§ 5.1.59 - L.R. 16 aprile 2002, n. 19.
Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge Urbanistica della Calabria.


Settore:Codici regionali
Regione:Calabria
Materia:5. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:5.1 urbanistica e edilizia
Data:16/04/2002
Numero:19


Sommario
Art. 1.  Oggetto della legge.
Art. 2.  Partecipazione.
Art. 3.  Princìpi generali della Pianificazione territoriale urbanistica.
Art. 4.  Sussidarietà.
Art. 5.  I sistemi della Pianificazione territoriale urbanistica.
Art. 6.  Modalità di intervento e di uso.
Art. 7.  Gli ambiti della pianificazione territoriale.
Art. 8.  Sistema informativo territoriale e Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.).
Art. 8 bis.  Politica del paesaggio e istituzione dell'Osservatorio Regionale per il Paesaggio.
Art. 9.  Misure organizzative straordinarie per il supporto alla redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.
Art. 9 bis.  Nucleo di valutazione urbanistico-territoriale.
Art. 10.  Valutazione ambientale strategica.
Art. 11.  Partecipazione dei cittadini.
Art. 12.  Concertazione istituzionale.
Art. 13.  Conferenze di pianificazione.
Art. 14.  Conferenze di servizi.
Art. 15.  Accordo di programma.
Art. 16.  Opere di interesse statale.
Art. 17.  Quadro territoriale regionale. (Q.T.R.).
Art. 17 bis.  Valenza Paesaggistica del QTR e Piani Paesaggistici di Ambito.
Art. 18.  Piano territoriale di coordinamento provinciale. (P.T.C.P.).
Art. 18 bis.  Piano territoriale della Città metropolitana di Reggio Calabria.
Art. 19.  Strumenti di pianificazione comunale.
Art. 20.  Piano strutturale comunale. (P.S.C.).
Art. 20 bis.  Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.).
Art. 21.  Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.) e Regolamento Operativo (R.O.).
Art. 22.  Norme particolari per il polo logistico di Gioia Tauro.
Art. 23.  Piano operativo temporale (P.O.T.).
Art. 24.  Piani attuativi unitari.
Art. 25.  Formazione ed approvazione del Quadro territoriale regionale (Q.T.R.).
Art. 25 bis.  Formazione ed approvazione dei Piani Paesaggistici d'Ambito (PPd'A).
Art. 26.  Formazione ed approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).
Art. 27.  Formazione ed approvazione del PSC.
Art. 27 bis.  Formazione ed approvazione del Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.).
Art. 27 ter.  Procedura semplificata.
Art. 27 quater.  Pianificazione a consumo di suolo zero.
Art. 28.  Intervento sostitutivo regionale
Art. 29.  Formazione ed approvazione del Piano operativo temporale (P.O.T.).
Art. 30.  Formazione ed approvazione dei Piani attuativi unitari (P.A.U.).
Art. 31.  Comparti edificatori.
Art. 32.  Strumenti di pianificazione negoziata.
Art. 33.  Programma integrato d'intervento (P.I.N.T.).
Art. 34.  Programma di recupero urbano (P.R.U.).
Art. 35.  Programmi di riqualificazione urbana (RIURB).
Art. 36.  Programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.).
Art. 37.  Interventi di bonifica urbanistica-edilizia.
Art. 37 bis.  Programmi di bonifica urbanistica-edilizia attraverso il recupero o la delocalizzazione delle volumetrie.
Art. 38.  Fondo per il risanamento e recupero dei centri storici.
Art. 39.  Finalità dei programmi d'area.
Art. 40.  Programmi d'area.
Art. 40 bis.  Contratti di fiume.
Art. 41.  Modalità di predisposizione del Programma d'Area.
Art. 42.  Procedimento di approvazione del Programma d'Area.
Art. 43.  Contenuti dell'accordo relativo al Programma d'Area.
Art. 44.  Soggetti attuatori del Programma d'Area.
Art. 45.  Autorità di programma.
Art. 46.  Conferenza di programma del Programma d'Area.
Art. 47.  Approvazione regionale dei programmi d'area.
Art. 48.  Insediamenti urbani storici.
Art. 49.  Miglioramenti tecnologici.
Art. 50.  Assetto agricolo forestale del territorio.
Art. 51.  Interventi in zona agricola.
Art. 52.  Criteri per l'edificazione in zona agricola.
Art. 53.  Standard urbanistici.
Art. 53 bis.  Edilizia sostenibile.
Art. 54.  Perequazione urbanistica.
Art. 55.  Società di trasformazione urbana.
Art. 56.  Vincolo di inedificabilità.
Art. 57.  Disciplina del mutamento delle destinazioni d'uso degli immobili.
Art. 58.  Misure di salvaguardia del QTR.
Art. 59.  Misure di salvaguardia del P.T.C.P. e del P.T.C.M.
Art. 60.  Misure di salvaguardia del PSC.
Art. 61.  Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive.
Art. 62.  Adempimenti della Regione.
Art. 63.  Adeguamenti ed aggiornamenti.
Art. 64.  Adempimenti delle province.
Art. 65.  Termini di approvazione dei Piani Strutturali Comunali e disposizioni transitorie.
Art. 66.  Atti regionali di indirizzo, coordinamento e attuazione.
Art. 67.  Potere sostitutivo regionale.
Art. 68.  Supporti tecnici e finanziari per la formazione di strumenti urbanistici.
Art. 69.  Qualificazione e valorizzazione professionale.
Art. 70.  Società di certificazione urbanistica (S.C.U.).
Art. 71.  Sportello unico.
Art. 71 bis.  Ufficio del Piano.
Art. 72.  Sistema informativo provinciale.
Art. 73.  Abrogazione di precedenti norme e adeguamento degli strumenti urbanistici.
Art. 74.  Pubblicazione.


§ 5.1.59 - L.R. 16 aprile 2002, n. 19. [1]

Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge Urbanistica della Calabria.

(B.U. 23 aprile 2002, n. 7 - S.S. n. 3).

 

TITOLO I

Disposizioni generali

 

Art. 1. Oggetto della legge.

1. La presente legge, in attuazione dei princìpi di partecipazione e sussidarietà, e nel quadro dell'ordinamento della Repubblica e dell'Unione Europea, disciplina la pianificazione, la tutela ed il recupero del territorio regionale, nonché l'esercizio delle competenze e delle funzioni amministrative ad esso attinenti.

2. La Regione Calabria, pertanto:

a) assicura un efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale orientato allo sviluppo sostenibile del territorio regionale, da perseguire con un'azione congiunta di tutti i settori interessati, che garantisca l'integrità fisica e culturale del territorio regionale, nonché il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, dei connotati di civiltà degli insediamenti urbani, delle connessioni fisiche e immateriali dirette allo sviluppo produttivo e all'esercizio della libertà dei membri della collettività calabrese;

b) promuove un uso appropriato delle risorse ambientali, naturali, territoriali e storico-culturali anche tramite le linee di pianificazione paesaggistica;

c) detta norme sull'esercizio delle competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali al fine di promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione e valorizzazione del suolo, attraverso la rimodulazione delle diverse competenze;

d) favorisce la cooperazione tra la Regione, le province, i comuni e le comunità montane, e valorizza la concertazione tra le forze economiche, sociali, culturali e professionali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione, o la cui attività pubblica o d'interesse pubblico possa essere incidente sull'assetto del territorio;

e) garantisce la semplificazione dei procedimenti amministrativi, assicurando la trasparenza dei processi decisionali e promuove la partecipazione dei cittadini alla formazione delle scelte che incidono sulla qualità dello sviluppo e sull'uso delle risorse ambientali.

3. Ciascuna Amministrazione titolare di poteri di pianificazione territoriale ed urbanistica, contestualmente all'atto che dà avvio ai procedimenti previsti dalla presente legge, nomina, ai sensi dell'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, un responsabile dell'intero procedimento affidandogli, altresì, il compito di curare le attività relative alla pubblicità dello stesso e di assicurare a chiunque la conoscenza tempestiva delle decisioni e l'accesso ai relativi supporti conoscitivi e di adottare le forme più idonee per favorire la partecipazione dei cittadini singoli o associati al processo decisionale. Il responsabile del procedimento redige il fascicolo della partecipazione e della concertazione, consistente in una relazione dettagliata sulle attività di partecipazione con i cittadini e sulla concertazione tra gli enti territoriali. Il fascicolo è parte integrante del documento preliminare del PSC/PSA e della VAS".

4. La Giunta regionale, al fine di garantire l'omogeneità della documentazione nel territorio regionale, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio atto individua gli elaborati ed ogni altra documentazione tecnica facente parte degli strumenti di pianificazione territoriale.

 

     Art. 2. Partecipazione.

1. Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica sono assicurate:

a) la concertazione con le forze economiche e sociali nonché con le categorie tecnico-professionali, in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;

b) le specifiche forme di pubblicità per la tutela degli interessi coinvolti, anche diffusi;

c) il raccordo tra i soggetti preposti alla gestione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, i soggetti preposti alla salvaguardia dei beni e delle risorse presenti sul territorio, i soggetti titolari della gestione di attività incidenti sul territorio, con particolare riferimento alla mobilità delle persone e delle merci, all'energia, al turismo, al commercio e alle altre attività produttive rilevanti.

2. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive, deve essere garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti comunque concernenti la pianificazione, assicurando altresì il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti interessati e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse.

3. I comuni pubblicano nell'albo pretorio e sul sito internet istituzionale, gli strumenti urbanistici vigenti ed in itinere, le delibere, le determine, i progetti edilizi ed infrastrutturali di iniziativa pubblica, ovvero tutti gli atti di pianificazione e gestione del territorio ed i provvedimenti amministrativi, comprese le istanze dei privati per la trasformazione del territorio e i relativi titoli abilitativi ivi compresi i nominativi dei progettisti e direttori dei lavori. Sono altresì pubblicati gli atti di partecipazione popolare ai processi decisionali, i documenti, i resoconti, le memorie e le note dei cittadini singoli o associati dei processi di partecipazione ed il contenuto del fascicolo della partecipazione e della concertazione, ovvero tutti gli atti dei laboratori di cui all'articolo 11.

4. La mancata pubblicazione delle comunicazioni di cui al comma precedente, delle quali viene tenuto apposito registro accessibile al pubblico presso il responsabile del procedimento, comporta l'inefficacia degli atti, che può essere fatta rilevare da chiunque vi abbia interesse. La corretta tenuta del registro è affidata al responsabile del procedimento anche per le eventuali conseguenze della citata inefficacia.

 

     Art. 3. Princìpi generali della Pianificazione territoriale urbanistica.

1. La pianificazione territoriale ed urbanistica si fonda sul princìpio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni. A tal fine le scelte operate sono elaborate sulla base della conoscenza, sistematicamente acquisita, dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio, delle risorse, dei valori e dei vincoli territoriali anche di natura archeologica, delle utilizzazioni in corso, dello stato della pianificazione in atto, delle previsioni dell'andamento demografico e migratorio, nonché delle dinamiche della trasformazione economico-sociale, e sono definite sia attraverso la comparazione dei valori e degli interessi coinvolti, sia sulla base del princìpio generale della sostenibilità ambientale dello sviluppo.

2. La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obbiettivi generali:

a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo di norma in maniera contigua tale da favorire la continuità urbana in luogo dell'isolamento e dispersione, al fine di attuare un reale risparmio del territorio ed evitare realizzazioni di opere di urbanizzazione primaria, da parte dell'ente pubblico, necessari al servizio di nuclei sparsi;

b) assicurare che i processi di trasformazione preservino da alterazioni irreversibili i connotati materiali essenziali del territorio e delle sue singole componenti e ne mantengano i connotati culturali conferiti dalle vicende naturali e storiche;

c) migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;

d) ridurre e mitigare l'impatto degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali;

e) promuovere la salvaguardia, la valorizzazione ed il miglioramento delle qualità ambientali, architettoniche, culturali e sociali del territorio urbano, attraverso interventi di riqualificazione del tessuto esistente, finalizzati anche ad eliminare le situazioni di svantaggio territoriale;

f) prevedere l'utilizzazione di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione ovvero dai riempimenti dei cosiddetti vuoti urbani o aree a margine, fermo restando il soddisfacimento degli standard urbanistici per evitare nuclei isolati o sparsi sul territorio;

f-bis) promuovere piani e programmi di "Rigenerazione urbana" volti alla riqualificazione di parti significative di città e sistemi urbani per favorire un risparmio di territorio, un ammagliamento di tessuto urbano privo di attrattività che soddisfi le esigenze abitative all'interno del perimetro urbano esistente, creando, possibilmente, economie di scala. Tali piani e programmi devono garantire l'inclusione sociale, la qualità della vita e la capacità di resilienza urbana. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alla pianificazione territoriale ed urbanistica, approva un documento di indirizzo operativo, per definire le modalità di attuazione dei predetti piani e programmi di "Rigenerazione urbana", al quale gli enti territoriali possono conformarsi.

 

     Art. 4. Sussidarietà.

1. Sono demandate ai comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle province, le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovracomunale.

 

     Art. 5. I sistemi della Pianificazione territoriale urbanistica.

1. I sistemi naturalistico-ambientale, insediativo e relazionale della Regione Calabria sono oggetto della pianificazione territoriale e urbanistica:

a) il sistema naturalistico ambientale è costituito dall'intero territorio regionale non interessato dagli insediamenti e/o dalle reti dell'armatura urbana ma con gli stessi interagente nei processi di trasformazione, conservazione e riqualificazione territoriale;

b) il sistema insediativo è costituito dagli insediamenti urbani periurbani e diffusi, residenziali, industriali/artigianali, agricolo-produttivi e turistici;

c) il sistema relazionale è costituito dalle reti della viabilità stradale e ferroviaria; dalle reti di distribuzione energetica, dalle comunicazioni, dai porti, aeroporti ed interporti, centri di scambio intermodale.

2. La definizione dei sistemi di cui al comma precedente è compito prioritario e specifico della Regione che vi provvede attraverso la redazione del Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.), individuando:

a) per il sistema naturalistico-ambientale:

- le unità geomorfologiche e paesaggistiche ambientali;

- i corridoi di conflittualità ambientale;

- i corridoi di continuità ambientale;

- gli areali civici e collettivi silvo-ambientali;

- gli areali di valore;

- gli areali di rischio;

- gli areali di conflittualità;

- gli areali di abbandono/degrado;

- gli areali di frattura della continuità morfologica - ambientale;

b) per il sistema insediativo:

- gli ambiti urbani suddivisi in:

- suoli urbanizzati comprensivi dell'edificato, dei vuoti, delle aree a margine dimensionate in rapporto all'effettiva necessità di crescita dell'esigenza volumetrica nel breve periodo;

- suoli non urbanizzati;

- suoli riservati all'armatura urbana;

- gli ambiti periurbani suddivisi in:

- suoli agricoli abbandonati contigui agli ambiti urbani;

- suoli agricoli di uso civico e collettivi contigui agli ambiti urbani;

- sistemi insediativi diffusi extraurbani privi di organicità;

c) per il sistema relazionale che in ambito urbano fa parte dei suoli riservati all'armatura urbana:

- il sistema della viabilità stradale costituito dalle strade statali, regionali, provinciali, comunali e/o vicinali;

- il sistema ferroviario, costituito dalla rete delle ferrovie statali, regionali e/o in concessione;

- il sistema dei porti ed aeroporti, interporti/centri di scambio intermodale;

- il sistema delle reti energetiche, costituito da elettrodotti, metanodotti, oleodotti, acquedotti;

- il sistema delle telecomunicazioni, costituito dalle reti e dai nodi dei sistemi telefonici, informatici e simili.

3. I sistemi di cui al comma 1 devono essere considerati anche con riferimento alla loro eventuale continuità relazionale con i territori delle Regioni limitrofe.

 

     Art. 6. Modalità di intervento e di uso.

1. La pianificazione territoriale ed urbanistica si attua, ai fini della presente legge, attraverso definizioni, valutazioni e previsioni di intervento e di uso del territorio.

2. Le modalità di intervento si articolano in azioni tipologiche nell'ordine di priorità così definite:

a) conservazione: il cui fine è mantenere, ripristinare o restaurare i connotati costitutivi dei sistemi naturalistico ambientali, insediativi e relazionali, ovvero di loro parti o componenti, nonché degli usi compatibili a loro afferenti;

b) trasformazione: il cui fine è l'adeguamento dei sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, ovvero di loro parti o componenti, mediante l'introduzione di nuove soluzioni funzionali e di forma, purché compatibili con i loro connotati costitutivi e di uso;

c) nuovo impianto: il cui fine è la previsione di ampliamenti e/o di nuove parti dei sistemi insediativi e relazionali, eventualmente mutando le condizioni naturali preesistenti, previa verifica di compatibilità e di coerenza e sempre nel rispetto dell'organicità del disegno urbano.

3. Le modalità d'uso si articolano nelle seguenti tipologie:

a) insediativa;

b) produttiva;

c) culturale per la crescita sociale dei singoli e delle comunità;

d) infrastrutturale, materiale ed immateriale;

e) agricola-forestale;

f) uso misto.

 

     Art. 7. Gli ambiti della pianificazione territoriale.

1. Sono ambiti istituzionali di pianificazione:

a) il territorio regionale;

b) il territorio delle province;

b-bis) il territorio della Città metropolitana di Reggio Calabria;

c) il territorio dei comuni, dei loro consorzi e delle loro unioni;

d) gli ambiti territoriali e gli specchi d'acqua compresi nei parchi e nelle riserve naturali nazionali e regionali;

e) gli ambiti territoriali compresi nei bacini regionali ed interregionali nonché quelli di pianificazione paesaggistica, come definiti dal QTR ai sensi degli articoli 135, 143 e 146, D.Lgs. n. 42/2004;

f) i territori dei consorzi di bonifica;

g) i territori dei Consorzi e ASI Industriali.

 

     Art. 8. Sistema informativo territoriale e Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.).

1. È istituito presso l'Assessorato all'urbanistica e governo del territorio della Regione il Sistema Informativo Territoriale e l'Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.). In esso confluiscono tutti gli atti di pianificazione, le informazioni cartografiche realizzate degli Enti ed Organismi regionali e sub-regionali e le risorse a tale scopo destinate.

2. Il S.I.T.O. costituisce lo strumento conoscitivo di base per la definizione delle strategie e degli atti di governo del territorio, ivi compresa l'allocazione in quest'ultimo delle risorse, per la verifica dei loro effetti.

3. Il S.I.T.O.:

a) cura la realizzazione della cartografia di base regionale e delinea norme e criteri per la formazione della cartografia tematica informatizzata;

b) approfondisce e diffonde la conoscenza delle risorse e delle trasformazioni del territorio regionale;

c) fornisce ai soggetti competenti per la programmazione economica ed alla pianificazione territoriale ed urbanistica le informazioni necessarie per la redazione, la verifica e l'adeguamento dei diversi strumenti, comprese le informazioni riguardanti i progetti d'intervento finanziati e/o cofinanziati dall'Unione, dello Stato e delle altre regioni;

d) registra gli effetti indotti dall'applicazione delle normative e dall'azione di trasformazione del territorio;

e) sviluppa e coordina i flussi informativi tra gli enti titolari dell'informazione territoriale presenti nella Regione; i flussi ed i dati suddetti vengono costantemente implementati dalle informazioni trasmesse dalle Amministrazioni Comunali e dagli altri enti titolari di potestà urbanistica concernenti il rilascio dei permessi di costruire e di altri atti abilitativi rilevanti ai fini del presente articolo; a tal fine il S.I.T.O. si implementa di un sistema di collegamento costante con gli sportelli unici per l'edilizia istituiti presso le province ed i comuni ai sensi dell'art. 71;

f) predispone criteri, requisiti e metodi di misurazione dell'efficienza e dell'efficacia delle procedure di allocazione delle risorse nel territorio e degli strumenti urbanistici, nonché delle loro interrelazioni e modalità di attuazione, anche ai fini dell'attività normativa di indirizzo e di coordinamento della Regione e degli enti locali;

g) favorisce la conoscenza dei dati relativi ad esperienze rilevanti realizzate nell'Unione, nella Repubblica e nella Regione riguardanti le metodologie tecniche e i risultati ottenuti nella pianificazione e gestione del territorio;

h) stabilisce collegamenti con i corrispondenti servizi informativi dell'Unione, della Repubblica e delle altre regioni;

i) promuove servizi di informazione al cittadino.

4. Il S.I.T.O. realizza, altresì, annualmente:

a) il programma regionale delle attività in ordine alle procedure di allocazione delle risorse, agli strumenti conoscitivi e di controllo di queste sul piano territoriale con le connesse rilevazioni cartografiche;

b) la sintesi informativa in ordine alle trasformazioni territoriali regionali e al relativo contesto geo-economico.

5. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'urbanistica e governo del territorio, sentita la commissione consiliare competente nonché la rappresentanza dell'U.P.I., dell'A.N.C.I., dell'U.N.C.E.M. e della Lega delle Autonomie Locali predispone ed approva nel termine di 120 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, la delibera di costituzione ed organizzazione del S.I.T.O., comprensiva delle dotazioni organiche, strumentali e finanziarie del sistema stesso.

6. Il S.I.T.O. trasmette ogni anno al Consiglio regionale, in occasione della presentazione della proposta del bilancio regionale di previsione, una dettagliata relazione, da pubblicare sul Bollettino Ufficiale della Regione, sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e sullo stato di attuazione delle relative previsioni.

7. In sede di applicazione delle norme del presente articolo sono fatti salvi i contenuti e gli effetti della D.G.R. 4 dicembre 2000, n. 1008 e della D.G.R. 26 febbraio 2002, n. 145.

8. I comuni sono obbligati a produrre i dati del PSC/PSA in conformità agli standard definiti nell'Allegato "A" che costituisce parte integrante della presente legge. Entro novanta giorni dall'avvenuta approvazione da parte dei consigli comunali, i comuni trasmettono al Dipartimento regionale n. 8 - Settore 2 SITO e Cartografia, gli elaborati di Piano. Il SITO entro sessanta giorni dalla ricezione, ne attesta la conformità agli standard di cui all'allegato "A". L'allegato "A", inoltre, possiede l'efficacia dell'atto di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge.

 

     Art. 8 bis. Politica del paesaggio e istituzione dell'Osservatorio Regionale per il Paesaggio.

1. La Regione recepisce la Convenzione Europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con legge n. 14/2006, aderisce alla RECEP (Rete Europea degli Enti territoriali per l'attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio) e attua i contenuti della "Carta Calabrese del Paesaggio" sottoscritta il 22 giugno 2006 da Regione, Province, ANCI, Università, Parchi e Direzione regionale per i Beni culturali e Paesaggistici.

2. In attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio e della "Carta Calabrese del Paesaggio", la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'Urbanistica e Governo del Territorio, istituisce "l'Osservatorio Regionale per il Paesaggio" con lo scopo di promuovere azioni specifiche per l'affermazione di una politica di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio nel rispetto della normativa nazionale vigente.

3. Le funzioni esercitate dall'Osservatorio Regionale per il Paesaggio sono le seguenti:

a) coordina l'attività culturale, scientifica e organizzativa in materia di sensibilizzazione, formazione ed educazione, fornendo supporto tecnico e scientifico all'attuazione delle leggi nazionali e regionali in materia, e promuovendo il raccordo con gli organi di competenza statale ed europea;

b) elabora e gestisce strumenti per la tutela-valorizzazione del Paesaggio su tutto il territorio regionale, anche attraverso la redazione di appositi strumenti di rilevazione finalizzati alla identificazione - caratterizzazione degli ambiti paesaggistici della Calabria;

c) coordina, le attività di manutenzione e aggiornamento della Banca dati appositivamente costruita per la identificazione dei sistemi paesaggistici della Regione;

d) promuove il raccordo tra le azioni della Regione e degli Enti locali per la promozione del territorio partecipando alla definizione degli obiettivi strategici degli Assessorati regionali e della Commissione Consiliare competente direttamente o indirettamente interessati ai temi del Paesaggio.

4. In attuazione della Carta Calabrese del Paesaggio, l'Assessorato regionale all'Urbanistica e Governo del territorio elabora il Documento relativo alla "Politica del Paesaggio per la Calabria". Il suddetto documento finalizzato a definire i principi generali, le strategie e gli orientamenti che consentono l'adozione, da parte degli enti competenti, di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e/o progettare il paesaggio in tutto il territorio regionale, dovrà essere elaborato in sintonia con le "Linee-Guida della Pianificazione Regionale" e costituirà parte integrante del Quadro Territoriale Regionale. Esso dovrà essere sottoposto al parere vincolante della Commissione Consiliare di competenza.

5. Gli enti territoriali, elaborando il quadro conoscitivo della propria strumentazione urbanistica, possono individuare i paesaggi caratterizzanti e identitari da tutelare e valorizzare o potenziare e trasmettere le risultanze all'Osservatorio regionale sul paesaggio che ne cura la catalogazione e la diffusione culturale.

 

     Art. 9. Misure organizzative straordinarie per il supporto alla redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.

1. Al fine di imprimere un'accelerazione nella redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica previsti dalla presente legge, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio assicura il raccordo delle diverse funzioni regionali coinvolte nel procedimento di formazione dei suddetti strumenti di pianificazione. La Giunta regionale, entro il 30 settembre 2016 su proposta dell'Assessore alla pianificazione territoriale ed urbanistica, approva un disciplinare operativo allo scopo di regolamentare lo svolgimento delle funzioni medesime.

