§ 3.9.5 - Legge Regionale 6 marzo 1984, n. 9.
Progetto per il settore secondario e il mercato del lavoro.


Settore:Codici regionali
Regione:Veneto
Materia:3. sviluppo economico
Capitolo:3.9 artigianato e industria
Data:06/03/1984
Numero:9


Sommario
Art. 1.      Ai sensi dell'art. 6 della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72, è approvato il «Progetto per il settore secondario e il mercato del lavoro», strumento operativo del programma regionale di [...]
Art. 2.      Gli interventi previsti dal Progetto sono regolati dalle leggi regionali vigenti e dalle norme di cui ai successivi titoli II, III, IV, V, VI, VII e VIII.
Art. 3.  Fondo straordinario per lo sviluppo e la promozione economica.
Art. 4.  Assistenza tecnologica attraverso l'attività del CETEV S.p.A.
Art. 5.  Concorso alla formazione di fondi di garanzia dei Consorzi Fidi e assistenza finanziaria nel settore del leasing.
Art. 6.  Fondo di rotazione per attività promozionali nel setto re della commercializzazione e per l'applicazione di procedimenti tecnologici avanzati.
Art. 7.  Autorizzazione di spesa.
Art. 8.  Requisiti.
Art. 9.  Programmi di sviluppo e di investimento.
Art. 10.  Modalità per la concessione di erogazione dei contributi.
Art. 11.  Domande di contributo.
Art. 12.  Autorizzazione di spesa.
Art. 13.  Interventi per favorire l'occupazione giovanile.
Art. 14.  Requisiti per l'ammissione al finanziamento.
Art. 15.  Determinazione del contributo.
Art. 16.  Domanda di ammissione a contributo.
Art. 17.  Erogazione dei contributi.
Art. 18.  Attuazione dei corsi di formazione.
Art. 19.  Convenzioni.
Art. 20.  Abrogazione della legge regionale 8 aprile 1977, n. 31.
Art. 21.  Autorizzazioni di spesa.
Art. 22.  Finalità.
Art. 23.  Programmi di finanziamento e domande di contributo.
Art. 24.  Delega delle funzioni.
Art. 25.  Condizioni e limiti per la concessione dei contributi.
Art. 26.  Vigilanza.
Art. 27.  Autorizzazione di spesa.
Art. 28.  Finalità.
Art. 29.  Progetto energia.
Art. 30.  Iniziative regionali.
Art. 31.  Comitato regionale per l'energia.
Art. 32.  Norma transitoria.
Art. 33.  Concessione di contributi in conto interessi.
Art. 34.  Consorzi regionali fra cooperative artigiane di garanzia.
Art. 35.  Contributo straordinario.
Art. 36.  Variazioni di bilancio.
Art. 37.  Dichiarazione d'urgenza.


§ 3.9.5 - Legge Regionale 6 marzo 1984, n. 9. [1]

Progetto per il settore secondario e il mercato del lavoro.

(B.U. n. 11 del 9-3-1984).

 

 

Titolo I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1.

     Ai sensi dell'art. 6 della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72, è approvato il «Progetto per il settore secondario e il mercato del lavoro», strumento operativo del programma regionale di sviluppo approvato con legge regionale 2 febbraio 1979, n. 11.

     L'allegato n. 1 ha efficacia ai sensi degli ultimi due commi dell'art. 3 della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72.

     Il Progetto ha, altresì, forza di legge per quanto concerne le priorità in esso stabilite.

     Gli allegati nn. 2, 3, 4 hanno valore programmatico e possono essere modificati con atto amministrativo dal Consiglio regionale.

     La Giunta regionale, ai sensi dell'art. 59 dello Statuto, riferisce annualmente al Consiglio regionale sullo stato di attuazione del presente Progetto.

 

     Art. 2.

     Gli interventi previsti dal Progetto sono regolati dalle leggi regionali vigenti e dalle norme di cui ai successivi titoli II, III, IV, V, VI, VII e VIII.

 

 

Titolo II

INIZIATIVE PER LO SVILUPPO E LA PROMOZIONE

 

     Art. 3. Fondo straordinario per lo sviluppo e la promozione economica.

     Nell'ambito delle competenze regionali è istituito un fondo straordinario per lo sviluppo e la promozione economica dotato di uno stanziamento di lire 14 miliardi.

     Il fondo, di cui al primo comma, opera ai sensi della legge regionale 16 agosto 1983, n. 43, presso la Veneto Sviluppo S.p.A. che ne disporrà in conformità con il proprio statuto e con gli indirizzi della programmazione regionale in materia.

     Il fondo è destinato ai seguenti interventi:

     a) informazione e diffusione della tecnologia applicata nei diversi comparti produttivi esplicata dal costituendo CETEV S.p.A. (Centro Tecnologico Veneto);

     b) costituzione e incremento dei fondi di garanzia dei Consorzi Fidi che attuino operazioni di investimento e assistenza finanziaria alle operazioni leasing;

     c) costituzione di un fondo di rotazione per anticipazioni su singole attività promozionali finalizzate alla commercializzazione, all'applicazione di procedimenti tecnologici avanzati, nonché sulle iniziative produttive sorte nelle aree in cui vengono effettuate operazioni di animazione economica ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale 10 maggio 1985, n. 51 [2].

 

     Art. 4. Assistenza tecnologica attraverso l'attività del CETEV S.p.A.

     Per l'iniziativa di cui al punto a) del precedente art. 3 a valere sul fondo straordinario di cui all'art. 3 è assegnata alla Veneto Sviluppo S.p.A. la somma di lire 3 miliardi, al fine di accelerare l'ammodernamento tecnologico delle strutture produttive, nonché di promuovere e sostenere il trasferimento di tecnologia, sotto forma di informazione e assistenza alle piccole e medie imprese del settore secondario operanti nella Regione.

     La Veneto Sviluppo S.p.A. partecipa alla costituzione del CETEV S.p.A., Centro Tecnologico Veneto, e concorre a finanziare l'attività e le iniziative del CETEV S.p.A. per le finalità di cui sopra.

     La Giunta regionale promuove la costituzione del CETEV S.p.A. e definisce i criteri e le modalità di gestione, da parte della Veneto Sviluppo S.p.A., della somma assegnata.

 

     Art. 5. Concorso alla formazione di fondi di garanzia dei Consorzi Fidi e assistenza finanziaria nel settore del leasing.

     Per le iniziative di cui al punto b) del precedente art. 3 e in attuazione del secondo comma dell'art. 19 della legge 12 agosto 1977 n. 675, a valere sul fondo straordinario di cui all'art. 3 sono assegnate alla Veneto Sviluppo S.p.A., allo scopo di fornire assistenza finanziaria alle Cooperative e ai Consorzi di garanzia fidi operanti nel Veneto che promuovano operazioni di investimento e/o forniscano assistenza finanziaria alle operazioni di leasing, le seguenti somme:

     - lire 5 miliardi per interventi a favore di piccole e medie imprese industriali;

     - lire 2 miliardi per interventi a favore di imprese artigiane.

 

     Art. 6. Fondo di rotazione per attività promozionali nel setto re della commercializzazione e per l'applicazione di procedimenti tecnologici avanzati.

     Per le iniziative di cui al punto c) del precedente art. 3 a valere sul fondo straordinario di cui all'art. 3 è assegnata alla Veneto Sviluppo S.p.a la somma di lire 4 miliardi, al fine di costituire un fondo di rotazione per la promozione della commercializzazione e per l'applicazione di procedimenti tecnologici avanzati.

     Le iniziative ammissibili al finanziamento del fondo possono riguardare progetti predisposti da piccole e medie imprese di cui all'art. 2 della legge 21 maggio 1981, n. 240, operanti sul territorio regionale in forma singola o associata.

     Le iniziative di cui al comma precedente devono essere inquadrabili in progetti e programmi con oggetto specifico e ben individuabile e devono essere proposte da soggetti dotati di capacità tecniche, organizzative e commerciali adeguate.

     La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, definisce le modalità e i criteri di impiego da parte della Veneto Sviluppo S.p.A. del fondo di rotazione nel rispetto della vigente normativa statale.

 

     Art. 7. Autorizzazione di spesa.

     All'onere complessivamente derivante dalla realizzazione delle iniziative di cui ai precedenti artt. 4, 5 e 6, previsto in lire 14 miliardi per l'anno 1984, si farà fronte con l'istituzione di un apposito capitolo di spesa sul bilancio 1984 dotato dello stanziamento di lire 14 miliardi e la riduzione di lire 14 miliardi del fondo globale di cui al capitolo 80230 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'esercizio 1984, in corrispondenza della partita n. 2 «Progetto per il settore secondario».

     La gestione del fondo, per quanto attiene agli interventi di cui agli artt. 4 e 5, avverrà secondo le disposizioni dell'art. 95/bis della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72 e successive modificazioni.

     Per quanto attiene al fondo di rotazione di cui all'art. 6, la prevista disponibilità finanziaria verrà attribuita alla Veneto Sviluppo S.p.A. nella forma di contributo in conto capitale. Nella gestione degli interventi la Veneto Sviluppo S.p.A. dovrà attenersi alle seguenti modalità:

     a) impiegare i fondi secondo i criteri previsti dall'ultimo comma dell'art. 6;

     b) dare distinta rappresentazione contabile alla gestione del fondo di rotazione sia nella situazione patrimoniale che nel conto economico;

     c) presentare, fermo quanto disposto dal terzo comma, entro il 30 aprile di ogni anno alla Giunta regionale un dettagliato elaborato contabile contenente le operazioni effettuate e accompagnato da una relazione illustrativa dei risultati conseguiti [3].

     La Veneto Sviluppo S.p.A. è tenuta a presentare, in sede di bilancio consuntivo, al Consiglio regionale una relazione illustrativa della propria attività nel campo di intervento di cui al presente titolo.

 

 

Titolo III

INTERVENTI A FAVORE DELLE COOPERATIVE GIOVANILI E TRA LAVORATORI DELLE AZIENDE IN CRISI

 

     Art. 8. Requisiti.

     La Giunta regionale, in attuazione di quanto previsto all'art. 4 dello Statuto regionale e allo scopo di favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, è autorizzata a intervenire a sostegno di cooperative costituite tra lavoratori per lo svolgimento di attività produttive di beni e di servizi, e di attività sociali e culturali, con le forme e le modalità previste dalla presente legge.

     Le finalità di cui al comma precedente sono perseguite per il tramite della finanziaria regionale Veneto Sviluppo S.p.A. alla quale è affidata la funzione istruttoria e presso la quale è disposto l'accreditamento di un apposito fondo di gestione secondo le modalità di cui all'art. 95/bis della legge regionale n. 72/1977 come modificata dalla legge regionale n. 43/1982 e del relativo regolamento di attuazione e secondo le direttive della Giunta regionale.

     Possono usufruire dei benefici e degli interventi previsti dalla presente legge le società cooperative:

     - che siano state costituite dopo il 1 gennaio 1978 per il 75 per cento da lavoratori in cerca di prima occupazione, ovvero da lavoratori in mobilità da aziende in crisi, per le quali siano stati adottati i provvedimenti previsti dalla legge 12 agosto 1977, n. 675 e successive modifiche, oppure licenziati per cessazione dell'attività dell'impresa, oppure disoccupati, oppure dipendenti da imprese sottoposte a procedure concorsuali previste dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267;

     - costituite per lo svolgimento di attività di rilevanza e utilità sociale, che si trovino per motivi di ordine finanziario-creditizio in condizioni di difficoltà tali da minacciare le capacità operative e i livelli occupazionali acquisiti.

     Gli interventi della Regione sono rivolti alla concessione di contributi in conto capitale per le spese di cui al successivo art. 10.

     I contributi sono disposti sulla base di programmi di sviluppo e di investimento.

 

     Art. 9. Programmi di sviluppo e di investimento.

     I programmi di sviluppo e di investimento di cui all'art. 8, ultimo comma, comprendono l'attività di studio e di progettazione, l'acquisto di stabilimenti, di attrezzature, impianti e macchinari necessari all'attività produttiva.

     Per le imprese di trasformazione può essere compreso anche l'acquisto di scorte per una quota non superiore al 30 per cento della spesa prevista nei programmi di investimento.

     L'Ente di Sviluppo Agricolo del Veneto (ESAV), l'Azienda Regionale delle Foreste (ARF), la Finanziaria regionale «Veneto Sviluppo S.p.A.», l'IRSEV, nei rispettivi ambiti di competenza, prestano alle cooperative la necessaria assistenza tecnica per la formulazione e l'attuazione dei programmi di investimento, nonché l'assistenza relativa alla presentazione delle domande di contributo e all'accesso di tutte le forme di credito.

     La Giunta regionale concorre alle relative spese sulla base di apposite convenzioni stipulate con gli enti predetti nei limiti delle disponibilità di stanziamento del capitolo n. 7010 del bilancio regionale.

 

     Art. 10. Modalità per la concessione di erogazione dei contributi.

     La Giunta regionale sulla base delle indicazioni della programmazione regionale, sentito il parere della Consulta per la cooperazione, istituita con legge regionale 7 settembre 1979, n. 74, con l'inclusione di tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano regionale, determina ogni anno i criteri generali e le direttive per la concessione e l'erogazione dei contributi.

     L'entità del contributo in conto capitale non può superare l'importo di lire 10 milioni per ogni posto di lavoro previsto dalla cooperativa nel programma di investimento di cui al successivo art. 11.

     L'importo complessivo del contributo non può comunque superare il 70 per cento delle spese previste nel programma.

 

     Art. 11. Domande di contributo.

     Le domande di contributo sono presentate alla Veneto Sviluppo S.p.A. corredate dell'elenco dei soci, dello Statuto, del programma di investimento e di una relazione illustrativa contenente:

     1) le prospettive di mercato e gli effetti occupazionali dell'iniziativa;

     2) i preventivi finanziari ed economici;

     3) gli apporti dei soci sotto forma di capitale sociale sottoscritto nelle cooperative e di prestiti, nonché i mezzi finanziari comunque a disposizione della cooperativa;

     4) l'ammontare e le condizioni dei finanziamenti ritenuti necessari per la realizzazione dell'iniziativa.

     La Veneto Sviluppo S.p.A. istruisce le domande pervenute comunicandone l'esito motivato alla Giunta regionale, che provvede ad autorizzarne la erogazione a carico del fondo appositamente accreditato alla Veneto Sviluppo S.p.A., nel rispetto dei criteri determinati a norma del precedente art. 10.

     Fino a che la Veneto Sviluppo S.p.A. non sarà in grado di esercitare le funzioni a essa attribuite dal presente titolo e comunque per un periodo massimo di 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, le medesime funzioni sono esercitate dalla Giunta regionale.

 

     Art. 12. Autorizzazione di spesa.

     Agli oneri derivanti dalla realizzazione degli interventi di cui al presente titolo previsti in complessive L. 5.000.000.000 di cui L. 3.000.000.000 per l'esercizio 1984, e L. 1.000.000.000 per ciascuno degli anni 1985, 1986 si farà fronte mediante la istituzione di un apposito capitolo di spesa dotato dei corrispondenti stanziamenti e la riduzione per annue L. 1.000.000.000 del cap. 80210:

«Fondo globale spese correnti» (partita n. 8 - Cooperative giovanili) e di L. 2.000.000.000 limitatamente all'esercizio 1984 del cap. 80230 «Fondo globale spese d'investimento per ulteriori programmi di sviluppo» (partita n. 2: Progetto per il settore secondario) dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984 e pluriennale 1984-1986.

 

 

Titolo IV

INTERVENTI PER AGEVOLARE L'OCCUPAZIONE GIOVANILE NELL'ARTIGIANATO

 

     Art. 13. Interventi per favorire l'occupazione giovanile.

     In conformità alle proprie finalità statutarie, la Regione promuove lo sviluppo e il riequilibrio occupazionale e produttivo del Veneto agevolando l'assunzione, da parte delle imprese artigiane, di giovani lavoratori che intendono conseguire una qualificazione professionale attraverso il rapporto di lavoro di apprendistato.

     Le finalità, di cui al precedente comma, sono perseguite mediante incentivazioni finanziarie straordinarie con le modalità disciplinate dagli articoli seguenti.

 

     Art. 14. Requisiti per l'ammissione al finanziamento.

     Hanno titolo a beneficiare degli interventi finanziari di cui al presente articolo le imprese artigiane manifatturiere con priorità per quelle operanti:

     - nelle aree e nei settori definiti dall'allegato n. 2 della presente legge;

     - nelle aree definite marginali o di transizione dal Programma regionale di sviluppo.

 

     Art. 15. Determinazione del contributo.

     Gli interventi finanziari regionali disposti dalla presente legge sono destinati ad agevolare la formazione nei rapporti di apprendistato instaurati dopo la sua entrata in vigore con giovani che abbiano assolto l'obbligo scolastico e siano in cerca di prima occupazione o disoccupati per effetto della cessazione di precedente rapporto di lavoro con impresa diversa.

     Per ogni rapporto di lavoro di apprendistato l'intervento finanziario è determinato nella misura di lire 200.000 mensili; esso è ridotto a L. 150.000 e L. 100.000 mensili rispettivamente nel secondo e nel terzo anno di svolgimento del rapporto stesso qualora la sua durata oltre l'anno sia consentita dai contratti collettivi di lavoro stipulati per la categoria. Gli importi predetti sono aumentati del 20 per cento per le attività definite artistiche tradizionali e dell'abbigliamento su misura ai sensi del D.P.R. 23 ottobre 1956, n. 1202, e per le imprese operanti in aree definite marginali dal Programma regionale di sviluppo.

     Le maggiorazioni di contributo di cui al precedente comma non sono cumulabili. Alla stessa impresa, in ogni caso, non possono essere erogati contributi per importo complessivamente superiore a lire un milione al mese.

     Non può essere ammessa a contributo l'impresa artigiana che abbia risolto, entro un anno dal riconoscimento della qualifica, rapporti di lavoro con giovani per la cui qualificazione l'impresa stessa aveva beneficiato dei contributi previsti dalla presente legge.

 

     Art. 16. Domanda di ammissione a contributo.

     Per l'ammissione ai contributi regionali le imprese artigiane di cui all'art. 14 devono inoltrare la domanda alla Giunta regionale, allegando idonea documentazione attestante:

     a) la natura artigiana dell'attività e la data del suo inizio;

     b) il regolare avviamento al lavoro degli apprendisti per i quali sono richiesti i contributi finanziari.

     Contestualmente alla domanda di contributo o con atto separato, l'impresa deve dichiarare l'impegno di improntare il rapporto di lavoro alle finalità formative di cui al seguente art. 18 e di osservare le disposizioni di ordine normativo ed economico stabilite dalle leggi e dai contratti o accordi di lavoro di categoria o aziendali con particolare riferimento allo specifico rapporto di apprendistato da agevolare, riconoscendo alla Giunta regionale la facoltà di effettuare apposite verifiche e controlli.

     Essa è altresì impegnata ad aderire alle successive iniziative di cui all'art. 18.

 

     Art. 17. Erogazione dei contributi.

     La Giunta regionale:

     a) delibera l'ammissione ai contributi sulla base degli specifici progetti di formazione professionale di cui al seguente articolo 18, dandone notizia alle imprese artigiane interessate;

     b) eroga i contributi concessi con periodicità semestrale previo accertamento dell'effettiva continuità del rapporto di lavoro di apprendistato e della regolarità di svolgimento dell'attività di formazione.

 

     Art. 18. Attuazione dei corsi di formazione.

     La Giunta regionale, coerentemente con gli obiettivi fissati dal Piano poliennale di Formazione professionale, valutate le proposte delle parti sociali, definisce i progetti di formazione professionale che devono essere ispirati a criteri di sperimentazione e di flessibilità.

     L'attuazione dei progetti è condizione per l'erogazione del contributo previsto dal presente titolo.

 

     Art. 19. Convenzioni.

     La Giunta regionale, per l'attuazione dei corsi di formazione di cui al precedente articolo, è autorizzata a stipulare apposite convenzioni con enti e/o consorzi.

 

     Art. 20. Abrogazione della legge regionale 8 aprile 1977, n. 31.

     E' abrogata la legge regionale 8 aprile 1977, n. 31, concernente il riconoscimento delle botteghe-scuola e l'istituzione del titolo di maestro artigiano.

 

     Art. 21. Autorizzazioni di spesa.

     Agli oneri derivanti dall'applicazione del presente titolo, determinati in lire 4.450 milioni per l'esercizio finanziario 1984, si fa fronte mediante gli storni di:

     - lire 450 milioni, relativi all'esercizio finanziario 1984, dal cap. 21220 «Contributi alle botteghe-scuola»;

     - lire 2.000 milioni, relativi all'esercizio 1984, dal cap. 21230 «Conferimento»; e la riduzione di lire 2.000 milioni dal fondo globale di cui al cap. 80230 in corrispondenza della partita n. 2 «Progetto per il settore secondario».

     Per gli esercizi successivi, alla determinazione dello stanziamento provvederà annualmente la legge di bilancio a norma dell'art. 32, primo comma, della legge n. 72 del 1977 di contabilità regionale e successive modificazioni e integrazioni, utilizzando preliminarmente i fondi attualmente previsti sul bilancio pluriennale in corrispondenza del capitolo 21220 sopra richiamato.

 

 

Titolo V

INTERVENTI STRAORDINARI

 

     Art. 22. Finalità.

     La Regione concede a enti pubblici, loro consorzi, società consortili di cui all'ultimo comma dell'art. 2 della legge 21 maggio 1981, n. 240, a enti e organismi fieristici, consorzi e società consortili tra imprese artigiane e altre imprese nei limiti di 1/3 del totale aventi sede nel Veneto contributi in conto capitale per il finanziamento della spesa necessaria per l'attuazione di iniziative straordinarie nell'àmbito del settore secondario, dirette a favorire le seguenti finalità:

     a) la predisposizione di aree per la localizzazione di attività produttive che per vincoli urbanistici o per situazioni ambientali e di inquinamento necessitino di trasferimento;

     b) l'applicazione di procedimenti tecnologici avanzati nei processi produttivi;

     c) la realizzazione di centri per la promozione e/o la commercializzazione di prodotti.

     Il contributo di cui al comma precedente può essere concesso esclusivamente sulle spese di investimento fisso e, in particolare:

     - per il punto a) per le spese necessarie all'acquisizione di aree e alla realizzazione di opere di urbanizzazione nonché di impianti di disinquinamento;

     - per il punto b) per le spese necessarie all'acquisto e all'installazione di impianti, attrezzature e arredamenti;

     - per il punto c) per le spese necessarie all'acquisizione, alla costruzione, al rinnovo e alla ristrutturazione di immobili, nonché all'acquisto e all'installazione di impianti, attrezzature e arredamenti.

     Le province, in quanto destinatarie della delega di cui al successivo art. 24, non possono essere beneficiarie dei contributi [4].

 

     Art. 23. Programmi di finanziamento e domande di contributo.

     La Giunta regionale provvede alla predisposizione e approvazione dei programmi di finanziamento delle iniziative di cui all'art. 22, sulla base delle indicazioni del Progetto per il settore secondario e il mercato del lavoro.

     I programmi determinano i settori di intervento, le aree di insediamento delle iniziative, l'ammontare presuntivo dei contributi e le modalità di concessione per ogni settore e area d'intervento.

     Il programma di cui al comma precedente è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.

     Le domande di contributo devono essere presentate al Presidente della Giunta regionale, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del programma di cui ai precedenti commi, corredate dai seguenti documenti:

     a) limitatamente ai consorzi e alle società consortili, copia autenticata dell'atto costitutivo, dello statuto del consorzio o della società consortile;

     lo statuto dovrà stabilire che l'eventuale partecipazione di imprese non artigiane sarà consentita limitatamente a 1/3 delle imprese associate;

     b) relazione illustrativa dell'iniziativa per la quale è richiesto il contributo, indicante in dettaglio la spesa preventivata.

     La Giunta regionale delibera l'ammissione al contributo, sentita la Commissione tecnica regionale di cui alla legge regionale 10 dicembre 1973, n. 27.

 

     Art. 24. Delega delle funzioni.

     La provincia, nel cui territorio ricadono in tutto o prevalentemente le iniziative ammesse a contributo di cui all'ultimo comma dell'articolo precedente, è delegata a erogare i contributi in conto capitale sulla base dei progetti presentati dagli interessati.

     Nel provvedimento provinciale col quale viene concesso il contributo sono definiti i termini di tempo entro i quali l'iniziativa, ammessa a contributo, dovrà essere avviata e portata a esecuzione.

     L'accreditamento alle province delle somme necessarie viene disposto dalla Giunta regionale su richiesta della provincia interessata nei seguenti termini, in relazione al maturarsi delle spese ammesse a contributo:

     - 50 per cento sulla base dell'attestazione resa dal Presidente della provincia comprovante l'avvenuto inizio dei lavori oppure l'avvenuto acquisto dei beni immobili o degli impianti necessari all'attuazione in data successiva alla deliberazione della Giunta regionale di cui al primo comma dell'art. 23 [5];

     - 50 per cento sulla base dell'attestazione resa dal medesimo comprovante l'avvenuta erogazione di almeno 2/3 del primo accreditamento.

     Il Presidente della provincia, in qualità di funzionario delegato, a norma dell'art. 95/bis della legge regionale n. 72/1977 di contabilità regionale, modificata dalla legge regionale n. 43/1982, e del relativo regolamento d'attuazione, eroga i fondi sulla base delle spese sostenute dall'organismo consortile o ente beneficiario per la realizzazione dell'iniziativa [6].

     La liquidazione dell'ultima quota di contributo, pari ad almeno il 10 per cento dello stesso, è disposta dopo l'accertamento della regolare esecuzione delle opere.

 

     Art. 25. Condizioni e limiti per la concessione dei contributi.

     Il contributo in conto capitale è concesso fino a un massimo del 50 per cento della spesa complessiva ritenuta ammissibile e può essere differenziato in riferimento alle diverse aree territoriali o ai diversi settori di attività.

     Per le singole iniziative il contributo concesso non può superare in ogni caso l'ammontare di L. 1.000.000.000.

 

     Art. 26. Vigilanza.

     La vigilanza sulla destinazione dei contributi è svolta dalla provincia alla quale il consorzio o la società consortile beneficiari sono tenuti a fornire la collaborazione necessaria, pena la revoca dell'intero contributo.

     La revoca dell'intero contributo è disposta dalla provincia quando non siano rispettati i tempi di esecuzione dell'iniziativa previsti dall'atto di concessione, fatte salve le cause di forza maggiore, quando vengano accertate irregolarità nella contabilizzazione della spesa e, comunque, quando risulti accertato che l'iniziativa non sarà attuata, ovvero non sarà attuata secondo il progetto o gli schemi organizzativi e nel rispetto degli obiettivi in vista dei quali il contributo era concesso, salvo il caso in cui la variazione sia stata preventivamente autorizzata.

     La revoca della concessione comporta il recupero della somma eventualmente erogata a norma del R.D. 14 aprile 1910, n. 639.

 

     Art. 27. Autorizzazione di spesa.

     Per la realizzazione degli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 22 è disposta una autorizzazione complessiva di lire 4.500.000.000 nel biennio 1984/1985 di cui lire 2.000.000.000 nel 1984 e lire 2.500.000.000 nel 1985.

     Per la realizzazione degli interventi di cui alla lettera c) dell'art. 22 è disposta una autorizzazione complessiva di lire 4.500.000.000 nel triennio 1984/1986 di cui lire 1.500.000.000 nel 1984 e lire 1.000.000.000 nel 1985 e lire 2.000.000.000 nel 1986.

     Alla spesa di L. 9.000.000.000 nel triennio 1984/1986

l'amministrazione regionale fa fronte mediante l'istituzione di due distinti capitoli di spesa dotati dei corrispondenti stanziamenti e la riduzione per pari importo, quanto a complessive lire 9.000.000.000, del fondo globale di cui al capitolo 80230, partita n. 2 «Progetto per il settore secondario».

 

Titolo VI

INTERVENTI A FAVORE DELL'APPLICAZIONE E SFRUTTAMENTO DELLE FONTI ENERGETICHE ALTERNATIVE

 

     Art. 28. Finalità.

     In armonia con gli indirizzi del PEN e nell'àmbito delle competenze specificatamente attribuite dalle leggi dello Stato, la Regione del Veneto favorisce e promuove il contenimento del consumo di energia, l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia, nonché la razionalizzazione dell'uso delle risorse energetiche.

     Agli effetti della presente legge sono considerate fonti rinnovabili di energia o assimilate: il sole, il vento, l'energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici e inorganici o di prodotti vegetali.

     Si considerano, altresì, fonti rinnovabili di energia il calore recuperabile negli impianti di produzione di energia elettrica, nei fiumi di scarico e da impianti termici e processi industriali e le altre forme di energia recuperabile in processi o impianti, con particolare riferimento all'utilizzazione del materiale di scarto.

 

     Art. 29. Progetto energia.

     Con riferimento al PEN e alla legge 29 maggio 1982, n. 308 e in armonia con gli obiettivi generali del Programma regionale di sviluppo la Regione coordina gli interventi nel settore energetico sulla base del «Progetto energia».

     Il Progetto energia è adottato dalla Giunta regionale, sentito il parere del comitato, di cui al successivo art. 31, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge ed è approvato con deliberazione del Consiglio regionale.

     Il Progetto energia fissa gli obiettivi generali e settoriali del risparmio energetico, si articola in interventi annuali di attuazione e definisce le direttive e le modalità per:

     - la revisione della legislazione regionale vigente al fine di adeguarla agli obiettivi del risparmio energetico;

     - l'integrazione intersettoriale delle azioni pubbliche nel settore e l'indirizzo di quelle private;

     - il coordinamento delle aziende, dei consorzi e degli enti locali gestori dei servizi tecnologici ed energetici;

     - la definizione del quadro finanziario degli interventi.

     L'intervento annuale di attuazione:

     - definisce specifici interventi finalizzati allo scopo della presente legge;

     - è ordinato organicamente per tipi di tecnologie e settori di applicazione e aree territoriali di intervento;

     - determina gli stanziamenti per ciascun settore di intervento, distribuendone le dotazioni finanziarie in più esercizi finanziari secondo i tempi effettivi di esecuzione delle iniziative programmate;

     - verifica lo stato d'attuazione degli interventi in campo energetico e gli effetti dei medesimi per settori di attività e tipo di fonte.

     L'intervento annuale di attuazione è approvato dalla Giunta regionale sulla base del Progetto energia.

 

     Art. 30. Iniziative regionali.

     Per lo svolgimento della sua azione programmatoria la Giunta provvede a:

     a) realizzare e aggiornare il censimento delle attuali fonti energetiche regionali;

     b) svolgere, in collaborazione con Enti e Aziende operanti nel settore industriale, con gli Enti locali, o altri Enti o Associazioni operanti nel settore del riscaldamento domestico, del recupero del calore nei processi industriali e di altre forme di risparmio energetico, un'indagine sulla struttura delle utenze attuali e potenziali, nonché individuare i fabbisogni energetici non soddisfatti o solo parzialmente soddisfatti;

     c) individuare il potenziale energetico della Regione in tutte le sue forme con particolare riguardo alle fonti rinnovabili;

     d) sviluppare, nel quadro della legislazione nazionale del settore energetico, programmi concernenti le tecniche di fabbricazione e di installazione dei dispositivi finalizzati alla climatizzazione ambienti;

     e) analizzare le strutture distributive di risorse energetiche nel Veneto;

     f) presentare il bilancio energetico con riguardo particolare alla formazione delle disponibilità interne e al consumo di energia per settori utilizzatori, sia civili che produttivi, in modo tale che risulti evidenziata la situazione regionale nel quadro di quella nazionale.

