§ 27.6.177 - D.L. 31 ottobre 1990, n. 310. [*]
Disposizioni urgenti in materia di finanza locale.


Settore:Normativa nazionale
Materia:27. Contabilità pubblica
Capitolo:27.6 finanza locale
Data:31/10/1990
Numero:310


Sommario
Art. 1.  Bilancio.
Art. 2.  Mutui per la copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto.
Art. 2 bis.  Mutui contratti dalle regioni.
Art. 3.  Alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali.
Art. 4.  Disposizioni fiscali.
Art. 4 bis.  Obblighi relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi.
Art. 5.  Disposizioni sui mutui degli enti locali.
Art. 6.  Entrata in vigore.


§ 27.6.177 - D.L. 31 ottobre 1990, n. 310. [*]

Disposizioni urgenti in materia di finanza locale.

(G.U. 2 novembre 1990, n. 256).

 

     Art. 1. Bilancio.

     1. Il termine per l'approvazione dei bilanci di previsione per l'esercizio finanziario 1991 da parte dei comuni, delle province e delle comunità montane, di cui all'articolo 55, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, è differito al 31 dicembre 1990.

     2. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 1, l'organo regionale di controllo attiva immediatamente le procedure previste dal comma 2 dell'articolo 39 della legge 8 giugno 1990, n. 142 [1].

     3. [2].

     4. Le province, i comuni e le comunità montane, nelle more dell'approvazione dei bilanci di previsione da parte dell'organo di controllo, possono effettuare, per ciascun capitolo, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme definitivamente previste nell'ultimo bilancio approvato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.

     5. [2].

 

     Art. 2. Mutui per la copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto.

     1. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre mutui decennali per la copertura dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e dei servizi di trasporto in gestione diretta, relativi agli esercizi 1987- 90. Detti mutui non possono essere concessi dalla Cassa depositi e prestiti e dalla Direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro.

     2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche per il finanziamento delle somme occorrenti, entro i limiti derivanti dalla partecipazione azionaria, per la ricapitalizzazione delle aziende di trasporto costituite in forma di società per azioni, quando l'ente locale riveste la posizione di unico azionista o di azionista di maggioranza.

     3. I mutui di cui ai commi 1 e 2 possono essere assunti anche in eccedenza al limite di indebitamento stabilito dall'articolo 1 del decreto- legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978, n. 43; l'importo degli interessi delle rate di ammortamento concorre, comunque, alla determinazione del limite di indebitamento per ciascuno degli anni successivi a quello in cui viene deliberata l'assunzione del mutuo.

     4. L'ammontare del mutuo di cui ai commi 1 e 2 non può essere superiore:

     a) per le aziende di trasporto pubbliche, all'importo del disavanzo della gestione del trasporto locale quale risulta, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1990, dal bilancio consuntivo dell'azienda, debitamente approvato dall'ente proprietario;

     b) per i servizi di trasporto in gestione diretta, alla risultanza in proposito evidenziata, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1990, nel conto consuntivo dell'ente locale debitamente approvato;

     c) per le aziende costituite in forma di società per azioni, all'importo della quota a carico dell'ente locale della perdita risultante dal bilancio redatto e approvato, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1990, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile.

     5. L'onere di ammortamento dei mutui contratti ai sensi del presente articolo è a carico dei bilanci degli enti locali.

     6. L'assunzione del mutuo a copertura del disavanzo di esercizio 1990 è subordinata all'adozione, entro il 30 settembre 1991, da parte degli enti locali interessati, su proposta dell'azienda ove ricorra, di un piano di risanamento economico-finanziario che preveda il raggiungimento dell'equilibrio di bilancio entro il termine del 31 dicembre 1996 [3].

     7. Il piano di risanamento deve tra l'altro contenere:

     a) l'adeguamento, a decorrere dal primo anno del piano, dei proventi del traffico nelle misure stabilite ai sensi dell'articolo 6, primo comma, lettera b), della legge 10 aprile 1981, n. 151;

     b) la ristrutturazione dei servizi e della rete con dimostrazione delle economie conseguibili;

     c) il contenimento programmato delle spese di personale.

     8. Il piano di risanamento è approvato con decreto del Ministro dell'interno, su proposta conforme della commissione di ricerca per la finanza locale presso il Ministero dell'interno, che per l'occasione è integrata con due rappresentanti del Ministero dei trasporti.

     9. Gli enti locali iscriveranno nei propri bilanci i decrescenti contributi necessari a realizzare il pareggio durante il periodo di attuazione del piano di risanamento.

