§ 2.9.67 - L.R. 9 maggio 1986, n. 22.
Riordino dei servizi e delle attività socioassistenziali in Sicilia.


Settore:Codici regionali
Regione:Sicilia
Materia:2. sviluppo sociale
Capitolo:2.9 assistenza sociale
Data:09/05/1986
Numero:22


Sommario
Art. 1.  Obiettivi e principi.
Art. 2.  Criteri generali.
Art. 3.  Modalità di intervento e forme di assistenza.
Art. 4.  Destinatari dei servizi.
Art. 5.  Istituzione del servizio sociale.
Art. 6.  Tutela sociale della famiglia e della maternità.
Art. 7.  Interventi e servizi.
Art. 8.  Affidamento familiare.
Art. 9.  Compiti del comune per I'attuazione dell'affidamento familiare.
Art. 10.  Assistenza ai minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria.
Art. 11.  Interventi e servizi per il recupero di minori ed adulti sottoposti a provvedimento dell'autorità giudiziaria.
Art. 12.  Competenze della Regione.
Art. 13.  Comitato regionale per i servizi socio-assistenziali.
Art. 14.  Compiti del Comitato.
Art. 15.  Piano triennale dei servizi socio-assistenziali.
Art. 16.  Competenze dei comuni.
Art. 17.  Interventi coordinati ed integrati.
Art. 18.  Comitato di coordinamento della gestione integrata dei servizi.
Art. 19.  Determinazione degli standards.
Art. 20.  Convenzioni.
Art. 21.  Personale.
Art. 22.  Associazioni di volontariato.
Art. 23.  Gestione.
Art. 24.  Vigilanza.
Art. 25.  Controllo sugli enti convenzionati.
Art. 26.  Albo regionale delle istituzioni assistenziali.
Art. 27.  Iscrizione all'albo dei privati.
Art. 28.  Autorizzazione al funzionamento di strutture socio- assistenziali e procedura per il rilascio.
Art. 29.  Sospensione e revoca dell'autorizzazione.
Art. 30.  Privatizzazione delle IPAB.
Art. 31.  Utilizzazione delle strutture in conformità ai fini istituzionali.
Art. 32.  Riconversione delle strutture.
Art. 33.  Acquisizione da parte dei comuni dei beni patrimoniali non utilizzabili dalle IPAB.
Art. 34.  Fusione ed estinzione delle IPAB.
Art. 35.  Immobili sottoposti a vincolo monumentale od artistico ai sensi della legge I giugno 1939, n. 1089.
Art. 36.  Alienazione di strutture non utilizzabili.
Art. 37.  Immobili ad uso di culto.
Art. 38.  Personale delle IPAB sottoposte a fusione.
Art. 39.  Reimpiego dei mezzi finanziari.
Art. 40.  Disposizioni comuni per le IPAB.
Art. 41.  Personale delle IPAB.
Art. 42.  Mobilità del personale delle IPAB.
Art. 43.  Ampliamento delle piante organiche delle IPAB.
Art. 44.  Fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio- assistenziali.
Art. 45.  Criteri per la ripartizione del fondo per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali.
Art. 46.  Modalità per il finanziamento delle spese per investimenti di cui all'art. 45, primo comma, lett. b.
Art. 47.  Fondo speciale per programmi straordinari.
Art. 48.  Attività dipartimentale a livello regionale.
Art. 49.  Competenza delle province in materia di servizi socioassistenziali
Art. 50.  Istituzioni socio-scolastiche permanenti (ex colonie).
Art. 51.  Primo piano triennale dei servizi socio-assistenziali.
Art. 52.  Gruppo di consulenza.
Art. 53.  Schema tipo di regolamento.
Art. 54.  Direttive.
Art. 55.  Convenzioni per studi, ricerche, acquisizione ed elaborazione dati.
Art. 56.  Progetti speciali.
Art. 57.  Abolizione dell'elenco dei poveri.
Art. 58.  Relazione all'Assemblea regionale.
Art. 59.  Compiti della Regione.
Art. 60.  Obblighi e facoltà dei comuni aventi riflessi con la finanza locale.
Art. 61.  Utilizzazione delle strutture degli enti soppressi.
Art. 62.  Personale dei disciolti comitati provinciali dell'Opera nazionale maternità ed infanzia.
Art. 63.  Funzionamento dei centri di rieducazione per minorenni soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria minorile.
Art. 64.  Abrogazione di norme.
Art. 65.  Iscrizione all'albo regionale degli enti e delle istituzioni già muniti di idoneità al funzionamento.
Art. 66.  Contributi alle IPAB ai sensi della legge regionale 26 luglio 1982, n. 71.
Art. 67.  Limiti di applicazione dell'art. 23 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.
Art. 68.  Obblighi dei comuni.
Art. 69.  Proroga di provvedimenti di ricovero.
Art. 70.  Prosecuzione dell'attività del centro di rieducazione «Casa amica» di Agrigento.
Art. 71. 
Art. 72. 
Art. 73.  Termini di entrata in vigore.
Art. 74. 


§ 2.9.67 - L.R. 9 maggio 1986, n. 22.

Riordino dei servizi e delle attività socioassistenziali in Sicilia.

(G.U.R. n. 23 del 10 maggio 1986).

 

Titolo I

Principi generali

 

Art. 1. Obiettivi e principi.

     In attuazione delle norme e dei principi sanciti dalla Costituzione e dallo Statuto, la Regione promuove, nel quadro della sicurezza sociale, la riorganizzazione delle attività assistenziali attraverso un sistema di servizi socio-assistenziali finalizzato a garantire ai cittadini che ne hanno titolo interventi adeguati alle esigenze della persona.

     Salva restando la libertà dell'iniziativa privata, la Regione partecipa al sostegno finanziario dei relativi oneri quando la stessa concorre al conseguimento dei fini previsti dalla presente legge.

 

     Art. 2. Criteri generali.

     La Regione, per la realizzazione del sistema dei servizi socio- assistenziali di cui all'articolo precedente, si ispira ai seguenti principi:

     a) prevenire e rimuovere le cause dei bisogni individuali e collettivi nonché quelle di emarginazione sociale;

     b) assicurare il mantenimento o il reinserimento dei soggetti nel proprio nucleo familiare e nell'ambiente di appartenenza;

     c) garantire ai cittadini che usufruiscono dei servizi la libera scelta tra le possibili prestazioni previste dalla legge;

     d) favorire la fruizione delle prestazioni attraverso una rete di servizi accessibili ai soggetti destinatari con interventi adeguati, superando la frammentarietà e la precarietà;

     e) assicurare la effettiva partecipazione dei cittadini alla politica dei servizi socio-assistenziali.

 

     Art. 3. Modalità di intervento e forme di assistenza.

     Gli interventi socioassistenziali vengono attuati attraverso una rete di servizi prevalentemente aperti, di servizi domiciliari nonché di prestazioni a carattere economico.

     Le modalità di intervento sono le seguenti:

     a) segretariato sociale;

     b) servizio sociale professionale;

     c) assistenza economica;

     d) assistenza domiciliare;

     e) centri diurni di assistenza e di incontro per minori, inabili ed anziani;

     f) comunità alloggio, case albergo, case protette per minori, anziani, inabili ed altri soggetti privi di assistenza familiare;

     g) centri di accoglienza per ospitalità diurna o residenziale temporanea;

     h) soggiorni di vacanze;

     i) assistenza abitativa;

     l) affidamento familiare e sostegno economico agli affidatari;

     m) interventi in favore dei minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria;

     n) interventi di ricovero volti a garantire l'assistenza di tipo continuativo a persone fisicamente non autosufficienti o aventi necessità di interventi diversi da quelli previsti nelle lettere precedenti;

     o) assegni personali in caso di preaffidamento od in conseguenza di dimissioni di minori, di anziani e di inabili già ricoverati;

     p) assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto;

     q) assistenza post-penitenziaria;

     r) iniziative volte alla prevenzione del disadattamento e della criminalità minorile mediante la realizzazione di servizi ed interventi finalizzati al trattamento ed al sostegno di adolescenti e di giovani in difficoltà;

     s) altre forme di assistenza anche integrative degli interventi indicati alle lettere precedenti, idonee a sostenere il cittadino in ogni situazione temporanea o permanente di insufficienza di mezzi economici e di inadeguata assistenza familiare.

 

     Art. 4. Destinatari dei servizi.

