§ 81.3.1 - Legge 22 maggio 1975, n. 152.
Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico.


Settore:Normativa nazionale
Materia:81. Pubblica sicurezza
Capitolo:81.3 ordine pubblico
Data:22/05/1975
Numero:152


Sommario
Art. 1.  [1]
Art. 2. 
Art. 3. 
Art. 4. 
Art. 5. 
Art. 5 bis. 
Art. 6. 
Art. 7. 
Art. 8. 
Art. 9. 
Art. 10. 
Art. 11. 
Art. 12. 
Art. 13. 
Art. 14. 
Art. 15. 
Art. 16. 
Art. 17. 
Art. 18. 
Art. 19. 
Art. 20. 
Art. 21. 
Art. 22. 
Art. 23. 
Art. 24. 
Art. 25. 
Art. 26. 
Art. 27. 
Art. 28. 
Art. 29. 
Art. 30. 
Art. 31. 
Art. 32.  [17]
Art. 33. 
Art. 34. 
Art. 35. 
Art. 36. 


§ 81.3.1 - Legge 22 maggio 1975, n. 152.

Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico.

(G.U. 24 maggio 1975, n. 136).

 

     Art. 1. [1]

 

          Art. 2.

     Qualora la durata massima della custodia preventiva maturi nei termini di cui all'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, o sia comunque prossima a maturare, il giudice con ordinanza motivata non impugnabile dichiara l'urgenza del processo; in tal caso i termini processuali decorrono, anche nel periodo feriale, dalla data di notificazione dell'ordinanza; parimenti i termini processuali decorrono dalla data in cui l'imputato ed il difensore abbiano dichiarato di rinunciare alla sospensione dell'attività processuale.

 

          Art. 3.

     L'art. 238 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

     "Anche fuori dei casi di flagranza, quando vi è il fondato sospetto di fuga, gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica possono fermare le persone nei cui confronti ricorrono sufficienti indizi di delitto per il quale la legge stabilisce la pena non inferiore nel massimo a sei anni di reclusione ovvero di delitto concernente le armi da guerra o tipo guerra, i fucili a canna mozza, le munizioni destinate alle predette armi o le materie esplodenti. Gli ufficiali possono trattenere i fermati per il tempo strettamente necessario per i primi accertamenti, dopo i quali debbono far tradurre i fermati immediatamente nelle carceri giudiziarie o in quelle mandamentali se in queste ultime esiste la cella di isolamento.

     L'ufficiale di polizia giudiziaria che ha eseguito il fermo o al quale il fermato è stato presentato deve darne immediata notizia, indicando il giorno e l'ora nel quale il fermo è avvenuto, al procuratore della Repubblica o, se il fermo avviene fuori del comune sede del tribunale, al pretore del luogo dove esso è stato eseguito.

     Lo stesso ufficiale di polizia giudiziaria nelle quarantotto ore dal fermo deve comunicare alla medesima autorità giudiziaria i motivi per i quali il fermo è stato ordinato, insieme con i risultati delle sommarie indagini già svolte.

     Il procuratore della Repubblica o il pretore deve provvedere immediatamente all'interrogatorio del fermato e, se riconosce fondato il fermo, lo convalida con decreto motivato, al più tardi nelle quarantotto ore successive al ricevimento della comunicazione. Del decreto di convalida è data comunicazione all'interessato.

     In ogni caso il procuratore della Repubblica o il pretore, dopo aver avuto comunque conoscenza del fermo, provvede in qualsiasi momento, ove se ne ravvisi l'opportunità, alle indagini di polizia giudiziaria ai sensi degli articoli 231 e 232.

     Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per i delitti previsti dagli articoli 1, 2 e 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645, e successive modificazioni".

     Continua ad applicarsi la disposizione dell'art. 7 della legge 14 ottobre 1974, n. 497.

 

          Art. 4.

     In casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che all'identificazione, all'immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili.

     Nell'ipotesi di cui al comma precedente la perquisizione può estendersi per le medesime finalità al mezzo di trasporto utilizzato dalle persone suindicate per giungere sul posto.

     Delle perquisizioni previste nei commi precedenti deve essere redatto verbale, su apposito modulo, che va trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica e, nel caso previsto dal primo comma, consegnato all'interessato.

