§ 4.1.30 - L.R. 27 dicembre 1983, n. 52.
Approvazione del Piano urbanistico territoriale.


Settore:Codici regionali
Regione:Umbria
Materia:4. assetto del territorio e dell'ambiente
Capitolo:4.1 urbanistica
Data:27/12/1983
Numero:52


Sommario
Art. 1.  Approvazione del Piano urbanistico territoriale. E' approvato il Piano urbanistico territoriale della Regione dell'Umbria. Il piano allegato alla presente legge è costituito da:
Art. 2.  Standard urbanistici. Gli standards urbanistici, di cui agli artt. 1, 2, 3 della legge regionale 2 settembre 1974, n. 53, restano in vigore fino all'approvazione dei piani urbanistici comprensoriali.
Art. 3.  Abrogazione norme regionali. E' abrogata ogni disposizione di legge regionale in contrasto con le norme contenute nel Piano urbanistico territoriale.
Art. 4.  Poteri sostitutivi. In caso di inerzia o inadempienza da parte dei soggetti individuati dalle norme di attuazione del Piano urbanistico territoriale la Giunta regionale, previa diffida e fissazione [...]
Art. 5.  Comuni obbligati ai Piani pluriennali di attuazione. In adempimento a quanto previsto dall'art. 3 della legge regionale 28 marzo 1978, n. 14, l'elenco dei comuni obbligati alla adozione del piano [...]
Art. 6.  La Giunta regionale per gli adempimenti connessi alla presente legge emana direttive tecniche e concorre alle spese necessarie alla redazione dei P.T.C.P., dei piani di settore e degli strumenti [...]
Art. 7.  Norma finanziaria. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata, per l'anno 1983, la spesa di lire 500 milioni in termini di competenza e di lire 200 milioni in termini di cassa con [...]


§ 4.1.30 - L.R. 27 dicembre 1983, n. 52.

Approvazione del Piano urbanistico territoriale.

(B.U. n. 83 del 28 dicembre 1983, suppl. spec.).

 

Art. 1. Approvazione del Piano urbanistico territoriale. E' approvato il Piano urbanistico territoriale della Regione dell'Umbria. Il piano allegato alla presente legge è costituito da:

     - Relazione illustrativa;

     - Norme di attuazione;

     - Rappresentazioni grafiche relative all'assetto del territorio, costituite da quattro tavole numerate I, II, III, IV, V e allegato 1 [1].

 

     Art. 2. Standard urbanistici. Gli standards urbanistici, di cui agli artt. 1, 2, 3 della legge regionale 2 settembre 1974, n. 53, restano in vigore fino all'approvazione dei piani urbanistici comprensoriali.

 

     Art. 3. Abrogazione norme regionali. E' abrogata ogni disposizione di legge regionale in contrasto con le norme contenute nel Piano urbanistico territoriale.

 

     Art. 4. Poteri sostitutivi. In caso di inerzia o inadempienza da parte dei soggetti individuati dalle norme di attuazione del Piano urbanistico territoriale la Giunta regionale, previa diffida e fissazione di congruo termine, si sostituisce ad essi.

 

     Art. 5. Comuni obbligati ai Piani pluriennali di attuazione. In adempimento a quanto previsto dall'art. 3 della legge regionale 28 marzo 1978, n. 14, l'elenco dei comuni obbligati alla adozione del piano pluriennale di attuazione è quello previsto dalla legge regionale 2 novembre 1982, n. 49.

 

     Art. 6. La Giunta regionale per gli adempimenti connessi alla presente legge emana direttive tecniche e concorre alle spese necessarie alla redazione dei P.T.C.P., dei piani di settore e degli strumenti attuativi della pianificazione territoriale e ambientale e per dotarsi di supporti cartografici a grande scala. L'onere relativo è posto a carico del cap. 5855 di cui all'art. 7 così denominato: "spese per supporti tecnico- conoscitivi e contributi alle Amministrazioni provinciali e comunali per ricerche in materia di programmazione territoriale ai sensi della legge regionale 27 dicembre 1983, n. 52" [1]a.

 

     Art. 7. Norma finanziaria. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata, per l'anno 1983, la spesa di lire 500 milioni in termini di competenza e di lire 200 milioni in termini di cassa con imputazione all'esistente cap. 5855 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale dell'esercizio in corso.

     All'onere suddetto si fa fronte con la disponibilità di cui al fondo globale del cap. 6120 iscritto nel bilancio regionale dell'esercizio 1983 (elenco n. 2 allegato al bilancio, n. d'ordine 4).

     Al bilancio regionale suddetto sono, di conseguenza, apportate le seguenti variazioni:

     (Omissis).

 

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PIANO URBANISTICO TERRITORIALE

RELAZIONE

 

1. Pianificazione e programmazione in Umbria.

 

     1.1. Premessa. L'Umbria è la prima regione italiana in cui sia stato redatto un completo ed organico piano di sviluppo economico-territoriale prima della stessa costituzione dell'ente Regione (piano di sviluppo 1961). Successivamente è stato anche redatto lo schema di piano di sviluppo socio- economico da parte del Comitato regionale di programmazione economica (C.R.P.E.) nel 1967.

     Questi piani, formati attraverso un ampio concorso delle istituzioni e delle forze politiche, sociali ed economiche della regione, hanno costituito, insieme ai piani urbanistici comunali, ed ai piani di settore che parallelamente si sono elaborati e si elaborano ai vari livelli di competenza, il quadro di riferimento sulla base del quale si è organizzato l'assetto regionale fino alla costituzione dell'ente Regione.

     E' da tenere presente inoltre, che mentre i principali Comuni dell'Umbria già negli anni 50 erano dotati di strumenti urbanistici, negli anni 60 la quasi totalità delle Amministrazioni municipali ha finito col dotarsi, a seconda dei casi, di Piani regolatori generali o Programmi di fabbricazione mentre, negli ultimi anni, larga diffusione si è registrata per ciò che attiene l'adozione dei Piani pluriennali di attuazione [2].

     L'ente Regione fa della programmazione presupposto fondamentale della sua azione di governo.

     Lo Statuto regionale afferma:

     « ... La Regione assume la programmazione come metodo democratico di un'azione volta a realizzare lo sviluppo equilibrato dell'economia regionale, le riforme di struttura ed i fini sociali previsti dalla Costituzione.

     La Regione in collaborazione con gli Enti locali, e con l'autonomo apporto dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali, economiche e sociali, concorre alla determinazione degli obiettivi generali del piano economico nazionale, alla sua formazione ed attuazione, e adotta un Piano regionale di sviluppo ... ».

     Ed ancora:

     « ... La Regione promuove un equilibrato assetto del territorio diretto a creare un ambiente idoneo a soddisfare compiutamente le esigenze della persona umana.

     Provvede alla difesa del suolo e del paesaggio, alla tutela e valorizzazione delle risorse naturali, dell'ambiente ecologico e del patrimonio storico, artistico e archivistico. Adotta con legge in armonia con il Piano regionale di cui all'art. 16, un Piano urbanistico territoriale per l'ordinato sviluppo degli insediamenti umani e produttivi delle infrastrutture sociali ...».

     Sulla base delle indicazioni statutarie, nelle prime due legislature, mentre si veniva compiutamente definendo l'impianto strutturale dell'Ente regionale e la normativa quadro nazionale per la definizione delle competenze Stato-Regione (D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977), venivano elaborati i due piani di sviluppo 1973-75 e 1978-80, nonché, in maniera strettamente correlata con i medesimi, i due documenti «Uso del territorio e politica urbanistica» e «Primi lineamenti per la formazione del P.U.T.», entrambi di valore orientativo, in quanto non adottati con legge. Contestualmente si definiva il quadro normativo regionale di settore: leggi regionali n. 53/74, 40/75, 37/80, che individuano i nuovi modelli per la gestione e l'uso del territorio. (Basti ricordare l'istituzione dei comprensori, le deleghe, le normative di salvaguardia per i territori agricoli, i nuovi standards urbanistici, le norme per la tutela e la valorizzazione delle acque e dell'ambiente).

     Sempre negli stessi anni tutti i Comuni dell'Umbria, anche in adempimento alle citate leggi e nel quadro definito dai vari documenti, concludevano il processo di formazione della strumentazione urbanistica mentre si venivano organizzando le nuove entità di dimensione sovracomunali (comprensori), quest'ultima ancora non attivatasi nel solo comprensorio del Perugino.

     Tale complesso di attività normativa e programmatoria, regionale e comunale, è stato condotto - nonostante le obiettive difficoltà derivanti dall'assenza di una programmazione nazionale economica e territoriale - in un quadro di sostanziale positività, facendo pervenire l'Umbria all'attuale assetto, frutto di una gestione democratica ordinata, che può costituire la base per un ulteriore sviluppo.

     E' possibile registrare oggi una «Organizzazione territoriale di fatto» che è la sommatoria:

     1. Pianificazione territoriale a livello regionale;

     2. Pianificazione urbanistica comunale;

     3. Azioni settoriali dei vari soggetti nazionali operanti sul territorio regionale

che si rapporta ad un quadro di riferimento dato da successive azioni di governo regionale a contenuto pianificatorio e programmatorio ... (vedi nota 1).

     Il Piano urbanistico territoriale quindi ha valutato sia «l'aspetto attuale» che «l'assetto potenziale», prefigurato, per le parti non ancora attuate, dall'insieme dei programmi e piani dei vari soggetti citati, valutandone compatibilità e contraddizioni. Tali assetti sono stati verificati utilizzando le opportunità offerte dalla possibilità di:

- lavorare alla scala regionale;

- utilizzare il più ampio spettro di competenze dell'Ente Regione,

competenze che travalicano quelle tipiche dei soggetti che fino ad oggi

hanno svolto attività di programmazione territoriale e pianificazione

urbanistica.

 

     1.2. I rapporti tra i vari livelli di pianificazione. Prima di passare alla descrizione del Piano, occorre ancora valutare tre aspetti:

     a) I rapporti tra pianificazione regionale e nazionale.

     L'Umbria è la prima Regione a statuto ordinario che realizza il Piano urbanistico territoriale con legge, e lo fa in carenza di un quadro di programmazione nazionale. Ciò costituisce indubbiamente un condizionamento di cui non si può non tener conto. La pianificazione regionale così definita è una «pianificazione imperfetta» proprio in rapporto alla carenza di punti certi di riferimento. Questo condizionamento non ha peraltro posto in crisi la volontà della Regione di pervenire alla definizione del suo assetto futuro, che va quindi considerato anche come contributo della Regione Umbria alla formazione del quadro complessivo dell'assetto nazionale. Si è proposto con ciò un metodo dialettico nel rapporto Stato- Regione, come una delle ipotesi di formazione della pianificazione nazionale, o almeno come elemento di indirizzo per avviare un'azione integrata di pianificazione interregionale. Da tutto questo deriva un ulteriore elemento costitutivo e caratterizzante del Piano urbanistico territoriale, come, d'altronde del Piano regionale di sviluppo: la flessibilità e scorrevolezza e quindi la necessità di una gestione processuale e continua, attenta sia agli effetti di ritorno derivanti all'interno della Regione dall'attuazione dei Piani stessi, sia ai possibili cambiamenti dello scenario nazionale e internazionale che comportino mutamenti sostanziali al quadro di riferimento adottato. Condizione per la gestione processuale del Piano urbanistico territoriale è l'utilizzo di tecnologie moderne.

     In ogni caso, mutamenti anche parziali del Piano urbanistico territoriale comporteranno una discussione dell'intero strumento al fine di salvaguardarne la globalità.

     b) I rapporti tra il Piano urbanistico territoriale e il Piano di sviluppo.

     La redazione del Piano urbanistico territoriale non può attualmente prescindere dalla presa d'atto della portata dell'efficacia dello strumento così come delineata dallo Statuto regionale.

     Lo Statuto infatti affida a due distinti strumenti, il Piano di sviluppo e il Piano urbanistico territoriale, la delineazione della politica economica e territoriale regionale.