     Per gli adempimenti di cui alla presente legge la Giunta regionale è autorizzata a stipulare convenzioni con enti e organismi pubblici o privati, che diano garanzia di specifica competenza tecnico-scientifica.

 

     Art. 31. Comitato regionale per l'energia.

     La Regione per le iniziative inerenti al risparmio dell'energia, allo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili e ai problemi energetici in generale si avvale anche del Comitato regionale per l'energia (CRE).

     Il CRE promuove, altresì, su iniziativa dei soggetti in esso rappresentanti, le attività di coordinamento e di collegamento dei vari interventi nel campo energetico.

     Il CRE è composto:

     a) dal Presidente della Giunta regionale o da un assessore suo delegato che lo presiede;

     b) da un rappresentante del Ministero dell'industria e un rappresentante del Ministero per la ricerca scientifica;

     c) da tre esperti in materia energetica designati dal Consiglio regionale scelti tra i docenti universitari, i ricercatori e gli operatori del settore;

     d) dal Segretario regionale per le attività produttive, settore secondario;

     e) da un rappresentante delle province designato dall'URPV;

     f) da un rappresentante delle Comunità montane designato dall'UNCEM;

     g) da un rappresentante dei Comuni designato dall'ANCI;

     h) da un rappresentante dell'ENI;

     i) da un rappresentante dell'ENEL;

     l) da un rappresentante dell'ENEA;

     m) da un rappresentante del CISPEL;

     n) da quattro rappresentanti delle associazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale;

     o) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale;

     p) da tre rappresentanti delle organizzazioni agricole più rappresentative a livello nazionale;

     q) da un rappresentante dell'Unione regionale veneta bonifiche;

     r) da due rappresentanti delle associazioni artigiane maggiormente rappresentative a livello regionale;

     s) da due esperti designati dalla Giunta regionale.

     I componenti del CRE vengono nominati dal Presidente della Giunta regionale su designazione delle categorie e degli enti interessati e rimangono in carica per cinque anni; decadono, in ogni caso, con la decadenza del Consiglio regionale e possono essere riconfermati.

     Le designazioni di cui al precedente comma devono pervenire al Presidente della Giunta regionale entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, trascorsi i quali il Presidente stesso provvede alle nomine e all'insediamento del Comitato tenendo conto delle designazioni pervenute.

     Per la corresponsione agli aventi diritto dell'indennità per la partecipazione alle sedute del Comitato, si applica la legge regionale 3 agosto 1978, n. 40.

     Il presidente del Comitato può nominare un vice presidente che presiede il Comitato stesso, in caso di sua assenza o impedimento.

 

     Art. 32. Norma transitoria. [7]

     Fino all'approvazione del «Progetto energia», è autorizzata l'attuazione di singole iniziative nel settore delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico con fondi regionali. A tal fine la Giunta regionale presenta proposte di finanziamento di progetti specifici al Consiglio regionale, che ne disporrà con proprio atto l'approvazione.

     Il relativo finanziamento sarà disposto dal bilancio annuale di esercizio e alle sue variazioni, a norma dell'articolo 32-bis della legge regionale 9 dicembre 1977, n. 72, modificata dalla legge regionale 7 settembre 1982, n. 43.

     A seguito dell'approvazione del «Progetto energia» gli interventi finanziabili dovranno essere organizzati nell'àmbito dei piani annuali di cui al precedente articolo 29.

 

 

Titolo VII

MODIFICA E RIFINANZIAMENTO

DELLA LEGGE REGIONALE 15 DICEMBRE 1981, N. 70

 

     Art. 33. Concessione di contributi in conto interessi.

     Per le operazioni di credito di esercizio garantite dalle cooperative artigiane di garanzia alla data di entrata in vigore della presente legge, il limite massimale di capitale agevolabile di cui all'art. 16 della legge regionale 15 dicembre 1981, n. 70, è elevato da lire 5 milioni a lire 15 milioni. A favore delle imprese artigiane operanti nelle aree definite marginali e di transizione dal programma regionale di sviluppo il limite predetto è elevato da lire 10 milioni a lire 20 milioni.

     Per gli interventi di cui al presente articolo è autorizzata per l'esercizio finanziario 1984 l'ulteriore spesa di lire 2.700 milioni, alla cui copertura viene provveduta mediante l'utilizzo di quota parte del fondo globale spese d'investimento, partita n. 2 «Progetto per il settore secondario».

 

     Art. 34. Consorzi regionali fra cooperative artigiane di garanzia.

     Le norme di cui alla legge regionale 15 dicembre 1981, n. 70, sono applicabili, in deroga a quanto stabilito dalla legge medesima, anche ad altri Consorzi regionali tra le Cooperative artigiane di garanzia del Veneto, nelle forme e con le modalità stabilite nel presente titolo.

     I Consorzi regionali devono essere regolati da statuti conformi alle disposizioni della legge regionale 15 dicembre 1981, n. 70 e associare almeno 7 Cooperative artigiane di garanzia in forma di società cooperativa 4 responsabilità limitata, una per provincia, aventi i requisiti indicati dalla citata legge regionale 15 dicembre 1981, n. 70.

 

     Art. 35. Contributo straordinario.

     Ai Consorzi regionali tra Cooperative artigiane di garanzia, la Giunta regionale può concedere complessivamente un contributo straordinario di lire 500 milioni per l'anno 1984 ai fini della costituzione del patrimonio sociale.

     Le domande intese a ottenere il contributo di cui al precedente comma devono pervenire al Presidente della Giunta regionale, entro 90 giorni dalla formale costituzione del Consorzio, corredate dai seguenti documenti:

     - copia notarile dell'atto costitutivo e dello statuto;

     - copia del decreto di omologazione degli atti predetti;

     - attestazione dell'iscrizione nel registro prefettizio delle Cooperative;

     - relazione illustrativa dell'attività che il Consorzio intende svolge nell'esercizio in corso.

     All'onere di lire 500 milioni derivante dalla presente norma, si provvederà per l'esercizio 1984 mediante lo storno di pari importo dal cap. 21230, concernente il conferimento regionale all'Artigiancassa, e la corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa già disposta dall'art. 11, lettera f), della legge regionale 31 gennaio 1983, n. 8, per lo stesso esercizio.

 

Titolo VIII

VARIAZIONI DI BILANCIO

 

     Art. 36. Variazioni di bilancio.

     (omissis).

 

     Art. 37. Dichiarazione d'urgenza.

     La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 44 dello Statuto ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto.

 

 

Allegato n. 1

DOCUMENTO PER LE POLITICHE E PER LE AZIONI

 

1. Premessa.

     1.1. Il PRS, approvato con legge regionale 2 febbraio 1979, n. 11, assumeva i progetti quali strumenti operativi per dare concreta attuazione alla concezione della programmazione come processo continuo prevedendo, fra gli altri, la predisposizione del Progetto per il settore secondario e il mercato del lavoro.

     La Giunta regionale nella seduta del 1aprile 1980 ha approvato, sotto forma di «documento per la discussione», una prima bozza di Progetto per il settore secondario sulla cui base, nei mesi successivi, è stato avviato un intenso dibattito e realizzato un ampio e articolato processo di consultazione con le parti sociali. Tale processo è proseguito da parte della Terza Commissione del Consiglio regionale nel corso del 1982 sulla base del documento trasmesso dalla Giunta regionale e il presente documento rappresenta il momento di conclusione di tale processo. Infatti, tenendo conto di quanto emerso in sede di consultazione, dell'evoluzione economica recente e prospettica, dei provvedimenti già assunti dalla Regione e sulla base di un richiamo e specificazione degli obiettivi di politica industriale indicati nel PRS, esso:

     - descrive le politiche che la Regione intende perseguire;

     - delinea gli interventi da effettuare nel triennio 1983-1985.

     1.2. Coerentemente con le linee che ispirano la Regione anche in altri campi, i caratteri assunti dall'azione regionale in campo industriale possono essere così sintetizzati:

     - l'assunzione della programmazione come processo continuo di elaborazione di indirizzi, di fissazione di obiettivi, di articolazione di politiche e di definizione di azioni;

     - la ricerca di coerenza negli interventi (necessariamente articolati) da effettuare nel settore secondario e lo sforzo di delineare e di perseguire linee di politica industriale. La coerenza ora richiamata va realizzata anche rispetto agli interventi che derivano da competenze non strettamente pertinenti al settore secondario e facenti capo ad altri settori, ma che possono avere su esso effetti non trascurabili;

     - l'assunzione della specificazione territoriale come connotazione essenziale dell'azione regionale, da concretare attraverso una metodologia e una strumentazione di interventi articolate territorialmente;

     - la qualificazione dell'intervento regionale attraverso la sua azione prioritariamente dal lato dell'offerta, mirando alla piena occupazione dei fattori produttivi e allo sviluppo della loro produttività;

     - la necessità di realizzare una più attiva presenza della Regione nella scelta di politica industriale nazionale, nella consapevolezza che una tale presenza è necessaria, da un lato, per un'effettiva interiorizzazione a livello regionale dei problemi di sviluppo complessivo del Paese e per una loro concreta soluzione e, dall'altro, per rendere coerenti e comunque più agevoli le scelte di programmazione nazionale non come fatto di mero assemblaggio, ma di accordo/integrazione con le specificità locali;

     - l'impegno della Regione nella definizione delle politiche attive del lavoro a livello nazionale e nella predisposizione di un quadro normativo per la gestione del mercato del lavoro che assegni al livello regionale specifiche competenze in relazione ai peculiari caratteri che il mercato stesso assume nelle diverse realtà territoriali, e per disporre della strumentazione atta a prevenire ed affrontare l'insorgenza dei punti di crisi. La necessità di tali maggiori competenze discende anche dalle sollecitazioni spesso pressanti cui sono sottoposti gli organi di governo regionale a fronte di gravi crisi occupazionali e in assenza di precisi interventi dell'amministrazione centrale;

     - l'esigenza di rendere sistematico il momento di analisi e di studio della struttura produttiva data la continuità dell'azione programmatoria e quindi il carattere scorrevole dei piani. Di qui l'impegno della Regione verso la creazione e l'aggiornamento di un sistema informativo per il settore secondario inserito nel più ampio sistema informativo regionale.

     1.3. E' rispetto a tali caratteri, e in particolare alla concezione della programmazione come processo continuo sopra richiamata, che questo Progetto trova una corretta collocazione nell'àmbito del PRS e che la sua impostazione trova adeguata giustificazione.

     In sintesi il contenuto del Progetto si articola nel modo seguente:

     - il quadro economico di riferimento;

     - gli obiettivi di politica industriale;

     - i contenuti dell'azione regionale;

     - le politiche;

     - le azioni specifiche.

 

2. Il quadro economico di riferimento.

     Gli obiettivi di politica industriale della Regione, e le concrete azioni che ne conseguono, trovano il loro necessario riferimento nei caratteri strutturali ed evolutivi recentemente manifestati dal secondario veneto, nel più ampio contesto dell'economia regionale e nazionale.

     Inoltre, considerata la crescente apertura di tale settore nei confronti del resto del mondo e le aumentate capacità di condizionamento espresse da fenomeni rilevanti sul piano mondiale, tali obiettivi vanno altresì definiti alla luce dei principali caratteri evolutivi e prospettici dell'economia internazionale.

 

     2.1. Con riferimento al contesto internazionale gli anni settanta si aprono con una fase di stagnazione economica diffusa, che si è manifestata praticamente senza soluzione di continuità e ha alimentato un ampio ventaglio di fenomeni di squilibrio. Anche prescindendo dalle non sempre facilmente individuabili relazioni di causa-effetto tra tali fenomeni per la loro rilevanza vanno tenuti presenti dall'azione regionale:

     - le variazioni delle ragioni di scambio internazionale tra i prodotti manufatti, da un lato, e le materie prime e le risorse energetiche, dall'altro;

     - la massiccia redistribuzione mondiale della ricchezza, in atto tra i Paesi sviluppati e a economia arretrata e i Paesi produttori di petrolio o detentori in regime di monopolio di altre risorse strategiche;

     - l'emergere di nuove aree geografiche in posizione concorrenziale nei confronti dei Paesi industrializzati e di nuovi mercati di sbocco, come conseguenza di processi evolutivi endogeni o delle strategie seguite dalle imprese multinazionali statunitensi ma anche europee e giapponesi;

     - le tendenze protezionistiche e le crescenti interferenze dei governi degli stessi Paesi industrializzati in materia di commercio con l'estero in risposta alle spesso pressanti esigenze di riequilibrio delle bilance dei pagamenti nazionali;

     - l'instabilità monetaria internazionale in un contesto di accentuata capacità di propagazione delle spinte inflattive.

 

     2.2. In presenza di tali fenomeni e caratterizzazioni di fondo del contesto internazionale, l'economia mondiale ha registrato, dopo il 1973- 74, una riduzione della capacità di crescita e, pur con caratteri evolutivi spesso peculiari alle varie aree economiche, l'emergere e il diffondersi di problemi in precedenza scarsamente accentuati, problemi che la seconda crisi petrolifera del 1979-80 ha ulteriormente aggravato. Con riferimento agli anni più recenti i Paesi OCSE hanno infatti conosciuto un generale rallentamento dei tassi di sviluppo, un aumento della disoccupazione, il permanere di spinte inflattive e un peggioramento del deficit delle partite correnti delle bilance dei pagamenti.

     Analoghi problemi, ma tuttavia con differenziazioni anche notevoli, appaiono caratterizzare i Paesi a economia pianificata e i Paesi in via di sviluppo non produttori di petrolio. Per questi ultimi particolarmente grave appare inoltre la situazione debitoria nei confronti del resto del mondo e la dinamica inflattiva.

Di recente il costo dei prodotti petroliferi ha segnato consistenti riduzioni sia nei mercati «spot» che nei contratti di forniture OPEC.

     Tuttavia il dato è ancora troppo recente e passibile di ulteriori evoluzioni per avallare una lettura in chiave pienamente positiva dell'evoluzione del fenomeno che, se da un lato comporta indubbiamente una riduzione dello squilibrio della bilancia commerciale, può ingenerare significative flessioni dalla parte della domanda internazionale.

 

     2.3. Considerate le peculiari caratterizzazioni dell'economia e del contesto socio-istituzionale interni, particolarmente delicata appare la situazione del nostro Paese alla luce di tali fenomeni e caratteri evolutivi esterni. Ciò in ragione della pressoché totale dipendenza dall'estero per risorse energetiche e per le materie prime necessarie alla nostra economia di trasformazione, e della persistente (e crescente) specializzazione esportativa in prodotti manufatti finiti (quali l'abbigliamento, le calzature, il mobilio, gli elettrodomestici, e così via) prevalentemente «maturi» e nei confronti dei quali più serrata si rivela la concorrenza dei Paesi nuovi produttori e degli altri Paesi industrializzati. Tali elementi rendono l'economia italiana più esposta di altre all'evoluzione del prezzo delle risorse energetiche e del commercio mondiale e rendono altresì più urgente uno sforzo teso all'adeguamento della struttura produttiva al mutato assetto delle ragioni di scambio e dei mercati internazionali.

     Grazie al forte sviluppo delle esportazioni prima, della domanda interna poi, l'economia italiana ha conosciuto nel biennio 1979-1980 risultati per molti aspetti positivi. Il Prodotto Interno Lordo è cresciuto a un tasso medio annuo del 4,5 per cento in termini reali, con incrementi nettamente superiori a quelli registrati da tutti i Paesi industrializzati (2,2 per cento nella media del biennio per i Paesi OCSE) a eccezione del Giappone.

     Peraltro nel 1981 la crescita del PIL ha subito un nuovo arresto con un tasso d'incremento vicino allo zero, a conferma della permanenza degli accennati vincoli strutturali allo sviluppo.

     Nonostante l'alterno andamento della congiuntura, l'occupazione ha segnato un costante incremento negli anni fra il 1977 e il 1981. Alla fine di questo periodo si deve registrare un incremento di circa 687.000 occupati in totale, come saldo della flessione sensibile del settore agricolo (-12,4 per cento) e dell'incremento notevole del settore terziario (+11 per cento) e della sostanziale stabilità di quello industriale (+0,80 per cento). Tuttavia nel 1982 si è avuta una inversione del trend, dal momento che l'occupazione del secondario è calata e l'incremento prodottosi nel terziario non è stato in grado di compensare le perdite degli altri due comparti.

 

 

Tabella 1 - Occupati - Italia (migliaia)

________________________________________________

                     1977    1981    1982

________________________________________________

Agricoltura         3.149   2.759   2.545

Industria           7.667   7.727   7.597

Altre               9.247  10.265  10.535

________________________________________________

Totale             20.064  20.751  20.677

________________________________________________

 

 

     Il 1982 ha segnato anche un sensibile peggioramento dei valori relativi alla disoccupazione - Il numero complessivo delle persone in cerca di occupazione ha ormai superato i due milioni di unità. Nell'ultimo anno il tasso di incremento della disoccupazione è stato pari al 30,4 per cento e quello del personale in cerca di prima occupazione ha raggiunto il 16,88 per cento.

 

 

Tabella 2 - Persone in cerca di occupazione Italia (migliaia)

__________________________________________________________________

                                         1977    1981    1982

__________________________________________________________________

Disoccupati                               210     217     283

In cerca di 1° occupazione                694     998   1.166

Disposte a lavorare a particolari

condizioni                                642     697     619

__________________________________________________________________

Totale                                  1.546   1.913   2.068

__________________________________________________________________

 

 

     Un ulteriore indicatore di segno negativo è la persistenza di ore di CIG su livelli elevati e tali da far supporre l'esistenza di una «disoccupazione implicita» che può essere assorbita solo da appropriati interventi di ristrutturazione e riconversione produttiva.

 

 

Tabella 3 - Ore autorizzate di cassa integrazione guadagni (milioni)

___________________________________________________________

             1977 1978 1979 1980 1981 1982 (ott.)

___________________________________________________________

Ore CIG       255  325  300  307  548  475

___________________________________________________________

 

 

     Quanto all'inflazione, il 1981 ha segnato un rallentamento con un tasso di aumento dei prezzi al consumo limitato al 17,8 per cento contro il tasso del 21,2 per cento registrato nel 1980. Questa tendenza ha proseguito anche nel 1982 in cui il ritmo inflattivo è cresciuto del 16,5 per cento.

     La bilancia commerciale si è chiusa anche nel 1981 con un saldo pesantemente negativo, seppure di dimensioni più contenute rispetto all'anno precedente (-17.000 miliardi contro -18.800 miliardi in lire correnti), per la forte incidenza dell'oil deficit e, in generale, per la mancata attuazione delle modificazioni strutturali nella composizione merceologica e tecnologica dell'apparato produttivo aperto all'interscambio con l'estero. Va, al riguardo, rilevato che la politica valutaria seguita dal nostro Paese, negli anni immediatamente precedenti l'adesione allo S.M.E., se nel breve periodo ha portato positivi effetti nello sviluppo della produzione e delle esportazioni nazionali, consentendo altresì di allentare i condizionamenti posti dal vincolo estero, ha d'altro lato concorso a incentivare l'esportazione di prodotti a domanda elastica rispetto al reddito e a ritardare l'avvio di processi di riconversione del tessuto produttivo verso beni e settori a maggior contenuto tecnologico e innovativo, già da tempo in atto negli altri Paesi europei e a economia avanzata.

 

     2.4. In tale contesto va quindi valutata la recente evoluzione subita dall'apparato produttivo regionale tenendo conto delle sue specifiche caratterizzazioni che, se da un lato la collocano in posizione analoga a quella del Paese nel suo complesso, dall'altro denotano elementi aggiuntivi di debolezza strutturale che lo rendono maggiormente esposto ai negativi impatti dei condizionamenti esterni e particolarmente sensibile alle stesse politiche congiunturali interne, volte a ridurre le spinte inflattive o a fronteggiare il ricorrente emergere del vincolo dei conti con l'estero.

     Le capacità intrinseche e spontanee di sviluppo del sistema industriale veneto si sono finora espresse in sostanza attraverso il mantenimento del modello produttivo originario, di modo che, pur con talune varianti, a più di un decennio dalla fine del «miracolo», il Veneto conserva, in larga misura, inalterata la specializzazione settoriale dell'industria manufatturiera, i cui caratteri di fondo sono individuabili nella prevalenza dei settori cosiddetti «tradizionali». Permangono inoltre la diffusione delle piccole e medie imprese e dell'artigianato (categorie che hanno anzi dimostrato, proprio dopo la prima crisi energetica, maggiore vitalità rispetto al sistema nel suo insieme) e la concentrazione territoriale attorno a un'area centrale, anche se i divari economici con la fascia periferica sono andati in taluni casi attenuandosi.

     Il risultato appare sorprendente se si considera che sul finire degli anni `60 erano venute meno le condizioni che avevano favorito il «decollo»: essenzialmente il basso costo della manodopera e la domanda esterna di beni finali. Queste due condizioni sono state, in parte, ripristinate: la prima con la ristrutturazione dei settori tradizionali (risparmio sul costo del lavoro ufficiale e una gestione più elastica della manodopera ottenuti col decentramento; recupero di produttività ottenuto coi rinnovi tecnologici nelle fasi nodali del ciclo produttivo); la seconda per effetto di alcune condizioni esterne all'impresa (le successive e progressive svalutazioni della moneta rispetto alle valute dei principali Paesi di destinazione delle nostre esportazioni).

     Per quanto inserita nel successivo quadro nazionale, esposto alla dipendenza dai mercati delle materie prime e alla variazione delle ragioni di scambio e dei prezzi, la struttura industriale veneta ha superato meno drammaticamente di quella di altre regioni la crisi energetica del '73, le irregolarità e la speculazione dei rifornimenti delle materie prime che l'hanno accompagnata, accusando una flessione preoccupante solo nel '75, flessione peraltro superata negli anni successivi con l'aumento della presenza della produzione veneta sul mercato interno e internazionale.

     Più favorevole rispetto alla media nazionale si è presentata nel Veneto l'evoluzione occupazionale, fra il 1977 e il 1981 (-5,9 per cento contro 3,4 per cento). In valori assoluti si e verificato un incremento di 95.000 unità, come saldo fra gli aumenti dei settori terziario e secondario (rispettivamente +82.000 e +33.000) e il calo di quello agricolo (-20.000).

 

 

Tabella 4 - Occupati - Veneto (migliaia)

________________________________________________

                    1977     1981   1982

________________________________________________

Agricoltura          206      186    172

Industria            703      736    727

Altre                696      778    798

________________________________________________

Totale             1.605    1.700  1.697

________________________________________________

 

 

     Nel 1982 la situazione congiunturale si è aggravata sia a livello nazionale che regionale. L'occupazione complessiva regionale ha subito una flessione, quantitativamente modesta (-0,8 per cento), ma indicativa dal venir meno delle prospettive di ripresa e di un appesantimento economico in fase di ulteriore aggravamento.

     Per quanto riguarda le persone in cerca di occupazione queste sono decisamente aumentate nel periodo in esame. L'aumento è soprattutto dovuto, come si è già rilevato per l'Italia, a una forte crescita delle persone in cerca di prima occupazione (+56 per cento), registratosi tra il 1977 e il 1981.

 

 

Tabella 5 - Persone in cerca di occupazione Veneto (migliaia)

__________________________________________________________________

                                 1977    1981     1982

__________________________________________________________________

Disoccupati                        10      15     n.d.

In cerca di 1° occupazione         34      53     n.d.

Disposte a lavorare a particolari

condizioni                         37      47     n.d.

__________________________________________________________________

Totale                             81     115     131

__________________________________________________________________

 

 

     Anche nel Veneto è consistente il ricorso alla CIG. Nel 1982 sono state integrate oltre 33,5 milioni di ore (+31,46 per cento rispetto al 1981), anche se va tenuto conto che mediamente i tassi di incremento regionali sono inferiori rispetto a quelli nazionali.

 

 

Tabella 6 - Ore di cassa integrazione guadagni - Veneto (milioni)

____________________________________________________

              1977  1978  1979  1980   1981   1982

Ore CIG         23    32    23    20   25,4   33,5

____________________________________________________

 

 

     Le province che più hanno risentito della congiuntura sono nell'ordine: Belluno (con un incremento della CIG rispetto al 1981 pari al 106,28 per cento), Rovigo (45,27 per cento) e Venezia (44,24 per cento).

 

     2.5. Nel complesso le prospettive emergenti dal più recente andamento del quadro internazionale e nazionale appaiono altamente preoccupanti. L'economia italiana presenta una struttura altamente integrata nel sistema degli scambi internazionali e non è quindi pensabile un'evoluzione che si discosti in modo sensibile dal generale andamento negativo. Anzi ci sono elementi, come la recente drastica riduzione dei consumi di energia elettrica per uso industriale, che rendono verosimile una congiuntura anche peggiore rispetto al trend medio. Lo stesso rallentamento del ritmo inflazionistico va imputato soprattutto al drastico calo della domanda più che a un recupero di produttività.

     La stessa situazione industriale veneta, che in passato si era mostrata più flessibile nel rispondere alla crisi, conosce una diffusa situazione di disagio e aree di crisi la cui gravità va ben oltre l'orizzonte congiunturale. Certamente il caso più preoccupante è dato dall'evoluzione registrata dal polo industriale di Marghera. L'aggravamento industriale e occupazionale da esso attraversato è tale da propagare effetti recessivi sull'intero tessuto industriale regionale.

     L'ottica del PRS e del Progetto secondario va quindi calibrata in funzione di un'accentuazione dell'impegno sul fronte del sostegno alla riorganizzazione industriale e all'attivazione di servizi reali per l'industria.

 

3. Gli obiettivi di politica industriale.

     Alla luce della recente evoluzione dell'economia e pur con la già accennata difficoltà di distinguere fra componenti congiunturali e strutturali, gli obiettivi di politica industriale che la Regione intende perseguire possono essere così sintetizzati.

 

     3.1. Estensione della base produttiva, che, in quanto rappresenta uno degli obiettivi generali dell'azione regionale, implica la considerazione del rapporto che intercorre fra il settore secondario e gli altri settori produttivi e quindi del contributo che ciascuno di essi deve dare al raggiungimento di tale obiettivo.

     Al riguardo va riaffermato che la soluzione del problema occupazionale non può essere affidata in misura prevalente al settore industriale e ciò nè in un'ottica di medio, nè di lungo periodo. Questa affermazione, tuttavia, va letta tenendo conto che è necessario far emergere nella Regione attività qualificabili come «terziario avanzato» e cioè attività «statisticamente» classificabili come non industriali, ma economicamente connesse e indispensabili al settore industriale.

 

     3.2.Riqualificazione e rafforzamento della base produttiva industriale.

     L'obiettivo quantitativo deve evidentemente saldarsi con un obiettivo qualitativo, essendo questi due aspetti non dissociabili. Basti pensare alla disoccupazione «implicita» nella CIG e all'occupazione occulta con caratteri di elevata marginalità, il cui recupero configura una finalità di particolare significato, considerando che, per quanto riguarda la CIG, a formare tale fenomeno concorrono situazioni di crisi aziendali, di settore e/o di area la cui incidenza appare certamente cospicua.

     Il conseguimento di un obiettivo di riqualificazione e di rafforzamento della base produttiva industriale si collega con l'attivazione di:

     - processi di potenziamento, all'interno degli stessi settori tradizionali, di quelle produzioni che nel breve/medio termine hanno maggiore possibilità di trovare spazio sul mercato anche internazionale. Infatti non appare realistico, dato l'arco di tempo considerato e forse non sempre conveniente - anche alla luce delle quote di mercato e di occupazione già detenute - puntare a un rapido mutamento della specializzazione dell'industria veneta rispetto al contesto nazionale e internazionale. Tuttavia è necessario stimolare fin da ora processi di modificazione strutturale che consentiranno di avviare nel medio/lungo periodo produzioni nuove ad alto contenuto tecnologico e/o ad alto valore aggiunto;

     - processi di rafforzamento delle piccole dimensioni, che comportano, fra l'altro, la correzione e l'eliminazione di quel processo di articolazione della struttura produttiva non derivante da fenomeni di specializzazione produttiva, ma fondato sullo sfruttamento di posizioni di debolezza e di posizioni di «rendita» (evasione fiscale e contributiva).

 

     3.3. Rispetto agli obiettivi precedenti, e in particolare a quello della riqualificazione e del rafforzamento della base produttiva industriale, una particolare attenzione richiede il problema della produttività di tutti i fattori produttivi. Al riguardo va osservato che per compensare la maggiore rigidità che potrà incontrare una strategia di innalzamento della produttività attraverso le vie tradizionali, devono essere sfruttate tutte quelle innovazioni che sono possibili nei campi della tecnologia, delle tecniche manageriali, della commercializzazione dei prodotti e del finanziamento, consentendo un più facile accesso alle imprese e valorizzando al massimo a questo fine la strumentazione direttamente o indirettamente a disposizione della Regione.

     In questo contesto assume un particolare rilievo l'azione volta a favorire l'attuazione e la diffusione sistematiche della ricerca nell'attività delle imprese venete, ricerca che deve riguardare sia gli aspetti legati alla tecnologia dei processi, sia gli aspetti legati allo studio dei prodotti, sia, infine, gli aspetti legati alla loro commercializzazione.

     Di qui l'importanza delle attività qualificabili come terziario avanzato che sono scarsamente incorporabili dall'industria veneta, data la dimensione prevalentemente medio/piccola delle imprese, e che tuttora non sono adeguatamente offerte dal settore terziario pubblico e privato.

 

     3.4. Il processo di rafforzamento della struttura industriale veneta deve saldarsi con l'obiettivo del riequilibrio territoriale, la cui soluzione peraltro non deve essere legata soltanto allo sviluppo dell'industria.

     Anche l'apprestamento di una politica attiva per l'occupazione richiede l'elaborazione di interventi che, per le aree marginali, non assumano la trasferibilità del modello di industrializzazione che ha caratterizzato la crescita dell'area centrale, ma invece facciano leva sulle risorse e sulle potenzialità di sviluppo peculiari alle singole aree, attribuendo all'attività industriale un ruolo di integrazione e/o di stimolo agli altri settori (produzioni agro-alimentari e silvopastorali per le aree indicate nel Progetto Agro-Alimentare e nel Progetto Montagna), sostenendo la localizzazione industriale nelle aree attrezzate previste dal PRS (Adria-Cavarzere, Feltrino, Veneto Orientale, Area Meridionale), previa verifica del loro stato di avanzamento e del permanere delle condizioni di compatibilità economica.

     Nel contempo vanno approntati strumenti volti ad affrontare le situazioni di crisi in ambiti territoriali limitati all'interno della stessa area centrale (aree di crisi e/o di intervento prioritario), privilegiando quelle iniziative che siano in grado di concorrere alla soluzione dei problemi di mobilità del lavoro creati dalla

ristrutturazione.

 

     3.5. Quanto alle attività produttive facenti capo a imprese pubbliche o indirettamente controllate dallo Stato, la particolare attenzione della Regione discende, da un lato, dall'importanza della presenza pubblica nell'industria veneta e, dall'altro, dal ruolo che le imprese pubbliche possono esercitare rispetto all'industria complessiva e quindi alla loro rilevanza potenziale come strumenti di politica industriale.

     L'attuale congiuntura, pesantemente negativa nei confronti delle industrie di base e di beni intermedi (siderurgia, metallurgia non ferrosa, petrolchimica, ecc.), ha pesantemente colpito le imprese a PP.SS., largamente operanti nel Veneto. L'elaborazione di una strategia di intervento ha trovato un primo momento di verifica nella Conferenza regionale sul «Ruolo e prospettive delle imprese a partecipazione statale nel Veneto» del dicembre 1981.