     I servizi e le prestazioni di cui alla presente legge sono rivolti a tutti i cittadini residenti nel territorio regionale.

     Essi si estendono ai cittadini non residenti e agli stranieri, limitatamente alle prestazioni di carattere urgente.

     Agli utenti titolari di reddito superiore ai limiti che sono fissati in sede di piano triennale è richiesto il concorso al costo degli interventi e dei servizi, con le procedure di cui all'art. 53.

 

     Art. 5. Istituzione del servizio sociale.

     I comuni, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, sono tenuti ad istituire nell'ambito della propria struttura organizzativa apposito ufficio per il servizio sociale.

     Il suddetto ufficio, dotato di adeguati operatori, è preposto alla programmazione, all'organizzazione, alla gestione ed al controllo degli interventi e servizi di carattere socio-assistenziale di competenza comunale. Predispone altresì un piano triennale, da adottarsi da parte del consiglio comunale.

     Il servizio sociale svolge inoltre attività di informazione, di indagini e documentazione, dei problemi sociali e dei servizi presenti nel territorio, anche per i collegamenti con le altre strutture o servizi comunali e con i presidi sociosanitari esistenti nel territorio.

     I comuni con popolazione non superiore ai 10.000 abitanti devono disporre, nei propri ruoli, di almeno un assistente sociale ogni 5.000 abitanti.

 

Titolo II

Interventi socio-assistenziali in favore delle famiglie, dell'infanzia e dell'età evolutiva

 

     Art. 6. Tutela sociale della famiglia e della maternità.

     La Regione promuove interventi a favore della famiglia volti ad assicurare condizioni materiali e sociali che permettano la realizzazione del diritto alla maternità ed il libero ed armonico sviluppo del bambino.

 

     Art. 7. Interventi e servizi.

     Per le finalità di cui all'articolo precedente, i comuni singoli od associati istituiscono in favore di gestanti, puerpere e nuclei familiari, in stato di bisogno e di abbandono, i seguenti servizi;

     a) aiuto domestico;

     b) assistenza economica;

     c) creazione di case di accoglienza per gestanti e ragazze madri;

     d) istituzione di comunità di tipo familiare per nuclei familiari in difficoltà;

     e) ogni altra forma di intervento volto a garantire la tutela del minore e del nucleo familiare.

 

     Art. 8. Affidamento familiare.

     In attuazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, i comuni, singoli od associati, dispongono l'affidamento, presso famiglie, persone singole o comunità di tipo familiare, dei minori che sono temporaneamente privi di idoneo ambiente familiare.

     L'affidamento è disposto dal comune, su proposta del servizio sociale, istituito ai sensi dell'art. 5, con il consenso dei genitori esercenti la patria potestà o del tutore, sentito il minore che ha compiuto il 12° anno di età ovvero, in attuazione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria minorile, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 della legge 4 maggio 1983, n. 184.

     Di norma ad ogni famiglia o singolo affidatario non possono essere affidati più di due minori, salvo che non si tratti di minori provenienti dallo stesso nucleo familiare.

 

     Art. 9. Compiti del comune per I'attuazione dell'affidamento familiare.

     Il comune provvede ai sensi dell'art. 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, all'affidamento dei minori, stabilisce gli adempimenti, sia per gli affidatari che per le famiglie di origine, esercita i compiti di vigilanza e tiene informata l'autorità minorile che ha reso esecutivo il provvedimento di affidamento.

     Per la definizione delle procedure di cui al primo comma e per gli adempimenti di attuazione, I'Assessore regionale per gli enti locali, avvalendosi del comitato regionale istituito ai sensi dell'art. 13, approva, con proprio decreto, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, uno schema di regolamento tipo del servizio di affidamento ad uso dei comuni singoli od associati. I comuni, sulla base del regolamento-tipo, adottano il proprio regolamento entro i successivi sei mesi.

     Alle famiglie, alle persone ed alle comunità di tipo familiare, il comune assicura il necessario sostegno economico preordinato all'inserimento del minore nell'ambiente di vita dell'affidatario.

     Le misure e le modalità del contributo di cui al precedente comma saranno predeterminate dall'Assessore regionale per gli enti locali in sede di approvazione dello schema-tipo di regolamento previsto dal secondo comma.

 

     Art. 10. Assistenza ai minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria.

     Il servizio sociale del comune è tenuto:

     a) a segnalare all'autorità giudiziaria minorile i casi di abbandono, di maltrattamento di minori o di cattivo esercizio delle potestà parentali sotto l'aspetto materiale e morale, di disadattamento di minori, nonché ogni altra situazione che possa essere di pregiudizio per i diritti e gli interessi dei minori;

     b) a vigilare sull'osservanza dell'obbligo da parte degli enti di assistenza che ricoverano i minori con pernottamento, di trasmettere ogni semestre al giudice tutelare competente per territorio l'elenco dei minori ricoverati od assistiti corredato delle notizie richieste dall'art. 9, comma quarto, della legge 4 maggio 1983, n. 184;

     c) a svolgere, ove richiesti dall'autorità giudiziaria, le indagini e gli accertamenti di ordine psicologico e sociale ai fini della autorizzazione al matrimonio dei minori, dell'affidamento della prole nei casi di separazione dei coniugi e di scioglimento o di dichiarazione di nullità del matrimonio, dell'esercizio della patria potestà dei genitori, della pronunzia di decadenza dalla patria potestà o di reintegrazione in essa;

     d) a collaborare con l'autorità giudiziaria competente per accertamenti ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità, dell'affidamento preadottivo e dell'adozione, ai sensi del titolo II della legge 4 maggio 1983, n. 184.

     Nei confronti dei minori soggetti a provvedimenti adottati dalla autorità giudiziaria minorile nell'ambito delle competenze amministrative e civili, il comune assicura la necessaria assistenza, anche con prestazioni specifiche di carattere psicologico e di sostegno economico, alle famiglie di origine ed agli affidatari, ovvero mediante altra forma di intervento previsto dalla presente legge con preferenza per gli interventi di tipo preventivo.

     Il recupero delle spese per il ricovero e l'affidamento familiare, nell'ambito degli interventi di cui al comma precedente, è attuato esclusivamente nei confronti dei comuni non siciliani in base alle disposizioni previste dall'art. 72 e seguenti della legge 17 luglio 1890, n 6972 e successive modifiche ed integrazioni.

 

     Art. 11. Interventi e servizi per il recupero di minori ed adulti sottoposti a provvedimento dell'autorità giudiziaria.

     I comuni singoli od associati, nell'ambito della legislazione vigente ed in collaborazione con gli organismi statali competenti, attuano interventi e realizzano servizi in favore di minori ed adulti, per il loro recupero e reinserimento nella vita sociale.

     L'attività di cui al precedente comma si realizza mediante:

     a) assistenza economica;

     b) assistenza abitativa;

     c) servizi residenziali, sia per l'accoglimento in strutture di pronto intervento, per un trattamento a tempo determinato, sia per la permanenza in centri di ospitalità dotati di adeguate strutture;

     d) inserimenti lavorativi anche attraverso cooperative.

 

Titolo III

Programmazione, organizzazione e gestione dei servizi socio-assistenziali

 

     Art. 12. Competenze della Regione.

     La Regione, in conformità ai principi di cui al titolo I, svolge nella materia di cui alla presente legge attività di programmazione, coordinamento, controllo, assistenza tecnica ed incentivazione finanziarla.

     Per l'espletamento dei compiti di cui al precedente comma la Regione:

     a) predispone, in conformità all'art. 15, piani triennali dei servizi socioassistenziali, al fine di perseguire le finalità nella presente legge;

     b) promuove, attraverso incentivi finanziari, piani di organizzazione e di sviluppo dei servizi socio-assistenziali, che prevedano interventi in aree di maggiore rischio sociale;

     c) predetermina, tenuto conto dei servizi da erogare e delle indicazioni degli enti erogatori, la consistenza numerica degli operatori sociali in rapporto al territorio e ne garantisce la qualificazione;

     d) promuove convenzioni con istituti universitari, enti ed organismi qualificati per iniziative di studio, di ricerca e di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione degli operatori sociali;

     e) istituisce l'albo regionale delle istituzioni assistenziali di cui all'art. 26;

     f) esercita il controllo sugli adempimenti attribuiti dalla presente legge agli enti locali e dispone, se necessario, interventi di assistenza tecnica per garantirne l'efficacia, nonché interventi sostitutivi a carico degli organi inadempienti.

