visibili dall’esterno del locale di vendita; gli organi di vigilanza hanno facoltà di controllo sull’effettivo esaurimento delle scorte.

     10. Le comunicazioni al Comune previste agli articoli 31, comma 3, e 32, comma 2, non sono necessarie nel caso di vendita per corrispondenza.

     11. Gli organi di vigilanza del Comune, muniti dell’apposita tessera di riconoscimento, hanno facoltà di accedere ai punti di vendita per effettuare i relativi controlli.

 

CAPO IX

DISPOSIZIONI COMUNI

 

     Art. 35. (Sospensione e cessazione dell’attività). [75]

     1. La sospensione da parte degli operatori commerciali dell’attività degli esercizi di vendita al dettaglio di vicinato, di medie e grandi strutture, è comunicata al Comune almeno dieci giorni prima dell’inizio della sospensione medesima, qualora questa debba protrarsi per più di trenta giorni.

     2. La sospensione di cui al comma 1 non può superare i dodici mesi. Nei casi di forza maggiore e nel caso di gravi e circostanziati motivi non imputabili all’operatore, questo può chiedere preventivamente al Comune anche più di una volta l’autorizzazione a sospendere l’attività per periodi non superiori a sei mesi.

     3. È soggetta alla comunicazione al Comune la cessazione dell’attività degli esercizi di vendita di cui al comma 1, entro trenta giorni dalla cessazione medesima.

     4. In caso di cessazione conseguente a cessione dell’esercizio, il cessionario deve rispettare quanto prescritto al comma 3 solo qualora la denuncia preventiva, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, venga presentata dopo il termine di cui al medesimo comma 3.

     5. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano alle chiusure stagionali delle attività commerciali nelle località ad economia turistica.

 

     Art. 36. (Subingresso). [76]

     1. Il trasferimento in gestione o in proprietà degli esercizi commerciali di cui agli articoli 6, 7 e 8, per atto tra vivi o a causa di morte, è soggetto alla denuncia preventiva e comporta di diritto il trasferimento dell’esercizio a chi subentra, sempreché sia provato l’effettivo trasferimento dell’azienda e il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5.

     2. La denuncia preventiva deve essere presentata entro il termine di dodici mesi, decorrente dalla data del trasferimento dell’azienda, o, nel caso di subingresso per causa di morte, dalla data di acquisizione del titolo, pena l’applicazione di quanto disposto dall’articolo 38, comma 1, lettera b), e comma 2, salvo proroga secondo il disposto di cui all’articolo 35, comma 2.

     3. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, è necessario che il dante causa sia lo stesso titolare dell’attività o il soggetto cui l’azienda sia stata trasferita dal titolare per causa di morte o per donazione e che il trasferimento dell’azienda avvenga entro il termine di cui al comma 2. L’erede o il donatario, qualora privi dei requisiti di cui all’articolo 5, possono avvalersi di tale facoltà solo ai fini del trasferimento in proprietà dell’azienda commerciale ad un terzo soggetto.

     4. Il subentrante per causa di morte ha comunque la facoltà di continuare provvisoriamente l’attività del dante causa, fermo restando quanto prescritto ai commi 2 e 3.

     5.Nei casi in cui sia avvenuto il trasferimento della gesti one di un esercizio, la denuncia preventiva è valida fino alla data contrattuale in cui ha termine la gestione e alla cessazione della medesima il titolare deve effettuare, ai fini del ritorno in disponibilità dell’azienda, la denuncia preventiva entro il termine di cui al comma 2, decorrente dalla data di cessazione della gestione.

 

CAPO X

SANZIONI E REVOCHE

 

     Art. 37. (Sanzioni).

     1. La determinazione e l’irrogazione delle sanzioni previste dalla presente legge avviene secondo quanto previsto dalla legge regionale 17 gennaio 1984, n. 1.

     2. La violazione delle disposizioni in materia di requisiti soggettivi di cui all’articolo 5, commi 2, 4, 5 e 6, è punita con una sanzione amministrativa da 1.600 euro a 10.000 euro [77].

     3. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 6, 7, 8, 35 e 36, in materia di esercizio delle attività di vendita al dettaglio in sede fissa, è punita con una sanzione amministrativa da 1.600 euro a 10.000 euro. Nel caso di apertura degli esercizi commerciali senza la denuncia preventiva o senza la prescritta autorizzazione comunale, oltre alla sanzione suindicata, il Comune dispone l’immediata chiusura dell’attività. La vendita di prodotti non appartenenti al settore merceologico denunciato o autorizzato comporta la sanzione pecuniaria di cui sopra [78].

