§ 2.9.38 – L.R. 18 maggio 2006, n. 5.
Disciplina generale delle attività commerciali.


Settore:Codici regionali
Regione:Sardegna
Materia:2. sviluppo economico
Capitolo:2.9 commercio
Data:18/05/2006
Numero:5


Sommario
Art. 1.  Principi generali e finalità
Art. 2.  Requisiti per l’esercizio dell’attività commerciale
Art. 3.  Definizioni
Art. 4.  Tipologie di esercizi commerciali
Art. 5.  (Orari di vendita).
Art. 6.  Pubblicità dei prezzi
Art. 7.  Vendite straordinarie
Art. 8.  Programmazione urbanistico-commerciale
Art. 9.  Competenze comunali
Art. 10.  Piano regionale per le grandi strutture di vendita
Art. 11.  Criteri di priorità
Art. 12.  Sanzioni
Art. 13.  Centri di assistenza tecnica
Art. 14.  Definizioni
Art. 15.  Rilascio delle autorizzazioni ed esercizio dell’attività
Art. 15 bis.  (Trasferimento dell'attività)
Art. 16.  Norme a tutela delle zone rurali
Art. 17.  Sospensioni e revoche
Art. 18.  Sanzioni pecuniarie.
Art. 19.  Disciplina transitoria
Art. 20.  Disposizioni generali e ambito di applicazione
Art. 21.  Tipologie degli esercizi aperti al pubblico
Art. 22.  Programmazione delle attività di somministrazione aperte al pubblico
Art. 23.  Esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico
Art. 24.  Esercizi di somministrazione non aperti al pubblico
Art. 25.  Attività non soggette ad autorizzazione
Art. 26.  Autorizzazioni temporanee
Art. 27.  Disposizioni per i distributori automatici
Art. 28.  Esercizio di attività accessorie
Art. 29.  Subingresso
Art. 30.  Durata delle autorizzazioni
Art. 31.  Revoca delle autorizzazioni
Art. 32.  Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 33.  Chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione aperti al pubblico
Art. 34.  Pubblicità dei prezzi
Art. 35.  Sanzioni
Art. 36.  Incentivi
Art. 37.  Priorità per le agevolazioni.
Art. 38.  Interventi a favore dei comuni
Art. 39.  Centri polifunzionali
Art. 40.  Rapporto annuale
Art. 41.  Disposizioni finanziarie
Art. 42.  Attuazione della presente legge
Art. 43.  Abrogazioni


§ 2.9.38 – L.R. 18 maggio 2006, n. 5.

Disciplina generale delle attività commerciali.

(B.U. 23 maggio 2006, n. 16).

 

Titolo I

Disposizioni generali e definizioni

 

Art. 1. Principi generali e finalità

     1. La presente legge disciplina l’esercizio dell’attività commerciale nel territorio della Sardegna in armonia con i principi comunitari e costituzionali.

     2. Ai fini della presente legge il commercio comprende: il commercio all’ingrosso, il commercio al dettaglio su aree private e su aree pubbliche, la somministrazione di alimenti e bevande.

     3. La presente legge persegue le seguenti finalità:

     a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà d’impresa e la libera circolazione delle merci;

     b) la tutela del consumatore;

     c) il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle microimprese, delle piccole e medie imprese e delle loro iniziative associate;

     d) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali e montane con particolare attenzione alle funzioni del commercio per la valorizzazione della qualità sociale delle città e dei territori;

     e) favorire l’associazionismo tra le micro, piccole e medie imprese;

     f) favorire la crescita di attività commerciali, in particolare di piccole e medie dimensioni, che integrino e valorizzino la qualità delle città, dei piccoli comuni e la loro rivitalizzazione, la riqualificazione e il riuso di aree urbane, la loro attrattività, vivibilità e sicurezza, nonché evitare lo spopolamento dei piccoli comuni e mantenere un’offerta adeguata;

     g) favorire la nascita di centri commerciali naturali, intesi come insieme di attività commerciali, artigianali e di servizi, di cui all’articolo 36, che svolgono attività integrate secondo un indirizzo comune e sono individuati giuridicamente nelle forme del consorzio o dell’associazione; possono aderire alla formazione dei centri commerciali naturali il comune, gli enti pubblici e privati e le associazioni di categoria; il centro commerciale naturale ha la finalità di valorizzare e riqualificare il commercio nelle aree urbane in armonia con il contesto culturale, sociale, architettonico, con particolare riferimento al rilancio economico-sociale dei centri storici;

     h) per l’emanazione degli atti attuativi della presente legge la previa consultazione delle parti sociali: associazioni dei consumatori, delle imprese, delle amministrazioni locali e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori;

     i) la valorizzazione del lavoro in tutte le sue forme e lo sviluppo qualificato delle attività imprenditoriali con particolare riguardo all’aggiornamento professionale degli operatori;

     l) la promozione e lo sviluppo della concertazione come metodo di relazione e di collaborazione tra gli enti locali, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e le associazioni dei consumatori.

     4. La Regione, nel perseguimento dei suddetti obiettivi, adotta politiche attive a favore del commercio, con utilizzo di risorse proprie da definirsi con successiva legge regionale, anche attraverso l’azione dei consorzi fidi e di garanzia, nonché di fondi statali e comunitari. Gli interventi concorrono al mantenimento ed allo sviluppo della rete commerciale con particolare attenzione alle piccole e medie imprese ubicate nei centri minori, nelle zone rurali e di montagna, nei centri storici, con il finanziamento di progetti finalizzati a:

     a) creare una rete distributiva tradizionale nei centri storici e nei quartieri del centro urbano caratterizzati da fenomeni di desertificazione commerciale;

     b) fornire servizi di supporto all’attività commerciale funzionali alle esigenze conseguenti alla particolare localizzazione degli esercizi;

     c) migliorare la capacità di attrazione delle aree interessate e la loro accessibilità;

     d) armonizzare le attività commerciali con la fornitura di servizi pubblici di ogni genere;

     e) realizzare un qualificato livello di animazione economica, sociale e culturale.

 

     Art. 2. Requisiti per l’esercizio dell’attività commerciale

     1. Non possono esercitare l’attività commerciale, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione:

     a) coloro che sono stati dichiarati falliti;

     b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che in concreto sia stata applicata una pena superiore al minimo edittale;

     c) coloro che hanno riportato condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui ai titoli II e VIII del libro II del Codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;

     d) coloro che hanno riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513 bis, 515, 516, 517 del Codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali;

     e) coloro che sono sottoposti ad una misura di prevenzione di cui alla Legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla Legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o di tendenza.

     2. L’accertamento delle condizioni di cui al comma 1 è effettuato sulla base delle disposizioni previste dal Codice di procedura penale e dalle vigenti norme sulla documentazione e semplificazione amministrativa.

     3. L’attività commerciale può essere esercitata con riferimento ai seguenti settori merceologici: alimentare e non alimentare.

     4. Per l’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio alimentare o di somministrazione di alimenti e bevande è necessario possedere uno dei seguenti requisiti [1]:

     a) aver frequentato con esito positivo uno specifico corso professionale per il commercio istituito o riconosciuto dalla Regione; tali corsi, approvati congiuntamente dagli Assessori competenti in materia di commercio e di formazione professionale, possono essere gestiti tramite rapporti convenzionali dalle organizzazioni imprenditoriali del commercio, o da enti da queste costituiti, più rappresentative a livello provinciale;

     b) aver esercitato in proprio, o in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o alla somministrazione o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge o parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore in qualità di coadiutore familiare regolarmente iscritto come tale all’INPS, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio nel settore nel quale s’intende avviare la nuova attività commerciale o di somministrazione;

     c) essere stato iscritto nell’arco degli ultimi cinque anni al Registro degli esercenti il commercio (REC) di cui alla Legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio).

