§ 5.8.28 - L.R. 9 settembre 1996, n. 38.
Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio- assistenziali nel Lazio.


Settore:Codici regionali
Regione:Lazio
Materia:5. sviluppo sociale
Capitolo:5.8 assistenza sociale
Data:09/09/1996
Numero:38


Sommario
Art. 1.  (Finalità ed oggetto).
Art. 2.  (Principi).
Art. 3.  (Obiettivi).
Art. 4.  (Destinatari).
Art. 5.  (Diritti degli utenti).
Art. 6.  (Partecipazione ed informazione).
Art. 7.  (Accesso alle prestazioni).
Art. 8.  (Concorso al costo delle prestazioni).
Art. 9.  (Enti pubblici).
Art. 10.  (Competenze della Regione).
Art. 11.  (Competenze delle province e della città metropolitana).
Art. 12.  (Competenze dei comuni).
Art. 13.  (Competenze delle comunità montane).
Art. 14.  (Competenze ed attività delle aziende unità sanitarie locali).
Art. 15.  (Attività delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).
Art. 16.  (Enti privati).
Art. 17.  (Volontariato).
Art. 18.  (Prevenzione).
Art. 19.  (Informazione).
Art. 20.  (Promozione sociale).
Art. 21.  (Assistenza economica).
Art. 22.  (Assistenza domiciliare).
Art. 23.  (Aiuto personale).
Art. 24.  (Soddisfacimento di esigenze abitative).
Art. 25.  (Servizio di mensa sociale e di accoglienza notturna).
Art. 26.  (Centro diurno).
Art. 27.  (Servizio semiresidenziale).
Art. 28.  (Servizi per la vacanza).
Art. 29.  (Servizio di emergenza e pronto intervento assistenziale).
Art. 30.  (Telesoccorso).
Art. 31.  (Interventi per l'inserimento lavorativo).
Art. 32.  (Interventi di tutela del minore e rapporti con l'autorità giudiziaria).
Art. 33.  (Interventi psico-sociali a richiesta dell'autorità giudiziaria).
Art. 34.  (Affido o ospitalità in strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale)
Art. 35.  (Strutture).
Art. 36.  (Registro regionale degli enti privati).
Art. 37.  (Registro regionale delle organizzazioni di volontariato).
Art. 38.  (Ambiti territoriali per l'esercizio delle funzioni comunali. Forme associative e di decentramento).
Art. 39.  (Servizio di assistenza sociale).
Art. 40.  (Personale del servizio di assistenza sociale).
Art. 41.  (Conferenza degli operatori socio-assistenziali).
Art. 42.  (Raccordo ed integrazione del servizio di assistenza sociale con gli altri servizi del territorio - Accordi di programma).
Art. 43.  (Regolamento del servizio di assistenza sociale).
Art. 44.  (Convenzioni e contributi).
Art. 45.  (Modalità di esercizio delle funzioni amministrative socio- assistenziali delle province e della città metropolitana).
Art. 46.  (Piano socio-assistenziale regionale).
Art. 47.  (Contenuti).
Art. 48.  (Predisposizione ed approvazione).
Art. 49.  (Efficacia).
Art. 50.  (Piani socio-assistenziali provinciali e metropolitano).
Art. 51.  (Piani di zona).
Art. 52.  (Attuazione).
Art. 53.  (Verifica dello stato di attuazione).
Art. 54.  (Poteri sostitutivi).
Art. 55.  (Indirizzo e coordinamento. Direttive).
Art. 56.  (Rilevazione dati - Studi e ricerche).
Art. 57.  (Vigilanza).
Art. 58.  (Autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali).
Art. 59.  (Relazione annuale).
Art. 60.  (Fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio- assistenziali).
Art. 61.  (Criteri per il riparto e la gestione del fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali).
Art. 62.  (Rendicontazione dei comuni).
Art. 63.  (Beni degli enti nazionali soppressi. Vincolo di destinazione).
Art. 64.  (Primi piani socio-assistenziali).
Art. 65.  (Trasformazione degli istituti esistenti nelle nuove forme residenziali).
Art. 66.  (Disposizioni transitorie in materia d'autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali residenziali e semi- residenziali).
Art. 67.  (Norma transitoria in attesa della istituzione della città metropolitana).
Art. 68.  (Abrogazione di norme).


§ 5.8.28 - L.R. 9 settembre 1996, n. 38. [1]

Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio- assistenziali nel Lazio.

(B.U. 20 settembre 1996, n. 26 - S.O. n. 2).

 

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. (Finalità ed oggetto).

     1. La Regione Lazio, in attuazione dei principi costituzionali e del proprio Statuto, al fine di concorrere alla realizzazione di un organico sistema di sicurezza sociale volto a garantire il pieno e libero sviluppo della persona e delle comunità, con la presente legge detta norme per il riordino, la riqualificazione, la programmazione e la gestione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali nell'ambito territoriale regionale.

     2. In particolare, la presente legge disciplina:

     a) la programmazione e l'organizzazione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali nella Regione, nonché le modalità di coordinamento per l'integrazione con i servizi e gli interventi sanitari, educativo- scolastici e sportivi;

     b) l'esercizio delle funzioni amministrative rientranti nella materia «beneficenza pubblica» di cui all'articolo 117, comma 1, della Costituzione e comprendenti:

     1) le funzioni già di competenza degli enti locali in forza di disposizioni di leggi antecedenti il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

     2) le funzioni trasferite ai comuni ed alle province ai sensi degli articoli 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977;

     3) le funzioni già trasferite alla Regione ed agli enti locali ai sensi della legge 23 dicembre 1975, n. 698;

     4) le funzioni relative all'autorizzazione ed alla vigilanza sulle istituzioni pubbliche e private e sulle organizzazioni di volontariato che operano nell'area socio-assistenziale;

     5) ogni altra funzione in materia attribuita con leggi dello Stato alla Regione ed agli enti locali.

     3. L'esercizio delle funzioni socio-assistenziali attribuite alla Regione ed agli enti locali dagli articoli 113, comma 1, e 114 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è disciplinato dalla normativa regionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza.

 

     Art. 2. (Principi).

     1. Il sistema socio-assistenziale della Regione si informa ai principi costituzionali del pieno ed inviolabile rispetto della dignità della persona e dell'inderogabile dovere di solidarietà sociale:

     2. I servizi e gli interventi socio-assistenziali devono garantire:

     a) la riservatezza sulle informazioni che riguardano gli utenti;

     b) l'uguaglianza di trattamento a parità di bisogno;

     c) la libertà di scelta tra le prestazioni erogabili.

 

     Art. 3. (Obiettivi).

     1. Il sistema socio-assistenziale della Regione persegue seguenti obiettivi:

     a) decentramento sul territorio dei servizi e degli interventi;

     b) coordinamento per l'integrazione dei servizi e degli interventi socio-assistenziali con quelli sanitari e con quelli educativo-scolastici e sportivi, al fine di assicurare una risposta unitaria alle esigenze della persona;

     c) prevenzione, individuazione precoce e rimozione delle cause di ordine economico, psicologico, culturale, ambientale e sociale che possono determinare situazioni di bisogno e di disagio o fenomeni di emarginazione e di disadattamento;

     d) omogeneo livello di prestazioni su tutto il territorio regionale;

     e) promozione e realizzazione di servizi ed interventi che favoriscano il mantenimento, l'inserimento ed il reinserimento dei soggetti nell'ambiente familiare, scolastico, lavorativo e sociale per limitare ogni processo di istituzionalizzazione e di emarginazione;

     f) protezione e tutela giuridica dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi quando manchino o di fatto non intervengano coloro cui la legge attribuisce tale compito;

     g) istituzione di strutture permanenti e polivalenti, finalizzate al miglioramento della condizione umana, sotto l'aspetto culturale e sociale;

     h) promozione e valorizzazione della partecipazione degli utenti, dei cittadini e delle formazioni ed organizzazioni sociali alla individuazione delle istanze emergenti in seno alla collettività e degli obiettivi della programmazione, nonché alla verifica dell'efficacia dei servizi e degli interventi;

     i) finalizzazione delle attività nel settore formativo alle esigenze di qualificazione degli operatori e allo sviluppo e alla riconversione dei servizi:

     l) rilevazione ed impiego coordinato e programmato di tutte le risorse globalmente disponibili nei piani socio-assistenziali regionali e locali per il complesso dei servizi e degli interventi.

 

     Art. 4. (Destinatari).

     1. Destinatari dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge sono i cittadini, gli stranieri comunitari ed extracomunitari e gli apolidi, residenti nella Regione Lazio, senza distinzione di carattere politico, religioso; ideologico, economico e sociale.

     2. I servizi e gli interventi si estendono altresì ai cittadini, agli stranieri ed agli apolidi temporaneamente presenti nel territorio della Regione, allorché si trovino in condizioni di difficoltà tali da non consentirne l'attuazione da parte dei corrispondenti servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, salvo rivalsa in base alla normativa vigente.

 

     Art. 5. (Diritti degli utenti).

     1. Gli utenti del sistema socio-assistenziale regionale hanno diritto:

     a) ad essere compiutamente informati sulla disponibilità delle prestazioni socio-assistenziali, sui requisiti per l'accesso, sulle condizioni e sui criteri di priorità, sulle procedure e sulle modalità di erogazione, sulle possibilità di scelta;

     b) ad esprimere il consenso sul tipo di prestazione ed in particolare sulle proposte di ricovero in strutture residenziali, salvo i casi previsti dalla legge;

     c) alla riservatezza ed al segreto professionale da parte degli operatori;

     d) a partecipare alla scelta delle prestazioni pubbliche o convenzionate, compatibilmente con le disponibilità esistenti nell'ambito territoriale determinato per ciascun servizio socio-assistenziale.

 

     Art. 6. (Partecipazione ed informazione).

     1. La Regione, nell'osservanza dei principi contenuti nella legge 7 agosto 1990, n. 241, e negli articoli 34 e 48 del proprio Statuto, favorisce, nella fase sia della progettazione sia dell'erogazione e della verifica delle prestazioni, la più ampia partecipazione e consultazione dei cittadini delle organizzazioni sindacali a livello regionale e degli altri organismi sociali presenti nel territorio, quali strumenti di crescita civica e quali mezzi per il miglioramento del sistema socio-assistenziale ed il suo adeguamento alle esigenze dei singoli e della collettività.

     2. I comuni, ai sensi degli articoli 6 e 7 della legge 8 giugno 1990, n. 142, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione dei cittadini alla amministrazione dei servizi di assistenza sociale, disciplinando, nel regolamento di cui all'articolo 43, in conformità alle disposizioni contenute nei rispettivi statuti, i rapporti con gli organismi stessi, le procedure per la consultazione della popolazione e per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte dirette a migliorare la tutela di interessi collettivi, nonché le modalità per assicurare a tutti gli interessati l'informazione sullo stato dei procedimenti ed il diritto di accesso agli atti ed alle strutture.

 

     Art. 7. (Accesso alle prestazioni).

     1. I destinatari dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge hanno diritto di accedere alle prestazioni pubbliche o a quelle convenzionate, secondo le modalità definite dal regolamento di cui all'articolo 43.