2. Il Settore di cui al comma 1, inoltre, con il contributo dei rappresentanti dei dipartimenti regionali preposti ad esprimere parere obbligatorio nella fase di formazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, ciascuno per la propria competenza, assicura che gli atti di governo territoriali si formino nel rispetto dei termini e delle disposizioni della presente legge e dei relativi regolamenti di attuazione, in conformità ed in coerenza con gli strumenti di pianificazione sovraordinati. A tal fine, svolge in particolare le seguenti funzioni:

a) fino all'approvazione del QTR e della relativa certificazione del quadro conoscitivo regionale di cui al comma 9-bis. dell'articolo 25, verifica il quadro conoscitivo del Piano, sulla scorta dei dati territoriali tematici forniti dal SITO di cui all'articolo 8, quale contributo per l'elaborazione dello stesso da parte degli enti interessati;

b) esprime, per conto dell'Amministrazione regionale, il parere preliminare da rendere in seno alla conferenza di pianificazione di cui all'articolo 13, sul documento preliminare del Piano e sul REU di cui all'articolo 27, integrato dall'indicazione della perimetrazione dell'area da assoggettare a piano comunale di spiaggia di cui all'articolo 24, per i comuni costieri non ancora dotati, e del Rapporto Ambientale Preliminare di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e all'articolo 23, comma 1, del R.R. 4 agosto 2008, n. 3 (Regolamento regionale delle procedure di Valutazione di Impatto ambientale, di Valutazione ambientale strategica e delle procedure di rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali);

c) esprime per conto della Regione, secondo quanto disposto dall'articolo 27, dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dall'articolo 25 del R.R. n. 3/2008, il parere definitivo motivato sul Piano e sul REU adottati, integrato dall'indicazione della perimetrazione dell'area da assoggettare a piano comunale di spiaggia di cui all'articolo 24, per i comuni costieri non ancora dotati, completo del Rapporto Ambientale e della Sintesi non tecnica, previa verifica del recepimento delle osservazioni formulate nel parere preliminare e dello svolgimento delle consultazioni, ai sensi dell'articolo 14 del D.Lgs. n. 152/2006 e dell'articolo 24 del R.R. n. 3/2008.

3. Le misure organizzative di cui al presente articolo non possono determinare nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale.

 

     Art. 9 bis. Nucleo di valutazione urbanistico-territoriale.

1. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'urbanistica e governo del territorio, istituisce il nucleo di valutazione urbanistico-territoriale della Regione Calabria.

2. È compito del nucleo:

a) monitorare le attività di valutazione di cui all'articolo 10;

b) esprimere alla Giunta regionale pareri in merito alla definizione del QTR ed i suoi rapporti con il Sistema Informativo Territoriale (SITO), nonché sulle prescrizioni di carattere territoriale degli atti e dei documenti della pianificazione settoriale regionale e della loro traduzione in termini informatici;

c) predisporre un rapporto annuale sullo stato della pianificazione del territorio regionale da presentarsi alla Giunta regionale che esprime parere, entro 30 giorni dalla ricezione, e lo trasmette, con propria delibera, al Consiglio regionale per la definitiva approvazione;

d) fornire, su richiesta, ogni forma di assistenza alle strutture del SITO e agli sportelli unici per l'edilizia.

3. Il nucleo di valutazione è composto da:

a) l'Assessore regionale all'urbanistica e al governo del territorio, che lo presiede;

b) i dirigenti dei settori urbanistica e governo del territorio del dipartimento regionale;

c) il segretario dell'Autorità di bacino regionale;

d) i rappresentanti delegati dalla Provincia;

e) un delegato dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e uno dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE);

f) un delegato in rappresentanza di ogni parco della Regione Calabria;

g) un rappresentante per ciascuno degli Ordini professionali degli architetti, pianificatori, paesaggisti, conservatori, degli ingegneri, dei geologi, degli agronomi e forestali, nonché dei geometri;

h) un rappresentante designato da ciascuna università calabrese;

i) un rappresentante dell'Unione regionale delle bonifiche e delle irrigazioni;

j) un rappresentante dell'Unione piccoli Comuni;

k) un rappresentante unitario delle organizzazioni ambientaliste e protezioniste;

l) un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori;

m) un delegato della Lega delle Autonomie locali;

n) un rappresentante del Consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive (CORAP);

o) un delegato dell'autorità marittima territoriale;

p) un rappresentante della Città metropolitana di Reggio Calabria;

q) cinque esperti nominati dal Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'urbanistica e al governo del territorio, con particolare competenza in materia di pianificazione urbanistica, territoriale, tutela e conservazione del patrimonio storico, architettonico e paesaggistico della Calabria, di difesa e gestione del rischio geologico, idrogeologico e di riduzione del rischio sismico;

q-bis) un rappresentante della competente Soprintendenza e degli uffici regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT);

q-ter) un rappresentante delle organizzazioni del mondo cooperativo calabrese;

q-quater) un rappresentante delle organizzazioni professionali del mondo agricolo calabrese;

q-quinquies) un rappresentante delle cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi, iscritto al relativo albo nazionale presso il Ministero dello sviluppo economico (MiSE).

4. I componenti del nucleo di valutazione sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale e durano in carica per l'intera legislatura e, comunque, fino alla designazione dei sostituti.

5. La partecipazione dei componenti di cui al comma 3 è a titolo gratuito e non determina oneri a carico del bilancio regionale.

 

     Art. 10. Valutazione ambientale strategica.

1. La Regione, le provincie e i comuni provvedono, nell’ambito dei procedimenti di elaborazione e di approvazione degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, alla valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale. Essa è effettuata conformemente alla legislazione nazionale e regionale nonché al regolamento vigente.

2. La Valutazione ambientale strategica è un processo obbligatorio nella fase di elaborazione, adozione e approvazione per tutti i piani e i programmi di cui all’articolo 6, comma 2 del D.Lgs. 152/06 ss.mm.ii.. È finalizzata a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente nonché a contribuire all’integrazione delle considerazioni ambientali nel processo di elaborazione e di approvazione del piano, assicurando anche la coerenza tra i diversi livelli di pianificazione nella prospettiva dello sviluppo sostenibile. Tale processo comprende l’elaborazione di un Rapporto Ambientale Preliminare, l’eventuale svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del Rapporto Ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio. In particolare la Valutazione ambientale, è un processo obbligatorio per gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale previsti ai vari livelli dalla normativa nazionale e regionale.

3. Con riferimento alla pianificazione strutturale ed operativa la valutazione ambientale strategica è rivolta in particolare:

a) a perseguire la sostenibilità degli interventi antropici rispetto alla quantità e qualità delle acque superficiali e sotterranee, alla criticità idraulica del territorio ed all’approvvigionamento idrico, alla capacità di smaltimento dei reflui, ai fenomeni di dissesto idrogeologico e di instabilità geologica, alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico, al risparmio e all’uso ottimale delle risovrse energetiche e delle fonti rinnovabili;

b) a rendere possibile il restauro e la riqualificazione del territorio, con miglioramento della funzionalità complessiva attraverso una razionale distribuzione del peso insediativo della popolazione e delle diverse attività, con particolare riguardo alla riduzione del consumo di suolo;

c) a realizzare una rete di infrastrutture, impianti, opere e servizi che assicurino la circolazione delle persone, delle merci e delle informazioni, realizzata anche da sistemi di trasporto tradizionali od innovativi, con la relativa previsione di forme d’interscambio e connessione, adottando soluzioni tecniche e localizzative finalizzate alla massima riduzione degli impatti sull’ambiente.

4. La valutazione ambientale strategica si attua attraverso un processo di partecipazione che si sviluppa anche all’interno della conferenza di pianificazione, convocata ai sensi dell’articolo 13, ed accompagna l’intero processo di formazione, adozione e approvazione del piano.

5. Il rapporto ambientale, redatto ai fini della VAS, ai sensi del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., come parte integrante della proposta di piano oggetto di adozione, deve riguardare l’insieme degli impatti significativi, diretti ed indiretti, a breve, medio e a lungo termine, permanenti e temporanei, singoli, cumulativi e sinergici, positivi e negativi, che gli strumenti di pianificazione possono avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora, il suolo e sottosuolo, l’acqua, il mare, le acque superficiali e sotterranee, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio architettonico e archeologico, il paesaggio, l’ambiente urbano e rurale e le loro reciproche interazioni. Esso deve essere elaborato nell’ambito della redazione del Piano e nel rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. e dal regolamento regionale”.

 

TITOLO II

Partecipazione e Concertazione

 

     Art. 11. Partecipazione dei cittadini.

1. I procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di governo del territorio, prevedono quali loro componenti essenziali:

a) la concertazione tra le amministrazioni procedenti e le forze sociali ed economiche sugli obiettivi della pianificazione attraverso la costituzione di Organismi consultivi cui partecipano le seguenti Associazioni regionali:

- un rappresentante dell'U.P.I.;

- un rappresentante dell'A.N.C.I.;

- un rappresentante dell'U.N.C.E.M.;

- un rappresentante dell'A.N.C.E.;

- un rappresentante per ciascuna delle Federazioni degli Ordini professionali degli architetti - pianificatori - paesaggisti - conservatori, degli agronomi, geologi ed ingegneri, nonché dei geometri;

- un rappresentante unitario delle organizzazioni ambientaliste e protezioniste, un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole operanti sul territorio;

- un rappresentante dell'Associazione piccoli comuni (ANPC);

b) specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela d'interessi diffusi.

2. Gli Enti locali possono prevedere che, nei medesimi procedimenti, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, siano previste ulteriori forme di pubblicità e di consultazione oltre a quelle della presente legge.

3. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive, è garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento attraverso la più ampia pubblicità degli atti e documenti concernenti la pianificazione ed assicurando il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti intervenuti e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse, anche ai sensi del precedente articolo 1.

4. Nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio deve essere garantito il diritto al contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente.

5. Il responsabile del procedimento cura tutte le attività relative alla pubblicità, all'accesso agli atti e documenti ed alla partecipazione al procedimento d'approvazione. Il responsabile è individuato nell'atto d'avvio dei procedimenti di approvazione dei piani.

6. I Comuni per promuovere la partecipazione allargata dei cittadini alla definizione degli strumenti urbanistici e delle politiche di sviluppo e governo del territorio comunale nonché favorire una reale attività di partecipazione e condivisione collettiva anche per le attività progettuali riferite a opere di rilievo e di interesse pubblico e nel rispetto del principio della sostenibilità, istituiscono e gestiscono con personale adeguato, specifici "laboratori di partecipazione" che possono essere organizzati, in funzione delle specifiche necessità e situazioni anche in maniera diffusa, ma coordinata e in rete, nel contesto cittadino e più in generale territoriale e intercomunale. I laboratori di partecipazione, in relazione allo strumento urbanistico che si dovrà redigere e attuare (Strumenti di pianificazione comunale - strumenti di pianificazione comunale in forma associata, strumenti di pianificazione negoziata come definiti dalla presente legge e piani strategici e di sviluppo) ed anche in funzione di specifiche esigenze locali, possono essere articolati in:

a) laboratori urbani;

b) laboratori di quartiere;

c) laboratori territoriali.

7. I laboratori urbani, attivati ad opera del RUP, sono organizzati preferibilmente attraverso un urban center comunale e associato. L'attività di partecipazione dei cittadini e di concertazione degli enti territoriali deve essere svolta sia per la strumentazione urbanistica generale e di dettaglio che per le opere pubbliche. Per le opere pubbliche, le attività di partecipazione e concertazione sono svolte solamente quando non sono state previste in piani urbanistici già partecipati, e quando dispiegano effetti significativi su porzioni rilevanti di popolazione. L'eventuale attività di partecipazione deve avvenire con processi tracciabili, ovvero con uno schema informativo completo sia sul sito internet di riferimento che in forma cartacea. Le osservazioni e gli interventi, espressi durante l'attività di partecipazione, sono riportati nel fascicolo della partecipazione e della concertazione. Le opere pubbliche predisposte in funzione di manifestazioni d'interesse per contributi di natura regionale, statale o comunitaria, le opere predisposte con il requisito di urgenza per interesse pubblico o pubblica sicurezza e le opere per le quali vi siano termini perentori non compatibili con le attività di partecipazione non sono sottoposte agli adempimenti del presente comma.

 

     Art. 12. Concertazione istituzionale.

1. La Regione, le province e i comuni, nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, conformano la propria attività al metodo della concertazione con gli altri Enti pubblici territoriali e con le altre Amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti.

2. Sono strumenti della concertazione istituzionale la Conferenza di pianificazione, la Conferenza di servizi e l'accordo di programma.

 

     Art. 13. Conferenze di pianificazione.

1. La Regione, le province ed i comuni, in occasione della formazione, dell'aggiornamento e della variazione dei piani di propria competenza convocano apposite conferenze di pianificazione, chiamando a parteciparvi gli enti territorialmente interessati ed invitandoli a valutare un documento preliminare in ordine alla compatibilità ed alla coerenza delle scelte pianificatorie con le previsioni degli strumenti di pianificazione sovraordinati ed alla realizzazione delle condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio.

2. Il documento preliminare è elaborato dall'ente che indice la conferenza, sulla scorta del quadro conoscitivo regionale di cui al comma 9-bis. dell'articolo 25 e, fino all'approvazione del QTR e della relativa certificazione, del contributo del Settore Urbanistica del Dipartimento ambiente e territorio di cui all'articolo 9. Contestualmente alla convocazione della conferenza, è trasmesso, in copia digitale, ai soggetti invitati, nelle forme previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale).

3. Alla Conferenza partecipano gli enti territoriali e le Amministrazioni che concorrono alla procedura di formazione del piano mediante atti deliberativi, consultivi, di intesa o di assenso comunque denominati; possono altresì, partecipare altre Amministrazioni ed enti di gestione rappresentativi degli interessi coinvolti.

4. Nella Conferenza di pianificazione le forze economiche e sociali, di cui al comma 1 lettera a) del precedente articolo 11, concorrono alla definizione degli obiettivi e delle scelte dei piani delineate dal documento preliminare.

5. Ogni amministrazione partecipa alla Conferenza con un unico rappresentante, legittimato ai sensi di legge dai rispettivi Organismi titolari dei poteri, che esprime definitivamente ed in modo vincolante le valutazioni e la volontà dell'ente.

6. Le Amministrazioni, gli Enti e le Associazioni partecipanti alla Conferenza espongono le loro osservazioni, proposte e valutazioni, delle quali si dà atto in un apposito verbale che l'amministrazione procedente è tenuta a considerare nel processo di pianificazione avviato.

7. La conferenza di pianificazione si conclude con l'acquisizione dei pareri preliminari e delle osservazioni formulati dagli enti e dai soggetti che per legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante e, comunque, non oltre il termine di novanta giorni, decorso il quale gli stessi si intendono acquisiti, secondo quanto disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). L'amministrazione procedente assicura la pubblicità degli esiti della concertazione. Resta escluso il silenzio assenso nelle ipotesi previste dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

7-bis. Sono fatte salve le attività di copianificazione e le specifiche competenze previste per la redazione dei piani paesaggistici di cui agli articoli 135, 143 e 156 del D.Lgs. n. 42/2004.

 

     Art. 14. Conferenze di servizi.

1. Il procedimento semplificato di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni è applicabile per l'approvazione di progetti di opere e di interventi che, nel rispetto della pianificazione regionale e provinciale, necessitano di pareri, nulla - osta, intese o assensi comunque denominati da parte di altre Amministrazioni titolate ad esprimerli.

2. Qualora l'approvazione dei progetti da parte della Conferenza di servizi comporti variante alla strumentazione urbanistica vigente o si sostituisca agli strumenti di attuazione di esso:

a) l'atto di impulso dell'autorità procedente deve essere adeguatamente circostanziato e motivato sulle ragioni di convenienza e di urgenza per il ricorso al procedimento semplificato di cui al presente articolo;

b) se ne deve dare atto nella prima seduta della Conferenza anche agli effetti di quanto disposto nelle successive lettere c) e d), qualora la variante ricada nella fattispecie di cui al comma 3 e 3-bis. dell'articolo 6 del D.Lgs. 152/2006 s.m.i., si dovrà dare atto dell'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 152/2006 s.m.i.

c) la relativa pronuncia dell'amministrazione comunale deve essere preceduta da conforme deliberazione del consiglio comunale;

d) la deliberazione consiliare di cui alla lettera c), unitamente agli atti presentati nel corso della prima seduta della Conferenza è depositata a cura del Comune interessato a libera visione del pubblico per 30 giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato a mezzo manifesti sull'intero territorio comunale ai fini dell'eventuale presentazione nello stesso periodo di osservazione da parte di chiunque vi abbia interesse;

e) le osservazioni vengono presentate al Comune interessato il quale, entro quindici giorni, le istruisce per quanto di competenza per la loro sottoposizione alla decisione della Conferenza medesima in seduta deliberante da convocare comunque entro il termine di 90 giorni decorrenti dalla data della prima seduta della stessa.

e-bis) qualora l'esito di assoggettabilità di cui alla precedente lettera b) preveda l'assoggettabilità alla VAS, è fatto salvo durante tutto il procedimento quanto previsto dal D.Lgs. 152/2006 s.m.i., e dal regolamento regionale per la VAS. Per le disposizioni di cui alle lettere precedenti in contrasto per forma e termini con il procedimento della VAS, si intendono risolte con il prevalere delle prescrizioni di quest'ultimo procedimento, ivi comprese modalità e termini di pubblicità, partecipazione e termini del procedimento.

3. Le deliberazioni adottate sostituiscono a tutti gli effetti gli atti dei rispettivi procedimenti ordinari, fermo restando che qualora esse comportino sostanziali modifiche al progetto sul quale si è già pronunciato il Consiglio comunale ai sensi del comma 2, lettera c), e non sia stato preventivamente acquisito il suo assenso, la loro efficacia è subordinata alla ratifica da parte di tale organo da adottarsi entro trenta giorni dalla data di assunzione delle deliberazioni stesse.

4. Delle determinazioni conclusive assunte dalla Conferenza di servizi è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione approvati, da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione locale.

5. Per quanto non previsto nel presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14, 14-bis. e 14-ter della legge n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni.

6. I procedimenti di cui al presente articolo devono concludersi entro e non oltre 90 giorni dalla data di inizio.

7. In sede di prima applicazione per i procedimenti di cui al precedente comma 2 già avviati e per i quali non siano state conclude le procedure propedeutiche alla pronuncia definitiva del Consiglio comunale ai sensi dell'articolo 25 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, si procede secondo le disposizioni del presente articolo.

 

     Art. 15. Accordo di programma.

1. Per l'attuazione dei piani territoriali di livello regionale, interregionale, provinciale e comunale, nonché per l'attuazione dei patti territoriali, dei contratti di programma, ovvero per l'attuazione di tutte le altre forme di concertazione economico-finanziaria, ivi compresi interventi ed opere pubbliche o di interesse pubblico promosse da soggetti istituzionali, da Organismi misti o dal mercato, i soggetti interessati promuovono la conclusione di un accordo di programma, ai sensi dell'articolo 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Per le conferenze di servizio convocate per l'attuazione dell'accordo di cui al primo comma si applicano le norme statali vigenti.

 

TITOLO III

Opere di interesse generale

 

     Art. 16. Opere di interesse statale.

1. La volontà di intesa, in ordine alla localizzazione delle opere pubbliche statali e di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, è espressa dalla Giunta regionale previa convocazione di una Conferenza dei servizi, alla quale partecipano le province, i comuni e gli altri enti territorialmente interessati.

2. Qualora l'opera statale incida su aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali al soddisfacimento dello standard dei servizi alla popolazione, il Comune, in sede di Conferenza dei servizi, può chiedere all'amministrazione statale procedente interventi compensativi, al fine di recuperare le aree necessarie alla realizzazione di detti servizi.

3. La procedura finalizzata all'intesa Stato - Regione non trova applicazione in relazione ad opere prive di specifica incidenza urbanistica, quali quelle rientranti nelle tipologie individuate dall'articolo 3, lettera b) e c), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per la cui realizzazione è sufficiente l'invio al Comune, da parte dell'amministrazione statale interessata, di una relazione illustrante le caratteristiche dell'intervento, anche al fine di consentire all'Amministrazione comunale, ove ritenga che il progetto non sia riconducibile alle tipologie anzidette, di sollecitare alla Regione l'attivazione delle procedure d'intesa.

4. Per la realizzazione di opere di competenza e di interesse statale non occorre il rilascio del permesso di costruire.

 

TITOLO IV

Strumenti e contenuti della pianificazione

 

     Art. 17. Quadro territoriale regionale. (Q.T.R.).

1. Il Quadro territoriale regionale (Q.T.R.) è lo strumento di indirizzo per la pianificazione del territorio con il quale la Regione, in coerenza con le scelte ed i contenuti della programmazione economico - sociale, stabilisce gli obiettivi generali della propria politica territoriale, definisce gli orientamenti per la identificazione dei sistemi territoriali, indirizza ai fini del coordinamento la programmazione e la pianificazione degli enti locali.

2. Il Q.T.R. ha valore di piano urbanistico-territoriale, ed ha valenza paesaggistica riassumendo le finalità di salvaguardia dei valori paesaggistici ed ambientali di cui all'articolo 143 e seguenti del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

3. Il Q.T.R. prevede:

a) la definizione del quadro generale della tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio regionale, con l'individuazione delle azioni fondamentali per la salvaguardia dell'ambiente;

b) le azioni e le norme d'uso finalizzate tanto alla difesa del suolo, in coerenza con la pianificazione di bacino di cui alla legge n. 183/1989, quanto alla prevenzione ed alla difesa dai rischi sismici ed idrogeologici, dalle calamità naturali e dagli inquinamenti delle varie componenti ambientali;

c) la perimetrazione dei sistemi naturalistico-ambientale, insediativi e relazionale costituenti del territorio regionale, individuandoli nelle loro relazioni e secondo la loro qualità ed il loro grado di vulnerabilità e riproducibilità;

c-bis) la perimetrazione delle terre di uso civico e di proprietà collettiva, a destinazione agricola o silvo-pastorale, con le relative popolazioni insediate titolari di diritti;

d) le possibilità di trasformazione del territorio regionale determinate attraverso la individuazione e la perimetrazione delle modalità d'intervento di cui al precedente articolo 6 nel riconoscimento dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla legislazione statale e di quelli ad essi assimilabili ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e della legge 6 dicembre 1991, n. 394;

e) il termine entro il quale le province devono dotarsi od adeguare il Piano Territoriale di Coordinamento di cui all'articolo 18;

f) il termine entro il quale le previsioni degli strumenti urbanistici comunali debbono adeguarsi alle prescrizioni dei Q.T.R.;

g) l'analisi dei sistemi naturalistici ambientali ai fini della loro salvaguardia e valorizzazione;

h) l'individuazione degli ambiti di pianificazione paesaggistica ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004.

4. Costituisce parte integrante del Q.T.R. la Carta regionale dei luoghi che, in attuazione dei princìpi identificati al precedente art. 5, definisce:

a) la perimetrazione dei sistemi che costituiscono il territorio regionale individuandone le interrelazioni a secondo della loro qualità, vulnerabilità e riproducibilità;

b) i gradi di trasformabilità del territorio regionale derivanti dalla individuazione e dalla perimetrazione delle forme e dei modelli di intervento, di cui al precedente art. 5, con la conseguente nomenclatura dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla disciplina statale e regionale sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali singoli ed ambientali;

c) le modalità d'uso e d'intervento dei suoli derivati dalla normativa statale di settore in materia di difesa del suolo e per essa dal Piano di Assetto idrogeologico della Regione Calabria.

4-bis. Il QTR esplicita la sua valenza paesaggistica direttamente tramite normativa di indirizzo e prescrizioni e più in dettaglio attraverso successivi Piani Paesaggistici di Ambito (PPd'A) come definiti dallo stesso QTR ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004. Per la elaborazione del Piano Paesaggistico la Regione può ricorrere, ai sensi del comma 3, art. 143 del Dlgs. 42/04 e s.m.i., alla pianificazione congiunta con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con il Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del mare, previa sottoscrizione di una apposita intesa.

5. La Giunta regionale, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, elabora le linee guida della pianificazione regionale e lo schema base della Carta regionale dei luoghi. A tal fine, tramite il suo Presidente, indice un'apposita Conferenza di pianificazione diretta alla formulazione di un protocollo di intesa con le province e con le altre Amministrazioni competenti per la predisposizione degli atti e documenti che entreranno a far parte delle linee guida medesime, che dalla data della loro approvazione assumono il valore e l'efficacia del Q.T.R. fino all'approvazione dello stesso anche con funzione di indirizzo per tutto il processo di pianificazione ai diversi livelli.

 

     Art. 17 bis. Valenza Paesaggistica del QTR e Piani Paesaggistici di Ambito.

1. La valenza paesaggistica del QTR, come indicato al comma 4-bis. del precedente articolo, si esercita anche tramite Piani Paesaggistici d'Ambito.

2. I Piani Paesaggistici d'Ambito (PPd'A) sono strumenti di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del territorio ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004 operanti su area vasta, sub-provinciale o sovracomunale.

3. Gli ambiti di cui ai PPd'A sono indicati dal QTR.

4. I PPd'A hanno funzione normativa, prescrittiva e propositiva a seconda dei livelli di qualità del paesaggio nei vari ambiti individuati dal QTR, assunti dai PTCP.

5. Il quadro conoscitivo relativo al PPd'A dettaglia le analisi del QTR è può essere completato dalle indagini relative al PTCP.

6. Gli scenari prospettici e gli apparati normativi dei PPd'A saranno determinati nell'elaborazione degli strumenti stessi.

 

     Art. 18. Piano territoriale di coordinamento provinciale. (P.T.C.P.).

1. Il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) è l'atto di programmazione con il quale la Provincia esercita, nel governo del territorio, un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale; riguardo ai valori paesaggistici ed ambientali, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 22, esso si raccorda ed approfondisce i contenuti del Q.T.R..

2. Il P.T.C.P. costituisce, dalla data della sua approvazione, in materia di pianificazione paesaggistica, riferimento per gli strumenti comunali di pianificazione e per l'attività amministrativa attuativa. In particolare esso dettaglia il quadro conoscitivo già avanzato dal QTR e indirizza strategie e scelte tenendo conto della valenza paesaggistica del QTR e dei Piani Paesaggistici d'Ambito.

3. Il P.T.C.P., in relazione alla totalità del territorio provinciale, assume come riferimento le linee di azione della programmazione regionale e le prescrizioni del Q.T.R., specificandone le analisi ed i contenuti.

4. Il P.T.C.P., ferme restando le competenze dei comuni e degli Enti parco:

a) definisce i princìpi sull'uso e la tutela delle risorse del territorio provinciale, con riferimento alle peculiarità dei suoi diversi ambiti incluse le terre civiche e di proprietà collettiva e tenendo conto della pianificazione paesaggistica;

b) individua ipotesi di sviluppo del territorio provinciale, indicando e coordinando gli obiettivi da perseguire e le conseguenti azioni di trasformazione e di tutela;

c) indica la localizzazione sul territorio degli interventi di competenza provinciale, regionale e statale, programmati o in fase di realizzazione, nonché, in applicazione delle prescrizioni della programmazione regionale, la localizzazione sul territorio degli interventi di competenza regionale;

d) individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, le aree da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero per le popolazionio colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse.

