§ 4.1.16 - Legge Regionale 7 dicembre 1978, n. 47.
Tutela e uso del territorio.


Settore:Codici regionali
Regione:Emilia Romagna
Materia:4. assetto del territorio
Capitolo:4.1 urbanistica e edilizia
Data:07/12/1978
Numero:47


Sommario
Art. 4.  Finalità e contenuti della pianificazione territoriale regionale.
Art. 5.  Formazione e approvazione dei piani territoriali regionali e degli atti di indirizzo.
Art. 6.  Efficacia ed effetti dei piani territoriali regionali.
Art. 12.  Finalità del piano regolatore generale.
Art. 13.  Contenuto del piano regolatore generale.
Art. 14.  Approvazione del Piano regolatore generale.
Art. 15.  Varianti al Piano regolatore generale.
Art. 16.  Programma di attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale.
Art. 17.  Attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale.
Art. 18.  Attuazione del Piano Regolatore Generale.
Art. 19.  Programma pluriennale di attuazione del Piano Regolatore Generale.
Art. 20.  Piano particolareggiato di iniziativa pubblica.
Art. 21.  Formazione, approvazione ed efficacia del piano particolareggiato di iniziativa pubblica.
Art. 22.  Attuazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica.
Art. 23.  Piano per l'edilizia economica e popolare.
Art. 24.  Piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi.
Art. 25.  Piano particolareggiato di iniziativa privata.
Art. 26.  Piani di recupero.
Art. 32.  Criteri per la determinazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione degli alloggi.
Art. 33.  Zone di tutela.
Art. 34.  Vincolo idrogeologico.
Art. 35.  Obiettivi e criteri generali per l'intervento nel territorio urbanizzato.
Art. 36.  Zone culturali ambientali - Zone territoriali omogenee A.
Art. 37.  Zone edificate a prevalente destinazione residenziale - Zone territoriali omogenee B.
Art. 38.  Zone per i nuovi insediamenti residenziali - Zone territoriali omogenee C.
Art. 39.  Zone destinate ad insediamenti produttivi - Zone territoriali omogenee D.
Art. 40.  Zone agricole - Zone territoriali omogenee E.
Art. 41.  Attrezzature pubbliche e servizi sociali - Zone territoriali omogenee F e G.
Art. 42.  Manutenzione ordinaria.
Art. 43.  Manutenzione straordinaria.
Art. 44.  Zone di recupero del patrimonio edilizio esistente.
Art. 45.  Aree per la viabilità e la rete ferroviaria.
Art. 46.  Standards urbanistici.
Art. 47.  Dati conoscitivi ed elementi costitutivi della pianificazione comprensoriale.
Art. 48.  Dati conoscitivi ed elementi costitutivi della pianificazione comunale.
Art. 49.  Elementi costitutivi degli strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale.
Art. 50.  Abitabilità e usabilità delle costruzioni.
Art. 51.  Utilizzazione abusiva di costruzioni.
Art. 52.  Opere costruite in difformità o in assenza della concessione.
Art. 53.  Annullamento di autorizzazioni comunali.
Art. 54.  Deroghe.
Art. 55.  Misure di salvaguardia.
Art. 56.  Organi consultivi.
Art. 57.  Comitato consultivo regionale.
Art. 58.  Commissione consultiva comprensoriale.
Art. 59.  Compiti della Commissione consultiva comprensoriale.
Art. 60.  Commissione edilizia comunale.
Art. 61.  Obbligo di adozione o di revisione del Piano Regolatore Generale.
Art. 62.  Regolamenti edilizi.
Art. 63.  Efficacia degli strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale.
Art. 64.  Cartografia, grafia e simbologia comprensoriale e comunale.
Art. 65.  Zone produttive turistiche.
Art. 66.  Compiti di vigilanza.
Art. 67.  Finanziamento e imputazione della spesa.
Art. 68.  Disposizioni finali.


§ 4.1.16 - Legge Regionale 7 dicembre 1978, n. 47. [1]

Tutela e uso del territorio.

(B.U. n. 161 dell'11 dicembre 1978).

 

Titolo I [2]

DISPOSIZIONI GENERALI

 

     Artt. 1. – 3. [3]

 

Titolo II [4]

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE

 

Art. 4. Finalità e contenuti della pianificazione territoriale regionale. [5]

     La Regione, per il conseguimento delle finalità di cui all'art. 1 della presente legge adotta [6]:

     1) un piano territoriale regionale che definisca sulla base delle scelte di programmazione regionale, individuate anche attraverso il confronto con le scelte nazionali e delle altre Regioni, gli obiettivi qualitativi e quantitativi di carattere generale per gli insediamenti residenziali, produttivi e di servizi; garantisca la piena utilizzazione delle risorse agricole e la protezione e valorizzazione dei beni culturali ambientali; assicuri la salvaguardia delle parti del territorio interessate alla realizzazione degli interventi di interesse nazionale e regionale; stabilisca il quadro dell'assetto del territorio regionale anche in relazione:

     a) al sistema delle grandi strutture e linee di comunicazione viaria, ferroviaria, idroviaria, marittima ed aerea, ivi compresi i centri di interscambio per il trasporto di persone e merci;

     b) alle grandi strutture portuali, annonarie e distributive e alle infrastrutture tecnologiche;

     c) agli impianti e alle reti per l'energia e le telecomunicazioni;

     d) alle industrie di base, alle centrali di produzione di energia e alle raffinerie di idrocarburi;

     e) alle sedi universitarie;

     f) ai parchi, alle riserve naturali ed ai bacini idrogeologici di interesse termale;

     g) alla difesa del suolo ed alla bonifica integrale e montana;

     h) alla prevenzione e alla difesa dalle varie forme di inquinamento, recependo per le acque le previsioni del piano regionale di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319;

     i) alle zone sismiche, individuate a norma della lettera b) dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;

     2) piani territoriali stralcio relativi all'intero territorio regionale od a parti di esso e piani territoriali che specifichino nel quadro del bilancio pluriennale della Regione i programmi regionali di intervento e quelli da attuare attraverso specifici progetti;

     3) gli atti normativi e di indirizzo politico-amministrativo contenenti obiettivi generali e criteri per la predisposizione e l'attuazione dei piani di cui all'art. 3 - punti b) e c).

     Il piano territoriale regionale è costituito dai seguenti elaborati:

     1) relazione illustrativa che formula le scelte di assetto territoriale idonee a conseguire gli obiettivi della programmazione economica regionale;

     2) elaborati grafici cartografici adeguati, per numero e scala, ad illustrare la relazione di cui al punto 1).

     La Regione coordina, nell'ambito degli strumenti di cui al primo comma, la pianificazione dei Comprensori e approva i relativi piani territoriali di coordinamento comprensoriale.

     Il piano territoriale regionale o i piani territoriali stralcio ricomprendono il piano regionale di coordinamento dei porti, di cui alla legge regionale 27 aprile 1976, n. 19.

 

     Art. 5. Formazione e approvazione dei piani territoriali regionali e degli atti di indirizzo. [7]

     Il progetto del piano territoriale di cui all'art. 4 - primo comma - punto 1) - viene predisposto dalla Giunta regionale entro il 31 dicembre 1980.

Per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ambientali la Giunta regionale nella predisposizione del progetto si avvale della collaborazione dell'Istituto dei beni artistici, culturali e naturali. Sul progetto di piano di cui sopra nonché sui progetti dei piani di cui all'art. 4 - primo comma punto 2) - vengono sentiti le Amministrazioni statali, i Comprensori, le Comunità montane, il Circondario di Rimini, i Comuni e le Province, che dovranno formulare pareri e proposte entro novanta giorni dalla richiesta della Regione. La Giunta regionale, su conforme parere della competente Commissione consiliare, stabilisce a quali altri enti ed associazioni richiedere un parere o proposte nel termine sopra indicato. Decorso tale termine anche senza esito, il Consiglio regionale adotta i predetti progetti di piano, previo parere del Comitato consultivo regionale a sezioni riunite.

     Ai progetti delle Amministrazioni dello Stato e delle aziende pubbliche a carattere nazionale, che hanno riflessi sul territorio regionale e che siano in contrasto con le indicazioni dei piani territoriali regionali di cui all'art. 4, si applica il procedimento di cui all'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616,

regolato dall'art. 1 della legge regionale 1° agosto 1978, n. 26.

     I provvedimenti di adozione dei progetti dei piani territoriali regionali sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione, nonché nella stampa regionale, ed i relativi progetti sono depositati presso le sedi dei Comitati comprensoriali, delle Comunità montane e del Circondario di Rimini per 60 giorni consecutivi. Entro i successivi 30 giorni i privati e gli enti interessati dalle previsioni e destinazioni di zona in essi contenute, che comportano vincoli di carattere generale o particolare, risultanti da rappresentazione grafica adeguata, possono presentare osservazioni ai Comitati comprensoriali che entro 30 giorni le trasmettono con il proprio parere alla Giunta regionale. Decorso tale termine, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, decide sulle osservazioni e approva i piani territoriali regionali.

     I provvedimenti di approvazione dei piani sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione e ne è data altresì notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

     Gli atti di cui all'art. 4 - primo comma, punto 3) - sono approvati dal Consiglio regionale.

 

     Art. 6. Efficacia ed effetti dei piani territoriali regionali. [8]

Titolo III

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE COMPRENSORIALE

 

     Artt. 7. – 11. [9]

 

Titolo IV

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE COMUNALE

 

     Art. 12. Finalità del piano regolatore generale. [10]

     Ogni Comune è obbligato ad adottare un piano regolatore generale nei termini e nei modi previsti dalla presente legge.

     Il piano regolatore generale deve disciplinare le destinazioni d'uso relative all'intero territorio comunale e gli interventi pubblici e privati in rapporto alle esigenze di sviluppo economico e sociale delle comunità locali, tendendo alla salvaguardia dei valori urbani collettivi, di quelli ambientali e naturali, nonché di quelli produttivi.

 

     Art. 13. Contenuto del piano regolatore generale. [11]

     Il piano regolatore generale recepisce e specifica le previsioni e i vincoli contenuti nel piano territoriale di coordinamento comprensoriale di cui all'art. 8 della presente legge, nonché dei piani territoriali regionali e degli atti normativi e d'indirizzo esistenti, di cui all'articolo 4 della presente legge.

     Il piano regolatore generale prevede altresì:

     1) la distribuzione tra insediamenti concentrati e sparsi della popolazione ipotizzata per il decennio dal piano territoriale di coordinamento comprensoriale;

     2) la specificazione del fabbisogno in termini di residenza di posti di lavoro e di servizi indicandone la quota che può essere soddisfatta attraverso il recupero del patrimonio edilizio e urbano esistente e definendo la quantità delle aree necessarie per la realizzazione della restante quota di nuovi insediamenti;

     3) l'individuazione del territorio urbanizzato costituito dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi;

     4) l'individuazione delle aree da sottoporre a speciali norme ai fini della difesa del suolo, della tutela dell'ambiente e della salvaguardia della salute pubblica, nonché del recupero del patrimonio edilizio esistente di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457;

     5) L'individuazione, attraverso un piano di servizi articolato per quartieri, ove esistano per circoscrizioni o frazioni, delle aree necessarie ad assicurare agli insediamenti la dotazione minima e inderogabile di servizi, di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggi, nel rispetto degli standards di cui all'art. 46 della presente legge,

nonché la specificazione urbanistica delle previsioni dei piani di adeguamento e sviluppo in materia di distribuzione commerciale. Le aree necessarie al soddisfacimento degli standards previsti dal successivo articolo 46 per gli abitanti esistenti o da insediare nel territorio agricolo vanno inserite nell'ambito delle previsioni dei centri minori agricoli;

     6) l'individuazione delle aree e delle zone di rispetto per le vie di comunicazione.

     Il piano regolatore generale, in rapporto alle indicazioni di cui ai punti precedenti, provvede alla suddivisione del territorio comunale in zone omogenee dettando per ciascuna zona precise norme sull'utilizzazione dei suoli.

     Le zone territoriali omogenee, di cui al comma precedente, sono le seguenti:

     Zona A - le parti del territorio interessate da agglomerati urbanistico-edilizi che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale oppure da porzioni di essi, comprese le aree circostanti che possono considerarsi per tali caratteristiche parte integrante degli agglomerati stessi;

     Zona B - le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate diverse dalle zone A e a prevalente destinazione residenziale o turistico- residenziale;

     Zona C - le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti residenziali o turistico-residenziali;

     Zona D - le parti del territorio anche se totalmente o parzialmente edificate da destinare a insediamenti a prevalente funzione produttiva di tipo industriale, artigianale, commerciale, direzionale e turistica;

     Zona E - le parti di territorio destinate ad usi agricoli;

     Zona F - le parti del territorio destinate ad attrezzature pubbliche di interesse regionale;

     Zona G - le parti del territorio di cui al punto 5) del presente articolo.

     Nell'ambito dei criteri e delle previsioni della pianificazione territoriale comprensoriale come pure in sua assenza, il dimensionamento della residenza permanente del P.R.G. si calcola secondo i seguenti parametri:

     a) la capacità insediativa reale;

     b) la capacità insediativa teorica;

     c) gli indici di affollamento.

     La capacità insediativa reale di cui al punto a), va misurata sia in numero di abitazioni sia in numero di stanze e corrisponde effettivamente al numero delle abitazioni e delle stanze idonee esistenti nel territorio comunale, comprese quelle delle zone agricole. La capacità insediativa teorica di cui al punto b) è data dalla somma della capacità insediativa reale, calcolata sia in abitazioni che in stanze, e del numero rispettivamente delle abitazioni e delle stanze realizzabili secondo le norme di zona del Piano Regolatore Generale, considerando sia le abitazioni che le stanze inidonee recuperabili attraverso la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, sia le abitazioni che le stanze di nuova edificazione.

     Ai fini del dimensionamento residenziale del Piano Regolatore Generale gli indici di affollamento di progetto di cui al punto c), calcolati sulla capacità insediativa teorica, non devono essere inferiori ad almeno uno dei seguenti:

     - una famiglia per abitazione;

     - 0,75 abitanti per stanza.

     Nei Comuni con meno di 10.000 abitanti agli effetti del calcolo della capacità insediativa teorica i Comuni stessi possono non tener conto delle capacità insediative derivanti dalla differenza fra gli indici delle costruzioni preesistenti e gli indici minimi stabiliti dall'art. 37.

     Gli indici di cui al precedente settimo comma possono essere modificati dal Comitato comprensoriale ai sensi del quarto comma, punto 11), dell'art. 8 della presente legge in sede di piano territoriale di coordinamento comprensoriale.

     Il Piano Regolatore Generale può contenere l'indicazione dei perimetri degli strumenti di attuazione di cui ai punti 1), 2), 3), 4) e 5) del secondo comma dell'art. 18 della presente legge.

