§ 5.4.310 - Direttiva 20 giugno 2019, n. 1158.
Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i [...]


Settore:Normativa europea
Materia:5. diritto delle imprese
Capitolo:5.4 politica e tutela del lavoro
Data:20/06/2019
Numero:1158


Sommario
Art. 1.  Oggetto
Art. 2.  Ambito di applicazione
Art. 3.  Definizioni
Art. 4.  Congedo di paternità
Art. 5.  Congedo parentale
Art. 6.  Congedo per i prestatori di assistenza
Art. 7.  Assenza dal lavoro per cause di forza maggiore
Art. 8.  Retribuzione o indennità
Art. 9.  Modalità di lavoro flessibili
Art. 10.  Diritti in materia di lavoro
Art. 11.  Discriminazione
Art. 12.  Protezione contro il licenziamento e onere della prova
Art. 13.  Sanzioni
Art. 14.  Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli
Art. 15.  Organismi per la parità
Art. 16.  Livello di protezione
Art. 17.  Divulgazione delle informazioni
Art. 18.  Relazioni e riesame
Art. 19.  Abrogazione
Art. 20.  Recepimento
Art. 21.  Entrata in vigore
Art. 22.  Destinatari


§ 5.4.310 - Direttiva 20 giugno 2019, n. 1158.

Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio

(G.U.U.E. 12 luglio 2019, n. L 188)

 

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 153, paragrafo 2, lettera b), in combinato disposto con l'articolo 153, paragrafo 1, lettera i),

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),

considerando quanto segue:

(1) L'articolo 153, paragrafo 1, lettera i), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede che l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore della parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro.

(2) La parità tra uomini e donne è un principio fondamentale dell'Unione. L'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE) prevede che l'Unione promuove la parità tra donne e uomini. Analogamente, l'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta») stabilisce che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, anche in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.

(3) L'articolo 33 della Carta stabilisce il diritto di essere tutelati contro il licenziamento per motivi legati alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l'adozione di un figlio al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale.

(4) L'Unione ha ratificato la convenzione delle Nazioni Unite del 2006 sui diritti delle persone con disabilità. La convenzione costituisce pertanto parte integrante dell'ordinamento giuridico dell'Unione e gli atti giuridici dell'Unione devono, per quanto possibile, essere interpretati in un modo coerente con la convenzione. All'articolo 7, paragrafo 1, la convenzione dispone, in particolare, che le parti adottino ogni misura necessaria a garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori.

(5) Gli Stati membri hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989. L'articolo 18, paragrafo 1, della convenzione prevede che la responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe a entrambi i genitori, i quali dovrebbero essere guidati principalmente dall'interesse superiore del fanciullo.

(6) Le politiche in materia di equilibrio tra attività professionale e vita familiare dovrebbero contribuire al conseguimento della parità di genere promuovendo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e l'equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne, e colmando il divario di reddito e retributivo di genere. Tali politiche dovrebbero tener conto dei cambiamenti demografici, compresi gli effetti dell'invecchiamento della popolazione.

(7) Alla luce delle sfide che sorgono a seguito dei cambiamenti demografici, associate alla pressione che ne deriva sulla spesa pubblica in alcuni Stati membri, si prevede un aumento delle esigenze in termini di assistenza informale.

(8) A livello dell'Unione, diverse direttive negli ambiti della parità di genere e delle condizioni di lavoro affrontano già alcune questioni pertinenti all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, in particolare le direttive 2006/54/CE (4) e 2010/41/UE (5) del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 92/85/CEE (6), 97/81/CE (7) e 2010/18/UE (8) del Consiglio.

(9) I principi di parità di genere ed equilibrio tra attività professionale e vita familiare sono riaffermati ai principi 2 e 9 del pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 17 novembre 2017.
(10) L'equilibrio tra attività professionale e vita familiare resta tuttavia una sfida considerevole per molti genitori e lavoratori con responsabilità di assistenza, in particolare a causa della crescente prevalenza di orari di lavoro prolungati e di orari di lavoro che cambiano, il che ha un impatto negativo sull'occupazione femminile. Uno dei principali fattori che contribuiscono alla sottorappresentanza delle donne sul mercato del lavoro è la difficoltà di conciliare l'attività professionale con gli impegni familiari. Quando hanno figli, le donne sono propense a dedicare meno ore al lavoro retribuito e a dedicare più tempo all'adempimento di responsabilità di assistenza non retribuite. È stato dimostrato che anche avere un familiare malato o dipendente ha un impatto negativo sull'occupazione femminile e porta alcune donne ad abbandonare completamente il mercato del lavoro.

(11) L'attuale quadro giuridico dell'Unione prevede incentivi limitati volti a far sì che gli uomini condividano equamente le responsabilità di assistenza. La mancanza di congedi di paternità e parentali retribuiti in molti Stati membri contribuisce al basso utilizzo di congedi da parte dei padri. Lo squilibrio nella concezione delle politiche a favore dell'equilibrio tra attività professionale e vita familiare tra donne e uomini rafforza gli stereotipi e le differenze di genere nell'ambito del lavoro e dell'assistenza. Le politiche in materia di parità di trattamento dovrebbero mirare ad affrontare la questione degli stereotipi relativi alle professioni e ai ruoli sia maschili sia femminili, e le parti sociali sono incoraggiate ad agire in base al loro ruolo fondamentale di informare sia i lavoratori sia i datori di lavoro e di sensibilizzarli in merito alla lotta alla discriminazione. Inoltre, l'uso di meccanismi per conciliare attività professionale e vita familiare da parte dei padri, come il congedo o le modalità di lavoro flessibili, ha dimostrato di incidere positivamente sulla riduzione della percentuale di lavoro domestico non retribuito svolto dalle donne e di lasciare loro più tempo per il lavoro retribuito.

(12) Nell'attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero considerare il fatto che una pari fruizione dei congedi per motivi familiari tra uomini e donne dipende anche da altre misure appropriate, quali l'offerta di servizi accessibili e a prezzi contenuti per la custodia dei bambini e l'assistenza a lungo termine, che sono cruciali per consentire ai genitori e alle altre persone con responsabilità di assistenza di entrare, rimanere o ritornare nel mercato del lavoro. L'eliminazione dei disincentivi economici può anche incoraggiare i percettori di reddito secondario, nella maggior parte dei casi donne, a partecipare pienamente al mercato del lavoro.