5. Il P.T.C.P. stabilisce inoltre criteri e parametri per le valutazioni di compatibilità tra le varie forme e modalità di utilizzazione delle risorse essenziali del territorio.

6. Il P.T.C.P. contiene:

a) il quadro conoscitivo delle risorse essenziali del territorio e il loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità in riferimento ai sistemi ambientali locali, indicando, con particolare riferimento ai bacini idrografici, le relative condizioni d'uso, anche ai fini delle valutazioni di cui all'articolo 10;

b) il quadro conoscitivo dei rischi;

c) le prescrizioni sull'articolazione e le linee di evoluzione dei sistemi territoriali, urbani, rurali e montani;

d) prescrizioni, criteri ed ambiti localizzativi in funzione delle dotazioni dei sistemi infrastrutturali e dei servizi di interesse sovracomunale, nonché della funzionalità degli stessi in riferimento ai sistemi territoriali ed alle possibilità di una loro trasformazione;

e) prescrizioni localizzative indicate da piani provinciali di settore;

f) le opportune salvaguardie ai sensi dell'articolo 58.

7. Le prescrizioni dei P.T.C.P., di cui ai precedenti commi, costituiscono, unitamente alle leggi, il riferimento esclusivo per la formazione e l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, salvo quanto previsto dall'articolo 58.

8. Dall'entrata in vigore della presente legge la Provincia approva il P.T.C.P. entro il termine di 24 mesi; decorso infruttuosamente tale termine la Regione procede alla nomina di un Commissario ad acta.

9. Dall'avvenuta approvazione definitiva del PTCP, tutte le norme e previsioni dei PSC/PSA in contrasto con il PTCP medesimo si intendono automaticamente decadute, qualora la Provincia abbia provveduto a notificare i contrasti ai rispettivi comuni, e ne abbia dato evidenza pubblica mediante avviso sull'albo pretorio per trenta giorni e sul proprio portale istituzionale fino all'adeguamento degli strumenti comunali, nonché pubblicato su un quotidiano a tiratura regionale.

 

     Art. 18 bis. Piano territoriale della Città metropolitana di Reggio Calabria.

1. Il Piano territoriale della Città metropolitana (PTCM) assume valenza di pianificazione territoriale di coordinamento di cui all'articolo 1, comma 85, lett. a) della legge 7 aprile 2014 n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) e di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nonché di pianificazione territoriale generale, di cui all'articolo 1, comma 44, lettera b), della legge n. 56/2014.

2. Fino all'entrata in vigore del PTCM, di cui al comma 1, conserva efficacia il Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) della Provincia di Reggio Calabria, redatto ai sensi dell'articolo 26.

3. Il PTCM è lo strumento di pianificazione territoriale generale al quale si conformano le politiche della Città metropolitana di Reggio Calabria, i piani e i programmi di settore comunale e gli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica comunali.

4. Il PTCM è redatto sulla base dei criteri e degli indirizzi stabiliti dal QTR a valenza paesaggistica di cui all'articolo 17. In sede di Conferenza permanente di cui al comma 5, previo coordinamento con la Conferenza permanente interregionale per il coordinamento delle politiche nell'Area dello Stretto di cui all'articolo 4 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 12 (Legge di stabilità regionale), la Regione e la Città metropolitana determinano un'intesa quadro, che può consistere anche in specifici accordi settoriali o attività progettuali e che stabilisce le linee programmatiche e le iniziative progettuali di raccordo tra il Programma regionale di sviluppo della Regione e il Piano strategico della Città metropolitana, previsto dalla legge n. 56/2014.

5. È istituita la Conferenza permanente Regione - Città metropolitana che individua gli obiettivi di interesse comune delle due istituzioni e definisce le azioni per perseguirli, prevedendo altresì le forme di consultazione con le associazioni rappresentative degli interessi socio-economici coinvolti e la procedura di formazione e di approvazione del PTCM.

6. Il PTCM contiene gli elementi costituenti l'assetto territoriale della città metropolitana e delinea la strategia dello sviluppo del territorio metropolitano. A tal fine:

a) individua, con riferimento ai contenuti del QTR a valenza paesaggistica, gli obiettivi e gli indirizzi da perseguire nelle trasformazioni territoriali e le azioni conseguenti;

b) detta indirizzi sull'articolazione e sulle linee di evoluzione dei sistemi territoriali;

c) fornisce indirizzi, criteri e parametri per l'applicazione coordinata delle norme relative al territorio rurale;

d) individua le strategie di tutela attiva del patrimonio territoriale, anche al fine dello sviluppo socio-economico e culturale della comunità della città metropolitana.

7. Il PTCM determina:

a) le prescrizioni per il coordinamento delle politiche di settore e degli strumenti della programmazione della città metropolitana;

b) gli ambiti territoriali per la localizzazione di interventi di competenza della città metropolitana e relative prescrizioni;

c) le misure di salvaguardia di cui all'articolo 59.

8. Il PTCM, inoltre, determina le politiche e le strategie di area vasta in coerenza anche con il QTR, con particolare riferimento:

a) alle infrastrutture e ai servizi necessari per promuovere una mobilità sostenibile su scala metropolitana e migliorare il livello di accessibilità dei territori interessati, anche attraverso la promozione dell'intermodalità;

b) alle reti dei servizi di interesse della città metropolitana;

c) alla valorizzazione e al recupero dei sistemi insediativi esistenti;

d) alla razionalizzazione e riqualificazione del sistema artigianale, commerciale e industriale;

e) alla previsione di forme di perequazione territoriale.

 

     Art. 19. Strumenti di pianificazione comunale.

1. Gli strumenti di pianificazione comunale sono:

a) il Piano strutturale (P.S.C.) ed il Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.);

b) il Piano operativo temporale (P.O.T.);

c) i Piani attuativi unitari (P.A.U.);

d) gli strumenti di pianificazione negoziata, di cui all'articolo 32.

 

     Art. 20. Piano strutturale comunale. (P.S.C.).

1. Il Piano strutturale comunale (P.S.C.) definisce le strategie per il governo dell'intero territorio comunale, in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi urbanistici della Regione e con gli strumenti di pianificazione provinciale espressi dal Quadro territoriale regionale (Q.T.R.), dal Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) e dal Piano di assetto idrogeologico (P.A.I.).

2. Il P.S.C. è promosso anche in assenza dei Piani sovraordinati, tenendo conto delle linee guida di cui al precedente articolo 17 ed al documento preliminare di cui al successivo articolo 26, comma 3. In esso viene stabilita l'eventuale necessità di ricorso al Piano operativo temporale e definite le relative procedure di formazione o approvazione, nonché la durata.

3. Il P.S.C.:

a) classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile, agricolo e forestale, individuando le risorse naturali ed antropiche del territorio e le relative criticità ed applicando gli standard urbanistici di cui all'art. 53 della presente legge e, fino alla emanazione della deliberazione della Giunta regionale, di cui al comma 3 dello stesso art. 53, assicurando la rigorosa applicazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 con gli standard e le zonizzazioni ivi previsti in maniera inderogabile e non modificabile;

b) determina le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;

c) definisce i limiti dello sviluppo del territorio comunale in funzione delle sue caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche, pedologiche, idraulico-forestali ed ambientali;

d) disciplina l'uso del territorio anche in relazione alla valutazione delle condizioni di rischio idrogeologico e di pericolosità sismica locale come definiti dal piano di assetto idrogeologico o da altri equivalenti strumenti;

e) individua le aree per le quali sono necessari studi ed indagini di carattere specifico ai fini della riduzione del rischio ambientale;

f) individua in linea generale le aree per la realizzazione delle infrastrutture e delle attrezzature pubbliche, di interesse pubblico e generale di maggiore rilevanza;

g) delimita gli ambiti urbani e perurbani soggetti al mantenimento degli insediamenti o alla loro trasformazione;

h) individua gli ambiti destinati all'insediamento di impianti produttivi rientranti nelle prescrizioni di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 333 ed alla relativa disciplina di attuazione;

i) definisce per ogni ambito, i limiti massimi della utilizzazione edilizia e della popolazione insediabile nonché i requisiti quali - quantitativi ed i relativi parametri, le aree in cui è possibile edificare anche in relazione all'accessibilità urbana, le aree dove è possibile il ricorso agli interventi edilizi diretti in ragione delle opere di urbanizzazione esistenti ed in conformità alla disciplina generale del regolamento edilizio urbanistico;

i) delimita e disciplina gli ambiti di tutela e conservazione delle porzioni storiche del territorio; ne individua le caratteristiche principali, le peculiarità e le eventuali condizioni di degrado e di abbandono valutando le possibilità di recupero, riqualificazione e salvaguardia;

j) delimita e disciplina ambiti a valenza paesaggistica ed ambientale ad integrazione del Piano di ambito, se esistente, oppure in sua sostituzione, se non esistente e raccorda ed approfondisce i contenuti paesistici definiti dalla Provincia;

k) qualifica il territorio agricolo e forestale in allodiale civico e collettivo secondo le specifiche potenzialità di sviluppo;

l) individua gli ambiti di tutela del verde urbano e periurbano valutando il rinvio a specifici piani delle politiche di riqualificazione, gestione e manutenzione;

m) individua le aree necessarie per il Piano di Protezione Civile;

n) individua e classifica i nuclei di edificazione abusiva, ai fini del loro recupero urbanistico nel contesto territoriale ed urbano;

o) indica la rete ed i siti per il piano di distribuzione dei carburanti in conformità al piano regionale;

p) individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, le aree, da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero per le popolazioni colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse.

4. La componente geologica, parte integrante del PSC, è definita attraverso:

a) uno studio geomorfologico, costituito da una relazione geomorfologica, corredata di cartografia tematica sufficientemente rappresentativa delle condizioni di pericolosità geologica e di rischio di frana, di erosione e di esondazione, redatto da tecnico abilitato iscritto all'albo professionale per come previsto dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), in coerenza con le disposizioni degli strumenti di pianificazione sovraordinati in vigore e della normativa nazionale e regionale vigente in materia di rilascio del parere di compatibilità geomorfologica sugli strumenti urbanistici;

b) studi e indagini geologiche di dettaglio, ove necessario, comprendenti studi tematici specifici di varia natura, indagini geognostiche, prove in sito e di laboratorio atti alla migliore definizione e caratterizzazione del modello geologico tecnico ambientale, per ambiti urbanizzabili con riconosciute limitazioni connesse a pericolosità geologiche, funzionali alla verifica della sostenibilità in rapporto ai livelli di pericolosità, con particolare riguardo alla risposta sismica locale. Nelle aree esposte a rischio, con particolare attenzione per quello sismico - nel qual caso è necessario attivare le procedure per la identificazione dei rischi e per la individuazione degli interventi di mitigazione competenti a livello di Piano - le indagini devono consentire di dettagliare i gradi di pericolosità a livelli congrui, nel rispetto della normativa vigente.

5. Per garantire la realizzazione delle finalità previste nel comma 3, lettera "i", il PSC deve essere integrato da apposita relazione che delimiti e disciplini gli ambiti di tutela e conservazione delle porzioni storiche di territorio e che individui gli immobili o complesso di immobili aventi valenza storico, ambientale, documentario, suscettibili di essere dichiarati beni culturali, firmata da un tecnico abilitato esperto di cui all'articolo 69, comma 3, della presente legge.

6. [Abrogato].

 

     Art. 20 bis. Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.).

1. Il Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.) è lo strumento urbanistico finalizzato ad accrescere l'integrazione fra Enti locali limitrofi con problematiche territoriali affini e a promuovere il coordinamento delle iniziative di pianificazione nelle conurbazioni in atto, con conseguente impegno integrato delle risorse finanziarie.

2. I territori oggetto del Piano Strutturale in forma Associata possono interessare due o più Comuni, anche se appartenenti a province diverse.

3. I Comuni interessati si associano secondo le modalità stabilite dal Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali.

4. Il P.S.A. punta anche al coordinamento e all'armonizzazione tra assetto urbanistico, politiche fiscali e programmazione delle opere pubbliche da attuarsi tramite il ricorso ad idonei strumenti di coordinamento delle azioni economiche, finanziarie e fiscali favorendo in tal modo atteggiamenti cooperativi e patti fra le Istituzioni locali e promuovendo garanzia ed equità.

5. Il P.S.A. ha gli stessi contenuti ed effetti del P.S.C. secondo quanto disposto dall'articolo 20 della presente legge; ad esso è annesso il R.E.U.

6. Per la redazione del P.S.A., si dovrà prevedere l'istituzione di un unico Ufficio di Piano con l'attribuzione dei seguenti compiti:

a) predisposizione di un unico documento preliminare e di un unico quadro conoscitivo, articolati per ogni territorio comunale;

b) predisposizione del Piano Strutturale in forma Associata, articolato per ogni territorio comunale, e predisposizione del relativo R.E.U;

c) individuazione del soggetto che presiede tutte le attività previste dalla presente legge per il corretto svolgimento della Conferenza di Pianificazione e che coordina le azioni tecniche e amministrative degli enti territoriali coinvolti.

 

     Art. 21. Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.) e Regolamento Operativo (R.O.).

1. Il Regolamento edilizio ed urbanistico, annesso al PSC/PSA, ed il Regolamento operativo, di cui alla procedura semplificata dell'articolo 27-ter, costituiscono la sintesi ragionata ed aggiornabile delle norme e delle disposizioni che riguardano gli interventi sul patrimonio edilizio esistente ovvero gli interventi di nuova costruzione o di demolizione e ricostruzione, nelle parti di città definite dal Piano generale, in relazione alle caratteristiche del territorio e a quelle edilizie preesistenti, prevalenti e/o peculiari nonché degli impianti di telecomunicazione e di telefonia mobile.

2. I regolamenti di cui al comma 1, redatti in coerenza alla presente legge ed agli strumenti di pianificazione sovraordinati vigenti, oltre a disciplinare le trasformazioni e gli interventi ammissibili sul territorio, nel rispetto del principio generale della pianificazione territoriale urbanistica sul contenimento del consumo di suolo, stabiliscono:

a) le modalità d'intervento negli ambiti specializzati definiti dal Piano;

b) i parametri edilizi ed urbanistici ed i criteri per il loro calcolo;

b-bis) Le norme di attuazione relative alla componente geologica del Piano, necessarie per la tutela delle risorse e della qualità ambientale e per la prevenzione del rischio idrogeologico e sismico;

c) le norme igienico-sanitarie e quelle sulla sicurezza degli impianti;

d) le norme per il risparmio energetico e quelle per l'eliminazione delle barriere architettoniche in conformità e nel rispetto delle leggi e dei piani nazionali e regionali vigenti;

e) le modalità di gestione tecnico-amministrativa degli interventi edilizi anche ai fini dell'applicazione delle disposizioni sulla semplificazione dei procedimenti di rilascio dei permessi di costruire di cui alla legislazione vigente;

f) ogni altra forma o disposizione finalizzata alla corretta gestione del Piano, ivi comprese quelle riguardanti il perseguimento degli obiettivi perequativi di cui all'articolo 54.

3. Per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico e ambientale, i regolamenti devono prevedere, nell'elenco degli elaborati richiesti per il rilascio del permesso di costruire e per la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), apposita relazione contenente le prescrizioni per la conservazione dell'organismo architettonico in riferimento allo specifico oggetto dell'intervento, redatta da un tecnico esperto abilitato ai sensi dell'articolo 69, comma 3. La relazione ha carattere obbligatorio per gli interventi sui beni:

a) ricadenti nelle zone A di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), per i quali è stata effettuata e proposta, e non ancora completata, la procedura amministrativa di interesse culturale;

b) vincolati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137);

c) aventi valore storico, documentario e identificatore, come componente dell'identità collettiva, individuati all'interno dei piani per i quali è stata effettuata, ovvero è in corso, la procedura per la dichiarazione di bene culturale, secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 42/2004.

 

     Art. 22. Norme particolari per il polo logistico di Gioia Tauro.

1. Il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica (PSNPL), in relazione al Sistema Calabro e di Gioia Tauro, ha individuato la Zona economica speciale (ZES) come fattore strategico.

2. La Regione comprende nel QTR a valenza paesaggistica la ZES del polo logistico di Gioia Tauro, nel rispetto del quadro normativo comunitario, nazionale e regionale vigente.

3. Salve le competenze attribuite dalla normativa comunitaria e nazionale all'Autorità portuale o ad altre autorità, la Regione promuove appositi accordi di programma con l'Autorità portuale di Gioia Tauro, ovvero con enti pubblici o soggetti privati individuati con gara pubblica, finalizzati a promuovere all'interno del polo logistico l'insediamento e l'esercizio delle attività imprenditoriali da disciplinare con apposito regolamento.

 

     Art. 23. Piano operativo temporale (P.O.T.).

1. Il Piano operativo temporale (POT) è strumento facoltativo, salvo che per i Comuni eventualmente indicati in uno specifico elenco nel QTR del PSC, ed è attuato individuando le trasformazioni del territorio per interventi programmati sulla base di una coordinata, proporzionata e sostenibile progettazione di interventi privati, pubblici o di interesse pubblico e pubblico-privati da realizzare nell'arco temporale di un quinquennio, ovvero nel corso del mandato dell'amministrazione adottante.

2. La durata di validità del P.O.T. può essere prorogata non oltre diciotto mesi dall'entrata in carica della nuova Giunta comunale a seguito di nuove elezioni salvo diversa determinazione del Consiglio comunale e comunque non oltre il termine di cinque anni dalla sua approvazione.

3. Il P.O.T., per gli ambiti di nuova edificazione e di riqualificazione urbanistica, in conformità al P.S.C. definisce:

a) la delimitazione e le priorità di attuazione degli ambiti d'intervento, gli indici edilizi, le destinazioni d'uso ammissibili in conformità al Piano strutturale comunale gli indici di proporzione per gli interventi privati, ivi compresi gli indici edilizi e le destinazioni d'uso;

b) gli aspetti fisico-morfologici ed economico-finanziari;

c) le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione e/o conservazione, anche ai fini della perequazione dei regimi immobiliari interessati;

d) l'indicazione degli interventi da assoggettare a specifiche valutazioni di sostenibilità e/o di quelli destinati alla mitigazione degli impatti e alla compensazione degli effetti;

e) la definizione e la localizzazione puntuale delle dotazioni infrastrutturali delle opere pubbliche di interesse pubblico o generale esistenti da realizzare o riqualificare, nonché l'individuazione delle aree da sottoporre ad integrazione paesaggistica.
4. Il P.O.T. per la parte relativa agli interventi pubblici o di interesse pubblico deve essere coordinato con il bilancio pluriennale comunale e, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 136/1999, ha il valore e gli effetti del programma pluriennale di attuazione di cui all'articolo 13 della legge n. 10/1977. Costituisce pertanto lo strumento di indirizzo e coordinamento per il programma triennale delle opere pubbliche e per gli altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi nazionali e regionali.

5. Il P.O.T. articola e definisce la formazione dei programmi attuativi dei nuovi insediamenti o di ristrutturazioni urbanistiche rilevanti, alla cui localizzazione provvede in modo univoco; tenuto conto dello stato delle urbanizzazioni, dell'incipienza del degrado ovvero di qualsiasi condizione che ne possa determinare l'individuazione.

6. Le previsioni del P.O.T. decadono se, entro il termine di validità, non siano stati richiesti i permessi di costruire, ovvero non siano stati approvati i progetti esecutivi delle opere pubbliche o i Piani Attuativi Unitari. Per i Piani Attuativi di iniziativa privata interviene decadenza qualora, entro il termine di validità del piano, non siano state stipulate le relative convenzioni ovvero i proponenti non si siano impegnati, per quanto di competenza, con adeguate garanzie finanziarie e con atto unilaterale d'obbligo a favore del Comune.

 

     Art. 24. Piani attuativi unitari.

1. I Piani attuativi unitari (P.A.U.) sono strumenti urbanistici di dettaglio approvati dal Consiglio comunale, in attuazione del Piano strutturale comunale o del Piano operativo temporale, ove esistente, ed hanno i contenuti e l'efficacia:

a) dei piani particolareggiati, di cui all'articolo 13 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;

b) dei piani di lottizzazione, di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;

c) dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e sue modificazioni ed integrazioni;

d) dei piani per gli insediamenti produttivi, di cui all'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni;

e) dei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni ed integrazioni;

f) dei piani di spiaggia di cui alla legge regionale 21 dicembre 2005, n. 17 (Norme per l'esercizio della delega di funzioni amministrative sulle aree del demanio marittimo), e del Piano d'indirizzo regionale (PIR) approvato con D.C.R. n. 147 del 12 giugno 2007, in coerenza con il Piano di bacino stralcio per l'erosione costiera e del Master Plan per gli interventi di difesa e di tutela della costa di cui alla delibera del Comitato istituzionale 22 luglio 2014, n. 1 - Piano stralcio di assetto idrogeologico (PAI-Calabria);

g) dei piani di protezione civile.

2. Ciascun P.A.U. può avere, in rapporto agli interventi previsti, i contenuti e l'efficacia dei piani di cui al primo comma. Il P.A.U., in quanto corrispondente alla lottizzazione convenzionata, è richiesto come presupposto per il rilascio del permesso di costruire solo nel caso di intervento per nuova edificazione residenziale in comprensorio assoggettato per la prima volta alla edificazione e del tutto carente di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero allorquando sia espressamente richiesto dallo strumento urbanistico generale. Rimangono comunque in vigore tutte le norme della legislazione previgente afferenti l'istituto della lottizzazione convenzionata ove applicabili.

3. I P.A.U. definiscono di norma:

a) l'inquadramento nello strumento urbanistico generale dell'area assoggettata a P.A.U.;

b) le aree e gli edifici da sottoporre a vincoli di salvaguardia;

c) i vincoli di protezione delle infrastrutture e delle attrezzature di carattere speciale;

d) le aree da destinare agli insediamenti suddivise eventualmente in isolati, lo schema planivolumetrico degli edifici esistenti e di quelli da realizzare con le relative tipologie edilizie e le destinazioni d'uso;

e) l'eventuale esistenza di manufatti destinati a demolizione ovvero soggetti a restauro, a risanamento conservativo od a ristrutturazione edilizia;

f) le aree per le attrezzature d'interesse pubblico ed i beni da assoggettare a speciali vincoli e/o servitù;

g) la rete viaria e le sue relazioni con la viabilità urbana nonché gli spazi pedonali, di sosta e di parcheggio ed i principali dati plano - altimetrici;

h) il rilievo delle reti idrica, fognante, del gas, elettrica e telefonica esistenti e la previsione di massima di quelle da realizzare;

i) l'individuazione delle unità minime d'intervento nonché le prescrizioni per quelle destinate alla ristrutturazione urbanistica;

j) le norme tecniche di esecuzione e le eventuali prescrizioni speciali;

k) la previsione di massima dei costi di realizzazione del piano;

l) comparto edificatorio;

m) gli ambiti sottoposti al recupero degli insediamenti abusivi, qualora non previsti con altri atti;

n) le previsioni di termini e priorità entro i quali devono essere realizzate le opere di urbanizzazione primaria e secondaria ovvero ogni altra attrezzatura di interesse pubblico, facenti parte della convenzione. I termini prescritti non possono essere superiori a dieci anni e comunque devono essere proporzionati alla consistenza degli interventi.

4. Per garantire la realizzazione delle finalità di cui al comma 1, lettera e), il PAU deve essere integrato dall'apposita relazione per i manufatti da destinare a restauro, risanamento conservativo e consolidamento strutturale tra quelli individuati all'interno del PSC in adempimento del comma 5 dell'articolo 20, firmata da un tecnico abilitato esperto di cui all'articolo 69, comma 3, della presente legge.

5. I comuni che entro la data del 30 giugno 2011, abbiano approvato il P.A.U. di cui all'articolo 30, comma 2, della presente legge, devono presentare la variante di adeguamento di cui all'articolo 30, comma 4, entro dodici mesi dalla sopraccitata data o congiuntamente a qualsiasi altra variante e modifica apportata precedentemente allo scadere del suddetto termine.

 

TITOLO V

Procedure di formazione ed approvazione degli strumenti di indirizzo e di pianificazione territoriale

 

     Art. 25. Formazione ed approvazione del Quadro territoriale regionale (Q.T.R.).

1. Il procedimento per l'elaborazione e l'approvazione del Q.T.R. e delle sue varianti, nonché dei piani settoriali regionali con valenza territoriale per i quali non sia prevista una specifica disciplina, si svolge secondo le disposizioni di cui ai successivi commi.

2. La Giunta regionale, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, elabora, anche sulla base delle linee guida di cui al precedente art. 17 e dell'eventuale intesa per l'elaborazione congiunta del piano paesaggistico con i Ministeri competenti di cui al comma 4-bis. dell'art. 17 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 ed avvalendosi del nucleo di valutazione di cui all'art. 9, il documento preliminare del Q.T.R. con il quale individua le strategie di sviluppo del sistema socio-economico della Regione trasmettendolo al Consiglio regionale, alle province, ai comuni, alle comunità Montane, alle autorità di bacino ed agli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette. Il documento preliminare, oggetto di valutazione in Conferenza di Pianificazione ai sensi del comma 1 dell'art. 13, dovrà contenere inoltre il quadro conoscitivo e lo schema delle scelte di Pianificazione elaborati in base a quanto previsto dall'art. 17 e dall'articolo 10 della presente legge, e nel rispetto delle procedure indicate dal regolamento regionale inerente la VAS.

3. La Regione di concerto con le Province convoca, nei trenta giorni successivi alla trasmissione del documento preliminare, la Conferenza di Pianificazione, ai sensi dell'articolo 13, articolata per singola Provincia, chiamando a parteciparvi i Comuni, le Comunità Montane, l'Autorità di bacino e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali e i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione. Entro quarantacinque giorni dalla convocazione della Conferenza, la Regione acquisisce le osservazioni e le eventuali proposte che andranno inserite nel documento preliminare e accoglie quelle formulate dagli altri soggetti partecipanti.