     5. Nel caso di società i requisiti di cui al presente articolo devono essere posseduti dal legale rappresentante o da altra persona specificamente preposta all’attività.

     6. Ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea ed alle società costituite in conformità con la legislazione di uno Stato membro dell’Unione europea ed aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione europea, si applica quanto disposto dal decreto legislativo 20 settembre 2002, n. 229, in materia di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali disciplinate dalle direttive di liberalizzazione e dalle direttive recanti misure transitorie e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche. Ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 229 del 2002, sulle domande di riconoscimento presentate dai beneficiari provvede la Camera di commercio competente per territorio.

 

Titolo II

Commercio al dettaglio

 

Capo I

Commercio su aree private

 

     Art. 3. Definizioni

     1. Il commercio all’ingrosso è l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all’ingrosso o al dettaglio, o ad altri utilizzatori professionali o in grande. Tale attività non è soggetta al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 4.

     2. Il commercio al dettaglio è l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finale; l’esercizio di tale attività è disciplinato dall’articolo 4.

     3. La superficie di vendita di un esercizio commerciale è l’area destinata all’esposizione ed alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita esclusivamente quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi, nonché quella antistante la barriera casse quando non ospiti prodotti destinati alla vendita.

     4. La galleria è lo spazio di passaggio tra gli esercizi commerciali che compongono il centro commerciale nella quale è vietata ogni forma di vendita.

     5. Il centro commerciale è la grande struttura di vendita, promossa o progettata o realizzata o gestita con una politica commerciale unitaria, con più esercizi commerciali, inseriti in una o più strutture funzionalmente collegate, anche se separate da strade o spazi pubblici, indipendentemente dalla loro destinazione urbanistica e dall’eventuale presenza di altre tipologie di attività.

     6. La superficie di un centro commerciale è data dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi commerciali in esso presenti. L’autorizzazione all’apertura e all’ampliamento del centro commerciale deve indicare specificamente i singoli esercizi in esso inseriti; per l’attivazione di questi ultimi deve essere rilasciata apposita autorizzazione subordinata alla prima e le relative autorizzazioni non possono essere trasferite al di fuori dello stesso centro commerciale.

     7. La variazione del settore merceologico da non alimentare ad alimentare è soggetta al procedimento per le nuove istanze.

     8. Sono forme speciali di vendita: gli spacci interni, gli apparecchi automatici, la vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione, la vendita effettuata presso il domicilio dei consumatori. Tali attività sono soggette a previa comunicazione al comune nel quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale per le società, nonché, per gli spacci interni ed i distributori automatici, al comune competente per territorio. L’attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione in cui deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 e il settore merceologico.

     9. É vietato l’esercizio congiunto nello stesso locale dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio. Tale divieto non opera per la vendita dei seguenti prodotti con relativi complementi e accessori:

     a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio, l’artigianato e il giardinaggio;

     b) materiale elettrico;

     c) colori e vernici, carte da parati;

     d) ferramenta ed utensileria;

     e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici;

     f) articoli da riscaldamento, combustibili;

     g) strumenti scientifici e di misura;

     h) macchine per ufficio e relativi accessori;

     i) auto, moto, cicli e relativi accessori e parti di ricambio;

     l) materiale per l’edilizia, legnami;

     l bis) mobili ed articoli di arredo;

     l ter) prodotti ed arredo da giardino [2].

 

     Art. 4. Tipologie di esercizi commerciali

     1. Gli esercizi commerciali si distinguono in esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita.

     2. Gli esercizi di vicinato hanno superficie di vendita non superiore a 150 mq nei comuni con popolazione residente sino a 10.000 abitanti e a 250 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti. L’apertura, la variazione del settore merceologico, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie nei limiti di cui al presente comma sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per territorio e possono essere effettuati decorsi trenta giorni e non oltre i centoventi giorni dal ricevimento da parte del comune della comunicazione, in cui deve essere dichiarata:

     a) la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 e il settore merceologico;

     b) il rispetto dei regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d’uso e di agibilità dei locali;

     c) l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio.

     3. Le medie strutture di vendita hanno superficie superiore ai limiti di cui al comma 2 e fino a:

     a) 800 mq nei comuni con popolazione residente sino a 5.000 abitanti;

     b) 1.200 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 5.000 abitanti e sino a 10.000 abitanti;

     c) 1.800 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti e sino a 50.000 abitanti;

     d) 2.500 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 50.000 abitanti o facenti parte di città metropolitana [3].

     L’apertura, la variazione del settore merceologico, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie nei limiti di cui al presente comma sono soggetti ad autorizzazione comunale sulla base del rispetto dei criteri urbanistico-commerciali di cui all’articolo 8.

     4. Per gli esercizi che hanno ad oggetto la vendita congiunta all'ingrosso e al dettaglio dei prodotti e dei relativi complementi e accessori di cui all'articolo 3, comma 9, e gli esercizi che hanno ad oggetto la vendita esclusiva di merci ingombranti, non immediatamente amovibili ed a consegna differita dei prodotti di cui all'articolo 3, comma 9, e dei relativi complementi ed accessori, la superficie di vendita è computata nella misura di:

a) un ottavo della superficie lorda parcabile quando questa non sia superiore a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente sino a 10.000 abitanti e a 2.500 mq nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti nei casi di cui al comma 2;

b) un quarto della superficie lorda coperta parcabile, e comunque non superiore a 10.000 mq, quando questa sia superiore ai predetti limiti nei casi di cui al comma 3 [4].

     4 bis. È esercizio specializzato nella vendita esclusiva di merci ingombranti, non immediatamente amovibili e a consegna differita, l'esercizio che effettua in modo prevalente l'attività di vendita di una delle tipologie dei prodotti elencati all'articolo 3, comma 9. L'attività è considerata prevalente quando almeno il 75 per cento della superficie di vendita dell'esercizio è destinata a tale tipologia di prodotti [5].

     5. Le grandi strutture di vendita hanno superficie superiore ai limiti di cui al comma 3. L’apertura, la variazione del settore merceologico, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie sono soggetti ad autorizzazione comunale sulla base del rispetto dei criteri urbanistico-commerciali di cui agli articoli 8 e 10, previo parere favorevole di una conferenza di servizi composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la Regione, la provincia e il comune. Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti; il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della Regione che lo esprime secondo gli obiettivi di cui agli articoli 8 e 10. La conferenza si svolge in seduta pubblica, presso la sede della Regione, e ad essa partecipano a titolo consultivo i rappresentanti dei comuni contermini, delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio più rappresentative e delle associazioni sindacali dei lavoratori. Ove il bacino d’utenza riguardi anche parte del territorio di altra provincia, la conferenza ne richiede il parere non vincolante ai fini del rilascio dell’autorizzazione [6].

     6. L’istanza per l’apertura di una grande struttura di vendita deve essere inviata contemporaneamente a Regione, provincia e comune. Quest’ultimo svolge l’istruttoria nel termine di trenta giorni, salvo richieste d’integrazioni per non più di una volta e per un ulteriore termine di trenta giorni, e nei successivi sessanta giorni convoca la conferenza di servizi. La data di svolgimento deve essere concordata tra Regione e comune e non può svolgersi prima di trenta e non oltre sessanta giorni dalla conclusione dell’istruttoria. I lavori della conferenza devono svolgersi in un termine massimo di sessanta giorni.

     7. Non si procede a convocazione qualora la Regione respinga l’istanza nei trenta giorni successivi alla sua presentazione. Il provvedimento di rigetto deve essere comunicato al soggetto istante, al comune e alla provincia.

 

     Art. 5. (Orari di vendita). [7]

     1. Gli esercizi di vendita possono restare aperti al pubblico dalle ore 7,00 alle ore 22,00 per un limite massimo di tredici ore giornaliere.

