§ 4.1.5 - L.R. 15 aprile 1975, n. 51.
Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico.


Settore:Codici regionali
Regione:Lombardia
Materia:4. assetto del territorio
Capitolo:4.1 urbanistica e edilizia
Data:15/04/1975
Numero:51


Sommario
Art. 1.  Finalità.
Art. 2.  Soggetti di pianificazione.
Art. 3.  Livelli di pianificazione e strumenti urbanistici.
Art. 4.  Piano territoriale di coordinamento regionale.
Art. 5.  Elementi del piano territoriale regionale.
Art. 6.  Formazione ed approvazione del piano territoriale e regionale.
Art. 7.  Effetti del piano territoriale regionale.
Art. 8.  Contenuti del piano territoriale di coordinamento comprensoriale.
Art. 9.  Piani urbanistici delle comunità montane.
Art. 10.  Elementi del piano territoriale comprensoriale.
Art. 11.  Proposta di piano territoriale comprensoriale.
Art. 12.  Effetti del piano territoriale comprensoriale.
Art. 13.  Pianificazione comunale.
Art. 14.  Piani regolatori generali e piani regolatori intercomunali.
Art. 15.  Distinzione delle aree all'interno del territorio comunale.
Art. 16.  Prescrizioni per il territorio urbanizzato.
Art. 17.  Centri storici.
Art. 18.  Prescrizioni per il territorio non urbanizzato.
Art. 19.  (Computo della capacità insediativa).
Art. 20.  Limitazioni delle previsioni insediative.
Art. 21.  Insediamenti produttivi ed artigianali.
Art. 22.  (Dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale - Piano dei servizi).
Art. 23.  Densità territoriali medie e densità fondiarie massime.
Art. 24.  Misure di salvaguardia.
Art. 25.  Accessi a strade statali e provinciali.
Art. 26.  Zone di rispetto stradale e aeroportuali.
Art. 27.  Adozione e approvazione del piano regolatore generale.
Art. 28.  Varianti ai piani regolatori generali.
Art. 29.  Interventi regionali e loro localizzazione.
Art. 30.  Piani esecutivi regionali.
Art. 31.  Attuazione del piano regolatore generale.
Art. 32.  Programmi pluriennali di attuazione del piano regolatore generale e del programma di fabbricazione.
Art. 33.  Contenuti e finalità dei programmi di attuazione.
Art. 34.  Elementi ed allegati dei programmi pluriennali di attuazione.
Art. 35.  Istruttoria ed approvazione dei piani particolareggiati e dei piani di lottizzazione.
Art. 36.  Contenuti dei piani di lottizzazione.
Art. 37.  Licenza edilizia e oneri di urbanizzazione.
Art. 38.  Finalità.
Art. 39.  Sponde dei laghi e dei fiumi.
Art. 40.  Zone a vincolo idrogeologico.
Art. 41.  Boschi, cave e torbiere.
Art. 42.  Opere di interesse pubblico.
Art. 43.  Termini.
Art. 44.  Efficacia delle licenze edilizie.
Art. 45.  Vigilanza.
Art. 46.  Sanzioni.
Art. 47.  Procedimenti di irrogazione delle sanzioni.
Art. 48.  Programmi di fabbricazione.
Art. 49.  Adeguamento degli strumenti urbanistici generali.
Art. 50.  Competenze degli organismi comprensoriali e delle comunità montane.
Art. 51.  Altre norme applicabili.
Art. 52.  Dichiarazione d'urgenza.


§ 4.1.5 - L.R. 15 aprile 1975, n. 51. [1]

Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico.

(B.U. 20 aprile 1975, n. 16, 2 suppl. ord.).

 

Titolo I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Finalità.

     1. La regione, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia urbanistica, cura la migliore utilizzazione del territorio regionale in relazione alla molteplicità degli interessi pubblici legati al suo uso promuovendo anche le necessarie trasformazioni dell'assetto esistente al fine di conseguire la migliore economia di territorio e di risorse, nel rispetto delle funzioni di indirizzo e di coordinamento dello Stato.

 

     Art. 2. Soggetti di pianificazione.

     1. I soggetti di pianificazione sono la regione ed i comuni.

     2. I comuni sono soggetti di pianificazione individualmente e, a livello comprensoriale, in forma associata.

     3. Le comunità montane esercitano le funzioni urbanistiche per esse previste dalla presente legge.

 

     Art. 3. Livelli di pianificazione e strumenti urbanistici.

     1. I livelli di pianificazione e gli strumenti urbanistici per l'organizzazione del territorio e la disciplina urbanistica sono i seguenti:

     a) a livello regionale, i piani territoriali di coordinamento regionale;

     b) a livello comprensoriale, i piani territoriali di coordinamento comprensoriale;

     c) a livello comunale, i piani regolatori generali ed i piani regolatori intercomunali.

 

Titolo II

PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

Sezione I

PIANIFICAZIONE DI LIVELLO REGIONALE

 

     Art. 4. Piano territoriale di coordinamento regionale.

     1. Il piano territoriale regionale:

     a) formula, ai sensi dell'art. 3 dello statuto il quadro generale dell'assetto territoriale della regione, in relazione alla programmazione economica regionale;

     b) costituisce il quadro di riferimento territoriale dei programmi di intervento e di spesa della regione e della loro articolazione comprensoriale;

     c) coordina i piani di intervento delle amministrazioni e delle aziende pubbliche, nel rispetto delle loro competenze;

     d) definisce, nel rispetto delle competenze statali i criteri, le disposizioni ed i vincoli per la tutela del patrimonio naturale, agricolo, forestale, storico, artistico ed ambientale della regione e ne indica le aree relative;

     e) definisce i sistemi:

     1) della mobilità regionale;

     2) dei servizi, delle opere pubbliche, delle infrastrutture di interesse regionale;

     3) dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale, anche agli effetti di quanto previsto dal I e II comma dell'art. 3 della legge regionale 17 dicembre 1973, n. 58;

     f) stabilisce le norme, i criteri metodologici ed i principali parametri che debbono essere osservati nella formazione dei piani territoriali comprensoriali e dei piani comunali;

     g) indica, per gli interventi di interesse regionale, le scelte di destinazione d'uso, di vincolo e la relativa localizzazione;

     h) indica le previsioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica di livello comprensoriale e comunale ed immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati ed i termini, entro i quali, i piani territoriali comprensoriali e i piani comunali debbono essere adeguati alle sue previsioni.

     2. I piani territoriali regionali che riguardano solo determinate parti del territorio regionale hanno i medesimi contenuti sopra previsti, limitatamente alla parte del territorio oggetto del piano.

     3. I piani territoriali regionali che riguardano solo determinati settori funzionali hanno i medesimi contenuti sopra previsti, in quanto utili e compatibili con il settore considerato. I piani territoriali regionali per singoli settori funzionali possono riguardare anche singole parti del territorio.

 

     Art. 5. Elementi del piano territoriale regionale.

     1. Il piano territoriale regionale è costituito:

     - da un documento nel quale, in relazione agli obiettivi generali e specifici dello sviluppo economico e sociale della regione, si formulano le scelte di assetto territoriale ritenute idonee a conseguirli;

     - da rappresentazioni grafiche adeguate, in numero e scala, ad illustrare l'assetto territoriale previsto nel documento di cui al punto precedente;

     - dallo studio dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio;

     - da norme di attuazione del piano, comprendenti anche le direttive ed i criteri metodologici per la formazione degli strumenti urbanistici di livello comprensoriale e comunale;

     - da un programma di interventi prioritari determinati nel tempo, con l'indicazione delle risorse necessarie e delle possibili fonti di finanziamento.

