§ 1.4.19 - D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.
Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue [...]


Settore:Normativa nazionale
Materia:1. Acque
Capitolo:1.4 disciplina generale
Data:11/05/1999
Numero:152


Sommario
Art. 1.  (Finalità).
Art. 2.  (Definizioni).
Art. 3.  (Competenze).
Art. 4.  (Disposizioni generali).
Art. 5.  (Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale).
Art. 6.  (Obiettivo di qualità per specifica destinazione).
Art. 7.  (Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile).
Art. 8.  (Deroghe).
Art. 9.  (Acque di balneazione).
Art. 10.  (Acque dolci idonee alla vita dei pesci).
Art. 11.  (Successive designazioni e revisioni).
Art. 12.  (Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci).
Art. 13.  (Deroghe).
Art. 14.  (Acque destinate alla vita dei molluschi).
Art. 15.  (Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi).
Art. 16.  (Deroghe).
Art. 17.  (Norme sanitarie).
Art. 18.  (Aree sensibili).
Art. 19.  (Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola).
Art. 20.  (Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altre zone vulnerabili).
Art. 21.  (Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano).
Art. 22.  (Pianificazione del bilancio idrico).
Art. 23.  (Modifiche al Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775).
Art. 24.  (Acque minerali naturali e di sorgenti)
Art. 25.  (Risparmio idrico).
Art. 26.  (Riutilizzo dell'acqua).
Art. 27.  (Reti fognarie).
Art. 28.  (Criteri generali della disciplina degli scarichi).
Art. 29.  (Scarichi sul suolo).
Art. 30.  (Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee).
Art. 31.  (Scarichi in acque superficiali).
Art. 32.  (Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili).
Art. 33.  (Scarichi in reti fognarie).
Art. 34.  (Scarichi di sostanze pericolose).
Art. 35.  (Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte).
Art. 36.  (Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane).
Art. 37.  (Impianti di acquacoltura e piscicoltura).
Art. 38.  (Utilizzazione agronomica).
Art. 39.  (Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia).
Art. 40.  (Dighe).
Art. 41.  (Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici).
Art. 42.  (Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica).
Art. 43.  (Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici).
Art. 44.  (Piani di tutela delle acque).
Art. 45.  (Criteri generali).
Art. 46.  (Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali).
Art. 47.  (Approvazione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane).
Art. 48.  (Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue).
Art. 49.  (Soggetti tenuti al controllo).
Art. 50.  (Accessi ed ispezioni).
Art. 51.  (Inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico).
Art. 52.  (Controllo degli scarichi di sostanze pericolose).
Art. 53.  (Interventi sostitutivi).
Art. 54.  (Sanzioni amministrative).
Art. 55.  (Sanzioni in materia di aree di salvaguardia e modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236).
Art. 56.  (Competenza e giurisdizione).
Art. 57.  (Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie).
Art. 58.  (Danno ambientale, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati).
Art. 59.  (Sanzioni penali).
Art. 60.  (Obblighi del condannato).
Art. 61.  (Circostanza attenuante).
Art. 62.  (Norme transitorie e finali).
Art. 63.  (Abrogazione di norme).


§ 1.4.19 - D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152. [1]

Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

(G.U. 29 maggio 1999, n. 124 - S.O. n. 101).

 

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE

 

Art. 1. (Finalità).

     1. Il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

     a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;

     b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;

     c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;

     d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

     2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

     a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;

     b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;

     c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;

     d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36;

     e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;

     f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.

     3. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto di quelle disposizioni in esso contenute che, per la loro natura riformatrice costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione al presente decreto secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

 

     Art. 2. (Definizioni).

     1. Ai fini del presente decreto si intende per:

     a) "abitante equivalente": il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;

     b) "acque ciprinicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;

     c) "acque costiere": le acque al di fuori della linea di bassa marea o del limite esterno di un estuario;

     d) "acque salmonicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;

     e) "estuario": l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente; in via transitoria sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;

     f) "acque dolci": le acque che si presentano in natura con una bassa concentrazione di sali e sono considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;

     g) "acque reflue domestiche": acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

     h) "acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento [2];

     i) "acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato [3];

     l) "acque sotterranee": le acque che si trovano al di sotto della superficie del terreno, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

     m) "agglomerato : area in cui la popolazione ovvero le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile, e cioè tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale [4];

     n) "applicazione al terreno": l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento sulla superficie del terreno, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati superficiali del terreno;

     n bis) "utilizzazione agronomica": la gestione di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive ovvero di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro produzione all'applicazione al terreno di cui alla lettera n), finalizzata all'utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo [5];

     o) "autorità d'ambito": la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;

     o bis) "gestore del servizio idrico integrato": il soggetto che in base alla convenzione di cui all'articolo 11 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, gestisce i servizi idrici integrati e, soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato, il gestore esistente del servizio pubblico [6];

     p) "bestiame": si intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto;

     q) "composto azotato": qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l'azoto allo stato molecolare gassoso;

     r) "concimi chimici": qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

     s) "effluente di allevamento": le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato;

     t) "eutrofizzazione": arricchimento delle acque in nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto ovvero del fosforo, che provoca una proliferazione delle alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;

     u) "fertilizzante": fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1994, n. 748, ai fini del presente decreto è fertilizzante qualsiasi sostanza contenente, uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di cui alla lettera v);

     v) "fanghi": i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;

     z) "inquinamento": lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall'uomo nel l'ambiente idrico di sostanze o di energia le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque;

     aa) "rete fognaria": il sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;

     aa bis) "fognature separate": la rete fognaria costituita da due condotte, una che canalizza le sole acque meteoriche di dilavamento e può essere dotata di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, l'altra che canalizza le altre acque reflue unitamente alle eventuali acque di prima pioggia [7];

     bb) "scarico": qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 40;

     cc) "acque di scarico": tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

     cc bis) "scarichi esistenti": gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente ovvero di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data siano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'assegnazione lavori; gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente; gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e già autorizzati [8];

     dd) "trattamento appropriato": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni del presente decreto;

     ee) "trattamento primario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo fisico ovvero chimico che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri processi a seguito dei quali il BOD5 delle acque reflue in arrivo sia ridotto almeno del 20% prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in arrivo siano ridotti almeno del 50%;

     ff) "trattamento secondario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'allegato 5;

     gg) "stabilimento industriale" o, semplicemente, "stabilimento": qualsiasi stabilimento nel quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella 3 dell'allegato 5 ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;

     hh) "valore limite di emissione": limite di accettabilità di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, ovvero in peso per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in peso per unità di tempo;

     ii) "zone vulnerabili": zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

 

     Art. 3. (Competenze).

     1. Le competenze nelle materie disciplinate dal presente decreto sono stabilite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dagli altri provvedimenti statali e regionali adottati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59.

     2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le autorità di bacino, l'Agenzia nazionale e le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente assicurano l'esercizio delle competenze già spettanti alla data di entrata in vigore della legge 15 marzo 1997, n. 59, fino all'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.

     3. In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea o pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente o inottemperanza agli obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, esercita i poteri sostitutivi in conformità all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, fermi restando i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità, nonchè quanto disposto dall'articolo 53. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono posti a carico dell'ente inadempiente [9].

     4. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

     5. Ai sensi dell'articolo 20 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con decreto dei Ministri competenti per materia, si provvede alla modifica degli allegati al presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dal presente decreto.

     6. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.

     7. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente decreto, nonché quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

     8. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

     9. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela.

 

TITOLO II

OBIETTIVI DI QUALITA'

 

Capo I

Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione

 

     Art. 4. (Disposizioni generali).

     1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 6, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

     2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

     3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

     4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle acque di cui all'articolo 44, misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:

     a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono" come definito nell'Allegato 1;

     b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1;

     c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 6 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'allegato 2, salvo i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

     5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi; quando i limiti più cautelativi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale, il rispetto degli stessi decorre dal 31 dicembre 2016.

     6. Il piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

     7. Le regioni possono altresì definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.

 

     Art. 5. (Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale).

     1. Entro il 30 aprile 2003, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 42 e 43, le regioni identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'allegato 1 [10].

     2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell'autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale per i corpi idrici sovraregionali, assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

     3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato "sufficiente" di cui all'allegato 1.

     4. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato "buono" entro il 31 dicembre 2016.

     5. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

     a) il corpo idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza dell'attività umana che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;

     b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza;

     c) l'esistenza di circostanze impreviste o eccezionali, quali alluvioni e siccità.

     6. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 5, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché i medesimi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi idrici all'interno dello stesso bacino idrografico.

     7. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

 

     Art. 6. (Obiettivo di qualità per specifica destinazione).

     1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

     a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

     b) le acque destinate alla balneazione;

     c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

     d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

     2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 4, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'allegato 2, fatta eccezione per le acque di balneazione.

     3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel piano di tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Relativamente alle acque di cui al comma 2 le regioni predispongono apposito elenco che provvedono ad aggiornare periodicamente.

 

Capo II

Acque a specifica destinazione

 

     Art. 7. (Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile).

     1. Le acque dolci superficiali per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3 secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla tabella 1/A dell'allegato 2.

     2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai seguenti trattamenti:

     a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;

     b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;

     c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione.

     3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della sanità, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

     4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo nel caso in cui non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.

 

     Art. 8. (Deroghe).

     1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla tabella 1/A dell'allegato 2:

     a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;

     b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 tabella 1/A dal simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;

     c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;

     d) nel caso di laghi poco profondi e con acque quasi stagnanti, per i parametri indicati con un asterisco nell'Allegato 2, tabella 1/A, fermo restando che tale deroga è applicabile unicamente ai laghi aventi una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico.

     2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.

 

     Art. 9. (Acque di balneazione).

     1. Le acque destinate alla balneazione devono rispondere ai requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470, e successive modificazioni.

     2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del citato decreto Presidente della Repubblica n. 470 del 1982 le regioni, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto e, successivamente, prima dell'inizio della stagione balneare, con periodicità annuale, comunicano al Ministero dell'ambiente, secondo le modalità indicate con il decreto di cui all'articolo 3, comma 7, tutte le informazioni relative alle cause ed alle misure che intendono adottare.

 

     Art. 10. (Acque dolci idonee alla vita dei pesci).

     1. Ai fini della designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci, sono privilegiati:

     a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato, nonché di parchi e riserve naturali regionali;

     b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;

     c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica del 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

     d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, ovvero in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica, che presentano un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

     2. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 11, 12 e 13, le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche, nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

     3. Le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla tabella 1/B dell'allegato 2, sono classificate, entro quindici mesi dalla designazione, come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".

     4. La designazione e la classificazione ai sensi dei commi 1 e 3 sono effettuate dalle regioni, ricorrendone le condizioni, devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare nell'ambito del medesimo, tratti come "acqua salmonicola" e tratti come "acqua ciprinicola".

     5. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

 

     Art. 11. (Successive designazioni e revisioni).

     1. Le regioni sottopongono a revisione la designazione e la classificazione di alcune acque dolci idonee alla vita dei pesci in funzione di elementi imprevisti o sopravvenuti.

 

     Art. 12. (Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci).

     1. Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella tabella 1/B dell'allegato 2.

     2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportati nella tabella 1/B dell'Allegato 2, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi e propongono all'autorità competente le misure appropriate.

     3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

 

     Art. 13. (Deroghe).

     1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella tabella 1/B dell'allegato 2, dal simbolo (o), in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima tabella, per arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.

 

     Art. 14. (Acque destinate alla vita dei molluschi).

     1. Le regioni designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre, che sono sede di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

     2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

     3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della provincia e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

 

     Art. 15. (Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi).

     1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 14 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla tabella 1/C dell'allegato 2.

     2. Qualora le acque designate non risultano conformi ai requisiti di cui alla tabella 1/C dell'allegato 2, le regioni stabiliscono programmi per ridurre l'inquinamento.

     3. Se da un campionamento risulta che uno o più valori di parametri di cui alla tabella 1/C dell'allegato 2, non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento. In tali casi le regioni adottano misure appropriate.

 

     Art. 16. (Deroghe).

1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti alla tabella 1/C dell'allegato 2, in caso di condizioni meteorologiche o geografiche eccezionali.

 

     Art. 17. (Norme sanitarie).

     1. Le attività di cui agli articoli 14, 15 e 16 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

 

TITOLO III

TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

 

Capo I

Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione

dall'inquinamento e di risanamento

 

          Art. 18. (Aree sensibili). [11]

     1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'allegato 6.

     2. Ai fini della prima individuazione sono designate aree sensibili:

     a) i laghi di cui all'allegato 6, nonchè i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

     b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;

     c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

     d) le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa.

     3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

     4. Sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato 6 e sentita l'Autorità di bacino, le regioni, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuano all'interno delle aree indicate nel comma 2, i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

     5. Le regioni, sulla base dei criteri previsti dall'allegato 6, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

     6. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.

     7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 4 e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 32 entro sette anni dalla identificazione.

 

     Art. 19. (Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola).

     1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'allegato 7/A-I.

     2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'allegato 7/A-III.

     3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati disponibili, e per quanto possibile sulla base delle indicazioni stabilite nell'allegato 7/A-I, le regioni, sentita l'Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, all'interno delle zone indicate nell'allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

     4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita l'Autorità di bacino, rivedono o completano le designazioni delle zone vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'allegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.

     5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 6, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole in data 19.4.1999, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 102 del 4.5.1999.

     6. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'allegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.

     7. Le regioni provvedono, inoltre, a:

     a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;

     b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

     c) elaborare ed applicare entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

     8. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate devono essere comunicati al Ministero dell'ambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 7, lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.

     9. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di buona pratica agricola è di raccomandata applicazione al di fuori delle zone vulnerabili.

 

     Art. 20. (Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altre zone vulnerabili).

     1. Con le modalità previste dall'articolo 19 e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B, le regioni identificano le aree di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.

     2. Le regioni e le autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

     3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di bacino e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'Azione Nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

 

     Art. 21. (Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano). [12]

     1. Su proposta delle autorità d'ambito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonchè per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonchè, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

     2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione, la tutela della risorsa ed il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

     3. Per la gestione delle aree di salvaguardia si applicano le disposizioni dell'articolo 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e le disposizioni dell'articolo 24 della stessa legge, anche per quanto riguarda eventuali indennizzi per le attività preesistenti.

     4. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa deve avere una estensione in caso di acque sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

     5. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

     a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se depurati;

     b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

     c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;

     d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;

     e) aree cimiteriali;

     f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;

     g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

     h) gestione di rifiuti;

     i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

     l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;

     m) pozzi perdenti;

     n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

     6. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 5, preesistenti, ove possibile e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento: in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni e le provincie autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture od attività:

     a) fognature;

     b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

     c) opere viarie, ferroviarie ed in genere infrastrutture di servizio;

     d) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 5.

     7. In assenza dell'individuazione da parte della regione della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

     8. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

     9. Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

     a) aree di ricarica della falda;

     b) emergenze naturali ed artificiali della falda;

     c) zone di riserva.

 

Capo II

Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico

 

     Art. 22. (Pianificazione del bilancio idrico).

     1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

     2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dall'Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

     3. Le regioni definiscono, sulla base delle linee guida di cui al comma 4 e dei criteri adottati dai Comitati istituzionali delle autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonchè gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni all'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente secondo le modalità di cui all'articolo 3, comma 7 [13].

     4. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto a definire, di concerto con gli altri Ministri competenti e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, le linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale.

     5. Salvo quanto previsto al comma 6, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici come previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera i), della legge 18 maggio 1989, n. 183 e dall'articolo 3, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della Pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione [14].

     6. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 le autorità concedenti, a seguito del censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico provvedono, ove necessario, alla loro revisione, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

     6 bis. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono previsti i rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico [15].

 

     Art. 23. (Modifiche al Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775).

     1. [16].

     2. [17].

     3. [18].

     4. [19].

     5. E' soppresso il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

     6. Fatta salva la normativa transitoria di attuazione dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o in parte abusivamente in atto, la sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal presente articolo, è ridotta ad un quinto qualora sia presentata domanda in sanatoria entro il 31 dicembre 2000. Non sono soggetti a tale adempimento nè al pagamento della sanzione coloro che abbiano presentato comunque domanda prima della data di entrata in vigore del presente decreto. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire, fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità [20].

     6 bis. I termini previsti dall'articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1999, n. 238, per la presentazione delle domande di riconoscimento o di concessione preferenziale di cui all'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e dall'articolo 2 della legge 17 agosto 1999, n. 290, per le denunce dei pozzi, sono prorogati al 30 giugno 2006. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999 [21].

     7. [22].

     8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di derivazione già rilasciate. Qualora la scadenza di queste ultime, per effetto dello stesso comma 7, risulti anticipata rispetto a quella originariamente fissata nel provvedimento di concessione, le relative derivazioni possono continuare ad essere esercitate sino alla data di scadenza originaria, purché venga presentata domanda entro il 31 dicembre 2000, fatta salva l'applicazione di quanto previsto all'articolo 22, e sempre che alla prosecuzione della derivazione non osti uno specifico motivo di interesse pubblico. Le piccole derivazioni ad uso idroelettrico di pertinenza dell'ENEL, per le quali risulti decorso il termine di trenta anni fissato dal comma 7, sono prorogate per ulteriori trenta anni a far data dall'entrata in vigore del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, previa presentazione della relativa domanda entro il 31 dicembre 2000. Le regioni, anche su richiesta o parere dell'ente gestore qualora la concessione ricada in area protetta, ove si verifichino la mancanza dei presupposti di cui al comma 1 procedono, senza indennizzo, alla modifica delle condizioni fissate dal relativo disciplinare ai fini di rendere compatibile il prelievo, ovvero alla revoca [23].

     9. [24].

     9 bis. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 [25].

     9 ter. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico emanate, entro il 30 settembre 2000, ai sensi dell'articolo 88, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi o in canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 3 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 [26].

     9 quater. [27].

     9 quinquies. Il comma 3 dell'articolo 25 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è abrogato [28].

 

     Art. 24. (Acque minerali naturali e di sorgenti) [29].

     1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del piano di tutela.

 

     Art. 25. (Risparmio idrico).

     1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

     2. Il comma 1 dell'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito dal seguente:

     "1. Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l'eliminazione degli sprechi ed in particolare a:

     a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;

     b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;

     c) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;

     d) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;

     e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue.".

     3. All'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 dopo il comma 1, è inserito il seguente:

     "1-bis. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa. Il comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l'installazione di contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collegamento a reti duali, ove già disponibili.".

     4. All'articolo 13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "ed in funzione del contenimento del consumo.".

     5. Le regioni, sentita le autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

 

     Art. 26. (Riutilizzo dell'acqua).

     1. All'articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, dopo il comma 4, è, in fine, aggiunto il seguente:

     "4-bis. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.".

     2. L'articolo 6 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito dal seguente:

"    Art. 6. (Modalità per il riutilizzo delle acque reflue).

     1. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro per le politiche agricole, della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei lavori pubblici e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sono definite norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.

     2. Le regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in particolare:

     a) indicate le migliori tecniche disponibili per la progettazione e l'esecuzione delle infrastrutture nel rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1;

     b) indicate le modalità del coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti bacini di utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue;

     c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riciclo o riutilizzo.".

     3. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dal comma 2, è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

     4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri dell'ambiente e dell'industria, del commercio e dell'artigianato e d'intesa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sono definite le modalità per l'applicazione della riduzione di canone prevista dall'articolo 18, comma 1, lettere a) e d), della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

 

Capo III

Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi

 

     Art. 27. (Reti fognarie).

     1. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane:

     a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15.000;

     b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.

     2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate "aree sensibili" gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.

     3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:

     a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;

     b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;

     c) della limitazione dell'inquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.