     10. Alla copertura dei contributi di cui al comma 9 si provvede mediante la contrazione di mutui a carico degli enti locali.

     11. La mancata osservanza da parte dell'azienda delle prescrizioni indicate dal piano costituisce grave pregiudizio agli interessi dell'azienda e dell'ente locale ed obbliga l'ente locale interessato ad attivare la procedura per la sostituzione della commissione amministratrice, o del consiglio di amministrazione in caso di società per azioni.

 

     Art. 2 bis. Mutui contratti dalle regioni. [4]

     1. Le regioni possono contrarre mutui decennali, nei limiti delle perdite risultanti dai bilanci redatti e approvati ai sensi delle norme vigenti relativamente agli anni 1987, 1988, 1989 e 1990, per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche, private ed in concessione, che non hanno trovato copertura con i contributi di cui all'articolo 6 della legge 10 aprile 1981, n. 151, nonché limitatamente agli importi residuati dopo l'applicazione dei commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 2 del presente decreto.

     2. L'assunzione dei mutui di cui al comma 1 può avvenire anche in deroga ai limiti previsti dalle leggi vigenti. Le relative procedure e criteri sono stabiliti con decreto del Ministro del tesoro [5].

     3. L'onere di ammortamento dei mutui contratti ai sensi del presente articolo è a carico dei bilanci delle regioni.

 

     Art. 3. Alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali.

     1. Le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi sono autorizzati ad alienare il patrimonio disponibile per la realizzazione di opere pubbliche o per il finanziamento delle perdite di gestione delle aziende pubbliche di trasporto o per i fini indicati agli articoli 24 e 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e al comma 3 dell'articolo 1-bis del decreto- legge 1° luglio 1986, n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 488 [3].

     1 bis. I comuni e le province possono altresì procedere alla alienazione del patrimonio di edilizia residenziale di loro proprietà, ancorché abbiano usufruito negli anni precedenti di contributo o finanziamento in conto capitale o in conto interessi dallo Stato o dalle regioni. La cessione delle unità immobiliari deve avvenire con priorità assoluta per coloro che ne fanno uso legittimo, in base a contratto di affitto, di concessione o comodato. Gli istituti di credito autorizzati possono concedere mutui ipotecari ai cessionari anche fino al 90 per cento del valore di cessione, corrispondendo agli enti proprietari il valore ammesso a mutuo. Gli stessi enti possono prestare garanzia parziale agli istituti mutuanti in misura non superiore al 40 per cento del prezzo di cessione. I comuni e le province possono utilizzare i proventi per le finalità previste al comma 1; nella eventualità di alienazioni di valore non inferiore ai 500 milioni di lire, qualora non utilizzino almeno il 50 per cento del ricavato per interventi di edilizia economica e popolare saranno esclusi dai programmi regionali e nazionali di nuova formazione sulla materia per i successivi nove anni [6].

     2. Gli enti locali che abbiano deliberato le alienazioni di cui al comma 1, nelle more del perfezionamento di tali atti, possono ricorrere a finanziamenti presso istituti di credito. Possono altresì utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui, purché si impegnino esplicitamente a reintegrarle con il ricavato delle predette alienazioni [7].

     3. Gli enti locali di cui al comma 1 sono autorizzati a negoziare, con gli istituti di credito di cui al comma 3-quater, aperture di credito a fronte di deliberazioni di alienazioni di beni di loro proprietà. Le deliberazioni devono riportare i valori di stima dei beni da alienare. Gli utilizzi delle aperture di credito sono versati, per gli enti assoggettati alle disposizioni sulla tesoreria unica, nella contabilità fruttifera aperta presso la tesoreria provinciale dello Stato e sono immediatamente ed integralmente utilizzabili dagli enti locali per le finalità previste dai commi precedenti, nonché per spese di manutenzione straordinaria o per altre spese in conto capitale incrementative del patrimonio degli enti. Al rimborso degli utilizzi, compresi gli oneri da essi derivanti, si provvede comunque con i fondi provenienti dalle alienazioni [8].

     3 bis. I debiti degli enti locali per utilizzi delle aperture di credito di cui al comma 3 sono assistiti anche da garanzia, da costituirsi mediante emissione di delegazione di pagamento da rilasciarsi secondo i limiti ed i criteri stabiliti dalla normativa vigente. Tale garanzia diviene operativa qualora, entro 24 mesi dalla data del primo utilizzo delle aperture di credito, le alienazioni di cui al comma 3 non siano state realizzate [9].

