§ 3.6.23 – L.R. 3 agosto 1999, n. 24.
Disposizioni in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.


Settore:Codici regionali
Regione:Umbria
Materia:3. sviluppo economico
Capitolo:3.6 fiere, mercati e commercio
Data:03/08/1999
Numero:24


Sommario
Art. 1.  (Oggetto).
Art. 2.  (Definizioni).
Art. 3.  (Classificazione dei Comuni).
Art. 4.  (Classificazione delle strutture di vendita).
Art. 4 bis.  (Commercio al dettaglio negli esercizi di vicinato e nelle medie strutture di vendita M1)
Art. 4 ter.  (Negozi storici)
Art. 5.  (Programmazione commerciale).
Art. 5 bis.  (Programmazione regionale)
Art. 5 ter.  (Programmazione comunale)
Art. 5 quater.  (Concertazione)
Art. 6.  (Ripartizione del territorio regionale).
Art. 7.  (Criteri).
Art. 8.  (Programmazione urbanistica).
Art. 9.  (Requisiti professionali per l'esercizio di attività commerciali)
Art. 10.  (Centri commerciali).
Art. 10 bis.  (Poli commerciali)
Art. 11.  (Compatibilità territoriale delle medie e grandi strutture di vendita).
Art. 11 bis.  (Criteri e modalità per l'individuazione di aree per nuovi insediamenti)
Art. 12.  (Disponibilità per il rilascio di nuove autorizzazioni per grandi strutture di vendita).
Art. 12 bis.  (Commercio al dettaglio nelle medie strutture di vendita)
Art. 13.  (Commercio al dettaglio nelle grandi strutture di vendita)
Art. 14.  (Domande concorrenti per l’apertura di grandi strutture di vendita)
Art. 15.  (Ampliamento di grandi strutture di vendita).
Art. 16.  (Aggiunta di settore merceologico).
Art. 17.  (Trasferimento e rilocalizzazione delle grandi strutture di vendita).
Art. 18.  (Procedimento per il rilascio delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita e per le medie strutture superiori di tipologia M3)
Art. 18 bis.  (Procedimento di variante ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. 447/1998)
Art. 19.  (Strumenti di promozione).
Art. 20.  (Autorizzazioni per medie strutture di vendita).
Art. 21.  (Interventi per la valorizzazione dei centri storici).
Art. 22.  (Modalità degli interventi).
Art. 23.  (Valutazione d'impatto commerciale).
Art. 24.  (Progetti integrati di rivitalizzazione delle realtà minori).
Art. 25.  (Orari delle attività commerciali).
Art. 26.  (Apertura e chiusura nei centri storici e nelle aree a vocazione turistica).
Art. 26 bis.  (Festività speciali)
Art. 26 ter.  (Calendario comunale)
Art. 27.  (Chiusura domenicale, festiva ed infrasettimanale).
Art. 28.  (Esenzioni in materia di aperture e chiusure)
Art. 29.  (Vendite di liquidazione).
Art. 30.  (Vendite di fine stagione o saldi).
Art. 31.  (Vendite promozionali)
Art. 32.  (Finalità).
Art. 33.  (Composizione e compiti)
Art. 34.  (Centri di assistenza tecnica).
Art. 34 bis.  (Agenzie per le imprese)
Art. 35.  (Attività promozionali).
Art. 36.  (Termine per la presentazione delle domande).
Art. 37.  (Proroga dei termini dell'attivazione delle grandi strutture di vendita).
Art. 38.  (Riduzione dei limiti dimensionali minimi delle medie strutture di vendita).
Art. 39.  (Promozione delle medie strutture di vendita).
Art. 40.  (Interventi di valorizzazione per il centro storico).
Art. 41.  (Modificazioni alla legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31).
Art. 42.  (Prima nomina componenti Osservatorio regionale).
Art. 43.  (Adempimenti preliminari dei Comuni).
Art. 44.  (Apertura di attività estemporanee).
Art. 45.  (Orari di vendita).
Art. 46.  (Corsi qualificanti per il settore alimentare).
Art. 46 bis.  (Procedimento di verifica).
Art. 46 ter.  (Centri commerciali disposizioni).
Art. 47.  (Sanzioni).
Art. 48.  (Norma finanziaria).
Art. 49.  (Rinvio al regolamento).


§ 3.6.23 – L.R. 3 agosto 1999, n. 24. [1]

Disposizioni in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

(B.U. 11 agosto 1999, n. 44 – S.O. n. 1).

 

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. (Oggetto).

     1. La presente legge disciplina, il commercio in attuazione dei principi dettati dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

 

     Art. 2. (Definizioni). [2]

     1. Ai fini della presente legge si intendono:

a) per decreto: il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59 );

b) per commercio all'ingrosso: l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all'ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande;

c) per commercio al dettaglio: l'attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale;

d) per superficie di vendita di un esercizio di vicinato, di una media o di una grande struttura di vendita: la sola superficie destinata alle attività commerciali al dettaglio disciplinate dal decreto con esclusione della superficie destinata a pubblici esercizi, attività artigianali ed altre attività;

e) per superficie espositiva di un esercizio commerciale: la parte dell'area a destinazione commerciale non alimentare, separata e distinta dalla superficie di vendita e accessibile al pubblico solo se accompagnato da personale autorizzato, per prendere visione di prodotti non immediatamente asportabili; tale superficie espositiva, fino alla percentuale del trenta per cento della superficie di vendita dell'esercizio commerciale interessato, non viene considerata ai fini del calcolo della superficie di vendita;

f) per esercizi di vicinato: gli esercizi aventi superficie di vendita non superiore a 250 mq.;

g) per forme integrate di commercio:

1) centro commerciale naturale: le aggregazioni di operatori del commercio, dell'artigianato, del turismo e di servizi ubicati in ambiti territoriali omogenei, che mediante forme associative realizzano politiche di sviluppo comuni;

2) attività di prossimità: l'esercizio commerciale di vicinato, di somministrazione, di artigianato e di servizi, compreso quello turistico, che svolge una funzione di presidio del territorio in quanto unico operatore di un centro storico o località;

h) per superficie di vendita di una media o grande struttura di vendita configurata come centro o polo commerciale: l'area risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti, con esclusione di quelle destinate a pubblici esercizi, attività artigianali e altre attività di servizi.

 

     Art. 3. (Classificazione dei Comuni).

     1. Ai fini dell'applicazione dei limiti dimensionali di cui all'art. 4, comma 1, lettere e) ed f) del decreto, nonché di ogni altra disposizione contenuta nella presente legge che faccia riferimento a categorie dimensionali-economiche dei Comuni, gli stessi sono suddivisi nelle seguenti classi [3]:

     - Classe I - Comprendente i Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;

     - Classe II - Comprendente i Comuni con popolazione compresa tra 10.000 e 50.000 abitanti;

     - Classe III - Comprendente i Comuni con popolazione compresa tra 3.000 e 10.000 abitanti,

     - Classe IV - Comprendente i Comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti.

     2. Ai comuni delle Classi I e II si applicano i limiti dimensionali superiori, tra quelli previsti per le medie e grandi strutture di vendita, all'art. 4, comma 1, lettere d), e) ed f) del decreto; ai Comuni delle Classi III e IV si applicano i limiti inferiori.

     3. In attuazione di quanto disposto dall'art. 10, comma 4, del decreto, al fine di promuovere la rivitalizzazione dei centri storici anche mediante l'inserimento di attività di servizio alla popolazione residente e che fungano da elemento di richiamo e di propulsione per altre attività commerciali, anche dei Comuni appartenenti alle classi III e IV, trovano applicazione i limiti dimensionali superiori delle tipologie di esercizio, tra quelli previsti dall'art. 4, comma 1, lettere d), e) ed f) del decreto.

     4. Ai fini del presente articolo la popolazione da considerare è quella registrata dal servizio anagrafico del Comune al 31 dicembre di ogni anno.

 

     Art. 4. (Classificazione delle strutture di vendita).

     1. Le medie e le grandi strutture di vendita, in relazione alla superficie di vendita utilizzata, si suddividono nelle seguenti tipologie:

a) M1 - medie strutture inferiori: esercizi aventi superficie di vendita compresa tra 151 e 600 mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 251 e 900 mq. nei comuni delle classi I e II;

b) M2 - medie strutture intermedie: esercizi aventi superficie compresa tra 601 e 1000 mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 901 e 1500 mq. nei comuni delle classi I e II;

c) M3 – medie strutture superiori: esercizi aventi superficie compresa tra 1001 e 1500 mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 1.501 e 2.500 mq. nei comuni delle classi I e II;

d) G1 - grandi strutture inferiori: esercizi aventi superficie compresa tra 1501 e 3500 mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 2501 e 5500 mq. nei comuni delle classi I e II;

e) G2 - grandi strutture superiori: esercizi aventi superficie di vendita maggiore a 3500 mq. nei comuni delle classi III e IV o maggiore a 5.500 mq. nei comuni delle classi I e II fino ad un massimo di 15.000 mq. nel settore alimentare per le grandi strutture di tipologia G2 categoria A e di 20.000 mq. per quelle di tipologia G2 categoria E [4].

     2. Le grandi strutture di vendita della tipologia G2 categoria A possono essere realizzate esclusivamente nella forma del centro commerciale nella quale la superficie occupata dagli esercizi di vicinato e dalle medie strutture di vendita deve risultare pari ad almeno il trenta per cento della superficie totale di vendita. Tale percentuale di superficie in capo a esercizi di vicinato e medie strutture è riservata prioritariamente per almeno il cinquanta per cento a operatori presenti sul territorio regionale da almeno cinque anni, che ne facciano richiesta entro sei mesi dal rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 18 [5].

     3. In relazione ai due settori merceologici, alimentare e non alimentare, di cui all'art. 5, comma 1, del decreto, le medie e le grandi strutture di vendita si suddividono nelle seguenti categorie:

     A - Esercizi del solo settore alimentare ed esercizi dei settori alimentare e non alimentare;

     E - Esercizi del solo settore non alimentare.

     4. All'interno degli esercizi non sono modificabili le superfici attribuite ai singoli settori senza autorizzazione.

     5. L'identificazione di medie e grandi strutture di vendita avviene indicando la relativa tipologia dimensionale seguita dalla categoria merceologica.

     5 bis. Le vendite, al di fuori dei locali di produzione o di locali a questi immediatamente adiacenti, dei beni di produzione da parte di produttori devono rispettare le disposizioni previste dalla presente legge in materia di autorizzazioni commerciali, vendite straordinarie, orari ed aperture [6].

 

          Art. 4 bis. (Commercio al dettaglio negli esercizi di vicinato e nelle medie strutture di vendita M1) [7]

     1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di vendita di un esercizio di vicinato e di una media struttura di vendita M1 sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) da presentare, ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), allo Sportello unico per le attività produttive e per l'edilizia (SUAPE) del Comune competente per territorio.

     2. II Comune disciplina l'integrazione del procedimento di SCIA di cui al comma 1 con il procedimento relativo alla presentazione della SCIA edilizia e alla richiesta di permesso di costruire inerente l'insediamento commerciale.

     3. L'attività di vendita può essere iniziata dalla data di presentazione della SCIA ed è esercitata nel rispetto delle vigenti norme in materia igienico - sanitaria, edilizia, urbanistica e di pubblica sicurezza, e di destinazioni d'uso dei locali. Qualora l'attività non sia iniziata entro centottanta giorni dalla data di presentazione della SCIA, salvo comprovati motivi di necessità, da dichiarare da parte dell'interessato, la SCIA cessa di produrre effetti giuridici.

     4. Alla SCIA deve essere allegata la planimetria dei locali e delle aree in cui si esercita l'attività di vendita, ivi comprese le superfici diverse da quelle di vendita.

     5. Negli esercizi abilitati alla vendita dei prodotti alimentari è consentito il consumo immediato dei medesimi prodotti, a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione assistito e le attrezzature ad esso direttamente finalizzate. È consentita la dotazione di soli piani di appoggio su un'area non superiore a 50 mq.

     6. Il Comune dispone la chiusura di un esercizio di vicinato e di una media struttura di vendita M1, nel caso in cui:

a) non sussistono i requisiti morali oppure, ove richiesti, i requisiti professionali per l'accesso e l'esercizio delle attività commerciali di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno);

b) venga accertata da parte della autorità competente la violazione delle disposizioni e delle prescrizioni dettate in materia di prevenzione e tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dettate per le attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773 delle leggi di pubblica sicurezza), negli esercizi abilitati alla vendita dei prodotti alimentari;

c) il titolare sospende l'attività per un periodo superiore a dodici mesi consecutivi, indipendentemente da intervenuti trasferimenti di titolarità, salva motivata proroga per comprovata necessità;

d) non sono osservati i provvedimenti di sospensione dell'attività;

e) vengono commesse gravi e reiterate violazioni delle disposizioni contenute nella presente legge.

     7. La reiterazione delle violazioni di cui al comma 6, lettera e), si verifica nel caso in cui la stessa violazione è commessa per due volte in un periodo di dodici mesi, anche se si è proceduto al pagamento in misura ridotta della sanzione.

     8. La Giunta regionale definisce con proprio atto, nel rispetto della normativa statale, la modulistica da utilizzare per la segnalazione certificata di inizio attività di cui al comma 1, nonché la documentazione da allegare alla stessa SCIA, salvo quanto disposto dal comma 4.

 

          Art. 4 ter. (Negozi storici) [8]

     1. La Regione promuove la conoscenza e la valorizzazione delle attività commerciali che costituiscono testimonianza della storia, dell'arte, della cultura e della tradizione imprenditoriale locale e che si svolgono in locali o aree aventi valore storico, artistico, architettonico ed ambientale.

     2. Le attività commerciali di cui al comma 1 vengono definite, agli effetti della presente legge, "Negozio storico" .

     3. Gli esercizi commerciali al dettaglio o di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, per essere riconosciuti quali negozi storici ai fini della presente legge, devono risultare in possesso dei seguenti requisiti:

a) svolgimento della medesima attività da almeno cinquanta anni continuativi, nello stesso locale o nella stessa area pubblica, anche se con denominazioni, insegne, gestioni o proprietà diverse, a condizione che siano state mantenute le caratteristiche originarie;

b) collegamento funzionale e strutturale dei locali e degli arredi con l'attività svolta che evidenzi il radicamento nel tempo dell'attività stessa; i locali in cui viene esercitata l'attività devono avere l'accesso su area pubblica oppure su area privata gravata da servitù di pubblico passaggio;

c) presenza nei locali, negli arredi, sia interni che esterni, e nelle aree, di elementi di particolare interesse storico, artistico, architettonico e ambientale, o particolarmente significativi per la tradizione e la cultura del luogo.

