§ 5.2.50 - Legge Regionale 18 luglio 1985, n. 28.
Piano sanitario regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il triennio 1985-1987. [*]


Settore:Codici regionali
Regione:Friuli Venezia Giulia
Materia:5. sviluppo sociale
Capitolo:5.2 enti ed organi sanitari
Data:18/07/1985
Numero:28


Sommario
Art. 1.  Oggetto della legge.
Art. 2.  Durata, validità e aggiornamento del piano.
Art. 3.  Contenuti.
Art. 4.  Effetti del piano e attribuzioni degli enti locali.
Art. 5.  Obiettivi.
Art. 6.  Indirizzi per il riordino dei servizi.
Art. 7.  Obiettivi specifici.
Art. 8.  Progetti-obiettivo.
Art. 9.  Azioni programmatiche.
Art. 10.  Prestazioni del servizio sanitario nazionale.
Art. 11.  Piani attuativi di Unità sanitaria locale.
Art. 12.  Approvazione ed efficacia dei piani attuativi.
Art. 13.  Sistema informativo sanitario regionale.
Art. 14.  Relazione sanitaria.
Art. 15.  Piante organiche definitive delle Unità sanitarie locali.
Art. 16.  Convenzioni.
Art. 17.  Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Art. 18.  Dipartimenti.
Art. 19.  Volontariato.
Art. 20.  Verifica della realizzazione del piano.
Art. 21.  Poteri sostitutivi.
Art. 22.  Fondi di finanziamento.
Art. 23.  Criteri di riparto.
Art. 24.  Azioni finalizzate al risparmio.
Art. 25.  Norme di salvaguardia.
Art. 26.  Approvazione degli allegati.
Art. 27.  Entrata in vigore della legge.


§ 5.2.50 - Legge Regionale 18 luglio 1985, n. 28.

Piano sanitario regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il triennio 1985-1987. [*]

(B.U. 24 luglio 1985, n. 74).

 

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Oggetto della legge.

     Il piano sanitario regionale per il triennio 1985-1987 è costituito dalla presente legge e dagli allegati di cui all'articolo 26.

     Il piano è predisposto ai sensi degli articoli 11, terzo comma, 15, 55 e 56 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in armonia con gli obiettivi e con gli indirizzi del piano regionale di sviluppo.

 

     Art. 2. Durata, validità e aggiornamento del piano.

     Il piano sanitario regionale ha validità fino al 31 dicembre 1987, a meno che diversamente disponga la legge di approvazione del piano sanitario nazionale.

     La Giunta regionale è impegnata a presentare entro il 30 settembre 1987 il disegno di legge concernente il piano sanitario regionale per il successivo triennio 1988-1990.

     Fino all'entrata in vigore del successivo piano sanitario regionale mantengono piena validità le norme e le disposizioni del presente piano.

 

     Art. 3. Contenuti.

     Il piano determina:

     a) gli obiettivi generali della programmazione sanitaria regionale e gli obiettivi generali e specifici da perseguire nel triennio in cui si riferisce;

     b) la distribuzione, le caratteristiche organizzative, gli indirizzi ed i criteri per la gestione dei presidi e dei servizi, per lo svolgimento delle funzioni sanitarie, a Livello regionale di Unità sanitaria locale;

     c) l'ubicazione ed il dimensionamento dei presidi e dei servizi più rilevanti;

     d) i progetti-obiettivo, riferiti a gruppi omogenei d'utenza, e le azioni programmatiche concernenti particolari funzioni o attività da attuarsi nel triennio di validità del piano;

     e) i livelli e gli standards qualitativi e quantitativi di prestazione e funzionalità del servizio sanitario regionale;

     f) la politica della spesa;

     g) le procedure per l'attuazione e la verifica del piano stesso.

     Per quanto non diversamente espresso il piano recepisce i contenuti della legislazione nazionale e regionale in materia.

 

     Art. 4. Effetti del piano e attribuzioni degli enti locali.

     La Regione uniforma la propria attività regolamentare e di indirizzo nonché i propri atti e provvedimenti in materia sanitaria ai contenuti ed alle disposizioni del presente piano sanitario.

     Le Unità sanitarie locali nell'esercizio delle proprie funzioni e nella predisposizione dei propri piani attuativi si uniformano alle indicazioni del presente piano, cui fanno riferimento anche i Comuni, le Comunità montane e la Comunità collinare, le Province nell'esercizio delle proprie funzioni.

     Le Unità sanitarie locali, nell'arco del triennio, provvedono attraverso i piani attuativi di cui all'articolo 11:

     - alla definizione dei programmi di attività per il triennio ed alla realizzazione degli obiettivi indicati nei limiti delle risorse finanziarie loro attribuite;

     - all'ubicazione dei presidi e dei servizi sanitari non precisata dal presente piano, previa acquisizione del parere della provincia territoriale competente ai sensi dell'articolo 12 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

 

TITOLO II

OBIETTIVI E INDICAZIONI DI PIANO

 

     Art. 5. Obiettivi.

     Col presente piano la Regione, in conformità alle finalità della legge 23 dicembre 1978, n. 833, persegue i seguenti obiettivi prioritari:

     a) la tutela della salute dei cittadini mediante interventi unitari e globali rivolti alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione oltreché alla rimozione dei rischi e delle cause di malattia e di nocività;

     b) il coordinamento e l'integrazione fra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali;

     c) il riequilibrio nella distribuzione dei presidi e dei servizi sanitari su tutto il territorio regionale;

     d) l'incremento del livello qualitativo delle prestazioni;

     e) l'aumento della produttività dei fattori impiegati, della efficienza dei presidi e dei servizi, nonché dell'efficacia delle prestazioni;

     f) la realizzazione di un compiuto sistema informativo sanitario regionale;

     g) la ridistribuzione delle risorse impiegate finalizzata al potenziamento dei servizi di prevenzione e di riabilitazione nonché della assistenza di base attuando, tra l'altro, una graduale deospedalizzazione degli interventi.

 

     Art. 6. Indirizzi per il riordino dei servizi.

     Ai fini di conseguire gli obiettivi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e della presente legge, assicurando uniformità alle prestazioni ed uguaglianza per tutti i cittadini, le Unità sanitarie locali si attengono, nello svolgimento delle proprie funzioni, agli indirizzi contenuti nell'allegato 2) «Organizzazione delle attività e delle funzioni sanitarie».

 

     Art. 7. Obiettivi specifici.

     Sono obiettivi specifici del presente piano sanitario regionale per il triennio 1985-1987 i progetti-obiettivo e le azioni programmatiche di cui ai successivi articoli 8 e 9.

 

     Art. 8. Progetti-obiettivo.

     L'insieme di azioni e interventi finalizzati ad uno specifico obiettivo sanitario, si definisce progetto-obiettivo.

     Sono progetti-obiettivo del piano sanitario 1985-1987 i seguenti:

     - tutela della salute della donna, dell'infanzia e dell'età evolutiva;

     - tutela della salute dei lavoratori in ambiente di lavoro;

     - tutela socio-sanitaria degli handicappati e prevenzione dell'handicap;

     - trattamento degli uremici cronici;

     - tutela della salute dei tossicodipendenti e prevenzione degli stati di tossicodipendenza;

     - diagnosi e cura oncologica;

     - tutela della salute mentale;

     - prevenzione delle malattie cardiovascolari.