 

     Art. 13. Comitato regionale per i servizi socio-assistenziali.

     E' istituito, presso l'Assessorato regionale degli enti locali, il Comitato consultivo regionale per i servizi socio-assistenziali, presieduto dall'Assessore regionale per gli enti locali o, per delega, dal direttore regionale e composto da:

     - due esperti in materia di servizi socio-assistenziali, nominati dall'Assessore regionale per gli enti locali;

     - due esperti nella formazione degli operatori sociali, nominati dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali;

     - quattro rappresentanti delle associazioni dei comuni, operanti in Sicilia, scelti tra gli amministratori comunali in carica;

     - un rappresentante della sezione siciliana della Unione province italiane;

     - due esperti designati dall'Unione nazionale enti di beneficienza ed assistenza.

     Le funzioni di segretario sono svolte da un dirigente in servizio presso l'Assessorato regionale degli enti locali.

     Il Comitato dura in carica cinque anni.

     Ai componenti del Comitato ed al segretario spetta un gettone di presenza nella misura che sarà determinata dal Presidente della Regione siciliana, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, ai sensi dell'art. 31 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 22.

     Il Comitato è validamente costituito con l'insediamento di almeno sette componenti.

 

     Art. 14. Compiti del Comitato.

     Il Comitato formula lo schema di piano triennale regionale dei servizi socio-assistenziali, e le eventuali modifiche, tenendo conto delle previsioni e delle esigenze espresse nei piani dei comuni singoli od associati e dei liberi consorzi.

     Il Comitato predispone:

     - gli schemi di convenzione di cui all'art. 20;

     - gli standards dei servizi socio-assistenziali;

     - i piani di formazione ed aggiornamento del personale.

     Il Comitato, altresì, esprime parere:

     - sui progetti di ristrutturazione e di riqualificazione dei servizi socioassistenziali d'iniziativa dei comuni singoli od associati, nonché sui progetti presentati da altri enti che operano in regime di convenzione, al fine di ottenere finanziamenti e contributi;

     - sulla misura del concorso finanziario degli utenti al costo dei servizi, in rapporto a fasce di reddito predeterminate;

     - su ogni altro argomento sul quale l'Assessore regionale per gli entri locali ritenga di sentirlo.

 

     Art. 15. Piano triennale dei servizi socio-assistenziali.

     Il piano triennale dei servizi socio-assistenziali è predisposto dall'Assessorato regionale degli enti locali sulla base dello schema approntato dal Comitato regionale per i servizi socio-assistenziali.

     Il piano determina in particolare:

     a) gli obiettivi prioritari da perseguire;

     b) la tipologia dei servizi e degli interventi;

     c) la metodologia degli interventi;

     d) i criteri e le modalità per l'integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari;

     e) gli indirizzi sulla formazione e l'aggiornamento degli operatori dei servizi;

     f) i limiti di reddito per l'accesso gratuito ai servizi e la quota di partecipazione degli utenti al costo dei servizi stessi.

     Il piano è aggiornato ogni tre anni.

     L'Assessore regionale per gli enti locali tiene conto delle esperienze acquisite dai comuni in attuazione di programmi finalizzati.

     Il piano è comunicato alla competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana che, nel termine di due mesi, può formulare osservazioni e proposte.

     L'approvazione è demandata alla Giunta regionale.

     Sino all'approvazione del piano triennale, i comuni, singoli od associati, per la organizzazione e gestione dei servizi e degli interventi istituiti ai sensi della presente legge si avvalgono dello schema-tipo di regolamento previsto dall'art. 53.

 

     Art. 16. Competenze dei comuni.

     I comuni, singoli od associati, sono titolari delle funzioni in materia socio-assistenziale previste:

     a) dalla presente legge;

     b) dagli articoli 3 e 4 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1, e successive modifiche;

     c) dalla legge regionale 24 luglio 1978, n. 21;

     d) dalla legge regionale 14 settembre 1979, n. 214;

     e) dalla legge regionale 14 settembre 1979, n. 215;

     f) dalla legge regionale 18 aprile 1981, n. 68;

     g) dalla legge regionale 6 maggio 1981, n. 87;

     h) dalla legge regionale 21 agosto 1984, n. 64;

     i) dal decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1985, n. 245, salvo le previsioni del successivo art. 17, secondo comma;

     l) dal regio decreto 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838 e successive modifiche ed integrazioni, e dalla legge 23 dicembre 1975, n. 698 [1].

     Sono altresì, titolari di ogni altra funzione in materia socio- assistenziale prevista dalla legislazione vigente in quanto non espressamente attribuita alla Regione o ad altri enti.

     Per l'istituzione di nuovi servizi e la riorganizzazione delle attività assistenziali esistenti i comuni osservano i principi di cui all'art. 2.

     I comuni predispongono piani triennali comprendenti:

     a) la tipologia dei servizi e delle prestazioni da erogare;

     b) il fabbisogno di personale;

     c) la individuazione degli enti pubblici e privati con i quali intendono stipulare convenzioni;

     d) la previsione dei costi di gestione dei servizi socio- assistenziali.

     I servizi di cui alle lettere a, b, c, d, ed e, di cui al secondo comma dell'art. 3 della presente legge, sono gestiti in strutture operative decentrate.

     I consigli comunali, in sede di formulazione dei piani triennali, prevedono il graduale decentramento delle strutture operative medesime a livello di quartiere.

 

     Art. 17. Interventi coordinati ed integrati.

     Al fine di realizzare la previsione contenuta nell'art. 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, gli interventi socio-assistenziali sono coordinati con i servizi dell'unità sanitaria locale prioritariamente a livello di distretto.

     Il piano triennale di cui all'art. 15 della presente legge individua i servizi che possono essere gestiti a livello di associazioni di comuni ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, o a livello intermedio e determina le modalità operative per il coordinamento.

     Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni e le unità sanitarie locali si attengono alle seguenti direttive:

     a) le unità sanitarie locali assicurano i servizi di carattere sanitario integrativi dei servizi socio-assistenziali di competenza dei comuni;

     b) il comune, attraverso il servizio sociale, promuove gli interventi di propria competenza che hanno connessione con il settore sanitario, d'intesa con l'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale competente per territorio, e concorre all'attuazione dei programmi integrativi;

     c) l'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale indice riunioni operative con la partecipazione dei responsabili degli uffici di servizio sociale dei comuni interessati per l'attuazione del piano triennale e delle direttive che saranno emanate ai sensi dell'art. 54 della presente legge;

     d) l'ufficio di direzione delle unità sanitarie locali può richiedere al servizio sociale comunale, ai fini dell'integrazione, trattamenti socio- assistenziali da effettuare sul territorio.

     Gli interventi coordinati ed integrati di cui al presente articolo sono preordinati al conseguimento dei seguenti obiettivi:

     - risocializzazione dei dimessi dagli ospedali psichiatrici e dei malati di mente in generale;

     - prevenzione, recupero e reinserimento sociale dei tossicodipendenti;

     - assistenza e reinserimento familiare e sociale dei soggetti portatori di handicaps;

     - assistenza, protezione e tutela della maternità, infanzia ed età evolutiva;

     - assistenza agli anziani non autosufficienti, a domicilio o mediante ricovero in strutture protette.

     Fino all'emanazione della legge quadro sull'assistenza, le fonti di finanziamento della gestione coordinata sono costituite dagli stanziamenti previsti dalle leggi regionali per ciascun settore. A tal fine i comuni conferiscono alle unità sanitarie locali, con le modalità che saranno previste nel piano triennale di cui all'art. 15, le quote finanziarie proprie destinate al finanziamento dei servizi gestiti in forma associata, nonché i beni e le attrezzature destinati a tali servizi.

 

     Art. 18. Comitato di coordinamento della gestione integrata dei servizi.

     I rapporti organici tra i comuni e le unità sanitarie locali sono deferiti ad un comitato di coordinamento costituito dai sindaci dei comuni facenti parte dell'associazione, ovvero dal consiglio comunale ove l'unità sanitaria locale coincida con il territorio del comune.

     Il comitato di coordinamento o il consiglio comunale:

     a) esprime parere sull'attuazione del piano triennale in ordine alle previsioni riguardanti la gestione integrata dei servizi socio- assistenziali e sanitari;

     b) concorre, d'intesa con il comitato di gestione, annualmente, all'elaborazione del programma degli interventi nei settori di competenza della gestione integrata e coordinata;

     c) esprime pareri e formula proposte sulle risorse finanziarie destinate all'attività integrata;

     d) stabilisce annualmente le quote di partecipazione dei comuni agli oneri della gestione integrata.