     4. La Giunta regionale, con proprio regolamento, specifica i requisiti e definisce le modalità e le procedure del riconoscimento di cui al comma 3.

 

TITOLO II

ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' DI VENDITA AL DETTAGLIO

SULLE AREE PRIVATE IN SEDE FISSA

 

SEZIONE I

PROGRAMMAZIONE RETE DISTRIBUTIVA

 

     Art. 5. (Programmazione commerciale). [9]

     1. La programmazione commerciale ed urbanistica, al fine di assicurare la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci, persegue i seguenti obiettivi:

a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che assicuri la qualità dei servizi da rendere ai consumatori e la qualità della vita della popolazione, nonché la migliore produttività del sistema;

b) assicurare il rispetto del principio della libera concorrenza, favorendo l’equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive con particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione delle piccole imprese commerciali;

c) rendere compatibile l’impatto degli insediamenti commerciali di maggiori dimensioni con il contesto economico-territoriale per il rispetto del diritto dei consumatori di avvalersi di una rete distributiva effettivamente articolata per tipologie e prossimità;

d) salvaguardare e riqualificare i centri storici attraverso politiche di valorizzazione integrate tra le funzioni commerciali e le dimensioni ambientali, urbanistiche, edilizie e di mobilità anche mediante interventi innovativi nel rispetto dei valori del contesto;

e) salvaguardare e riqualificare la rete distributiva nelle zone di montagna e rurali anche attraverso la promozione di servizi commerciali polifunzionali ed esercizi multisettoriali, al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale;

f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero, all’ammodernamento e allo sviluppo delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato;

g) favorire il recupero urbano delle aree periferiche in trasformazione anche mediante il riordino, la riqualificazione e l’integrazione dell’insediamento commerciale in zone industriali, artigianali e commerciali ricorrendo ad appositi piani esclusivamente nel rispetto dei principi di programmazione commerciale contenuti nella presente legge e nelle disposizioni di cui alla legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale);

h) favorire l’innovazione anche attraverso l’associazionismo e le reti stabili di imprese che realizzano progetti innovativi per la distribuzione e per il coordinamento tra produzione e distribuzione al fine di valorizzare i prodotti tipici umbri;

i) realizzare un sistema coordinato di monitoraggio riferito all’entità e all’efficienza della rete distributiva e alla consistenza e all’andamento dell’occupazione del settore, attraverso l’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 32.

 

          Art. 5 bis. (Programmazione regionale) [10]

     1. La Giunta regionale con proprio regolamento definisce i criteri e le modalità per l'attuazione degli obiettivi di cui all'articolo 5, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 [11].

     1-bis. La Giunta regionale, nel rispetto delle procedure di concertazione e partenariato istituzionale e sociale previste dall'articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria) e in coerenza con gli obiettivi della programmazione regionale e con le strategie definite dal documento annuale di programmazione, adotta il Piano triennale di indirizzo strategico del commercio, di seguito Piano triennale, e lo trasmette al Consiglio regionale per l'approvazione [12].

     1-ter. Il Piano triennale contiene:

a) la ricognizione e l'analisi delle principali tendenze del commercio in Umbria e la loro comparazione con quanto avviene a livello nazionale e internazionale;

b) la definizione degli obiettivi di promozione e sostegno delle attività commerciali;

c) la definizione di forme di sostegno e tutela dei centri commerciali naturali e dei negozi storici;

d) l'individuazione delle principali iniziative anche di carattere pluriennale attraverso cui realizzare gli obiettivi di cui al comma 1;

e) la ricognizione delle risorse finanziarie disponibili per il perseguimento degli obiettivi annuali;

f) i criteri e i termini per il monitoraggio e la verifica dello stato di attuazione delle azioni previste dal Piano triennale [13].

     1 quater. Il Piano triennale ha efficacia fino all'approvazione del successivo e, comunque, può essere modificato ed aggiornato dalla Giunta regionale. Le modifiche e gli aggiornamenti del Piano triennale seguono il procedimento di cui al comma 1bis [14].

     1 quinquies. La Giunta regionale entro il 30 aprile di ogni anno approva il Piano di attuazione del Piano triennale e trasmette al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione del medesimo Piano triennale [15].

     2. La Giunta regionale con l’atto di cui al comma 1 e con il regolamento regionale di cui all’articolo 62, comma 1, lettere a), b) e c) della legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale) definisce, inoltre, i criteri di pianificazione territoriale e urbanistica riferiti al settore commerciale prevedendo in particolare:

a) gli indirizzi al fine dell’individuazione delle aree da destinare agli insediamenti commerciali, promuovendo il contenimento dell’uso del territorio verificando, tra l’altro, la dotazione a destinazione commerciale esistente;

b) le condizioni e i criteri cui i comuni devono attenersi per l’individuazione, attraverso gli strumenti urbanistici, delle aree idonee per la localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita;

c) i requisiti urbanistici, in termini di accessibilità veicolare e pedonale anche per portatori di handicap, di dotazione di standard ambientali e parcheggi pertinenziali delle diverse tipologie di strutture di vendita;

d) i criteri per incentivare il recupero, l’ammodernamento e la qualificazione delle aree di insediamento commerciale che tengono conto della qualità del contesto paesaggistico ed ambientale promuovendo il miglioramento del bilancio delle emissioni.

     3. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo, al fine di omogeneizzare gli interventi di programmazione comunale, indica i criteri qualitativi per l’insediamento delle attività commerciali, da parte dei comuni, anche con riferimento alle aree del territorio regionale di cui all’articolo 6.

     4. La Regione può compartecipare alle iniziative delle istituzioni pubbliche e delle categorie economiche nell’ambito degli obiettivi di cui alla presente legge.

 

     Art. 5 ter. (Programmazione comunale) [16]

     1. I comuni, al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, valutate le caratteristiche e le tendenze della distribuzione commerciale e nel rispetto di quanto disposto dal regolamento e dall'atto di indirizzo di cui all'articolo 5-bis, adottano, previa la concertazione di cui all’articolo 5 quater, un atto di programmazione che disciplina le modalità di applicazione dei criteri qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento all’insediamento di tutte le attività commerciali, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio. Tale atto di programmazione tiene conto, altresì, delle caratteristiche urbanistiche e di destinazione d’uso dei locali, dei fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, aree verdi, parcheggi, delle caratteristiche qualitative degli insediamenti, dell’armonica integrazione con le altre attività economiche e del corretto utilizzo degli spazi pubblici o di uso pubblico [17].

     2. I comuni adeguano i propri strumenti urbanistici anche in relazione a singole varianti nel rispetto delle disposizioni della l.r. 11/2005, tenuto conto dei criteri di cui all’articolo 5 bis, comma 2 adottati dalla Giunta regionale, e, in relazione alla previsione di nuovi insediamenti commerciali, individuano:

a) le aree da ritenersi sature rispetto alla possibilità di localizzarvi nuovi insediamenti tenuto conto delle condizioni di sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica e di mobilità relative a specifici ambiti territoriali, ed in particolare:

1) del grado di congestione delle infrastrutture stradali, da valutare in base al numero di mezzi; numero di innesti e di accessi diretti; numero delle funzioni svolte (collegamento interprovinciale, mobilità in area metropolitana, collegamento ad area industriale, collegamento esercizi commerciali);

2) dell'idoneità delle caratteristiche delle infrastrutture rispetto alle funzioni svolte;

3) del livello di emissioni inquinanti dovute al traffico veicolare ed alle attività produttive e commerciali già insediate;

4) delle caratteristiche della qualità della circolazione, anche dal punto di vista degli utenti, in considerazione delle funzioni assegnate alla strada nell'ambito della propria rete e del proprio ambito territoriale di riferimento, secondo i livelli di servizio di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 5 novembre 2001 (Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade) e le norme regionali di settore;

5) dell'ammontare dei costi per le amministrazioni pubbliche interessate ai fini dell'adeguamento delle infrastrutture e della tutela delle risorse essenziali del territorio [18];

b) le aree di localizzazione delle medie e delle grandi strutture di vendita, tenendo anche conto, nel rispetto di quanto disposto dal regolamento di cui all'articolo 5-bis, comma 1, degli effetti d’ambito sovracomunale e di fenomeni di addensamento di esercizi che producono impatti equivalenti a quelli delle grandi strutture di vendita [19].

     3. Le determinazioni dei comuni di cui ai commi 1 e 2 possono essere differenziate in relazione a singole parti del territorio comunale o zone ed alla tipologia degli esercizi di cui all’articolo 4. In particolare la strumentazione urbanistica per l’insediamento in aree non esclusivamente commerciali può disporre limitazioni all’insediamento di attività commerciali in relazione alle classificazioni di cui all’articolo 4.

     4. I comuni, previa valutazione delle problematiche della distribuzione commerciale nei centri storici e delle interrelazioni esistenti con le altre componenti territoriali, economiche e sociali, con apposito atto oppure nell’ambito del Quadro strategico di valorizzazione di cui alla legge regionale 10 luglio 2008, n. 12, promuovono:

a) la crescita, il ricambio e la diversificazione delle attività, in raccordo con gli strumenti urbanistici comunali;

b) la permanenza di esercizi storici con particolare attenzione alle merceologie scarsamente presenti, anche mediante incentivi;

c) l’individuazione di porzioni di territorio ubicate in aree limitrofe funzionalmente collegate con il centro storico;

c bis) l'integrazione dell'attività commerciale anche con eventi di interesse culturale e di spettacolo [20].

     5. I comuni, per le finalità di cui al comma 4, possono:

a) differenziare le attività commerciali con riferimento a specifiche classificazioni di carattere dimensionale, merceologico e qualitativo per contribuire ad un ampliamento di opportunità di insediamento nel centro storico;

b) disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa costituisca un contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali;

b bis) promuovere la valorizzazione dei contesti commerciali urbani intesi come aree, in particolar modo adiacenti o integrate con i centri storici, in cui le funzioni distributive svolgono ruoli significativi per tradizione, vocazione, caratteristiche o potenzialità di sviluppo [21];

b ter) realizzare attività, iniziative e funzioni coordinate tra pubblico e privato, per lo sviluppo delle funzioni commerciali e per la tutela dei consumatori [22];

b quater) promuovere azioni a sostegno della costituzione dei centri commerciali naturali per l'attuazione della presente legge [23].

     5 bis. I Comuni esercitano le funzioni di vigilanza e controllo su tutte le attività disciplinate dalla presente legge e, in caso di violazione, irrogano le relative sanzioni amministrative [24].

     5 ter. I Comuni trasmettono annualmente al servizio regionale competente in materia di commercio i dati relativi alla consistenza della rete commerciale con riferimento ad ogni singola tipologia commerciale [25].

 

     Art. 5 quater. (Concertazione) [26]

     1. La Regione e i comuni, ai fini della presente legge, attuano la concertazione intesa come esame preliminare degli atti di indirizzo, programmazione e sviluppo con le associazioni dei consumatori, le organizzazioni imprenditoriali del commercio maggiormente rappresentative e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti.

 

     Art. 6. (Ripartizione del territorio regionale).

     1. Ai fini della presente legge e secondo quanto disposto all'articolo 6, comma 3, lettera b), del decreto, il territorio della Regione Umbria è suddiviso in aree sovracomunali, configurabili come unico bacino di utenza e costituite dal territorio del Comune dove è ubicata l'attività commerciale e dal territorio dei Comuni confinanti [27].

     2. [Sono inoltre individuate, ai fini di una più puntuale ed articolata programmazione, le seguenti zone ad alta densità commerciale:

     - nell'ambito dell'area sovracomunale n. 1 - Perugia, la zona denominata 1/A Perugia ovest, comprendente il territorio dei comuni di Corciano, Perugia e la zona denominata 1/B - Perugia sud-est, comprendente i comuni di Perugia, Torgiano e Deruta;

     - nell'ambito dell'area sovracomunale n. 2 Terni la zona denominata n. 2 - Ternana, comprendente il territorio dei comuni di Terni e Narni;

     - nell'ambito dell'area sovracomunale n. 3 - Foligno, la zona denominata n. 3 - Folignate, comprendente il territorio dei comuni di Spello, Trevi e Foligno] [28]

     3. [La specificazione dei comuni appartenenti alle singole aree sovracomunali è contenuta nell'allegato alle presenti norme delle quali costituisce parte integrante] [29].

 

     Art. 7. (Criteri). [30]

     [1. I Comuni, nella definizione degli indirizzi generali per le attività commerciali di cui all'art. 5, oltre agli obbiettivi ivi indicati ed alla ripartizione del territorio regionale di cui all'art. 6, devono tenere presenti i seguenti criteri:

     a) promuovere l'integrazione degli interventi di programmazione e di indirizzo dell'apparato distributivo nell'ambito di progetti generali di valorizzazione del territorio o di sue parti ed operare attraverso un progetto di intervento, concepito unitariamente e quantificato nei tempi di realizzazione;

     b) favorire la nascita di nuove iniziative attraverso processi di riconversione controllata delle realtà distributive marginali o meno produttive anche favorendone l'associazionismo;

     c) curare una costante integrazione degli interventi pubblici con le iniziative private intraprese da operatori, consumatori, loro rappresentanze di categoria e centri di assistenza tecnica di cui all'art. 23 del decreto;

     d) predisporre un efficiente sistema di monitoraggio delle variabili locali che interessano la distribuzione commerciale, anche finalizzato al corretto ed efficiente funzionamento dell'Osservatorio regionale del commercio di cui all'art. 32.

     2. Entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i Comuni, in attuazione di quanto previsto all'art. 6, comma 5, del decreto, provvedono ad adeguare i propri strumenti urbanistici generali e attuativi nonché i regolamenti di polizia locale:

     a) alle disposizioni di urbanistica commerciale, dettate dalla Regione;

     b) a quanto disposto dalla presente legge.