(13) Al fine di valutare l'impatto della presente direttiva, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero continuare a cooperare tra loro al fine di sviluppare statistiche comparabili disaggregate per sesso.

(14) La Commissione ha avviato una consultazione in due fasi con le parti sociali sulle sfide legate all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, in linea con l'articolo 154 TFUE. Tra le parti sociali non c'è stato accordo circa l'avvio di negoziati su tali questioni, anche in materia di congedo parentale. È tuttavia importante intervenire in questo settore modernizzando e adeguando l'attuale quadro giuridico, tenendo conto dell'esito di dette consultazioni e della consultazione pubblica condotta per raccogliere i pareri di soggetti interessati e cittadini.

(15) La direttiva 2010/18/UE disciplina il congedo parentale dando attuazione a un accordo quadro concluso tra le parti sociali. La presente direttiva si basa sulle norme stabilite nella direttiva 2010/18/UE e le integra rafforzando i diritti esistenti e introducendone di nuovi. La direttiva 2010/18/UE dovrebbe essere abrogata e sostituita dalla presente direttiva.

(16) La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime relative al congedo di paternità, al congedo parentale e al congedo per i prestatori di assistenza e a modalità di lavoro flessibili per i lavoratori che sono genitori o i prestatori di assistenza. Facilitando la conciliazione tra lavoro e vita familiare per tali genitori e prestatori di assistenza, la presente direttiva dovrebbe contribuire a conseguire gli obiettivi del trattato di parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro, la parità di trattamento sul posto di lavoro e la promozione di un livello di occupazione elevato nell'Unione.

(17) La presente direttiva si applica a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un altro rapporto di lavoro, compresi i contratti di lavoro o i rapporti di lavoro riguardanti lavoratori a tempo parziale, lavoratori a tempo determinato o persone che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un'agenzia interinale, come precedentemente previsto dalla direttiva 2010/18/UE. Tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea («Corte di giustizia») per quanto riguarda i criteri per determinare lo status di un lavoratore, spetta agli Stati membri definire i contratti di lavoro e i rapporti di lavoro.

(18) È di competenza degli Stati membri definire lo stato civile e di famiglia, nonché chi debba essere considerato genitore, madre e padre.

(19) Per incoraggiare una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne, nonché per consentire un'instaurazione precoce del legame tra padre e figlio, è opportuno introdurre un diritto al congedo di paternità per i padri o, laddove e nella misura in cui riconosciuto dal diritto nazionale, per un secondo genitore equivalente. Tale congedo di paternità dovrebbe essere fruito nel periodo intorno alla nascita di un figlio ed essere chiaramente collegato a tale evento ai fini di fornire assistenza. Gli Stati membri possono altresì concedere il congedo di paternità in caso di parto di un feto morto. Spetta agli Stati membri stabilire se il congedo di paternità possa essere fruito in parte prima della nascita del figlio o se tutto il congedo debba essere fruito dopo la nascita, stabilire il lasso di tempo entro il quale il congedo di paternità debba essere fruito, e se e a quali condizioni consentire che il congedo di paternità sia fruito a tempo parziale, a periodi alternati, ad esempio per un certo numero di giorni consecutivi di congedi separati da periodi di lavoro, o in altri modi flessibili. Gli Stati membri possono specificare se il congedo di paternità è espresso in giorni lavorativi, settimane o altre unità temporali, tenendo conto del fatto che dieci giorni lavorativi corrispondono a due settimane di calendario. Al fine di tenere conto delle differenze tra gli Stati membri, il diritto al congedo di paternità dovrebbe essere concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia, come definiti dal diritto nazionale.

(20) Poiché la maggior parte dei padri non si avvale del diritto al congedo parentale o trasferisce una parte considerevole di tale diritto alle madri, la presente direttiva estende da uno a due mesi il periodo minimo di congedo parentale non trasferibile da un genitore all'altro al fine di incoraggiare i padri a fruire del congedo parentale, pur mantenendo il diritto di ciascun genitore ad almeno quattro mesi di congedo parentale come previsto dalla direttiva 2010/18/UE. Il fatto di garantire che almeno due mesi di congedo parentale siano a disposizione di ciascun genitore in via esclusiva e non possano essere trasferiti all'altro genitore è volto ad incoraggiare i padri a usufruire del loro diritto a tale congedo. In tal modo, si promuove e agevola inoltre il reinserimento delle madri nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità e parentale.

(21) Ai sensi della presente direttiva, ai lavoratori che sono genitori è garantito un periodo minimo di quattro mesi di congedo parentale. Gli Stati membri sono incoraggiati a concedere il diritto al congedo parentale a tutti i lavoratori che hanno responsabilità genitoriali in conformità dell'ordinamento giuridico nazionale.

(22) Gli Stati membri dovrebbero poter specificare il periodo di preavviso che il lavoratore deve dare al datore di lavoro quando fa domanda di congedo parentale e di decidere se il diritto al congedo parentale è subordinato a una determinata anzianità di servizio. In considerazione della crescente varietà degli accordi contrattuali, ai fini del calcolo dell'anzianità di servizio dovrebbe essere presa in considerazione la somma dei contratti successivi a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro. Per conciliare le esigenze di lavoratori e datori di lavoro, gli Stati membri dovrebbero altresì poter decidere se autorizzare i datori di lavoro a rinviare la concessione del congedo parentale in determinate circostanze, a condizione che i datori di lavoro giustifichino tale rinvio per iscritto.

(23) Dato che la flessibilità aumenta la probabilità che ciascun genitore, in particolare il padre, eserciti il diritto al congedo parentale, i lavoratori dovrebbero poter chiedere di usufruirne a tempo pieno o a tempo parziale, a periodi alterni, per esempio per un certo numero di settimane consecutive di congedo separate da periodi di lavoro, o secondo altre forme flessibili. Il datore di lavoro dovrebbe poter accettare o respingere la richiesta di congedo parentale in forme diverse dal congedo a tempo pieno. Gli Stati membri dovrebbero valutare se le condizioni di accesso e le modalità del congedo parentale debbano essere adattate alle esigenze specifiche dei genitori in situazioni particolarmente svantaggiate.