     In quella sede sono state elaborate una serie di proposte di intervento, successivamente fatte proprie e ulteriormente articolate dall'ordine del giorno presentato dal Consiglio regionale del Veneto nel dicembre 1982.

     Rinviando, per quanto riguarda gli interventi specifici di natura settoriale, agli allegati concernenti le iniziative per il polo di Marghera e per il polo tessile, in questa sede vanno sottolineati gli aspetti generali del ruolo delle PP. SS. e il collegamento con il Piano Regionale di Sviluppo.

     La Regione ritiene che, nel mentre vanno evitate decisioni che comportino un ulteriore allargamento dell'intervento pubblico, vada peraltro assicurato un continuo impegno nelle attività oggi esistenti. Tale impegno deve tradursi in investimenti coerenti con precisi piani aziendali nell'àmbito delle scelte del CIPI, aventi non solo obiettivi occupazionali, ma anche e soprattutto quello di eliminare, seppure gradualmente, ogni componente di tipo assistenzialistico.

     A ciò va aggiunto che il ruolo propulsivo rispetto al settore secondario, proprio della grande impresa, deve assumere per le imprese a PP. SS. un significato particolare nel Veneto, sia in sede di predisposizione di servizi a favore delle attività industriali, sia sul piano strumentale per arricchire la capacità programmatoria e di interventi della Regione stessa.

     Questa impostazione appare coerente e sinergica con la strategia proposta dal «Rapporto sulle PP.SS.» circa l'insieme dei rapporti con gli Enti locali che, in via negativa, non può più essere quello «di pura localizzazione di incrementi di domanda e di posti di lavoro», ma che, in via positiva, potrà essere quello di «trasferimento e di diffusione verso le piccole e medie imprese locali delle tecnologie e delle competenze organizzative presenti nelle PP.SS. e nelle grandi aziende, e di costituzione di centri o poli di servizi per le imprese locali». Tale coincidenza di strategie trova momenti di concretizzazione negli strumenti previsti da questo Progetto (in particolare il CETEV, l'Osservatorio sui mercati esteri, le Convenzioni Regione-Enti di gestione e Aziende a partecipazione statale).

     Quella delineata è una impostazione stimolante e ricca di implicazioni, e rappresenta un salto di qualità rispetto ai passati rapporti Regioni-PP.SS., in parte improntati a una logica di tipo assistenzialistico.

     Essa va inoltre allargata con un collegamento agli interventi riguardanti le infrastrutture.

     La crisi economica giustifica una parte della perdita occupazionale in corso, a Marghera come nel resto del Paese, ma non può giustificare un mutamento della strategia di fondo circa il futuro del porto e dell'attività industriale a esso correlata.

     La presenza di pluridecennali investimenti infrastrutturali portuali, energetici, di trasporto terrestre che caratterizzano l'area come una delle meglio servite del Paese, in grado di offrire economie esterne a fattori di localizzazione industriale assolutamente competitivi, motivano l'attesa che i grandi gruppi dell'industria di Stato e privata mantengano e rinnovino la loro presenza a Marghera delle caratteristiche quantitative e qualitative tradizionali. In caso contrario si registrerebbe uno spreco di risorse pubbliche tanto meno giustificabile quanto più grave è la situazione finanziaria del Paese.

     Mentre va riaffermato il ruolo strategico che Marghera e la grande industria ricoprono nel contesto dell'economia regionale, occorre però salvaguardare la dotazione infrastrutturale e la competitività del Porto di Venezia che sono condizione indispensabile per il permanere delle attività industriali.

     A tal fine il Consiglio regionale ritiene urgente:

     a) la redazione del progetto esecutivo per la creazione delle chiuse mobili delle bocche di porto, sulla base del progetto di massima già approvato dalla Commissione di Salvaguardia di Venezia e dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e l'avvio immediatamente conseguente dei lavori garantendone il completo finanziamento. Ciò consentirebbe oltre che la risoluzione radicale del problema dell'acqua alta nel Centro Storico anche la fine dello stato di incertezza sul destino e sul dimensionamento operativo del posto, che non poco ha pesato negli anni più recenti nello stornare investimenti infrastrutturali e produttivi;

     b) il rifinanziamento della Legge Speciale per quanto riguarda il disinquinamento della laguna, da eseguirsi secondo le linee del piano direttore già adottato dalla Giunta, in tempi correlati con la realizzazione delle chiusure delle bocche di porto;

     c) la modifica del modello gestionale del Provveditorato al Porto di Venezia, mediante l'inserimento di imprese private nelle attività operative, l'aumento delle responsabilità gestionali della Compagnia Lavoratori portuali nel ciclo di banchina, la trasformazione dell'Ente su base regionale, prevalentemente orientato alla programmazione, alla realizzazione e alla gestione delle aree portuali e alla formazione dei traffici.

     Nel quadro di un tale disegno l'iniziativa dell'interporto, il cui avvio è garantito sul piano finanziario dalla recente legge regionale sulle infrastrutture di trasporto, e che deve essere basato su una precisa iniziativa locale che definisca modelli gestionali e localizzazione, può assumere, assieme al finanziamento regionale per le attrezzature, un importante significato di rilancio della più generale attività portuale.

     La notevole presenza a Porto Marghera di industrie controllate dallo Stato (direttamente o indirettamente) nonché il collegamento con i relativi piani di settore, che emergono dalla politica industriale nazionale nell'industria chimica, metallurgica, cantieristica, costituiscono fattori di garanzia per l'attuazione del necessario processo di riconversione.

 

4. I contenuti dell'intervento regionale.

     Gli interventi della Regione in campo industriale consistono, da un lato, in iniziative di natura prevalentemente politica di concorso, di confronto e di condizionamento rispetto alla programmazione e alle attività svolte da altri soggetti (aziende a PP.SS., grandi imprese private, forze sociali, sistema creditizio, amministrazione centrale); e, dall'altro, in iniziative a incidenza diretta sulla struttura produttiva e sul suo assetto territoriale che comportano un impegno finanziario da parte della Regione.

     L'aspetto da privilegiare riguarda il convergere delle risorse in aree di intervento capaci di esercitare un'influenza positiva alla ripresa economica e al sostegno dell'occupazione.

     Senza dubbio l'intervento in oggetto non deve porsi nè in un'ottica di breve periodo nè invischiarsi in una logica meramente assistenziale, tanto illusoria quanto dispendiosa di risorse.

     Bisogna invece tentare di definire alcuni punti di intervento, di significato non congiunturale, su cui focalizzare iniziative di ampio respiro e capaci di esercitare un effetto di trascinamento moltiplicativo dell'investimento produttivo.

     In particolare due sono le aree in cui la Regione può esercitare un'influenza significativa e duratura:

     - la promozione della competitività del sistema delle piccole e medie imprese industriali e artigiane attraverso l'aggiornamento tecnologico e commerciale;

     - lo stimolo degli investimenti industriali orientati al risparmio energetico.

     Relativamente al primo punto si tratta di attivare opportune specifiche iniziative rivolte sia a incentivare i processi di aggregazione interaziendale, finalizzati al rafforzamento di nuove strutture di commercializzazione, sia a dare attuazione, attraverso l'attivazione della Finanziaria regionale, a una politica di sostegno delle imprese.

     Sul piano dei risparmi energetici l'accento va posto sull'esigenza di uno stretto coordinamento delle iniziative previste tanto in esecuzione del Piano energetico nazionale che per l'attuazione della legge 29 maggio 1982, n. 308, sul contenimento dei consumi energetici.

     In posizione di saldatura fra queste due aree di intervento si colloca l'attivazione del CETEV, in quanto centro di promozione, raccolta e smistamento di ricerca applicata e di strumenti gestionali innovativi.

     Le politiche che la Regione intende realizzare sono le seguenti:

 

1) politica per l'energia;

2) politica per il mercato del lavoro;

3) politica per il credito;

4) articolazione territoriale della politica industriale;

5) politica per l'artigianato e la piccola e media impresa;

6) politiche settoriali.

 

5. Le politiche.

     5.1. La politica per l'energia.

     a) La politica per l'energia che la Regione intende promuovere discende da una elaborazione e da un confronto le cui tappe più significative sono certamente rappresentate dalla Conferenza per l'energia del marzo 1980 organizzata dalla Giunta regionale e dalle consultazioni realizzate sul Documento per la discussione.

     Gli aspetti essenziali di tale politica appaiono sostanzialmente in linea, quanto alle finalità, con il Piano energetico nazionale.

     D'altro canto, nel mercato dell'energia ai suoi vari livelli (internazionale, nazionale e regionale) non sembrano essere intervenute modificazioni strutturali tali da richiedere una sostanziale revisione di tali aspetti.

     Ciò vale per quanto attiene sia alla politica della domanda sia alla politica dell'offerta, pur tenendo conto del diverso ruolo che la Regione può svolgere.

     In particolare, con riguardo all'offerta di energia, all'interno del quadro di riferimento delineato dal PEN (incremento della capacità produttiva di energia da fonti alternative rispetto al petrolio, petrolio come fonte «residuale»), una speciale attenzione merita la produzione di energia elettrica e ciò sia per la rilevanza che la disponibilità e il costo di tale fonte di energia hanno sullo sviluppo economico e sociale del Paese, sia per la complessità e le implicazioni delle scelte che si debbono compiere.

     Pienamente consapevole di questa situazione, la Regione ha esplicato il massimo impegno per l'attivazione della centrale termoelettrica di Porto Tolle e, in una prospettiva di medio/lungo periodo segnata comunque dal riferimento peraltro non rigido alla dinamica dei consumi regionali, si fa altresì carico della scelta operata dal PEN. Per quanto attiene in particolare al nucleare, la Regione parteciperà con esperti alla commissione per la localizzazione dei siti sottolineando fin d'ora che eventuali e future indicazioni di siti in àmbito regionale non potranno avvenire senza un pieno coinvolgimento degli Enti locali e con la massima garanzia per la tutela dell'uomo e della sua salute, dell'ambiente naturale e dell'equilibrio complessivo del territorio.

In proposito, la Giunta regionale ha approvato e inviato in Consiglio, per l'ulteriore iter, un ordine del giorno concernente il problema dell'individuazione dei siti per la localizzazione di centrali elettronucleari. Il testo dell'ordine del giorno è il seguente:

     «1. Con delibera del 4 dicembre 1981 il CIPE ha approvato il Piano Energetico Nazionale. Con riferimento alla costruzione di centrali termoelettriche a carbone o nucleari il CIPE stabilisce prioritariamente alcune localizzazioni e invita le altre Regioni comprese nell'appendice A) del PEN (tra cui il Veneto) a esercitare le opzioni e a formulare le necessarie indicazioni entro 6 mesi dalla data di pubblicazione della delibera. Per quanto attiene alle centrali nucleari, le localizzazioni prioritariamente riguardano per almeno 6 mila MW le Regioni Lombardia, Piemonte e Puglia. Per quelle Regioni, quindi, la delibera CIPE ha dato pieno avvio alla procedura prevista nella Legge n. 393/1975.

     2. La Regione del Veneto, anche su richiesta del Ministero dell'Industria, è ora invitata a esercitare le opzioni e a formulare le necessarie indicazioni con riguardo al nucleare per il quale:

     - il PEN prevede una centrale con due unità standard (1.000 MW) in un sito da definire in una delle due aree gia individuate dalla Carta dei siti nel Veneto sud-orientale;

     - la Regione può orientarsi anche verso aree diverse purché rispondano alle necessarie caratteristiche e siano in ogni caso comprese nella Carta dei siti.

     3. In questo quadro, la Regione del Veneto esprime una linea di doverosa disponibilità a dare il suo contributo alla produzione nazionale di energia elettrica, pur tenendo conto di aver già dato un apporto significativo con la centrale di Porto Tolle.

     Nell'àmbito di questa linea, vanno peraltro ribadite le posizioni già assunte dalla Giunta regionale nella seduta del 26 febbraio 1980 e successivamente discusse in Consiglio regionale e quindi rimesse all'esame della Commissione Consultiva interregionale. Fin da allora, infatti, la Regione constatava la improponibilità di localizzare centrali nucleari nelle zone costiere individuate dalla Carta dei siti.

Infatti:

     a) per quanto concerne le zone costiere del Veneto Orientale, esse risultano del tutto improponibili per i seguenti motivi:

     - la vicinanza ai siti sismicamente attivi della Prealpe Triveneta;

     - la vicinanza a insediamenti urbani e turistici di rilevante importanza;

     - la modestia dei corsi d'acqua presi in considerazione e il loro carattere segnatamente torrentizio;

     - l'impatto sui siti naturalistici della laguna veneziana e di Caorle- Bibione

     - l'esistenza di numerosi vincoli ambientali e paesaggistici, quali il vincolo per la tutela delle bellezze naturali di cui alla Legge n. 1497/39, al D.M. 27 novembre 1975, al D.M. 9 aprile 1963, al D.M. 20 gennaio 1972, al D.P. 6aprile 1959, il vincolo forestale della pineta litoranea, il vincolo idraulico sulle valli da pesca, nonché i vincoli derivanti dal particolare regime di tutela previsto dalla Legge n. 171/1973 per la salvaguardia di Venezia che riguarda anche i territori comunali compresi nella Carta dei siti;

     b) per quanto concerne il delta del Po i motivi di improponibilità possono essere così sintetizzati:

     - l'instabilità dei suoli della zona deltizia e predeltizia;

     - il bradisismo ancòra attivo, seppure affievolito, della medesima zona;

     - l'esistenza, nelle zone interne ad occidente della strada Romea, di insediamenti urbani di rilevante entità e una crescente e già consistente diffusione di insediamenti turistici;

     - le controindicazioni di natura ambientale legate alla salvaguardia della laguna e, d'altro canto, del Parco della Mesola;

     - i vincoli forestali sulla pineta litoranea e i vincoli idraulici sulle lagune e sulle acque interne retrostanti;

     -la sommatoria dell'impianto, tuttora da verificare e approfondire, in termini di inquinamento termico delle acque dato dalla compresenza della centrale di Porto Tolle;

     - le esigenze di distribuzione di energia in relazione alle aree di consumo e quindi la necessità di individuare aree maggiormente baricentriche.

     4. Di conseguenza, la Regione esprime la sua netta opposizione alla localizzazione di centrali nucleari nelle aree costiere della Carta dei siti.

     5. Allo stato attuale delle conoscenze sembrano esistere minori controindicazioni per l'eventuale localizzazione di una centrale nucleare nelle altre aree previste dalla Carta dei siti. E' evidente tuttavia che, per la verifica di un'effettiva possibilità di insediamenti all'interno di questa area, è necessario approfondire gli studi essendo gli elementi attualmente a disposizione del tutto insufficienti.

     In questi studi vanno coinvolte anche specifiche competenze, in particolare di ENEL ed ENEA.

     6. Fondamentalmente, nell'approccio a questo problema, è il rapporto con i Comuni interessati, che, al di là dell'iter previsto dalla vigente normativa in materia, dovranno essere coinvolti fin dall'inizio nelle valutazioni circa le implicazioni ambientali ed economico-produttive connesse all'individualizzazione dei siti.

     Del pari al problema sono interessate le altre Regioni, ed in particolare quelle finitime con le quali va realizzato quanto prima un ampio confronto sulla globalità delle questioni connesse alla realizzazione di centrali elettronucleari nell'Italia settentrionale.

     Non va dimenticato, infine, il ruolo di intermediazione proprio del Veneto nei confronti del restante territorio dell'Italia settentrionale e dell'Europa continentale. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la politica energetica e la relativa funzione che al riguardo sarà chiamato a svolgere l'intero sistema della portualità veneta, le cui potenzialità si pongono come riferimento importante per le esigenze di rifornimento prospettate dal Piano Energetico Nazionale. A questo riguardo la Giunta regionale - in armonia con le indicazioni preliminari per il PTRC - è impegnata a valutare tutte le possibilità esistenti, tenuto conto della delicatezza che il problema presenta sotto i riflessi ecologici e della possibilità di utilizzazione delle aree disponibili».

     b) La politica regionale in campo energetico risulta innanzitutto definita da alcune assunzioni che investono, da un lato, i rapporti con gli altri soggetti operanti nel settore energetico e, dall'altro, la posizione che la variabile energia assume nelle scelte che spettano alla Regione. Tali assunzioni possono essere così sinteticamente richiamate:

     1. La programmazione energetica nazionale non può configurarsi come una somma di programmi energetici regionali e la carenza di un'adeguata definizione del primo elemento non può dare luogo soltanto a un'azione surrogatoria da parte della Regione. Ciò non tanto per gli eventuali ostacoli che sul piano delle competenze un'azione di tale natura potrebbe incontrare, quanto piuttosto perché il problema energetico, pur ricco di specificazioni territoriali e affrontabile con azioni articolate territorialmente, non ha dimensioni riconducibili e limitabili soltanto all'àmbito regionale. Di qui l'importanza e la necessità che la Regione attribuisce a un programma energetico nazionale che fissi obiettivi e priorità e che mobiliti le risorse richieste, sottolineando il carattere "partecipato" che devono assumere la formulazione e la realizzazione di tale piano e quindi il contributo e il concorso che la Regione intende e deve dare.

     2. Nella definizione e nella realizzazione di politica energetica è quindi necessaria la compresenza di accentramento e decentramento. Essa peraltro non può essere risolta sul piano di un aprioristico dibattito confinato alle competenze, ma richiede un approccio più flessibile nella linea istituzionale tracciata dal legislatore di una serie di recenti provvedimenti, tra cui la Legge n. 308/1982 che ha privilegiato e riconosciuto il ruolo regionale nella promozione del risparmio energetico e delle fonti energetiche cosiddette «minori».

     3. Anche nelle scelte di politica regionale (industriale e territoriale in particolare) la variabile energia non può essere assunta come un obiettivo ma piuttosto come un vincolo.

     In altri termini, se nella scelta degli indirizzi di politica industriale odi assetto territoriale la variabile energia deve essere considerata, sarebbe fuorviante collocarla come obiettivo in quanto si potrebbe cadere in sterili contrapposizioni o assumere indirizzi e posizioni non corrette.

     4. Nella sua azione, tanto nella fase di impostazione quanto in quella di realizzazione, la Regione intende promuovere e attuare il coinvolgimento di tutti gli operatori interessati al problema energetico e in possesso delle competenze e conoscenze necessarie per rendere concreti e incisivi gli interventi. Da questa impostazione discendono alcune scelte, che verranno specificate sia a livello di politica per l'energia convenzionale, sia a livello di azioni in campo energetico (in particolare costituzione del Comitato regionale per l'energia).

     c) Quanto ai contenuti della politica regionale per l'energia (obiettivi e strategia), essi discendono da una molteplicità di fattori e principalmente dalle scelte operate a livello nazionale, dalle opzioni operate a livello regionale in relazione alle peculiarità socio-economiche della Regione, dalle competenze regionali, dalla natura dei problemi e quindi dalla rilevanza che assumono le loro specificità territoriali, dalle risorse (finanziarie, di personale) disponibili e assegnabili agli interventi in campo energetico.

     Rispetto a quanto emerso durante la Conferenza per l'energia in precedenza richiamata e che aveva portato a individuare uno spettro sostanzialmente completo dei possibili interventi in campo

energetico, anche a livello di definizione di una politica per l'energia occorre procedere alla fissazione di priorità sulla base appunto dei fattori sopra indicati. Pertanto le linee che vengono presentate non corrispondono a un piano energetico regionale, per la cui definizione peraltro si pongono le premesse anche organizzative, ma indicano gli indirizzi prioritari di intervento che la Regione intende adottare all'interno dell'orizzonte temporale proprio di questo Progetto e nell'àmbito dell'adozione della programmazione scorrevole come metodo di intervento.

     Rinviando al documento per la discussione per gli aspetti della problematica energetica qui esplicitamente non richiamati, l'insieme di priorità sulle quali la Regione intende intervenire è il seguente:

     1. Risparmi di energia, che lo stesso PEN considera come fonte «virtuale» di energia fissando per il 1990 un obiettivo di contributo di tale «fonte» al soddisfacimento del fabbisogno «lordo» pari a circa il 10 per cento (un contributo quindi pari a, grosso modo, a quello dell'energia elettrica primaria e delle altre fonti rinnovabili. In tema di risparmio la Regione intende intervenire:

     - nel settore degli usi civili, rispetto sia alle abitazioni esistenti sia ai nuovi edifici, ricorrendo all'incentivazione e, in particolare per le abitazioni esistenti, all'informazione e alla formazione professionale e, in particolare per i nuovi edifici, alla elaborazione di una normativa edilizia e urbanistica coerente con l'obiettivo del risparmio. In questo contesto la Regione intende altresì promuovere un più concreto e nuovo utilizzo della Legge n. 373;

     - nel settore industriale, avendo presenti, da un lato, le diverse modalità per pervenire a una riduzione dei consumi di energia per unità di prodotto e, dall'altro, le particolari caratteristiche della struttura industriale del Veneto. Quanto al primo aspetto l'attenzione va posta innanzitutto sulle tecniche di risparmio efficaci nel breve periodo. I risparmi conseguibili con la sostituzione delle tecnologie esistenti, oltre a porsi in una prospettiva temporale di più lungo periodo, richiedono una diversa strumentazione (per esempio, raccordo con le iniziative di ricerca di centri privati e pubblici), mentre i risparmi connessi con una modificazione della struttura produttiva - soprattutto di tipo intersettoriale a prescindere dalla prospettiva temporale che è ancora di lungo periodo, implicano considerazioni che, come del resto già detto in questo Progetto, non sono riconducibili al solo fattore energetico;

     - nel settore dei trasporti, attraverso interventi sull'agibilita dei centri storici e per la razionalizzazione del trasporto pubblico (per la parte di competenza regionale) che migliori la qualità del servizio reso agli utenti.

     Sul miglioramento della qualità del servizio reso agli utenti deve innestarsi anche un'azione volta a promuovere un maggior utilizzo del mezzo pubblico, mentre debbono essere altresì attuati interventi di «educazione» per migliorare il grado di sfruttamento dei mezzi privati.

     2. Sfruttamento dell'energia solare. Nella consapevolezza dei limiti «oggettivi» e di convenienza economica che segnano il probabile e realistico contributo di questa fonte di energia, la Regione intende privilegiare in particolare l'utilizzo dell'energia solare per usi termici a bassa temperatura anche attraverso un adeguamento della normativa edilizia e urbanistica. Un diverso e più articolato sfruttamento dell'energia solare va invece perseguito in campo agricolo. Per questo settore di intervento va sottolineata la duplice specificità del particolare collegamento che intercorre fra caratteristiche dell'attività (dispersione geografica, tipi di consumo finale, ecc.) e utilizzazione dell'energia solare, da un lato e delle competenze dirette in materia di cui gode la Regione, dall'altro.

     3. Risorse idrauliche minori. La Regione intende promuovere - con il responsabile coinvolgimento degli Enti locali e delle Comunità Montane - il pieno sfruttamento delle risorse idrauliche nel rispetto delle condizioni di economicità e dell'uso plurimo delle acque sulla base della ricognizione delle risorse idrauliche esistenti, del grado e delle modalità del loro sfruttamento, dell'individuazione delle risorse idrauliche sfruttabili anche ai fini della produzione di energia elettrica e promuovendo la prestazione di assistenza a favore degli operatori pubblici e privati - che possono avere interesse a tale iniziativa. La Regione, inoltre, intende utilizzare una parte dei contributi previsti dal disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale: «Interventi in favore della ricerca, applicazione e sfruttamento delle fonti energetiche alternative», ai fini dell'impiego delle risorse idrauliche minori, particolarmente quelle montane; nonché dare piena attuazione alla convenzione stipulata con l'ENEL onde realizzare una fattiva collaborazione e in particolare ottenere il necessario supporto tecnico per realizzare - ove ne sussistano le condizioni - ipotesi di gestione diretta locale dell'energia.

     4. Metanizzazione. Com'è noto, il grado di penetrazione del metano rispetto al fabbisogno di energia colloca il Veneto su un livello che è certamente superiore alla media nazionale ma inferiore a quello di altre Regioni. Al di là di questo riferimento alla situazione di altre zone, rimane il fatto che all'interno del Veneto si pone il problema di un'estensione della metanizzazione, in termini sia di «completamento» sia di «introduzione» di nuove aree. L'obiettivo della politica della Regione in questo campo, nella consapevolezza della situazione attuale e prospettica del mercato del metano e riconoscendo che le caratteristiche di particolare pregio del metano ne rendono opportuna una destinazione privilegiata e prioritaria agli impieghi «nobili», è quindi duplice: da un lato promuovere i «completamenti» della rete con particolare riferimento alla promozione di determinate aree e produzioni; dall'altro promuovere la penetrazione del metano in nuovi ambiti territoriali (Veneto nord- orientale, Alto Polesine, Val Belluna, ecc.), riconoscendo peraltro che, in questi casi, il problema non è costituito solo dalle disponibilità del metano, ma che è necessario darsi carico anche di ricercare la copertura finanziaria degli investimenti spesso ingenti che sono richiesti.

     Su questi temi e tenendo altresì conto dell'esigenza di carattere generale di garantire la concordanza fra programmi di allacciamento della SNAM e obiettivi della Regione in tema di assetto e di sviluppo territoriale, la Regione ha avviato un ampio confronto con la SNAM che, come si vedrà nella parte del Progetto dedicata alle azioni, ha portato a significativi risultati.

     d) Il perseguimento degli obiettivi sopra enunciati richiede anche, per la loro traduzione in azioni specifiche, alcune condizioni che comprendono principalmente:

     - un'adeguata disponibilita di risorse finanziarie;

     - rilevanti conoscenze ed esperienze in campo energetico, da un lato, e rapidità e flessibilità di intervento, dall'altro;

     - un'adeguata capacità di organizzazione e di coordinamento;

     - un sistema informativo in grado di fornire informazioni necessarie per l'attività della Regione in campo energetico.

     Quanto al primo aspetto, la situazione della finanza pubblica in Italia confrontata con la rilevanza degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi della politica energetica richiede che venga perseguita la massima efficacia della spesa. Pertanto, accanto alla gestione dei fondi autonomamente stanziati e di quelli assegnati dalla legislazione nazionale, la Regione intende esercitare un'azione di orientamento e di coordinamento rispetto alle disponibilita finanziarie che si formano a livello locale (sovrapprezzo delle tariffe elettriche in particolare) oltre che rispetto al ricorso e all'utilizzazione dei finanziamenti di origine comunitaria.

     Quanto al secondo aspetto, ferma restando l'esigenza della partecipazione - nelle fasi sia di progettazione che di realizzazione - degli Enti locali e degli altri operatori privati e pubblici interessati alla problematica energetica e ferma restando l'esplicazione di un potere di indirizzo e di controllo da parte della Giunta e del Consiglio regionale

- sotto forma in particolare dell'adozione di un programma energetico - e

del coinvolgimento delle strutture regionali, appare necessario ricorrere

allo strumento della convenzione con Enti/aziende aventi specifiche

conoscenze ed esperienze in campo energetico. In questo senso la

convenzione stipulata lo scorso anno con l'AGIP e quelle più recenti con

l'ENEL e l'ENEA rappresentano significativi progressi in questa direzione.

La Regione è inoltre impegnata, in alcuni casi i contatti sono ormai giunti

a una fase di avanzata maturazione, a pervenire alla conclusione di

convenzioni con altri Enti energetici e/o aziende a partecipazione statale

per consentire alla propria azione di dispiegarsi in tutte le direzioni

sopra indicate.

     Quanto al terzo aspetto, si tratta di enucleare le funzioni attinenti al campo energetico, funzioni che, per quanto già detto, dovranno essere soprattutto di natura organizzativa e di coordinamento, attribuendole in modo esplicito alla struttura regionale anche attraverso una modificazione dell'attuale assetto delle unità organizzative.

     Quanto, infine, al sistema organizzativo per l'energia, rilevato il suo stretto collegamento con il più ampio sistema informativo per il settore secondario, la Regione riconosce l'opportunità di distinguere un'informazione di base di carattere generale da un'informazione specifica finalizzata all'adozione di determinati provvedimenti e alla verifica della loro efficacia.

     Il soddisfacimento di entrambe queste esigenze postula uno stretto collegamento con gli Enti Energetici. Tuttavia se il primo tipo di informazione può essere collegato alla capacità di organizzazione e di coordinamento di cui la Regione deve dotarsi, il secondo tipo di informazione appare più convenientemente collegabile con le convenzioni in precedenza richiamate.

 

     5.2. La politica per il mercato del lavoro.

     L'obiettivo principale della politica della Regione per il mercato del lavoro resta individuato nel perseguimento del livello di piena occupazione della forza-lavoro fissato dal P.R.S. e si esplicita nelle

seguenti finalità:

     - creazione delle condizioni per conseguire il riequilibrio quantitativo tra domanda e offerta di lavoro per consentire un riassorbimento della forza-lavoro inoccupata, soprattutto giovanile e femminile, di quella soggetta a flussi di mobilità extraaziendale, così come di quella precaria o implicita nella CIG;

     - conseguimento del riequilibrio qualitativo del mercato attraverso la formazione, qualificazione e riqualificazione dell'offerta di lavoro, per renderla compatibile con le caratteristiche qualitative della domanda, non trascurando tuttavia le azioni generali sui fattori o su specifici settori per riqualificare la stessa domanda di lavoro proveniente dalla struttura produttiva;

     - sviluppo di azioni per un miglioramento delle attuali condizioni di lavoro, sia interne che esterne alle singole unità produttive, senza tuttavia pregiudicare il necessario incremento della produttività del lavoro e la capacità di adattamento dei lavoratori alle esigenze di cambiamento produttivo posto dalle sollecitazioni del mercato e dalle tecnologie.

     Tenuto conto che gli interventi sulla struttura produttiva si traducono in altrettante azioni dal lato della domanda di lavoro, la Regione intende finalizzare le azioni generali o su specifici settori, previste nel presente documento, al perseguimento di tali fondamentali obiettivi, mentre, con riferimento all'offerta di lavoro, l'azione potrà essere sviluppata lungo le seguenti direttrici:

     a) azione formativa;

     b) azione gestionale;

     c) azione informativa.

     Data l'esigenza di realizzare tali azioni in modo tra loro coordinato e all'interno di un quadro complessivo comprendente gli interventi sulla struttura produttiva e sul territorio, la Regione intende dotarsi di una metodologia e di una strumentazione che, prendendo atto del persistente vuoto legislativo in sede nazionale, utilizzi tutte le attuali competenze disponibili a livello regionale.

     a) La prima delle tre azioni suindicate (l'azione formativa) dovrà essere orientata a favorire un'evoluzione del sistema industriale compatibile con le odierne esigenze di rafforzamento e di crescita più equilibrata.

     Per il soddisfacimento di tali esigenze, sempre più importante si rivela infatti, accanto alla disponibilita di un'adeguata dotazione di capitale fisso e di tecnologia, la presenza di risorse umane in possesso delle conoscenze professionali, culturali e tecnico-scientifiche in grado di rispondere alle crescenti sollecitazioni cui l'apparato produttivo regionale è sottoposto dalla nuova divisione internazionale del lavoro, dalla crisi energetica e dai peculiari problemi e caratteri propriamente interni più volte richiamati nel presente progetto.

     Oltre a un generale recupero di produttività, tali sollecitazioni stanno imponendo profonde modificazioni strutturali dal punto di vista produttivo e tecnologico che appaiono conseguibili solo a condizione di promuovere la disponibilità di un'offerta di lavoro con caratteristiche qualitative adeguate alle nuove esigenze.