     4. La violazione delle disposizioni in materia di autorizzazioni e modalità di effettuazione per le forme speciali di vendita al dettaglio, di cui agli articoli 18, 19, 20, 21 e 22, è punita con una sanzione amministrativa da 1.600 euro a 10.000 euro. Con la medesima sanzione sono punite le violazioni di cui agli articoli 18 e 19 del decreto legislativo 114/1998 [79].

     5. La violazione delle disposizioni in materia di esercizio del commercio equo e solidale, di cui all’articolo 23, oltre a quanto disposto dal comma 7 del medesimo articolo 23, è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro [80].

     6. La violazione delle disposizioni in materia di regime degli orari delle attività di vendita al dettaglio in sede fissa, di cui all’articolo 25, commi 3, 4, 5, 6, 8, 9 e 10, è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro [81].

     7. La violazione delle disposizioni in materia di regime degli orari delle attività di pubblico esercizio, di cui all’articolo 28, commi 2 e 2 bis, è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro [82].

     7 bis. La violazione delle disposizioni in materia di pubblicità dei prezzi di cui all’articolo 29 è punita con la sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro [83].

     8. La violazione delle disposizioni in materia di vendite straordinarie, di cui agli articoli 30, 31, 32, 33 e 34, è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro [84].

     9. In caso di recidiva, oltre all’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dai commi precedenti, il Comune dispone la sospensione dell’attività di vendita o di pubblico esercizio per un periodo compreso tra cinque e venti giorni. Qualora l’attività venga svolta durante questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all’esercizio di attività senza la denuncia preventiva o senza la prescritta autorizzazione [85].

     10. Si ha recidiva qualora la stessa violazione sia stata commessa per due volte nel corso dell’anno solare, anche nel caso di avvenuto pagamento della sanzione.

     11. [86].

 

     Art. 38. (Revoche).

     1. I titoli autorizzativi concernenti gli esercizi di vendita al dettaglio sono revocati nei casi in cui il titolare:

     a) non inizi l’attività di una media struttura di vendita, entro un anno dalla data del rilascio ovvero entro due anni, qualora trattasi di una grande struttura di vendita, salvo proroga autorizzata in caso di comprovata necessità [87];

     b) sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 35, comma 2, ovvero qualora alla scadenza del termine previsto dall’autorizzazione medesima non riattivi l’esercizio commerciale;

     c) non risulti più provvisto dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 2;

     d) nel caso di recidiva, come definita dall’articolo 37, comma 10, nella violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria [88].

     2. È disposta la chiusura degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di cui al comma 2 bis dell’articolo 7 per le violazioni di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1. Nell’ipotesi di cui alla lettera d) del comma 1, si applica la sanzione accessoria dell’interdizione ad attivare un nuovo esercizio per un periodo compreso tra un minimo di sei e un massimo di dodici mesi [89].

 

CAPO XI

MODIFICAZIONI E INTEGRAZIONI ALLE LEGGI REGIONALI 15/1991 E 13/1992

 

     Art. 39. (Modificazione dell’articolo 3 della legge regionale 15/1991). [90]

 

     Art. 40. (Modificazioni e integrazioni alla legge regionale 13/1992). [91]

 

CAPO XII

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 41. (Adempimenti dei Comuni).

     1. I Comuni provvedono agli adempimenti di competenza di cui all’articolo 7, comma 2, e all’articolo 8, comma 1, lettera b), entro sei mesi dall’entrata in vigore dei Regolamenti di esecuzione rispettivamente previsti dall’articolo 7, comma 1, e dall’articolo 8, comma 1 [92].

     2. Il mancato adeguamento, da parte dei Comuni, alle  disposizioni di cui al comma 1 comporta il divieto di rilascio di  autorizzazioni per medie e grandi strutture di vendita fino  all’adeguamento medesimo [93].

     3. La mancata comunicazione dei dati di cui all’articolo 10, comma 3, ed in particolare di quelli necessari all’avvio del monitoraggio di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), e del sistema informatizzato di cui all’articolo 10, comma 4, comporta per i Comuni inadempienti il divieto di rilasciare, fino all’assolvimento dell’adempimento, autorizzazioni per medie e grandi strutture di vendita.