(24) Il periodo entro il quale i lavoratori sono autorizzati a fruire del congedo parentale dovrebbe essere collegato all'età del figlio. Tale età dovrebbe essere stabilita in modo da consentire a entrambi i genitori di esercitare effettivamente il loro pieno diritto al congedo parentale ai sensi della presente direttiva.

(25) Al fine di agevolare la ripresa dell'attività professionale dopo un periodo di congedo parentale, i lavoratori e i datori di lavoro sono incoraggiati a mantenersi volontariamente in contatto durante il periodo di congedo e possono concordare adeguate misure volte a facilitare la reintegrazione sul luogo di lavoro. Tali contatti e misure devono essere decisi tra le parti interessate tenendo conto delle leggi, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali. I lavoratori dovrebbero essere informati in merito alle procedure di promozione e ai posti vacanti interni e dovrebbero poter partecipare a tali procedure e candidarsi a tali posti vacanti.

(26) Vi sono studi che dimostrano che gli Stati membri che offrono una parte significativa di congedo parentale ai padri e che versano ai lavoratori una retribuzione o un'indennità durante tale congedo a un tasso di sostituzione relativamente elevato presentano un tasso più elevato di fruizione da parte dei padri e una tendenza positiva nel tasso di occupazione delle madri. È pertanto opportuno consentire la prosecuzione di tali sistemi, a condizione che siano rispettate alcune condizioni minime, invece di prevedere una retribuzione o un'indennità per il congedo parentale come previsto nella presente direttiva.

(27) Al fine di offrire agli uomini e alle donne maggiori possibilità di rimanere nella forza lavoro, ogni lavoratore dovrebbe avere il diritto a un congedo per prestatori di assistenza di cinque giorni lavorativi all'anno. Gli Stati membri possono prevedere che tale congedo possa essere preso in periodi di uno o più giorni lavorativi, a seconda del caso. Al fine di tenere conto delle divergenze tra i sistemi nazionali, gli Stati membri dovrebbero poter assegnare il congedo per prestatori di assistenza sulla base di un periodo di riferimento diverso da un anno, sulla base della persona che necessita di assistenza o sostegno o a seconda del caso. Si prevede che l'invecchiamento della popolazione porterà a un costante aumento della necessità di assistenza e, di conseguenza, a un aumento concomitante della prevalenza di infermità connesse all'età. Al momento di sviluppare le loro politiche nel settore dell'assistenza, anche per quanto riguarda il congedo per prestatori di assistenza, gli Stati membri dovrebbero tenere conto dell'aumento della necessità di assistenza. Si incoraggiano gli Stati membri a fare in modo che anche altri parenti, tra cui nonni e fratelli e sorelle, possano usufruire del diritto al congedo per i prestatori di assistenza. Gli Stati membri possono richiedere un certificato medico preventivo che attesti la necessità di notevole assistenza o sostegno per condizioni di salute gravi.

(28) Oltre al diritto al congedo per i prestatori di assistenza di cui alla presente direttiva, tutti i lavoratori dovrebbero mantenere il diritto di assentarsi dal lavoro, senza perdere i diritti in materia di lavoro che hanno acquisito o che stanno acquisendo, per cause di forza maggiore derivanti da ragioni familiari urgenti e inattese, come previsto dalla direttiva 2010/18/UE, conformemente alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

(29) Al fine di aumentare gli incentivi per i lavoratori che sono genitori, in particolare gli uomini, a usufruire dei congedi di cui alla presente direttiva, questi dovrebbero avere il diritto a un'indennità adeguata durante il congedo.

(30) Gli Stati membri dovrebbero pertanto stabilire un livello per la retribuzione o l'indennità in relazione al periodo minimo di congedo di paternità che sia almeno pari al livello della prestazione di malattia nazionale. Poiché il riconoscimento dei diritti al congedo di paternità e maternità persegue obiettivi simili, ossia creare un legame tra genitore e figlio, gli Stati membri sono incoraggiati a prevedere una retribuzione o un'indennità per il congedo di paternità che sia pari alla retribuzione o all'indennità versate per il congedo di maternità a livello nazionale.

(31) Gli Stati membri dovrebbero stabilire un livello adeguato di retribuzione o di indennità per il periodo minimo di congedo parentale non trasferibile garantito dalla presente direttiva. Nel fissare il livello della retribuzione o indennità previsti per il periodo minimo non trasferibile di congedo parentale, gli Stati membri dovrebbero tener conto del fatto che la fruizione del congedo parentale spesso comporta una perdita di reddito per la famiglia e che il primo percettore di reddito di una famiglia è in grado di esercitare il proprio diritto al congedo parentale soltanto se quest'ultimo è sufficientemente retribuito, in vista di consentire un tenore di vita dignitoso.

(32) Benché siano liberi di decidere se prevedere una retribuzione o un'indennità per il congedo dei prestatori di assistenza, gli Stati membri sono incoraggiati a introdurre tale retribuzione o indennità al fine di garantire che i prestatori di assistenza, in particolare gli uomini, esercitino effettivamente il loro diritto.

(33) La presente direttiva lascia impregiudicato il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale di cui ai regolamenti (CE) n. 883/2004 (9) ed (UE) n. 1231/2010 (10) del Parlamento europeo e del Consiglio e al regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio (11). Lo Stato membro competente per la sicurezza sociale di un lavoratore è determinato da detti regolamenti.

(34) Affinché siano incoraggiati a rimanere a far parte della forza lavoro, i lavoratori che sono genitori e i prestatori di assistenza dovrebbero poter adeguare il calendario di lavoro alle proprie esigenze e preferenze personali. A tal fine e prestando attenzione alle esigenze dei lavoratori, questi hanno pertanto il diritto di richiedere modalità di lavoro flessibili al fine di adeguare l'organizzazione della vita professionale, anche, laddove possibile, mediante l'uso del lavoro a distanza, calendari di lavoro flessibili o una riduzione dell'orario di lavoro, allo scopo fornire assistenza.