     4. Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che scaricano acque reflue domestiche le regioni identificano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al comma 7 dell'articolo 62, che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento [30].

 

     Art. 28. (Criteri generali della disciplina degli scarichi). [31]

     1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite di emissione previsti nell'allegato 5.

     2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'allegato 5, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'allegato 5:

     a) nella tabella 1 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

     b) nella tabella 2 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

     c) nelle tabella 3/A per i cicli produttivi ivi indicati;

     d) nelle tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella tabella 5 del medesimo allegato.

     3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dell'articolo 34, si intende effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, nonchè in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

     4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'allegato 5, subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

     5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi per adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dallo scarico terminale di ciascun stabilimento.

     6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

     7. Salvo quanto previsto dall'articolo 38, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

     a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;

     b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento prodotti in un anno da computare secondo le modalità di calcolo stabilite alla tabella 6 dell'allegato 5. Per gli allevamenti esistenti il nuovo criterio di assimilabilità si applica a partire dal 13 giugno 2002;

     c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

     d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

     e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale.

     8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonchè allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.

     9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.

     10. Le autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico ed il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.

 

     Art. 29. (Scarichi sul suolo).

     1. E' vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta eccezione:

     a) per i casi previsti dall'articolo 27, comma 4;

     b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

     c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori- limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 28, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4 dell'allegato 5;

     d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;

     e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate [32].

     2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto devono, entro il 31 dicembre 2003, essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, così come sostituito dall'articolo 26, comma 2. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata [33].

     3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono conformarsi ai limiti della tabella 4 dell'allegato 5 entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Sino a tale data devono essere rispettati i limiti fissati dalle normative regionali vigenti o, in mancanza di questi, i limiti della tabella 3 dell'allegato 5. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'allegato 5 [34].

 

     Art. 30. (Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee).

     1. E' vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

     2. In deroga a quanto previsto al comma 1 l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

     3. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il Ministero dell'ambiente per i giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra possono altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

     4. Per le perforazioni in mare con le quali è svolta attività di prospezione, ricerca e coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal decreto 28 luglio 1994 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 1994, e successive modifiche, purché la concentrazione di oli minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 [35].

     5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.

     6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è a tutti gli effetti revocata.

 

     Art. 31. (Scarichi in acque superficiali).

     1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

     2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.

     3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'allegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali:

     a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;

     b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;

     c) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.

     4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2 [36].

     5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

     6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare, dove a causa delle basse temperature è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.

 

     Art. 32. (Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili).

     1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 31, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'allegato 5.

     2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al 75% per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per l'azoto totale.

     3. Le regioni individuano tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

 

     Art. 33. (Scarichi in reti fognarie). [37]

     1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della tabella 5 dell'allegato 5, alla tabella 3 gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari ed ai valori-limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato e approvati dall'amministrazione pubblica responsabile in base alla caratteristiche dell'impianto ed in modo che sia assicurato il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

     2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato.

     3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione umana, misti ad acque domestiche, trattati mediante apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte dell'ente gestore [38].

 

     Art. 34. (Scarichi di sostanze pericolose). [39]

     1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o degli aggiornamenti messi a punto ai sensi del punto 4 dell'allegato 5.

     2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, in particolari situazioni di accertato pericolo per l'ambiente anche per la coopresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

     3. Per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa tabella.

     4. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo.

L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti, ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni. Qualora, nel caso di cui all'articolo 45, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell'allegato 5, riceva scarichi provenienti da altri stabilimenti o scarichi di acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad una modifica o riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorità competente dovrà ridurre opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 dell'allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione dei diversi scarichi.

     5. L'autorità che rilascia l'autorizzazione per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati nella stessa tabella, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

 

Capo IV

Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici

 

     Art. 35. (Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte).

     1. Al fine della tutela dell'ambiente marino ed in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei seguenti materiali:

     a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

     b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e l'innocuità;

     c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

     2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dall'autorità competente solo quando è dimostrata, nell'ambito dell'istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dei trasporti e della navigazione, per le politiche agricole e forestali nonchè dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto [40].

     3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.

     4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.

     5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato e dei lavori pubblici per quanto di competenza, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Qualora la movimentazione abbia carattere internazionale, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente sentite le regioni interessate [41].

 

     Art. 36. (Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane). [42]

     1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

     2. In deroga al comma 1, l'autorità competente ai sensi del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento può autorizzare il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

     3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 45, è, comunque, autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate che rispettino i valori limite di cui all'articolo 28, commi 1 e 2, e purché provenienti dal medesimo ambito ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36:

     a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;

     b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi del comma 4 dell'articolo 27;

     c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonchè quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente irrealizzabile.

     4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

     5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

     6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 3, si applica la tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui all'articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

     7. I produttore dei rifiuti di cui al comma 2 e 3 ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti prevista dal decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui all'articolo 10 del medesimo decreto. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei precedenti commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto ai soli obblighi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22.

 

     Art. 37. (Impianti di acquacoltura e piscicoltura).

     1. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità e, previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

 

     Art. 38. (Utilizzazione agronomica). [43]

     1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 19 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonchè dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 28, comma 7, lettere a), b) e c), e da altre piccole aziende agroalimentari ad esse assimilate, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, del presente decreto, fatti salvi i casi di esonero di cui al comma 3, lettera b).

     2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità e dei lavori pubblici, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui al presente decreto.

     3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in particolare:

     a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;

     b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonchè specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;

     c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;

     d) i criteri e le procedure di controllo, ivi compresi quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;

     e) le sanzioni amministrative pecuniarie, fermo restando quanto disposto dall'articolo 59, comma 11-ter.

 

     Art. 39. (Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia). [44]

     1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni disciplinano:

     a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;

     b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

     2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma precedente non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dal presente decreto.

     3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate ed opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari ipotesi nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

     4. E' comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

 

     Art. 40. (Dighe).

     1. Le regioni adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Titolo II.

     2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata, sia del corpo recettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun impianto. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo recettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni stesse.

     3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo recettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate tal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

     4. Il progetto di gestione di cui al comma 2, è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro dei lavori pubblici e del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato, per le politiche agricole e il Ministro delegato della Protezione Civile, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

     5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; è trasmesso al Registro italiano dighe per l'inserimento come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1 novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

     6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

     7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti ai sensi dell'articolo 89, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

     8. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.

     9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

 

     Art. 41. (Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici).

     1. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua, che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

     2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

     3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale di cui all'articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la concessione è gratuita.

     4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

 

TITOLO IV

STRUMENTI DI TUTELA

 

Capo I

Piani di tutela delle acque

 

     Art. 42. (Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica).

     1. Al fine di garantire l'acquisizione delle informazioni necessarie alla redazione del piano di tutela, le regioni provvedono ad elaborare programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo.

     2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'allegato 3 e sono resi operativi entro il 31 dicembre 2000 e sono aggiornati ogni sei anni.

     3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite, con particolare riguardo a quelle preordinate alla redazione dei piani di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319, nonché a quelle previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

 

     Art. 43. (Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici).

     1. Le regioni elaborano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

     2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'allegato 1 e resi operativi entro il 31 dicembre 2000. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'allegato 2.

     3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente, nell'esercizio delle rispettive competenze, le regioni possono promuovere accordi di programma con le strutture definite ai sensi dell'articolo 92 del decreto legislativo del 31 marzo 1998 n. 112, con l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, le agenzie regionali e provinciali dell'ambiente, le province, le autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.

 

     Art. 44. (Piani di tutela delle acque).

     1. Il piano di tutela delle acque costituisce un piano stralcio di settore del piano di bacino ai sensi dell'articolo 17, comma 6 ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183, ed è articolato secondo le specifiche indicate nell'allegato 4.

     2. Entro il 31 dicembre 2001 le autorità di bacino di rilievo nazionale ed interregionale, sentite le province e le autorità d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di bacino, cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2003, le regioni, sentite le province, previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il piano di tutela delle acque e lo trasmettono alle competenti autorità di bacino.

     3. Il piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui al presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

     4. A tal fine il piano di tutela contiene in particolare:

     a) i risultati dell'attività conoscitiva;

     b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;

     c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;

     d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

     f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti; g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici.

     5. Entro 90 giorni dalla trasmissione del piano di cui al comma 2 le autorità di bacino nazionali o interregionali verificano la conformità del piano agli obiettivi e alle priorità del comma 2 esprimendo parere vincolante. Il piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.

     6. Per i bacini regionali le regioni approvano il piano entro sei mesi dall'adozione e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.

 

Capo II

Autorizzazione agli scarichi

 

     Art. 45. (Criteri generali).

     1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

     2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli consorziati e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni del presente decreto. Si applica l'articolo 62, comma 11, secondo periodo, del presente decreto.

     3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 28, commi 1 e 2.

     4. In deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato [45].

     5. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.

     6. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero al comune se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro novanta giorni dalla recezione della domanda.

     7. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 34, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima [46].

     8. Per gli scarichi in un corso d'acqua che ha portata naturale nulla per oltre 120 giorni ovvero in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo recettore e la difesa delle acque sotterranee.

     9. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che gli scarichi, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, siano effettuati in conformità alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo recettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

     10. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande d'autorizzazione previste dal presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. L'autorità stessa, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute.

     11. Per gli insediamenti, edifici o installazioni la cui attività sia trasferita in altro luogo ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove prevista. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'Autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, può adottare i provvedimenti che si rendessero eventualmente necessari [47].

 

     Art. 46. (Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali).

     1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere accompagnata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico, della quantità di acqua da prelevare nell'anno solare, del corpo recettore e del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, dalla indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonchè dall'indicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

     2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

     a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione ovvero la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella ovvero la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione deve essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

     b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo [48].

 

     Art. 47. (Approvazione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane).

     1. Salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di depurazione di acque reflue urbane che tengono conto dei criteri di cui all'allegato 5 e della corrispondenza tra la capacità dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità delle gestioni che devono assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi, e definiscono le relative fasi di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto ovvero in caso di realizzazione per lotti funzionali.

 

     Art. 48. (Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue).

     1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, e successive modifiche, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta ciò risulti appropriato.

     2. E' comunque vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

     3. Lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi è autorizzato ai sensi dell'articolo 18, comma 2, lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e deve comunque cessare entro il 2003. Fino a tale data le quantità totali di materie tossiche, persistenti ovvero bioaccumulabili, devono essere progressivamente ridotte. In ogni caso le modalità di smaltimento devono rendere minimo l'impatto negativo sull'ambiente.

 

Capo III

Controllo degli scarichi

 

     Art. 49. (Soggetti tenuti al controllo).

     1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli preventivi e successivi.

     2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura l'ente gestore, ai sensi dell'articolo 26 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.

 

     Art. 50. (Accessi ed ispezioni).

     1. Il soggetto incaricato del controllo è autorizzato a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

 

     Art. 51. (Inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico). [49]

     1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al Titolo V, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

     a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;

     b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestano situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

     c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinano situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

 

     Art. 52. (Controllo degli scarichi di sostanze pericolose). [50]

     1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla tabella 5 dell'allegato 5 l'autorità competente nel rilasciare l'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonchè le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

 

     Art. 53. (Interventi sostitutivi).

     1. Nel caso in cui non vengano effettuati i controlli ambientali previsti dal presente decreto, il Ministro dell'ambiente diffida la regione a provvedere nel termine di sei mesi ovvero nel termine imposto dalle esigenze di tutela sanitaria e ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede il Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in via sostitutiva, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.

     2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro dell'ambiente nomina un commissario ad acta che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

 

TITOLO V

SANZIONI

 

Capo I

Sanzioni amministrative e danno ambientale

 

     Art. 54. (Sanzioni amministrative).

     1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5, ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 28, comma 2, ovvero quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 33, comma 1, o dell'articolo 34, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni [51].

     2. Chiunque apre o comunque effettua scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 45, ovvero continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire cento milioni. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da uno a cinque milioni.

     3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione ovvero fissate ai sensi dell'articolo 33, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venticinque milioni [52].

     4. Si applica la sanzione prevista al comma 3 a chi effettuando al momento dell'entrata in vigore del presente decreto scarichi di acque reflue esistenti, non ottempera alle disposizioni di cui all'articolo 62, comma 12 [53].

     5. [54].

     6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettua l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 35, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolge l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venti milioni.

     7. Salvo che il fatto non costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 38, comma 2, chiunque non osserva le disposizioni di cui all'articolo 62, comma 10, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni [55].

     8. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato non osserva il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 48, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni.

     9. [56].

     10. Salva che il fatto non costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni, chiunque:

     a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso sghiaiamento o sfangamento delle dighe, supera i limiti o non osserva le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 40, commi 2 e 3;

     b) effettua le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

     10 bis. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi ovvero l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui al comma 3 dell'articolo 22 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dieci milioni. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto [57].

     10 ter. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venticinque milioni [58].

 

     Art. 55. (Sanzioni in materia di aree di salvaguardia e modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236). [59]

     1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 21 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni.

     2. - 3. [60].

 

     Art. 56. (Competenza e giurisdizione).

     1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, salvo diversa disposizione delle regioni o delle province autonome, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, a eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 54, commi 8 e 9, per le quali è competente il comune, salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità [61].

     1 bis. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, alla sorveglianza e all'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e del relativo danno ambientale concorre il Corpo forestale dello Stato, in qualità di Forza di polizia specializzata in materia ambientale [62].

     2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

     3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata in vigore del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

     4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

     Art. 57. (Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie).

     1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto, sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate ai capitoli di spesa destinati alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

 

     Art. 58. (Danno ambientale, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati).

     1. Chi con il proprio comportamento omissivo o commissivo in violazione delle disposizioni del presente decreto provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai sensi e secondo il procedimento di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

     2. Ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non eliminabile con la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 1.

     3. Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione del danno di cui al comma 2, lo stesso si presume, salvo prova contraria, di ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, ovvero alla sanzione penale, in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine della quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa e la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila lire, per un giorno di pena detentiva. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'art. 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello stesso al Ministero dell'ambiente. Gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 56 danno prontamente notizia dell'avvenuta erogazione delle sanzioni amministrative al Ministero dell'ambiente al fine del recupero del danno ambientale.

     4. Chi non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 1, è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni.

 

Capo II

Sanzioni penali

 

     Art. 59. (Sanzioni penali).

     1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.

     2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi - effettuando al momento di entrata in vigore della presente decreto scarichi di acque reflue industriali autorizzati in base alla normativa previgente - non ottempera alle disposizioni di cui all'art. 62, comma 12.

     3. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dell'allegato 5, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.

     4. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettua uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, ovvero le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, e 34 comma 3, è punito con l'arresto fino a due anni [63].

     4 bis. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 52 è punito con la pena di cui al precedente comma 4 [64].

     5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o delle province autonome o dall'autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3A dell'allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni [65].

     6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma [66].

     6 bis. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 36, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 36, comma 5, si applica la pena di cui all'articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [67].

     6 ter. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 28, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale [68].

     6 quater. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 39, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 59, comma 1 [69].

     7. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 10, comma 5, ovvero dell'articolo 12, comma 2, è punito con l'ammenda da lire due milioni a lire venti milioni.

     8. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 29 e 30 è punito con l'arresto sino a tre anni.

     9. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 15, commi 2 e 3, dirette ad assicurare il raggiungimento ovvero il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 14, ovvero non ottempera ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 14, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da lire sette milioni a lire settanta milioni.

     10. Nei casi previsti dal comma 9, il Ministro della sanità e dell'ambiente, nonchè la regione e la provincia autonoma competente, ai quali sono inviati copia delle notizie di reato, possono indipendentemente dall'esito del giudizio penale, disporre, ciascuno per quanto di competenza, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura e, a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale definitive, valutata la gravità dei fatti, disporre la chiusura degli impianti [70].

     11. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest'ultimo caso l'obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.

     11 bis. La sanzione di cui al comma 11 si applica anche a chiunque effettua, in violazione dell'articolo 48, comma 3, lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi o comunque effettua l'attività di smaltimento di rifiuti nelle acque marine senza essere munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 18, comma 2, lettera p-bis), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [71].

     11 ter. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonchè delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 38 al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste ovvero non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo è punito con l'ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettua l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente [72].

 

     Art. 60. (Obblighi del condannato).

     1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nel presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino di cui all'articolo 58.

 

     Art. 61. (Circostanza attenuante).

     1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza- ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.

 

TITOLO VI

DISPOSIZIONI FINALI

 

     Art. 62. (Norme transitorie e finali).

     1. Il presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

     a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

     b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;

     c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

     d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

     e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;

     f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;

     g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

     h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;

     i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

     l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;

     m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'allegato II della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE;

     n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I della direttiva 76/464/CEE;

     o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

     p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

     q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'allegato I.

     2. Le previsioni del presente decreto possono essere derogate solo temporaneamente e in caso di comprovate circostanze eccezionali, per motivi di sicurezza idraulica volti ad assicurare l'incolumità delle popolazioni.

     3. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 28, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 44, comma 3.

     4. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128 e relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

     5. [73].

     6. [74].

     7. Per quanto non espressamente disciplinato dal presente decreto, continuano ad applicarsi le norme tecniche di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle acque del 4 febbraio 1977 e successive modifiche ed integrazioni, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 48 del 21 febbraio 1977.

     8. Le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi delle disposizioni abrogate con l'articolo 63 restano in vigore, ove compatibili con gli allegati al presente decreto e fino all'adozione di specifiche normative in materia.

     9. Le aziende agricole esistenti tenute al rispetto del codice di buona pratica agricola ai sensi dell'articolo 19, comma 5, devono provvedere all'adeguamento delle proprie strutture entro due anni dalla data di designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.

     10. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 38, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto [75].

     11. Fatte salve le disposizioni specifiche previste dal presente decreto, i titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Lo stesso termine vale anche nel caso di scarichi per i quali l'obbligo di autorizzazione preventiva è stato introdotto dalla presente normativa. I titolari degli scarichi esistenti e autorizzati procedono alla richiesta di autorizzazione in conformità alla presente normativa allo scadere dell'autorizzazione e comunque non oltre quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Si applicano in tal caso il terzo e quarto periodo del comma 7 dell'articolo 45 [76].

     12. Coloro che effettuano scarichi esistenti di acque reflue, sono obbligati, fino al momento nel quale devono osservare i limiti di accettabilità stabiliti dal presente decreto, ad adottare le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento. Essi sono comunque tenuti ad osservare le norme, le prescrizioni e i valori-limite stabiliti, secondo i casi, dalle normative regionali ovvero dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 33 vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, in quanto compatibili con le disposizioni relative alla tutela qualitativa e alle scadenze temporali del presente decreto e, in particolare, con quanto già previsto dalla normativa previgente. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni più favorevoli introdotte dal presente decreto [77].

     13. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare maggiori oneri o minori entrate a carico del bilancio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dal comma 14.

     14. Le regioni, le provincie autonome e gli enti attuatori provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto anche sulla base di risorse finanziarie definite da successive disposizioni di finanziamento nazionali e comunitarie.

     14 bis. In attuazione delle disposizioni statali di finanziamento di cui al comma 14, una quota non inferiore al 10 e non superiore al 15 per cento degli stanziamenti è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione del presente decreto [78].

     15. [79].

     15 bis. Restano ferme le norme della legge 11 dicembre 1982, n. 979 [80].

 

     Art. 63. (Abrogazione di norme).

     1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

     - legge 10 maggio 1976, n. 319;

     - legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

     - legge 24 dicembre 1979, n. 650;

     - legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;

     - decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;

     - legge 25 luglio 1984, n. 381 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;

     - gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;

     - decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;

     - decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 131;

     - decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 132;

     - decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n. 133;

     - articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n.  502, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;

     - articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione in legge, con modificazioni, del-decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;

     - legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79.