     3. I Comuni, inoltre, nei termini e secondo le modalità specificate negli articoli seguenti, provvedono a dotarsi di uno o più strumenti specifici di indirizzo dell'apparato distributivo, a seconda della propria ampiezza territoriale e demografica, delle problematiche presenti nel settore e delle scelte di intervento operate.

     4. I Comuni, ferma restando la ripartizione del territorio predisposta per finalità di programmazione urbanistica, ai fini di garantire la migliore articolazione dell'offerta commerciale sul territorio e la migliore rispondenza delle tipologie di vendita alle diverse esigenze presenti nelle sue parti, possono suddividere il proprio territorio in aree o zone commerciali omogenee.

     5. Il Comune, anche qualora non intenda operare la ripartizione del territorio in zone commerciali omogenee, deve comunque individuare il centro storico.

     [6. I Comuni, ai fini dell'applicazione dei limiti di cui all'art. 6, comma 2, lettera b) del decreto procedono all'individuazione delle località di particolare interesse artistico e naturale.] [31]]

 

     Art. 8. (Programmazione urbanistica). [32]

     [1. I criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale sono individuati, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 6, comma 2, del decreto, come segue:

     a) obbligo per i Comuni di formulare, negli strumenti urbanistici, norme specifiche per il commercio e di individuare aree destinate ad insediamenti commerciali, in conformità agli strumenti di programmazione territoriale e di pianificazione urbanistica previsti dalla legge regionale 10 aprile 1995, n. 28, come modificata dalla legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31;

     b) correlazione e contestualità dei procedimenti commerciale ed urbanistico, attraverso la preventiva acquisizione di autorizzazione per le medie e grandi strutture di vendita;

     c) conformità urbanistica, ai fini dell'inoltro delle istanze di rilascio delle autorizzazioni all'apertura, ampliamento e trasferimento di medie e grandi strutture di vendita, attestata dal Comune;

     d) finalizzazione di eventuali limiti per la tutela artistica, culturale e ambientale ai sensi dell'art. 6, comma 2, lettera b) del decreto e parametri e standard minimi di cui alla lett. c), al solo fine di tutela di interessi di natura urbanistica.

     2. La strumentazione urbanistica per l'insediamento in aree non esclusivamente commerciali può:

     a) individuare le attività da considerare compatibili, anche disponendo limitazioni di carattere merceologico;

     b) disporre limitazioni quantitative in relazione alla eventuale presenza in dette aree di attività commerciali ordinarie.]

 

SEZIONE II

ATTIVITA' DI FORMAZIONE

 

     Art. 9. (Requisiti professionali per l'esercizio di attività commerciali) [33]

     1. L'esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all'alimentazione umana, di un'attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentito a chi è in possesso di uno dei requisiti professionali di cui all'articolo 71, commi 6 e 6-bis del d.lgs. 59/2010 .

     2. Il requisito professionale di cui all'articolo 71, comma 6, lettera a) del d.lgs. 59/2010 è conseguito mediante il superamento di un esame all'esito della frequentazione di un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalla Regione.

     3. La Giunta regionale, in attuazione degli accordi assunti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, al fine di garantire livelli formativi e professionali omogenei su tutto il territorio regionale, sentite le Camere di commercio o gli enti di formazione di emanazione di associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore commercio, stabilisce con proprio atto:

a) le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi professionali di cui all'articolo 71, comma 6, lettera a), del d.lgs. 59/2010 , garantendone l'effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti individuati nel rispetto della normativa in materia di affidamento di servizi;

b) le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale o riqualificare gli operatori in attività, prevedendo forme di incentivazione per la partecipazione ai corsi da parte degli operatori delle piccole e medie imprese del settore commerciale, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di stato.

     4. La Giunta regionale, con l'atto di cui al comma 3, disciplina altresì le modalità di svolgimento e i contenuti dei corsi professionali.

     5. La Giunta regionale, nell'ambito dell'attività di programmazione degli interventi a sostegno delle attività commerciali, al fine di garantire adeguati livelli formativi e professionali anche per le attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico non alimentare, individua con proprio atto, attraverso il ricorso alle Camere di commercio o agli enti di formazione di emanazione di Associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore, idonei percorsi formativi finalizzati ad elevare il livello professionale o riqualificare gli operatori in attività.

 

SEZIONE III

DISCIPLINA DELL'ATTIVITA' DI VENDITA

 

     Art. 10. (Centri commerciali). [34]

     1. Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera g) del decreto, i centri commerciali costituiti da più esercizi inseriti in una struttura a destinazione specifica che usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente sono classificati come un’unica media o grande struttura, a norma dell’articolo 4 della presente legge. La necessità di apposita e distinta autorizzazione per il centro commerciale non esime dal rispetto di quanto disposto agli articoli 7, 8 e 9 del decreto, per l’attivazione dei singoli esercizi commerciali in esso inseriti.

     2. Nell’ipotesi in cui la somma delle superfici di vendita presenti in un centro commerciale corrisponda ad una media o grande struttura, deve essere attivato il procedimento relativo alla apertura della media o grande struttura di vendita corrispondente. Gli esercizi all’interno della media o grande struttura di vendita che configura un centro commerciale, non sono trasferibili al di fuori del centro commerciale, configurandosi questo ultimo come una struttura unitaria.

     3. [Si è in presenza di un centro commerciale anche qualora ricorra una delle seguenti caratteristiche:

     a) presenza di un corpo comune di collegamento, anche configurato come copertura, tra due o più medie o grandi strutture di vendita fisicamente staccate;

     b) distanza tra medie strutture di vendita di tipo M2, tra medie strutture di vendita di tipo M2 e grandi strutture e tra grandi strutture di vendita, inferiore a quaranta metri lineari, calcolata dai rispettivi muri perimetrali salvo la maggiore distanza stabilita nei regolamenti locali comunque non superiore a metri sessanta] [35].

     4. Per apertura di un centro commerciale, ai sensi del combinato disposto degli articoli 4, comma 1, lettera g), 8 e 9 del decreto e dei commi 1, 2 e 3, si intende non solo l’attivazione di un complesso commerciale concepito e realizzato sulla base di un apposito progetto, ma anche l’attivazione, in un complesso immobiliare unitario, di un centro realizzato mediante più operazioni formalmente distinte di apertura, trasferimento o ampliamento o accorpamento di attività commerciali, in un arco di tempo inferiore a trentasei mesi, e pertanto da considerarsi contestuali quando vengano superati i limiti dimensionali previsti dall’articolo 4.

     4-bis. La diversa articolazione interna della superficie di vendita degli esercizi commerciali presenti in un centro commerciale sono soggette a SCIA da presentare secondo le modalità di cui all'articolo 4-bis, salvo superamento degli standard urbanistici e di viabilità di categoria dimensionale originariamente previsti. In tal caso trova applicazione la procedura di autorizzazione di cui al comma 1 [36].

     5. Nell’ipotesi di cui al comma 4, la domanda di autorizzazione per il centro, complessivamente considerato, deve essere inoltrata dal promotore o dal legale rappresentante dell’organismo di gestione del centro o, in mancanza, dal titolare dell’esercizio che, con il proprio ingresso nel centro, fa superare i limiti dimensionali minimi previsti.

     5 bis. [Per centri commerciali naturali si intendono aggregazioni di operatori del commercio, artigianato, turismo e servizi ubicati in ambiti omogenei, che mediante forme associative realizzano politiche di sviluppo comuni] [37].

     5-ter. I pubblici esercizi che, pur inseriti nel medesimo centro commerciale, sono dotati di accesso autonomo al pubblico, possono prevedere un diverso orario di apertura [38].

 

          Art. 10 bis. (Poli commerciali) [39]

     1. Per polo commerciale si intende un complesso di esercizi contigui o adiacenti la cui superficie di vendita complessiva sia pari o superiore alle dimensioni di una media struttura di tipo M3, comprendente almeno una media struttura di vendita e costituente un’unica entità economico commerciale. Il polo, a seconda della superficie, è considerato un’unica media struttura M3 o un’unica grande struttura di vendita.

     2. L’apertura di un polo commerciale avviene sulla base di un apposito progetto o mediante l’avvio di più operazioni formalmente distinte di apertura, trasferimento o ampliamento o accorpamento di attività commerciali in un arco di tempo inferiore a trentasei mesi. Tali operazioni sono considerate contestuali quando vengono superati i limiti dimensionali minimi previsti per le tipologie G e M3.

     3. La domanda di autorizzazione per il polo commerciale è presentata con la stessa procedura di cui all’articolo 18, dal promotore o dal legale rappresentante dell’organismo di gestione del polo o, in mancanza, dal titolare dell’esercizio che, con il proprio ingresso nel polo, fa superare i limiti dimensionali minimi previsti.

     3-bis. L'autorizzazione di polo commerciale è rilasciata a:

a) soggetto promotore;

b) presidente dell'organismo unitario di gestione del polo;

c) a ciascun titolare delle autorizzazioni delle attività che ne fanno parte [40].

     3-ter. La diversa articolazione interna della superficie di vendita degli esercizi commerciali presenti in un polo commerciale sono soggette a SCIA da presentare secondo le modalità di cui all'articolo 4-bis, salvo superamento degli standard urbanistici e di viabilità originariamente previsti. In tal caso trova applicazione la procedura di autorizzazione di cui al comma 3 [41].

     3-quater. Sono classificati polo commerciale gli esercizi commerciali inseriti in un medesimo piano attuativo con progetto di carattere unitario e oggetto di richiesta di approvazione unica oltre che di autorizzazione per ciascuna attività commerciale prevista dal medesimo progetto. Sono classificati polo commerciale, inoltre, gli esercizi commerciali inseriti in:

a) edifici contigui i cui perimetri si tocchino;

b) edifici nei quali sono inseriti più esercizi commerciali in piani sovrastanti;

c) edifici adiacenti i cui perimetri si trovino ad una distanza lineare inferiore a 40 metri;

d) edifici adiacenti i cui perimetri si trovino ad una distanza lineare superiore a 40 metri, qualora vi siano collegamenti strutturali di qualsiasi tipo tra detti edifici;

e) un unico edificio dotato di più ingressi autonomi e indipendenti e servizi non gestiti unitariamente [42].

     3-quinquies. Il perimetro dell'edificio e le distanze tra gli edifici sono calcolate con le modalità stabilite dal regolamento regionale 3 novembre 2008, n. 9 (Disciplina di attuazione dell'art. 12, comma 1, lettere a) e d-bis) della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l'attività edilizia) - Criteri per regolamentare l'attività edilizia e per il calcolo delle superfici, delle volumetrie, delle altezze e delle distanze relative alla edificazione). Ai fini della classificazione di polo commerciale, sono considerati anche gli edifici separati da strade delle tipologie F-Strade locali e F-bis-Itinerari ciclopedonali di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) [43].

     3-sexies. Le dotazioni territoriali minime e gli standard urbanistici degli esercizi presenti in un polo commerciale, previste dal regolamento regionale 25 marzo 2010, n. 7 (Regolamento regionale sulla disciplina del Piano comunale dei servizi alla popolazione, delle dotazioni territoriali e funzionali minime degli insediamenti e delle situazioni insediative di cui all'articolo 62, comma 1, lettere a), b) e c) della legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale)), sono calcolati distintamente per ciascun singolo esercizio [44].

     4. I comuni non possono rilasciare singole autorizzazioni senza l’autorizzazione complessiva dell’intero polo commerciale.

 

     Art. 11. (Compatibilità territoriale delle medie e grandi strutture di vendita).

     1. L'apertura di grandi e medie strutture di vendita di cui alla Sezione IV, può avvenire solo nel territorio di Comuni, la cui classe di appartenenza, ai sensi dell'art. 3, risulti compatibile con la categoria e tipologia dell'esercizio, secondo quanto indicato nella tabella che segue:

 

CLASSE DEL COMUNE

TIPOLOGIE INCOMPATIBILI

 

 

I.   oltre 50.000 abitanti

Nessuna

II.  10.000 - 50.000

G2/A

III. 3.000 - 10.000

G2 e G1/A

IV.  meno di 3.000

G2, G1, M2/A

 

     2. I vincoli di cui al comma 1 non trovano applicazione per i Comuni compresi nelle zone ad alta densità commerciale di cui all'art. 6, comma 2, né qualora la media o grande struttura di vendita si collochi a non oltre 2 km. in linea d'aria da una delle seguenti vie di comunicazione di interesse regionale:

     - Autostrada A1 e relativi raccordi autostradali Perugia - Bettolle e Terni - Orte,

     - S.S. E45,

     - S.S. 75,

     - S.S. n. 3 Flaminia.

     2 bis. Ai Comuni di cui al comma 2, si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui agli articoli 5 bis, 5 ter e in particolare dell’articolo 6 della presente legge, al fine di prevenire consumo del territorio, alterazione del contesto ambientale e modifiche alle gerarchie territoriali [45].

 

          Art. 11 bis. (Criteri e modalità per l'individuazione di aree per nuovi insediamenti) [46]

     1. Con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 11, i Comuni, nelle more dell'approvazione dell'atto di programmazione di cui all'articolo 5-ter, applicano le disposizioni dettate dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 5-bis.

 

SEZIONE IV

PROGRAMMAZIONE REGIONALE DELLE GRANDI STRUTTURE DI VENDITA

 

     Art. 12. (Disponibilità per il rilascio di nuove autorizzazioni per grandi strutture di vendita). [47]

     [1. Il rilascio di autorizzazioni per l’apertura di grandi strutture di vendita, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, è consentito in conformità a quanto stabilito nell’allegato A.

     2. Con cadenza biennale, nel rispetto delle procedure previste dall’articolo 6, comma 4, del decreto, l’allegato A è sottoposto a verifica da parte del Consiglio regionale che può disporne l’aggiornamento e l’adeguamento. L’eventuale modificazione dei parametri numerici e delle condizioni in esso contenute è legata all’evoluzione degli indicatori della rete distributiva regionale, ai mutamenti intervenuti nel mercato, nella situazione socioeconomica regionale o in altri fattori influenti sulla distribuzione commerciale.]

 

          Art. 12 bis. (Commercio al dettaglio nelle medie strutture di vendita) [48]

     1. Fatto salvo quanto previsto per gli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita inferiori M1 di cui al comma 1, dell’articolo 4-bis, l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie di vendita fino ai limiti di cui all’articolo 4 e la modifica, quantitativa o qualitativa di settore merceologico di una media struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune competente per territorio entro novanta giorni dalla data di ricevimento della domanda. Decorso inutilmente tale termine la domanda si intende accolta [49].