     Il comitato di coordinamento si riunisce su convocazione del sindaco del comune sede dell'unità sanitaria locale ordinariamente ogni sei mesi e, in via straordinaria, quando ne faccia richiesta un terzo dei comuni associati.

     Il comitato di coordinamento ha sede presso l'unità sanitaria locale; le decisioni assunte ed i pareri espressi sono verbalizzati e di essi viene fatta menzione negli atti deliberativi del comitato di gestione dell'unità sanitaria locale, nonché dei singoli comuni per quanto di competenza.

     Un dipendente dell'unità sanitaria locale svolge funzioni di segretario del comitato.

 

     Art. 19. Determinazione degli standards.

     All'approvazione degli standards strutturali ed organizzativi dei servizi socio-assistenziali istituiti con la presente legge, provvede il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, con proprio decreto entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

     Per la determinazione degli standards di cui al primo comma l'Assessore regionale per gli enti locali si avvale del gruppo di consulenza di cui all'art. 52.

     Per i servizi aperti e residenziali istituiti in favore degli anziani si applicano gli standards determinati in applicazione della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87, e successive modifiche ed integrazioni.

 

     Art. 20. Convenzioni.

     I comuni singoli od associati, per la realizzazione dei servizi socio- assistenziali, possono stipulare convenzioni con enti iscritti nell'albo regionale previsto dall'art. 26.

     Le convenzioni devono prevedere in particolare:

     a) le prestazioni da erogare agli utenti;

     b) i corrispettivi dei costi per i servizi resi;

     c) adeguati strumenti di controllo.

     2-bis. I comuni singoli o associati, per la realizzazione dei servizi socio assistenziali, stipulano le convenzioni già approvate con Decreto Presidenziale 4 giugno 1996, n. 158 con gli enti iscritti nell'albo regionale previsto dall'articolo 26 entro e non oltre il 30 giugno di ogni anno. La Regione provvede a vigilare sull'adempimento degli obblighi di cui al presente articolo e ad agire in via sostitutiva rispetto all'ente locale inadempiente [2].

 

     Art. 21. Personale.

     I comuni, singoli o associati, per la gestione dei servizi socio- assistenziali si avvalgono del proprio personale, nonché del personale:

     a) proveniente da enti pubblici soppressi, già operanti nel settore;

     b) ammesso al servizio civile;

     c) da assumere mediante pubblico concorso;

     d) da assumere a tempo determinato ai sensi della normativa vigente.

 

     Art. 22. Associazioni di volontariato.

     Al conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge possono concorrere le associazioni di volontariato liberamente costituite, aventi finalità che attengono alla materia socio-assistenziale.

     Tra le associazioni di volontariato di cui al comma precedente sono comprese anche le istituzioni a carattere associativo, le cui attività si fondano, a norma di statuto, su prestazioni volontarie e personali dei soci.

     La partecipazione dei volontari dovrà ispirarsi ai seguenti criteri:

     - impegno a prestare la loro attività in modo coordinato con quella svolta dal personale addetto alle attività assistenziali;

     - rimborso delle sole spese effettivamente sostenute.

     Le prestazioni dei volontari non devono comportare una utilizzazione a tempo pieno.

     Si applicano le disposizioni di cui all'art. 3 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 14.

 

     Art. 23. Gestione.

     I servizi socio-assistenziali istituiti ai sensi della presente legge sono attuati dai comuni singoli od associati con le seguenti modalità:

     a) mediante gestione diretta;

     b) mediante convenzione con istituzioni pubbliche e private di assistenza e beneficienza ed associazioni non aventi fini di lucro;

     c) mediante delega ai consigli di quartiere prioritariamente per quanto riguarda i servizi di cui alle lettere a, b, c, d ed e dell'art. 3, secondo comma, della presente legge.

 

Titolo IV

Vigilanza e controllo

 

     Art. 24. Vigilanza.

     L'Assessore regionale per gli enti locali vigila perché i comuni adempiano agli obblighi previsti dalla presente legge e ad ogni disposizione legislativa vigente in materia.

 

     Art. 25. Controllo sugli enti convenzionati.

     Il controllo sugli enti convenzionati ai sensi dell'art. 20 è esercitato dall'Assessore regionale per gli enti locali, che può avvalersi dei comuni per singoli accertamenti.

 

     Art. 26. Albo regionale delle istituzioni assistenziali.

     1. E' istituito presso l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro l'albo regionale delle istituzioni assistenziali, diviso in sezioni secondo la natura dell'attività svolta [3].

     2. Possono essere iscritte all'albo le istituzioni che svolgono attività socioassistenziali, che dispongono di strutture, di attrezzature e di personale idonei al tipo di attività svolta, in conformità agli standards determinati con le modalità di cui all'art. 19.

     2-bis. Ai fini dell'iscrizione all'Albo è sempre acquisita la documentazione antimafia ai sensi degli articoli 83 e seguenti del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 [4].

     3. L'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro, prima di provvedere all'iscrizione nell'Albo, effettua opportuni accertamenti e verifiche sulla sussistenza dei requisiti e sulla veridicità della documentazione presentata, avvalendosi anche dei comuni e delle Prefetture [5].

     4. All'inizio di ogni anno, in esito agli accertamenti di cui al comma precedente ed alle segnalazioni dei comuni, viene effettuata la revisione dell'albo onde provvedere alla cancellazione delle istituzioni nei cui confronti sono venuti meno i requisiti prescritti nonché alla iscrizione di istituzioni che ne facciano istanza.

     5. L'iscrizione all'albo è preordinata alla stipula, da parte delle istituzioni iscritte, delle convenzioni con i comuni singoli od associati previste dall'art. 20.

     6. Entro il trenta giugno di ogni anno l'elenco delle istituzioni iscritte all'albo è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.

 

     Art. 27. Iscrizione all'albo dei privati.

     I privati che gestiscono strutture di accoglienza diurne o residenziali all'infuori di convenzioni e di rapporti con enti locali sono tenuti ad iscriversi in appositi albi comunali, ai fini della vigilanza igienicosanitaria sugli ambienti adibiti all'attività svolta e sul personale dipendente [6].

     La vigilanza è esercitata dal comune territorialmente competente che si avvale dell'unità sanitaria locale nel cui ambito ricade la struttura.

     I sindaci, all'inizio di ogni anno, comunicano all'Assessore regionale per gli enti locali i provvedimenti di iscrizione o di cancellazione intervenuti durante l'anno precedente.

     3 bis. I comuni, avvalendosi della polizia municipale, esercitano altresì la vigilanza sull'attività svolta al fine di assicurare che venga effettuata nel pieno rispetto dei diritti fondamentali degli ospiti, tramite controlli a campione su almeno il venti per cento delle strutture iscritte all'albo [7].

     3 ter. I sindaci, entro il 31 dicembre di ogni anno, comunicano all'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro i controlli disposti in attuazione di quanto previsto al comma 3 bis. Ai comuni inadempienti sono ridotti nella misura del 2 per cento i trasferimenti di cui al comma 1 dell'articolo 6 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 e successive modificazioni [8].

     3 quater. L'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro trasmette una relazione e riferisce annualmente all'Assemblea regionale siciliana sugli esiti dei controlli di cui al comma 3 ter comunicati dai comuni, con particolare riferimento al rispetto dei livelli di tutela dei diritti fondamentali degli ospiti [9].

     La disposizione di cui al comma precedente decorre dal 1° gennaio 1988.

 

     Art. 28. Autorizzazione al funzionamento di strutture socio- assistenziali e procedura per il rilascio.

     Ai fini dell'iscrizione all'albo di cui all'art. 26, le strutture socio-assistenziali residenziali o diurne per minori, adulti ed anziani, anche in stato di non autosufficienza parziale o totale, sono soggette alla autorizzazione al funzionamento.

     L'autorizzazione al funzionamento è rilasciata dall'Assessore regionale per gli enti locali, entro sei mesi dalla istanza, in esito al parere igienico-sanitario dell'unità sanitaria locale competente, sentita l'amministrazione comunale, nonché l'autorità scolastica ove trattasi di strutture utilizzate per attività di istruzione.