     2. Gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva.

     3. Previa concertazione con le organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio più rappresentative, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, il comune può consentire, nei periodi di maggiore afflusso turistico, in occasione di eventi e di manifestazioni di particolare rilevanza o per rispondere alle esigenze e ai tempi di vita e di lavoro dei cittadini, l’esercizio di vendita oltre le ore 22,00, nonché l’apertura domenicale e festiva.

     4. Al fine di acquisire i relativi pareri e gli eventuali accordi intervenuti tra le parti, il sindaco deve preventivamente attivare un tavolo di concertazione con le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative delle imprese di commercio, delle associazioni di tutela dei consumatori e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, sulla base dei seguenti principi: rispetto delle norme poste a tutela dei lavoratori, necessità di idonei servizi all’utenza anche attraverso la turnazione, periodi di maggiore afflusso turistico, tempi di vita e di lavoro dei cittadini.

     5. I comuni, anche con accordi intercomunali, individuano i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva.

     6. [Non sono derogabili le chiusure relative alle festività del 1° gennaio, Pasqua, 25 aprile, 1° maggio, 25 e 26 dicembre. La deroga per il 1° maggio è consentita per l’area metropolitana di Cagliari in corrispondenza della festività di Sant’Efisio] [8].

     6 bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle seguenti tipologie di attività: le rivendite di oneri di monopolio; gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi ed ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le strade statali, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; le rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale; le sale cinematografiche [9].

 

     Art. 6. Pubblicità dei prezzi

     1. I prodotti esposti per la vendita devono indicare, in modo chiaro e leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, per pezzo e per unità di misura, mediante l’uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo.

 

     Art. 7. Vendite straordinarie

     1. Per vendite straordinarie s’intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione, le vendite per rinnovo locali e le vendite promozionali nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti. Nelle fattispecie si applicano i criteri di cui all’articolo 6, con specifica indicazione del prezzo originale, del prezzo scontato e del ribasso effettuato.

     2. Nel caso di vendite di liquidazione per cessazione o cessione dell’attività la persona fisica o la persona giuridica cedente non può riattivare negli stessi locali alcun esercizio commerciale dello stesso settore merceologico per un periodo di dodici mesi.

     3. A tutela della concorrenza, la vendita sottocosto è consentita nei casi stabiliti dalla normativa nazionale.

     [4. Le vendite promozionali relative al settore non alimentare sono ammesse per non più di trenta giorni e per non più di due volte all’anno; possono essere effettuate soltanto trascorsi venti giorni dalla presentazione al comune di apposita comunicazione recante i termini iniziale e finale, la tipologia di vendita straordinaria, l’ubicazione precisa dell’esercizio, il soggetto titolare dell’impresa.] [10]

     5. Esclusivamente per il settore non alimentare le vendite promozionali, così come quelle straordinarie di liquidazione per cessazione o cessione d’attività o rinnovo locali, sono vietate nei quaranta giorni antecedenti la data d’inizio delle vendite di fine stagione. Limitatamente alle vendite straordinarie di liquidazione per cessazione o cessione d’attività o rinnovo locali possono essere effettuate soltanto trascorsi venti giorni dalla presentazione al comune di apposita comunicazione recante i termini iniziali e finali, la tipologia di vendita straordinaria, l’ubicazione precisa dell’esercizio e il soggetto titolare dell’impresa [11].

     6. I termini iniziali e finali delle vendite di fine stagione sono fissati con decreto dell’Assessore regionale competente in materia di commercio, sentite le associazioni dei commercianti, dei consumatori e dei comuni.

     [7. Le vendite di liquidazione per rinnovo locali possono essere effettuate per non più di una volta all’anno; sono soggette agli obblighi di cui al comma 4 e comportano la successiva chiusura obbligatoria dell’esercizio per almeno trenta giorni.] [12]

 

     Art. 8. Programmazione urbanistico-commerciale

     1. La Giunta regionale adotta, su proposta degli Assessori regionali competenti in materia di commercio e di urbanistica, i criteri di urbanistica commerciale sulla base dei seguenti principi:

     a) favorire un equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 1;

     b) salvaguardare e riqualificare la rete distributiva dei centri urbani, nelle zone interne, rurali e montane, con particolare riguardo ai centri minori;

     c) favorire la crescita di attività commerciali, in particolare di piccole e medie dimensioni, che integrino e valorizzino la qualità dei comuni, la rivitalizzazione dei centri urbani, la riqualificazione ed il riuso di aree urbane sottoutilizzate, la loro attrattività, vivibilità e sicurezza, anche attraverso l’integrazione fra attività commerciali, artigianali, pubblici esercizi e attività ricreative;

     d) favorire lo sviluppo del commercio nelle aree di valore storico, archeologico, ambientale e turistico;

     e) individuare linee generali per favorire lo sviluppo dei centri commerciali naturali;

     f) promuovere progetti di riqualificazione commerciale di aree urbane colpite da processi di spopolamento.

     2. I comuni, sulla base dei provvedimenti regionali di cui al comma 1 e nei limiti di discrezionalità da essi concessi, adottano il proprio programma di urbanistica commerciale. La mancata adozione di atti comunali non costituisce motivo di sospensione o rigetto delle istanze relative a: nuove aperture, variazione del settore merceologico, trasferimenti o ampliamenti di esercizi commerciali.

     3. Fino all’adozione degli atti comunali, nonché in caso di adozione contrastante con i criteri regionali, hanno applicazione integrale ed immediata i criteri stabiliti con le deliberazioni della Giunta regionale, comprese quelle di cui all’articolo 19. Gli uffici comunali provvedono alla valutazione delle domande sulla base della corrispondenza dell’istanza ai criteri regionali.

     4. Per i procedimenti di cui al presente articolo sono sentite le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio maggiormente rappresentative sul piano regionale e dei sindacati dei lavoratori.

 

     Art. 9. Competenze comunali

     1. I comuni stabiliscono, nell’ambito della programmazione di cui all’articolo 8, la localizzazione della funzione commerciale nel proprio territorio e adottano un regolamento sulla procedura per il rilascio delle autorizzazioni necessarie.

     2. Qualora ai fini dell’apertura di una media o grande struttura di vendita sia necessario il rilascio di apposito permesso o autorizzazione edilizia, l’istante deve farne richiesta contestualmente alla domanda per l’apertura dell’esercizio. Il comune predispone contemporaneamente le fasi istruttorie dei due procedimenti, edilizio e commerciale, e il rilascio di concessione e autorizzazione è disposto con un unico provvedimento firmato dai responsabili del procedimento del settore edilizio e di quello commerciale.

 

     Art. 10. Piano regionale per le grandi strutture di vendita

     1. L’Assessorato regionale competente in materia di commercio provvede all’elaborazione del Piano regionale per le grandi strutture di vendita, ai sensi dell’articolo 1 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di commercio).

 

     Art. 11. Criteri di priorità

     1. Successivamente alla pubblicazione del Piano regionale per le grandi strutture di vendita, nel caso di domande concorrenti per l’autorizzazione all’apertura di una grande struttura di vendita, la Giunta regionale provvede all’emanazione di un bando che tenga conto dei seguenti criteri:

     a) concentrazione di preesistenti medie o grandi strutture e numero di occupati che si prevede di riassorbire nella nuova struttura;

     b) numero totale di occupati nella struttura;

     c) recupero di spazi degradati e contenitori dismessi;

     d) migliore soluzione urbanistica e minore impatto ambientale;

     e) maggiori impegni contratti in convenzione con il comune per la mitigazione degli impatti;

     f) spazi per la promozione e la vendita di prodotti sardi;

     g) impegno al rispetto degli accordi sindacali a livello nazionale e territoriale;

     h) allocazione lungo le direttrici infrastrutturali della Sardegna e nelle aree economicamente disagiate.

 

     Art. 12. Sanzioni

     1. Per tutte le violazioni previste in materia di commercio la competenza all’irrogazione delle sanzioni amministrative è delle amministrazioni comunali nel cui territorio esse hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti.