     La sintesi delle due politiche - nelle more di una modifica statutaria che unifichi strumenti programmatori -, avviene attraverso la gestione correlata degli strumenti stessi: il Piano urbanistico territoriale deve definire i vincoli e le condizioni al contorno di carattere territoriale di cui si terrà conto nella definizione della politica economica. Il Piano urbanistico territoriale delinea le caratteristiche del contenitore territoriale e il loro grado di utilizzo; il Piano di sviluppo, i contenuti economici e le azioni per ottimizzare le potenzialità di sviluppo.

     I processi di formazione del Piano urbanistico territoriale e del Piano di sviluppo, che avvengono in maniera contestuale, dovranno avere una gestione il più possibile intrecciata e in prospettiva affidata ad una stessa équipe interdisciplinare.

     Il coordinamento e l'integrazione tra Piano urbanistico territoriale e Piano di sviluppo, dovrà avvenire ex-ante mediante il bilancio pluriennale, costruito per progetti, con individuazione delle priorità, dei flussi finanziari regionali disponibili con il coordinamento della spesa a livello territoriale; le previsioni del bilancio pluriennale, integrandosi con quelle dei flussi di spesa dei livelli istituzionali nazionali e dei privati vengono a costituire un vero e proprio Programma pluriennale di attuazione.

     Ex-post, sarà affidata ad una relazione periodica sull'attuazione degli strumenti di programmazione e pianificazione il compito di dare conto dei risultati e degli effetti della gestione integrata degli interventi, integrando, cioè, anche con gli aspetti afferenti l'assetto del territorio, i contenuti della relazione ex art. 54, lett. h) dello Statuto dell'Umbria.

     c) I rapporti tra pianificazione regionale e pianificazione subordinata.

     La Regione con l'approvazione del Piano urbanistico territoriale, oltre a dotarsi di un preciso quadro di riferimento per la propria azione nell'ambito dei vari piani di settore, indica agli Enti locali nonché alle varie forze sociali ed economiche, quali sono i criteri e le normative con cui dovranno confrontarsi; questi criteri e normative costituiranno infatti la base di valutazione delle varie istanze ed azioni intraprese. La Regione non si pone quindi in termini centralistico-autoritari (non fa il Piano regolatore dell'Umbria), ma predispone una serie di indicazioni per la pianificazione subordinata, che saranno però definite da quest'ultima anche in termini fondiari.

     La Regione, cioè, oltre a fornire un vasto quadro informativo che diverrà patrimonio comune, esercita una azione di indirizzo e coordinamento a monte, fornendo un quadro di riferimento univoco e sottoposto a discussione preventiva, ed indica il quadro delle indagini preliminari per la pianificazione successiva, affermando altresì che il giudizio che essa darà su quest'ultima sarà principalmente volto a verificare le compatibilità delle scelte operate con il quadro complessivo regionale e con la conseguente allocazione delle risorse disponibili.

     Ulteriori analisi ed elaborazioni da attuarsi sulla base del patrimonio conoscitivo già acquisito, nonché l'aggiornamento di ipotesi metodologiche di cui avvalersi anche in sede di definizione della pianificazione subordinata, saranno tempestivamente e nei modi opportuni messi a disposizione dei soggetti attivi nel processo innescato nel presente Piano.

 

     1.3. Gli obiettivi. Il Piano intende uniformarsi alle seguenti scelte fondamentali:

     1) Il territorio da intendere come occasione di sviluppo economico e civile, con conseguente definizione delle destinazioni d'uso di tutto il territorio regionale e non solamente del territorio urbanizzato;

     2) I territori agricoli, specie quelli più pregiati, costituiscono condizione insostituibile per una utilizzazione integrata delle complessive risorse agricole regionali ed in quanto tali debbono essere intesi come valore prioritario da difendere da sprechi e dispersioni;

     3) L'utilizzazione degli elementi strutturanti il territorio regionale (risorse, infrastrutture, attrezzature, servizi) va realizzata con una logica di uso plurimo e di progettazione coordinata conseguente, inducendo quindi vasti processi di integrazione territoriale ed intersettoriale;

     4) Il convincimento di assenza di contraddizione tra salvaguardia e sviluppo, nella certezza che una saggia ed adeguata utilizzazione delle risorse naturali e ambientali le valorizzi anche sul piano estetico;

     5) La struttura urbana policentrica della regione, così come storicamente determinata, dovrà esprimere tutta la sua validità e le sue potenzialità di città-regione, assicurando un elevato modello di mobilità e di qualità complessiva dei servizi, condizioni essenziali entrambe unitamente ad una attenta politica di tutela e recupero dei centri storici per il suo consolidamento e valorizzazione;

     6) L'ottica del Piano urbanistico territoriale si sforza di ricomprendere, agendo armonicamente ed in sintonia con essi, i quadri di riferimento e le scelte generali e di settore extraregionali e particolarmente delle regioni confinanti, così come gli stessi si sono andati definendo negli anni e sono programmati per il futuro, cooperando perché si rafforzi un processo di crescita comune, partecipata ed integrata;

     7) Il conseguimento degli obiettivi suindicati è praticabile nel decennio. Per il loro raggiungimento è necessaria sia una vasta ma possibile opera di razionalizzazione dell'esistente, ivi incluso l'assetto istituzionale, sia un'azione di ulteriore riequilibrio.

 

     1.4. I criteri per la formazione del Piano. L'opera di informazione e divulgazione che la Regione intende fare per il Piano urbanistico territoriale, attraverso l'uso dei canali di ampia diffusione e di linguaggio semplice ed accessibile, va intesa non come elemento accessorio ma come parte integrante e qualificante dello stesso.

     Questo Piano, redatto dagli uffici regionali e con l'apporto di professionisti esterni che ha portato il contributo di esperienze significative maturate in Umbria nella prassi operativa, nonchè utilizzando le indicazioni fornite dai vari enti, istituzioni e soggetti che operano nella realtà regionale, è un prodotto volutamente «interno» ma che, oltre che con le popolazioni interessate, vuole confrontarsi anche con la cultura esterna della regione.

 

2. Le strategie complessive.

 

     2.1. L'ipotesi di sviluppo. Il Piano di sviluppo e il Piano urbanistico territoriale sono stati redatti rifiutando l'ipotesi di sviluppo a tasso zero, in quanto penalizzante di tutte le situazioni sottosviluppate, sviluppate in modo disomogeneo o distorto.

     I Piani rifiutano anche i modelli di sviluppo spontaneo subordinati a interessi di tipo particolare e ciò nella convinzione che la situazione del paese richiede una politica di sviluppo programmato, che si basi su un vasto processo di razionalizzazione nell'uso delle risorse nazionali, prima tra queste la risorsa territoriale sociale.

     Le indagini e le ricerche svolte dimostrano che i fenomeni migratori della popolazione, sia nei confronti del territorio extra regionale, sia, nell'ambito della regione, l'esodo dalle campagne verso i centri minori e dai centri minori verso i maggiori, si vanno attenuando; ciò anche se il dato complessivo del decennio presenta ancora in alcuni casi degli elementi di spicco sia nel senso dell'esodo che nel senso della concentrazione.

     A tale proposito va, innanzitutto, rilevato che il livello civile di vita delle popolazioni si è complessivamente notevolmente innalzato nel decennio.

     Si vuole dire che da un lato l'ampia diffusione dei servizi (sanitari, istruzione, cultura, tempo libero) in tutti i centri della regione, e dall'altro un consistente livello di mobilità tramite l'uso del mezzo sia pubblico che privato, hanno comportato un'attenuazione della differenza dei livelli di vita dei cittadini dell'Umbria in relazione alla loro localizzazione sul territorio.

     Pertanto se non possiamo affermare che è indifferente, ai fini della fruibilità dei servizi e della qualità della vita, la localizzazione del cittadino dell'Umbria sul territorio, è certo che i fenomeni di maggiore negatività non si sono aggravati e che le disparità si sono attenuate. Tutti i cittadini dell'Umbria possono accedere ai servizi primari in tempi accettabili e comunque raffrontabili con i tempi necessari per ottenere il così detto effetto «città-regione». D'altro canto le dinamiche della popolazione (composizione della popolazione per classi di età e di natalità e mortalità) ci portano a ritenere che già oggi siamo alla soglia «ZERO»; nel prossimo decennio, quindi, non sono prevedibili sostanziali modificazioni della popolazione, sia in termini di andamento naturale che migratorio.

     Non potendosi attendere notevoli mutamenti dell'andamento demografico e migratorio, si ritiene che il problema dell'urbanesimo, cioè l'individuazione di nuove significative aree per insediamenti residenziali, sia certamente meno drammatico e meno impellente di quello dell'uso del territorio inteso in senso globale. E' per questo che il Piano si pone come obiettivo quello di utilizzare il territorio come occasione di sviluppo ed ha acquistato quindi peso il problema delle destinazioni d'uso del territorio regionale, preso in considerazione nella sua globalità e complessità e non limitato alla logica urbana.

     Un uso ed una valorizzazione delle potenzialità del territorio in una logica di ecologia attiva che superi posizioni protezionistiche ed estetizzanti, nel senso che si è convinti che l'uso corretto delle risorse del territorio le esalti e le protegga anche in senso estetico.

 

     2.2. Uso integrato del territorio attraverso il potenziamento del sistema relazionale. Questa impostazione, che prende le mosse dalla organizzazione della popolazione sul territorio, quale oggi esiste, significa voler valorizzare la struttura policentrica dell'Umbria così come storicamente si è determinata, dando concretezza all'ipotesi di realizzare la «città-regione».

     Per raggiungere questo effetto di «città-regione» sarà necessario assicurare un modello di alta mobilità regionale per permettere alle varie popolazioni di accedere a tutti i servizi, come abbiamo già detto, in tempi reali abbastanza brevi e contenuti nell'ordine dei 30/45'. In questo quadro assume particolare rilievo il sistema relazionale Città di Castello, Perugia, Todi, Terni, Spoleto, Foligno, Perugia, Trasimeno (Bettolle). Mentre in altre regioni il problema delle correlazioni urbane deve essere ancora immaginato e costruito, l'Umbria può beneficiare di uno stato di fatto, frutto anche delle precedenti scelte e strategie adottate, che consente oggi di muoversi da una situazione sufficientemente favorevole. Questo disegno di mobilità costituisce il supporto per la realizzazione di un sistema relazionale ulteriormente infrastrutturato (strade, ferrovia, trasporto, energia, ecc.), che dovrà conseguire un elevato grado di permeabilità rispetto ai territori contigui ed essere il raccordo di un complesso integrato di trasporti collettivi (ferro-gomma, pubblico-privato) per realizzare l'obiettivo del raggiungimento di uno dei poli di servizi comprensoriali con tempi non superiori ai 45' con il mezzo pubblico e 30' con il mezzo privato, e con frequenze adeguate in modo da estendere l'effetto città a tutti i centri abitati.

     Per ottenere questo risultato vanno anzitutto attuati il Piano decennale per la grande viabilità ed il Piano integrativo e poliennale delle F.S. e, in correlazione con il Piano regionale dei trasporti, vanno previste e verificate le conseguenze che sui traffici regionali potranno produrre i traffici di attraversamento.

     Conseguentemente i piani comprensoriali dovranno prioritariamente adeguare le proprie previsioni a questo schema unificante del disegno di assetto regionale.

 

     2.3. Riequilibrio e razionalizzazione come esaltazione delle potenzialità e delle vocazioni. Consolidamento delle salvaguardie. Una politica di migliore utilizzazione delle risorse territoriali per un migliore equilibrio deve consistere, da un lato nell'accentuare la salvaguardia attiva delle risorse territoriali strategiche (acqua, territorio agricolo, biotopi e quadri naturalistici fondamentali, centri abitati, infrastrutture stradali e ferroviarie) e dall'altro nel perseguire la massima valorizzazione delle potenzialità e delle vocazioni del territorio attraverso un processo volto ad omogeneizzare gli standards abitativi, di servizio e reddituali delle popolazioni.

     Complessivamente possiamo dire che già oggi il territorio dell'Umbria è sufficientemente servito sia da infrastrutture che da servizi.