     2. Hanno, altresì, diritto ad un rimborso sulle spese sostenute per prestazioni non convenzionate erogate, previa autorizzazione, da enti privati o da organizzazioni di volontariato iscritti nei registri regionali di cui agli articoli 36 e 37. L'autorizzazione è rilasciata dagli enti locali istituzionalmente competenti sui quali grava l'onere della spesa, compatibilmente con le disponibilità finanziarie ed in base ai criteri stabiliti dal piano socio-assistenziale regionale, tenuto conto dei servizi pubblici o convenzionati presenti nel territorio.

     3. Le prestazioni socio-assistenziali sono fruite nell'ambito territoriale di residenza dell'utente.

     4. In caso di comprovata necessità, le prestazioni socio-assistenziali possono essere fruite anche in ambito territoriale diverso da quello di residenza dell'utente, sulla base di accordi definiti con gli enti istituzionalmente competenti per territorio. In caso di urgenza, le prestazioni socio-assistenziali sono comunque erogate nell'ambito territoriale nel quale se ne è manifestata l'esigenza.

 

     Art. 8. (Concorso al costo delle prestazioni).

     1. Le prestazioni socio-assistenziali, ai sensi dell'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, possono essere gratuite o a pagamento.

     2. Gli utenti o le persone tenute al loro mantenimento concorrono al costo delle prestazioni socio-assistenziali nella percentuale determinata dagli enti locali istituzionalmente competenti, sui quali grava l'onere della spesa, in base ai criteri ed ai parametri di reddito stabiliti dal piano socio-assistenziale regionale ed alle modalità definite dal regolamento di cui all'articolo 43

     3. Agli utenti ospiti di strutture residenziali deve essere comunque garantita la conservazione di una quota di pensione o di reddito per il soddisfacimento delle esigenze personali, non inferiore al 35 per cento del trattamento minimo di pensione per l'invalidità, per la vecchiaia e per i superstiti dei lavoratori dipendenti.

 

TITOLO II

ASSETTO ISTITUZIONALE

 

Capo I

ENTI PUBBLICI - COMPETENZE

 

     Art. 9. (Enti pubblici).

     1. Le funzioni socio-assistenziali nell'ambito territoriale regionale sono esercitate, secondo le competenze, in coerenza con i principi e gli obiettivi e in base alle modalità di cui alla presente legge, dai seguenti enti pubblici:

     a) Regione;

     b) Province;

     c) Città metropolitana;

     d) Comuni;

     e) Comunità montane.

     2. Concorrono alla realizzazione del sistema socio-assistenziale le aziende unità sanitarie locali (U.S.L.) e le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (I.P.A.B.).

 

     Art. 10. (Competenze della Regione).

     1. La Regione svolge le seguenti funzioni in materia socio- assistenziale:

     a) emana atti di indirizzo e coordinamento attinenti ad esigenze di carattere unitario nel territorio regionale;

     b) concorre, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, alla determinazione degli obiettivi e degli strumenti della programmazione nazionale dei servizi socio- assistenziali;

     c) adotta, con il concorso degli enti locali e degli altri enti operanti in materia, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 dell'articolo 3 della legge n. 142 del 1990, e della legge regionale 11 aprile 1986, n. 17, e successive modificazioni, il piano socio-assistenziale regionale, secondo i criteri fissati dal programma regionale di sviluppo ed in coerenza con gli obiettivi e le linee determinati dal programma stesso e dal relativo quadro di riferimento territoriale, e ne verifica l'attuazione;

     d) determina, ai sensi dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, nell'ambito del piano socio-assistenziale regionale e nel rispetto dei criteri fissati al titolo IV della presente legge, gli ambiti territoriali adeguati alla gestione dei servizi socio- assistenziali, sentiti i comuni e previo parere delle province e della città metropolitana, e promuove forme associative e di cooperazione fra gli enti locali interessati;

     e) cura la tenuta dei registri regionali degli enti privati che prestano assistenza sociale, disciplinando le modalità e le procedure per l'iscrizione e la cancellazione;

     f) predispone gli schemi-tipo di regolamento dei servizi di assistenza sociale e di accordi di programma per l'integrazione di tali servizi con gli altri servizi territoriali nonché gli schemi-tipo di convenzione tra i comuni e gli enti privati o le organizzazioni di volontariato iscritti nei registri regionali;

     g) svolge i compiti previsti dalla legge regionale in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali [2];

     h) promuove l'impiego coordinato di tutte le risorse destinate ai fini socio-assistenziali e ripartisce tra gli enti locali il fondo di cui all'articolo 60, tenuto conto delle indicazioni del piano socio- assistenziale regionale;

     i) individua, in attuazione degli obiettivi del piano socio- assistenziale regionale, nell'ambito del piano regionale di formazione professionale gli interventi di formazione, riqualificazione ed aggiornamento del personale adibito ad attività di assistenza sociale, ivi compreso quello volontario;

     l) definisce, in collaborazione con gli enti locali, i criteri e gli standards dell'informatizzazione dei servizi socio-assistenziali anche al fine di consentire alla Regione la raccolta e l'elaborazione delle informazioni necessarie alla programmazione regionale;

     m) definisce le modalità e i criteri della vigilanza sulle attività svolte dagli enti privati e dalle associazioni di volontariato di cui alla lettera e) del presente comma [3];

     n) attua forme di verifica idonee a migliorare l'efficienza e l'efficacia del sistema socio-assistenziale.

     2. Alla Regione spetta, altresì, l'esercizio delle funzioni amministrative concernenti:

     a) le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti nell'ambito regionale;

     b) le persone giuridiche private che operano nelle materie indicate nell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, ai sensi degli articoli 14 e 15 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica e secondo le procedure indicate nella legge regionale 2 dicembre 1983 n. 73. e successive modificazioni.

 

     Art. 11. (Competenze delle province e della città metropolitana).

     1. Le province e la città metropolitana svolgono le seguenti funzioni in materia socio-assistenziale:

     a) concorrono, ai sensi degli articoli 3, 15 e 19 della legge n. 142 del 1990,e della legge regionale n. 17 del 1986, e successive modificazioni, alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e della Regione nell'area socio-assistenziale;

     b) concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, nonché alla promozione dell’integrazione delle politiche sociali con le altre politiche settoriali con particolare riferimento alle politiche attive del lavoro, della formazione professionale, dell’istruzione, dell’educazione e della pianificazione territoriale [4];

     c) provvedono ad individuare, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali e le amministrazioni comunali interessate i servizi di dimensione sovradistrettuale e ad esprimere parere sulla determinazione da parte della Regione degli ambiti territoriali adeguati alla gestione dei servizi socio-assistenziali [5];

     d) [6]

     e) espletano, ai sensi delle leggi regionali 25 febbraio 1992, n. 23, e 24 giugno 1980, n. 87, e successive modificazioni, i compiti connessi alla formazione, alla riqualificazione e all'aggiornamento del personale adibito ad attività di assistenza sociale.

     2. Con specifiche leggi regionali possono essere attribuite o delegate alle province ed alla città metropolitana ulteriori funzioni in materia socio-assistenziale compatibili con il ruolo ad esse assegnato dalla legge n. 142 del 1990.

 

     Art. 12. (Competenze dei comuni).

     1. I comuni, ai sensi degli articoli 3 e 15 della legge n. 142 del 1990, e della legge regionale n. 17 del 1986, e successive modificazioni, concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e nei programmi dello Stato, della Regione e della provincia o della città metropolitana nell'area socio-assistenziale e provvedono alla loro specificazione ed attuazione nell'ambito del proprio territorio. A quest'ultimo fine adottano, in conformità alle previsioni del piano socio- assistenziale provinciale o metropolitano, propri atti programmatori, poliennali o annuali, di interventi socio-assistenziali.

     2. I comuni, quali enti esponenziali della comunità locale, esercitano, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 142 del 1990, e dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, tutte le altre funzioni amministrative in materia socio- assistenziale, ad eccezione di quelle espressamente attribuite alla Regione, alle province ed alla città metropolitana dalla normativa statale e regionale. In particolare, i comuni provvedono:

     a) alla prevenzione di situazioni individuali e collettive di disagio ed emarginazione sociale attraverso l'individuazione precoce delle cause che le determinano e all'attivazione degli interventi volti al superamento delle cause stesse:

     b) al sostegno della famiglia, alla protezione della maternità, all'assistenza e tutela dell'infanzia e dell'età evolutiva;

     c) al sostegno ed all'integrazione sociale dei cittadini anziani e di quelli disabili, soggetti a rischio di emarginazione;

     d) all'informazione, rivolta sia alla collettività sia a gruppi omogenei per interessi e problemi, su tematiche generali e specifiche, al fine di promuovere una diffusa coscienza sociale ed attivare iniziative di sostegno e solidarietà:

     e) a rilasciare l’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali, secondo le disposizioni dettate dalla legge regionale in materia, nonché a vigilare su tali servizi e sull'attività degli enti privati e delle organizzazioni di volontariato che prestano assistenza sociale [7];

     f) a determinare la percentuale e definire le modalità del concorso degli utenti o delle persone tenute al loro mantenimento al costo delle prestazioni socio-assistenziali, nonché del rimborso agli stessi di spese sostenute in caso di ricorso autorizzato a prestazioni non convenzionate, sulla base dei criteri e dei parametri di reddito stabiliti dal piano socio-assistenziale regionale [8].

     3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo i comuni concorrono, ai sensi dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, alla determinazione degli ambiti territoriali adeguati, organizzano in tali ambiti i servizi di assistenza sociale e ne disciplinano il funzionamento, attuando, in conformità ai principi della legge n. 142 del 1990, ai criteri fissati al titolo IV della presente legge ed alle indicazioni del piano socio-assistenziale regionale, forme di decentramento e forme associative e di cooperazione con altri comuni e con la provincia o la città metropolitana e facendo ricorso ai sistemi di gestione ritenuti più rispondenti alla dimensione ed alla specificità dei servizi stessi.

 

     Art. 13. (Competenze delle comunità montane).

     1. Le comunità montane, a norma dell'articolo 29 comma 2, della legge n. 142 del 1990, e dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, provvedono all'esercizio delle funzioni comunali di cui all'articolo 12 qualora esse debbano essere svolte in forma associata secondo quanto previsto dall'articolo 38, ovvero nel caso di specifica delega da parte dei comuni.

 

     Art. 14. (Competenze ed attività delle aziende unità sanitarie locali).

     1. Le aziende unità sanitarie locali esercitano in via ordinaria la gestione delle attività socio-assistenziali di rilievo sanitario ai sensi dell'articolo 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 agosto 1985, con imputazione dei relativi oneri sul fondo sanitario regionale.

     2. Svolgono, altresì, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, le attività socio-assistenziali ad esse eventualmente delegate dagli enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, con specifica contabilizzazione.

     3. Nel caso in cui gli enti locali non facciano ricorso all'istituto della delega, le aziende unità sanitarie locali sono tenute comunque ad assumere le necessarie iniziative ed a fornire le prestazioni atte ad assicurare l'integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 42.

 

     Art. 15. (Attività delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).