     2. È trasferita ai comuni la competenza all’irrogazione di tutte le sanzioni di carattere commerciale - comprese le disposizioni sull’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti - previste per la violazione di leggi regionali o di leggi statali concernenti materie trasferite o delegate alla Regione.

     3. Sono trasferiti ai comuni competenti i procedimenti sanzionatori non ancora conclusi dall’Amministrazione regionale alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 13. Centri di assistenza tecnica

     1. Al fine di sviluppare i processi di ammodernamento della rete distributiva, l’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere, ai centri di assistenza tecnica promossi dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore a livello provinciale e da altri soggetti interessati, contributi per l’istituzione e la gestione, anche in forma consortile, di centri di assistenza tecnica alle imprese. I centri sono autorizzati dalla Regione all’esercizio delle attività previste nello statuto con modalità da definirsi con apposito provvedimento [13].

     2. I centri di assistenza tecnica svolgono, a favore delle imprese, attività di assistenza tecnica e di formazione e aggiornamento in materia d’innovazione tecnologica e organizzativa, gestione economica e finanziaria d’impresa, accesso ai finanziamenti anche comunitari, sicurezza e tutela dei consumatori, tutela dell’ambiente, igiene e sicurezza sul lavoro e altre materie, nonché attività finalizzate alla certificazione di qualità degli esercizi commerciali.

     3. Le amministrazioni pubbliche possono avvalersi dei centri di cui al presente articolo allo scopo di facilitare il rapporto tra amministrazioni pubbliche e imprese utenti.

     4. Le spese previste per l’istituzione e la gestione dei centri di assistenza tecnica sono valutate per l’anno 2006 in euro 200.000 (UPB S07.046).

 

Capo II

Commercio su aree pubbliche

 

     Art. 14. Definizioni

     1. Ai fini della presente legge si intendono:

     a) per commercio sulle aree pubbliche, l’attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuata sulle aree pubbliche, escluso il demanio marittimo o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte [14];

     b) per aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico fatta eccezione per quelle del demanio marittimo [15];

     c) per posteggio, la parte di area pubblica o di area privata della quale il comune abbia la disponibilità che viene data in concessione all’operatore autorizzato all’esercizio dell’attività commerciale;

     d) per mercato, l’area pubblica o privata della quale il comune abbia la disponibilità, composta da più posteggi, attrezzata o meno e destinata all’esercizio dell’attività per uno o più o tutti i giorni della settimana o del mese per l’offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di alimenti e bevande, l’erogazione di pubblici servizi;

     e) per fiera, la manifestazione caratterizzata dall’afflusso, nei giorni stabiliti, sulle aree pubbliche o private delle quali il comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività;

     f) per presenze in un mercato, il numero delle volte che l’operatore si è presentato in tale mercato prescindendo dal fatto che vi abbia potuto o meno svolgere l’attività;

     g) per presenze effettive in una fiera, il numero di volte in cui l’operatore ha effettivamente esercitato l’attività in tale fiera;

     h) per posteggio libero, il posteggio all’interno di un mercato che sia esclusivamente riservato alle produzioni regionali di artigianato tipico e tradizionale o dell’agro-alimentare, o che per loro natura abbiano un carattere stagionale, o che per tipologia siano assenti negli altri posteggi del mercato, esclusivamente a disposizione degli operatori in forma itinerante.

 

     Art. 15. Rilascio delle autorizzazioni ed esercizio dell’attività

     1. Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto:

     a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;

     b) su qualsiasi area, negli spazi appositamente definiti da ogni singolo comune, purché in forma itinerante e sui posteggi liberi.

     2. L’esercizio dell’attività di cui al comma 1 è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche o, nel caso di società di persone regolarmente costituite secondo le norme vigenti, a soci illimitatamente responsabili. Per poter esercitare l’attività l’operatore deve dimostrare di essere iscritto al Registro delle imprese di cui alla Legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

     3. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio è rilasciata dal comune sede del posteggio ed abilita anche all’esercizio in forma itinerante nell’ambito del territorio regionale.

     4. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata dal comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L’autorizzazione di cui al presente comma abilita anche alla vendita sui posteggi liberi dei mercati, alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago.

     5. Nella domanda l’interessato deve dichiarare:

     a) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2;

     b) il settore o i settori merceologici e, qualora non intenda esercitare in forma itinerante esclusiva, il posteggio del quale chiede la concessione.

     6. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività sulle aree pubbliche abilita alla partecipazione alle fiere che si svolgono sia nell’ambito della regione cui appartiene il comune che l’ha rilasciata, sia nell’ambito delle altre regioni del territorio nazionale.

     7. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche abilita anche alla somministrazione dei medesimi se il titolare risulta in possesso dei requisiti prescritti per l’una e l’altra attività. L’abilitazione alla somministrazione deve risultare da apposita annotazione sul titolo autorizzatorio.

     8. L’esercizio del commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche è soggetto alle norme comunitarie e nazionali che tutelano le esigenze igienico- sanitarie. Le modalità di vendita e i requisiti delle attrezzature sono stabiliti dal Ministero della salute con apposita ordinanza.

     9. L’esercizio del commercio disciplinato dal presente articolo nelle aree demaniali marittime è soggetto al nulla osta da parte delle competenti autorità marittime che stabiliscono modalità e condizioni per l’accesso alle aree predette. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività non può essere superiore alla durata della concessione demaniale.

     10. Senza permesso del soggetto proprietario o gestore è vietato il commercio sulle aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade.

     11. I posteggi, temporaneamente non occupati dai titolari della relativa concessione in un mercato, sono assegnati giornalmente, durante il periodo di non utilizzazione da parte del titolare, ai soggetti legittimati ad esercitare il commercio sulle aree pubbliche, che vantino il più alto numero di presenze nel mercato di cui trattasi.

     12. La Giunta regionale emana le norme relative alle modalità di esercizio del commercio di cui al presente articolo, i criteri e le procedure per il rilascio, la revoca e la sospensione, nonché la reintestazione dell’autorizzazione in caso di cessione dell’attività per atto tra vivi o in caso di morte e i criteri per l’assegnazione dei posteggi. Determina altresì gli indirizzi in materia di orari, ferma restando la competenza del sindaco nel fissare i medesimi [16].

     13. La Giunta regionale, al fine di assicurare il servizio più idoneo a soddisfare gli interessi dei consumatori ed un adeguato equilibrio con le altre forme di distribuzione, stabilisce, altresì, sulla base delle caratteristiche economiche del territorio, della densità della rete distributiva e della popolazione residente e fluttuante, i criteri generali ai quali i comuni si devono attenere per la determinazione delle aree e del numero dei posteggi da destinare allo svolgimento dell’attività e del numero dei posteggi liberi nei mercati, per l’istituzione, la soppressione o lo spostamento dei mercati che si svolgono quotidianamente o a cadenza diversa, nonché per l’istituzione di mercati destinati a merceologie esclusive. Stabilisce, altresì, le caratteristiche tipologiche delle fiere, nonché le modalità di partecipazione alle medesime, prevedendo in ogni caso il criterio della priorità nell’assegnazione dei posteggi fondato sul più alto numero di presenze effettive e delle tipologie trattate, privilegiando le produzioni dell’artigianato isolano.

     14. La Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale competente in materia di commercio, provvede all’emanazione delle disposizioni d’attuazione previste dal presente articolo acquisendo il parere obbligatorio della competente Commissione consiliare e dei rappresentanti degli enti locali e prevedendo forme di consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio.

     15. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla Regione, stabilisce l’ampiezza complessiva delle aree da destinare all’esercizio dell’attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate agli agricoltori che esercitano la vendita dei loro prodotti. Al fine di garantire il miglior servizio da rendere ai consumatori, i comuni possono determinare le tipologie merceologiche dei posteggi nei mercati e nelle fiere.