     I pareri di cui al comma precedente devono essere rilasciati entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'Assessore regionale per gli enti locali ed ove non comunicati entro il predetto termine devono ritenersi equivalenti ad assenso.

     Di ogni provvedimento di autorizzazione e di diniego dell'Assessore regionale per gli enti locali è data comunicazione all'ente richiedente, al comune e, per strutture destinate a minori, all'autorità minorile competente per territorio.

     Avverso il diniego di autorizzazione ovvero in caso di mancata adozione del provvedimento entro il termine previsto al primo comma, è ammesso il ricorso, anche per questioni di merito, alla Giunta regionale che decide entro sei mesi.

     Per il funzionamento dei servizi e delle strutture riservate agli anziani si applicano le disposizioni contenute nella legge regionale 6 maggio 1981, n. 87.

 

     Art. 29. Sospensione e revoca dell'autorizzazione.

     L'autorizzazione al funzionamento è revocata per il venir meno dei requisiti in base ai quali era stata concessa qualora l'ente titolare, previamente diffidato a ripristinare la sussistenza dei requisiti stessi, non abbia provveduto entro il termine assegnato.

     In caso di accertati gravi difetti di funzionamento o violazione di legge che comportano rilevante pregiudizio per gli utenti, l'Assessore regionale per gli enti locali dispone la sospensione dell'autorizzazione.

     La revoca viene disposta con provvedimento motivato dall'Assessore regionale per gli enti locali.

     Avverso il provvedimento di revoca o di sospensione

dell'autorizzazione è ammesso ricorso alla Giunta regionale. Qualora la Giunta non decida entro sessanta giorni, il ricorso s'intende rigettato.

     Del provvedimento di revoca, di sospensione o di diniego della autorizzazione a funzionare, con la conseguente cancellazione dall'albo regionale, sono informati il comune competente per il territorio, l'autorità di pubblica sicurezza e l'autorità giudiziaria minorile.

 

Titolo V

Disposizioni sulle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB)

 

     Art. 30. Privatizzazione delle IPAB.

     Le istituzioni in atto qualificate quali IPAB per atto positivo di riconoscimento o per possesso di stato, che, avuto riguardo alle disposizioni della legge fondamentale sulle opere pie 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modifiche, agli atti di fondazione ed agli statuti delle istituzioni medesime, nonché ai criteri selettivi da determinare con le procedure di cui al successivo comma, per prevalenza di elementi essenziali sono classificabili quali enti privati, sono incluse dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, in apposito elenco ai fini del riconoscimento ai sensi dell'art. 12 del codice civile.

     Per l'attuazione del precedente comma i criteri selettivi, entro i limiti prefissati al precedente comma, sono determinati dalla Giunta regionale su proposta del Presidente della Regione, di concerto con l'Assessore regionale per gli enti locali, sentita la competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, che si pronuncia entro tre mesi dalla ricezione delle proposte.

     Qualora risulti che fra gli enti di cui al primo comma taluni hanno caratteristiche di enti ecclesiastici, il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, forma l'elenco di tali istituzioni e, d'intesa con autorità ecclesiastica, lo trasmette al Ministero dell'interno per le procedure di riconoscimento della personalità giuridica agli effetti civili.

     Le operazioni previste dal presente articolo sono completate entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro i successivi sei mesi le IPAB con prevalenti finalità assistenziali ricevono il provvedimento declaratorio, avente carattere di atto definitivo.

     I provvedimenti adottati a norma del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e trasmessi ai sindaci per la pubblicazione nell'albo pretorio per la durata di quindici giorni consecutivi.

 

     Art. 31. Utilizzazione delle strutture in conformità ai fini istituzionali.

     Le IPAB che non hanno caratteristiche di enti privati ai sensi del precedente articolo 30, entro tre mesi dal ricevimento dell'atto declaratorio previsto dal penultimo comma dello stesso articolo, sono tenute a comunicare ai comuni territorialmente competenti lo stato delle strutture di cui dispongono con contestuali proposte, compatibilmente alle finalità previste dai rispettivi statuti, per la utilizzazione delle stesse secondo la tipologia prevista dalla presente legge.

     Il comune valuta lo stato di disponibilità delle strutture e la proposta di utilizzazione formulata dall'IPAB, ai fini dell'attuazione immediata delle funzioni trasferite ai comuni a norma della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1, ed in particolare per la realizzazione di un modello programmato di sviluppo dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, conforme al piano triennale previsto dall'art. 15.

     Entro tre mesi dal giorno in cui ne ha conoscenza, il comune adotta le proprie determinazioni con deliberazione consiliare assunta a maggioranza assoluta dai consiglieri in carica.

     In assenza di pronunzia entro il termine di cui al comma precedente, l'IPAB ne rende edotto l'Assessore regionale per gli enti locali, il quale provvede con i poteri sostitutivi previsti dall'art. 91 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana.

     Ove il comune ritenga accettabili le proposte presentate dall'IPAB, si avvale delle strutture mediante convenzione preordinata al regolamento dei relativi rapporti.

     La convenzione è stipulata sulla base di un disciplinare-tipo predisposto dall'Assessore regionale per gli enti locali entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

     Ai fini dell'elaborazione del disciplinare-tipo, l'Assessore può avvalersi del gruppo di consulenza previsto dall'art. 52.

     Qualora il comune, con l'atto deliberativo di cui al terzo comma, ritenga le strutture non adatte al proseguimento dell'attività assistenziale, ne informa l'Assessore regionale per gli enti locali che dispone entro 30 giorni propri accertamenti.

     Gli accertamenti sono demandati ad una commissione composta dal sindaco del comune o da un suo delegato, da un rappresentante dell'Assessorato regionale degli enti locali e dal coordinatore sanitario dell'unità sanitaria competente per territorio. La commissione entro 30 giorni rassegna le risultanze degli accertamenti all'Assessore regionale per gli enti locali.

     Nel caso di responso favorevole della commissione l'Assessore regionale per gli enti locali invita il comune ad utilizzare le strutture dell'IPAB. Il comune decide entro due mesi dalla notifica della relazione rassegnata dalla commissione di cui al nono comma con la maggioranza assoluta dei consiglieri in carica.

 

     Art. 32. Riconversione delle strutture.

     Le IPAB che intendono avviare programmi di riconversione delle proprie strutture e, ove necessario, di mutamento dei propri fini istituzionali in aderenza al riordino dei servizi socioassistenziali introdotto dalla presente legge, entro tre mesi dal ricevimento dell'atto declaratorio di cui all'art. 30, ne informano i comuni territorialmente competenti.

     Tale iniziativa non comporta la cessazione dell'attività assistenziale.

     Il comune, in attuazione del piano triennale di cui all'art. 15, si pronunzia, con la maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, sulla proposta dell'IPAB.

     In esito alla pronunzia favorevole del comune, i progetti di riconversione sono ammessi al fondo speciale di cui al successivo art. 47 purché sia osservato l'art. 3 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.

     In assenza di pronunzia nel termine di cui al terzo comma le IPAB ne informano l'Assessore regionale per gli enti locali, che promuove entro 30 giorni specifici accertamenti ed ove necessario interviene con i poteri sostitutivi di cui all'art. 91 dell'Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana.

     Ove il comune, con deliberazione consiliare, giudichi antieconomico il piano di riconversione delle strutture ovvero non conforme al proprio modello di sviluppo dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, ne informa l'Assessore regionale per gli enti locali che dispone propri accertamenti.

     Gli accertamenti sono demandati alla commissione di cui al nono comma dell'art. 31, che rassegna le proprie risultanze, entro 60 giorni, all'Assessore regionale per gli enti locali.

     Nel caso di responso favorevole della commissione il comune decide secondo le modalità ed i termini di cui all'art. 31, decimo comma.

 

     Art. 33. Acquisizione da parte dei comuni dei beni patrimoniali non utilizzabili dalle IPAB.

     Qualora in esito alla procedura dei precedenti articoli, l'utilizzazione o la riconversione delle strutture non sia conforme alla tipologia dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari introdotta dalla vigente normativa, o comunque non sia rispondente ai criteri di economicità, salvo quanto previsto dal successivo art. 35, il comune, entro due mesi dalla notifica del responso della commissione da parte dell'Assessore regionale per gli enti locali, si pronuncia con deliberazione consiliare, assunta dalla maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, sulla utilizzazione delle strutture e dell'area di sedime per l'attuazione di programmi di pubblico interesse.