     Tutto ciò appare evidente dalle tavole allegate a questa relazione, che costituiscono uno sforzo di sintesi e di coordinamento degli studi, dei piani, delle analisi realizzati da vari soggetti e a vario titolo negli anni precedenti. Si è voluto qui fare una sorta di punto sulla situazione che costituisca un utile momento di verifica, controllo, e di riferimento per quanti dovranno poi andare, da un lato alla pianificazione di grado subordinato, e parallelamente alla gestione del Piano urbanistico territoriale.

     Il Piano urbanistico territoriale parte dalla consapevolezza di essere un fatto dinamico, processuale, anche per essere il primo Piano territoriale che si realizza; esso dovrà essere sottoposto a continue verifiche e controlli, sia per verificare gli effetti di sviluppo economico e di assetto territoriale che le politiche e le normative proposte hanno, sia in relazione ad ulteriori studi, ricerche e gradi di conoscenza dei fenomeni che permettono di verificare e affinare le ipotesi proposte e andare alla realizzazione di successivi piani che, partendo da livelli di conoscenza più approfonditi, avranno anche gradi di approssimazione più elevati.

     Anche nelle indagini si è cercato di interpretare i fatti in maniera dinamica proprio per correlarli al concetto di processualità del Piano stesso.

     A tale fine si è predisposto il Sistema informativo dei dati territoriali che memorizza ed elabora in tempo reale le numerose informazioni contenute nelle varie parti tematiche, per permettere il confronto e la verifica dei vari dati ed il controllo dell'evolversi dei fenomeni.

 

     2.4. Il recupero delle situazioni compromesse. Le indagini sul patrimonio edilizio esistente dimostrano che la quantità di vani rispetto al numero degli abitanti è più che sufficiente in termini statistici, ed inoltre indicano come, a fronte di una sostanziale diminuzione della composizione numerica della famiglia media, si è parallelamente verificato il fenomeno della crescita dell'alloggio medio e della coabitazione. Tutto questo fa ritenere che, pur esistendo anche in Umbria il problema della casa inteso come problema di alcune fasce sociali ad accedere al bene casa, in termini di patrimonio edilizio esistente si possa disporre di una quantità di vani certamente più che sufficiente per ospitare la popolazione dell'Umbria.

     Nel prossimo decennio però potrà verificarsi un ulteriore bisogno di abitazioni, sia in relazione ai fenomeni sopradetti sia in relazione al soddisfacimento dei fabbisogni pregressi. A tale proposito, prima di porsi il problema di ulteriore consumo dei suoli, appare opportuno porre l'accento sulla possibilità di riuso e di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente; quello dei centri storici, ma anche quello delle periferie urbane.

     In queste vaste aree occorrono interventi di restauro, riutilizzazione, riqualificazione, ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, che comporteranno non solo la possibilità di un diffuso riuso di possibilità abitative, ma anche un notevole salto di qualità da un punto di vista estetico, con una riqualificazione anche formale dell'aspetto delle numerose periferie urbane.

     Questa riqualificazione può avere, tra l'altro, notevoli effetti di carattere economico: da un lato si indirizza verso un notevole salto di qualità dal punto di vista della sicurezza della popolazione in caso di eventi calamitosi, attesa la riconosciuta sismicità del territorio regionale e dall'altro al riuso di spazi già di proprietà pubblica e di infrastrutture e servizi già realizzati, evitando quindi un ulteriore consumo del suolo e promuovendo un miglioramento dei tassi di sfruttamento dei servizi già realizzati (opere di urbanizzazione primaria, quali fogne, strade, acquedotti, linee per il trasporto, energia, ecc., e opere di urbanizzazione secondaria, quali scuole, servizi, ospedali, mercati, trasporti pubblici, linee pubbliche, ecc.).

     E' in questa direzione che si muove il programma quadriennale 1982-85 della legge 457/78, approvato dal Consiglio regionale, che destina al recupero gran parte delle risorse disponibili, puntando alla realizzazione di interventi, pubblici e privati, che valorizzino il tessuto edilizio esistente.

     Interventi di recupero e di riqualificazione debbono riguardare inoltre le aree situate lungo le principali infrastrutture dove la disseminazione di insediamenti residenziali e produttivi, nonché di altri elementi confliggenti con il paesaggio e di scarsa utilità sociale, senza un'adeguata valutazione dei valori paesistici ed ambientali che venivano compromessi o di cui comunque veniva preclusa la godibilità, ha alterato i caratteri tipici della regione. Paradossalmente, pur essendo l'Umbria una regione sostanzialmente integra, può fornire di sé un'immagine distorta a causa dell'uso non corretto di un ristretto numero di aree adiacenti i più frequentati assi di scorrimento. Per queste aree si sono previste non solo le politiche di blocco di ulteriori insediamenti, ma anche di interventi attivi di restauro ambientale ed attenzione adeguata andrà posta alla coerenza di interventi edilizi rispetto al patrimonio storico-culturale complessivo dell'Umbria. Infine va favorita la concentrazione delle aree per insediamenti produttivi nei siti ove sono presenti o possibili elevati livelli di infrastrutturazione, con accorpamenti e razionalizzazioni dell'esistente che permettano di ottenere adeguate economie di scala.

 

3. Descrizione del Piano e della Normativa.

 

     3.1. La cartografia del Piano. Il Piano urbanistico territoriale si colloca in una linea di continuità rispetto ai precedenti documenti a valenza territoriale redatti dalla Regione nel decennio precedente e porta a conclusione questo processo pianificatorio.

     L'approvazione del Piano urbanistico territoriale con legge, come previsto dalla legge regionale n. 40/75, ha comportato la opportunità di separare chiaramente i contenuti del Piano in tre distinte categorie:

     a) i contenuti con carattere prescrittivo, quali le tavole grafiche del Piano e la normativa;

     b) i contenuti con carattere orientativo, quali la relazione illustrativa;

     c) le azioni di servizio, quali il regolamento edilizio tipo, i progetti speciali, il sistema informativo regionale.

     La tavola I indica i valori demografici di riferimento, da utilizzarsi (art. 19 norme di attuazione) per la stesura dei piani subordinati.

     Si è ritenuto proponibile - nel prossimo decennio - un campo di variabilità positiva o negativa di 10 punti percentuali intorno al valore assoluto della popolazione del censimento 1981.

     Al fine di garantire un coerente impiego per l'obiettivo espresso di ulteriore riequilibrio territoriale e sulla base delle scelte operate dal Piano regionale di sviluppo per i territori più marginali, si è indicato per i comprensori con saldo negativo di popolazione nel decennio 1971-1981 una variabilità di -2 + 8%; per i comprensori stazionari una variabilità di

-4 + 6%; per i comprensori con saldo positivo una variabilità di -6 + 4%.

     Così come già specificato nel corso del periodo di validità del Piano urbanistico territoriale si potrà procedere alla revisione delle previsioni, parallelamente alle modificazioni intervenute anche a seguito degli interventi effettuati.

     Questo criterio non è stato seguito per il comprensorio della Valnerina ove, se si fossero utilizzati gli stessi criteri, si sarebbero dovuti prevedere tassi di decremento dell'ordine del 25% e questo anche in relazione alla composizione della struttura della popolazione, la quale presenta degli indici di invecchiamento estremamente elevati che comportano indici di natalità ovviamente bassi. Si è ritenuto perciò di individuare come campo di variabilità della popolazione in questo comprensorio del decennio, ai fini del dimensionamento dei piani urbanistici, -12% -2% in considerazione dei notevoli flussi finanziari che sono previsti nella zona in relazione all'attività di ricostruzione per gli eventi sismici ivi avvenuti e che si auspica mettano in moto dei processi immigratori, invertendo la tendenza attuale.

     Nella tavola II sono individuate le aree di particolare interesse agricolo di cui all'art. 9 delle norme tecniche di attuazione.

     Sono quelle aree che sono state riconosciute come risorsa strategica per l'ulteriore sviluppo dell'Umbria non solo in quanto esse stesse con elevata potenzialità produttiva da un punto di vista agricolo, ma in quanto necessarie per permettere attività produttive economicamente valide nei territori altocollinari e montani ad esse contermini. Queste aree, ottenute utilizzando il calcolatore elettronico, sono state definite paragonando alcune caratteristiche geomorfologiche quali: le pendenze, l'altitudine, l'orientamento dei versanti, le possibilità irrigue, l'attuale uso del suolo dei territori. Si è così giunti ad una classificazione di qualità dei territori stessi dal punto di vista agricolo, che ha permesso di individuare queste aree di particolare interesse agricolo.

     In queste zone la facoltà edificatoria ai fini residenziali è limitata esclusivamente ai soggetti che sono imprenditori agricoli a titolo principale, mentre per quel che riguarda l'attività edificatoria a fini produttivi essa può essere svolta sia da imprenditori agricoli a titolo principale, sia da altri soggetti che comunque svolgono attività di carattere agricolo; in ogni caso, l'edificazione è direttamente correlata alle caratteristiche e alle dimensioni fondiarie dell'azienda.

     I Comuni o la Giunta regionale possono procedere all'individuazione di ulteriori aree di particolare interesse agricolo anche in zone collinari e montane sulla base di approfondimenti e di studi di carattere locale. I limiti riportati sulla tavola per la definizione di queste aree costituiscono una indicazione di ambito, ma non costituiscono un esatto confine catastalmente determinato; è demandata ai Comuni l'individuazione puntuale, in scala 1:10.000 sulle cartografie che la Regione stessa metterà a disposizione, dei limiti fondiari esatti di queste aree. I Comuni potranno altresì individuare le aree che, pur essendo contenute nell'ambito di questa larga zonizzazione, sono ormai oggetto di fenomeni di urbanizzazione tali da rendere questi territori, che pur teoricamente validi ai fini agricoli, inutilizzabili dal punto di vista agricolo- produttivo in quanto inferiore ad una minima unità colturale e pertanto possono essere declassificati da territori agricoli a territori nei quali poter realizzare eventuali interventi edificatori o comunque varianti ai piani urbanistici. In tali zone si privilegeranno insediamenti per edilizia pubblica o per servizi.

     Inoltre nella tavola II sono state individuate le aree ove sono presenti risorse idriche sotterranee di interesse regionale. Anche l'acqua, ed in particolare quella con possibile utilizzazione a scopo idro-potabile, è stata individuata come una risorsa strategica da utilizzare con obiettivi plurimi per le possibilità di sviluppo future della nostra regione.

     Ecco quindi che si è provveduto ad individuare i bacini più importanti di raccolta delle acque sotterranee, vietando in tali zone la realizzazione di opere in contrasto con la vocazione di esse. E ciò non tanto e non solo al fine di salvaguardare la risorsa acqua da un punto di vista quantitativo, quanto da un punto di vista qualitativo, per evitare possibili processi di inquinamento.

     Queste zone sono state individuate nell'Alta valle del Tevere, nella zona di Città di Castello, nella Valle umbra centro-orientale, nella Conca Ternana. E' chiaro che esistono anche altre zone in cui sono presenti risorse acquifere, anche di importanza notevole, per le quali è stata prevista la facoltà dei Comuni di individuarle con propri atti per sottoporle alla normativa di questo Piano urbanistico territoriale. Qui ci si è limitati a censire le più importanti così come sono state censite le aree di tutela delle acque minerali.

     Infine nella tavola II sono previste le aree per la realizzazione del progetto per la regolamentazione del fiume Tevere di cui all'art. 26 delle norme tecniche di attuazione.

     Su queste aree è prevista una salvaguardia a tempo determinato (tre anni) per permettere interventi di miglioramento idraulico del tracciato del fiume Tevere e quindi si è prevista la impossibilità di edificare nel periodo necessario per provvedere allo studio del progetto speciale per il fiume Tevere, per il quale peraltro la Giunta regionale ha già dato l'incarico a società di ingegneria di iniziare lo studio.

     In rosso scuro nell'ambito di queste aree, sono indicati quei tratti del fiume per i quali non si è ritenuto necessario andare ad ampliare le fasce di salvaguardia sia in quanto già oggetto di intervento, oppure perché interessano zone urbanizzate per le quali non è prevedibile la possibilità di modifiche del tracciato.

     Nella tavola III sono individuati i parchi naturali e le zone di particolare interesse naturalistico-ambientale della nostra regione.