 

     Art. 42. (Disposizioni transitorie).

     1. Alle richieste relative alla variante urbanistica di zona omogenea Hc, pervenute alla Giunta regionale entro il termine di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al Capo II della legge regionale 41/1990, e successive modifiche ed integrazioni.

     2. Fino all’entrata in vigore della presente legge, in materia di orari continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla legge regionale 18 dicembre 1989, n. 37, e successive modificazioni ed integrazioni.

     3. Entro novanta giorni dal termine di cui all’articolo 41, comma 1, i Comuni individuano i complessi commerciali, quali definiti dall’articolo 29, comma 3, della legge regionale 25 marzo 1996, n. 16, limitatamente a quelli ubicati al di fuori delle aree edificate, di cui agli articoli 7, comma 2, lettera a), 8, comma 1, lettera b), autorizzati anteriormente all’entrata in vigore della legge regionale 16/1996, e ne danno comunicazione alla Direzione regionale del commercio e del turismo; sono fatti salvi i provvedimenti adottati precedentemente al 31 dicembre 1996 ed i Comuni non sono tenuti a richiedere l’autorizzazione per la variante urbanistica di zona omogenea Hc nel caso che il complesso commerciale abbia superfici di vendita superiori a mq. 2.500.

     4. Entro il termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, gli esercizi dotati di tabella merceologica VIII, con superficie superiore a mq. 400, autorizzati con nulla osta regionale, ovvero già operanti alla data di entrata in vigore della legge 426/1971, per l’attività commerciale stagionale, possono optare, con specifica istanza, per l’ottenimento dell’autorizzazione annuale da parte dei Comuni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 8, comma 3.

     5. Possono essere disposte, con legge regionale, misure di integrazione dell’indennizzo di cui all’articolo 25, comma 7, del decreto legislativo 114/1998, ed altre eventuali misure di sostegno alla ricollocazione professionale dei soggetti che cessano l’attività e restituiscono il titolo autorizzativo.

 

     Art. 43. (Regolamento di esecuzione).

     1. I regolamenti di esecuzione previsti dagli articoli 3, 5, 7 e 8 sono adottati entro il termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

     2. Il regolamento di cui all’articolo 25 è adottato entro il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 44. (Abrogazioni).

     1. Sono abrogate in particolare:

     a) la legge regionale 13 dicembre 1971, n. 56;

     b) la legge regionale 20 maggio 1977, n. 28;

     c) la legge regionale 18 febbraio 1988, n. 6;

     d) il Capo IV della legge regionale 24 maggio 1988, n. 36;

     e) la legge regionale 12 dicembre 1988, n. 66;

     f) la legge regionale 18 dicembre 1989, n. 37;

     g) la legge regionale 7 settembre 1990, n. 41;

     h) la legge regionale 7 settembre 1990, n. 42;

     i) la legge regionale 8 agosto 1991, n. 30;

     l) la legge regionale 22 aprile 1993, n. 15;

     m) la legge regionale 15 luglio 1994, n. 11;

     n) il Capo IV della legge regionale 28 agosto 1995, n. 34;

     o) l’articolo 29 della legge regionale 25 marzo 1996, n. 16;

     p) l’articolo 119 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13.

 

     Art. 45. (Norme finanziarie).

     1. L’Amministrazione regionale è autorizzata a finanziare la realizzazione dei corsi professionali di cui all’articolo 5, comma 5, lettera a). I relativi oneri fanno carico al capitolo 5807 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001 e del bilancio per l’anno 1999.

     2. L’Amministrazione regionale è autorizzata a finanziare la costituzione dell’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 10, comma 1.

     3. Gli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo 10, comma 2, fanno carico al capitolo 150 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001 e del bilancio per l’anno 1999.

     4. Gli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo 24, comma 1, fanno carico ai capitoli 9150 e 9141 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 1999-2001 e del bilancio per l’anno 1999.

 

     Art. 46. (Entrata in vigore).

     1. Salvo quanto disposto dall’articolo 6, comma 7, la presente legge entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.


[1] Lettera così modificata dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[2] Lettera così modificata dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[3] Comma così sostituito dall’art. 24 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[4] Lettera così sostituita dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13

[5] Lettera così sostituita dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[6] Lettera così sostituita dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[7] Comma così sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[8] Comma già modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificato dall’art. 25 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[9] Comma così sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[10] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[11] Comma aggiunto dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[12] Comma aggiunto dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[13] Comma aggiunto dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[14] Comma modificato dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 e così sostituito dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12.

