§ 46.10.58 - D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.
Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi [...]


Settore:Normativa nazionale
Materia:46. Forze armate e Polizia
Capitolo:46.10 polizia penitenziaria e agenti di custodia
Data:30/10/1992
Numero:449


Sommario
Art. 1.  Sanzioni disciplinari.
Art. 2.  Censura.
Art. 3.  Pena pecuniaria.
Art. 4.  Deplorazione.
Art. 5.  Sospensione dal servizio.
Art. 6.  Destituzione.
Art. 7.  Sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale.
Art. 8.  Rinvio.
Art. 9.  Procedimento disciplinare connesso con procedimento penale.
Art. 10.  Procedura da osservare nel rilevare le infrazioni.
Art. 11.  Modalità per l'irrogazione delle sanzioni.
Art. 12.  Contestazione degli addebiti e giustificazioni dell'interessato.
Art. 13.  (Consiglio centrale e consiglio regionale disciplina).
Art. 14.  Procedimento per l'irrogazione della censura.
Art. 15.  Istruttoria per l'irrogazione della pena pecuniaria, della deplorazione, della sospensione dal servizio e della destituzione.
Art. 16.  Procedimenti dinanzi al consiglio centrale o regionale di disciplina.
Art. 17.  Deliberazione del consiglio di disciplina.
Art. 18.  Generalità.
Art. 19.  Riesame della sanzione della censura.
Art. 20.  Riesame delle sanzioni della pena pecuniaria e della deplorazione.
Art. 21.  Riesame delle sanzioni della sospensione dal servizio e della destituzione.
Art. 22.  Riapertura del procedimento disciplinare.
Art. 23.  Effetti della riapertura del procedimento.
Art. 24.  Procedimenti disciplinari pendenti.


§ 46.10.58 - D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.

Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell'art. 21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395.

(G.U. 20 novembre 1992, n. 274, S.O.)

 

Titolo I

DISCIPLINA

 

Capo I

PRINCIPI FONDAMENTALI

 

     Art. 1. Sanzioni disciplinari.

     1. L'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che viola i doveri specifici e generici del servizio e della disciplina indicati dalla legge, dai regolamenti o conseguenti alla emanazione di un ordine, commette infrazione disciplinare ed è soggetto alle seguenti sanzioni:

     a) censura;

     b) pena pecuniaria;

     c) deplorazione;

     d) sospensione dal servizio;

     e) destituzione.

     2. Le predette sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l'Amministrazione o per il servizio.

     3. Il provvedimento che infligge la sanzione deve essere motivato.

 

          Art. 2. Censura.

     1. La censura è una dichiarazione di biasimo con la quale vengono punite:

     a) le lievi trasgressioni;

     b) la negligenza in servizio;

     c) la mancanza di correttezza nel comportamento;

     d) il disordine della divisa o l'uso promiscuo di capi di vestiario della divisa con altri non pertinenti alla stessa;

     e) il contegno comunque scorretto verso superiori, pari qualifica, dipendenti, pubblico.

     2. E' inflitta, per iscritto, dal direttore dell'ufficio dal quale il trasgressore gerarchicamente dipende.

 

          Art. 3. Pena pecuniaria.

     1. La pena pecuniaria consiste nella riduzione in misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.

     2. Con tale sanzione vengono punite le seguenti infrazioni:

     a) la recidiva in una mancanza punibile con la censura;

     b) l'esercizio occasionale di commercio o di mestiere incompatibile;

     c) l'inosservanza dell'obbligo di mantenere la permanenza o la reperibilità;

     d) la manifesta negligenza nel prendere visione dell'ordine di servizio;

     e) l'omessa o ritardata presentazione in servizio sino ad un massimo di quarantotto ore;

     f) la grave negligenza in servizio;

     g) il ritardo o la negligenza nell'esecuzione di un ordine;

     h) l'irregolarità nell'ordine di trattazione degli affari;

     i) l'inosservanza del dovere di informare immediatamente i superiori della ricezione di un ordine la cui esecuzione costituisce manifestamente reato;

     l) l'inosservanza delle norme che vietano lo svolgimento di attività politica nei casi previsti dalla legge;

     m) l'inosservanza delle norme che regolano i diritti sindacali degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria;