     16. Nella deliberazione di cui al comma 15 vengono individuate le aree aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale nelle quali l’esercizio del commercio di cui al presente articolo è vietato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle aree predette. Possono essere stabiliti divieti e limitazioni all’esercizio anche per motivi di viabilità, di carattere igienico-sanitario o per altri motivi di pubblico interesse. Vengono altresì deliberate le norme procedurali per la presentazione e l’istruttoria delle domande di rilascio, quelle relative al termine, comunque non superiore a novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare la trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa e la partecipazione al procedimento.

     17. In caso di inerzia da parte del comune la Regione attiva la procedura sostitutiva prevista dalla legge regionale di conferimento di funzioni e compiti agli enti locali [17].

 

     Art. 15 bis. (Trasferimento dell'attività) [18]

1. Il trasferimento dell'attività comporta a favore dell'avente causa il trasferimento del titolo abilitativo all'esercizio dell'attività fino alla scadenza originaria dello stesso.

2. L'avente causa, salvo quanto stabilito dal comma 5, deve possedere tutti i requisiti ai quali è subordinato l'accesso e l'esercizio dell'attività.

3. Il titolo abilitativo assegnato in base a una riserva a favore di particolari categorie, salvo quanto stabilito dal comma 5, può essere trasferito esclusivamente in capo ad un soggetto appartenente alla medesima categoria.

4. La cessione dell'attività per atto tra vivi è comunicata dal cessionario al comune territorialmente competente entro sessanta giorni e non può essere effettuata, ad eccezione dei casi di cui al comma 5, prima che siano decorsi tre anni dalla data del rilascio del titolo abilitativo all'esercizio dell'attività stessa [19].

5. La successione nell'attività per causa di morte è comunicata, entro tre mesi, al comune territorialmente competente dal successore il quale, anche se privo dei requisiti di cui all'articolo 2 della presente legge o di quelli ulteriori eventualmente richiesti per l'accesso e l'esercizio dell'attività, può proseguire in via provvisoria l'esercizio dell'attività per non più di un anno dalla data dell'acquisto. Decorso l'anno, il mancato possesso dei requisiti richiesti determina la decadenza dell'autorizzazione e delle concessioni sui posteggi.

 

     Art. 16. Norme a tutela delle zone rurali

     1. Al fine di valorizzare e salvaguardare l’esercizio commerciale nelle aree urbane, rurali e montane, i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti possono stabilire particolari agevolazioni, fino all’esenzione, per i tributi e le altre entrate di rispettiva competenza per le attività effettuate sui posteggi.

 

Capo III

Sanzioni

 

     Art. 17. Sospensioni e revoche

     1. Le autorizzazioni previste dal presente titolo sono sospese, o è ordinata la chiusura dell’esercizio attivato con comunicazione, per un periodo di cinque giorni in caso di seconda violazione delle norme in materia igienico-sanitaria e delle disposizioni in materia di chiusura domenicale e festiva. In caso di violazioni successive sono sospese per un periodo di quindici giorni [20].

     2. Le autorizzazioni previste dal presente titolo decadono, o è ordinata la chiusura dell’esercizio attivato con la comunicazione di cui al comma 2 dell’articolo 4, qualora il titolare:

     a) non inizi l’attività entro dodici mesi dalla data del rilascio, quando si tratti di medie strutture di vendita, salvo eventuale proroga, per uguale periodo, in caso di comprovata necessità;

     b) non inizi l’attività entro ventiquattro mesi qualora si tratti di grandi strutture di vendita, salvo eventuale proroga, per uguale periodo, concessa previo parere vincolante dall’Assessorato regionale competente in materia di commercio in caso di comprovata necessità;

     c) sospenda l’attività per un periodo superiore ad un anno;

     d) non risulti più provvisto dei requisiti di cui all’articolo 2;

     e) decada dalla concessione del posteggio per mancato utilizzo del medesimo in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a tre mesi, salvo i casi di assenza per malattia, gravidanza e puerperio.

     3. In ogni caso è ordinata la chiusura immediata dell’esercizio ove il titolare risulti sprovvisto dell’autorizzazione amministrativa richiesta per le medie e le grandi strutture di vendita ovvero, nel caso di esercizio di vicinato, del mancato rispetto del comma 2 dell’articolo 4. La chiusura è disposta anche nel caso di ampliamento abusivo dell’esercizio.

     4. Per il commercio abusivo su aree pubbliche è ordinata la sospensione immediata dell’attività di vendita con la confisca delle attrezzature e delle merci.

 

     Art. 18. Sanzioni pecuniarie.

     1. [Chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4 e 15 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500 a euro 15.000] [21].

     2. Chiunque violi le diposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7 e 15 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 3.000 [22].

     3. Fatte salve le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 17, chiunque violi le disposizioni previste dal comma 2 dell’articolo 5 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 6.000. Chiunque violi le disposizioni previste dal comma 1 dell’articolo 5 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 3.000 [23].

     4. Chiunque violi le disposizioni di cui all’articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 300 a euro 2.000.

     [5. In caso di recidiva gli importi sono raddoppiati.] [24]

     6. Le sanzioni previste nella presente legge sono irrogate dal comune nel quale sono state commesse le relative violazioni. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze e ingiunzioni di pagamento.

     7. In caso di svolgimento abusivo dell’attività il comune ordina la chiusura immediata dell’esercizio di vendita.

 

Capo IV

Norme transitorie e finali

 

     Art. 19. Disciplina transitoria

     1. Per le parti non contrastanti con la presente legge o con i successivi provvedimenti regionali d’attuazione, si applicano le disposizioni statali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modifiche ed integrazioni. L’Assessorato regionale competente in materia di commercio provvede all’emanazione di circolari per la corretta applicazione della presente legge.

     2. Fino all’approvazione dei provvedimenti attuativi si applicano, per le parti non contrastanti con la presente legge, le disposizioni di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 55/108 del 29 dicembre 2000 e successive modifiche e integrazioni, nonché la normativa statale e regionale non contrastante con la presente legge. L’abaco delle compatibilità, di cui alla medesima deliberazione, si applica per la parte non contrastante con le disposizioni della presente legge.

     3. Fino all’emanazione di nuove disposizioni regionali in materia di commercio su aree pubbliche si applica il decreto del Presidente della Giunta regionale 15 marzo 1995, n. 60, e successive modifiche ed integrazioni. 4. Le autorizzazioni rilasciate dalle amministrazioni provinciali mantengono piena validità. I comuni competenti per territorio provvedono alle successive modifiche e variazioni.

 

Titolo III

Somministrazione al pubblico di alimenti e bevande

 

     Art. 20. Disposizioni generali e ambito di applicazione

     1. Per somministrazione s’intende la vendita di alimenti e bevande per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati.

     2. La presente legge si applica alla somministrazione al pubblico e alla somministrazione negli spacci interni.

     3. Restano fermi le funzioni e i compiti attribuiti ai vari organismi, statali e locali, in materia di pubblica sicurezza.

 

     Art. 21. Tipologie degli esercizi aperti al pubblico

     1. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande sono inseriti in un’unica tipologia, comprendente la somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.

     2. Gli esercizi già esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge hanno facoltà di somministrare tutti i prodotti di cui al comma 1, fatto salvo il rispetto delle norme in materia igienico-sanitaria.

     3. Gli esercizi già esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in possesso di più autorizzazioni per tipologie diverse, si identificano nell’unica tipologia di cui al comma 1.

     4. Gli esercizi di cui al presente articolo hanno facoltà di vendere per asporto i prodotti oggetto dell’attività di somministrazione.

 

     Art. 22. Programmazione delle attività di somministrazione aperte al pubblico

     1. Per la realizzazione delle finalità di cui all’articolo 1, la Regione promuove un processo di programmazione da parte dei comuni delle attività di somministrazione di alimenti e bevande.