     La prevalente presenza delle imprese di piccola e media dimensione nel tessuto produttivo regionale rende improbabile che questo risultato possa essere raggiunto solo attraverso attività di formazione espresse in modo spontaneo; d'altra parte è da considerare che le attività formative possono avere nel medio (ma anche nel breve) termine effetti analoghi se non superiori ai tradizionali interventi di incentivazione

agli investimenti in macchinario e attrezzature.

     Quest'analisi delle esigenze di riqualificazione del sistema di produzione veneto mette in evidenza come l'esercizio da parte della Regione delle funzioni in materia di istruzione professionale non possa essere inteso semplicemente come acquisizione di competenze in precedenza proprie dello Stato. In effetti uno sforzo innovativo si rende necessario, tra l'altro, per la svariata tipologia dei ruoli lavorativi presenti in una struttura a matrice artigiana e piccolo-imprenditoriale, per le prospettive di regressione occupazionale che nel medio-lungo termine riguardano settori con una forte componente di manualità, anche femminile, e per la necessità di avere una forza lavoro dimensionata in modo ottimale rispetto agli standards di produzione come generale condizione di un più elevato livello di produttività.

     Da qui la necessità di una proposta complessiva che miri a riportare l'attuale «aggregato» di formazione professionale - costituito dall'azione autonoma spesso disorganica di Stato, Regione, Enti e Aziende a sistema, vale a dire a un insieme organico di unità formative che concorrano a perseguire in maniera coordinata la pluralità di obiettivi che le nuove condizioni in cui il sistema dell'impresa è chiamato a operare richiedono alla formazione professionale. Come parti del sistema, tali unità formative debbono ubbidire a condizioni minimali di coerenza organizzativa e a standards minimali di efficienza e di efficacia avendo però come comune obiettivo finale il raccordo della crescita professionale della forza lavoro con la dinamica delle strutture produttive.

     Tale proposta, che comporta evidentemente il coordinamento di tutti i soggetti nel campo dell'istruzione professionale, potrà essere realizzata solo acquisendone il consenso; per parte sua, la Regione orienta il proprio intervento in tema di formazione nei modi seguenti:

     - spostando l'accento e quanto meno riequilibrando la priorità fra gli interventi rivolti alla prima formazione e gli interventi di riqualificazione rivolti alla forza lavoro già occupata;

     - perseguendo, anche per il primo tipo di intervento, una maggiore finalizzazione rispetto al conseguimento di professionalità specifiche;

     - garantendo il conseguimento della flessibilità degli interventi sia mediante un'azione sulle strutture sia mediante una riserva di bilancio anche integrativa degli stanziamenti eventualmente disponibili in base al Fondo della Legge 675/1977 o del Fondo sociale europeo per interventi di iniziativa regionale;

     - estendendo l'attività di formazione anche ai formatori («formazione di formatori»), ai quadri dirigenziali intermedi e superiori;

     - prevedendo un maggior apporto nelle attività formative di personale specializzato attinto dalla realtà produttiva;

     - dando avvio a una graduale azione delle strutture per adattarle alle mutate esigenze della formazione professionale.

     Sarà promossa conseguentemente la revisione della legge regionale n. 59/1978 anche in applicazione della Legge n. 845/1978.

     In tale processo di aggiornamento rientra la ristrutturazione del Dipartimento Servizi Formativi al fine di accentuarne la

funzione promozionale all'interno del sistema di formazione professionale. Alla luce delle indicazioni contenute nel Progetto, il Piano per la formazione professionale 1983/1984 ed il Piano poliennale saranno aggiornati al fine di assicurare la massima flessibilità possibile all'intero sistema di formazione professionale.

     Una particolare specificazione appare necessaria per gli interventi di formazione nel settore artigiano. Tali interventi debbono essere orientati lungo due direttrici fondamentali, la cui specificazione appare in altre parti di questo Progetto:

     - l'acquisizione da parte dell'artigiano di una mentalità di tipo imprenditoriale;

     - la valorizzazione della funzione formativa dell'artigiano mediante la promozione di contratti di formazione lavoro.

     b) Sotto il profilo della gestione del mercato del lavoro l'attuale normativa consente l'impiego delle competenze oggi demandate alla Commissione regionale per l'impiego per sviluppare interventi, anche sperimentali, sui flussi di mobilità extra-aziendale e di utilizzo a fini sociali dei lavoratori che fruiscono del trattamento di CIG.

     In tal senso la Regione intende utilizzare tali competenze indirette sia per risolvere eventuali e riconosciute esigenze di aziende operanti sul suo territorio, sia per limitare i negativi effetti derivanti da un uso spesso distorto e improduttivo della cassa integrazione guadagni; e ciò secondo le tendenze emergenti dal disegno di legge n. 760, ora divenuto Legge n. 1602, e dagli altri provvedimenti derivanti dal recente accordo stipulato tra le parti sociali. Pertanto la Regione chiede di essere inserita nel novero delle Regioni abilitate ad attuare la sperimentazione prevista dalla Legge n. 1602. In particolare la Regione aderisce alla recente «dichiarazione di intenzioni» concordate fra il Ministero del Lavoro e le Regioni il 18 maggio 1983 e contribuirà al funzionamento degli strumenti di intervento rappresentati dalle:

     - Commissione Regionale per l'Impiego;

     - Agenzia sul Mercato del Lavoro.

     A tale fine la Giunta si impegna entro un mese dall'approvazione della presente legge a presentare alle parti sociali un progetto per una intesa per il governo del mercato del lavoro e della mobilità. Nella predisposizione di tale progetto, anche alla luce delle nuove direttive che il Governo sta elaborando in materia, la Giunta regionale terrà conto dei seguenti indirizzi:

     - applicazione nell'àmbito delle competenze regionali dell'accordo del 22 gennaio 1983;

     - individuazione di alcune aree territoriali per l'osservazione e la sperimentazione della gestione dei processi di mobilità accompagnati da progetti finalizzati di formazione professionale e di riqualificazione. Contestualmente dovrà essere riattivato il tavolo di confronto regionale su Porto Marghera, utilizzando quanto già elaborato dal gruppo di lavoro della Regione e degli Enti locali e valutando le intese intercorse fra le parti sociali, per giungere, in accordo con il Comune e la provincia di Venezia, a una specifica proposta sui problemi occupazionali dell'area secondo le indicazioni del documento approvato dal Consiglio regionale nella seduta del 12 novembre 1982.

     Per quanto concerne l'azione informativa, tesa soprattutto a creare condizioni di maggiore trasparenza sia dal lato dell'offerta che della domanda di lavoro e a fornire un quadro costantemente aggiornato delle tendenze evolutive, la Regione è già impegnata nella fase di pieno avvio dell'Osservatorio permanente sul mercato del lavoro; infatti, dopo essersi dotata di un proprio progetto di fattibilità di Osservatorio sul mercato del lavoro, nonché di un proprio servizio statistico regionale che sta ulteriormente potenziando, intende sperimentare su due province venete un sistema di procedure, di raccolta, analisi e previsione quantitativa e qualitativa in grado di fornire a tutte le parti economiche, sociali e istituzionali una conoscenza obiettiva e particolareggiata delle problematiche e delle tendenze in atto nel mercato del lavoro o, meglio, dei singoli segmenti di mercato.

     E' questo un progetto che, in seguito, verrà esteso - se opportuno - alle rimanenti province e che garantirà un'impostazione che risulterà omogenea alle diverse scale sub-regionali e regionali.

     Ciò consentirà di massimizzare il grado di trasparenza e quindi di conoscenza delle nostre realtà economiche, settoriali e territoriali (le aree di specializzazione industriale, l'agricoltura, il comparto pubblico, il commercio, il turismo, l'artigianato, ecc.).

     I settori di lavoro su cui è ragionevole articolare l'attività dell'Osservatorio sono i seguenti:

     a) uso integrato dei dati censuari (della popolazione, dell'industria, dell'agricoltura) per un'analisi strutturale approfondita e articolata territorialmente e settorialmente del mercato del lavoro regionale;

     b) analisi corrente, prevalentemente a livello regionale (con ridotte disaggregazioni per provincia), della dinamica dell'offerta del lavoro, dell'occupazione e della disoccupazione, basata sulle indagini territoriali dell'ISTAT e su altri indicatori congiunturali;

     c) uso integrato delle principali rilevazioni del Ministero del Lavoro e dell'INPS, per disporre di un quadro corrente dell'evoluzione dell'occupazione e della disoccupazione disaggregato settorialmente e territorialmente;

     d) realizzazione di un sistema informativo sulla struttura e le attività di formazione professionale (sia regionale che statale);

     e) istituzione progressiva del «catasto delle aziende»;

     f) avvio di studi di carattere previsivo sul lato della «domanda del lavoro», ossia sul versante del sistema delle imprese, utilizzando un'indagine finora mai valorizzata del Ministero del Lavoro e/o avviando un'indagine «ad hoc» su un campione di aziende.

     In un'ottica di breve periodo e di realizzabilità degli obiettivi perseguiti la Regione intende utilizzare tali strumenti e competenze, oltreché secondo linee condotte sul piano orizzontale e quindi indifferenziato rispetto al territorio, sulla base dei seguenti oneri:

     - individuazione delle aree territoriali ottimali di intervento sul mercato del lavoro (bacini di manodopera) tenendo conto degli attuali assetti dello stesso e dei problemi che lo caratterizzano;

     - delimitazione delle aree sulle quali si manifestano problemi di crisi produttiva e occupazionale per le quali si procederà in via sperimentale all'utilizzo coordinato degli strumenti (formativi-gestionali- informativi) di intervento sul mercato del lavoro e di quelli sulla struttura produttiva;

     - predisposizione per tali aree di crisi di un progetto di area a cura della Regione con l'apporto delle parti sociali e degli Enti locali interessati e concernente l'insieme di misure, interventi e azioni atte a risolvere la situazione di crisi e ridurre i negativi impatti degli eventuali flussi di mobilità della manodopera;

     - l'utilizzo dell'osservatorio permanente per approfondire la base conoscitiva su cui operare gli interventi stessi, oltreché l'utilizzo di gruppi di esperti operanti su delega della commissione regionale per l'impiego.

     In un'ottica di medio-lungo periodo la Regione dovrà garantire una più incisiva presenza nel mercato del lavoro anche attraverso un razionale coordinamento dei momenti formativo, gestionale e informativo e con la predisposizione di strumenti utili alla gestione delle competenze a essa delegate dal disegno di legge n. 760 - oggi divenuto n. 160 - in fase di discussione in Parlamento e delle altre eventuali scaturenti dal recente accordo stipulato tra le parti sociali.

 

     5.3. La politica per il credito.

     a) Nonostante le questioni di fondo che stanno alla base del problema finanziario delle imprese dell'intero Paese (e cioè il costo dell'indebitamento e la ricostruzione e l'incremento del capitale di rischio, problemi che, come è noto, sono oggetto di un acceso dibattito che si sono ulteriormente aggravati nel corso del 1982, e che ovviamente possono essere considerati solo a livello nazionale), è da ritenere che nel Veneto vi siano gran parte delle condizioni perché il ruolo svolto dal sistema creditizio sia maggiormente coordinato con gli obiettivi e i programmi di politica industriale regionale, anche in relazione alla potenzialità del sistema industriale e in particolare delle imprese minori.

     Tale coordinamento è particolarmente importante e può essere notevolmente efficace in una Regione, come il Veneto, in cui è determinante la presenza, sia nel credito a medio-lungo termine che in quello a breve, di istituti a carattere locale, molti dei quali di dimensioni non certo trascurabili e in cui la formazione delle risorse finanziarie ha avuto, negli ultimi anni, un ritmo particolarmente sostenuto, e potrà ancora esserlo in futuro.

     Le considerazioni precedentemente svolte consentono di delineare il ruolo della Regione. Le possibilità di intervento diretto sono, com'è noto, molto modeste, mentre è importante l'instaurazione di un rapporto politico fra Regioni e sistema bancario che consenta alla Regione di svolgere una funzione di orientamento e che potrà concretarsi secondo le seguenti linee fondamentali, strettamente connesse tra loro:

     1. attivazione degli strumenti di incentivazione consentiti dalle competenze in materia di finanziamento all'industria e all'artigianato. In merito saranno privilegiate al fine della concessione dei benefici le iniziative rivolte al conseguimento di risparmi energetici;

     2. informazione e stimolo al sistema creditizio veneto, che, pur tenendo conto dell'autonomia degli istituti creditizi e dei limiti di competenza della Regione nella materia, ottenga un comportamento orientato al raggiungimento degli obiettivi di politica industriale.

     In merito al precedente punto 1, la Regione intende operare secondo le seguenti linee:

     1. aumento della trasparenza del mercato del credito e rafforzamento delle garanzie concedibili da parte del sistema industriale minore. In questa ottica vanno collocati: sia gli interventi sui consorzi fidi e sulle cooperative artigiane di garanzia per il credito ordinario, sia l'estensione di detti interventi al credito a medio-lungo termine. Per quanto riguarda gli interventi sui consorzi fidi tra piccole e medie imprese industriali e sulle cooperative artigiane di garanzia per il credito ordinario, la Regione ha in corso una revisione dei dispositivi legislativi per consentire un coordinamento nelle modalità di intervento.

     Per quanto riguarda il credito a medio-lungo termine la Regione intende predisporre garanzie integrative, per le piccole e medie imprese industriali e artigiane, da concedere ai consorzi esistenti o costituendi (secondo modalità operative e criteri di priorità coordinati con l'intervento sui consorzi fidi e sulle cooperative di garanzia per il credito a breve ed eventualmente a medio termine), previa convenzione con uno o più istituti speciali operanti nella Regione;

     2. agevolazioni creditizie ad aziende industriali e/o loro organismi associativi per la realizzazione di impianti di depurazione. La concessione di queste agevolazioni e l'utilizzo della quota spettante al Veneto in base alla delibera CIPE relativa alla Legge n. 650/1979 rispetteranno criteri di selettività e di «concentrazione» degli interventi;

     3. gestione in senso conforme agli obiettivi di politica industriale formulati nel presente documento dei pareri da concedere per i finanziamenti agevolati all'industria ai sensi delle leggi operanti;

     4. concentrazione territoriale degli incentivi finanziari al risanamento delle attività in crisi e all'avvio di attività diversificate e/o sostitutive. In questo contesto rientra un'azione volta, da un lato, a pervenire a un progetto di ammodernamento, di riconversione, che consenta di estendere alle aree non territoriali in crisi gli incentivi previsti dalla legislazione vigente; e, dall'altro, a ottenere il rifinanziamento delle predette leggi;

     5. interventi per il credito a favore dell'artigianato come illustrato nel successivo paragrafo 6.4. - Azione per l'artigianato -;

     6. interventi per il credito a favore della promozione e della gestione di consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale;

     7. stipula di un accordo quadro con le aziende di leasing, per le operazioni mobiliari ed eventualmente immobiliari, al fine di sviluppare l'utilizzo di queste modalità di finanziamento per gli investimenti fissi delle imprese e per finalizzare l'impiego, anche attraverso la previsione di condizioni più favorevoli, al conseguimento degli obiettivi di politica industriale.

     Quanto alle funzioni di informazione e di stimolo di cui al punto 2 la Regione intende:

     1. promuovere periodicamente una «Conferenza Regionale sul Credito» (la prima di tali conferenze si è svolta nel 1981) che analizzi e discuta i problemi di fondo della struttura finanziaria dell'industria veneta, approfondendo le interconnessioni tra il sistema industriale veneto e il sistema creditizio locale - Il Comitato per il Credito, già operante in passato in modo informale, dovrà essere formalizzato e dovrà operare come «strumento operativo» rispetto alla Conferenza, assicurando la continuità del confronto fra i soggetti e agendo con funzioni consultive e di scambio di informazioni, seguire l'evoluzione dell'economia veneta dal punto di vista dei fabbisogni, della formazione e dell'impiego delle risorse finanziarie, proporre, esaminare e discutere proposte di strumentazioni atte a migliorare l'efficienza del rapporto industria-sistema creditizio;

     2. per il credito a medio-lungo termine la Regione, in questa azione di informazione e di stimolo, proporrà iniziative tendenti a indirizzare e stimolare l'azione degli istituti di credito speciale in senso conforme agli obiettivi e ai programmi regionali anche per il credito a regime normale, oltre che per quello a tasso agevolato. Essa intende inoltre analizzare e discutere i principali problemi dell'accesso al credito a medio-lungo termine dell'industria veneta: l'accelerazione delle procedure, l'allungamento della durata dei prestiti, la flessibilità dei tassi, la valutazione delle garanzie. Proprio a motivo della potenziale rilevanza che il suo comportamento riveste ai fini del consolidamento e dello sviluppo del sistema industriale veneto, l'azione di orientamento e di stimolo sarà rivolta al medio credito delle Venezie perché ritorni a essere strumento efficiente (anche eventualmente attraverso un allargamento del numero di banche partecipanti) di raccolta delle risorse finanziarie di nuova formazione e sostenga sia i processi di ristrutturazione che i nuovi investimenti necessari al consolidamento e allo sviluppo dell'industria regionale. Analoga azione sarà svolta presso l'istituto di credito fondiario delle Venezie perché l'efficienza operativa che ha dimostrato in passato consenta, con il sostegno del settore edilizio, anche il sostegno delle attività industriali indotte.

     b) Un rilievo del tutto particolare assume nel perseguimento degli obiettivi di politica industriale la Veneto Sviluppo S.p.A. che, dopo il perfezionamento degli adempimenti per la costituzione degli organi amministrativi, sta ormai entrando nella fase di concreto funzionamento con il confronto sui suoi programmi con gli interlocutori interessati in via prioritaria, la sua azione va rivolta al supporto per l'attuazione delle azioni di politica del credito, alla realizzazione dei servizi alla struttura produttiva, alla promozione e al coordinamento degli aspetti finanziari legati alla realizzazione di progetti di area o settore. In particolare le direttive che la Regione intende assegnare alla Veneto Sviluppo S.p.A. ai fini di coordinamento degli obiettivi da raggiungere sono le seguenti:

     1. predisposizioni di servizi reali alle imprese attraverso:

     - costituzione del CETEV;

     - costituzione e sostegno organizzativo ed economico di iniziative nel campo della commercializzazione (trading companies, centri export, centri affari, consorzi per strutture di commercializzazione);

     - costituzione e sostegno organizzativo ed economico a iniziative consortili per acquisti collettivi, per lo svolgimento in comune di prime lavorazioni, per gli approvvigionamenti energetici;

     - sostegno tecnico-organizzativo alle esperienze di autogestione;

     2. stipula di convenzioni con aziende di leasing per ottenere condizioni particolari per contratti di leasing immobiliare e mobiliare; e con aziende di factoring per i contratti di factoring;

     3. predisposizione di garanzie fidejussorie ai Consorzi fidi locali (anche per aziende con partecipanti ai Consorzi fidi);

     4. promozione ed incentivazione di progetti di insediamenti rilevanti per l'economia regionale (settori traenti, aree di riequilibrio, progetti area/settore, disinquinamento, consorzi per le aree artigianali e per la piccola e media industria);

     5. Interventi a favore della cooperazione nelle sue varie forme, con sostegno finanziario a precisi progetti finalizzati;

     6. partecipazione attiva al Comitato per il Credito al fine di migliorare l'accesso al credito, in specie a quello a medio-lungo termine.

     7. La Veneto Sviluppo S.p.A. potrà attuare interventi in conto capitale in attività produttive nella misura massima del 35 per cento e secondo un piano di rientro con limiti temporali non superiori a 5 anni.

     e) Un'area di notevole rilievo ai fini del potenziamento delle previdenze finanziarie mobilizzabili è rappresentata dai programmi di finanziamento CEE previsti nell'àmbito delle attività della Banca Europea degli investimenti, e del Nuovo Strumento Comunitario (N.S.C.) concernente la politica di rilancio della crescita economica e dell'occupazione.

     In merito la Regione intende svolgere una politica di: sensibilizzazione nell'utilizzo degli strumenti finanziari comunitari; di coordinamento delle iniziative locali di riequilibrio socio-economico (comprensori montani e area del Rodigino); di intervento diretto attraverso la stipula di apposite convenzioni con Istituti di credito nazionali allo scopo di: attivare le appropriate conoscenze tecnico-finanziarie e acquisire le agevolazioni monetarie previste dalla normativa CEE.

     d) Per quanto concerne l'immediato, nel Bilancio Regionale 1983 è previsto uno stanziamento di 12 miliardi da assegnare alla Veneto Sviluppo S.p.A. in funzione del raggiungimento dei seguenti obiettivi:

     - assistenza finanziaria alle cooperative e ai consorzi di garanzia collettiva fidi costituiti fra piccole e medie imprese industriali;

     - assistenza finanziaria al trasferimento di tecnologia sotto forma di informazione, innovazione e assistenza alle piccole e medie imprese;

     - costituzione di un Fondo rotativo per la promozione delle esportazioni e lo sviluppo tecnologico del settore secondario.

 

     5.4. L'articolazione territoriale della politica industriale.

     a) La necessità di tener conto delle peculiari caratteristiche dei singoli ambiti locali porta a concepire, accanto ai possibili interventi predisposti per lo sviluppo economico e sociale delle aree «marginali», specifici interventi per tener conto della presenza, all'interno delle stesse aree «centrali», di ambiti territoriali con caratteristiche strutturali cedenti (situazioni di crisi reali o potenziali) e prive di autonome capacità di recupero. Le crisi od i processi spontanei di ristrutturazione e di riconversione possono assumere intensità tali da richiedere l'espulsione di manodopera che non sempre può essere riassorbita dalle altre attività industriali od addirittura dagli altri settori di attività industriali od addirittura dagli altri settori di attività. In sintesi, l'articolazione territoriale degli interventi di politica industriale deve considerare i seguenti presupposti:

     1. l'opportunità di non riproporre per lo sviluppo delle aree «marginali» il modello di sviluppo proprio dell'area centrale e, nel contempo, di non puntare per la crescita di tali aree esclusivamente sull'industria; ma di assumere una visione secondo cui la riduzione dei divari di reddito o, più in generale, di benessere e di opportunità, sia perseguibile anche seguendo sentieri diversi, secondo le combinazioni produttive più adeguate in funzione della dotazione di risorse peculiari ai diversi ambiti territoriali. Ne consegue che i criteri da adottare per i nuovi insediamenti industriali, da realizzare nelle aree cosiddette marginali, debbono tenere presenti l'esistenza di caratteri strutturali (territoriali, economici, sociali) qualitativamente e quantitativamente diversi all'interno di ciascuna di esse: e ciò sia al fine di correggere quanto è rimasto di squilibri storici, sia al fine di evitare l'insorgere di nuovi squilibri;

     2. la consapevolezza che è necessario realizzare o prevedere interventi anche nelle stesse aree già industrializzate, nel cui àmbito si manifestino situazioni di crisi;

     3. la consapevolezza che, pur trattandosi di un intervento di politica industriale, fermo restando il collegamento che va instaurato con la più generale politica di sviluppo del territorio (PTRC: e cioè con i sistemi dell'ambiente, dell'armatura urbana e dei servizi, dell'urbanizzazione, della mobilità), l'azione della Regione si caratterizza per il suo carattere complessivo, nel senso che si concreta nell'utilizzo combinato dei diversi strumenti e delle diverse capacità di intervento di cui la Regione dispone. Tale combinazione di strumenti e di capacità di intervento sarà inoltre di volta in volta diversa in relazione ai particolari problemi e caratteristiche delle singole aree.

     b) La politica del territorio (PTRC) aveva una grande importanza e ciò sia per la sua influenza negli insediamenti produttivi, e in particolare sull'industria, sia per le competenze di cui la Regione dispone in materia urbanistica. Gli obiettivi, le politiche, le azioni, la struttura stessa del Progetto per il settore secondario costituiscono elementi essenziali di un più ampio sistema, nella formulazione della politica per il territorio (PTRC). Tenendo conto dei riferimenti costituiti dal PRS e degli obiettivi, delle politiche e delle azioni indicati dal Progetto Secondario, sono proposti i seguenti obiettivi di fondo della politica territoriale regionale:

     1. il mantenimento, il consolidamento e l'adeguamento delle tradizionali caratteristiche dei sistemi insediativi e produttivi, e, con queste, il rafforzamento del policentrismo della struttura urbana, dell'interdipendenza tra distribuzione della residenza e organizzazione delle attività economiche, anche mediante una più adeguata articolazione territoriale di quest'ultime;

     2. la tutela, il recupero e la valorizzazione delle risorse ambientali naturali e storico-artistiche, da assicurare eliminando le cause di dissesto e di inquinamento e perseguendo la compatibilità tra le esigenze della salvaguardia e quelle della funzione socio-economica di questi beni;

     3. il raggiungimento generalizzato di predeterminate e soddisfacenti soglie di qualità di vita in termini di domanda di lavoro,di servizi e di potenziale mobilità.

     Strumentalmente a tali obiettivi si collocano i sub-obiettivi concernenti il sistema dell'ambiente, dell'armatura urbana e dei servizi, della mobilità e, in particolare, del sistema produttivo; per quest'ultimo si pongono gli obiettivi di:

     1. eliminazione degli squilibri del sistema regionale attraverso un più corretto uso delle risorse e del capitale fisso sociale e un impiego di modelli territoriali adeguati;

     2. sostegno e controllo dei processi di consolidamento, ristrutturazione ed espansione del sistema produttivo regionale.

     c) In questa cornice di razionalizzazione delle scelte di politica territoriale oggetto del PTRC si situano i criteri seguiti dal presente Progetto nell'articolare territorialmente la politica industriale e ai quali la Regione riferisce il proprio impegno di realizzazione. Essi possono essere così sintetizzati:

     1. per l'azione di riequilibrio territoriale si confermano le indicazioni del PRS per l'attrezzamento delle aree di: Adria-Cavarzere, Feltrino, Veneto Orientale, area meridionale e la gamma di strumenti così come previsto per l'area Adria-Cavarzere dalla legge regionale n. 33 del 1977;

     2. per le aree che presentano situazioni di crisi aziendale e/o settoriale e sulle quali vanno realizzati interventi specifici e prioritari, non appare opportuno (nè in taluni casi possibile) prefissarne nel presente progetto i confini. La delimitazione di questo tipo di area sarà fatta in relazione al delinearsi della possibile situazione di crisi, tenendo conto che l'ampiezza e l'intensità di questa può investire ambiti territoriali diversi e mutevoli e, quindi, da circoscrivere volta per volta per realizzarvi la gamma di interventi coordinati. Si possono tuttavia indicare alcune linee alle quali si ispirerà l'individuazione delle suddette aree e gli interventi che la Regione vi opererà:

     2.1. la delimitazione deve evitare l'eccessiva frammentazione del territorio regionale - che renderebbe non economico l'intervento - e altresì evitarne l'eccessiva estensione, per non superare i limiti reali degli eventuali flussi di mobilità della manodopera;

     2.2. la soluzione dei problemi dell'area non deve venire necessariamente solo dalla capacità di espansione delle attività industriali, dovendosi tener conto, da un lato, anche delle potenzialità delle attività extraindustriali (che spesso sono in grado di fornire una risposta ugualmente soddisfacente in termini di sviluppo economico-sociale) e, dall'altro, delle condizioni che consentano l'instaurarsi di un rapporto sinergico fra attività industriali ed extraindustriali;

     2.3. promuovere la formulazione di Progetti di area che, sulla base dell'analisi precedente e alla luce degli obiettivi generali e specifici di sviluppo/risanamento/rafforzamento, individuino il complesso coordinato di interventi e di azioni in grado di consentire il raggiungimento di tali obiettivi;

     2.4. attuare gli interventi di diretta competenza regionale, interventi che possono riguardare sia azioni a più immediata specificazione territoriale (aree attrezzate, promozione e incentivazione di Consorzi) sia l'utilizzo, finalizzato alle peculiari caratteristiche dell'area, della strumentazione di cui la Regione dispone o intende dotarsi (CETEV, Osservatorio per il mercato del lavoro e Osservatorio per il mercato estero, Finanziaria Veneta Sviluppo, ecc.);

     3. il dimensionamento delle nuove aree artigianali e per la piccola e media industria debbono soddisfare a soglie dimensionali predeterminate ai fini del conseguimento delle economie di scala di insediamento e di gestione; nel contempo le iniziative dei singoli Comuni vanno coordinate per evitare l'eccessiva frammentazione in aree di limitata estensione e in numero troppo elevato per garantire adeguate economie di scala. Le localizzazioni dei nuovi insediamenti artigianali dovranno essere effettuate tenendo conto delle azioni già esistenti, dell'attuale grado di occupazione e delle necessarie integrazioni con le aree «industriali»: a tal fine esse dovranno essere inserite nei P.i. Rientra in questa logica la proroga al 31 dicembre 1984 indicata dalla Regione per l'ampliamento dei fabbricati industriali e artigianali negli insediamenti già esistenti.

     4. In relazione alle competenze derivanti dal D.P.R. n. 616, verrà emanata una normativa che consenta:

     4.1. forme di controllo sui Consorzi che consentano di formulare giudizi di merito e di ricondurre anche a un'unità programmatoria e di indirizzo l'azione da essi svolta;

     4.2. la promozione e l'incentivazione di consorzi intercomunali che rispondano a particolari esigenze di localizzazione industriale. Questo tipo di intervento, proprio per le sue caratteristiche, non sarà riferibile solo alle aree marginali, ma a tutte quelle aree in cui si renderanno necessari interventi di ristrutturazione, di diversificazione o di «bonifica» del settore industriale.

     5. A livello di area verranno affrontati i problemi di natura ambientale ed ecologica causati dalle concentrazioni produttive e la cui soluzione richiede progetti che prevedono interventi di carattere complessivo sulle risorse idriche, sull'inquinamento, sull'assetto del territorio.

     d) Seguendo i criteri di articolazione territoriale della politica industriale elencati nel precedente punto e), la Regione effettuerà (previa verifica dei progetti di insediamento produttivo) nell'àmbito del Bilancio triennale 1982-1984 i seguenti interventi (in parte ricompresi nelle più ampie azioni per l'Artigianato e per le aree/settore alle quali si rinvia per una più ampia esposizione):

     1. erogazione di contributi, compatibilmente con la verifica delle risorse disponibili e in presenza di reali possibilità insediative, per le aree attrezzate di Adria-Cavarzere, Feltre, Fonzaso, Veneto Orientale e Bassa Padovana-Vicentina-Veronese;

     2. erogazione di contributi ai Comuni, ai Consorzi di Comuni, alle Comunità Montane e ai Consorzi tra imprese artigiane, per la realizzazione di aree destinate a insediamenti produttivi misti, ma con una riserva minima di superficie territoriale destinata a imprese artigiane di mq 30.000. La suddetta superficie peraltro va ridotta a 22.500 e a 15.000 mq rispettivamente nelle aree definite di transizione e marginali dal Programma regionale di sviluppo, ivi comprese quelle montane. L'ammontare del contributo è rapportato alle spese per l'acquisizione della superficie territoriale per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria ed è concedibile nella misura massima di 120.000.000 elevabile fino a 300.000.000 secondo tre fasce di superficie territoriale minima.