(35) Per rispondere alle esigenze sia dei lavoratori sia dei datori di lavoro, gli Stati membri dovrebbero poter limitare la durata delle modalità di lavoro flessibili, compresa qualsiasi riduzione dell'orario di lavoro o qualsiasi modalità di lavoro a distanza. Benché il lavoro a tempo parziale si sia rivelato utile per consentire ad alcune donne di restare nel mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio o l'assistenza a familiari che necessitano di cure o sostegno, lunghi periodi di riduzione dell'orario di lavoro possono determinare una riduzione dei contributi di sicurezza sociale e, quindi, la riduzione o l'annullamento dei diritti pensionistici.

(36) Nell'esaminare le richieste di modalità di lavoro flessibili, i datori di lavoro dovrebbero poter tenere conto, tra l'altro, della durata delle modalità di lavoro flessibili richieste, nonché delle loro risorse e della loro capacità operativa di offrire tali modalità. Il datore di lavoro dovrebbe poter decidere se approvare o respingere la richiesta di modalità di lavoro flessibile presentata dal lavoratore. Le circostanze specifiche alla base dell'esigenza di modalità di lavoro flessibili possono cambiare. I lavoratori dovrebbero quindi non solo avere il diritto di ritornare all'organizzazione della vita professionale originale al termine di un periodo reciprocamente convenuto, ma dovrebbero anche poter chiedere di farlo quanto prima, se necessario a causa di un cambiamento delle circostanze.

(37) Indipendentemente dall'obbligo di valutare se le condizioni di accesso e le modalità per il congedo parentale debbano essere adattate alle esigenze specifiche dei genitori in situazioni particolarmente svantaggiate, gli Stati membri sono incoraggiati a valutare se le condizioni di l'accesso e le modalità di esercizio del diritto al congedo di paternità, al congedo per prestatori di assistenza e a condizioni di lavoro flessibili debbano essere adattate a esigenze particolari, per esempio dei genitori soli, dei genitori adottivi, dei genitori di figli con disabilità o malattie a lungo decorso o dei genitori in circostanze particolari, tra cui quelle relative a parti multipli e parti prematuri.

(38) Le disposizioni sul congedo sono destinate ad aiutare i lavoratori che sono genitori e i prestatori di assistenza durante uno specifico periodo di tempo e mirano a mantenere e promuovere il loro collegamento ininterrotto con il mercato del lavoro. È quindi opportuno prevedere disposizioni esplicite per la protezione dei diritti dei lavoratori che usufruiscono dei tipi di congedo contemplati dalla presente direttiva. In particolare, la presente direttiva protegge il diritto dei lavoratori di ritornare allo stesso posto di lavoro o a un posto equivalente dopo aver preso il congedo e il diritto a non subire un deterioramento delle condizioni del loro contratto di lavoro o del loro rapporto di lavoro a causa del congedo di cui hanno usufruito. I lavoratori dovrebbero conservare i diritti pertinenti acquisiti o in via di acquisizione fino alla fine del congedo.

(39) Come previsto nella direttiva 2010/18/UE, gli Stati membri sono tenuti a definire il regime del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro per il periodo del congedo parentale. Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, il rapporto di lavoro tra il lavoratore e il datore di lavoro è mantenuto durante il periodo di congedo e, di conseguenza, durante tale periodo il beneficiario di tale congedo rimane un lavoratore ai fini del diritto dell'Unione. Nel definire il regime del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro durante il periodo dei tipi di congedo disciplinati dalla presente direttiva, anche per quanto riguarda il diritto alla sicurezza sociale, gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire il mantenimento del rapporto di lavoro.

(40) I lavoratori che esercitano il loro diritto a usufruire del congedo o a chiedere modalità di lavoro flessibili di cui alla presente direttiva dovrebbero essere protetti dalla discriminazione o da un trattamento meno favorevole per tale motivo.

(41) I lavoratori che esercitano il loro diritto a usufruire del congedo o a chiedere modalità di lavoro flessibili di cui alla presente direttiva dovrebbero essere protetti dal licenziamento e da ogni misura preparatoria per un eventuale licenziamento per avere richiesto detto congedo o averne usufruito o per avere esercitato il diritto a chiedere modalità di lavoro flessibili, in conformità della giurisprudenza della Corte di giustizia, inclusa la sentenza nella causa C-460/06 (12). Se ritiene di essere stato licenziato per avere esercitato tali diritti, un lavoratore dovrebbe avere la possibilità di chiedere al datore di lavoro di fornire i motivi debitamente giustificati del licenziamento. Se un lavoratore ha chiesto o ha usufruito di un congedo di paternità, un congedo parentale o un congedo per i prestatori di assistenza di cui alla presente direttiva, il datore di lavoro dovrebbe indicare per iscritto i motivi del licenziamento.

(42) L'onere di provare che il licenziamento non è stato causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo di paternità, del congedo parentale o del congedo per i prestatori di assistenza di cui alla presente direttiva dovrebbe incombere al datore di lavoro quando il lavoratore presenta dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente fatti in base ai quali si può presumere che vi sia stato un licenziamento per tali motivi.

(43) Gli Stati membri dovrebbero stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva o delle disposizioni nazionali già in vigore alla data di entrata in vigore della presente direttiva e riguardanti i diritti che rientrano nel suo ambito di applicazione. Tali sanzioni possono includere sanzioni amministrative e finanziarie, come le ammende o il pagamento di un indennizzo, nonché altri tipi di sanzioni.

(44) L'efficace attuazione dei principi della parità di trattamento e delle pari opportunità richiede l'adeguata tutela giurisdizionale dei lavoratori contro trattamenti o conseguenze sfavorevoli derivanti da una denuncia o da procedure connesse ai diritti di cui alla presente direttiva. Può accadere che le vittime siano dissuase dall'esercitare i propri diritti a causa del rischio di ritorsioni e pertanto dovrebbero essere protette da eventuali trattamenti sfavorevoli quando esercitano i diritti previsti dalla presente direttiva. Tale protezione è particolarmente importante per i rappresentanti dei lavoratori nell'esercizio delle loro funzioni.