     La Giunta regionale entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge approva, nel rispetto dei principi e delle prescrizioni del presente piano, i contenuti dei progetti-obiettivo di cui al secondo comma, che costituiscono disposizioni di indirizzo e coordinamento per le Unità sanitarie locali nella definizione del piano attuativo di cui all'articolo 11.

 

     Art. 9. Azioni programmatiche.

     L'insieme di norme e di interventi finalizzato alla riorganizzazione di una parti   colare funzione o settore sanitario, si definisce azione programmatica.

     Sono azioni programmatiche del piano sanitario 1985-1987 le seguenti:

     a) Azioni programmatiche attinenti l'assetto organizzativo:

     - organizzazione regionale della rete di emergenza;

     - attivazione e completamento della rete poliambulatoriale;

     - riduzione e riqualificazione dell'attività ospedaliera;

     - indirizzi ed azioni per la tutela e promozione della salute delle persone anziane.

     b) Azioni programmatiche attinenti funzioni specifiche:

     - attivazione del sistema informativo sanitario regionale;

 

     - formazione, aggiornamento e riqualificazione delle figure professionali;

     - sviluppo e innovazione tecnologica per ricerca e controllo qualità.

     Le azioni programmatiche di cui alla lettera a) sono specificate nell'ordine negli allegati 3, 4, 5 e 6.

     Le azioni programmatiche di cui alla lettera b) sono approvate dalla Giunta regionale entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge nel rispetto dei principi e delle prescrizioni del presente piano.

     I contenuti delle azioni programmatiche di cui al precedente comma costituiscono disposizioni di indirizzo e coordinamento per le Unità sanitarie locali nella definizione del piano attuativo di cui all'articolo 11.

 

     Art. 10. Prestazioni del servizio sanitario nazionale.

     Le prestazioni del servizio sanitario nazionale nella Regione sono quelle individuate dal piano sanitario nazionale ovvero dalla legislazione statale vigente.

 

TITOLO III

ATTUAZIONE E VERIFICA DEL PIANO

 

     Art. 11. Piani attuativi di Unità sanitaria locale.

     Entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuna Unità sanitaria locale adotta il proprio piano attuativo per il triennio 1985-1987.

     Il piano attuativo deve contenere la specificazione, nell'ambito territoriale dell'Unità sanitaria locale, degli obiettivi e degli indirizzi definiti dal presente piano, l'individuazione, l'ubicazione ed il dimensionamento di tutti i presidi e servizi, compresi quelli che non siano già stati oggetto di indicazione specifica nel piano regionale, la definizione della struttura organizzativa dell'Unità sanitaria locale, la precisazione dei progetti-obiettivo, delle azioni programmatiche e degli altri programmi di Unità sanitaria locale, la temporalizzazione delle azioni e degli interventi ed il programma pluriennale di spesa e di investimento.

     Nella predisposizione dei piani attuativi le Unità sanitarie locali si uniformano alle indicazioni contenute nell'allegato 1) e si attengono all'apposita direttiva metodologica emanata tempestivamente dalla Giunta regionale.

 

     Art. 12. Approvazione ed efficacia dei piani attuativi.

     Adottato il piano attuativo le Unità sanitarie locali provvedono a trasmetterlo per il tramite della Direzione regionale dell'igiene e della sanità alla Giunta regionale, la quale si esprime su di esso entro 60 giorni dal ricevimento mediante deliberazione di approvazione o di rinvio con osservazioni e richieste di modificazione.

     Qualora il piano sia rinviato dalla Giunta regionale, l'assemblea dell'Unità sanitaria locale provvede a riapprovare in via definitiva lo stesso entro 30 giorni, apportando le modifiche e recependo le osservazioni indicate dalla Regione. Nel caso ciò non avvenga, la Giunta regionale può procedere d'ufficio alla modificazione del piano.

     I piani attuativi possono con identica procedura essere aggiornati in occasione della presentazione del bilancio annuale.

 

     Art. 13. Sistema informativo sanitario regionale.

     Il sistema informativo sanitario regionale è l'insieme di strutture, strumenti ed attività finalizzati:

     - alla conoscenza della domanda e dell'attività del servizio sanitario regionale;

     - al controllo dell'efficacia degli interventi e delle prestazioni e della efficienza dei presidi e dei servizi;

     - alla verifica del piano regionale e dei piani attuativi.

     Sono strutture operative di coordinamento del sistema informativo sanitario regionale i servizi statistici ed epidemiologici centrali e periferici ed i centri di elaborazione dati interni e convenzionati della Regione, degli Enti pubblici territoriali e delle Unità sanitarie locali ed in particolare l'ufficio epidemiologico, l'ufficio studi e della programmazione, l'ufficio del sistema informativo di cui all'articolo 6 della legge regionale 23 giugno 1980, n. 15.

     La Regione provvede alla pubblicizzazione dei dati e delle informazioni statistico-epidemiologiche di interesse regionale e locale, in particolare attraverso la diffusione della relazione sanitaria regionale di cui al successivo articolo 14.

 

     Art. 14. Relazione sanitaria.

     Le Unità sanitarie locali predispongono e trasmettono alla Giunta regionale per il tramite della Direzione regionale dell'igiene e della sanità entro il 30 aprile di ogni anno una propria «Relazione sanitaria» contenente la sintesi dei dati e delle informazioni raccolte ed elaborate dal sistema informativo in ordine alle condizioni di salute della popolazione, all'attività dei presidi e dei servizi ed alla situazione economico-finanziaria ed allo stato di attuazione dei piani attuativi.

     Entro il 30 settembre di ogni anno la Giunta regionale predispone la «Relazione sanitaria regionale» e la presenta al Consiglio regionale ai sensi dell'articolo 49 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

     Detta relazione regionale è formulata sulla base delle relazioni sanitarie delle Unità sanitarie locali e contiene la verifica e la valutazione dello stato di attuazione del piano sanitario regionale.

     La Giunta regionale emana apposita direttiva contenente lo schema e la metodologia della relazione sanitaria di Unità sanitaria locale.

 

     Art. 15. Piante organiche definitive delle Unità sanitarie locali.

     Le Unità sanitarie locali, fatte salve le disposizioni nazionali e regionali in materia, approvano le piante organiche definitive nell'ambito del piano attuativo di cui all'articolo 11, in conformità alle indicazioni del presente piano nonché dei parametri e degli indirizzi determinati dalla Giunta regionale anche ai sensi dell'articolo 15 della legge regionale «Norme di salvaguardia e propedeutiche alla programmazione in pendenza del procedimento di approvazione del Piano sanitario regionale».

     La copertura di posti vacanti previsti nella pianta organica è limitata ai soli posti individuati in apposite tabelle analitiche, allegate al bilancio annuale di previsione con l'indicazione della specifica copertura finanziaria, fatte salve le disposizioni e di carattere generale in materia di assunzioni di personale.

     I provvedimenti di modifica delle piante organiche e di copertura di posti non ricompresi nelle tabelle di cui al precedente comma sono sottoposti alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale.

     I dipendenti addetti a servizi e presidi che saranno oggetto di disattivazione o di trasformazione sono trasferiti di regola nell'ambito dell'Unità sanitaria locale di appartenenza, in altro posto di corrispondente profilo, posizione funzionale e disciplina almeno affine o, in mancanza, sono utilizzati in soprannumero riassorbibile in occasione di posti che si rendano vacanti, fatte salve le disposizioni vigenti in materia di mobilità.