     n) l'emanazione di un ordine non attinente al servizio o alla disciplina o eccedente i compiti di istituto o lesivo della dignità professionale;

     o) l'omissione o l'imprecisione nell'emanazione di ordini o di disposizioni di servizio;

     p) l'inosservanza del divieto di influire, direttamente o indirettamente, sulla scelta del difensore da parte del detenuto o dell'internato;

     q) il contegno sconveniente con i detenuti o gli internati ed il servirsi di essi per scrivere lettere, domande o rapporti;

     r) le parzialità manifeste, i modi inurbani, gli abusi di autorità coi dipendenti o coi detenuti o gli internati, i motteggi e le ingiurie rivolti a questi ultimi;

     s) la tolleranza delle indebite introduzioni e dei traffici di generi nello stabilimento;

     t) la trascuratezza nel sorvegliare i detenuti o gli internati, particolarmente se incaricati di servizi speciali, in modo da rendere possibili abusi da parte dei medesimi;

     u) la infedeltà in servizio, manifestata col rivelare ad estranei o a detenuti o internati fatti relativi al servizio stesso o riguardanti i processi in corso, o coll'occultare le mancanze dei detenuti o internati o coll'asportare dall'ufficio documenti o copie di qualsiasi natura;

     v) il procurare ai detenuti o agli internati viveri, bevande, ed altri oggetti;

     z) il ritardo ingiustificato nel consegnare ai superiori oggetti sequestrati ai detenuti o internati;

     aa) il comprare o vendere, il dare o ricevere in prestito dai detenuti o internati qualsiasi somma od oggetto, al di fuori dei casi rientranti nei compiti d'istituto;

     bb) il turpiloquio abituale e le bestemmie, specialmente alla presenza dei detenuti o internati;

     cc) l'ingerenza negli affari relativi ai processi dei detenuti, il far commissioni di qualsivoglia natura per conto dei detenuti o internati;

     dd) il maltrattare i detenuti o internati;

     ee) il servirsi senza permesso per uso particolare di oggetti di pertinenza dell'Amministrazione o destinati a servizi o a vantaggio della medesima;

     ff) l'inesattezza o l'ingiustificato ritardo nel riferire sulle infrazioni dei dipendenti e dei detenuti o internati.

     3. La pena pecuniaria è inflitta dal Provveditore regionale, previo giudizio del Consiglio regionale di disciplina.

     3 bis. Agli appartenenti alla carriera dei funzionari la pena pecuniaria è inflitta dal Capo del Dipartimento, previo parere del consiglio centrale di Disciplina nella composizione di cui all'articolo 13, comma 1 [1].

 

          Art. 4. Deplorazione.

     1. La deplorazione è una dichiarazione scritta di formale riprovazione, con la quale vengono punite le seguenti infrazioni:

     a) la recidiva entro sei mesi delle infrazioni già punite con la pena pecuniaria;

     b) il dare prove manifeste di negligenza nel comando o nel mantenere la disciplina;

     c) il frequentare luoghi, persone o compagnie sconvenienti con evidente offesa alla dignità delle funzioni;

     d) il contrarre debiti con i dipendenti;

     e) l'alterco con i colleghi o con altri operatori penitenziari in presenza dei detenuti;

     f) il fare eseguire ai detenuti lavori senza autorizzazione;

     g) l'introdursi nelle sezioni ove sono ristretti detenuti di sesso diverso, senza autorizzazione;

     h) gli atti diretti ad impedire o limitare l'esercizio dei diritti politici o sindacali o del mandato di difensore o di componente di un organo collegiale previsto dalle norme del Corpo di polizia penitenziaria;

     i) la negligenza nel governo o nella cura delle condizioni di vita o di benessere del personale o nel controllo sul comportamento disciplinare dei dipendenti;

     l) la negligenza o l'imprudenza o la inosservanza delle disposizioni sull'impiego del personale e dei mezzi o nell'uso, nella custodia o nella conservazione di armi, mezzi, materiali, infrastrutture, carteggio e documenti;

     m) l'addormentarsi in servizio;

     n) le indebite osservazioni in servizio, il censurare l'operato dei superiori, il seminare malcontento fra i colleghi;

     o) la tolleranza di abusi commessi dai dipendenti.