 

     Art. 14. Approvazione del Piano regolatore generale. [12]

     1. Il Piano regolatore generale (PRG), adottato dal Consiglio comunale, è immediatamente depositato nella Segreteria comunale per la durata di trenta giorni. Del deposito viene data tempestivamente notizia al pubblico mediante pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione e sulla stampa locale. Fino a trenta giorni dopo la scadenza del periodo di deposito chiunque può presentare osservazioni.

     2. Contemporaneamente al deposito, il PRG viene trasmesso alla Giunta provinciale, la quale, entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento, sulla base dell'istruttoria degli uffici e sentito il parere del Comitato consultivo provinciale, di cui al comma 10, può sollevare riserve relative a vizi di legittimità delle previsioni di piano ovvero alla necessità di apportare modifiche al piano per assicurare:

     a) l'osservanza delle prescrizioni, indirizzi e direttive contenuti negli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale sovraordinati;

     b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse statale, regionale e provinciale;

     c) la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici nonché delle zone di cui al successivo art. 33;

     d) l'osservanza delle prescrizioni di cui al successivo art. 46 come integrato;

     e) il rispetto delle norme igienico-sanitarie che abbiano valenza territoriale.

     3. Trascorso inutilmente il termine di cui al comma 2, il PRG si considera valutato positivamente dalla Giunta provinciale. Le riserve non formulate nella presente fase non possono essere sollevate in sede di approvazione del PRG.

     4. Il termine di cui al comma 2 è interrotto, entro il trentesimo giorno e per una sola volta, dalla richiesta, del Presidente della Provincia, di integrazione del piano, nel caso in cui manchi taluno degli elaborati costitutivi previsti dall'art. 48 della presente legge o dalla normativa nazionale o regionale vigente.

     5. Il termine per le riserve riprende a decorrere per intero dalla data di ricevimento della integrazione.

     6. Entro centottanta giorni dalla scadenza del termine per le riserve, il Consiglio comunale controdeduce alle osservazioni presentate ed alle riserve eventualmente sollevate dalla Giunta provinciale, proponendo l'introduzione delle modifiche necessarie.

     7. La Giunta provinciale, esaminate le controdeduzioni e le proposte di modifica del Piano formulate dal Consiglio comunale, decide sulle osservazioni ed approva il PRG, introducendo le modifiche discendenti dall'accoglimento delle osservazioni presentate e quelle ritenute indispensabili a soddisfare le riserve di cui al comma 2, ove le stesse non risultino superate.

     8. La Giunta provinciale provvede all'approvazione del PRG e delle relative varianti entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla data di ricevimento delle controdeduzioni di cui al comma 6. La delibera di approvazione è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.

     9. Trascorso il termine previsto al comma 8, il PRG si considera approvato con le modifiche proposte dal Consiglio comunale ai sensi del comma 6. Il Presidente della Provincia provvede a trasmettere gli atti al Comune e a richiederne la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, entro i successivi dieci giorni.

     10. Per la formulazione delle riserve di cui al comma 2, la Giunta provinciale si avvale del parere di un Comitato consultivo provinciale, composto dall'Assessore provinciale competente, o da un suo delegato, con funzioni di presidente e da un numero di membri non inferiore a quattro e non superiore a otto, almeno la metà dei quali esterni all'Amministrazione provinciale e scelti tra esperti in discipline urbanistiche e giuridiche e in programmazione e pianificazione territoriale. La composizione e le modalità di funzionamento del Comitato sono disciplinate con regolamento provinciale, che disciplina altresì gli ulteriori compiti consultivi ad esso assegnati in materia di programmazione e pianificazione territoriale ed urbanistica.

 

     Art. 15. Varianti al Piano regolatore generale. [13]

     1. Il Piano regolatore generale (PRG) è sottoposto a revisione periodica ogni dieci anni.

     2. Le varianti al PRG sono elaborate ed approvate secondo le procedure di cui all'art. 14, come sostituito. In pendenza dell'iter approvativo di una variante al PRG la delibera di adozione di un'ulteriore variante indica specificamente i motivi d'urgenza che ne rendono necessaria l'assunzione ed assicura il coordinamento e l'integrazione tecnica dei due strumenti.

     3. L'approvazione di varianti al PRG, ivi comprese quelle disciplinate al comma 4, nonché delle modifiche di cui al comma 7, comporta l'obbligo per l'Amministrazione comunale di provvedere all'aggiornamento degli elaborati del piano, di cui ai punti 2), 3) e 5) dell'art. 48, comma quarto, della presente legge, attraverso l'adeguamento delle tavole alle modifiche approvate e l'elaborazione del testo coordinato delle Norme tecniche di attuazione. La mancata trasmissione di detti elaborati alla Provincia ed alla Regione costituisce condizione impeditiva dell'attuazione delle previsioni della variante.

     4. Sono approvate dal Consiglio comunale, con le procedure di cui all'art. 21, integrate da quanto disposto dal comma 5, le varianti al PRG relative a:

     a) la realizzazione di qualsiasi opera pubblica comunale, nonché di edifici scolastici, ospedalieri, universitari, carcerari, per le poste e telecomunicazioni o altre opere pubbliche purché previste in programmi dello Stato, delle Regioni, delle Province o delle Comunità Montane ivi comprese le opere adottate ai sensi dell'art. 1, comma 5 della Legge 3 gennaio 1978, n. 1, qualora nei Piani regolatori non vi siano previsioni specifiche o le stesse non risultino sufficienti;

     b) la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica, in attuazione dei provvedimenti legislativi nazionali o regionali;

     c) la modifica delle previsioni del PRG vigente, a condizione che dette varianti:

     1) non prevedano, nell'arco di validità del piano, incrementi complessivi della nuova capacità insediativa o incrementi delle zone omogenee D maggiori del tre per cento per i Comuni con ABITANTI teorici superiori ai 30.000 abitanti e del sei per cento per i RESTANTI Comuni, e garantiscano nel contempo il rispetto delle dotazioni di standards urbanistici previsti dalla legge regionale;

     2) non riguardino zone sottoposte a tutela, ai sensi dell'art. 33 della presente legge;

     3) non ineriscano alla disciplina particolareggiata per la zona omogenea A, di cui all'art. 35, comma quinto della presente legge, salvo che per la ridefinizione delle unità minime di intervento e la modifica delle destinazioni d'uso che non abbiano incidenza sugli standards urbanistici di aree per servizi pubblici.

     d) l'adeguamento del PRG agli standards urbanistici previsti dalla legge regionale ovvero a specifiche disposizioni di legge, statali o regionali, che abbiano valenza territoriale;

     e) la modifica delle previsioni del PRG vigente necessaria per l'adeguamento alle prescrizioni, che comportino vincoli di carattere generale, contenute negli strumenti regionali o provinciali di programmazione e pianificazione territoriale.

     5. Le varianti di cui al comma 4 sono trasmesse, contemporaneamente al deposito, alla Giunta provinciale, la quale, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data del ricevimento, formula nei casi INDICATI dai commi 2 e 4 dell'art. 14, come sostituito, osservazioni alle quali i Comuni sono tenuti, in sede di approvazione, ad adeguarsi ovvero ad esprimersi con motivazioni puntuali e circostanziate. Trascorso il termine di sessanta giorni la variante si considera valutata positivamente dalla Giunta provinciale.

     6. La deliberazione del Consiglio comunale di approvazione delle varianti di cui al comma 4, lettera a), comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e l'urgenza ed indifferibilità dei lavori.

     7. Sono approvate dal Consiglio comunale, con le procedure di cui all'art. 21 della presente legge, le rettifiche di errori materiali presenti nella cartografia di base e nella rappresentazione dello stato di fatto nonché le modifiche alle previsioni del PRG vigente necessarie per l'adeguamento alle previsioni localizzative immediatamente cogenti contenute negli strumenti regionali o provinciali di programmazione o pianificazione territoriali.

 

Titolo V

ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE

TERRITORIALE URBANISTICA

 

     Art. 16. Programma di attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale. [14]

 

     Art. 17. Attuazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale. [15]

 

     Art. 18. Attuazione del Piano Regolatore Generale. [16]

     Il Piano Regolatore Generale dei Comuni, obbligati a norma della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, si attua sulla base del programma pluriennale di attuazione.

     Sono strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale:

     1) i piani particolareggiati di iniziativa pubblica;

     2) i piani per l'edilizia economica e popolare;

     3) i piani delle aree destinate agli insediamenti produttivi;

     4) i piani particolareggiati di iniziativa privata;

     5) i piani di recupero d'iniziativa pubblica e privata;

     6) la concessione onerosa;

     7) la concessione convenzionata;

     8) la concessione gratuita.

 

     Art. 19. Programma pluriennale di attuazione del Piano Regolatore Generale. [17]

     Il programma pluriennale di attuazione è regolato dalle norme contenute nella legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, ed il termine di cui al sesto comma dell'art. 1 della legge stessa si intende fissato al 31 dicembre 1978.

     Il settimo comma dell'art. 1 della legge medesima è abrogato.

     Nel primo comma dell'art. 2 della citata legge la frase «ai sensi dell'art. 1 lett. d)» è così modificata: «ai sensi dell'art. 1 lett. d) ed e)».

     Dopo il terzo comma dell'art. 2 della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2 è aggiunto il seguente comma:

     (omissis).

     Possono essere rilasciate le concessioni relative alle varianti di cui ai commi quarto, escluso il punto c), e quinto dell'art. 15 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, così come modificato dall'articolo 11 della presente legge, anche se non ancora comprese nel programma pluriennale di attuazione.

     Il programma pluriennale di attuazione può essere sottoposto a revisione in seguito all'approvazione di una variante generale allo strumento urbanistico generale oppure in conseguenza di varianti al piano di zona per l'edilizia economica e popolare, al piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi ed al piano comunale per le attività estrattive.

 

     Art. 20. Piano particolareggiato di iniziativa pubblica.

     L'adozione del piano particolareggiato di iniziativa pubblica è obbligatoria:

     a) nelle zone omogenee A, ove non  sia previsto l'intervento di attuazione attraverso i piani per l'edilizia economica e popolare, o i piani di recupero di cui agli artt. 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, la. 457, qualora lo richiedano particolari caratteristiche del centro storico e specifiche esigenze di intervento;

     b) nelle zone omogenee B, attraverso individuazione cartografica, salvo che per le zone di degrado, ove sia previsto il piano di recupero di cui agli artt. 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, n. 457, per trasformazioni d'uso o ristrutturazione di complessi insediativi di notevoli dimensioni, rispetto al contesto in cui si devono inserire e comunque interventi superiori a 30.000 mc e per le nuove costruzioni con un indice di utilizzazione fondiaria superiore ai 3 mc/mq, ove non sia previsto quello di iniziativa privata [18];

     c) nelle zone omogenee C e D, fatte salve le aree di cui agli artt. 38, quarto comma, e 39, quarto comma, della presente legge, ove non sia previsto l'intervento con i piani per l'edilizia economica e popolare, con i piani per gli insediamenti produttivi o con i piani particolareggiati di iniziativa privata.

 

     Art. 21. Formazione, approvazione ed efficacia del piano particolareggiato di iniziativa pubblica. [19]

     Lo schema di massima e la relazione generale del piano particolareggiato, prima dell'adozione da parte del Consiglio comunale, possono essere inviati agli organi di decentramento del Comune il cui territorio è interessato dal piano perché esprimano il proprio parere nel termine di 30 giorni dal ricevimento. Decorso tale termine, il Consiglio comunale procede comunque all'adozione del piano [20].

     Il piano adottato è quindi depositato presso la segreteria del Comune per la durata di 30 giorni consecutivi. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'Albo pretorio del Comune e pubblicato sulla stampa locale.

     Chiunque può prendere visione del piano in tutti i suoi elementi e presentare osservazioni entro il termine di 30 giorni successivi alla data del compiuto deposito.

     I proprietari di immobili interessati dal piano possono presentare opposizione entro il termine perentorio di 30 giorni successivi alla data del compiuto deposito.

     Il Consiglio comunale, sentito il parere della Commissione edilizia, decide sulle osservazioni e sulle opposizioni ed approva il piano entro e non oltre i 120 giorni dalla scadenza del termine di 30 giorni indicato nel precedente comma. Con la medesima delibera, che diviene esecutiva ai sensi della legge 10 febbraio 1953, n. 62, è indicato il termine per l'attuazione del piano non superiore ai 10 anni. Dovranno essere indicati altresì i termini entro i quali debbono essere iniziate ed ultimate le espropriazioni.

     La delibera comunale di approvazione deve essere pubblicata nell'Albo Pretorio del Comune entro 30 giorni dalla data di comunicazione al Comune dell'esecutività. Entro il medesimo termine la delibera deve essere notificata a ciascuno dei proprietari degli immobili compresi nel piano. La delibera deve essere pubblicata anche sul Bollettino Ufficiale della Regione.

     Giusta l'art. 34 della legge 5 agosto 1978, n. 457, ai piani particolareggiati, già approvati alla data del 20 agosto 1978 e finalizzati al risanamento del patrimonio edilizio esistente, i Comuni possono attribuire con deliberazione consiliare, il valore di piani di recupero.

 

     Art. 22. Attuazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica. [21]

     Per l'attuazione dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica, nelle zone espressamente indicate nel Piano Regolatore generale, il Comune, mediante deliberazione consiliare, può autorizzare od invitare soggetti privati singoli o associati a predisporre dei progetti per la realizzazione degli interventi previsti dal piano stesso.

     Il Comune fissa ai proprietari delle aree e degli immobili interessati un termine per la presentazione dei progetti per gli interventi previsti dal piano particolareggiato. Tali progetti vengono approvati dal Consiglio comunale previa stipula di una convenzione con i proprietari o gli aventi titolo. Tale convenzione deve prevedere, tra l'altro, la cessione gratuita, entro determinati termini, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione, nonché:

     1) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzare a cura del Comune ovvero qualora dette opere vengano eseguite a cura e a spesa del concessionario, le relative garanzie finanziarie e gli elementi progettuali delle opere da eseguire le modalità di controllo sulla loro esecuzione nonché i criteri e le modalità per il loro trasferimento al Comune;

     2) gli elementi progettuali di massima delle opere e degli edifici da realizzare;

     3) i termini di inizio e di ultimazione delle opere e degli edifici nonché delle opere di urbanizzazione;

     4) le sanzioni convenzionali a carico del concessionario per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione nonché per l'inosservanza delle destinazioni d'uso fissate nel piano particolareggiato o nel progetto di intervento.

