§ 58.6.181 - D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105.
Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività [...]


Settore:Normativa nazionale
Materia:58. Lavoro
Capitolo:58.6 disciplina generale
Data:30/06/2022
Numero:105


Sommario
Art. 1.  Oggetto e finalità
Art. 2.  Modifiche al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
Art. 3.  Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104
Art. 4.  Modifiche alla legge 22 maggio 2017, n. 81
Art. 5.  Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81
Art. 6.  Modifiche alla legge 8 marzo 2000, n. 53
Art. 7.  Interventi per la promozione delle misure a sostegno dei genitori e dei prestatori di assistenza
Art. 8.  Monitoraggio
Art. 9.  Copertura finanziaria
Art. 10.  Abrogazioni


§ 58.6.181 - D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105.

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.

(G.U. 29 luglio 2022, n. 176)

 

     IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

     Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

     Visti gli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea;

     Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri;

     Vista la legge 22 aprile 2021, n. 53, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020, e, in particolare, l'articolo 1, comma 1, e l'allegato A (punto 27);

     Vista la direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio;

     Vista la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell'8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE;

     Vista la direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio;

     Vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego;

     Visto il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale;

     Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;

     Vista la legge 8 marzo 2000, n. 53, recante disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città;

     Visto il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53;

     Visto il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, recante codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246;

     Vista la legge 28 giugno 2012, n. 92, recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita, e, in particolare, l'articolo 4, comma 24, lettera a);

     Visto il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183;

     Vista la legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, e, in particolare, l'articolo 1, comma 354;

     Vista la legge 22 maggio 2017, n. 81, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato;

     Vista la legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, e, in particolare, l'articolo 1, comma 134;

     Visto il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, recante l'introduzione, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, del congedo obbligatorio e del congedo facoltativo del padre, oltre a forme di contributi economici alla madre, per favorire il rientro nel mondo del lavoro al termine del congedo;

     Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 31 marzo 2022;

     Acquisiti i pareri delle competenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

     Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 22 giugno 2022;

     Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'economia e delle finanze, della giustizia, per le disabilità, e per la pubblica amministrazione;

 

     Emana

     il seguente decreto legislativo:

 

Art. 1. Oggetto e finalità

     1. Il presente decreto reca disposizioni finalizzate a migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.

     2. Nell'ottica della piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all'assistenza, i congedi, i permessi e gli altri istituti oggetto del presente decreto, salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

 

     Art. 2. Modifiche al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151

     1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 2, comma 1:

     1) dopo la lettera a) è inserita la seguente: «a-bis) per "congedo di paternità" si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore, che ne fruisce in via autonoma ai sensi dell'articolo 27-bis del presente decreto;»;

     2) la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) per "congedo di paternità alternativo" si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore, in alternativa al congedo di maternità nei casi previsti dall'articolo 28 del presente decreto;»;

     b) all'articolo 18, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: «1-bis. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui agli articoli 16, 16-bis e 17, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     c) dopo l'articolo 27, al capo IV, «Congedo di paternità», è inserito il seguente articolo:

     «Art. 27-bis (Congedo di paternità obbligatorio (legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 4, comma 24, lett. a; legge 11 dicembre 2016, n. 232, art. 1, comma 354; legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, commi 25 e 363)). - 1. Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.

     2. In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a venti giorni lavorativi.

     3. Il congedo è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice.

     4. Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario.

     5. Il congedo è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità ai sensi dell'articolo 28.

     6. Per l'esercizio del diritto, il padre comunica in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all'evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva. La forma scritta della comunicazione può essere sostituita dall'utilizzo, ove presente, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze.»;

     d) all'articolo 28, la rubrica è sostituita dalla seguente: «Congedo di paternità alternativo»;

     e) l'articolo 29 è sostituito dal seguente:

     «Art. 29 (Trattamento economico e normativo (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 3)). - 1. Per il congedo di cui all'articolo 27-bis è riconosciuta per tutto il periodo un'indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione. Il trattamento economico e normativo è determinato ai sensi dell'articolo 22, commi da 2 a 7, e dell'articolo 23.