     2. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti di cui al comma 1.

 

ALLEGATO 1

MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE

IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE [81]

 

     Il presente allegato stabilisce, ai sensi degli articoli 4 e 5, i criteri per individuare i corpi idrici significativi e per stabilire lo stato di qualità ambientale di ciascuno di essi. Il presente allegato sostituisce l'allegato 1 della delibera del Comitato dei ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento del 4 febbraio 1977 per la parte relativa ai criteri per il monitoraggio quali-quantitativo dei corpi idrici.

 

1 CORPI IDRICI SIGNIFICATIVI

 

     Sono corpi idrici significativi quelli che le autorità competenti individuano sulla base delle indicazioni contenute nel presente allegato e che conseguentemente vanno monitorati e classificati al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale.

Le caratteristiche dei corpi idrici significativi sono indicate nei punti 1.1 e 1.2.

Sono invece da monitorare e classificare:

     a) tutti quei corpi idrici che, per valori naturalistici e/o paesaggistici o per particolari utilizzazioni in atto, hanno rilevante interesse ambientale.

     b) tutti quei corpi idrici che, per il carico inquinante da essi convogliato, possono avere una influenza negativa rilevante sui corpi idrici significativi.

 

     1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

     1.1.1 CORSI D'ACQUA SUPERFICIALI

     Per i corsi d'acqua che sfociano in mare il limite delle acque correnti coincide con l'inizio della zona di foce, corrispondente alla sezione del corso d'acqua più lontana dalla foce, in cui con bassa marea ed in periodo di magra si riscontra, in uno qualsiasi dei suoi punti, un sensibile aumento del grado di salinità. Tale limite viene identificato per ciascun corso d'acqua.

Vanno censiti, secondo le modalità che saranno stabiliti, stabilite nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7, tutti i corsi d'acqua naturali aventi un bacino idrografico superiore a 10 kmq Sono significativi almeno i seguenti corsi d'acqua:

     - tutti i corsi d'acqua naturali di primo ordine (cioè quelli recapitanti direttamente in mare) il cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore di 200 kmq;

     - tutti i corsi d'acqua naturali di secondo ordine o superiore il cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore a 400 kmq.

Non sono significativi i corsi d'acqua che per motivi naturali hanno avuto portata uguale a zero per più di 120 giorni l'anno, in un anno idrologico medio.

     1.1.2 LAGHI

     Le raccolte di acque lentiche non temporanee. I laghi sono:

     a) naturali aperti o chiusi, a seconda che esista o meno un emissario;

     b) naturali ampliati e/o regolati, se provvisti all'incile di opere di regolamentazione idraulica;

Sono significativi i laghi aventi superficie dello specchio liquido pari a 0,5 kmq o superiore. Tale superficie è riferita al periodo di massimo invaso.

     1.1.3 ACQUE MARINE COSTIERE

     Sono significative le acque marine comprese entro la distanza di 3.000 metri dalla costa e comunque entro la batimetrica dei 50 metri.

     1.1.4 ACQUE DI TRANSIZIONE

     Sono acque di transizione le acque delle zone di delta ed estuario e le acque di lagune, di laghi salmastri e di stagni costieri. Sono significative le acque delle lagune, dei laghi salmastri e degli stagni costieri. Le zone di delta ed estuario vanno invece considerate come corsi d'acqua superficiali.

     1.1.5 CORPI IDRICI ARTIFICIALI

     Sono i laghi o i serbatoi, se realizzati mediante manufatti di sbarramento, e i canali artificiali (canali irrigui o scolanti, industriali, navigabili, ecc.) fatta esclusione dei canali appositamente costruiti per l'allontanamento delle acque reflue urbane ed industriali. Sono considerati significativi tutti i canali artificiali che restituiscano almeno in parte le proprie acque in corpi idrici naturali superficiali e aventi portata di esercizio di almeno 3 mc/s e i serbatoi o i laghi artificiali il cui bacino di alimentazione sia interessato da attività antropiche che ne possano compromettere la qualità e aventi superficie dello specchio liquido almeno pari a 1 kmq o con volume di invaso almeno pari a 3 milioni di mc. Tale superficie è riferita al periodo di massimo invaso.

 

     1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

     1.2.1 ACQUE SOTTERRANEE

     Sono significativi gli accumuli d'acqua contenuti nel sottosuolo permeanti la matrice rocciosa, posti al di sotto del livello di saturazione permanente.

Fra esse ricadono le falde freatiche e quelle profonde (in pressione o no) contenute in formazioni permeabili, e, in via subordinata, i corpi d'acqua intrappolati entro formazioni permeabili con bassa o nulla velocità di flusso. Le manifestazioni sorgentizie, concentrate o diffuse (anche subacquee) si considerano appartenenti a tale gruppo di acque in quanto affioramenti della circolazione idrica sotterranea.

Non sono significativi gli orizzonti saturi di modesta estensione e continuità all'interno o sulla superficie di una litozona poco permeabile e di scarsa importanza idrogeologica e irrilevante significato ecologico.

 

2 OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE

 

     2.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

     Lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici superficiali è definito sulla base dello stato ecologico e dello stato chimico del corpo idrico.

     2.1.1 STATO ECOLOGICO

     Lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali è l'espressione della complessità degli ecosistemi acquatici, e della natura fisica e chimica delle acque e dei sedimenti, delle caratteristiche del flusso idrico e della struttura fisica del corpo idrico, considerando comunque prioritario lo stato degli elementi biotici dell'ecosistema.

Gli elementi chimici che saranno considerati per la definizione dello stato ecologico saranno, a seconda del corpo idrico, i parametri chimici e fisici di base relativi al bilancio dell'ossigeno ed allo stato trofico. Al fine di una valutazione completa dello stato ecologico dovranno essere utilizzati opportuni indicatori biologici; oltre all'utilizzo dell'indice biotico esteso (I.B.E.) per i corsi d'acqua superficiali, sarà necessario utilizzare i metodi per la rilevazione e la valutazione della qualità degli elementi biologici e di quelli morfologici dei corpi idrici che dovranno essere definiti con apposito decreto ministeriale su proposta dell'ANPA in particolare per le acque marine costiere, le acque di transizione ed i laghi.

     2.1.2 STATO CHIMICO

     Le nato chimico è definito in base alla presenza di sostanze chimiche pericolose.

Ai fini della prima classificazione, la valutazione dello stato chimico dei corpi idrici superficiali è effettuata in base ai valori soglia riportate nella direttiva 76/464/CEE e nelle direttive da essa derivate, nelle parti riguardanti gli obiettivi di qualità nonchè nell'allegato 2 sezione B; nel caso per gli stessi parametri siano riportati valori diversi, deve essere considerato il più restrittivo.

Alla successiva tabella 1 sono riportati i principali inquinanti chimici già normati dalle direttive comunitarie. Per la definizione dello stato chimico la selezione dei parametri da ricercare è effettuata dalla autorità competente, in relazione alle criticità presenti sul territorio. L'aggiornamento dei valori per i parametri indicati nella tabella 1 e la definizione di quelli relativi ad altri composti non inclusi nella tabella, pubblicato con successivi decreti, sarà effettuato sulla base dei risultati relativi alle LC50 o EC50, risultanti dai test tossicologici su ognuno dei tre livelli trofici, ridotti con opportuni fattori di sicurezza e in base alle indicazioni fornite dalla Unione Europea.

Al fine di una valutazione completa dello stato chimico dovranno essere definiti, con apposito decreto ministeriale su proposta dell'ANPA, metodi per la rilevazione e la valutazione della qualità dei sedimenti e metodi per la valutazione degli effetti provocati sulle comunità biotiche degli ecosistemi dalla presenza di sostanze chimiche pericolose, persistenti e bioaccumulabili.

Tali metodi dovranno integrare i criteri di determinazione dello stato chimico già adottati per i corpi idrici superficiali soprattutto per quanto riguardi le acque marine costiere o quelli a basso ricambio come i laghi.

 

Tabella 1

Principali inquinanti chimici da controllare nelle acque dolci superficiali

 

INORGANICI (disciolti) [1]

ORGANICI (sul tal quale)

Cadmio

aldrin

Cromo totale

dieldrin

Mercurio

endrin

Nichel

isodrin

Piombo

DDT

Rame

esaclorobenzene

Zinco

esaclorocicloesano

 

esaclorobutadiene

 

1,2 dicloroetano

 

tricloroetilene

 

triclorobenzene

 

cloroformio

 

tetracloruro di carbonio

 

percloroetilene

 

pentaclorofenolo

 

[1] se è accertata l'origine naturale di sostanze inorganiche, la loro presenza non compromette l'attribuzione di una classe di qualità definita dagli altri parametri.

 

 

     2.1.3 STATO AMBIENTALE

     Lo stato ambientale è definito in relazione al grado di scostamento rispetto alle condizioni di un corpo idrico di riferimento definito al successivo punto 2.1.4.

Gli stati di qualità ambientale previsti per le acque superficiali sono riportati alla tabella 2.

 

Tabella 2

Definizione dello stato ambientale per i corpi idrici superficiali

 

ELEVATO

Non si rilevano alterazioni dei valori della qualità degli elementi chimico-fisici ed idromorfologici per quel dato tipo di corpo idrico in dipendenza degli impatti antropici, o sono minime rispetto ai valori normalmente associati allo stesso ecotipo in condizioni indisturbate. La qualità biologica sarà caratterizzata da una composizione e un'abbondanza di specie corrispondente totalmente o quasi alle condizioni normalmente associate allo stesso ecotipo.

La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è paragonabile alle concentrazioni di fondo rilevabili nei corpi idrici non influenzati da alcuna pressione antropica.

BUONO

I valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico mostrano bassi livelli di alterazione derivanti dall'attività umana e si discostano solo leggermente da quelli normalmente associati allo stesso ecotipo in condizioni non disturbate.

La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni da non comportare effetti a breve e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento.

SUFFICIENTE

I valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico si discostano moderatamente da quelli di norma associati allo stesso ecotipo in condizioni non disturbate. I valori mostrano segni di alterazione derivanti dall'attività umana e sono sensibilmente più disturbati che nella condizione di "buono stato".

La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni da non comportare effetti a breve e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento.

SCADENTE

Si rilevano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale, e le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato.

La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni da comportare effetti a medio e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento.

PESSIMO

I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale presentano alterazioni gravi e mancano ampie porzioni delle comunità biologiche di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato.

La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni da gravi effetti a breve e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento

 

 

     2.1.3.1 CORPI IDRICI DI RIFERIMENTO

     Il corpo idrico di riferimento è quello con caratteristiche biologiche, idromorfologiche, e fisico-chimiche tipiche di un corpo idrico relativamente immune da impatti antropici.

I corpi idrici di riferimento sono individuati, anche in via teorica, in ogni bacino idrografico, dalle autorità di bacino o dalle Regioni per i bacini di competenza.

Per quanto riguarda i corsi d'acqua naturali ed i laghi dovranno essere individuati almeno un corpo idrico di riferimento per l'ecotipo montano ed uno per l'ecotipo di pianura.

Tale ecotipo serve a definire le condizioni di riferimento per lo stato ambientale "Elevato" e per riformulare i limiti indicati nel presente allegato per i parametri chimici, fisici ed idromorfologici relativi ai diversi stati di qualità ambientale.

     2.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

     Lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici sotterranei è definito sulla base dello stato quantitativo e dello stato chimico: tale classificazione deve essere riferita ad ogni singolo acquifero individuato. Per la classificazione quantitativa e chimica bisogna riferirsi alle indicazioni riportate ai punti 4.4.1 e 4.4.2.

     2.2.1 STATO AMBIENTALE

     Per le acque sotterranee sono definiti 5 stati di qualità ambientale, come riportato nella tabella 3.

 

Tabella 3

Definizioni dello stato ambientale per le acque sotterranee

 

ELEVATO

Impatto antropico nullo o trascurabile sulla qualità della risorsa, con l'eccezione di quanto previsto nello stato naturale particolare;

BUONO

Impatto antropico ridotto sulla qualità e/o quantità della risorsa;

SUFFICIENTE

Impatto antropico ridotto sulla quantità, con effetti significativi sulla qualità tali da richiedere azioni mirate ad evitarne il peggioramento;

SCADENTE

Impatto antropico rilevante sulla qualità e/o quantità della risorsa con necessità di specifiche azioni di risanamento;

NATURALE PARTICOLARE

Caratteristiche qualitative e/o quantitative che pur non presentando un significativo impatto antropico, presentano limitazioni d'uso della risorsa per la presenza naturale di particolari specie chimiche o per il basso potenziale quantitativo.

 

 

3 MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE: ACQUE SUPERFICIALI

 

     3.1 ORGANIZZAZIONE DEL MONITORAGGIO

     Il monitoraggio si articola in una fase conoscitiva iniziale che ha come scopo la prima classificazione dello stato di qualità ambientale dei corpi idrici ed in una fase a regime in cui viene effettuato un monitoraggio volto a verificare il raggiungimento ovvero il mantenimento dell'obiettivo di qualità "buono" di cui all'articolo 4.

     3.1.1 FASE CONOSCITIVA

     La fase conoscitiva iniziale ha la durata di 24 mesi ed ha come finalità la classificazione dello stato di qualità di ciascun corpo idrico; in base ad esso le autorità competenti definiscono nell'ambito del piano di tutela, le misure necessarie per il raggiungimento o il mantenimento dell'obiettivo di qualità ambientale.

La fase conoscitiva iniziale ha altresì lo scopo di raccogliere tutte le informazioni necessarie alla valutazione di ulteriori strumenti di valutazione utili alla valutazione degli elementi biologici e idromorfologici utili a definire più compiutamente lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali nonchè per valutare le informazioni relative alla contaminazione da microinquinanti dei sedimenti e del biota, in particolare per quanto riguarda le acque costiere e le acque di transizione ed i laghi. Le informazioni pregresse non antecedenti il 1997, possono essere utilizzate - se compatibili con quelle richieste nel presente allegato - in sostituzione o integrazione delle analisi previste nella fase iniziale del monitoraggio per l'attribuzione dello stato di qualità. Se da tali informazioni pregresse emerge uno stato di qualità ambientale "buono" o "elevato" vale quanto detto nel successivo punto 3.1.2 in relazione alla frequenza del campionamento e al numero delle stazioni.

     3.1.2 FASE A REGIME

     Se i corpi idrici hanno raggiunto l'obiettivo "Buono" o "Elevato" il monitoraggio può essere ridotto ai soli parametri riportati in tabella 4, per i corsi d'acqua, in tabella 10, per i laghi, ed in tabella 13, per le acque marino costiere e per le acque di transizione. L'autorità competente, in relazione allo stato delle acque superficiali, può variare la frequenza dei campionamenti e il numero delle stazioni della rete di rilevamento. Le autorità competenti armonizzano e ricercano la miglior integrazione possibile tra le diverse iniziative di controllo delle acque (monitoraggio per la balneazione, per la produzione di acqua potabile, per la vita dei pesci, ed altri), al fine di ottimizzare l'impiego di risorse umane e finanziarie.

Deve inoltre essere predisposto, presso ogni ARPA, o comunque presso ogni regione in attesa che venga costituita l'ARPA, un sistema di pronto intervento in grado di monitorare gli effetti ed indagare sulle cause di fenomeni acuti di inquinamento causati da episodi accidentali o dolosi.

 

     3.2 CORSI D'ACQUA

     3.2.1 INDICATORI DI QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

     Ai fini della prima classificazione della qualità dei corsi d'acqua vanno eseguite determinazioni sulla matrice acquosa e sul biota; qualora ne ricorra la necessità, così come indicato successivamente nei punti relativi agli specifici corpi idrici, tali determinazioni possono essere integrate da indagini sui sedimenti e da test di tossicità. Le determinazioni necessarie per il sistema di classificazione sono condotte sui campioni e con le frequenze indicate nella sezione 3.2.2.

     3.2.1.1 ACQUE

     Le determinazioni sulla matrice acquosa riguardano due gruppi di parametri, quelli di base e quelli addizionali.

I parametri di base, riportati in tabella 4, riflettono le pressioni antropiche tramite la misura del carico organico, del bilancio dell'ossigeno, dell'acidità, del grado di salinità e del carico microbiologico nonchè le caratteristiche idrologiche del trasporto solido. I parametri definiti macrodescrittori e indicati con (o) nella tabella 4 vengono utilizzati la classificazione; gli altri parametri servono a fornire informazioni di supporto per la interpretazione delle caratteristiche di qualità e di vulnerabilità del sistema nonchè per la valutazione dei carichi trasportati.

La determinazione dei parametri di base è obbligatoria.

I parametri addizionali sono relativi ai microinquinanti organici ed inorganici; quelli di più ampio significato ambientale è sono riportati nella tabella 1.

La selezione dei parametri da esaminare è effettuata dall'autorità competente caso per caso, in relazione alle criticità conseguenti agli usi del territorio.

Le analisi dei parametri addizionali vanno effettuate ove l'Autorità competente lo ritenga necessario e comunque nel caso in cui:

     - a seguito delle attività delle indagini conoscitive di cui all'allegato 3 si individuino sorgenti puntuali e diffuse o si abbiano informazioni pregresse e attuali su sorgenti puntuali e diffuse che apportino una o più specie di tali inquinanti nel corpo idrico;

     - dati recenti dimostrino livelli contaminazione, da parte di tali sostanza, delle acque e del biota o segni di incremento delle stesse nei sedimenti.

 

Tabella 4

Parametri di base (con (o) sono indicati i parametri macrodescrittori utilizzati per la classificazione)

 

Portata (m3/s)

Ossigeno disciolto (mg/l)** (o)

PH

BOD5 (O2 mg/l) ** (o)

Solidi sospesi (mg/L)

COD (O2 mg/l) ** (o)

Temperatura (°C)

Ortofosfato (P mg/L) *

Conducibilità [microS/cm (20°C)]**

Fosforo Totale (P mg/L) ** (o)

Durezza (mg/L di CaCO3)

Cloruri (Cl^- mg/L)*

Azoto totale (N mg/L)**

Solfati (SO4^-- mg/L)*

Azoto ammoniacale (N mg/L)* (o)

Escherichia coli (UFC/100 mL) (o)

Azoto nitrico (N mg/L) (o)

 

 

* determinazione sulla fase disciolta

** determinazione sul campione tal quale

 

     3.2.1.2 BIOTA

     Le determinazioni sul biota riguardano due gruppi di analisi: Analisi di base: gli impatti antropici sulle comunità animali dei corsi d'acqua vengono valutati attraverso l'Indice Biotico Esteso (I.B.E.). Tale analisi va eseguita obbligatoriamente con le cadenze indicate al punto

     3.2.2.2.

     Analisi supplementari: non obbligatorie, da eseguire a giudizio dell'autorità che effettua il monitoraggio, per una analisi più approfondita delle cause di degrado del corpo idrico. A tal fine possono essere effettuati saggi biologici finalizzati alla evidenziazione di effetti a breve o lungo termine. Tra questi in via prioritaria si segnalano:

     - test di tossicità su campioni acquosi concentrati su Daphnia magna,

     - test di mutagenicità e teratogenesi su campioni acquosi concentrati;

     - test di crescita algale;

     - test su campioni acquosi concentrati con batteri bioluminescenti; In aggiunta si segnala l'opportunità di effettuare determinazioni di accumulo di contaminanti prioritari (PCB, DDT e Cd) su tessuti muscolari di specie ittiche residenti o su organismi macrobentonici.

     3.2.1.3 SEDIMENTI

     Le analisi sui sedimenti sono da considerarsi come analisi supplementari eseguite per avere, se necessario, ulteriori elementi conoscitivi utili a determinare le cause di degrado ambientale di un corso d'acqua.