 

     Art. 6. Formazione ed approvazione del piano territoriale e regionale.

     1. Il consiglio regionale, su proposta della giunta regionale, adotta, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il progetto di piano territoriale regionale e provvede all'invio dello stesso al governo, alle province, alle comunità montane, agli organismi comprensoriali interessati dal piano, nonché alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul Bollettino Ufficiale della regione del provvedimento di adozione, con l'indicazione della sede ove chiunque sia interessato può prendere visione degli elaborati del progetto di piano.

     2. Entro 90 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale, il governo, i comuni, le province, le comunità montane, gli organismi comprensoriali e gli enti pubblici interessati, le organizzazioni sociali nonché i proprietari delle aree oggetto delle previsioni immediatamente vincolanti di cui all'art. 4 lett. h) possono far pervenire alla giunta regionale le loro osservazioni.

     3. Nei successivi 90 giorni la giunta regionale, esaminate le osservazioni pervenute, predispone, in collaborazione con le commissioni consiliari competenti, gli elaborati definitivi nel piano territoriale e li presenta al consiglio regionale per l'approvazione.

     4. Il piano territoriale regionale è approvato con legge regionale.

 

     Art. 7. Effetti del piano territoriale regionale.

     1. Il piano territoriale regionale è sottoposto a revisione in rapporto alle scelte della programmazione regionale ed alle indicazioni della programmazione nazionale.

     2. Ove necessario il piano può essere modificato per singole parti o per singoli settori funzionali.

     3. Annualmente la giunta regionale riferisce al consiglio sullo stato di attuazione del piano territoriale regionale e dei singoli piani settoriali, in relazione al programma di interventi di cui al precedente art. 5.

     4. Il piano territoriale regionale deve essere osservato dalle amministrazioni dello Stato ove siano intervenute intese con le stesse ed è vincolante per i comuni, le province e gli altri enti pubblici, nonchè per le società concessionarie di pubblici servizi, nonchè limitatamente alle previsioni di cui all'art. 4, lett. h) per i privati. Alle previsioni di tale piano, entro i termini stabiliti dallo stesso, devono adeguarsi, per quanto di competenza, gli strumenti urbanistici comunali e comprensoriali ed i piani delle amministrazioni provinciali.

     5. A decorrere dalla data di pubblicazione del progetto di piano, ai sensi del I comma dell'art. 6, e per un periodo di due anni, i sindaci debbono sospendere ogni determinazione sulle domande di licenze edilizie contrastanti con le previsioni di cui alla lettera h) del primo comma dell'art. 4.

     6. Dalla data di entrata in vigore del piano territoriale regionale non possono essere rilasciate licenze edilizie in contrasto con le previsioni di cui alla lettera h) del primo comma dell'art. 4.

 

Sezione II

PIANIFICAZIONE DI LIVELLO COMPRENSORIALE

 

     Art. 8. Contenuti del piano territoriale di coordinamento comprensoriale.

     1. Il piano territoriale comprensoriale riguarda l'intero territorio di ciascun comprensorio e costituisce, a tale livello, l'articolazione del piano territoriale regionale ed il quadro di riferimento territoriale del piano socio-economico comprensoriale.

     2. Sulla base delle leggi statali e regionali coordina le previsioni di intervento, nell'ambito territoriale comprensoriale, con particolare riguardo a quelle relative ai distretti scolastici, alle zone sanitarie, ai bacini di traffico, ai bacini delle acque, ai piani consortili per l'edilizia economico-popolare e per lo sviluppo delle aree produttive e commerciali nonchè ai piani agricoli zonali.

     3. In particolare il piano territoriale comprensoriale, attenendosi alle prescrizioni del piano territoriale regionale, se vigente, nel rispetto delle competenze statali, contiene:

     a) le previsioni globali degli insediamenti, nell'ambito del proprio territorio, in base a parametri temporali e quantitativi stabiliti in coerenza con la programmazione socio-economica del comprensorio;

     b) le localizzazioni degli insediamenti di rilevanza comprensoriale;

     c) i criteri e le direttive per la localizzazione degli insediamenti di rilevanza comunale;

     d) la definizione della rete della viabilità principale extraurbana e dei trasporti a livello comprensoriale con particolare riguardo al servizio di trasporto pubblico;

     e) la localizzazione delle attrezzature pubbliche e collettive e degli impianti tecnologici di interesse comprensoriale;

     f) i criteri e i vincoli per la tutela del patrimonio storico, artistico, naturale, agricolo, forestale, ambientale e per l'autorizzazione delle trasformazioni d'uso del suolo che ne modifichino la struttura e l'aspetto;

     g) la previsione degli interventi di sistemazione idrogeologica e forestale e delle aree da destinare a parchi, riserve naturali di interesse comprensoriale;

     h) l'indicazione dei vincoli idrogeologici esistenti, ai sensi dell'art. 1 e seguenti del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267, con le proposte degli eventuali ampliamenti e completamenti;

     i) l'indicazione delle zone soggette ad opere di sistemazione idraulico-forestale, con le previsioni dei rimboschimenti, rinsaldamento ed opere costruttive ed idrauliche connesse;

     l) l'indicazione delle altre opere necessarie per il consolidamento del suolo e regimentazione delle acque, ai fini di una migliore utilizzazione agraria;

     m) le previsioni di utilizzo agrario e forestale dei patrimoni silvo- pastorali appartenenti ai comuni e ad altri enti di cui agli artt. 139 e seguenti - R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267;

     n) le indicazioni delle previsioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale ed immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati, ed i termini entro i quali i piani comunali debbono essere adeguati alle sue previsioni.

 

     Art. 9. Piani urbanistici delle comunità montane. [2]

 

     Art. 10. Elementi del piano territoriale comprensoriale.

     1. Il piano territoriale comprensoriale è costituito:

     1) da un documento che espliciti gli obiettivi generali e di settore assunti, descriva i criteri programmatici e di metodo seguiti, illustri le scelte operate, fornisca indicazioni circa l'attuazione del piano in relazione alle scelte di programmazione economica ed alle previsioni dei tempi e delle risorse da impiegare per gli investimenti;

     2) dallo studio dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio;

     3) dalle rappresentazioni grafiche, in numero e in scala adeguata, per riprodurre l'assetto territoriale previsto dal piano;

     4) dalle norme di attuazione, comprendenti le prescrizioni necessarie ad integrare le tavole grafiche e a precisarne i contenuti, nonchè le direttive ed i criteri metodologici cui devono attenersi i piani comunali.

 

     Art. 11. Proposta di piano territoriale comprensoriale.

     1. L'assemblea comprensoriale adotta la proposta di piano territoriale comprensoriale entro due anni dalla sua costituzione.

     2. La delibera dell'assemblea, viene pubblicata agli albi dei comuni e delle province interessate per 30 giorni consecutivi, con l'indicazione della sede ove chiunque sia interessato può prendere visione degli elaborati della proposta di piano. Di tale pubblicazione deve essere data notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul Bollettino Ufficiale della regione.

     3. Entro i successivi 30 giorni possono essere presentate, all'organismo comprensoriale, osservazioni da parte di enti pubblici e organizzazioni sociali interessate, nonchè dei proprietari delle aree oggetto di previsioni dichiarate immediatamente vincolanti ai sensi del precedente articolo 8, lettera n).

     4. Nello stesso termine, le province interessate presentano un proprio parere sui contenuti del piano per contribuire al coordinamento della programmazione territoriale dei comprensori a cui partecipano.