     L'acquisizione in proprietà delle strutture, in tal caso, ha luogo al valore di stima dell'Ufficio tecnico erariale.

 

     Art. 34. Fusione ed estinzione delle IPAB.

     L'Assessore regionale per gli enti locali avvia il procedimento amministrativo per la fusione delle istituzioni pubbliche, proprietarie delle strutture non utilizzabili o non riconvertibili, con altre IPAB che dispongono di strutture giudicate utilizzabili o riconvertibili in esito alla procedure di cui ai precedenti articoli o con IPAB che, mediante l'integrazione delle strutture, su proposta del comune territorialmente competente, possono attivare servizi socio-assistenziali e socio-sanitari conformi alle previsioni degli articoli 31 e 32 della presente legge.

     In subordine l'istituzione è estinta e i beni patrimoniali sono devoluti al comune, che assorbe anche il personale dipendente, facendone salvi i diritti acquisiti in rapporto al maturato economico [10].

     La fusione e l'estinzione non hanno luogo qualora la struttura non utilizzabile o riconvertibile appartenga ad istituzione che disponga di altre strutture agibili e riconvertibili.

 

     Art. 35. Immobili sottoposti a vincolo monumentale od artistico ai sensi della legge I giugno 1939, n. 1089.

     L'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, su proposta della soprintendenza competente per territorio, ha facoltà di acquisire, al valore di stima dell'Ufficio tecnico erariale, gli edifici di proprietà delle IPAB non direttamente utilizzati per interventi e servizi socio-assistenziali e socio-sanitari o che non siano compresi nei programmi comunali di potenziamento previsti dagli articoli precedenti.

 

     Art. 36. Alienazione di strutture non utilizzabili.

     Nel caso in cui la struttura non utilizzabile o non riconvertibile non sia acquisita dal comune con le modalità previste dai precedenti articoli, l'Assessore regionale per gli enti locali, salva l'applicazione dell'art. 35 della presente legge, autorizza l'istituzione proprietaria della struttura ad alienarla mediante vendita all'asta pubblica.

 

     Art. 37. Immobili ad uso di culto.

     Gli immobili destinati a fini di culto appartenenti ad IPAB assoggettate alla procedura di estinzione prevista dall'art. 34 o facenti parte di complessi immobiliari che, ai sensi dei precedenti articoli, vengono acquisiti dai comuni a domanda dell'ordinario diocesano sono assegnati in uso all'autorità ecclesiastica competente. Il provvedimento è adottato dal Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, con vincolo di destinazione alla sopradetta finalità.

     Cessata la destinazione a fini di culto, l'immobile è restituito al comune territorialmente competente.

 

     Art. 38. Personale delle IPAB sottoposte a fusione.

     Il personale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sottoposte a fusione con altre IPAB ai sensi dell'art. 34 transita negli organici della nuova IPAB e viene utilizzato per le sue finalità.

 

     Art. 39. Reimpiego dei mezzi finanziari.

     I corrispettivi dei beni alienati delle IPAB ai sensi dei precedenti articoli sono destinati dalle IPAB stesse all'attuazione dei servizi socio- assistenziali e socio-sanitari nell'ambito dei programmi comunali di utilizzazione o di riconversione delle strutture previste dagli articoli medesimi.

 

     Art. 40. Disposizioni comuni per le IPAB.

     I limiti di valore previsti dall'art. 4 della legge 26 aprile 1954, n. 251 sono commisurati all'importo di cui all'art. 52 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.

 

     Art. 41. Personale delle IPAB.

     Entro il limite del contingente in servizio alla data del 1° luglio 1978, le IPAB provvedono all'inquadramento dei dipendenti non di ruolo che hanno prestato servizio per almeno cinque anni e siano in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge.

     L'inquadramento dei dipendenti di cui al precedente comma ha luogo prescindendo dai limiti di età prescritti per l'accesso ai pubblici impieghi.

     I posti residui sono attribuiti mediante concorso riservato ai dipendenti che abbiano prestato attività lavorativa o siano in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità di cui al successivo comma.

     Per l'accesso al concorso riservato si osservano le disposizioni di cui all'art. 9, lett. b, punto 2, del decreto del Presidente della Repubblica del 25 giugno 1983, n. 347.

     Le disposizioni di cui al terzo e quarto comma, nel caso di ulteriore disponibilità di posti, sono estese a coloro che abbiano svolto attività lavorativa per un periodo inferiore a quello prescritto dal richiamato art. 9, lett. b, punto 2, del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347. Per l'accesso si tiene conto dell'anzianità posseduta e, in caso di uguale anzianità, dell'età.

     Agli effetti di quanto prescritto ai precedenti commi le IPAB che non abbiano deliberato la pianta organica sono tenute a provvedervi entro sessanta giorni nei limiti delle unità in servizio alla data del 1° luglio 1978.

 

     Art. 42. Mobilità del personale delle IPAB.

     Le IPAB che, in rapporto all'attività svolta, abbiano personale in esubero, ne fanno segnalazione all'Assessore regionale per gli enti locali, indicando i posti e le qualifiche da sopprimere.

     L'Assessore, con proprio decreto, dispone il trasferimento del personale presso altre IPAB che abbiano espresso assenso al trasferimento.

     Il decreto assessoriale è adottato a seguito di accertamenti ispettivi, da cui consti la sussistenza del pubblico interesse.

     Con lo stesso decreto l'Assessore dispone la soppressione dei posti ricoperti dal personale trasferito ed il corrispondente aumento dei posti di organico nelle IPAB cui il personale è assegnato.

     Le disposizioni di cui al primo comma trovano attuazione anche ai fini dell'applicazione dell'art. 41 per l'inquadramento dei dipendenti che, pur essendo in possesso dei requisiti ivi prescritti, non possono essere inquadrati nelle IPAB in cui hanno prestato servizio, per carenza di posti.

     Ai fini dell'applicazione dei precedenti commi si utilizzano prioritariamente i posti disponibili presso IPAB ubicate nella medesima provincia.

 

     Art. 43. Ampliamento delle piante organiche delle IPAB.

     Con deliberazione motivata le IPAB possono ampliare le dotazioni delle piante organiche per garantire gli standards socio-assistenziali determinati dalla vigente normativa.

     Contestualmente all'ampliamento della pianta organica le IPAB procedono alla ristrutturazione dei posti in organico, onde destinare ai servizi assistenziali i posti in esubero in altre qualifiche.

     Ai fini della copertura dei posti è prioritariamente utilizzato il personale delle altre IPAB esistenti sul territorio, di cui all'art. 42, purché per qualifiche corrispondenti.

     I posti non coperti mediante la procedura di cui al precedente comma sono ricoperti mediante pubblico concorso.

 

Titolo VI

Fondi di intervento

 

     Art. 44. Fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio- assistenziali.

     La Regione, per il conseguimento delle finalità della presente legge, istituisce nel bilancio regionale un fondo denominato «Fondo per la gestione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali» da iscrivere nello stato di previsione della spesa dell'Assessorato regionale degli enti locali, destinato al finanziamento dei servizi socio-assistenziali svolti sia a livello associato che di singolo comune.

     Il fondo è costituito:

     a) dalle assegnazioni e dai finanziamenti dello Stato;

     b) da uno stanziamento il cui ammontare sarà determinato con successiva legge regionale;

     c) (Omissis) [11].

     Al fondo possono affluire gli stanziamenti settoriali pertinenti ai servizi socioassistenziali riguardanti la sfera materno-infantile, quella della tossicodipendenza, della tutela della salute mentale, dell'assistenza agli anziani ed ai soggetti portatori di handicap.

 

     Art. 45. Criteri per la ripartizione del fondo per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali.

     Il fondo di cui all'art. 44 è destinato:

     a) quanto al 70 per cento, sulla base della popolazione residente in ciascun comune secondo i dati dell'Istat dell'ultimo anno disponibile, per le spese connesse al funzionamento dei servizi socio-assistenziali;

     b) quanto al 30 per cento, per l'attuazione di investimenti sulla base di documentate richieste da presentare all'Assessore regionale per gli enti locali entro il 31 marzo di ciascun anno, con priorità per i comuni che hanno particolari carenze di strutture e di presidi socio-assistenziali.

     Le somme assegnate ai sensi della lett. a sono versate ai comuni con somministrazione trimestrale anticipata. I comuni sono tenuti ad aprire presso i rispettivi tesorieri apposito conto sul quale verranno versati i predetti fondi.