     1. Fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma dell'assistenza, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza informano la propria attività ai principi ed obiettivi della presente legge, concorrendo a realizzare i servizi e gli interventi previsti dalla programmazione regionale e locale anche mediante l'utilizzazione del proprio patrimonio immobiliare.

 

Capo II

APPORTO DEGLI ORGANISMI PRIVATI

 

     Art. 16. (Enti privati).

     1. La Regione garantisce la libera iniziativa privata che operi per il perseguimento degli obiettivi indicati nell'articolo 3, promuovendo e coordinando l'apporto delle cooperative sociali, delle associazioni, delle fondazioni e delle istituzioni private, dotate o meno di personalità giuridica, aventi finalità socio-assistenziali.

     2. Lo svolgimento di attività di assistenza sociale da parte degli enti di cui al comma 1 avviene nelle forme e nei modi previsti dalla presente legge e dalla legge 8 novembre 1991, n. 381, nonché nel rispetto dei criteri indicati nel piano socio-assistenziale regionale.

 

     Art. 17. (Volontariato).

     1. La Regione riconosce la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo sociale, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 3, in conformità alle disposizioni contenute nella legge regionale 28 giugno 1993, n. 29.

     2. La Regione incentiva, altresì, l'inserimento dei volontari come soci nelle cooperative sociali ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 381 del 1991.

 

TITOLO III

INTERVENTI E SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Capo I

INTERVENTI DI PREVENZIONE INFORMAZIONE E PROMOZIONE SOCIALE

 

     Art. 18. (Prevenzione).

     1. Gli interventi di prevenzione riguardano:

     a) il coordinamento di tutti i servizi socio-assistenziali ed il raccordo con gli altri servizi del territorio per favorire e determinare condizioni ed opportunità per l'effettiva realizzazione della persona;

     b) iniziative di tipo educativo, culturale, ricreativo e di tempo libero per la soddisfazione delle esigenze anche relazionali e per prevenire fenomeni di emarginazione di soggetti o gruppi a rischio;

     c) l'acquisizione e la raccolta sistematica di tutti i dati riferiti al territorio, utili ad orientare la politica sociale e ad individuare gli obiettivi della programmazione socio-assistenziale locale nonché ad organizzare ed attuare gli interventi rispondenti ai bisogni ed alle esigenze della comunità locale;

     d) l'attuazione di studi e ricerche finalizzati alla conoscenza delle risorse e della loro adeguatezza e rispondenza ed alla individuazione degli stati di bisogno, di emarginazione e di disadattamento nonché dei fattori di rischio.

 

     Art. 19. (Informazione).

     1. Gli interventi di informazione riguardano:

     a) attività diretta a fornire al singolo cittadino informazioni e consulenza per la conoscenza delle prestazioni e dei servizi sociali e sanitari nonché degli altri servizi nei quali si esplica la vita sociale organizzata, anche al fine di consentirne una corretta ed adeguata utilizzazione;

     b) attività di informazione rivolta alla collettività o mirata a gruppi omogenei per interessi e problemi, per la conoscenza del territorio in termini di servizi e risorse disponibili.

 

     Art. 20. (Promozione sociale).

     1. Gli interventi di promozione sociale riguardano:

     a) iniziative volte a promuovere il coinvolgimento della collettività e la crescita della sensibilità sui temi sociali e, in particolare, sui problemi della condizione minorile, dei soggetti a rischio di emarginazione, delle persone anziane e delle persone handicappate, stimolando la solidarietà allargata e la più ampia partecipazione;

     b) attività di promozione, valorizzazione e raccordo delle organizzazioni di volontariato in termini di apporto sia culturale sia operativo;

     c) promozione della cooperazione soprattutto tra i giovani per la gestione e l'autogestione dei servizi, con particolare riguardo a quella integrata con persone handicappate o a rischio di emarginazione.

 

Capo II

INTERVENTI E SERVIZI DI SOSTEGNO ALLA PERSONA ED ALLA FAMIGLIA

 

     Art. 21. (Assistenza economica).

     1. L'assistenza economica si esplica attraverso interventi finanziari che possono avere:

     a) carattere di continuità, qualora siano finalizzati all'integrazione del reddito del singolo o del nucleo familiare per il soddisfacimento dei bisogni primari;

     b) carattere di straordinarietà, immediatezza temporaneità, per far fronte a situazioni di emergenza;

     c) carattere di specificità, in quanto finalizzati ad esigenze e bisogni particolari, fra i quali, prioritariamente quelli di persone non autosufficienti assistiti in famiglia.

     2. L'assistenza economica può avvenire anche in concorso con l'erogazione di altre prestazioni e servizi socio-assistenziali e può essere erogata in sostituzione del servizio di aiuto personale di cui all'articolo 23.

     3. Il piano socio-assistenziale regionale determina i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica e per l'individuazione dei parametri di reddito ai quali rapportare gli interventi finanziari.

 

     Art. 22. (Assistenza domiciliare).

     1. L'assistenza domiciliare è rivolta prevalentemente alle seguenti tre aree problematiche e progettuali:

     a) area della senescenza;

     b) area della disabilità, compreso il disagio mentale;

     c) area dell'età evolutiva, scolastica e giovanile.

     2. I destinatari dell'assistenza domiciliare sono persone anziane e disabili in condizioni di parziale, temporanea o totale non autosufficienza, nonché nuclei familiari con componenti a rischio di emarginazione, con particolare riguardo a soggetti in età evolutiva.

     3. L'assistenza domiciliare, che è costituita da un insieme di prestazioni rese a domicilio, e finalizzata a favorire la permanenza delle persone di cui al comma 2 nel proprio ambiente, ad elevare la qualità della vita delle stesse, ad evitare il fenomeno dell'isolamento e dell'emarginazione sociale.

     4. Le prestazioni socio-assistenziali consistono prevalentemente nelle attività di aiuto alla persona, di governo della casa, di supporto nel favorire la vita e la rete di relazioni, nonché in interventi di tipo sociale ed educativo.

     5. L'assistenza domiciliare socio-assistenziale si integra con l'assistenza domiciliare sanitaria di cui alla legge regionale 2 dicembre 1988. n. 80.

 

     Art. 23. (Aiuto personale).

     1. Il servizio di aiuto personale di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è diretto ai soggetti in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile con protesi presidi ed ausili tecnici o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione.

     2. Le prestazioni di aiuto personale consistono in interventi di sostegno alla persona per lo svolgimento delle normali attività quotidiane, nonché di integrazione sociale e comprendono l'interpretariato per i non udenti.

     3. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi socio-assistenziali esistenti nel territorio regionale ed in particolare con il servizio di assistenza domiciliare nonché con i servizi sanitari.

 

     Art. 24. (Soddisfacimento di esigenze abitative).

     1. Gli interventi per far fronte a specifici stati di bisogno connessi a carenze abitative, sia per prevenire situazioni di emarginazione e segregazione di individui o di disgregazione di nuclei familiari, sia per favorire la destituzionalizzazione di soggetti ricoverati o evitarne il ricovero, consistono:

     a) nella individuazione degli immobili di proprietà degli enti locali da destinare ad alloggi, anche attraverso operazioni di riconversione patrimoniale da inserire nei piani di recupero di cui all'articolo 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, n. 457;

     b) nel miglioramento di condizioni abitative attraverso la realizzazione di opere di manutenzione e adeguamento degli alloggi, anche per la eliminazione delle barriere architettoniche, e concessione di contributi per l'installazione ed uso di impianti idrici, elettrici, tecnici e telefonici;

     c) nell'integrazione parziale o totale del canone di locazione, anche in attuazione della legge 27 luglio 1978, n. 392;

     d) nella ospitalità temporanea in alberghi, in situazioni contingenti non prevedibili e non risolvibili diversamente.

 

     Art. 25. (Servizio di mensa sociale e di accoglienza notturna).

     1. La mensa sociale e il centro di accoglienza notturno sono servizi tesi a soddisfare bisogni primari di vita delle persone che versano in particolari gravi condizioni di disagio economico, familiare e sociale.

     2. Le sedi di erogazione delle prestazioni inerenti i servizi di cui al comma 1 devono essere organizzate in modo da garantire un'ordinata e civile convivenza sia nelle grandi aree urbane, sia nei comuni in cui vi sia la presenza di persone che si trovino nelle condizioni di cui al comma 1. A tal fine:

     a) per quanto concerne il servizio di mensa sociale, ogni singola sede di erogazione della relativa prestazione può fornire fino ad un massimo di trecento pasti giornalieri;

     b) per quanto concerne il servizio di accoglienza notturna, ogni singola sede di erogazione della relativa prestazione può fornire alloggio fino ad un massimo di sessanta persone [9].

     3. Presso il centro di accoglienza notturna deve essere disponibile un servizio sociale, anche con caratteristiche di segreteria permanente, che curi, attraverso gli opportuni collegamenti con i servizi territoriali, le iniziative volte alla rimozione delle cause di disagio sociale.

 

     Art. 26. (Centro diurno).

     1. Il centro diurno è una struttura polivalente, di sostegno, di socializzazione, di aggregazione o di recupero, di tipo aperto, rivolta alla generalità degli utenti ed in particolare ai soggetti in età evolutiva, alle persone anziane autosufficienti, anche se parzialmente, alle persone handicappate e ai soggetti a rischio di emarginazione e di disadattamento sociale.

     2. Il centro diurno è collegato ed integrato con la rete delle strutture e dei servizi del territorio e fornisce anche prestazioni di supporto alla assistenza domiciliare.

     3. Il centro diurno espleta attività di aggregazione culturale, educativa, ricreativa, sportiva, di terapia occupazionale, di riabilitazione e di informazione.

 

     Art. 27. (Servizio semiresidenziale). [10]

     [1. Il servizio semiresidenziale è finalizzato a soddisfare, con ospitalità di tipo diurno, le esigenze dei soggetti di cui all'articolo 34, comma 2, attraverso gli interventi e nel rispetto dei criteri indicati nello stesso articolo, commi 3 e 5.

     2. Il servizio semiresidenziale può essere gestito in apposite strutture ovvero in quelle previste dall'articolo 3, comma 4, lettere a), b), c) e g)].

 

     Art. 28. (Servizi per la vacanza).

     1. I servizi per la vacanza sono rivolti ai soggetti in età evolutiva, alle persone anziane, alle persone handicappate che siano in condizioni di disagio economico per concorrere ai processi di socializzazione e di riabilitazione fisica e psichica.

     2. I servizi di cui al comma 1 sono, di norma, attuati:

     a) per i soggetti in età evolutiva, nel quadro di una programmazione unitaria e interdisciplinare delle attività, coinvolgendo gli organismi della scuola, sportivi e culturali, quali momenti integrativi del processo educativo;

     b) per le persone handicappate e per gli anziani, anche se parzialmente autosufficienti, in un rapporto di stretta integrazione programmatica e gestionale con i competenti servizi sanitari.

 

     Art. 29. (Servizio di emergenza e pronto intervento assistenziale).