     2. Per le medie strutture superiori di tipologia M3 l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie di vendita fino ai limiti di cui all’articolo 4 e la modifica, quantitativa o qualitativa di settore merceologico è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal Comune competente per territorio, su conforme determinazione della Conferenza di servizi di cui all’articolo 18.

     3. Il Comune sulla base di quanto previsto all’articolo 5 definisce, anche in riferimento a zone del proprio territorio, le condizioni ed i criteri qualitativi per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, previa concertazione. L’individuazione dei criteri è preceduta da una analisi preliminare delle caratteristiche dell’apparato distribuivo al dettaglio e da una valutazione che tiene conto dei motivi imperativi di interesse generale di cui all’articolo 5 bis, comma 1.

 

     Art. 13. (Commercio al dettaglio nelle grandi strutture di vendita) [50]

     1. L’apertura, l’ampliamento di superficie, l’aggiunta di settore merceologico, la rilocalizzazione e il trasferimento di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune territorialmente competente, su conforme determinazione della Conferenza di servizi di cui all’articolo 18.

     2. Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1 deve concludersi entro due anni dalla richiesta dell’autorizzazione stessa. Il Comune, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 22, comma 4 del d.lgs. 114/1998, può concedere, per giustificati motivi, una unica proroga per l’attivazione pari ad un periodo massimo di due anni, dandone comunicazione alla Regione e alla Provincia competente.

 

     Art. 14. (Domande concorrenti per l’apertura di grandi strutture di vendita) [51]

     1. Per domande concorrenti, ai fini della valutazione della Conferenza di Servizi di cui all’articolo 18, si intendono quelle presentate al Comune competente nel corso del medesimo mese. Sono concorrenti anche le domande presentate nel medesimo mese in diversi comuni appartenenti allo stesso bacino di utenza od aree ad alta densità commerciale.

     2. Per l’apertura di nuove grandi strutture di vendita, tra più domande concorrenti è data priorità:

a) alle domande accompagnate da contestuale rinuncia a una o più medie o grandi strutture di vendita con impegno alla riassunzione del relativo personale;

b) alle domande accompagnate da contestuale impegno ad assumere lavoratori posti in mobilità o in esubero per chiusura di altre attività commerciali.

     3. Le strutture di vendita di cui al comma 2 devono essere ubicate nel medesimo Comune o, trattandosi di rilocalizzazione, nella medesima zona ad alta densità commerciale.

 

     Art. 15. (Ampliamento di grandi strutture di vendita). [52]

     [1. L’ampliamento di superficie di grandi strutture di vendita è soggetto ad autorizzazione del comune, su conforme parere della Conferenza di servizi di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto.

     2. I soggetti titolari di autorizzazioni all’esercizio di grandi strutture di vendita classificate in tipologia G1, rilasciate prima dell’entrata in vigore della presente legge, decorso un triennio dalla data del rilascio del titolo autorizzatorio, possono ottenere l’ampliamento della superficie di vendita nei limiti del trenta per cento della superficie massima prevista per la tipologia G1, indicata all’articolo 4, comma 1, fermo il rispetto delle disposizioni in materia urbanistica, igienico-sanitaria e di sicurezza. Tale ampliamento è concesso per una sola volta, anche qualora la superficie dell’esercizio risultante dallo stesso comporti la classificazione dell’esercizio nella tipologia superiore G2 [53].

     3. I soggetti titolari di autorizzazione all’esercizio di grandi strutture di vendita di tipo G2, decorso un biennio dalla data di rilascio dell’autorizzazione, hanno titolo ad ottenere l’ampliamento della relativa superficie di vendita nei limiti del trenta per cento della superficie massima prevista per la tipologia G2, indicata all’articolo 4, comma 1, fermo il rispetto delle disposizioni in materia urbanistica, igienico-sanitaria e di sicurezza. L’ampliamento è concesso per una sola volta anche qualora la superficie dell’esercizio risulti già superiore a quella massima indicata per la tipologia G2 all’articolo 4, comma 1.

     4. Nei casi previsti nei commi 2 e 3 l’ampliamento è concesso mediante rilascio di un nuovo titolo in sostituzione di quello che ha dato titolo all’ampliamento.

     5. L’ampliamento di superficie di una grande struttura di vendita o di un centro commerciale destinato esclusivamente alla vendita di prodotti tipici umbri è sempre concesso nel limite massimo del dieci per cento della superficie già autorizzata, escluso l’ampliamento di superficie eventualmente concesso ai sensi del comma 2. L’eventuale superamento dei limiti di cui all’articolo 4, comma 1, per effetto dell’ampliamento di superficie, non comporta il mutamento di tipologia e di tale superficie aggiuntiva non si tiene conto ai fini dell’ampliamento di cui al comma 2. La superficie aggiuntiva concessa non può essere utilizzata per la vendita di prodotti diversi da quelli tipici umbri, pena la revoca dell’autorizzazione e l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’articolo 47 della L.R. 24/1999.]

 

     Art. 16. (Aggiunta di settore merceologico). [54]

     [1. L'aggiunta di un settore merceologico, in una grande struttura di vendita esistente e senza variazione della superficie complessiva è autorizzabile a condizione che vengano contestualmente rinunciate ed accorpate una o più medie strutture di vendita, già autorizzate per il nuovo settore richiesto. La somma delle superfici delle strutture rinunciate o accorpate non deve essere inferiore alla superficie che si intende destinare al nuovo settore.

     2. Qualora l'operazione di aggiunta di un settore merceologico mancante avvenga contestualmente all'ampliamento della superficie dell'altro settore già autorizzato, per tale ampliamento si applicano le disposizioni dell'articolo 15.]

 

     Art. 17. (Trasferimento e rilocalizzazione delle grandi strutture di vendita). [55]

     1. Fuori dei casi di rilocalizzazione di cui al comma 2, il trasferimento di sede delle grandi strutture di vendita, nell'ambito del territorio comunale, è autorizzato dal Comune, previa valutazione da parte della Conferenza di servizi di cui all'art. 9 del decreto degli effetti sul tessuto commerciale e di ogni altro aspetto di rilievo, a condizione che la nuova ubicazione prescelta sia conforme alle disposizioni regionali e locali in materia di urbanistica commerciale.

     2. La rilocalizzazione di una grande struttura di vendita è ammessa alle seguenti condizioni cumulative:

     a) che essa avvenga tra Comuni della medesima zona ad alta densità commerciale, di cui all'art. 6, comma 2;

     b) [che nell'allegato A vi siano disponibilità per nuove grandi strutture di vendita] [56].

     3. [La rilocalizzazione in ogni caso assorbe una disponibilità per apertura di grandi strutture di vendita nella zona ad alta densità nella quale avviene] [57].

 

     Art. 18. (Procedimento per il rilascio delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita e per le medie strutture superiori di tipologia M3) [58]

     1. La domanda per il rilascio dell’autorizzazione per le grandi strutture di vendita e per le medie strutture superiori di tipologia M3 è presentata dall’interessato al Comune territorialmente competente mediante lo Sportello unico per le attività produttive. Alla domanda è allegato il progetto urbanistico preliminare con la documentazione relativa alla destinazione d’uso dei suoli ed un analitico studio progettuale di sviluppo e di incidenza, i cui contenuti costituiscono elementi essenziali ai fini della valutazione.

     2. Il Comune, entro i successivi quindici giorni dal ricevimento della domanda, provvede ad integrare, se necessario e per quanto di sua competenza, la documentazione allegata e, nel contempo, invita l’interessato a procedere alla eventuale regolarizzazione o integrazione, nel termine di trenta giorni dalla relativa comunicazione. La domanda, completa degli allegati, è inviata entro quindici giorni dalla regolarizzazione alla Regione [59].

     3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che l’interessato abbia provveduto a quanto richiesto la domanda è archiviata.

     4. La domanda è esaminata da una Conferenza di servizi indetta dal Comune competente a cui partecipano un rappresentante della Regione, un rappresentante della Provincia e un rappresentante del Comune, e, a titolo consultivo, il rappresentante dell'impresa interessata [60].

     5. Nel termine di trenta giorni, decorrente dall’invio alla Regione della documentazione di cui al comma 2, il Comune, previa intesa con la Provincia e con la Regione, indice, presso la propria sede, la Conferenza di servizi, che deve concludersi non oltre il novantesimo giorno successivo alla data di indizione [61].

     6. Della data di indizione della Conferenza è data notizia, mediante comunicazione dell’ordine del giorno a tutti i comuni appartenenti alla medesima area sovracomunale configurabile come unico bacino di utenza.

     7. Alle riunioni della Conferenza di servizi, svolte in seduta pubblica, sono invitati a partecipare a titolo consultivo, ai sensi dell’articolo 5 quater, rappresentanti dei comuni facenti parti del bacino di utenza, delle organizzazioni imprenditoriali del commercio, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni dei consumatori. Ove il bacino d’utenza riguardi anche parte del territorio di altra regione confinante, la Conferenza di servizi richiede alla stessa un parere non vincolante.

     8. La Conferenza di servizi tiene conto delle disposizioni dettate dagli atti di cui agli articoli 5-bis e 5-ter [62].

     9. La Conferenza di servizi prende atto degli accertamenti tecnici e di conformità urbanistica effettuati dal Comune e valuta l’impatto territoriale localizzativo di accessibilità e di dotazioni infrastrutturali e le caratteristiche qualitative e funzionali dal punto di vista commerciale, i programmi di sviluppo dell’iniziativa e gli effetti della medesima sul bacino di utenza anche in base ad un analitico studio progettuale di sviluppo e di incidenza, redatto dal proponente, i cui contenuti costituiscono elemento qualificante della valutazione.

     10. [La Conferenza di servizi, nel caso di domande concorrenti previste per lo stesso bacino di utenza, tiene conto, per la determinazione conclusiva di cui al comma 11, dei criteri previsti allo stesso articolo 14] [63].

     11. La Conferenza di servizi adotta la determinazione conclusiva sulla base della valutazione di cui ai commi 8 e 9.

     12. Il Comune procedente, nel caso di determinazione positiva della Conferenza, provvede al rilascio dell’autorizzazione entro trenta giorni dalla conclusione dei lavori della Conferenza stessa; entro lo stesso termine, in caso di determinazione negativa, provvede a comunicare al richiedente il motivato diniego. La domanda si intende accolta qualora, decorsi trenta giorni dalla adozione della determinazione positiva, il Comune non abbia provveduto al rilascio dell’autorizzazione [64].

     13. Le deliberazioni della Conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro sessanta giorni dallo svolgimento della prima riunione. Il rilascio dell'autorizzazione è subordinato all'acquisizione del parere del rappresentante della Regione [65].

     14. Alle grandi strutture di vendita e alle medie superiori di tipologia M3 si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) relative alla verifica di assoggettabilità.

     15. In caso di progetti che richiedono la valutazione di impatto ambientale, i relativi accertamenti e valutazioni tecniche sono acquisite dalla Conferenza di cui al comma 4.

     15-bis. L'autorizzazione di cui al comma 1 decade nel caso di mancato avvio dell'attività entro due anni dalla scadenza del permesso di costruire o del relativo piano attuativo approvato, se presente [66].

     15-ter. La diversa articolazione interna della superficie di vendita degli esercizi commerciali di una media struttura superiore M3 o di una grande struttura sono soggette a SCIA da presentare secondo le modalità di cui all'articolo 4-bis, salvo superamento degli standard urbanistici e di viabilità originariamente previsti. In tal caso trova applicazione la procedura di autorizzazione di cui al presente articolo [67].

 

          Art. 18 bis. (Procedimento di variante ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. 447/1998) [68]

     1. Per l’istruttoria della domanda di cui all’articolo 18 non è necessaria la preliminare conformità urbanistica in presenza di procedimento di variante avviato mediante lo Sportello unico per le attività produttive, qualora sull’avvio del procedimento si sia espresso favorevolmente, previa concertazione, il Consiglio comunale del Comune competente [69].

     2. L’esito positivo della Conferenza di cui all’articolo 18 relativo al rilascio dell’autorizzazione è pregiudiziale per l’adozione della relativa variante.

     3. La Conferenza di cui all’articolo 18, in caso di variante urbanistica, è svolta ai sensi di quanto previsto dall’articolo 18, comma 5 della l.r. 11/2005 e in applicazione dell’articolo 5, comma 6 della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l’attività edilizia).

 

SEZIONE V

COMPITI DEI COMUNI

 

     Art. 19. (Strumenti di promozione). [70]

     [1. Al fine di promuovere l'equilibrato sviluppo delle medie strutture di vendita sul proprio territorio, nonché la loro integrazione con l'intero apparato distributivo, i Comuni, entro 8 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, si dotano degli strumenti necessari a garantire la promozione della rete comunale per le medie strutture di vendita, previa analisi ricognitiva dell'intero apparato distributivo al dettaglio del Comune e valutazione della situazione di mercato, in conformità agli indirizzi della programmazione regionale, al fine di:

     a) determinare il numero, la categoria dimensionale e la tipologia merceologica delle medie strutture di vendita di nuova realizzazione, secondo la classificazione operata all'art. 6 della presente legge. I Comuni delle classi I e II possono ulteriormente suddividere le medie strutture di vendita di tipo M2 in due sottocategorie dimensionali;

     b) disciplinare l'apertura, l'ampliamento merceologico o di superficie, il trasferimento delle medie strutture di vendita ed ogni altro aspetto non espressamente regolato dal decreto o dalla presente legge, nel rispetto dei principi di libera concorrenza e mobilità degli operatori sul territorio.

     2. La definizione degli strumenti di cui al comma 1, richiede la previa consultazione delle Associazioni dei consumatori e degli operatori commerciali più rappresentative a livello provinciale e delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori, e, per i Comuni delle classi I e II, delle rappresentanze comunali delle predette associazioni, qualora esistenti.

     3. Le determinazioni assunte dai Comuni ai sensi del comma 1, sono riviste ad aggiornate ogni quattro anni, con la stessa procedura.

     4. Va in ogni caso garantita la libera trasferibilità in tutto il territorio comunale delle medie strutture di vendita di tipo M1 non alimentare, in attività da almeno tre anni.