     2. Essa comporta il ritardo di un anno nell'aumento periodico dello stipendio o nella attribuzione della classe di stipendio superiore, a decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata.

     3. La deplorazione può essere inflitta anche in aggiunta alla pena pecuniaria, in relazione alla gravità della mancanza.

     4. La deplorazione è inflitta dal Provveditore regionale, previo giudizio del consiglio regionale di disciplina.

     4 bis. Agli appartenenti alla carriera dei funzionari la deplorazione è inflitta dal Capo del dipartimento, previo giudizio del Consiglio centrale di disciplina nella composizione di cui all'articolo 13, comma 1 [2].

 

          Art. 5. Sospensione dal servizio.

     1. La sospensione dal servizio consiste nell'allontanamento dal servizio per un periodo da uno a sei mesi, con la privazione della retribuzione mensile, salva la concessione di un assegno alimentare di importo pari alla metà dello stipendio e degli altri eventuali emolumenti valutabili a tal fine a norma delle disposizioni vigenti, oltre gli assegni per carichi di famiglia.

     2. Comporta la deduzione dal computo dell'anzianità di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio, nonchè il ritardo di due anni nella promozione o nell'aumento periodico dello stipendio o nella attribuzione di una classe superiore di stipendio con la decorrenza di cui all'art. 4. Tale ritardo è elevato a tre anni se la sospensione dalla qualifica è superiore a quattro mesi.

     3. Può essere inflitta nei seguenti casi:

     a) recidiva entro sei mesi delle infrazioni già punite con la deplorazione;

     b) occultamento delle infrazioni alla disciplina commesse dal personale dipendente;

     c) violazione degli ordini dei superiori, quando non abbia rilevanza penale;

     d) condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, salvo quanto previsto dall'art. 6;

     e) assidua frequenza, senza necessità di servizio, di persone dedite ad attività illecite o di pregiudicati;

     f) uso non terapeutico, provato, di sostanze stupefacenti o psicotrope;

     g) denigrazione dell'Amministrazione o dei superiori;

     h) comportamento che produce turbamento nella regolarità o nella continuità del servizio di istituto;

     i) omessa o ritardata presentazione in servizio per un periodo superiore a quarantotto ore e inferiore ai cinque giorni o, comunque, nei casi in cui l'omissione o la ritardata presentazione in servizio di cui all'art. 3, comma 2, lettera e), provochi gravi disservizi ovvero sia reiterata o abituale;

     l) invio di lettere anonime contenenti accuse temerarie contro superiori o colleghi;

     m) introduzione nello stabilimento, per destinarli ai detenuti o internati, di denari, armi o strumenti atti ad offendere od a facilitare l'evasione, il non sequestrarli scoprendoli, o l'omettere di denunciarne il trafugamento;

     n) associazione diretta e indiretta ad interessi degli appaltatori o committenti dello stabilimento;

     o) accettare dai detenuti o internati o dai loro familiari o conviventi mance o regali sotto qualsiasi pretesto o forma, o l'entrare in rapporti di interesse con essi;

     p) favorire in qualsiasi modo la corrispondenza dei detenuti o internati, sia dentro sia fuori dello stabilimento.

     4. La sospensione dal servizio è inflitta con decreto del capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, previo giudizio del consiglio centrale di disciplina [3].

     5. Nel caso in cui la sospensione è motivata ai sensi della lettera f) del comma 3, il decreto prevede, altresì, le iniziative di recupero socio-terapeutico, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395.

 

          Art. 6. Destituzione.

     1. La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio.

     2. La destituzione è inflitta:

     a) per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale;

     b) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento;

     c) per grave abuso di autorità o di fiducia;

     d) per dolosa violazione dei doveri, che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione penitenziaria, ad enti pubblici o a privati;

     e) per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o per istigazione all'insubordinazione;

     f) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari;

     g) per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria.