     Decorso il termine fissato per la presentazione dei progetti, il Comune, fissato un nuovo termine e dopo l'inutile decorso di questo, ove non sia possibile l'accordo bonario avvierà l'espropriazione. Sulle aree ed immobili in tal modo espropriati il Comune con atto deliberativo del Consiglio comunale decide di eseguire direttamente i lavori oppure di autorizzare in base a regolari bandi di concorso soggetti privati interessati alla realizzazione degli interventi. Inutilmente espletata la procedura del concorso, la realizzazione può essere affidata a soggetti privati a ciò invitati in seguito a deliberazione del Consiglio comunale. Quest'ultima deliberazione può anche essere inserita nell'atto deliberativo con cui si bandisce il concorso.

     L'assegnazione ai privati di cui al comma precedente si perfeziona a mezzo di convenzione la quale dovrà contenere, oltre agli elementi di cui al secondo comma precedente, anche i criteri per la determinazione dei prezzi di cessione o dei canoni di locazione ai sensi del successivo art. 32.

     L'autorizzazione ai privati di cui al precedente terzo comma è subordinata al pagamento da parte dei medesimi di un importo pari al costo di acquisizione delle aree e degli immobili nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione se già realizzate.

 

     Art. 23. Piano per l'edilizia economica e popolare. [22]

     I Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti sono tenuti ad adottare un piano per l'edilizia economica e popolare nel rispetto dei disposti dell'articolo 2 - comma 3° - della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

     I Comuni non obbligati possono adottare un piano per l'edilizia economica e popolare nel quale l'estensione delle zone da includere nel piano stesso non può eccedere quella necessaria a soddisfare il 70% del fabbisogno di edilizia abitativa nel periodo considerato.

     Sono fatti salvi i piani per l'edilizia economica e popolare già approvati alla data di entrata in vigore della presente legge e le varianti relative ai medesimi.

     Il piano per l'edilizia economica e popolare si applica di norma nelle zone destinate dal Piano Regolatore Generale a edilizia residenziale nonché, nelle zone edificate, ivi compresi i centri storici, su immobili o parti di essi.

     Le varianti al piano per l'edilizia economica e popolare sono ammissibili per l'inclusione di nuove zone residenziali già previste dal Piano Regolatore Generale e per modificazioni di minima entità legate alla funzionalità di attuazione e di organizzazione urbanistica. Le varianti al piano per l'edilizia economica e popolare che lo riducano o che modifichino il Piano Regolatore Generale devono essere preventivamente autorizzate dalla Giunta regionale, sentito l'Ufficio di presidenza del Comprensorio il quale deve esprimersi entro 30 giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, la Giunta regionale decide, comunque, sulla domanda di autorizzazione.

     Per la formazione ed approvazione del piano per l'edilizia economica e popolare e delle relative varianti si seguono le procedure di cui all'art. 21 della presente legge [23].

     Il piano per l'edilizia economica e popolare dovrà contenere i criteri e le priorità per l'assegnazione delle aree ai diversi soggetti ai sensi dell'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

     Per gli interventi di edilizia economica e popolare che consistano in restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione di edifici di cui all'art. 36, punti A1, A2, A3, della presente legge, il Comune con deliberazione consiliare, prima di iniziare il procedimento di espropriazione, può invitare i proprietari degli immobili o di singoli alloggi, che risultano tali al momento della notifica del vincolo di piano, a realizzare direttamente le opere previste dal piano. In tal caso, il rilascio della concessione è subordinato alla stipula di una convenzione ai sensi dell'art.  35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e l'area interessata è computata nella quota di cui all'undicesimo comma dell'articolo stesso.

     Giusta l'art. 34 della legge 5 agosto 1978, n. 457, ai piani per l'edilizia economica e popolare, già approvati alla data del 20 agosto 1978 e finalizzati al risanamento del patrimonio edilizio esistente, i Comuni possono attribuire con deliberazione consiliare il valore di piani di recupero.

 

     Art. 24. Piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi. [24]

     Tutti i Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione possono adottare il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, ai sensi dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Tale piano è obbligatorio nei casi previsti dal punto 10), lettere c) e d), dell'art. 8 della presente legge, a meno che le zone in questione non siano attuate attraverso piani particolareggiati di iniziativa pubblica.

     Ai fini dell'applicazione della predetta legge n. 865, per insediamenti produttivi si intendono tra l'altro quelli destinati alle seguenti attività:

     a) industriali, artigianali, direzionali;

     b) turistiche, ivi compresi i campeggi, i villaggi turistici, gli insediamenti per vacanze e simili;

     c) commerciali, di cui alle zone omogenee D descritte dall'art. 13 della presente legge;

     d) di trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli, ivi compresi i caseifici, le cantine e gli allevamenti intensivi non collegati alla conduzione del fondo ed alle esigenze dell'azienda agricola;

     e) di estrazione da cave e torbiere, fatte comunque salve le disposizioni di cui alla legge regionale 2 maggio 1978, n. 13;

     f) portuali, di cui all'art. 11 della legge regionale 27 aprile 1976, n. 19;

     g) di distribuzione del carburante.

     Ai fini del calcolo delle quote di cui all'art. 27, sesto comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, vanno considerate tutte le aree destinate ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

     Il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi è applicabile nell'ambito delle zonizzazioni del Piano Regolatore Generale, ivi comprese le zone edificate.

     Nel caso delle zone edificate il Comune può procedere secondo quanto disposto dall'art. 23, penultimo comma, della presente legge. Le convenzioni relative devono prevedere i contenuti di cui all'articolo 29 della presente legge.

     Per le aree assoggettate a piano per gli insediamenti produttivi da cedere in proprietà il Comune, anziché procedere all'esproprio, può convenzionare con i proprietari l'utilizzo delle aree.

     Le convenzioni dovranno prevedere i contenuti di cui all'articolo 29 della presente legge.

     Le procedure di formazione e di approvazione dei piani da destinare ad insediamenti produttivi sono le stesse previste per i piani, di cui all'art. 21 della presente legge.

 

     Art. 25. Piano particolareggiato di iniziativa privata. [25]

     I piani particolareggiati di iniziativa privata sono obbligatori per i nuovi insediamenti residenziali e produttivi delle aree di espansione per i quali non siano già previsti piani particolareggiati di iniziativa pubblica, piani per l'edilizia economica e popolare e piani per gli insediamenti produttivi.

     Secondo le previsioni dei programmi pluriennali di attuazione, il Comune, con deliberazione del Consiglio comunale, invita o autorizza i proprietari compresi nei perimetri fissati a presentare il piano particolareggiato.

     Entro il termine stabilito dal Comune all'atto dell'invito i proprietari o gli aventi titolo dovranno predisporre il progetto di piano particolareggiato nonché lo schema di convenzione da stipularsi con il Comune. Tale convenzione dovrà contenere tutti gli elementi di cui all'art. 22, secondo comma.

     Ove i proprietari non provvedano nei termini indicati, il Comune, fissato eventualmente un nuovo termine e dopo l'inutile decorso di questo, può procedere all'interno di detti perimetri attraverso il piano particolareggiato di iniziativa pubblica.

     Il piano particolareggiato di iniziativa privata, prima della sua approvazione da parte del Consiglio comunale, viene depositato per 30 giorni consecutivi presso la Segreteria del Comune ove chiunque potrà prenderne visione, ed è altresì inviato agli organi di decentramento comunale il cui territorio è interessato al piano. Chiunque può presentare osservazioni al piano entro e non oltre 30 giorni dal compiuto deposito. I proprietari direttamente interessati possono presentare opposizioni al piano entro e non oltre 30 giorni dal compiuto deposito.

     Gli organi di decentramento comunale esprimono il loro parere entro il termine di 30 giorni dal ricevimento del piano. Decorso tale termine, il Consiglio comunale procede ai successivi adempimenti, sentita la Commissione edilizia. La delibera di approvazione diviene esecutiva ai sensi della legge 10 febbraio 1953 n. 62. Con la medesima delibera il Consiglio comunale decide sulle osservazioni e le opposizioni [26].

 

     Art. 26. Piani di recupero.

     I piani di recupero di iniziativa pubblica e privata sono quelli regolati dal titolo IV della legge 5 agosto 1978, n. 457.

     Per quanto concerne le procedure non regolate dal detto titolo, si applicano i primi quattro commi dell'articolo 21 della presente legge.

 

     Artt. 27. – 31. [27]

 

     Art. 32. Criteri per la determinazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione degli alloggi.

     Ai fini dell'applicazione dell'art. 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, la convenzione-tipo regionale, alla quale dovranno uniformarsi quelle comunali nei casi previsti dalla presente legge e dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, dovrà prevedere tra l'altro:

     a) l'indicazione delle caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi;

     b) la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi, sulla base del costo delle aree, della costruzione e delle opere di urbanizzazione, nonché delle spese generali, comprese quelle per la progettazione e degli oneri di preammortamento e di finanziamento;

     c) la determinazione del canone di locazione in misura non superiore al 3% del valore desunto dai prezzi fissati per la cessione degli alloggi;

     d) la durata di validità della convenzione, non superiore a 30 e non inferiore a 20 anni.

     I prezzi di cessione ed i canoni di locazione, determinati nelle convenzioni ai sensi del primo comma del presente articolo, sono suscettibili di periodiche variazioni con frequenza non inferiore al biennio, in relazione agli indici ufficiali ISTAT dei costi di costruzione intervenuti dopo la stipulazione delle convenzioni medesime.

     Ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione è nulla per la parte eccedente.

Titolo VI

DISCIPLINA EDIFICATORIA DELLE ZONE

 

     Art. 33. Zone di tutela. [28]

     Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale e il piano regolatore generale individuano le zone di tutela e dettano la relativa normativa.

     Sono zone di tutela:

     a) le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe o di alluvioni o che presentino caratteristiche geomorfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti anche in funzione combinata della pendenza della quota, o della natura del suolo;

     b) le golene recenti ed antiche dei corsi d'acqua, gli invasi dei bacini naturali e artificiali, nonché le aree ad essa adiacenti per una profondità adeguata;

     c) gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini;

     d) le aree umide, deltizie e vallive;

     e) le aree boschive o destinate al rimboschimento;

     f) le aree d'interesse storico-ambientale ed archeologico;

     g) le aree regolate dalla legge regionale 24 gennaio 1977, n. 2, sulla flora.

     In tali zone sono vietate nuove costruzioni salvo quelle relative ai servizi tecnologici e urbani e ai servizi della pesca. Per il patrimonio edilizio esistente in tali zone sono ammessi gli interventi di cui agli articoli 36, 42, e 43 della presente legge.

     Sono vietate nuove costruzioni, ad eccezione di quelle di cui al comma precedente e di quelle connesse all'attività agricola nei limiti previsti dal Piano Regolatore Generale e sono ammesse destinazioni a verde pubblico nelle aree comprese fra gli argini maestri e il corso d'acqua dei fiumi e nelle isole fluviali nonché per una fascia di profondità di almeno:

     a) mt 50 del limite demaniale dei fiumi e dei torrenti compresi nel territorio delle Comunità montane;

     b) mt 100 dal limite demaniale dei laghi nonché, nei restanti territori non montani, dalle zone umide e dal limite demaniale dei fiumi e loro golene e dei torrenti;

     c) mt 50 dalle sponde dei canali navigabili e del Canale Emiliano- Romagnolo.

     I vincoli di cui al comma precedente valgono per tutto il territorio regionale dalla data di entrata in vigore della presente legge fino all'approvazione del piano-stralcio comprensoriale [29] di cui all'ottavo comma successivo. Con lo stesso piano-stralcio il Comprensorio può proporre alla Regione l'esclusione dei fiumi e torrenti o di loro parti da tale vincolo. Qualora i corsi d'acqua riguardino il territorio di più Comprensori, le Province interessate possono fornire criteri per assicurare la necessaria omogeneità di elaborazione dei piani-stralcio comprensoriali.

     Sono comunque escluse dal vincolo le aree comprese nel territorio urbanizzato, delimitato con delibera consiliare ai sensi dell'art. 13, punto 3, della presente legge, e le lottizzazioni convenzionate ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 e successive modificazioni e integrazioni, per le sole parti già completamente urbanizzate, ed i piani di edilizia economica e popolare approvati ma limitatamente al programma pluriennale di attuazione di cui all'art. 38 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni. Sono altresì escluse dal vincolo le lottizzazioni già convenzionate comprese nei programmi pluriennali di attuazione approvati ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2.

     Restano in vigore altresì le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti per le zone omogenee B, per le parti non comprese nel territorio urbanizzato di cui sopra, limitatamente agli interventi per attrezzature scolastiche fino alla scuola dell'obbligo, per verde ed impianti sportivi pubblici.

     Il piano-stralcio comprensoriale può ridefinire il perimetro del territorio urbanizzato di cui al sesto comma del presente articolo nonché escludere da tali vincoli, quando non comportino pregiudizio per l'ambiente, le aree inserite negli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge e definite zone territoriali omogenee B, C, D, E, e G secondo i successivi articoli 37, 38, 39, 40 e 41.

     La formazione di tale piano-stralcio comprensoriale può non prevedere la fase relativa al progetto preliminare di cui ai primi cinque commi dell'art. 9 della presente legge.

     Qualora il Comitato comprensoriale non abbia provveduto all'adozione del piano-stralcio decorsi sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede alla formazione di un progetto di piano territoriale avente valore di piano-stralcio comprensoriale. Tale progetto viene sottoposto al parere del Comitato consultivo regionale a sezioni riunite e della competente Commissione consiliare, dopo di che la Giunta regionale approva il progetto definitivo.

     Sono vietate le nuove costruzioni, ad eccezione di quelle previste dal presente articolo, per il Po e le coste marine, per una fascia di profondità di almeno:

     1) per il fiume Po, mt 300 dal piede esterno degli argini maestri e mt 100 dal limite esterno della zona golenale;

     2) per le coste marine, mt 300 dal limite demaniale della spiaggia.

     In caso di non certezza di tali limiti, vi provvede la Regione con delimitazione grafica su apposita cartografia.

     Per il fiume Po, fino all'approvazione del piano-stralcio regionale di cui ai successivi commi, la Giunta regionale su conforme parere della Commissione consiliare può autorizzare i Comuni a disporre deroghe ai vincoli delle aree di cui all'ottavo comma del presente articolo. Per le altre aree vincolate tale deroga può essere concessa solo in sede di adozione del Piano Regolatore Generale o di sue varianti generali.

     Per le coste marine, fino all'approvazione del piano-stralcio regionale di cui ai successivi commi, la Giunta regionale su conforme parere della competente Commissione consiliare può autorizzare i Comuni a disporre deroghe solo per i vincoli delle aree di cui all'ottavo comma del presente articolo.

     Sono comunque fatte salve, per tali zone, le norme relative alle zone portuali di cui alla legge regionale 27 aprile 1976, n. 19.