     [5. In sede di strumento di indirizzo e promozione delle medie strutture di vendita i Comuni possono aumentare i valori di superficie previsti all'art. 20, comma 3, lettera a) e ridurre le percentuali previste al medesimo art. 20, comma 4.] [71]

     5 bis. Le autorizzazioni per medie strutture di vendita possono essere rilasciate solo se previste nell’apposito strumento di promozione di cui al presente articolo, salve le ipotesi di accorpamento o concentrazione di cui all’articolo 20, comma 4 [72].]

 

     Art. 20. (Autorizzazioni per medie strutture di vendita). [73]

     [1. I Comuni rilasciano le autorizzazioni all'apertura, all'accorpamento, al trasferimento o all'ampliamento merceologico o di superficie di medie strutture di vendita sulla base dei criteri fissati nell'apposito strumento di promozione, nonché dei criteri di cui al presente articolo, disposti ai sensi dell'art. 8, comma 1, del decreto.

     2. Ai sensi dell'art. 10, comma 2, del decreto, salvo diversa e motivata regolamentazione del Comune in sede di strumento di indirizzo e promozione delle medie strutture di vendita, tra più domande concorrenti tendenti all'apertura di una media struttura di vendita, hanno priorità quelle che prevedono la concentrazione di almeno due preesistenti medie strutture di vendita, in attività da almeno tre anni, sempre che sussistano le medesime condizioni previste all'art. 14, comma 3, per le grandi strutture di vendita.

     3. Ai sensi dell'art. 10, comma 3 del decreto, l'ampliamento di superficie di una media struttura di vendita è sempre concesso qualora concorrano tutte le seguenti condizioni:

     a) l’ampliamento avvenga per concentrazione o accorpamento di esercizi commerciali in attività da almeno cinque anni al momento della domanda, conteggiati per il valore di novanta mq. o centocinquanta mq. ciascuno, a seconda della classe di appartenenza del comune, o per la superficie effettiva, se maggiore [74];

     b) l'ampliamento non superi i limiti dimensionali massimi previsti per il tipo di media struttura interessata, M1 o M2, in relazione alla classe di appartenenza del Comune;

     c) la domanda sia accompagnata da impegno di reimpiego del personale già operante negli esercizi commerciali da concentrare o accorpare.

     4. L’autorizzazione all’apertura di una media struttura di vendita è rilasciata qualora sia frutto di accorpamento o concentrazione di più esercizi in attività da almeno cinque anni al momento della domanda, sempre che la somma delle superfici cessate sia pari ad almeno il cento per cento della superficie di vendita della nuova struttura, o ad almeno il settanta per cento in caso di reimpiego del personale, conteggiate per il valore di novanta mq. o centocinquanta mq. ciascuno, a seconda della classe di appartenenza del comune, o per la superficie effettiva, se maggiore [75].

     [5. L'ampliamento della superficie di vendita delle medie strutture è sempre concesso nel limite del 10 per cento biennale in più per la tipologia M1 e del 5 per cento biennale in più per la tipologia M2. L'incremento è concesso per non più di due bienni e sempre che non venga superato il limite minimo della categoria GI.] [76]

     6. E' in facoltà dei Comuni prevedere, quale condizione o titolo di priorità per l'acquisizione di autorizzazioni per medie strutture di vendita, il reimpiego del personale, autonomo o dipendente, operante in esercizi di vicinato accorpati o comunque entro un'area di attrazione determinata dal Comune.

     7. La trasformazione di un esercizio di vicinato in una media struttura di vendita o di medie strutture di vendita dalla tipologia M1 alla tipologia M2, ed eventuali suddivisioni di quest’ultima, va prevista nello strumento di cui all’articolo 19 e va calcolata all’interno del numero delle autorizzazioni rilasciabili [77].

     8. E' in facoltà dei Comuni prevedere apposite disposizioni di favore o di semplificazione procedurale per l'aggiunta di settore merceologico alle medie strutture di vendita che siano in attività da almeno tre anni.

     8 bis. L’ampliamento di superficie di una media struttura di vendita è sempre concesso ai sensi e nel rispetto di quanto previsto all’articolo 15, comma 5 [78].]

 

     Art. 21. (Interventi per la valorizzazione dei centri storici). [79]

     [1. Ai fini di preservare, rilanciare e potenziare la funzione tipica del commercio nel centro storico ed il suo ruolo di polo primario di aggregazione della vita sociale, i Comuni, entro 8 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, si dotano di uno strumento di intervento per il centro storico, previo espletamento della procedura di cui all'art. 19, comma 2, integrato con le specifiche misure di agevolazione tributaria e di sostegno finanziario di cui all'art. 10, comma 1, lettera b) del decreto, nei limiti della programmazione e delle disponibilità di bilancio [80].

     2. Lo strumento può essere articolato come:

     a) specifico strumento di gestione del fenomeno distributivo nel centro storico;

     b) sezione specifica, allegata al piano per le medie strutture di vendita;

     c) componente di un intervento pluridisciplinare o progetto integrato o piano d'area nel quale più problematiche del centro storico vengono contestualmente affrontate.

     3. Lo strumento di intervento di cui al comma 1, previa ricognizione ed approfondimento delle problematiche della distribuzione commerciale nel centro storico e delle interrelazioni esistenti con le altre componenti territoriali, economiche e sociali, detta specifici criteri di sviluppo, potenziamento e rivitalizzazione della distribuzione, avendo come obiettivo la crescita, ricambio e diversificazione delle attività, in raccordo con gli strumenti urbanistici comunali.

     3 bis. Le amministrazioni comunali devono prevedere nello strumento di rivitalizzazione del centro storico, sulla base della ricognizione di cui al comma 3, disposizioni che incentivino la permanenza di esercizi storici, come definiti in un apposito atto a ciò dedicato, e che agevolino il ritorno delle merceologie scarsamente presenti [81].]

 

     Art. 22. (Modalità degli interventi). [82]

     [1. I Comuni, per le finalità di cui all'art. 21, possono:

     [a) sottoporre le comunicazioni di apertura degli esercizi di vicinato alle procedure di valutazione di impatto di cui all'articolo 23;] [83]

     b) esonerare in tutto o in parte dagli obblighi di concentrazione, accorpamento o reimpiego del personale per l'apertura di medie strutture di vendita o disporre altri incentivi, anche fiscali o tariffari, per la nascita della piccola e media distribuzione, compresa la possibilità di insediamento delle medie strutture di tipo M2 anche in assenza dello strumento previsto all'art. 19;

     c) disporre la temporanea intrasferibilità delle nuove attività sorte nel centro storico, per periodi non superiori a 3 anni dal loro insediamento;

     d) differenziare le attività commerciali e la relativa disciplina giuridica con riferimento a specifiche classificazioni di carattere dimensionale, merceologico ovvero, previa intesa con le rappresentanze di categoria degli operatori, qualitativo, sempre che ciò contribuisca ad un ampliamento di opportunità di insediamento nel centro storico;

     e) disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa costituisca un grave ed evidente contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali;

     f) rinnovare o confermare, con o senza modificazioni, esclusivamente per le finalità di cui alle lettere d) ed e), eventuali disposizioni programmatorie disposte per il centro storico ai sensi dell'art. 4 del decreto legge 9 dicembre 1986, n. 832, convertito con legge 6 febbraio 1987 n. 15, le cui facoltà di intervento debbono considerarsi interamente comprese ed ampliate dalle presenti disposizioni;

     g) subordinare alla previa realizzazione di iniziative commerciali specifiche nel centro storico, l'utilizzazione di opportunità previste in altre parti del territorio;

     h) stabilire, per un periodo di tempo non superiore a 2 anni dall'approvazione dello strumento, contenuti limiti di superficie minima per ristrette categorie di esercizi la cui eccessiva presenza al centro storico risulti di comprovato ostacolo alla mobilità e ricambio della rete distributiva;

     i) stabilire priorità o obblighi di contestualità di realizzazione di iniziative;

     j) prevedere particolari agevolazioni per attività commerciali a carattere fortemente innovativo ed alternativo all'offerta esistente nonché a favore di iniziative, debitamente documentate, di commercio equo o solidale, gestito da organismi senza fini di lucro, formalmente riconosciuti;

     k) esonerare in tutto o in parte gli esercizi dall'obbligo di chiusura domenicale o festiva;

     l) esonerare in tutto o in parte gli esercizi dall'obbligo di chiusura infrasettimanale;

     m) disciplinare l'apertura notturna degli esercizi in modo più ampio rispetto al resto del territorio;

     n) stabilire disposizioni in materia di arredo urbano e di razionalizzazione degli edifici.

     2. Al fine di perseguire una reale integrazione dell'offerta commerciale tra centro storico e periferia, evitando bruschi mutamenti della disciplina giuridica e l'insorgere di rendite da posizione, il centro storico può essere suddiviso in due o più fasce contigue o concentriche nelle quali l'uso degli strumenti di indirizzo di cui al comma 1 è disposto con, criteri di gradualità.

     3. I Comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge risultino già dotati di strumenti analoghi a quello previsto dall'art. 21 possono procedere alla loro integrazione, adeguamento o semplice riconferma nei termini indicati al comma dello stesso articolo.

     4. Limitatamente alle aree o agli edifici aventi valore storico, archeologico, artistico ed ambientale non ubicati nel centro storico, i Comuni possono disporre vincoli di carattere dimensionale, merceologico o tipologico agli insediamenti delle attività commerciali, nei limiti strettamente necessari alle esigenze di tutela.

     5. Le disposizioni dell'art. 21 e quelle di cui al presente articolo possono essere estese dai Comuni ai centri storici delle principali frazioni e dei nuclei minori.]

 

     Art. 23. (Valutazione d'impatto commerciale). [84]

     [1. I Comuni, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto, fino alla data del 24 aprile 2001, salvo proroghe disposte dalla normativa nazionale, possono sottoporre a valutazione di impatto commerciale le comunicazioni di apertura degli esercizi di vicinato, sospendendone o inibendone gli effetti, nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti.

     2. In conformità a quanto disposto dall'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto, possono essere sottoposte a valutazione di impatto esclusivamente le comunicazioni concernenti:

     - l'apertura di esercizi commerciali di vicinato nei centri storici e solo a decorrere dalla data di approvazione dello specifico strumento di incentivazione di cui all'art. 21 ed in conformità a quanto nello stesso previsto;

     - l'apertura di esercizi commerciali nelle aree sovracomunali configurabili come unico bacino di utenza, limitatamente alle zone ad alta densità commerciale di cui all'art. 6, comma 2.

     3. Ai fini della valutazione di impatto, di cui al presente articolo, è equiparato all'apertura di nuovo esercizio il trasferimento da altra zona.

     4. In conformità a quanto disposto dall'art. 10, comma 3, lettera c) del decreto, la valutazione di impatto del nuovo esercizio è effettuata con riferimento all'apparato distributivo già esistente, al tessuto urbano o a programmi di qualificazione della rete commerciale, compresi gli strumenti previsti nei presenti indirizzi, ed è finalizzata a conseguire il passaggio graduale alla disciplina prevista dal decreto. A tal fine i Comuni provvedono a disporre un graduale allentamento dei vincoli di insediamento delle attività commerciali, articolato per tappe temporali, così da evitare un repentino effetto di liberalizzazione allo scadere del termine di cui al comma 1.

     5. Per tessuto urbano, ai fini del precedente comma, si intendono le attività economiche, residenziali ed i servizi di diretto interesse per la rete distributiva.

     6. Al fine di conseguire la massima trasparenza e semplificazione del procedimento amministrativo, i Comuni che intendono attivare la procedura di impatto provvedono a definirne i presupposti e gli elementi necessari affinché gli interessati possano procedere in proprio ad effettuare la prevista valutazione d'impatto ed autocertificarne l'esito, in conformità a quanto disposto all'art. 7, comma 2, lettera d) del decreto, ferma restando la successiva verifica della correttezza ad opera del Comune nel termine di 30 giorni ivi previsto.]

 

     Art. 24. (Progetti integrati di rivitalizzazione delle realtà minori). [85]

     1. I comuni possono dotarsi di un progetto integrato di rivitalizzazione delle frazioni o altre aree di interesse del proprio territorio aventi popolazione inferiore a 3000 abitanti e poste in posizione isolata dal capoluogo comunale, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera a) del decreto.

     2. Il progetto di cui al comma 1 prevede gli interventi più idonei a conseguire la rivitalizzazione del servizio distributivo ed almeno la permanenza di quello di prima necessità nelle aree di minore interesse commerciale, anche in deroga agli altri strumenti di indirizzo commerciale di cui il Comune è dotato; può inoltre prevedere la creazione di centri polifunzionali di servizi, tenuto conto dei punti di maggiore richiamo o transito autoveicolare.

     3. Per centri polifunzionali di servizi si intendono un esercizio commerciale, o più esercizi in unica struttura o complesso, cui si associano altri servizi alla popolazione.

     4. Per i centri polifunzionali di servizi i comuni possono stabilire specifici criteri qualitativi, curando la facilitazione all’abbinamento dei servizi e delle funzioni.

     5. Nei centri polifunzionali di servizi possono essere disposti esoneri dai tributi locali.

     6. Qualora nel Comune già esistano spontanei addensamenti di servizi o attività, che, tenuto conto dell’afflusso di persone e della collocazione, già parzialmente assolvano alle funzioni di servizio di cui al presente articolo, i centri polifunzionali di servizi sono preferibilmente creati mediante il loro potenziamento.

     7. In deroga al disposto del comma 1, i comuni appartenenti alla classe IV possono istituire centri polifunzionali di servizi anche nel capoluogo comunale.

     8. [Per attività di prossimità si intende l’esercizio commerciale di vicinato, di somministrazione, di artigianato e di servizi, compreso quello turistico, che svolge una funzione di presidio del territorio in quanto unico operatore di un centro storico o località] [86].

 

TITOLO III

ORARI DI VENDITA

 

     Art. 25. (Orari delle attività commerciali). [87]

     1. I comuni, nell’ambito dei poteri di cui all’articolo 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) ed ai sensi degli articoli 11 e seguenti del decreto, disciplinano gli orari di tutte le attività di vendita al dettaglio, compresa la vendita al pubblico di propri prodotti da parte di artigiani ed industriali, anche in modo differenziato. In assenza di specifiche disposizioni, a tutte le attività di vendita al dettaglio si applicano quelle previste per gli esercizi commerciali al dettaglio in area privata [88].