     1. Il servizio di emergenza e pronto intervento assistenziale ha lo scopo di assicurare tempestivamente, nell'arco delle ventiquattro ore, e per un periodo non superiore alle 48 ore, prestazioni a persone che, per improvvise ed imprevedibili situazioni contingenti, personali o familiari, siano sprovvisti di mezzi necessari al soddisfacimento dei bisogni primari di vita ovvero che si trovino in condizioni di incapacità o non siano comunque in grado di trovare autonomamente idonea collocazione.

     2. Il servizio di cui al comma 1 deve essere raccordato con il servizio di emergenza sanitaria di cui alla legge regionale 20 settembre 1993, n. 55, ed alla deliberazione del Consiglio regionale 11 maggio 1994, n. 1004.

 

     Art. 30. (Telesoccorso).

     1. Il servizio di telesoccorso è rivolto a favore di persone anziane non autosufficienti, o inabili, che vivono isolate, quale sistema integrativo di assistenza domiciliare e di controllo.

 

     Art. 31. (Interventi per l'inserimento lavorativo).

     1. Gli interventi per l'inserimento lavorativo sono finalizzati al sostegno e all'integrazione dei soggetti a rischio di emarginazione, compresi gli inabili e gli invalidi, nonché degli adolescenti problematici e dei soggetti già istituzionalizzati o in regime di semilibertà.

     2. Ai fini di cui al comma 1, ed in armonia con la legislazione nazionale o regionale in materia, gli interventi si concretizzano in:

     a) attività ed iniziative per il rispetto delle norme relative al collocamento obbligatorio delle categorie protette;

     b) iniziative propositive ed attuative volte all'adeguamento delle capacità professionali in relazione agli effettivi sbocchi di lavoro;

     c) attività di orientamento lavorativo e qualificazione professionale dei soggetti portatori di handicaps, tossicodipendenti e degli adolescenti in difficoltà;

     d) iniziative nei confronti di imprese artigiane e cooperative per favorire l'inserimento lavorativo delle persone handicappate;

     e) iniziative volte a favorire, anche mediante opportuni incentivi economici, l'istituzione e lo sviluppo di imprese singole e a carattere cooperativo, specie artigiane e agricole o di servizi, alle quali partecipino, insieme ad altri cittadini, soggetti portatori di handicaps, o tossicodipendenti esposti a rischio di emarginazione, nonché adolescenti problematici;

     f) attività di individuazione di strutture produttive idonee e disponibili all'inserimento di adolescenti problematici, nonché di tossicodipendenti, di soggetti dimessi dal carcere o in regime di semilibertà, di malati di mente, realizzando anche rapporti convenzionali a tale scopo e verificandone la attuazione;

     g) iniziative volte ad agevolare le persone handicappate a recarsi al posto di lavoro favorendo prioritariamente l'abbattimento delle barriere architettoniche;

     h) progetti di inserimento mirato a favore di handicappati gravi ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e dell'articolo 42 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

 

Capo III

INTERVENTI E SERVIZI SOSTITUTIVI DELLA FAMIGLIA O ALTERNATIVI AD ESSA

 

     Art. 32. (Interventi di tutela del minore e rapporti con l'autorità giudiziaria).

     1. Gli interventi di tutela del minore con esigenze particolari di protezione consistono:

     a) nel reperimento precoce dei casi di abbandono morale e materiale o di condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, o di maltrattamento, di disadattamento e di ogni altra situazione che leda i diritti e gli interessi dei soggetti in età evolutiva;

     b) nella adozione di provvedimenti urgenti, ivi compreso quello di cui all'articolo 403 del c.c. di competenza del sindaco;

     c) nella segnalazione di casi alla magistratura minorile e nella predisposizione di indagini ed accertamenti ulteriori dalla stessa richiesti;

     d) nella assunzione dell'esercizio della tutela del minore disposta dalla magistratura;

     e) nella attuazione delle misure ed attività volte alla dichiarazione dello stato di adottabilità, dell'affidamento preadottivo e della adozione ai sensi del titolo II della legge 4 maggio 1983, n. 184;

     f) nella promozione ed attuazione dell'affidamento familiare di cui all'articolo 4 della legge n. 184 del 1983, attraverso il reperimento delle famiglie o persone disponibili all'affidamento, la loro selezione e preparazione, la vigilanza sull'andamento dell'affido e il mantenimento dei rapporti con l'autorità giudiziaria competente, la consulenza ed il sostegno psicologico al minore, alla famiglia di origine ed alla famiglia affidataria;

     g) nella vigilanza degli adempimenti relativi all'obbligo di segnalare casi di soggetti in età evolutiva affidati ad estranei di cui all'articolo 9, commi 6 e 7, della legge n. 184 del 1983, e agli obblighi degli istituti, pubblici e privati, di cui allo stesso articolo 9, comma 4;

     h) nell'organizzazione degli interventi, sia di prevenzione che di assistenza, afferenti alla sfera del minore ove esistono implicazioni inerenti la magistratura minorile;

     i) nella collaborazione con l'autorità giudiziaria prevista dalle norme sul processo penale a carico degli imputati minorenni di cui al D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.

 

     Art. 33. (Interventi psico-sociali a richiesta dell'autorità giudiziaria).

     1. Gli interventi psico-sociali richiesti dalla autorità giudiziaria riguardano indagini ed accertamenti di ordine psicologico o sociale e relative valutazioni ai fini di provvedimenti inerenti:

     a) l'autorizzazione al matrimonio di minorenni;

     b) l'autorizzazione per l'interruzione volontaria della gravidanza di minorenni;

     c) l'affidamento dei figli in caso di separazione dei coniugi, di divorzio, di dichiarazione di nullità del matrimonio;

     d) le decisioni relative all'esercizio della potestà parentale;

     e) le pronuncie di decadenza o di reintegrazione della potestà genitoriale;

     f) le determinazioni nei casi di condotta del genitore pregiudizievole ai figli;

     g) ogni altra decisione nel settore della potestà genitoriale e del diritto di famiglia;

     h) l'attuazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni di cui al D.P.R. n. 448 del 1988.

 

     Art. 34. (Affido o ospitalità in strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale) [11].

     1. L'affido in strutture a ciclo residenziale consiste in un intervento finalizzato a soddisfare le esigenze complessive:

     a) di soggetti in età evolutiva la cui famiglia è comprovatamente impossibilitata o inidonea ad assolvere anche temporaneamente il proprio ruolo, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 184 del 1983;

     b) di persone adulte anche temporaneamente incapaci che necessitano di interventi, anche temporanei, sostitutivi del nucleo familiare, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, della legge n. 104 del 1992 [12].

     2. L'ospitalità in strutture a ciclo residenziale o, in caso di ospitalità solo diurna, a ciclo semiresidenziale, consiste in un intervento finalizzato a far fronte alle esigenze di persone adulte, di persone anziane e di minori soli non assistibili a domicilio e non in grado d'usufruire di altri servizi assistenziali del territorio di cui al Capo II del presente titolo [13].

     3. Le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale e le relative autorizzazioni sono disciplinate con apposita legge regionale [14].

     4. [I servizi residenziali di cui al presente articolo comprendono:

     a) la casa-famiglia, consistente in un nucleo di convivenza destinata ad ospitare non più di cinque o sei soggetti in età evolutiva, anche portatori di handicaps, di sesso ed età diversa, ubicata in alloggio di civile abitazione, organizzata sul modello familiare e caratterizzata dalla presenza di operatori quali figure parentali;

     b) il gruppo-appartamento, consistente in un nucleo di convivenza, inserito in un normale contesto abitativo,; caratterizzato dalla flessibilità organizzativa e dalla partecipazione degli ospiti alla gestione del servizio destinato a non più di otto persone in età minorile, di sesso ed età diversi, anche portatori di handicaps, prevalentemente adolescenti sottoposti alle misure dell'autorità giudiziaria, con problematiche la cui complessità richiede un'azione specifica di sostegno e di recupero;

     c) la casa di riposo, consistente in un'istituzione per l'ospitalità di persone anziane totalmente o parzialmente autosufficienti, in numero non superiore ad ottanta unità, nella quale vengono assicurati, oltre alle prestazioni di tipo alberghiero, interventi culturali e ricreativi nonché servizi specifici a carattere socio-assistenziale;

     d) la comunità alloggio per anziani, consistente in un nucleo di convivenza a carattere familiare, ubicata in case di civile abitazione nell'ambito di zone destinate ad uso residenziale, per l'accoglienza di un numero di persone anziane comprese tra le otto e le dieci unità, nella quale vengono assicurate almeno le prestazioni socio-assistenziali previste per le case di riposo;

     e) la comunità alloggio per handicappati, consistente in un nucleo di convivenza a carattere comunitario per l'accoglienza di un numero di persone handicappate comprese tra le quattro e le otto unità, alle quali vengono assicurate - con la loro attiva partecipazione, ove possibile - prestazioni alberghiere, interventi di sostegno e di sviluppo di abilità individuali, che consentano lo svolgimento autonomo delle basilari attività della vita quotidiana, nonché azioni, a livello di gruppo, di laboratorio formativo e ricreative, tendenti a promuovere forme di integrazione sociale;

     f) la casa-albergo, consistente in un complesso di appartamenti minimi, ubicata in zone urbanizzate e fornite di adeguate infrastrutture e servizi sociali, provvisti di servizi sia autonomi che centralizzati, per l'accoglienza di coppie di coniugi anziani e persone anziane sole, autosufficienti;

     g) le residenze sanitarie assistenziali destinate a persone non autosufficienti, non assistibili a domicilio, la cui organizzazione è definita dal regolamento di cui all'articolo 13 della legge regionale 1° settembre 1993, n 49] [15].

     5. [L'organizzazione dei servizi residenziali di cui al presente articolo si uniforma ai seguenti criteri:

     a) coinvolgimento delle famiglie degli utenti nell'attività per garantire la continuità dei rapporti familiari;

     b) possibilità di frequenti rientri in famiglia degli utenti, salvo che non ostino obiettive situazioni di impossibilità o di inopportunità valutate dall'autorità giudiziaria o dai competenti servizi del territorio;

     c) apertura all'ambiente esterno in modo da favorire la socializzazione e la normale vita di relazione degli utenti;

     d) possibilità di articolazione in gruppi autonomi nei casi di convivenze più numerose;

     e) integrazione funzionale ed operativa con gli altri servizi esistenti sul territorio] [16].

 

TITOLO IV

ASSETTO ORGANIZZATIVO

 

Capo I

ORGANIZZAZIONE A LIVELLO REGIONALE

 

     Art. 35. (Strutture).

     1. La Regione, per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 10, si avvale delle strutture competenti in materia di servizi sociali, costituite ai sensi della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25.

 

     Art. 36. (Registro regionale degli enti privati).

     1. Presso la struttura della Giunta regionale competente in materia di servizi sociali è istituito il registro regionale degli enti privati di cui all'articolo 16 che svolgono attività di assistenza sociale nell'ambito del territorio della Regione.

     2. L'iscrizione nel registro è disposta, su domanda dell'ente interessato, con decreto del Presidente della Giunta regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine senza che sia stata formalmente rigettata la domanda, si provvede comunque all'iscrizione.