     2. Al fine di assicurare, in relazione alle abitudini di consumo extra-domestico, alla popolazione residente e fluttuante, ai flussi turistici e alle caratteristiche delle singole località, la migliore funzionalità e produttività del servizio di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico e il più equilibrato rapporto tra domanda e offerta, la Giunta regionale, sentite le organizzazioni dei consumatori e dei commercianti, fissa, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i criteri di carattere generale sulla base dei quali i comuni stabiliscono le condizioni da accertare per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico.

     3. Nei successivi sei mesi i comuni, sentite le organizzazioni dei consumatori e dei commercianti, provvedono alla programmazione delle attività di somministrazione di cui al presente articolo. Trascorso il suddetto termine, e fino all’adozione degli atti comunali, hanno applicazione integrale ed immediata i criteri stabiliti con la deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 2. I comuni provvedono alla valutazione delle domande sulla base della corrispondenza dell’istanza ai criteri regionali.

     4. Il comma 2 non si applica per il rilascio delle autorizzazioni concernenti le attività di somministrazione di alimenti e bevande da effettuare:

     a) negli esercizi nei quali la somministrazione al pubblico di pasti o di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di spettacolo, intrattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari, stabilimenti sportivi, cinema, teatri e altri esercizi similari, nonché in tutti i casi in cui l’attività di somministrazione è esercitata all’interno di strutture di servizio ed è in ogni caso ad esse funzionalmente e logisticamente collegata, sempreché la somministrazione di alimenti e bevande non sia svolta in forma economicamente prevalente rispetto all’attività cui è funzionalmente e logisticamente collegata; l’attività d’intrattenimento e svago s’intende prevalente nei casi in cui la superficie utilizzata per il suo svolgimento è pari almeno ai tre quarti della superficie complessiva a disposizione, esclusi i magazzini, i depositi, gli uffici e i servizi, e la somministrazione di alimenti e bevande è effettuata esclusivamente nei confronti di chi usufruisce a pagamento dell’attività d’intrattenimento; non costituisce attività di spettacolo, intrattenimento e svago la semplice musica di accompagnamento e compagnia;

     b) nelle attività di somministrazione non aperte al pubblico di cui all’articolo 24;

     c) nelle attività soggette alle particolari disposizioni di cui all’articolo 25;

     d) nelle attività svolte in forma temporanea.

     5. I comuni, nello stabilire le condizioni di cui al comma 2, possono inoltre individuare aree di particolare interesse storico, artistico, architettonico, archeologico e ambientale nelle quali l’attività di somministrazione di alimenti e bevande è vietata o sottoposta a limitazioni per incompatibilità con la natura delle aree o oggetto di deroga ai sensi della vigente normativa.

     6. I comuni stabiliscono le condizioni per l’esercizio dell’attività di somministrazione in forma stagionale, considerandosi tale l’attività svolta per uno o più periodi, nel complesso non superiori a centottanta giorni, per ciascun anno solare.

     [7. L’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande all’interno dei circoli privati è disciplinato da apposito regolamento approvato dalla Giunta regionale entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.] [25]

 

     Art. 23. Esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico

     1. L’apertura, il trasferimento e l’ampliamento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.

     2. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato all’accertamento dei requisiti morali e professionali di cui all’articolo 2, nonché delle condizioni stabilite dai comuni ai sensi dell’articolo 22. Il rilascio dell’autorizzazione avviene, inoltre, in subordine all’accertamento dei requisiti in materia di sorvegliabilità dei locali per i quali è fatto integrale rinvio alle disposizioni stabilite dal Ministero dell’interno. Il comune accerta l’adeguata sorvegliabilità anche nel caso di locali oggetto di intervento edilizio per ampliamento.

     3. Il comune adotta le norme sul procedimento concernente le domande relative agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico; stabilisce il termine, comunque non superiore ai sessanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare la trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa e la partecipazione al procedimento.

     4. É fatto obbligo a tutti i soggetti che svolgono attività di somministrazione di alimenti e bevande, di esercitarla nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, di quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici, nonché delle norme in materia di sicurezza e prevenzione incendi.

     5. Il rispetto delle disposizioni di cui al comma 4 è richiesto ai fini dell’esercizio dell’attività ma non condiziona il rilascio dell’autorizzazione.

 

     Art. 24. Esercizi di somministrazione non aperti al pubblico

     1. Costituiscono attività di somministrazione non aperte al pubblico le attività destinate ad una cerchia delimitata ed individuabile di persone. Per tali attività si applicano le disposizioni di cui agli articoli 32 e 34.

     2. L’apertura e il trasferimento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande non aperti al pubblico sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per territorio. Nella comunicazione il soggetto interessato deve dichiarare:

     a) di essere in possesso dei requisiti morali e professionali di cui all’articolo 2;

     b) l’ubicazione e la superficie dei locali adibiti alla somministrazione;

     c) di avere rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d’uso.

     3. Il comune accerta l’adeguata sorvegliabilità anche nel caso di locali oggetto di intervento edilizio per ampliamento.

     4. La somministrazione nei circoli privati è ammessa, con le disposizioni del presente articolo, a condizione che sia effettuata in locali senza accesso diretto dalla pubblica via e privi di pubblicità esterna, a favore degli iscritti ai circoli. Nella comunicazione di cui al comma 2 i circoli debbono presentare l’atto costitutivo e lo statuto integrati dall’elenco delle cariche sociali, dei soci e dalla documentazione relativa all’eventuale adesione ad enti o associazioni riconosciute regionalmente o nazionalmente sulla base di finalità mutualistiche, assistenziali, culturali, sportive o ricreative.

     4 bis. L’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande nei circoli privati è disciplinato da apposita direttiva approvata dalla Giunta regionale [26].

 

     Art. 25. Attività non soggette ad autorizzazione

     1. Non sono soggette alle autorizzazioni di cui agli articoli 22 e 23 le attività disciplinate dal presente titolo svolte direttamente, nei limiti dei loro compiti istituzionali e senza fini di lucro, da ospedali, case di cura, case di riposo, caserme, stabilimenti delle forze dell’ordine, strutture d’accoglienza o sostegno.

     2. Sono, inoltre, escluse dall’applicazione degli articoli 22 e 23;

     a) le attività di somministrazione di cui alla Legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo), limitatamente alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati;

     b) le attività di somministrazione di cui alla legislazione regionale sull’agriturismo [27].

     3. Il consumo immediato di prodotti di gastronomia presso l’esercizio di vicinato, utilizzando locali ed arredi dell’azienda con esclusione del servizio assistito di somministrazione, non è soggetto ad autorizzazioni preventive e può essere vietato dal comune soltanto ove difetti l’osservanza dei requisiti igienico-sanitari [28].

 

     Art. 26. Autorizzazioni temporanee

     1. In occasione di fiere, mercati o di altre riunioni straordinarie di persone, l’attività temporanea di somministrazione è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal comune in cui l’attività si svolge, su richiesta del soggetto interessato. Essa può essere svolta soltanto per il periodo e nei locali o luoghi in cui si svolgono le predette manifestazioni, a condizione che il richiedente risulti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 o designi un responsabile in possesso dei medesimi requisiti, incaricato di seguire direttamente lo svolgimento della manifestazione.

     2. Per l’esercizio dell’attività di somministrazione di cui al comma 1 si osservano le disposizioni di cui al comma 4 dell’articolo 23 con esclusione di quelle relative alla destinazione d’uso dei locali e degli edifici.

     3. Le autorizzazioni temporanee non possono avere, per la stessa manifestazione, una durata superiore a quindici giorni.

 

     Art. 27. Disposizioni per i distributori automatici

     1. L’installazione di distributori automatici per la somministrazione di alimenti e bevande, in locali esclusivamente adibiti a tale attività, è soggetta alle disposizioni concernenti l’autorizzazione degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti o non aperti al pubblico di cui agli articoli 22 e 23.