     2. Gli orari delle attività commerciali debbono rispondere alla finalità di massimo servizio per il consumatore, nel rispetto delle norme e delle relazioni sindacali in materia di lavoro dipendente e di tutela della qualità della vita degli operatori, con particolare riferimento alla piccola impresa a conduzione familiare.

     3. Il centro commerciale, come definito all'art. 4, comma 1, lettera g) del decreto, effettua un orario unico ed eventuali chiusure uniche per tutte le attività commerciali artigianali e di servizi in esso presenti, stabilito sulla base della merceologia prevalente nel centro stesso.

     3-bis. Il Comune competente per territorio può autorizzare, previa concertazione, orari di maggiore apertura per le attività di pubblici esercizi che pur inseriti in un centro commerciale, siano dotati di accesso autonomo al pubblico [89].

     4. Le rivendite di generi di monopolio che, oltre a questi, vendono esclusivamente i prodotti previsti nella relativa tabella speciale, seguono i turni e gli orari di apertura previsti dalla specifica normativa sulle rivendite.

     5. Ai sensi dell'art. 11, comma 2 del decreto, nell'ambito della fascia oraria 7.00 - 22.00 ciascun operatore sceglie il proprio orario di apertura, per un massimo di 13 ore giornaliere, con o senza interruzioni, il cui rispetto deve intendersi come divieto di apertura anticipata o di chiusura posticipata. La scelta è comunicata al Comune e ne viene data conoscenza al consumatore mediante apposito cartello o altro mezzo equipollente. L'orario scelto può essere variato con cadenza non inferiore a 30 giorni.

     6. L'orario è inteso come facoltà e non obbligo di apertura, fatta salva l'applicazione di quanto disposto dall'art. 22, comma 4 lettera b) e comma 5 lettera a) del decreto.

     7. I Comuni possono consentire l'apertura notturna per una percentuale di esercizi non superiore al 5 per cento a livello di intero territorio comunale o, per i Comuni della classi I e II, a livello di zona. Gli operatori interessati inoltrano istanza in carta semplice al Comune che procede a definire le turnazioni sulla base di apposita ordinanza che stabilisce altresì, tempi, criteri, modalità e caratteristiche.

     8. I Comuni possono intervenire eccezionalmente per rimuovere gravi disservizi causati da ferie, anche organizzando servizi alternativi, ovvero promovendo accordi tra le rappresentanze degli operatori, consumatori e lavoratori dipendenti per la definizione di scaglionamenti e turnazioni.

 

     Art. 26. (Apertura e chiusura nei centri storici e nelle aree a vocazione turistica). [90]

     1. Hanno facoltà di libera determinazione senza vincoli delle aperture e degli orari, le attività di prossimità e le attività commerciali che operano:

a) nei centri storici come individuati negli strumenti urbanistici, nelle aree di elevato valore storico, artistico e culturale ai sensi della normativa vigente, nonché in quelle individuate in specifici atti di promozione e valorizzazione;

b) nelle aree del territorio comunale a vocazione turistica, relativamente ai periodi di effettivo afflusso turistico;

c) nei centri di intrattenimento e svago in cui la superficie destinata a servizi e intrattenimento sia pari o superiore al settanta per cento della superficie aperta al pubblico dell’intero complesso;

d) nei piccoli borghi rurali e nuclei rurali.

     2. Le aree e i centri di cui al comma 1 sono individuate dal Comune competente esclusivamente mediante apposita Conferenza di servizi cui partecipano il Comune, la Provincia e la Regione. Alle riunioni della Conferenza sono invitati a titolo consultivo i soggetti di cui all’articolo 5 quater. La determinazione della Conferenza di servizi costituisce presupposto necessario per l’individuazione da parte del Comune delle aree e dei centri di cui al comma 1.

     3. La determinazione positiva della Conferenza di servizi è comunque subordinata all’assenso del rappresentante del Comune ed ha validità triennale.

 

          Art. 26 bis. (Festività speciali) [91]

     1. Gli esercizi commerciali osservano la chiusura nelle festività del 1° gennaio, della domenica e lunedì di Pasqua, del 25 aprile, del 1° maggio, del 2 giugno, del 25 e del 26 dicembre. L’apertura in deroga è ammessa nell’ambito del calendario comunale di cui all’articolo 26 ter per le attività insediate nelle aree di cui all’articolo 26, comma 1.

 

     Art. 26 ter. (Calendario comunale) [92]

     1. Il Comune, anche su richiesta di uno o più soggetti di cui all’articolo 5 quater, convoca entro il mese di ottobre un incontro di concertazione al fine di definire il calendario annuale delle aperture e chiusure degli esercizi commerciali relative all’anno successivo. In assenza dell’incontro il Comune non può adottare il calendario annuale.

     2. Ferme restando le disposizioni previste all’articolo 26 bis, nonché per il mese di dicembre come previsto dall’articolo 11 del decreto, il calendario individua dieci domeniche o festività annuali di apertura in deroga, anche in modo differenziato tra zone, nonché ulteriori aperture domenicali o festive in deroga, nella misura massima di quattro in un anno, per eventi di rilevanza cittadina, o di zona, o di quartiere, o festività del Santo patrono.

     3. In mancanza di intesa con le categorie interessate il calendario è definito dal Comune che può individuare fino a dodici domeniche o festività in deroga per tutto il territorio comunale e fino a tre festività speciali.

     4. I comuni, previa concertazione, possono stabilire che nei giorni festivi in cui è ammessa l’apertura, questa riguardi un numero limitato di esercizi sulla base di apposite turnazioni.

 

     Art. 27. (Chiusura domenicale, festiva ed infrasettimanale). [93]

     1. Ai sensi dell’articolo 11, comma 4, del decreto, gli operatori effettuano la chiusura totale degli esercizi nei giorni domenicali e festivi, fatta eccezione per quanto disposto all’articolo 26.

     2. Ai fini di conseguire una maggiore uniformità a livello regionale, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale, facoltativamente disposta dai comuni ai sensi dell’articolo 11, comma 4, del decreto deve coincidere con il lunedì mattina, il giovedì pomeriggio o il sabato pomeriggio. In caso di attività miste, ai fini della individuazione della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, il settore alimentare è sempre prevalente su quello non alimentare.

     3. Onde garantire un approvvigionamento ininterrotto all’utenza nell’arco dell’intera settimana, è in facoltà dei comuni di:

     a) prevedere che, per lo stesso settore merceologico, la chiusura infrasettimanale possa essere effettuata in uno o altro dei giorni indicati, anche, qualora se ne ravvisi l’opportunità, sulla base di apposite turnazioni;

     b) prevedere che, per lo stesso settore merceologico, la chiusura infrasettimanale avvenga in un giorno in alcune zone e in altro giorno in altre zone.

     4. In ogni caso, qualora nell’arco della settimana vi siano altre festività, non sussiste obbligo di chiusura infrasettimanale.

     5. Le determinazioni di cui al comma 3 sono assunte previo parere obbligatorio e non vincolante delle associazioni di categoria degli operatori, dei consumatori e dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative a livello locale o, in assenza, provinciale.

     6. [Ferme restando le disposizioni particolari previste all’articolo 26, comma 1, nonché per il mese di dicembre, il Comune convoca annualmente, entro il mese di ottobre, un incontro di concertazione cui partecipano tutti i soggetti indicati al comma 5, finalizzato alla individuazione delle otto domeniche o festività annue in deroga, ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto, anche in modo differenziato tra zone, nonché di ulteriori aperture domenicali o festive in deroga, nella misura massima di quattro giorni in un anno, per eventi di rilevanza cittadina o di zona o di quartiere o festività del santo patrono. In assenza di tale accordo, il Comune può individuare fino a dodici domeniche o festività in deroga] [94].

     7. [La convocazione dell’incontro di concertazione previsto al comma 6 può essere richiesta al Comune da qualsiasi soggetto titolato a parteciparvi. In tal caso il Comune provvede entro trenta giorni alla convocazione dell’incontro] [95].

     8. [La concertazione di cui ai commi 6 e 7 è volta alla definizione di impegni convergenti sull’individuazione delle aperture in deroga e sulle garanzie di tutela dei diritti dei lavoratori nonché alla realizzazione di attività di promozione qualificata del territorio] [96].

     9. [Gli esercizi commerciali non possono aprire nei giorni del 1° gennaio, 6 gennaio, 25 aprile, 1° maggio, domenica di Pasqua, lunedì di Pasqua, 2 giugno, 25 dicembre e 26 dicembre. L’apertura in deroga in occasione di una o più di tali festività è ammessa nell’ambito dell’accordo di cui al comma 6 e può riguardare le fattispecie di cui all’articolo 26, comma 1, lettere a) e c), nonché località di particolare attrattività storica, artistica o culturale da individuare nel medesimo accordo] [97].

     10. [Nel medesimo accordo che stabilisce l’apertura in deroga, di cui al comma 9, sono previste nelle aree interessate corrispondenti chiusure compensative, ugualmente in deroga, in occasione di altre domeniche o festività] [98].

     11. [I comuni, su conforme parere delle Associazioni degli imprenditori, dei lavoratori dipendenti e dei consumatori, possono stabilire che nei giorni festivi in cui è ammessa l’apertura, questa riguardi un numero limitato di esercizi sulla base di apposite turnazioni] [99].

     12. [I comuni delle Classi III e IV di cui all’articolo 3 possono delegare la stipula degli accordi previsti al presente articolo alle forme associative degli Enti locali previste dalla normativa vigente] [100].

 

     Art. 28. (Esenzioni in materia di aperture e chiusure) [101]

     1. Le disposizioni in materia di orari e turni di apertura e chiusura non si applicano alle seguenti attività: gelaterie e gastronomie; rosticcerie e pasticcerie; esercizi specializzati nella vendita di bevande, caramelle, confetti, cioccolatini, gomme da masticare e simili, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, qualora queste siano svolte in maniera esclusiva o specializzata.

     2. Per esercizi specializzati si intendono quelli che trattano una o più delle merceologie di cui al comma 1 su una superficie di vendita pari ad almeno il settanta per cento della superficie di vendita totale.

     3. Le disposizioni in materia di orari e turni di apertura e chiusura non si applicano altresì agli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; agli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade o le strade extraurbane con doppia corsia per ciascun senso di marcia, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; agli esercizi di vendita posti all’interno delle stazioni di servizio autostradali o poste lungo le strade extraurbane con doppia corsia per ciascun senso di marcia o delle sale cinematografiche.

 

TITOLO IV

OFFERTA DI VENDITA

 

     Art. 29. (Vendite di liquidazione).

     1. L'operatore che intenda effettuare una vendita di liquidazione, così come definita dall'art. 15, comma 2, del decreto, deve darne comunicazione al Comune, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno 15 giorni prima della data in cui deve avere inizio. La comunicazione deve contenere:

     a) in caso di liquidazione per cessazione dell'attività commerciale, dichiarazione di cessazione all'attività;

     b) in caso di liquidazione per la cessione d'azienda, copia dell'atto pubblico o scrittura privata registrata;

     c) in caso di liquidazione per trasferimento in altri locali, copia della comunicazione di trasferimento, se trattasi di esercizi di vicinato, ovvero dell'autorizzazione negli altri casi, unitamente a prova della disponibilità dei nuovi locali;

     d) in caso di liquidazione per trasformazione o rinnovo locali, alternativamente:

     1) dichiarazione di esecuzione lavori per un importo superiore ad euro 10.000,00, da comprovare successivamente con copia della fattura;

     2) nell’ipotesi di lavori pari o inferiori a euro 10.000,00, dichiarazione di esecuzione dei lavori, da comprovare successivamente, per un importo pari ad almeno euro 100,00 a metro quadrato calcolato sulla superficie di vendita dell’esercizio;

     3) dichiarazione di sospensione dell’attività per almeno venti giorni; [102]

     e) per tutti i tipi di vendita di liquidazione, l'ubicazione dei locali in cui deve essere effettuata, che in caso di trasferimento sono quelli di provenienza, la data di inizio e di fine della vendita, le merci oggetto della stessa suddivise per classi omogenee con indicazione della relativa quantità [103].

     2. Le vendite di liquidazione possono essere effettuate in tutto l'anno per una durata massima di sei settimane; nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 1, la durata massima è di 13 settimane. Le vendite di liquidazione per rinnovo locali devono concludersi almeno trenta giorni prima della data di inizio dei saldi [104].

     3. Durante le vendite di liquidazione è vietato introdurre nei locali ulteriori merci oggetto di liquidazione.

 

     Art. 30. (Vendite di fine stagione o saldi).

     1. Ai fini dell'art. 15, comma 3, del decreto, per prodotti a carattere stagionale o di moda, suscettibili di deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo, si intendono:

     a) i generi di vestiario e abbigliamento in genere;

     b) gli accessori dell'abbigliamento e la biancheria intima;

     c) le calzature, pelletterie, gli articoli di valigeria e da viaggio;

     d) gli articoli sportivi;

     [e) articoli di elettronica;] [105]

     f) le confezioni ed i prodotti tipici natalizi e pasquali, al termine del periodo natalizio e pasquale.

     2. I Comuni possono estendere l'elenco dei prodotti di cui al comma 1, sulla base di valutazione degli usi locali, sentite le Associazioni di categoria degli operatori commerciali.

     3. La vendita di fine stagione, quale che sia l'estensione merceologica dell'autorizzazione, concerne esclusivamente i prodotti di cui al comma 1 ed eventualmente quelli di cui al comma 2. A tal fine gli esercenti provvedono, durante il periodo di saldo, a separare nettamente i prodotti oggetto della vendita straordinaria da quelli che sono venduti al prezzo ordinario.

     [4. L'esercente che intende effettuare una vendita di fine stagione o saldo deve darne comunicazione al Comune, almeno 15 giorni prima, contenente:

     a) l'indicazione dei prodotti oggetto della vendita;

     b) la sede dell'esercizio;

     c) l'indicazione delle modalità di separazione dei prodotti posti in vendita di fine stagione, da tutti gli altri.] [106]

     5. Le vendite disciplinate dal presente articolo devono essere presentate al pubblico con le sole diciture “vendite di fine stagione” o “saldi” [107].