     Le modifiche di rilievo apportate dalla legge regionale 24 novembre 1981, n. 63, rispetto alla stessa materia disciplinata dalla legge regionale 9 giugno 1975, n. 77, consistono nel maggior rilievo attribuito al ruolo dei Comuni, effettivi coordinatori e gestori delle iniziative agevolate dalla Regione, nella definitività dell' agevolazione finanziaria concessa e nella maggior selettività e finalizzazione al riequilibrio territoriale dell'intervento regionale. L'impegno finanziario per il triennio 1982-1985 è di lire 25 miliardi;

     3. fra gli strumenti disponibili per la realizzazione

dell'articolazione territoriale della politica industriale, particolare rilievo verrà dato all'utilizzo della Legge n. 240 per la costituzione delle società consortili miste private-pubbliche per gli insediamenti della piccola industria e dell'artigianato.

     e) L'utilizzo del suolo a fini industriali nel territorio regionale è caratterizzato da un modello diffuso dovuto alla tendenza, prevalente fino a qualche anno fa, all'insediamento in assenza di indicazioni e vincoli urbanistici. La mappa delle aree utilizzate a fini produttivi si presenta perciò con caratteri di accentuata dispersione e solo in parte gli insediamenti industriali e artigianali si addensano in «aree industriali» di antica formazione.

     Negli ultimi anni, in diretta relazione al diffondersi della redazione e adozione degli strumenti urbanistici da parte dei Comuni, questa tendenza si è invertita tanto che si può ritenere che quote molto limitate di nuovi investimenti industriali o artigianali si collochino al di fuori delle «aree attrezzate» costituite dai:

     - Piani per gli insediamenti produttivi (PIP);

     - Piani di lottizzazione di ufficio (PLU);

     - Piani di lottizzazione (PdL).

     Allo scopo di poter effettuare un valido monitoraggio delle iniziative di localizzazione che godranno del sostegno finanziario della Regione e di predisporre un archivio regionale delle disponibilità localizzate presenti nel Veneto, verrà attivato, presso la «Segreteria per le Attività Produttive» della Regione, un apposito Ufficio «Aree per insediamenti produttivi». A tale Ufficio sarà attribuito il compito di effettuare una ricognizione delle opportunità localizzative presenti nella Regione e previste dai Piani di insediamento comunale (PIP, PLU, PdL) ,corredando tali piani con un archivio di informazioni utili alla individuazione delle caratteristiche territoriali, ecologiche ed economiche dei vari lotti e curandone altresì l'aggiornamento.

     Il sistema delle informazioni elaborate da detto Ufficio consentirà di fornire un valido supporto agli orientamenti e alle decisioni delle iniziative regionali circa l'articolazione territoriale della politica industriale e un prezioso servizio di aggiornamento delle opportunità localizzative presenti nel Veneto.

     f) Per l'immediato la Regione è impegnata a mettere a punto gli opportuni strumenti legislativi da rivolgere a un'azione di intervento straordinario per la realizzazione di centri per la produzione associata, la ricerca tecnologica e la commercializzazione, con particolare riferimento alle attività caratteristiche individuate dalle azioni area/settore, nonché per la razionalizzazione delle condizioni insediative delle imprese.

     In particolare la Regione con il presente Progetto avvia iniziative straordinarie nell'àmbito del settore secondario dirette a favorire le seguenti finalità:

     a) predisposizione di aree per la localizzazione di attività produttive che per vincoli urbanistici o per situazioni ambientali e di inquinamento necessitino di trasferimento;

     b) lo sviluppo di consorzi di ricerca nel campo dei miglioramenti tecnologici dei processi produttivi;

     c) la realizzazione di centri per la promozione e la

commercializzazione dei prodotti.

 

     5.5. La politica per l'artigianato e per la piccola e media impresa industriale.

     La politica della Regione nei confronti dell'artigianato e della piccola e media impresa industriale trova le sue motivazioni di fondo nella rilevanza che tali categorie di imprese rivestono nell'àmbito del settore secondario veneto e altresì nello specifico ruolo che esse sono in grado di svolgere per consentirne le generali condizioni di efficienza e di competitività.

     Rimandando al punto 6.4. - Azione per l'artigianato e la piccola impresa - l'esame degli specifici provvedimenti da adottare, in relazione anche a quanto previsto nelle Direttive per l'artigianato dal Progetto Montagna (luglio 1982), in questa sede si tracciano le linee generali della politica di intervento.

     a) La politica della Regione nei confronti dell'artigianato è motivata dalla valutazione circa l'ulteriore apporto che esso può recare allo sviluppo economico e sociale del Veneto e al miglioramento dei livelli di efficienza e di produttività finora acquisiti. Tale valutazione trae supporto precipuo nella funzione di innesco del processo di sviluppo che l'artigianato ha dimostrato di poter svolgere in quelle realtà territoriali in cui il settore manifatturiero presenta situazioni di insufficiente sviluppo. Pur non trascurando taluni negativi risvolti connessi a situazioni di completa subordinazione di imprese artigiane (così come di «piccole» imprese industriali) a unità produttive di più elevata dimensione o a forme di evasione fiscale e contributiva in esse presenti (situazioni relativamente diffuse ma non dominanti nella realtà regionale e al cui superamento la Regione è impegnata col complesso delle azioni più oltre esplicitate), sulla base di tali motivazioni di fondo la Regione valuta in modo sostanzialmente positivo il ruolo svolto dall'artigianato.

     b) Con specifico riferimento alle categorie artigiane, la Regione sta agendo per la soluzione dei problemi istituzionali (proposte per la formulazione della legge quadro, ampliamento delle competenze regionali, miglioramento del funzionamento delle commissioni provinciali e regionali, revisione dei criteri di individuazione dei limiti dimensionali e possibilità di temporaneo superamento degli stessi, e così via), unitamente a quelli creditizi, insediativi, commerciali e associativi, e ne fa oggetto di altrettanti interventi coordinati nell'azione per l'artigianato di cui al successivo paragrafo 6.4.

     Va altresì ribadito che alle imprese artigiane sono indirizzati buona parte degli interventi individuati nelle azioni di area-settore, soprattutto in quei settori e comparti (la maglieria, l'abbigliamento, le calzature, pelli e cuoio, il mobilio, il vetro, la ceramica, l'oreficeria e l'argenteria, marmo, concia, pellicceria e altri) che sono caratterizzati da una elevata presenza di imprese artigiane.

     L'ottica in cui la Regione si è collocata nel definire il complesso di tali azioni rientra nel crescente sforzo che essa intende realizzare nei confronti del settore artigiano al fine di rafforzarne le capacità operative e di eliminare nel contempo le inferiorità strumentali e dimensionali che tuttora lo caratterizzano. Il perseguimento di tali obiettivi impegna la Regione a predisporre una crescente massa di risorse in favore della categoria, il cui impiego, tenuto conto dei criteri di massima efficacia cui dovrà essere improntato, sarà progressivamente sottratto alla mera assistenza finanziaria e utilizzato in misura crescente per la predisposizione di forme di incentivazione reale e di servizi essenziali altrimenti inaccessibili all'impresa artigiana.

     c) Riguardo alla piccola impresa la Regione ha più volte riconosciuto l'esigenza di estendere anche a essa il proprio campo di intervento, e ciò in quanto riconosce la validità delle posizioni secondo le quali la differenza tra artigianato di produzione e piccola industria è spesso difficilmente percepibile sia sotto il profilo tecnico-produttivo, che organizzativo e commerciale, e sia perché, anche nei casi in cui le due realtà imprenditive mantengono differenze reali, una loro separazione si rivela sterile e inopportuna ai fini dell'efficacia di molti interventi programmati sul territorio.

     In tal senso la Regione ha formulato precise proposte in sede nazionale per:

     - la fissazione di limiti flessibili tra artigianato e piccola impresa industriale;

     - il loro trattamento uniforme in termini di agevolazioni in particolar modo in relazione alle politiche di ristrutturazione settoriale e di riequilibrio territoriale;

     - l'assegnazione di competenze specifiche sulla categoria per gli interventi finalizzati allo sviluppo economico e sociale del territorio.

     Ribadendo il suo impegno in sede nazionale su tali proposte e in attesa che esse si concretizzino, la Regione intende operare coerentemente con le valutazioni sopra riportate sia utilizzando pienamente le competenze a essa demandate dall'attuale normativa, sia allargando alla piccola impresa i suoi interventi in favore dell'artigianato ogni qualvolta le strette maglie delle competenze lo consentano, sia riferendo particolarmente a tale categoria di imprese gli interventi previsti nelle più oltre citate azioni di incentivazione reale (CETEV), Promozione e commercializzazione sui mercati esteri) e nelle altre iniziative (formazione professionale, credito, ecc.) previste in favore della struttura produttiva.

     d) In analogia con la politica seguita in materia di associazionismo artigiano, la Regione ritiene inoltre essenziale perseguire una politica di stimolo all'associazionismo piccolo-industriale, da un lato, per mettere in grado le minori unità produttive di superare i limiti dimensionali (di ordine finanziario, organizzativo, tecnologico e di mercato) che frequentemente ne caratterizzano l'azione, e, dall'altro, per consentire l'autonoma predisposizione di quei servizi e di quelle attività che, pur essendo indispensabili alla crescita di tali imprese, sono tuttora insufficientemente o inefficientemente offerti dal mercato o dagli operatori istituzionali.

     In tal senso la Regione intende operare applicando pienamente le competenze disponibili (D.P.R. n. 616/1977, Legge n. 675/1977, Legge n. 319/1976 e successive modificazioni, Legge n. 240/1981, ecc.) e tenuto anche conto degli effetti moltiplicativi generalmente connessi a tale tipo di intervento sulla struttura produttiva, destinando alle forme aggregative piccolo-industriali una crescente massa di risorse.

 

     5.6. Le politiche settoriali.

     a) L'intervento in campo industriale, oltre che operare sulla dinamica dei fattori di produzione (sui quali prevalentemente fa leva questo Progetto), deve tenere conto anche della dimensione settoriale, essendo tale richiamo legato a quattro ordini di motivi:

     - svolgere un intervento più incisivo nella formulazione delle politiche nazionali dove la dimensione settoriale è tuttora presente;

     - disporre di un quadro di riferimento in cui inserire gli interventi cui sempre più spesso la Regione è chiamata nei confronti di singole unità produttive o di singole aree «monoculturali»;

     - rendere più efficace la specificazione territoriale dell'azione regionale, attraverso la conoscenza dei caratteri della struttura produttiva propria dei diversi ambiti territoriali di intervento;

     - permettere la visualizzazione dei collegamenti infrasettoriali compresi quelli satelliti quali ad es. agrindustria, attività già evidenziata nella programmazione sia regionale in generale che in quella, più specificamente, agricola.

     Delimitata quindi dalle suddette finalità, la politica di settore della Regione si caratterizza anche per un approccio dinamico alla definizione dei confini settoriali in grado di tener conto della mobilità della struttura industriale sotto il profilo tecnologico e di mercato.

     In particolare le politiche settoriali regionali non possono prescindere dal sempre più stretto collegamento che va instaurandosi tra l'industria e le attività comunemente indicate come «terziario avanzato».

     E' chiaro infatti che tale genere di attività non solo presenta un rilievo particolare ai fini della razionalizzazione produttiva delle attività industriali, ma ne è a tutti gli effetti parte integrante anche se rivolta all'«erogazione di servizi» anziché alla «produzione di beni». In questo senso l'attivazione dei servizi reali a favore delle attività industriali da parte della Regione rientra a pieno titolo nell'àmbito del Progetto Secondario, come previsto, a esempio, con la costituzione del CETEV.

     In questa fase di maturazione di una politica di sostegno alle attività industriali del Veneto si ritiene corretto concentrare le iniziative di intervento alle aree dell'innovazione tecnologica e della commercializzazione. Resta tuttavia chiarito che in sede di elaborazione del nuovo PRS la continuazione di tale politica industriale dovrà essere focalizzata all'approntamento di moderne forme di promozione delle cosiddette attività del «terziario avanzato», sia perché esso costituisce un ganglio essenziale della dinamica innovativa delle attività industriali, sia perché è da questo comparto che è giustificato attendersi la parte più rilevante nella formazione di nuove opportunità occupazionali.

     Per quanto riguarda, poi, in generale, la politica di settore, va precisato che essa non può costituire un'arbitraria compressione a confini regionali di problemi la cui dimensione può e il più delle volte è sovrarregionale; è invece ricerca di coerenza e di razionalizzazione nei comportamenti della Regione.

     Questa ottica settoriale, che non è contraddittoria con l'esigenza di una politica dei fattori ma anzi la completa, consente di individuare la dinamica dei fattori produttivi (lavoro, tecnologia, imprenditorialità) specifica ai singoli settori o comparti; chiarisce il rapporto tecnologia, prodotto, mercato che guida le decisioni delle aziende, coglie i punti di forza e la debolezza della struttura produttiva, le connessioni con i vari ambiti territoriali e le loro dotazioni di risorse. Ciò è particolarmente evidente nel settore agroalimentare.

     Questa industria alimentare si trova in una posizione intermedia tra produzione agricola e sistema distributivo e in essa ogni impresa persegue una propria tendenziale situazione di equilibrio dentro i vincoli nei quali si trova a operare.

     Dal lato della produzione agricola le esigenze dell'industria di trasformazione di tipo qualitativo e quantitativo e di stabilità dei prezzi di approvvigionamento trovano una risposta inadeguata da parte di una offerta agricola che è rimasta per gran parte polverizzata e non sufficientemente orientata verso le produzioni «da industria».

     Dal lato della distribuzione, la dimensione piuttosto limitata del mercato nazionale e l'estrema polverizzazione dell'apparato distributivo al dettaglio rendono possibile soltanto a pochissime industrie alimentari, dotate di una propria organizzazione di vendita, conquistare una propria quota di mercato; alle altre non resta che fermarsi alla fase della produzione e lavorare per conto, soprattutto su commessa delle prime o della grande distribuzione nazionale ed estera.

     Se si vuole ottenere la ristrutturazione e lo sviluppo dell'industria alimentare è necessario, perciò, rimuovere o modificare questi vincoli, altrimenti intervenendo solo all'interno del settore si rischia di introdurre ulteriori elementi di distorsione rispetto a un «optimum» secondo cui dovrebbe organizzarsi questa industria.

     Per quanto riguarda il superamento dei limiti e delle insufficienze sul rapporto agricoltura-industria alimentare, l'obiettivo potrà essere raggiunto attraverso una progressiva e sicura organizzazione dell'offerta agricola in momenti aggregativi che garantiscano la programmazione qualitativa e quantitativa della produzione da destinare all'industria di trasformazione.

     In questo senso il «Progetto agricolo-alimentare» della Regione concorda con il ruolo di fattore dello sviluppo del settore agricolo assegnato a essa dalla bozza di «programma finalizzato per l'industria collegata all'attività agricolo-alimentare» predisposto a norma della Legge n. 675/1977, ma ritiene anche indispensabile che l'industria alimentare, per poter svolgere il ruolo assegnatole debba disporre delle condizioni esterne che rendano conveniente la sua organizzazione.

     b) L'attuazione di interventi sui settori deve quindi saldarsi strettamente con le azioni a livello di assetto territoriale e cioè di area.

     Non sempre, infatti, in talune aree industrializzate si è innescato quel meccanismo autonomo di sviluppo in grado di esprimere la domanda addizionale di lavoro sufficiente a compensare le perdite di occupazione dovute alle crisi settoriali o aziendali durevoli. Ciò accade frequentemente nelle aree di recente industrializzazione in cui non si è ancora verificato quel consolidamento manageriale, tecnologico e finanziario necessario ad assicurarne la sopravvivenza, nè si è ancora formato quell'insieme di condizioni, quel tessuto, quelle economie esterne di localizzazione necessarie allo sviluppo autonomo di altre iniziative, sia industriali che extraindustriali. Poiché in queste aree lo sviluppo del passato è tipicamente legato a pochi settori (frequentemente a uno soltanto), la crisi o la decadenza di questi può provocare uno stato di disagio dell'intera area.

     In questo contesto si colloca l'intervento regionale per i settori in crisi. Esso si propone di coordinare il risanamento delle attività in crisi e l'avvio di iniziative sostitutive e/o di diversificazione agendo:

     1) sulla struttura produttiva, mobilitando gli strumenti di competenza della Regione e degli enti locali e stimolando l'iniziativa degli altri operatori;

     2) sul mercato del lavoro, per aumentarne la trasparenza e facilitarne i processi di riqualificazione e di mobilità del personale delle aziende in crisi;

     3) sull'assetto territoriale;

e si concreterà attraverso azioni area-settore.

     c) Questa concezione presuppone quindi un importante e rilevante momento di analisi, il che spiega l'impegno che la Regione ha esplicato nell'analisi dei settori e l'impegno verso la creazione e l'aggiornamento di un adeguato sistema informativo. In questo àmbito la Regione intende anche approfondire la possibilità di usare le informazioni provenienti dal cosiddetto «diritto all'informazione» previsto a favore del sindacato in numerosi contratti di lavoro e di instaurare al riguardo rapporti più stretti con le associazioni imprenditoriali e sindacali.

     La politica di settore trova la sua realizzazione attraverso l'adozione di comportamenti delle parti sociali adeguati alla natura dei problemi e coerenti in termini sincronici e nella loro successione temporale.

     Per i settori indicati nel PRS, il documento per la discussione ha indicato le politiche che la Regione intende sviluppare e i comportamenti che intende adottare e promuovere.

     Una parte di tali comportamenti è già stata realizzata dalla Regione, una parte è indicata sotto forma di azioni specifiche area/settore in questo Progetto, e un'altra parte ancora ha trovato occasione di confronto nella recente Conferenza regionale sulle PP.SS.

     Nel contempo, il carattere dinamico della concezione di settore e l'evoluzione della situazione economica rendono necessario prevedere l'aggiornamento e l'estensione delle analisi anche da altri settori e altre aree.

     Dato l'estendersi, nella situazione attuale, dei processi di crisi, ristrutturazione, la Giunta si impegna a seguire con immediatezza le problematiche di riconversione industriale in quei settori che secondo una prassi ormai consolidata saranno indicati dalle forze politico-sociali.

     In questo senso si evidenzia fin d'ora l'opportunità di affrontare, a tempi brevi, i problemi relativi ai settori:

     - Macchine utensili;

     - Cartario;

     - Termomeccanico;

     - Legno e mobilio;

     - Tessile e meccanotessile.

     In particolare nel settore delle macchine utensili l'analisi dovrà individuare una specifica «azione» regionale che avvalendosi degli interventi della Finanziaria e del CETEV contribuisca alla realizzazione di un «polo Veneto» del settore capace di porsi come momento trainante di un più complesso progetto nazionale orientato sui «sistemi flessibili» e di «fabbrica automatica».

     La realizzazione di questo obiettivo comporta di necessità il mantenimento e lo sviluppo delle attuali realtà produttive anche attraverso momenti di consorziazione specie per quanto riguarda la

commercializzazione, l'indotto e la diffusione tecnologica.

     In questa ottica la Giunta si attiverà, con urgenza, per un rapporto con il Governo per raccordare l'iniziativa regionale con i necessari interventi di carattere generale di competenza nazionale.

 

6. Le azioni specifiche.

     Come già affermato (si veda il paragrafo 4), l'intervento della Regione in campo industriale consiste:

     - da un lato, in iniziative di natura prevalentemente politica di concorso, di confronto e di condizionamento rispetto alle attività di programmazione svolte da altri soggetti;

     - dall'altro, in iniziative a incidenza diretta sulla struttura produttiva e sul suo assetto territoriale che comportino un impegno finanziario da parte della Regione stessa.

 

     6.1. Azione nel campo dell'energia.

     A) L'azione della Regione nel campo dell'energia deve discendere strettamente dai contenuti della politica dell'energia e trova la sua concretizzazione principalmente in due strumenti:

     1. una specifica legislazione per la promozione del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili d'energia;

     2. apposite convenzioni da stipularsi con gli Enti energetici operanti a livello nazionale, nonché con gli Istituti bancari che esercitano il credito per il settore energetico.

     B) La predisposizione di un rinnovato testo di legge per gli interventi sub A) 1. si rende opportuna a seguito dell'entrata in vigore della Legge n. 308/1982, richiamata nella parte concernente le politiche per l'energia, che ha delineato un più sicuro quadro di riferimento per le competenze regionali in tale settore.

     Ribadita la necessaria e logica priorità della programmazione e dell'intervento nazionale in campo energetico, la Regione deve affermare nel contempo la coessenzialità della sua azione nell'attuazione e nella specificazione, oltreché nella formulazione, dei programmi nazionali, da un lato, e nella concretizzazione della propria capacità di iniziativa, dall'altro.

     Da questa premessa discende l'impostazione di una legge organica che, affermato, nel risparmio energetico nel contenimento dei consumi di energia nell'utilizzazione delle fonti rinnovabili, il campo privilegiato di intervento (art. 1), può essere articolata in tre parti:

     a) la prima che delinea il metodo con il quale la Regione intende procedere in campo energetico;

     b) la seconda dedicata agli aspetti organizzativi;

     c) la terza che, nell'ambito delle finalità generali enunciate, definisce e disciplina i primi interventi della Regione.

     Più in particolare:

     1. quanto al metodo, la Regione deve riaffermare la scelta della programmazione, che dovrà estrinsecarsi nell'approvazione da parte del Consiglio regionale del «Programma energetico regionale», cui dovranno far riferimento gli specifici interventi da predisporsi a cura della Giunta regionale. Inoltre la Giunta stessa assicura, attraverso la Segreteria per il settore secondario, una gestione unitaria degli interventi nel campo energetico e in particolare della Legge n. 308/1982;

     2. quanto agli aspetti organizzativi, essi devono riguardare, da un lato, l'istituzione del Comitato regionale per l'energia, che viene a rappresentare anche un importante momento di partecipazione e di coinvolgimento e che può essere altresì interpretato come raccordo tra ambiente esterno e struttura regionale;

     3. quanto agli interventi immediati, essi debbono consistere:

     a) nelle more dell'approvazione del Programma energetico regionale, nell'attuazione delle competenze delegate dalla Legge n. 308/1982 nei settori edile, industriale e agricolo;

     b) nella promozione di studi, di interventi di sperimentazione, anche tramite convenzioni con gli Enti energetici;

     c) la scelta delle convenzioni, di cui al punto A) 2., come strumento d'intervento in campo energetico si basa su considerazioni anzitutto di carattere generale, in relazione all'evidente necessità di avere un momento di coordinamento e verifica dei programmi degli Enti energetici operanti nel territorio regionale. In secondo luogo va tenuto anche conto che l'amministrazione attraverso tale via può reperire quelle competenze tecniche che non sono disponibili al suo interno, come suggerisce del resto normativamente la stessa Legge n. 308, ove prevede che (art. 15) l'ENEL, l'ENI, l'ENEA e il CNR possono, in base ad apposite convenzioni e nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, assistere le Regioni nell'attuazione degli interventi delegati. In particolare le convenzioni dovranno essere definite secondo i seguenti indirizzi:

 

ENEL:

si dovrà prevedere un'azione concordata in due fasi. Nella prima dovrà essere privilegiato l'approccio della problematica delle fonti minori e del risparmio, evidenziando il ruolo che l'ENEL può svolgere direttamente in attuazione dei propri compiti istituzionali, e anche indirettamente a sostegno delle iniziative di altri soggetti privati e pubblici. Nella seconda dovrà essere previsto un particolare impegno di approfondimento della problematica concernente gli impianti di base, con particolare riguardo al programma elettronucleare, del quale sono già state fissate le prime scadenze amministrative per la procedura di individuazione dei siti;

 

ENEA:

viste le finalità istituzionali di questo Ente, sorto con la Legge n.

84/1982 dalle preesistenti strutture del CNEN, si ritiene che il rapporto

di collaborazione con la Regione possa opportunamente riguardare due

fondamentali linee di azioni:

     a) un'attività di studio, sviluppo e dimostrazione sulle fonti minori e il risparmio, che dovrà concretarsi in particolare tramite un'indagine sistematica sui consumi energetici delle piccole e medie imprese del Veneto;

     b) un'attività di ricerca e sperimentazione sulle conseguenze ambientali e sanitarie derivanti dallo sfruttamento delle fonti d'energia, nonché sulla sicurezza degli impianti nucleari e sul loro impianto territoriale;

 

ENI:

i rapporti con questo Ente vanno definiti tenendo conto anzitutto dei compiti istituzionalmente a esso assegnati per l'approvvigionamento delle fonti e il loro miglior utilizzo; d'altro canto va tenuto presente quell'ampio spettro di competenze disponibili presso le Società controllate e collegate, che possono essere particolarmente utili per gli studi e le indagini sulle caratteristi che energetiche del territorio regionale. All'ENI va quindi richiesto anche un ruolo di coordinamento fra le Società partecipa te, fungendo da capofila rispetto alle pre stazioni che risultassero d'interesse regionale;

 

CNR:

vanno verificate le capacità di analisi e di studio che questo Ente ha acquisito soprattutto con il Progetto energetico avviato nel 1976. Va verificata in particolare la possibilità di rendere disponibili all'utenza delle piccole e medie imprese le metodologie concernenti il calcolo dei costi e dei benefici degli interventi, nonché una specifica iniziativa per la formazione di quadri - energy managers - in grado di individuare tutte le opportunità di risparmio sia nei processi che nei servizi generali;

 

ISTITUTI DI CREDITO:

lo strumento delle convenzioni deve essere impiegato anche nei confronti

degli Istituti di Credito operanti nel Veneto, per orientare i flussi

finanziari nella diversione degli obiettivi previsti nel «Programma

energetico» a sostegno di iniziative sia pubbliche che private.

Interlocutori privilegiati dovranno essere soprattutto gli Istituti che

operano come sportelli BEI, nonché quelli abilitati a esercitare il credito

della Legge n. 308/1982 a favore degli interventi nel settore edile,

industriale e agricolo. Oltre che per definire gli aspetti strettamente

tecnico-finanziari del rapporto Regione-Istituti, le convenzioni dovranno

essere finalizzate anche a fornire all'utenza, effettiva e potenziale, un

quadro permanentemente aggiornato e completo delle agevolazioni esistenti

nelle loro diverse forme e a promuovere l'informazione sulle opportunità

offerte dalle tecnologie disponibili.

     C) A partire dagli interventi immediati di cui al punto 3. a)-b), l'azione della Regione, in una prospettiva di medio periodo, dovrà consistere nelle seguenti iniziative:

 

1) Risparmio energetico e fonti alternative

     - la cogenerazione di energia elettrica e calore;

     - l'impiego dell'energia solare per la produzione di acqua calda a uso igienico sanitario;

     - iniziative di risparmio nei settori degli usi civili, industriali e agricoli.

     Sia per l'elaborazione del Programma Energetico regionale che per i primi interventi d'attuazione della Legge n. 308/1982, dovranno essere osservate le seguenti priorità:

     a) rispettare la coerenza degli interventi rispetto ai generali indirizzi e documenti di programmazione adottati dalla Regione;

     b) promuovere interventi che, fatta salva l'esigenza di garantire la diffusione di tecnologie innovative che favoriscano il massimo risparmio d'energia, tengano conto della durata, dell'affidabilità, dell'ammontare dell'investimento e delle necessità di manutenzione;

     c) nel settore edile, gli interventi nel seguente ordine:

     - interventi coordinati nell'ambito di progetti di razionalizzazione energetica, compresi in programma di riqualificazione energetica e funzionale di interi stocks edilizi omogenei, che prevedano tecnologie e materiali duraturi e di ridotte necessità di manutenzione. Sistemi integrati di componenti passivi;

     - interventi che prevedono l'impiego di componenti edilizi industrializzati quali collettori e analoghi sistemi di captazione dell'energia solare integrati nella struttura edilizia;

     - interventi in impianti sportivi ad altro consumo energetico specifico (piscine, palestre, servizi docce, ecc.);

     - interventi che usano tecnologie che riducono l'impatto ambientale (ecologicamente compatibili);

     - interventi inseriti in più ampi contesti di organizzazione energetica territoriale: metanizzazione, teleriscaldamento, programmazione e riconversione dell'offerta di energia, piani di elettrificazione, ecc.;

     d) nel settore industriale, gli interventi nel seguente ordine:

     - interventi a favore delle piccole e medie imprese e interventi coordinati fra più imprese;

     - interventi coordinati di processo nei servizi generali e di climatizzazione;

     e) nel settore agricolo e forestale, gli interventi che promuovano l'utilizzazione delle energie rinnovabili mediante anche processi integrati, atti a consentire la migliore utilizzazione dei rapporti costi- benefici, l'incremento e il miglioramento della produzione agricola, zootecnica e forestale e la razionalizzazione dei consumi di energia.

     La concessione delle provvidenze previste dalla Legge n. 308/1982 agli articoli 6, 8, 12 per il settore agricolo e agro-industriale dovrà in ogni caso rispettare il seguente ordine di priorità:

     - le imprese familiari diretto-coltivatrici singole o associate;

     - le cooperative agricole e i loro consorzi costituiti prevalentemente da coltivatori diretti proprietari o affittuari, da mezzadri, coloni o compartecipanti, ivi comprese quelle costituite ai sensi della Legge 10 giugno 1977, n.285;

     - le altre cooperative agricole, loro consorzi, nonché le associazioni dei produttori agricoli;

     - gli imprenditori non coltivatori diretti singoli o associati che esercitino l'attività agricola a titolo principale ai sensi dell'art. 8 della L.R. 22 dicembre 1978, n. 69;

     - le società promosse da imprese familiari diretto coltivatrici per l'esercizio dell'agricoltura costituite con atto pubblico registrato presso la Cancelleria del Tribunale competente per territorio.

     A parità di condizioni verrà data preferenza ai beneficiari che inseriscano le iniziative di risparmio energetico nel piano aziendale e interaziendale di sviluppo ai sensi della L.R. 22 dicembre 1978, n. 69.

 

2) Energia idroelettrica

     Particolare rilievo deve assumere un programma di sfruttamento delle residue risorse idroelettriche, tramite:

     a) l'impiego da parte dell'ENEL di potenzialità idroelettriche, in passato non economicamente destinabili alla produzione di energia elettrica ma attualmente asservibili a tale uso, in considerazione del maggior margine di competitività acquisito dalla fonte idroelettrica;

     b) il ripristino di centraline dell'ENEL disattivate;

     c) lo sfruttamento da parte di terzi di risorse idroelettriche ancora non utilizzate.

     I risultati parziali del «censimento» sulle residue risorse idroelettriche avviato dalla Regione in collaborazione con l'ENEL hanno già messo in luce alcune possibilità idroelettriche che appaiono suscettibili di sfruttamento: nella sola provincia di Belluno, infatti, sono stati individuati, in collaborazione con il Consorzio di Comuni del BIM, complessivamente 63 impianti tecnicamente fattibili con una potenza massima producibile di 38 MW complessivi e una producibilità media annua totale di circa 249 GWh.

     Tra questi 63 impianti, sono stati già individuati in una prima fase circa 20 progetti, per una producibilità media annua complessiva di 103 GWh, per i quali si deve proporre la realizzazione usufruendo anche dei benefici della Legge n. 308.

 

3) Energia elettronucleare

     Nell'ambito delle osservazioni e delle riserve sopra espresse a proposito dei siti individuati nel Veneto (v. cap. politiche per l'energia), va approfondito il ruolo che la Centrale ipotizzata dal PEN può svolgere ai fini dello sviluppo socio-economico regionale, sia direttamente tramite gli investimenti in programma, che tramite l'effetto indotto sulle imprese fornitrici e di servizio.

     Sul piano del metodo, si ritiene necessario che la Regione e l'ENEL attuino un confronto entro il 1983 con tutte le componenti economiche, politiche, sociali e culturali per un adeguato approfondimento delle questioni generali e particolari che nascono dagli interventi ipotizzati nel PEN.

 

4) Energia termoelettrica

     Centrale ENEL Fusina:

     - Centrale costituita da due gruppi da 160 MW e da due da 320 MW funzionante anche a carbone e a metano;

     - per il funzionamento dei due gruppi da 320 MW il Ministero dell'Industria ha concesso a partire dal `79 autorizzazioni provvisorie via via rinnovate subordinandole a parere regionale e a nomina da parte della Regione di una Commissione tecnico-scientifica «di controllo del rispetto dei limiti di scarico acque in laguna fissati da Legge per Venezia».