(45) Al fine di migliorare ulteriormente il livello di protezione dei diritti di cui alla presente direttiva, gli organismi per la parità nazionali dovrebbero essere competenti per i settori relativi alla discriminazione che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, incluso il compito di fornire assistenza indipendente alle vittime di discriminazione nel dare seguito alle loro denunce.

(46) La presente direttiva stabilisce requisiti minimi e offre quindi agli Stati membri la possibilità di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli ai lavoratori. Permettere a un genitore di trasferire all'altro genitore più di due dei quattro mesi di congedo parentale previsti dalla presente direttiva non costituisce una disposizione più favorevole al lavoratore rispetto alle disposizioni minime stabilite dalla presente direttiva. I diritti già acquisiti alla data di entrata in vigore della presente direttiva dovrebbero continuare ad applicarsi, a meno che la presente direttiva non introduca disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non dovrebbe né servire a ridurre i diritti esistenti nella legislazione dell'Unione, né costituire un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nei settori disciplinati dalla presente direttiva.

(47) In particolare, nessuna disposizione della presente direttiva dovrebbe essere interpretata nel senso di una riduzione dei diritti di cui alle direttive 2010/18/UE, 92/85/CEE e 2006/54/CE, compreso l'articolo 19 della direttiva 2006/54/CE.

(48) Le microimprese e le piccole e medie imprese (PMI), quali definite nell'allegato della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (13), che rappresentano la grande maggioranza delle imprese nell'Unione, possono disporre di risorse finanziarie, tecniche e umane limitate. Nell'attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari o giuridici di natura che costituirebbero un disincentivo per la creazione e lo sviluppo di PMI o un onere eccessivo per i datori di lavoro. Gli Stati membri sono pertanto invitati a valutare accuratamente l'impatto delle loro misure di recepimento sulle PMI per garantire parità di trattamento di tutti i lavoratori, far sì che le PMI non siano colpite in modo sproporzionato dalle misure, con particolare attenzione alle microimprese, e per evitare oneri amministrativi non necessari. Gli Stati membri sono incoraggiati a fornire incentivi, orientamenti e consulenza alle PMI, per assisterle nell'adempimento dei loro obblighi ai sensi della presente direttiva.

(49) Qualsiasi tipo di assenza dal lavoro per motivi familiari, in particolare il congedo di maternità, il congedo di paternità, il congedo parentale e il congedo per i prestatori di assistenza, disponibile ai sensi del diritto o dei contratti collettivi nazionali dovrebbe essere preso in considerazione ai fini del rispetto dei requisiti relativi a uno o più tipi di congedo previsti dalla presente direttiva e dalla direttiva 92/85/CEE, a condizione che siano soddisfatti i requisiti minimi stabiliti in dette direttive e che il livello di protezione generale fornito ai lavoratori nei settori disciplinati da tali direttive non venga ridotto. Nell'attuazione della presente direttiva, gli Stati membri non sono tenuti a chiamare diversamente o modificare in altro modo i diversi tipi di congedo familiare previsti dal diritto nazionale o da contratti collettivi e utilizzati ai fini del rispetto della presente direttiva.

(50) Gli Stati membri sono incoraggiati, in conformità delle prassi nazionali, a promuovere un dialogo sociale con le parti sociali al fine di rafforzare la conciliazione tra lavoro e vita familiare, anche favorendo misure per conciliare vita professionale e vita privata sul luogo di lavoro, istituendo sistemi di certificazione volontaria, fornendo formazione professionale e realizzando campagne di sensibilizzazione e informazione. Inoltre, gli Stati membri sono incoraggiati a proseguire il dialogo con i soggetti interessati, quali le organizzazioni non governative, le autorità locali e regionali e i prestatori di servizi, al fine di promuovere politiche a favore dell'equilibrio tra attività professionale e vita familiare in linea con il diritto e le prassi nazionali.

(51) Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate a promuovere sistemi di certificazione volontaria per la valutazione dell'equilibrio tra attività professionale e vita familiare sul luogo di lavoro.

(52) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire garantire l'attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro e il trattamento sul lavoro nell'Unione, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

 

Art. 1. Oggetto

La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime volte a conseguire la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro e il trattamento sul lavoro, agevolando la conciliazione tra lavoro e vita familiare per i lavoratori che sono genitori o i prestatori di assistenza.

A tal fine, essa dispone diritti individuali relativi:

a) al congedo di paternità, al congedo parentale e al congedo per i prestatori di assistenza;

b) a modalità di lavoro flessibili per i lavoratori che sono genitori o i prestatori di assistenza.

 

     Art. 2. Ambito di applicazione

La presente direttiva si applica a tutti i lavoratori, uomini e donne, che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia.

 

     Art. 3. Definizioni

1. Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

a) «congedo di paternità»: un congedo dal lavoro per il padre o, laddove e nella misura in cui riconosciuto dal diritto nazionale, per un secondo genitore equivalente, da fruirsi in occasione della nascita di un figlio allo scopo di fornire assistenza;

b) «congedo parentale»: un congedo dal lavoro per i genitori da fruirsi a seguito della nascita o dell'adozione di un figlio per prendersene cura;

c) «congedo per i prestatori di assistenza»: un congedo dal lavoro per i lavoratori affinché possano fornire assistenza o sostegno personali a un familiare o a una persona che vive nello stesso nucleo familiare del lavoratore e necessita di notevole assistenza o sostegno a causa di condizioni di salute gravi, come definito da ciascuno Stato membro;

d) «prestatore di assistenza»: un lavoratore che fornisce assistenza o sostegno personali a un familiare o a una persona che vive nello stesso nucleo familiare del lavoratore e necessita di notevole assistenza o sostegno a causa di condizioni di salute gravi, come definito da ciascuno Stato membro;

e) «familiare»: un figlio, una figlia, la madre, il padre di un lavoratore, come pure il suo coniuge o partner in un'unione civile, se tali unioni sono previste dal diritto nazionale;

f) «modalità di lavoro flessibili»: la possibilità per i lavoratori di adattare l'organizzazione della vita professionale, anche mediante l'uso del lavoro a distanza, calendari di lavoro flessibili o una riduzione dell'orario di lavoro.