     6. Il periodo di effettuazione dei saldi viene disciplinato con il regolamento di cui all'art. 49.

 

     Art. 31. (Vendite promozionali) [108]

     1. Le vendite promozionali sono quelle effettuate dall’esercente applicando sconti, reali ed effettivi, sui normali prezzi praticati, dandone informazione al consumatore tramite l’utilizzo di qualsiasi mezzo pubblicitario, ivi compresa la cartellonistica apposta in vetrina.

     2. Durante le vendite promozionali i prodotti a prezzo scontato devono essere tenuti separati da quelli posti in vendita a prezzo normale, con esclusione del settore alimentare.

     3. La pubblicità relativa alle vendite promozionali deve essere presentata in modo non ingannevole per il consumatore.

     4. È vietato effettuare le vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti alle vendite di fine stagione, limitatamente ai prodotti di cui all’articolo 30, comma 1 salvo diversa e motivata disposizione adottata, previa concertazione ai sensi dell'articolo 5-quater, dalla Giunta regionale in caso di calamità naturale o altro evento eccezionale [109].

     5. Non rientra nelle vendite promozionali la vendita di prodotti a prezzi scontati effettuata all’interno dell’esercizio commerciale senza alcuna forma pubblicitaria esterna. Si intende per pubblicità esterna anche quella effettuata in vetrina, in qualsiasi forma, ivi compresi i cartellini con l’indicazione del doppio prezzo apposti sulla singola merce esposta.

 

TITOLO V

OSSERVATORIO REGIONALE DEL COMMERCIO

 

     Art. 32. (Finalità).

     1. In attuazione dell'art. 6, comma 1, lettera g), del decreto è istituito l'Osservatorio regionale del commercio con sede presso l'assessorato regionale al commercio.

     2. L'Osservatorio regionale, ha la finalità di:

     a) realizzare un Sistema informativo della rete distributiva, avvalendosi dei Comuni e del sistema camerale;

     b) valutare l'andamento delle problematiche della distribuzione commerciale nella regione, con particolare riguardo ai processi derivanti dall'entrata in vigore del decreto;

     c) fornire le basi conoscitive per la programmazione regionale nel settore del commercio;

     d) valutare il grado di attuazione e l'efficacia degli interventi regionali in materia di commercio;

     e) fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una migliore conoscenza del settore della distribuzione commerciale, nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza delle informazioni.

     2-bis. La Giunta regionale disciplina, con proprio atto, la composizione e il funzionamento dell'Osservatorio regionale [110].

 

     Art. 33. (Composizione e compiti) [111].

     1. L'Osservatorio regionale è composto da:

     - l'Assessore regionale al commercio, che lo presiede;

     - sei membri in rappresentanza dei Comuni, designati dall'ANCI regionale;

     - due membri, designati dall'U.P.I. regionale;

     - due membri designati dall'Unione regionale delle Camere di commercio;

     - cinque membri designati dalla Confcommercio dell'Umbria;

     - due membri designati dalla Confesercenti;

     - due membri designati dalla Lega delle Cooperative dei dettaglianti e dei consumatori;

     - un membro designato dall'Unione delle Cooperative;

     - cinque membri designati a rotazione dalle Associazioni dei consumatori iscritte all'Albo;

     - tre membri designati dai Sindacati dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentativi a livello regionale;

     - un membro designato dalle imprese industriali di produzione di beni e servizi;

     - un membro designato dalle imprese artigianali di produzione di beni e servizi. [112]

     2. Le organizzazioni degli enti locali e delle categorie rappresentate curano che la composizione delle proprie rappresentanze sia articolata e rappresentativa, sia a livello territoriale, sia in ordine alle proprie componenti interne.

     3. I componenti dell'Osservatorio sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale e restano in carica per la durata della legislatura regionale.

     4. L'Osservatorio predispone un programma annuale che è approvato dalla Giunta regionale e comunicato alla competente commissione del Consiglio regionale. Per l'organizzazione delle proprie attività l'Osservatorio si avvale dei Comuni e del Sistema camerale ai sensi dell'art. 6, comma 1 lettera g) del decreto e, per compiti specifici, può anche avvalersi della collaborazione di terzi, sulla base di apposite convenzioni.

     5. Il Sistema informativo regionale del commercio deve consentire la valutazione della consistenza e delle caratteristiche strutturali e funzionali della rete distributiva al dettaglio, la comparazione del fenomeno distributivo tra le varie parti del territorio e con la rete distributiva nazionale, nonché la valutazione delle variazioni intervenute nel tempo e dei principali processi in atto.

     6. Nell'ambito del Sistema informativo si costituisce una banca dati regionale, in collegamento anche con il S.I.T.E.R. di cui alla legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31, nella quale confluiscono i dati e le informazioni dei Comuni, del Registro delle imprese e del Repertorio economico e amministrativo presenti presso le Camere di commercio. A tal fine l'Osservatorio regionale promuove l'informatizzazione della gestione dei dati relativi al commercio da parte dei Comuni.

     7. Le modalità di organizzazione e funzionamento dell'Osservatorio regionale, del Sistema informativo e della Banca dati regionale ed ogni altro aspetto regolamentare sono definiti dalla Giunta regionale.

 

TITOLO VI

ASSISTENZA TECNICA, PROMOZIONE E SVILUPPO DELL'APPARATO DISTRIBUTIVO

 

     Art. 34. (Centri di assistenza tecnica).

     1. Per l'attuazione dell'art. 23 del decreto il Regolamento di cui all'art. 49 definisce e individua:

     a) le modalità di autorizzazione regionale ai sensi e per gli effetti dell'art. 23, comma 1 del decreto;

     b) le attività dei centri ammessi a finanziamento con il fondo di cui all'art. 16, comma 1 della legge 7 agosto 1997, n. 266, ed i criteri per la quantificazione dei finanziamenti;

     c) le Associazioni di categoria maggiormente rappresentative cui è demandata la costituzione dei centri di assistenza tecnica;

     d) ogni altra disposizione necessaria alla istituzione e funzionamento dei centri di assistenza tecnica.

 

          Art. 34 bis. (Agenzie per le imprese) [113]

     1. La Regione promuove e valorizza il ruolo e le funzioni delle agenzie per le imprese di cui all'articolo 38 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ed accreditate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 159 (Regolamento recante i requisiti e le modalità di accreditamento delle agenzie per le imprese, a norma dell'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

     2. La Giunta regionale, con proprio atto, può attribuire alle agenzie per le imprese di cui al comma 1 che operano sul territorio regionale, oltre ai compiti di cui all'articolo 38, comma 3, lettera c) del d.l. 112/2008, convertito con modificazioni dalla l. 133/2008, ulteriori attività ai fini della realizzazione di interventi nel settore del commercio che non comportino l'esercizio di attività discrezionali.

 

     Art. 35. (Attività promozionali).

     1. La Regione dell'Umbria assume iniziative di promozione del comparto commerciale, con particolare riguardo:

     a) allo sviluppo dell'innovazione ed all'introduzione di sistemi di controllo di qualità;

     b) al commercio elettronico;

     c) alle problematiche connesse al mercato ed alla moneta unica europea;

     d) alla valorizzazione delle produzioni tipiche regionali.

 

TITOLO VII

NORME FINALI E TRANSITORIE

 

     Art. 36. (Termine per la presentazione delle domande). [114]

     1. Le domande per l’apertura di nuove grandi strutture di vendita, come definite all’articolo 13, comma 2, possono essere presentate solo a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 46/ bis.

 

     Art. 37. (Proroga dei termini dell'attivazione delle grandi strutture di vendita). [115]

     1. La procedura prevista all'art. 18 della presente legge, si applica anche alle richieste di proroga del termine di 24 mesi, di cui all'art. 22, comma 4, del decreto, per l'attivazione delle grandi strutture di vendita, comprese quelle non ancora attivate alla data di entrata in vigore della presente legge ed oggetto di provvedimenti di proroga.

 

     Art. 38. (Riduzione dei limiti dimensionali minimi delle medie strutture di vendita). [116]

     [1. Ai sensi dell'art. 10, comma 4, del decreto i Comuni delle classi I e II, al fine di evitare la desertificazione commerciale delle aree rurali, montane o comunque di disagio commerciale, possono stabilire che nelle stesse, per un periodo massimo di due anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, i limiti dimensionali minimi delle medie strutture di vendita vengano ridotti a 150 mq.

     2. La riduzione di cui al comma 1, in nessun caso può interessare il capoluogo e le principali frazioni del Comune.]

 

     Art. 39. (Promozione delle medie strutture di vendita). [117]

     1. Il rilascio di autorizzazioni all'apertura, trasferimento, ampliamento merceologico o di superficie, accorpamento di medie strutture di vendita di tipo M2 è sospeso sino a quando i Comuni non abbiano provveduto a quanto disposto dagli artt. 19 e 21.

     [2. Fino alla scadenza del termine di cui all'art. 19, comma 1, non possono essere rilasciate autorizzazioni per l'apertura di nuove medie strutture di vendita, salvo il caso in cui le stesse siano frutto della concentrazione o accorpamento di più esercizi, ai sensi dell'art. 20, comma 3.] [118]

     [3. Qualora il Comune non ottemperi a quanto disposto dall'art. 19, comma 1 nel termine ivi previsto, il rilascio delle medie strutture di vendita di tipo MI non può superare una percentuale, rispetto alla rete esistente, come definita nel regolamento.] [119]

 

     Art. 40. (Interventi di valorizzazione per il centro storico).

     1. Qualora il Comune non ottemperi a quanto disposto dall'art. 21, nel termine ivi previsto al comma 1, e sino a quando non vi abbia provveduto, nel centro storico:

     a) nessun vincolo di natura commerciale può essere imposto all'apertura, ampliamento, trasferimento di esercizi di vicinato e medie strutture di vendita di tipo M1;

     [b) nessuna valutazione di impatto può essere effettuata, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto.] [120]

     2. 1 provvedimenti adottati dai Comuni nei centri storici ai sensi del decreto legge 9 dicembre 1986, n. 832, convertito con legge 6 febbraio 1987, n. 15, conservano piena validità per tutto il periodo compreso tra l'entrata in vigore della presente legge e l'emanazione dello strumento di cui all'art. 21.

 

     Art. 41. (Modificazioni alla legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31).

     1. Alla legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31, sono apportate le seguenti modifiche:

     a) [121]

     b) [122]

     c) [123]

     d) [124]

     e) [125]

     f) [126]

 

     Art. 42. (Prima nomina componenti Osservatorio regionale).

     1. Il Presidente della Giunta regionale provvede alla nomina dei componenti dell'Osservatorio regionale del commercio entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base delle designazioni di cui all'art. 33.

 

     Art. 43. (Adempimenti preliminari dei Comuni).

     1. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge i Comuni, al fine di garantire il rispetto dei termini temporali del decreto provvedono:

     a) alla ricognizione dei principali dati e caratteristiche dell'apparato distributivo al dettaglio, con particolare riguardo alle medie strutture di vendita ed alla rete distributiva del centro storico;

     b) alla ricognizione dello stato di informatizzazione della gestione dei dati e delle procedure relative al commercio, da comunicare all'Ufficio regionale del commercio.

 

     Art. 44. (Apertura di attività estemporanee). [127]

     1. Onde evitare il sorgere di attività estemporanee durante il solo periodo natalizio, con pregiudizio alle politiche di riqualificazione della rete, i Comuni possono disporre la sospensione degli effetti delle comunicazioni di apertura degli esercizi per il periodo compreso tra il 15 novembre ed il 15 gennaio. L'apertura può essere effettuata dagli interessati solo decorso detto periodo [128].

     2. La disposizione di cui comma 1 non si applica per la vendita di prodotti tipicamente e specificamente natalizi indicati dai Comuni stessi, quali addobbi, alberi di Natale e simili.

 

     Art. 45. (Orari di vendita). [129]

     [1. Fino a quando la Giunta regionale non avrà provveduto alla formulazione dell'elenco di cui all'art. 26, comma 2, del presente provvedimento continuano ad applicarsi le disposizioni comunali emanate in attuazione delle previgenti norme in materia di orari di vendita e di apertura e chiusura degli esercizi.]

 

     Art. 46. (Corsi qualificanti per il settore alimentare). [130]

     1. Fino a quando la Regione non avrà disciplinato l'attività formativa relativa ai corsi qualificanti per il settore alimentare ai sensi dell'art. 5, comma 7 del decreto, il requisito professionale per l'esercizio dell'attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, è conseguito mediante il superamento di un esame sulla base di modalità fissate dalla Giunta regionale che potrà avvalersi delle Camere di commercio o di enti di formazione di emanazione di Associazioni di categoria [131].

     1 bis. Ai fini dello svolgimento dell’attività di vendita al dettaglio di prodotti del settore alimentare, sono considerati requisiti idonei il possesso dell’iscrizione al REC di cui all’art. 2 della legge 25 agosto 1991, n. 287, per la somministrazione di alimenti e bevande o la frequenza con esito positivo dei corsi tenuti presso la scuola alberghiera ovvero altra con indirizzo professionale equiparato [132].

 

     Art. 46 bis. (Procedimento di verifica). [133]

     1. I comuni, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, approvano varianti di adeguamento degli strumenti urbanistici, generali o attuativi, al fine di assicurare la conformità degli stessi alle disposizioni della presente legge, anche in attuazione dell’articolo 23, comma 4, della legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 [134].

 

     Art. 46 ter. (Centri commerciali disposizioni). [135]

     1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 10, comma 3, sono fatte salve le diverse previsioni contenute nei piani urbanistici generali o attuativi, nonché quelle contenute negli strumenti di indirizzo e promozione delle medie strutture di vendita, purché approvati o adottati prima dell’entrata in vigore della presente legge [136].

 

     Art. 47. (Sanzioni).

     1. La sanzione amministrativa prevista dall'art. 22 comma 3 del decreto, si applica anche nei seguenti casi:

     a) violazione del divieto di cui alla lettera e) del comma 1 dell'art. 22 con ordine di immediata cessazione della vendita delle merceologie proibite;

     [b) violazione dell'art. 25, commi 1, 3, 4, 5;] [137]

     c) violazione dell'art. 29, comma 1, anche nel caso di mancata integrazione, nel termine assegnato, della documentazione richiesta, e comma 3;

     d) violazione dell’articolo 30, comma 3, limitatamente alla mancata separazione delle merci, e comma 5 [138];

     e) violazione dell'art. 31, commi 1, 2 e 3.

     e bis) violazione dell’articolo 15, comma 5 e dell’articolo 20, comma 8 bis [139].