     La Commissione è stata nominata con provvedimenti del Consiglio regionale nn. 810 e 811 del 10.5.1979;

     - la Commissione dopo 3 anni di lavori ha consegnato il rapporto finale nel quale, tra l'altro, ha affermato che durante la stagione estiva lo scarico supera saltuariamente il limite dei 30 centigradi stabilito dalla Legge per Venezia, ma che, a proposito di questo, le indagini ecologiche eseguite per 3 anni «non hanno mostrato una significativa incidenza nell'ambiente lagunare interessato»;

     - a proposito delle conseguenze dei limiti di temperatura allo scarico sopra detti, l'ENEL ha formulato una nota dimostrativa delle conseguenze che ne derivano: a partire dalla metà di ottobre, si rende indispensabile una percentuale variabile dell'energia elettrica producibile, che raggiunge il massimo del 70 per cento a cavallo fra luglio e agosto. Questa energia, che deve essere prodotta altrove con olio combustibile anziché a carbone, comporta il mancato risparmio di circa 20 miliardi l'anno in valuta pregiata;

     - attualmente la centrale di Fusina funziona in base all'ennesima autorizzazione provvisoria del Ministero dell'Industria che scade il 31.12.1983 ed è subordinata al rispetto dei limiti di legge;

     - tenuto conto dei risultati ottenuti dalla Commissione tecnico- scientifica, è necessario che venga concessa l'autorizzazione definitiva allo scarico e che, sempre alla luce dei predetti risultati, venga presa in considerazione la revisione dei limiti di accettabilità degli scarichi come previsto all'art. 6 del D.P.R. n. 961/1973.

     Centrale ENEL Porto Tolle:

     - I lavori sono stati ultimati in tre gruppi da 640 MW di potenza netta disponibile; il quarto sarà ultimato entro ottobre del corrente anno. Attualmente sono autorizzati a entrare in servizio solo due gruppi; per il terzo vi è un'autorizzazione solo per l'esecuzione delle prove di funzionamento con sospensione di uno degli altri due gruppi.

     Per quanto riguarda l'alimentazione è in corso la costruzione dell'oleodotto e la sua entrata in funzione è prevista per la primavera dell'84; attualmente i rifornimenti avvengono tramite bettoline che consentono l'alimentazione di circa 6.000 tonnellate al giorno (5 bettoline da 1.200 tonnellate al giorno).

 

Teleriscaldamento

     Un particolare significato rispetto all'obiettivo del risparmio nel settore degli usi civili assume il teleriscaldamento, per il cui sviluppo la Regione intende, oltre che prumuovere studi di fattibilità e la prestazione di assistenza a favore degli enti che intendono adottare questa soluzione, affrontare il problema del finanziamento approfondendo la possibilità del ricorso a risorse sia di origine interna che CEC.

     A tale fine sono considerati progetti di preminente interesse regionale quei progetti applicati in aree di forte densità abitativa e che si applicano come integrazione o parziale sostituzione di altri mezzi di riscaldamento e di produzione di acqua calda nonché per usi industriali e artigianali.

     La Regione, anche sulla base di studi già effettuati da alcuni Enti locali, individua come progetti aventi le caratteristiche indicate al precedente comma:

     Venezia:

     a) progetto per un sistema-energetico integrato al comprensorio Mestre-Marghera-Fusina promosso dal Comune di Venezia;

     b) progetto per il teleriscaldamento di Murano promosso dalla sezione sperimentale del vetro di Murano.

     -Padova:

     progetto per il teleriscaldamento promosso dal Comune capoluogo e dalle sue aziende.

     -Rovigo:

     progetto per il teleriscaldamento promosso dal Comune capoluogo.

     -Verona:

     progetto per il teleriscaldamento promosso dal Comune capoluogo e dall'azienda municipalizzata.

     -Vicenza:

     progetto per il teleriscaldamento promosso dal Comune capoluogo e dall'azienda municipalizzata.

     La realizzazione dei suddetti progetti deve prevedere, anche in fase di gestione, l'apporto della Regione, direttamente o tramite idonei strumenti operativi, al fine di garantire il necessario coordinamento degli episodi locali con la programmazione generale.

 

5) Metanizzazione

     A seguito della definizione dell'accordo intervenuto con il Governo dell'Algeria per la fornitura di metano all'Italia, le disponibilità della SNAM consentiranno - tra il 1983 e il 1985 - l'estensione della metanizzazione nel Veneto, con l'obiettivo di raggiungere la percentuale del 75 per cento circa di popolazione servita.

     Gli interventi avranno luogo secondo la seguente progressione: estensione della rete metanifera della SNAM al servizio del territorio della provincia di Belluno e precisamente da Pieve di Soligo a Belluno con derivazione da Belluno a Feltre e Pedavena.

     La SNAM S.p.A. si impegnerà a costruire e a porre in esercizio i seguenti metanodotti:

     Metanodotto Pieve di Soligo-Belluno;

     Derivazione per Feltre, da Belluno, sulla destra Piave, fino a Pedavena.

     Le opere consistono essenzialmente nella posa di circa km 62 di tubazione di vario diametro (4", 6", 8", 10", 12").

     La nuova rete alimenterà i Comuni di Belluno, Limana, Trichiana, Sedico, S. Giustina, Cesiomaggiore, Pedavena, Feltre, Longarone, Ponte nelle Alpi, Farra d'Alpago e potrà servire direttamente alcuni insediamenti industriali della provincia di Belluno.

     L'operazione comporterà:

     a) un investimento complessivo, necessario per la realizzazione dei metanodotti, di lire 14 miliardi;

     b) un contributo globale da parte della Regione e del BIM di lire 9 miliardi e 700 milioni, di cui lire 6 miliardi e 700 milioni a carico della Regione e 3 miliardi a carico del BIM;

     c) un contributo della SNAM S.p.A. per la rimanenza (4 miliardi e 300 milioni).

     Circa la formalizzazione dell'impegno finanziario della Regione, esso è assicurato dalla L.R. n. 2/1983.

     Per ciò che riguarda l'area del Polesine, esiste un gruppo di Comuni il cui allacciamento è previsto nei programmi a breve termine dalla SNAM e che dovrà portare la popolazione servita dal 68 per cento circa al 71 per cento circa del totale regionale.

     Quanto sopra, per i Comuni di Ficarolo, Gaiba (per estensione da Ficarolo), Giacciano con Baruchella, Salara, Trecenta, Canda, Castelmassa, Castelnovo Bariano, Ceneselli, Villamarzana (per estensione da Fratta Polesine) e successivamente Bergantino e Melara, subordinatamente all'attivazione della centrale ENEL di Ostiglia.

     Nel 1983, con una previsione di spesa di circa 1 miliardo a carico della SNAM, verrà potenziata la condotta di adduzione principale da Grantorto (PD) fino Santa Croce di Fontaniva (PD).

     Vi e possibilità di estendere la rete - previo contributo finanziario degli Enti locali interessati - da Santa Croce di Fontaniva a Ca' Dolfin e Rosà, nonché di procedere al completamento del Comune di Cassola e collegando Romano e Cartigliano.

     Molvena, Pianezze e Mason potranno essere serviti per estensione da Marostica.

     Bolzano, Bressanvido e Quinto Vicentino saranno collegati per estensione da Vicenza.

     Analoga possibilità si prospetta per Pozzoleone.

     Si potrà valutare concretamente un'ipotesi di metanizzazione per la Riviera Berica a partire dal 1985; per l'Altopiano di Asiago, entro la fine del 1983, sarà completato lo studio di fattibilità tecnico-finanziario che in ogni caso comporterà, per la realizzazione, un apporto finanziario degli Enti locali interessati.

     Per il Veneto Orientale è previsto, nel 1984, il collegamento per Cinto Caomaggiore, Pramaggiore e Annone Veneto.

     Infine - con il superamento di alcune difficoltà tecniche - è prevedibile tra il 1984 e il 1985 il collegamento di S. Maria di Sala e di alcuni Comuni del Conselvano.

 

     6.2. Costituzione del Centro per l'informazione tecnologica, la ricerca applicata e l'assistenza tecnica alle piccole e medie imprese del Veneto (CE TE V).

 

Obiettivi dell'intervento regionale in tema di innovazione.

     L'importanza strategica dell'innovazione tecnologica e manageriale ai fini del mantenimento di un alto grado di competitività delle imprese costituisce un fatto ormai incontrovertibile.

     In passato (anni `50 e `60) il processo di innovazione nel tessuto industriale italiano si è prodotto essenzialmente attraverso l'acquisizione, spesso dall'estero, di nuovo macchinario a più alta produttività. Da allora l'eccezionale integrazione dei sistemi economici nazionali e la dimensione quantomeno europea della concorrenza rendono questo genere di politica insufficiente.

     L'innovazione (ai diversi livelli di complessità e sofisticatezza) deve trasformarsi in un'attività funzionale e sistematica delle imprese, al pari delle tradizionali funzioni amministrative, commerciali e produttive.

     A tale riguardo la Regione utilizzerà al massimo le possibilità e le risorse derivanti dalle leggi nazionali favorendo l'aggregazione delle potenzialità esistenti coordinandole secondo una logica di concentrazione territoriale. In particolare la Regione userà i fondi trasferiti dalla Legge n. 240 per l'attivazione di un'area di ricerca a Porto Marghera da realizzarsi a partire dal coordinamento o consorziazione delle attuali strutture di ricerca.

     La Regione intende dare il suo contributo allo sviluppo dei processi di innovazione nell'industria veneta attraverso la costituzione del CETEV a cui affidare un ruolo di consulenza e di promozione sul piano della sistematica riorganizzazione tecnica e manageriale dell'impresa in generale e di quella medio-piccola in particolare.

 

Funzioni del CETEV.

     Gli elementi caratteristici del processo innovativo sono rappresentati dal margine di rischio a esso connaturato, in merito ai risultati e al valore economico dell'innovazione stessa, e dal ritardo con cui si realizza il recupero economico dell'investimento innovativo. Questi due elementi costituiscono anche le remore fondamentali alla realizzazione di un'intensa attività innovativa da parte delle imprese, specie se di piccola dimensione.

     Al CETEV va quindi assegnata una funzione di attivazione nell'incontro tra domanda e offerta di innovazione tecnologica, attraverso una serie di attività da graduare nel tempo e suddivise nelle seguenti aree:

     1) inventario delle disponibilità di tecnologia e di competenze tecnologiche (Offerta) nel sistema industriale e nei centri di ricerca con particolare riferimento al Veneto;

     2) collegamento con analoghi centri italiani e stranieri per la realizzazione di un sistema informativo tecnologico cui far accedere la singola impresa;

     3) azione di sistemazione, amplificazione e disseminazione delle informazioni a carattere innovativo per l'area tecnologico-manageriale;

     4) espletamento del ruolo di coordinamento della domanda di innovazione delle imprese attraverso un varo di particolari programmi- pilota di carattere «orizzontale» (antinquinamento, risparmio energetico, controllo di qualità, ecc.), in particolare il CETEV opererà prioritariamente nei settori indicati a pag. 34, attivando ogni iniziativa tesa all'introduzione delle nuove tecnologie;

     5) assistenza alle imprese nei programmi di partecipazione a progetti di ricerca e innovazione finanziati pubblicamente.

 

Modalità organizzative.

     Il CETEV opererà non come un Centro di produzione diretta, bensì di promozione, raccolta e smistamento di Know how, di informazioni tecniche e di mercato, di assistenza tecnica. Esso pertanto dovrà dotarsi di una struttura agile e qualificata e si avvarrà in via continuativa di un comitato tecnico-scientifico per la progettazione e il coordinamento delle attività da svolgere, e si rivolgerà per la realizzazione dei vari progetti a strutture e organizzazioni di ricerca applicata e/o formazione italiana e straniera.

     Il CETEV avrà come utilizzatori le singole aziende, o gruppi di aziende, allo scopo di facilitare e generalizzare l'accesso ai servizi del Centro alle piccole e medie imprese.

     Il CETEV opererà per settori o comparti prioritari in base all'urgenza dei problemi di razionalizzazione tecnologico organizzativa e all'importanza dei settori nell'economia regionale.

     Ciò significa che il CETEV opererà secondo la logica propria dei programmi finalizzati attraverso la definizione di specifici budget di spesa.

 

Forme e modi di partecipazione della Regione.

     Le esigenze di flessibilità operativa fanno ritenere che il CETEV debba assumere la forma giuridica di società per azioni. La ripartizione del capitale interesserà la Veneto Sviluppo S.p.A. per il 35 per cento e inoltre potrà interessare i seguenti Enti e Associazioni imprenditoriali secondo le quote seguenti:

 

 

- Camera di Commercio                          10%

- Associazione delle Aziende a

  partecipazione statale                       10%

- Associazioni industriali (Confindustria)     20%

- Associazioni di Piccole e Medie

  Imprese (API)                                10%

- Associazioni artigiane                       10%

- Movimento cooperativo                         5%.

 

 

     La quota delle Associazioni industriali e dell'Associazione delle Aziende a partecipazione statale può essere sottoscritta anche dai Centri di ricerca costituiti dalle grandi Aziende.

 

Impegno finanziario.

     Dati gli obiettivi a esso assegnati, il Centro non potrà essere completamente autonomo dal punto di vista finanziario e almeno per un periodo necessario al suo consolidamento.

     Il budget di spesa relativo alla sua costituzione e alla gestione per i primi 3 anni può essere valutato nell'ordine dei 5 miliardi.

 

     6.3. Azione per la promozione e la commercializzazione.

     Coerentemente con gli obiettivi di politica industriale in precedenza enunciati, la presente azione è motivata dall'esigenza di dare supporto alla struttura industriale della Regione nelle operazioni commerciali con l'estero e di concorrere al mantenimento e, in prospettiva, al miglioramento della sua capacità di competere sui mercati internazionali.

     Tenuto conto delle principali esigenze espresse dalle imprese esportatrici e del quadro dei servizi offerti dagli altri operatori istituzionali, l'azione si articola nei seguenti interventi:

     a) Promozione;

     b) Osservatorio regionale per il commercio con l'estero;

     c) Strutture di commercializzazione.

 

a) Promozione

     Con l'intervento nel campo promozionale, la Regione si propone di migliorare le complessive capacità di raccordo e, quindi, di penetrazione e di tenuta delle piccole e medie imprese venete sui mercati internazionali. Tale obiettivo viene perseguito attraverso iniziative dirette a sensibilizzare le imprese e a organizzare la domanda di servizi promozionali, attraverso attività di coordinamento degli organismi pubblici e privati operanti in tale campo e, infine, mediante misure relative alla predisposizione di servizi tecnico-operativi e promozionali e mediante la concessione di contributi alle imprese singole e associate.

     Nell'ambito di tale azione, la Regione intende privilegiare gli accordi con il Ministero per il commercio estero e, in fase operativa, con l'Istituto nazionale per il commercio estero. A livello regionale gli organismi in più stretta collaborazione sono le Camera di commercio e il loro Centro regionale per il commercio estero.

     I finanziamenti regionali si rivolgeranno soprattutto verso gli organismi a rappresentatività generale degli interessi presso i quali sono presenti le varie componenti produttive, ciò al fine di favorire i momenti di aggregazione aumentando in pari tempo la capacità di manovra, la specializzazione operativa e il controllo dei risultati.

     Le politiche regionali per il perseguimento di dette finalità comprendono:

     - il programma fieristico;

     - il coordinamento degli Enti promozionali;

     - lo sviluppo degli Enti fieristici e dei Centri permanenti di commercializzazione.

 

a 1) Il Programma fieristico

     La L.R. n. 16/1980 disciplina gli interventi regionali nei settori fieristici e promozionali, determinando le modalità di autorizzazione e finanziamento delle iniziative.

     Per l'azione concreta, la legge fa rinvio a un programma annuale approvato con provvedimento del Consiglio regionale.

     Tale programma si caratterizza per la sua autonomia e completezza, essendo atto di individuazione dei settori produttivi, delle iniziative promozionali, degli stanziamenti assegnati e degli organismi di collaborazione.

     Il programma è anche uno strumento flessibile: esso può affiancare con modificazioni e puntualizzazioni annuali la dinamica di intervento degli enti pubblici e privati, aggiornando la strategia e le disposizioni.

     Le linee evolutive del programma per il prossimo triennio sono le seguenti:

     - Settori ammessi alla promozione. Pur in un'ottica di consolidamento degli interventi a favore dei settori maggiormente inseriti nella Regione, come quelli del sistema moda, dell'arredamento e degli articoli da regalo, sarà progressivamente ampliata l'area di azione, anche con accordi in sede governativa, a comparti produttori di beni di investimento per i quali sussista una significativa richiesta dei produttori.

     Le iniziative regionali coinvolgono di norma attività a dimensione regionale; tuttavia, ove esistano concentrazioni produttive locali, verrà dato particolare rilievo alle singole attuazioni e saranno realizzate misure atte a costituire una più ampia strategia di azione.

     - Sensibilizzazione dei mercati. Anche per quanto concerne i mercati, la Regione terrà conto delle aree ove è tradizionalmente presente la produzione veneta, favorendo iniziative per il consolidamento e l'aumento della quota di mercato. Dette aree, d'altronde, coincidono quasi sempre con i Paesi industrializzati europei ed extraeuropei a maggior potere d'acquisto. Sarà considerata con interesse la Comunità di lavoro Alpe- Adria, nell'ambito della quale il Veneto svolge una più importante azione politica. Per quanto concerne i Paesi orientali (e in particolare la Jugoslavia), vanno perseguite ipotesi di costituzione di «uffici di compensazione» per organizzare scambi prodotto contro prodotto, coinvolgendo gli operatori.

     Saranno anche intraprese iniziative qualificate verso mercati nuovi o non sufficientemente consolidati, come i Paesi africani e l'Estremo Oriente.

     - Tipologia degli interventi. L'orientamento regionale è per l'affiancamento delle modalità più semplici ed episodiche, come la concessione di contributi o comunque le attività di minor rilievo, con forme maggiormente coordinate, quali campagne di sostegno dei marchi, programmi ad ampio raggio d'azione concordati con organismi qualificati, come ICE e l'UNIONCAMERE.

     La Giunta relazionerà sui risultati raggiunti con l'azione promozionale in sede di presentazione delle proposte il programma per l'anno seguente.

 

a 2)Il coordinamento degli Enti promozionali

     Il coordinamento degli Enti operanti nel settore promozionale costituisce l'azione che attualmente riveste maggiore interesse politico e verso la quale si, sta polarizzando l'interesse delle Regioni. E avviato un confronto anche in sede governativa mirante a ottenere - nel quadro dell'attività di indirizzo e coordinamento del Ministero per il commercio estero - il riconoscimento delle Regioni come interlocutrici prioritarie della politica governativa in materia di commercio estero.

     I risultati che si attendono dal confronto in sede nazionale sono i seguenti:

     - revisione dell'art. 3 del D.P.R. n. 818/1978 con l'attribuzione alle Regioni della presidenza dei comitati consultivi nazionali e la modificazione della composizione degli stessi in direzione di una più equilibrata rappresentanza degli enti pubblici e delle associazioni di categorie. La presidenza regionale dei comitati conferirebbe agli stessi una più adeguata rappresentatività politica, e, sul piano pratico, consentirebbe il superamento della duplicazione di iniziative che attualmente si verifica in àmbito provinciale a causa di un certo protagonismo degli enti pubblici e privati che non concordano anticipatamente le proprie attività e le proprie spese;

     - estensione della promozione regionale anche alla piccola e media industria, struttura imprenditoriale che è stata protagonista, insieme all'artigianato, dello sviluppo economico e occupazionale del Veneto e che non può essere più a lungo discriminata senza penalizzare gli stessi risultati dell'azione promozionale e, in definitiva, dell'impegno pubblico;

     - potere di iniziativa nei confronti del Ministero per il commercio estero e dell'ICE per proporre programmi di intervento, da realizzare in stretta collaborazione, relativi a settori produttivi di beni di consumo di particolare interesse per la Regione;

     - comunicazione dell'intesa governativa ai sensi del D.P.C.M. 11.3.1980 entro un mese dall'inoltro del programma regionale. Possibilità di armonizzazione dei programmi regionali con quello ICE.

 

a 3) Lo sviluppo degli Enti fieristici e dei Centri permanenti di commercializzazione

     L'azione per lo sviluppo del ruolo degli Enti fieristici può consentire il raggiungimento di alcuni importanti risultati a breve termine essendo proiettata su strutture professionalmente e organizzativamente qualificate per un'azione di promozione permanente - Essa è diretta, in primo luogo, a elevare la concentrazione degli interventi regionali eliminando i piccoli interventi dispersi sul territorio. Conseguentemente l'iniziativa regionale resta tendenzialmente orientata alle attività fieristiche qualificate, istituzionalmente aperte alla partecipazione di tutti gli operatori, collocate in una sede operativamente predisposta per sviluppare i rapporti commerciali in Italia e all'estero.

     In secondo luogo, tale azione è in grado di collegare sempre più strettamente gli Enti fieristici alle finalità della programmazione regionale inserendoli, con compiti adeguati, in una strategia di evoluzione delle attività promozionali.

     In questa direzione, la Regione intende promuovere la trasformazione degli Enti fieristici in Centri di affari dotati di necessari strumenti e personale specializzato nei quali il momento espositivo sia coronamento e avvio di un'attività di presenza e di offerta sul mercato che abbraccia l'intero anno. In tali centri dovrà essere possibile la presentazione dei prodotti dell'industria e dell'artigianato veneto, secondo modalità rispondenti ai valori peculiari e tradizionali dei prodotti.

     Questa trasformazione consente di esaltare la funzione fieristica attraverso il moltiplicarsi delle opportunità di contatto con la clientela e la disponibilità di servizi comunicativi e commerciali.

     A supporto di questo obiettivo saranno sviluppate le iniziative necessarie per la realizzazione, all'interno delle istituzioni fieristiche, di «Centri permanenti di commercializzazione» per i seguenti settori: la ceramica, l'oreficeria-argenteria, la calzatura, la maglieria, il mobilio.

     Per altri settori, come il vetro artistico, l'occhialeria e la pellicceria, la particolare collocazione territoriale delle attività e l'assenza di manifestazione fieristica a essi finalizzata suggeriscono l'opportunità di realizzare Centri permanenti di commercializzazione dotati delle corrispondenti specializzazioni.

     I servizi che dovrebbero essere forniti dai centri di affari potrebbero essere i seguenti:

     - reperimento clienti (collegamento con le varie Banche dati), consulenza contrattuale e finanziaria, interpretariato, consulenza doganale e per spedizioni all'estero;

     - organizzazione di missioni di compratori anche con visita alle aziende;

     - esposizioni permanenti e documentazione sulle caratteristiche più salienti delle produzioni.

     Un centro intersettoriale di promozione e assistenza commerciale potrà essere realizzato a Noventa di Piave (nell'area già predisposta dal Comune) a sostegno delle attività produttive del Veneto Orientale.

     Tale centro costituirà l'occasione per il coordinamento e la razionalizzazione delle tradizionali manifestazioni fieristiche presenti in tale area.

 

b) Osservatorio regionale per il commercio con l'estero

     Considerato che la disponibilità di tempestivi e stabili flussi informativi è uno dei fattori essenziali per la formulazione delle politiche commerciali delle imprese e che tale disponibilità rappresenta altresì un indispensabile momento di supporto conoscitivo e previsivo degli interventi diretti e di coordinamento che la Regione intende realizzare nel campo promozionale e commerciale, è stata decisa l'attivazione dell'Osservatorio per il commercio con l'estero.

     I compiti assegnati all'Osservatorio sono:

     - sovrintendere e tenere sotto osservazione la realtà del commercio estero veneto come fenomeno regionale;

     - controllare questo fenomeno nei suoi aspetti specifici e settoriali nonché riferiti al contesto nazionale;

     - individuare e supportare la politica promozionale globale e di settore;

     - proporre le scelte promozionali più idonee per settore, per tipo d'intervento, per mercato;

     - collaborare al piano di formazione in commercio estero per imprenditori e operatori export;

     - predisporre un sistema informativo relativo alle specifiche problematiche di ricerca di mercato, di marketing, di commercializzazione, di promozione, di tecnica del commercio estero, di assicurazione, di credito, di contrattualistica internazionale sui principali mercati esteri in genere e in particolare oggetto delle scelte promozionali;

     - operare collegialmente nella stesura dei programmi e individualmente nei singoli settori di competenza;

     - corrispondere alle esigenze degli operatori veneti;

     - determinare un piano di ricerche di mercato e di studi specifiche secondo il piano promozionale e talune esigenze operative.

     Per svolgere le funzioni e realizzare i compiti sopra delineati, l'Osservatorio per il commercio con l'estero sarà costituito presso la Segreteria Attività Produttive Settore Secondario come struttura all'interno dell'organizzazione regionale che opera nel settore promozionale.

     Esso si avvarrà di un gruppo scientifico, composto da pochi e qualificati esperti esterni provenienti dal mondo universitario o da centri di ricerca, il cui compito sarà quello di fornire linee-guida per l'organizzazione dei dati informativi di carattere generale; mentre per lo studio dei singoli mercati ci si avvarrà dell'opera di consulenti esterni esperti di marketing specifico al singolo settore merceologico.

 

c) Rafforzamento delle strutture di commercializzazione

     Riconoscimento che alcune delle principali difficoltà incontrate dalle piccole imprese nel processo di commercializzazione dei prodotti sui mercati esteri sono connesse all'insufficiente sviluppo qualitativo delle strutture organizzative interne e alla limitata efficienza e disponibilità di canali di distribuzione. La Regione intende concorrere alla soluzione di tali difficoltà incentivando i processi di aggregazione interaziendale finalizzati alla costituzione di efficienti strutture di

commercializzazione e di eventuale acquisizione delle materie prime sui mercati internazionali.

     Considerato il carattere di urgenza che la presente azione riveste per alcuni settori dell'export regionale, sui quali ha particolarmente inciso la flessione della domanda registrata nei periodi più recenti, la Regione articola la presente azione in interventi di carattere ordinario e straordinario.

 

     c 1) L'intervento ordinario si concretizza in un piano orientato a dare supporto all'attività di trading companies e/o di strutture di vendita associative specializzate merceologicamente, controllate dalle aziende utilizzatrici. L'intervento in oggetto assumerà, volta per volta, sulla base delle specifiche esigenze dei vari organismi, delle aziende coinvolte e dei limiti di competenza, il carattere di: contributi a fondo perduto, partecipazioni temporanee al capitale sociale o prestazione di garanzie da parte della Veneto Sviluppo; apporti organizzativi e gestionali iniziali tramite il CETEV nonché l'accesso privilegiato alle azioni promozionali e tecnico-operative a valere sulla Legge n. 16/1980.

     L'azione in oggetto sarà inoltre definita sulla base di criteri di priorità settoriale e/o territoriale con particolare riferimento ai settori di specializzazione dell'export regionale e all'appartenenza delle aziende alle aree di monoproduzione e alle aree di crisi della Regione.

 

     c 2) Aggiuntivo e con gli obiettivi di quello esposto al punto 1) è l'intervento straordinario deciso per il triennio 1983-1985 per superare talune situazioni aventi carattere di urgenza. Esso è prioritariamente riferito ai settori della ceramica artistica, dell'oreficeria-argenteria, del vetro, della maglieria e confezioni, della calzatura, della pellicceria, del mobile in stile, concia e marmo.

     Tale intervento straordinario è dettagliatamente descritto nell'allegato n. 2 azioni area/settore.

 

     6.4. L'azione dell'artigianato.

     La problematica concernente lo sviluppo dell'artigianato, come evidenziato anche dal PRS, è caratterizzata da una concezione meno riduttiva e più dinamica del ruolo economico delle «imprese artigiane» e da un ampio ventaglio di tematiche di intervento che vanno dal riassetto normativo e istituzionale dell'artigianato alla valorizzazione della professionalità e competitività del comparto nelle sue interconnessioni con il sistema economico (credito, commercializzazione, ecc.).

     In merito al ruolo che l'artigianato va progressivamente assumendo all'interno della realtà produttiva del Paese è da sottolineare che in passato l'immagine dell'azienda artigiana era associata a quella di un organismo economico gracile, in via di progressiva estinzione per effetto dell'espansione e pervasività della grande impresa altamente industrializzata, bisognoso di essere aiutato, non solamente ai fini di preservare particolari produzioni culturalmente significative (artigianato artistico), ma soprattutto allo scopo di evitare squilibri economico- sociali troppo drastici per una pluralità di aree e ceti sociali quantitativamente rilevanti. Di qui un atteggiamento innegabilmente assistenzialistico che non mirava tanto a una riorganizzazione delle attività artigiane quanto all'attenuazione di brusche ristrutturazioni socialmente inaccettabili.

     Il recente passato si è incaricato di mostrare come l'artigianato o, per meglio dire, l'impresa di piccole dimensioni non costituisce una realtà effimera: uno stato in via di continua transizione, o verso l'impresa di grandi dimensioni, o verso l'abbandono della funzione produttiva. Essa rappresenta una struttura produttiva stabile che in forza della sua elasticità di risposta e della capacità di adattamento al mutare delle condizioni di mercato, appare, come in molti settori e segmenti di mercato, una organizzazione efficace ed efficiente.

     Il problema è piuttosto di migliorare le caratteristiche intrinseche a questo modello produttivo inserendolo in pieno nel processo di trasformazione e razionalizzazione richiesto dall'attuale pesante congiuntura ed eliminandone gli aspetti negativi connessi da un lato all'utilizzo di forme non idonee di organizzazione del lavoro (lavoro «nero») e dall'altro a controproducenti situazioni di dipendenza produttiva.

     In rapporto a tale tematica gli strumenti previsti dal Progetto secondario per la politica dell'artigianato sono:

     A) predisposizione di un testo unico delle leggi regionali sull'artigianato;

     B) determinazione di un quadro di riferimento normativo e istituzionale per il pieno svolgimento delle competenze;

     C) iniziative per il riequilibrio dei rapporti contrattuali artigianato-istituti finanziari e finanziamenti per promuovere l'accesso al credito;

     D) incentivi per l'insediamento di imprese artigiane in aree attrezzate;

     E) potenziamento delle strutture associative per il conseguimento di economie di scala;

     F) tutela e riqualificazione della professionalità artigiana;

     G) inclusione dell'artigianato in specifici programmi di valorizzazione commerciale in Italia e all'estero.

 

A) Predisposizione di un testo unico delle leggi regionali sull'artigianato

     La Giunta regionale ha costituito una Commissione per lo studio di un testo unico delle leggi regionali sull'artigianato chiamando a farvi parte rappresentanti delle organizzazioni sindacali ed esperti delle categorie e delle strutture di servizio maggiormente a contatto con l'imprenditore artigiano: istituti di credito e di finanziamento in genere, organismi cooperativi e associativi, Commissione regionale dell'artigianato, studiosi di problemi economici.

     Il testo unico sulle leggi dell'artigianato costituirà al tempo stesso un momento di verifica dell'attuale normativa di intervento sul settore e una occasione di proposta di misure più efficaci, finanziate in un arco di tempo almeno triennale, gestite secondo procedure semplici e vicine alle esigenze degli utilizzatori. Quindi non soltanto una raccolta coordinata e corretta della legislazione, ma un impegno di raccordo con le necessità reali e con l'evoluzione registratasi nell'ultimo periodo.