 

     Art. 16. Convenzioni.

     Gli obiettivi del presente piano sono perseguiti anche attraverso la stipulazione di convenzioni con le istituzioni private, con gli ospedali classificati ai sensi dell'articolo 1, sesto comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, con le Università e con gli organi della sanità militare ai sensi degli articoli 11, 39, 41 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

     La Regione provvede a stipulare apposite convenzioni quadro con gli organi della sanità militare e con le Università che, una volta definite, fanno parte integrante del presente piano.

     Le Unità sanitarie locali attuano tali convenzioni quadro stipulando convenzioni specifiche che definiscono gli aspetti operativi concernenti le modalità di utilizzazione delle strutture territorialmente interessate.

     Le convenzioni di cui al presente articolo, in atto all'approvazione del presente piano, decadono di diritto il primo giorno del dodicesimo mese successivo all'approvazione del presente piano.

     Le nuove convenzioni delle Unità sanitarie locali con le case di cura private e con gli ospedali classificati per l'assistenza ospedaliera debbono fare riferimento ad un numero di posti letto ridotto in proporzione al numero dei posti letto che vengono diminuiti nell'ambito delle strutture pubbliche, ferma restando la soglia minima di utenza ed efficienza.

     Le nuove convenzioni delle Unità sanitarie locali con persone fisiche e istituzioni private per l'assistenza specialistica fanno riferimento ad un fabbisogno di prestazioni programmato dalle Unità sanitarie locali medesime in sede dei piani attuativi di cui all'articolo 11.

     Le convenzioni di cui ai commi quinto e sesto del presente articolo si uniformeranno a quanto previsto dall'articolo 12 della legge regionale «Norme di salvaguardia e propedeutiche alla programmazione in pendenza del procedimento di approvazione del Piano sanitario regionale.»

 

     Art. 17. Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

     Il presente piano ha effetto anche per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di cui all'articolo 42 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

     La dotazione di strutture sanitarie di ciascuna Unità sanitaria locale va considerata comprendendo le strutture degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

     La Giunta regionale emana direttive vincolanti al fine di assicurare il concorrere degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico al perseguimento degli obiettivi del presente piano.

 

     Art. 18. Dipartimenti.

     Il dipartimento è una struttura funzionale con compiti di coordinamento delle attività di più unità operative, sia ospedaliere che territoriali.

     Le Unità sanitarie locali istituiscono i dipartimenti sulla base delle disposizioni statali e regionali e, per il triennio di validità del presente piano, secondo quanto o nei limiti indicati da piano stesso.

     Le attività dipartimentate sono coordinate da un apposito comitato al quale partecipano di diritto i responsabili delle unità operative che sono formalmente coinvolte nell'attività dipartimentale, nonché rappresentanti del restante personale.

     Tale organismo è presieduto da un coordinatore che viene nominato dal Comitato di gestione delle Unità sanitarie locali di norma tra i responsabili delle unità operative interessate.

 

     Art. 19. Volontariato.

     1. La Regione riconosce la positiva funzione del volontariato per il raggiungimento delle finalità del Servizio sanitario regionale ed a tal fine promuove la valorizzazione delle relative associazioni secondo quanto previsto dalla legge n. 266/1991 [1].

 

     Art. 20. Verifica della realizzazione del piano.

     La Giunta regionale procede annualmente alla verifica del grado di realizzazione e dell'efficacia del piano attraverso la relazione sanitaria di cui al precedente articolo 14 e ove necessario con legge regionale si approvano le eventuali modifiche e gli aggiornamenti al piano stesso.

 

     Art. 21. Poteri sostitutivi.

     In caso di mancato rispetto delle prescrizioni del piano si applicano le vigenti disposizioni in materia di poteri sostitutivi.

 

TITOLO IV

FINANZIAMENTO DEL PIANO

 

     Art. 22. Fondi di finanziamento.

     Al finanziamento del presente piano sanitario si provvede in primo luogo mediante la quota regionale del fondo sanitario nazionale.

     Costituiscono inoltre fonti di finanziamento:

     a) gli stanziamenti specificatamente iscritti nel bilancio regionale finanziati con risorse proprie della Regione;

     b) gli stanziamenti specificatamente iscritti nel bilancio regionale, derivanti da assegnazione dello Stato a destinazione vincolata;

     c) i trasferimenti alle Unità sanitarie locali delle risorse degli enti locali destinate al finanziamento delle funzioni socio-assistenziali il cui esercizio sia affidato alle Unità sanitarie locali stesse;

     d) le risorse derivanti ai Comuni dalla alienazione o trasformazione del patrimonio con vincolo di destinazione ai servizi sanitari in conformità a quanto previsto dalla legge regionale 21 gennaio 1985, n. 1;

     e) gli eventuali contributi e lasciti privati.

 

     Art. 23. Criteri di riparto.

     Con riferimento a quanto espressamente richiamato dall'articolo 51, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la Regione si attiene per il triennio 1985-1987, nella ripartizione delle quote di fondo sanitario nazionale, alle modalità ed ai criteri indicati nell'allegato 7) «Politica della spesa».

 

     Art. 24. Azioni finalizzate al risparmio.

     Con riferimento agli indirizzi contenuti nell'allegato 7) «Politica della spesa» le Unità sanitarie locali individuano nei piani attuativi di cui all'articolo 11 della presente legge le azioni da porsi in atto ai fini del contenimento della spesa.

 

TITOLO V

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

     Art. 25. Norme di salvaguardia.

     Fino all'approvazione dei piani attuativi di cui all'articolo 11 della presente legge, le Unità sanitarie locali, nello svolgimento delle proprie funzioni, si attengono agli indirizzi ed alle disposizioni della presente legge.

     Fino all'approvazione del piano attuativo, è impedita l'apertura di nuovi presidi e servizi, l'incremento di posti-letto, l'istituzione di nuovi servizi e la copertura di posti in organico che si rendessero vacanti in presidi e servizi per cui è prevista la disattivazione o la riconversione.

 

     Art. 26. Approvazione degli allegati.

     Sono approvati i seguenti allegati:

     All. 1 - I contenuti della programmazione sanitaria regionale e attuativa di Unità sanitaria locale.

     All. 2 - Organizzazione delle attività e delle funzioni sanitarie.

     All. 3 - Organizzazione regionale della rete di emergenza.

     All. 4 - Attivazione e completamento della rete poliambulatoriale.

     All. 5 - Riduzione e riqualificazione dei posti letto ospedalieri.

     All. 6- Indirizzi ed azioni per la tutela e promozione della salute delle persone anziane.

     All. 7 - Politica della spesa.

 

     Art. 27. Entrata in vigore della legge.