4. La Giunta regionale, nei 90 giorni successivi, anche sulla base delle valutazioni e delle proposte raccolte in esito alle conferenze di pianificazione di cui al comma 3, elabora la versione definitiva del Q.T.R. e la propone al Consiglio regionale per la relativa adozione entro i successivi 60 giorni. Il Q.T.R. viene successivamente trasmesso alle province ed ai soggetti partecipanti alle conferenze di pianificazione.

5. Il Q.T.R. viene depositato presso le sedi del Consiglio regionale e degli Enti di cui al comma 3 per sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso deve contenere l'indicazione degli Enti presso i quali il Q.T.R. è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell'avvenuta adozione del Q.T.R. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla Giunta regionale.

6. Nel medesimo termine di cui al precedente comma 5 possono formulare osservazioni e proposte:

a) gli Enti e gli Organismi pubblici;

b) le forze economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;

c) i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del Q.T.R. adottato sono destinate a produrre effetti diretti.

6-bis. Nella fase di approvazione del QTR, il Consiglio regionale, per le attività di valutazione delle osservazioni e delle proposte pervenute, si avvale del supporto del Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio.

7. Il Consiglio regionale, entro i successivi novanta giorni, decide sulle osservazioni e sulle proposte ed approva il Q.T.R., che conterrà il termine entro il quale le province ed i comuni saranno obbligati ad approvare o adeguare i loro piani.

8. Copia integrale del Q.T.R. approvato è depositata per la libera consultazione presso il competente Assessorato regionale ed è trasmessa agli Enti di cui al comma 3. L'avviso dell'avvenuta approvazione è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale.

9. Il Q.T.R. entra in vigore dalla data di pubblicazione dell'avviso di approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione. Le disposizioni in esso contenute sono cogenti per gli strumenti di pianificazione sottordinata e immediatamente prevalenti su quelle eventualmente difformi. l predetti strumenti urbanistici, approvati o in corso di approvazione, devono essere adeguati secondo le modalità previste dall'articolo 73.

9-bis. L'aggiornamento del quadro conoscitivo del QTR e l'analisi delle trasformazioni del territorio avvengono nell'ambito delle attività del SITO di cui all'articolo 8, che provvede anche all'aggiornamento dinamico della Carta regionale dei luoghi, assicurando la partecipazione del MiBACT. Il quadro conoscitivo regionale, così aggiornato e certificato, è fornito agli enti territoriali per l'elaborazione dei rispettivi quadri conoscitivi inerenti la propria strumentazione urbanistica.

9-ter. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alla pianificazione territoriale ed urbanistica, corredata dal parere precedentemente acquisito in sede di Comitato tecnico per la pianificazione del QTR, adotta gli atti di aggiornamento conoscitivo del QTR, li invia alla competente Commissione consiliare per il parere, da esprimersi entro 30 giorni, e li approva successivamente. L'aggiornamento del quadro conoscitivo non costituisce variante al QTR non determinando adeguamento degli obiettivi o delle azioni di governo del territorio già definiti.

10. Il Q.T.R. può essere periodicamente aggiornato ed adeguato anche in relazione a modifiche della normativa e/o della programmazione comunitaria, statale o regionale ed è comunque soggetto a verifica, con scadenza decennale, in ordine alla sua attuabilità, congruenza ed adeguatezza. Tale verificazione è compiuta dal Consiglio regionale, su proposta formulata dalla Giunta, anche in relazione all'evoluzione degli obiettivi di sviluppo da perseguire, dandone adeguata pubblicità nelle forme previste al precedente comma 5.

 

     Art. 25 bis. Formazione ed approvazione dei Piani Paesaggistici d'Ambito (PPd'A).

1. I PPd'A hanno valore di piano paesaggistico alla luce del D.Lgs. n. 42/2004 e definiscono le strategie di tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio, codificate dall'apposito apparato normativo.

2. Le competenze in materia di Piani Paesaggistici d'Ambito sono della Regione che, nella sua autonomia ed eventualmente in maniera coordinata con i Ministeri competenti in base a quanto indicato al comma 4-bis. dell'art. 17 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19, stabilisce le modalità attuative per la loro redazione e gestione fatto salvo il rispetto delle procedure indicate dal regolamento regionale inerente la VAS.

3. [Abrogato].

4. Ai sensi dell'art. 2 della presente legge, il PPd'A è oggetto di concertazione con le Province e gli altri Enti e soggetti interessati e fa riferimento alle determinazioni della Conferenza permanente Stato-Regioni in materia di paesaggio.

5. La Regione, ultimata la fase di concertazione, assume la versione definitiva del PPd'A, lo adotta, lo pubblica e lo invia alle Province interessate, alle Soprintendenze e ad altri Enti e soggetti per le relative osservazioni. Entro 60 giorni vengono raccolte le osservazioni e predisposte le relative determinazioni. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alla pianificazione territoriale ed urbanistica, adotta congiuntamente i singoli PPd'A con l'articolazione analitica e prescrittiva delle norme paesaggistiche; ovvero gli atti risultanti dalle attività di redazione svolta in seno al Comitato tecnico nell'ambito dell'intesa di copianificazione con il MiBACT e li invia al Consiglio regionale per l'approvazione finale.

 

     Art. 26. Formazione ed approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).

1. Il P.T.C.P. ha valore di piano urbanistico territoriale ed in relazione ai valori paesaggistici ed ambientali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si raccorda ed approfondisce i contenuti del Q.T.R. tenendo conto anche delle diverse articolazioni della pianificazione paesaggistica fatto salvo il rispetto delle procedure indicate dal regolamento regionale inerente la VAS.

2. Il procedimento per l'elaborazione e l'approvazione del PTCP, del suo adeguamento e delle relative varianti sostanziali, nonché dei piani settoriali provinciali con valenza territoriale, per i quali non è prevista una specifica disciplina, si svolge secondo le disposizioni di cui ai commi seguenti.

3. Il consiglio provinciale adotta il documento preliminare del PTCP, elaborato sulla base degli atti regionali di programmazione e di pianificazione, ove esistenti o, in mancanza, sulla base delle linee guida di cui all'articolo 17. Il documento preliminare, oggetto di valutazione in Conferenza di pianificazione, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, deve contenere, oltre al quadro conoscitivo, lo schema delle scelte pianificatorie elaborato in base a quanto previsto dall'articolo 18 ed il rapporto preliminare di cui all'articolo 13, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, secondo i criteri di cui all'allegato 1 del medesimo decreto.

4. Il presidente della Provincia convoca, entro dieci giorni dalla data di esecutività della delibera di consiglio provinciale di adozione, la conferenza di pianificazione ai sensi dell'articolo 13, per l'esame congiunto del documento preliminare, invitando, per conto della Regione, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio di cui all'articolo 9, le competenti autorità ministeriali interessate alla tutela dal D.Lgs. n. 42/2004, le province contermini, i comuni, l'Autorità di bacino e gli enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione.

5. Il Documento preliminare di piano adottato è trasmesso ai soggetti invitati alla conferenza di pianificazione, almeno trenta giorni prima della data di convocazione, in copia digitale, nelle forme previste dal D.Lgs. n. 82/2005.

6. La conferenza di pianificazione si conclude con l'acquisizione dei pareri preliminari e delle osservazioni formulati dagli enti e dai soggetti che per legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante e, comunque, non oltre il termine di novanta giorni, decorso il quale si intendono acquisiti, secondo quanto disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Resta escluso il silenzio assenso nelle ipotesi previste dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.Lgs. n. 42/2004.

7. Entro trenta giorni dalla conclusione favorevole della conferenza di pianificazione, giusta determina del responsabile dell'ufficio di piano, il Documento preliminare deve essere completato ed implementato di tutti gli elementi che conferiscono allo stesso il requisito del perfezionamento del PTCP. Entro i successivi trenta giorni, il PTCP completo del Rapporto ambientale e della Sintesi non tecnica, è adottato dal consiglio provinciale e depositato presso la sede provinciale per sessanta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione nel Bollettino ufficiale telematico della Regione Calabria (BURC) dell'avviso di avvenuta adozione. L'avviso, redatto anche ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, deve contenere l'indicazione dell'ente presso il quale il PTCP è depositato e dei termini entro i quali prenderne visione e formulare eventuali osservazioni. Dell'avvenuta adozione del PTCP è data notizia, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale. Il PTCP è, inoltre, pubblicato nel sito istituzionale della provincia.

8. Successivamente all'accoglimento o al rigetto delle eventuali osservazioni pervenute anche a seguito delle consultazioni di cui all'articolo14 del D.Lgs. n. 152/2006 e dell'articolo 24 del R.R. n. 3/2008, giusta deliberazione del consiglio provinciale, previa idonea istruttoria tecnica d'ufficio, il PTCP è trasmesso, in copia digitale, nelle forme previste dal D.Lgs. n. 82/2005, al Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio per l'acquisizione, entro e non oltre novanta giorni, del parere definitivo motivato sulla conformità e sulla coerenza urbanistica e ambientale con il QTR, ai sensi dell'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dell'articolo 25 del R.R. n. 3/2008.

9. In caso di parere favorevole, la Provincia predispone il PTCP, completo di tutti gli elaborati prescritti, che è definitivamente approvato dal consiglio provinciale.

10. Ove si riscontri grave ed immotivata incoerenza derivante dal mancato recepimento delle osservazioni e prescrizioni emanate in sede di Conferenza di pianificazione sul Documento Preliminare e sullo svolgimento delle consultazioni ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 e dell'articolo 24 del R.R. n. 3/2008, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio ne dà comunicazione alla Provincia affinché, entro i successivi trenta giorni, la stessa possa ristabilire gli elementi di coerenza necessari e trasmettere il piano così adeguato, al fine dell'acquisizione del parere definitivo entro il successivo termine perentorio di trenta giorni, decorso il quale detto parere si intende acquisito, ai sensi della legge n. 241/1990. Resta escluso il silenzio assenso nelle ipotesi previste dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.Lgs. n. 42/2004.

11. Successivamente all'approvazione del PTCP da parte del Consiglio provinciale, copia dello strumento e del rapporto ambientale unitamente agli atti di cui all'articolo 17 del D.Lgs. 152/2006 s.m.i. sono depositati per la libera consultazione presso la Provincia ed è trasmesso alle Amministrazioni di cui al comma 4. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel B.U.R. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso sui quotidiani a diffusione regionale e sui siti istituzionali della Regione e della Provincia.

12. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione dell'avviso della approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

12-bis. L'eventuale accertato contrasto del PTCP alla legge o al QTR a valenza paesaggistica è disciplinato nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 73 e nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 42/2004 e delle intese con i Ministeri competenti previste agli articoli 17 e 25.

13. Il P.T.C.P. è soggetto a verifica, con scadenza decennale, in ordine alla sua attuabilità, congruenza ed adeguatezza. Tale verifica è compiuta dal Consiglio provinciale, su proposta formulata dalla Giunta. I parametri di verificazione devono correlarsi ai contenuti della programmazione economica e della pianificazione territoriale regionale, nonché all'evoluzione delle esigenze e dei fabbisogni della Regione.

13-bis. Il PTCP è soggetto al monitoraggio di cui all'articolo 18 del D.Lgs. 152/2006 s.m. e i., secondo modalità e forme ivi definitive, nonché secondo i regolamenti regionali in materia.

 

     Art. 27. Formazione ed approvazione del PSC.

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo si applica all'elaborazione ed all'approvazione del PSC e del REU, integrato con la procedura VAS, ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 e del R.R. n. 3/2008, e con l'indicazione della perimetrazione dell'area da assoggettare al Piano comunale di spiaggia, di cui all'articolo 24, per i comuni costieri non ancora dotati, nonché alle relative varianti sostanziali al PSC approvato.

2. I comuni danno avvio alla procedura di redazione del piano mediante apposita deliberazione di giunta comunale, di approvazione delle linee d'indirizzo strategico volte al rispetto del principio generale della pianificazione territoriale urbanistica sul contenimento del consumo di suolo.

3. Fino all'approvazione del QTR e della relativa certificazione del quadro conoscitivo regionale di cui all'articolo 25, comma 9-bis., gli enti territoriali elaborano il quadro conoscitivo inerente la propria strumentazione urbanistica, sulla scorta del contributo per il quadro conoscitivo verificato dal Settore Urbanistica del Dipartimento ambiente e territorio di cui all'articolo 9 e, quindi, il documento preliminare del Piano completo di REU, predisposto in base a quanto previsto dagli articoli 20 e 21, e del rapporto preliminare di cui all'articolo 13, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, redatto secondo i criteri di cui all'allegato 1 del medesimo decreto.

4. Entro centottanta giorni dalla data di avvio di cui al comma 2, il consiglio comunale, su proposta della giunta comunale, adotta il Documento preliminare del piano di cui al comma 3.

5. Il sindaco, entro dieci giorni dalla data di esecutività della delibera di consiglio comunale di adozione, convoca la conferenza di pianificazione, ai sensi dell'articolo 13, per l'esame congiunto del Documento preliminare di piano e per lo svolgimento delle consultazioni preliminari di cui al comma 1 dell'articolo 13 del D.Lgs. 152/2006 e dell'articolo 23 del R.R. n. 3/2008, invitando, per conto della Regione, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio di cui all'articolo 9, le competenti autorità ministeriali interessate alla tutela dal D.Lgs. n. 42/2004, la Provincia, la Città metropolitana, i comuni contermini e quelli eventualmente individuati dal PTCP e dal PTCM, l'Autorità di bacino e gli enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette territorialmente interessati, le forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione.

6. Il Documento preliminare di piano adottato è trasmesso ai soggetti invitati alla conferenza di pianificazione, almeno trenta giorni prima della data di convocazione, in copia digitale, nelle forme previste dal D.Lgs. n. 82/2005.

7. La conferenza di pianificazione si conclude con l'acquisizione dei pareri preliminari e delle osservazioni formulati dagli enti ed i soggetti che per legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante e, comunque, non oltre il termine di novanta giorni, decorso il quale gli stessi si intendono acquisiti, ai sensi della legge n. 241/1990. Resta escluso il silenzio assenso nelle ipotesi previste dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.Lgs. n. 42/2004.

8. Entro trenta giorni dalla conclusione favorevole della conferenza di pianificazione, con determina del responsabile dell'ufficio di piano, il Documento preliminare deve essere completato ed implementato di tutti gli elementi che gli conferiscono il requisito del perfezionamento dell'atto di pianificazione denominato PSC. Entro i successivi sessanta giorni, previa acquisizione del parere del competente Settore del Dipartimento lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 13 della L. 64/1974 e dell'articolo 89 del D.P.R. n. 380/2001, il PSC completo del Rapporto ambientale e della Sintesi non tecnica, è adottato dal consiglio comunale, su proposta della giunta e depositato presso la sede del Comune per sessanta giorni dalla pubblicazione nel BURC dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso, redatto anche ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, deve contenere l'indicazione dell'ente presso il quale il PSC è depositato e dei termini entro i quali prenderne visione e formulare eventuali osservazioni. Dell'avvenuta adozione del PSC è data notizia, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale. Il PSC è inoltre pubblicato nel sito istituzionale del Comune.

9. Successivamente all'accoglimento o al rigetto delle eventuali osservazioni pervenute anche a seguito delle consultazioni di cui all'articolo 14 del D.Lgs. n. 152/2006 e dell'articolo 24 del R.R. n. 3/2008, giusta deliberazione di consiglio comunale, previa idonea istruttoria tecnica d'ufficio, il PSC è trasmesso in copia digitale, nelle forme previste dal D.Lgs. n. 82/2005, al Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio, alla Provincia e alla Città metropolitana, per l'acquisizione, entro e non oltre novanta giorni, del parere definitivo motivato sulla conformità e sulla coerenza urbanistica e ambientale con i rispettivi QTR, PTCP e PTCM ed ai sensi dell'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dell'articolo 25 del R.R. n. 3/2008.

10. In caso di parere favorevole, il Comune predispone il PSC completo di tutti gli elaborati prescritti che, su proposta della giunta comunale, è definitivamente approvato dal consiglio comunale.

11. Ove si riscontri grave ed immotivata incoerenza con gli strumenti sovraordinati, derivante dal mancato recepimento delle osservazioni e prescrizioni emanate in sede di conferenza di pianificazione sul Documento preliminare e sullo svolgimento delle consultazioni ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006, e del R.R. n. 3/2008, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio, la Provincia e la Città metropolitana ne danno comunicazione affinché il Comune, entro i successivi trenta giorni, possa ristabilire gli elementi di coerenza necessari e trasmettere il piano, così adeguato, al fine dell'acquisizione del parere definitivo entro il successivo termine perentorio di trenta giorni, decorso il quale si intendono acquisiti, ai sensi della legge n. 241/1990. Resta escluso il silenzio assenso nelle ipotesi previste dall'articolo 15 del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.Lgs. n. 42/2004.

12. Successivamente all'approvazione del PSC da parte del consiglio comunale, una copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Regione, alla Provincia e alla Città metropolitana, secondo le modalità di cui all'articolo 8, comma 8. Il PSC ed il Rapporto ambientale, unitamente agli atti di cui all'articolo 17 del D.Lgs. n. 152/2006, sono depositati presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano e del suo deposito è pubblicato nel BURC. Della stessa approvazione e dell'avvenuto deposito è data, altresì, notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale e nei siti istituzionali della Regione, della Provincia, della Città metropolitana e del Comune interessato.

13. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel BURC dell'avviso dell'approvazione e dell'avvenuto deposito.

14. L'eventuale accertato contrasto del PSC alla legge o agli strumenti di pianificazione sovraordinata vigenti è disciplinato nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 73 e nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. n. 42/2004 e delle intese con i Ministeri competenti previste agli articoli 17 e 25.

14-bis. Sono ammesse modifiche al REU, nei casi di recepimento o adeguamento a disposizioni normative o regolamentari o in mancanza di norme specifiche che consentono il corretto uso del territorio, mediante procedura semplificata di cui agli articoli 14 e seguenti della L. 241/90 e all'articolo 14 della presente legge, previa acquisizione dei pareri formulati dagli enti e soggetti che per legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante.

15. Il PSC è soggetto al monitoraggio di cui all'articolo 18 del D.Lgs. n. 152/2006, secondo modalità e forme ivi definite, nonché secondo i regolamenti regionali in materia.

 

     Art. 27 bis. Formazione ed approvazione del Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.).

1. Per la formazione e approvazione del P.S.A. si dovranno seguire le seguenti procedure:

a) approvazione, da parte di ogni Comune interessato, di una delibera motivata di Consiglio comunale nella quale viene esplicitata la decisione di procedere alla redazione di un PSA, con l'indicazione dei Comuni interessati, e di avviare le relative procedure necessarie;

b) sottoscrizione di un Protocollo di Intesa tra i Comuni interessati dal PSA, oggetto della delibera di cui al punto precedente, contenente gli obiettivi generali del documento programmatico comune, gli orientamenti principali e le strategie comuni, nonché le modalità e procedure necessarie alla redazione del piano;

c) costituzione dell'Ufficio Unico di Piano, che avrà sede presso uno dei Comuni associati, a cui vengono demandate tutte le competenze relative alla redazione, approvazione e gestione del P.S.A. e del relativo R.E.U. secondo quanto previsto dagli articoli 20, 21, 27 e 27-quater della presente legge.

2. I comuni associati, ciascuno per il territorio di propria competenza, formulano le linee guida della strategia comunale dopo le previste procedure di partecipazione popolare, tenendo conto delle caratteristiche storico-urbanistiche, sociali, economiche, ambientali degli altri comuni che compongono l'associazione. Le linee guida, una volta condivise attraverso percorsi di partecipazione da parte dei comuni associati, costituiscono le linee guida complessive. Sulla base di esse, l'Ufficio Unico, in proprio, ovvero a mezzo di professionisti all'uopo incaricati, procede alla elaborazione del documento preliminare del Piano Strutturale e del regolamento, secondo quanto previsto dall'articolo 27, che viene adottato da parte di tutti i comuni dell'associazione e successivamente esaminato in apposita Conferenza di pianificazione, convocata secondo le modalità previste dall'articolo 27, della presente legge e dal protocollo di intesa.

3. Successivamente alla Conferenza di Pianificazione, i Comuni per i quali è stato redatto il P.S.A. procedono all'adozione e successiva approvazione del P.S.A., secondo quanto previsto dall'art. 27 della presente legge.

3-bis. I comuni associati, ciascuno per il territorio di propria competenza, possono aderire alle procedure di cui agli articoli 27-ter e 27-quater.

3-ter. L'adesione alla procedura semplificata di cui all'articolo 27-ter determina l'automatica dissociazione del comune dal procedimento del PSA, che prosegue qualora permanga una pluralità di comuni associati. L'adesione alla pianificazione a consumo di suolo zero di cui all'articolo 27-quater, da parte di tutti o alcuni comuni dell'associazione, può avvenire solo previa verifica favorevole della coerenza tra gli obiettivi e strategie generali del piano in corso di redazione e gli esiti dell'analisi ricognitiva complessiva di cui al comma 3 dell'articolo 27-quater. Contestualmente alla delibera di adesione i comuni possono adottare il documento preliminare o recepire lo stesso se già adottato.

3-quater. Nel caso di dissociazione di alcuni comuni appartenenti all'associazione:

a) i comuni già beneficiari di contributi per la formazione dei piani possono utilizzare le somme già ricevute anche se hanno espresso l'adesione di cui al comma 3-bis.;

b) i contributi liquidati al comune capofila e non ancora utilizzati sono rideterminati proporzionalmente e ripartiti tra i comuni interessati, ai quali sono, altresì, trasferiti gli atti, documenti ed elaborati, anche tecnici, prodotti.

4. Il PSA entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione e dell'avvenuto deposito presso i singoli comuni dell'associazione.

 

     Art. 27 ter. Procedura semplificata.

1. In attuazione del principio generale della pianificazione territoriale urbanistica sul contenimento del consumo di suolo, i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti secondo l'ultimo censimento ISTAT, ad esclusione di quelli che alla data di entrata in vigore della presente legge hanno già adottato il Piano strutturale comunale o associato, possono dotarsi del solo RO, sostitutivo delle previgenti Norme tecniche di attuazione (NTA) e del Regolamento edilizio (RE), redatto secondo quanto disposto dall'articolo 21, previa verifica dello strumento urbanistico comunale generale vigente in ordine alla compatibilità con le reali condizioni territoriali ed alla sicurezza idrogeomorfologica e di protezione civile e di difesa del suolo, in coerenza con il quadro normativo nazionale e regionale in vigore.

2. Il il consiglio comunale, su proposta della giunta comunale, delibera l'adesione alla procedura semplificata di cui al presente articolo e conferisce mandato agli uffici comunali, su proposta della giunta comunale, per i successivi adempimenti.

3. Entro sessanta giorni dalla delibera di cui al comma 2, il responsabile dell'ufficio tecnico, giusta verifica di compatibilità di cui al comma 1, da allegare al Piano vigente, approva, con apposita determinazione, il RO, redatto in coerenza con la presente legge e con gli strumenti di pianificazione sovraordinati vigenti e nel rispetto del D.Lgs. n. 42/2004.

4. Entro i successivi trenta giorni, il consiglio comunale adotta il RO e l'allegata verifica di compatibilità del Piano vigente, che sono depositati presso la sede del Comune per trenta giorni decorrenti dalla pubblicazione nel BURC dell'avviso dell'avvenuta adozione e, inoltre, pubblicati nel sito istituzionale del Comune.

5. Il RO e l'allegata verifica di compatibilità del Piano vigente, previo vincolante parere favorevole della competente Soprintendenza e degli uffici regionali del MiBACT, sono trasmessi in copia digitale, nelle forme previste dal D.Lgs. 82/2005, al Settore Urbanistica del Dipartimento ambiente e territorio che, entro trenta giorni dall'acquisizione, rilascia il parere vincolante di coerenza con la legge ed con lo strumento urbanistico sovraordinato.

6. Nel caso di parere favorevole, il consiglio comunale, su proposta della giunta, approva il RO e l'allegata verifica di compatibilità del Piano vigente, che entrano in vigore dalla data di pubblicazione nel BURC dell'avviso di approvazione e di avvenuto deposito.

7. I comuni che si dotano del RO secondo la presente procedura possono assoggettare a trasformazione territoriale le seguenti zone omogenee vigenti di piano:

a) nel caso dei Programmi di fabbricazione, le zone omogenee A e B e relative sottozone e tutti gli ambiti territoriali comunque denominati, nei quali siano stati approvati piani di attuazione secondo quanto disposto all'articolo 65;

b) nel caso dei PRG, oltre alle zone di cui alla lettera a), le aree destinate agli interventi di edilizia sociale di cui alla legge regionale 16 ottobre 2008, n. 36 (Norme di indirizzo per programmi di edilizia sociale) e le previsioni di piano aventi destinazione D e F.

È fatta salva la definizione delle richieste di trasformazione acquisite dai comuni entro i termini ammissibili ai sensi della legge regionale urbanistica vigente al momento della loro presentazione, in relazione alle differenti zone omogenee. Ai restanti suoli è estesa la destinazione agricola la cui utilizzazione è disciplinata dagli articoli 50, 51 e 52, salvo quanto previsto in forma più restrittiva dal RO.

8. Non sono ammesse varianti urbanistiche al di fuori di quelle derivanti dalla realizzazione di progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico sottoposti alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) o del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Attuazione della direttiva 2014/23/UE, della direttiva 2014/24/UE e della direttiva 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali; nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) o del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché da interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata individuati dal POR Calabria o da interventi realizzati con finanziamenti pubblici, anche parziali, o da interventi ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), purché non in contrasto con gli strumenti urbanistici sovraordinati.

8-bis. Sono altresì ammesse modifiche al Regolamento Operativo, nei casi di recepimento o adeguamento a disposizioni normative o regolamentari o in mancanza di norme specifiche che consentono il corretto uso del territorio, mediante procedura semplificata, previa acquisizione dei pareri vincolanti rilasciati dalla competente soprintendenza e dal settore regionale competente in materia urbanistica secondo i termini e le modalità previste dal comma 5.

9. [Abrogato].

10. Alla procedura di cui al presente articolo non si applica la VAS di cui al D.Lgs. 152/2006, poiché trattasi di mero adeguamento normativo cogente ai contenuti della legge e dello strumento di pianificazione territoriale regionale, di cui è stata già svolta la valutazione ambientale.