     I vincoli di cui all'undicesimo comma, fatte salve le aree di cui ai precedenti quinto e sesto comma del presente articolo, valgono dall'entrata in vigore della presente legge fino all'approvazione di un piano-stralcio regionale da formare, adottare ed approvare con le procedure previste nel precedente decimo comma. Tale piano-stralcio regionale dovrà essere approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

     Il piano-stralcio regionale, valutando eventuali proposte dei Comitati comprensoriali inviate entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, può escludere da tali vincoli le aree di cui all'ottavo comma del presente articolo.

     La profondità delle fasce previste per i fiumi, torrenti, canali e laghi può essere aumentata in sede di formazione dei suddetti piani- stralcio comprensoriali o regionali ed in sede di piani territoriali regionali e comprensoriali.

     Per le aree e per le costruzioni escluse dal vincolo in sede di piano- stralcio comprensoriale o regionale, valgono le norme previste dagli strumenti urbanistici vigenti. Per tali aree e costruzioni in sede di revisione di tali strumenti, da effettuarsi nei tempi di cui all'articolo 61 della presente legge, va prevista un'apposita normativa che tenga conto delle particolari caratteristiche di dette fasce.

     In sede di revisione del Piano Regolatore Generale, nella fascia dei 300 metri dal limite demaniale della spiaggia possono essere previsti servizi ed esercizi pubblici funzionali all'attività turistica con esclusione delle attività ricettive.

     Per quanto riguarda le spiagge il Piano Regolatore Generale va attuato attraverso un piano dell'arenile, sotto forma di piano particolareggiato di iniziativa pubblica, che regolamenti le costruzioni esistenti, la dotazione di aree per servizi pubblici e per tutte le attrezzature in precario stato necessarie per l'attività turistica.

     L'installazione di nuovi campeggi, parcheggi per roulottes e per case mobili e simili è consentita solo sulle aree destinate a tale scopo nei Piani Regolatori Generali. Per tali previsioni il Comune può applicare l'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Per le zone destinate a campeggio va rispettato il rapporto fissato dalla normativa regionale in materia.

     Nelle fasce di cui al presente articolo, l'installazione di campeggi può essere prevista nei nuovi Piani Regolatori Generali con la dotazione dei servizi igienici prescritti dalle norme regionali vigenti in materia.

     L'apertura di nuovi scarichi liquidi e solidi è subordinata all'autorizzazione di cui all'art. 9 della legge 10 maggio 1976, n. 319, ed è altresì subordinata alla presentazione di una documentazione che garantisca l'assenza di pericolo per l'inquinamento delle acque superficiali e profonde e dell'atmosfera, tenendo conto anche dei nuclei residenziali e produttivi esistenti e previsti e della direzione dei venti dominanti.

 

     Art. 34. Vincolo idrogeologico. [30]

     Alla materia relativa ai vincoli idrogeologici, salvo le modifiche contenute nei commi seguenti del presente articolo, sono applicate le disposizioni contenute nel titolo I del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3627 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché del relativo regolamento di esecuzione approvato con R.D. 16 maggio 1926, n. 1126, intendendosi sostituite le amministrazioni centrali dello Stato con la Regione nonché gli organi ed enti periferici di cui all'art. 18 del precitato R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, con il Comitato comprensoriale di cui alla legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, salvo quanto disposto nel successivo comma.

     Le attribuzioni regionali di cui al precedente comma sono esercitate, anche in caso di controversie, dalla Giunta regionale, sentito il competente servizio regionale.

     Il rilascio delle autorizzazioni agli artt. 7 e 9 - ultimo comma - del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, è attribuito all'Ufficio di Presidenza del Comitato comprensoriale. Sono pure sottoposti al medesimo Comitato anche i movimenti di terreni di cui al R.D. 16 maggio 1926, n. 1154, con le stesse condizioni e modalità previste negli artt. 7 e 8 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267.

     Il vincolo idrogeologico e la relativa normativa sono disposti con il piano di coordinamento comprensoriale; in caso di dissesti previsti o in atto, si seguono le prescrizioni particolari vigenti per le aree di sistemazione idrogeologica e di bonifica integrale e montana ai sensi del R.D. 30 dicembre 3267 e successive modificazioni ed integrazioni.

     Nelle zone assoggettate a vincolo idrogeologico, gli enti e i privati che intendono realizzare le opere di cui all'art. 7 e successivi del capo I del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 e successive modifiche ed integrazioni, nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici, dovranno avanzare istanza d'autorizzazione all'Ufficio di Presidenza del Comitato comprensoriale.

     L'autorizzazione viene rilasciata o negata previo parere degli uffici regionali competenti i quali devono indicare all'Ufficio di Presidenza del Comitato comprensoriale le prescrizioni a cui assoggettare le autorizzazioni.

     Fino all'entrata in vigore e alla completa operatività della legge regionale concernente l'organizzazione degli uffici regionali, gli Ispettorati ripartimentali delle foreste continuano ad esercitare le funzioni loro attribuite dal citato R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 e successive modificazioni ed integrazioni nonché dal relativo regolamento di esecuzione.

     Successivamente, dette funzioni verranno assunte dagli Uffici di Presidenza dei Comitati comprensoriali.

 

     Art. 35. Obiettivi e criteri generali per l'intervento nel territorio urbanizzato. [31]

     Il Piano Regolatore Generale promuove nel quadro del controllo pubblico il recupero, la valorizzazione e l'integrazione nel contesto territoriale del patrimonio edilizio e urbanistico esistente.

     Sulla base del piano dei servizi di cui all'art. 13, punto 5), della presente legge, il Piano Regolatore Generale nelle zone omogenee A di cui al predetto articolo individua gli edifici che sono riconosciuti idonei, con scelta motivata, nonché le aree libere per il soddisfacimento degli standards di cui al successivo art. 46, primo comma. Vanno destinati a vincoli di inedificabilità le aree e gli spazi rimasti liberi, perché destinati per tradizione ad usi urbani e collettivi, nonché quelli di pertinenza dei complessi insediativi storici pubblici e privati. Le restanti aree e spazi liberi non rispondenti alle caratteristiche di cui sopra sono di preferenza destinati a servizi pubblici e, quando siano stati soddisfatti gli standards di cui al seguente art. 46, ad edilizia economica e popolare.

     Nelle zone omogenee B di cui all'art. 13 della presente legge, le aree libere e gli edifici di cui al comma precedente sono destinati ai servizi pubblici del quartiere e dei complessi insediativi, fino al soddisfacimento degli standards ivi previsti e le residue aree sono destinate in via prioritaria alle attrezzature di cui alle zone omogenee F dell'art. 13 della presente legge.

     In caso di comprovata inesistenza di aree libere ed edifici idonei per soddisfare il fabbisogno di servizi sociali e di attrezzature pubbliche di cui ai commi precedenti, dette aree ed edifici sono reperiti esternamente alle zone omogenee A e B nella fascia più prossima ed accessibile.

     Per l'intera zona omogenea A il Piano Regolatore Generale deve dettare la disciplina particolareggiata di cui all'art. 36 della presente legge, che costituisce parte integrante del piano. Ciò, al fine di indicare le modalità dell'intervento e le destinazioni d'uso delle unità d'intervento atte al recupero del tessuto urbanistico e delle tipologie edilizie, perseguendo l'obiettivo del mantenimento delle destinazioni d'uso esistenti o compatibili, in particolare quelle residenziali, artigianali e di commercio al minuto, nonché del recupero di quelle residenziali.

     Tale disciplina potrà altresì individuare le zone, esattamente delimitate, all'interno delle quali gli interventi sono subordinati all'adozione dei piani per l'edilizia economica e popolare, dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica, nonché dai piani di recupero di cui all'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

     Per le zone omogenee B globalmente computate per ciascun centro abitato, il Piano Regolatore Generale deve prevedere una capacità insediativa teorica non superiore a quella esistente; la capacità insediativa esistente può essere superata solo qualora siano soddisfatti gli standards di cui al primo comma dell'art. 46 della presente legge in relazione agli abitanti esistenti e previsti per le stesse zone.

     In conformità a quanto previsto dall'art. 27, comma 4°, della legge 5 agosto 1978, n. 457, nelle zone omogenee A e per gli immobili ricadenti nelle zone omogenee B, nelle aree comprese nel programma pluriennale di attualità del Piano Regolatore Generale sottoposte a piani

particolareggiati di iniziativa pubblica, in attesa dell'adozione dei medesimi, sono consentiti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché gli interventi di restauro di cui ai punti A1 e A2 del successivo art. 36 che riguardino esclusivamente opere interne e singole unità immobiliari con il mantenimento della destinazione d'uso residenziale. Nelle zone sottoposte al piano per l'edilizia economica e popolare, in attesa dell'adozione di quest'ultimo, sono ammessi gli interventi di cui al successivo art. 42.

     Nelle zone omogenee A e per gli immobili ricadenti nelle zone omogenee B, nelle aree comprese nei programmi pluriennali di attuazione e non sottoposti a piani particolareggiati di iniziativa pubblica, si attuano interventi diretti attraverso concessione su singole unità di intervento secondo la disciplina particolareggiata del Piano Regolatore Generale.

     Nelle zone omogenee A per le aree non comprese nel programma pluriennale di attuazione, in attesa dei piani particolareggiati, sono ammessi solo gli interventi di cui all'art. 9 - lett. b),

e), f), g) - della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Per gli immobili ricadenti nelle zone omogenee B sono altresì ammessi gli interventi di cui alle lettere e) e d) dello stesso art. 9.

     Nelle zone omogenee A e B gli immobili, sedi di attività produttive industriali non destinate dal Piano Regolatore Generale agli usi di cui all'art. 46 e alle finalità di cui alle zone omogenee F dell'art. 13 della presente legge o ad interventi di edilizia economica e popolare, vanno ridestinati ad usi produttivi artigianali e industriali purché non insalubri o nocivi. Eventuali deroghe dovranno essere deliberate dal Consiglio comunale ed approvate dall'Ufficio di Presidenza del Comitato comprensoriale [32].

     Eventuali deroghe dovranno essere preventivamente deliberate dal Consiglio comunale ed approvate dal Comitato comprensoriale, sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative.

     Nel caso di trasferimento di attività industriali dalle zone edificate ad altre zone o altri Comuni, vanno convenzionati, tra il Comune e le aziende interessate, con la partecipazione delle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali più rappresentative, gli aspetti relativi al loro trasferimento. Tali convenzioni vanno approvate dal Consiglio comunale.

     Di norma, vanno conservate nella loro destinazione d'uso le case di vacanza, le colonie e le altre strutture ricettive di carattere sociale con le relative aree di pertinenza, salvo una loro destinazione a servizi pubblici.

 

     Art. 36. Zone culturali ambientali - Zone territoriali omogenee A. [33]

     Sono considerate zone omogenee A le parti del territorio di cui all'art. 13, quarto comma, zona A, della presente legge.

     Vanno comunque compresi nelle zone culturali ambientali:

     1) gli insediamenti storici uniti senza soluzione di continuità con l'espansione urbana; essi riguardano, oltre al nucleo originario, gli organici ampliamenti ad esso storicamente connessi anche se non contigui;

     2) gli insediamenti storici isolati ovvero iscritti in perimetri murati o comunque definiti.

     La disciplina particolareggiata del Piano Regolatore Generale per le zone omogenee A è articolata per unità minime di intervento, unità edilizie e categorie o sottocategorie di massima articolate secondo le indicazioni del presente articolo e individuate graficamente.

     I piani di attuazione del Piano Regolatore Generale di cui ai punti 1), 2), 4) e 5) dell'art. 18 recepiscono e specificano tale disciplina particolareggiata.

     Le unità minime di intervento possono comprendere, in ragione della loro complessiva tipologica, una o più unità edilizie.

     Per le unità minime di intervento è prescritta la presentazione di un progetto unitario, a cui di norma farà riferimento un'unica concessione.

     Con l'approvazione del progetto unitario può essere consentita l'approvazione di un programma di intervento articolato in fasi ciascuna soggetta a specifica concessione.

     Entro il perimetro dell'unità minima di intervento possono coesistere una o più categorie di intervento di cui ai successivi commi.

     Di norma i perimetri delle unità minime di intervento debbono essere contigui e le unità disposte senza soluzione di continuità entro il perimetro della zona territoriale omogenea A.

     Per ogni unità di intervento va prevista la destinazione d'uso tenendo conto del piano dei servizi di cui all'art. 13 - punto 5 - della presente legge e del piano di sviluppo e adeguamento della rete distributiva di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426. Le destinazioni d'uso compatibili possono essere specificate per il piano-terra e gli altri piani, compresi nelle unità minime di intervento.

     Ogni unità edilizia comprendente edifici e aree scoperte di pertinenza, viene individuata attraverso la classificazione tipologica e attuata secondo le seguenti categorie di intervento.

 

A1) - Restauro scientifico

     Gli interventi di restauro scientifico riguardano le unità edilizie che hanno assunto rilevante importanza nel contesto urbano territoriale per specifici pregi o caratteri architettonici o artistici.

     Gli interventi di restauro scientifico consistono in un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio, ne consentono la conservazione valorizzandone i caratteri, e rendendone possibile un uso adeguato alle intrinseche caratteristiche.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) il restauro degli aspetti architettonici o il ripristino delle parti alterate, e cioè:

     - il restauro o il ripristino dei fronti esterni ed interni;

     - il restauro o il ripristino degli ambienti interni;

     - la ricostruzione filologica di parti dell'edificio eventualmente crollate o demolite;

     - la conservazione o il ripristino dell'impianto distributivo- organizzativo originale;

     - la conservazione o il ripristino degli spazi liberi, quali, tra gli altri, le corti, i larghi, i piazzali, gli orti, i giardini, i chiostri;

     b) il consolidamento, con sostituzione delle parti non recuperabili senza modificare la posizione o la quota dei seguenti elementi strutturali;

     - murature portanti sia interne che esterne;

     - solai e volte;

     - scale;

     - tetto, con ripristino del manto di copertura originale;

     c) l'eliminazione delle superfetazioni come parti incongrue all'impianto originario e agli ampliamenti organici del medesimo;

     d) l'inserimento degli impianti tecnologici e igienico-sanitari essenziali nel rispetto delle norme di cui ai punti precedenti.

 

A2) - Restauro e risanamento conservativo

     Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo riguardano le unità edilizie in buono o mediocre stato di conservazione che, pur non presentando particolari pregi architettonici ed artistici, costituiscono parte integrante del patrimonio edilizio dell'insediamento storico, sia in quanto elementi partecipanti alla formazione dell'ambiente storico antico, sia perché significativi dal punto di vista tipologico per la distribuzione interna degli ambienti, la disposizione degli elementi di collegamento verticale o per altre caratteristiche morfologiche.

     Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipoligici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentono destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio.