     In particolare sono indicati i parchi naturali dei monti Sibillini, del Coscerno-Monte Aspra, del Subasio e del Monte Cucco per i quali, ai sensi dell'art. 5 delle norme tecniche di attuazione, è previsto l'obbligo da parte delle Comunità montane di provvedere alla realizzazione del parco naturale.

     Oltre ai parchi naturali sono individuati i parchi fluviali ed in particolare il sistema Nera-Velino, che va dalle gole della Valnerina fino alla zona delle Marmore, alla confluenza del Velino con il Nera, ivi comprendendo da un lato il lago di Piediluco, e a monte, parte delle gole del fiume Corno; dall'altro il parco naturale del fiume Tevere, dalle gole di Todi fino all'oasi di Alviano.

     Tutte le altre aree previste nella tavola III, individuate come aree di particolare interesse naturalistico-ambientale ai sensi dell'art. 6 delle norme tecniche di attuazione, sono aree già censite da vari soggetti (C.N.R. - Società botanica italiana - numerosi studi svolti da vari Comuni, Comprensori, Comunità locali, dal Piano faunistico, dalle associazioni naturalistiche, ecc. ...). Esse costituiscono altrettanti ambiti territoriali per i quali è previsto non l'obbligo, ma la facoltà da parte delle Comunità locali, di realizzare parchi o riserve naturalistiche.

     Ove questo non si ritenesse utile, si dovrà provvedere ad individuare, anche in variante agli strumenti urbanistici vigenti, quelle normative di carattere urbanistico necessarie per salvaguardare le caratteristiche ambientali, paesistiche e naturalistiche in esse presenti.

     Nella tavola IV è definita la rete delle infrastrutture necessarie a garantire la mobilità della popolazione a livello regionale ed i rapporti interregionali, nonché sono contenute le altre indicazioni pianificatorie aventi diretto riscontro territoriale.

     Si è detto che il piano si basa sul concetto della utilizzazione integrata delle risorse, delle attrezzature e dei servizi regionali; per garantire questo effetto è necessario un elevato livello di mobilità delle popolazioni sul territorio. A tal fine la viabilità è stata distinta, ai sensi dell'art. 16 delle norme tecniche di attuazione, in tre gruppi:

     a) il primo comprende le autostrade e i raccordi autostradali, le strade di grande comunicazione internazionale e nazionale (vedi tabella B delle norme tecniche di attuazione);

     b) il secondo rappresenta le strade statali primarie di interesse interregionale e regionale;

     c) il terzo rappresenta le strade statali secondarie di interesse interregionale e regionale.

     Per ognuno di questi gruppi il piano definisce le caratteristiche geometriche e tipologiche delle strade, nonché gli standards di servizio obbligatori nella realizzazione delle strade stesse.

     Questi standards di servizio riguardano, oltre che la normativa C.N.R., anche il tipo e l'ubicazione delle varie attrezzature, stazioni di servizio, ristoranti, motels e tipo di svincoli, che sono necessari per garantire il livello di funzionalità della viabilità stessa. Oltre alla viabilità sono individuate le ferrovie esistenti e quelle in progetto, ed in particolare il raddoppio della Orte-Falconara, il miglioramento della Foligno-Terontola, con l'eliminazione dell'ansa di Perugia, nonché la realizzazione della nuova ferrovia da Perugia stazione di Ellera a Chiusi- Chianciano, la quale oltre che servire per il trasporto del carbone, per la centrale di base di Pietrafitta, potrà permettere l'aggancio del sistema ferroviario Umbro-Nord/occidentale con la direttissima Roma-Firenze. Quindi anche in questo caso un uso plurimo delle infrastrutture: trasporto di carbone, per la centrale di base di Pietrafitta, ma anche trasporto di merci e passeggeri e aggancio con la direttissima Nord-Sud.

     Oltre alla centrale di Pietrafitta sono individuati nel Piano gli elementi più significativi del Piano energetico regionale: la centrale del Bastardo e la centrale di energia di punta dei Piani di Ruschio.

     Per quanto riguarda la possibile realizzazione della centrale di base, nell'Umbria sud-occidentale, è indicato, in via di massima, il sito previsto nel Piano energetico nazionale.

     L'individuazione dello specifico sito avverrà successivamente, in relazione agli approfondimenti da compiersi sulla fattibilità nella realtà territoriale ed alla scelta del tipo di combustibile.

     Per tali approfondimenti, così come proposto nel Piano energetico regionale, verranno poste rapidamente in atto le procedure di cui alle leggi 393/75 e 880/77.

     La Regione ritiene necessario avvalersi della facoltà di essere essa stessa a predisporre il piano particolareggiato per il sito che verrà individuato: ciò in relazione all'importanza e all'unicità del tipo di infrastrutture previste.

     Tale riserva di poteri appare necessaria già da oggi per la zona dell'aeroporto di Sant'Egidio. Per esso è allegata al Piano la cartografia che specifica i limiti dell'area individuata dalla tavola IV, traducendola da ambito territoriale a confini fondiari esattamente identificati, per i quali - unico caso - entrano definitivamente in vigore le norme di salvaguardia.

     Oltre all'aeroporto di Sant'Egidio, il Piano individua altre aree per la realizzazione di aeroporti di interesse locale ed aviosuperfici, ai sensi dell'art. 14 delle norme tecniche di attuazione; per tali infrastrutture è previsto che i comuni ove le indicazioni stesse non insistano su aree già a tal fine attrezzate, possano provvedere alla loro realizzazione. Tali superfici, con particolare riferimento a quella di Foligno per la sua posizione centrale, sono finalizzate alla difesa civile, od attività antincendi, o altre eventualità che dovessero presentarsi e che pongono la necessità di utilizzare un mezzo aereo di piccole dimensioni.

     Il Piano individua inoltre nei diversi comprensori, sulla base dell'esistenza degli elementi infrastrutturali e demografici, le zone industriali di interesse regionale, anche queste come ambiti, demandando ai piani di livello subordinato la specificazione e l'effettivo dimensionamento delle zone stesse; in proposito va tenuto presente comunque che la dotazione di zone industriali complessivamente intesa a livello regionale e così come individuata dai Piani regolatori comunali, appare oggi largamente sufficiente per il prossimo decennio, dato che l'attuale indice di utilizzazione delle aree industriali risulta pari a circa il 50 per cento delle superfici.

     La normativa di Piano prevede, inoltre, nell'ambito degli insediamenti produttivi, razionalizzazioni, migliori ubicazioni, ed accorpamenti che permettano di realizzare economie di scala; in cartografia si suggerisce una serie di ambiti di interesse strategico regionale, i quali sostanzialmente confermano le ubicazioni maggiori già oggi esistenti, salvo per il comprensorio di Todi-Marsciano per il quale si indicava già nel documento degli obiettivi un'area di possibile sviluppo ulteriore delle attività industriali.

     La tavola IV individua il centro intermodale di Orte, i centri merci di Terni, Spoleto, Foligno e Perugia, il centro fieristico di Bastia, il centro carni di Chiusi, il centro agro-alimentare di Foligno, i porti fluviali di Terni e di Ortes-S. Liberato e le strutture universitarie di Perugia e di Terni, in quanto strutture e servizi indicati nella programmazione regionale ed aventi diretto riscontro territoriale.

     Infine la tavola IV indica in ciascun comprensorio una serie di servizi, quali quelli sanitari, veterinari, tecnologici, le scuole superiori, i centri per la cultura, lo sport e il tempo libero, che debbono essere individuati e localizzati in sede di formazione dei piani di grado subordinato in base a criteri di unificazione funzionale, efficienza e semplificazione.

 

     3.2. La normativa. Il Piano definisce il livello decisamente regionale, cioè i gradi di vincolo che trovano giustificazione nella esigenza di definire valori e potenzialità di interesse generale, distinguendoli dai gradi di libertà nei quali deve esprimersi il livello decisionale e creativo della collettività di base e delle stesse potenzialità individuali, nel rispetto appunto di valori e potenzialità di interesse regionale. Per quel che riguarda la normativa, fermo restando che con essa non ci si pone l'obiettivo di esaudire ogni problematica connessa ai singoli settori, per i quali, di converso, andranno previste specifiche normative, la funzione precipua assegnata dal legislatore alle norme di attuazione è da un lato quella di tradurre in termini normativi le prescrizioni ed i contenuti delle tavole grafiche, e dall'altro quello di fissare le direttive ed i criteri metodologici per la formazione degli strumenti di pianificazione di grado subordinato.

     Sotto il profilo da ultimo indicato, le norme di attuazione specificano gli obiettivi da perseguire, le indicazioni quantitative, le modalità di attuazione, le quantità minime di aree da riservare ad opere ed attrezzature di interesse collettivo o sociale ovvero di uso pubblico.

     L'articolato delle norme di attuazione è suddiviso in quattro titoli di cui il primo contiene disposizioni generali, il secondo norme concernenti l'uso del territorio, il terzo disposizioni per la formazione di piani di grado subordinato ed il quarto disposizioni di carattere transitorio e finale. Il titolo primo ricomprende gli articoli da 1 a 4 e riproduce essenzialmente la disciplina già contenuta nella legge regionale n. 40/75, con riferimento alla definizione del contenuto del Piano (artt. 1, 2, 3), ad eccezione dell'art. 4 che stabilisce il principio generale secondo cui le rappresentazioni grafiche contenute nelle tavole di piano, hanno carattere vincolante, ma divengono efficaci solo allorché si sarà proceduto alla loro definizione in termini fondiari in sede di trasformazione dei piani di grado subordinato.

     Tale previsione corrisponde ad un'esigenza di carattere tecnico, (le tavole sono a scala 1:100.000) sia di salvaguardia delle scelte attuative delle collettività locali.

     E' peraltro fatto salvo il potere di intervento della Regione previsto dal secondo comma dell'art. 5 in materia di definizione in termini fondiari degli ambiti territoriali dei parchi. Il secondo comma dell'art. 4 individua le norme di attuazione immediatamente vincolanti alla data di entrata in vigore del Piano urbanistico territoriale in ordine alle quali debbono essere adottate le misure di salvaguardia.

     Il titolo II ricomprende gli articoli da cinque a diciassette e contiene norme in materia di parchi naturali ed aree di tutela ambientale (artt. 5 e 6), acque (artt. 7 e 8), aree di particolare interesse agricolo (art. 9), impianti a rete (art. 10), aree boschive (art. 11), insediamenti produttivi di tipo industriale (art. 12), aeroporti ed aviosuperfici (artt. 13 e 14), localizzazioni delle centrali di base (art. 15), viabilità e distanze dalle strade e ferrovie (artt. 16 e 17).

     I parchi naturali di interesse regionale possono essere territoriali o fluviali ed il relativo ambito territoriale è definito dalla Regione entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale. Nelle aree come sopra individuate le Comunità montane devono procedere alla formazione di appositi piani di conservazione e di sviluppo ai sensi dell'art. 11 della legge regionale 2 settembre 1974, n. 53, con le procedure previste per gli strumenti urbanistici di carattere generale entro il successivo termine di dodici mesi. Nel caso di parchi che investano il territorio di competenza di più Comunità montane, la norma individua nella Comunità montana che ha giurisdizione prevalente sul territorio destinato a parco, il soggetto che si deve attivare, acquisendo il parere delle altre Comunità montane interessate.

     Nelle zone classificate come aree di particolare interesse naturalistico-ambientale, i Comuni singoli o associati possono promuovere la costituzione di parchi naturali ovvero adottare, entro un anno dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale, apposite varianti agli strumenti urbanistici generali vigenti per la definizione delle stesse in termini fondiari e per la relativa tutela.