Le autorità preposte al monitoraggio devono, nel caso, selezionare i parametri da ricercare, prioritariamente tra quelli riportati nella tabella 5 e, se necessario, includerne altri, considerando le condizioni geografiche ed idromorfologiche del corso d'acqua, i fattori di pressione antropica cui è sottoposto e la tipologia degli scarichi immessi. Le determinazioni sui sedimenti vanno fatte in particolare per ricercare quegli inquinanti che presentano una maggior affinità con i sedimenti rispetto che alla matrice acquosa.

Qualora sia necessaria un'analisi più approfondita volta a evidenziare gli effetti tossici a breve o a lungo termine si potranno effettuare dei saggi biologici sui sedimenti. Gli approcci possibili sono molteplici e riconducibili a tre soluzioni fondamentali:

     - saggi su estratti di sedimento

     - saggi sul sedimento in toto

     - saggi su acqua interstiziale

Ogni soluzione offre informazioni peculiari e pertanto l'applicazione congiunta di più tipi di saggio spesso garantisce le informazioni volute. Possono essere utilizzati organismi acquatici, sia in saggi acuti che (sub)cronici. In via prioritaria si segnalano: Oncorhynchus mykiss, Daphnia magna, Ceriodaphnia dubia, Chironomus tentans e C. riparius, Selenastrum capricornutum e batteri luminescenti.

 

Tabella 5

Microinquinanti e sostanze pericolose di prima priorità da ricercare nei sedimenti

 

Inorganici e Metalli

Organici [1]

Arsenico

Policlorobifenili (PCB)

Cadmio

Diossine (TCDD)

Zinco

Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)

Cromo totale

Pesticidi organoclorurati

Mercurio

 

Nichel

 

Piombo

 

Rame

 

 

[1] Si consiglia la determinazione dei seguenti inquinanti organici:

Idrocarburi Policiclici Aromatici prioritari: Naftalene, Acenaftene, Fenantrene*, Fluorantene, Benz(a)antracene**, Crisene**, Benzo(b)fluorantene, Benzo(k)Fluorantene, Benzo(a)pirene**, Dibenzo(a,h)antracene, Benzo(g,h,i)perilene*, Antracene, Pirene Indeno(1,2,3, c,d,)pirene*, Acenaftilene, Fluorene. * indica le molecole con presunta attività cancerogena, ** quelle che hanno attività cancerogena.

Composti organoclorurati prioritari: DDT e analoghi (DD'S); Isomeri dell'Esaclorocicloesano (HCH's); Drin's; Esaclorobenzene, PCB (i PCB più rilevanti sotto il profilo ambientale consigliati anche in sede internazionale (EPA, UNEP) sono: PCB's; PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 128, PCB 138, PCB 153, PCB 169).

 

     3.2.2 CAMPIONAMENTO

     3.2.2.1 CRITERI PER LA SCELTA DELLE STAZIONI DI PRELIEVO

     Per ogni corso d'acqua naturale viene definito un numero minimo di stazioni di prelievo, come indicato nella seguente tabella 6; tale numero è in funzione della tipologia del corso d'acqua e della superficie del bacino imbrifero.

Le Autorità competenti possono aumentare il numero delle stazioni in presenza di particolari valori naturalistici e/o paesaggistici o per particolari utilizzazioni in atto o in tutte le situazioni in cui questo sia ritenuto necessario.

 

 

Tabella 6

Numero stazioni nei corsi d'acqua naturali

 

Area del bacino (kmq)

Numero stazioni

 

Corsi d'acqua di 1° ordine

Corsi d'acqua di 2° ordine o superiore

200-400

1

 

401-1000

2

1

1001-5000

3

2

5001-10.000

5

4

10.001-25.000

6

-

25.001-50.000

8

-

>50.001

10

-

 

     Le stazioni di prelievo sui corsi d'acqua sono in linea di massima distribuite lungo l'intera asta del corso d'acqua, tenendo conto della presenza degli insediamenti urbani, degli impianti produttivi e degli apporti provenienti dagli affluenti.

     I punti di campionamento sono fissati a una distanza dalle immissioni sufficiente ad avere la garanzia del rimescolamento delle acque al fine di valutare la qualità del corpo recettore e non quella degli apporti.

     In ogni caso deve essere posta una stazione di prelievo nella sezione di chiusura di ogni corpo idrico significativo. La misura di portata può essere effettuata in modo puntuale in corrispondenza del punto di campionamento e contestualmente allo stesso o desunta dai valori di portata rilevati in continuo presso stazioni fisse.

     Per quanto riguarda l'analisi dei sedimenti i punti di campionamento sono individuati prioritariamente in corrispondenza delle stazioni definite per l'analisi delle acque, compatibilmente con le caratteristiche granulometriche del substrato di fondo.

     3.2.2.2 FREQUENZA DEI CAMPIONAMENTI

     Fase iniziale del monitoraggio

     Acque:

     la misura dei parametri chimici, fisici, microbiologici e idrologici di base e di quelli relativi ai parametri addizionali, quando necessari, deve essere eseguita una volta al mese fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualità.

     Sedimenti:

     una volta all'anno, durante i periodi di magra (e comunque lontano da eventi di piena), ovvero durante i periodi favorevoli alla deposizione del materiale sospeso.

     Biota: l'I.B.E. va misurato stagionalmente (4 volte all'anno);

     I test biologici addizionali e quelli di bioaccumulo, quando richiesti, vanno eseguiti nei periodi di maggiore criticità per il sistema.

     Fase a regime

     La frequenza di campionamento si mantiene inalterata fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale di cui all'articolo 4. Raggiunto tale obiettivo, la frequenza di campionamento può essere ridotta dall'autorità competente ma non deve comunque essere inferiore a quattro volte all'anno per i parametri di base di cui alla tabella 4 e inferiore a due per l'I.B.E.. Per la misura di portata deve essere garantito per ogni stazione idrometrica un numero annuo di determinazioni sufficiente a mantenere aggiornata la scala di deflusso.

     3.2.3 CLASSIFICAZIONE

     La classificazione dello stato ecologico (tabella 8), viene effettuata incrociando il dato risultante dai macrodescrittori con il risultato dell'I.B.E., attribuendo alla sezione in esame o al tratto da essa rappresentato il risultato peggiore tra quelli derivati dalle valutazioni relative ad I.B.E. e macrodescrittori.

     Per la valutazione del risultato dell'I.B.E. si considera il valore medio ottenuto dalle analisi eseguite durante il periodo di misura per la classificazione. Per il calcolo della media, considerata la possibilità di classi intermedie (es. 8/9 o 9/8), si segue il seguente procedimento:

     - per la classe 10/9 si attribuisce il valore 9,6 , per quella 9/10 il valore 9,4 per 9/8 il valore 8,6 , per 8/9 il valore 8,4 , e così per le altre classi.

     - per ritrasformare in valori di I.B.E. la media si procederà in modo contrario avendo cura di assegnare la classe più bassa nel caso di frazione di 0,5: esempio 8,5 = 8/9, 6,5 = 6/7 ecc..

Il livello di qualità relativa ai macrodescrittori viene attribuito utilizzando la tabella 7 e seguendo il procedimento di seguito descritto:

     - sull'insieme dei risultati ottenuti durante la fase di monitoraggio bisogna calcolare, per ciascuno dei parametri contemplati, il 75° percentile (per quanto riguarda il primo indicatore il valore del 75° percentile va riferito al valore assoluto della differenza dal 100%);

     - si individua la colonna in cui ricade il risultato ottenuto, individuando così il livello di inquinamento da attribuire a ciascun parametro e, conseguentemente, il suo punteggio;

     - si ripete tale operazione di calcolo per ciascun parametro della tabella e quindi si sommano tutti i punteggi ottenuti;

     - si individua il livello di inquinamento espresso dai macrodescrittori in base all'intervallo in cui ricade il valore della somma dei livelli ottenuti dai diversi parametri, come indicato nell'ultima riga della tabella 7.

     Ai fini della classificazione devono essere disponibili almeno il 75% dei risultati delle misure eseguibili nel periodo considerato.

     Lo stesso parametro statistico del 75° percentile viene usato per la eventuale valutazione dello stato di qualità chimica concernente gli inquinanti chimici indicati in tabella 1.

 

Tabella 7 - Livello di inquinamento espresso dai macrodescrittori

Tabella 8 - Stato ecologico dei corsi d'acqua (si consideri il risultato peggiore tra I.B.E. e macrodescrittori)

 

 

 

     3.2.4 ATTRIBUZIONE DELLO STATO DI QUALITA' AMBIENTALE

     Al fine della attribuzione dello stato ambientale del corso d'acqua i dati relativi allo stato ecologico andranno rapportati con i dati relativi alla presenza degli inquinanti chimici indicati in tabella 1, secondo lo schema riportato alla Tabella 9:

 

Tabella 9

Stato ambientale dei corsi d'acqua

 

Concentrazione inquinanti di cui alla Tabella 1

Stato ecologico

 

Classe 1

Classe 2

Classe 3

Classe 4

Classe 5

≤ Valore Soglia

ELEVATO

BUONO

SUFFICIENTE

SCADENTE

PESSIMO

> Valore Soglia

SCADENTE

SCADENTE

SCADENTE

SCADENTE

PESSIMO

 

 

 

     Se lo stato ambientale da attribuire alla sezione di corpo idrico risulta inferiore a "Buono", devono essere effettuati accertamenti successivi finalizzati alla individuazione delle cause del degrado alla definizione delle azioni di risanamento.

     Tali accertamenti, soprattutto se il risultato derivante dall'I.B.E. è significativamente peggiore della classificazione derivante dai dati dei macrodescrittori e degli eventuali parametri addizionali, devono includere analisi supplementari volte a verificare la presenza di sostanze pericolose non ricercate in precedenza ovvero l'esistenza di eventuali effetti di tipo tossico su organismi acquatici, ovvero di fenomeni di accumulo di contaminanti nei sedimenti e nel biota.

     L'eventuale evidenziazione di situazioni di tossicità per gli organismi testati c/o evidenze di bioaccumulo sugli stessi portano ad attribuire lo stato ambientale scadente.

 

     3.3 LAGHI

     3.3.1 INDICATORI DI QUALITÀ E ANALISI DA EFFETTUARE

     La definizione dello stato di qualità ambientale dei laghi è basata sulle analisi effettuate sulla matrice acquosa.

Qualora ne ricorra la necessità, come di seguito specificato, tali analisi vanno integrate con determinazioni sui sedimenti e sul biota ovvero da saggi biologici a medio e lungo termine.

Tutte le determinazioni necessarie per la classificazione debbono essere condotte sulle stazioni e con le frequenze indicate nella sezione 3.3.2

     3.3.1.1 ACQUE

     Le determinazioni sulla matrice acquosa riguardano due gruppi di parametri quelli di base e quelli addizionali.

     I parametri di base sono riportati in tabella 10. Alcuni di questi sono relativi allo stato trofico e sono utilizzati per la classificazione, altri servono a fornire informazioni di supporto per l'interpretazione dei fenomeni di alterazione.

     La determinazione dei parametri di base è obbligatoria.

     I parametri addizionali sono relativi ai microinquinanti organici ed inorganici; quelli di più ampio significato ambientale sono riportati nella tabella 1.

     La selezione dei parametri da esaminare è effettuata dall'autorità competente caso per caso, in relazione alle criticità conseguenti agli usi del territorio.

 

     Le analisi dei parametri addizionali ove l'Autorità competente lo ritenga necessario e comunque nel caso in cui:

     - a seguito delle attività delle indagini conoscitive di cui all'allegato 3 si individuino sorgenti puntuali e diffuse o si abbiano informazioni pregresse e attuali su sorgenti puntuali e diffuse che apportino una o più specie di tali inquinanti nel corpo idrico;

     - dati recenti dimostrino livelli contaminazione, da parte di tali sostanza, delle acque e del biota o segni di incremento delle stesse nei sedimenti.

 

Tabella 10

Parametri chimico-fisici di base (con (o) sono indicati i parametri macrodescrittori utilizzati per la classificazione)

 

Temperatura (°C)

pH

Alcalinità (mg/L Ca (HCO3)2)

Trasparenza (m) (o)

Ossigeno disciolto (mg/L)

Ossigeno ipolimnico (% di saturazione) (o)

Clorofilla "a" (microg/L) (o)

Fosforo totale (P microg/L) (o)

Ortofosfato (P microg/L)

Azoto nitroso (N microg/L)

Azoto nitrico (N- mg/L)

Azoto ammoniacale (N mg/L)

Conducibilità Elettrica Specifica (microS/cm (20°C))

Azoto totale (N mg/L)

 

 

     3.3.1.2 SEDIMENTI

     Valgono per i sedimenti le stesse indicazioni e le stesse considerazioni svolte per le acque correnti al punto 3.2.1.3.

     3.3.1.3 BIOTA

     Per quanto riguarda il biota, in attesa di nuove indicazioni predisposte come indicato al precedente punto 2.1.2., valgono le stesse indicazioni e le stesse considerazioni svolte al punto 3.2.1.2 per le analisi supplementari nei corsi d'acqua.

     3.3.2 CAMPIONAMENTO

     3.3.2.1 CRITERI PER LA SCELTA DELLE STAZIONI DI PRELIEVO Corpi d'acqua di superficie inferiore a 80 Kmq: un'unica stazione fissata nel punto di massima profondità.

Corpi d'acqua di superficie maggiore di 80 Kmq o di forma irregolare: il numero delle stazioni va individuato caso per caso, tenendo conto delle zone di maggior interesse (rami ciechi, grandi baie poco profonde, fosse isolate).

I campioni d'acqua vanno prelevati lungo la colonna, con le seguenti modalità:

     i laghi con profondità fino a 5 metri: un campione in superficie ed uno sul fondo;

     laghi con profondità fino ai 50 m: un campione in superficie, uno a metà della colonna d'acqua ed uno sul fondo;

     laghi con profondità superiore a 50 m: un campione in superficie, a 25 m, a 50 m, a 100 m, a multipli di 100 m e uno sul fondo;

     laghi che per peculiarità ambientali o situazioni di influsso antropico necessitino di un maggior dettaglio per la colonna d'acqua superiore: un campione in superficie, a 5 m, a 10 m, a 20 m, a 50 m, a 100 m, a multipli di 100 m e uno sul fondo.

La misura della clorofilla va eseguita su campioni d'acqua prelevati nella sola zona fotica.

     3.3.2.2 FREQUENZA DEI CAMPIONAMENTI

     I campionamenti devono essere effettuati semestralmente, una volta nel periodo di massimo rimescolamento ed una in quello di massima stratificazione.

 

     3.3.3 CLASSIFICAZIONE

     Al fine di una prima classificazione dello stato ecologico dei laghi viene valutato lo stato trofico così come indicato in tabella 11. La classe da attribuire è quello che emerge dal risultato peggiore tra i quattro parametri indicati.

 

Tabella 11 [82]

Stato ecologico dei laghi

 

Parametro

Classe 1

Classe 2

Classe 3

Classe 4

Classe 5

Trasparenza (m) (valore minimo)

> 5

≤ 5

≤ 2

≤ 1,5

≤1

Ossigeno ipolimnico (% di saturazione)

(valore minimo misurato nel periodo di massima stratificazione)

>80%

≤ 80%

≤ 60%

≤ 40%

≤ 20%

Clorofilla "a" (microg/L) (valore massimo)

<3

≤ 6

≤ 10

≤ 25

>25

Fosforo totale (P microg/L) (valore massimo)

<10

≤ 25

≤ 50

≤ 100

>100

 

 

     Per la valutazione dei parametri relativi agli inquinanti chimici di cui alla tabella 1 si considera la media aritmetica dei dati disponibili nel periodo di misura.

     Al fine della attribuzione dello stato ambientale, i dati relativi allo stato ecologico andranno confermati dagli eventuali dati relativi alla presenza degli inquinanti chimici della tabella 1 secondo quanto indicato nello schema riportato in Tabella 12.

 

Tabella 12

Stato ambientale dei laghi

 

 

Stato ecologico

 

Classe 1

Classe 2

Classe 3

Classe 4

Classe 5

Concentrazione inquinanti di cui alla Tabella 1

 

 

 

 

 

≤ Valore soglia

ELEVATO

BUONO

SUFFICIENTE

SCADENTE

PESSIMO

> Valore soglia

SCADENTE

SCADENTE

SCADENTE

SCADENTE

PESSIMO

 

     Nel caso in cui alla sezione di corpo idrico venga attribuita uno stato ambientale inferiore a "Buono" devono essere effettuati accertamenti successivi finalizzati alla individuazione delle cause del degrado e alla definizione delle azioni di risanamento.

     Tali accertamenti soprattutto se dagli elementi conoscitivi in possesso dell'autorità non si evidenziano scarichi potenzialmente contenti le sostanze indicate in tabella 1 e quelle indicate in tabella 5, devono includere analisi supplementari volte a verificare la presenza di sostanze pericolose non ricercate in precedenza e l'esistenza di eventuali effetti di tipo tossico su organismi acquatici, ed infine di fenomeni di accumulo di contaminanti nei sedimenti e nel biota.

     L'eventuale evidenziazione di situazione di tossicità per gli organismi testati e/o evidenze di bioaccumulo sugli stessi portano ad attribuire lo stato ambientale "Scadente".

 

     3.4 ACQUE MARINE COSTIERE

     3.4.1 INDICATORI Di QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

     Per la prima classificazione della qualità delle acque marine costiere vanno eseguite determinazioni sulla matrice acqua.

     Al fine di ottenere elementi di valutazione che concorrano a definire il giudizio di qualità alle indagini di base sulle acque andranno associate indagini sui sedimenti e sul biota.

     Le determinazioni necessarie per il sistema di classificazione debbono essere condotte secondo le indicazioni riportate nella sezione 3.4.2. Il monitoraggio del biota e dei sedimenti deve essere effettuato per rilevate specifiche fonti di contaminazione e per indicazioni sui livelli di "compromissione" del tratto di costa considerato.

     L'autorità competente, ove necessario, integra i parametri riportati nelle specifiche tabelle possono essere integrati, con indagini "addizionali" ovvero provvede a sostituirli con altri che risultino essere più significativi rispetto alle specifiche realtà territoriali, in funzione delle caratteristiche del bacino afferente e/o dei diversi usi della fascia costiera, così da mirare attentamente le analisi ambientali. L'eventuale incremento giudicato significativo, tra una analisi e le successive, della concentrazione degli inquinanti nei sedimenti e nel biota, deve comportare l'approfondimento delle iniziative di controllo sugli apporti (insediamenti costieri civili e produttivi, bacini idrografici affluenti). Tali controlli devono riferirsi, in prima approssimazione, alla valutazione dei carichi inquinanti:

     - veicolati al mare da corsi d'acqua, da scarichi diretti di acque reflue e da emissioni atmosferiche;

     - contenuti in materiali solidi utilizzati in opere a mare (dragaggi, ripascimenti, barriere artificiali, ecc.).

     Inoltre, dovranno essere presi in considerazioni le modalità di dispersione in mare degli inquinanti, il bilancio depurativo della fascia costiera e quant'altro possa essere significativo per la caratterizzazione dei fenomeni di alterazione delle acque marine costiere.

     La frequenza dei campionamenti delle acque, dei sedimenti e del biota, indicata negli specifici paragrafi, può essere variata qualora le Autorità competenti lo ritengano necessario.

     3.4.1.1 ACQUE

     I parametri da analizzare nelle acque sono quelli di base riportati nella tabella 13; i parametri definiti macrodescrittori ed indicati con (o) nella stessa tabella sono utilizzati per la classificazione di cui alla tabella 17.

     Gli altri parametri forniscono informazioni di supporto per la interpretazione delle caratteristiche di qualità e vulnerabilità dell'ambiente marino analizzato nonchè per la valutazione dei carichi trasportati.