     I tipi di intervento della categoria A2 restauro o risanamento conservativo sono specificati all'interno di sottocategorie.

 

1) - Restauro e risanamento conservativo tipo A

     Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo tipo A) riguardano le unità edilizie il cui stato di conservazione consente di riconoscere la rilevanza tipologica, strutturale e morfologica dell'edificio e permette il suo completo recupero.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti architettonici per quanto concerne il ripristino dei valori originali, mediante:

     - il restauro e il ripristino dei fronti esterni ed interni; su questi ultimi sono consentite parziali modifiche purché non venga alterata l'unitarietà del prospetto e siano salvaguardati gli elementi di particolare valore stilistico;

     - il restauro e il ripristino degli ambienti interni nel caso in cui vi siano elementi di documentata importanza;

     b) il consolidamento con sostituzione delle parti non recuperabili, senza modificare la posizione dei seguenti elementi strutturali:

     - murature portanti sia interne che esterne;

     - solai e volte;

     - tetto, con ripristino del manto di copertura originale;

     c) l'eliminazione delle superfetazioni come parti incongrue all'impianto originario e agli ampliamenti organici del medesimo;

     d) l'inserimento degli impianti tecnologici e igienico-sanitari essenziali nel rispetto delle norme di cui ai punti precedenti.

 

2) Restauro e risanamento conservativo di tipo B

     Gli interventi di restauro e risanamento conservativo tipo B riguardano le unità edilizie in mediocre stato di conservazione ed in carenza di elementi architettonici ed artistici di pregio, che fanno tuttavia parte integrante del patrimonio edilizio storico.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti architettonici mediante:

     - il restauro e il ripristino dei fronti esterni ed interni; sui questi ultimi sono ammesse nuove aperture purché non venga alterata l'unitarietà del prospetto;

     - il restauro degli ambienti interni; su questi sono consentiti adeguamenti dell'altezza interna degli ambienti rimanendo fisse le quote delle finestre e della linea di gronda;

     b) il consolidamento e il nuovo intervento strutturale esteso a larghe parti dell'edificio;

     c) l'eliminazione delle superfetazioni definite come parti incongrue dell'impianto originario e agli ampliamenti organici del medesimo;

     d) l'inserimento degli impianti tecnologici ed igienico sanitari essenziali nel rispetto delle norme di cui ai punti precedenti.

 

3) Ripristino tipologico

     Gli interventi di ripristino tipologico riguardano le unità edilizie fatiscenti o parzialmente demolite che non rientrano nella categoria A1 di cui è possibile reperire adeguata documentazione della loro organizzazione tipologica originaria individuabile anche in altre unità edilizie dello stesso periodo storico e della stessa area culturale.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti architettonici mediante:

     - il ripristino dei collegamenti verticali e orizzontali collettivi quali androni, blocchi scale, portici;

     - il ripristino e il mantenimento della forma, dimensioni e dei rapporti fra unità edilizie preesistenti ed aree scoperte quali corti, chiostri;

     - il ripristino di tutti gli elementi costitutivi del tipo edilizio, quali partitura delle finestre, ubicazione degli elementi principali e particolari elementi di finitura.

 

4) Demolizione

     Gli interventi di demolizione senza ricostruzione riguardano gli elementi incongrui inseriti nelle unità edilizie, quali superfetazioni e corpi di fabbrica incompatibili con la struttura dell'insediamento storico. La loro demolizione concorre all'opera di risanamento funzionale e formale delle aree destinate a verde privato ed a verde pubblico di cui al piano dei servizi previsto al punto 5) dell'art. 13 della presente legge.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti architettonici mediante:

     - la demolizione dei corpi edilizi incongrui e l'esecuzione di opere esterne.

 

5) Recupero e risanamento delle aree libere

     Gli interventi di recupero e risanamento delle aree libere riguardano le aree e gli spazi liberi di pertinenza delle unità edilizie nel loro insieme ed esterne ad esse e di rilevante importanza come documento dei trascorsi storici dell'insediamento.

     L'intervento concorre all'opera di risanamento, funzionale e formale, delle aree destinate a verde pubblico di cui al piano dei servizi previsto al punto 5) dell'art. 13 della presente legge.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti urbanistici ed architettonici mediante:

     - l'eliminazione di opere incongrue esistenti e l'esecuzione di opere capaci di concorrere alla riorganizzazione funzionale formale delle aree e degli spazi liberi.

 

A3) - Ristrutturazione edilizia

     Gli interventi riguardano le unità edilizie che non presentano alcuna caratteristica storico-ambientale ma sono tuttavia compatibili con l'organizzazione morfologica del tessuto urbanistico.

     Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e di impianti senza aumento del volume e delle altezze preesistenti.

     I tipi di intervento della categoria A3 Ristrutturazione edilizia sono specificati all'interno di sottocategorie.

 

1) Ristrutturazione

     Gli interventi di ristrutturazione riguardano le unità edilizie con elementi o parti di esse, esterne od interne, ancora conservate nel loro assetto e nella loro configurazione originaria.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti urbanistici architettonici mediante:

     - il restauro e il ripristino dei fronti esterni ed interni per le parti originarie ancora conservate e per gli elementi di particolare valore stilistico; mentre in generale deve essere salvaguardata l'unitarietà dei prospetti e la configurazione dei corpi edilizi;

     - il restauro e il ripristino degli ambienti interni per la parti originarie ancora consistenti e per gli elementi di particolare valore stilistico;

     - il ripristino e la sostituzione delle opere necessarie per il riordino dei collegamenti verticali ed orizzontali collettivi nonché dei servizi;

     - l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Il Piano Regolatore Generale può altresì prevedere la quota di parcheggi fissata dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765.

 

2) Ripristino edilizio

     Gli interventi di ripristino edilizio riguardano gli spazi già edificati e ora completamente demoliti dei quali non è possibile reperire adeguata documentazione della loro organizzazione e per i quali è necessario ricostituire la compagine edilizia originaria.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la ricostruzione di un nuovo intervento nel rispetto degli allineamenti orizzontali e verticali, prevalenti nell'isolato 1, prevedendo la quota di parcheggi fissata dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e la cessione o monetizzazione di uno standard di parcheggio pubblico non inferiore a mq 3 ogni 30 mq di superficie utile.

 

A4) - Ristrutturazione urbanistica

     Gli interventi riguardano le unità minime di intervento, contenenti unità edilizie incongrue all'organizzazione morfologica e tipologica del tessuto urbanistico.

     Gli interventi di ristrutturazione urbanistica sono quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale ognuno risultante in contrasto con le caratteristiche dell'impianto urbano ed edilizio originario.

     Il tipo di intervento prevede:

     a) la valorizzazione degli aspetti urbanistici ed architettonici mediante:

     - la demolizione e costruzione, sulla base di parametri planivolumetrici specificati nelle planimetrie di piano, ricavati dall'organizzazione morfologica e tipologica originaria e con una densità fondiaria in ogni caso non superiore a 5 mc/mq e comunque non superiore al 50% della densità fondiaria media nella zona;

     - il rispetto dell'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e la cessione gratuita di uno standard di parcheggio pubblico non inferiore a mq 3 ogni 30 mq di superficie utile all'atto della concessione.

     I medesimi criteri si applicano agli interventi per l'edilizia economica e popolare, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, sulle aree libere di cui al secondo comma del precedente articolo 35 nel caso in cui non si applichi il ripristino tipologico e rinnovo di cui al punto A2) del presente articolo.

     Il Piano Regolatore Generale può, in ogni altra parte del territorio estranea alla zona omogenea A, individuare gli edifici e i complessi edilizi di interesse culturale, storico-artistico ambientale, dettando la relativa disciplina particolareggiata secondo le categorie di intervento A1 e A2 del presente articolo, delimitando le eventuali aree verdi di pertinenza o comunque gli spazi liberi circostanti di rispetto non edificabili e definendo le destinazioni d'uso.

     Negli strumenti urbanistici vigenti, non adeguati alle disposizioni del presente articolo, sono ammessi gli interventi di cui ai precedenti punti A1) e A2) nonché di cui agli articoli 42 e 43 della presente legge; interventi diversi sono ammessi solo mediante Piani di Recupero, Piani Particolareggiati Pubblici e Piani per l'edilizia economica e popolare di cui alla presente legge che dettino la disciplina particolareggiata di cui ai commi precedenti.

     Le norme del presente articolo costituiscono i criteri metodologici di cui all'articolo 2 - comma primo - della legge regionale 7 gennaio 1974, n. 2.

     Il Consiglio regionale potrà modificare ed integrare i suddetti criteri con gli atti normativi di cui al precedente articolo 4, punto 3, della presente legge.

 

     Art. 37. Zone edificate a prevalente destinazione residenziale - Zone territoriali omogenee B. [34]

     Sono zone territoriali omogenee B le parti del territorio di cui all'art. 13, zona B.

     Nelle zone territoriali omogenee B il Piano Regolatore Generale:

     a) classifica le aree secondo la specifica destinazione d'uso stabilendo i limiti massimi di altezza, distanza, densità raggiungibili;

     b) individua le aree destinate a verde pubblico e le aree e gli edifici da destinare a servizio pubblico o ad attrezzature generali;

     c) individua i perimetri all'interno dei quali gli interventi edilizi sono subordinati all'adozione di un piano particolareggiato;

     d) individua le aree da sottoporre al piano per l'edilizia economica e popolare;

     e) individua le zone di degrado di cui al primo comma dell'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457, da sottoporre a piano di recupero.

     Il Piano Regolatore Generale per le zone omogenee B prevede inoltre:

     - indici fondiari minimi sui lotti liberi non inferiori a 1,2 mc/mq o a 0,4 mc/mq;

     - standards di parcheggio pubblico per ogni intervento di nuova edificazione non inferiori a 5 mq/ab. da cedersi gratuitamente all'atto del rilascio della concessione;

     - la dotazione minima di autorimesse ai sensi dell'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, da prevedersi anche per gli interventi di ristrutturazione;

     - criteri normativi per la destinazione d'uso dei piani-terra, sia per nuovi edifici residenziali che per ristrutturazioni, anche sulla base del piano di adeguamento e sviluppo della rete distributiva.

     Nelle zone omogenee B gli interventi sull'esistente sono regolati secondo quanto previsto dai punti A2, A3, A4, dell'articolo 36 della presente legge; quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria secondo quanto previsto dagli articoli 42 e 43. Sono altresì ammessi gli interventi di ampliamento in conformità agli indici di zona del Piano Regolatore Generale compatibilmente con quanto previsto al precedente articolo 35.

 

     Art. 38. Zone per i nuovi insediamenti residenziali - Zone territoriali omogenee C. [35]

     Sono zone territoriali omogenee C le parti di territorio di cui all'art. 13, zona C.

     Tali zone vanno dimensionate in rapporto alla quota di fabbisogno complessivo depurata di quella soddisfatta dagli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente o di nuove costruzioni previste nelle zone edificate.

     Tali zone devono essere individuate prioritariamente nelle aree limitrofe ai centri edificati che siano incolte o di modesto valore agricolo o non più recuperabili agli usi agricoli.

     All'interno di tali zone, con particolari normative i Comuni possono consentire l'edificazione mediante concessione di cui all'art. 27 della presente legge per aree inedificate di modeste dimensioni, sempreché dette zone territoriali omogenee C siano immediatamente limitrofe ai centri abitati, direttamente servite dalla rete infrastrutturale esistente e nelle quali siano stati preventivamente individuate gli spazi per il soddisfacimento degli standards di cui al primo comma dell'art. 46 della presente legge.

     Le aree di cui al comma precedente potranno incidere sulle previsioni di nuovi insediamenti residenziali per un massimo del 15% in termini volumetrici.

     Per tutte le altre aree comprese nelle zone territoriali omogenee C, l'utilizzazione a scopo edificatorio può avvenire solo mediante piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata o piani per l'edilizia economica e popolare. In assenza di tali piani è escluso il rilascio di concessioni.

     In tali zone, l'indice territoriale previsto dal Piano Regolatore Generale non dovrà essere inferiore a 0,75 mc/mq o da 0,25 mq/mq.

 

     Art. 39. Zone destinate ad insediamenti produttivi - Zone territoriali omogenee D.

     Sono zone territoriali omogenee D le parti del territorio di cui all'articolo 13, zona D.

     Il Piano Regolatore Generale nelle zone territoriali omogenee D recepisce e specifica le indicazioni di cui ai punti 8), 9), nonché 10), lett. c) e d), del precedente articolo 8.

     Il Piano Regolatore Generale definisce, inoltre, sulla base dei criteri di cui al punto 11) del sopracitato art. 8:

     a) gli insediamenti artigianali, industriali, commerciali e turistici esistenti;

     b) le nuove zone produttive artigianali, commerciali e turistiche.

     Il Piano Regolatore Generale con particolare normativa può consentire la edificazione mediante concessione di cui all'art. 27 della presente legge nelle zone di cui al punto a) del comma precedente e nelle aree inedificate di modeste dimensioni, limitrofe a tali insediamenti esistenti, per le quali siano stati preventivamente individuati gli spazi per il soddisfacimento degli standards di cui all'art. 46 della presente legge: le aree di cui al presente comma non potranno interessare una quota superiore al 15% della zona nella quale sono inserite.

     Per le altre zone il Piano Regolatore Generale si attua attraverso il piano per le aree destinate agli insediamenti produttivi ai sensi dell'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, o piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata.

 

     Art. 40. Zone agricole - Zone territoriali omogenee E. [36]

     Sono zone territoriali omogenee E, zone agricole, le parti del territorio di cui all'articolo 13, zona E.

     In tutte le zone agricole il Piano Regolatore Generale opera nel rispetto delle scelte programmatiche comprensoriali contenute nel piano territoriale di coordinamento comprensoriale e nel piano di sviluppo agricolo, disciplina gli interventi ai fini del recupero e dello sviluppo del patrimonio produttivo agricolo, tutelando le unità produttive e favorendo le esigenze economiche e sociali dei lavoratori agricoli, delle imprese coltivatrici e delle loro forme associative e cooperative.

     In assenza di tali strumenti il Piano Regolatore Generale persegue direttamente i medesimi obiettivi di cui al comma quarto dell'art. 8, punto 5) lettere a), b), c), della presente legge.

     Le nuove costruzioni residenziali non al diretto servizio della produzione agricola e delle esigenze dei lavoratori agricoli e dei loro familiari sono incompatibili con le destinazioni d'uso delle zone agricole.