     Le somme assegnate ai sensi della lett. b sono accreditate ai comuni, singoli od associati, secondo le modalità di cui ai commi dall'uno al quattro dell'art. 35 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.

 

     Art. 46. Modalità per il finanziamento delle spese per investimenti di cui all'art. 45, primo comma, lett. b.

     I finanziamenti per le spese di investimento previsti dal primo comma, lett. b, dell'art. 45 sono finalizzati alla realizzazione di nuove strutture e dotazioni di relative attrezzature ed arredi, nonché alla riconversione, trasformazione, riadattamento e ampliamento di strutture preesistenti. E consentito l'acquisto e la ristrutturazione di edifici esistenti.

     Le istanze vanno presentate entro il 31 marzo di ciascun anno all'Assessorato regionale degli enti locali, corredate dell'atto deliberativo contenente la richiesta di finanziamento unitamente ad una relazione socio-economica in cui siano descritti:

     a) tipologia del servizio da realizzare;

     b) conformità agli standards previsti per la tipologia;

     c) numero e qualifica degli operatori che saranno addetti alle strutture o presidi socio-assistenziali in conformità ai requisiti organizzativi e professionali richiesti dal tipo di servizio;

     d) numero degli utenti da assistere;

     e) misura del finanziamento regionale richiesto;

     f) eventuali mezzi finanziari di cui si dispone o dei quali si intende avere la disponibilità tramite accensione di mutuo con la Cassa depositi e prestiti, per la copertura della parte delle spese non ammesse ai finanziamenti.

     I criteri di ripartizione territoriale sono fissati con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali tenendo presente l'esistenza nel territorio del comune richiedente di strutture e presidi socio- assistenziali.

 

     Art. 47. Fondo speciale per programmi straordinari.

     Per l'attuazione di programmi straordinari di interesse dei comuni singoli od associati e delle IPAB, conformi alle previsioni del piano triennale di cui all'art. 15 della presente legge, è istituito un fondo straordinario, il cui ammontare sarà determinato con successiva legge della Regione.

     Nell'ambito del piano triennale il fondo di cui al precedente comma può essere utilizzato per la riconversione e la valorizzazione delle strutture degli enti soppressi, di cui alla tabella B annessa al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

 

Titolo VII

Disposizioni transitorie e finali

 

     Art. 48. Attività dipartimentale a livello regionale.

     In attesa della riforma dell'Amministrazione regionale e della istituzione delle aree dipartimentali, gli Assessori regionali per gli enti locali e per la sanità coordinano i servizi sociale e sanitari.

     A tale effetto, i predetti Assessori, con l'intervento dei direttori regionali dei rispettivi rami di amministrazione, si riuniscono periodicamente per l'esame dei problemi inerenti alla integrazione degli interventi socio-assistenziali con quelli sanitari e per la predisposizione delle direttive da emanare agli enti locali ed alle unità sanitarie locali.

     Di ogni riunione è redatto apposito verbale, copia del quale è rimessa al Presidente della Regione entro i cinque giorni successivi.

 

     Art. 49. Competenza delle province in materia di servizi socioassistenziali [12].

 

     Art. 50. Istituzioni socio-scolastiche permanenti (ex colonie).

     Le istituzioni socio-scolastiche di cui alla legge regionale 5 agosto 1982, n. 93 possono essere incluse nel piano triennale di cui all'art. 15, ai fini della utilizzazione e gestione da parte dei comuni singoli o dell'associazione dei comuni di cui all'art. 3 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87.

 

     Art. 51. Primo piano triennale dei servizi socio-assistenziali.

     Il primo piano regionale triennale dei servizi socioassistenziali di cui all'art. 15 è elaborato dall'Assessore regionale per gli enti locali entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 52. Gruppo di consulenza.

     Fino alla istituzione del Comitato regionale per i servizi socio- assistenziali di cui all'art. 13, l'Assessore regionale per gli enti locali si avvale, per la elaborazione degli strumenti attuativi della presente legge, del gruppo di consulenza istituito a norma dell'art. 14 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87.

     Il gruppo di consulenza è integrato con due funzionari dell'Amministrazione regionale, di cui uno con mansioni anche di segretario.

     Ai componenti del gruppo di consulenza è attribuito un compenso forfettario annuo, nella misura che sarà determinata dal Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali.

 

     Art. 53. Schema tipo di regolamento.

     Entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, l'Assessore regionale per gli enti locali, avvalendosi del gruppo di consulenza di cui all'art. 52, predispone uno schema tipo di regolamento sull'organizzazione dei servizi socio-assistenziali, ad orientamento dell'attività dei comuni singoli od associati.

     I comuni singoli od associati, sulla base del regolamento-tipo predisposto dall'Assessore regionale per gli enti locali, entro i successivi sei mesi adottano un proprio regolamento.

     Il regolamento-tipo contiene direttive e limiti di prima applicazione, anche per quanto riguarda i costi unitari dei servizi e l'accesso da parte degli utenti che superano i limiti di reddito per la gratuità dei servizi stessi.

     Nella prima applicazione della presente legge, i limiti di reddito per la gratuità dei servizi e per l'accesso agli stessi con quota a carico dell'utente, sono determinati dall'Assessore regionale per gli enti locali, con proprio decreto.

 

     Art. 54. Direttive.

     Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, al fine di realizzare un migliore collegamento funzionale delle attività, è autorizzato ad impartire direttive ai comuni, contenenti indirizzi generali per l'attuazione della presente legge ed in particolare per l'esecuzione del piano triennale dei servizi socio-assistenziali.

 

     Art. 55. Convenzioni per studi, ricerche, acquisizione ed elaborazione dati.

     L'Assessore regionale per gli enti locali è autorizzato a stipulare convenzioni con istituti universitari, scuole di servizio sociale o istituzioni specializzate nel settore dei servizi sociali, per studi, ricerche ed acquisizione ed elaborazione di dati utili alla predisposizione dei piani triennali dei servizi socio-assistenziali nonché dei progetti speciali.

     Per le convenzioni di cui al comma precedente si prescinde dalla acquisizione dei pareri previsti dalla legislazione vigente, allorché l'importo relativo non superi i 100 milioni di lire.

     Per il finanziamento dei progetti speciali di cui all'art. 56 e per la copertura degli oneri relativi alle convenzioni di cui al presente articolo si provvede con il fondo di cui all'art. 47.

 

     Art. 56. Progetti speciali.

     La Regione può predisporre progetti mirati d'intervento in settori specifici o in aree di elevato rischio, anche con l'apporto degli enti locali e di organismi presenti nel territorio regionale.

 

     Art. 57. Abolizione dell'elenco dei poveri.

     A decorrere dal 1° gennaio 1987 l'elenco dei poveri che i comuni sono tenuti a redigere in forza delle vigenti leggi è abolito.

     Nel contesto dello schema del regolamento-tipo di cui all'art. 53 sono determinate le fasce di reddito per l'accesso gratuito alle prestazioni ed agli interventi istituiti ai sensi della presente legge, nonché i limiti al di sopra dei quali l'accesso ai servizi è subordinato alla partecipazione economica degli utenti.

 

     Art. 58. Relazione all'Assemblea regionale.

     Al termine del primo triennio di applicazione della presente legge, l'Assessore regionale per gli enti locali presenta all'Assemblea regionale una relazione sullo stato di attuazione della legge medesima, per le necessarie revisioni.

 

     Art. 59. Compiti della Regione.

     L'Assessore regionale per gli enti locali decide le controversie tra i comuni singoli od associati o tra comuni ed altri enti pubblici soggetti alle potestà regionali, per il rimborso delle spese di soccorso e di assistenza, rese obbligatorie da particolari disposizioni di legge o statutarie, comprese quelle relative al mantenimento degli inabili al lavoro di cui all'art. 154 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 

     Art. 60. Obblighi e facoltà dei comuni aventi riflessi con la finanza locale.

     I comuni sono tenuti ad istituire i servizi previsti dalla presente legge. A tale effetto, in sede di formazione del bilancio annuale e pluriennale, le relative spese sono iscritte nei propri bilanci entro il limite delle disponibilità dei fondi per i servizi, data la natura integrativa delle assegnazioni della Regione per finalità socio- assistenziali.