     5. Entro 45 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il presidente dell'assemblea del comprensorio è tenuto a trasmettere alla giunta regionale la delibera di adozione della proposta con i relativi elaborati, le osservazioni ricevute ed eventuali controdeduzioni dell'assemblea.

     6. La giunta regionale, nei 90 giorni successivi al ricevimento: esamina le osservazioni; verifica la coerenza del piano comprensoriale con il piano territoriale regionale apportando le modifiche necessarie e lo trasmette al consiglio per l'esame e l'approvazione.

     7. Gli organismi comprensoriali possono procedere alla deliberazione della proposta di piano territoriale comprensoriale anche prima dell'approvazione del piano territoriale regionale, previa autorizzazione del consiglio regionale.

     8. Qualora entro il termine di cui al I comma l'assemblea comprensoriale non abbia adottato la proposta di piano territoriale comprensoriale, la giunta regionale, in via sostitutiva, previa consultazione dei comuni, delle province, delle comunità montane e degli organismi sociali operanti nel territorio presenta al consiglio regionale detta proposta di piano territoriale comprensoriale.

 

     Art. 12. Effetti del piano territoriale comprensoriale.

     1. Il piano territoriale comprensoriale è sottoposto a revisione in rapporto alle scelte della programmazione regionale.

     2. Il piano territoriale comprensoriale è vincolante per i comuni, le province e gli enti pubblici interessati, nonchè per le società concessionarie di pubblici servizi e limitatamente alle previsioni di cui all'articolo 8, lettera n) per i privati. Alle previsioni del piano, entro i termini stabiliti dallo stesso, devono adeguarsi, per quanto di competenza, gli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali.

     3. A decorrere dalla data di pubblicazione della proposta di piano sul Bollettino Ufficiale della regione sino all'approvazione e comunque per non oltre tre anni, i sindaci debbono sospendere ogni determinazione sulle domande di concessione edilizia contrastanti con le previsioni del piano stesso di cui alla lettera n), terzo comma dell'articolo 8 della presente legge [3].

     4. Dalla data di entrata in vigore del piano territoriale comprensoriale non possono essere rilasciate licenze edilizie ed autorizzazioni di trasformazione d'uso del suolo in contrasto con le previsioni di cui al precedente comma.

 

Titolo III

PIANIFICAZIONE COMUNALE

 

     Art. 13. Pianificazione comunale.

     1. La pianificazione comunale:

     a) recepisce le previsioni del piano territoriale comprensoriale e del piano territoriale regionale;

     b) sviluppa e precisa, nel quadro delle scelte operate dal piano comprensoriale, l'organizzazione del territorio comunale;

     c) si attua mediante la predisposizione dei programmi pluriennali di cui al titolo IV della presente legge.

 

     Art. 14. Piani regolatori generali e piani regolatori intercomunali.

     1. Tutti i comuni della regione devono dotarsi di un piano regolatore generale.

     2. Il piano regolatore generale organizza l'intero territorio comunale, in funzione delle esigenze della comunità locale.

     3. Due o più comuni contermini costituiti in consorzio volontario, a norma del testo unico della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, possono adottare un piano regolatore intercomunale sostitutivo a tutti gli effetti dei piani regolatori comunali. Ai fini della formazione, adozione, pubblicazione di tali piani si applicano le norme relative ai piani regolatori generali, intendendosi sostituito il consorzio ai singoli comuni.

     4. I comuni, dopo l'entrata in vigore della presente legge, non possono adottare programmi di fabbricazione e possono apportare a quelli adottati o vigenti, solo modifiche che comportino riduzione della edificabilità e l'introduzione di nuovi vincoli per attrezzature pubbliche e collettive.

 

     Art. 15. Distinzione delle aree all'interno del territorio comunale.

     1. Le previsioni del piano regolatore generale devono essere articolate distinguendo le zone di cui all'art. 2 del D.M. 2 aprile 1968, ed indicando in particolare:

     a) le parti di territorio comunale delimitate come centri edificati ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

     b) le restanti parti del territorio comunale.

 

     Art. 16. Prescrizioni per il territorio urbanizzato.

     1. Per le aree di cui all'art. 15 sub. a) il piano regolatore generale deve individuare la perimetrazione del centro storico e di eventuali nuclei urbani di interesse storico, artistico, ambientale, delle zone di completamento, di eventuali zone di ristrutturazione e trasformazione funzionale, delle zone industriali, commerciali e artigianali esistenti e deve prevedere:

     1) l'organizzazione dei servizi collettivi e l'identificazione delle aree vincolate all'uso pubblico con il fine preminente di rispettare gli standards di cui alla presente legge;

     2) sedi proprie e/o adeguate protezioni per i trasporti pubblici;

     3) il sistema della mobilità veicolare e pedonale e degli spazi di parcheggio pubblico;

     4) la destinazione d'uso delle singole zone;

     5) le norme di attuazione che disciplinano l'attività urbanistica ed edilizia zona per zona.

     2. La documentazione grafica del piano regolatore generale, relativamente al territorio già urbanizzato, deve essere redatta, di norma, alla scala 1/2.000.

 

     Art. 17. Centri storici. [4]

     1. Il piano regolatore generale nell'individuare e perimetrare il centro storico e i nuclei di interesse storico, artistico e ambientale, se esistenti, tiene conto della cartografia di prima levatura dell'Istituto Geografico Militare Italiano, motivando adeguatamente eventuali ampliamenti o riduzioni in relazione ai mutamenti dello stato dei luoghi intervenuti successivamente.

     2. Il piano regolatore generale verifica le condizioni degli insediamenti sotto il profilo igienico-sanitario, lo stato di conservazione edilizia, la coerenza architettonica e ambientale con il contesto urbano e le destinazioni d'uso e assicura la tutela e la valorizzazione del centro storico e dei nuclei di interesse storico, artistico ed ambientale, promuovendo azioni utili a favorirne sia il restauro che la migliore fruibilità e a tal fine:

     a) individua e sottopone ad apposite modalità di intervento tutti i beni storici, monumentali, artistici ed ambientali, meritevoli di salvaguardia e di conservazione;

     b) indica i criteri per l'organizzazione della rete di viabilità e degli spazi a parcheggio, al fine di favorire la mobilità pedonale e il trasporto collettivo, privato e pubblico, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 36 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e all'articolo 17, comma 90, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) e successive modificazioni ed integrazioni;

     c) individua gli ambiti e le tipologie di intervento soggetti a preventivo piano attuativo, nonché le zone di recupero, ai sensi dell'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia residenziale).

     3. Per gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di nuova edificazione il piano regolatore generale prevede il ricorso al piano attuativo o alla concessione edilizia convenzionata per gli aspetti planivolumetrici.

     4. Ai fini dell'osservanza dei limiti di densità edilizia stabiliti dall'articolo 7, comma 1, punto 1 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), per operazioni di risanamento conservativo ed altre trasformazioni conservative si intendono gli interventi di recupero disciplinati dall'articolo 31 della legge 457/1978.

 

     Art. 18. Prescrizioni per il territorio non urbanizzato.