     Le norme degli articoli 5 e 6 prevedono inoltre, a titolo di salvaguardia, che fino all'approvazione delle varianti in questione, i Comuni potranno autorizzare solo interventi tali da garantire e non compromettere l'equilibrio dell'ambiente naturale esistente. L'art. 7 prescrive distanze minime per l'edificazione dalle rive dei laghi e bacini artificiali (m. 100) e dalle sponde dei fiumi e dei canali demaniali, fatti salvi gli interventi volti alla realizzazione di impianti e servizi per la tutela e migliore utilizzazione delle acque, come pure quelli previsti dagli strumenti urbanistici attuativi vigenti alla data di entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale. L'art. 8 contiene alcune prescrizioni per la difesa delle risorse idriche di interesse generale e delle aree ove sono ubicate sorgenti minerali, vietando la realizzazione di opere da parte di soggetti privati, nonché la installazione di impianti e attrezzature tali da recare pregiudizio alle risorse medesime, ivi compresi lo smaltimento sul suolo di rifiuti liquidi e solidi e l'uso di pesticidi. E' previsto altresì che le aree di tutela delle acque minerali e delle sorgenti naturali, oltre a quelle già indicate nella tavola II, possono essere individuate dai competenti organi regionali.

     L'art. 9 regola gli interventi edificatori di tipo abitativo e produttivo nelle aree di particolare interesse agricolo di cui alla tavola II. Tali interventi sono consentiti solo a determinati soggetti (affittuari, coltivatori diretti ecc.). Gli interventi edificatori a fini produttivi possono essere consentiti anche a coloro i quali non rivestano la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, previa presentazione di un piano di sviluppo aziendale, che deve essere approvato dalla Giunta regionale o da Enti all'uopo delegati.

     I limiti di densità edilizia restano quelli di cui all'art. 9 della legge regionale n. 53/74 e le varianti in ampliamento agli strumenti urbanistici generali, che interessino le aree in questione, potranno essere ammesse solo nelle zone già compromesse da fenomeni di urbanizzazione in atto.

     L'art. 10 prescrive che le condutture elettriche ed ogni altro impianto a rete devono essere realizzati, di norma, lungo i confini o le testate dei campi e comunque in modo da recare il minor pregiudizio possibile alle operazioni agricole, ai parchi e all'ambiente naturale. L'art. 11 è diretto a conservare le aree boschive, (ivi comprese quelle sulle quali si sono verificate incendi) da individuare in termini fondiari da parte dei Comuni entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale, vietando ogni intervento a carattere edificatorio, fatti salvi quelli destinati al recupero del patrimonio edilizio esistente o diretti alla realizzazione di impianti o servizi necessari all'utilizzazione e conservazione del bosco.

     L'art. 12 prevede la possibilità di nuove zone per insediamenti produttivi di tipo industriale da individuarsi tramite i piani comprensoriali di cui alla legge regionale n. 40/75.

     Gli articoli 13 e 14 dettano norme sugli aeroporti e sulle aviosuperfici.

     L'area destinata all'aeroporto regionale non può essere compromessa da interventi di tipo edificatorio, ad eccezione di quelli necessari al funzionamento delle strutture aeroportuali, da attuarsi mediante piano particolareggiato di iniziativa regionale.

     Le aree per la realizzazione di aeroporti di interesse locale e delle aviosuperfici sono individuate dai Comuni singoli o associati, secondo le indicazioni contenute nel Piano urbanistico territoriale entro 12 mesi dalla entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale.

     Il Piano energetico nazionale ha previsto la realizzazione della centrale di base nell'Umbria sud-occidentale. L'art. 15 prevede che la localizzazione, effettuata ai sensi delle vigenti leggi statali, faccia parte del Piano urbanistico territoriale e che la relativa previsione venga attuata mediante piano particolareggiato di iniziativa regionale.

     Le altre centrali energetiche, indicate nel Piano urbanistico territoriale, sono localizzate dai Comuni singoli o associati, nei rispettivi strumenti urbanistici, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui all'art. 15.

     L'art. 16 contiene la classificazione della viabilità, la quale viene suddivisa in tre gruppi, le cui caratteristiche geometriche e tipologiche vengono definite nelle allegate tabelle A e B.

     Infine l'art. 17 riguarda la viabilità e le distanze minime da osservare dalle strade e ferrovie e dispone l'estensione di tali normative a quelle infrastrutture per le quali sia stato già approvato il progetto esecutivo e recepito negli strumenti urbanistici.

     Per gli ambiti territoriali interessati da strade e ferrovie, per i quali non sia stato ancora definito il tracciato al momento dell'entrata in vigore del Piano urbanistico territoriale, eventuali varianti agli strumenti urbanistici dovranno contenere la definizione dei tracciati stessi, e in ogni caso, per questi tracciati, fino all'approvazione del progetto esecutivo, è vietato ogni movimento di terra ed edificazione a distanze differenziate secondo il tipo di infrastrutture.

     In ogni caso è comunque vietata, a distanze inferiori a 300 metri dagli assi stradali dei gruppi 1 e 2, dai relativi tracciati e dalle ferrovie, la realizzazione di mostre, depositi di autoveicoli, rimorchi e roulottes, case mobili e mezzi agricoli, mentre gli impianti di autodemolizioni, raccolta e riciclaggio di materiali e le pubbliche discariche dovranno essere posti a non meno di 500 metri dagli assi stradali.

     E' previsto altresì l'obbligo, per quegli impianti di tipo già esistenti alla entrata in vigore del Piano urbanistico territoriale, del trasferimento alla distanza di cui al precedente comma, entro due anni dall'entrata in vigore della legge, e, ove questo non sia possibile, andranno prese opportune iniziative, come schermature con alberi e con interventi similari, al fine di rendere gli insediamenti non visibili dai percorsi o comunque di attenuare l'impatto sull'ambiente che questi tipi di attrezzature hanno.

     Inoltre è stato fatto divieto agli enti di rilasciare concessioni per l'installazione di cartelloni e insegne pubblicitarie lungo i tracciati delle strade dei gruppi 1 e 2.

     Tutto ciò al fine di conseguire un sostanziale miglioramento di quell'immagine dell'Umbria che si può godere percorrendo i principali tracciati e che oggi risulta in diverse situazioni altamente degradata dalla presenza appunto di questo tipo di attrezzature e infrastrutture.

     Il titolo III contiene le direttive ed i principali criteri metodologici per la formazione dei piani di grado subordinato, nelle more della revisione complessiva della normativa urbanistica. In particolare vengono indicate le indagini conoscitive che l'amministrazione è opportuno che compia prima della formazione degli strumenti urbanistici, con particolare riguardo alla formazione dei piani comprensoriali (art. 18), i criteri per il dimensionamento dei piani comprensoriali, con riguardo agli insediamenti residenziali ed ai servizi (art. 19).

     L'art. 20 modifica gli standards urbanistici previsti per le zone residenziali dalla legge regionale n. 53/74, introducendo una suddivisione tra le dotazioni di standards di opere di urbanizzazione secondaria, necessari a seconda della dimensione demografica dei comuni. In particolare si conferma lo standard di 24 mq/abitante per i comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti, si individua in 18 mq/abitante lo standard per i comuni con popolazione compresa tra i 5/20.000 abitanti, mentre si riporta a 12 mq/abitante lo standard per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. La norma prevede altresì, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, la facoltà di individuare con deliberazione soggetta ad approvazione della Giunta regionale, le frazioni per le quali, date le caratteristiche proprie e la lontananza dai maggiori centri abitati, è possibile applicare la norma analoga a quella dei comuni con popolazione sotto i 5.000 abitanti.

     L'art. 21 riconferma sostanzialmente gli standards urbanistici di interesse regionale, da verificare nell'ambito dei piani comprensoriali, aggiungendo lo standard di 1 mq/abitante per la realizzazione di aree da utilizzare in caso di pubbliche calamità o eventi di carattere straordinario. Si tratta di aree per la realizzazione di tendopoli, prefabbricati, impianti e servizi di prima necessità in caso di calamità in genere e che, attesa la sismicità del territorio dell'Umbria, la presenza di boschi e quindi la possibilità di incendi, di inondazioni o simili, si dimostrano particolarmente utili per alleviare eventuali disagi alle popolazioni, contenere sprechi di danaro e danni economici anche notevoli.

     L'art. 22 rivede la normativa per le zone turistiche e per gli standards che esse devono assicurare, demandando ai piani comprensoriali la individuazione delle superfici da destinare per le attrezzature di interesse comune, per il verde attrezzato a parco, per il gioco e lo sport e per i parcheggi aggiuntivi in relazione alla specificità delle zone degli interventi previsti, che potranno essere realizzati in aree diverse da quelle ove si effettua l'intervento.

     Si precisa che per quanto non previsto dalle citate norme valgono gli standards di cui al D.M. 2 aprile 1968.

     Il titolo IV contiene infine norme transitorie con riguardo agli insediamenti produttivi (art. 24), alle aree per la difesa civile (art. 25), al bacino del Tevere (art. 26), alle varianti agli strumenti urbanistici vigenti (art. 27) e alla formazione dei piani comprensoriali (art. 28).

     Sotto quest'ultimo profilo viene stabilito che, qualora i consorzi tra comuni non provvedano all'adozione del Piano urbanistico comprensoriale nel termine di 18 mesi dalla data di approvazione del Piano urbanistico territoriale, la Giunta regionale si sostituisce ad essi. In tal caso il Piano urbanistico comprensoriale è costituito dall'insieme dei piani regolatori e dai programmi di fabbricazione vigenti alla data di approvazione del Piano urbanistico territoriale.

     Va rilevato, inoltre, che la legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale prevede i poteri sostitutivi da parte della Giunta regionale nei confronti dei soggetti che non provvedano agli adempimenti nei termini previsti dalle presenti norme.

 

4. Le politiche di intervento.

 

     Il Piano urbanistico territoriale si pone effettivamente come piano che ha visto un'ampia partecipazione di tutte le forze politiche, economiche, sociali e culturali della regione fino dai primi momenti della sua formazione. Un piano a maglie larghe, nel senso che demanda alle Comunità locali la definizione di tutte quelle scelte territoriali che non costituiscono scelte strategiche di interesse specifico regionale, ma che dà una serie di indicazioni, di idee di normative volte ad una seria salvaguardia delle potenzialità di sviluppo che il territorio umbro presenta, in correlazione alle indicazioni del Piano regionale di sviluppo.

     Particolare attenzione si è posta ai problemi della gestione del Piano urbanistico territoriale, prevedendo l'utilizzo di strumenti sofisticati per la verifica dell'impatto delle scelte operate sul territorio e degli effetti di ritorno delle scelte stesse, ma anche per permettere la definizione dei piani e di proposte che si adeguino con successive approssimazioni nel modo più tempestivo possibile, ai mutamenti del quadro di riferimento regionale ed extra regionale.

     La filosofia dell'uso integrato e plurimo delle risorse territoriali, delle infrastrutture e dei servizi, è uno dei suoi punti di base di riferimento, proprio perché si è ritenuto che la situazione umbra, così come si presenta oggi all'inizio degli anni '80, possa con adeguati interventi pervenire a modelli di utilizzo e di rendimento delle risorse e delle attrezzature e delle strutture esistenti capaci di ottimizzarne l'uso. Sarà quindi possibile far fare un notevole ulteriore salto di qualità ai livelli di vita delle popolazioni con un relativamente modesto impegno di mezzi e di risorse. Ad esempio, quando in termini di uso plurimo delle acque si pensa al progetto speciale del fiume Tevere, inteso da un lato come possibilità della navigabilità del fiume stesso, e si vede legato il problema del trasporto delle persone e delle merci a quello del fiume come un momento di tutela ecologica e ambientale della regione; si pensa al fiume come acquedotto naturale sia per le irrigazioni delle aree contermini, sia per la tutela degli inquinamenti, al quale vanno garantite adeguate portate di acqua anche nei periodi di magra; si pensa inoltre al fiume come elemento fondamentale per il rifornimento delle falde profonde e quindi delle risorse idro-potabili della regione e ancora al fiume come strumento per la produzione di energia pulita da un lato o per il raffreddamento delle centrali di base dall'altro, ed infine al fiume come parco fluviale, come elemento quindi per la pratica dello sport e del tempo libero: ecco come la stessa risorsa viene vista nelle sue varie sfaccettature, nelle sue varie potenzialità e può quindi estrinsecare il massimo rendimento.

     E ancora, la conferma della localizzazione della centrale di base di Pietrafitta e la necessità della modifica del suo funzionamento da lignite a carbone, dato l'esaurirsi della risorsa di lignite presente nella zona, ha indotto la scelta della realizzazione della linea ferroviaria Perugia- Chiusi, che però costituisce anche un elemento decisivo per contribuire a svincolare i traffici della regione nord-occidentale rispetto alla parte nord del paese.