 

          Art. 5. [2]

     E' vietato l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. E' in ogni caso vietato l'uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.

     Nei casi di cui al primo periodo del comma precedente, il contravventore è punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da 1.000 a 2.000 euro [3].

     Qualora il fatto è commesso in occasione delle manifestazioni previste dal primo comma, il contravventore è punito con l'arresto da due a tre anni e con l'ammenda da 2.000 a 6.000 euro [4].

     Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l'arresto in flagranza.

 

     Art. 5 bis. [5]

     1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e fuori dai casi di cui agli articoli 6-bis e 6-ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401, chiunque, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l'incolumità delle persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Quando il fatto è commesso in modo da creare un concreto pericolo per l'integrità delle cose, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni.

 

          Art. 6.

     Il disposto del primo capoverso dell'art. 240 del codice penale si applica a tutti i reati concernenti le armi, ogni altro oggetto atto ad offendere, nonché le munizioni e gli esplosivi.

     Le armi da guerra e tipo guerra confiscate debbono essere versate alla competente direzione di artiglieria che ne dispone la rottamazione e la successiva alienazione, ove non le ritenga utilizzabili da parte delle forze armate.

     Le armi comuni e gli oggetti atti ad offendere confiscati, ugualmente versati alle direzioni di artiglieria, devono essere destinati alla distruzione, salvo quanto previsto dal nono e decimo comma dell'art. 32 della legge 18 aprile 1975, n. 110.

     Le munizioni e gli esplosivi confiscati devono essere versati alla competente direzione di artiglieria, per l'utilizzazione da parte delle forze armate, ovvero per l'alienazione nei modi previsti dall'art. 10, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, o per la distruzione.

     Le disposizioni di cui al secondo, terzo e quarto comma del presente articolo si applicano anche alle armi, munizioni e materie esplodenti confiscate in seguito a divieto della relativa detenzione disposto a norma dell'art. 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 

          Art. 7.

     L'art. 1 della legge 20 giugno 1952, n. 645, è sostituito dal seguente:

     "Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista".

 

          Art. 8.

     I primi tre commi dell'art. 2 della legge 20 giugno 1952, n. 645, sono sostituiti dai seguenti:

     "Chiunque promuove, organizza o dirige le associazioni, i movimenti o i gruppi indicati nell'art. 1, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni e con la multa da un milione a dieci milioni di lire.

     Chiunque partecipa a tali associazioni, movimenti o gruppi è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da cinquecentomila a cinque milioni di lire.

     Se l'associazione, il movimento o il gruppo assume in tutto o in parte il carattere di organizzazione armata o paramilitare, ovvero fa uso della violenza, le pene indicate nei commi precedenti sono raddoppiate.

     L'organizzazione si considera armata se i promotori e i partecipanti hanno comunque la disponibilità di armi o esplosivi ovunque siano custoditi".

 

          Art. 9.

     Il primo comma dell'art. 3 della legge 20 giugno 1952, n. 645, è sostituito dal seguente:

     "Qualora con sentenza risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, il Ministro per l'interno, sentito il Consiglio dei Ministri, ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell'associazione, del movimento o del gruppo".

 

          Art. 10.

     L'art. 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645, è sostituito dal seguente:

     "Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell'art. 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila.

     Alla stessa pena soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti e metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche, ovvero idee o metodi razzisti.

     La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da cinquecentomila a due milioni di lire se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa.

     La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell'art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale, per usi periodo di cinque anni".

 

          Art. 11.

     L'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, è sostituito dal seguente:

     "Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire.

     Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni".

 

          Art. 12.

     Dopo l'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, è inserito il seguente:

     "Art. 5 bis. Per i reati previsti dall'art. 2 della presente legge è obbligatoria l'emissione del mandato di cattura".

     Per i reati previsti dall'art. 7 della citata legge 20 giugno 1952, n. 645, si procede con rito direttissimo anche in deroga alle disposizioni degli articoli 502 e 504 del codice di procedura penale. E' abrogato il secondo comma del predetto art. 7.

 

          Art. 13.