     2. Il comune può disporre la sospensione dell’attività per un periodo non superiore a venti giorni in caso di particolare gravità o recidiva, come definita dall’articolo 22, comma 2 del decreto [140].

     2 bis. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 25, 26 e 27 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000,00 ad euro 6.000,00 [141].

     3. Salvo quanto disposto dall'art. 22 del decreto, l'attività di vendita oggetto di comunicazione o autorizzazione è sospesa per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore ad un anno in caso di:

     a) trasformazione delle strutture di vendita in violazione dei vincoli tipologici e di articolazione di cui all'art. 4;

     b) apertura di un centro commerciale nelle forme e nei modi di cui all’articolo 10, comma 4, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 10, comma 5 [142];

     c) mancato rispetto dell'art. 22, comma 1, lett. c) in materia di trasferimento di nuove attività dal centro storico;

     d) violazione dei vincoli disposti per edifici di carattere storico, archeologico, artistico ed ambientale ai sensi dell'art. 22, commi 4 e 5;

     e) apertura di esercizi di vicinato per il solo periodo natalizio, ove ne sia disposta la sospensione ai sensi dall’articolo 44 [143];

     f) trasferimento dai centri polifunzionali di servizi di cui all'art. 24, comma 5, ove sia disposta la temporanea intrasferibilità.

     4. Qualora il soggetto nei cui confronti è stata disposta la sospensione non ottemperi al relativo provvedimento o vi ottemperi soltanto in parte o comunque non elimini la situazione che ha giustificato l'emanazione del provvedimento, si procede alla revoca dell'autorizzazione e comunque alla chiusura dell'esercizio.

     5. I provvedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa e di sospensione temporanea delle attività di revoca e di chiusura dell'esercizio, di cui al presente articolo, sono adottati dal sindaco del Comune in cui hanno avuto luogo le violazioni.

 

     Art. 48. (Norma finanziaria).

     1. Il concorso della Regione al funzionamento dell'Osservatorio di cui all'art. 32 della presente legge rientra negli interventi di cui al Titolo II della legge regionale 30 agosto 1988, n. 35. A tal fine il cap. 5690 del bilancio regionale è incrementato per il corrente esercizio finanziario di lire 50.000.000.

     2. Ai sensi del Titolo III della legge regionale 30 agosto 1988, n. 35 ed in deroga a quanto ivi previsto all'art. 6, comma 1, lettere a) e b) sono finanziabili gli strumenti predisposti dai Comuni in attuazione della presente legge. A tal fine il cap. 9601 del bilancio regionale è incrementato per il corrente esercizio finanziario di lire 300.000.000.

     3. Per le incentivazioni di cui agli artt. 20 e 21, con particolare riferimento all'Innovazione e rilancio commerciale nei centri storici ed urbani, conseguentemente alla presente legge, il cap. 5731 del bilancio regionale di cui alla legge regionale 3 aprile 1997, n. 12 "Interventi di agevolazione finanziaria per l'assistenza tecnica a favore delle piccole e medie imprese del commercio e dei servizi" è incrementato per il corrente anno finanziario di lire 200.000.000.

     4. Agli oneri derivanti dal presente articolo di lire 550.000.000 per il 1999 la Regione fa fronte mediante la riduzione di pari importo al cap. 9710 del bilancio di previsione 1999.

 

     Art. 49. (Rinvio al regolamento). [144]

     1. Oltre a quanto previsto dagli artt. 9, 13, 30 e 34 della presente legge, la Giunta regionale, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, adotta norme regolamentari concernenti gli aspetti operativi e di disciplina della attività di vendita.

 

 

ALLEGATO A [145]

 

     (Omissis) [146]

 

ALLEGATO B [147]

ZONE SOCIO-ECONOMICHE OMOGENEE

Area n. 1 - Perugia

ASSISI

BASTIA

BETTONA

COLLAZZONE

CORCIANO

DERUTA

FRATTA TODINA

GUALDO CATTANEO

LISCIANO NICCONE

MAGIONE

MARSCIANO

MONTE CASTELLO DI VIBIO

PASSIGNANO SUL TRASIMENO

PERUGIA

SAN VENANZO

TORGIANO

VALFABBRICA

 

Area n. 2 - Terni

ACQUASPARTA

ALVIANO

AMELIA

ARRONE

ATTIGLIANO

AVIGLIANO UMBRO

CALVI DELL'UMBRIA

FERENTILLO

GIOVE

GUARDEA

LUGNANO IN TEVERINA

MASSA MARTANA

MONTECASTRILLI

MONTEFRANCO

NARNI

OTRICOLI

PENNA IN TEVERINA

POLINO

 

SANGEMINI

STRONCONE

TERNI

TODI

 

Area n. 3 Foligno

BEVAGNA

CANNARA

FOLIGNO

GIANO DELL'UMBRIA

MONTEFALCO

NOCERA UMBRA

SELLANO

SPELLO

TREVI

VALTOPINA

 

Area n. 4 - Città di Castello

CITERNA

CITTA' DI CASTELLO

MONTE SANTA MARIA TIBERINA

MONTONE

PIETRALUNGA

SAN GIUSTINO

UMBERTIDE

 

Area n. 5 - Spoleto

CAMPELLO SUL CLITUNNO

CASCIA

CASTEL RITARDI

CERRETO DI SPOLETO

MONTELEONE DI SPOLETO

NORCIA

POGGIODOMO

PRECI

SANT'ANATOLIA DI NARCO

SCHEGGINO

SPOLETO

VALLO DI NERA

 

Area n. 6 - Gubbio

COSTACCIARO

FOSSATO DI VICO

GUALDO TADINO

GUBBIO

SCHEGGIA E PASCELUPO

SIGILLO

 

Area n. 7 - Orvieto

ALLERONA

BASCHI

CASTEL GIORGIO

CASTEL VISCARDO

FABRO

FICULLE

MONTECCHIO

MONTEGABBIONE

MONTELEONE D'ORVIETO

ORVIETO

PARRANO

PORANO

 

Area n. 8 - Castiglione del Lago

CASTIGLIONE DEL LAGO

CITTA' DELLA PIEVE

PACIANO

PANICALE

PIEGARO

TUORO SUL TRANSIMENO


[1] Abrogata dall'art. 90 della L.R. 13 giugno 2014, n. 10.

[2] Articolo così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[3] Alinea così modificato dall'art. 138 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[4] Comma così sostituito dall'art. 69 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[5] Comma già sostituito dall’art. 2 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e così ulteriormente sostituito dall'art. 69 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[6] Comma aggiunto dall’art. 2 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[7] Articolo inserito dall'art. 139 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8 e così sostituito dall'art. 2 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[8] Articolo inserito dall'art. 3 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[9] Articolo modificato dall’art. 3 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e così sostituito dall'art. 70 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[10] Articolo inserito dall'art. 71 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[11] Comma così sostituito dall'art. 4 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[12] Comma aggiunto dall'art. 4 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[13] Comma aggiunto dall'art. 4 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[14] Comma aggiunto dall'art. 4 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[15] Comma aggiunto dall'art. 4 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[16] Articolo inserito dall'art. 71 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[17] Comma così modificato dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[18] Lettera così sostituita dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[19] Lettera così modificata dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[20] Lettera aggiunta dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[21] Lettera aggiunta dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[22] Lettera aggiunta dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[23] Lettera aggiunta dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[24] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[25] Comma aggiunto dall'art. 5 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[26] Articolo inserito dall'art. 71 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[27] Comma così sostituito dall'art. 6 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[28] Comma modificato dall’art. 4 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[29] Comma abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[30] Articolo abrogato dall'art. 72 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[31] Comma abrogato dall’art. 5 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[32] Articolo abrogato dall'art. 73 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[33] Articolo così sostituito dall'art. 7 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[34] Articolo sostituito dall’art. 7 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[35] Comma abrogato dall'art. 74 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[36] Comma inserito dall'art. 8 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[37] Comma aggiunto dall'art. 22 della L.R. 10 luglio 2008, n. 12 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[38] Comma aggiunto dall'art. 8 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[39] Articolo inserito dall'art. 75 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[40] Comma inserito dall'art. 9 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 15 maggio 2014, n. 125, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 9, L.R. 10/2013.

[41] Comma inserito dall'art. 9 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 15 maggio 2014, n. 125, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 9, L.R. 10/2013.

[42] Comma inserito dall'art. 9 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 15 maggio 2014, n. 125, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 9, L.R. 10/2013.

[43] Comma inserito dall'art. 9 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 15 maggio 2014, n. 125, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 9, L.R. 10/2013.

[44] Comma inserito dall'art. 9 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10. La Corte costituzionale, con sentenza 15 maggio 2014, n. 125, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 9, L.R. 10/2013.

[45] Comma aggiunto dall'art. 76 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[46] Articolo inserito dall'art. 10 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[47] Articolo sostituito dall’art. 8 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e abrogato dall'art. 77 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[48] Articolo inserito dall'art. 78 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[49] Comma già modificato dall'art. 140 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8 e così ulteriormente modificato dall'art. 11 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[50] Articolo modificato dall’art. 9 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26, sostituito dall'art. 79 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15 e abrogato dall'art 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[51] Articolo modificato dall’art. 10 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26, sostituito dall'art. 80 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15 e abrogato dall'art 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[52] Articolo sostituito dall’art. 11 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e abrogato dall'art. 81 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[53] Per l’interpretazione autentica del presente comma, vedi l’art. 1 della L.R. 24 luglio 2006, n. 10.

[54] Articolo abrogato dall'art. 82 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[55] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[56] Lettera modificata dall’art. 12 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e abrogata dall'art. 83 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[57] Comma abrogato dall'art. 83 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[58] Articolo modificato dall’art. 13 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e sostituito dall'art. 84 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[59] Comma così modificato dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[60] Comma così modificato dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[61] Comma così modificato dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[62] Comma così sostituito dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[63] Comma abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[64] Comma così modificato dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[65] Comma così sostituito dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[66] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[67] Comma aggiunto dall'art. 12 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[68] Articolo inserito dall'art. 85 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[69] Comma così modificato dall'art. 13 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[70] Articolo abrogato dall'art. 86 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[71] Comma abrogato dall’art. 14 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[72] Comma aggiunto dall’art. 14 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[73] Articolo abrogato dall'art. 87 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[74] Lettera così sostituita dall’art. 15 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[75] Comma così sostituito dall’art. 15 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[76] Comma abrogato dall’art. 15 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[77] Comma così sostituito dall’art. 15 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[78] Comma aggiunto dall’art. 15 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[79] Articolo abrogato dall'art. 88 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[80] Comma così modificato dall’art. 16 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[81] Comma aggiunto dall’art. 16 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[82] Articolo abrogato dall'art. 89 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[83] Lettera abrogata dall’art. 17 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[84] Articolo abrogato dall’art. 18 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e dall'art. 90 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[85] Articolo modificato dall’art. 19 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26, dall'art. 23 della L.R. 10 luglio 2008, n. 12 e così sostituito dall'art. 91 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[86] Comma abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[87] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[88] Comma modificato dall’art. 20 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e così sostituito dall'art. 92 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[89] Comma inserito dall'art. 92 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[90] Articolo già sostituito dall’art. 21 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26, dall'art. 1 della L.R. 14 dicembre 2007, n. 32, ulteriormente sostituito dall'art. 93 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[91] Articolo inserito dall'art. 94 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[92] Articolo inserito dall'art. 94 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[93] Articolo modificato dall’art. 22 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26, sostituito dall'art. 2 della L.R. 14 dicembre 2007, n. 32 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[94] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[95] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[96] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[97] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[98] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[99] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[100] Comma abrogato dall'art. 95 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[101] Articolo sostituito dall'art. 96 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[102] Lettera così sostituita dall’art. 23 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[103] Lettera così modificata dall’art. 23 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[104] Comma così modificato dall’art. 23 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[105] Lettera abrogata dall’art. 24 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[106] Comma abrogato dall’art. 24 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[107] Comma così sostituito dall’art. 24 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[108] Articolo modificato dall’art. 25 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e sostituito dall'art. 97 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[109] Comma così modificato dall'art. 14 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[110] Comma aggiunto dall'art. 15 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[111] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[112] Comma così modificato dall’art. 26 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[113] Articolo inserito dall'art. 16 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[114] Articolo sostituito dall’art. 27 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[115] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[116] Articolo abrogato dall’art. 28 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[117] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[118] Comma abrogato dall’art. 29 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[119] Comma abrogato dall’art. 29 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[120] Lettera abrogata dall’art. 30 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[121] Sostituisce, all'art. 24, il comma 1, della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.

[122] Modifica, all'art. 24 della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31, il comma 2.

[123] Sostituisce l'art. 26, comma 2, della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.

[124] Aggiunge il comma 6 all'art. 26 della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.

[125] Modifica l'art. 27, comma 1, della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.

[126] Modifica l'art. 29, comma 1, della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.

[127] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[128] Comma così modificato dall’art. 31 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[129] Articolo abrogato dall’art. 32 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[130] Articolo abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[131] Comma così modificato dall’art. 33 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[132] Comma aggiunto dall’art. 33 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[133] Articolo inserito dall’art. 34 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[134] Per l’interpretazione autentica del presente comma, vedi l’art. 2 della L.R. 24 luglio 2006, n. 10.

[135] Articolo inserito dall’art. 34 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26 e abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.

[136] Per l’interpretazione autentica del presente comma, vedi l’art. 3 della L.R. 24 luglio 2006, n. 10.

[137] Lettera abrogata dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[138] Lettera così sostituita dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[139] Lettera aggiunta dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[140] Comma così sostituito dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[141] Comma inserito dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[142] Lettera così sostituita dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[143] Lettera così modificata dall’art. 35 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[144] Comma così modificato dall’art. 36 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[145] Allegato abrogato dall'art. 98 della L.R. 16 febbraio 2010, n. 15.

[146] La tabella del presente allegato è stata abrogata dall’art. 37 della L.R. 7 dicembre 2005, n. 26.

[147] Allegato abrogato dall'art. 18 della L.R. 6 maggio 2013, n. 10.