     Ma consentire un uso plurimo ed integrato dei servizi e delle infrastrutture comporta altresì la necessità di far riferimento ad un elevato modello di mobilità. Ed ecco quindi, come già affermato, la necessità di provvedere, a tempi brevi, alla realizzazione del Piano regionale dei trasporti, come studio e proposta per garantire appunto la mobilità della popolazione e delle merci sul territorio, anche attraverso l'utilizzo di modi di trasporto alternativo.

     Un sistema nel quale - a fianco di strade e ferrovie - corrano canali per il trasporto di energia, canali per il trasporto di acqua (intesa non solo come acquedotto per usi civili, ma, anche, per usi industriali), canali per il flusso di informazioni.

     L'ulteriore innalzamento del grado di permeabilità tra le diverse zone della regione permetterà di utilizzare in tutte le sue potenzialità la struttura storicamente determinata dell'Umbria, esaltandone le risorse, non solo in termini di potenzialità abitative per i residenti o per i turisti, ma riscoprendo e valorizzando quei giacimenti culturali di cui l'Umbria è così ricca e che possono costituire, se opportunamente utilizzati, un altro elemento di ulteriore sviluppo socio-economico della comunità regionale.

     Per il conseguimento del complesso dei fini sopra esposti, tutto l'insieme delle conoscenze sin qui utilizzate (dati, tavole fisiche, ecc.) verrà processualmente elaborato tenendo conto degli elementi via via risultanti nel corso della attuazione del Piano urbanistico territoriale, nell'intento di correggere eventuali distorsioni, con opportune proiezioni delle soluzioni adottate sì da garantire coerenza tra filosofia e realizzazione.

 

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PIANO URBANISTICO TERRITORIALE

NORME DI ATTUAZIONE

 

TITOLO I

Disposizioni generali

 

     1. Contenuto del Piano. 1. Il Piano urbanistico territoriale, di cui all'art. 2 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40, è costituito da una relazione illustrativa, dalle Norme di attuazione e dalle rappresentazioni grafiche relative all'assetto del territorio di cui alle tavole I, II, III, IV, V e allegato 1.

     2. La relazione individua gli obiettivi generali e di settore, delinea i criteri programmatici e di metodo seguiti per l'elaborazione ed illustra le scelte operate per lo sviluppo del territorio e la sua tutela e valorizzazione paesistico-ambientale anche ai fini della legge 8 agosto 1985, n. 431.

 

     2. Rappresentazioni grafiche. 1. Le rappresentazioni grafiche riproducono l'assetto territoriale previsto dal Piano ed in particolare:

     a) indicano i valori minimi e massimi di riferimento demografico per il dimensionamento dei Piani urbanistici comprensoriali;

     b) indicano gli ambiti di tutela storica e naturalistico-ambientale ai fini della determinazione dei vincoli e dei criteri operativi di salvaguardia, anche ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ed in attuazione della legge 8 agosto 1985, n. 431, nonché individuano i parchi naturali;

     c) individuano la rete delle principali vie di comunicazione;

     d) indicano le opere pubbliche e gli impianti necessari per i servizi di interesse regionale;

     e) indicano gli ambiti territoriali da riservare a speciali destinazioni;

     f) determinano le aree nelle quali il Piano deve essere attuato mediante i piani particolareggiati di iniziativa regionale.

 

     3. Norme di attuazione. 1. Le Norme di attuazione integrano le tavole grafiche e ne determinano il contenuto; stabiliscono la disciplina dell'uso del territorio; fissano le direttive ed i criteri metodologici per la formazione dei piani di grado subordinato, con riferimento anche alla specifica considerazione dei valori storici, paesistici e ambientali; determinano le quantità minime di aree da riservare nelle varie zone ai fini di interesse pubblico.

 

     4. Durata ed efficacia del Piano. Le previsioni, le variazioni e la durata del Piano sono quelle di cui all'art. 4 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40.

     Salvo quanto previsto dal comma successivo e dal secondo comma dell'art. 5 i piani di grado subordinato definiranno in termini fondiari le previsioni contenute nelle rappresentazioni grafiche delle tavole di Piano.

     Ai sensi del secondo comma dell'art. 9 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40 le previsioni contenute nell'art. 13, primo e secondo comma delle presenti norme, sono immediatamente vincolanti per qualsiasi soggetto pubblico o privato.

 

TITOLO II

Disposizioni concernenti l'uso del territorio

 

     4 bis. Aree di particolare interesse paesistico. 1. Sono sottoposti a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, secondo quanto indicato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, tutti i territori regionali aventi le caratteristiche di seguito elencate:

     a) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia;

     b) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua e le relative sponde o piede degli argini con una fascia di 150 metri ciascuna;

     c) i territori montani posti ad una altitudine superiore ai 1200 metri s.l.m.;

     d) le zone previste a parco nazionale o regionale nonché i relativi territori di protezione esterna, opportunamente individuati in termini fondiari;

     e) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincoli di rimboschimento;

     f) le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici;

     g) le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

     h) le zone di interesse archeologico;

     i) i parchi urbani, le ville e i giardini, nonché gli oggetti di interesse ambientale, di cui ai numeri 1 e 2 dell'art. 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.

     2. I territori individuati nelle lettere da a) a g) sono rappresentati nella tav. V; gli elenchi con relative cartografie dei territori individuati nelle lettere b), h) ed i), le variazioni e gli aggiornamenti, sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare permanente.

 

     5. Parchi naturali. (Abrogato) [3].

 

     6. Aree di particolare interesse naturalistico-ambientale. Nelle aree di particolare interesse naturalistico-ambientale, di cui alla tavola III, i Comuni singoli o associati, entro un anno dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale, debbono adottare varianti agli strumenti urbanistici generali, al fine di procedere alla definizione in termini fondiari delle zone da sottoporre a particolare tutela per le esigenze ambientali e naturalistiche, nonché alla definizione dei criteri e modalità di utilizzo e tutela, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 9 della legge regionale 2 settembre 1974, n. 53 [4].

     Fino all'approvazione delle varianti di cui al precedente comma, nelle aree di particolare interesse naturalistico-ambientale sono consentiti solo interventi che non alterino l'equilibrio dell'ambiente naturale esistente, purché autorizzati con le forme e le procedure di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497.

 

     7. Corpi idrici. 1. E' vietata ogni forma di edificazione a distanza inferiore a metri 100 dalle rive dei laghi e di metri 30 dalle sponde di fiumi, salvo quanto previsto dai commi successivi.

     2. Le distanze sono calcolate a partire dal piede dell'argine o, in assenza di arginatura, dal ciglio della sponda e, per i laghi, dalla linea corrispondente alla quota del massimo invaso regolato.

     3. In sede di formazione degli strumenti urbanistici di grado subordinato al Piano urbanistico territoriale, e sulla base di specifiche indagini di valutazione del rischio idraulico-geologico ed ambientale, i comuni singoli o associati possono definire distanze della edificazione in misura diversa da quelle previste dal primo comma.

     4. Nelle fasce di rispetto sopra individuate sono fatti salvi gli interventi diretti alla realizzazione di impianti e servizi per la tutela e la migliore utilizzazione delle acque, purché consentiti dalla vigente normativa statale e regionale in materia, nonché gli interventi diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente e quelli necessari per la difesa da calamità naturali.

     5. Le disposizioni di cui al presente articolo valgono anche per i bacini artificiali e per i canali demaniali. In tali casi le distanze, ai fini dell'edificazione, sono calcolate con riguardo al piede degli argini o, in assenza di arginatura, al ciglio della sponda.

     6. Per una fascia di metri 300 per i laghi e di metri 150 per i fiumi e gli altri corsi d'acqua ogni modificazione, dalle linee di cui al primo comma, dell'aspetto esteriore dei luoghi indicati nell'elenco di cui alla delibera della Giunta regionale 4 marzo 1986, n. 1183, nell'allegato 2a) e nella tavola V, è subordinata alla autorizzazione ambientale, di cui all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.

     7. Le disposizioni di cui ai precedenti commi non si applicano agli interventi previsti dagli strumenti urbanistici, attuativi delle previsioni dei Piani regolatori generali e dei programmi di fabbricazione vigenti alla data del 12 gennaio 1984, purché autorizzati con le forme e procedure di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497.

 

     8. Acque sotterranee. 1. Nelle aree ove sono presenti risorse idriche di interesse generale indicate nella tav. II e in quelle che verranno individuate con apposita delibera della Giunta regionale a seguito di ulteriori studi o di richieste di Comuni interessati, è vietata la realizzazione di ogni opera di escavazione e perforazione, di installazione di impianti, manufatti e attrezzature per l'esercizio di qualsiasi attività, nonché lo smaltimento sul suolo di rifiuti liquidi e solidi e l'uso di pesticidi, che possono recare pregiudizio alle risorse acquifere. Entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale provvede ad emanare, con apposito atto, le direttive tecniche che regolano lo smaltimento dei rifiuti liquidi sul suolo e l'uso di pesticidi.

 

     9. Aree di particolare interesse agricolo. Entro un anno dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale i Comuni devono provvedere alla delimitazione in termini fondiari delle aree di particolare interesse agricolo di cui alla tav. II con l'adozione di varianti agli strumenti urbanistici vigenti.

     La delimitazione è effettuata su cartografia di scala non inferiore a 1:10.000.

     Nelle aree di particolare interesse agricolo, di cui al primo comma del presente articolo, e in quelle che verranno individuate con apposita deliberazione dai Comuni interessati o dalla Giunta regionale, gli interventi edificatori di tipo abitativo e produttivo sono consentiti soltanto a favore degli affittuari, coltivatori diretti o comunque degli imprenditori singoli o associati, che esercitino a titolo principale attività agricola ai sensi della legge 9 maggio 1975, n. 153 o degli Enti pubblici, con riferimento alle attività aziendali di carattere agricolo.

     Gli interventi edificatori, a soli fini produttivi, sono altresì consentiti a soggetti singoli o associati, che non rivestano la qualifica di imprenditori agricoli a titolo principale, previa approvazione da parte della Giunta regionale o di enti all'uopo delegati, di un piano di sviluppo aziendale. In tal caso il piano deve prevedere interventi funzionalmente adeguati alla dimensione aziendale nel suo complesso ed idonei a consentire un incremento del reddito.

     Per gli interventi edificatori a fini abitativi restano comunque fermi i limiti di densità edilizia di cui agli artt. 8 e 9 della legge regionale 2 settembre 1974, n. 53.

     Le varianti di ampliamento agli strumenti urbanistici generali, che interessano le aree sopra indicate, sono consentite solo nelle zone già compromesse da fenomeni di urbanizzazione in atto, individuate preliminarmente dai Comuni singoli o associati, con apposita deliberazione, cui deve essere annessa una cartografia di scala non inferiore a 1:10.000.

     La deliberazione è soggetta ad approvazione della Giunta regionale, sentita la Commissione tecnica amministrativa di cui alla legge regionale 9 maggio 1977, n. 20, nel termine di giorni 60 dal ricevimento [*].

     La delimitazione delle zone di cui al precedente comma ha validità per la durata del Piano urbanistico territoriale.

 

     10. Impianti a rete. 1. Nelle aree di cui al precedente art. 4/bis, nonché in quelle di particolare interesse agricolo e nelle aree di particolare interesse naturalistico-ambientale, le condutture elettriche e di ogni altro impianto a rete aereo o sotterraneo devono essere realizzate, di norma, lungo i confini, le testate dei campi e comunque in modo da recare il minor pregiudizio possibile alle operazioni agricole o alla conservazione dell'ambiente naturale.

     2. Nelle aree individuate al primo comma si applicano le disposizioni di cui all'art. 11 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.

 

     11. Aree boschive. Nelle aree investite a bosco e in quelle in cui il bosco è totalmente o parzialmente distrutto da incendi è vietato ogni intervento a carattere edificatorio, fatta eccezione per quelli destinati al recupero del patrimonio edilizio esistente o diretti alla realizzazione degli impianti e servizi necessari alla silvicoltura, alla migliore utilizzazione del bosco o comunque alla sua conservazione, valorizzazione e sviluppo, ovvero quelli volti alla realizzazione delle previsioni di cui ai precedenti artt. 5 e 6 purchè autorizzati con le forme e le procedure di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497.