11. I comuni già beneficiari di contributi per la formazione dei piani possono utilizzare le somme ricevute anche se aderiscono alla procedura di cui al presente articolo.

 

     Art. 27 quater. Pianificazione a consumo di suolo zero.

1. In coerenza con gli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione, con la Convenzione europea del paesaggio sottoscritta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata dall'Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000) e con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con il principio di "consumo di suolo zero" si intende promuovere e tutelare il paesaggio, l'ambiente e l'attività agricola ritenendo il suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi eco-sistemici, con effetti di prevenzione e mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e in linea con le strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Tale principio rappresenta l'obiettivo più apprezzabile ed auspicabile per i comuni che, nel suo perseguimento, si prefiggono di non utilizzare ulteriori quantità di superficie del territorio per l'espansione del proprio abitato, superiori a quelle già disponibili ed approvate nel previgente strumento urbanistico generale (PRG/PdF), ricorrendo eventualmente ad interventi di compensazione ambientale, intesa quale de-impermeabilizzazione di aree di pari superficie.

2. Nei comuni che non hanno adottato il piano strutturale comunale o associato, il consiglio comunale, su proposta della giunta comunale, può deliberare l'adesione al principio dì "consumo di suolo zero" rivolgendo direttive per la redazione del Piano agli uffici comunali e ai redattori volte al perseguimento di tale obiettivo.

3. La delibera consiliare di cui al comma 2 ha efficacia, ai sensi dell'articolo 65, comma 2-bis., dal momento della sua adozione. Alla stessa deve essere allegato un documento di analisi ricognitiva delle quantità di aree e volumi ancora disponibili e non utilizzati, già ricompresi nelle zone B), C), D) e F) o comunque denominate del previgente dal previgente PRG/PdF, firmato dai redattori e certificato dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale. Tali aree, previa verifica di compatibilità con le reali condizioni territoriali e di sicurezza idrogeomorfologica e di protezione civile e di difesa del suolo, in coerenza con il quadro normativo nazionale e regionale vigente, possono eventualmente essere riproposte e/o rimodulate quali ambiti urbanizzati ed urbanizzabili nel nuovo documento preliminare del PSC/PSA, senza alcuna previsione di maggiori superfici e volumi ulteriori rispetto a quelli ancora disponibili del piano vigente, comprendendo anche le aree interessate da edilizia abusiva. La delibera, unitamente al predetto allegato, deve essere trasmessa in copia digitale, nelle forme previste dal D.Lgs. 82/2005, al Settore Urbanistica del Dipartimento ambiente e territorio della Regione Calabria entro dieci giorni dalla data della sua adozione. L'amministrazione deve assicurare la pubblicità degli atti nelle forme di legge.

4. Successivamente alla delibera di adesione al principio di "consumo di suolo zero", il comune, ai fini dell'iter di formazione ed approvazione del piano strutturale, deve seguire le procedure di cui all'articolo 27, i cui termini, quale premialità, sono ridotti della metà. Nei procedimenti relativi al PSA la riduzione dei termini si applica solo nel caso di adesione dì tutti i comuni dell'associazione. Tale riduzione non si applica per i pareri previsti dal D.Lgs. n. 152/2006, ove obbligatori.

5. Contestualmente alla delibera di adesione di cui al comma 2, i comuni possono adottare il documento preliminare o recepire lo stesso se già adottato, previa verifica, con esito favorevole, in ordine alla coerenza tra gli obiettivi e strategie generali del piano in corso di redazione e gli esiti dell'analisi ricognitiva di cui al comma 3.

6. I comuni già beneficiari di contributi per la formazione dei piani possono utilizzare le somme ricevute anche se aderiscono alla procedura di cui al presente articolo.

 

     Art. 28. Intervento sostitutivo regionale

1. Sono obbligati a dotarsi di P.S.C. tutti i comuni della Regione, fatti salvi quelli che adottano la procedura semplificata di cui all'articolo 27-ter.

2. Se i comuni non provvedono allo svolgimento delle attività di cui al comma 1, nei termini e nelle modalità previste dalla presente legge, vi provvede, in via sostitutiva, la Regione a mezzo di commissari ad acta nominati per l'espletamento di tutti gli atti e i procedimenti amministrativi di competenza comunale inerenti le attività di cui al comma 1, sino all'approvazione definitiva dello strumento urbanistico. Il numero dei commissari ad acta è definito in funzione del numero degli abitanti al momento dell'esercizio del potere sostitutivo, ovvero uno per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e due per i comuni con popolazione superiore.

3. Il detto intervento sostitutivo sarà attuato con il seguente procedimento:

a) constatata l'inottemperanza da parte di un Comune, la Giunta regionale, delibererà di diffidare il Comune ad adempiere nel termine di 60 giorni;

b) trascorso infruttuosamente tale termine, verificata la mancata giustificazione del ritardo, la Regione nominerà i commissari ad acta con l'incarico di adottare ed approvare il piano nell'ipotesi in cui lo stesso fosse già completo di ogni suo elemento ovvero di avviare le procedure per l'espletamento;

c) nella ipotesi in cui gli elementi progettuali e/o procedimentali non fossero completi, la Regione darà mandato ai commissari di procedere per quanto mancante anche previa la nomina, se occorrente, di nuovi progettisti e/o di conferimento di incarico a quelli già nominati. La Regione assegnerà inoltre ai commissari modalità e termini per l'espletamento dell'incarico che dovrà concludersi con l'adozione e l'approvazione dello strumento urbanistico;

d) i commissari ad acta, qualora il personale dell'amministrazione regionale non sia sufficiente o disponibile, possono essere scelti anche tra i funzionari con adeguato profilo tecnico appartenenti ad altre amministrazioni pubbliche previo assenso delle medesime.

 

     Art. 29. Formazione ed approvazione del Piano operativo temporale (P.O.T.).

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.O.T. e delle sue modifiche ed integrazioni.

2. La giunta comunale procede all'elaborazione ed all'approvazione del P.O.T. secondo quanto stabilito da P.S.C., PSA dal R.E.U. e nel rispetto delle norme della presente legge.

3. Il POT è adottato dal Consiglio e successivamente depositato presso la sede comunale per sessanta giorni successivi alla data di pubblicazione dell'atto di adozione sul BUR. Il POT deve essere pubblicato sul sito istituzionale del comune. L'avviso deve contenere l'indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell'avvenuta adozione del POT è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla giunta comunale.

4. Osservazioni al POT, entro i termini di deposito di cui al comma 3, possono essere presentate in forma scritta da chiunque, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

5. Successivamente all'adozione, il P.O.T. viene trasmesso alla Provincia che, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, è tenuta a dare riscontro formulando osservazioni in merito ad eventuali gravi ed immotivate difformità ed incoerenze con il PSC/PSA e PTCP. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso la giunta comunale predispone il P.O.T. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.

6. La Giunta comunale, entro i sessanta giorni successivi all'eventuale ricevimento del riscontro da parte della Provincia, si determina in merito alle osservazioni formulate al P.O.T. e lo invia al consiglio per l'approvazione.

7. L'adeguamento del P.O.T. alle prescrizioni della Provincia, ovvero l'accoglimento delle osservazioni, non comporta una nuova pubblicazione del piano.

8. Successivamente all'approvazione del P.O.T. da parte del Consiglio comunale, una copia integrale del piano viene trasmessa alla Regione ed alla Provincia e depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.

9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione.

10. In conformità al comma 8 dell'articolo 5 del D.Lgs. 70/2011 convertito con modificazioni dalla legge di conversione 106/2011, il POT non è sottoposto a valutazione ambientale strategica né a verifica di assoggettabilità qualora non comporti variante ed il PSC, già sottoposto a VAS, in sede di valutazione ambientale strategica definisca l'assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle datazioni territoriali, gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti piani volumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste. Nei casi in cui POT comporti variante allo strumento sovraordinato, la valutazione ambientale strategica e la verifica di assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono stati oggetto di valutazione sul PSC, e si applica, quanto disposto dal D.Lgs. 152/2006 s.m.i. e dalla normativa regionale in materia.

 

     Art. 30. Formazione ed approvazione dei Piani attuativi unitari (P.A.U.).

1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione dei Piani attuativi unitari (P.A.U.) e delle loro modifiche ed integrazioni.

2. La giunta comunale procede all'elaborazione del P.A.U. in esecuzione di quanto stabilito dal P.S.C., dal R.E.U., o nel caso, dal P.O.T. e nel rispetto delle norme della presente legge.

3. Il P.A.U. è adottato dal Consiglio e successivamente depositato, corredato dai relativi elaborati, presso la sede comunale per i venti giorni successivi alla data di affissione all'albo pretorio dell'avviso di adozione del piano. Entro lo stesso termine, il Comune provvede ad acquisire i pareri, i nulla osta e gli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi in vigore per la tutela degli interessi pubblici. A tal fine il responsabile del procedimento può convocare una Conferenza dei servizi ai sensi del precedente articolo 14.

4. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

5. Osservazioni al PAU, entro i termini di deposito di cui al comma 3, possono essere presentate in forma scritta da chiunque, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi.

6. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle eventuali osservazioni; provvede, ove queste implichino modifiche, ad adeguare i P.A.U. alle determinazioni della Conferenza dei servizi di cui al comma 3 e rimette gli atti al consiglio per la relativa approvazione, che deve avvenire entro e non oltre 60 giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, inviandone una copia alla Provincia ed alla Regione.

7. Nell'ipotesi che non vi siano variazioni, non è necessaria la riapprovazione del P.A.U. da parte del Consiglio comunale; lo stesso diventa esecutivo scaduti i termini del deposito di cui al comma 3.

8. Non appena gli atti di approvazione dei P.A.U. divengono esecutivi, i relativi provvedimenti devono essere notificati a ciascuno dei proprietari interessati, secondo le modalità di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.

9. Gli strumenti di iniziativa pubblica o privata possono essere approvati in variante al P.S.C. o al P.O.T., con le procedure previste dal presente articolo, a condizione che le modifiche riguardino:

a) adeguamenti perimetrali modesti e comunque non superiori al 20%;

b) modifiche alla viabilità che non alterino il disegno complessivo della rete;

c) l'inserimento di servizi ed attrezzature pubbliche che risultino compatibili con le previsioni del P.S.C. o del P.O.T.;

d) miglioramenti all'articolazione degli spazi e delle localizzazioni;

e) l'inserimento di comparti di edilizia residenziale pubblica nei limiti di cui all'articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167.

10. Il presente procedimento si applica anche per le opere aventi rilevanza pubblica ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 e agli strumenti già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge.

11. Il P.A.U. di iniziativa privata sostitutivo della lottizzazione di cui al precedente articolo 24 conserva i contenuti ed il procedimento di cui alla normativa statale.

11-bis. In conformità al comma 8 dell'articolo 5 del D.L. 70/2011 convertito con modificazioni dalla legge di conversione 106/2011, il PAU non è sottoposto a valutazione ambientale strategica né a verifica di assoggettabilità qualora non comporti variante ed il PSC, già sottoposto a VAS, in sede di valutazione ambientale strategica definisca l'assetto localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali, gli indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti piani volumetrici, tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste. Nei casi in cui il PAU comporti variante allo strumento sovraordinato, la valutazione ambientale strategica e la verifica di assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono stati oggetto di valutazione sul PSC, e si applica quanto disposto dal D.Lgs. 152/2006 s.m. e i. e dalla normativa regionale in materia.

11-ter. In conformità alla lettera b) del comma 13 dell'articolo 5 del D.L. 70/2011 così come modificato dalla legge 106/2011, legge di conversione qualora il PAU non comporti variante agli strumenti urbanistici, sia in coerenza con POT e compatibile con le relative VAS, le attività di adozione, approvazione nonché le determinazioni in merito alle osservazioni, di cui ai commi precedenti, spettano alla Giunta comunale.

 

     Art. 31. Comparti edificatori.

1. I comparti edificatori costituiscono uno strumento di attuazione e controllo urbanistico, nonché momento di collaborazione della pubblica amministrazione e dei privati per lo sviluppo urbanistico del territorio.

2. Anche per l'attuazione delle finalità di perequazione, il P.S.C. e gli altri strumenti attuativi delle previsioni urbanistiche generali individuano o formulano i criteri per l'individuazione nel proprio ambito di comparti edificatori la cui proposizione, predisposizione ed attuazione è demandata ai proprietari singoli, associati o riuniti in consorzio degli immobili in essi compresi, a promotori cui i proprietari stessi possono conferire mandato, al Comune in qualità di proponente o mandatario esso stesso.

3. Gli strumenti sovraordinati che individuano i comparti devono stabilire:

a) l'estensione territoriale e la volumetria complessiva realizzabile;

b) le modalità d'intervento definendo il modello geologicotecnico del sottosuolo individuato mediante le opportune indagini di cui all'art. 20, comma 4, lettera b);

c) le funzioni ammissibili;

d) le tipologie d'intervento;

e) i corrispettivi monetari od in forma specifica; la quantità e la localizzazione degli immobili da cedere gratuitamente al Comune per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e aree verdi;

f) gli schemi di convenzione da sottoscriversi da parte dei partecipanti al comparto unitamente agli eventuali mandatari ed all'Amministrazione comunale, in forza dei quali vengano stabiliti i criteri, le formule ed i valori per le operazioni di conferimento dei beni, il loro concambio e/o le eventuali permute tra beni conferiti e risultati finali dei derivanti dalla realizzazione del comparto. Detti schemi provvedono anche alla ripartizione, secondo le quote di spettanza, delle spese generali da suddividere tra i soggetti partecipi, gli oneri specifici e quelli fiscali, per i quali comunque si applicano le agevolazioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 448.

4. Il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore dell'intero comparto in base all'imponibile catastale, è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione, al Comune, della proposta di attuazione dell'intero comparto e del relativo schema di convenzione. Successivamente il Sindaco, assegnando un termine di 90 giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto comparto sottoscrivendo la convenzione presentata.

5. Decorso inutilmente il termine assegnato, di cui al comma precedente, il consorzio consegue la piena disponibilità del comparto ed è abilitato a richiedere al Comune l'attribuzione della promozione della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti. Il corrispettivo, è posto carico del consorzio.

6. In caso d'inerzia ingiustificata dei privati, trascorso il termine d'attuazione del piano, l'Amministrazione può procedere all'espropriazione delle aree costituenti il comparto e, se del caso, le assegna mediante apposita gara.

7. I proprietari delle aree delimitate da strade pubbliche esistenti o previste dallo strumento urbanistico generale vigente hanno la facoltà di riunirsi in consorzio, ai sensi dei precedenti commi, e di elaborare, anche in mancanza degli strumenti attuativi di cui al comma 2, la proposta di Comparto Edificatorio relativamente al quale il Comune, prima di avviare le procedure previste dal presente articolo, deve applicare le procedure di approvazione previste per i piani attuativi ai sensi della normativa statale e regionale vigente.

8. In caso di inadempienza dei privati singoli o associati, dei promotori mandatari, il Comune sostitutivamente ad essi, entro i tempi tecnici della programmazione di cui al piano, predispone i piani di comparto addebitando agli inadempienti, con iscrizione al ruolo, ogni onere relativo e conseguente.

 

     Art. 32. Strumenti di pianificazione negoziata.

1. Sono strumenti di negoziazione della pianificazione territoriale ed urbanistica:

a) i programmi integrati di intervento, di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;

b) i programmi di recupero urbano, di cui all'articolo 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con legge 4 dicembre 1993, n. 493;

c) i programmi di riqualificazione urbana, di cui all'articolo 2 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;

d) i programmi di recupero degli insediamenti abusivi ai sensi dell'articolo 29, legge 28 febbraio 1985, n. 47;

e) [abrogata];

f) i programmi d'area.

2. L'utilizzazione degli strumenti di cui al precedente comma deve comunque essere ricondotta alle norme della pianificazione territoriale ed urbanistica regionale comprese nella presente legge, alla disciplina statale vigente in materia in quanto applicabile e non modificata dalle norme dei successivi articoli.

3. Gli strumenti di pianificazione negoziata e i comparti edificatori hanno la valenza di piani di attuazione di iniziativa pubblica anche se proposti dai proprietari delle aree riuniti in Consorzio.

 

     Art. 33. Programma integrato d'intervento (P.I.N.T.).

1. Il programma integrato d'intervento disciplina un sistema complesso di azioni e misure sulle strutture urbane, attivando strumenti operativi di programmazione economica e territoriale e si attua mediante progetti unitari di interesse pubblico di dimensione e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione di parti di città. I suoi caratteri sono:

a) pluralità di funzioni, di tipologie, di interventi, comprendendo in essi anche le opere di urbanizzazione, e di idoneizzazione e di infrastrutturazione generale;

b) pluralità di operatori e di corrispondenti risorse finanziarie, pubbliche e private.

2. L'ambito territoriale oggetto del programma tiene conto del degrado del patrimonio edilizio, degli spazi e delle aree verdi, della carenza e dell'obsolescenza delle urbanizzazioni e dei servizi in genere, della carenza o del progressivo abbandono dell'ambito stesso da parte delle attività produttive urbane, artigianali e commerciali e del conseguente disagio sociale.

3. La formazione del programma avviene con particolare riferimento a:

a) centri storici caratterizzati da fenomeni di congestione o di degrado;

b) centri storici in fase di abbandono o comunque privi di capacità di attrazione;

c) aree periferiche o semi-periferiche carenti sul piano infrastrutturale e dei servizi e che presentino nel loro interno aree o zone inedificate o degradate;

d) insediamenti ad urbanizzazione diffusa e carente privi di servizi e di infrastrutture dove sia assente una specifica identità urbana;

e) aree con destinazione produttiva o terziaria non più rispondenti alle esigenze sociali e del mercato, e di conseguenza dismesse o parzialmente inutilizzate o degradate;

f) aree urbane destinate a parchi o giardini degradate; aree prospicienti corsi d'acqua parimenti degradate classificate a verde pubblico dagli strumenti urbanistici.

4. Il programma può contenere una quota di funzioni residenziali non inferiore al 35% in termini di superficie complessiva degli immobili da realizzare o recuperare e non può estendersi comunque alle aree definite come zone omogenee E dal D.M. n. 1444/1968, a meno che tali ultime non siano strettamente connesse, funzionali o di ricomposizione del tessuto urbano da riqualificare.

5. Il P.I.N.T. deve essere accompagnato da uno studio di inserimento ambientale e da una relazione finanziaria che valuti l'entità dei costi di realizzazione confrontandola con la disponibilità di adeguate risorse economico-finanziarie.

6. La documentazione allegata alla proposta dei P.I.N.T. contempla:

a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l'ambito di applicazione del P.I.N.T.;

b) l'estratto delle mappe catastali con l'individuazione degli immobili interessati, distinti a seconda della proprietà;

c) i titoli atti a certificare la proprietà degli immobili da parte dei promotori e l'adesione degli altri proprietari coinvolti;

d) lo stato di fatto dell'edificazione e la planivolumetria degli edifici (da mantenere, da trasformare, da demolire o da ricostruire) nella scala 1/500;

e) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

f) una relazione tecnica illustrativa;

g) il programma di attuazione degli interventi;

h) la bozza di convenzione;

i) il piano delle tipologie d'intervento ed il piano dell'arredo urbano;

j) la tavola di azionamento funzionale con la specificazione dell'eventuale edilizia sociale;

k) la cartografia tematica che descrive le condizioni di rischio geologico, idraulico e sismico e definisce una normativa d'uso per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente e di nuova programmazione;

l) le norme specifiche di attuazione.

7. Il Consiglio comunale approva i singoli P.I.N.T. e la delibera di approvazione, corredata dai relativi elaborati tecnici, è depositata per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

8. Osservazioni ai P.I.N.T., entro i termini di deposito di cui al comma 7 possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali dei P.I.N.T. sono destinati a produrre effetti diversi.

9. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, la Giunta comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i P.I.N.T..

10. Sono abilitati a proporre i P.I.N.T. sia soggetti pubblici che privati che dispongano del diritto di proprietà delle aree o degli immobili ovvero di un titolo che ne accerti la disponibilità e che qualifichi la posizione del soggetto stesso allo specifico fine del permesso di costruire.

 

     Art. 34. Programma di recupero urbano (P.R.U.).

1. Il programma di recupero urbano è finalizzato prevalentemente al recupero, non soltanto edilizio, del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e costituisce un insieme coordinato d'interventi:

a) urbanizzativi, finalizzati alla realizzazione, manutenzione ed ammodernamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

b) ambientali, finalizzati al miglioramento qualitativo del contesto urbano;

c) edilizi, finalizzati prevalentemente al recupero di edifici pubblici o di edilizia residenziale pubblica con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione.

2. La realizzazione dei P.R.U. prevede il coinvolgimento dei privati ai quali è consentito di effettuare nuovi interventi edilizi, compensativi o premiali, all'interno delle aree oggetto di programma.

3. Le tipologie di intervento edilizio ammesse nel P.R.U. sono:

a) il recupero degli edifici pubblici nell'ambito degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica anche realizzando volumi edilizi aggiuntivi di completamento e di integrazione;

b) il completamento degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica con interventi di nuova edificazione abitativa e non abitativa da realizzare al loro interno, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

c) l'integrazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica con interventi di nuova edificazione abitativa e non abitativa da realizzare su aree contigue o prossime, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

d) la realizzazione, su aree esterne agli insediamenti di edilizia residenziale pubblica ma in funzione del loro recupero, di nuovi edifici abitativi e non abitativi a condizione che quelli abitativi siano utilizzati quali "case parcheggio" nell'intesa che a fine locazione essi tornino nella piena disponibilità dell'operatore.

4. Nel caso il P.R.U. costituisca variante agli strumenti urbanistici sovraordinati si applicano le procedure della variante urbanistica.

5. Sono privilegiati, a tutti i livelli istituzionali, i P.R.U. che destinano ai lavoratori dipendenti una congrua parte degli alloggi in locazione e che tengono in particolare riguardo le categorie sociali deboli.

6. Il progetto di P.R.U. è composto da:

a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l'ambito di applicazione del P.R.U.;

b) una relazione geologico - tecnica che delinei le modalità di intervento in funzione delle condizioni di rischio del comparto definita mediante le opportune indagini di cui all'art. 20, comma 4, lettera b);

c) la tavola delle destinazioni d'uso presenti nell'ambito d'intervento;

d) la tavola o la relazione descrittiva dello stato degli immobili e degli eventuali vincoli che gravano sulla zona d'intervento;

e) l'elenco catastale degli immobili oggetto del P.R.U.;

f) le tavole di progetto del P.R.U. che evidenzino le tipologie d'intervento, edilizie, urbanizzative ed ambientali;

g) l'eventuale tavola di variante dello strumento operativo sovraordinato;

h) la planivolumetria degli interventi edilizi;

i) i progetti di massima delle singole opere;

j) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

k) una relazione tecnica illustrativa che, fra l'altro, contenga la stima analitica dei nuclei familiari interessati dal P.R.U. e, qualora si realizzino alloggi parcheggio, descriva le modalità dell'alloggiamento temporaneo e della sistemazione definitiva;

l) una relazione sui costi di realizzazione, sulle fonti di finanziamento, sulla convenienza dell'intervento e sui benefìci finali che esso produrrà;

m) il programma di attuazione degli interventi;

n) atto o atti d'obbligo e la eventuale bozza di convenzione;

o) il piano delle tipologie d'intervento ed il piano dell'arredo urbano;

p) le norme specifiche di attuazione;

q) una relazione tecnica, firmata da un tecnico abilitato esperto di cui all'articolo 69, comma 3, della presente legge, che individui e definisca, per gli edifici e gli ambiti individuati all'interno del PSC in adempimento del comma 5 dell'articolo 20, le caratteristiche di intervento edilizio, con opere di restauro, risanamento conservativo.

6-bis. I comuni che, entro la data di entrata in vigore della presente legge, abbiano approvato il P.R.U. in conformità all'articolo 34, comma 7, della presente legge, devono presentare la variante di adeguamento di cui alla lettera q) del comma 6 entro dodici mesi dalla sopraccitata data o congiuntamente a qualsiasi altra variante e modifica apportata precedentemente allo scadere del suddetto termine.

7. Il Consiglio comunale approva i P.R.U. e la delibera di approvazione, corredata dai relativi elaborati tecnici, è depositata per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

8. Osservazioni ai P.R.U., entro i termini di deposito di cui al comma 6, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei P.R.U. sono destinati a produrre effetti diretti.

9. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i P.R.U..

10. Per quanto non previsto dal presente articolo, trova applicazione quanto disposto dall'articolo 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito nella legge 4 dicembre 1993, n. 443.

11. I P.R.U. approvati prima dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad essere regolati dalla disciplina statale previgente.

 

TITOLO VI

Tutela e recupero del patrimonio edilizio e urbanistico

 

     Art. 35. Programmi di riqualificazione urbana (RIURB).

1. I programmi di riqualificazione urbana (RIURB) sono finalizzati a promuovere il recupero edilizio di ambiti della città appositamente identificati e delimitati, fruendo di finanziamenti pubblici e dell'eventuale concorso di risorse finanziarie private. Comporta un insieme coordinato d'interventi che mirano a riqualificare aree degradate o dimesse risanandone l'edificato e potenziandone le dotazioni attraverso la previsione di nuovi servizi e/o spazi verdi, a promuovere azioni produttive e terziarie di livello elevato e di servizi urbani pubblici o di interesse collettivo, in grado di contribuire allo sviluppo del territorio in un quadro complessivo che miri a finalità strategiche appositamente individuate in una relazione a cura del proponente che entra a fare parte del programma stesso.

2. Considerato che le aree da assoggettare a RIURB debbono essere strategicamente importanti per l'assetto urbano complessivo, presupposto necessario perché si possa procedere alla proposta di RIURB è l'adozione da parte del consiglio comunale del documento sulle aree urbane di crisi con il quale si possono anche impegnare quote del bilancio alla realizzazione degli stessi RIURB.

3. La proposta di RIURB è di esclusiva competenza delle Amministrazioni comunali che possono, nel processo di formazione, approvazione e realizzazione, coinvolgere gli Enti pubblici interessati alle iniziative ovvero privati singoli, associati o riuniti in consorzio.