2. Il riferimento ai giorni lavorativi negli articoli 4 e 6 si intende fatto al modello di lavoro a tempo pieno, quale definito nello Stato membro in questione.

Il diritto del lavoratore al congedo può essere calcolato in proporzione al tempo di lavoro del lavoratore, secondo il modello di lavoro specificato nel contratto di lavoro o nel rapporto di lavoro del lavoratore.

 

     Art. 4. Congedo di paternità

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore. Gli Stati membri possono stabilire se il congedo di paternità possa essere fruito parzialmente prima della nascita del figlio o solo dopo la nascita del figlio e se possa essere fruito secondo modalità flessibili.

2. Il diritto al congedo di paternità non è subordinato a una determinata anzianità lavorativa o di servizio.

3. Il diritto al congedo di paternità è concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del lavoratore, come definiti dal diritto nazionale.

 

     Art. 5. Congedo parentale

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché ciascun lavoratore disponga di un diritto individuale al congedo parentale di quattro mesi da sfruttare prima che il bambino raggiunga una determinata età, non superiore agli otto anni, che deve essere specificato da ciascuno Stato membro o dai contratti collettivi. Tale età è fissata in modo da garantire che ogni genitore possa esercitare effettivamente il proprio diritto al congedo parentale e su un piano di parità.

2. Gli Stati membri provvedono affinché due mesi di congedo parentale non possano essere trasferiti.

3. Gli Stati membri stabiliscono un ragionevole periodo di preavviso che il lavoratore deve dare al datore di lavoro quando esercita il diritto al congedo parentale. Nel fare ciò, gli Stati membri tengono conto delle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori.

Gli Stati membri provvedono affinché la richiesta di congedo parentale del lavoratore rechi indicazione dell'inizio e della fine previsti per il periodo di congedo.

4. Gli Stati membri possono subordinare il diritto al congedo parentale a una determinata anzianità lavorativa o di servizio, comunque non superiore a un anno. Nel caso di una successione di contratti a tempo determinato ai sensi della direttiva 1999/70/CE del Consiglio (14) con lo stesso datore di lavoro, la somma di tali contratti è presa in considerazione ai fini del calcolo dell'anzianità.

5. Gli Stati membri hanno la facoltà di definire le circostanze in cui un datore di lavoro, in seguito a una consultazione a norma del diritto, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali, è autorizzato a rinviare la concessione del congedo parentale per un periodo di tempo ragionevole qualora tale concessione al momento richiesto comprometta gravemente il buon funzionamento della sua organizzazione. I datori di lavoro motivano per iscritto tale rinvio del congedo parentale.

6. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i lavoratori abbiano il diritto di chiedere di fruire del congedo parentale anche secondo modalità flessibili. Gli Stati membri possono specificare le modalità di applicazione. Il datore di lavoro prende in considerazione tali richieste e vi risponde alla luce delle proprie esigenze e di quelle del lavoratore. Il datore di lavoro motiva l'eventuale rifiuto di una tale richiesta per iscritto, entro un periodo di tempo ragionevole dalla presentazione della stessa.

7. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, nel valutare le richieste di congedo parentale a tempo pieno, i datori di lavoro, prima di qualsiasi rinvio ai sensi del paragrafo 5, offrano per quanto possibile modalità flessibili di fruizione del congedo parentale ai sensi del paragrafo 6.

8. Gli Stati membri valutano la necessità di adeguare le condizioni di accesso al congedo parentale e le sue modalità di applicazione alle esigenze dei genitori adottivi, dei genitori con disabilità e dei genitori di figli con disabilità o malattie a lungo decorso.

 

     Art. 6. Congedo per i prestatori di assistenza

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché ciascun lavoratore abbia diritto di usufruire di un congedo per i prestatori di assistenza di cinque giorni lavorativi all'anno. Gli Stati membri possono specificare modalità supplementari riguardo all'ambito e alle condizioni del congedo dei prestatori di assistenza in conformità del diritto o delle prassi nazionali. La fruizione di tale diritto può essere subordinata a un'adeguata attestazione, in conformità del diritto o delle prassi nazionali.

2. Gli Stati membri possono assegnare il congedo dei prestatori di assistenza sulla base di un periodo di riferimento diverso da un anno, per singola persona che necessita di assistenza o sostegno o per singolo caso.

 

     Art. 7. Assenza dal lavoro per cause di forza maggiore

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che ciascun lavoratore abbia il diritto di assentarsi dal lavoro per cause di forza maggiore derivanti da ragioni familiari urgenti in caso di malattie o infortuni che ne rendano indispensabile l'immediata presenza. Gli Stati membri possono limitare il diritto di ciascun lavoratore di assentarsi dal lavoro per cause di forza maggiore a un periodo determinato per anno o per evento, o entrambi.

 

     Art. 8. Retribuzione o indennità

1. A seconda del contesto interno, come il diritto, i contratti collettivi o le prassi nazionali, e tenendo conto delle competenze delegate alle parti sociali, gli Stati membri provvedono affinché i lavoratori che esercitano il diritto al congedo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, o all'articolo 5, paragrafo 2, ricevano una retribuzione o un'indennità in conformità dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo.

2. Per quanto riguarda il congedo di paternità di cui all'articolo 4, paragrafo 1, tale retribuzione o indennità garantisce un reddito almeno equivalente a quello che il lavoratore interessato otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi allo suo stato di salute, entro i limiti di un eventuale massimale stabilito dal diritto nazionale. Gli Stati membri possono subordinare il diritto a un pagamento o un'indennità a periodi di occupazione precedente, che non devono essere superiori a sei mesi immediatamente prima della data prevista per la nascita del figlio.

3. Per quanto riguarda il congedo parentale di cui all'articolo 5, paragrafo 2, tale retribuzione o l'indennità è definita dallo Stato membro o dalle parti sociali ed è stabilita in modo da facilitare il ricorso al congedo parentale da parte di entrambi i genitori.