     Per temperatura, salinità e ossigeno disciolto dovrà essere fornito il profilo verticale su tutta la colonna d'acqua.

     Qualora si ritenga necessaria un'analisi più approfondita volta ad evidenziare gli effetti tossici a breve o lungo termine, ovvero si ritenga opportuno integrare il dato chimico nella valutazione della qualità delle acque, si potranno condurre saggi biologici a breve o lungo termine, su specie selezionate appartenenti a diversi gruppi tassonomici, in particolare su specie autoctone o quelle per le quali esistano dei protocolli standardizzati.

 

Temperatura (°C)

Ossigeno disciolto (mg/L) (o)

PH

Clorofilla "a" (microg/L) (o)

Trasparenza (m)

Azoto totale (microg/L come N)

Salinità (psu)

Azoto nitrico (microg/L come N) (o)

Ortofosfato (microg/L come P)

Azoto ammoniacale (microg/L come N) (o)

Fosforo totale (microg/L come P) (o)

Azoto nitroso (microg/L come N) (o)

Enterococchi (UFC/100 cc)

Analisi quali – quantitativa del fitoplancton (num. cellule/L)

 

 

     3.4.1.2 BIOTA

     Per la caratterizzazione dello stato degli ecosistemi marini, anche ai fini della formulazione del giudizio di qualità ecologica ed ambientale delle acque marine costiere, dovranno essere eseguite indagini sulle biocenosi di maggior pregio ambientale (praterie di fanerogame, coralligeno, etc.) e su altri bioindicatori.

     Allo scopo di individuare particolari situazioni di criticità dovute alla presenza di sostanze chimiche pericolose presenti in tracce nelle acque e di concorrere alla definizione del giudizio di qualità chimica, sul biota dovranno essere eseguite analisi di accumulo di metalli pesanti e composti organici, indicati in tabella 14, nei mitili (Mytilus galloprovincialis) stabulati.

     Le Regioni possono integrare i parametri indicati in tabella 14, in funzione delle esigenze di approfondimento delle conoscenze rispetto a specifiche situazioni locali.

 

Tabella 14

Determinazione da eseguire nei mitili

 

Metalli pesanti bioaccumulabili

Idrocarburi Policiclici Aromatici - IPA [*]

Composti organoclorurati (PCB e pesticidi) [*];

 

[*] Si consiglia la determinazione dei seguenti inquinanti organici: Idrocarburi Policiclici Aromatici prioritari: Naftalene, Acenaftene, Fenantrene*, Fluorantene, Benz(a)antracene**, Crisene**,

Benzo(b)fluorantene Benzo(k)fluorantene**, Benzo(a)pirene**, Dibenzo(a,h)antracene, Benzo(g,h,i)perilene, Antracene, Pirene Indeno(1.2.3.c.d.)pirene*, Acenaftilene Fluorene. * indica le molecole con presunta attività cancerogena ** quelle che hanno attività cancerogena. Composti organoclorurati prioritari: DDT e analoghi (DD's);Isomeri dell'Esaclorocicloesano (HCH's); Drin's, Esaclorobenzene, PCB (i PCB più rilevanti sotto il profilo ambientale consigliati anche in sede internazionale (EPA, UNEP) sono: PCB's; PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 128, PCB 138, PCB 153, PCB 169).

 

     3.4.1.3 SEDIMENTI

     Le determinazioni sui sedimenti riguardano tipi di indagini di base ed addizionali. Sono considerate di base e quindi prioritarie le analisi dei parametri indicati nella tabella 15.

     Qualora le autorità ritengano necessaria un'analisi più approfondita volta a evidenziare gli effetti tossici a breve o a lungo termine, ovvero ritengano opportuno integrare il dato chimico nella valutazione della qualità del sedimento, potranno essere effettuare indagini addizionali, quali saggi biologici condotti su specie selezionate appartenenti a diversi gruppi tassonomici, privilegiando le specie autoctone o quelle per le quali esistano dei protocolli standardizzati.

 

Tabella 15

Determinazione da eseguire nei sedimenti

 

Analisi granulometria per la determinazione delle principali classi granulometriche (ghiaie; sabbie; limi; argille)

Carbonio Organico

Idrocarburi Policiclici Aromatici - IPA - (vedi nota [*] Tabella 14)

Composti organoclorurati (PCB e pesticidi) (vedi nota [*] Tabella 14)

Metalli pesanti bioaccumulabili

Composti organostannici #

Saggi biologici

 

 

# Lo screening dei composti organostannici può essere limitato alle aree in prossimità di porti.

 

 

     3.4.2 CAMPIONAMENTO

     3.4.2.1 CRITERI PER LA SCELTA DELLE STAZIONI DI PRELIEVO

     Le Autorità competenti dovranno elaborare ed attuare un piano di campionamento che, sulla base delle conoscenze dell'uso e della tipologia del tratto di costa interessata permetta di rappresentare adeguatamente, nello stesso tratto di costa, le zone sottoposte a fonti di immissione, quali porti, canali, fiumi, insediamenti costieri, e le zone scarsamente sottoposte, a pressioni antropiche idrico di riferimento).

     In ogni caso, la strategia di campionamento dovrà garantire un idoneo livello conoscitivo, propedeutico alla definizione dei piani di risanamento o di tutela e comunque seguire i criteri di seguito riportati.

     Acque

     Ai fini del campionamento vengono identificate tre diverse tipologie di fondale, per ciascuna delle quali viene stabilito il posizionamento di tre stazioni di prelievo per transetto; questi vanno sempre posizionati ortogonalmente alla linea di costa.

     Le tre tipologie di fondale sono:

     - Fondale alto è quello che a 3000 m dalla costa ha una batimetrica superiore a 50 m.

     - Fondale medio è quello che a 200 m dalla costa ha una batimetrica superiore a 5 m e a 3000 m dalla costa una batimetrica inferiore a 50 m.

     - Fondale basso è quello che a 200 m dalla costa ha una batimetrica inferiore ai 5 m.

     - Il posizionamento delle stazioni è fissato come segue:

 

ALTO FONDALE:

 

 

I Stazione

II Stazione

III Stazione

A 100 m da costa

In posizione intermedia fra la 1° e la 3° stazione se la distanza tra dette stazioni è maggiore a 1000 m. Se invece la distanza è inferiore o uguale a 1000 m. i prelievi e le misure vengono effettuati solo nella 1° e nella 3° stazione

non oltre la batimetrica dei 50 m

 

 

 

MEDIO FONDALE:

 

 

I Stazione

II Stazione

III Stazione

200 m da costa

1000 m da costa

a 3000 m da costa

 

 

 

BASSO FONDALE:

 

 

I Stazione

II Stazione

III Stazione

500 m da costa

1000 m da costa

a 3000 m da costa

 

 

 

     Sedimenti

     Le stazioni di prelievo devono essere fissate nella fascia costiera, in modo tale da rappresentare le diverse tipologie di immissione che insistono nell'area (eventuali apporti industriali o civili, apporti fluviali, attività portuali), nonchè aree scarsamente soggette ad apporti antropici (come corpo idrico di riferimento).

     Dovranno essere considerate le porzioni superficiali di sedimento. La definizione dello strato da considerate potrà essere variato in funzione delle conoscenze sulle caratteristiche sedimentologiche, ed in particolare dei tassi di sedimentazione, dell'area indagata.

     Biota

     Le stazioni di campionamento dei mitili indicati al punto 3.4.1.2. devono essere fissate in modo tale da rappresentare l'intera "tipologia" costiera (eventuali fonti di immissione industriali o civili, apporti fluviali, attività portuali, aree "indisturbate" etc.) Devono inoltre essere identificate stazioni più rappresentative delle biocenosi di maggior pregio ambientale presenti nell'area in studio al fine della realizzazione di una cartografia biocenotica con scala adeguata.

     3.4.2.2 FREQUENZA DEI CAMPIONAMENTI

     Acque: è prevista una frequenza di campionamento stagionale per tutti i parametri descritti in tabella 13. + prevista inoltre una frequenza di campionamento quindicinale nel periodo compreso fra Giugno e Settembre nelle aree interessate da fenomeni eutrofici, quelle cioè in cui l'indice trofico (calcolato in base alla tabella 16 e 17) sia maggiore di 5 per l'Alto Adriatico dalla foce del fiume Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e di 4,5 per le restanti acque marine costiere per due campionamenti mensili successivi.

     Sedimenti: è prevista una frequenza di campionamento annuale. Il campionamento dovrà essere effettuato sempre nello stesso periodo dell'anno e corrispondere al periodo di minor influenza degli eventi meteo-marini (si consiglia il periodo estivo).

     Biota: è prevista una frequenza semestrale per le analisi di bioaccumulo (indicate in tabella 14); per l'esame delle biocenosi di maggior pregio ambientale, anche al fine della realizzazione di una cartografia biocenotica di dettaglio, è prevista una cadenza triennale.

     3.4.3 CLASSIFICAZIONE

     3.4.3.1 STATO AMBIENTALE DELLE ACQUE MARINE COSTIERE

     In attesa della definizione di un approccio integrato per la valutazione dello stato di qualità ambientale la prima classificazione delle acque marine costiere viene condotta attraverso l'applicazione dell'indice trofico riportato in tabella 16, tenendo conto di ogni elemento utile a definire il grado di allontanamento dalla naturalità delle acque costiere. Tale classificazione trofica sarà integrata dal giudizio emergente dalle indagini sul biota e sui sedimenti, allorché sarà disponibile il criterio di classificazione dello stato ambientale complessivo che dovrà essere definito ai sensi del precedente punto 2. Ai fini della classificazione dovrà essere considerato il valore medio dell'indice trofico, derivato dai valori delle singole misure durante il complessivo periodo di indagine (24 mesi per la prima classificazione e 12 mesi per le successive).

 

Tabella 16

Definizione dell'indice trofico

 

Indice trofico = [log10 (Cha.D%O.N.P) + 1,5]/2

Cha = clorofilla "a" (microg/L)

D%O = ossigeno disciolto come deviazione % assoluta della saturazione [100 - O2D%]

P = fosforo totale (microg/L)

N = N - (NO3 + NO2 + NH3) (microg/L)

 

     I risultati derivanti dall'applicazione dell'indice di trofia determineranno l'attribuzione dello stato ambientale secondo la seguente tabella 17, valutato anche alla luce delle condizioni indicate nella stessa tabella 17.

 

Tabella 17

Classificazione delle acque marine costiere in base alla scala trofica

 

Indice di trofia

Stato ambientale

Condizioni

2-4

Stato ELEVATO

- Buona trasparenza delle acque

- Assenza di anomale colorazioni delle acque

- Assenza di sottosaturazione di ossigeno disciolto nelle acque bentiche

4-5

Stato BUONO

- Occasionali intorbidimenti delle acque

- Occasionali anomale colorazioni delle acque

- Occasionali ipossie nelle acque bentiche

5-6

Stato MEDIOCRE

- Scarsa la trasparenza delle acque

- Anomale colorazioni delle acque

- Ipossie e occasionali anossie delle acque bentiche

- Stati di sofferenza a livello di ecosistema bentonico

6-8

Stato SCADENTE

- Elevata torbidità delle acque

- Diffuse e persistenti anomalie nella colorazione delle acque

- Diffuse e persistenti ipossie/anossie nelle acque bentiche

- Morie di organismi bentonici

- Alterazione / semplificazione delle comunità bentoniche

- Danni economici nei settori del turismo pesca ed acquacoltura

 

     Ai sensi di quanto disposto dall'articolo 5 del decreto, per il tratto costiero compreso fra la foce del fiume Adige e il confine meridionale del comune di Pesaro viene considerato obiettivo-trofico "intermedio", da raggiungere entro il 2008, un valore medio annuale dell'indice trofico non superiore a 5.

     L'eventuale evidenziazione di situazione di tossicità per gli organismi testati e/o evidenze di bioaccumulo oltre alle soglie previste dalle normative esistenti (allegato 2 sez. C; norme sugli alimenti, e altre norme sanitarie) portano ad attribuire lo stato ambientale "Scadente".

 

     3.5 ACQUE DI TRANSIZIONE

     3.5.1 Premessa

     Lo stato delle conoscenze e delle esperienze di studio riguardanti le acque di transizione non sono sufficienti per definire compiutamente i criteri per il monitoraggio e per l'attribuzione dello stato ecologico in cui si trova H corpo idrico.

     Le indicazioni che seguono sono quindi in parte sperimentali e propedeutiche ad una futura migliore definizione in base ai risultati di una prima fase di monitoraggio e studio.

     A tal riguardo vanno acquisite informazioni su:

     1. area del bacino scolante e sue caratteristiche;

     2. portata dei principali corsi d'acqua afferenti;

     3. stima dei carichi di nutrienti afferenti (Azoto e Fosforo);

     4. cartografia con isobate dell'area indagata;

     5. caratteristiche morfologiche delle bocche delle aree lagunari;

     6. presenza di dighe, barriere, canali lagunari, ecc.;

     7. individuazione delle aree a minore ricambio.

     In assenza di consistenti interventi o di altri fattori influenzanti le

caratteristiche idromorfologiche in tali aree, le suindicate informazioni

conoscitive vanno aggiornate con cadenza quinquennale.

     3.5.2 INDICATORI DI QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

     In attesa della definizione dei criteri di cui al punto 2.1.2, per le matrici acqua e sedimenti sono da monitorare i parametri indicati nelle precedenti tabelle 13 e 15 relativi alle acque marine costiere. Per quanto riguarda il biota vanno eseguite, sui bivalvi indicati al punto 3.4.1.2., misure di accumulo di metalli e di inquinanti organici, indicati in tabella 14.

     E' inoltre consigliabile integrare le analisi su indicate con indagini sul fitoplancton (lista tassonomica e densità), macroalghe e fanerogame (lista tassonomica ed abbondanza per mq, cartografia della massima superficie coperta [2]) e macroinvertebrati bentonici (lista tassonomica e densità).

     I parametri riportati nelle tabelle possono essere integrati o sostituiti da altri che risultino più significativi rispetto alle specifiche realtà territoriali.

 

[2] solo per ambienti lagunari

 

     3.5.3 CAMPIONAMENTO

     3.5.3.1 STAZIONI DI PRELIEVO

     Il campionamento della matrice acqua sarà effettuato su un reticolo di stazioni rappresentativo del bacino in esame.

     I campionamenti saranno effettuati in superficie e riguarderanno i parametri indicati nella tabella 13. Per profondità superiori a 1,5 metri, la determinazione di temperatura, salinità ed ossigeno disciolto sarà condotta anche sul profilo verticale.

     In ogni caso, la strategia di campionamento dovrà garantire un livello conoscitivo propedeutico alla definizione dei piani di risanamento o di tutela.

     Per quanto riguarda il biota e i sedimenti, le stazioni saranno scelte preferenzialmente in prossimità delle stazioni per il monitoraggio delle acque, in modo da ottenere una caratterizzazione, omogenea e rappresentativa dell'ambiente in studio.

     3.5.3.2 FREQUENZA DI CAMPIONAMENTO

     Per quanto riguarda la matrice acque la frequenza di campionamento sarà mensile. Nelle zone soggette a situazioni distrofiche (crisi anossiche, fioriture algali abnormi, elevate biomasse di macroalghe) la frequenza sarà quindicinale nel periodo giugno-settembre. In tali situazioni parte delle misure riportate in tabella 13 (ossigeno disciolto, temperatura, salinità) potranno essere rilevate con strumentazione in automatico ed in continuo.

     Per il biota la frequenza di campionamento sarà almeno semestrale. Per i sedimenti è prevista una frequenza di campionamento annuale. Il campionamento dovrà essere effettuato sempre nello stesso periodo dell'anno e corrispondere al periodo di minor influenza degli eventi meteorologici (si consiglia il periodo estivo).

     3.5.4 CLASSIFICAZIONE

     Per la classificazione delle acque lagunari e gli stagni costieri si valuta il numero di giorni di anossia/anno [3] misurata nelle acque di fondo, che interessano oltre il 30% della superficie del corpo idrico secondo lo schema riportato in tabella 18. Tale risultato integrato con i risultati delle analisi relative ai sedimenti ed al biota.

     L'esito positivo dei saggi biologici sui sedimenti o l'indicazione di un incremento statisticamente significativo delle concentrazioni di inquinanti nei sedimenti, o dell'accumulo negli organismi, pregiudica l'attribuzione dello stato sufficiente. In tal caso il corpo idrico in questione va classificato nello stato scadente.

 

[3] valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1.0 mg/L

 

Tabella 18

Stato ambientale delle acque lagunari e degli stagni costieri

 

 

Stato BUONO

Stato SUFFICIENTE

Stato SCADENTE

Numero giorni di anossia/anno che coinvolgono oltre il 30% della superficie del corpo idrico

≤ 1

≤ 10

> 10

 

 

     3.6 CORPI IDRICI ARTIFICIALI

 

     Ai corpi idrici artificiali si applicano gli stessi elementi di qualità e gli stessi criteri di misura applicati ai corpi idrici superficiali naturali che più si accostano al corpo idrico artificiale in questione.

     Il numero e la localizzazione dei punti di campionamento, nonchè la frequenza delle misure sono definiti a cura delle Regioni e delle province autonome, tenendo conto della rilevanza del corpo idrico in questione rispetto al reticolo idrografico locale.

     Gli obiettivi ambientali fissati per questi corpi idrici devono garantire il rispetto degli obiettivi fissati per i corpi idrici superficiali naturali ad essi connessi. Per quanto riguarda lo stato ecologico, tendenzialmente, devono avere un livello qualitativo corrispondente almeno a quello immediatamente più basso di quello individuato per gli analoghi corpi idrici naturali.

     Per quanto riguarda lo stato chimico non devono comunque essere superate le soglie indicate per le sostanze pericolose prioritarie nella precedente tabella 1.

     Nel caso di canali artificiali la classificazione va eseguita solo sulla base dei parametri riportati nella tabella 7 e del risultato del punteggio ottenuto dai macrodescrittori secondo quanto indicato in tabella 8.

 

4 MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE: ACQUE SOTTERRANEE

 

     4.1 ORGANIZZAZIONE DEL MONITORAGGIO

     Per le attività di monitoraggio e classificazione dello stato di un corpo idrico sotterraneo è necessaria una preventiva ricostruzione del modello idrogeologico secondo le indicazioni di cui all'allegato 3, in termini di:

     - individuazione e parametrizzazione dei principali acquiferi;

     - definizione delle modalità di alimentazione-deflusso-recapito;

     - identificazione dei rapporti tra acque superficiali ed acque sotterranee;

     - individuazione dei punti d'acqua (pozzi, sorgenti, emergenze);

     - determinazione delle caratteristiche idrochimiche;

     - identificazione delle caratteristiche di utilizzo delle acque. Il modello idrogeologico deve essere periodicamente aggiornato sulla base delle nuove conoscenze e delle attività di monitoraggio. La rilevazione dei dati sullo stato quantitativo e chimico deve essere riferita agli acquiferi individuati.

     Il monitoraggio delle acque sotterranee è articolato in una fase conoscitiva iniziale ed una fase di monitoraggio a regime.

     La fase conoscitiva iniziale e di base viene effettuata rispettando le indicazioni riportate all'allegato 3. Il monitoraggio si articola temporalmente in due fasi:

     4.1.1 FASE CONOSCITIVA

     La prima di caratterizzazione sommaria, propedeutica alla sotto fase successiva e utile ad una conoscenza dello stato chimico delle acque sotterranee, è finalizzata ad una analisi di inquadramento generale attraverso la ricerca di un gruppo ridotto di parametri chimici, fisici e microbiologici; ciò che consenta tra l'altro l'individuazione delle aree critiche, di quelle potenzialmente soggette a crisi e di quelle naturalmente protette, secondo le indicazioni riportate all'allegato 3. Se si dispone di serie storiche continuative di dati, purché non antecedenti il 1996, queste possono essere utilizzate in sostituzione o ad integrazione delle analisi previste nella fase iniziale del monitoraggio. Per la successiva sotto fase, sulla base dei risultati della caratterizzazione sommaria, nonchè delle conoscenze acquisite durante tale fase sulla situazione idrogeologica e di antropizzazione del territorio, l'Autorità competente individua i punti d'acqua ritenuti significativi ed effettua su di essi il monitoraggio per la classificazione. Sui punti d'acqua d'interesse locale esegue il monitoraggio per la caratterizzazione dell'acquifero e comunque, oltre alle misure quantitative (livello, portata), esegue le analisi dei "parametri di base" riportati nella Tabella 19.