     2. Per il congedo di cui all'articolo 28 il trattamento economico e normativo è quello spettante ai sensi degli articoli 22 e 23.»;

     f) l'articolo 30 è sostituito dal seguente:

     «Art. 30 (Trattamento previdenziale). - 1. Per i congedi di cui al presente capo il trattamento previdenziale è quello previsto dall'articolo 25.»;

     g) dopo l'articolo 31, è inserito il seguente:

     «Art. 31-bis (Sanzioni). - 1. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 27-bis sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     2. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 28 è punito con le sanzioni previste all'articolo 18.»;

     h) all'articolo 32, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice civile, l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, all'INPS»;

     i) all'articolo 34:

     1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione. I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione. Nel caso vi sia un solo genitore, allo stesso spetta un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi. Qualora sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice civile, l'affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore, a quest'ultimo spetta in via esclusiva anche la fruizione del congedo indennizzato riconosciuto complessivamente alla coppia genitoriale. L'indennità è calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23.»;

     2) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33 è dovuta alle lavoratrici e ai lavoratori un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione.»;

     3) al comma 3, le parole «fino all'ottavo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «fino al dodicesimo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento»;

     4) il comma 5 è sostituito dal seguente: «I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.»;

     l) all'articolo 36, comma 3, le parole «entro i sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «entro i dodici anni»;

     m) all'articolo 38, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     n) all'articolo 42, il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. Il coniuge convivente di soggetto con disabilità in situazione di gravità, accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro trenta giorni dalla richiesta. Al coniuge convivente sono equiparati, ai fini della presente disposizione, la parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, e il convivente di fatto di cui all'articolo 1, comma 36, della medesima legge. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, hanno diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l'affine entro il terzo grado convivente. Il diritto al congedo di cui al presente comma spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo.»;

     o) l'articolo 46 è sostituito dal seguente:

     «Art. 46 (Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)). - 1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 39, 40, 41, 42, 42-bis e 45 è punita con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582.

     2. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di cui agli articoli 39, 40, 41, 42, 42-bis e 45, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     p) all'articolo 52, comma 1, dopo le parole «euro 2.582» sono aggiunte le seguenti: «e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     q) all'articolo 53, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: «3-bis. Ferma restando le sanzioni di cui all'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, l'inosservanza delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1, 2 e 3, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     r) all'articolo 54:

     1) al comma 7, le parole «di cui all'articolo 28» sono sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 27-bis e 28»;

     2) al comma 8, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «Inoltre, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.»;

     s) all'articolo 56, comma 4-bis, le parole «la sanzione amministrativa di cui all'articolo 54, comma 8.» sono sostituite dalle seguenti: «le sanzioni di cui all'articolo 54, comma 8.»;

     t) all'articolo 68, dopo il comma 2-bis, è inserito il seguente: «2-ter. Nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all'articolo 17, comma 3, alle lavoratrici di cui al presente articolo, l'indennità giornaliera è corrisposta anche per i periodi antecedenti i due mesi prima del parto.»;

     u) all'articolo 69, al comma 1, dopo le parole «Alle lavoratrici» sono inserite le seguenti: «e ai lavoratori» e la parola «madri» è sostituita dalla seguente: «genitori»;

     v) all'articolo 70, al comma 1, è aggiunto, infine, il seguente periodo: «Nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all'articolo 17, comma 3, l'indennità di maternità è corrisposta anche per i periodi antecedenti i due mesi prima del parto.».

 

     Art. 3. Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104

     1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) dopo l'articolo 2 è inserito il seguente:

     «Art. 2 bis. (Divieto di discriminazione). - 1. È vietato discriminare o riservare un trattamento meno favorevole ai lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui all'articolo 33 della presente legge, agli articoli 33 e 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, all'articolo 18, comma 3-bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81, e all'articolo 8 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nonchè di ogni altro beneficio concesso ai lavoratori medesimi in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.

     2. I giudizi civili avverso atti e comportamenti ritenuti discriminatori in base al presente articolo sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.

     3. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui al presente articolo e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile.

     4. Resta salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.»;

     b) all'articolo 33:

     1) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.»;

     2) il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un'unione civile ai sensi dell'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità. Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro. Il lavoratore ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone con disabilità in situazione di gravità, a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, o del convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.»;

     3) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti agli articoli 32 e 47 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 43, 44 e 56 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001.»;

     4) dopo il comma 6, è inserito il seguente: «6-bis. I lavoratori che usufruiscono dei permessi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo hanno diritto di priorità nell'accesso al lavoro agile ai sensi dell'articolo 18, comma 3-bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81 o ad altre forme di lavoro flessibile. Restano ferme le eventuali previsioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva nel settore pubblico e privato.»;

     5) dopo il comma 7-bis, è aggiunto il seguente: «7-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di cui al presente articolo, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

 

     Art. 4. Modifiche alla legge 22 maggio 2017, n. 81

     1. Alla legge 22 maggio 2017, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 8:

     1) al comma 4, primo periodo, le parole «massimo pari a sei mesi entro i primi tre anni di vita» sono sostituite dalle seguenti: «pari a tre mesi ciascuno entro i primi dodici anni di vita del bambino. Entro lo stesso termine, i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, ad ulteriori tre mesi di congedo.» e le parole «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «nove mesi»;

     2) dopo il comma 7, è inserito il seguente: «7-bis. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui ai commi 4, 6 e 7, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;

     b) l'articolo 18:

     1) il comma 3-bis è sostituito dal seguente: «3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. La stessa priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che siano caregivers ai sensi dell'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. La lavoratrice o il lavoratore che richiede di fruire del lavoro agile non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla»;

     2) dopo il comma 3-bis, è inserito il seguente: «3-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo alla fruizione del lavoro agile, secondo quanto disposto dal comma 3-bis, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

 

     Art. 5. Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81

     1. All'articolo 8 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 4, dopo la parola «coniuge» sono inserite le seguenti: «la parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 o il convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge»;

     b) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti:

     «5-bis. La lavoratrice o il lavoratore che richiede la trasformazione del contratto, ai sensi dei commi 4 e 5, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla.».

     5-ter. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 5-bis, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto-legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

 

     Art. 6. Modifiche alla legge 8 marzo 2000, n. 53

     1. All'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: «4-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al presente articolo, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

 

     Art. 7. Interventi per la promozione delle misure a sostegno dei genitori e dei prestatori di assistenza

     1. Al fine di migliorare la conoscibilità della normativa e degli strumenti di sostegno della genitorialità e delle attività di cura, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), nell'ambito dei progetti di sviluppo dei propri sistemi informatici, attiva specifici servizi digitali per l'informazione e l'accesso ai congedi e ai permessi disponibili per i lavoratori con responsabilità di cura.

     2. La Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, della salute e con i Ministri delegati per gli affari regionali, per le pari opportunità e la famiglia e per le disabilità, adotta iniziative di carattere informativo per accrescere la conoscenza e promuovere l'utilizzo dei congedi e permessi disciplinati dal presente decreto legislativo, provvedendo altresì ad assicurare che le Aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, i servizi socio-sanitari e anagrafici forniscano informazioni complete, accessibili e tempestive in merito all'esistenza e alle modalità di fruizione degli stessi.

     3. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

     Art. 8. Monitoraggio

     1. L'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) presenta annualmente, anche sulla base dei dati forniti dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Parlamento, una relazione concernente la fruizione degli istituti oggetto del presente decreto legislativo, al fine di consentirne il monitoraggio e la valutazione, con particolare riguardo agli impatti sulla parità di genere nel mercato del lavoro e sul miglioramento delle condizioni di vita e della condivisione dei carichi di cura. La relazione comprende, altresì uno studio sull'interazione tra i diversi tipi di congedo previsti dall'ordinamento, tra cui il congedo di adozione ed i congedi per motivi familiari riconosciuti ai lavoratori autonomi.

     2. Con l'accordo di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) definiscono ulteriori contenuti della relazione di cui al comma 1, anche con riferimento ai criteri e alle modalità di monitoraggio e alle tempistiche.

     3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alle attività previste dai commi 1 e 2 mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

     Art. 9. Copertura finanziaria

     1. Agli oneri derivanti dagli articoli 2 e 4 del presente decreto, valutati in 96,2 milioni di euro per l'anno 2022, 197,4 milioni di euro per l'anno 2023, 202,1 milioni di euro per l'anno 2024, 206,8 milioni di euro per l'anno 2025, 211,4 milioni di euro per l'anno 2026, 216,6 milioni di euro per l'anno 2027, 221,8 milioni di euro per l'anno 2028, 226,9 milioni di euro per l'anno 2029, 232,4 milioni di euro per l'anno 2030 e in 237,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031 si provvede quanto a:

     a) 20,4 milioni di euro per l'anno 2022, 42,3 milioni di euro per l'anno 2023, 43,4 milioni di euro per l'anno 2024, 44,5 milioni di euro per l'anno 2025, 45,4 milioni di euro per l'anno 2026, 46,7 milioni di euro per l'anno 2027, 48,0 milioni di euro per l'anno 2028, 49,1 milioni di euro per l'anno 2029, 50,5 milioni di euro per l'anno 2030 e a 51,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234;

     b) 75,8 milioni di euro per l'anno 2022, 155,1 milioni di euro per l'anno 2023, 158,7 milioni di euro per l'anno 2024, 162,3 milioni di euro per l'anno 2025, 166,0 milioni di euro per l'anno 2026, 169,9 milioni di euro per l'anno 2027, 173,8 milioni di euro per l'anno 2028, 177,8 milioni di euro per l'anno 2029, 181,9 milioni di euro per l'anno 2030 e a 186,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031 mediante le economie derivanti dall'articolo 10.

     2. L'INPS effettua il monitoraggio degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 2 e 4 del presente decreto fornendo le relative informazioni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'applicazione di quanto previsto dall'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

 

     Art. 10. Abrogazioni

     1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:

     a) l'articolo 1, comma 354, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

     b) l'articolo 1, comma 134, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;

     c) gli articoli 1, 2 e 3 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 22 dicembre 2012.