     2. É vietata la somministrazione di bevande alcoliche con gradazione superiore a 21 gradi mediante distributori automatici.

 

     Art. 28. Esercizio di attività accessorie

     1. Fermo restando il rispetto delle disposizioni previste dalle leggi di settore, le autorizzazioni di cui agli articoli 22 e 23 abilitano all’installazione e all’uso di apparecchi radiotelevisivi ed impianti in genere per la diffusione sonora e di immagini, di giochi meccanici ivi compresi i biliardi, nonché all’effettuazione del gioco delle carte e degli altri giochi di società.

     2. Le stesse autorizzazioni di cui al comma 1 abilitano, inoltre, all’effettuazione di piccoli trattenimenti musicali senza ballo in sale con capienza e afflusso non superiore a cento persone dove la clientela acceda per la consumazione, senza l’apprestamento di elementi atti a trasformare l’esercizio in locale di pubblico spettacolo o trattenimento.

     3. Resta inteso che l’esercizio delle attività di cui al comma 2 deve necessariamente avvenire nel rispetto di tutte le disposizioni vigenti, in quanto applicabili, ed in particolare, di quelle in materia di sicurezza, prevenzione incendi e di inquinamento acustico.

     4. Sono fatte integralmente salve le disposizioni di cui agli articoli 86 e 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, così come modificate ed integrate dagli articoli 1 della Legge 6 ottobre 1995, n. 425, e 37 e seguenti della Legge 23 dicembre 2000, n. 388, in particolare, per quanto concerne la distribuzione, la gestione e l’uso degli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici, nonché in materia di gioco d’azzardo. La pratica dei giochi nei pubblici esercizi disciplinati dalla presente legge è subordinata all’esposizione di un’apposita tabella vidimata dal comune ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 311.

 

     Art. 29. Subingresso

     1. Il trasferimento per atto tra vivi è sempre consentito purché sia data prova dell’effettivo trasferimento dell’azienda con le modalità previste per le aziende non soggette a registrazione [29].

     2. Nel caso di subingresso per causa di morte, il possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 deve essere dimostrato entro dodici mesi dalla morte del titolare dell’attività.

     3. Il subingresso nella proprietà o nella gestione dell’attività è soggetto a previa comunicazione al comune in cui ha sede l’esercizio e non implica il rilascio di una nuova autorizzazione all’esercizio dell’attività.

 

     Art. 30. Durata delle autorizzazioni

     1. Le autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, annuali o stagionali, sono rilasciate a tempo indeterminato e si riferiscono esclusivamente ai locali in esse indicate; in ogni momento possono essere effettuate verifiche in ordine al permanere dei requisiti soggettivi e oggettivi.

     2. Nelle autorizzazioni stagionali, di cui al comma 6 dell’articolo 22, sono indicati il periodo o i periodi nei quali è consentito, in corso d’anno, l’esercizio dell’attività.

     3. Le autorizzazioni temporanee di cui all’articolo 26 sono rilasciate con validità limitata alla durata della manifestazione.

 

     Art. 31. Revoca delle autorizzazioni

     1. Le autorizzazioni di cui all’articolo 23 sono revocate:

     a) quando il titolare dell’autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, non attivi l’esercizio entro centottanta giorni dalla data del suo rilascio ovvero sospenda l’attività per un periodo superiore a dodici mesi;

     b) quando il titolare dell’autorizzazione non risulti più in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2;

     c) quando venga meno la sorvegliabilità dei locali; in tal caso la revoca è preceduta da un provvedimento di sospensione dell’attività per una durata non inferiore a tre giorni e non superiore a novanta giorni, termine entro il quale, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza, il titolare può ripristinare i requisiti mancanti;

     d) quando venga meno l’effettiva disponibilità dei locali nei quali è attivata l’azienda e non venga richiesta, da parte del proprietario dell’azienda, l’autorizzazione per il trasferimento in una nuova sede nel termine di sei mesi, salvo proroga in caso di comprovata necessità e previa motivata istanza;

     e) quando il titolare dell’autorizzazione non osservi i provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione;

     f) quando in caso di subingresso non avvii l’attività nei termini previsti.

 

     Art. 32. Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande

     1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti entro i limiti minimi e massimi stabiliti dal comune.

     2. Gli esercenti devono rispettare l’orario prescelto e devono pubblicizzarlo mediante l’esposizione di appositi cartelli all’interno e all’esterno dell’esercizio.

 

     Art. 33. Chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione aperti al pubblico

     1. La chiusura temporanea degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico è comunicata al comune, se di durata superiore a trenta giorni consecutivi.

     2. Il sindaco, al fine di assicurare all’utenza idonei livelli di servizio, può predisporre, sentite le organizzazioni locali degli esercenti, dei lavoratori e dei consumatori, programmi di apertura per turno degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico. Gli esercenti sono tenuti a osservare i turni predisposti e a renderli noti al pubblico mediante l’esposizione di un apposito cartello ben visibile dall’esterno dell’esercizio.

     3. Gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande aperti al pubblico possono, a discrezione del titolare, osservare una o più giornate di riposo settimanale.

 

     Art. 34. Pubblicità dei prezzi

     1. I prodotti destinati alla vendita per asporto, esposti nelle vetrine, su banco di vendita o in altro luogo, devono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante cartello o altro mezzo idoneo allo scopo.

     2. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili, sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.

     3. Per i prodotti destinati alla somministrazione, l’obbligo di esposizione dei prezzi è assolto:

     a) per quanto concerne le bevande, mediante esposizione all’interno dell’esercizio di apposita tabella;

     b) per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a) cui si aggiunge l’obbligo di esposizione della tabella anche all’esterno dell’esercizio.

     4. Qualora, nell’ambito dell’esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve inoltre indicare l’eventuale componente del servizio.

     5. Le modalità prescelte debbono essere tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico, anche per quanto concerne eventuali aggiunte attribuibili al servizio.

 

     Art. 35. Sanzioni

     1. Chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 2, 23 e 24 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500 a euro 15.000.

     2. Chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 26, 27 e 28 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 3.000.

     3. Chiunque violi le disposizioni di cui all’articolo 32 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 1.000.

     4. Chiunque violi le disposizioni di cui all’articolo 34 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 300 a euro 2.000.

     5. In caso di recidiva gli importi sono raddoppiati.

     6. Le sanzioni previste nella presente legge sono irrogate dal comune nel quale sono state commesse le relative violazioni. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze e ingiunzioni di pagamento.

     7. In caso di svolgimento abusivo dell’attività il comune ordina la chiusura immediata dell’esercizio di vendita.

     8. Le autorizzazioni previste dal presente titolo sono sospese per un periodo di trenta giorni qualora il titolare violi, per due volte nell’arco di dodici mesi, le prescrizioni in materia igienico-sanitaria.

     9. Le autorizzazioni previste dal presente titolo decadono, o è ordinata la chiusura dell’esercizio attivato con la comunicazione di cui al comma 2 dell’articolo 4, qualora il titolare:

     a) non inizi l’attività entro dodici mesi dalla data del rilascio, salvo eventuale proroga per un uguale periodo in caso di comprovata necessità;

     b) sospenda l’attività per un periodo superiore ad un anno;

     c) non risulti più provvisto dei requisiti di cui all’articolo 2.

     10. In ogni caso è ordinata la chiusura immediata dell’esercizio ove il titolare risulti sprovvisto dell’autorizzazione amministrativa richiesta.

 

Titolo IV

Incentivi a favore dei centri commerciali naturali

 

     Art. 36. Incentivi

     1. Al fine di rivitalizzare i centri urbani e promuovere la qualificazione dell’offerta e la migliore accoglienza dell’utenza, ai centri commerciali naturali sono concessi, nei limiti degli stanziamenti iscritti in bilancio, contributi fino al 90 per cento delle spese ritenute ammissibili per la realizzazione di programmi annuali di promozione [30].