     La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

 

PIANO SANITARIO REGIONALE

 

LEGENDA

 

A.N.C.C. = Associazione nazionale controllo combustione

Case di Cura priv. conv. = Case di cura private convenzionate C.M.S. = Centro Medicina Sociale

C.O.N.I. = Comitato Olimpico Nazionale Italiano

C.R.I. = Croce Rossa Italiana

C.S.M = Centri Salute Mentale

D = Divisione

D.E. = Dipartimento emergenza

D.S.M. = Dipartimento di Salute Mentale

E.N.P.I. = Ente nazionale prevenzione infortuni

F.S.N. = Fondo Sanitario Nazionale

F.S.R. = Fondo Sanitario Regionale

I.S.P.E.S.L. = Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro Ist. Scientif. = Istituto Scientifico

L.P.I.P. = Laboratorio Provinciale Igiene e Profilassi

OO.PP. = Ospedali psichiatrici

OO.RR. = Ospedali Riuniti

O.R.L. = Otorinolaringoiatria

Osp. Class. F.B.F. di Gorizia = Ospedale classificato Fatebenefratelli di Gorizia

Osp. pubb. e class. = Ospedali pubblici e classificati

p.l. = posti letto

p/l = posti letto

P.M.P. = Presidio Multizonale di Prevenzione

S.AG. = Servizio Aggregato

S.AU. = Servizio Autonomo

S.AU.L. = Servizio Autonomo con Letti

Servizio con P.L. = Servizio con Posti Letto

Sez. Aggr. = Sezione Aggregata

Sez. Aut. = Sezione Autonoma

S.O.D.C.P. = Servizio Ospedaliero di Diagnosi e Cura Psichiatrica SZ. AG. = Sezione aggregata

SZ. AU. = Sezione Autonoma

U.C.C. = Unità di Terapia Intensiva Cardiologica

U.O. = Unità Operativa

U.S.L. = Unità Sanitaria Locale

UU.SS.LL. = Unità Sanitarie Locali

 

ALLEGATO 1

 

I CONTENUTI DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA REGIONALE E ATTUATIVA DI UNITA'

SANITARIA LOCALE

 

1. FINALITA'

2. IL PRIMO PIANO TRIENNALE 1985-1987

 

1. FINALITA'

     La programmazione sanitaria si raccorda alle scelte fondamentali di carattere territoriale ed economico indicate nel Piano regionale di sviluppo.

     Essa riguarda il complesso degli interventi inerenti il settore sanitario e ne formula pertanto le linee organizzative, precisando in forma dettagliata le norme concernenti gli ambiti individuati dalla legge 833/78.

     Definisce, inoltre, la correlazione con la normativa nazionale in materia, gli aspetti economici e finanziari e in particolare modalità per la ripartizione del Fondo sanitario regionale alle Unità sanitarie locali.

     L'attività di programmazione si intende articolata ai vari livelli di governo (regionale e di Unità sanitaria locale).

     La pianificazione sanitaria viene ad assumere il carattere di processo continuo partecipato e formalizzato sul piano istituzionale articolato in indicazioni di indirizzo e normative, esteso a tutto l'arco degli interventi sanitari e strettamente raccordato alla pianificazione territoriale e dello sviluppo economico.

     Le finalità del piano possono essere così elencate;

     1) Definire gli obiettivi di soddisfacimento dei bisogni della popolazione ritenuti prioritari, considerando quanto indicato nel piano nazionale. Stante l'attuale assenza di quest'ultimo i riferimenti di ordine nazionale sono ricavabili dalla legislazione in materia, dagli orientamenti maturati in sede parlamentare e governativa, dai dati epidemiologici.

     2) Procedure all'esame ed alla valutazione della situazione sanitaria e dei suoi nessi sociali, economici e territoriali.

     Tale esame va realizzato secondo una metodologia, che permetta di evidenziare le relazioni che esistono fra i vari aspetti citati e faccia emergere un'immagine complessiva e non settorializzata.

     Maggior rilievo ed approfondimento va riservato agli aspetti del bisogno, della domanda e dell'offerta sanitaria.

     3) Definire un modello organizzativo e funzionale dei servizi sanitari.

     Tale modello costituisce un punto di riferimento per i successivi approfondimenti e per le scelte in merito all'organizzazione e gestione dei servizi.

     Vengono evidenziati obiettivi e compiti dei servizi, nonché le interrelazioni territoriali e funzionali fra servizi diversi, i principi organizzativi e le modalità di esercizio delle attività.

     Il modello è strutturato sulla base dei principi fondamentali espressi dalla legislazione nazionale e regionale e tiene conto delle esigenze di partecipazione degli utenti e di controllo democratico sui Servizi.

     4) Definire una normativa per l'organizzazione, il dimensionamento e la gestione dei servizi.

     Va recuperata la normativa nazionale, adattandola alle specifiche situazioni regionali. I criteri, le norme, le procedure, i protocolli e gli standards che vengono elaborati, a livello regionale, costituiscono le indicazioni normative.

     5) Procedere alla stima dei fabbisogni in termini di risorse.

     Sulla base del modello e della normativa viene effettuata una quantificazione dei fabbisogni per quanto concerne:

     - personale (distinto per tipo e qualifica);

     - strutture edilizie

     - strumentazione.

     Per quanto riguarda il presente piano, questa parte troverà la propria sede di determinazione e valutazione all'interno dei piani attuativi. 6) Determinare i fabbisogni e l'impiego di risorse finanziarie.

     Il livello della spesa sanitaria si raccorda al livello complessivo del reddito nazionale e, in questo senso, la quantità di risorse da impiegare in sanità è «vincolo a priori» degli interventi programmabili.

     E' necessario quindi procedere alla quantificazione del fabbisogno finanziario per la realizzazione degli obiettivi e del modello di sevizio al fine di poter definire e selezionare le priorità d'intervento.

     La determinazione preventiva delle risorse non deve ridursi ad una meccanica applicazione di tassi percentuali, ma avvenire in considerazione dello stato dei servizi e delle prestazioni e del grado di raggiungimento degli obiettivi sanitari dei servizi.

     7) Precisare le priorità d'impiego e allocazione delle risorse.

     Il piano prefigura obiettivi generali il cui raggiungimento non può che avvenire in forma articolata e differenziata nel tempo, compatibilmente con le disponibilità finanziarie, le esigenze tecnico-gestionali, e soprattutto la scala di priorità secondo cui sono classificati i singoli obiettivi.

     Analizzare dunque le problematiche gestionali (modello e normativa) e, più ancora, gli scostamenti fra fabbisogni e disponibilità di risorse, è indispensabile riprendere in esame gli obiettivi di piano, ordinandoli secondo una scala di priorità.

     8) Progettare un sistema informativo sanitario regionale.

     Progettare un sistema informativo significa definire e canali e le procedure di raccolta, trattamento e trasferimento delle informazioni affinché siano disponibili in forma finalizzata, sistematica e continuativa laddove vengono utilizzate.

     Si tratta di un momento fondamentale del processo di pianificazione in termini politici (informazione per il confronto partecipativo e la scelta degli obiettivi) gestionali (informazioni per il controllo e la previsione), formativi (formazione permanente e finalizzata), tecnico/operativi (informazioni per l'erogazione delle prestazioni).

     9) Definire il sistema di controllo, valutazione e adattamento del piano.

     Il Sistema dei controlli deve segnalare: il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio e la compatibilità con i livelli di spesa.

     Il piano sanitario si raccorda alla legislazione regionale in materia sanitaria e in particolare alle leggi quadro sulla delimitazione territoriale e la costituzione delle UU.SS.LL., sulla organizzazione e sulla contabilità delle stesse, che sono elementi di vincolo del presente piano.

     La legislazione normativo-regolamentare concernente le singole funzioni ed i singoli settori viene verificata dal piano sanitario e si procede nel caso, ai necessari adeguamenti.