     Il secondo comma dell'art. 6 della legge 20 giugno 1952, n. 645, è sostituito dal seguente:

     “Le pene sono altresì aumentate per coloro che abbiano comunque finanziato, per i fatti preveduti come reati negli articoli precedenti, l'associazione, il movimento, il gruppo o la stampa".

 

          Art. 14.

     Al primo comma dell'art. 53 del codice penale sono aggiunte le seguenti parole: "e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona".

 

          Art. 15.

     L'art. 648 del codice penale è sostituito dal seguente:

     "Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sè o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da lire cinquecentomila a lire dieci milioni.

     La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a lire cinquecentomila, se il fatto è di particolare tenuità.

     Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile".

 

          Art. 16.

     La prescrizione dei reati previsti dalla legge 14 ottobre 1974, n. 497, recante nuove norme contro la criminalità, nonché dall'art. 14 della presente legge, rimane sospesa:

     a) durante la latitanza dell'imputato e per tutta la durata di essa;

     b) durante il tempo necessario per la notifica di ordini o mandati all'imputato che non abbia provveduto alla comunicazione prevista nel terzo comma dell'art. 171 del codice di procedura penale sino al giorno in cui la notifica sia stata effettuata ovvero sia stato emesso il decreto di irreperibilità di cui all'art. 170 dello stesso codice;

     c) durante il rinvio, chiesto dall'imputato o dal suo difensore, di un atto di istruzione o del dibattimento e per tutto il tempo del rinvio.

 

          Art. 17.

     Per i reati previsti dagli articoli 18 e 24 del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si procede in ogni caso con giudizio direttissimo e si prosegue con il medesimo rito anche in deroga agli articoli 502 e 504 del codice di procedura penale.

     In deroga alla disposizione dell'art. 45 del codice di procedura penale, per i procedimenti relativi ai reati di cui al comma precedente la connessione opera soltanto se è indispensabile per l'accertamento dei reati medesimi o della responsabilità dell'imputato.

 

          Art. 18. [6]

     [Le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche a coloro che:

     1) operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale. [7]

     2) abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

     3) compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'art. 1 della citata legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

     4) fuori dei casi indicati nei numeri precedenti, siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato nel precedente n. 1).

     Le disposizioni di cui al precedente comma si applicano altresì agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori.

     E' finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo a cui sono destinati.

     Le disposizioni di cui al primo comma e quelle dell'articolo 22 della presente legge possono essere altresì applicate alle persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali [8].]

 

          Art. 19. [9]

     [Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche alle persone indicate nell'art. 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Nei casi previsti dal presente comma, le funzioni e le competenze spettanti, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona. Nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui al presente comma, le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente [10].

     Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria debbono comunicare al questore le segnalazioni rivolte al procuratore della Repubblica.]

 

          Art. 20. [11]

     [Il procuratore della Repubblica può compiere, sia direttamente sia a mezzo della polizia giudiziaria, tutte le indagini necessarie ai fini dell'attuazione dei precedenti articoli 18 e 19 con l'osservanza delle norme stabilite per l'istruzione sommaria.]

 

          Art. 21. [12]

     [All'art. 6 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, è aggiunto il seguente comma:

     "Il giudice, con la misura dell'obbligo del soggiorno in un determinato comune dispone che la persona cui è stata applicata la misura predetta sia tradotta a mezzo della forza pubblica dal carcere giudiziario in cui si trova al comune di soggiorno e consegnata all'autorità locale di pubblica sicurezza".]

 

          Art. 22. [13]

     [Il giudice può aggiungere ad una delle misure di prevenzione previste dall'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, quella della sospensione provvisoria dall'amministrazione dei beni personali, esclusi quelli destinati all'attività professionale o produttiva quando ricorrono sufficienti indizi che la libera disponibilità di essi da parte delle persone indicate negli articoli 18 e 19 agevoli comunque la condotta, il comportamento o l'attività socialmente pericolosa prevista nelle norme suddette.

     Il giudice può altresì applicare, nei confronti delle persone suddette, soltanto la sospensione prevista dal comma precedente se ritiene che essa sia sufficiente ai fini della tutela della collettività.