     4.1.2 FASE A REGIME

     Il monitoraggio nella fase a regime ha come scopo l'analisi del comportamento e delle modificazioni nel tempo dei sistemi acquiferi. Sulla base dei risultati della fase conoscitiva e delle conoscenze accumulate dovrà essere individua una rete di punti d'acqua significativi e rappresentativi delle condizioni idrogeologiche, antropiche, di inquinamento in atto, delle azioni di risanamento intraprese su cui compiere un sistematico e periodico monitoraggio chimico e quantitativo secondo i criteri indicati al punto 4.2.

Il monitoraggio quantitativo va eseguito, per le acque utilizzate, dal concessionario o dal gestore, che deve rendere disponibili i dati su opportuno supporto magnetico per l'autorità preposta al controllo.

     4.2 INDICATORI DI QUALITA' ED ANALISI DA EFFETTUARE

     4.2.1 FASE INIZIALE

     4.2.1.1. MISURE QUANTITATIVE

     Il monitoraggio quantitativo ha come finalità e quella di acquisire le informazioni relative ai vari acquiferi, necessarie per la definizione del bilancio idrico di un bacino. Inoltre dovrà permettere di caratterizzare i singoli acquiferi in termini di potenzialità, produttività e grado di sfruttamento. Questo tipo di rilevamento è basato sulla determinazione dei seguenti parametri fondamentali:

     - livello piezometrico;

     - portate delle sorgenti o emergenze naturali delle acque sotterranee.

     - A discrezione delle autorità competenti potranno essere monitorati altri parametri specifici, scelti in funzione della specificità dei singoli acquiferi e delle attività presenti sul territorio come ad esempio i movimenti verticali del livello del suolo.

     I dati desunti dalle attività di monitoraggio dovranno essere opportunamente elaborati dalle Regioni al fine di definire e parametrizzare i seguenti indicatori generali, da utilizzare per la classificazione:

     - morfologia della superficie piezometrica;

     - escursioni piezometriche;

     - variazioni delle direzioni di flusso;

     - entità dei prelievi;

     - variazioni delle portate delle sorgenti o emergenze naturali delle acque sotterranee;

     - variazioni dello stato chimico indotto dai prelievi;

     - movimenti verticali del livello del suolo connesse all'estrazione di acqua dal sottosuolo

     4.2.1.2 MISURE CHIMICHE

     La fase iniziale del monitoraggio dura 24 mesi ed ha la finalità di caratterizzare l'acquifero. Il rilevamento della qualità del corpo idrico sotterraneo è basato sulla determinazione dei "parametri di base" riportati nella Tabella 19. I parametri di tabella evidenziati con il simbolo (o) saranno utilizzati per la classificazione in base a quanto indicato in Tabella 20.

Le autorità competenti devono analizzare i parametri addizionali relativi a inquinanti specifici, individuati in funzione dell'uso del suolo, delle attività presenti sul territorio, in considerazione della vulnerabilità della risorsa e della tutela degli ecosistemi connessi oppure di particolari caratteristiche ambientali. Un lista di tali inquinanti con l'indicazione dei relativi valori di soglia è riportata nella Tabella 21.

 

Tabella 19

Parametri di base (con (o) sono indicati i parametri macrodescrittori utilizzati per la classificazione)

 

Temperatura (°C)

Potassio (mg/L)

Durezza totale (mg/L CaCO3)

Sodio (mg/L)

Conducibilità elettrica (microS/cm (20°C)) (o)

Solfati (mg/L) come SO4 (o)

Bicarbonati (mg/L)

Ione ammonio (mg/L) come NH4 (o)

Calcio (mg/L)

Ferro (mg/L) (o)

Cloruri (mg/L) (o)

Manganese (mg/L) (o)

Magnesio (mg/L)

Nitrati (mg/L) come NO3 (o)

 

 

     4.2.2 FASE A REGIME

     Nella fase a regime sulla rete di monitoraggio individuata in base ai risultati della fase conoscitiva iniziale vanno proseguite le misure sui parametri di base precedentemente utilizzati al punto 4.2.1.2. Si ritiene necessario considerare un periodo iniziale di riferimento di almeno cinque anni per poter definire le tendenze evolutive del corpo idrico. Per le misure chimiche vanno inoltre monitorati tutti quei parametri relativi ad inquinanti inorganici o organici individuati dall'autorità preposta al controllo, in ragione delle condizioni dell'acquifero e della sua vulnerabilità, dell'uso del suolo e delle attività antropiche caratteristiche del territorio.

     4.3 MISURE

     Per quanto riguarda gli aspetti quantitativi, su un numero ridotto di punti significativi appartenenti alle reti di monitoraggio individuate, le misure dovranno essere eseguite con cadenza mensile e sui pozzi, sui piezometri. Le misure sulle sorgenti dovranno essere anche più ravvicinate in ragione dei tempi di esaurimento della sorgente stessa.

Per quanto riguarda le analisi chimiche dovranno essere eseguite, sia nella fase iniziale che per quella a regime, con cadenza semestrale in corrispondenza dei periodi di massimo e minimo deflusso delle acque sotterranee.

     4.4 CLASSIFICAZIONE

     Lo stato ambientale delle acque delle acque sotterranee è definito in base allo stato quantitativo e a quello chimico.

     4.4.1 STATO QUANTITATIVO

     I parametri e i relativi valori numerici di riferimento per la classificazione quantitativa dei corpi idrici sotterranei, sono definiti dalle Regioni utilizzando gli indicatori generali elaborati sulla base del monitoraggio secondo i criteri che verranno indicati con apposito decreto ministeriale; su proposta dell'ANPA, in base alle caratteristiche dell'acquifero (tipologia, permeabilità, coefficienti di immagazzinamento) e del relativo sfruttamento (tendenza piezometrica o delle portate, prelievi per vari usi).

Un corpo idrico sotterraneo è in condizioni di equilibrio quando le estrazioni o le alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili per lungo periodo (almeno 10 anni): sulla base delle alterazioni misurate o previste di tale equilibrio viene definito lo stato quantitativo.

Lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei è definito da quattro classi così caratterizzate:

 

Classe A

L'impatto antropico è nullo o trascurabile con condizioni di equilibrio idrogeologico. Le estrazioni di acqua o alterazioni della velocità naturale di ravvenamento sono sostenibili sul lungo periodo.

Classe B

L'impatto antropico è ridotto, vi sono moderate condizioni di disequilibrio del bilancio idrico, senza che tuttavia ciò produca una condizione di sovrasfruttamento, consentendo un uso della risorsa e sostenibile sul lungo periodo.

Classe C

Impatto antropico significativo con notevole incidenza dell'uso sulla disponibilità della risorsa evidenziata da rilevanti modificazioni agli indicatori generali sopraesposti [1].

Classe D

Impatto antropico nullo o trascurabile, ma con presenza di complessi idrogeologici con intrinseche caratteristiche di scarsa potenzialità idrica.

 

[1] nella valutazione quantitativa bisogna tener conto anche degli eventuali surplus incompatibili con la presenza di importanti strutture sotterranee preesistenti.

 

     4.4.2 STATO CHIMICO

     Le classi chimiche dei corpi idrici sotterranei sono definite secondo il seguente schema:

 

Classe 1

Impatto antropico nullo o trascurabile con pregiate caratteristiche idrochimiche;

Classe 2

Impatto antropico ridotto e sostenibile sul lungo periodo e con buone caratteristiche idrochimiche;

Classe 3

Impatto antropico significativo e con caratteristiche idrochimiche generalmente buone, ma con alcuni segnali di compromissione;

Classe 4

Impatto antropico rilevante con caratteristiche idrochimiche scadenti;

Classe 0 [*]

Impatto antropico nullo o trascurabile ma con particolari facies idrochimiche naturali in concentrazioni al di sopra del valore della classe 3.

 

[*] per la valutazione dell'origine endogena delle specie idrochimiche presenti dovranno essere considerate anche le caratteristiche chimico- fisiche delle acque.

 

     Ai fini della classificazione chimica si utilizzerà il valore medio, rilevato per ogni parametro di base o addizionale nel periodo di riferimento. Le diverse classi qualitative vengono attribuite secondo lo schema di Tabella 20, tenendo anche conto dei parametri e dei valori riportati alla Tabella 21. La classificazione è determinata dal valore di concentrazione peggiore riscontrato nelle analisi dei diversi parametri di base o dei parametri addizionali.

 

Tabella 20

Classificazione chimica in base ai parametri di base

 

 

 

Tabella 21

Parametri addizionali

 

 

 

     Se la presenza di inquinanti inorganici in concentrazioni superiori a quelle di tabella 21 è di origine naturale verrà attribuita la classe 0 per la quale, di norma, non vengono previsti interventi di risanamento.

     La presenza di inquinanti organici o inorganici con concentrazioni superiori a quelli del valore riportato nella tabella 21 determina la classificazione in classe 4.

     Se gli inquinanti di tabella 21 non sono presenti o vengono rilevate concentrazione al di sotto della soglia di rilevabilità indicata dai metodi analitici le acque il corpo idrico è classificato a seconda dei risultati relativi ai parametri di tabella 20.

     Tranne nel caso della presenza naturale di sostanze inorganiche, il ritrovamento di questi inquinati in concentrazioni significative vicine alla soglia indicata è comunque un segnale negativo di rischio per gli acquiferi interessati. Nei piani di tutela, devono quindi essere comunque adottate misure atte a prevenire un ulteriore peggioramento e a rimuovere le cause di rischio. Devono inoltre essere considerati gli effetti della eventuale interconnessione delle acque sotterranee con corpi idrici superficiali di particolare pregio il cui obiettivo ambientale, a causa della persistenza e dei processi di bioaccumulo di alcuni inquinanti, prevede per questi valori di concentrazione più cautelativi.

     4.4.3 STATO AMBIENTALE DELLE ACQUE SOTTERRANEE

     In base alle conoscenze prodotte attraverso le attività di cui al punto 1 e per confronto con le classi di qualità della risorsa definite con le Tabelle 20 e 21, verranno quindi classificati i singoli corpi idrici sotterranei in base al loro stato ambientale.

     La sovrapposizione delle classi chimiche (classi 1, 2, 3, 4, 0) e quantitative (classi A, B, C, D) definisce lo stato ambientale del corpo idrico sotterraneo così come indicato nella tabella 22 e permette di classificare i corpi idrici sotterranei.

 

Tabella 22

Stato ambientale (quali-quantitativo) dei corpi sotterranei

 

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

Stato scadente

Stato particolare

1-A

1-B

3-A

1-C

0-A

 

2-A

3-B

2-C

0-B

 

2-B

 

3-C

0-C

 

 

 

4-C

0-D

 

 

 

4-A

1-D

 

 

 

4-B

2-D

 

 

 

 

3-D

 

 

 

 

4-D

 

     In assenza di serie storiche significative di dati dal punto di vista quantitativo in una prima fase la classificazione sarà basata sullo stato chimico delle risorse, ipotizzando, per la parte quantitativa, una classe C.

     Qualora i corpi acquiferi individuati presentino al loro interno differenti condizioni dello stato si può procedere ad un ulteriore suddivisione che individui porzioni omogenee o aree discrete a differente stato di qualità sempre sulla base di quanto indicato in Tabella 22.

     La Regione, procede alla classificazione cartografica ed alla zonazione dei singoli corpi idrici sotterranei in base al rispettivo "stato". Sempre in base alla suddetta classificazione verranno pianificate le eventuali azioni di risanamento da adottare. Per quanto riguarda gli acquiferi che hanno uno stato naturale particolare pur non dovendo prevedere specifiche azioni di risanamento, deve comunque essere evitato un peggioramento dello stato chimico o un ulteriore impoverimento quantitativo.

     Tale classificazione ha carattere temporaneo dovrà essere progressivamente e periodicamente riaggiornata in base al raggiungimento degli obiettivi verificato tramite le attività di monitoraggio previste al punto 4.1.

 

 

ALLEGATO 2

CRITERI PER LA CLASSIFICAZIONE DEI CORPI

IDRICI A DESTINAZIONE FUNZIONALE [83]

 

SEZIONE A

CRITERI GENERALI E METODOLOGIE PER IL

RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE

E PER LA CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE SUPERFICIALI

DESTINATE ALLA PRODUZIONE DI ACQUA POTABILE

 

     I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

 

     1) CALCOLO DELLA CONFORMITA' E CLASSIFICAZIONE

     Per la classificazione delle acque in una delle categorie A1, A2, A3, di cui alla tabella 1/A, i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in maniera superiore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.

 

     2) CAMPIONAMENTO

     2.1) UBICAZIONE DELLE STAZIONI DI PRELIEVO

     Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l'approvvigionamento idrico potabile - fermo restando quanto previsto nell'allegato 1 - le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque da utilizzare. Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio d'inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità di approfondire la conoscenza della qualità del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

     2.2) FREQUENZA MINIMA DEI CAMPIONAMENTI E DELLE ANALISI DI OGNI PARAMETRO GRUPPO DI PARAMETRI

 

Frequenza minima annua dei campionamenti e delle analisi per i corpi idrici da classificare

GRUPPO DI PARAMETRI (°)

I

II

III

12

12

12

 

Frequenza minima dei campionamenti e delle analisi per i corpi idrici già classificati

GRUPPO DI PARAMETRI (°)

I [*]

II

III [**]

8

8

8

 

[*] Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo 1 deve essere portata a 12.

(o) I parametri dei diversi gruppi comprendono:

 

PARAMETRI I GRUPPO:

pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività, odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5, ammoniaca

 

PARAMETRI II GRUPPO:

ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli, azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali.

 

PARAMETRI III GRUPPO:

fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio, bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsionati, idrocarburi policiclici aromatici, antiparassitari totali, estraibili con cloroformio, streptococchi fecali e salmonelle

 

[**] Per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell'autorità competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinarne la loro presenta nelle acque, la frequenza di campionamento può essere ridotta.

 

     3) MODALITA' DI PRELIEVO, DI CONSERVAZIONE E DI TRASPORTO DEI CAMPIONI

     I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle analisi.

     a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.

     b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:

     - i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;

     - qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di sodio tiosolfato, nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL, di capacità della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;

     - le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità idonea a prelevare l'acqua necessaria all'esecuzione delle analisi microbiologiche;

     - i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10°C) al riparo della luce e dovranno, nel più breve tempo possibile, e comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.

 

Tabella 1/A

Caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

 

 

 

 

Tabella 2/a

Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico fisici di cui alla tab. 1/A

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 3/A

Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

 

 

 

SEZIONE B

CRITERI GENERALI E METODOLOGIE

PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE,

PER LA CLASSIFICAZIONE ED IL CALCOLO DELLA CONFORMITA'

DELLE ACQUE DOLCI SUPERFICIALI IDONEE

ALLA VITA DEI PESCI SALMONICOLI E CIPRINICOLI.

 

     I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.

 

     1) CALCOLO DELLA CONFORMITA'

     Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualità conformi ai limiti imperativi indicati e alle relative note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:

     a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:

     pH

     BOD5

     ammoniaca indissociata

     ammoniaca totale

     nitriti

     cloro residuo totale zinco totale

     rame disciolto.

Quando la frequenza di campionamento è inferiore ad un prelievo al mese, i

valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni

prelevati);

     b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:

     temperatura

     ossigeno disciolto;

     c) la concentrazione media fissata per il parametro:

     materie in sospensione.

Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle

osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione

se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamità naturali.

 

     2) CAMPIONAMENTO

     Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al punto 1:

     a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B può essere ridotta ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente migliore di quella riscontrabile, per i singoli parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto I.

     b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati sono definiti dall'autorità competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.

 

Tabella 1/B

Qualità delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e ciprinidi

 

 

 

 

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B

(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella) [1] Per la verifica del deltaT la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.

Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non è stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilità di temperatura ideale di riproduzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.

[2] a) Valore limite "I" - acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 6 mg/L, le Autorità competenti devono intervenire applicando le disposizioni dell'art. 12. paragrafo 2.

b) Valore limite "I" - acque per Ciprinidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 4 mg/L. le Autorità competenti applicano le disposizioni dell'art 12, paragrafo 2;

- quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le Autorità competenti devono provare che dette situazioni non avranno conseguenze dannose allo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche:

- tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. >=9 [50%] significa che almeno nel 50% delle misure di controllo la concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);

- campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle condizioni di minima ossigenazione nel corso dell'anno. Tuttavia se si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno essere prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti situazioni nel giorno del prelievo.

[3] Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di +/- 0,5 unità-pH i valori estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinino un aumento della nocività di altre sostanze presenti nell'acqua.

[4] Si può derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropico;

- i valori limite (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi proprietà chimiche nocive. In quest'ultimo caso le Autorità competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se individuata l'origine antropica;

- nell'analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su membrana di porosità 0,45 micron o dopo centrifugazione (tempo 5 min ed accelerazione media di 2.800-3.200 g), dovrà essere essiccato a 105 °C fino a peso costante.

[5] La determinazione dell'ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni, al buio completo. a 20 °C (f 1 °C) e senza impedire la nitrificazione.

[6] I valori limite "G" riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;

- per i laghi aventi profondità media compresa tra 18 e 300 metri, per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di controllare l'eutrofizzazione, può essere utilizzata la seguente formula:

 

 

 

dove:

L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;

Z = profondità media del lago in metti (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie):

Tw = tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell'emissario) (valore periodico);

A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la maggior parte dei laghi italiani "A" può essere considerato pari a 20. Tuttavia per ogni singolo ambiente è possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l'applicazione di una delle seguenti equazioni.

(Il valore ottenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).

Log [P] = 1.48 + 0,33 (+/- 0,09) Log MEI* alcal.

Log [P] = 0,75 + 0.27 (+/- 0,11) Log MEI* cond.

dove:

P = A = Concentrazione di fosforo totale di microg/L;

MEI alcal. = Rapporto tra alcalinità (meq/L) e profondità media (m);

MEI cond. = Rapporto tra conducibilità (microS /cm) e profondità media (m);

* MEI = Indice morfoedafico.

[7] Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente più tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori "I" indicati nella tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualità per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/L.

Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite "I" corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

 

 

Tab. 2/B

Valori limite "Imperativi" per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

 

Cloruri (mg/L)

Acque per salmonidi (mg/L N02)

Acque per ciprinidi (mg/L N02)

1

0.10

0.19

5

0.49

0.98

10

0.88

1,77

20

1.18

2.37

40

1.48

2.96

 

 

[8] Data la complessità della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1B può risultare a seconda del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;

- poiché la direttiva del Consiglio [78/659/CEE dei 18 luglio 1978) prevede soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B la concentrazione più alta delle sostanze più rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA - Ambient Water Quality Criteria, 1978):

 

 

Tab. 3/B

 

Fenoli

Livelli (micro g/L)

2-clorofenolo

60

4-clorofenolo

45

2.3-diclorofenolo

84

2,4-diclorofenolo

0,4 [*]

2,5-diclorofenolo

23

2,6-diclorofenolo

35

2,4,6- triclorofenolo

52

 

[*] Questo valore indica chi si possono riscontrare alterazioni del sapore dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del valore guida (G) proposto.