     1. Per le aree di cui all'art. 15 sub. b), il piano regolatore generale deve individuare:

     a) i beni paesistici e naturali, le caratteristiche idrogeologiche e l'assetto colturale ed agricolo-produttivo del territorio comunale;

     b) i fabbisogni abitativi;

     c) i fabbisogni di aree necessarie al trasferimento di insediamenti industriali ed artigianali esistenti nell'ambito delle aree di cui all'art. 15, sub. a) e la cui presenza si è giudicata ivi incompatibile;

     d) i fabbisogni di aree per servizi pubblici indispensabili alla vita della comunità locale già insediata, e che non possono essere localizzati nell'ambito delle aree di cui all'art. 15 sub. a);

     e) le previsioni contenute in eventuali strumenti vigenti di pianificazione di livello comprensoriale o regionale che interessino l'area comunale;

e deve prevedere:

     1) le aree agricole, di riserva naturale e di tutela dei beni paesaggistici;

     2) le aree di uso pubblico per il soddisfacimento delle esigenze di cui alla lettera d, del primo comma del presente articolo;

     3) le zone per nuovi insediamenti residenziali nei limiti di cui al successivo art. 20;

     4) le zone per insediamenti commerciali e per insediamenti industriali ed artigianali, nei limiti di cui al successivo art. 21;

     5) gli spazi per il verde e per le attrezzature collettive al servizio di nuovi insediamenti;

     6) la rete delle strade destinate ai veicoli, nonchè se del caso, la rete dei percorsi riservati a pedoni ed ai ciclisti adeguatamente protetta;

     7) le norme di attuazione che disciplinano l'attività urbanistica ed edilizia zona per zona.

     2. La documentazione grafica del piano regolatore generale relativamente al territorio non ancora urbanizzato, deve essere redatta almeno alla scala 1/5.000.

 

     Art. 19. (Computo della capacità insediativa). [5]

     1. La capacità insediativa residenziale di piano risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree residenziali o parzialmente residenziali previste dal piano regolatore generale, stimate secondo i seguenti criteri:

     a) per le aree edificate si assume come capacità insediativa il numero degli abitanti residenti, quali rilevati dal comune al 31 dicembre dell'anno antecedente l'adozione del piano o sua variante, aumentato del numero di abitanti insediabili, computati con i criteri di cui alla lettera b), in relazione alla possibilità di incremento della volumetria o della superficie utile rispetto a quella esistente, risultante da interventi di recupero urbanistico anche connessi a mutamenti della destinazione d'uso;

     b) per le aree di espansione e per i lotti liberi si assume come capacità insediativa il valore ottenuto moltiplicando le relative superfici per i rispettivi indici di fabbricabilità massima consentita, dividendo tale prodotto per il valore medio di centocinquanta metri cubi per abitante ovvero di cinquanta metri quadrati di superficie utile per abitante; tali valori medi possono essere modificati in aumento o in diminuzione, in relazione agli indici di affollamento e alle tipologie edilizie esistenti e previste, sulla base di adeguata motivazione, anche con riferimento al piano dei servizi di cui all'articolo 22.

     2. Ai fini della determinazione della superficie utile residenziale, i comuni possono fare riferimento al D.M. 10 maggio 1977, n. 801 (Determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici).

     3. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica, si tiene conto esclusivamente dell'aumento di capacità insediativa residenziale risultante dalle possibilità di incremento o di modificazione della destinazione d'uso della volumetria o della superficie utile esistente.

     4. La capacità insediativa residenziale è computata tenendo conto delle presenze turistiche temporanee o stagionali stimate dal comune.

 

     Art. 20. Limitazioni delle previsioni insediative.

     1. Sino all'entrata in vigore dei piani territoriali comprensoriali e, in loro assenza, sino al termine di due anni dall'entrata in vigore della presente legge, i piani regolatori generali non possono prevedere nuovi insediamenti residenziali in misura superiore ai seguenti limiti:

     a) nell'ambito del perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la capacità insediativa residenziale teorica globale di piano è limitata soltanto dalla necessità di reperire aree per spazi ed attrezzature pubbliche e collettive, in misura adeguata, almeno, al rispetto degli standards minimi previsti dalla presente legge. Ove lo consentano una soddisfacente accessibilità ed una corretta localizzazione dette aree per servizi ed attrezzature pubbliche possono essere ubicate all'esterno del perimetro di cui sopra;

     b) nelle aree esterne al perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la capacità insediativa residenziale teorica globale di piano, verificata su tutto il territorio comunale, va commisurata al fabbisogno abitativo arretrato ed addizionale, relativo ad un periodo massimo di 10 anni, calcolato dalla data di adozione del piano o al diverso periodo eventualmente stabilito dai piani territoriali comprensoriali.

 

     Art. 21. Insediamenti produttivi ed artigianali.

     1. In assenza di piani territoriali comprensoriali vigenti, i piani regolatori generali possono prevedere il completamento di zone industriali ed artigianali esistenti e nuove zone, commisurate all'esigenza di trasferire insediamenti non compatibili con il tessuto urbano, e l'esigenza di ridurre fenomeni di pendolarismo.

 

     Art. 22. (Dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale - Piano dei servizi). [6]

     1. Negli strumenti urbanistici generali e nei piani attuativi deve essere assicurata una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, sulla base dei parametri e dei criteri stabiliti nel presente articolo.

     2. Al fine di assicurare una razionale distribuzione di attrezzature urbane nelle diverse parti del territorio comunale, il piano regolatore generale contiene, in allegato alla relazione illustrativa, uno specifico elaborato, denominato Piano dei servizi, che documenta lo stato dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale esistenti in base al grado di fruibilità e di accessibilità che viene assicurata ai cittadini per garantire l'utilizzo di tali servizi e precisa, nel rispetto delle previsioni del Programma Regionale di Sviluppo, dei piani territoriali regionali o sovracomunali, le scelte relative alla politica dei servizi di interesse pubblico o generale da realizzare nel periodo di operatività del piano regolatore generale, dimostrandone l'idoneo livello qualitativo, nonché un adeguato livello di accessibilità, fruibilità e fattibilità.

     3. La Giunta regionale approva, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, criteri orientativi per la redazione del Piano dei servizi, sulla base dei seguenti principi:

     a) considerazione della funzione ambientale del verde;

     b) dimensionamento dei parcheggi e organizzazione degli spazi di sosta come strumento di governo della mobilità;

     c) integrazione tra gli strumenti di programmazione ed indirizzo previsti dalla normativa di settore ed il Piano dei servizi;

     d) valorizzazione ed incentivazione delle forme di concorso e coordinamento tra comuni ed enti per la realizzazione e la gestione delle strutture e dei servizi;

     e) valorizzazione ed incentivazione dell'iniziativa privata e del concorso di risorse pubbliche e private nella realizzazione degli obiettivi del Piano dei servizi.

     4. I comuni possono redigere ed approvare il Piano dei servizi anche prima dell'approvazione dei criteri di cui al comma 3.