 

     Art. 9. Modalità di lavoro flessibili

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i lavoratori con figli fino a una determinata età, che non deve essere inferiore a otto anni, e i prestatori di assistenza abbiano il diritto di chiedere orari di lavoro flessibili per motivi di assistenza. La durata di tali modalità di lavoro flessibili può essere soggetta a una limitazione ragionevole.

2. I datori di lavoro prendono in considerazione le richieste di modalità di lavoro flessibili di cui al paragrafo 1 e vi rispondono entro un periodo di tempo ragionevole alla luce sia delle proprie esigenze sia di quelle del lavoratore. I datori di lavoro motivano l'eventuale rifiuto di una tale richiesta o l'eventuale richiesta di rinvio.

3. Quando le modalità di lavoro flessibili di cui al paragrafo 1 hanno durata limitata, alla fine del periodo convenuto il lavoratore ha il diritto di ritornare all'organizzazione originaria della vita professionale. Il lavoratore ha il diritto di chiedere di tornare all'organizzazione originaria della vita professionale anche prima della fine del periodo convenuto, ogniqualvolta un cambiamento di circostanze lo giustifichi. Il datore di lavoro prende in considerazione una richiesta di ritorno anticipato all'organizzazione originaria della vita professionale e vi risponde alla luce sia delle proprie esigenze sia di quelle del lavoratore.

4. Gli Stati membri possono subordinare il diritto di chiedere modalità di lavoro flessibili a una determinata anzianità lavorativa o di servizio, comunque non superiore a sei mesi. Nel caso di una successione di contratti a tempo determinato ai sensi della direttiva 1999/70/CE con lo stesso datore di lavoro, la somma di tali contratti è presa in considerazione ai fini del calcolo dell'anzianità.

 

     Art. 10. Diritti in materia di lavoro

1. I diritti acquisiti o in via di acquisizione da parte dei lavoratori alla data di inizio di un congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6 o delle assenze di cui all'articolo 7 restano immutati fino alla fine del congedo o delle assenze. Al termine del congedo o delle assenze tali diritti si applicano con le eventuali modifiche derivanti dalla legge, dai contratti collettivi o dalle prassi nazionali.

2. Gli Stati membri provvedono affinché al termine del congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6 i lavoratori abbiano il diritto di riprendere il loro posto di lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non siano meno favorevoli e di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro a cui avrebbero avuto diritto se non avessero fruito del congedo.

3. Gli Stati membri definiscono il regime del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro per il periodo di congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6 o delle assenze di cui all'articolo 7, anche per quanto riguarda i diritti alla sicurezza sociale, compresi i diritti ai contributi pensionistici, garantendo il mantenimento del rapporto di lavoro nel corso di tale periodo.

 

     Art. 11. Discriminazione

Gli Stati membri adottano le misure necessarie a vietare un trattamento meno favorevole dei lavoratori causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6, dalle assenze di cui all'articolo 7 o dall'esercizio dei diritti di cui all'articolo 9.

 

     Art. 12. Protezione contro il licenziamento e onere della prova

1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare il licenziamento e la preparazione di un licenziamento dei lavoratori causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6 o dall'esercizio del diritto di chiedere modalità di lavoro flessibili di cui all'articolo 9.

2. I lavoratori che ritengono di essere stati licenziati a causa della domanda o della fruizione del congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6 o dell'esercizio del diritto di richiedere modalità di lavoro flessibili di cui all'articolo 9 possono chiedere al datore di lavoro di fornire i motivi debitamente giustificati del licenziamento. Per quanto riguarda il licenziamento di un lavoratore che ha chiesto o ha usufruito del congedo di cui agli articoli 4, 5 o 6, il datore di lavoro fornisce tali motivi per iscritto.

3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che, quando i lavoratori che ritengono di essere stati licenziati a causa della domanda o della fruizione del congedo di cui agli articoli 4, 5 e 6 presentano dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente fatti in base ai quali si può presumere che vi sia stato un licenziamento di tal genere, incomba al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento è stato basato su motivi diversi.

4. Il paragrafo 3 non osta a che gli Stati membri impongano un regime probatorio più favorevole ai lavoratori.

5. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 3 alle procedure nelle quali l'istruzione dei fatti spetta all'organo giurisdizionale o all'organo competente.

6. Salvo diversa disposizione degli Stati membri, il paragrafo 3 non si applica ai procedimenti penali.

 

     Art. 13. Sanzioni

Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva o delle pertinenti disposizioni già in vigore riguardanti i diritti che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

 

     Art. 14. Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli

Gli Stati membri adottano le misure necessarie a proteggere i lavoratori, compresi i lavoratori rappresentanti dei lavoratori, da qualsiasi trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro o da qualsiasi conseguenza sfavorevole derivante da un reclamo presentato internamente all'impresa o da una procedura giudiziaria promossa al fine di ottenere la conformità alle prescrizioni della presente direttiva.

 

     Art. 15. Organismi per la parità

Fatte salve le competenze degli ispettorati del lavoro o di altri organi, comprese le parti sociali, che fanno rispettare i diritti dei lavoratori, gli Stati membri garantiscono che l'organismo o gli organismi designati, a norma dell'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE, per la promozione, l'analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni basate sul sesso siano competenti per le questioni connesse alla discriminazione che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva.

 

     Art. 16. Livello di protezione

1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelle stabilite nella presente direttiva.

2. L'attuazione della presente direttiva non costituisce motivo per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori negli ambiti da essa trattati. Il divieto di tale riduzione del livello di protezione non pregiudica il diritto degli Stati membri e delle parti sociali di stabilire, alla luce del mutare delle circostanze, disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle in vigore il 1 agosto 2019, purché siano rispettati i requisiti minimi stabiliti dalla presente direttiva.

 

     Art. 17. Divulgazione delle informazioni

Gli Stati membri provvedono affinché le disposizioni adottate a norma della presente direttiva, unitamente alle pertinenti disposizioni già in vigore in relazione all'oggetto stabilito all'articolo 1, siano portate con tutti i mezzi adeguati a conoscenza dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresi i datori di lavoro che sono PMI, in tutto il territorio nazionale.