 

2. IL PRIMO PIANO SANITARIO REGIONALE PER IL TRIENNIO 1985-1987

     Il presente piano sanitario per il triennio 1985-1987 è frutto della rielaborazione della proposta di piano presentata dall'Assessorato regionale per il triennio 1982-1984 e sottoposta ad ampia consultazione con le organizzazioni politiche, sociali, sindacali, professionali e gli enti territoriali.

     Per la rielaborazione del piano si è tenuto conto sia dei risultati delle consultazioni sia dell'evoluzione intervenuta nel frattempo nella legislazione nazionale e regionale, dei rapporti contrattuali e nello stesso dibattito politico-culturale sui temi dell'organizzazione dei servizi e della sanità in generale.

     Poiché questo piano, per il triennio 1985-1987, è il primo che la Regione predispone per il settore, è realistico pensare che esso non possa raggiungere quei livelli di perfezionamento che solo il consolidarsi del metodo programmatico può garantire.

     La procedura di programmazione che si è adottata, si può scomporre in sei fasi:

     A) predisposizione da parte dell'Assessorato di una proposta di piano;

     B) consultazione delle componenti sociali, politiche e professionali e degli enti territoriali sulla proposta;

     C) rielaborazione del piano tenendo conto delle osservazioni ricevute;

     D) approvazione da parte del Consiglio regionale della legge di piano ed entrata in vigore dello stesso;

     E) predisposizione entro 150 giorni dall'entrata in vigore della legge, dei piani attuativi di U.S.L. secondo le modalità con i contenuti di cui all'art. 11 della legge;

     F) approvazione, previa verifica di congruità dei piani attuativi di UU.SS.LL. da parte della Giunta regionale.

     Con l'approvazione della presente legge risultano compiute le fasi A, B, C e D.

     Una simile procedura di programmazione permette da un lato di concretare in forme precise la partecipazione delle categorie e, soprattutto, degli enti territoriali alla predisposizione del piano, salvaguardando per altro l'esigenza di unitarietà, coerenza e controllabilità del piano e delle attività conseguenti da parte della Regione.

     In tal modo il piano viene a configurarsi come processo, cioè come un insieme di procedure che si perfeziona e si modifica nel tempo, qualificandosi via via per effetto del costante e continuo controllo che su di esso esercitano i soggetti che sono chiamati ad intervenire.

     Per la predisposizione dei piani attuativi di U.S.L. già la legge evidenzia l'esigenza che la Regione emani una circolare direttiva contenente la metodologia e l'indicazione dei requisiti qualitativi indispensabili e per la reale efficacia dei piani attuativi e per la conformità fra gli stessi.

     Tale direttiva, che viene predisposta dalla Giunta persegue in particolare una formulazione omogenea dei piani riguardo:

     - la riorganizzazione, il dimensionamento e l'articolazione fra i vari stabilimenti dei servizi e dei reparti ospedalieri;

     - l'organizzazione generale per l'assistenza medico-generica pediatrica e specialistica, con l'attivazione della rete dei distretti e dei poliambulatori;

     - l'organizzazione dei servizi centrali di U.S.L. e dei presidi multizonali;

     - la puntualizzazione su scala territoriale dei progetti-obiettivo;

     - la redazione della pianta organica e dei programmi formativi di riqualificazione;

     - la indicazione degli investimenti nelle strutture edilizie e nelle attrezzature;

     - lo schema di bilancio triennale 1985-1987.

     Attraverso i piani attuativi ci si propone di:

     1) assicurare il necessario ancoraggio territoriale e l'opportuna traduzione operativa nelle realtà locali delle linee di piano regionale;

     2) innescare un processo di programmazione tra Unità sanitaria locale e Regione;

     3) raccordare la funzione programmatoria alla funzione amministrativa e gestionale, che nel concreto significa stabilire un coordinamento fra i due strumenti essenziali di tali funzioni, piano e bilancio.

     La predisposizione del piano attuativo delle UU.SS.LL. è prevista in stretto raccordo alla formulazione del bilancio pluriennale. E' previsto l'aggiornamento annuale del piano in occasione della presentazione del bilancio e conseguentemente alla predisposizione della relazione di U.S.L. relativa all'anno precedente.

     Si tenta così di dare soluzione al problema del raccordo fra programmazione (piano), gestione (bilancio) e controllo (relazione) e sistema informativo ad essa sotteso che rappresenta il nodo critico del funzionamento dell'intera macchina del settore sanitario pubblico.

 

ALLEGATO 2

 

ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA' E DELLE FUNZIONI SANITARIE

 

0. INTRODUZIONE

1. LINEE DI PIANO PER INSIEMI FUNZIONALI

1.1. Premessa

1.2. Ecologia, igiene pubblica e profilassi, medicina legale;

igiene e tutela della salute in luoghi di lavoro

1.3. Assistenza sanitaria di base, specialistica e ospedaliera, e

farmaceutica

1.4. Sanità pubblica veterinaria

1.5. Assistenza sociale

 

2. ARTICOLAZIONE PER LIVELLI FUNZIONALI E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DEI

SERVIZI

2.1. I servizi distrettuali e multidistrettuali

2.2. Il livello centrale dell'Unità sanitaria locale

2.3. Il livello multizonale

2.4. Norme e standard per le funzioni di diagnosi e cura

ospedaliera

2.4.1. Funzioni di diagnosi e cura

2.4.2. Interrelazioni funzionali

2.5. Convenzioni, volontariato e vigilanza

2.6. Rapporti con l'Università

 

INDICE DETTAGLIATO CAP. 2

 

2. ARTICOLAZIONE PER LIVELLI FUNZIONALI E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DEI

SERVIZI

 

2.1. I servizi distrettuali e multidistrettuali

     2.1.1. Attività e servizi distrettuali [2]

     A. Insiemi di funzioni

  1. Igiene pubblica e ambientale; medicinale legale

  2. Assistenza sanitaria

  3. Sanità pubblica veterinaria

  4. Assistenza sociale

  B. Organizzazione e standard di personale

  O. Il distretto

  1. I medici generici

  2. I pediatri

  3. Il personale infermieristico

  4. Collaboratrici familiari

  5. Assistenti sociali

  6. Veterinari e personale veterinario ausiliario

  A. Sanità animale

  B. Controllo igienico-sanitario sulla produzione e commercializzazione

egli alimenti di origine animale

  C. Igiene dell'allevamento e produzioni animali e assistenza zooiatrica

  7. L'assistenza farmaceutica

  8. Il personale amministrativo ed esecutivo

  9. Gli operatori itineranti

     C. Modalità di lavoro

     D. Interrelazioni funzionali con altri servizi

     E. Strutture edilizie e strumentazione

     F. L'assistenza igienico-sanitaria nelle aree occupazionali, scolastiche e nelle località turistiche

     2.1.2.    Attività e servizi multidistrettuali

     A. Insiemi di funzioni

  1. Attività specialistiche ambulatoriali

  2. Attività consultoriali

  3. Attività riabilitativa

  4. Attività di igiene mentale

  5. Attività di sanità pubblica veterinaria

     B. Organizzazione e standard

  1. Attività medico-specialistica ambulatoriale

  2. Consultorio familiare

 

  3. Servizio di riabilitazione e reinserimento

  4. Centro di salute mentale

  5. Servizi di sanità pubblica veterinaria

     C. Fabbisogno complessivo di personale sanitario non medico e ausiliario

     D. Modalità di lavoro

     E. Interrelazioni funzionali con altri servizi

     F. Strutture edilizie e strumentazione

 