     3. Fermo restando quanto previsto dall'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16, l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria può altresì essere destituito all'esito del procedimento disciplinare di cui al comma 4, nei seguenti casi:

     a) condanna passata in giudicato per i delitti contro la personalità dello Stato; per i delitti contro la pubblica Amministrazione; per i delitti contro l'Amministrazione della giustizia; per i delitti contro la fede pubblica, escluso quello di cui all'art. 457 del codice penale; per i delitti contro la moralità pubblica ed il buoncostume previsti dagli articoli 519, 520, 521 e 537 del codice penale e per i delitti previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa, appropriazione indebita, sequestro di persona a scopo di estorsione, circonvenzione di persone incapaci, usura, ricettazione; per qualsiasi delitto avente finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale; per i delitti previsti dalla legge 15 dicembre 1990, n. 395, sul nuovo ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria; per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata irrogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione;

     b) condanna, passata in giudicato, che importi l'interdizione perpetua dai pubblici uffici;

     c) applicazione di una misura di sicurezza personale di cui all'art. 215 del codice penale, ovvero di una misura di prevenzione a norma dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, dell'art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e dell'art. 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.

     4. La destituzione per le cause di cui al comma 3 è inflitta all'esito del procedimento disciplinare, che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna ovvero del provvedimento con cui è stata applicata in via definitiva la misura di sicurezza o di prevenzione e concluso nei successivi novanta giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva la sua efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, la sospensione è revocata di diritto.

     5. Nei casi contemplati dal presente articolo, il trattamento di quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in materia.

     6. La destituzione è disposta con decreto del capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, previo giudizio del consiglio centrale di disciplina [4].

 

Capo II

 

PROVVEDIMENTI CAUTELARI

 

          Art. 7. Sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale.

     1. L'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria, in stato di arresto o di fermo o che si trovi, comunque, in stato di custodia cautelare, deve essere sospeso dal servizio con provvedimento del Direttore generale del personale e delle risorse [5].

     2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, l'appartenente ai ruoli del Corpo di polizia penitenziaria sottoposto a procedimento penale, quando la natura del reato sia particolarmente grave, può essere sospeso dal servizio con provvedimento del capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, su proposta del Direttore generale del personale e delle risorse [6].

     3. In caso di mancata convalida dell'arresto o del fermo, e nei casi di cui al Capo V - Titolo I - libro IV del codice di procedura penale, ove le circostanze lo consiglino, la sospensione cautelare può essere revocata con effetto dal giorno successivo a quello in cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame del caso quando sul provvedimento penale si è formato il giudicato.

     4. I relativi provvedimenti sono adottati dal capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, su proposta del Direttore generale del personale e delle risorse [7].

     5. Se il procedimento penale è definito con sentenza la quale dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sospensione è revocata a tutti gli effetti.

     6. Quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione.

     7. Se il procedimento penale si conclude con sentenza di proscioglimento o di assoluzione per motivi diversi da quelli contemplati nel comma 5, la sospensione cautelare può essere mantenuta qualora venga iniziato o ripreso il procedimento disciplinare.

 

          Art. 8. Rinvio.

     1. La sospensione cautelare per motivi disciplinari, gli effetti sulla progressione di carriera, l'esclusione e la ammissione agli esami e agli scrutini a seguito della sospensione per motivi disciplinari o penali, il computo della sospensione dal servizio a seguito di condanna penale e la revoca di diritto della sospensione, nonchè la riabilitazione, la reintegrazione del dipendente prosciolto in sede di revisione del procedimento disciplinare, la reintegrazione del dipendente assolto in sede di giudizio penale di revisione, la premorienza del dipendente alla sentenza di assoluzione in sede di revisione sono regolati dalle norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

 

          Art. 9. Procedimento disciplinare connesso con procedimento penale.

     1. Quando l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato.

 

Titolo II

 

PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Capo I

 

PRINCIPI GENERALI

 

          Art. 10. Procedura da osservare nel rilevare le infrazioni.

     1. Ogni superiore è competente a rilevare le infrazioni.

     2. Il superiore che rileva l'infrazione deve:

     a) contestare, dopo essersi qualificato, la mancanza al responsabile;

     b) procedere alla sua identificazione;

     c) astenersi, di massima, dal richiamarlo in presenza di altre persone, tranne che le circostanze non impongano l'immediata repressione; in tal caso deve riferirsi unicamente al particolare fatto del momento;

     d) dare le eventuali disposizioni atte ad eliminare o ad attenuare le conseguenze delle infrazioni;

     e) inoltrare rapporto sui fatti all'organo competente ad infliggere la sanzione.