     La struttura del testo unico si articolerà, in prima enunciazione, in capitoli dedicati agli aspetti istituzionali, all'intervento creditizio - a breve, medio e lungo termine , all'intervento in conto capitale, particolarmente per quanto concerne la realizzazione di aree attrezzate, al sostegno degli organismi associativi, alle botteghe-scuola e alle politiche di promozione.

 

B) Determinazione di un quadro normativo ed istituzionale per il pieno svolgimento delle competenze

     L'art. 63 del D.P.R. n. 616 attribuisce alla Regione le funzioni relative alla tenuta dell'Albo delle imprese artigiane attraverso le Commissioni provinciali e regionale dell'artigianato.

     La competenza, in sostanza, è delineata come funzione legislativa di secondo grado, attuativa delle norme di principio che saranno dettate dallo Stato con la Legge di revisione della Legge 25 luglio 1956, n. 860.

     La perdurante carenza della Legge di revisione della n. 860, da emanarsi nel rispetto dell'art. 117 della Costituzione, rende tuttora incerto il collegamento istituzionale con altri organi o enti interessati alla materia e incerto il pieno esercizio della potestà legislativa della Regione.

     Le Regioni, esercitando un'azione coordinata, stanno sviluppando un confronto politico col Governo centrale e con le forze politiche affinché l'auspicata Legge di princìpi sia sollecitamente emanata. Tale confronto dovrà dare i suoi risultati a breve termine in modo di non penalizzare la categoria con remore o impostazioni insufficienti.

     Nella presente fase intermedia, la Regione ha provveduto al ripristino delle condizioni di esercizio per le attività delle Commissioni provinciali dell'artigianato mediante le nomine e gli avvicendamenti consentiti dalla Legge 23 luglio 1980, n. 366.

     I criteri fondamentali cui si atterrà la nuova disciplina regionale di attuazione della prossima legge-quadro (condizionatamente alle possibilità offerte da tale normativa) saranno i seguenti:

     - sensibilizzazione delle CPA e CRA all'azione regionale nel settore dell'artigianato e collegamento istituzionale con la Regione;

     - ricerca di un'intesa con le Camere di commercio per la continuità delle strutture operative delle CPA - essenzialmente le Segreterie - nel nuovo rapporto istituzionale con la Regione;

     - svolgimento di indagini conoscitive sull'assetto e l'evoluzione dell'artigianato veneto, anche di tipo settoriale.

     In merito a quest'ultimo punto è da rilevare che è già operante l'archivio-dati delle imprese artigiane del Veneto con aggiornamenti costanti a periodicità mensile o bimestrale secondo intese già perfezionate con l'Unione delle Camere del Veneto. Sarà completato l'archivio-dati delle imprese artigiane aderenti alle Cooperative artigiane di garanzia a integrazione dei dati già disponibili sul credito di esercizio agevolato e saranno avviati accordi con la Cassa per il credito alle imprese artigiane per la disponibilità dei dati-base del credito di impianto agevolato presso il Centro Elaborazione Dati della Regione.

 

C) Iniziative per il riequilibrio dei rapporti contrattuali artigianato - Sistema creditizio e interventi per promuovere l'accesso al credito

     Uno dei cardini principali dell'azione per lo sviluppo delle imprese artigiane sarà costituito anche nel triennio 1983-1985 dall'agevolazione del credito a breve e a medio termine. In detto periodo l'azione regionale trova un quadro legislativo statale modificato per effetto delle norme di indirizzo e coordinamento emanate dal Governo nel dicembre 1980 e nel marzo 1981 per l'esercizio delle funzioni regionali relative agli interventi creditizi e riconosciute, in via di principio, dall'art. 109 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

     Le più ampie facoltà concesse dalla normativa accennata hanno consentito alla Regione di elaborare, unitamente a nuove forme di intervento (leasing), una disciplina organica specifica attuabile sin dal 1982 che, riferibile anche alle agevolazioni a carico di fondi statali per il credito di impianto, determinerà:

     - i limiti e le modalità di concessione dei contributi in conto interessi e di ammissione alla garanzia sussidiaria;

     - i crediti di ammissibilità alle agevolazioni con condizioni preferenziali - in particolare tassi di interesse - per categorie, zone e investimenti.

     Di fronte alla recente evoluzione della normativa sul credito, le Regioni, tramite gli Assessori all'artigianato coordinati dal Veneto, stanno promuovendo una verifica a livello governativo e degli organi centrali dell'Artigiancassa diretta a modificare la situazione nel modo seguente:

     - alle Regioni deve essere riconosciuta la facoltà di determinare la composizione dei Comitati tecnici regionali con modifiche alla Legge istitutiva n. 685/1971;

     - i tassi a carico degli artigiani (salvo differenziazioni stabilite dalle Regioni in rapporto a situazioni specifiche) devono essere:

     a) pari al 35 per cento del tasso di riferimento per le aree di operatività della Cassa per il Mezzogiorno;

     b) pari al 50 per cento del tasso di riferimento nelle aree insufficientemente sviluppate e montane del centro nord;

     c) pari al 60 per cento del tasso di riferimento nelle rimanenti aree;

     - il credito di impianto deve essere escluso dai vincoli del contingentamento;

     - i limiti massimi di fido devono essere elevati e posti in relazione con gli effettivi costi degli investimenti per la realizzazione delle strutture produttive.

     Nell'ambito della situazione precedentemente descritta, l'azione della Regione per la politica creditizia per l'artigianato può indicarsi come di seguito:

 

Credito di esercizio: le linee di intervento risultano definite nella legge regionale 15 dicembre 1981, n. 70, come segue:

     a) sgravio degli interessi, nella misura del 3 per cento, delle operazioni di credito di esercizio contratte dalle imprese artigiane per un' importo massimale di cinque milioni in linea capitale; l'aliquota di intervento e il massimale delle singole operazioni sono elevati al 5 per cento e a 10 milioni, rispettivamente, nelle aree definite marginali e di transizione dal Programma Regionale di Sviluppo;

     b) rafforzamento ed estensione dell'operatività delle cooperative artigiane di garanzia attraverso interventi contributivi regionali in conto patrimonio sociale (tendenti, tra l'altro, a rivalutarne le attuali consistenze), potenziamento del loro Consorzio regionale di secondo grado e revisione dello statuto-tipo cui dovranno adeguarsi gli attuali statuti delle cooperative artigiane di garanzia;

     c) incentivazione alla fusione per accorpamento delle cooperative artigiane di garanzia in un unico organismo a livello provinciale mediante l'accollo alla Regione delle spese conseguenti alla fusione.

     L'impegno finanziario per il triennio 1983-1985 è di lire 15 miliardi.

 

Credito di impianto

     Le linee di politica regionale per la riforma dell'ordinamento del credito agevolato gestito dall'Artigiancassa sono già state indicate in precedenza.

     La legge regionale 29 dicembre 1981, n. 80, dà tempestiva attuazione alla facoltà di intervento differenziato prevista nelle norme di coordinamento emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla fine del 1980 e nella modifica apportata dagli organi centrali

dell'Artigiancassa alla determinazione dei plafonds di finanziamento.

     La legge introduce criteri di programmazione e di priorità nella concessione delle agevolazioni a valere non solo sui conferimenti regionali ma anche sui conferimenti statali, manovrando i tassi minimi agevolati a seconda delle aree di intervento (60 per cento del tasso di riferimento nelle aree centrali e 50 per cento nelle aree marginali) e stabilendo delle priorità per settori, natura delle iniziative, destinazione dei finanziamenti. Vengono anche disincentivati i finanziamenti per scorte e quelli di importo inferiore a 20 milioni di lire, potendo, questi ultimi, essere effettuati dalle cooperative artigiane di garanzia.

     L'impegno finanziario per il triennio 1983-1985 è di lire 25 miliardi.

     Nella politica rivolta per agevolare gli investimenti nel settore dell'artigianato un posto a parte, ma non meno rilevante, assume l'intervento agevolativo delle operazioni di locazione finanziaria («leasing»).

     Questo sistema di finanziamento alle imprese, finora, ha trovato scarso interesse presso le imprese artigiane non soltanto per i costi relativamente elevati ma soprattutto per l'inesistenza di pubbliche agevolazioni. Esso, tuttavia, nell'attuale situazione di scarsa liquidità bancaria, di vincoli agli impieghi bancari e di insufficienza, in genere, dei flussi di credito agevolato, si rivela un'utile alternativa per assicurare investimenti produttivi anche nell'artigianato.

     Già per gli organismi consortili, la legge regionale 17 aprile 1981, n. 14, prevede un consistente sgravio dei canoni di leasing, vale a dire la concessione di contributi nel limite massimo del 30 per cento del valore originario del bene e di lire 12 milioni annui per un periodo massimo non superiore a 5 anni.

     Ora, in base alla legge regionale 29 dicembre 1981, n. 80, è disposto un intervento generalizzato a favore delle imprese artigiane mediante contributi nella misura del 7 per cento del valore originario dei beni elevabili all'8,5 per cento nelle aree marginali.

     Ci si attende una notevole risposta da parte delle unità produttive e le Società di leasing maggiormente presenti nel Veneto hanno già provveduto a convenzionarsi con la Regione per l'ammissibilità delle loro operazioni al finanziamento regionale.

     Recentemente la Giunta regionale ha determinato le priorità per l'utilizzo delle disponibilità per la concessione di contributi sia in materia di Artigiancassa, che di leasing, che di prestiti fino a 20 milioni erogati dalle cooperative artigiane di garanzia.

     Le priorità prevedono, per l'esercizio 1983, che l'80 per cento delle risorse regionali vengano assegnate per le iniziative realizzate nelle aree marginali e di transizione e il 20 per cento per quelle delle aree centrali.

     I settori prioritari sono quelli del manufatturiero e, limitatamente alle aree marginali e di transizione, anche quelli dell'edilizia, della costruzione e installazione impianti e dei trasporti.

 

D) Incentivi per l'insediamento di imprese artigiane in aree attrezzate

     In materia di aree artigianali attrezzate, la Regione con la legge regionale 24 novembre 1981, n. 63, ha innovato in modo profondo tutta la procedura di finanziamento.

     I nuovi criteri sono i seguenti:

     1. estrema semplificazione delle procedure di finanziamento con delega ai Comuni di tutta la fase operativa;

     2. in rapporto a quanto sopra, ai Comuni viene riconosciuta:

     - capacità di attingimento diretto al finanziamento regionale;

     - utilizzazione di contributi a fondo perduto (non cioè come finanziamenti da restituire a un fondo di rotazione);

     - capacità di attestare la regolarità delle procedure dei Consorzi fra imprese artigiane ammesse a contributo;

     3. progressività del contributo in relazione alla superficie territoriale degli insediamenti;

     4. riammissione, a condizione di effettiva operatività, delle domande già accolte ai sensi della legislazione precedente con rideterminazione del contributo.

     La progressività e i livelli dei contributi saranno più favorevoli per le aree marginali. Verranno considerate con particolare attenzione le seguenti aree di interesse regionale indicate nel PRS:

     - Polesine;

     - aree montane;

     - Veneto Orientale;

     - Bassa Padovana;

     - Asolo Castelfranco Montebelluna;

     - Vicentino.

     Lo stanziamento per le aree attrezzate è di lire 25 miliardi per il quadriennio 1982/1985.

     Tale finanziamento globale sarà in grado di mobilitare 7/800 miliardi di lire di investimenti indotti, comprendendo sia quelli relativi alla complessiva urbanizzazione dell'area e alla realizzazione dei capannoni e delle altre attrezzature fisse per i laboratori, nonché l'investimento per i macchinari e le altre dotazioni.

     Il moltiplicatore medio può considerarsi nell'ordine 1:30, moltiplicatore particolarmente elevato e di efficacia intersettoriale con riferimento al complesso di attività produttive e di servizio mobilitate per la realizzazione degli insediamenti produttivi.

     Rilievo altrettanto importante deve essere dato al moltiplicatore occupazionale più difficilmente ipotizzabile. In ogni caso, ritenendo che con l'impiego dei 25 miliardi possano essere realizzati circa 2.300 lotti, è pensabile la promozione di una occupazione aggiuntiva di oltre 5.000 addetti.

     Una specifica considerazione merita anche la riflessione che spesso le aree artigianali sono elemento incentivante di una più ampia area mista, comprensiva anche di aziende industriali o di altro tipo, che viene globalmente incentivata - con effetti indotti aggiuntivi - dall'intervento per la parte artigianale.

 

E) Potenziamento delle strutture associative per il conseguimento di economie di scala

     Il conseguimento di economie di scala nelle varie fasi del ciclo produttivo richiede essenzialmente l'aggregazione in organismi di servizio in forma consortile.

     Al riguardo è già operante la nuova legge regionale 17 aprile 1981, n. 14, che riforma la precedente legge regionale n. 19/1977 e ne porta il finanziamento a lire 1.350 milioni l'anno, instaurando una strategia complessa mirante a coinvolgere, nell'impegno promozionale, anche enti, associazioni e altri organismi pubblici o privati di categoria.

     Soggetti destinatari sono le cooperative, i consorzi e le società consortili costituiti ai sensi degli artt. 2602 e seguenti del Codice civile tra le imprese artigiane del Veneto.

Le attività principali di tali organismi devono essere: l'acquisto in comune di materie prime, semilavorati, macchinari, impianti e attrezzature; la creazione di una rete distributiva comune con svolgimento di iniziative promozionali; l'acquisizione di ordini di lavoro e di produzione; la costituzione e l'esercizio di impianti di depurazione, ecc.

     I contributi riguardano: la costituzione dei consorzi (fino a un massimo di lire 5 milioni), la gestione (fino a un massimo del 25 per cento delle spese e con un limite di lire 10 milioni), gli investimenti (fino al 40 per cento per un massimo di lire 100 milioni), le operazioni di leasing (con un limite di lire 12 milioni annui).

     Di rilevante importanza anche un finanziamento di lire 300 milioni al Consorzio regionale tra le Cooperative artigiane di garanzia del Veneto per l'istituzione di un fondo di garanzia per fidejussioni a favore di Consorzi artigiani e di Società consortili finalizzate a crediti a breve e medio termine.

 

F) Tutela e riqualificazione della professionalità artigiana

     La tutela dei mestieri artigiani e la riqualificazione della professionalità troverà adeguata collocazione nell'àmbito del programma pluriennale per la formazione professionale e si salda con le iniziative autonomamente espresse dalle organizzazioni di categoria.

     In particolare l'intervento della Regione sarà sviluppato lungo le due principali direttrici della formazione manageriale e della qualificazione tecnico-operativa.

     Con riferimento alla seconda direttrice, le iniziative saranno rivolte a dare solide strutture organizzative alla formazione professionale artigiana nei mestieri dell'artigianato artistico e tradizionale.

     In particolare, in funzione anche del superamento della legge regionale n. 31/1977, la Regione si impegna a emanare un provvedimento legislativo volto ad agevolare l'assunzione di giovani lavoratori (disoccupati o in cerca di prima occupazione) che intendano conseguire una qualificazione professionale attraverso il rapporto di lavoro di apprendistato.

     Questo tipo di intervento parte dal riconoscimento dell'importante ruolo che l'attività artigianale svolge nella formazione professionale di giovani lavoratori e si propone, attraverso incentivazioni finanziarie straordinarie, di contenere il costo che un rapporto di lavoro di apprendistato comporta per le imprese artigiane. Le agevolazioni finanziarie saranno proporzionalmente più elevate per quei mestieri nei quali la componente artistica è particolarmente rilevante e nei quali quindi la formazione professionale richiede tempi più lunghi e un maggiore impegno da parte dell'artigiano.

     Sul piano operativo l'erogazione delle agevolazioni finanziarie verrà delegata alle Amministrazioni Provinciali territorialmente competenti le quali, in base a direttive e regolamenti emanati dalla Regione e in base alla documentazione presentata dalle imprese interessate, delibereranno l'ammissione ai contributi.

 

G) Promozione

     Come già accennato, nell'azione per la promozione e la commercializzazione sui mercati esteri i settori considerati nei programmi di promozione per il settore artigiano sono i seguenti:

     - vetro, oreficeria, occhialeria, mobilio, abbigliamento (con tutti i sottosettori), giocattoli, ceramica, marmo. Praticamente tutti i settori dell'artigianato manufatturiero veneto.

     I risultati conseguiti dalle iniziative attivate nel corso del 1981 e del 1982 sono stati particolarmente significativi, consentendo il consolidamento di una nuova politica di intervento di grande efficacia basata sull'aiuto alla commercializzazione.

     Per due settori: orafo-argentiero e calzatura sportiva, entrambi in particolare difficoltà, sono stati avviati programmi concordati con l'ICE per una politica di rilancio negli USA e in Germania Federale, mediante una pluralità di azioni pubblicitarie e fieristiche convergenti nella finalità della valorizzazione commerciale.

     Sono stati inoltre disposti finanziamenti a favore del Centro per i servizi promozionali per l'artigianato ai fini di una collaborazione per la predisposizione di cataloghi di operatori artigiani dei settori: oreficeria, mobili, occhialeria, e altresì per l'effettuazione di mostre artigianali per le attività:

pellicceria, vetro, maglieria e oggettistica.

     E stata conclusa una convenzione con il World Trade Center per la realizzazione di ricerche e iniziative promozionali nel settore dell'abbigliamento.

     Per il 1983, il Programma promozionale consoliderà le linee di azione enunciate con l'accentuazione della collaborazione con l'UNIONCAMERE, con l'ICE e con il Centro dei Servizi promozionali per l'artigianato e un adeguamento degli attuali finanziamenti secondo le necessità dei diversi settori e, segnatamente, di quelli in difficoltà.

 

     6.5. Azione per la Cooperazione.

     L'idea cooperativa costituisce un importante momento di propulsione allo sviluppo occupazionale e alla razionalizzazione delle strutture di produzione e commercializzazione. La Regione intende pertanto promuovere le iniziative rivolte alla crescita del movimento cooperativo attraverso una pluralità di interventi articolati. Ci riferiamo ai provvedimenti espressamente previsti nelle parli dedicate alle azioni area/settore, all'assistenza finanziaria degli organismi cooperativi e alla promozione delle cooperative di lavoratori. Per quanto riguarda l'ultimo punto, concernente una materia di nuovo intervento, con il presente provvedimento si realizza uno strumento legislativo orientato a incentivare iniziative cooperativistiche rivolte sia alla creazione di nuove opportunità occupazionali, sia al mantenimento di attività produttive già in essere e rilevabili dalle maestranze sulla base di una gestione cooperativa autogestita orientata al salvataggio dell'azienda.

     Nel primo caso saranno ammesse ai benefici di legge le cooperative in cui sia preponderante la presenza di lavoratori in cerca di prima occupazione.

     Nel secondo caso il contributo sarà condizionato alla presenza di un valido programma di risanamento aziendale e rapportato all'ammontare del conferimento che sarà prodotto dai componenti e promotori della cooperativa di autogestione.

 

     6.6. Azioni area/settore

     La trasposizione degli obiettivi e delle politiche di sostegno alla riorganizzazione e allo sviluppo quantitativo e, ancor più, qualitativo dell'industria veneta in specifiche azioni di intervento costituisce, come è ovvio, il momento più delicato e difficile dell'intero progetto secondario. Questo fatto non dipende solamente dalla natura dei problemi da affrontare, resi quanto mai complessi dalla varietà degli interessi sociali in gioco, ciascuno dei quali può accampare legittimi motivi di tutela, nè dall'esiguità delle risorse mobilitabili dall'Ente regionale (nei confronti della vastità delle problematiche comunque rilevanti per un processo economico organicamente organizzato) e dalla difficile demarcazione delle competenze regionali in campo industriale.

     A queste motivazioni di indubbio rilievo, si deve infatti aggiungere l'assenza di un corpo teorico consolidato e di bagaglio di concrete sperimentazioni (sia in campo nazionale che internazionale) da utilizzare come fattori di guida ai fini di una politica industriale regionale. Invero la stessa esperienza di programmazione economica e industriale registrata in Italia a livello nazionale è oggetto di profonda revisione e di giudizi contrastanti come nel caso della Legge n. 675 di ristrutturazione e riconversione industriale.

     Come è noto, gran parte del dibattito in corso sulle modalità di intervento di una politica industriale ruota attorno alla contrapposizione fra «politica di settore» e «politica dei fattori».

     Senza rifare l'analisi degli elementi a favore dell'una o dell'altra impostazione, in questa sede conta rilevare che la validità dei due approcci, una volta trasposti a livello regionale, appare sostanzialmente inadeguata.

     Entrambi appaiono il frutto di una razionalità astratta e incapaci di misurarsi, non solo e non tanto con la dimensione dei problemi indotti nella Regione dall'attuale congiuntura pesantemente negativa, quanto con il tipo di iniziativa che la Costituzione e la legislazione assegnano e/o consentono all'Ente regionale.

     Bisogna avere il coraggio di riconoscere che un intervento di sostegno a livello di settore secondario da parte dell'Ente regionale non può essere guidato da una razionalità rispetto agli obiettivi di risanamento industriale, che seppure formalmente ineccepibile finisce per risultare inevitabilmente illusoria, quanto piuttosto da una razionalità rispetto agli strumenti concretamente attivabili e gestibili dall'Ente regionale. In altre parole, anziché partire da quello che sarebbe astrattamente opportuno realizzare ai fini di favorire dei processi di risanamento e di riqualificazione di alcuni comparti dell'industria veneta, si tratta di esprimere una capacita di iniziativa a partire da quelli che sono gli strumenti legislativi, tecnici e finanziari e le effettive competenze spettanti all'Ente regionale.

     Ciò significa che le azioni di intervento proposte in concreto devono ovviamente tener conto, ai fini delle priorità, della diversa importanza economica e sociale delle aree di crisi presenti nel Veneto e della natura dei problemi che lo travagliano, ma non sono guidate nè da una logica di intervento meramente settoriale, nè da una limitazione preventiva ad alcuni fattori (energia, infrastrutture, disinquinamento).

     La strada che qui viene proposta è quella di un intervento capace di far convergere sulle aree di crisi il ventaglio di strumenti a disposizione della Regione secondo uno schema che potremo chiamare «a matrice».

     Le azioni così concepite, che per comodità indicheremo come azioni area/settore, intendono quindi coordinare sulle aree di crisi non solo le risorse finanziarie mobilitabili attraverso un provvedimento di legge dedicato all'«Azione straordinaria per investimenti nella realizzazione di centri di produzione e commercializzazione associata e per la rilocalizzazione industriale»: ma anche le iniziative attivabili in funzione di Enti quali la Veneto Sviluppo S.p.A., l'ARTIGIANCASSA, il CETEV, nonché alcuni strumenti ad hoc particolarmente in tema di supporto alle azioni di marketing e commercializzazione delle imprese, e di risparmio energetico.

     In sede di predisposizione del Progetto Secondario si è provveduto a una individuazione delle aree di crisi su cui far convergere con urgenza le azioni area/settore, che riguardano:

     - vetro di Murano;

     - ceramica artistica di Nove, Bassano, Marostica;

     - concerie del Vicentino;

     - tessile-abbigliamento e calzature sportive dell'area Asolo, Castelfranco, Montebelluna;

     - calzatura della Riviera del Brenta;

     - confezioni e maglieria della Provincia di Rovigo;

     - marmo nelle Province di Verona e Vicenza;

     - pelliccerie nella Provincia di Padova;

     - occhialerie del Cadore;

     - Porto Marghera;

     - produzioni tessili: aziende a PP.SS.

     L'area del Polesine presenta l'esigenza di una serie di interventi per certi aspetti analoghi a quelli sopra evidenziati.

     Tuttavia, date le caratteristiche peculiari dell'area considerata e la natura più globale dell'intervento richiesto, l'attuazione delle direttive approvate dal Consiglio regionale nella mozione dell'11 giugno 1981 costituirà l'oggetto di un provvedimento legislativo autonomo.

     Ritornando alle aree/settori interessati, i criteri che hanno presieduto all'individuazione delle situazioni di crisi derivano da:

     a) aree geografiche in cui l'assetto produttivo è largamente concentrato su una particolare attività industriale (monocoltura) la cui crisi tende quindi a minacciare l'intero equilibrio economico della zona;

     b) comparti produttivi di portata strategica per l'intera Regione;

     c) aree che per motivi ecologici e di sviluppo urbano risultano bloccate nelle loro capacità di razionalizzazione tecnico-produttive e nelle opportunità di espansione e che pertanto richiedono iniziative idonee a favorire una loro rilocalizzazione.

     Si tratta quindi di procedere a una verifica puntuale delle iniziative effettivamente attuabili per ciascuna area/settore e al loro coordinamento. In proposito si è già effettuata una ricognizione della natura della crisi nelle aree summenzionate e, per alcune di esse, vi sono già stati alcuni interventi particolari nonché la presa di posizione della Giunta e del Consiglio regionale, come nel caso di Porto Marghera.

     Ma nel complesso si deve pervenire a una verifica puntuale dell'opportunità-fattibilità delle varie forme di interventi e del loro coordinamento in sistema. Nelle pagine seguenti viene delineato un quadro organico delle iniziative che possono utilmente essere intraprese per le singole aree. Esso si configura come allegato al Progetto per il Settore Secondario come esplicitazione delle diverse azioni area/settore il cui approfondimento si dovrà realizzare in corso di attuazione del Progetto stesso.

 

 

Allegato n. 2

AZIONI AREA/SETTORE

 

1. Azione per il vetro di Murano

     La Regione intende avviare una concreta azione di supporto alle unità produttive e all'occupazione del comparto del vetro tradizionale con particolare riferimento agli insediamenti muranesi e veneziani, tenuto conto dei peculiari problemi che li concernono.

     Obiettivo generale di tale azione, che comunque richiede il necessario apporto delle forze produttive, sociali e degli altri operatori istituzionali, è di creare le condizioni per un rafforzamento della struttura produttiva del comparto che arresti il trasferimento delle aziende nella terraferma e stabilizzi i livelli occupazionali attuali dell'isola.

     Gli interventi specifici sono individuati nei seguenti:

     a) concorso alla realizzazione di un forno-scuola annesso alla stazione sperimentale del vetro di Murano;

     b) riserva nei finanziamenti agevolati concessi per il tramite dell'ARTIGIANCASSA per consentire l'introduzione di impianti a risparmio energetico alle aziende artigiane;

     c) concorso alla realizzazione di un centro di commercializzazione e predisposizione di studi di fattibilità per la realizzazione di una manifestazione promozionale periodica in Venezia e per l'introduzione di un marchio di origine o di qualità;

     d) disponibilità per concorrere alla realizzazione di un'area attrezzata in Murano;

     e) intervento presso gli organi centrali finalizzato all'abbattimento del costo del metano, considerati i vincoli imposti alle imprese dalla Legge speciale per Venezia.

 

2. Azione per la ceramica artistica

     Obiettivo principale dell'azione è di predisporre una serie di interventi in grado di concorrere al rafforzamento della struttura produttiva del settore, nei comparti e nelle aree in cui si sono riscontrate le maggiori debolezze strutturali e, segnatamente per il comparto della ceramica artistica, negli insediamenti di Nove, Bassano e Marostica.

     Nel mentre la Regione conferma le valutazioni date in sede di documento per la discussione e la costante attenzione con cui segue l'evoluzione della situazione nei comparti della ceramica per uso industriale e della ceramica per uso edilizio, reputa necessario attuare per il comparto della ceramica artistica i seguenti interventi:

     a) finanziamento di un progetto finalizzato al miglioramento degli assetti organizzativi delle aziende e dei livelli qualitativi delle produzioni, con particolare riferimento a:

     - formazione manageriale;

     - qualificazione e riqualificazione degli addetti;

     - miglioramento delle gamme produttive;

     - innovazione tecnologica e soluzione dei problemi energetici;

     - soluzione dei problemi insediativi;

     b) supporto finanziario per la costituzione di un laboratorio di analisi nel Comune di Nove;

     c) concorso alla realizzazione di un centro consortile per gli acquisti dei materiali e la predisposizione degli impasti, previa valutazione dei costi-benefici dell' iniziativa;

     d) supporto finanziario e organizzativo nella commercializzazione dei prodotti sui mercati interni ed esterni attraverso:

     - la predisposizione di uno studio di fattibilità per l'introduzione di marchi di origine e/o di qualità;

     - concorso alla realizzazione di un centro permanente per la commercializzazione dei prodotti presso la Fiera di Vicenza;

     e) intervento presso la SNAM per completare, per quanto possibile, la metanizzazione di tutti i Comuni del comparto della ceramica.

 

3. Azione per le concerie del Vicentino

     Le analisi svolte dalla Regione su questo comparto hanno posto in luce sia le strozzature nel rifornimento delle pelli grezze sul mercato estero e interno, sia l'ancòra parziale risoluzione dei problemi di inquinamento.

     La Regione, valutate tali difficoltà, avvia i seguenti interventi:

     a) sarà promossa la costituzione di un consorzio tra concerie per risolvere collettivamente i problemi dell'acquisizione delle pelli grezze sul mercato internazionale e quelli di commercializzazione del prodotto finito (problemi non solo distributivi, ma anche tecnici di maggiore compenetrazione tra esigenze del produttore e dell'utilizzatore);

     b) accentuerà il sostegno, già in essere, alle iniziative per il disinquinamento, sia attraverso il potenziamento degli impianti di depurazione, sia avviando presso il CETEV una ricerca sui metodi di riciclaggio dei rifiuti delle lavorazioni, sia, in particolare, concorrendo alla realizzazione di impianti per il recupero del cromo, una volta confermatane la validità tecnico-economica, in quanto sono ancòra in corso gli studi di verifica del processo.

 

4. Azione per il tessile-abbigliamento e le calzature sportive dell'area di Asolo, Castelfranco, Montebelluna

     A) Il dibattito svoltosi nelle varie sedi ha consentito di indicare per gli interventi da svolgere in questa Area i seguenti obiettivi:

     1) il riordino delle localizzazioni industriali e il rafforzamento delle infrastrutture e delle attività di servizio di cui il territorio è scarsamente dotato e della cui carenza soffrono non solo le attività industriali, ma anche quelle extraindustriali (in particolare il turismo dell'area collinare e l'agricoltura specializzata), dalle quali ultime è anche da attendersi un incremento dei livelli occupazionali;

     2) il rinvigorimento delle aziende industriali esistenti, attraverso la loro ristrutturazione e la fornitura dei «servizi reali» di cui necessitano;

     3) la diversificazione della base produttiva esistente (in particolare per l'industria delle calzature da sci, anche mediante l'avvio di nuove produzioni per le attrezzature dello sport, calzaturiere e non).

     B) L'azione per l'area di Asolo, Castelfranco, Montebelluna dovrà coinvolgere i Comuni dell'area e la Regione (con la collaborazione degli imprenditori e delle organizzazioni sindacali) sia nel breve che nel medio- lungo periodo. Nel medio-lungo periodo gli interventi si configurano nei seguenti modi:

     1) i Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, perseguiranno l'obiettivo di cui sub A) attraverso:

     - la costituzione di aree per l'industria e l'artigianato, nell'ambito dei piani degli insediamenti produttivi, dotate delle infrastrutture (raccordi viari e ferroviari, energia, acqua, disinquinamento) necessarie e che siano in grado di servire le esigenze localizzate di più Comuni;

     - la rilocalizzazione delle unità produttive esistenti, evitando l'attuale dispendiosa dispersione;

     - l'adeguamento, nell'ambito del Piano territoriale, dei servizi occorrenti;

     - la predisposizione degli strumenti di piano per la metanizzazione dell'area.

     La strategia di riordino della localizzazione e di rafforzamento delle infrastrutture dovrà risultare da una estensione anche agli altri Comprensori appartenenti all'area del Piano Comprensoriale già avviato dal Comune di Montebelluna.