     La sospensione può essere inflitta per un periodo non eccedente i 5 anni. Alla scadenza può essere rinnovata se permangono le condizioni in base alle quali è stata applicata.]

 

          Art. 23. [14]

     [Con il provvedimento con cui applica la sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni il giudice nomina un curatore speciale scelto tra gli iscritti negli albi degli avvocati, dei procuratori legali, dei dottori commercialisti o dei ragionieri.

     Al curatore si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 28, 29, 30, 31, 32, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48 e 88 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sostituito al tribunale fallimentare il tribunale che ha pronunciato il provvedimento e al giudice delegato un giudice di detto tribunale delegato dal presidente.

     Il curatore, entro un mese dalla nomina, deve presentare una relazione particolareggiata sui beni della persona socialmente pericolosa, indicandone il preciso ammontare e la provenienza, nonché sul tenore della vita di detta persona e della sua famiglia e su quanto altro può eventualmente interessare anche ai fini di carattere penale.]

 

          Art. 24. [15]

     [La persona a cui è stata applicata la sospensione provvisoria dall'amministrazione dei beni, la quale con qualsiasi mezzo, anche simulato, elude o tenta di eludere l'esecuzione del provvedimento è punita con la reclusione da tre a cinque anni. La stessa pena si applica a chiunque, anche fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta la persona indicata a sottrarsi all'esecuzione del provvedimento.

     Per il reato di cui al comma precedente si procede in ogni caso con giudizio direttissimo e si prosegue con il medesimo rito anche in deroga agli articoli 502 e 504 del codice di procedura penale.]

 

          Art. 25. [16]

 

          Art. 26.

     Se una persona è stata arrestata nella flagranza del reato previsto dall'art. 336 del codice penale, limitatamente all'uso della violenza, aggravato per essere stata la violenza esercitata con armi proprie o improprie contro un ufficiale od agente della polizia giudiziaria o della forza pubblica, si procede sempre con giudizio direttissimo anche in deroga agli articoli 502 e 504 del codice di procedura penale.

     In tale caso non si applica la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 503 del codice di procedura penale sempreché, entro venti giorni dall'arresto, sia emessa sentenza di primo grado.

     Fuori del caso di flagranza previsto dal primo comma, il procuratore della Repubblica deve sempre procedere con giudizio direttissimo dopo avere disposto l'arresto dell'imputato; si applica altresì la disposizione del secondo comma.

     Per la connessione vale quanto disposto nel secondo comma dell'art. 17.

 

          Art. 27.

     Qualora il procuratore della Repubblica abbia comunque notizia di reati commessi da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o da militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, informa nello stesso giorno il procuratore generale presso la corte d'appello e compie frattanto esclusivamente gli atti urgenti, relativi alla prova di reato, dei quali non è possibile il rinvio.

     La stessa disposizione si applica nel caso in cui il pretore ha comunque notizia di un reato previsto nel comma precedente.

 

          Art. 28.

     Il procuratore generale, se non ritiene di esercitare i poteri previsti dal codice di procedura penale, restituisce gli atti al procuratore della Repubblica perché proceda con le forme stabilite dalla legge.

     Il procuratore generale o il procuratore della Repubblica, qualora reputino che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che la legge non lo prevede come reato ovvero che sussiste una delle cause di esclusione della pena, previste dagli articoli 51, 52, 53 e 54 del codice penale, richiedono con atto motivato il giudice istruttore di pronunciare decreto.

     Il giudice istruttore, se non ritiene di accogliere la richiesta, dispone con ordinanza l'istruttoria formale.

 

          Art. 29.

     Contro il provvedimento previsto dall'ultimo comma dell'articolo precedente l'indiziato può proporre reclamo alla sezione istruttoria con le modalità previste per l'appello contro i provvedimenti del giudice istruttore.

 

          Art. 30.

     Nei casi previsti dall'art. 27 il procuratore della Repubblica o il procuratore generale informano il comando del corpo o il capo dell'ufficio da cui dipendono le persone indicate nella stessa disposizione, affinché ne diano immediata notizia alle persone suddette.

     Tale atto equivale, per ogni effetto, alla comunicazione giudiziaria di cui all'art. 390 del codice di procedura penale.

     Nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 27, la comunicazione di cui al primo comma del presente articolo può essere altresì effettuata dal pretore.

 

          Art. 31.

     I reati previsti nell'art. 27 sono di regola giudicati separatamente e la connessione prevista dall'art. 45 del codice di procedura penale opera soltanto se è indispensabile per l'accertamento dei reati medesimi o della responsabilità dell'imputato.

 

          Art. 32. [17]

     Nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, la difesa può essere assunta a richiesta dell'interessato dall'Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell'interessato medesimo.

     In questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del Ministero dell'interno salva rivalsa se vi è responsabilità dell'imputato per fatto doloso.

     Le disposizioni dei commi precedenti si applicano a favore di qualsiasi persona che, legalmente richiesta dall'appartenente alle forze di polizia, gli presti assistenza.

 

          Art. 33.

     Dopo l'art. 167 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:

     “Art. 167 bis. (Notificazioni urgenti a mezzo del telefono e del telegrafo).

     Nei casi di urgenza i soggetti diversi dall'imputato possono essere avvisati o convocati a mezzo del telefono, per ordine del giudice o del pubblico ministero, dal cancelliere, dal segretario o dalla polizia giudiziaria.

     Sull'originale dell'avviso o della convocazione è annotato il numero telefonico chiamato, il nome, le funzioni o le mansioni svolte dalla persona che riceve la comunicazione, il giorno e l'ora della telefonata. La comunicazione deve essere effettuata mediante chiamata del numero telefonico della persona risultante dagli elenchi ufficiali.

     La comunicazione telefonica ha valore di notificazione.

     Dell'avvenuta comunicazione è data conferma al destinatario mediante telegramma.

     Quando non è possibile procedere nel modo indicato nei commi precedenti la notificazione è eseguita, per estratto, mediante telegramma".

 

          Art. 34.

     L'art. 369 del codice di procedura penale è sostituito con il seguente:

     "Compiuta l'istruzione, il giudice istruttore deposita gli atti in cancelleria, dandone avviso al procuratore della Repubblica per le sue requisitorie.

     Se il pubblico ministero non presenta le sue requisitorie entro trenta giorni dall'avvenuta comunicazione del deposito, il giudice istruttore procede ugualmente agli adempimenti previsti dall'art. 372.

     Il termine di cui al capoverso precedente può essere prorogato, per giustificato motivo, per non più di una volta".

 

          Art. 35.

     Le disposizioni processuali della presente legge si applicano sino all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.

 

          Art. 36.

     La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.


[1] Articolo modificato dalla L. 8 agosto 1977, n. 533 e abrogato dall'art. 28 della L. 28 luglio 1984, n. 398.

[2] Articolo sostituito dall'art. 2 della L. 8 agosto 1977, n. 533.

[3] Comma sostituito dall'art. 10 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito dalla L. 31 luglio 2005, n. 155 e così modificato dall'art. 6 del D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito dalla L. 8 agosto 2019, n. 77.

[4] Comma inserito dall'art. 6 del D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito dalla L. 8 agosto 2019, n. 77.

[5] Articolo inserito dall'art. 6 del D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito dalla L. 8 agosto 2019, n. 77.

[6] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[7] Numero così modificato dall'art. 7 del D.L. 18 ottobre 2001, n. 374.

[8] Comma aggiunto dall'art. 14 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito dalla L. 31 luglio 2005, n. 155 e così modificato dall'art. 11 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125.

[9] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159. La Corte costituzionale, con sentenza 27 febbraio 2019, n. 24, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, nel testo vigente sino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabilisce che il sequestro e la confisca previsti dall’art. 2-ter della L. 31 maggio 1965, n. 575 si applicano anche alle persone indicate nell’art. 1, numero 1), della legge n. 1423 del 1956.

[10] Comma già modificato dall'art. 13 della L. 3 agosto 1988, n. 327 e così ulteriormente modificato dall'art. 11 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125.

[11] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[12] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[13] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[14] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[15] Articolo abrogato dall'art. 120 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[16] Articolo abrogato dall'art. 46 della L. 6 marzo 1998, n. 40 e dall'art. 47 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

[17] Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 9, comma 35 bis, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.