     3. Il rapporto deve indicare chiaramente e concisamente tutti gli elementi obiettivi e utili a configurare l'infrazione e non deve contenere alcuna proposta relativa alla specie e all'entità della sanzione.

 

          Art. 11. Modalità per l'irrogazione delle sanzioni.

     1. L'organo competente ad infliggere la sanzione deve:

     a) tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell'età, della qualifica e dell'anzianità di servizio;

     b) sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse in servizio o che abbiano prodotto più gravi conseguenze per il servizio, quelle commesse in presenza o in concorso con inferiori o indicanti scarso senso morale e quelle recidive o abituali.

     2. Ogni sanzione deve essere inflitta previa contestazione degli addebiti e dopo che siano state sentite e vagliate le giustificazioni dell'interessato, nei modi previsti dall'art. 12.

     3. Nello svolgimento del procedimento deve essere garantito il contraddittorio.

     4. La sospensione dal servizio e la destituzione vengono inflitte a seguito del giudizio del consiglio centrale di disciplina di cui all'art. 13.

 

          Art. 12. Contestazione degli addebiti e giustificazioni dell'interessato.

     1. Per infliggere una sanzione, la contestazione degli addebiti dev'essere fatta per iscritto. Essa deve indicare succintamente e con chiarezza i fatti e la specifica trasgressione di cui l'incolpato è chiamato a rispondere; copia del foglio contenente le contestazioni deve essere consegnata al trasgressore e altra copia, firmata dallo stesso, deve rimanere agli atti del procedimento.

     2. L'eventuale rifiuto a sottoscrivere deve risultare da attestazione scritta del capo dell'ufficio o del capo del reparto incaricato della consegna.

     3. Con lo stesso atto formale l'incolpato deve essere avvertito che, entro il termine di dieci giorni dalla notifica, egli potrà presentare giustificazioni e documenti o chiedere l'audizione di testimoni o indicare le circostanze sulle quali richiedere ulteriori indagini o testimonianze. Tale termine può, a richiesta motivata dell'interessato, essere opportunamente prorogato di altri dieci giorni per una sola volta.

     4. E' in facoltà dell'incolpato di rinunciare al termine, purchè lo dichiari espressamente per iscritto.

 

          Art. 13. (Consiglio centrale e consiglio regionale disciplina). [8]

     1. Con decreto del capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria è costituito il consiglio centrale di disciplina, così composto:

     a) da un dirigente generale penitenziario o da un dirigente generale del Corpo che lo convoca e lo presiede;

     b) da un dirigente penitenziario;

     c) da un primo dirigente del Corpo di polizia penitenziaria;

     d) da un appartenente alla carriera dei funzionari del Corpo con funzioni di segretario [9].

     2. Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i membri di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1.

     2-bis. Sono competenti a giudicare disciplinarmente il personale in formazione, rispettivamente, il direttore della Scuola o istituto di istruzione e il direttore generale della formazione [10].

     3. Con decreto del provveditore regionale è costituito, in ogni provveditorato, il consiglio regionale di disciplina, composto da:

     a) un dirigente penitenziario, che lo convoca e lo presiede, con esclusione del direttore dell'istituto ove presta servizio l'incolpato;

     b) due appartenenti alla carriera dei funzionari del Corpo di polizia penitenziaria, che non prestino servizio presso lo stesso istituto dell'incolpato;

     c) [due appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria con qualifica non inferiore a quella di ispettore capo, che non prestino servizio presso lo stesso istituto dell'incolpato] [11].

     d) un appartenente al ruolo ispettori del Corpo di polizia penitenziaria con funzioni di segretario.

     4. Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i membri di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 3.

     5. Il consiglio regionale di disciplina è competente a giudicare gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che prestano servizio nell'ambito provveditoriale.

     6. Il presidente o i membri dei consigli di disciplina possono essere ricusati e debbono astenersi ove si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 149 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Il relativo procedimento è regolato dal suddetto articolo.

     7. I componenti del consiglio di cui al presente articolo sono vincolati al segreto d'ufficio.

     8. I componenti del consiglio centrale e dei consigli regionali durano in carica tre anni.

 

Capo II

 

PROCEDIMENTI

 

          Art. 14. Procedimento per l'irrogazione della censura.