Appare infine utile richiamare. nella tabella 4/B, i criteri di qualità per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo Australiano in "Australian Water Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 [1984]"

 

Tab. 4/B

 

Fenoli

microg/L

Fenolo

100

o-cresolo

100

m-cresolo

100

p-cresolo

100

4-clorofenolo

400

2.4-diclorofenolo

30

2,4,6-Tricolorefenolo

30

Pentacolorofenolo

1

 

[9] Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell'acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emulsionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie: - concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce;

- la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.

[10] La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4^+) dipende dalla temperatura e dal pH;

- le concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4^+) che contengono tuta concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:

 

 

Tab. 5/B

 

Temperatura (°C)

Valori di pH

 

6.5

7.0

7.5

8.0

8.5

9.0

9.5

5

63.3

20.0

6.3

2.0

0.66

0.23

0.089

10

42.4

13.4

4.3

1.4

0.45

0.16

0.067

15

28.9

9.2

2.9

0.94

0.31

0.12

0.053

20

20.0

6.3

2.0

0.66

0.22

0.088

0.045

25

13.9

4.4

1.4

0.46

0.16

0.069

0.038

30

9.8

3.1

1.0

0.36

0.12

0.056

0.035

 

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori "I" indicati nel prospetto della tabella 1/B;

- tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e di diminuzione della nitrificazione o qualora l'Autorità competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, è consentito il superamento dei valori tabellari.

[12] Quando il cloro è presente in acqua in forma disponibile, cioè in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, "disponibile", "attivo", o "residuo" si equivalgono;

- il "cloro residuo totale" corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioè quello presente come una miscela in equilibrio di ioni ipoclorito (OCl-) ed acido ipocloroso (HOCl)] e del cloro combinato disponibile [cioè quello presente nelle cloroammine o in altri composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)]:

- la concentrazione più elevata di cloro (Cl2) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili, entro 5 giorni, è di 0,005 mg Cl2/L (corrispondente a 0.004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro è troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore è stato confermato il limite suddetto;

- le quantità di cloro totale, espresse in mg/L di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOCl, variano in funzione della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell'acido ipocloroso HOCl <-> H+ + ClO-) secondo la seguente tabella 6/B:

 

Tab. 6/B

 

Temperatura (°C)

Valori di pH

 

6

7

8

9

5

0,004

0,005

0,011

0,075

25

0,004

0,005

0,016

0,121

 

Pertanto i valori "I" risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH più alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (Cl2) più elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella 6/B;

- per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che. dall'equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corrisponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOCl).

- in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilità strumentale del metodo di riferimento.

 

[13] L'attenzione è rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;

- il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L. 109 del 22 aprile 1982), appare ancora il più valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro è da prevedere l'inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.

 

[14] Gli otto metalli presi in considerazione risultano più o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacità di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.

La tossicità è spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua di 100 mg/L come CaCO3. Per durezze comprese tra <50 e >250 i valori limite corrispondenti sono riportati nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e dei Ciprinidi.

 

 

 

SEZIONE C

CRITERI GENERALI E METODOLOGIE PER IL

RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE

ED IL CALCOLO DELLA CONFORMITA' DELLE ACQUE

DESTINATE ALLA VITA DEI MOLLUSCHI

 

     I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura destinati al consumo umano.

 

     1) CALCOLO DELLA CONFORMITA'

     1. Le acque designate ai sensi dell'art. 14 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi, secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:

     a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo alogenate e metalli;

     b) il 95% dei campioni per i parametri salinità ed ossigeno disciolto;

     c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab. 1/C.

     2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli sia inferiore a quella indicata nella tab. 1/C, la conformità ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.

     3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

 

     2) CAMPIONAMENTO

     1. L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati, sono definiti dall'Autorità competente in funzione delle condizioni ambientali locali.

     2. Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/C può essere ridotta dall'Autorità competente ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall'applicazione dei valori limite e relative note.

     3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

 

Tabella 1/C

Qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

 

 

 

 

ALLEGATO 3

RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE

DEI BACINI IDROGRAFICI E ANALISI DELL'IMPATTO

ESERCITATO DALL'ATTIVITA' ANTROPICA [84]

 

     Per la redazione dei piani di tutela di cui all'articolo 44, le Regioni devono raccogliere ed elaborare i dati relativi alle caratteristiche dei bacini idrografici secondo i criteri di seguito indicati.

     A tal fine si ritiene opportuno che le Regioni si coordinino, anche con il supporto delle autorità di bacino, per individuare, per ogni bacino idrografico, un Centro di Documentazione cui attribuire il compito di raccogliere, catalogare e diffondere le informazioni relative alle caratteristiche dei bacini idrografici ricadenti nei territori di competenza.

     Devono essere in particolare considerati gli elementi geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nonché quelli socioeconomici presenti nel bacino idrografico di propria competenza.

 

1 ACQUE SUPERFICIALI

 

     1.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI

     La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:

     a) gli aspetti geografici: estensione geografica ed estensione altitudinale, latitudinale e longitudinale;

     b) le condizioni geologiche: informazioni sulla tipologia dei substrati, almeno in relazione al contenuto calcareo, siliceo ed organico;

     c) le condizioni idrologiche: bilanci idrici, compresi i volumi, i regimi di flusso nonché i trasferimenti e le deviazioni idriche e le relative fluttuazioni stagionali e, se del caso, la salinità;

     d) le condizioni climatiche: tipo di precipitazioni e, ove possibile, evaporazione ed evapotraspirazione;

Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a:

     a) caratteristiche socioeconomiche - utilizzo del suolo, industrializzazione dell'area, ecc.

     b) individuazione e tipizzazione di aree naturali protette.

     c) eventuale caratterizzazione faunistica e vegetazionale dell'area del bacino idrografico;

     1.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI CORPI IDRICI

     Per ciascun corpo idrico (nel caso di corsi d'acqua solo quelli con bacino superiore a 10 kmq), anche se non significativo ai sensi dell'allegato 1, dovrà essere predisposta una scheda informatizzata che contenga:

     a) i dati derivati dalle attività di cui al punto 1.1.

     b) le informazioni relative all'impatto esercitato dalle attività antropiche sullo stato delle acque superficiali all'interno di ciascun bacino idrografico. Tale esame dovrà riguardare in particolare i seguenti aspetti:

     - stima dell'inquinamento da fonte puntuale da effettuare in primo luogo sulla base del catasto degli scarichi, se questo è aggiornato almeno al 1996. In mancanza di tali dati (o in presenza solo di informazioni anteriori al 1996) si dovranno utilizzare stime fatte sulla base di altre informazioni e di indici di tipo statistico (esempio: dati camere di commercio relativi agli insediamenti, agli addetti per codice NACE e indici di emissione per codice NACE);

     - stima dell'inquinamento da fonte diffusa;

     - dati sul l'estrazione delle acque (nel caso di acque dolci) e sui relativi usi (in mancanza di misure saranno usate stime effettuate in base a parametri statistici);

     - analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato delle acque.

     c) per i corpi idrici individuati come significativi ai sensi dell'allegato 1 devono essere riportati i dati derivanti dalle azioni di monitoraggio e classificazione di cui all'allegato stesso.

 

2 ACQUE SOTTERRANEE

 

     2.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI

     La fase conoscitiva ha come scopo principale la caratterizzazione qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:

     - definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee;

     - costituire una banca dati informatizzata dei dati idrogeologici e idrochimici;

     - localizzare i punti d'acqua sotterranea potenzialmente disponibili per le misure;

     - ricostruire il modello idrogeologico, con particolare riferimento ai rapporti di eventuale intercomunicazione tra i diversi acquiferi e tra le acque superficiali e le acque sotterranee.

Le informazioni da raccogliere devono essere relative ai seguenti elementi:

     - studi precedentemente condotti (idrogeologici, geotecnici, geofisici, geomorfologici, ecc) con relativi eventuali elaborati cartografici (carte geologiche, sezioni idrogeologiche, piezometrie, carte idrochimiche, ecc);

     - dati relativi ai pozzi e piezometri, quali: ubicazione, stratigrafie, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attivo, in disuso, cementato);

     - dati relativi alle sorgenti quali: ubicazione, portata, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attiva, in disuso, ecc.);

     - dati relativi ai valori piezometrici;

     - dati relativi al regime delle portate delle sorgenti;

     - dati esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualità delle acque relative a sorgenti, pozzi e piezometri esistenti;

     - reticoli di monitoraggio esistenti delle acque sotterranee. Devono essere inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali suggeriti dalle condizioni locali di insediamento antropico o da particolari situazioni geologiche e geochimiche, nonché della vulnerabilità e rischio della risorsa. Dovranno inoltre essere valutate, se esistenti, le indagini relative alle biocenosi degli ambienti sotterranei. Le azioni conoscitive devono essere accompagnare da tutte quelle iniziative necessarie ad acquisire tutte le informazioni e le documentazioni in materia presenti presso gli enti che ne dispongono, i quali ne dovranno garantire l'accesso.

Sulla base delle informazione raccolte, delle conoscenze a scala generale e degli studi precedenti, verrà ricostruita la geometria dei principali corpi acquiferi presenti evidenziando la reciproca eventuale intercomunicazione compresa quella con le acque superficiali, la parametrizzazione (laddove disponibile) e le caratteristiche idrochimiche, e dove presenti, quelle biologiche.

La caratterizzazione degli acquiferi sarà revisionata sulla base dei risultati della gestione della rete di monitoraggio effettuato in base alle indicazioni riportate all'allegato 1.

La ricostruzione idrogeologica preliminare dovrà quindi permettere la formulazione di un primo modello concettuale, intendendo con questo termine una schematizzazione idrogeologica semplificata del sottosuolo e una prima parametrizzazione degli acquiferi. In pratica devono essere qui riassunte le proprietà geologiche, le caratteristiche idrogeologiche del sistema, con particolare riferimento ai meccanismi di ricarica degli acquiferi ed ai rapporti tra le falde, i rapporti esistenti tra acque superficiali e acque sotterranee, nonché alle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee. I dati così raccolti dovranno avere un dettaglio rappresentabile significativamente almeno alla scala 1:100.000.

     2.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI PUNTI D'ACQUA

     Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al fine di disporre di un database aggiornato dei punti d'acqua esistenti (pozzi, piezometri, sorgenti e altre emergenze della falda come fontanili, ecc.) e dei nuovi punti realizzati. A ciascun punto d'acqua dovrà essere assegnato un numero di codice univoco stabilito in base alle modalità di codifica che saranno indicate nel decreto di cui all'articolo 3 comma 7. Per quanto riguarda le sorgenti andranno codificate tutte quelle utilizzate e comunque quelle che presentano una portata media superiore a 10 L/s e quelle di particolare interesse ambientale.

Per le nuove opere è fatto obbligo all'Ente competente di verifica all'atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica sotterranea, l'avvenuta assegnazione del codice.

In assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualità delle acque, non potranno essere accettati dalla Pubblica Amministrazione. Inoltre per ciascun punto d'acqua dovrà essere predisposta una scheda informatizzata che contenga i dati relativi alle caratteristiche geografiche, anagrafiche, idrogeologiche, strutturali, idrauliche e funzionali derivate dalle analisi conoscitive di cui al punto I. Le schede relative ai singoli punti d'acqua, assieme alle analisi conoscitive di cui al punto 1 ed a quelle che potranno essere raccolte per ciascun punto d'acqua dovranno contenere poi le informazioni relative a:

     a) le caratteristiche chimico fisiche dei singoli complessi idrogeologici e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati a vario titolo in possesso dei vari Enti (analisi chimiche effettuate dai laboratori pubblici, autodenunce del sollevato etc.) nonché stime delle direzioni e delle velocità di scambio dell'acqua fra il corpo idrico sotterraneo ed i sistemi superficiali connessi.

     b) l'impatto esercitato dalle attività umane sullo stato delle acque sotterranee all'interno di ciascun complesso idrogeologico. Tale esame dovrà riguardare i seguenti aspetti:

     1. stima dell'inquinamento da fonte puntuale (così come indicato al punto relativo alle acque superficiali);

     2. stima dall'inquinamento da fonte diffusa;

     3. dati derivanti dalle misure relative all'estrazione delle acque;

     4. stima del ravvenamento artificiale;

     5. analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato delle acque.

 

3 MODALITA' DI ELABORAZIONE, GESTIONE E DIFFUSIONE DEI DATI

 

     Le Regioni organizzeranno un proprio Centro di Documentazione che curerà l'accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e diffusione. Tali dati sono organizzati secondo i criteri stabiliti nel decreto di cui all'articolo 3 comma 7 e devono periodicamente essere aggiornati con i dati prodotti dal monitoraggio secondo le indicazioni di cui all'allegato 1. Le misure quantitative e qualitative dovranno essere organizzate secondo quanto previsto nel decreto attuativo relativo alla standardizzazione dei dati. A tali modalità si dovranno anche attenere i soggetti tenuti a predisporre i protocolli di garanzia e di qualità. L'interpretazione dei dati relativi alle acque sotterranee in un acquifero potrà essere espressa in forma sintetica mediante:

tabelle, grafici, diagrammi, serie temporali, cartografiche tematiche, elaborazioni statistiche. ecc.

Il Centro di documentazione annualmente curerà la redazione di un rapporto sull'evoluzione qualiquantitativa dei complessi idrogeologici monitorati e renderà disponibili tutti i dati e le elaborazioni effettuate, a tutti gli interessati.

Compito del Centro di documentazione sarà inoltre la redazione di carte di sintesi delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle acque sotterranee, carte di vulnerabilità e rischio delle acque sotterranee. Una volta ultimata la presentazione finale dei documenti e degli elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati i canali più idonei alla sua diffusione anche mediante rapporti di sintesi e seminari, a tal scopo verrà predisposto un piano contenente modalità e tempi dell'attività di diffusione.

Allo scopo dovrà essere prevista da parte del Centro di documentazione la disponibilità degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati (GIS) disponibili su reti multimediali.

La scala delle elaborazioni cartografiche dovrà essere di almeno 1:100.000 salvo necessità di superiore dettaglio.

 

 

ALLEGATO 4

CONTENUTI DEI PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE [85]

 

     PARTE A

     I Piani di tutela delle acque devono contenere:

     1. Descrizione generale delle caratteristiche del bacino idrografico ai sensi dell'articolo 42 e dell'allegato 3. Tale descrizione include:

     1.1 Per le acque superficiali:

     - rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti all'interno del bacino idrografico e dei corpi idrici di riferimento così come indicato all'allegato 1.

     1.2 Per le acque sotterranee:

     - rappresentazione cartografica della geometria e delle caratteristiche litostratografiche e idrogeologiche delle singole zone;

     - suddivisione del territorio in zone acquifere omogenee;

     2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dall'attività antropica sullo stato delle acque superficiali e sotterranee. Vanno presi in considerazione:

     - stima dell'inquinamento in termini di carico (sia in tonnellate / anno che in tonnellate / mese) da fonte puntuale (sulla base del catasto degli scarichi);

     - stima dell'impatto da fonte diffusa, in termine di carico, con sintesi delle utilizzazioni del suolo;

     - stima delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti;

     - analisi di altri impatti derivanti dall'attività umana sullo stato delle acque;

     3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree indicate al Titolo III, capo I, in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili così come risultano dalla eventuale reidentificazione fatta dalle Regioni;

     4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi dell'articolo 43 e dell'allegato 1, ed una rappresentazione in formato cartografico dei risultati del programmi di monitoraggio effettuati in conformità a tali disposizioni per lo stato delle:

     4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico);

     4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);

     4.3 aree a specifica tutela;

     5. Elenco degli obiettivi definiti dalle autorità di bacino ai sensi dell'articolo 44 e degli obiettivi di qualità definiti a norma dell'articolo 4 per le acque superficiali, le acque sotterranee, includendo in particolare l'identificazione dei casi dove si è ricorso alle disposizioni dell'articolo 5, commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in conformità al suddetto articolo;

     6. Sintesi del programma o programmi di misure adottati che deve contenere:

     6.1 programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici di cui all'articolo 5;

     6.2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione di cui al titolo II capo II;

     6.3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I;

     6.4 misure adottate ai sensi del titolo III capo II, in particolare:

     - sintesi della pianificazione del bilancio idrico di cui all'articolo 22;

     - misure di risparmio e riutilizzo di cui agli articoli 25 e 26;

     6.5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III, in particolare:

     - disciplina degli scarichi;

     - definizione delle misure per la riduzione dell'inquinamento degli scarichi da fonte puntuale:

     - specificazione dei casi particolari in cui sono stati autorizzati scarichi ai sensi dell'articolo 30;

     6.6 informazioni su misure supplementari ritenute necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti;

     6.7 informazioni delle misure intraprese al fine di evitare l'aumento dell'inquinamento delle acque marine in conformità alle convenzioni internazionali;

     6.8 relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate per l'applicazione del principio del recupero dei costi dei servizi idrici ai sensi della legge 5 gennaio 1994 n. 36 e sintesi dei piani finanziari predisposti ai sensi dell'articolo 11 della stessa legge;

     7. Sintesi dei risultati dell'analisi economica, delle misure definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento degli obiettivi di qualità, anche allo scopo di una valutazione del rapporto costi benefici delle misure previste e delle azioni relativo all'estrazione e distribuzione delle acque dolci, della raccolta e depurazione e riutilizzo delle acque reflue.

     8. Sintesi dell'analisi integrata dei diversi fattori che concorrono a determinare lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici, al fine di coordinare le misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior rapporto costi benefici delle diverse misure; in particolare vanno presi in considerazione quelli riguardanti la situazione quantitativa del corpo idrico in relazione alle concessioni in atto e la situazione qualitativa in relazione al carico inquinante che viene immesso nel corpo idrico.

     9. relazione sugli eventuali ulteriori programmi o piani più dettagliati adottati per determinati sottobacini.

 

     PARTE B.

     Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque tutti i successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere:

     1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della precedente versione del Piano di tutela delle acque, incluso una sintesi delle revisioni da effettuare ai sensi dell'articolo 5 comma 7, e degli articoli 18 e 19;

     2. valutazione dei progressi effettuati verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio per il periodo relativo al piano precedente, nonché la motivazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali;

     3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella precedente versione del Piano di gestione dei bacini idrografici no. realizzate;

     4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente alla data di pubblicazione della precedente versione del Piano di tutela del bacino idrografico.

 

 

ALLEGATO 5

 

 

ALLEGATO 6

CRITERI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLE AREE SENSIBILI [86]

 

     Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi:

     a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione in assenza di interventi protettivi specifici.

Per individuare il nutriente da ridurre mediante ulteriore trattamento vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi:

     I) nei laghi e nei corsi d'acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcuno effetto sul livello dell'eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l'azoto;

     II) negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall'altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell'azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell'eutrofizzazione:

     b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione d'acqua potabile;

     c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma.

 

     Ai sensi del comma 2, punto a), dell'articolo 18, sono da considerare in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un'altitudine sotto i 1.000 sul livello del mare e aventi una superficie dello specchio liquido almeno di 0,3 kmq Nell'identificazione di ulteriori aree sensibili, oltre ai criteri di cui sopra, le Regioni dovranno prestare attenzione a quei corpi idrici dove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica.

 

 

ALLEGATO 7 [87]

 

PARTE A

ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA

 

     PARTE A I

     CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE VULNERABILI

     Si considerano zone vulnerabili le zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi.

Tali acque sono individuate, base tra l'altro dei seguenti criteri:

     1. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO3 nelle acque dolci superficiali, in particolare quelle destinate alla produzione di acqua potabile, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19;

     2. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO3) nelle acque dolci sotterranee, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19;

     3. la presenza di eutrofizzazione oppure la possibilità del verificarsi di tale fenomeno nell'immediato futuro nei laghi naturali di acque dolci o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19.