     3. L'iscrizione nel registro è subordinata all'esistenza delle seguenti condizioni:

     a) svolgimento di regolare attività socio-assistenziale da almeno sei mesi;

     b) idoneità all'erogazione delle prestazioni ed al funzionamento dei servizi socio-assistenziali di cui ai capi Il e III del titolo III in relazione ai livelli qualitativi ed ai requisiti minimi funzionali indicati dal piano regionale socio-assistenziale;

     c) corrispondenza dell'attività svolta ai principi della presente legge;

     d) adeguata qualificazione degli operatori in relazione ai requisiti minimi professionali indicati dal piano regionale socio-assistenziale;

     e) rispetto, per il personale dipendente, delle norme contrattuali di categoria, ad eccezione delle prestazioni volontarie o rese da personale religioso, i cui rapporti sono regolati da appositi accordi formali.

     4. La domanda di iscrizione deve essere corredata dei seguenti documenti:

     a) atto costitutivo;

     b) statuto e regolamento;

     c) bilancio.

     5. L'iscrizione al registro regionale degli enti privati costituisce presupposto per la stipula di eventuali convenzioni con i comuni, per il concorso alla programmazione socio-assistenziale, per la partecipazione del personale ai corsi di formazione ed aggiornamento degli operatori socio- assistenziali, nonché per la concessione di eventuali contributi e di altre agevolazioni finalizzati al sostegno dell'attività svolta.

     6. Le modalità e le procedure istruttorie per l'iscrizione al registro regionale di cui al presente articolo e per la cancellazione da esso qualora vengano meno le condizioni indicate al comma 3 o per gravi violazioni sono disciplinate con apposito regolamento regionale, da emanarsi sentite le rappresentanze degli enti interessati, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 37. (Registro regionale delle organizzazioni di volontariato).

     1. Le organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 17 svolgono la propria attività nei limiti e con le modalità previste dalla legge regionale n. 29 del 1993.

     2. L'iscrizione nel registro regionale di cui all'articolo 3 della citata legge regionale n. 29 del 1993 è condizione necessaria per la stipula delle convenzioni ai sensi dell'articolo 38 della legge n. 104 del 1992, nonché per accedere a contributi erogati dalla Regione, dagli enti locali e dalle aziende unita sanitarie locali, previsti da norme statali e regionali.

 

Capo II

ORGANIZZAZIONE A LIVELLO LOCALE

 

     Art. 38. (Ambiti territoriali per l'esercizio delle funzioni comunali. Forme associative e di decentramento).

     1. I comuni esercitano le funzioni amministrative di cui all'articolo 12 direttamente o in forma associativa ovvero delegandole alla comunità montana o alla azienda unità sanitaria locale.

     2. Il piano socio-assistenziale regionale individua:

     a) le funzioni che devono essere esercitate in forma coordinata con i servizi sanitari in ambiti territoriali coincidenti con i distretti sanitari, determinati ai sensi dell'articolo 19 della legge regionale 16 giugno 1994, n. 18, e successive modificazioni;

     b) le funzioni che devono essere esercitate in forma coordinata con i servizi sanitari in ambiti territoriali sovradistrettuali.

     3. Nel caso in cui gli ambiti territoriali di cui al comma 2, comprendano il territorio di più comuni, le relative funzioni socio- assistenziali sono esercitate mediante le forme associative e di cooperazione previste dal capo VIII della legge n. 142 del 1990, secondo le indicazioni del piano socio-assistenziale regionale.

     4. Le eventuali convenzioni tra comuni per l'esercizio associato delle funzioni socio-assistenziali devono definire tra l'altro:

     a) il comune presso cui viene istituito il servizio di assistenza sociale di cui all'articolo 39;

     b) l'organizzazione ed il funzionamento del servizio di assistenza sociale;

     c) i modi e le forme per l'assegnazione al servizio di assistenza sociale del personale dipendente dai singoli comuni interessati;

     d) le modalità di partecipazione degli altri comuni interessati alla programmazione ed alla verifica delle attività;

     e) i casi in cui devono essere consultati gli altri comuni interessati;

     f) i rapporti finanziari ed i reciproci obblighi.

     5. Qualora l'ambito territoriale di cui al comma 2 per l'esercizio delle funzioni comunali socio-assistenziali coincida con il territorio di una comunità montana tali funzioni sono esercitate da detto ente.

     6. I comuni nel cui territorio siano compresi più ambiti territoriali di cui al comma 2 disciplinano, a norma dell'articolo 13 della legge n. 142 del 1990, in sede statutaria e regolamentare, l'organizzazione delle funzioni da esercitare, secondo le indicazioni del piano socio- assistenziale regionale, in forma decentrata.

 

     Art. 39. (Servizio di assistenza sociale).

     1. I comuni, singoli o collegati mediante forme associative e di cooperazione, nonché le comunità montane interessate istituiscono, per la gestione del sistema socio-assistenziale, il servizio di assistenza sociale, in cui vengono esercitate tutte le funzioni amministrativo- burocratiche e tecnico-assistenziali relative agli interventi previsti dalla presente legge.

     2. Il servizio di assistenza sociale può essere articolato in:

     a) una struttura centrale, con bacino di utenza corrispondente all'ambito territoriale nel quale vengono esercitate le funzioni di cui all'articolo 38, comma 2, lettera b);

     b) unità operative territoriali, con bacini di utenza corrispondenti agli ambiti territoriali nei quali vengono esercitate le funzioni di cui all'articolo 38, comma 2, lettera a).

     3. Il servizio di assistenza sociale e le sue articolazioni sono poste alle dipendenze funzionali dell'ente presso il quale viene istituito il servizio stesso.

 

     Art. 40. (Personale del servizio di assistenza sociale).

     1. Al servizio di assistenza sociale è assegnato personale di ruolo dipendente dai comuni e dalle comunità montane interessate, secondo quanto previsto dalla dotazione organica definita dal regolamento di cui all'articolo 43, in conformità dei parametri indicati dal piano socio- assistenziale regionale.

     2. La dotazione organica, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni, fissa in relazione alle aree socio-assistenziali ed amministrative il numero dei posti per le diverse qualifiche funzionali, nonché il numero delle singole figure professionali secondo quanto previsto dalla vigente normativa contrattuale.

 

     Art. 41. (Conferenza degli operatori socio-assistenziali).

     1. Il dirigente del servizio di assistenza sociale convoca, almeno trimestralmente, una conferenza del personale assegnato al servizio stesso, al fine di programmare la attività della struttura centrale e delle unità operative territoriali, verificare l'andamento del lavoro e lo stato di attuazione dei piani socio-assistenziali.

     2. Nel corso della conferenza sono altresì risolti eventuali problemi organizzativi del servizio e formulate proposte ai fini di una maggiore efficacia ed efficienza del sistema socio-assistenziale locale.

     3. Alla conferenza sono invitati a partecipare anche gli operatori di enti pubblici e privati che svolgono attività socio-assistenziali negli ambiti territoriali di cui all'articolo 39. comma 2.

 

     Art. 42. (Raccordo ed integrazione del servizio di assistenza sociale con gli altri servizi del territorio - Accordi di programma).

     1. I comuni, singoli o collegati mediante forme associative e di cooperazione, e le comunità montane interessate attuano, sulla base delle indicazioni del piano socio-assistenziale regionale, o di appositi programmi e progetti, modalità organizzative che garantiscano il raccordo e l'integrazione del servizio di assistenza sociale con gli altri servizi del territorio.

     2. Ai fini dell'integrazione dei servizi di assistenza sociale con i servizi sanitari i piani socio-assistenziale e sanitario-regionali individuano le aree di attività nell'ambito delle quali deve essere realizzata detta integrazione, avuto riguardo soprattutto a:

     a) tutela della maternità, dell'infanzia e dell'età evolutiva, con particolare riferimento alle attività di competenza dei consultori familiari;

     b) prevenzione, riabilitazione, inserimento o reinserimento funzionale e sociale delle persone handicappate;

     c) tutela della salute mentale;

     d) prevenzione e recupero negli stati di tossicodipendenza;

     e) tutela della salute dell'anziano.

     3. Nelle aree di attività di cui al comma 2 l'integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari, nel caso in cui gli enti locali non facciano ricorso all'istituto della delega, è perseguita mediante accordi di programma, definiti a norma dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990, tra i comuni, singoli o collegati mediante forme associative e di cooperazione, le comunità montane interessate e le aziende unità sanitarie locali, in conformità a schemi-tipo approvati dalla Giunta regionale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del primo piano socio- assistenziale regionale.

 

     Art. 43. (Regolamento del servizio di assistenza sociale).

     1. I comuni, singoli o collegati mediante forme associative o di cooperazione, e le comunità montane interessate adottano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del primo piano socio-assistenziale regionale predisposto ai sensi della presente legge, il regolamento per l'organizzazione e il funzionamento del servizio di assistenza sociale, redatto sulla base dello schema-tipo approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, unitamente al suddetto piano.

     2. Il regolamento di cui al comma 1, in conformità agli indirizzi della presente legge ed alle indicazioni del piano socio-assistenziale regionale, stabilisce tra l'altro:

     a) le caratteristiche organizzative e funzionali del servizio di assistenza sociale e delle relative articolazioni, definendo la dotazione organica, i requisiti tecnico professionali del personale, le specifiche attribuzioni ed i livelli di responsabilità;

     b) i soggetti destinatari dei servizi e degli interventi socio- assistenziali o legittimati a richiederli;

     c) la tipologia dei servizi e degli interventi socio-assistenziali, nonché le condizioni, le modalità e le procedure per l'erogazione delle relative prestazioni;

     d) la durata massima delle prestazioni e degli interventi d'urgenza;

     e) le modalità del concorso degli utenti al costo delle prestazioni nonché del rimborso agli stessi in caso di ricorso autorizzato a prestazioni private non convenzionate;

     f) le procedure e le modalità per assicurare la partecipazione dei cittadini, singoli e associati, e l'informazione di tutti gli interessati in ordine all'amministrazione del servizio di assistenza sociale;

     g) le modalità per lo svolgimento della conferenza degli operatori socio-assistenziali;

     h) le modalità concernenti il raccordo e l'integrazione del servizio di assistenza sociale con gli altri servizi del territorio, il collegamento e il coordinamento con gli enti privati e con le organizzazioni di volontariato iscritti nei registri regionali di cui agli articoli 36 e 37 nonché i rapporti con l'autorità giudiziaria.

 

     Art. 44. (Convenzioni e contributi).

     1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane interessate possono stipulare convenzioni con le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nonché con gli enti privati e le organizzazioni di volontariato iscritti nei registri di cui agli articoli 36 e 37, per l'erogazione di servizi e la realizzazione di interventi assistenziali.

     2. Le convenzioni debbono necessariamente prevedere:

     a) gli obiettivi, i contenuti e le modalità dell'intervento oggetto della convenzione;

     b) prestazioni conformi ai livelli ed agli standards qualitativi e quantitativi indicati dal piano socio-assistenziale regionale;

     c) la regolamentazione dei rapporti operativi fra il servizio pubblico di assistenza sociale e quello convenzionato;

     d) la modalità di verifica e valutazione, da parte degli enti istituzionalmente titolari delle funzioni, degli interventi e servizi svolti;

     e) le modalità ed i criteri per la definizione del costo del servizio;

     f) le modalità e i criteri per la formazione l'aggiornamento del personale;

     g) la durata della convenzione e le cause di risoluzione.