4. La formazione ed attuazione dei RIURB è affidata alla sottoscrizione di appositi Accordi di Programma fra la Provincia, l'Amministrazione proponente e gli altri Enti e/o soggetti coinvolti. La sottoscrizione dell'Accordo di Programma comporta le determinazioni degli effetti di cui al precedente articolo 15, nonché consente di ritenere automaticamente approvate anche le varianti agli strumenti urbanistici comunali che la realizzazione dei programmi eventualmente comportano.

5. Il RIURB deve:

a) specificare le condizioni generali di accessibilità (connessione dell'ambito di intervento al sistema principale della mobilità ed ai principali collegamenti esterni) e di disimpegno interno (connessioni interne primarie);

b) evidenziare le aree e le attrezzature pubbliche o di uso pubblico e le grandi aree verdi destinati a parco urbano;

c) localizzare le funzioni strategiche non residenziali;

d) individuare il patrimonio edilizio pubblico da recuperare con interventi coordinati;

e) identificare gli edifici di proprietà comunale o pubblica funzionalmente collegabili al RIURB in quanto utili a facilitare la riqualificazione (fornendo gli alloggi di parcheggio);

f) delimitare le aree comunali e private destinabili ad edilizia residenziale pubblica e privata;

g) evidenziare le aree ed i fabbricati recuperabili attraverso idonei piani attuativi, come i P.I.N.T. ed i P.R.U.;

h) delimitare le singole sottounità d'intervento coordinato, specificando di ciascuna il peso insediativo esistente e quello previsto; il fabbisogno di aree di standard ed il missaggio funzionale (residenziale, non residenziale, produttivo) imposto (cioè non derogabile) oppure suggerito (e perciò modificabile nel caso di allocazione di funzioni strategiche o pregiate o di attuazione di importanti opere infrastrutturali pubbliche o di uso pubblico), l'articolazione dell'edificabilità residenziale tra le varie forme di utilizzo (libera, convenzionata, agevolata, sovvenzionata), anch'essa negoziabile nei casi di cui al punto precedente.

6. Successivamente alla sottoscrizione dell'Accordo di Programma, il Comune provvede al deposito del RIURB per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune ed a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

7. Osservazioni ai RIURB, entro i termini di deposito di cui al comma 6, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei RIURB sono destinati a produrre effetti diretti.

8. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio Comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i RIURB.

9. La Giunta regionale, sentite le Amministrazioni provinciali, in occasione della formazione del bilancio di previsione annuale, individua le quote di finanziamento da destinare ai soggetti pubblici ed alle istituzioni pubbliche per i RIURB, i criteri per l'ammissibilità delle domande di finanziamento dei programmi e quelli per la selezione delle proposte, fermo restando che le priorità nell'attribuzione delle risorse vanno agli interventi di recupero e di riuso del patrimonio edilizio esistenti in ambiti urbani degradati, anche attraverso la loro riconversione ai fini della realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica e relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria e, se necessario, di infrastrutturazione generale.

 

     Art. 36. Programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.).

1. I programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.) sono finalizzati al reinserimento nel contesto urbano di parti della città, attraverso interventi di riqualificazione urbanistica, architettonica ed ambientale, realizzati senza aumento di volumetria, ad eccezione dei volumi edilizi da destinare a servizi caratterizzati da opere di:

a) realizzazione, ammodernamento e manutenzione delle urbanizzazioni primarie e secondarie;

b) miglioramento del contesto ambientale;

c) recupero degli edifici con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria;

d) risanamento conservativo e ristrutturazione.

2. I programmi devono tenere conto dei seguenti princìpi fondamentali:

a) realizzare un'adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;

b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;

c) garantire un razionale inserimento territoriale ed urbano dell'insediamento.

3. Le aree da assoggettare ai P.R.A. sono identificate dall'Amministrazione comunale in sede di redazione del P.S.C., o di altri strumenti attuativi, in considerazione della presenza, negli ambiti da delimitare, di edifici condonati ovvero in attesa di perfezionamento del condono presentato ai sensi delle leggi statali vigenti.

4. Nel delimitare le aree di cui al comma 2 le Amministrazioni prendono in considerazione zone della città in cui la presenza di edifici, o parti di essi, condonati è causa di accentuato degrado e/o di deterioramento di contesti ambientali rilevanti dal punto di vista storico, architettonico, paesaggistico.

5. L'attuazione dei programmi può essere affidata in concessione a imprese, o ad Associazioni di imprese, o a loro consorzi, che dimostrino di avere i requisiti tecnici e finanziari per il programma proposto, ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni. Il permesso di costruire fa riferimento all'apposita convenzione nella quale sono precisati, tra l'altro, i contenuti economici e finanziari degli interventi di recupero urbanistico. Eventuali accordi preliminari o proposte di soggetti privati finalizzati all'attuazione del programma devono essere parte integrante della documentazione del programma stesso.

6. I nuclei di edificazione abusiva ai fini del loro recupero vengono delimitati e definiti, per quanto riguarda densità ed indici territoriali, nel P.S.C. di cui all'articolo 20.

7. Nel caso in cui il piano interessi aree sottoposte a vincolo paesistico, ambientale o idrogeologico, ovvero a qualsiasi altro regime vincolistico, preventivamente all'approvazione il Comune acquisisce il parere dell'autorità competente alla tutela del vincolo.

8. Per assicurare la fattibilità economica degli interventi la convenzione di cui al comma 4 prevede l'utilizzo anche di risorse finanziarie derivanti dalle oblazioni e dagli oneri concessori e sanzionatori dovuti per il rilascio dei titoli abilitativi in sanatoria relativi agli edifici compresi nell'ambito territoriale del programma. Lo stesso deve essere accompagnato da un'accurata relazione finanziaria con individuazione delle risorse pubbliche e private necessarie all'attuazione degli interventi di recupero dell'insediamento.

9. Le tipologie d'intervento edilizio ammesse nei P.R.A. sono:

a) il recupero o la riqualificazione di edifici da destinare a servizi nell'ambito delle aree delimitate;

b) il completamento delle zone comprese nelle aree delimitate, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

10. La formazione ed attuazione del P.R.A. è affidata alla sottoscrizione di appositi Accordi di Programma fra la Regione, l'Amministrazione comunale e gli altri Enti e/o soggetti coinvolti. La sottoscrizione dell'Accordo di Programma comporta gli effetti di cui al precedente articolo 15.

11. Il progetto di P.R.A. è composto da:

a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l'ambito di applicazione del P.R.A.;

b) la tavola delle destinazioni d'uso presenti nell'ambito d'intervento;

c) la tavola e/o la relazione descrittiva dello stato degli immobili e degli eventuali vincoli che gravano sulla zona d'intervento;

d) l'elenco catastale degli immobili oggetto del P.R.A.;

e) le tavole di progetto del P.R.A. che evidenzino le tipologie d'intervento edilizie, urbanizzative ed ambientali;

f) l'eventuale tavola di variante dello strumento urbanistico sovraordinato;

g) la planivolumetria degli interventi edilizi;

h) i progetti di massima delle singole opere;

i) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

j) la relazione tecnica illustrativa che, fra l'altro, contenga la stima analitica dei nuclei familiari interessati dal P.R.A. e, qualora si realizzino alloggi parcheggio, descriva le modalità dell'alloggiamento temporaneo e della sistemazione definitiva;
k) una relazione geologico-tecnica per la valutazione del livello di pericolosità geologica in assenza ed in presenza delle opere, definita mediante le opportune indagini di cui all'art. 20, comma 4, lettera b);

l) la relazione sui costi di realizzazione, sulle fonti di finanziamento, sulla convenienza dell'intervento e sui benefìci finali che esso produrrà;

m) il programma di attuazione degli interventi;

n) l'atto o gli atti d'obbligo e la eventuale bozza di convenzione;

o) il piano delle tipologie d'intervento ed il piano dell'arredo urbano;

p) le norme specifiche di attuazione.

12. Successivamente alla sottoscrizione dell'Accordo di Programma, il Comune provvede al deposito del P.R.A. per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune ed a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.

13. Osservazione al P.R.A., entro i termini di deposito di cui al comma precedente, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti del P.R.A. sono destinati a produrre effetti diretti.

14. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente il P.R.A..

15. La Giunta regionale, in occasione della formazione del bilancio di previsione annuale, individua le quote di finanziamento da destinare ai P.R.A., i criteri per l'ammissibilità delle domande di finanziamento dei programmi e quelli per la selezione delle proposte.

16. Non potendo entrare a far parte del P.R.A. edifici ed opere che , alla data di adozione del P.R.A. medesimo, non siano stati oggetto di sanatoria ai sensi della disciplina statale vigente, l'Amministrazione dovrà verificare l'avvenuto perfezionamento delle richieste di Condono edilizio presentate, ancora prima dell'avvio formale delle procedure del P.R.A..

17. I suoli che sono di fatto utilizzati come strade di penetrazione del comparto edilizio condonato, per effetto della presente legge sono acquisiti al patrimonio comunale senza corrispettivo finanziario e come tali sono trascritti nel registro del patrimonio indisponibile, in quanto opere di urbanizzazione.

 

     Art. 37. Interventi di bonifica urbanistica-edilizia.

1. I comuni, singoli e associati, predispongono piano di rottamazione e recupero delle opere, manufatti ed edifici, già oggetto di condono o, comunque realizzati con modalità, materiali, carenze di impianti, assenza o assoluta carenza di opere di urbanizzazione o di smaltimento e/o trattamento delle acque di risulta e dei rifiuti, tali da determinare, in un quadro di interesse pubblico generale, la necessità di ripristino e bonifica dei siti territoriali interessati.

2. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su parere della Commissione consiliare competente, predispone le linee guida ed il regolamento attuativo dei "piani di rottamazione".

 

     Art. 37 bis. Programmi di bonifica urbanistica-edilizia attraverso il recupero o la delocalizzazione delle volumetrie.

1. I Comuni, anche su proposta di operatori privati, possono individuare edifici, anche con destinazione non residenziale, legittimamente realizzati o per i quali sia stata rilasciata sanatoria edilizia, da riqualificare in quanto contrastanti per dimensione, tipologia o localizzazione, con il contesto paesaggistico, urbanistico e architettonico circostante nonché con le misure di salvaguardia per la riduzione del rischio idrogeologico. A tal fine i comuni approvano programmi di recupero che prevedono il rifacimento delle relative volumetrie mediante interventi di demolizione e ricostruzione nella stessa area o, qualora concordato fra entrambe le parti interessate (Comune e proprietario), in aree diverse, purché dotate di opere di urbanizzazioni primarie e di servizi a rete essenziali, individuate anche attraverso meccanismi perequativi.

2. Per incentivare gli interventi previsti nel comma 1, il programma di recupero e delocalizzazione può prevedere, come misura premiale, il riconoscimento di una volumetria supplementare nel limite massimo del trenta per cento di quella preesistente o riconosciuta dallo strumento urbanistico comunale vigente, purché sussistano le seguenti condizioni:

a) l'edificio da demolire o riqualificare deve essere collocato all'interno delle zone o degli ambiti territoriali elencati nel comma 4 del presente articolo. La demolizione non deve interessare gli immobili elencati al camma 5 del presente articolo per cui è prevista solo la riqualificazione;

b) l'interessato si impegna, previa stipula di apposita convenzione con il Comune, alla demolizione dell'edificio e, ove concordato, al ripristino ambientale delle aree di sedime e di pertinenza dell'edificio demolito, con cessione ove il Comune lo ritenga opportuno;

c) con la convenzione deve essere costituito sulle medesime aree, ove prevista la delocalizzazione, un vincolo di inedificabilità assoluta che, a cura e spese dell'interessato deve essere registrato e trascritto nei registri immobiliari;

d) la ricostruzione, in caso di delocalizzazione, deve avvenire precedentemente alla demolizione, se l'edificio ha destinazione d'uso prevalente residenziale o diverso purché sussista la necessità di continuità d'uso, e al ripristino ambientale di cui alla lettera b), in area o aree, ubicate al di fuori delle zone o degli ambiti territoriali elencati nel comma 4 che devono essere puntualmente indicate nella convenzione stipulata tra il Comune e l'interessato;

e) la ricostruzione, in caso di delocalizzazione, può avvenire in aree diverse purché dotate di opere di urbanizzazione primarie e di servizi a rete essenziali;

f) la destinazione d'uso dell'immobile ricostruito deve essere omogenea a quella dell'edificio demolito. Sono consentiti interventi di sostituzione edilizia con ampliamento della volumetria esistente in conformità al comma 3) dell'articolo 8, anche con cambiamento di destinazione d'uso, che prevedono la realizzazione di una quota non inferiore al settanta per cento destinata ad edilizia residenziale sociale;

g) la ricostruzione deve essere realizzata secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 5, lettere a), b), c) e d). Gli interventi devono essere realizzati da una impresa con iscrizione anche alla Cassa edile comprovata da un regolare DURC. In mancanza di detti requisiti non è certificata l'agibilità, ai sensi dell'articolo 25 del D.P.R. n. 380/2000, dell'intervento realizzato;

g-bis) Il mantenimento della destinazione d'uso di almeno il 50 per cento della superficie originaria dell'edificio da demolire; non è ammessa alcuna variante che comporti la riduzione della suindicata percentuale della destinazione d'uso originaria.

3. Nel rispetto delle condizioni previste nel comma 2, il limite massimo della misura premiale è elevato al trentacinque per cento della volumetria preesistente o prevista dallo strumento urbanistico comunale vigente se l'intervento di demolizione o di ricostruzione è contemplato in un programma integrato di rigenerazione urbana di cui agli articoli 32, 33, 34, 35 e 36, L.R. n. 19/2002 (Legge urbanistica) o nell'ambito di appositi "piani di rottamazione" previsti nell'articolo 37, L.R. n. 19/2002 (Legge urbanistica), o, ancora, nell'ipotesi di interventi che interessano immobili con destinazione residenziale, se gli edifici ricostruiti sono destinati, per una quota pari al venti per cento minimo della loro volumetria, a edilizia residenziale sociale.

3-bis. Per gli interventi di cui al comma 1 del medesimo articolo nel rispetto dei requisiti e delle procedure di cui al comma 2 del medesimo articolo, il limite massimo della misura premiale è elevato al 50 per cento della volumetria preesistente o prevista dallo strumento urbanistico comunale vigente se l'intervento di demolizione e ricostruzione o delocalizzazione, è finalizzato alla costruzione di edifici destinati, per una quota non inferiore al 70 per cento della loro volumetria, a edilizia residenziale sociale.

4. Le misure premiali previste nei commi 2 e 3 possono essere previste nei casi in cui l'edificio da demolire sia collocato:

a) in area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi degli articoli 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

b) nelle zone A delle aree protette nazionali istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e delle aree protette regionali;

c) nelle zone umide tutelate a livello internazionale dalla Convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale (Ramsar 2 febbraio 1971, resa esecutiva dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448);

d) negli ambiti dichiarati ad alta pericolosità idraulica e ad elevata o molto elevata pericolosità geomorfologica (o ad essi assimilabili) dai piani stralcio di bacino previsti nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) o dagli studi geologici allegati agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica e nelle aree ricadenti tra quelle inserite nel "Piano Generale per la Difesa del Suolo" (O.P.C.M. n. 3741/2009) e come tali oggetto di proposta di riclassificazione a rischio elevato o molto elevato;

e) nelle aree sottoposte a vincoli idrogeologici ai sensi della normativa statale vigente;

f) nelle aree ad elevata valenza naturalistica ambientale e culturale.

5. La demolizione non può riguardare comunque immobili:

a) ubicati all'interno delle zone territoriali omogenee "A" di cui all'articolo 2, D.M. 1444/1968 o ad esse assimilabili, così come definite dagli strumenti urbanistici generali o dagli atti di governo del territorio comunali;

b) definiti di valore storico, culturale e architettonico dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici generali;

c) di interesse storico, vincolati ai sensi della parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e s.m.

6. Il riconoscimento delle misure premiali previste nei commi 2 e 3 non comporta l'approvazione di variante agli strumenti urbanistici generali vigenti.

7. Se non sono soddisfatte tutte le condizioni previste nel comma 2, gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici in area o aree diverse da quella originaria, possono essere autorizzati dal Comune, eventualmente con la previsione di misure premiali, solo previa approvazione di variante agli strumenti urbanistici generali.

 

     Art. 38. Fondo per il risanamento e recupero dei centri storici.

1. La legge di bilancio annuale, a partire da quella approvata dopo l'entrata in vigore della presente legge, prevede la costituzione di un fondo finalizzato alla copertura, anche parziale, degli interessi conseguenti l'accensione dei mutui od altre forme di finanziamento diretto ad interventi di risanamento e recupero dei centri storici calabresi.

2. L'allocazione delle risorse a favore dei comuni richiedenti o loro consorzi è preceduta da apposito accordo di programma che coinvolge i comuni, singoli o consorziati, la Regione e le istituzioni bancarie e finanziarie interessate.

3. Entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'Urbanistica, sentita la Commissione consiliare competente, emana apposito regolamento attuativo.

 

     Art. 39. Finalità dei programmi d'area.

1. La Regione Calabria, al fine di accrescere l'integrazione fra gli Enti locali, il coordinamento delle iniziative, l'impegno integrato delle risorse finanziarie, promuove la predisposizione di programmi d'area.

2. I programmi d'area costituiscono una ulteriore modalità di programmazione intercomunale negoziata, coerente con le previsioni indicate dagli strumenti regionali e provinciali di programmazione economico - territoriale.

3. I programmi d'area sono promossi dalla Giunta regionale soltanto nel caso in cui gli Enti locali ricompresi nell'ambito territoriale interessato diano il loro assenso e partecipino alla predisposizione e realizzazione.

4. La programmazione negoziata di cui al comma 2, si svolge tra Regione, Enti locali e altri soggetti pubblici o a partecipazione pubblica, con la partecipazione delle parti sociali e dei soggetti privati interessati, ed è tesa a realizzare le condizioni per lo sviluppo locale sostenibile, in coerenza con gli strumenti della programmazione regionale e sub-regionale.

 

     Art. 40. Programmi d'area.

1. Il programma d'area rappresenta un complesso di interventi finalizzati alla valorizzazione di aree territoriali caratterizzate da peculiari situazioni economiche, sociali, culturali ed ambientali, nonché di aree urbane per le quali appaiono necessari rilevanti interventi di riqualificazione o di recupero, per la cui realizzazione sia necessaria l'azione coordinata ed integrata di più soggetti pubblici o privati.

2. Le aree oggetto del programma d'area ricomprendono il territorio di uno o più comuni della Regione, anche appartenenti a province diverse.

3. Il programma d'area è finanziato con risorse proprie dei soggetti partecipanti e/o con eventuali contributi statali e comunitari. I contributi regionali alle imprese previsti dal programma d'area sono stabiliti nella misura massima consentita dalla Unione Europea per l'ambito territoriale considerato, anche in deroga alle norme regionali vigenti.

 

     Art. 40 bis. Contratti di fiume.

1. Si definisce Contratto di fiume un atto volontario di impegno condiviso tra soggetti pubblici e privati finalizzato alla riqualificazione ambientale-paesaggistica ed alla connessa rigenerazione socio-economica di un sistema fluviale e del relativo bacino idrografico unitamente alla gestione del rischio idraulico. Il Contratto di fiume si configura come un accordo di programmazione negoziata definito in coerenza con la pianificazione vigente e nel rispetto delle competenze specifiche dei vari attori interessati, da attuarsi secondo le linee guida di cui al comma 5.

2. Con riferimento alle finalità di cui al comma 1, con i Contratti di fiume la Regione Calabria promuove la concertazione e l'integrazione delle politiche a livello di bacino e sottobacino idrografico, adottando forme idonee di partecipazione attiva e favorendo la definizione di strategie condivise tra gli attori interessati.

3. I Contratti di fiume concorrono alla definizione, all'attuazione e all'aggiornamento degli strumenti di pianificazione di distretto con riferimento alla scala di bacino e sottobacino idrografico, ovvero al Piano di gestione del rischio di alluvioni di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 (Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni), e del Piano di gestione delle acque di cui all'articolo 117 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

4. Rientrano nella definizione di Contratto di fiume anche il Contratto di lago, di costa, di acque di transizione e di falda, quali fattispecie declinate su diversi ambiti idrografici.

5. Entro sei mesi dall'entrata in vigore di questo disposto, la Giunta regionale adotta con regolamento attuativo, da sottoporre al parere della commissione consiliare competente, un documento di indirizzo per l'attuazione dei Contratti di fiume ed il relativo programma per la promozione e il monitoraggio di tali strumenti.

 

     Art. 41. Modalità di predisposizione del Programma d'Area.

1. Al fine della individuazione dei programmi d'area, la Giunta regionale promuove il concorso degli Enti locali e delle parti sociali interessati e, sentita la Commissione consiliare competente, provvede alla prima definizione del territorio interessato e degli obiettivi generati del programma, anche sulla base delle disponibilità di risorse finanziarie locali per il cofinanziamento.

2. Con lo stesso atto di cui al precedente comma, la Giunta regionale provvede altresì alla costituzione di un gruppo di lavoro, cui partecipano i soggetti interessati, con il compito di elaborare la proposta di programma d'area.

 

     Art. 42. Procedimento di approvazione del Programma d'Area.

1. Il Presidente della Giunta regionale, o l'Assessore all'Urbanistica su delega del Presidente della Giunta regionale, convoca una Conferenza preliminare per accertare il consenso dei soggetti pubblici e privati interessati alla proposta di programma d'area, finalizzata alla sottoscrizione dell'Accordo per l'attuazione del Programma d'Area.

2. Qualora il programma d'area comporti la variazione di uno o più strumenti di pianificazione urbanistica, si applica quanto previsto dalla presente legge.

3. Un accordo di ulteriori soggetti dopo l'approvazione dell'accordo richiede il consenso unanime dei partecipanti.

4. Ove l'adesione operi nel rispetto di tutte le disposizioni contenute nell'accordo, il consenso è espresso dalla Conferenza di programma.

 

     Art. 43. Contenuti dell'accordo relativo al Programma d'Area.

1. L'accordo configura le azioni di competenza dei soggetti partecipanti dirette a dare attuazione, in modo coordinato ed integrato, agli interventi oggetto del programma d'area. Con l'accordo i soggetti partecipanti si vincolano altresì ad impegnare le risorse finanziarie occorrenti e ad assumere le iniziative necessarie per l'acquisizione di eventuali contributi nazionali e comunitari.

2. L'accordo deve:

a) prevedere una dettagliata descrizione degli interventi, nonché degli obiettivi e dei risultati che si intendono perseguire con la realizzazione del programma d'area;

b) contenere gli obblighi assunti da ciascun soggetto partecipante;

c) definire le diverse fasi di realizzazione degli interventi;

d) individuare le risorse finanziarie occorrenti per la realizzazione dei singoli interventi e la ripartizione dei relativi oneri fra i soggetti partecipanti;

e) prevedere gli effetti derivanti dall'inadempimento degli obblighi assunti dai soggetti partecipanti, compresa l'eventuale attivazione di interventi sostitutivi;

f) individuare i contenuti non ritenuti sostanziali dalle parti che possono essere modificate con il consenso unanime espresso dalla Conferenza di programma;

g) individuare l'Autorità di programma da designare con decreto del Presidente della Giunta regionale, come previsto al successivo art. 45;

h) individuare le varie fasi temporali del programma;

i) prevedere il diritto di recesso, di uno o più soggetti partecipanti, stabilendone le condizioni.

 

     Art. 44. Soggetti attuatori del Programma d'Area.

1. I singoli soggetti partecipanti provvedono alla realizzazione ed alla gestione degli interventi previsti dal programma d'area in relazione agli obblighi assunti.

2. Entro trenta giorni dall'approvazione dell'accordo, ciascuno dei soggetti partecipanti individua il responsabile del programma di propria competenza, che svolge i seguenti compiti:

a) cura l'esecuzione degli interventi, promuovendo e coordinando lo svolgimento di ogni attività necessaria per la loro completa e sollecita realizzazione;

b) fornisce all'Autorità di programma tutte le informazioni necessarie per l'esercizio dei suoi compiti.

 

     Art. 45. Autorità di programma.

1. L'Autorità di programma, costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale:

a) coordina l'attività dei responsabili nominati dai soggetti partecipanti;

b) vigila sul rispetto dei tempi di realizzazione del programma e del corretto e razionale svolgimento delle procedure;

c) opera il monitoraggio sui livelli di prestazione e di qualità, degli interventi e la valutazione della congruenza dei risultati conseguiti agli obiettivi programmatici definiti.

2. L'Autorità riferisce periodicamente sull'attuazione del programma d'area alla Conferenza di programma e propone alla stessa l'assunzione dei provvedimenti di competenza, curandone l'esecuzione.

 

     Art. 46. Conferenza di programma del Programma d'Area.

1. Con decreto del Presidente della Giunta regionale è istituita la Conferenza di programma con il compito di sovrintendere alla realizzazione del programma d'area e di vigilare sul tempestivo e completo adempimento degli obblighi assunti dai partecipanti.

2. La Conferenza è composta da un rappresentante per ognuno dei partecipanti e presieduta dal Presidente della Giunta regionale o un suo delegato.

3. La Conferenza svolge i seguenti compiti:

a) verifica il rispetto degli obblighi assunti dai contraenti nei termini previsti;

b) mette in mora il soggetto partecipante inadempiente e assume i successivi provvedimenti previsti dall'accordo, ivi compresa l'attivazione dei poteri sostitutivi;

c) tenta la composizione in via amichevole delle eventuali controversie insorte in ordine al rispetto delle clausole dell'accordo;

d) provvede agli adempimenti conseguenti;

e) approva le adesioni all'accordo;

f) valuta i risultati del programma d'area.

4. La Conferenza è convocata dal suo Presidente almeno due volte l'anno, nonché su richiesta dell'Autorità di programma. La Conferenza assume i provvedimenti di cui alle lettere d) ed e), del comma 3, all'unanimità dei suoi componenti.

 

     Art. 47. Approvazione regionale dei programmi d'area.