     5. La dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale all'interno del piano regolatore generale o dei piani attuativi deve essere determinata, relativamente agli insediamenti residenziali, in rapporto alla capacità insediativa come definita dall'articolo 19 e in base ai seguenti parametri:

     a) la dotazione per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale non può essere inferiore a 26,5 metri quadrati per abitante, di cui almeno il cinquanta per cento a verde o attrezzature per il gioco e lo sport, a tal fine potendo conteggiare le aree inserite nei parchi regionali e sovracomunali; i comuni possono indicare una dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico degli insediamenti residenziali inferiore a 26,5 metri quadrati per abitante motivandone le ragioni con riferimento ai requisiti di alta qualità energetica applicati al piano attuativo di riferimento [7];

     b) ferma restando l'osservanza di una dotazione minima di diciotto metri quadrati per abitante, i comuni, in relazione alle specifiche caratteristiche del loro territorio, possono indicare nel Piano dei servizi la sufficienza di dotazioni inferiori a quelle di cui alla lettera a), motivandone specificatamente le ragioni, con riferimento, in particolare, ai criteri e alle indicazioni contenute in merito nel provvedimento della Giunta regionale di cui al comma 3; indipendentemente da detti criteri, possono in ogni caso avvalersi della presente facoltà i comuni la cui popolazione, accertata al 31 dicembre dell'anno precedente all'adozione del piano regolatore generale o sua variante, sia inferiore a tremila abitanti, i comuni compresi in comunità montane e comunque i comuni montani, ai sensi della legge regionale 29 giugno 1998, n. 10 (Disposizioni per la valorizzazione, lo sviluppo e la tutela del territorio montano in attuazione della legge 97/1994), nonché i comuni il cui territorio sia, per almeno il cinquanta per cento, interessato da tutela ambientale o paesistica che inibisca la trasformazione delle aree;

     c) i comuni, previ accordi con altri comuni ed enti per l'utilizzo di strutture private e pubbliche non ubicate sul proprio territorio, possono, mediante il Piano dei servizi, indicare la sufficienza di dotazioni inferiori a quelle di cui alla lettera a), dimostrando come le esigenze vengano soddisfatte con modalità razionali e coordinate di realizzazione e gestione delle strutture medesime;

     d) nei piani regolatori generali con capacità insediativa residenziale prevista superiore a ventimila abitanti si debbono prevedere anche spazi aggiuntivi per attrezzature di interesse generale, ivi compresi gli istituti universitari, in misura complessiva non inferiore a 17,5 metri quadrati per abitante, di cui almeno dieci metri quadrati per abitante per parchi urbani e territoriali; in tale dotazione possono essere conteggiate tutte le aree inserite nel perimetro di parchi regionali e sovracomunali; i comuni che dimostrino l'impossibilità di reperire all'interno del proprio territorio i terreni necessari a soddisfare la dotazione minima di aree per la realizzazione di parchi urbani e territoriali possono a tale scopo individuare anche aree esterne ai propri confini amministrativi, purché ne abbiano la proprietà o comunque la disponibilità, previa intesa con il comune interessato, da conseguire anche attraverso accordo di programma; le aree individuate non possono essere computate in sede di verifica della dotazione di aree pubbliche da parte del comune nel cui territorio sono collocate.

     6. Con riferimento alle zone omogenee di cui all'articolo 2 del decreto interministeriale 1444/1968, i parametri e i criteri relativi agli insediamenti per le attività economiche sono disciplinati come segue:

     a) la dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico funzionali ai nuovi insediamenti industriali ed artigianali è stabilita nella misura del dieci per cento della superficie lorda di pavimento, destinata a tale attività;

     b) la dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico funzionali ai nuovi insediamenti commerciali, direzionali, alberghieri e terziari è stabilita nella misura del cento per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti nelle zone C e D e del settantacinque per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti nelle zone A e B; di tali aree almeno la metà deve, di norma, essere destinata a parcheggi di uso pubblico, anche realizzati con tipologia edilizia multipiano, sia fuori terra che in sottosuolo;

     c) la dotazione minima, di cui alla lettera b), è elevata al duecento per cento per le grandi strutture di vendita secondo i disposti dell'articolo 4, comma 5, della legge regionale 23 luglio 1999, n. 14. (Norme in materia di commercio in attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 "Riforma della disciplina relativa al settore commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59" e disposizioni attuative del D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32 "Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera e), della legge 15 marzo 1997, n. 59");

     d) con riferimento alle zone omogenee A e B di cui al decreto interministeriale 1444/1968, la dotazione minima obbligatoria di spazi per attrezzature pubbliche e di uso pubblico, da reperirsi nei piani attuativi, caratterizzati dalla presenza di funzioni residenziali, direzionali, alberghiere, terziarie, commerciali concernenti esercizi di vicinato, può essere pari al settantacinque per cento della superficie lorda di pavimento complessiva, fatto salvo quanto previsto alla lettera c) per le funzioni commerciali ivi considerate;

     e) la dotazione minima per le residenze turistiche di cui all'articolo 19 è stabilita nella misura di 17,5 metri quadrati per abitante.

     7. Le dotazioni minime determinate ai sensi dei commi 5 e 6 sono reperite in conformità ai seguenti criteri:

     a) il Piano dei servizi individua motivatamente le tipologie di servizi, attrezzature ed impianti urbani di interesse generale esistenti o che devono essere realizzati, documentando l'idoneità dei siti individuati in relazione alla destinazione prevista;

     b) ai fini dell'adempimento delle dotazioni minime, possono essere conteggiati:

     1) i servizi e le attrezzature pubblici, realizzati tramite iniziativa pubblica diretta o ceduti all'amministrazione nell'ambito di piani attuativi;

     2) i servizi e le attrezzature, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale, regolati da apposito atto di asservimento o da regolamento d'uso, redatti in conformità alle indicazioni contenute nel Piano comunale dei servizi, che assicurino lo svolgimento delle attività collettive cui sono destinati;

     c) i servizi e le attrezzature concorrono al soddisfacimento delle dotazioni minime stabilite ai commi 5 e 6 in misura corrispondente alla effettiva consistenza delle rispettive superfici lorde, realizzate anche in sottosuolo o con tipologia pluripiano, e relative aree pertinenziali; il Piano dei servizi può motivatamente stabilire, per determinate tipologie di strutture e servizi, modalità di computo differenti riferite al valore economico o ai costi di realizzazione delle strutture;

     d) dalla quantificazione della dotazione di spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport, sono comunque escluse le fasce di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale, ad eccezione delle aree attrezzate esistenti alla data di adozione del piano regolatore generale, nonché di quelle poste in continuità ad ambiti di verde pubblico.

 

     Art. 23. Densità territoriali medie e densità fondiarie massime.

     1. [8].

     2. La densità fondiaria massima, prevista per le nuove zone di espansione residenziale, non dovrà superare l'indice di 4,5 mc/mq.

 

     Art. 24. Misure di salvaguardia.

     1. Per un termine di cinque anni dalla data della deliberazione consiliare di adozione del progetto di piano regolatore generale, il sindaco, sentita la commissione edilizia, deve sospendere ogni determinazione sulle domande di licenze edilizie che risultino in contrasto con le previsioni di detto progetto.

     2. Il termine di cui all'art. 31, 6° comma della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche, ricomincerà a decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al precedente comma.

 

     Art. 25. Accessi a strade statali e provinciali.

     1. I comuni di norma non possono autorizzare opere relative ad accessi veicolari diretti sulle strade statali e provinciali, per i tratti lungo i quali queste attraversano parti del territorio esterne al perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971 n. 865.

     2. Tali accessi potranno avvenire solo tramite derivazioni, dagli assi stradali e provinciali, di strade pubbliche organicamente inserite nella rete viabilistica dei piani comunali, e comunque con immissioni nelle strade statali o provinciali di norma distanziate fra loro di almeno 300 mt.

 

     Art. 26. Zone di rispetto stradale e aeroportuali.

     1. Le zone di rispetto laterali alle strade, previste nei piani comunali, a protezione della rete viabilistica principale, sono aree normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, ampliamenti delle carreggiate esistenti, parcheggi pubblici, percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazione a verde, conservazione dello stato di natura.

     2. La normativa dei piani urbanistici comunali potrà prevedere che in dette zone, a titolo precario, possa essere autorizzata la costruzione di impianti per la distribuzione del carburante.

     3. I piani regolatori generali devono prevedere zone di rispetto degli impianti aeroportuali, la cui determinazione è di competenza della regione [9].