     Le nuove costruzioni residenziali si intendono come funzionali alla produzione agricola quando sono realizzate in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze economiche, sociali, civili e culturali:

     a) del coltivatore diretto proprietario e del coltivatore diretto affittuario che dedica all'attività agricola almeno la metà del tempo di lavoro complessivo e ricava da tale attività almeno la metà del proprio reddito di lavoro, ridotti rispettivamente al 30% nel caso dei Comuni compresi nel territorio delle Comunità montane;

     b) dei seguenti soggetti, in quanto aventi la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi del primo comma dell'articolo 7 della legge regionale 5 maggio 1977, n. 18:

     - proprietari concedenti in quanto richiedenti la concessione in funzione delle esigenze dell'azienda agricola, dei coltivatori e dei conduttori interessati e dei loro familiari;

     - proprietari conduttori in economia e dei loro familiari;

     - affittuari e conduttori mezzadri in possesso del titolo di cui alla legge 11 febbraio 1971, n. 11, ed alla legge 15 settembre 1964, n. 756;

     - cooperative agricole di conduzione, braccianti e forme associate assimilabili.

     Negli ambiti specifici e secondo i modi previsti dal Piano Regolatore Generale gli interventi nelle zone agricole si attuano attraverso i seguenti strumenti:

     a) piani particolareggiati di iniziativa pubblica o privata, previsti dai piani quinquennali di sviluppo agricolo;

     b) piani per gli insediamenti produttivi di cui all'articolo 24, lettera d), della presente legge;

     c) piani di sviluppo aziendali o interaziendali di iniziativa privata, proposti dai soggetti di cui agli articoli 6 e 7 della legge regionale 5 maggio 1977, n. 18, che stabiliscono, in funzione delle reali necessità produttive delle aziende, la qualità e quantità degli interventi infrastrutturali ed edilizi necessari al loro sviluppo [37];

     d) concessioni gratuite in conformità alle norme del Piano Regolatore Generale nei soli casi di cui all'articolo 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;

     e) concessioni onerose in conformità alle norme del Piano Regolatore Generale in tutti gli altri casi previsti dalle presenti norme e non ricompresi nella concessione gratuita.

     I piani di sviluppo aziendali o interaziendali sono redatti in conformità alle disposizioni di cui alla legge regionale 5 maggio 1977, n. 18, ed approvati dall'Ufficio di Presidenza del Comitato comprensoriale, il quale ne verifica la corrispondenza alle norme vigenti, con particolare riguardo a quanto è indicato nel presente articolo.

     Il piano va corredato degli elementi previsti dall'articolo 21 della citata legge regionale n. 18 e degli elaborati richiesti dalle norme del Piano Regolatore Generale. Il piano può essere approvato indipendentemente dal conseguimento dei redditi di riferimento di cui alla stessa legge regionale n. 18.

     Gli indici fissati dalle norme di zona possono essere superati in sede di piano di sviluppo aziendale o interaziendale e nell'ambito degli obiettivi produttivi stabiliti dal piano, qualora ciò sia previsto dalle norme del Piano Regolatore Generale che disciplinano la zona agricola nel rispetto del presente articolo. Gli incrementi di cui al presente comma sono strettamente correlati alle esigenze produttive.

     Gli interventi previsti ai punti a), b) e c) sono comunque sottoposti alla procedura della concessione.

     Le concessioni rilasciate in zona agricola saranno in ogni caso assoggettate ad atto d'obbligo unilaterale per quanto attiene alla destinazione d'uso nei limiti indicati all'ultimo comma dell'art. 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

     In sede di formazione del PRG o di sua variante, il Comune effettua il censimento degli insediamenti e degli edifici nelle zone E che presentano le caratteristiche di bene culturale o di interesse storico-testimoniale. Il PRG disciplina il recupero di tali edifici secondo le categorie d'intervento di cui alle lettere A1), A2) e A3), punto 1, dell'art. 36 e può consentire anche destinazioni d'uso non connesse con l'esercizio di attività agricole, purché compatibili con le caratteristiche tipologiche degli edifici stessi e con il contesto ambientale [38].

     Il Comune, attraverso il PRG o sua variante, adottata anche ai sensi dell'art. 15, comma 4, come sostituito, provvede a disciplinare gli interventi ammissibili sul restante patrimonio edilizio esistente nelle zone E ed a definire le condizioni ed i limiti per il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola, in conformità ai seguenti principi:

     a) per gli edifici con originaria funzione abitativa, il PRG, di norma, deve prevedere la possibilità di recupero per uso residenziale, anche non connesso con l'esercizio di attività agricole, ed eventualmente per gli altri usi compatibili con la tipologia dell'immobile;

     b) per gli edifici con originaria funzione diversa da quella abitativa, il PRG può consentire soltanto interventi di recupero che risultino compatibili con le attuali caratteristiche tipologiche degli edifici stessi e per gli usi compatibili con il contesto ambientale;

     c) non è comunque consentito il recupero di tettoie, baracche ed ogni altro manufatto precario, nonché dei proservizi di altezza inferiore a m. 2,5 [39].

     In tutti i casi in cui venga consentito il recupero per funzioni non connesse con l'esercizio di attività agricole di edifici precedentemente asserviti ad unità poderali agricole, ai sensi dei commi dodicesimo e tredicesimo, le norme del PRG devono escludere che nella medesima unità poderale agricola, anche a seguito di frazionamento, possano essere realizzati nuovi edifici abitativi [40].

     Il PRG può subordinare gli interventi di recupero alla stipula di una convenzione con la quale il proprietario si impegna alla contestuale realizzazione delle opere necessarie alla tutela e riqualificazione ambientale - quali: opere di sistemazione delle aree di pertinenza, manutenzione dei drenaggi, opere di consolidamento idrogeologico, demolizione di eventuali corpi di fabbrica accessori incongrui con la valorizzazione del contesto ambientale, opere di igienizzazione degli scarichi - in luogo del pagamento dei contributi di concessione, di cui all'art. 3 della Legge 10/77 [41].

     Fino all'adeguamento del PRG alle disposizioni previste dai precedenti commi dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo e comunque fino al 31 dicembre 1995 è ammesso il mutamento di destinazione d'uso non connesso a trasformazioni fisiche dei fabbricati già rurali con originaria funzione abitativa, che non presentano più i requisiti di ruralità, per i quali si provveda alla variazione nella iscrizione catastale, a norma dell'art. 9 del DL 30 dicembre 1993, n. 557, convertito (con modifiche) dalla Legge 26 febbraio 1994, n. 133 [42].

     Per valutare la conformità degli interventi di cui ai punti a), b), c), d) ed e) del sesto comma del presente articolo, il Sindaco si avvale della Commissione consultiva agricola all'uopo costituita con delibera del Consiglio comunale. Tale commissione è composta almeno da 9 membri in rappresentanza delle organizzazioni professionali agricole, sindacali e cooperative del settore, maggiormente rappresentative a livello regionale. La Commissione è presieduta dal Sindaco o da un suo delegato.

     In luogo della Commissione di cui sopra, il Consiglio comunale può decidere, per le concessioni di cui al presente articolo, di integrare la composizione della Commissione edilizia con l'inclusione di almeno tre rappresentanti delle organizzazioni indicate nel precedente comma.

     Nel caso in cui le organizzazioni indicate nel tredicesimo comma del presente articolo non designino i propri rappresentanti entro 15 giorni dalla richiesta da parte del Comune, il Sindaco rilascia le concessioni nelle zone agricole sentito il parere della Commissione edilizia.

 

     Art. 41. Attrezzature pubbliche e servizi sociali - Zone territoriali omogenee F e G. [43]

     Sono zone territoriali omogenee F e G le parti del territorio di cui all'art. 13, zone F e G.

     Il Piano Regolatore Generale recepisce e specifica le previsioni del piano territoriale di coordinamento per le zone territoriali omogenee F di interesse nazionale, regionale e comprensoriale, nonché individua le aree per attrezzature urbane e territoriali di uso pubblico e per servizi pubblici tecnologici e amministrativi di livello comunale, ivi compresi quelli destinati a fiere e spettacoli ambulanti.

     Su tali aree, in attesa della loro utilizzazione pubblica, il Piano Regolatore Generale disciplina mediante convenzionamento, i casi di possibile uso del suolo con l'esclusione di quello edificatorio.

 

     Art. 42. Manutenzione ordinaria.

     Fermo restando le eventuali disposizioni e le competenze previste dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1039, n. 1497 e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono interventi di manutenzione ordinaria quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, quali:

     1) pulitura esterna, ripresa parziale di intonaci senza alterazioni di materiali o delle tinte esistenti;

     2) pulitura, riparazione, sostituzione o tinteggiatura degli infissi esterni, recinzioni, manti di copertura, pavimentazioni esterne, senza alterazione dei tipi di materiali esistenti o delle tinte o delle tecnologie;

     3) rifacimento parziale di rivestimenti esterni, senza modificazione dei tipi di materiali esistenti o delle tinte o delle tecnologie;

     4) riparazione ed ammodernamento di impianti tecnici che non comportino la costruzione o la destinazione ex-novo di locali per servizi igienici e tecnologici;

     5) tinteggiatura, pittura e rifacimento degli intonaci interni;

     6) riparazione di infissi interni, grondaie e canne fumarie;

     7) riparazione di pavimenti interni.

     Per gli edifici industriali ed artigianali costituiscono interventi di manutenzione ordinaria anche quelli che riguardano le opere di riparazione degli impianti tecnologici [44].

 

     Art. 43. Manutenzione straordinaria. [45]

     Fatte salve le limitazioni di cui al primo comma dell'art. 42, costituiscono intervento di manutenzione straordinaria le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali fatiscenti o collabenti degli edifici, nonché le opere e le modifiche per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso.

     In particolare sono opere di manutenzione straordinaria il rifacimento totale di intonaci, di recinzioni, di manti di copertura e pavimentazioni esterne, con modificazione dei tipi dei materiali esistenti, delle tinte, nonché il rifacimento comportante anche rifacimento ex-novo di locali per servizi igienici e tecnologici.

     Nel caso di interventi su edifici classificati A2 dal precedente art. 36 vanno comunque rispettate nella manutenzione straordinaria le prescrizioni del P.R.G. relative a tali edifici.

     La manutenzione straordinaria non è ammessa nei casi di restauro scientifico di cui al precedente articolo 36 - punto A1. In tal caso deve essere richiesta la concessione di cui all'articolo 30 della presente legge.

     Per gli interventi di manutenzione straordinaria la concessione prevista dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, è sostituita da un'autorizzazione del Sindaco ad eseguire i lavori.

     L'autorizzazione di cui al comma precedente s'intende accolta qualora il Sindaco non si pronunci nel termine di novanta giorni. In tal caso il richiedente può dar corso ai lavori dando comunicazione al Sindaco del loro inizio.

     Per gli edifici industriali ed artigianali costituiscono interventi di straordinaria manutenzione anche le opere e le modifiche necessarie al rinnovamento degli impianti e quelle finalizzate all'adeguamento tecnologico senza aumento di carico urbanistico.

 

     Art. 44. Zone di recupero del patrimonio edilizio esistente. [46]

     Il Piano Regolatore Generale specifica le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione ed alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature.

     Le zone sono individuate per i Comuni dotati di Piano Regolatore Generale con deliberazione del Consiglio comunale sottoposta al controllo di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

     Nell'ambito delle zone, ove sia necessario, sono individuati gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui al precedente articolo 26.

 

     Art. 45. Aree per la viabilità e la rete ferroviaria. [47]

     Il Piano Regolatore Generale recepisce e specifica le aree destinate alla viabilità sovracomunale e all'eventuale rete ferroviaria secondo quanto previsto dall'articolo 8, punto 7), della presente legge, oltre alla viabilità di esclusivo interesse comunale.

     Il Comprensorio, in sede di piano territoriale di coordinamento, provvede alla classificazione funzionale delle strade e detta norme per la regolamentazione dei relativi accessi all'esterno dei centri abitati.

     Le distanze tra tali accessi non possono essere inferiori per le strade statali a mt. 300 e, per le provinciali, a mt. 200.

     Le zone di rispetto stradale dovranno avere una profondità almeno pari a quella stabilita dal decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404. Tale profondità si applica anche alle ferrovie di competenza statale nella misura minima di mt. 30 ed alle restanti ferrovie nella misura minima di mt. 20, misurati dal ciglio o dal piede della scarpata, fermi restando i divieti di cui all'articolo 235 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 e successive modificazioni ed integrazioni. Tutti i rispetti sono obbligati all'esterno dei perimetri dei centri urbanizzati di cui all'articolo 13, punto 3) della presente legge.

     Il piano territoriale di coordinamento comprensoriale, fatte salve le distanze minime di legge, detta norme relative alle zone di rispetto stradali di cui ai commi precedenti e alle installazioni pubblicitarie.

     Le zone di rispetto sono normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, ampliamenti di carreggiate, parcheggi pubblici, percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazioni a verde, conservazione dello stato di natura.

     Nelle zone di rispetto stradale, sulla base di una quantificazione del fabbisogno di impianti per la distribuzione del carburante fatta a livello di Comprensorio, il Piano Regolatore Generale potrà consentire a titolo precario la costruzione di detti impianti.

     Il Piano Regolatore Generale detta norme specifiche per le costruzioni esistenti in dette zone ai fini della loro ristrutturazione concedendo anche una quota di ampliamento da realizzarsi nella parte non prospiciente il fronte stradale e ferroviario.

 

          Art. 46. Standards urbanistici. [48]

     Nel Piano Regolatore Generale deve essere assicurata una dotazione minima ed inderogabile di aree per servizi pubblici di quartiere o di complesso insediativo calcolate sugli abitanti teorici, ottenuti moltiplicando la capacità insediativa teorica di cui all'articolo 13 valutata in stanze per l'indice di affollamento di progetto calcolato in abitanti per stanza.

     Per gli insediamenti residenziali:

     A) relativamente ai Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, detta misura minima inderogabile è di mq 25 per abitante teorico e di mq 25 ogni due posti-letto negli insediamenti residenziali a carattere turistico-residenziale, così ripartiti:

     a) mq 6 di aree per l'istruzione dell'obbligo, asili-nido, scuole materne;

     b) mq 4 di aree per attrezzature di interesse comune, di cui mq 1,2 per servizi religiosi;

     c) mq 12 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco, per il gioco e lo sport, escluse le zone di rispetto stradale, ferroviario, aeroportuale, demaniale, marittimo e cimiteriale;

     d) mq 3 di aree per parcheggi pubblici.

     B) Relativamente a tutti gli altri Comuni, la misura minima inderogabile è di mq 30 per abitante teorico e negli insediamenti a carattere turistico-residenziale è di mq 30 ogni 2 posti-letto così ripartiti:

     a) mq 6 di aree per l'istruzione dell'obbligo, asili-nido, scuole materne;

     b) mq 4 di aree per attrezzature di interesse comune, di cui mq 1,2 per servizi religiosi;

     c) mq 16 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco, per il gioco e lo sport, escluse le zone di rispetto stradale, ferroviario, aeroportuale, demaniale, marittimo e cimiteriale;

     d) mq 4 di aree per parcheggi pubblici.