     1. Il procedimento per irrogare la censura deve svolgersi attraverso le seguenti fasi:

     a) contestazione scritta degli addebiti al trasgressore;

     b) acquisizione delle giustificazioni scritte dall'interessato;

     c) valutazioni delle giustificazioni addotte e degli elementi raccolti;

     d) decisione;

     e) notifica della decisione al trasgressore;

     f) comunicazione della sanzione inflitta agli uffici interessati.

 

          Art. 15. Istruttoria per l'irrogazione della pena pecuniaria, della deplorazione, della sospensione dal servizio e della destituzione.

     1. L'istruttoria per irrogare la pena pecuniaria, la deplorazione, la sospensione dal servizio o la destituzione deve svolgersi attraverso le seguenti fasi:

     a) il direttore dell'istituto ovvero il comandante del reparto quando rivesta la qualifica di primo dirigente, il capo dell'ufficio o del servizio che abbia notizia di un'infrazione commessa da un dipendente, per la quale sia prevista una sanzione più grave della censura, informa il provveditore regionale competente per la sede in cui lo stesso presta servizio, qualora l'infrazione comporti la sanzione della pena pecuniaria o della deplorazione; informa l'autorità centrale competente, qualora l'infrazione comporti la sanzione della sospensione dal servizio o della destituzione [12].

     2. Le predette autorità, ove ritengano che l'infrazione comporti l'irrogazione di una delle predette sanzioni, dispongono che venga svolta inchiesta disciplinare affidandone lo svolgimento ad un funzionario istruttore che appartenga ad istituto, ufficio o servizio diverso da quello dell'inquisito e che sia di livello dirigenziale, qualora l'infrazione comporti la sanzione della destituzione, della carriera dei funzionari del Corpo di polizia penitenziaria, negli altri casi, purchè avente qualifica superiore a quella dell'incolpato [13].

     3. Per il funzionario istruttore valgono le norme sulla astensione e sulla ricusazione dei componenti i consigli di disciplina.

     4. Egli provvede, entro dieci giorni, a contestare gli addebiti al trasgressore, invitandolo a presentare le giustificazioni nei termini e con le modalità di cui all'art. 14, e svolge, successivamente, tutti gli altri accertamenti ritenuti da lui necessari o richiesti dall'inquisito.

     5. L'inchiesta deve essere conclusa entro il termine di quarantacinque giorni, prorogabili una sola volta di quindici giorni a richiesta motivata dell'istruttore.

     6. Questi riunisce tutti gli atti in un fascicolo, numerandoli progressivamente in ordine cronologico e apponendo su ciascun foglio la propria firma, e redige apposita relazione, alla quale allega tutto il carteggio raccolto, trasmettendola all'autorità che ha disposto l'inchiesta.

     7. Detta autorità, esaminati gli atti, se ritiene che gli addebiti non sussistono, ne dispone l'archiviazione con provvedimento motivato, ovvero li trasmette, con le opportune osservazioni, all'organo competente ad infliggere una sanzione minore.

     8. Qualora gli addebiti sussistano, trasmette il carteggio dell'inchiesta, con le opportune osservazioni, al consiglio di disciplina competente in base al disposto degli articoli 3, 4, 5 e 6.

 

          Art. 16. Procedimenti dinanzi al consiglio centrale o regionale di disciplina.

     1. Il consiglio centrale o regionale di disciplina è convocato dall'organo competente indicato nell'art. 13 entro dieci giorni dalla ricezione del carteggio. Nella prima riunione il presidente ed i membri del consiglio esaminano gli atti e ciascuno di essi redige dichiarazione per far constatare tale adempimento; indi, il presidente nomina relatore uno dei membri e fissa il giorno e l'ora della riunione per la trattazione orale e per la deliberazione del consiglio, che dovrà aver luogo entro quindici giorni dalla data della prima riunione del consiglio stesso.

     2. Il segretario, appena terminata la prima riunione, notifica per iscritto all'inquisito che dovrà presentarsi al consiglio di disciplina nel giorno e nell'ora fissati, avvertendolo che ha facoltà di prendere visione degli atti dell'inchiesta o di chiederne copia entro dieci giorni e di farsi assistere da un difensore appartenente all'Amministrazione penitenziaria, o da un legale, o da un rappresentante sindacale, comunicandone il nominativo entro tre giorni; lo avverte inoltre che, se non si presenterà, nè darà notizia di essere legittimamente impedito, si procederà in sua assenza.