     3 bis. A tal fine la giunta regionale procederà, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, alla determinazione della situazione acustica globale nei dintorni dei singoli aeroporti, anche a mezzo di società tecniche specializzate italiane o estere, applicando i criteri di cui alla circolare della direzione generale dell'aviazione civile 9 giugno 1973 n. 45/303/n. 3.27 e tenendo conto di eventuali progetti di ristrutturazione o di ampliamento degli impianti già approvati; procederà inoltre, sentite le commissioni consiliari competenti e gli enti interessati, a determinare le zone di rispetto aeroportuali riferendole alle curve di livello dell'indice di esposizione totale al rumore indicate nella detta circolare, nonché a fissare le norme intese a regolare l'attività edilizia all'interno di tali zone [10].

     3 ter. Le zone di rispetto aeroportuali potranno essere soggette a revisione ogni dieci anni, in funzione di nuove caratteristiche acustiche, ammesse in sedi di omologazione, per gli aeromobili, e di mutamenti degli altri parametri che concorrono alla individuazione dell'indice di esposizione totale al rumore [11].

     3 quater. Sulle determinazioni della giunta regionale in ordine alla individuazione della zona di rispetto e alla relativa normativa, i comuni sono tenuti, a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione delle stesse sul Bollettino Ufficiale della regione, ad applicare le misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, e successive modificazioni, salva l'osservanza di misure più restrittive ove previste dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o da altre disposizioni di legge [12].

     3 quinquies. Entro tre mesi dalla suddetta data i comuni dovranno adottare le varianti agli strumenti urbanistici vigenti o adottati intese ad adeguare gli stessi alle dette determinazioni della giunta regionale [13].

     3 sexies. Al fine della migliore protezione della comunità a fronte della rumorosità connessa alla presenza di impianti aereoportuali, la giunta regionale proporrà al consiglio entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge un programma per la realizzazione di sistemi automatici di controllo dell'inquinamento acustico nelle aree aeroportuali, da collegarsi con il sistema regionale previsto dall'art. 4 della L.R. n. 49/74 [14].

 

     Art. 27. Adozione e approvazione del piano regolatore generale.

     1. Non è necessaria la ripubblicazione del piano regolatore generale modificato in accoglimento delle osservazioni presentate a norma dell'art. 9 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni.

     2. [Il piano regolatore generale è approvato dalla giunta regionale.] [15]

     3. [Con il provvedimento d'approvazione del piano regolatore generale possono essere apportate, d'ufficio, le modifiche di cui al II comma dell'art. 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 nonché quelle riconosciute necessarie per adeguare lo strumento urbanistico alle norme della presente legge.] [16]

     3 bis. [Ove il comune si adegui integralmente alle modifiche d'ufficio proposte con deliberazione di Giunta regionale, tale deliberazione equivale ad approvazione definitiva del piano regolatore generale o sue varianti; in tal caso l'efficacia del piano decorre dalla pubblicazione della predetta deliberazione regionale sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, da effettuarsi secondo le modalità individuate dalla Giunta regionale, previa verifica da parte dei competenti uffici regionali entro trenta giorni dalla ricezione della delibera comunale in ordine all'avvenuto adeguamento da parte del comune alle modifiche d'ufficio proposte [17].] [18]

     4. [Devono essere applicate le normali misure di salvaguardia, di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sulle proposte di modifiche d'ufficio dalla data di ricevimento della relativa comunicazione, da parte del comune e fino a tre mesi dalla trasmissione della deliberazione comunale, debitamente esecutiva di controdeduzione alla regione.] [19]

     5. [Il termine di cui all'art. 31, VI comma della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ricomincerà a decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al precedente comma.] [20]

 

     Art. 28. Varianti ai piani regolatori generali.

     1. Le varianti ai piani regolatori generali vigenti od adottati non debbono essere preventivamente autorizzati dalla regione.

     2. Anche nel caso di varianti parziali, debbono essere applicate le misure di salvaguardia di cui al precedente art. 24.

 

Titolo IV

ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA

 

     Art. 29. Interventi regionali e loro localizzazione.

     1. La regione ha facoltà di attuare direttamente le previsioni dei piani territoriali regionali, mediante piani esecutivi relativi agli interventi di competenza o di interesse regionali, con particolare riguardo a quelli concernenti la mobilità, i servizi ed i parchi di cui all'art. 4 lett. e), della presente legge.

     2. La giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, determina gli ambiti territoriali entro i quali singoli comuni o gli organismi comprensoriali, entro un termine stabilito, dovranno provvedere alla localizzazione degli interventi, di cui al precedente comma.

     3. Decorso il termine fissato senza che i comuni o gli organismi comprensoriali abbiano provveduto, la giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, potrà procedere direttamente alla localizzazione mediante il piano esecutivo regionale.

 

     Art. 30. Piani esecutivi regionali.

     1. Il piano esecutivo regionale adottato dalla giunta regionale, d'intesa con le commissioni consiliari competenti, integra ed attua, rispetto alla zona cui si riferisce, la previsione del piano territoriale regionale e prevale sulle previsioni eventualmente difformi dei piani regolatori generali dei comuni.

     2. Il piano esecutivo regionale è costituito:

     - dalle rappresentazioni grafiche in scala adeguata;

     - dalla relazione illustrativa degli interventi e dei criteri seguiti dal piano;

     - dalle norme di attuazione specifiche;

     - dagli elenchi catastali delle proprietà comprese nel piano;

     - dal programma contenente le opere ed i tempi previsti per attuarle e l'ordine di priorità;

     - dalla previsione di massima dei costi di investimenti per l'esecuzione del programma, compresi gli indennizzi per le espropriazioni e delle risorse per la copertura degli stessi.

 

     Art. 31. Attuazione del piano regolatore generale.

     1. Il piano regolatore generale si attua mediante:

     1) programmi pluriennali di attuazione di cui agli art. 32 e seguenti della presente legge;

     2) piani particolareggiati di cui agli artt. 13 e seguenti della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e di cui agli artt. 26 e 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

     3) piani per edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;

     4) piani di lottizzazione;

     5) licenze edilizie.

 

     Art. 32. Programmi pluriennali di attuazione del piano regolatore generale e del programma di fabbricazione. [21]

 

     Art. 33. Contenuti e finalità dei programmi di attuazione. [22]

 

     Art. 34. Elementi ed allegati dei programmi pluriennali di attuazione. [23]

 

     Art. 35. Istruttoria ed approvazione dei piani particolareggiati e dei piani di lottizzazione. [24]

 

     Art. 36. Contenuti dei piani di lottizzazione. [25]

 

     Art. 37. Licenza edilizia e oneri di urbanizzazione. [26]

 

Titolo V

MISURE DI SALVAGUARDIA PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO NATURALE E

PAESAGGISTICO

 

     Art. 38. Finalità.

     1. Allo scopo di tutelare il patrimonio naturale e paesaggistico regionale, a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge si applicano sul territorio regionale, all'esterno dei centri edificati di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 le misure di salvaguardia previste dalle disposizioni seguenti.

     2. Dette misure di salvaguardia non esimono dall'osservanza di misure più restrittive, o previste dagli strumenti urbanistici vigenti, dalle altre disposizioni della presente legge e da altre leggi regionali.

 

     Art. 39. Sponde dei laghi e dei fiumi.

     1. Lungo le sponde dei laghi e dei fiumi e canali di cui all'allegato elenco, che forma parte integrante della presente legge, sono vietate ogni nuova edificazione nonché l'esecuzione di opere di urbanizzazione, salvo le opere edilizie preordinate all'esercizio dell'agricoltura nei limiti previsti dal successivo art. 4), lett. a), per una fascia di profondità dal limite del demanio, di:

     a) mt. 50 per fiumi e canali nei territori compresi nelle comunità montane;

     b) mt. 100 per i laghi, nonché per i fiumi e canali nei restanti territori.