     3. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del primo piano socio-assistenziale regionale, approva lo schema- tipo di convenzione.

 

     Art. 45. (Modalità di esercizio delle funzioni amministrative socio- assistenziali delle province e della città metropolitana).

     1. Le province e la città metropolitana esercitano le funzioni amministrative di cui all'articolo 11, comma 1, lettera d), avvalendosi dei comuni, singoli o associati, sulla base di apposite convenzioni.

     4. Gli enti locali titolari delle funzioni socio-assistenziali, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, possono concedere contributi per sostenere attività significative nel campo dell'assistenza sociale, svolte dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nonché dagli enti privati e dalle organizzazioni di volontariato iscritti nei registri regionali di cui agli articoli 36 e 37. Dai contributi sono comunque esclusi gli enti privati che perseguono scopi di lucro e gli enti e le organizzazioni di volontariato convenzionati ai sensi del comma 1.

     5. I criteri per la stipula delle convenzioni e per l'erogazione dei contributi di cui al presente articolo sono determinati dal piano socio- assistenziale regionale.

     2. Le convenzioni devono definire il trasferimento dei fondi destinati dalle province e dalla città metropolitana agli enti di cui al comma 1, nel rispetto dell'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 9 del 1993, convertito con modificazioni dall'articolo 1 della legge n. 67 del 1993, l'eventuale assegnazione di personale, nonché le modalità di erogazione dei servizi e degli interventi con la specificazione dei compiti attribuiti a ogni ente interessato.

     3. I servizi e gli interventi connessi con l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 devono essere integrati con quelli degli altri servizi del territorio.

 

TITOLO V

PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

 

Capo I

PROGRAMMAZIONE REGIONALE

 

     Art. 46. (Piano socio-assistenziale regionale).

     1. La Regione, per il perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 3, determina, in coerenza con il programma regionale di sviluppo ed il relativo quadro di riferimento territoriale, i criteri di programmazione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali mediante l'adozione del piano socio-assistenziale regionale, coordinato con quello sanitario.

     2. Il piano di cui al comma 1 ha durata triennale e può essere annualmente aggiornato, a seguito delle verifiche e dei risultati raggiunti, al fine di adeguarlo alle nuove esigenze o alle disposizioni nazionali in materia.

 

     Art. 47. (Contenuti).

     1. Il piano socio-assistenziale regionale si articola in progetti- obiettivo ed azioni programmatiche, oltre che in prescrizioni sullo svolgimento delle attività normali e ricorrenti, ed indica:

     a) i dati socio-demografici ed economici relativi al territorio regionale;

     b) gli obiettivi generali e specifici da perseguire nel triennio di riferimento e le priorità di intervento, nonché le aree socio-assistenziali oggetto di progetti-obiettivo e di azioni programmatiche:

     c) gli ambiti territoriali adeguati alla gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali, promuovendo le necessarie forme associative e di cooperazione tra gli enti locali interessati e forme di decentramento comunale;

     d) l'assetto organizzativo, strutturale e funzionale dei servizi di assistenza sociale e delle relative articolazioni, con specificazione delle funzioni di cui all'articolo 38 comma 2, nonché i livelli e gli standards qualitativi e quantitativi delle prestazioni;

     e) i ruoli e le funzioni, per il triennio di riferimento degli enti pubblici e privati competenti in materia;

     f) i criteri per migliorare l'efficienza e l'efficacia del sistema socio-assistenziale e per l'utilizzazione coordinata degli enti privati e delle organizzazioni di volontariato iscritti nei registri regionali di cui agli articoli 36 e 37 nonché per la stipula delle convenzioni e l'erogazione dei contributi di cui all'articolo 44;

     g) le modalità per il coordinamento e l'integrazione dei servizi socio-assistenziali, in particolare con quelli sanitari ed educativo- scolastici, nonché le aree di attività di cui all'articolo 42, comma 2;

     h) i criteri ed i parametri di reddito per il concorso degli utenti al costo delle prestazioni socio-assistenziali nonché per il rimborso agli stessi di spese sostenute in caso di ricorso autorizzato a prestazioni non convenzionate;

     i) i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica ed i parametri di reddito ai quali rapportare gli interventi finanziari;

     l) le esigenze di formazione riqualificazione ed aggiornamento degli operatori nell'area dell'assistenza sociale, da recepire nel piano della formazione degli operatori sociali;

     m) la valutazione dei costi, l'ammontare delle risorse finanziarie disponibili e la politica della spesa;

     n) i criteri per l'individuazione dello stato di bisogno.

     3. Il piano socio-assistenziale regionale contiene, altresì, indicazioni per la formulazione dei piani socio-assistenziali provinciali e metropolitano e degli atti programmatori dei comuni e delle comunità montane interessate, nonché per l'attuazione e la verifica del piano stesso.

 

     Art. 48. (Predisposizione ed approvazione).

     1. Il piano socio-assistenziale regionale è predisposto dalla Giunta regionale, con il concorso delle province, della città metropolitana, dei comuni, singoli o associati delle comunità montane interessate, delle aziende unità sanitarie locali, sentite le organizzazioni sindacali. Deve essere, altresì, garantito il concorso degli enti privati, delle cooperative sociali, delle organizzazioni di volontariato che esercitano attività nel settore socio-assistenziale a livello regionale, iscritti nei registri regionali di cui agli articoli 36 e 37.

     2. A tal fine lo schema di piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione entro trenta giorni dalla data di adozione da parte della Giunta regionale.

     3. Le province e la città metropolitana effettuano nel proprio ambito territoriale le consultazioni con i comuni singoli o associati, con le comunità montane interessate, con le organizzazioni sindacali e con gli altri enti ed organizzazioni di cui al comma 1, operanti a livello provinciale e metropolitano, e svolgono il coordinamento delle osservazioni e delle proposte presentate.

     Ciascuna provincia e la città metropolitana, concluse le consultazioni, elaborano un documento di osservazioni e proposte e lo invia alla Giunta regionale entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dello schema di piano.

     4. La Giunta regionale, valutati i documenti di osservazioni e proposte ricevuti entro il termine stabilito, definisce e delibera la proposta di piano da sottoporre all'esame del Consiglio regionale. La proposta di piano viene deliberata dalla Giunta regionale, scaduto il termine di sessanta giorni di cui al comma 3, anche in assenza delle osservazioni e delle proposte di ciascuna provincia e della città metropolitana.

     5. Il piano socio-assistenziale regionale è approvato con deliberazione del Consiglio regionale, ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.

     6. Entro il trenta settembre dei primi due anni di validità del piano la Giunta regionale sulla base anche delle risultanze della verifica prevista dall'articolo 53, predispone, ove necessario ai fini di cui all'articolo 46, comma 2, i relativi aggiornamenti, che vengono approvati, su sua proposta, con deliberazione del Consiglio regionale. Gli aggiornamenti annuali sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.

     7. Entro il trenta settembre dell'ultimo anno di validità del piano la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale la proposta del piano socio-assistenziale regionale per il triennio successivo, che deve essere predisposto ed approvato con le modalità di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5. Fino a quando il nuovo piano non è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione permane comunque la validità del piano precedente.

 

     Art. 49. (Efficacia).

     1. Il piano socio-assistenziale regionale ha efficacia vincolante per tutti gli interventi in materia socio-assistenziale nell'ambito regionale.

     2. La Regione uniforma al piano la propria attività legislativa, regolamentare ed amministrativa nel settore socio-assistenziale, nonché la propria azione di indirizzo, di coordinamento e di controllo nei confronti degli enti locali e delle aziende unità sanitarie locali.

     3. Ai contenuti del piano devono, altresì, uniformarsi le province, la città metropolitana, i comuni, singoli o associati, e le comunità montane interessate nell'esercizio delle funzioni socio-assistenziali di loro competenza, nonché tutti gli altri enti ed organizzazioni, pubblici e privati, operanti nel settore socio-assistenziale a livello regionale.

 

Capo II

PROGRAMMAZIONE LOCALE

 

     Art. 50. (Piani socio-assistenziali provinciali e metropolitano). [17]

 

     Art. 51. (Piani di zona). [18]

     1. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e successive modifiche, è lo strumento di programmazione locale degli interventi e dei servizi socio-assistenziali degli ambiti territoriali individuati ai sensi dell’art. 47, comma 1, lettera c).

     2. I comuni associati negli ambiti territoriali di cui al comma 1 ed il Comune di Roma provvedono a definire, secondo le indicazioni e le modalità contenute nel piano socio-assistenziale regionale di cui all’art. 46, i piani di zona, che devono contenere [19]:

     a) un’analisi della domanda ed offerta di servizi e di prestazioni nell’ambito territoriale di riferimento;

     b) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento, garantendo i livelli essenziali dei servizi e delle prestazioni di assistenza sociale previsti dal piano socio-assistenziale regionale di cui all’art. 46;

     c) gli strumenti ed i mezzi per la realizzazione degli interventi;

     d) la definizione dei criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle ASL e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo risorse vincolate per il raggiungimento di obiettivi particolari;

     e) le modalità organizzative per l’attuazione degli interventi previsti e per l’accesso dei cittadini al sistema locale dei servizi sociali a rete, anche al fine di promuovere modelli organizzativi innovativi;

     f) le modalità di integrazione dei servizi socio-assistenziali con quelli sanitari ed educativo-scolasitici;

     g) le modalità per garantire il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia, nonché con le istituzioni scolastiche;

     h) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni;

     i) le modalità per garantire la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti privati operanti a livello locale nell’ambito della solidarietà sociale;

     l) le forme di concertazione con l’azienda sanitaria locale competente, in relazione alla programmazione degli interventi socio-sanitari;

     m) un sistema di controllo, monitoraggio e verifica dei risultati;

     n) le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e degli utenti al controllo della qualità dei servizi;

     o) i fabbisogni di formazione professionale degli operatori.

     3. Il piano di zona è volto a favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà, nonché la responsabilizzazione dei cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi.

     4. Le province partecipano alla programmazione locale assicurando il necessario supporto informativo e tecnico, secondo le modalità individuate nel piano socio-assistenziale regionale di cui all’art. 46.

     4 bis. I comuni appartenenti agli ambiti territoriali di cui al comma 1 possono destinare una quota del budget ad essi assegnato dalla Regione per l’attuazione dei piani di zona al fine di assicurare la funzionalità dell’Ufficio di Piano. Tale quota, determinata annualmente dalla Giunta regionale, acquisito il parere delle commissioni consiliari competenti in materia di bilancio e salute, unitamente all’ammontare minimo della compartecipazione obbligatoria da parte dei comuni degli ambiti territoriali, può essere impiegata e non può superare la soglia massima dell’8 per cento:

a) per l’incentivazione di prestazioni o di risultati del personale che svolge attività amministrative, contabili e di gestione proprie dell’ufficio tecnico-amministrativo che organizza e gestisce i servizi erogati a livello distrettuale e le relative risorse, denominato Ufficio di piano, nel rispetto delle disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti e del principio dell’onnicomprensività del trattamento economico dei pubblici dipendenti nei limiti previsti per la spesa del personale [20].
     4 ter. La destinazione delle quote del budget alle finalità di cui al comma 4 bis è autorizzata dalla Regione a seguito di specifica indicazione nel progetto operativo dell’Ufficio di Piano e previa verifica della regolarità e completezza nell’uso della piattaforma informatica regionale per il monitoraggio e la rendicontazione dei piani di zona [21].