     3. Il difensore, se lo richiede, ha la facoltà di prendere visione degli atti prima della data della riunione e di chiederne copia; lo stesso non può intervenire alle sedute degli organi collegiali senza l'assenso dell'interessato.

     4. Nel giorno fissato, aperta la seduta, il presidente, dopo aver fatto introdurre l'inquisito e l'eventuale difensore:

     a) legge l'ordine di convocazione;

     b) rende noti i precedenti disciplinari e di servizio dell'inquisito;

     c) legge le dichiarazioni scritte dell'avvenuto esame, da parte propria e degli altri membri, degli atti dell'inchiesta formale;

     d) fa leggere dal segretario la contestazione degli addebiti, le giustificazioni e la relazione del funzionario istruttore;

     e) chiede se i membri del consiglio o l'inquisito desiderino che sia letto qualche altro atto dell'inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne autorizza la lettura.

     5. Il presidente, o i membri del consiglio previa autorizzazione del presidente, possono chiedere al giudicando chiarimenti sui fatti a lui addebitati. Questi può presentare una memoria preparata in precedenza e firmata, contenente la sua difesa, e può produrre eventuali nuovi elementi; la memoria e i documenti sono letti da uno dei componenti il consiglio ed allegati agli atti. Il presidente dà la parola al difensore, se presente, le cui conclusioni devono essere riportate nel verbale della seduta, ed infine chiede all'inquisito se ha altro da aggiungere. Udite le ulteriori ragioni a difesa ed esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente dichiara chiusa la trattazione orale e fa ritirare l'inquisito ed il difensore.

     6. Il consiglio, se ritiene di non poter esprimere il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all'organo proponente indicando i punti sui quali giudica necessari ulteriori accertamenti.

     7. Non verificandosi l'ipotesi di cui al comma 6 il consiglio delibera a maggioranza di voti, con le seguenti modalità:

     a) il presidente sottopone separatamente a decisione le questioni pregiudiziali, quelle incidentali la cui decisione sia stata differita, quelle di fatto e di diritto riguardanti le infrazioni contestate e, quindi, i componenti del consiglio danno il loro voto su ciascuna questione;

     b) qualora nella votazione si manifestino più di due opinioni, i componenti il consiglio che hanno votato per la sanzione più grave si uniscono a quelli che hanno votato per la sanzione immediatamente inferiore fino a che venga a sussistere la maggioranza. In ogni altro caso, quando su una questione vi è parità di voti, prevale l'opinione più favorevole al giudicando.

 

          Art. 17. Deliberazione del consiglio di disciplina.

     1. Il consiglio di disciplina, se ritiene che nessun addebito possa muoversi all'inquisito, lo dichiara nella deliberazione. Se ritiene che gli addebiti siano in tutto o in parte fondati, propone la sanzione da applicare. La deliberazione motivata viene redatta dal relatore o da altro componente il consiglio ed è firmata dal presidente, dall'estensore e dal segretario.

     2. Copia della deliberazione con gli atti del procedimento e la copia del verbale della trattazione orale vengono trasmesse entro dieci giorni all'ufficio centrale del personale del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.

     3. L'organo competente ad infliggere la sanzione provvede con decreto motivato a dichiarare l'inquisito prosciolto da ogni addebito o ad infliggergli la sanzione in conformità della deliberazione del consiglio, salvo che egli non ritenga di disporre in modo più favorevole all'inquisito, qualora si tratti delle sanzioni della sospensione dal servizio o della destituzione.

     4. Il decreto deve essere comunicato all'interessato entro dieci giorni dalla sua data, nei modi previsti dall'art. 104 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

 

Capo III

 

PRESENTAZIONE DEI RICORSI AMMINISTRATIVI

 

          Art. 18. Generalità.

     1. I ricorsi amministrativi previsti dal presente decreto devono essere presentati all'organo che ha inflitto la sanzione, il quale li trasmette con le proprie osservazioni a quello competente per la decisione.

     2. Si applicano, altresì, per quanto non previsto e se compatibili con le norme contenute nel presente Capo, le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 .

 

          Art. 19. Riesame della sanzione della censura.