     2. Per quanto riguarda il fiume Po, è vietata ogni edificazione dal piede esterno degli argini maestri e per tutta la zona golenale.

 

     Art. 40. Zone a vincolo idrogeologico.

     1. Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico l'autorizzazione di cui all'art. 7 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 è concessa dal presidente della giunta regionale.

     2. Nelle predette zone sono vietate nuove costruzioni ed opere di urbanizzazione:

     a) su tutte le aree di boschi di alto fusto o di rimboschimento;

     b) su tutte le aree soggette a dissesto, a pericolo di valanghe, o di alluvione, o comunque che presentino caratteri geomorfologici che le rendano inidonee a nuovi insediamenti.

     3. Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico è consentita soltanto l'apertura di strade al servizio di attività agro-silvo-pastorali, previa l'autorizzazione di cui al I comma. Tali strade dovranno comunque essere chiuse al traffico ordinario e di dimensioni non eccedenti le esigenze di transito per i mezzi di servizio.

 

     Art. 41. Boschi, cave e torbiere.

     1. Sino all'entrata in vigore della legislazione regionale in materia:

     a) sono vietate l'apertura di nuove cave e torbiere e la riattivazione di quelle inattive da più di un anno;

     b) i tagli dei boschi devono essere autorizzati dal presidente della giunta regionale che potrà subordinarli all'obbligo della ripiantumazione e ad idonee cautele in relazione all'utilità del fondo e al mantenimento e allo sviluppo del patrimonio arboreo.

     2. Dalla disciplina prevista dal presente articolo sono esclusi i tagli dei pioppeti e delle altre colture industriali da legno.

 

     Art. 42. Opere di interesse pubblico.

     1. Nelle zone individuate dal precedente art. 39 e nelle aree di cui alle lettere a) e b) dell'art. 40 possono essere realizzate:

     a) opere che abbiano conseguito la dichiarazione di pubblica utilità;

     b) opere pubbliche da eseguirsi su terreno appartenente a demanio o al patrimonio dello Stato e degli enti locali;

     c) opere attinenti al regime idraulico, alle derivazioni d'acqua o ad impianti di depurazione;

     previa autorizzazione del presidente della giunta regionale, che verifica la compatibilità delle stesse con la tutela dei valori ambientali.

 

     Art. 43. Termini.

     1. Al fine di meglio definire le aree meritevoli di salvaguardia o di migliorare le condizioni di tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e di promuoverne l'utilizzazione sociale, i comuni nei cui territori ricadano le zone di cui al precedente art. 39 e le aree di cui alle lettere a) e b) dell'art. 40, adottano e trasmettono alla giunta regionale una variante allo strumento urbanistico vigente relativa a tali aree e zone.

     2. La giunta regionale approva tali varianti apportando le modifiche che si rendano necessarie.

     3. Ad approvazione avvenuta delle predette varianti o comunque decorsi tre mesi dal ricevimento da parte della regione delle stesse, cessano di avere applicazione le misure salvaguardia previste dall'art. 39 e, per le aree di cui alle lettere a) e b), dell'art. 40.

     4. In mancanza della presentazione della variante di cui al primo comma del presente articolo, tali misure di salvaguardia hanno efficacia sino all'approvazione del piano territoriale regionale e dei piani di cui al titolo II della presente Legge, dei piani di cui all'art. 17 della L.R. 30 novembre 1983, n. 86 "Piano regionale delle aree protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale" e dei piani di cui all'art. 1 bis della Legge 8 agosto 1985, n. 431, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale" e comunque non oltre il 30 giugno 1989 [27].

 

     Art. 44. Efficacia delle licenze edilizie.

     1. Alle licenze edilizie rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, se relative a costruzioni e opere vietate dagli artt. 39 e 40, si applicano le prescrizioni di cui al penultimo comma dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni.

 

     Art. 45. Vigilanza.

     1. La regione ed i comuni curano, in relazione alle proprie competenze, l'applicazione del presente titolo nelle zone del territorio regionale soggette a misure di salvaguardia.

     2. Le funzioni di sorveglianza sono esercitate dal corpo forestale dello Stato, e dagli agenti di polizia locale urbana e rurale.

 

     Art. 46. Sanzioni.

     1. Il contravventore al divieto di:

     a) apertura, riattivazione di cava o torbiera di cui al precedente art. 41 soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L. 500.000 a L. 5.000.000 ed è tenuto, quando ciò sia possibile, alla riduzione in pristino stato.

     2. In caso di impossibilità tecnica di ripristino, il contravventore è tenuto al pagamento di una somma pari al valore di mercato dei materiali estratti.

     b) apertura di strada o taglio di boschi senza l'autorizzazione prevista dal III comma del precedente art. 40 e della lett. b) dell'art. 41, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L. 50.000 a L. 10.000.000 ed è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi.

     3. L'entità delle sanzioni di cui ai commi precedenti è commisurata alla gravità del danno arrecato all'ambiente.

 

     Art. 47. Procedimenti di irrogazione delle sanzioni. [28]

 

Titolo VI

NORME TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 48. Programmi di fabbricazione.

     1. I vincoli di aree per attrezzature pubbliche e collettive che comunque comportino l'inedificabilità di aree determinate, previsti dai programmi di fabbricazione di cui all'art. 34 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, hanno efficacia entro i limiti temporali di cui all'art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1186 e di cui all'art. 1 della legge 30 novembre 1973, n. 756 anche se previsti da programmi di fabbricazione approvati anteriormente alla data di entrata in vigore dalla presente legge.

 

     Art. 49. Adeguamento degli strumenti urbanistici generali.

     1. L'adeguamento della pianificazione comunale alle disposizioni della presente legge è stabilito nei termini seguenti:

     a) i comuni che abbiano strumenti urbanistici vigenti, approvati posteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, debbono provvedere a dotarsi di un piano regolatore generale entro i termini fissati dal piano comprensoriale. Nelle zone agricole o prive di destinazione funzionale sono consentite esclusivamente costruzioni pertinenti la conduzione agricola, con volumetria riferita alla sola residenza annessa non superiore a 0,03 mc/mq;

     b) i comuni che abbiano strumenti urbanistici adottati dal consiglio comunale anteriormente alla data di approvazione della presente legge da parte del consiglio regionale, debbono adeguare i loro strumenti urbanistici alle prescrizioni della stessa, almeno per quanto riguarda:

     1) dimensionamento complessivo degli insediamenti residenziali e produttivi industriali;

     2) indici volumetrici massimi ed in via indicativa gli indici volumetrici minimi;

     3) salvaguardia di carattere ambientale, paesaggistico e naturale.

     2. Nelle zone agricole o prive di destinazione funzionale sono consentite esclusivamente costruzioni pertinenti la conduzione agricola, con volumetria, riferita alla sola residenza annessa, non superiore a 0,03 mc/mq;

     c) i comuni che abbiano strumenti urbanistici vigenti, approvati anteriormente alla data di entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, sono obbligati, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e a dotarsi, entro un anno, di un piano regolatore generale conforme alle prescrizioni della presente legge.

     3. Nei suddetti comuni, fino alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, fuori dal perimetro del centro edificato delimitato ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 non è consentita l'autorizzazione di costruzioni residenziali o destinate ad uffici per densità fondiarie superiori a 0,03 mc/mq e di costruzioni destinate ad attività produttive con indice di copertura fondiaria superiore ad 1/10.