 

Capo III

ATTUAZIONE DEL PIANO SOCIO-ASSISTENZIALE REGIONALE. VERIFICA

 

     Art. 52. (Attuazione).

     1. La Regione, le province, la città metropolitana, i comuni, singoli o associati, e le comunità montane interessate concorrono all'attuazione del piano socio-assistenziale regionale e dei piani socio-assistenziali locali, nei limiti delle rispettive competenze e nel rispetto delle indicazioni contenute nei piani stessi.

     2. Ai fini della corretta attuazione del piano socio-assistenziale regionale la Giunta regionale impartisce apposite direttive in conformità agli indirizzi determinati dal piano stesso.

 

     Art. 53. (Verifica dello stato di attuazione).

     1. La Giunta regionale, nel rispetto delle indicazioni contenute nel piano socio-assistenziale regionale, sottopone il piano stesso a verifica annuale per accertarne la regolare e puntuale attuazione da parte degli enti istituzionalmente competenti.

     2. Al fine di consentire la verifica periodica dello stato di attuazione del piano socio-assistenziale regionale nonché il monitoraggio della spesa regionale a sostegno degli interventi e dei servizi previsti nei piani di zona di cui all’articolo 51 ed avviare una nuova programmazione delle risorse assegnate, Roma Capitale ed i comuni o enti capofila degli ambiti territoriali di cui all’articolo 47, comma 1, lettera c), trasmettono ogni anno, all’assessorato regionale competente in materia di politiche sociali e famiglia, una relazione sullo stato di attuazione dei servizi e degli interventi programmati nei piani di zona, anche sotto il profilo amministrativo-contabile, indicando l’ammontare delle somme impegnate ed erogate alla data del 30 giugno dell’anno in corso, le previsioni relative all’andamento della spesa nel secondo trimestre dello stesso anno, nonché i risultati conseguiti o che si prevede siano conseguiti [22].

     3. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare permanente competente per materia, con propria deliberazione, individua criteri e modalità per la redazione della relazione di cui al comma 2, nonché per la nuova programmazione delle risorse assegnate non utilizzate e non gravate da obbligazioni [23].

     4. La verifica dei costi e dei risultati conseguiti costituisce il presupposto per gli eventuali aggiornamenti annuali di cui all'articolo 46, comma 2, ed è utilizzata dalla Giunta regionale per la redazione della relazione di cui all'articolo 59.

 

     Art. 54. (Poteri sostitutivi).

     1. In caso di mancato rispetto delle prescrizioni del piano si applicano le vigenti disposizioni in materia di poteri sostitutivi.

 

TITOLO VI

INDIRIZZO, COORDINAMENTO E VIGILANZA

 

     Art. 55. (Indirizzo e coordinamento. Direttive).

     1. La Regione, al fine di assicurare condizioni e garanzie di assistenza uniformi sul territorio regionale, nonché il coordinamento e l'integrazione delle competenze dei diversi livelli di governo, emana, in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati nella presente legge, indirizzi di carattere generale ai quali gli enti locali e gli altri enti operanti in materia socio-assistenziale devono attenersi per l'esercizio delle rispettive funzioni.

     2. Gli indirizzi di cui al comma 1, ove non siano contenuti nel piano socio-assistenziale regionale, sono determinati mediante deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale.

     3. La Giunta regionale, tenuto conto degli indirizzi di cui ai commi 1 e 2, impartisce specifiche direttive di attuazione ed organizzazione agli enti interessati.

 

     Art. 56. (Rilevazione dati - Studi e ricerche).

     1. La Regione, ai fini della programmazione socio-assistenziale e dell'esercizio della funzione d'indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 55, provvede alla sistematica rilevazione ed all'elaborazione di dati demografici, economici e sociali relativi al territorio regionale e di dati sull'attività dei servizi di assistenza sociale definendo, in collaborazione con gli enti locali, i criteri e gli standards dell'informatizzazione dei servizi stessi.

     2. La Regione provvede, inoltre, anche sulla base delle esigenze rappresentate dagli enti locali, ad effettuare studi e ricerche sulle cause economiche, sociali e psicologiche che possono aver determinato situazioni di bisogno e di emarginazione sociale, anche al fine di individuare e definire più efficaci modalità d'intervento.

 

     Art. 57. (Vigilanza).

     1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane, istituzionalmente competenti, ai sensi degli articoli 12 e 13, alla gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali di cui al titolo III sono tenuti ad esercitare la vigilanza e il controllo su tutti i servizi pubblici e privati nonché sulle attività svolte dagli enti pubblici e privati e dalle associazioni di volontariato iscritti nei registri regionali di cui agli articoli 36 e 37.

     2. La vigilanza ed il controllo previsti dal comma 1 sono esercitati secondo le modalità ed i criteri stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 58, comma 5, in stretta collaborazione con la magistratura minorile e con il servizio di igiene pubblica della azienda unità sanitaria locale competente, e tende in particolare:

     a) ad accertare la rispondenza dei servizi ai requisiti organizzativi, strutturali e funzionali stabiliti dal citato regolamento regionale, ai fini dell'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 58;

     b) a verificare il rispetto delle disposizioni che regolano l'istituzione, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi e la permanenza dei requisiti di cui alla lettera a);

     c) a controllare le condizioni dei soggetti ospiti e l'adeguatezza delle prestazioni, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nonché l'attuazione degli interventi educativi e riabilitativi;

     d) a sospendere l'attività del servizio in assenza di autorizzazione ed in presenza di gravi irregolarità;

     e) a promuovere la revoca dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 58, comma 4, nel caso in cui persistano le gravi irregolarità.

     3. La vigilanza sull'attività svolta dagli enti privati e dalle organizzazioni di volontariato è esercitata secondo le modalità stabilite, rispettivamente, dal regolamento previsto dall'articolo 36, comma 6, e dalla legge regionale n. 29 del 1993 e consiste:

     a) nell'accertamento dell'esistenza delle condizioni prescritte ai fini del parere per l'iscrizione nei registri regionali;

     b) nella sistematica verifica della permanenza e delle condizioni di cui alla lettera a);

     c) nella promozione della sospensione dell'attività e della cancellazione dai registri regionali nei casi di gravi irregolarità ed inadempienze.

 

     Art. 58. (Autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali). [24]

     1. L’apertura ed il funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali nell'ambito di quelli previsti ai capi II e III del titolo III sono soggette ad autorizzazione secondo la disciplina dettata con apposita legge regionale.

 

     Art. 59. (Relazione annuale).

     1. La Giunta regionale presenta annualmente, entro il mese di febbraio dell'anno successivo, al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione del piano socio-assistenziale regionale, sulla qualità delle prestazioni erogate, sui risultati acquisiti dagli studi e dalle ricerche effettuate ai sensi dell'articolo 56, comma 2, sulla diffusione di fattori di rischio e sulla dinamica di fenomeni sociali di particolare rilievo.

     2. La relazione di cui al comma 1, individua, altresì, modalità di intervento e forme di verifica idonee a migliorare l'efficienza e l'efficacia del sistema socio-assistenziale.

 

     Art. 60. (Fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio- assistenziali).

     1. La Regione, al fine di concorrere al conseguimento delle finalità della presente legge, istituisce nel bilancio regionale, a decorrere dal 1996, un fondo destinato al finanziamento degli interventi e dei servizi socio-assistenziali previsti dalla legge stessa, sul capitolo n. 42120 denominato: «Fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio- assistenziali» ed un fondo destinato al finanziamento di interventi in conto capitale sul capitolo n. 42125, denominato: «Fondo regionale per spese di investimento».

     2. Al fondo di cui al capitolo 42120 affluiscono:

     a) lo stanziamento del capitolo 42112 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale già finalizzato:

     1) agli interventi a favore dei cittadini portatori di handicaps, in attuazione della legge regionale 19 settembre 1974, n. 62;

     2) allo sviluppo dei servizi sociali in favore di persone anziane in attuazione della legge regionale 3 febbraio 1976, n. 11;

     b) lo stanziamento del capitolo 42113 già finalizzato alla realizzazione di soggiorni di vacanza estiva e invernale, nonché di servizi permanenti per il tempo libero dei minori, in attuazione della legge regionale 23 agosto 1973, n. 34;

     c) lo stanziamento del capitolo n. 42119 dello stato di previsione della spesa di bilancio regionale, riguardante l'assegnazione di contributi ai comuni per l'assistenza economica a favore dei disagiati psichici, ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 agosto 1985 e della legge regionale 7 gennaio 1987, n. 5;

     d) lo stanziamento del capitolo 42201 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, relativo all'erogazione di contributi per interventi in campo sociale per la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli stati di tossicodipendenza e di alcoolismo, in attuazione della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nonché delle leggi regionali 11 settembre 1976, n. 46, e 22 settembre 1982, n. 44, e successive modificazioni;

     e) lo stanziamento del capitolo 42140 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, già finalizzato all'erogazione di contributi al Comune di Roma per la realizzazione di un servizio mensa, in attuazione della legge regionale 16 giugno 1983, n. 40;

     f) lo stanziamento del capitolo 42151 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, già finalizzato all'erogazione di contributi per la riorganizzazione delle attività o dei servizi a favore dei ciechi in attuazione della legge regionale 14 gennaio 1987, n. 8;

     g) lo stanziamento del capitolo 42153 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, già finalizzato alla concessione di contributi ai comuni per il rilascio della carta d'argento a soggetti titolari d pensione, in attuazione della legge regionale 10 maggio 1990, n. 56;

     h) lo stanziamento del capitolo n. 42158 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, già finalizzato alla concessione di contributi ai comuni sedi d'istituti di prevenzione e pena per la risocializzazione de detenuti, in attuazione della legge regionale 9 febbraio, 1987, n. 13;

     i) le ulteriori risorse integrative regionali da determinarsi con legge di bilancio.

     l) lo stanziamento del capitolo n. 42142 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, relativo all'erogazione di contributi al Comune di Roma, per realizzazione di centri di accoglienza notturna, attuazione della legge regionale 23 gennaio 1985, n. 11 [25];

     m) lo stanziamento del capitolo n. 42143 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, concernente l'erogazione di contributi ai comuni per la realizzazione di centri di accoglienza notturna nel Lazio in attuazione della legge 17 febbraio 1987, n. 18 [26].