     Le aree per servizi pubblici assicurate attraverso gli strumenti attuativi di cui all'articolo 18 concorrono alla quantificazione complessiva degli standards di cui al precedente comma.

     Per i nuovi insediamenti alberghieri, direzionali e commerciali, previsti in tutti gli strumenti attuativi di cui all'articolo 18, vanno fissate le seguenti dotazioni minime: a mq 100 di superficie lorda di pavimento deve corrispondere la quantità minima di mq 100 di spazio pubblico, escluse le sedi viarie, di cui mq 40 destinati a parcheggi pubblici in aggiunta a quelli di cui all'articolo 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, e mq 60 a verde pubblico alberato e attrezzato.

     Per i nuovi insediamenti produttivi, industriali, artigianali e per il commercio all'ingrosso, previsti negli strumenti attuativi di cui ai punti 1), 3), 4) dell'articolo 18, vanno fissate le seguenti dotazioni minime: la superficie da destinare a spazi pubblici, oltre le aree destinate alla viabilità, non può essere inferiore al 15% della superficie destinata a tali insediamenti, di cui il 5% per parcheggi e il restante 10% a verde pubblico e attività collettive.

     Per i nuovi insediamenti residenziali anche di carattere turistico previsti nei piani per l'edilizia economica e popolare, nei piani particolareggiati pubblici e privati, ferma restando la dotazione minima di cui ai punti c) e d) del presente articolo, il Piano Regolatore Generale può prevedere una diversa quantificazione degli standards.

     Nelle zone esistenti, di carattere residenziale e turistico, sottoposte a piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata, a piano per l'edilizia economica e popolare, a piano per gli insediamenti produttivi, nel caso in cui siano ammessi interventi di demolizione e ricostruzione, il Piano Regolatore Generale fissa il livello degli standards, fermo restando un minimo inderogabile corrispondente a 3 mq di parcheggio pubblico per abitante teorico calcolato come nel primo comma.

     Anche se il Piano Regolatore Generale non sia stato ancora adeguato alle disposizioni del presente articolo, gli strumenti di attuazione di cui all'articolo 18 devono prevedere il reperimento integrale degli standards predetti.

     Il PRG può prevedere il reperimento delle aree destinate a servizi pubblici anche all'esterno del comparto di attuazione, purché in aree previste dal piano dei servizi, di cui all'art. 13 della presente legge, fermo restando l'obbligo di localizzare all'interno del comparto gli standards relativi ai parcheggi pubblici. Nelle zone omogenee B, il PRG in particolari situazioni può prevedere, in luogo della cessione delle aree e delle opere di urbanizzazione, la monetizzazione delle stesse, destinando le somme ricavate all'attuazione delle previsioni del piano dei servizi [49].

     Il piano territoriale comprensoriale o apposito piano-stralcio, esteso a tutti i Comuni del Comprensorio, può stabilire standards inferiori a quelli indicati al primo comma, ferma restando una dotazione minima inderogabile di mq 20 per abitante teorico per i Comuni di popolazione inferiore a 10.000 abitanti e di mq 25 per abitante teorico per i restanti Comuni.

     Il Comitato comprensoriale fissa in sede di piano territoriale di coordinamento la dotazione minima di aree di cui all'articolo 41 della presente legge, per l'istruzione superiore all'obbligo, per attrezzature sanitarie ospedaliere, per parchi comprensoriali e grandi attrezzature per lo sport nonché per attrezzature pubbliche di interesse generale.

     L'approvazione del Piano Regolatore Generale, relativamente alle aree nelle quali siano state già specificatamente localizzate singole opere pubbliche, equivale a dichiarazione di pubblica utilità e consente l'inizio delle espropriazioni delle aree destinate al soddisfacimento degli standards urbanistici del presente articolo, sempreché lo stesso Piano Regolatore Generale non ne disponga l'attuazione mediante piano particolareggiato.

 

Titolo VII

ELEMENTI DELLA PIANIFICAZIONE COMPRENSORIALE E COMUNALE

 

     Art. 47. Dati conoscitivi ed elementi costitutivi della pianificazione comprensoriale. [50]

 

     Art. 48. Dati conoscitivi ed elementi costitutivi della pianificazione comunale. [51]

     Ai fini dell'elaborazione del Piano Regolatore Generale, si devono approfondire a livello comunale i dati conoscitivi di cui all'art. 47 della presente legge nonché acquisire i seguenti ulteriori dati:

     - analisi dello stato di fatto;

     - indagine sugli immobili di valore storico-ambientale;

     - analisi delle condizioni abitative;

     - analisi dell'attività costruttiva;

     - individuazione delle aree a colture pregiate;

     - analisi delle strutture produttive;

     - analisi delle reti stradali esistenti.

     In particolare, ai fini della predisposizione della disciplina particolareggiata per le zone territoriali omogenee A di cui al precedente articolo 36, l'analisi dello stato di fatto deve comprendere almeno i seguenti studi preliminari:

     a) trasformazione storica del tessuto urbanistico;

     b) principali tipologie;

     c) analisi degli spazi liberi e del verde;

     d) analisi strutturale della popolazione;

     e) analisi del patrimonio edilizio esistente.

     Tutta la documentazione relativa alle ricerche finalizzate all'elaborazione del Piano Regolatore Generale resta depositata presso la Segreteria del Comune e chiunque può prenderne visione.

     Gli elementi costitutivi del Piano Regolatore Generale sono:

     1) relazione illustrativa con allegate schede dell'ipotesi demografica ed occupazionale nonché del fabbisogno residenziale arretrato e futuro calcolato secondo il disposto dell'articolo 13 della presente legge e i dati quantitativi relativi alle previsioni di nuovi insediamenti residenziali, produttivi e di servizi;

     2) tavola di progetto nel rapporto 1:5.000 dell'intero territorio comunale;

     3) tavola di progetto in scala non inferiore rispettivamente a 1:1.000 oppure 1:2.000 per le zone A;

     4) tavola nel rapporto 1:10.000 oppure 1:25.000 contenente la sintesi schematica delle previsioni del Piano Regolatore Generale;

     5) norme di attuazione del Piano Regolatore Generale;

     6) relazione geologica contenente le prescrizioni per i nuovi insediamenti.

     Le tavole di cui ai punti 2) e 3) e le norme di cui al punto 5) sono gli unici elementi probanti in caso di controversie.

 

     Art. 49. Elementi costitutivi degli strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale. [52]

     I piani particolareggiati pubblici e privati e i piani di recupero pubblici e privati devono contenere i seguenti elementi:

     a) schema di convenzione nella quale sia compresa, oltre a quanto previsto dalla presente legge, sia l'indicazione dell'entità dell'intervento dimensionato in superficie territoriale, sia la superficie utile edificabile relativamente a tutte le destinazioni d'uso previste, nonché al numero degli abitanti o degli addetti insediabili con la quantificazione e delimitazione degli standards urbanistici e delle altre aree pubbliche o di uso pubblico;

     b) stralcio dello strumento urbanistico vigente e delle relative norme di attuazione;

     c) estratto catastale con indicazione dei limiti di proprietà e relative superfici in scala 1:2.000 nonché elenco catastale delle proprietà e, nel caso dei piani particolareggiati pubblici, elenco catastale delle proprietà da espropriare o da vincolare;

     d) stato di fatto planimetrico e altimetrico della zona, prima e dopo l'intervento, con l'individuazione di un caposaldo fisso permanente da riferire alle curve di livello;

     e) stato di fatto contenente fra l'altro:

     1) rilievo del verde esistente con l'indicazione delle essenze legnose;

     2) costruzioni e manufatti di qualunque genere esistenti;

     3) elettrodotti, metanodotti, fognature e impianti di depurazione, acquedotti e relative servitù;

     4) viabilità e toponomastica;

     5) altri eventuali vincoli;

     f) documentazione fotografica del terreno, con indicazione dei relativi punti di vista;

     g) planimetria di progetto in scala 1:500 oppure 1:1.000 indicante numerazione dei lotti, strade, piazze debitamente quotate, spazi di verde attrezzato (pubblico, condominiale, privato), eventuali utilizzazioni in sotterraneo e servizi centralizzati, spazi per servizi e per verde attrezzato, spazi pubblici per sosta o parcheggio;

     h) sezioni e profili in scala 1:500 oppure 1:1.000 con l'indicazione delle tipologie edilizie e relative destinazioni d'uso;

     i) schema degli impianti tecnici quali acquedotto, gas, fognatura e impianti di depurazione, energia elettrica e rete telefonica, con relativa previsione di spesa;

     l) progetto di massima dell'impianto di illuminazione pubblica con ubicazione delle necessarie cabine, con relativa previsione di spesa;

     m) norme urbanistiche e edilizie per la buona esecuzione del piano;

     n) relazione illustrativa e relazione sulla previsione della spesa occorrente per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano;

     o) relazione geologica e analisi geo-tecnica del terreno;

     p) dichiarazione del Sindaco attestante che il piano particolareggiato in questione ricade o meno:

     - all'interno di zone dichiarate bellezze naturali ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

     - all'interno di zone soggette a vincolo idrogeologico-forestale;

     - all'interno della zona territoriale omogenea A o in area d'interesse ambientale;

     - in area soggetta a consolidamento dell'abitato;

     - in area dichiarata sismica.

     Per i piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani per gli insediamenti produttivi sono richiesti esclusivamente gli elementi di cui all'art. 4 della legge 18 aprile 1962, n. 167 e all'art. 27, quarto comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

     I piani particolareggiati di iniziativa pubblica, i piani per l'edilizia economica e popolare, i piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi ed i piani di recupero di iniziativa pubblica possono limitarsi agli elementi di cui alle lettere a), b), c), d), g), h), i), l), m), n) ed o) del presente articolo oltre a quelli stabiliti dalla legislazione statale.

 

Titolo VIII

CONTROLLO SULL'ATTIVITA' COSTRUTTIVA

 

     Art. 50. Abitabilità e usabilità delle costruzioni. [53]

 

     Art. 51. Utilizzazione abusiva di costruzioni.

     I proprietari che abitano o consentono a titolo gratuito od oneroso che altri utilizzino una o più unità immobiliari site in costruzioni prive dell'autorizzazione di cui al primo comma dell'art. 50, saranno denunciati all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 221 del T.U delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265.

     Qualora all'atto dell'accertamento dell'infrazione l'edificio o l'unità immobiliare interessata non possieda i requisiti per ottenere l'autorizzazione di abitabilità o di usabilità, il Sindaco porrà un termine per la regolarizzazione dell'immobile, trascorso il quale infruttuosamente provvederà a ulteriore denuncia all'autorità giudiziaria.

     Nei casi in cui possa esserci pregiudizio per la salute o per l'ambiente il Sindaco, su proposta dell'Ufficio tecnico comunale o dell'ufficiale sanitario, a seconda delle rispettive competenze, ordinerà lo sgombero della costruzione e ne impedirà l'uso attraverso opportune misure tecnico-edilizie.

 

     Art. 52. Opere costruite in difformità o in assenza della concessione. [54]

 

     Art. 53. Annullamento di autorizzazioni comunali. [55]

 

     Art. 54. Deroghe. [56]

 

     Art. 55. Misure di salvaguardia.

     A decorrere dalla data di adozione di tutti gli strumenti urbanistici nei casi previsti dalla presente legge e fino all'emanazione del relativo atto di approvazione, il Sindaco deve sospendere ogni determinazione sulla domanda di concessione di costruzione e nei confronti di qualsiasi intervento di trasformazione del territorio che sia in contrasto con le disposizioni di detti piani o tale da comprometterne o renderne più gravosa l'attuazione.

     In ogni caso, le sospensioni suddette non potranno essere protratte oltre cinque anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico. L'applicazione delle misure previste nel presente articolo non esime dall'applicazione di misure di salvaguardia più restrittive previste da altre leggi vigenti statali nonché dall'art. 7 della legge regionale 8 marzo 1976, n. 10.

 

Titolo IV

ORGANI CONSULTIVI

 

     Art. 56. Organi consultivi.

     Per le attribuzioni previste dalla presente legge sono organi consultivi:

     a) il Comitato consultivo regionale;

     b) le Commissioni consultive comprensoriali;

     c) le Commissioni edilizie comunali;

     d) le Commissioni consultive agricole.

 

     Art. 57. Comitato consultivo regionale.

     Il Comitato consultivo regionale, formato ai sensi della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18 e successive modificazioni e integrazioni, esprime:

     1) parere obbligatorio sui piani territoriali regionali di cui all'art. 4 della presente legge;

     2) parere obbligatorio sui piani territoriali di coordinamento comprensoriale e relativi piani-stralcio, di cui all'art. 8 della presente legge.

     In via transitoria, fino alla costituzione delle Commissioni consultive comprensoriali, detto Comitato continuerà ad esercitare le funzioni consultive attribuite alle Commissioni stesse dal successivo art. 59.

     Fino all'approvazione dei piani territoriali di coordinamento comprensoriale, il predetto Comitato esercita altresì le funzioni consultive sugli strumenti urbanistici di cui al precedente art. 7, punto 4) lett. a).

 

     Art. 58. Commissione consultiva comprensoriale. [57]

 

     Art. 59. Compiti della Commissione consultiva comprensoriale. [58]

 

     Art. 60. Commissione edilizia comunale. [59]

Titolo X

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 61. Obbligo di adozione o di revisione del Piano Regolatore Generale. [60]

     I Comuni sprovvisti di Piano Regolatore Generale o dotati di programma di fabbricazione sono obbligati ad adottare un Piano Regolatore Generale entro il 31 dicembre 1981 [61].

     I Comuni dotati di Piano Regolatore Generale sono tenuti alla sua revisione per l'adeguamento alle norme della presente legge entro i seguenti termini, fatti salvi i tempi di cui al precedente articolo 10, ultimo comma:

     a) i Comuni, dotati di Piano Regolatore Generale approvato dal Ministero dei lavori pubblici, entro il 31 dicembre 1981;

     b) i Comuni, dotati di Piano Regolatore Generale approvato dalla Regione prima del 26 dicembre 1978:

     - entro il 31 dicembre 1981, se hanno una popolazione inferiore a 20.000 abitanti;

     - entro il 31 dicembre 1982, se hanno una popolazione superiore a 20.000 abitanti, ma non superiore a 50.000;

     - entro il 31 dicembre 1983, se hanno una popolazione superiore a 50.000 abitanti;

     c) i Comuni, dotati di Piano Regolatore Generale, approvato ai sensi del successivo comma, entro cinque anni dalla data dell'approvazione [62].