     4. Dette limitazioni volumetriche e di copertura possono essere superate, previa approvazione di un piano attuativo, nel rispetto delle densità ammesse dall'art. 23 e degli standards disposti dalla presente legge;

     d) i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono obbligati, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e a dotarsi, entro un anno, di un piano regolatore generale conforme alle prescrizioni della presente legge.

     5. Nei suddetti comuni fino alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, fuori dal perimetro del centro edificato delimitato ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, non è consentita l'autorizzazione di costruzioni residenziali o destinate ad uffici per densità fondiarie superiori a 0,03 mc/mq e di costruzioni destinate ad attività produttive con indice di copertura fondiaria superiore a 1/10.

 

     Art. 50. Competenze degli organismi comprensoriali e delle comunità montane.

     1. Dopo l'entrata in vigore del piano territoriale comprensoriale, sono emanati, con decreto del presidente della giunta regionale, su delibera conforme del consiglio direttivo dell'organismo comprensoriale, territorialmente competente, salvo quanto disposto dal secondo comma del presente articolo, i seguenti provvedimenti:

     a) approvazione dei piani regolatori generali e delle varianti degli stessi, nonché delle modifiche dei programmi di fabbricazione;

     b) approvazione dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;

     c) approvazione e richieste di modifica, nei casi e nei limiti previsti dal precedente art. 35, dei piani particolareggiati, di cui all'art. 13 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e di cui all'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

     d) rilascio del nulla osta ai piani di lottizzazione nei casi previsti dal precedente art. 35, lett. a), b) e c).

     2. Le delibere dei consigli direttivi comprensoriali di cui al I comma, nella stessa data d'inoltro al presidente della giunta regionale, sono comunicate ai comuni interessati. Avverso tali deliberazioni i comuni possono presentare opposizione al presidente della giunta regionale entro 30 giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione.

     3. In tal caso il presidente della giunta regionale, con il decreto di cui al I comma, deciderà nei successivi 30 giorni, su conforme delibera di giunta, sentito il consiglio direttivo comprensoriale ed il comune interessato, sulla opposizione proposta, e apporterà alla delibera le modifiche conseguenti.

     4. Dopo l'entrata in vigore del piano territoriale comprensoriale, è attribuita al consiglio direttivo dell'organismo comprensoriale territorialmente competente la funzione di adottare i seguenti atti:

     a) proposte di piani paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

     b) nulla osta alle licenze in deroga ai piani regolatori generali, ai regolamenti edilizi e programmi di fabbricazione, di cui all'art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357;

     c) delimitazione, in via sostitutiva, dei centri edificati, a' sensi dell'ultimo comma dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

     d) richiesta ai comuni e provvedimento sostitutivo di cui rispettivamente al III e al IV comma dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

 

     Art. 51. Altre norme applicabili.

     1. Per quanto non disposto dalla presente legge si applicano, ove non siano con la stessa incompatibili, le prescrizioni di cui alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche e di cui alle altre leggi urbanistiche statali e regionali.

     2. Con l'entrata in vigore della presente legge cessa di essere applicato l'art. 4 della legge 1 giugno 1971, n. 291.

 

     Art. 52. Dichiarazione d'urgenza.

     La presente legge è dichiarata urgente ai sensi e per gli effetti dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 43 dello statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione.

 

 

 

Allegato

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LAGHI                                   FIUMI

1. Maggiore                             1. Sesia

(per la parte italiana)                  2. Olona

2. Varese                               3. Lambro

3. Monate                               4. Adda

4. Comabbio                             5. Brembo

5. Lugano                               6. Serio

(per la parte italiana)                  7. Oglio

6. Como                                 8. Chiese

7. Annone                               9. Mella

8. Pusiano                             10. Mincio

9. Segrino                             11. Po

10. Montorfano                          12. Secchia

11. Alserio

12. Garlate                             CANALI

13. Mezzola                              1. Naviglio Grande

14. Endine                               2. Villoresi

15. Iseo                                 3. Naviglio Martesana

16. Idro                                 4. Naviglio di Pavia

17. Garda                                5. Muzza

18. Laghi di Mantova                     6. Vacchelli

                                         7. Naviglio d'Isorelle

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[1] Legge abrogata dall’art. 104 della L.R. 11 marzo 2005, n. 12.

[2] Articolo abrogato dalla L.R. 19 luglio 1982, n. 43.

[3] Comma così modificato dalla L.R. 14 aprile 1989, n. 9.

[4] Articolo così sostituito dall'art. 5 della L.R. 15 gennaio 2001, n. 1.

[5] Articolo così sostituito dall'art. 6 della L.R. 15 gennaio 2001, n. 1.

[6] Articolo modificato dalla L.R. 7 giugno 1985, n. 73 e così sostituito dall'art. 7 della L.R. 15 gennaio 2001, n. 1.

[7] Lettera così modificata dall’art. 56 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26.

[8] Comma abrogato dall'art. 10 della L.R. 15 gennaio 2001, n. 1.

[9] I commi da 3 a 3 sexies sostituiscono l'originario terzo comma ai sensi della L.R. 7 giugno 1980, n. 91.

[10] I commi da 3 a 3 sexies sostituiscono l'originario terzo comma ai sensi della L.R. 7 giugno 1980, n. 91.

[11] I commi da 3 a 3 sexies sostituiscono l'originario terzo comma ai sensi della L.R. 7 giugno 1980, n. 91.

[12] I commi da 3 a 3 sexies sostituiscono l'originario terzo comma ai sensi della L.R. 7 giugno 1980, n. 91.

[13] I commi da 3 a 3 sexies sostituiscono l'originario terzo comma ai sensi della L.R. 7 giugno 1980, n. 91.

[14] I commi da 3 a 3 sexies sostituiscono l'originario terzo comma ai sensi della L.R. 7 giugno 1980, n. 91.

[15] Comma abrogato dall'art. 3, comma 22, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, a far data dall'efficacia del piano territoriale di coordinamento provinciale, ovvero dalla sua pubblicazione sul B.U. della Lombardia.

[16] Comma abrogato dall'art. 3, comma 22, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, a far data dall'efficacia del piano territoriale di coordinamento provinciale, ovvero dalla sua pubblicazione sul B.U. della Lombardia.

[17] Comma aggiunto dall'art. 13 della L.R. 23 giugno 1997, n. 23.

[18] Comma abrogato dall'art. 3, comma 22, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, a far data dall'efficacia del piano territoriale di coordinamento provinciale, ovvero dalla sua pubblicazione sul B.U. della Lombardia.

[19] Comma abrogato dall'art. 3, comma 22, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, a far data dall'efficacia del piano territoriale di coordinamento provinciale, ovvero dalla sua pubblicazione sul B.U. della Lombardia.

[20] Comma abrogato dall'art. 3, comma 22, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, a far data dall'efficacia del piano territoriale di coordinamento provinciale, ovvero dalla sua pubblicazione sul B.U. della Lombardia.

[21] Articolo abrogato dalla L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

[22] Articolo abrogato dalla L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

[23] Articolo abrogato dalla L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

[24] Articolo abrogato dalla L.R. 2 novembre 1978, n. 63.

[25] Articolo abrogato dalla L.R. 12 marzo 1984, n. 14.

[26] Articolo abrogato dalla L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

[27] Termine prorogato dalla L.R. 14 dicembre 1987, n. 34 e dalla L.R. 14 aprile 1989, n. 9.

[28] Articolo abrogato dalla L.R. 20 agosto 1976, n. 28.