     3. Al fondo di cui al capitolo n. 42125 affluiscono:

     a) [27];

     b) [28];

     c) lo stanziamento del capitolo n. 32135 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, relativo ai trasferimenti agli enti locali di somme per l'acquisizione e/o ristrutturazione di immobili da adibire a strutture permanenti dei servizi sociali, in attuazione della legge regionale 6 aprile 1985, n. 33;

     d) lo stanziamento del capitolo n. 32138 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, già finalizzato all'assegnazione di contributi per la realizzazione di case alloggio e di strutture destinate ad attività per il recupero di portatori di handicaps e degli anziani, in attuazione della legge regionale 16 novembre 1989, n. 66 come modificata dalla legge regionale 29 gennaio 1990, n. 7;

     e) lo stanziamento del capitolo n. 13126 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, già finalizzato alla erogazione di contributi straordinari per le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977.

     4. Al finanziamento degli interventi di cui alla presente legge si provvede, inoltre, con gli appositi fondi stanziati in bilancio dagli enti locali istituzionalmente competenti per le funzioni socio-assistenziali.

     5. La legge di bilancio determina annualmente l'ammontare dei fondi regionali limitatamente alle risorse disponibili in bilancio e con apposito decreto del Presidente della Giunta regionale si provvede al trasferimento delle somme esistenti al momento della data di entrata in vigore della presente legge nei capitoli di cui al comma 1.

     6. I capitoli di bilancio nn. 42112, 42113, 42119, 42201 42140, 42142, 42143, 42151, 32315, 13126, 32318, 42153, 42158 restano iscritti al bilancio di previsione per la sola gestione dei residui.

 

     Art. 61. (Criteri per il riparto e la gestione del fondo regionale per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali).

     1. I fondi regionali di cui all'articolo 60 sono articolati «pro quota» in appositi capitoli di bilancio, in relazione a:

     a) spese per lo sviluppo delle attività socio-assistenziali nonché dei progetti e delle azioni programmatiche presentate dai comuni singoli o associati;

     b) spese di investimento;

     c) spese per esigenze straordinarie, studi, ricerche e sperimentazioni.

     2. La quota di cui al comma 1, lettera a), è destinata a finanziare i piani presentati dai comuni e dalle comunità montane e, per tramite di essi, dagli enti privati e dalle associazioni di volontariato, coerenti con gli obiettivi del piano socio-assistenziale. Sono da ritenersi prioritari, in relazione alle disponibilità finanziarie, i progetti presentati dai comuni associati, dalle comunità montane in nome e per conto dei comuni del loro comprensorio.

     3. La quota di cui al comma 1, lettera b), è destinata alla riconversione, alla trasformazione al riadattamento all'ampliamento di strutture preesistenti, nonché alla costruzione ed all'acquisto di nuove strutture idonee per la realizzazione degli obiettivi del piano socio- assistenziale regionale. I finanziamenti erogati per tale finalità sono integrativi di contributi specifici previsti da altre leggi statali e regionali. Destinatari dei finanziamenti stessi sono i comuni, singoli o associati, e le comunità montane interessate, nonché le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, le società cooperative, le associazioni di cui all'articolo 4 della legge regionale 29 gennaio 1990, n. 7. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane possono, altresì, accedere a mutui previsti e disciplinati dalle norme in materia di finanza locale. Il Consiglio regionale, con propria deliberazione da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del piano socio-assistenziale regionale, definisce, sulla base di indicazioni contenute nel piano stesso, i criteri per il finanziamento delle spese di investimento con particolare riguardo ai requisiti per l'accesso ai contributi, nonché le procedure, i vincoli e gli adempimenti.

     4. La quota di cui al comma 1, lettera c), è destinata a sostenere spese di carattere straordinario, studi, ricerche e sperimentazioni .

     5. Le quote di cui al comma 1 sono determinate annualmente con la legge regionale di bilancio.

     6. La determinazione di singole quote in rapporto al fondo globale per gli interventi ed i servizi socio-assistenziali deve essere effettuata in base a criteri che garantiscano, in particolare, la riconversione della spesa per la trasformazione degli interventi e dei servizi, coerenti con le disposizioni della presente legge, nonché il funzionamento degli interventi socio-assistenziali in atto, coerenti con gli obiettivi del piano socio- assistenziale. La determinazione di tali quote viene stabilita con leggi di bilancio annuale e pluriennale in armonia con il piano annuale e pluriennale socio-assistenziale.

 

     Art. 62. (Rendicontazione dei comuni).

     1. Gli enti locali forniscono il riscontro della rendicontazione dei fondi loro assegnati dalla Regione, che verifica la rispondenza della spesa sostenuta rispetto alla destinazione prevista, eventualmente anche con visite ispettive.

     2. La mancata presentazione del rendiconto nonché l'irregolare destinazione totale o parziale delle somme erogate comportano la revoca dell'intero finanziamento o di parte di esso e precludono l'assegnazione dei fondi per l'anno successivo.

 

TITOLO VII

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

 

     Art. 63. (Beni degli enti nazionali soppressi. Vincolo di destinazione).

     1. Il patrimonio mobiliare ed immobiliare attribuito ai comuni ai sensi e per gli effetti della legge regionale 4 dicembre 1989 n. 70, conserva la destinazione a servizio socio-assistenziale, anche nel caso di trasformazione patrimoniale, che può avvenire solo previa autorizzazione della Giunta regionale.

     2. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, può autorizzare eccezionalmente deroghe al vincolo di destinazione, sulla base di motivate proposte del comune e qualora tutte le esigenze di strutture socio-assistenziali del comprensorio in cui ha sede l'immobile siano comunque soddisfatte.

 

     Art. 64. (Primi piani socio-assistenziali). [29]

     1. In sede di prima applicazione della presente legge, in deroga a quanto previsto dal titolo V:

     a) il piano socio-assistenziale regionale contiene linee di programmazione di carattere generale per il triennio 1998/2000 e i relativi criteri di attuazione ed è approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sentiti gli enti locali, le aziende sanitarie locali, le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le organizzazioni sindacali e le associazioni di categoria dei soggetti operanti nel settore socio-assistenziale;

     b) i piani socio-assistenziali locali per il triennio 1998/2000 sono sostituiti da piani d'area o programmi di attività socio-assistenziali, approvati dagli enti interessati, singoli o collegati mediante forme associative e di cooperazione, sulla base delle indicazioni contenute nel piano di cui alla lettera a), garantendo il raccordo e l'integrazione con gli altri servizi del territorio, ai sensi dell'articolo 42.

     2. Nelle more di approvazione del piano di cui al comma 1, lettera a), i finanziamenti agli enti locali istituzionalmente competenti per l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali vengono erogati con i criteri e le modalità stabilite dalla normativa regionale di cui all'articolo 68, comma 1.

 

     Art. 65. (Trasformazione degli istituti esistenti nelle nuove forme residenziali).

     1. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge le comunità che ospitano minori in numero superiore a dieci unità devono essere trasformate nelle case-famiglia o nei gruppi-appartamento di cui all'articolo 34, comma 4, lettere a) e b).

 

     Art. 66. (Disposizioni transitorie in materia d'autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali residenziali e semi- residenziali). [30]

     [1. Sino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto all'articolo 58, comma 5, per l'autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali di cui al Titolo III, Capo II, articoli 25, 26, 27, 28 e 29 e allo stesso Titolo, Capo III, si applicano le procedure fissate dalla normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge].

 

     Art. 67. (Norma transitoria in attesa della istituzione della città metropolitana).

     1. Tutti i riferimenti alla città metropolitana contenuti nella presente legge non hanno effetto sino alla effettiva istituzione della «città» stessa.

 

     Art. 68. (Abrogazione di norme).

     1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti leggi regionali:

     a) legge regionale 23 agosto 1973, n. 34;

     b) legge regionale 19 settembre 1974, n. 62;

     c) legge regionale 3 febbraio 1976, n. 11;

     d) legge regionale 16 giugno 1980, n. 60;

     e) legge regionale 16 giugno 1980, n. 61;

     f) legge regionale 7 febbraio 1981, n. 11;

     g) legge regionale 16 giugno 1983, n. 40;

     h) legge regionale 23 gennaio 1985, n. 11;

     i) legge regionale 6 aprile 1985, n. 33 [31];

     l) legge regionale 9 febbraio 1987, n. 13;

     m) legge regionale 17 febbraio 1987, n. 18;

     n) legge regionale 16 novembre 1989, n. 66;

     o) legge regionale 29 gennaio 1990, n. 7;

     p) legge regionale 10 maggio 1990, n. 56;

     q) legge regionale 29 agosto 1991, n. 39;

     r) legge regionale 15 ottobre 1991, n. 61.

     2. E' parimenti abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

     3. I criteri e le modalità di finanziamento agli enti locali i parametri e gli standards nonché le procedure pel l'autorizzazione al funzionamento dei servizi fissati dalle leggi regionali di cui al comma 1 continuano tuttavia ad avere, rispettivamente, validità ed efficacia fino alla data di entrata in vigore del primo piano socio-assistenziale regionale e del regolamento previsto dall'articolo 58, comma 5.


[1] Abrogata dall'art. 72 della L.R. 10 agosto 2016, n. 11.

[2] Lettera così sostituita dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[3] Lettera così modificata dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[4] Lettera così sostituita dall’art. 40 della L.R. 6 febbraio 2003, n. 2.

[5] Lettera così sostituita dall’art. 40 della L.R. 6 febbraio 2003, n. 2.

[6] Lettera abrogata dall’art. 1 della L.R. 20 dicembre 2001, n. 40.

[7] Lettera così modificata dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[8] Comma così modificato dall’art. 1 della L.R. 20 dicembre 2001, n. 40.

[9] Comma così sostituito dall'art. 84 della L.R. 10 maggio 2001, n. 10, con effetto a decorrere dal momento indicato nello stesso art. 84 della L.R. 10/2001.

[10] Articolo abrogato dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[11] Rubrica così modificata dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[12] Comma così modificato dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[13] Comma così modificato dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[14] Comma così sostituito dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[15] Comma abrogato dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[16] Comma abrogato dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[17] Articolo abrogato dall’art. 40 della L.R. 6 febbraio 2003, n. 2.

[18] Articolo sostituito dall’art. 40 della L.R. 6 febbraio 2003, n. 2.

[19] Alinea così modificato dall'art. 2 della L.R. 14 luglio 2014, n. 7.

[20] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 14 luglio 2014, n. 7.

[21] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 14 luglio 2014, n. 7.

[22] Comma così sostituito dall'art. unico della L.R. 13 agosto 2011, n. 12.

[23] Comma così sostituito dall'art. unico della L.R. 13 agosto 2011, n. 12.

[24] Articolo così sostituito dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[25] Lettera inserita dall'art. 17 della L.R. 21 dicembre 1996, n. 59.

[26] Lettera inserita dall'art. 17 della L.R. 21 dicembre 1996, n. 59.

[27] Lettera abrogata dall'art. 17 della L.R. 21 dicembre 1996, n. 59.

[28] Lettera abrogata dall'art. 17 della L.R. 21 dicembre 1996, n. 59.

[29] Articolo così sostituito dall'art. 37 della L.R. 18 maggio 1998, n. 14.

[30] Articolo abrogato dall’art. 15 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 41.

[31] Per un’interpretazione autentica della presente lettera vedi l’art. 8 della L.R. 11 settembre 2003, n. 29.