     I Comuni singoli o associati, con apposita deliberazione di variante agli strumenti urbanistici, provvedono ad individuare in termini fondiari le aree investite a bosco, ai sensi e per gli effetti di cui al primo comma, entro 12 mesi dalla entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale.

 

     12. Insediamenti produttivi di tipo industriale. (Abrogato) [5].

 

     13. Aeroporti. Nell'area destinata alla realizzazione dell'aeroporto regionale di cui all'allegato 1, è vietato qualsiasi intervento di tipo edificatorio, salvo quelli necessari al funzionamento delle attuali strutture aeroportuali.

     La previsione di cui al precedente comma viene attuata mediante piano particolareggiato di iniziativa regionale ai sensi dell'art. 2, lettera l), della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40.

     Il piano particolareggiato definisce altresì le servitù ed i vincoli gravanti sulle aree circostanti al fine di garantire l'agibilità e la sicurezza dell'aeroporto.

 

     14. Aeroporti di interesse locale e aviosuperfici. I Comuni singoli o associati localizzano nei propri strumenti urbanistici le aree per la realizzazione degli aeroporti di interesse locale e delle aviosuperfici, secondo le indicazioni contenute nel Piano urbanistico territoriale, alla tav. IV.

     I Comuni singoli o associati provvedono alla localizzazione, di cui al comma precedente, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge regionale di approvazione del Piano urbanistico territoriale, con variante allo strumento urbanistico.

 

     15. Localizzazione delle centrali per la produzione di energia. L'area da destinare alla realizzazione della centrale di base nell'Umbria sud- occidentale è individuata ai sensi e con le modalità di cui alle leggi 2 agosto 1975, n. 393 e 18 dicembre 1977, n. 880.

     La localizzazione di cui al comma precedente costituisce parte integrante del Piano urbanistico territoriale.

     Alla realizzazione della centrale di base si procede previo piano particolareggiato di iniziativa regionale ai sensi dell'art. 2 lettera l) della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40.

     I Comuni singoli o associati localizzano nei propri strumenti urbanistici le centrali energetiche previste dal Piano urbanistico territoriale, secondo le indicazioni contenute nella tav. IV.

     I Comuni singoli o associati provvedono alla localizzazione di cui al comma precedente entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge regionale di approvazione del Piano urbanistico territoriale.

 

     16. Viabilità. La viabilità è rappresentata nella tavola IV ed è classificata come segue:

Gruppo 1) Autostrade e raccordi autostradali;

     Strade di grande comunicazione internazionale;

     Strade di grande comunicazione nazionale.

Gruppo 2) Strade primarie di interesse interregionale e regionale. Gruppo 3) Strade secondarie di interesse interregionale e regionale.

     Le caratteristiche geometriche e tipologiche delle strade, di cui al presente articolo, sono definite nell'allegata tabella A).

 

     17. Distanza dalle strade e ferrovie. Nella tav. IV e nella allegata tabella B sono indicate le reti viaria e ferroviaria.

     Nella tabella C è descritto lo stato di attuazione o di definizione della rete viaria e ferroviaria.

     I nuovi tracciati, già definiti a livello di progetto esecutivo o di massima, devono essere recepiti negli strumenti urbanistici.

     Per i tracciati di strade e ferrovie, definiti ai sensi del primo comma e fino al recepimento del tracciato negli strumenti urbanistici, è vietata ogni forma di edificazione ed ogni movimento di terra a distanza inferiore a m. 100 dall'asse dei tracciati delle strade appartenenti al gruppo 1 e delle ferrovie, a m. 60 dall'asse delle strade del gruppo 2 e a m. 40 dall'asse delle strade del gruppo 3.

     Per gli ambiti territoriali interessati da strade o ferrovie, il cui tracciato non sia definito all'entrata in vigore del Piano urbanistico territoriale, eventuali varianti agli strumenti urbanistici dovranno contenere la definizione dei tracciati stessi.

     Le distanze minime dalle strade e dalle ferrovie, previste dal D.M. 1 aprile 1968, e D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, si applicano anche ai tracciati per i quali sia già stato approvato il progetto esecutivo e recepito negli strumenti urbanistici.

     Le mostre e depositi di autoveicoli, rimorchi, roulottes, case mobili e mezzi agricoli debbono essere posti a distanza non inferiore a 300 metri dalle strade di gruppo 1) e 2) e dai tracciati ferroviari, e la loro localizzazione deve essere contenuta nel piano urbanistico comprensoriale.

     Gli impianti di demolizione, di raccolta e di riciclaggio di materiali e le pubbliche discariche, debbono essere posti a distanza non inferiore a m. 500 dall'asse delle strade di gruppo 1) e 2) e dei relativi tracciati, nonché dalle ferrovie.

     Le mostre e i depositi di cui al settimo comma dovranno essere portati alle distanze e nei luoghi stabiliti dal Piano urbanistico comprensoriale entro 12 mesi dalla loro localizzazione, ove quella attuale contrasti con la previsione del Piano, previo rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 7 del D.L. del 21 gennaio 1982, n. 9 convertito con legge 25 marzo 1982, n. 94.

     Gli impianti di autodemolizione, di raccolta e riciclaggio di materiali e le pubbliche discariche già esistenti alla data di entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale, dovranno essere portati alla distanza di cui al precedente comma entro ventiquattro mesi dalla legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale, previa autorizzazione ai sensi dell'art. 7 del decreto legge 21 gennaio 1982, n. 9 convertito con legge 25 marzo 1982, n. 94.

     Ove il trasferimento non sia possibile perché le attività si svolgono in aree o manufatti autorizzati, al fine di renderle non visibili dai percorsi, dovranno essere realizzati opportuni accorgimenti mediante schermature vegetali o simili.

     Il sindaco, in sede di rilascio dell'autorizzazione, accerta l'esistenza dei presupposti per il mantenimento dell'attività preesistente e individua le prescrizioni e le iniziative in relazione a quanto prescritto dal precedente comma.

     Sulle strade dei gruppi 1) e 2) è fatto divieto di rilasciare nuove concessioni per l'installazione di cartelloni ed insegne pubblicitarie o comunque di rinnovare le concessioni in atto.

 

TITOLO III

   Direttive e criteri metodologici per la formazione dei piani di grado

subordinato

 

     18. Indagini conoscitive. La formazione dei piani di grado subordinato e delle loro varianti deve essere preceduta da uno studio generale, volto a verificare lo stato di attuazione degli interventi sul territorio ed il suo uso reale rispetto alle previsioni urbanistiche vigenti, nonché dalle indagini geologiche e geotecniche previste dall'art. 5 della legge regionale 14 maggio 1982, n. 25 e dall'indagine sul patrimonio edilizio pubblico e privato ed il suo grado di utilizzazione.

     (Abrogato).

 

     19. Criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comprensoriali. (Abrogato) [5].

 

     20. Standards urbanistici in zone residenziali. (Abrogato) [5]a

 

     21. Standards urbanistici per attrezzature di interesse generale. (Abrogato).

 

     22. Limiti di densità edilizia territoriale, standards urbanistici ed attuazione delle zone di carattere turistico. Le zone destinate ad insediamenti turistici si configurano come zone omogenee C, di cui al D.M. 2 aprile 1968, qualora siano destinate a residenze temporanee, singole o collettive; si configurano come zone omogenee D, di cui al D.M. citato, qualora siano destinate esclusivamente ad impianti produttivi turistici.

     Nelle zone C di carattere turistico, di cui al comma precedente, l'indice di fabbricabilità territoriale non deve essere superiore a 0,25 mc/mq.

     Le zone destinate a interventi turistici, di cui al precedente comma, sono individuate solo nell'ambito dei piani urbanistici comprensoriali.

     In tali zone il piano comprensoriale individua la superficie territoriale che dovrà essere destinata a spazi per attrezzature di interesse comune per il verde attrezzato a parco, per il gioco e lo sport e per parcheggi aggiuntivi.

     L'attuazione degli interventi in tali zone avverrà mediante piano particolareggiato di esecuzione o lottizzazione convenzionata. Nella convenzione dovranno essere precisate le collocazioni delle opere di interesse comune che potranno essere ubicate anche in aree diverse da quella dell'intervento e la cui realizzazione sarà posta a carico dei lottizzanti.

 

     23. Norma di rinvio. Per quanto non previsto dagli articoli precedenti resta ferma la normativa sugli standards di cui al D.M. 2 aprile 1968 e alla legge regionale 2 settembre 1974, n. 53.

 

TITOLO IV

Norme transitorie

 

     24. Impianti produttivi di tipo industriale e artigianale. Prima dell'approvazione dei Piani territoriali di coordinamento provinciali [6] i Comuni, con apposita variante ai propri strumenti urbanistici generali, possono individuare nuove zone di tipo industriale al fine di realizzare un migliore assetto del territorio, tenendo conto delle caratteristiche delle aree prescelte, che dovranno essere servite o facilmente servibili da viabilità, ferrovia, infrastrutture per il trasporto di energia, acqua e delle altre urbanizzazioni necessarie.

     In tal caso i Comuni devono contestualmente procedere alla declassificazione, per una pari superficie, di altre zone già previste come industriali nello strumento urbanistico vigente.

     Le nuove zone per insediamenti produttivi di tipo artigianale o commerciale, in attesa dell'approvazione del piano urbanistico comprensoriale, possono essere individuate dai Comuni, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, mediante l'adozione di apposite varianti.

     L'individuazione di tali zone, con particolare riguardo all'artigianato artistico ed al commercio al dettaglio specializzato, deve essere effettuata favorendo il reinsediamento delle attività artigiane nell'edificato e nei centri storici, compatibilmente con le esigenze della residenza.

 

     25. Aree per la difesa civile. 1. Entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale i Comuni individuano nell'ambito dei propri strumenti urbanistici generali, mediante apposite varianti, le aree da utilizzare in caso di pubbliche calamità o per eventi di carattere straordinario [7].

 

     26. Bacino del Tevere. Nell'ambito delle aree per la realizzazione del progetto speciale per la regolamentazione del fiume Tevere, individuate alla tav. II, è vietato ogni intervento di carattere edificatorio per la durata di tre anni a partire dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale.

     Eventuali deroghe potranno essere autorizzate previo nulla-osta della Giunta regionale, solo per le opere che non rechino pregiudizio alla realizzazione del progetto speciale di cui al primo comma.

 

     27. Varianti agli strumenti urbanistici. (Abrogato).

 

     28. Formazione dei Piani urbanistici comprensoriali. (Abrogato) [5].

 

 

                           TABELLA A - TIPOLOGIA

__________________________________________________________________

                 Gruppo 1            Gruppo 2         Gruppo 3

__________________________________________________________________

    Tipo

[norme C.N.R.]   I o III              IV o V         A-V-VI [3]

                   [1]                  [2]           + piste

                                                  ciclabili nelle

                                                 zone pianeggianti

                                                   di più intensa

                                                   urbanizzazione

__________________________________________________________________

con strade      totalmente          svincolate        svincolate

dello stesso    svincolate          totalmente o      totalmente o

gruppo          [4]                 parzialmente      a raso

                                    [4] [5]           canalizzate

                                                      [4] [5]

 

con strade      Gruppo 2:           svincolate        svincolate

di altro        totalmente          totalmente o      parzialmente

gruppo          svincolate [4]      parzialmente      [4]

                Gruppo 3:           [4] [5]

                svincolate

                totalmente o

                parzialmente

                [4] [5]

 

con strade      svincolate          svincolate        svincolate

locali di       totalmente o        totalmente o      parzialmente

connessione     parzialmente        parzialmente      o a raso

con zone        [4] [5]             [4] [5]           canalizzate

urbane o                                              [4] [5]

industriali

 

con altre       nessuna             connessioni       connessioni

strade locali   connessione         svincolate        a raso

                intersezione a      parzialmente [4]  canalizzate

                livelli sfalsati    o intersezioni    intersezioni

                                    a livelli         a livelli

                                    sfalsati senza    sfalsati

                                    connessione

 

accessi         esclusi             esclusi           esclusi

privati a                                             nuovi

singoli                                               accessi

insediamenti                                          progressiva

                                                 razionalizzazione

                                                      di quelli

                                                      esistenti.