 

     Art. 18. Relazioni e riesame

1. Entro il 2 agosto 2027 gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni relative all'attuazione della presente direttiva necessarie a consentire alla Commissione di redigere una relazione. Tali informazioni includono i dati aggregati disponibili sulla fruizione dei vari tipi di congedo e di modalità di lavoro flessibili da parte degli uomini e delle donne ai sensi della presente direttiva, al fine di consentire un monitoraggio e una valutazione adeguati dell'attuazione della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda la parità di genere.

2. La Commissione presenta la relazione di cui al paragrafo 1 al Parlamento europeo e al Consiglio. La relazione è accompagnata, se del caso, da una proposta legislativa.

La relazione è inoltre corredata di:

a) uno studio sull'interazione tra i diversi tipi di congedo previsti dalla presente direttiva, nonché altri tipi di congedo per motivi familiari, quali il congedo di adozione; e

b) uno studio sui diritti al congedo per motivi familiari concessi ai lavoratori autonomi.

 

     Art. 19. Abrogazione

1. La direttiva 2010/18/UE è abrogata a decorrere dal 2 agosto 2022. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato.

2. Fatta salva l'abrogazione della direttiva 2010/18/UE a norma del paragrafo 1 del presente articolo, ogni periodo o i singoli periodi cumulati di congedo parentale fruiti da un lavoratore o trasferiti dal medesimo ai sensi di tale direttiva prima del 2 agosto 2022 possono essere dedotti dai suoi diritti al congedo parentale ai sensi dell'articolo 5 della presente direttiva.

 

     Art. 20. Recepimento

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 agosto 2022. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

2. Fatto salvo il paragrafo 1 del presente articolo, per la retribuzione o l'indennità corrispondente alle ultime due settimane del congedo parentale di cui all'articolo 8, paragrafo 3, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 agosto 2024. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

3. Le disposizioni adottate dagli Stati membri di cui ai paragrafi 1 e 2 contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

5. Le norme e le modalità dettagliate di applicazione della presente direttiva sono definite conformemente al diritto, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, purché siano rispettati le prescrizioni minime e gli obiettivi della presente direttiva.

6. Al fine di conformarsi agli articoli 4, 5, 6 e 8 della presente direttiva e alla direttiva 92/85/CEE, gli Stati membri possono tenere conto di qualsiasi periodo di assenza dal lavoro per motivi di famiglia, e della relativa retribuzione o indennità, in particolare per il congedo di maternità, il congedo di paternità, il congedo parentale e il congedo per i prestatori di assistenza, disponibili a livello nazionale che vanno oltre le disposizioni minime previste dalla presente direttiva o dalla direttiva 92/85/CEE, a condizione che siano soddisfatti i requisiti minimi per tali congedi e che il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nei settori disciplinati da tali direttive non sia ridotto.

7. Qualora garantiscano una retribuzione o un'indennità pari ad almeno il 65 % della retribuzione netta del lavoratore, che può essere soggetta a un massimale, per almeno sei mesi di congedo parentale per ciascun genitore, gli Stati membri possono decidere di mantenere tale sistema anziché prevedere la retribuzione o indennità di cui all'articolo 8, paragrafo 2.

8. Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali l'attuazione della presente direttiva, laddove le parti sociali lo richiedano congiuntamente, e a condizione che gli Stati membri adottino tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di assicurare i risultati prescritti dalla presente direttiva.

 

     Art. 21. Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

     Art. 22. Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

(1) GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 44.

(2) GU C 164 dell'8.5.2018, pag. 62.

(3) Posizione del Parlamento europeo del 4 aprile 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 giugno 2019.

(4) Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23).

(5) Direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio (GU L 180 del 15.7.2010, pag. 1).

(6) Direttiva del Consiglio 92/85/CEE, del 19 ottobre 1992, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 1).

(7) Direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9).

(8) Direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell'8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (GU L 68 del 18.3.2010, pag. 13).

(9) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

(10) Regolamento (UE) n. 1231/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 344 del 29.12.2010, pag. 1).

(11) Regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 1).

(12) Sentenza della Corte di giustizia dell'11 ottobre 2007, Nadine Paquay/Société d'architectes Hoet + Minne SPRL, C-460/06, ECLI:EU:C:2007:601.

(13) Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).

(14) Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175 del 10.7.1999, pag. 43).

 

ALLEGATO

TAVOLA DI CONCORDANZA

 

Direttiva 2010/18/UE

La presente direttiva

Clausola 1, paragrafo 1

Articolo 1

Clausola 1, paragrafo 2

Articolo 2

Clausola 1, paragrafo 3

Articolo 2

Clausola 2, paragrafo 1

Articolo 5, paragrafo 1

Clausola 2, paragrafo 2

Articolo 5, paragrafi 1 e 2

Clausola 3, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 5, paragrafo 6

Clausola 3, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 5, paragrafo 4

Clausola 3, paragrafo 1, lettera c)

Articolo 5, paragrafo 5

Clausola 3, paragrafo 1, lettera d)

Clausola 3, paragrafo 2

Articolo 5, paragrafo 3

Clausola 3, paragrafo 3

Articolo 5, paragrafo 8

Clausola 4, paragrafo 1

Articolo 5, paragrafo 8

Clausola 5, paragrafo 1

Articolo 10, paragrafo 2

Clausola 5, paragrafo 2

Articolo 10, paragrafo 1

Clausola 5, paragrafo 3

Articolo 10, paragrafo 3

Clausola 5, paragrafo 4

Articolo 11

Clausola 5, paragrafo 5, primo comma

Articolo 10, paragrafo 3

Clausola 5, paragrafo 5, secondo comma

Articolo 8, paragrafo 3

Clausola 6, paragrafo 1

Articolo 9

Clausola 6, paragrafo 2

Considerando 25

Clausola 7, paragrafo 1

Articolo 7

Clausola 7, paragrafo 2

Articolo 7

Clausola 8, paragrafo 1

Articolo 16, paragrafo 1

Clausola 8, paragrafo 2

Articolo 16, paragrafo 2

Clausola 8, paragrafo 3

Clausola 8, paragrafo 4

Clausola 8, paragrafo 5

Clausola 8, paragrafo 6

Clausola 8, paragrafo 7