     1. Avverso la sanzione della censura si ricorre all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha irrogato la sanzione. Nel ricorso debbono essere indicati i motivi del provvedimento.

 

          Art. 20. Riesame delle sanzioni della pena pecuniaria e della deplorazione.

     1. Avverso le sanzioni della pena pecuniaria e della deplorazione è ammesso rivolgere istanza di riesame al capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria [14].

     2. L'esito del riesame è fatto risultare da decreto del capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, adottato in conformità della deliberazione del consiglio centrale di disciplina di cui all'art. 13 [15].

     3. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui agli articoli 16 e 17.

 

          Art. 21. Riesame delle sanzioni della sospensione dal servizio e della destituzione.

     1. Avverso le sanzioni della sospensione dal servizio e della destituzione è ammesso rivolgere istanza di riesame al Ministro della giustizia [16].

     2. L'esito del riesame è fatto risultare da decreto ministeriale.

 

Titolo III

 

PROCEDURA PER LA RIAPERTURA DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

          Art. 22. Riapertura del procedimento disciplinare.

     1. Il procedimento disciplinare può essere riaperto se l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria cui fu inflitta la sanzione disciplinare, ovvero il coniuge superstite o i figli, adducano nuove prove tali da far ritenere che possa essere dichiarato il proscioglimento dagli addebiti ovvero irrogata una sanzione di minore gravità.

     2. La riapertura del procedimento è disposta dal capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, su relazione del direttore generale del personale e delle risorse, ed il nuovo procedimento si svolge nelle forme previste dal Titolo II [17].

     3. Il capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, qualora non ritenga di disporre la riapertura del procedimento, provvede con decreto motivato, sentito il consiglio centrale di disciplina [18].

 

          Art. 23. Effetti della riapertura del procedimento.

     1. In caso di riapertura del procedimento, ove le circostanze lo consigliano, il capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria può disporre la sospensione degli effetti della sanzione già inflitta [19].

     2. All'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria già punito, nei confronti del quale sia stata disposta la riapertura del procedimento disciplinare, non può essere inflitta una sanzione più grave di quella già applicata.

     3. Qualora egli venga prosciolto o sia ritenuto passibile di sanzione meno grave, devono essergli corrisposti, in tutto o in parte, gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e funzioni di natura speciali o per prestazioni di lavoro straordinario, salva la deduzione dell'eventuale assegno alimentare già percepito.

     4. La disposizione del comma 3 si applica anche nel caso in cui la riapertura del procedimento sia stata richiesta dal coniuge superstite o dai figli.

 

Titolo IV

 

NORME TRANSITORIE

 

          Art. 24. Procedimenti disciplinari pendenti.

     1. I procedimenti disciplinari non ancora esauriti alla data di entrata in vigore del presente decreto, dovranno essere trasferiti ai nuovi organi disciplinari con le seguenti modalità.

     2. Qualora l'incolpato sia sottoposto a procedimento per la comminatoria di una sanzione disciplinare di stato, si applicano le norme e la procedura previste per la sospensione dal servizio o per la destituzione.

     3. Nell'ipotesi di riduzione dello stipendio valgono le disposizioni per la comminatoria della sanzione disciplinare della pena pecuniaria.

     4. Al personale nei cui confronti sia iniziato procedimento disciplinare per l'irrogazione dell'ammonimento o della consegna, si applicano le norme e la procedura predette per la censura.

     5. Per quanto non previsto dal presente decreto in materia di disciplina e di procedura, si applicano, in quanto compatibili, le corrispondenti norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

 


[1] Comma aggiunto dall'art. 19 del D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 146 e così sostituito dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[2] Comma aggiunto dall'art. 19 del D.Lgs. 21 maggio 2000, n. 146 e così sostituito dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[3] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[4] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[5] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[6] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[7] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[8] Articolo sostituito dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[9] Comma così modificato dall'art. 31 del D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172.

[10] Comma inserito dall'art. 31 del D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172.

[11] Lettera abrogata dall'art. 31 del D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172.

[12] Lettera così modificata dall'art. 31 del D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172.

[13] Comma così sostituito dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[14] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[15] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[16] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[17] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[18] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.

[19] Comma così modificato dall'art. 38 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95.