1. La Giunta regionale propone annualmente al Consiglio l'approvazione dei programmi d'area ed individua con il medesimo atto i capitoli ordinari di spesa, al fine di garantire la copertura finanziaria della quota regionale di partecipazione al programma, fissando una priorità per l'attuazione dei relativi interventi nell'utilizzo delle risorse previste dagli stanziamenti già autorizzati dalla legge di bilancio o dalla legge finanziaria, con riferimento alle leggi di spesa settoriali vigenti.

2. Il Consiglio regionale con un unico provvedimento approva il programma d'area ed il relativo programma finanziario. La delibera consiliare di approvazione del programma d'area ha la medesima efficacia degli atti settoriali di programmazione economico-finanziaria, ai fini dell'individuazione degli interventi e degli stanziamenti di bilancio da impegnare. Alla stessa consegue direttamente la fase di attuazione degli interventi da parte delle competenti strutture regionali.

 

     Art. 48. Insediamenti urbani storici.

1. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale all'urbanistica e governo del territorio adotta un organico strumento normativo sulla identificazione dei centri storici, disciplinando gli interventi negli stessi che tenga conto dei seguenti principi:

a) ai fini della valorizzazione delle risorse immobiliari disponibili e della limitazione dell'uso di risorse territoriali si considera di preminente interesse regionale il recupero, la riqualificazione ed il riuso dei centri storici e degli insediamenti storici minori, rispettandone i valori culturali, sociali, storici, architettonici, urbanistici, economici ed ambientali;

b) si considerano centri storici gli agglomerati urbani che conservano nell'organizzazione territoriale, nell'impianto urbanistico e ambientale, nonché nelle strutture edilizie, i segni di una formazione remota e di proprie originarie funzioni abitative, economiche, sociali e culturali, comprendendo inoltre ogni struttura insediativa anche extra urbana che costituisca eredità significativa di storia locale;

c) è prevista l'istituzione e l'aggiornamento a cura della Regione di un elenco dei centri storici riguardante gli insediamenti suscettibili di tutela e valorizzazione;

d) l'attuazione degli interventi nei centri storici può essere demandata ai comuni o altri enti pubblici, contraenti generali, cooperative di abitazione e loro consorzi, cooperative di produzione e loro consorzi, imprese di costruzione e di servizi e loro consorzi, privati proprietari, singoli o consorziati.

2. Al fine di garantire la compatibilità paesaggisticoambientale e storico-insediativa degli interventi di valorizzazione relativi agli insediamenti urbani e del patrimonio edilizio e urbanistico del territorio regionale, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'Urbanistica e Governo del Territorio e previo parere da parte della Commissione consiliare competente, da esprimersi entro trenta giorni dal ricevimento, provvede alla redazione e approvazione di un apposito Disciplinare per gli Interventi di Recupero, valorizzazione e messa in sicurezza del patrimonio edilizio e urbanistico.

3. Il Disciplinare di cui al comma precedente indica norme, metodologie, strumenti e tecniche necessarie a garantire che gli interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio e urbanistico regionale venga fatto con tecniche e materiali locali compatibili al manufatto e al contesto ambientale nonché in osservanza della normativa vigente in materia.

4. I comuni della Calabria, entro centottanta giorni dalla pubblicazione del disciplinare, redigono ed adottano un Piano del centro storico, che pur rispettando i principi contenuti, detta ulteriori particolari norme tendenti a salvaguardare i caratteri storico-culturali tipici. In assenza del Piano del centro storico e di norme simili all'interno del PSC/PSA, i comuni applicano le norme minime di cui al disciplinare, come strumentazione urbanistica di salvaguardia che sostituisce, per le parti in contrasto, la normativa urbanistica vigente nel comune.

 

     Art. 49. Miglioramenti tecnologici.

1. Al fine di migliorare la qualità tecnologica e di agevolare l'attuazione delle norme sul risparmio energetico degli edifici, nuovi o esistenti, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi e dei rapporti di copertura:

a) i tamponamenti perimetrali per la sola parte eccedente i trenta centimetri, per le nuove costruzioni, e fino ad un massimo di ulteriori centimetri venticinque;

b) il maggiore spessore dei solai, orizzontali od inclinati, per la sola parte eccedente i venti centimetri se contribuisce al miglioramento statico degli edifici, e/o al miglioramento dei livelli di coibentazione termica, acustica o di inerzia termica;

c) le disposizioni del presente articolo valgono anche ai fini del calcolo delle altezze massime, delle distanze dai confini, fra edifici e dalle strade, fermo restando le prescrizioni minime dettate dalla legislazione statale.

2. Con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio è consentito nei centri storici e nelle zone totalmente costruite dei centri abitati, il recupero ai fini abitativi dei sottotetti e l'utilizzo a fini commerciali dei piani seminterrati ed interrati così definiti:

a) sottotetti, i locali sovrastanti l'ultimo piano dell'edificio con copertura a tetto;

b) seminterrati, i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale inferiore ai 2/3 della superficie laterale del piano;

c) interrati, i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale superiore ai 2/3 della superficie laterale del piano;

purché siano rispettate le normali condizioni di abitabilità previsti dai vigenti regolamenti salvo le seguenti:

- requisiti di idoneità statica attestati mediante certificato di collaudo redatto da tecnico abilitato, corredato da prove di carico e certificazione di cui alla legge 5 novembre 1971, n. 1086;

- altezza media ponderale di almeno metri 2,20 ridotta a metri 2,00 per i comuni posti a quota superiore a metri 800 slm, calcolata dividendo il volume della porzione di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50 per la superficie relativa;

- rapporti pari a 1/15 tra la superficie delle aperture esterne e superficie degli ambienti di abitazione, calcolata relativamente alla porzione di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50;

- di interventi per il collegamento diretto tra unità immobiliari e sovrastante sottotetto o fra locali contigui finalizzati alla migliore funzione di tali locali sono da considerarsi opere interne soggette a D.I.A.;

- la realizzazione di aperture, botole, scale, ed ogni altra opera interna idonea a perseguire le finalità di abitabilità dei sottotetti è soggetta a D.I.A.;

- gli interventi e le opere di tipo edilizio e tecnologico devono avvenire senza alcuna modificazione delle linee di colmo e di gronda e senza alterazione delle originarie pendenze delle falde di copertura e con l'altezza dei piani sottostanti ai sottotetti che non può essere ridotta ad un valore inferiore a metri 2,70;

- è consentita, ai fini dell'osservanza dei requisiti di areazione e di illuminazione dei sottotetti la realizzazione di finestre, lucernai, abbaini e terrazzi se consentiti, ovvero la realizzazione di impianti di ventilazione meccanica per un ricambio d'aria almeno pari a quello richiesto per la ventilazione naturale;

per i seminterrati e gli interrati:

- altezza interna non inferiore a metri 2,70;

- aperture per la ventilazione naturale diretta non inferiore ad un 1/15 della superficie del pavimento, ovvero la realizzazione d'impianto di ventilazione meccanici per un ricambio d'aria almeno pari a quello richiesto per la ventilazione naturale;

- gli interventi e le opere di tipo edilizio ammessi per conseguire l'utilizzo terziario e/o commerciale di piani seminterrati non devono, comunque, comportare modifiche delle quote standard di piano delle aree pubbliche e delle sistemazioni esterne già approvate;

- è consentito l'utilizzo dei locali ricavati con la suddivisione orizzontale dell'ambiente interrato o seminterrato esistente, che ha come fine l'integrazione e il miglioramento della funzione terziario - commerciale, a condizione però che la presenza del soppalco non riduca l'altezza dell'ambiente al di sotto di metri 2,70;

- gli interventi per collegare vano e soppalco e per la sistemazione dei locali interrati e seminterrati finalizzati a migliorare la fruizione di detti locali e la loro funzione terziario/commerciale sono da considerarsi opere soggette a D.I.A.

3. Gli interventi di cui al presente articolo comportano la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché del contributo del costo di costruzione ai sensi di legge, calcolati sulla volumetria resa utilizzabile secondo le tariffe vigenti di ciascun Comune per le opere di urbanizzazione.

4. Al fine di preservare il territorio da nuove edificazioni, il recupero a fini abitativi dei sottotetti ed il riutilizzo ad uso terziario/commerciale dei piani seminterrati ed interrati è ammesso, per le aree urbanizzate, per i fabbricati realizzati prima dell'entrata in vigore della legge urbanistica regionale. Al di fuori di tale caso, la possibilità è dettata dalle previsioni dei PSC, all'interno dei quali i comuni posso definire perimetrazioni nelle quali siano permessi il recupero ed il riutilizzo di cui al capoverso precedente. Nei sottotetti i volumi trasformabili non possono eccedere il 25% del volume urbanistico dell'edificio cui l'intervento si riferisce. Le attività di recupero dei sottotetti e di riutilizzo dei semi interrati ed interrati ad uso terziario/commerciale, non sono consentite qualora questi non siano conformi alle vigenti norme in materia energetica ed impiantistica. In tal caso le attività di recupero e riutilizzo, per i soli volumi oggetto di recupero e riutilizzo, sono svolte previo adeguamento alla vigente normativa energetica, impiantistica ed antisismica.

5. Qualora venga superato il limite del 25% dell'incremento volumetrico di cui al comma precedente e nella situazione d'impossibilità del rispetto dei limiti fissati dal D.M. 2 aprile 1968 è, altresì ammessa la possibilità del diretto conferimento, da parte dei richiedenti, di superfici idonee a compensare gli standard urbanistici mancanti, ovvero della loro monetizzazione attraverso idonea convenzione, in base ai costi correnti di esproprio all'interno dell'area considerata.

6. Gli interventi di cui al presente articolo sono classificati come ristrutturazioni ai sensi dell'art. 31, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 457.

7. Con riferimento al precedente comma 5, i comuni, con motivata deliberazione, di cui è necessario dare adeguata pubblicità, possono, nel termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disporre l'esclusione totale o parziale di zone territoriali omogenee e/o limitazioni degli incrementi volumetrici oltre il limite di cui al comma 5.

 

TITOLO VII

Pianificazione del territorio agro-forestale

 

     Art. 50. Assetto agricolo forestale del territorio.

1. Gli strumenti urbanistici, nell'individuazione delle zone agricole, disciplinano la tutela e l'uso del territorio agro-forestale, al fine di:

a) salvaguardare il valore naturale, ambientale e paesaggistico del territorio medesimo e, nel rispetto della destinazione forestale del suolo e delle specifiche vocazioni produttive, garantire lo sviluppo di attività agricole sostenibili;

b) promuovere la difesa del suolo e degli assetti idrogeologici, geologici ed idraulici e salvaguardare la sicurezza del territorio;

c) favorire la piena e razionale utilizzazione delle risorse naturali e del patrimonio infrastrutturale ed infrastrutturale esistente;

d) promuovere la permanenza nelle zone agricole, degli addetti all'agricoltura migliorando le condizioni insediative;

e) favorire il rilancio e l'efficienza delle unità produttive;

f) favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente in funzione delle attività agricole e di quelle ad esse integrate e complementari a quella agricola;

g) valorizzare la funzione dello spazio rurale di riequilibrio ambientale e di mitigazione degli impatti negativi degli aggregati urbani.

2. I comuni, mediante il P.S.C. individuano zone agricole a diversa vocazione e vocazione e suscettività produttiva per promuoverne lo sviluppo.

3. I comuni qualificano, attraverso la sistematica definizione degli interventi edilizi ed urbanistici ammessi, le zone agricole del proprio territorio in:

a) aree caratterizzate da una produzione agricola tipica o specializzata;

b) aree di primaria importanza per la funzione agricolo - produttiva, anche in relazione all'estensione, composizione e localizzazione dei terreni;

c) aree che, caratterizzate da preesistenze insediative, sono utilizzabili per l'organizzazione di centri rurali o per lo sviluppo di attività complementari ed integrate con l'attività agricola;

d) aree boscate o da rimboschire;

d-bis) le aree assoggettate ad usi civici o di proprietà collettiva di natura agricola o silvo-pastorale;

e) aree che per condizione morfologica, ecologica, paesistico-ambientale ed archeologica, non sono suscettibili di insediamento.

3-bis. I comuni si attengono alle disposizioni di cui al comma 3, lettera d-bis), secondo quanto previsto dalla legislazione nazionale in materia e, in particolare, dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del R.D.L. 22 maggio 1924, n. 751) e dal regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno), entro e non oltre la fase di approvazione degli strumenti attuativi agli strumenti urbanistici o, prima dell'emanazione del permesso di costruire, negli altri casi, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 131 e seguenti del D.Lgs. n. 42/2004.

4. L'individuazione di cui al comma 2 deve essere preceduta da una rilevazione e descrizione analitica delle caratteristiche fisiche del territorio interessato e delle sue potenzialità produttive, elaborata sulla base di una relazione agro-pedologica e di uso dei suoli elaborata e firmata da un professionista a ciò abilitato con particolare riferimento:

a) alla natura fisico-chimica dei terreni, alla morfologia ed alle caratteristiche idro-geologiche;

b) all'uso di fatto ed all'uso potenziale dei suoli finalizzato all'incremento potenzialità produttive;

c) allo stato della frammentazione fondiaria;

d) alle caratteristiche socio - economiche della zona e della popolazione che vi risiede o la utilizza;

e) alla individuazione delle aree abbandonate o sotto utilizzate che richiedano interventi strutturali ai fini di garantire forme ed opere di presidio ambientale, sotto i profili ecologico - ambientale e socio - economico.

5. Le previsioni del P.S.C., relativamente alle zone di cui al comma 2, devono indicare:

a) per ciascuna zona e con riferimento alle colture praticate od ordinariamente praticabili;

b) l'unità aziendale minima per l'esercizio in forma economicamente conveniente dell'attività agricola.

6. [Abrogato].

7. Nell'ambito dei comprensori di bonifica i Consorzi di bonifica partecipano, tramite le scelte disposte con il Piano Comprensoriale di bonifica e di tutela del territorio, ove approvato dal Consiglio regionale ed adottato dai Consorzi, alla formazione dei Piani territoriali ed urbanistici, nonché ai programmi di difesa dell'ambiente contro gli inquinamenti.

8. Il Piano ha efficacia in ordine alle azioni di competenza del Consorzio di bonifica per la individuazione e progettazione delle opere di bonifica e delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché delle altre opere necessarie per la tutela e la valorizzazione del territorio rurale, ivi compreso la tutela delle acque di bonifica ed irrigazione. Il Piano ha invece valore di indirizzo per quanto attiene vincoli per la difesa dell'ambiente naturale ed alla individuazione dei suoli agricoli da salvaguardare rispetto a destinazioni d'uso alternative.

9. I comuni, le comunità Montane e le province, nell'approvazione dei propri strumenti di pianificazione devono raccordarsi con quanto disposto dal Piano di bonifica approvato dal Consiglio regionale. I comuni si raccordano, altresì, nei propri strumenti urbanistici, con le proposte di tutela delle aziende e delle aree agricole in riferimento alla salvaguardia dell'uso agricolo rispetto a destinazioni d'uso alternative.

 

     Art. 51. Interventi in zona agricola.

1. Nelle zone a destinazione agricola come identificate dell'articolo precedente, il permesso di costruire sarà rilasciato con esonero dei contributi commisurati alle opere di urbanizzazione e ai costi di costruzione, solo se la richiesta è effettuata da imprenditori agricoli.

2. Qualora la destinazione d'uso venga modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori i contributi di cui al comma precedente sono dovuti nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione (ai sensi dell'art. 19 ultimo comma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).

3. Nelle zone a destinazione agricola è comunque vietata:

a) ogni attività comportante trasformazioni dell'uso del suolo tanto da renderlo incompatibile con la produzione vegetale o con l'allevamento e valorizzazione dei prodotti;

b) ogni intervento comportante frazionamento del terreno a scopo edificatorio (già lottizzazione di fatto);

c) la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria del suolo in difformità alla sua destinazione;

d) ogni attività di deposito, smaltimento e lavorazione di rifiuti non derivante dall'attività agricola o da attività ad esse complementari, situate all'interno o in contiguità di zone agricole direttamente investite da coltivazioni di pregio con tutela o marchio di qualità, o da produzioni agroalimentari certificate.

4. Il P.S.C. in riferimento a quanto disposto nelle linee guida, nel Q.T.R. nonché nel P.T.C.P., avendo particolare riguardo ai loro contenuti di strumenti di salvaguardia e tutela dei valori paesaggistici, e tenendo anche conto dei piani e programmi di settore, in materia di agricoltura, individua gli interventi aventi carattere prioritario ed essenziale fissando gli indici ed i rapporti di edificabilità.

5. È consentito l'asservimento di lotti non contigui ma funzionalmente legati per il raggiungimento dell'unità culturale minima, fermo restando la definizione in sede di P.S.C. dell'ingombro massimo di corpi di fabbrica edificabili e le caratteristiche tipologiche dell'insieme degli interventi a tutela e conservazione del paesaggio agricolo.

 

     Art. 52. Criteri per l'edificazione in zona agricola.

1. Il permesso di costruire per nuove costruzioni rurali, nei limiti ed alle condizioni di cui al precedente articolo, potrà essere rilasciato nel rispetto delle seguenti prescrizioni:

a) che si proceda in via prioritaria al recupero delle strutture edilizie esistenti;

b) che l'Azienda mantenga in produzione superfici fondiarie che assicurino la dimensione dell'unità aziendale minima.

2. Le strutture a scopo residenziale, al di fuori dei piani di utilizzazione aziendale o interaziendale, salvo quanto diversamente e più restrittivamente indicato dai PSC, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, sono consentite entro e non oltre gli standard di edificabilità di 0,013 mq su mq di superficie utile. Per le sole attività di produttività e di trasformazione e/o commercializzazione di prodotti agricoli coltivati anche nel medesimo fondo, l'indice non può superare 0,1 mq su mq. Il lotto minimo è rappresentato dall'unità aziendale minima definita dal REU, e comunque non inferiore a 10.000 mq così come prescritto dalle Linee Guida della Pianificazione Regionale, fatte salve eventuali superfici superiori prescritte dai comuni

3. I vincoli relativi all'attuazione dei rapporti volumetrici e di utilizzazione residenziale o produttiva devono essere trascritti presso la competente conservatoria dei registri immobiliari a cure e spese del titolare del permesso di costruire.

4. Per la realizzazione e la ristrutturazione delle strutture connesse alle attività di turismo rurale e agriturismo, gli standard urbanistici ed i limiti indicati al comma 2 sono incrementabili massimo fino al 20% fatta salva la normativa vigente nazionale e regionale in materia di agriturismo e turismo rurale, nonché gli indici stabiliti dagli strumenti urbanistici vigenti.

 

TITOLO VIII

Disposizioni orizzontali

 

     Art. 53. Standard urbanistici.

1. Al fine di assicurare una diversa e migliore qualità urbana, gli standard debbono contribuire ad elevare il livello quantitativo e qualitativo del sistema delle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti residenziali e produttivi in genere, mirando a migliorare il livello delle attrezzature e spazi collettivi, idonei a soddisfare le esigenze dei cittadini.

2. Gli standard di qualità, in particolare, si esprimono attraverso la definizione:

a) della quantità e della tipologia di tali dotazioni;

b) delle caratteristiche prestazionali, in termini di accessibilità, di piena fruibilità e sicurezza per tutti i cittadini di ogni età e condizione, di equilibrata e razionale distribuzione nel territorio, di funzionalità e adeguatezza tecnologica, di semplicità ed economicità di gestione.

3. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti i rappresentanti dell'A.N.C.I., dell'U.P.I., dell'A.N.C.E., dell'A.N.P.C. e delle federazioni degli ordini professionali degli architetti - pianificatori - paesaggisti - conservatori, degli ingegneri e dei geologi, specifica gli atti ai fini della predisposizione dei piani urbanistici comunali:

a) i limiti di utilizzazione territoriale;

b) i valori per il calcolo della capacità insediativa dei suoli destinati all'espansione ed al completamento degli immobili da sottoporre a riqualificazione, rifunzionalizzazione e sostituzione;

c) i rapporti tra gli spazi destinati alla trasformazione urbanistica e gli spazi pubblici, di uso pubblico o aperti al pubblico destinati al soddisfacimento delle esigenze di mobilità, sosta e ricovero degli autoveicoli, del tempo libero ivi compresi gli spazi verdi naturalizzati ed attrezzati per il giuoco, lo sport, le attività singole o collettive, lo spettacolo all'aperto, e le occasioni culturali musicali collettive, l'istruzione di primo e secondo grado, l'assistenza agli anziani, le strutture sanitarie di base;

d) i criteri attraverso cui il soddisfacimento dei fabbisogni di standard debba essere valutato secondo i requisiti prestazionali delle attrezzature e dei servizi la cui rilevazione e valutazione dovrà accompagnare quella strettamente quantitativa.

4. La possibilità di soddisfare la percentuale di standard urbanistici anche con servizi ed attrezzature private, purché definitivamente destinati ad attività collettive e previo convenzionamento con il Comune.

5. La Giunta regionale, previo parere vincolante della Commissione consiliare competente, nel medesimo provvedimento, connota, altresì, le forme di surrogazione di natura tecnologica o contrattuale attraverso le quali i citati fabbisogni potranno essere comunque soddisfatti, comprendendo anche forme di monetizzazione, di prestazione in forma specifica ovvero interventi compensativi diversi da quelli direttamente interessati.

 

     Art. 53 bis. Edilizia sostenibile.

1. Al fine di rafforzare il principio della sostenibilità anche nell'ambito delle attività del settore edilizio, entro 12 mesi dalla entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'Urbanistica e previo parere della commissione consiliare competente, da esprimersi entro trenta giorni dal ricevimento, provvede all' approvazione di un apposito Disciplinare per l'Edilizia Sostenibile.

2. Il Disciplinare di cui al comma precedente indica le norme, le tecniche, i materiali e gli strumenti necessari a incentivare, nel territorio regionale, l'affermazione dell'edilizia sostenibile che mira a soddisfare gli obiettivi generali di qualità della vita, di salubrità degli insediamenti e di compatibilità ambientale. La qualità dell'edilizia in termini di sostenibilità fa riferimento a requisiti di eco-compatibilità (materiali, tecniche costruttive, localizzazione, etc.), di benessere fisico delle persone, di salubrità del territorio e degli immobili, di contenimento energetico, di uso di energia rinnovabile e di rispetto dei requisiti di fruibilità, accessibilità e sicurezza per ogni tipo di utente.

3. Al fine di promuovere l'assunzione del Disciplinare dell'edilizia sostenibile negli strumenti di pianificazione urbanistica e dei relativi regolamenti edilizi e urbanistici comunali e nelle attività edilizie avviate da soggetti pubblici e privati, la Regione prevede un sistema di incentivi e premialità.

 

     Art. 54. Perequazione urbanistica.

1. La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazione territoriali e va applicata in tutti gli ambiti di pianificazione e si occupa altresì dell'applicazione degli incentivi di cui all'articolo 37-bis. dei programmi di bonifica urbanistica, delle compensazioni e degli incentivi in genere.

2. La quantità di edificazione spettante ai terreni che vengono destinati ad usi urbani deve essere indifferente alle specifiche destinazione d'uso previste dal Piano strutturale comunale (P.S.C.) e deve invece correlarsi allo stato di fatto e di diritto in cui i terreni stessi si trovano al momento della formazione del Piano stesso. A tal fine, il Piano strutturale comunale (P.S.C.) riconosce la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee, in modo che ad uguale stato di fatto e di diritto corrisponda una uguale misura del diritto edificatorio.

3. Ogni altro potere edificatorio previsto dal Piano strutturale comunale (P.S.C.), che ecceda la misura della quantità di edificazione spettante al terreno, è riservato al Comune, che lo utilizza per le finalità di interesse generale previste nei suoi programmi di sviluppo economico, sociale e di tutela ambientale.

4. Le aree le quali, secondo le regole stabilite dal Piano strutturale comunale (P.S.C.), non sono necessarie per realizzare le costruzioni e gli spazi privati a queste complementari, entrano a far parte del patrimonio fondiario del Comune, che le utilizza per realizzare strade ed attrezzature urbane nonché per ricavarne lotti edificabili da utilizzare sia per i previsti programmi di sviluppo economico e sociale sia per le permute necessarie ad assicurare ai proprietari dei terreni destinati dal P.S.C. ad usi pubblici, la possibilità di costruire quanto di loro spettanza.

5. L'attuazione della perequazione urbanistica si realizza attraverso un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti.

6. Il Piano operativo comunale (P.O.T.) ed i Piani urbanistici attuativi (P.A.U.), nel disciplinare gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.

7. Il regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.) stabilisce i criteri e i metodi per la determinazione del diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del P.S.C.

 

     Art. 55. Società di trasformazione urbana.

1. I comuni, i loro consorzi, e le loro unioni possono promuovere la costituzione di società per azioni al fine di progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti secondo quanto previsto dall'articolo 120 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. È facoltà dei promotori chiamare a far parte delle S.T.U. anche la Regione, le province ed i privati.

2. Entro sei mesi dalla data dell'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente, approva il regolamento contenente i criteri e le modalità per consentire la partecipazione alle S.T.U. dei soggetti proprietari degli immobili compresi nei perimetri interessati dalle trasformazioni di cui al comma 1 e le ulteriori precisazioni per il funzionamento delle società stesse.

3. I programmi che vengono attivati attraverso le Società di cui al comma precedente devono prevedere interventi destinati alla edilizia residenziale pubblica in misura non inferiore al 15% delle risorse pubbliche e private impegnate per la loro attuazione.

 

     Art. 56. Vincolo di inedificabilità.

1. All'atto del rilascio del permesso di costruire, per le costruzioni da realizzare ai sensi del Titolo VII, viene istituito un vincolo di non edificazione relativamente alla sola superficie agraria asservita, da trascriversi presso la conservatoria dei registri immobiliari.

2. Le abitazioni esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge estendono sul terreno dello stesso proprietario un vincolo di non edificazione fino a concorrenza della superficie fondiaria necessaria alla loro edificazione. La demolizione parziale o totale di tali costruzioni, corrispondentemente, riduce od elimina il vincolo.

 

     Art. 57. Disciplina del mutamento delle destinazioni d'uso degli immobili.