                                                      Nelle strade

                                                      di tipo A

                                                    nessun accesso

 

impianti di     ammessi solo     ammessi solo        ammessi anche

distribuzione   su aree in       su aree in          su un lato

carburanti e    concessione su   concessione su      tranne che

aree di         entrambi i       entrambi i          nelle strade

servizio        lati [6]         lati [6]            di tipo A ove

                                                     vale la

                                                     norma del

                                                     Gruppo 1 [6]

 

motel e         ammessi anche    ammessi anche       ammessi anche

ristoranti      su un solo       su un solo          su un solo

                lato ma a        lato ma a           lato tranne

                condizione che   condizione che      che nelle

                sia stato        sia previsto        strade di

                realizzato lo    idoneo              tipo A

                spartitraffico   parcheggio          vale la norma

                per una          anche sull'         del Gruppo 1

                lunghezza        altro lato          [6]

                di almeno        collegato con

                Km 1.000         sottopasso

                prima e dopo     pedonale [6]

                l'insediamento

                [6]

__________________________________________________________________

 

 

NOTE ALLA TABELLA A

 

[1] Sono di tipo II le autostrade classificate come tali dalla legge

15/6/1959, n. 393; di tipo III le altre strade ed i raccordi autostradali.

Le strade che attualmente non sono a quattro corsie e per le quali è

previsto un nuovo tracciato, potranno essere realizzate in una fase

intermedia del tipo IV ma progettate in modo da portarle successivamente al

tipo III anche, eventualmente con tracciati distinti per i due sensi di

marcia ai sensi dei punto 2.2.3 delle Norme C.N.R.

[2] Sono di tipo IV le strade con traffico pesante di rilievo e/o con

rilevante traffico di motocicli e ciclomotori; di tipo V quelle con

prevalente traffico automobilistico e scarso traffico sia pesante che su

due ruote.

[3] Sono di tipo A i tronchi stradali in prossimità di centri urbani e

industriali di notevole rilevanza, di tipo V e VI le altre strade in

relazione al volume ed alla composizione del traffico.

[4] Si intendono «svincolate totalmente» le connessioni che consentono lo

scambio tra tutti i sensi di marcia senza alcuna intersezione; «svincolate

parzialmente» le connessioni che consentono lo scambio tra i vari sensi di

marcia senza intersezioni con i flussi di traffico della strada principale

o, a parità di classificazione, di quella a maggio, volume di traffico.

[5] In relazione ai volumi di traffico.

[6] Salvo norme più restrittive previste dall'Ente proprietario della

strada o dagli strumenti urbanistici subordinati.

 

TABELLA B (art. 16)

ELENCO STRADE E FERROVIE

 

Gruppo 1

1.1 - A1

1.2 - E/45: da innesto su Terni-Orte a confine regionale

1.3 - (Orte) San Liberato-Terni (Rieti)

1.4 - S.S./3: da Terni/S. Carlo - Spoleto - Foligno - Gualdo Tadino-Osteria

del Gatto

1.5 - S.S./75: Foligno-Perugia/Collestrada-innesto su E/45

1.6 - Raccordo autostradale: Perugia/Ponte S. Giovanni-Passignano-A1

1.7 - Branca-Gubbio-Cantiano-innesto su S.S./3

 

Gruppo 2

2.1 - S.S./3: Osteria del Gatto-Ponte Riccioli

2.2 - E/45-Pian d'Assino-Gubbio

2.3 - (Arezzo) - S. Giustino-innesto su E/45

2.4 - (Ancona) - Valico di Fossato - Osteria del Gatto-Branca-Schifanoia-

Valfabbrica-Pianello-innesto su S.S./75

2.5 - S.S./77: (Macerata) - Colfiorito-Foligno-innesto sulla S.S./3

2.6 - Spoleto-Acquasparta

2.7 - (Ascoli) - Galleria di Forca Canapine-Norcia S. Anatolia di Narco-

Galleria Forca di Cerro-Spoleto-innesto su S.S./3

 

Gruppo 3

3.1 -  Umbertide-Tuoro

3.2 -  Perugia-Piegaro-Moiano-Chiusi

3.3 -  Piegaro-Monteleone d'Orvieto-Fabro-A1

3.4 -  (Cortona) - innesto sulla Perugia-A1-Castiglione del Lago-Moiano-

innesto sulla Perugia-Chiusi

3.5 -  Piegaro-Città della Pieve

3.6 -  Magione-Castiglione del Lago con bretella su Moiano

3.7 -  Perugia-Marsciano-Fratta Todina-Todi

3.8 -  Corciano/Ellera-S. Martino in Colle-Torgiano-Bettona-Cannara-Bevagna

con bretella su Bettona-S. Maria degli Angeli e Cannara-S.S./75

3.9 -  Foligno-Bevagna-Todi-Baschi-Orvieto

3.10 - Spoleto-Bastardo

3.11 - (Muccia-Visso) - Triponzo-innesto sulla Norcia-Spoleto

3.12 - S. Anatolia di Narco-Terni

3.13 - S.S./3: Terni-Marni con bretella su Maratta (Terni-Orte)

3.14 - Amelia-Narni

3.15 - Narni-Otricoli-A1 con bretella su Nera-Montoro

3.16 - Orvieto-Baschi-Corbara-E/45

 

Ferrovie

- Foligno-Terontola (Firenze)

- Orte-Falconara

- M.U.A.

- Terni-Rieti

- Perugia-Chiusi

 

TABELLA C

SITUAZIONE TRACCIATI

 

Strade

 

Gruppi 1 e 2

a) Tracciati definitivi per i quali è necessario solo l'eventuale

adeguamento alle caratteristiche di cui alla tabella A) (art. 16).

     1.1 - A1: intero tracciato

     1.2 - E/45: intero tracciato ad eccezione del tronco Todi-Ponte Felcino

     1.3 - (Orte) - Terni - (Rieti): tronco Nera Montoro-Terni

     1.4 - SS/3: tronco da innesto SS/75

     1.6 - Perugia/Ponte S. Giovanni - A1: intero tracciato

     1.7 - Cantiano-Gubbio: tronco da SS/3 a Gubbio

     2.4 - Osteria del Gatto-Valle del Tevere: tronco: Branca-Schifanoia b) Tronchi con tracciato definitivo per i quali è però necessario prevedere soluzioni tecniche per svincoli, strade e aree di servizio, connessioni con le zone urbane e industriali, che consentano di garantire la compatibilità tra la funzione di arteria di interesse nazionale e quella di supporto della rete urbana regionale.

     1.2 - E/45: tronco da Pantalla a Ponte Felcino, con particolare riferimento al tronco Collestrada-Ponte San Giovanni (da innesto SS/75 a innesto raccordo Perugia/A1) per il quale si deve tener conto della sovrapposizione dei traffici locali con quelli nazionali sia longitudinali che trasversali

     1.3 - (Orte) - Terni-Rieti: tronco (Orte) - Nera Montoro

     1.5 - S.S./75: intero tracciato

c) Tracciati da definire con eventuale utilizzo, parziale o totale, del

tracciato esistente e con contemporanea definizione delle soluzioni

tecniche (svincoli, aree e strade di servizio, connessioni con le zone

urbane e industriali) che consentano di garantire la compatibilità tra la

funzione di grande arteria di interesse nazionale con quella di

infrastruttura di supporto della rete urbana regionale.

     1.4 - S.S/3: da Terni a Foligno (innesto S.S./75)

     1.7 - Branca-Gubbio-S.S/3: tronco da Branca a Gubbio

     2.7 - (Ascoli) - Spoleto: intero tracciato esclusi i tronchi S. Anatolia-Spoleto

d) Tracciati da individuare ex novo per i quali la strada che attualmente serve lo stesso itinerario sarà mantenuta come strada di servizio con le caratteristiche dei Gruppo 3.

     1.3 - Terni-Rieti

     1.4 - S.S/3: tronco da Pontecentesimo a Osteria del Gatto

     2.1 - S.S/3: tronco da Osteria del Gatto a Cantiano

     2.2 - E/45 - Pian d'Assino-Gubbio

     2.3 - (Arezzo) San Giustino: tronco dal valico dello Scopetone a S. Giustino

     2.4 - Osteria del Gatto-Valle del Tevere: tronchi da Osteria del Gatto da Branca a Schifanoia all'innesto sulla E/45 o sulla S.S/75

     2.5 - S.S./77: intero tracciato da Colfiorito a innesto sulla S.S./3

     2.6 - Spoleto-Acquasparta

     2.7 - (Ascoli) - Spoleto: tronchi da Ascoli a Norcia e da S. Anatolia a Spoleto.

 

Gruppo 3

     La normativa e le caratteristiche di cui alla tabella A) dell'art. 16 delle norme si applicano ai tracciati delle strade statali e provinciali esistenti che attualmente assicurano i collegamenti sugli itinerari indicati dal Piano urbanistico territoriale (tav. IV).

     Eventuali rettifiche con diverso tracciato saranno definite in sede di pianificazione comprensoriale di intesa con gli enti proprietari delle strade; in questo caso la normativa ed i vincoli di cui all'art. 16 delle norme continueranno ad applicarsi ai tracciati attuali fino all'entrata in servizio di quelli nuovi.

 

Ferrovie

a) Tracciati definitivi per i quali è necessario solo l'eventuale adeguamento funzionale alle caratteristiche previste dal piano integrativo delle Ferrovie dello Stato.

     - Foligno-Terontola escluso Ponte S. Giovanni-Ellera

     - (Orte) - Nera Montoro

     - Narni - Terni

     - Campello - Foligno;

b) Tracciati per i quali è necessario prevedere soluzioni tecniche tali da garantire adeguati livelli di funzionalità anche con eventuali modeste modifiche di tracciati.

     - M.U.A.

     - Terni-Rieti

c) Tracciati da individuare ex novo

     - Foligno - (Fabriano)

     - Perugia-Chiusi

     - Nera Montoro-Narni

     - Terni-Campello

     - Ponte S. Giovanni-Ellera.

 

CARTOGRAFIA (Omissis)

 

(Gli originali cartografici prodotti in scala 1:100.000, sono depositati presso la Regione dell'Umbria - Ufficio del Piano urbanistico territoriale, nonché presso i Consorzi economico-urbanistici e tutti i Comuni dell'Umbria).

 

 


[1] Così modificato con L.R. 18-8-1989, n. 26.

[1]1a Articolo così sostituito dall'art. 30 della L.R. 10 aprile 1995, n. 28.

[2] Il 97 per cento dei comuni obbligati ha già redatto ed adottato il programma pluriennale di attuazione. Tutti i comuni della regione al di sopra dei 10.000 abitanti e molti di quelli al di sotto sono dotati di Piani per l'edilizia economico popolare e di Piani per insediamenti produttivi. Molti comuni si sono dotati di Piani particolareggiati o di Piani di recupero per i centri storici.

[3] Articolo abrogato dall'art. 22 della L.R. 3 marzo 1995, n. 9.

[4] Comma così modificato dall'art. 22 L.R. 3 marzo 1995, n. 9.

[*] La Commissione regionale tecnico-amministrativa di cui al titolo III della legge regionale 9 maggio 1977, n. 20 è sostituita dal Comitato consultivo regionale per il territorio (C.C.R.T.), come disciplinato dalla L.R. 26 luglio 1994, n. 20.

[5] Articolo abrogato dall'art. 28 della L.R. 10 aprile 1995, n. 28.

[5] Articolo abrogato dall'art. 28 della L.R. 10 aprile 1995, n. 28.

[5]5a Articolo abrogato dall'art. 51 della L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.

[6] Comma così modificato dall'art. 30 della L.R. 10 aprile 1995, n. 28.

[7] Così modificato con L.R. n. 39/1990.

[5] Articolo abrogato dall'art. 28 della L.R. 10 aprile 1995, n. 28.