[15] Comma abrogato dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12.

[16] Comma aggiunto dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12.

[17] Comma così sostituito dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12.

[18] Comma inserito dall'art. 49 della L.R. 15 febbraio 2000, n. 1.

[19] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[20] Comma così modificato dall’art. 26 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[21] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[22] Articolo inserito dall’art. 1 della L.R. 12 novembre 2004, n. 27.

[23] Comma così sostituito dall’art. 37 della L.R. 4 giugno 2004, n. 18.

[24] Comma aggiunto dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[25] Articolo aggiunto dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[26] Comma così modificato dall'art. 27 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[27] Comma così sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13.

[28] Comma sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 ed abrogato dall’art. 28 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[29] Comma così modificato dall’art. 28 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[30] Comma abrogato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[31] Comma abrogato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[32] Comma così modificato dall’art. 28 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[33] Comma aggiunto dall’art. 1 della L.R. 12 novembre 2004, n. 27.

[34] Comma così sostituito dall’art. 37 della L.R. 4 giugno 2004, n. 18.

[35] Articolo così sostituito dall’art. 29 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[36] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[37] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[38] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[39] Articolo aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[40] Articolo aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[41] Lettera aggiunta dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[42] Comma aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[43] Articolo aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[44] Lettera aggiunta dall’art. 30 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[45] Lettera aggiunta dall’art. 30 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[46] Comma così modificato dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12.

[47] Articolo aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[48] Comma così modificato dall’art. 31 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[49] Comma modificato dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12 ed abrogato dall’art. 31 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[50] Articolo aggiunto dall'art. 7 della L.R. 26 febbraio 2001, n. 4.

[51] Comma già sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 e così ulteriormente sostituito dall’art. 23 della L.R. 30 aprile 2003, n. 12.

[52] Comma già modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13, sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 e così ulteriormente modificato dall’art. 32 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[53] Comma aggiunto dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 ed abrogato dall’art. 32 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[54] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[55] Comma così modificato dall’art. 32 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[56] Comma così sostituito dall’art. 33 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[57] Comma così modificato dall’art. 33 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18. Per il termine di cui al presente articolo, vedi l’art. 33 della L.R. 18/2003.

[58] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[59] Lettera aggiunta dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[60] Lettera aggiunta dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[61] Lettera così modificata dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[62] Lettera aggiunta dall'art. 50 della L.R. 15 febbraio 2000, n. 1.

[63] Comma così sostituito dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[64] Comma così sostituito dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[65] Comma così sostituito dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[66] Lettera abrogata dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[67] Lettera già modificata dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificata dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[68] Lettera così sostituita dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[69] Comma inserito dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[70] Comma abrogato dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[71] Comma abrogato dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[72] Comma abrogato dall’art. 34 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[73] Comma abrogato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[74] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[75] Articolo modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così sostituito dall’art. 35 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[76] Articolo modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 e così sostituito dall’art. 35 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[77] Comma già modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[78] Comma già modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[79] Comma già modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[80] Comma così modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[81] Comma così modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[82] Comma già modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[83] Comma aggiunto dall'art. 16 della L.R. 13 settembre 1999, n. 25 e così modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[84] Comma così modificato dall’art. 37 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[85] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[86] Comma abrogato dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[87] Lettera già modificata dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente modificata dall’art. 38 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[88] Lettera così sostituita dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13.

[89] Comma già sostituito dall'art. 13 della L.R. 3 luglio 2000, n. 13 e così ulteriormente sostituito dall’art. 38 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[90] Articolo abrogato dall'art. 104 della L.R. 23 aprile 2007, n. 9. Sostituisce la lett. d), comma 1, art. 3, della L.R. 15 aprile 1991, n. 15.

[91] Aggiunge il comma 6 bis all'art. 9 nonché l'art. 10 bis alla L.R. 27 marzo 1992, n. 13.

[92] Comma sostituito dall’art. 8 della L.R. 15 maggio 2002, n. 13 e così modificato dall’art. 39 della L.R. 5 dicembre 2003, n. 18.

[93] Comma così sostituito dall’art. 37 della L.R. 4 giugno 2004, n. 18.