Nell'individuazione delle zone vulnerabili, le Regioni tengono conto pertanto:

     1. delle caratteristiche fisiche e ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/terreno;

     2. del risultato conseguibile attraverso i programmi d'azione adottati;

     3. delle eventuali ripercussioni che si avrebbero nel caso di mancato intervento ai sensi dell'articolo 19.

     CONTROLLI DA ESEGUIRE AI FINI DELLA REVISIONE DELLE ZONE VULNERABILI

     Ai fini di quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 19, la concentrazione dei nitrati deve essere controllata per il periodo di durata pari almeno ad un anno:

     - nelle stazioni di campionamento previste per la classificazione dei corpi idrici sotterranei e superficiali individuate secondo quanto previsto dall'allegato 1 al decreto;

     - nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II Capo II relativo al controllo delle acque destinate alla produzione di acque potabili, almeno una volta al mese e più frequentemente nei periodi di piena:

     - nei punti di prelievo, controllati ai sensi del DPR 236/88, delle acque destinate al consumo umano.

Il controllo va ripetuto almeno ogni quattro anni. Nelle stazioni dove si è riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/L (espressi come NO3) il programma di controllo può essere ripetuto ogni otto anni, purché non si sia manifestato alcun fattore nuovo che possa aver incrementato il tenore dei nitrati.

Ogni quattro anni è sottoposto a riesame lo stato eutrofico delle acque dolci superficiali, di transizione e costiere, adottando di conseguenza i provvedimenti del caso.

Nei programmi di controllo devono essere applicati i metodi di misura di riferimento previsti al successivo punto.

     METODI DI RIFERIMENTO CONCIMI CHIMICI

     Il metodo di analisi dei composti dell'azoto è stabilito in conformità al D.M. 19 luglio 1989 - Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i fertilizzanti.

     ACQUE DOLCI, ACQUE COSTIERE E ACQUE MARINE

     Il metodo di analisi per la rilevazione della concentratone di nitrati è la spettrofotometria di assorbimento molecolare. I laboratori che utilizzano altri metodi di misura devono accertare la comparabilità dei risultati ottenuti.

 

     PARTE A II

     ASPETTI METODOLOGICI

     L'individuazione delle zone vulnerabili viene effettuata tenendo conto dei carichi (specie animali allevate, intensità degli allevamenti e loro tipologia, tipologia dei reflui che ne derivano e modalità di applicazione al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonché dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione.

Tali fattori dipendono:

     - dalla vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere ai fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi);

     - dalla capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell'inquinante (caratteristiche di tessitura, contenuto di sostanza organica ed altri fattori relativi alla sua composizione e reattività chimico-biologica);

     - dalle condizioni climatiche e idrologiche;

     - dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche agronomiche.

     Gli approcci metodologici di valutazione della vulnerabilità richiedono un'idonea ed omogenea base di dati e a tal proposito si osserva che sul territorio nazionale sono presenti:

     - aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e già è stata predisposta una mappatura della vulnerabilità a scala di dettaglio sia con la metodologia CNR-GNDCI (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche) che con sistemi parametrici;

     - aree nelle quali, pur mancando studi e valutazioni di vulnerabilità sono disponibili dati sufficienti per effettuare un'indagine di carattere orientativo e produrre un elaborato cartografico a scala di riconoscimento:

     - aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie ed è necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di applicare le metodologie di base studiate in ambito CNR-GNDCI. Al fine di individuare sull'intero territorio nazionale le zone vulnerabili ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad un'indagine preliminare di riconoscimento, che deve essere in seguito revisionata sulla base di aggiornamenti successivi conseguenti anche ad eventuali ulteriori indagini di maggiore dettaglio.

     2. Indagine preliminare di riconoscimento.

     La scala cartografica di rappresentazione prescelta è 1:250.000 su base topografica preferibilmente informatizzata.

Obiettivo dell'indagine di riconoscimento è l'individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti. In tale fase dell'indagine non è necessario separate più classi di vulnerabilità.

In prima approssimazione i fattori critici da considerate

nell'individuazione delle zone vulnerabili sono:

     a) presenza di un acquifero libero o parzialmente confinato (ove la connessione idraulica con la superficie è possibile) e, nel caso di rocce litoidi fratturate, presenza di un acquifero a profondità inferiore a 50 m, da raddoppiarsi in zona a carsismo evoluto;

     b) presenza di una litologia di superficie e dell'insaturo prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati);

     c) presenza di suoli a capacità di attenuazione tendenzialmente bassa (ad es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto ghiaiosi, con basso tenore di sostanza organica, poco profondi).

     d) presenza di situazioni accertate di compromissioni qualitative delle acque sotterranee dovuta a fattori antropici di origine prevalentemente agricola o zootecnica.

La concomitanza delle condizioni sopra esposte identifica le situazioni di maggiore vulnerabilità.

Vengono escluse dalle zone vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile purché continuo.

L'indagine preliminare di riconoscimento delle zone vulnerabili viene effettuata:

     a) per le zone ove è già disponibile una mappatura a scala di dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree classificate ad alta, elevata ed estremamente elevata vulnerabilità;

     b) per le zone dove non è disponibile una mappatura ma esistono sufficienti informazioni geopedologico-ambientali, mediante il metodo di valutazione di zonazione per aree omogenee (metodo CNR-GNDCI) o al metodo parametrico;

     c) per le zone dove non esistono sufficienti informazioni, mediante dati esistenti e/o rapidamente acquisibili e applicazione del metodo CNR- GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine.

     3. Aggiornamenti successivi.

     L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni. tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.

     Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore dettaglio (1:50.000-100.000) per convogliare la maggior parte delle risorse tecnico- scientifiche sullo studio delle zone più problematiche.

     Obiettivo di questa indagine è l'individuazione dettagliata della "vulnerabilità specifica" degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la "vulnerabilità intrinseca" degli acquiferi e la capacità di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero.

     Il prodotto di tale indagine può essere soggetto ad aggiornamenti sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. E' opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS.

     7. Le amministrazioni possono comunque intraprendere studi di maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati alla valutazione della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi, pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali misure da adottare nel tempo e nello spazio.

 

     PARTE A III

     ZONE VULNERABILI DESIGNATE

     In fase di prima attuazione sono designate vulnerabili all'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti zone:

     - quelle già individuate dalla Regione Lombardia con il regolamento attuativo della legge regionale dicembre 1993, n. 37;

     - quelle già individuate dalla Regione Emilia Romagna con la deliberazione del Consiglio regionale del 11 febbraio 1997, n. 570:

     - la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio Emilia e Parma.

     - l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305, del bacino Burana Po di Volano della provincia di Ferrara.

     - l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305, dei bacini dei fiumi Fissero, Canal Bianco e Po di Levante (della regione Veneto).

Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte.

 

     PARTE A IV

     INDICAZIONI E MISURE PER I PROGRAMMI D'AZIONE

     I programmi d'azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientali locali.

     1. I programmi d'azione includono misure relative a:

     1.1) i periodi in cui è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;

     1.2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo più lungo, durante il quale è proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluente superiore all'effettiva capacità d'immagazzinamento verrà gestito senza causare danno all'ambiente;

     1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata; in particolare si deve tener conto:

     a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;

     b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;

     c) dell'uso del terreno e delle pratiche agricole, inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale.

Le misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di azoto delle colture, e l'apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

     - alla quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanente alla fine dell'inverno);

     - all'apporto di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico presenti nel terreno;

     - all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;

     - all'aggiunta di composti di azoto provenienti da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.

I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.

     2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro.

Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il quantitativo di effluente utilizzabile può essere elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali.

Ai fini del calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento si terrà conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali di cui all'articolo 39, comma 2, del presente decreto.

     3. Durante e dopo i primi quattro ami di applicazione del programma d'azione le Regioni in casi specifici non possono fare istanza al Ministero dell'ambiente per lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalità di cui all'articolo 1, da motivare e giustificare in base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:

     - stagioni di crescita prolungate;

     - colture con grado elevato di assorbimento di azoto;

     - terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione. Il Ministero dell'ambiente, acquisito il parere favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste all'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE, può concedere lo spargimento di tali quantitativi.

 

PARTE B

ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI

 

     PARTE B I

     CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE

     1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, di prodotti fitosanitari autorizzati allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un'area è considerata area vulnerabile quando l'utilizzo al suo interno dei prodotti fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.

     2. Il Ministero della Sanità ai sensi dell'art. 5, comma 20 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, su documentata richiesta delle Regioni e delle Province autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.

     3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla base dei criteri indicati nella parte BII di questo allegato, alla prima individuazione e cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai fini della tutela delle risorse idriche sotterranee. Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti metodologici indicati nella parte BIII, le Regioni e le Province autonome provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.

     4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico e della protezione di organismi utili, ivi inclusi insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni di esse, indicate nell'Elenco Ufficiale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

     5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d'impiego dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della Sanità. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e all'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) i dati relativi all'individuazione e alla cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.

     6. L'ANPA e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente forniscono supporto tecnicoscientifico alle Regioni e alle Province autonome al fine di:

     a) promuovere uniformità d'intervento nelle fasi di valutazione e cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari;

     b) garantire la congruità delle elaborazioni cartografiche e verificare la qualità delle informazioni ambientali di base (idrogeologiche, pedologiche, ecc.).

     7. L'ANPA promuove attività di ricerca nell'ambito delle problematiche relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali attività hanno il fine di acquisire informazioni intese a migliorare e aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché degli organismi non bersaglio.

Il Ministero dell'Ambiente provvede, tenuto conto delle informazioni acquisite e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per l'individuazione delle aree vulnerabili.

     PARTE B II

     ASPETTI METODOLOGICI

     1. Come per le zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal fenomeno: una indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un'indagine di maggiore dettaglio (seconda individuazione).

     2. Indagine preliminare di riconoscimento Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a quella indicata in precedenza nella parte A II di questo allegato.

     2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende, comunque, le aree per le quali le attività di monitoraggio hanno già evidenziato situazioni di compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R. 236/88 per il parametro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili).

Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto reattivo.

Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purché continuo, o da un suolo molto reattivo.

     2.2 Obiettivo dell'indagine preliminare di riconoscimento non è la rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilità degli acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti.

Per queste attività si rinvia agli aspetti metodologici già indicati nella Parte A II di questo allegato.

     2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potrà avvalere di parametri, indici, modelli e sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione.

     3. Aggiornamenti successivi L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una

caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili. Questa successiva fase di lavoro, che può procedere parallelamente alle indagini e cartografie maggiore dettaglio, può prevedere inoltre la designazione di più di una classe di vulnerabilità (al massimo 3) riferita ai gradi più elevati e la valutazione della vulnerabilità in relazione alla capacità di attenuazione del suolo, in modo tale che si possa tenere conto delle caratteristiche intrinseche dei prodotti fitosanitari per poterne stabilire limitazioni o esclusioni di impiego sulla base di criteri quanto più possibile obiettivi.

     3.1 La seconda individuazione e cartografia è restituita ad una scala maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000): successivamente o contestualmente alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente con la situazione conoscitiva di partenza e con le possibilità operative delle singole amministrazioni, deve essere avviata una indagine con scadenze a medio/lungo termine. Essa convoglia la maggior parte delle risorse tecnico- scientifiche sullo studio delle aree più problematiche, già individuate nel corso delle fasi precedenti.

Obiettivo di questa indagine è l'individuazione della vulnerabilità specifica degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, la capacità di attenuazione del suolo e le caratteristiche chemiodinamiche dei prodotti fitosanitari.

Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potrà avvalere di parametri o indici che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione. Si cita, ad esempio, l'indice di Gustafson.

     3.2 Le Regioni e le Province Autonome redigono un programma di massima con l'articolazione delle fasi di lavoro e i tempi di attuazione. Tale programma è inviato al Ministero dell'Ambiente e all'ANPA, i quali forniscono supporto tecnico e scientifico alle Regioni e alle Province Autonome.

Le maggiori informazioni derivanti dall'indagine di medio-dettaglio consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro utile per la pianificazione dell'impiego dei prodotti fitosanitari a livello locale e permetteranno di precisare, rispetto all'indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni d'impiego. Non si esclude, ovviamente, la possibilità di intraprendere studi di maggior dettaglio a carattere operativo-progettuale, quali strumenti di previsione e, nell'ambito della pianificazione, di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati al rilevamento della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori. ecc.), all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare più nel dettaglio le eventuali restrizioni nel tempo e nello spazio nonché gli indirizzi tecnici cui attenersi nella scelta dei prodotti fitosanitari, dei tempi e delle modalità di esecuzione dei trattamenti.

     PARTE B III

     ASPETTI GENERALI PER LA CARTOGRAFIA DELLE AREE OVE LE ACQUE SOTTERRANEE SONO POTENZIALMENTE VULNERABILI.

     1. Le valutazioni sulla vulnerabilità degli acquiferi all'inquinamento si può avvalere dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) quali strumenti per l'archiviazione, l'integrazione, l'elaborazione e la presentazione dei dati geograficamente identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di integrare, sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse di informazioni anche di origine e natura diverse. Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate alla luce di dati diretti sulla qualità delle acque che dovessero rendersi disponibili.

Nel caso in cui si verifichino discordanze con le previsioni effettuate sulla base di valutazioni si procede ad un riesame di queste ultime ed alla ricerca delle motivazioni tecniche di tali divergenze.

Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede di considerare la vulnerabilità su due livelli: vulnerabilità intrinseca degli acquiferi e vulnerabilità specifica.

     2. I Livello: Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi. - La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi considera essenzialmente le caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa, è riferita a inquinanti generici e non considera le caratteristiche chemiodinamiche delle sostanze.

     2.1 Sono disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi, metodi parametrici e numerici.

La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilità di dati, dalla scala di riferimento e dalla finalità dell'indagine.

     2.2 I metodi qualitativi prevedono la zonizzazione per aree omogenee, valutando la vulnerabilità per complessi e situazioni idrogeologiche generalmente attraverso la tecnica della sovrapposizione cartografica. La valutazione viene fornita per intervalli preordinati e situazioni tipo. Il metodo elaborato dal GNDCI-CNR valuta la vulnerabilità intrinseca mediante la classificazione di alcune caratteristiche litostrutturali delle formazioni acquifere e delle condizioni di circolazione idrica sotterranea.

     2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di parametri fondamentali dell'assetto del sottosuolo e delle relazioni col sistema idrologico superficiale, ricondotta a scale di gradi di vulnerabilità. Essi prevedono l'attribuzione a ciascun parametro, suddiviso in intervalli di valori, di un punteggio prefigurato crescente in funzione dell'importanza da esso assunta nella valutazione complessiva. I metodi parametrici sono in genere più complessi poiché richiedono la conoscenza approfondita di un elevato numero di parametri idrogeologici e idrodinamici.

     2.4 I metodi numerici sono basati sulla stima di un indice di vulnerabilità (come ad esempio il tempo di permanenza) basato su relazioni matematiche di diversa complessità.

     2.5 In relazione allo stato e all'evoluzione delle conoscenze potrà essere approfondito ed opportunamente considerato anche il diverso peso che assume il suolo superficiale nella valutazione della vulnerabilità intrinseca; tale caratteristica viene definita come "capacità di attenuazione del suolo" e presuppone la disponibilità di idonee cartografie geo-pedologiche.

     3. II Livello: Vulnerabilità specifica

Con vulnerabilità specifica s'intende la combinazione della valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi con quella della capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche chemio- dinamiche della sostanza (capacità di assorbimento ai colloidi del suolo, resistenza ai processi di degradazione, solubilità in acqua, polarità, etc.) con le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo. La compilazione di cartografie di vulnerabilità specifica deriva da studi approfonditi ed interdisciplinari e richiede l'uso di opportuni modelli di simulazione.

 


[1] Abrogato dall'art. 175 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, con effetto dalla data ivi indicata.

[2] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[3] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[4] Lettera così sostituita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[5] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[6] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[7] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[8] Lettera inserita dall'art. 1 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[9] Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[10] Comma così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[11] Articolo così sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[12] Articolo così sostituito dall'art. 5 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. L'originario art. 21 ha sostituito gli artt. 4, 5, 6 e 7 del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236.

[13] Comma così sostituito dall'art. 6 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[14] Comma così sostituito dall'art. 6 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[15] Comma aggiunto dall'art. 6 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[16] Sostituisce il secondo comma, art. 7 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.

[17] Sostituisce il comma 1, art. 9 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.

[18] Comma sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. Sostituisce l'art. 12 bis del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.

[19] Comma sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. Sostituisce l'art. 17 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.

[20] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. Il termine del 31 dicembre 2000 di cui al presente comma è stato prorogato fino a sei mesi dalla data di entrata in vigore della L. 27 marzo 2001, n. 122, per effetto dell'art. 14 della stessa L. 122/2001.

[21] Comma inserito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258, già modificato dall'art. 114 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, dall'art. 52 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, dall'art. 19 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, dall'art. 19 octies del D.L. 9 novembre 2004, n. 266, convertito dalla L. 27 dicembre 2004, n. 306 e così ulteriormente modificato dall'art. 23 quater del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[22] Comma sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. Sostituisce il primo comma, art. 21, del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.

[23] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[24] Inserisce un comma dopo il terzo nell'art. 21 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.

[25] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[26] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[27] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. Sostituisce il comma 2, art. 25, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

[28] Comma aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[29] Rubrica così sostituita dall'art. 8 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[30] Comma così sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[31] Articolo così sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[32] Lettera aggiunta dall'art. 10 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[33] Comma sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258 e così modificato dall'art. 25 della L. 31 luglio 2002, n. 179.

[34] Comma così sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[35] Comma così sostituito dall'art. 11 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[36] Comma così sostituito dall'art. 12 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[37] Articolo così sostituito dall'art. 13 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[38] Comma così modificato dall'art. 25 della L. 31 luglio 2002, n. 179.

[39] Articolo così sostituito dall'art. 14 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[40] Comma così sostituito dall'art. 15 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[41] Comma così sostituito dall'art. 15 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[42] Articolo così sostituito dall'art. 16 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[43] Articolo così sostituito dall'art. 17 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[44] Articolo così sostituito dall'art. 18 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[45] Comma così sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[46] Comma così sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[47] Comma così sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[48] Comma così sostituito dall'art. 20 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[49] Articolo così sostituito dall'art. 20 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[50] Articolo così sostituito dall'art. 20 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[51] Comma così sostituito dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[52] Comma così sostituito dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[53] Comma così sostituito dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[54] Comma abrogato dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[55] Comma così sostituito dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[56] Comma abrogato dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[57] Comma aggiunto dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[58] Comma aggiunto dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[59] Articolo così sostituito dall'art. 21 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[60] Sostituiscono i commi 3 e 4, art. 21, del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236.

[61] Comma così sostituito dall'art. 22 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[62] Comma inserito dall'art. 22 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[63] Comma così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[64] Comma inserito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[65] Comma così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[66] Comma così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[67] Comma inserito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[68] Comma inserito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[69] Comma inserito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[70] Comma così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[71] Comma aggiunto dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[72] Comma aggiunto dall'art. 23 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[73] Comma abrogato dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[74] Comma abrogato dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[75] Comma così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[76] Comma così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258. Per una proroga dei termini di cui al presente comma, vedi l'art. 10 bis del D.L. 24 giugno 2003, n. 147, convertito dalla L. 1 agosto 2003, n. 200.

[77] Comma così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[78] Comma inserito dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[79] Modifica il comma 1, art. 6, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67.

[80] Comma inserito dall'art. 24 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[81] Allegato così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[82] Per una modifica della presente tabella, vedi il D.M. 29 dicembre 2003, n. 391.

[83] Allegato così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[84] Allegato così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[85] Allegato così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[86] Allegato così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.

[87] Allegato così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258.