     2) La Regione attiverà i seguenti interventi:

     - costituzione di una «trading company» per la commercializzazione dei prodotti di abbigliamento delle piccole e medie imprese dell'area. Tale iniziativa, che presuppone la collaborazione degli imprenditori, ha l'obiettivo di cui sub B) di concorrere a superare le attuali inferiorità distributive di cui soffrono le aziende di questo comparto;

     - progetto per la formazione manageriale (sul marketing e su altri argomenti di interesse per gli imprenditori dell'area), espresso in base alle indicazioni fornite dalle aziende interessate.

     Tale progetto, fin dall'inizio elaborato con l'apporto delle singole aziende e delle parti sociali, si configurerà come un'ipotesi-cornice in cui saranno ricomprese le singole fattispecie aziendali;

     - progetto di riconversione e riqualificazione professionale per circa 300/400 persone di cui è prevista la messa in mobilità dai programmi di ristrutturazione aziendale;

     - attivazione di un Piano per l'insediamento di nuove unità produttive (anche con imprenditorialità esterna all'area);

     - stipula, attraverso la Veneto Sviluppo, di convenzioni con Istituti di leasing e di factoring per l'effettuazione di operazioni anche di leasing immobiliare a condizioni particolari per le aziende localizzate nelle zone attrezzate;

     - intervento presso gli Organi competenti per ricomprendere (per i progetti di finanziamento localizzati nell'area) nella nozione di «ammodernamento» ex D P. R. n. 902/1976 e in quella di «ristrutturazione» ex Legge n. 657/1977 gli investimenti di diversificazione verso comparti, mercati e prodotti diversi da quelli che hanno provocato la crisi dell'area;

     - attivazione di iniziative per l'area di Asolo, Castelfranco, Montebelluna (secondo le indicazioni contenute nel presente Progetto) per organizzare uno studio approfondito del mercato del lavoro, per progettare e realizzare, in accordo con gli imprenditori e il sindacato, corsi di formazione e qualificazione del personale e per gestire i flussi di mobilità.

     C) Nel breve periodo gli interventi diretti della Regione possono così configurarsi:

     - acquisizione di spazi in manifestazioni fieristiche: ISPO Monaco nelle due edizioni primaverile e autunnale, partecipazione, in occasione della Fiera, alle campagne promozionali ICE. Azione di collegamento e valorizzazione delle imprese venete presenti alla rassegna, particolarmente di quelle artigiane;

     - iniziative autonome in collaborazione con l'ICE: esposizioni presso grandi magazzini o locali da adibirsi a produzioni venete, soprattutto nei Paesi scandinavi e in Repubblica Federale Tedesca. Contatti anche con il mondo commerciale francese e in caso di riscontro di possibilità operative, partecipazione a manifestazioni fieristiche o espositive;

     - campagne promozionali e pubblicitarie in accordo con l'ICE per recupero immagine, individuazione tipologie a livelli qualitativi, promozione consorzi e marchio. Azioni nella zona di produzione e nei principali Paesi industrializzati;

     - ricerche di mercato: completamento della ricerca nella Repubblica Federale Tedesca, già in fase di attuazione, elaborazione di politiche commerciali per l'attuazione delle politiche promozionali emergenti dalla ricerca in direzione dei vari segmenti di mercato. Eventuale realizzazione di analoga ricerca in Francia;

     - sostegno di missioni di operatori esteri in Italia in collaborazione con l'ICE;

     - appoggio finanziario trading company e showroom. Le Aziende dell'area dovrebbero costruire autonomamente tali strutture, la Regione potrà intervenire attraverso la Veneto Sviluppo.

     La Regione si impegna a interessare, oltre che l'ICE, anche il Ministero per il commercio estero, con il quale ha già avviato contatti a questo scopo;

     - intervento del CETEV per promuovere ricerche su nuovi materiali; sviluppo dei prodotti esistenti; nuovi prodotti;

     - attivazione di un progetto per la formazione manageriale, coinvolgendo le Aziende sin dalla fase di impostazione;

     - attivazione di corsi di qualificazione e riqualificazione per circa 300-400 persone da realizzarsi all'interno del Programma annuale per l'istruzione professionale. A tale riguardo vi è la possibilità di uno stanziamento oltre la possibilità di ricorso al fondo CEE;

     - nell'applicazione della legge sull'associazionismo sarà data particolare attenzione e priorità ai Consorzi operanti nell'area;

     - stipula di convenzioni con Istituti di leasing e di factoring per l'effettuazione di operazioni a condizioni particolari.

 

5. Azione per le calzature medio-fini della Riviera del Brenta

     Le indagini svolte recentemente in varie sedi sulla struttura dell'industria calzaturiera della Riviera del Brenta hanno messo in luce, accanto a una capacità di resistenza di queste aziende superiore a quella dei produttori di altre aree calzaturiere, carenze di natura strutturale che possono costituire ostacoli alla sopravvivenza di questo comparto.

     La Regione, valutate tali difficoltà, avvierà i seguenti interventi:

     a) nel marketing:

     - consolidare l'immagine delle produzioni locali sui mercati internazionali tradizionali (con un'azione di tipo istituzionale) e sui nuovi mercati da aprire; a tal proposito verrà svolta una ricerca di marketing per la Germania Occidentale;

     - rafforzare la creatività nei nuovi prodotti, sviluppando la modellistica e lo styling.

     Questo intervento dovrebbe porsi come obiettivi l'acquisizione di una posizione più forte sui mercati stranieri e la riduzione del rischio della variabilità della moda presentandosi come «creatori di moda».

     Questo intervento verrà attuato promuovendo, attraverso la Veneto Sviluppo e con la partecipazione delle Associazioni di categoria, un Consorzio tra produttori per le vendite all'export;

     b) nella tecnologia: per razionalizzare i metodi di lavorazione e ridurre i costi, preparandosi a respingere la concorrenza dei Paesi emergenti quando anche questi cominceranno a orientarsi verso modelli più sofisticati e recuperando così anche spazio sul mercato nazionale. La Regione, attraverso il CETEV, avvierà una ricerca sui problemi della tecnologia delle lavorazioni calzaturiere;

     c) nella formazione professionale: per non perdere l'attuale superiorità nelle lavorazioni e nelle finiture rispetto alle produzioni degli stessi Paesi importatori, la Regione darà il proprio sostegno organizzativo e finanziario a corsi di formazione professionale.

 

6. Azione per le confezioni e maglierie della Provincia di Rovigo

     La Regione ritiene di affiancare al Pacchetto Polesine un'azione specifica per il sistema moda del Rodigino.

     La struttura del sistema moda del Rodigino, attualmente di rilevante importanza nell'economia dell'area, è costituita in netta prevalenza da aziende nel comparto della confezione e della maglieria di piccola e piccolissima dimensione che lavorano per conto terzi. Per questa area dovrà essere promossa un'indagine che aggiorni e approfondisca gli studi compiuti dalla Regione sul decentramento produttivo, accertando l'entità del lavoro decentrato e le modalità di svolgimento.

     Sulla base di questa indagine dovrà essere verificata la fattibilità di una strumentazione adeguata per il conseguimento dei seguenti obiettivi:

     a) sostegno alle piccole e medie imprese del settore della confezione e maglieria:

     - per l'incremento della produttività: formazione e addestramento professionale; innovazioni tecniche nei processi; miglioramento dell'organizzazione del lavoro;

     - per stimolare l'imprenditorialità locale e la crescita di aziende motrici: formazione manageriale;

     - per il rafforzamento dell'azione del marketing ricerche di mercato; costituzione di una «trading company»;

     - per i problemi finanziari: sostegno all'azione dei confidi; stipula di convenzioni con aziende di leasing e di factoring; orientamento del credito;

     b) diversificazione dell'area verso altri settori:

     - realizzazione di aree attrezzate per l'artigianato e la piccola e media industria;

     - realizzazione di nuove attività in settori diversificati.

 

7. Azione per il marmo

     Ai fini di intervenire per il consolidamento della produzione marmifera, la Regione interviene con una pluralità di interventi che, pur basati fondamentalmente sulla promozione, avviano la realizzazione di un progetto di più ampia importanza. Più in particolare saranno deliberati interventi, con adeguato finanziamento, in direzione delle seguenti attività:

     - concorso alla realizzazione di un centro di commercializzazione con mostra permanente da localizzarsi presso la Fiera di Verona;

     - guida dei marmi veneti: la guida costituirà un catalogo completo della produzione, delle lavorazioni e dei manufatti dell'industria tecnica; sarà corredata da una serie di schede industriali sull'utilizzazione tecnica del marmo e sulle caratteristiche dei marmi regionali. I testi saranno tradotti in lingua straniera per un'efficace circolazione sul mercato estero. La diffusione sarà particolarmente ampia presso gli operatori commerciali interessati;

     - scuola professionale: la Regione si impegnerà per la realizzazione di una scuola di preparazione degli addetti al settore marmifero, venendo incontro così a un'aspirazione dei produttori veneti e a una necessità delle attività di lavorazione. Verrà posta allo studio anche l'istituzione di corsi estivi per architetti nelle zone di produzione;

     - manifestazioni fieristiche: verrà promossa, mediante supporti finanziari e assistenza tecnica, la partecipazione delle aziende marmifere alle più importanti manifestazioni fieristiche in Italia e all'estero, fra cui quella di Carrara, di S. Ambrogio di Valpolicella, di Monaco, di Hannover e di Singapore;

     - missioni di operatori: saranno organizzate, in collaborazione con l'ICE, con l'UNIONCAMERE e con la Fiera di Verona, missioni di operatori veneti all'estero e di compratori stranieri nelle zone di produzione.

 

8. Azione per la pellicceria

     L'azione in questione riguarda i Comuni di Cervarese S. Croce, Abano, Rovolon, Saccolongo, Teolo, Montegalda, Montegaldella e Grisignano.

     L'analisi della situazione di quest'area mette in evidenza la debolezza strutturale del settore della pellicceria come si è là sviluppato: prevalenza della produzione per conto terzi, anche stranieri; dipendenza dalle aziende di maggiori dimensioni che si riservano le fasi (modelli, commercializzazione) più redditizie; crisi dell'unica grande azienda; difficoltà per le aziende minori, nonostante l'esistenza di vivaci imprenditorialità, ad acquisire il necessario grado di autonomia nei confronti del mercato finale.

     Gli interventi da svolgere in questa area, orientati alla finalità di consolidare la base produttiva, saranno intesi a:

     - creare condizioni di incisiva presenza sul mercato

dell'abbigliamento, della pellicceria e dell'accessorio per le aziende già operanti o che potranno nascere nell'area;

     - sviluppare attività che rientrano nel ciclo della pellicceria e che si integrano con le fasi produttive già presenti nell'area, oggi particolarmente limitate al solo confezionamento;

     - elevare i livelli di qualità dei prodotti aumentando il valore aggiunto;

     - creare condizioni operative e ambientali che stimolino la diversificazione;

     - sviluppare infrastrutture e servizi.

     L'intervento della Regione nell'area verrà a integrare e ad aggiungersi agli interventi già previsti dagli Enti locali.

     In particolare gli Enti locali, attraverso un piano urbanistico già definito e la ristrutturazione di un'apposita area, determineranno condizioni più favorevoli per l'insediamento di altre attività produttive e lo sviluppo dei servizi.

     La Regione attiverà, direttamente o attraverso la Veneto Sviluppo, in collaborazione con gli Enti locali e le organizzazioni imprenditoriali della zona, i seguenti interventi:

     - promozione di un Centro acquisti consortile per il reperimento della materia prima alla fonte, con lo scopo di assicurare la regolare ed economica alimentazione della produzione;

     - promozione di una «trading company» per la commercializzazione dei prodotti in Italia e all'estero;

     - ricorso alla convenzione-quadro per il leasing e il factoring; stimolo alle aziende di credito locali per intensificare l'uso di forme di finanziamento adatte alle esigenze delle aziende del comparto (finanziamenti in valuta, anticipazioni su merci costituite in pegno, ecc.);

     - concorso alla realizzazione di un Centro di commercializzazione con mostra permanente;

     - concorso all'istituzione di una scuola di maestri pellicciai, tagliatori, inchiodatori, macchinisti, con lo scopo anche di formare stilisti in loco e di aumentare nei prodotti il contenuto di moda e il valore commerciale degli stessi;

     - concorso a manifestazioni, campagne promozionali in Italia e all'estero, e allo studio e al lancio di un marchio di origine e di qualità, nell'ambito del programma promozionale 1983;

     - studio di fattibilità per la realizzazione in loco di una conceria che si inserisca nel mercato nazionale;

     - promozione di un Centro consortile per servizi di deposito, custodia, conservazione, lavaggio e stiratura.

 

9. Azione per l'occhialeria

     Tra le produzioni artigiane di prestigio che il Veneto vanta, il settore dell'occhialeria nel Bellunese occupa certamente una produzione di rilievo.

     Nell'economia della Provincia l'occhialeria ha un valore determinante, assicurando, con 437 aziende, l'occupazione di oltre 4.500 lavoratori e contribuendo alle esportazioni per circa il 40 per cento del totale provinciale.

     La «zona cadorina», vero epicentro dell'occhialeria italiana, assicura il 75 per cento della produzione e dell'export nazionale.

     La Regione ha fatto dell'occhialeria uno dei cardini per una intelligente «promotion» all'estero unitamente ad altri settori per lo più «tradizionali». Il «programma promozionale» - che ne è lo strumento operativo - nelle edizioni 1980, 1981 e 1982 si è mosso in questa ottica volta a valorizzare le produzioni di qualità medio-alta che costituiscono, non solo per l'occhialeria, la migliore e più efficace garanzia per la valorizzazione del prodotto veneto sia sui mercati ad alta tecnologia come su quelli terzomondisti.

     Per il settore, la Regione intende porre in essere, in diretta collaborazione con le categorie interessate e particolarmente con le imprese e i consorzi di imprese, una serie di azioni in grado di sostenere la domanda interna ed esterna, di favorire le politiche associative e di costituzione di marchi di settore, di offrire un supporto tecnologico per il miglioramento e l'aggiornamento dei modelli.

     Gli interventi da realizzare, finanziabili con le leggi regionali nn. 14 e 16 del 1981 e con la normativa sui centri di commercializzazione, sono i seguenti:

     - intensificazione dell'azione promozionale sui tradizionali mercati raggiunti dalle grandi fiere: OPTICA di Stoccarda, SILMO di Parigi, MIDO di Milano, OPTIFAIR di New York e dalle manifestazioni autonome presso Trade Center ICE;

     - promozione di consorzi o altre forme associative per la creazione di un marchio disciplinato da una precisa regolamentazione produttiva in grado di qualificare la produzione e di valorizzarla nel mercato acquirente;

     - rafforzamento dell'impegno nel campo della formazione professionale, con particolare riguardo alle varie specializzazioni richieste dall'attività produttiva e di commercializzazione;

     - costituzione nel Centro Cadore di una struttura consortile che offra all'occhialeria i più significativi apporti: ricerca applicata e nuove tecnologie, servizi di promozione e commercializzazione, strutture espositive e di contattazione clienti.

 

 

Allegato n. 3

STRATEGIA DI INTERVENTO PER PORTO MARGHERA

 

     Da tempo il polo industriale di Porto Marghera conosce un'involuzione produttiva e occupazionale preoccupante. La riduzione degli addetti per il periodo 1975/1982 può essere valutata nell'ordine delle 7 mila unità e inoltre il quadro prospetta o avvalora l'ipotesi di un ulteriore aggravamento della situazione, dato anche l'imponente ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.

     L'iniziativa della Regione ha avuto un primo momento di esplicitazione e di confronto di idee in occasione della Conferenza regionale su: «Ruolo e prospettive delle imprese a partecipazione statale nel Veneto», tenutasi il 14 dicembre 1981.

     In quella sede è emerso che l'obiettivo prioritario da perseguire per le imprese a partecipazione statale, attorno alle quali ruota tutto il tessuto industriale del polo, è costituito da un rigoroso risanamento economico delle unità di produzione. Congiuntamente va perseguita la salvaguardia degli equilibri occupazionali, attraverso una strategia di area, entro la quale possono trovare attuazione e garanzia gli eventuali processi di mobilità della manodopera. Il risanamento deve accompagnarsi a interventi di tipo infrastrutturali nelle aree di proprietà indicata dalla programmazione regionale. Tale azione deve comunque avvenire in una prospettiva non di impoverimento ma di diversificazione e di sviluppo del tessuto produttivo regionale.

     Con l'ulteriore aggravarsi della crisi, in connessione anche alla mancata attivazione dei provvedimenti previsti da alcuni piani finalizzati di settore (alluminio, cantieristica, ecc.), il problema industriale e occupazionale di Porto Marghera è stato oggetto di un approfondito esame in sede di Consiglio regionale il 12 novembre 1982. In esso si è ribadita innanzitutto la necessità di proseguire risolutamente nell'azione di risanamento dei punti di crisi, prendendo atto dell'evoluzione economica del sistema industriale del Paese e, pertanto, scegliendo i livelli di assestamento e realizzazione che consentano alle aziende l'acquisizione di posizioni competitive. In secondo luogo occorre reinnescare processi di sviluppo complementari, che, fermo restando il ruolo insostituibile dell'industria di base, agiscano sulle verticalizzazioni a valle, nell'indotto formato da piccole e medie imprese, che seguono logiche di localizzazione più facilmente organizzabili in un'accorta politica territoriale.

     In questo quadro il Consiglio regionale ritiene urgente che si passi alla realizzazione di un insieme di iniziative concernenti la dotazione infrastrutturale dell'area attraverso:

     - l'attuazione del sistema delle chiuse mobili;

     - il rifinanziamento della Legge speciale per il disinquinamento della laguna;

     - la modifica del modello gestionale del Provveditorato al Porto di Venezia;

     - la realizzazione della III sezione portuale di Fusina.

     Con riferimento ai singoli settori emergono le seguenti indicazioni fatte proprie dal presente Piano per il Secondario:

 

Settore Alluminio

     Per quanto riguarda l'alluminio è indispensabile arrivare alla rapida definizione e approvazione del Piano di settore, secondo un programma di intervento che assicuri:

     - mantenimento e valorizzazione a Porto Marghera di una struttura produttiva integrata, garantendo e qualificando le seconde e terze lavorazioni anche nell'area feltrina;

     - definizione delle scelte alternative,dei tempi e delle modalità degli investimenti tesi al recupero dei livelli di occupazione per finalizzare il ricorso alla CIG.

     Nel piano proposto va sottolineato il valore della soluzione del problema ambientale; la riorganizzazione del primario; l'ampliata potenzialità del secondario; l'accresciuta capacità di laminazione ampliando la gamma produttiva, sviluppando la capacità di Roll-Bond con l'ammodernamento delle strutture e degli stabilimenti; la conferma della realizzazione della ELEMES a Pianiga; l'integrazione dell'installazione della LAVAL di Marcon; l'installazione di un centro di sviluppo dei semilavorati.

     Va invece riproposto e difeso il mantenimento dell'attività degli estrusi, vanno definite le scelte energetiche e la collaborazione degli impianti per la produzione di energia e la localizzazione a Marghera del Centro Ricerche.

     Per quanto riguarda la Samin occorre attuare nei tempi previsti il piano di riconversione approvato dal CIPI.

     In particolare è necessario procedere all'integrazione del pubblico con il privato ai fini della realizzazione di una politica di ciclo integrato che comprenda la raffinazione e la successiva verticalizzazione e commercializzazione.

 

Settore Siderurgico

     Le acciaierie di Piombino (ex Italsider) sono uno stabilimento fondamentalmente valido. Esso deve consolidare e migliorare:

     - la funzione di centro di commercializzazione e transito verso il Nord Italia e l'Europa;

     - il ruolo dei laminatoi con i treni 330 e 550;

     - la produzione delle lavorazioni speciali (travi saldate-scatolate, ecc.).

 

Settore Cantieristico

     Per il cantiere Breda, riaffermato che la cantieristica costituisce una vocazione fondamentale di Venezia e della laguna, occorre:

     - assegnare al cantiere un carico di lavoro adeguato alla sua struttura e al pieno impiego della manodopera;

     - salvaguardare l'integrità e l'autonomia tecnico-progettuale e commerciale del cantiere, pur in coordinamento con le altre realtà pubbliche del settore;

     - concretizzare l'utilizzo delle risorse stanziate con le recenti leggi di sostegno.

     Per la cantieristica minore, va assicurato il mantenimento delle attività produttive nel centro storico, utilizzando le aree libere dell'Arsenale.

 

Settore Petrolchimico-Chimico

     E' essenziale che la rescissione dell'accordo ENI-Occidental (Enoxy) non risulti pregiudizievole per le attività petrolchimiche di Porto Marghera. In particolare si deve garantire:

     - la sostanziale gestione unitaria dello Stabilimento;

     - il mantenimento a Porto Marghera di PVC (cloruro di polivinile);

     - il mantenimento nell'area delle attività di commercializzazione e di ricerca;

     - la concreta possibilità di una diversa alimentazione del Petrolchimico 1 (da acetilene a metanolo) per aumentare la competitività;

     - il completamento delle gamme possibili nella chimica fine in loco.

     In questo quadro si dovranno mantenere le attuali dimensioni produttive di etilene prodotto e utilizzato, al fine di assicurare nel prossimo futuro l'equilibrio della bilancia commerciale.

     Per la SIPA (ex Montefibre) è determinante la scelta della diversificazione e specializzazione delle fibre, potenziando la ricerca sul prodotto e sulle applicazioni, allargando la rete di assistenza tecnico- operativa agli utilizzatori finali, in coordinamento, da una parte, con un programma finalizzato che la Regione deve approntare nell'ambito del CETEV, e con il Governo per il raccordo con la CEE. Occorre, altresì, garantire che il reparto del contingente di greggio assegnato alla produzione italiana sia proporzionale alle capacità degli impianti.

     Per la FERTIMONT va conservata l'efficienza degli impianti e rafforzato il rapporto con l'area agricola padano-veneta, nonché potenziata la ricerca (CFR) sul prodotto, sui ruoli e sui rendimenti, avviando le opportune iniziative per promuovere l'integrazione tra industria e agricoltura.

     Per quanto riguarda il settore petrolifero è necessario ridurre il traffico di cabotaggio in laguna al fine di garantire la tutela dell'ambiente lagunare, pur assicurando la continuità produttiva della raffineria IROM. Il pieno utilizzo di S. Leonardo appare la soluzione più adatta.

     Le prospettive del settore chimico, tenendo presente quanto sopra indicato, dovrebbero essere avviate secondo i seguenti indirizzi:

     - maggiore integrazione del polo di Marghera con gli altri poli dell'area interconnessa di Ferrara, Mantova e Ravenna;

bilanciamento tra output del cracking ed input dei poli dell'area;

     - la realizzazione di un mix settoriale, che, mutando una situazione in atto, pervenga a una riorganizzazione dei cicli esistenti con il presupposto per la chimica secondaria e fine e per la sussistenza di una chimica di base tecnologicamente avanzata e competitiva tenendo conto del necessario equilibrio energetico;

     - la diversificazione della produzione di base.

 

Settore del vetro piano

     Per il vetro è necessario consolidare le prospettive del settore ampliando e rendendo sempre più competitive le capacità di produzione del vetro piano.

     Va resa concreta la possibilità di un investimento per la lana di vetro.

     Opportune iniziative dovranno essere prese per la cokeria dell'Italiana Coke di Marghera al fine di uscire dall'attuale situazione di bassa produzione e superare la crisi congiunturale e consolidare lo stabilimento.

     A questo riguardo si ricordano le motivazioni localizzative della cockeria a Porto Marghera:

     - la vicinanza ai mercati e agli approvvigionamenti di materia prima dell'Est europeo;

     - la dotazione di una banchina in autonomia funzionale e le altre infrastrutture di trasporto;

     - l'utilizzo organico ed efficiente del gas di cokeria, nella contigua vetreria.

 

Settore Energetico

     Per l'energia, anche in relazione alla necessità di utilizzare al massimo impianti moderni, occorre ricercare l'utilizzo ottimale della Centrale ENEL di Fusina, il riavvio della Centrale Alluminio Italia con raccordo con l'ENEL, attivando nel contempo soluzioni atte a evitare inquinamenti e realizzando le convenzioni per il recupero delle energie disperse. In questo quadro occorre dare avvio all'attuazione del teleriscaldamento per Marghera-Mestre.

 

Lavorazione tecnologico-organizzativa

     Infine va tenuto presente che, al di là delle problematiche attinenti alle situazioni di crisi, per le quali fanno testo le sopra riportate direttive a carattere settoriale, la sopravvivenza e lo sviluppo del polo industriale di Porto Marghera sono legati a un processo generale e sistematico di innovazione tecnologica e organizzativa. Occorre quindi procedere celermente alla realizzazione di alcuni strumenti capaci di un intervento orizzontale sulla struttura produttiva e idonei all'integrazione fra grandi e piccole-medie imprese. Ci riferiamo al Centro per l'assistenza tecnologica (CETEV), all'Osservatorio regionale sui mercati esteri, alle azioni nel campo dell'energia.

     In questo contesto particolare rilevanza assumono:

     - il coordinamento dell'attività di ricerca sviluppata a Venezia dalle strutture pubbliche già operanti (CNR - Tecnomare Samin Vetro - costituendo CETEV) e dei centri di ricerca delle aziende private, al fine di promuovere iniziative specifiche tese allo sviluppo di nuovi settori a valle delle produzioni di base;

     - la razionalizzazione dell'utilizzo delle fonti energetiche primarie e dell'uso delle stesse attraverso il risparmio e la lotta agli sprechi e la produzione combinata di energia elettrica e calore, nonché la verifica delle esigenze energetiche in relazione alle ipotesi di sviluppo;

     - le iniziative tese a favorire e sviluppare forme consortili fra le medie e piccole imprese operanti nell'area di Porto Marghera per il pieno utilizzo delle risorse tecniche, strumentali e professionali, per la manutenzione e il risanamento degli impianti e per il trattamento dei rifiuti industriali.

     La traduzione operativa del programma è iniziata con l'iniziativa regionale di convocare, d'accordo con il Ministero delle PP.SS., una riunione di lavoro delle parti interessate (Enti Pubblici Territoriali, Organizzazioni Imprenditoriali e Sindacali).

     I compiti di questa «Commissione per Porto Marghera» dovranno articolarsi su due linee:

     - analisi della situazione occupazionale e della CIG dell'area, della possibilità di investimento sostitutivo e di diversificazione, della forma di mobilità del lavoro da realizzare.

     - forme di coordinamento e di collaborazione dell'attività di ricerca dei Centri di Ricerca delle grandi aziende a PP.SS. in connessione con la costituzione del CETEV in quanto struttura capace di fornire assistenza sul piano dell'innovazione tecnica, della ricerca e della formazione manageriale alle piccole-medie imprese.

     Le azioni suddette forniranno i contenuti alla conclusiva redazione di una proposta di nuovo assetto gestionale delle zone industriali che garantisca criteri di economicità e di ottimizzazione localizzativa ai possibili nuovi insediamenti nelle aree libere e liberabili.

 

 

Allegato n. 4

PRODUZIONI TESSILI NELLE IMPRESE A PP.SS.

 

     Per la rilevante presenza sul nostro panorama del tessile- abbigliamento veneto, il comportamento delle PP.SS. in questo settore è determinante ai fini della Programmazione regionale. La dimensione delle unità produttive pubbliche e il loro inserimento sia nelle fasi di lavorazione "di base" (filatura e tessitura), sia in quelle finali (confezioni) possono assumere un ruolo strategico di grande importanza non solo in termini occupazionali diretti, ma anche e soprattutto indirettamente a sostegno della massa di unità produttive medio-piccole facenti capo ai privati.

     Il risanamento è dunque pregiudiziale e irrinunciabile.

     Esso deve avvenire in base ai piani di ristrutturazione finalizzati con gli investimenti necessari in ricerca applicata, tecnologia e marketing alla ricostituzione della competitività delle singole unità produttive.

     Preso atto della volontà dell'ENI di assumere un ruolo attivo nel settore tessile attraverso il rilancio della LANEROSSI, si sottolineano gli aspetti che si giudicano qualificanti dell'accordo, e cioè:

     - l'impegno a sviluppare i mercati esteri, le tecniche di marketing e la ricerca applicata;

     il mantenimento all'interno del Gruppo delle attività di base (filatura, tessitura) risanabili con le forze interne e con le azioni sopra indicate;

     - il ricorso all'associazione con privati per le unità di cui non è possibile correggere gli squilibri all'interno del Gruppo, mantenendo nelle Società una presenza azionaria di verifica;

     - la concessione o la chiusura delle unità irrecuperabili per consolidati squilibri strutturali, ferma restando una «garanzia occupazionale», che dovrà essere realizzata attraverso il riassorbimento, o nel Gruppo o con nuove iniziative, della manodopera eccedente;

     - l'impegno a una metodologia di formulazione e di realizzazione del piano che precede «punti di verifica» con il sindacato temporalmente predefiniti.

     Per quanto riguarda le unità produttive LANEROSSI nel Veneto, si ribadisce la validità delle produzioni dell'area di Schio e la necessità del loro rilascio secondo la logica contenuta nell'accordo. Particolare rilievo dovranno assumere le azioni per i punti di crisi esistenti: per lo stabilimento di Dueville, il riutilizzo delle strutture esistenti per nuove produzioni; per la RISABEL di Torrebelvicino, il suo inserimento con garanzie in una struttura aziendale commercialmente valida; il recupero delle potenzialità della NUOVA SACCARODO.

     Per quanto concerne le aziende del tessile-abbigliamento facenti capo alla GEPI, la Regione del Veneto ha riconfermato la propria preoccupazione già comunicata al CIPI, per quanto previsto dal programma di disimpegno prestato dalla GEPI per le aziende cedibili a seguito di ristrutturazioni e/o riconversioni, e cioè la GECONF, la CONFEZIONI DI BELLUNO, la SANREMO, nonché per quelle aziende inizialmente classificate fra quelle cedibili al partner privato, per le quali le trattative o sono cadute o non sembrano offrire sufficienti garanzie, come sta accadendo per alcune aziende del Polesine.

     E' da notare infatti come tale programma, così come sinora noto, non escluda per tali gruppi di aziende la necessità di operare nuove ristrutturazioni, che potrebbero comportare ulteriori consistenti riduzioni di personale in aggiunta alle eccedenze già evidenziate dagli interventi realizzati.

     Ciò rimette in discussione il programma di ristrutturazione SANREMO e GECONF, elaborato di recente a seguito di una complessa vicenda nella quale è intervenuta, con funzione di indirizzo, anche la Regione.

     Agli organi di Governo e alla GEPI la Regione ha già chiesto per tale motivo un impegno a ridefinire le linee di intervento per le aziende facenti capo a SANREMO e GECONF; tale ridefinizione deve avvenire in stretto coordinamento con la Regione.

Particolarmente per quanto riguarda i Comuni di Asolo, Castelfranco e Montebelluna già colpiti dalle crisi di altri comparti del settore moda, dovranno attuarsi gli interventi finalizzati al risanamento delle attività produttive e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, già illustrati al punto 6.5.4.

 

 


[1] Abrogata dall'art. 1 della L.R. 13 agosto 2009, n. 19.

[2] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 30 dicembre 1986, n. 56.

[3] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 20 dicembre 1985, n. 66.

[4] Comma così modificato dall'art. 4 della L.R. 28 gennaio 1986, n. 5.

[5] Alinea così modificato dall'art. 4 della L.R. 28 gennaio 1986, n. 5

[6] Comma così modificato dall'art. 4 della L.R. 28 gennaio 1986, n. 5

[7] Articolo modificato dall'art. 2 della L.R. 30 dicembre 1986 n. 56.