     3 ter. I debiti degli enti locali per utilizzi delle aperture di credito di cui al comma 3 non godono di alcuna garanzia da parte dello Stato, anche nell'ipotesi di successive situazioni di insolvenza degli enti stessi [9].

     3 quater. Con decreto del Ministro del tesoro, sentite l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e l'Unione delle province d'Italia (UPI), sono designati gli istituti di credito con i quali gli enti locali sono autorizzati a negoziare le aperture di credito di cui al comma 3, e sono altresì stabilite le relative condizioni e modalità, intese prioritariamente a semplificare ed a rendere tempestive le decisioni operative degli enti stessi [9].

 

     Art. 4. Disposizioni fiscali.

     1. Per l'anno 1991 i comuni possono deliberare le misure delle tariffe relative ai tributi comunali e delle variazioni dei limiti di reddito per l'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni entro il 31 dicembre 1990.

     2. [10].

     3. [11].

     3 bis. [12].

     3 ter. Le disposizioni del comma 3 bis hanno effetto dal 1 gennaio 1991 [6].

 

     Art. 4 bis. Obblighi relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi. [4]

     1. Il termine del 31 dicembre 1990 previsto dall'articolo 4 ter del decreto legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, è ulteriormente differito al 31 dicembre 1991 per quanto riguarda le dichiarazioni ed i versamenti agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi. Fino alla stessa data sono differiti anche i termini previsti per la fatturazione e la registrazione e per l'adempimento di tutti gli altri obblighi inerenti alle operazioni delle quali si deve tener conto nelle suddette dichiarazioni; a tal fine gli obblighi di fatturazione, di registrazione e gli altri obblighi relativi alle suddette operazioni si intendono comunque già adempiuti se le operazioni stesse risultano dalla contabilità prevista per gli enti pubblici interessati. I periodi di imposta cui si applicano le disposizioni contenute nel comma 2 dell'articolo 4 ter del decreto legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, e nei precedenti provvedimenti, sono quelli chiusi anteriormente al 1 gennaio 1991 [13].

 

     Art. 5. Disposizioni sui mutui degli enti locali.

     01. Per l'anno 1991 l'ammontare dei mutui concedibili dalla Cassa depositi e prestiti a favore di province, comuni, comunità montane e loro consorzi non potrà essere inferiore a 8.000 miliardi di lire [6].

     02. La Cassa depositi e prestiti nella concessione dei mutui darà priorità ai comuni con popolazione fino a 20.000 abitanti [6].

     1. Le disposizioni di cui al comma 11 dell'articolo 4 del decreto- legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155, sono soppresse.

     2. Le disposizioni del presente decreto sostituiscono integralmente quelle di cui al decreto-legge 1° ottobre 1990, n. 269.

     2 bis. Il comma 2 dell'articolo 12 del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38, è applicabile ai mutui concessi o stipulati nell'esercizio 1991 per le quote 1989 non utilizzate [6].

 

     Art. 6. Entrata in vigore.

     1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 


[*] Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della L. 22 dicembre 1990, n. 403.

[1] Comma così sostituito dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[2] Comma abrogato dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[2] Comma abrogato dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[3] Comma così modificato dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[4] Articolo aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[5] La Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio 1991, n. 284, ha dichiarato l'illegittimità del secondo periodo del presente comma.

[3] Comma così modificato dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[6] Comma aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[7] Comma così sostituito dall'art. 7 del D.L. 18 gennaio 1993, n. 8.

[8] Comma così sostituito dall'art. 6 del D.L. 23 settembre 1994, n. 547

[9] Comma aggiunto dall'art. 6 del D.L. 23 settembre 1994, n. 547

[9] Comma aggiunto dall'art. 6 del D.L. 23 settembre 1994, n. 547

[9] Comma aggiunto dall'art. 6 del D.L. 23 settembre 1994, n. 547

[10] Modifica il comma 5, art. 4 della L. 14 giugno 1990, n. 158.

[11] Modifica il comma 2, art. 4 della L. 16 maggio 1970, n. 281.

[12] Comma aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403. Sostituisce l'art. 88 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[6] Comma aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[4] Articolo aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[13] Per una proroga del termine del 31 dicembre 1991 previsto dal presente articolo, vedi l'art. 56 della L. 30 dicembre 1991, n. 413.

[6] Comma aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[6] Comma aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.

[6] Comma aggiunto dalla L. di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.