2.2. Il livello centrale della Unità sanitaria locale [2]

     A. Insiemi di funzioni

  1. Ecologia, igiene pubblica, profilassi, medicina legale, igiene e

prevenzione della patologia di lavoro

  2. Assistenza sanitaria: di base, specialistica, ospedaliera e

farmaceutica

  3. Sanità pubblica veterinaria

  4. Assistenza sociale

     B. Organizzazione, standard e modalità di lavoro

  1. La funzione direzionale

  2. Funzioni di servizio

     A. Servizio di igiene

     B. Servizio di sicurezza, igiene e medicina del lavoro

     C. Servizi di assistenza sanitaria specialistica e ospedaliera

  1. Presidio ospedaliero e relativi servizi

  2. Servizi di diagnosi strumentale, presidi e servizi poliambulatoriali

zonali

  3. Servizio trasfusionale

  4. Servizio zonale di riabilitazione

  5. Servizio di pronto soccorso, emergenza e trasporto infermi

     D. Attività farmaceutiche

     E. Servizio di sanità pubblica veterinaria

     F. Servizio di assistenza e tutela sociale

     G. Servizio per il trattamento delle tossicodipendenze e l'alcoolismo

     C. Interrelazioni funzionali con altri servizi

     D. Strutture edilizie e strumentazione

     E. I dipartimenti delle Unità sanitarie locali

 

2.3. Il livello multizonale

     A. Individuazione per settori, organizzazione, standard e interrelazioni funzionali

  1. Settore veterinario

  2. Settore ambiente

  3. Settore di assistenza sanitaria

  Assistenza ospedaliera

  Criteri generali di funzionamento e controllo gestionale dei presidi

 

2.4. Norme e standard per le funzioni di diagnosi e cura ospedaliera

     A. Standard regionali

     B. Funzioni di base

     C. Indicazioni per l'organizzazione locale

  TAVOLA I: Moduli organizzativi e ambiti funzionali di riferimento per le

specialità

 

     2.4.1. Funzioni di diagnosi e cura

  1. Accettazione sanitaria e pronto soccorso

  2. Anatomia e istologia patologica

  3. Anestesia e rianimazione

  4. Anestesia e rianimazione con terapia intensiva

  5. Broncoscopia

  6. Cardiochirurgia

  7. Cardiologia

  8. Cardiologia con terapia intensiva cardiologica

  9. Centro antiveleni

  10. Chirurgia generale

  11. Chirurgia maxillo facciale

  12. Chirurgia pediatrica

  13. Chirurgia plastica

  14. Chirurgia toracica

  15. Chirurgia vascolare

  16. Dermatologia

  17. Direzione sanitaria

  18. Diabetologia

  19. Ecografia e diagnostica ultrasonica

  20. Ematologia

  21. Emodinamica

  22. Endocrinologia

  23. Endoscopia

  24. Farmacia

  25. Farmacologia clinica

  26. Fisica sanitaria

  27. Fisiopatologia respiratoria

  28. Gastroenterologia

  29. Geriatria

  30. Immunologia

  31. Laboratorio di analisi

  32. Malattie infettive

  33. Medicina generale

  34. Medicina del lavoro

  35. Medicina legale

  36. Medicina nucleare

  37. Microbiologia

  38. Nefrologia e dialisi

  39. Neonatologia

  40. Neurochirurgia

  41. Neuroradiologia

  42. Neurologia

  43. Neuropsichiatria infantile

  44. Oculistica

  45. Odontostomatologia

  46. Oncologia

  47. Ortopedia e traumatologia

  48. Ostetricia e ginecologia

  49. Otorinolaringoiatria

  50. Patologia neonatale

  51. Pediatria

  52. Pneumologia

  53. Psichiatria

  54. Radiologia

  55. Radioterapia

  56. Reumatologia

  57. Rieducazione, riabilitazione e recupero funzionale

  58. Servizio trasfusionale

  59. Urologia

  60. Virologia

  61. Ex-Centri di medicina sociale

  62. Servizi di bioingegneria

 

     2.4.2. Interrelazioni funzionali

     TAVOLA II: Norme e interrelazioni per le funzioni ospedaliere

     2.5. Convenzioni, volontariato e vigilanza

     2.6. Rapporti con l'Università

 

 

 

INTRODUZIONE

 

     Gli aspetti istituzionali e organizzativi delle Unità Sanitarie Locali, nonché dei distretti, sono già stati definiti dalla legislazione regionale attuativa della legge 833/78. Il piano sanitario, pertanto, individua le modalità di organizzazione dei servizi in termini di funzioni, di elementi spazio temporali, di indicazioni strutturali.

     Partendo da una analisi dei bisogni e delle attuali prestazioni, quali risposte alla domanda di servizio espressa dalla popolazione, si è pervenuti alla definizione di tre livelli funzionali dei servizi sanitari.

     A - servizi distrettuali: che comprendono sia i servizi di base che i più diretti supporti specialistici, essi rispondono ai bisogni frequenti o di media diffusione.

  Questi servizi si collocano a livello distrutturale o interdistrettuale per bacini di popolazione che vanno di regola dai 10 ai 30 mila abitanti;

     B - servizi zonali: che si collocano a livello centrale nella Unità sanitaria e comprendono le funzioni organizzative, le funzioni inerenti il ricovero e altre attività in risposta ai bisogni a limitata diffusione e con un certo grado di complessità tecnico-funzionale;

     C - servizi interzonali e servizi multizonali a rete regionale: che rispondono a bisogni a insorgenza rara e richiedenti interventi di elevata complessità tecnico-funzionale.

     Prima di affrontare l'articolazione per livelli territoriali e funzionali, si considerano i vari insiemi di servizi sanitari.

     Questi insiemi non sono intesi come unità organizzative, ma come complesso di attività e funzioni affini.

     Questo consente di superare una settorializzazione degli interventi, e di ricomporre con una visione unitaria norme e standards di attività.

 

1. LINEE DI PIANO PER INSIEMI FUNZIONALI

 

1.1. Premessa

     Si individuano tre insiemi funzionali sanitari:

     - Ecologia, igiene pubblica profilassi, medicina legale, igiene e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

     - Assistenza sanitaria di base, specialistica, ospedaliera e farmaceutica.

     - Sanità pubblica veterinaria.

     Fra i vari servizi e livelli si deve sviluppare un rapporto di interazione fondato su alcuni elementi essenziali:

     - attribuzione ai servizi di base della funzione di filtro all'uso degli altri servizi e di riferimento unitario ai bisogni sanitari del cittadino;

     - attivazione dell'organizzazione dipartimentale fra i vari servizi;

     - coinvolgimento di tutte le componenti nella definizione degli obiettivi e indirizzi di settore;

     - definizione fra i vari servizi di prassi e protocolli di cura, atti ad assicurare l'omogeneità e continuità d'intervento ed evitare duplicazioni di interventi;

     - unità di coordinamento e indirizzo operativo fra servizi di base e servizi integrativi e fra questi ed i servizi complessi;

     - interscambio e mobilità degli operatori;

     - sviluppo a tutti i livelli di un sistema informativo e interscambio di informazioni fra i vari servizi;

     - organizzazione dell'attività di formazione in forma permanente e ricorrente.

     Si intende in tal modo evitare la cristallizzazione dei servizi in comparti a sé stanti, salvaguardando del resto le esigenze di specializzazione e di funzionalità proprie di alcuni di essi.