     2. Le agevolazioni di cui al comma 1 non possono comunque eccedere l’importo consentito dalle norme comunitarie sugli aiuti di cui al Regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione del 12 gennaio 2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d’importanza minore (“de minimis”).

     3. La Giunta regionale, su proposta dell’Assessorato competente in materia di commercio, adotta, entro quindici giorni dall’entrata in vigore della presente legge e previo parere della competente Commissione consiliare da esprimersi entro venti giorni dall’avvenuta comunicazione, apposite direttive al fine di disciplinare le tipologie di spesa ammissibili per l’attuazione del programma di cui al comma 1.

     4. Il programma annuale di spesa è approvato, sulla base delle domande presentate, dalla Giunta regionale su proposta dell’Assessore competente in materia di commercio, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio.

     5. Dopo l’articolo 8 della legge regionale 21 maggio 2002, n. 9 (Agevolazioni contributive alle imprese nel comparto del commercio), è inserito il seguente:

      “Art. 8 bis (Valorizzazione dei centri urbani)

     1. Nell’ambito della disciplina comunitaria “de minimis” sono finanziate la costituzione e le iniziative dei centri commerciali naturali - di cui al comma 8 dell’articolo 1 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 5 - tese alla valorizzazione dei centri urbani.”.

     6. Le spese previste per l’attuazione del comma 1 sono valutate in euro 1.000.000 annui (UPB S07.046).

 

     Art. 37. Priorità per le agevolazioni.

     1. In ordine ai criteri per la concessione dei contributi previsti dal comma 3 dell’articolo 8 della legge regionale n. 9 del 2002, hanno diritto di priorità le piccole e medie imprese inserite nei centri commerciali naturali di cui all’articolo 1 [31].

     2. Le imprese artigiane, comprese quelle che aprono punti di assistenza, che fanno parte del centro commerciale naturale, compatibili secondo le normative vigenti con l’insediamento nelle zone urbane, hanno diritto di priorità per le agevolazioni previste dalla normativa regionale di settore.

 

     Art. 38. Interventi a favore dei comuni

     1. Per l’anno 2006, a valere sulla misura 5.1 (Politiche per le aree urbane) del Complemento di programmazione 2000/2006, una quota non inferiore al 20 per cento dello stanziamento è riservata ai comuni per la realizzazione di progetti di riqualificazione urbana dei siti in cui insistono i centri commerciali naturali di cui al presente titolo.

     2. Hanno priorità i comuni che, d’intesa con i titolari dei centri commerciali naturali, prevedano, nei progetti di riqualificazione, opere di supporto agli stessi.

     3. Le spese previste per l’attuazione del presente articolo sono valutate in euro 15.000.000.

     4. L’attuazione del presente articolo è subordinata alla conseguente modifica del Complemento di programmazione 2000-2006.

 

     Art. 39. Centri polifunzionali

     1. Nei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti gli esercizi di vicinato e le medie strutture di vendita possono svolgere in un solo esercizio, oltre all’attività commerciale, altri servizi d’interesse per la collettività, eventualmente in convenzione con soggetti pubblici o privati, secondo le modalità e le condizioni stabilite dal comune.

 

Titolo V

Disposizioni finali

 

     Art. 40. Rapporto annuale

     1. L’Assessorato regionale competente in materia di commercio predispone, d’intesa con l’Osservatorio economico regionale, la redazione annuale di un rapporto sull’andamento dei prezzi e dei consumi, sull’entità e l’efficacia delle reti distributive.

     2. Il rapporto è presentato alle associazioni di categoria ed inviato al Consiglio regionale.

 

     Art. 41. Disposizioni finanziarie

     1. Le spese previste per l’attuazione della presente legge sono valutate in euro 16.200.000 per l’anno 2006 ed in euro 1.000.000 per gli anni successivi; alle stesse si fa fronte:

     a) quanto ad euro 1.200.000 (200.000 per l’anno 2006, relativi all’articolo 13 e 1.000.000 per l’anno 2006 e successivi, relativi all’articolo 36) con le disponibilità sussistenti in conto della UPB S07.046 dello stato della spesa dell’Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio;

     b) quanto ad euro 15.000.000, relativi all’articolo 38, per l’anno 2006 con quota parte, ai sensi dell’articolo 3, delle risorse previste per lo stesso anno dalla misura 5.1 del Complemento di programmazione 2000/2006.

 

     Art. 42. Attuazione della presente legge

     1. La Giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente in materia di commercio e previa consultazione delle organizzazioni più rappresentative dei commercianti, dei consumatori e delle organizzazioni sindacali, emana norme per l’attuazione della presente legge.

     2. Le deliberazioni della Giunta regionale entrano in vigore trenta giorni dopo la loro pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione.

 

     Art. 43. Abrogazioni

     1. È abrogata la legge regionale 31 ottobre 1991, n. 35, ad esclusione degli articoli 33, 34, 35 e 36.

     2. È abrogata ogni altra norma contraria o incompatibile con le disposizioni della presente legge.

     3. È abrogato il comma 26 dell’articolo 6 della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6.


[1] Alinea così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[2] Comma così modificato dall'art. 146 della L.R. 23 ottobre 2023, n. 9.

[3] Lettera così modificata dall'art. 58 della L.R. 4 febbraio 2016, n. 2.

[4] Comma così sostituito dall'art. 146 della L.R. 23 ottobre 2023, n. 9.

[5] Comma aggiunto dall'art. 146 della L.R. 23 ottobre 2023, n. 9.

[6] Comma così modificato dall'art. 2 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[7] Articolo così sostituito dall'art. 3 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[8] Comma abrogato dall'art. 1 della L.R. 22 gennaio 2010, n. 3. Per una limitazione all'applicazione del presente comma, vedi l'art. 13 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[9] Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 22 gennaio 2010, n. 3.

[10] Comma abrogato dall'art. 4 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[11] Comma così sostituito dall'art. 4 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[12] Comma abrogato dall'art. 4 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[13] Comma così modificato dall'art. 5 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[14] Lettera così modificata dall'art. 2 della L.R. 7 agosto 2009, n. 3.

[15] Lettera così modificata dall'art. 2 della L.R. 7 agosto 2009, n. 3.

[16] Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 2 della L.R. 7 febbraio 2011, n. 6.

[17] Comma così sostituito dall’art. 27 della L.R. 12 giugno 2006, n. 9.

[18] Articolo inserito dall'art. 3 della L.R. 7 febbraio 2011, n. 6.

[19] La Corte costituzionale, con sentenza 7 febbraio 2012, n. 18, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede che la cessione dell’attività «non può essere effettuata, ad eccezione dei casi di cui al comma 5, prima che siano decorsi tre anni dalla data del rilascio del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività stessa».

[20] Comma così sostituito dall'art. 6 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[21] Comma abrogato dall'art. 146 della L.R. 23 ottobre 2023, n. 9.

[22] Comma così sostituito dall'art. 146 della L.R. 23 ottobre 2023, n. 9.

[23] Comma così sostituito dall'art. 7 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[24] Comma abrogato dall'art. 7 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[25] Comma abrogato dall'art. 8 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[26] Comma aggiunto dall'art. 9 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17. Per una limitazione all'applicazione del presente comma, vedi l'art. 13 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[27] Lettera così sostituita dall'art. 10 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[28] Comma così sostituito dall'art. 10 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.

[29] Comma così sostituito dall'art. 8 della L.R. 19 gennaio 2011, n. 1.

[30] Comma già modificato dall'art. 11 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17 e così ulteriormente modificato dall'art. 146 della L.R. 23 ottobre 2023, n. 9.

[31] Comma così modificato dall'art. 12 della L.R. 6 dicembre 2006, n. 17.