1. Il P.S.C. individua, per ambiti organici del territorio pianificato o per singoli episodi edilizi quando questi assumano particolari dimensioni o caratteristiche, le destinazioni d'uso specifiche, quelle ricomprese in gruppi omogenei e quelle da escludere, nonché la possibilità di destinazioni temporanee, convenzionate o scorrevoli a seguito di rifunzionalizzazione degli immobili.

2. Le condizioni per le localizzazioni delle destinazioni ammissibili, i loro rapporti con l'eventuale formazione di comparti edilizi e quelle relative al soddisfacimento delle esigenze di perequazione fondiaria sono stabilite dal R.E.U. che fissa, altresì, i requisiti tecnici degli immobili in relazione alle diverse destinazioni.

3. Le destinazioni d'uso sono definite sulla base del rapporto tra funzionalità e qualità urbana, ai fini della formazione di centri di aggregazione di funzioni, di riordino e di riequilibrio delle strutture insediative ed in coerenza con il piano del traffico e delle mobilità e con il programma urbano dei parcheggi.

4. Le destinazioni d'uso sono suddivise nei seguenti raggruppamenti:

a) residenziale;

b) turistico-ricettiva;

c) produttiva e direzionale;

d) commerciale;

e) agricola.

5. - 8. [Abrogati].

9. Costituiscono, ai fini della presente legge, modifica di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante il passaggio tra i diversi raggruppamenti di cui al precedente comma 4, nonché tra le zone omogenee del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

9-bis. Gli esercizi di vicinato e le piccole imprese artigiane non inquinanti sono ammessi in tutte le zone omogenee, ad eccezione di quelle E) di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici e dell'interno 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge n. 765 del 1967) a destinazione agricola.

10. Si ha mutamento di destinazione d'uso quando l'immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenente ad una delle categorie di destinazione di cui al comma 4 diversa da quella in atto.

11. La destinazione d'uso "in atto" dell'immobile o dell'unità immobiliare è quella fissata dalla licenza, permesso di costruire o autorizzazione per essi rilasciata, ovvero, in assenza o nell'indeterminatezza di tali atti, della classificazione catastale attribuita in sede di accatastamento o da altri atti probanti.

11-bis. Gli interventi di cui al presente articolo sono eseguiti ai sensi del D.P.R. n. 380/2001, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e nel rispetto delle normative nazionali, regionali e di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività urbanistico-edilizia, nonché delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 42/2004.

12. Per i mutamenti della destinazione d'uso che implichino variazioni degli standard urbanistici, il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla verifica del reperimento degli standard. Il diverso uso all'interno dello stesso raggruppamento tra quelli elencati al comma 4 e, comunque, il mutamento da cui non deriva la necessità di adozioni aggiuntive di standard, servizi e spazi pubblici o privati, è soggetto ai titoli abilitativi di cui al Titolo II, Capo III, del D.P.R. n. 380/2001, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

13. Il mutamento di destinazione d'uso, anche se attuato senza la realizzazione di opere edilizie, comporta l'obbligo di corrispondere al Comune il contributo di costruzione di cui all'articolo 16 del D.P.R. n. 380/2001, per la quota - parte commisurata agli oneri di urbanizzazione ed in misura rapportata alla differenza tra quanto dovuto per la nuova destinazione rispetto a quella già in atto, allorquando la nuova destinazione sia idonea a determinare un aumento quantitativo e/o qualitativo del carico urbanistico della zona, inteso come rapporto tra insediamenti e servizi. Per tutti gli immobili costruiti prima dell'entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 il mutamento e destinazione d'uso, pur non dovendo corrispondere al Comune alcun contributo di costruzione, è soggetto a Denunzia di inizio attività (D.I.A.) nonché all'obbligo di denunzia di variazione catastale.

14. [Abrogato].

15. Gli immobili con le relative aree di pertinenza, realizzati o in corso di realizzazione, anche con concessione edilizie rilasciate attraverso conferenze di servizi ai sensi e per gli effetti dell'articolo 14 e seguenti della legge n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni, sono da ritenersi inquadrati, secondo la loro destinazione d'uso, nella disciplina dei raggruppamenti di cui al precedente punto quattro.

 

TITOLO IX

Misure di salvaguardia

 

     Art. 58. Misure di salvaguardia del QTR.

1. A decorrere dalla data di adozione del Q.T.R. si applicano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 12, commi 3 e 4, del D.P.R. 380/2001.

2. Sono nulli gli atti assunti in violazione delle misure di cui al primo comma.

3. Le misure di salvaguardia decadono con l'approvazione degli strumenti urbanistici comunali, provinciali e della Città metropolitana di Reggio Calabria, o con il loro relativo adeguamento in coerenza alle prescrizioni del QTR e delle sue varianti, secondo quanto disposto dalla presente legge.

4. In caso di mancato adeguamento dei P.T.C.P. oltre il termine stabilito dal Q.T.R., le prescrizioni del Q.T.R. o delle sue varianti acquistano l'efficacia del Piano territoriale di coordinamento provinciale ovvero prevalgono su di esso, anche agli effetti della decorrenza dei termini per l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del P.T.C.P.

 

     Art. 59. Misure di salvaguardia del P.T.C.P. e del P.T.C.M.

1. A decorrere dalla data di adozione del P.T.C.P. e del P.T.C.M. e fino all'adeguamento dei piani urbanistici generali comunali si applicano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 12, commi 3 e 4 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

 

     Art. 60. Misure di salvaguardia del PSC.

1. A decorrere dalla data di adozione del PSC si applicano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 12, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 380/2001.

2. Il dirigente o il responsabile dell'ufficio tecnico del Comune sospende ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire quando accerti che le stesse sono in contrasto con l'atto di pianificazione territoriale adottato dal Comune e/o con le misure di salvaguardia del QTR, del PTCP e del PTCM.

3. La sospensione opera fino alla data di approvazione e di efficacia dell'atto di pianificazione e, comunque, non oltre tre anni dalla data di adozione dell'atto, ovvero cinque anni nel caso in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all'amministrazione competente all'approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.

 

TITOLO X

Delega di funzioni e competenze

 

     Art. 61. Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive.

1. Per la Provincia di Reggio Calabria, nell'attesa della definizione della legge di riordino delle funzioni regionali anche con riguardo all'istituzione della Città metropolitana, le funzioni di competenza della Regione ai sensi dell'art. 31, commi 7 e 8, e degli articoli 32, 39 e 40 del D.P.R. 380/2001, sono attribuite alla Provincia. Con riferimento alle altre province, per effetto della legge n. 56/2014 e della conseguente legge regionale 22 giugno 2015, n. 14 (Disposizioni urgenti per l'attuazione del processo di riordino delle funzioni a seguito della legge 7 aprile 2014, n. 56), le funzioni medesime sono riassunte in capo alla Regione;

1-bis. In caso di inerzia degli enti territoriali competenti in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31, comma 8, e 32, del D.P.R. 380/2001, la Giunta regionale diffida gli enti inadempienti ad esercitare le funzioni delegate entro sessanta giorni. Decorso tale termine, la Giunta regionale esercita i poteri sostitutivi, nominando un commissario ad acta, e affida la specifica funzione al dipartimento della Giunta regionale competente in materia di urbanistica, con oneri a carico degli enti inadempienti;

2. L'autorizzazione a derogare ai regolamenti edilizi comunali per le altezze degli edifici destinati ad uso alberghiero, di cui al R.D.L. 8 novembre 1938, n. 1908, è rilasciata dai comuni unitamente al provvedimento di permesso di costruire.

3. L'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 e successive modifiche e integrazioni è delegata alle Province.

4. Con atto successivo la Regione regolamenterà il conferimento di specifiche funzioni ai comuni, in materia edilizia, finalizzate a consentire ai privati proprietari di completare opere edilizie realizzate con titolo giuridicamente valido ma non completate nei termini di efficacia del titolo abilitativo avviando il miglioramento del decoro urbano e della qualità ambientale del patrimonio edilizio.

 

     Art. 62. Adempimenti della Regione.

1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale elabora il documento preliminare del Q.T.R. con i contenuti di cui all'articolo 17 e lo trasmette al Consiglio regionale, alle province ed ai comuni, ai sensi dell'articolo 25.

2. Entro il medesimo termine di cui al primo comma, la Giunta regionale approva gli atti di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 66 e provvede a raccogliere in un unico testo l'intera legislazione regionale in materia urbanistica.

 

     Art. 63. Adeguamenti ed aggiornamenti.

1. Gli adeguamenti del Q.T.R. possono essere promossi dal Consiglio regionale, da una o più province, dai comuni la cui popolazione complessiva superi di 1/3 quella definita nell'ultimo censimento del totale regionale, qualora si verifichino modifiche alla normativa vigente, ovvero sopraggiungano motivi che determinino la totale o parziale inattuabilità dello stesso Q.T.R.

2. Il Consiglio regionale provvede all'adeguamento ed all'aggiornamento del Q.T.R. con le procedure di cui al precedente articolo 25 ma con i termini ridotti della metà nel caso di modifiche inerenti disposizioni programmatiche o rese necessarie da variazioni della normativa vigente.

 

     Art. 64. Adempimenti delle province.

1. I P.T.C.P. vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge conservano validità fino all'approvazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'articolo 17. Le previsioni di detti strumenti vanno adeguate se in contrasto con le suddette linee guida nei termini indicati nel provvedimento di emanazione delle stesse linee.

2. Per i P.T.C.P. adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le norme procedurali e di salvaguardia vigenti alla data di adozione con l'obbligo di recepimento, per lo strumento approvato, delle linee guida come indicato al precedente comma.

3. I P.T.C.P. vigenti o adottati alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere adeguati entro dodici mesi dalla entrata in vigore del Q.T.R.

4. Fino all'emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'art. 17 le province continuano ad adottare i P.T.C.P. applicando le norme procedurali vigenti prima dell'entrata in vigore della presente legge con l'obbligo di adeguamento alle suddette linee guida come indicato al precedente comma 1.

5. Decorso inutilmente il termine di cui al comma precedente, si applicano i poteri sostitutivi di cui al successivo articolo 67.

 

     Art. 65. Termini di approvazione dei Piani Strutturali Comunali e disposizioni transitorie.

1. Tutti i comuni della Regione Calabria, ad eccezione di quelli che ricorrono alla procedura semplificata di cui all'articolo 27-ter, devono approvare, entro e non oltre il 31 dicembre 2017, il Piano strutturale comunale o associato. Nei casi di fusione di comuni il termine di approvazione di cui al primo periodo è fissato in dodici mesi decorrenti dalla data di costituzione del nuovo ente.

1-bis. Ai comuni che adempiono a quanto disposto dal comma 1 sono riconosciuti meccanismi di premialità nella determinazione dei punteggi ai fini dell'accesso alle risorse della programmazione dei fondi comunitari.

2. Fino all'approvazione degli strumenti urbanistici di cui al comma 1, si applicano le seguenti disposizioni transitorie:

a) i Piani regolatori generali e i Programmi di fabbricazione conservano validità limitatamente alle zone omogenee A) e B) e relative sottozone previste nei medesimi strumenti. Sono fatte salve, altresì, le previsioni di tutti gli ambiti territoriali, comunque denominati, nei quali siano stati approvati piani di attuazione secondo quanto disposto al comma 4, nonché le aree destinate agli interventi pubblici e di edilizia sociale di cui alla L.R. n. 36/2008 e la definizione delle richieste di trasformazione acquisite dai comuni entro i termini ammissibili ai sensi della legge regionale urbanistica vigente al momento della loro presentazione, in relazione alle differenti zone omogenee. Ai restanti suoli è estesa la destinazione agricola, la cui utilizzazione è disciplinata dagli articoli 50, 51 e 52, salvo quanto previsto in forma più restrittiva nei rispettivi strumenti urbanistici comunali. Successivamente all'adozione dei PSC/PSA, si applicano le misure di salvaguardia previste dall'articolo 60;

b) non sono ammesse varianti urbanistiche al di fuori di quelle derivanti dalla definizione delle richieste di trasformazione di cui alla lettera a), di quelle relative alla realizzazione di attrezzature e impianti pubblici di interesse generale, anche di iniziativa dei privati, ricadenti nella previgente zona omogenea "F" e relative sottozone dello strumento urbanistico comunale, di quelle derivanti dalla realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico sottoposti alle disposizioni del D.P.R. 327/2001, del D.Lgs. 50/2016, dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di quelle derivanti dalla realizzazione di interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata individuati dal POR Calabria o che siano beneficiari di finanziamenti pubblici, anche parziali o finalizzati alla partecipazione a bandi pubblici, purché beneficiari finali di finanziamento, nonché quelli proposti dagli enti ecclesiastici di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi), non in contrasto con gli strumenti urbanistici sovraordinati. Per i predetti interventi, pena la decadenza della variante urbanistica e contestuale ripristino della destinazione originaria, è fatto obbligo il rispetto dei termini di inizio lavori fissati dalla legge in materia. Sono ammesse modifiche alle norme tecniche di attuazione e al regolamento edilizio degli strumenti urbanistici vigenti, nei casi di recepimento o adeguamento a disposizioni normative o regolamentari o in mancanza di norme specifiche che consentono il corretto uso del territorio, mediante procedura semplificata di cui agli articoli 14 e seguenti della L. 241/90 e all'articolo 14 della presente legge, previa acquisizione dei pareri formulati dagli enti e soggetti che per legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante.

2-bis. Nei casi dei comuni, anche se associati, che adottano, in coerenza con le disposizioni legislative nazionali in materia, la pianificazione a "consumo di suolo zero" di cui all'articolo 27-quater, quale premialità, non si applicano le disposizioni transitorie di cui al comma 2, lettera a), facendo salve, fino all'adozione dei PSC/PSA, le previsioni dei previgenti strumenti urbanistici generali comunali (PdF e PRG).

2-ter. Le disposizioni transitorie di cui al comma 2, lettera a), non si applicano ai comuni muniti di apposito decreto regionale di approvazione della verifica del non contrasto con le previsioni del PRG vigente ai sensi della legge e delle linee guida della pianificazione regionale, fino all'adozione dei PSC/PSA.

3. [Abrogato].

4. I piani attuativi, comunque denominati, e gli atti di programmazione negoziata approvati conservano efficacia fino ai termini massimi previsti dalla normativa nazionale vigente. La mancata realizzazione o il completamento degli stessi oltre i predetti termini determinano l'applicazione di quanto disposto dalla normativa vigente nazionale.

5. Ai Comuni che non adempiono a quanto disposto dal comma 1, si applica il potere sostitutivo regionale di cui agli articoli 28 e 67.

 

TITOLO XI

Disposizioni finali

 

     Art. 66. Atti regionali di indirizzo, coordinamento e attuazione.

1. Per assicurare lo sviluppo coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione adotta:

a) atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni pianificatori delle province e dei comuni;

b) atti di coordinamento tecnico, aventi per oggetto i necessari corredi che attengono, attraverso relazioni geologico-tecniche, le condizioni di rischio geologico mediante le opportune indagini di cui al D.M. 11 marzo 1988 e successive modifiche ed integrazioni;

c) direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate.

2. Con gli atti di coordinamento tecnico, in particolare, la Regione:

a) detta indirizzi e direttive per l'attuazione della presente legge e per l'integrazione dei suoi contenuti con le disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalle legislazioni settoriali;

b) specifica i contenuti essenziali del documento preliminare, del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche e delle tavole di progetto del P.T.C.P., del P.S.C., del P.O.T. e dei piani attuativi;

c) stabilisce l'insieme organico delle nozioni, definizioni, modalità di calcolo e di verifica concernenti gli indici, i parametri e le modalità d'uso e di intervento, allo scopo di definire un lessico comune utilizzato nell'intero territorio regionale, che comunque garantisca l'autonomia nelle scelte di pianificazione.

3. Gli atti di cui al comma 1 sono assunti con delibera del Consiglio regionale, su proposta della giunta, sentite le Amministrazioni provinciali e le associazioni di comuni. Tali atti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.

 

     Art. 67. Potere sostitutivo regionale.

1. In caso di mancato rispetto dei termini perentori previsti dalla presente legge, il Presidente della Giunta regionale diffida gli enti inadempienti a provvedere entro trenta giorni, decorsi inutilmente i quali la Giunta regionale provvede direttamente al compimento dei singoli atti, nominando un apposito commissario ad acta con oneri a carico degli enti inadempienti.

2. In caso di inerzia di Province e Comuni nell'esercizio delle funzioni amministrative ad essi delegate, il Presidente della Giunta regionale diffida gli enti predetti a provvedere entro sessanta giorni, decorsi inutilmente i quali la Giunta regionale provvede direttamente alla formazione dei singoli atti amministrativi, nominando un apposito commissario ad acta con oneri a carico dell'ente inadempiente.

3. Le funzioni, le competenze ed i singoli atti per i quali è previsto il potere sostitutivo regionale, sono disciplinati con apposito regolamento da emanarsi, da parte della Giunta regionale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 68. Supporti tecnici e finanziari per la formazione di strumenti urbanistici.

1. La Regione assicura adeguato supporto tecnico di consulenza a province e comuni per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi demandati dalla presente legge. All'uopo gli Enti locali possono avvalersi dell'ausilio delle strutture tecnico-burocratiche degli uffici regionali competenti nelle materie dell'edilizia e dell'urbanistica attraverso l'attività di accompagnamento alla redazione dei Piani.

2. La Regione concede, inoltre, contributi ai comuni ed alle province per favorire la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica previsti dalla presente legge nei limiti e nelle forme di volta in volta disponibili.

3. I contributi di cui al comma 2 sono concessi alle province nella misura massima del cinquanta per cento della spesa ritenuta ammissibile ed ai comuni ammessi in riferimento alla disponibilità economica nella misura massima del settanta per cento della spesa ritenuta ammissibile in ragione della popolazione dei comuni ammessi.

4. Le richieste di contributo sono inoltrate, dai comuni e dalle province interessati, al Presidente della Regione secondo le modalità ed i termini contenuti nel bando che sarà pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria entro il 30 aprile di ogni anno. In sede di prima applicazione la pubblicazione avverrà entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. La formulazione della graduatoria delle province e dei comuni beneficiari dei contributi di cui al comma 2, è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, sulla base dei seguenti parametri:

a) l'inesistenza di strumentazione urbanistica generale;

b) l'elaborazione del P.S.C. in forma associata;

c) la dimensione demografica del Comune, con precedenza ai comuni di minore numero di abitanti per come rilevato nell'ultimo censimento ISTAT.

6. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui al presente articolo, la Regione fa fronte con l'istituzione di appositi capitoli nella parte spesa del bilancio regionale, che verranno dotati della necessaria disponibilità in sede di approvazione della legge annuale di bilancio.

 

     Art. 69. Qualificazione e valorizzazione professionale.

1. I soggetti titolari degli atti di governo del territorio, regolati dalla presente legge, perseguono gli obiettivi di cui alla presente legge, ai fini della redazione dei diversi strumenti di governo del territorio, mediante la valorizzazione di tutte le professionalità previste nel D.P.R. n. 328/2001 e nel rispetto delle competenze nello stesso individuate. Sono da considerare esperti tutti i soggetti in possesso dei titoli di studio elencati negli articoli 17 e 47 del citato D.P.R. n. 328/2001.

2. Al fine di elevare la qualità delle prestazioni professionali, anche incentivando il confronto e la concorrenzialità, gli affidamenti degli incarichi di pianificazione e connessi, previsti dalla presente legge, devono, obbligatoriamente, prevedere procedure concorsuali o ad evidenza pubblica, con avviso preventivo sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria garantendo il rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia di affidamento degli incarichi professionali.

3. Ai fini delle analisi, delle relazioni e degli studi relativi ai beni archeologici, storici ed artistici ed ambientali, per le finalità della presente legge, sono considerati esperti i laureati in storia e conservazione dei beni architettonici ed ambientali e ogni altro professionista o esperto che possa dimostrare una specifica formazione ed esperienza nella materia.

3-bis. Gli esperti previsti nel comma 3 devono inoltre redigere apposita relazione nei seguenti casi:

a) integrazione del PSC, di cui al comma 5 dell'articolo 20;

b) rilascio del permesso di costruire e D.I.A., di cui al comma 3 dell'articolo 21;

c) integrazione del PAU, di cui al comma 4 dell'articolo 24;

d) integrazione del progetto PRU, previsto dal comma 6 dell'articolo 34 della presente legge.

4. Il professionista o i professionisti comunque associati, affidatari degli incarichi di cui al comma 2 sono obbligati a coinvolgere organicamente nella redazione dei progetti un professionista abilitato da non più di cinque anni all'esercizio della professione ed iscritto nel proprio albo professionale.

 

     Art. 70. Società di certificazione urbanistica (S.C.U.).

     [Abrogato].

 

     Art. 71. Sportello unico.

1. Le Amministrazioni comunali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, provvedono anche mediante l'esercizio in forma associata delle strutture ai sensi del capo quinto titolo secondo del D.Lgs. n. 267/2000 a costituire un ufficio denominato Sportello Unico per l'edilizia che cura tutti i rapporti fra i soggetti privati, l'Amministrazione comunale e ove occorra, le altre Amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine ad attività edilizie oggetto di permesso di costruire o di D.I.A.. Il funzionamento dello sportello è regolato, fino alla emanazione di appositi criteri da adottarsi da parte della Giunta regionale, dall'art. 5, commi 2, 3, 4, del D.P.R. n. 380/2001.

2. La modalità di costituzione in forma associata è obbligatoria per i comuni facenti parte di un PSA, per i comuni costituenti uno Sportello Unico per le attività produttive Associato ed i piccoli comuni con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti. I comuni, entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, decidono la loro collocazione in uno Sportello Unico Associato e verificano ogni due anni l'eventuale ricollocazione.

 

     Art. 71 bis. Ufficio del Piano.

1. Le amministrazioni comunali, al fine di provvedere alla formazione e gestione della strumentazione urbanistica generale e di dettaglio, oltre alla definizione dei programmi complessi, nell'ambito della propria autonomia organizzativa provvedono, anche mediante l'esercizio in forma associata, alla formazione dell'Ufficio del Piano. La modalità di costituzione in forma associata è obbligatoria per i comuni facenti parte di un PSA e per i piccoli comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti.

2. Alcune specifiche azioni di pianificazione possono prevedere la creazione di un Ufficio gestionale, all'interno dell'Ufficio del Piano, come soggetto promotore pubblico-privato, costituito con la prevalenza della componente pubblica dell'amministrazione promotrice e con la rappresentanza di operatori economici e di fondazioni. All'Ufficio gestionale spetta l'assunzione delle principali scelte di intervento di natura prevalentemente strategico-urbanistico e di sottoporre il progetto all'approvazione del soggetto amministrativo decisionale.

3. L'Ufficio del Piano gestisce il sistema informativo cartografico, con sistemi compatibili con il SITO regionale, aggiorna il quadro conoscitivo, monitorizza i dati territoriali e ambientali di riferimento della VAS, anche al fine di fornire servizi e dati per gli altri servizi comunali.

 

     Art. 72. Sistema informativo provinciale.

1. Al fine di far confluire tutte le informazioni relative alla pianificazione del territorio che ricade sotto la loro giurisdizione le province, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad istituire il Sistema informativo provinciale per l'edilizia e l'urbanistica che ha il compito di interagire con il S.I.T.O. per le attività di cui al precedente articolo 8, comma 3, lettera e).

 

     Art. 73. Abrogazione di precedenti norme e adeguamento degli strumenti urbanistici.

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le norme in contrasto con la stessa.

2. Tutti gli strumenti urbanistici generali vigenti, nelle more dell'approvazione del Piano Paesaggistico Regionale di cui agli articoli 17-bis. e 25-bis. della presente legge e del relativo coordinamento previsto dall'articolo 145 del D.Lgs. 42/2004, devono, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, essere adeguati a quest'ultima e alle disposizioni di salvaguardia del Quadro Territoriale Regionale a valenza paesaggistica, secondo le seguenti modalità:

a) nel caso di esclusivo adeguamento di norme e disposizioni in contrasto, i dirigenti responsabili del servizio preposto all'attuazione degli strumenti urbanistici, al fine di chiarire le modificazioni delle norme interessanti il proprio territorio, adottano gli atti amministrativi di conformazione con propri provvedimenti da trasmettere al settore regionale competente in materia di urbanistica;

b) nel caso di accertato contrasto del piano, da parte dei dirigenti responsabili del servizio preposto all'attuazione degli strumenti urbanistici, sia per quanto attiene l'aspetto urbanistico sia per quello paesaggistico-ambientale, dovrà essere elaborata ed approvata dal consiglio comunale apposita valutazione di coerenza e compatibilità che, previo vincolante parere favorevole della competente soprintendenza, è trasmessa al settore regionale competente in materia di urbanistica che, entro trenta giorni dall'acquisizione, rilascia il parere vincolante di coerenza con la legge e con lo strumento urbanistico sovraordinato, fatte salve le disposizioni di cui alla parte II del D.Lgs. 152/2006.

3. [Abrogato].

4. Al fine di semplificare l'iter procedimentale di tutti gli interventi attuativi agli strumenti urbanistici generali, anche in variante, nonché di quelli previsti al comma 7 dell'articolo 30 del QTRP, l'adeguamento e la valutazione di coerenza con il QTRP avvengono esclusivamente nell'ambito delle procedure di approvazione dei medesimi, in forma ordinaria o semplificata, previa acquisizione dei pareri vincolanti rilasciati dal MIBAC e dal settore regionale competente in materia urbanistica e dall'autorità competente in materia ambientale nei casi previsti e ai sensi di quanto disposto dalla parte II del D.Lgs. 152/2006.

5. In caso di adeguamenti resi necessari a causa di errori materiali di trascrizione, grafici o legati a disfunzioni degli apparati telematici, elettromagnetici o di digitazione, vi provvede il dirigente responsabile del servizio preposto all'attuazione del piano.

6. Ai Comuni che non adempiono a quanto disposto dal comma 2, si applica il potere sostitutivo regionale di cui agli articoli 28 e 67.

 

     Art. 74. Pubblicazione.

1. La presente legge regionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria.

2. È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Calabria.

 

Allegato A

LA STANDARDIZZAZIONE DEI DATI SPAZIALI PER LA FORMAZIONE DEI PSC/PSA

(Omissis)


[1] Testo vigente aggiornato alle modifiche apportate dalla L.R. 2 maggio 2019, n. 8.