     Una fondamentale variabile in questo processo, è rappresentata dagli operatori che costituiscono la risorsa impiegata di gran lunga più rilevante anche come costo economico - gestionale nel settore sanitario.

     Per tale motivo occorre, in attesa di analisi puntuali ed approfondite, indicare alcune linee di fondo della politica del personale e della formazione.

     E' obiettivo primario la valorizzazione e l'ottimazione d'impiego del personale, da attuare anche in relazione ai bisogni sanitari della popolazione, attraverso la programmazione della riconversione, riqualificazione e nuova immissione di operatori.

     Si deve prefissare quantità e tipologia del fabbisogno di personale, per valutare anche le necessità di riqualificazione del personale in servizio.

     Va valutata inoltre la necessità di mobilità degli operatori, e su questo punto è necessario che le varie componenti interessate collaborino fattivamente per raggiungere una soluzione che permetta un impiego delle risorse umane svincolato da rigidità e parcellizzazioni.

     I principi cardine sui quali costituire questo accordo sono:

     - riqualificazione ed aggiornamento permanente del personale;

     - articolazione delle qualifiche secondo livelli reali di professionalità comunque assicurata a tutti gli operatori;

     - modalità di lavoro collegate, pur nella valorizzazione delle singole professionalità;

     - organizzazione dei dipartimenti;

     - mobilità degli operatori fra servizi diversi;

     - interscambiabilità fra ruoli equivalenti in servizi diversi.

     Una mancata realizzazione di queste ultime due condizioni vanificherebbe di fatto ogni sforzo di razionalizzazione del servizio.

     A nulla infatti servirebbe l'abbattimento degli «storici steccati» che, sul piano istituzionale, hanno perpetrato la organizzazione settoriale in circuiti a sé stanti dal sistema sanitario, se, sul piano operativo, permanesse un rapporto rigido fra operatori e singolo servizio.

     L'iscrizione degli operatori nel ruolo unico regionale, modalità più elastiche di lavoro, la sostituzione del concetto di dipendenza funzionale a quello di dipendenza gerarchica, rappresentano dunque presupposti essenziali per un utilizzo più efficace ed una valorizzazione più incisiva del «patrimonio operatori», a tutto beneficio della funzionalità, tecnica ed economica, dei servizi.

     Quanto sopraddetto assume particolare rilevanza anche in rapporto all'obiettivo, in cui questo piano si vuole riconoscere, del graduale spostamento della centralità dell'intervento sanitario dalla cura alla prevenzione, intesa quest'ultima propriamente anche e soprattutto come prevenzione primaria.

 

1.2. Ecologia, igiene pubblica e profilassi, medicina legale, igiene e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

     Appartengono a tale insieme funzionale, che in relazione a quanto suddetto costituisce un riferimento importante per la tendenza che la Regione vuole imprimere all'intervento sanitario, le materie e le funzioni di sanità pubblica ed in particolare:

     - l'igiene del suolo, dell'abitato, dell'aria e delle acque superficiali e profonde;

     - l'igiene, la sicurezza la prevenzione nei luoghi di lavoro;

     - l'igiene degli alimenti e bevande;

     - le attività di controllo su prodotti cosmetici, gas tossici, radiazioni ionizzanti, fitofarmaci;

     - la profilassi delle malattie infettive e diffusive;

     - le certificazioni e i provvedimenti di carattere medico-legale;

     - la polizia mortuaria.

     In base a quanto previsto dall'articolo 9 della legge regionale n. 15 del 23 giugno 1980 all'interno di tale insieme funzionale possono essere previsti uno o più settori con funzioni di servizio e coordinamento in base a specifiche realtà locali. Nel caso venga operata la scelta di prevedere più settori si raccomanda l'adozione di una struttura dipartimentale (dipartimento per la tutela dell'ambiente di vita e di lavoro), per mantenere le necessarie integrazioni all'intero insieme funzionale.

     La serie di funzioni previste per questo insieme dovrà innanzitutto raccordarsi con gli altri interventi sanitari e ricomporsi, in particolare ai livelli organizzativi minori, con i servizi e con gli stessi operatori che svolgono attività di assistenza di base; è solo a livello di Unità sanitaria locale che si collocano unità di servizio autonome.

     Questi interventi si devono strutturare a livello di distretto e di U.S.L. qualificandosi soprattutto sul piano tecnico, con la presenza di competenze interdisciplinari.

     Gli interventi sul territorio di tali servizi avvengono di norma su richiesta degli operatori di base, possono tuttavia avvenire su iniziativa autonoma degli stessi servizi o nell'ambito di programmi predisposti dagli organi di direzione dell'U.S.L., in questi due ultimi casi occorre comunque prevedere il coinvolgimento degli operatori di base.

     I servizi di igiene ambientale si avvalgono per le analisi laboratoristiche necessarie principalmente dai laboratori del Presidio multizonale di prevenzione, per analisi più semplici possono avvalersi o del laboratorio di analisi di zona o di strutture semplici, anche in comune con i servizi di medicina del lavoro.

     Le attività di igiene, sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro si svolgono prevalentemente sulla base di programmi di intervento predisposti dagli organismi di direzione dell'U.S.L. formulati anche in relazione alle informazioni emergenti da apposite mappe dei rischi lavorativi. Altri interventi possono essere previsti su iniziativa autonoma dei servizi, su richieste degli operatori di distretto, su richieste di «terzi» (Regione, altri ordini e istanze sociali).

     Per quanto riguarda le caratteristiche di tali attività si veda anche quanto espresso nello specifico progetto-obiettivo.

     I servizi di igiene, sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro delle U.S.L. si avvalgono per le analisi laboratoristiche e le integrazioni tecnico specialistiche degli appositi laboratori e competenze previste nel presidio multizonale di prevenzione: per analisi più semplici vale quanto già detto per l'igiene ambientale.

     Per quanto concerne l'igiene alimentare occorrerà che tale funzione sia svolta in forma unitaria ed integrata con il settore veterinario [3], puntando sulla ricomposizione di tutte le competenze in materia, attualmente frammentate e nello spirito di lavorare per la tutela del consumatore, il quale deve trovare proprio in questi servizi la più piena soddisfazione del proprio diritto. Anche in questa logica, un necessario coordinamento deve ricercarsi con quanto viene sviluppato nel settore e dell'agricoltura, sia a livello regionale che locale.

     Per la profilassi e il controllo delle malattie infettive occorre distinguere l'attività di coordinamento, consulenza, programmazione e controllo dell'attività profilattica di somministrazione dei vaccini. Mentre infatti quest'ultima, una volta programmata, in particolare per quanto concerne l'età infantile può essere svolta dagli operatori medici e paramedici che assicurano anche l'assistenza diagnostico-curativa e di prevenzione specifica, la prima va attribuita a servizio di igiene pubblica.

     E' a questo servizio che andranno attribuite le mansioni per gli isolamenti, la disinfezione e disinfestazione, le vaccinazioni di tipo particolare, gli immuno-trattamenti, la bonifica dei portatori, e di ogni altro tipo di intervento di profilassi.

     Ovviamente tale servizio potrà svolgere anche le vaccinazioni routinarie qualora lo consigliassero ragioni di opportunità igienica e/o organizzativa. Le funzioni di medicina legale e di polizia mortuaria possono classificarsi, ai fini organizzativi in tre categorie:

     a) funzioni di natura semplice che non richiedono strumentazioni complesse o competenze specifiche;

     b) funzioni di media complessità [4].

     c) funzioni di elevata complessità (in genere ad es. accertamenti collegiali per provvedimenti medico legali).