     Ai fini degli investimenti, i comuni possono avvalersi anche delle disposizioni che regolano la contrazione di mutui, ivi compresi quelli somministrati dalla cassa depositi e prestiti.

     Gli avanzi di amministrazione quali risultano dai conti consuntivi possono essere destinati alla realizzazione di strutture socio- assistenziali entro il limite del 50 per cento delle somme disponibili.

 

     Art. 61. Utilizzazione delle strutture degli enti soppressi.

     Le strutture degli enti soppressi adibite a servizi socio- assistenziali all'atto del trasferimento delle competenze

all'Amministrazione della Regione attuato con il decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1985, n. 245 possono essere attribuite in proprietà od in uso agli enti locali, nei cui territori sono ubicati, con decreto del Presidente della Regione previa delibera della Giunta regionale.

 

     Art. 62. Personale dei disciolti comitati provinciali dell'Opera nazionale maternità ed infanzia.

     Il personale dei comitati provinciali dell'Opera nazionale maternità ed infanzia, disciolti ai sensi della legge 23 dicembre 1975, n. 698 continua a svolgere presso le amministrazioni provinciali i compiti di cui all'art. 49 sino al definitivo inquadramento secondo la previsione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1985, n. 256.

 

     Art. 63. Funzionamento dei centri di rieducazione per minorenni soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria minorile.

     Le convenzioni che il Ministero di grazia e giustizia ha stipulato con enti ed istituzioni che prestano assistenza ai minori soggetto a provvedimento dell'autorità giudiziaria minorile possono essere assunte dai comuni nel cui territorio operano le relative strutture.

     La disposizione di cui al precedente comma è subordinata al regolamento dei relativi rapporti finanziari con lo Stato, a norma dell'art. 43 dello Statuto regionale, ai fini dell'attribuzione ai comuni dei fondi occorrenti per la gestione dei servizi.

     Per l'assistenza ai minori che hanno la residenza in comuni diversi da quelli nei quali sono ubicate le strutture convenzionate si applicano le disposizioni in materia di domicilio di soccorso.

 

     Art. 64. Abrogazione di norme.

     E' abrogato l'art. 14 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6.

     Sono altresì abrogate tutte le disposizioni legislative in contrasto o non compatibili con la presente legge.

 

     Art. 65. Iscrizione all'albo regionale degli enti e delle istituzioni già muniti di idoneità al funzionamento.

     Gli enti pubblici e privati dotati di attestato di idoneità a funzionare ai sensi della normativa precedente devono, entro un anno dall'approvazione degli standards previsti dall'art. 19, produrre formale istanza all'Assessore regionale per gli enti locali ai fini della iscrizione all'albo regionale.

     Il rigetto dell'istanza comporta la decadenza della idoneità precedentemente rilasciata ai sensi dell'art. 50 del regio decreto 15 aprile 1926, n. 718.

 

     Art. 66. Contributi alle IPAB ai sensi della legge regionale 26 luglio 1982, n. 71.

     I contributi regionali previsti dalla legge regionale 26 luglio 1982, n. 71 sono concessi alle IPAB che ne fanno istanza, fino a quando le IPAB medesime, attraverso la stipula delle convenzioni di cui all'art. 20, non avranno conseguito l'equilibrio economico-finanziario dei rispettivi bilanci.

 

     Art. 67. Limiti di applicazione dell'art. 23 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.

     Le disposizioni contenute nell'art. 23 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1 cessano di avere vigore il 1° luglio 1987. Oltre tale data continuano a trovare applicazione nei seguenti casi:

     - nei confronti delle IPAB sottoposte alle procedure prescritte dall'art. 31 e seguenti, ove i procedimenti non siano stati ancora definiti alla data del 1° luglio 1987;

     - nei confronti delle IPAB sottoposte a fusione con altre IPAB;

     - nei confronti delle IPAB sottoposte ad estinzione.

 

     Art. 68. Obblighi dei comuni.

     A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge i comuni sono tenuti a provvedere:

     a) agli oneri finanziari conseguenti al disposto dell'art. 403 del codice civile;

     b) al mantenimento delle persone inabili e prive di mezzi di sussistenza segnalate dalle autorità locali di pubblica sicurezza ai sensi e per gli effetti dell'art. 154 del testo unico di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

     Fino a quando i comuni non saranno in grado di porre a carico del proprio bilancio gli oneri conseguenti all'applicazione del presente articolo, gli stessi possono essere posti a carico del Fondo per i servizi di cui all'art. 19 della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1.

     All'azione di rivalsa per il recupero delle spese sostenute per gli interventi di cui al primo comma, si provvede esclusivamente nei confronti dei comuni non siciliani che hanno la competenza passiva ai sensi dell'art. 72 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni ed integrazioni.

     Si prescinde, inoltre, dall'esercizio dell'azione di rivalsa nei confronti degli obbligati per legge a prestare gli alimenti che siano titolari di redditi non eccedenti il triplo della fascia esente ai fini dell'IRPEF [13].

     Non si fa luogo all'applicazione del terzo e quarto comma dell'art. 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

     Gli interventi previsti dal presente articolo sono attuati anche nei confronti di non residenti, accertate la necessità e l'urgenza delle prestazioni. Dell'intervento realizzato viene data comunicazione al comune di residenza dell'assistito ed al comune di eventuale dimora.

 

     Art. 69. Proroga di provvedimenti di ricovero. [14]

 

     Art. 70. Prosecuzione dell'attività del centro di rieducazione «Casa amica» di Agrigento.

     L'Ente di sviluppo agricolo è autorizzato a cedere in uso gratuito al comune di Agrigento gli immobili costituenti il Villaggio La Loggia sito nel comune di Agrigento.

     Il comune è tenuto ad utilizzare gli immobili di cui al precedente comma quale struttura socio-assistenziale per i minori soggetti a provvedimenti della autorità giudiziaria minorile nell'ambito della competenza amministrativa.

     A tal fine il comune è autorizzato a subentrare nella convenzione che il Ministero di grazia e giustizia ha stipulato con il centro di rieducazione «Casa amica» di Agrigento.

 

     Art. 71.

     La istituzione dei servizi previsti dalla presente legge da parte dei comuni singoli o associati ha luogo compatibilmente alle risorse finanziarie di cui i comuni stessi possono disporre e nel rispetto delle norme di legge in materia di finanza locale.

 

     Art. 72.

     Il beneficio del trasporto gratuito di cui all'art. 16 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87 e successive modificazioni e integrazioni è esteso alle vedove dei caduti e dispersi in guerra, purché titolari di redditi non superiori ai limiti stabiliti nel precitato art. 16.

 

     Art. 73. Termini di entrata in vigore.

     La presente legge entra in vigore il 1° gennaio 1987.

     Le disposizioni di cui al titolo V ed agli articoli 51, 52, 53, 61, 62 e 70 entrano in vigore il giorno stesso della pubblicazione.

 

     Art. 74.

     La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.

     E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.


[1] Lettera aggiunta con art. 12 L.R. 23 maggio 1991, n. 33.

[2] Comma aggiunto dall'art. 13 della L.R. 25 maggio 2022, n. 13.

[3] Comma così modificato dall'art. 36 della L.R. 11 agosto 2017, n. 16.

[4] Comma inserito dall'art. 36 della L.R. 11 agosto 2017, n. 16.

[5] Comma così sostituito dall'art. 36 della L.R. 11 agosto 2017, n. 16.

[6] Comma così modificato dall'art. 38 della L.R. 15 aprile 2021, n. 9.

[7] Comma inserito dall'art. 38 della L.R. 15 aprile 2021, n. 9.

[8] Comma inserito dall'art. 38 della L.R. 15 aprile 2021, n. 9.

[9] Comma inserito dall'art. 38 della L.R. 15 aprile 2021, n. 9.

[10] Per l'interpretazione autentica del presente comma vedi l'art. 60 della L.R. 27 aprile 1999, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 6 luglio 2020, n. 135, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede: «e i beni patrimoniali sono devoluti al comune, che assorbe anche il personale dipendente, facendone salvi i diritti acquisiti in rapporto al maturato economico».

[11] Lettera abrogata con art. 27 L.R. 11 maggio 1993, n. 15.

[12] Articolo abrogato con art. 12 L.R. 23 maggio 1991, n. 33.

[13] Comma così modificato con art. 8 L.R. 7 agosto 1990, n. 27.

[14] Articolo abrogato dall'art. 57 della L.R. 27 aprile 1999, n. 10.