     I Piani Regolatori Generali e le loro varianti, salvo quanto disposto dall'art. 15 della presente legge, adottati dai Comuni prima del 26 dicembre 1978, anche se trasmessi alla Regione successivamente a tale data, sono approvati se rispondenti alle disposizioni dei precedenti articoli 33, 36 e 46 dalla Regione stessa con le procedure del seguente comma.

     Fino all'approvazione del piano territoriale di coordinamento comprensoriale i programmi di fabbricazione, i Piani Regolatori Generali e loro varianti sono approvati dalla Giunta regionale, sentito l'Ufficio di Presidenza del Comprensorio e previo parere del Comitato Consultivo regionale. L'Ufficio di Presidenza deve esprimersi entro 30 giorni, trascorsi inutilmente i quali la Giunta potrà adottare i successivi provvedimenti di competenza [63].

     (omissis) [64].

     I Comuni dotati di programma di fabbricazione possono adottare varianti allo stesso solo se le medesime non incidono sul dimensionato del programma di fabbricazione. E' consentita fino al 30 giugno 1981 [65] una sola variante che incida sul dimensionamento residenziale del programma di fabbricazione, in misura non superiore al 10% degli abitanti residenti nel Comune alla data di adozione della variante. Parimenti può essere adottata una sola variante che incida sul dimensionamento produttivo in misura non superiore al 15% delle aree produttive esistenti alla stessa data. [66].

 

     Art. 62. Regolamenti edilizi. [67]

 

     Art. 63. Efficacia degli strumenti di attuazione del Piano Regolatore Generale.

     Conservano piena efficacia gli strumenti di attuazione dei Piani Regionali Generali e dei programmi di fabbricazione approvati dalla Regione prima della data di entrata in vigore della presente legge e comunque nei limiti di cui all'articolo 18 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

     Tali strumenti di attuazione, anche se convenzionati, in sede di revisione del Piano Regolatore Generale o della sua adozione, perdono di efficacia per le parti non realizzate, qualora risultino in contrasto con le nuove previsioni urbanistiche.

     Gli strumenti di cui sopra, adottati dal Consiglio comunale e non trasmessi agli organi competenti prima dell'entrata in vigore della presente legge, sono approvati secondo le disposizioni di questa stessa legge.

     I piani particolareggiati, nei cui confronti non siano state presentate opposizioni, nonché i piani di lottizzazione già trasmessi alla Regione prima dell'entrata in vigore della presente legge, possono diventare esecutivi senza che vengano adottati i provvedimenti di competenza regionale, qualora i Consigli comunali, mediante apposita delibera di approvazione, decidano di darvi efficacia ai sensi del presente articolo.

     Il programma pluriennale di attuazione, di cui all'art. 19, può prevedere l'attuazione anche per fasi di piani particolareggiati di iniziativa pubblica e privata già approvati e di cui sia stata stipulata la convenzione.

 

     Art. 64. Cartografia, grafia e simbologia comprensoriale e comunale.

     Tutti gli strumenti urbanistici devono essere elaborati sulla base della Carta tecnica regionale, di cui alla legge regionale 19 aprile 1975, n. 24 e successive modificazioni, e con la grafia e simbologia regionale unificate che, entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, verranno indicate con deliberazione della Giunta regionale.

     La concessione dei contributi previsti dalla legge regionale 23 gennaio 1973, n. 10 e dalla legge regionale 9 gennaio 1975, n. 1, è subordinata al rispetto dei predetti adempimenti.

     Fino a quando non sarà predisposta detta Carta tecnica regionale e fino a che non saranno emanate le indicazioni relative alla grafia e simbologia regionale unificate, i Comuni potranno presentare elaborati su cartografia e con grafia e simbologia concordate con i Comprensori, ma comunque nella scala di cui all'art. 48 della presente legge, fatto salvo il piano territoriale di coordinamento comprensoriale che potrà essere redatto in scala comunque non inferiore a 1:25.000.

 

     Art. 65. Zone produttive turistiche. [68]

     I Comuni, previa perimetrazione delle zone e degli edifici turistici a carattere non residenziale di cui si intende conservare la destinazione d'uso da effettuarsi con delibera consiliare, possono autorizzare entro e non oltre il 30 giugno 1981, con specifiche delibere consiliari, per le attrezzature ricettive relative ad alberghi, pensioni e locande, escluse quelle comprese nei centri storici, nonché quelle inserite nei piani particolareggiati e nei piani di recupero, interventi di riqualificazione volti all'adeguamento dei servizi strettamente funzionali e proporzionati all'attività ricettiva, anche in deroga alle norme degli strumenti urbanistici vigenti, ferma restando la capacità ricettiva esistente.

     Per gli interventi di riqualificazione, in ogni caso, le distanze tra pareti finestrate non potranno essere inferiori a un terzo dell'altezza della più alta delle pareti prospicienti, e comunque non inferiori a mt 6, e per gli edifici non si potranno avere incrementi di altezza superiori a quella esistente, se non per realizzare volumi strettamente necessari per impianti tecnologici. A tali interventi non si applicano le disposizioni di cui all'art. 9, punto 2), del D.M. 2 aprile 1968.

 

     Art. 66. Compiti di vigilanza.

     I compiti di vigilanza nella materia urbanistica di cui all'art. 3 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, vengono esercitati dalla Giunta regionale a mezzo dei propri uffici, oppure affidati, con apposito atto deliberativo, al competente Comitato comprensoriale.

     In particolari casi la Giunta regionale potrà altresì nominare Commissioni d'indagini, di cui faranno parte due Consiglieri regionali - uno di maggioranza e uno di minoranza - designati dalla competente Commissione consiliare, che riferiscono alla Giunta stessa. Di tali Commissioni potranno far parte anche persone estranee all'Amministrazione, esperte nella materia.

     Le Amministrazione regionali, provinciali e comunali, le Comunità montane, il Circondario di Rimini, gli enti e aziende pubbliche comunque operanti nel territorio dell'Emilia Romagna, in sede di concessione di contributi, sovvenzioni e agevolazioni per la realizzazione di opere, impianti e attrezzature fisse o per l'esecuzione di interventi di trasformazione e conservazione del territorio, accertano la conformità delle opere, degli impianti, delle attrezzature e degli interventi interessati ai piani territoriali ed urbanistici di cui alla presente legge.

 

     Art. 67. Finanziamento e imputazione della spesa.

     Gli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge saranno determinati, per ciascun esercizio a partire dal 1978, con la legge di approvazione del bilancio ed iscritti in appositi capitoli, secondo quanto previsto dalla legge regionale sul bilancio e la contabilità regionale.

     (Omissis) [69].

 

     Art. 68. Disposizioni finali. [70]

     Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 2, secondo comma, della presente legge, entro il 30 ottobre di ogni anno, i Comuni, i Comprensori, le Comunità montane ed il Circondario di Rimini trasmettono alla Giunta regionale una relazione sullo stato della pianificazione concernente il territorio di propria competenza.

     Dalla data di entrata in vigore della presente legge non si applica l'articolo 4 della legge 1° giugno 1971, n. 291.

     Sono abrogati il secondo ed il terzo comma dell'articolo 3 della legge regionale 7 gennaio 1974, n. 2.

     Ai fini della presente legge, nonché delle leggi regolanti comunque la materia urbanistica, per strumento urbanistico generale si intendono sia i Piani Regolatori Generali comunali, sia i programmi di fabbricazione.

     Sono abrogate le prescrizioni di precedenti leggi regionali in contrasto con la presente legge, e, in particolare, quelle contenute nel punto 5), lettera a) dell'articolo 2 della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18.

 

 


[1] Legge abrogata dall'art. 52 della L.R. 24 marzo 2000, n. 20, fatto salvo quanto disposto dagli artt. 41 e 42 della stessa L.R. 20/2000, ad eccezione degli artt. 27, 28, 29, 30, 31 e 54.

[2] Le norme del Titolo I e del Titolo II sono state abrogate dall'art. 16 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.

[3] Le norme del Titolo I e del Titolo II sono state abrogate dall'art. 16 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.

[4] Le norme del Titolo I e del Titolo II sono state abrogate dall'art. 16 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.

[5] Gli articoli 4 e 5 sono stati abrogati come indicato nella nota n. 1. Se ne riporta il testo perchè le loro disposizioni sono richiamate dalla disciplina transitoria dell'art. 15 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.

[6] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 1980, n. 23 (B.U. n. 48 del 2 aprile 1980).

[7] Gli articoli 4 e 5 sono stati abrogati come indicato nella nota n. 1. Se ne riporta il testo perchè le loro disposizioni sono richiamate dalla disciplina transitoria dell'art. 15 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.

[8] Le norme del Titolo I e del Titolo II sono state abrogate dall'art. 16 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.

[9] Articoli abrogati dall'art. 45 della L.R. 6/1984.

[10] Cfr. l'art. 26 della L.R. n. 6 del 1984 e l'art. 46 della stessa legge.

[11] Articolo così modificato dall'art. 9 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980). La disposizione, nella parte in cui fa riferimento al piano territoriale di coordinamento comprensoriale è da intendersi abrogata per effetto dell'art. 40, primo e secondo comma, della L.R. n. 6 del 1984.

[12] Articolo già modificato dall'art. 10 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980) e così sostituito dall'art. 11 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[13] Articolo già modificato dall'art. 11 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980) e così sostituito dall'art. 12 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[14] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[15] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[16] Articolo così modificato dall'art. 13 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[17] Articolo così modificato dall'art. 14 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980). Vedi anche l'art. 26 della L.R. n. 6/1984.

[18] Lettera cosi modificata dall'art. 15 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[19] Articolo così modificato dall'art. 16 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980). Vedi inoltre la nota [19] all'art. 23.

[20] Vedi l'art. 3 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 46 che in materia di controllo edilizio determina nuove procedure per l'approvazione dei piani particolareggiati.

[21] Articolo così modificato dall'art. 17 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[22] Articolo così modificato dall'art. 18 della L.R. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[23] Vedi la legge di interpretazione autentica n. 50/1984 del combinato disposto dell'art. 23, 6° comma, e 21 di questa legge.

[24] Articolo così modificato dall'art. 19 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[25] Articolo così modificato dall'art. 20 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[26] Vedi la nota [16 bis] all'art. 21.

[27] Articoli abrogati dall’art. 49 della L.R. 25 novembre 2002, n. 31.

[28] Articolo così modificato dall'art. 26 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980). Con la L.R. n. 6/1984 è stato previsto che le varianti al P.R.G. adottate per l'adeguamento del Piano alle previsioni della norma dell'art. 33 sono approvate dal Comune.

[29] La legge di interpretazione autentica n. 50/1984 ha previsto che i piani stralcio comprensoriali adottati ai sensi dell'art. 33, e già trasmessi alla Regione per l'approvazione, sono approvati dal Consiglio regionale.

[30] Articolo così modificato dall'art. 27 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980). Le funzioni in materia di vincolo idrogeologico, come previste dall'art. 34 sono ora esercitate dalle Province, dal Comitato Circondariale di Rimini e dalle Assemblee dei Comuni di Imola e Cesena (art. 41, secondo comma, lett. e) della L.R. n. 6 del 1984).

[31] Articolo così modificato dall'art. 28 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[32] L'approvazione delle deroghe previste nell'undicesimo comma dell'art. 35 compete, ora, alle Province, al Circondario di Rimini e alle Assemblee dei Comuni di Imola e Cesena (L.R. n. 6 del 1984).

[33] Articolo così modificato dall'art. 29 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

La L.R. n. 6/1984 ha stabilito che le varianti parziali di piani regolatori comunali, adottate per adeguamento alle previsioni dell'art. 36 sono approvate dalla Giunta regionale (vedi artt. 42 e 46 della L.R. n. 6/1984).

[34] Articolo così modificato dall'art. 30 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[35] Articolo così modificato dall'art. 31 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[36] Articolo così modificato dall'art. 33 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[37] I piani di sviluppo previsti dalla lettera c) sono approvati dalla provincia, dal circondario di Rimini e dalle assemblee dei comuni di Imola e Cesena. Vedi art. unico della L.R. n. 50/1984.

[38] L'originario comma dodicesimo dell'art. 40 è stato sostituto dagli attuali commi 12, 13, 14, 15 e 16 dall'art. 17 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[39] L'originario comma dodicesimo dell'art. 40 è stato sostituto dagli attuali commi 12, 13, 14, 15 e 16 dall'art. 17 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[40] L'originario comma dodicesimo dell'art. 40 è stato sostituto dagli attuali commi 12, 13, 14, 15 e 16 dall'art. 17 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[41] L'originario comma dodicesimo dell'art. 40 è stato sostituto dagli attuali commi 12, 13, 14, 15 e 16 dall'art. 17 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[42] L'originario comma dodicesimo dell'art. 40 è stato sostituto dagli attuali commi 12, 13, 14, 15 e 16 dall'art. 17 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[43] Articolo così modificato dall'art. 34 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[44] Comma aggiunto dall'art. 35 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[45] Articolo così modificato dall'art. 36 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[46] Articolo così modificato dall'art. 37 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[47] Articolo così modificato dall'art. 38 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980). Il secondo comma della norma deve ora intendersi abrogato per effetto dell'art. 40 della L.R. n. 6 del 1984.

[48] Articolo così modificato dall'art. 39 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

L'approvazione delle varianti al P.R.G. da adottarsi per l'adeguamento del Piano alle previsioni di questo articolo spetta ai Comuni.

[49] Comma inserito dall'art. 17 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6.

[50] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[51] Articolo così modificato dall'art. 41 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[52] Articolo così modificato dall'art. 42 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[53] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33.

[54] Articolo abrogato dall'art. 7 della L.R. 8 novembre 1988, n. 46.

[55] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[56] Articolo abrogato dall’art. 49 della L.R. 25 novembre 2002, n. 31.

[57] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[58] Articolo abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[59] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33.

[60] Articolo così modificato dall'art. 50 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[61] I termini previsti sono prorogati di un anno in forza della L.R. 1 settembre 1981, n. 24 (B.U. n. 103 del 1981).

[62] I termini previsti sono prorogati di un anno in forza della L.R. 1 settembre 1981, n. 24 (B.U. n. 103 del 1981).

[63] Si riporta qui l'art. 2 della L.R. n. 42/1980 (B.U. n. 83/1980) riguardante l'interpretazione autentica del quarto comma dell'art. 61:

[64] Comma abrogato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[65] I termini previsti sono prorogati di un anno in forza della L.R. 1 settembre 1981, n. 24 (B.U. n. 103 del 1981).

[66] Comma così modificato dall'art. 45 della L.R. n. 6/1984.

[67] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33. Vedi quanto stabilito dall'art. 16 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33.

[68] Articolo così modificato dall'art. 52 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).

[69] Comma abrogato dall'art. 5 della L.R. 28 dicembre 1992, n. 47.

[70] Articolo così sostituito dall'art. 53 della L.R. n. 23/1980 (B.U. n. 48/1980).