     Per questa area è necessaria l'integrazione con il Servizio veterinario per quanto riguarda determinate malattie infettive degli animali trasmissibili all'uomo.

     Fatto salve le attività più semplici, che in passato potevano essere svolte dallo stesso medico condotto, le quali, dopo una attenta selezione, potranno essere attribuite al medico di base, come previsto dalla stessa convenzione unica per la medicina generica, per gli atti medico legali significativi è opportuno stabilire precise responsabilità referenti.

     Queste debbono essere individuate a livello distrettuale per le funzioni di cui ai punti a) e b) ed a livello zonale per le funzioni di cui al punto c).

     A cavallo tra questo insieme funzionale e quello successivo dell'Assistenza sanitaria si colloca la tutela sanitaria delle attività sportive, che viene per convenzione qui trattata, per la prevalenza delle attività di accertamento e certificazioni di idoneità. L'art. 14 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 impegna le UU.SS.LL. a provvedere tra l'altro, alla medicina dello sport ed alla tutela sanitaria delle attività sportive.

     Dalla loro costituzione le Unità sanitarie locali sono dunque impegnate, anche in riferimento alla legge 26 ottobre 1971, n. 1099, alle disposizioni in materia e alla legge regionale 62/80, a garantire:

     a) gli interventi di educazione sanitaria relativa alla pratica sportiva;

     b) gli accertamenti e le certificazioni di idoneità generica dei soggetti che praticano o intendono praticare attività fisico-ricreativa;

     c) gli accertamenti e le certificazioni di idoneità generica e di idoneità specifica e psicoattitudinale dei soggetti che praticano o intendono praticare attività sportivo-agonistiche anche in ambito scolastico;

     d) gli accertamenti psicodiagnostici e psicoterapeutici in relazione ai problemi derivanti dalla pratica sportiva;

     e) l'avvio degli atleti ai servizi curativi e riabilitativi;

     f) l'effettuazione degli accertamenti antidoping nei casi e nelle modalità previste dalla normativa vigente;

     g) l'assistenza ed il controllo medico, d'intesa con il C.O.N.I. e con le federazioni medico-sportive, per le competizioni sportive per le quali essi sono previsti dalla normativa vigente.

     La certificazione di idoneità generica e specifica per la pratica sportiva, viene rilasciata a seguito delle visite e degli esami previsti dalla normativa vigente e dalle singole federazioni sportive, d'intesa con la Federazione medici sportivi italiani ed il Comitato olimpico nazionale italiano.

     Per quanto attiene l'organizzazione dei servizi per la medicina sportiva, in questo triennio di operatività della legge di piano, si prevede quanto segue:

     - Gli accertamenti e le certificazioni di idoneità generica alle attività fisico-ricreative e sportive-agonistiche e le vaccinazioni antitetaniche obbligatorie per lo svolgimento di attività sportive sono svolti dai medici generici e pediatrici di base presso gli ambulatori ove prestano servizio. Le stesse prestazioni possono essere erogate per le attività sportive in ambito scolastico dai medici che svolgono in tale sede la loro attività. E' fatta salva la facoltà del medico di base di richiedere, in caso di dubbio, gli opportuni esami e indagini di accertamento presso i servizi poliambulatoriali delle Unità sanitarie locali.

     - Gli accertamenti iniziali e periodici e le certificazioni di idoneità specifica per i soggetti che praticano o intendono praticare attività agonistica sono rilasciati dal medico coordinatore di distretto il quale provvede in via preliminare a compiere e far compiere tutte le indagini e gli esami specialistici necessari, avvalendosi delle strutture specialistiche poliambulatoriali della U.S.L. e preferenzialmente dei sanitari convenzionati o dipendenti in possesso di specifica qualificazione in campo medico sportivo. E' fatta salva la facoltà del medico di distretto di richiedere, in caso di dubbio, la consulenza dei centri di medicina sportiva specializzati, degli istituti universitari convenzionati e dei centri convenzionati specializzati del Comitato olimpico nazionale italiano.

     - Per le attività di alta specialità in campo medico-sportivo, la consulenza ai servizi delle Unità sanitarie locali, la collaborazione per l'effettuazione dei controlli antidoping, l'elaborazione di linee di intervento nel campo medico-sportivo e dell'educazione sanitaria ad esso connessa, le singole UU.SS.LL. si convenzionano con il Centro di Medicina dello Sport di Trieste e con l'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Trieste.

     Particolare specifica attività di consulenza potrà esser svolta dalla Scuola di specialità in medicina sportiva dell'Università di Trieste.

 

1.3. Assistenza sanitaria di base, specialistica, ospedaliera e

farmaceutica

     Questo comparto assume, in termini quantitativi, un peso predominante, vi appartengono infatti tutte le funzioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione rivolte direttamente alla persona, con l'esclusione della profilassi delle malattie infettive, già trattata in precedenza.

     In questo settore è collocata anche l'attività di ricovero ospedaliero, che, data la sua rilevanza quantitativa ed economica merita uno specifico esame approfondito.

     L'insieme delle prestazioni sanitarie che sono proprie di queste funzioni deve, per raggiungere l'obiettivo della promozione delle condizioni di salute della popolazione, orientarsi coerentemente al quadro epidemiologico del bisogno sanitario.

     L'organizzazione di un coerente ed efficace sistema informativo, specifico, dovrà assicurare agli operatori il sistematico aggiornamento dei dati epidemiologici e di patologia.

     Alcune linee programmatiche sono costanti per tutte le specialità e quindi omogenea è la rete dei servizi e degli operatori

     Il punto di partenza è dato dalla ricomposizione e dal decentramento delle funzioni che verrà specificatamente trattato nella successiva analisi dell'articolazione funzionale e territoriale dei servizi.

     Si ritiene che i cittadini debbano poter disporre dei servizi per i bisogni diffusi e frequenti nella forma più capillare possibile e debbono poter contare su di un preciso referente per tutta la gamma delle prestazioni sanitarie anche quelle a complessità elevate e a diffusione limitata.

     E' dunque a livello di base che occorre organizzare un'offerta sanitaria a valenza generale (preventiva, curativa e riabilitativa) ed esaustiva delle prestazioni più diffuse e rilevanti (medico-generiche, pediatriche, infermieristiche, odontoiatriche, farmaceutiche, di educazione sanitaria); nel contempo il nucleo di questi operatori di base deve costituire il riferimento sanitario complessivo per tutti i bisogni del cittadino, e svolgere funzioni di filtro per l'utilizzo dei servizi di livello più elevato, assicurando la continuità di cura nei confronti del singolo.

     E' infatti scontato che tutte le prestazioni sanitarie necessarie non possono essere assicurate da questi servizi di primo livello, per quanto venga amplificata la loro capacità d'intervento.

     Ragioni tecnico-economiche, di specializzazione professionale, di limitata frequenza ed estensione di alcuni bisogni richiedono momenti ed articolazioni funzionali più centralizzate.

     Alcune funzioni integrative a quelle di base verranno comunque collocate a livello distrettuale e interdistrettuale, mentre funzioni di alta specialità e complessità tecnica sono proprie del livello zonale o multizonale.

     Le funzioni integrative concernono le prestazioni ambulatoriali delle specialità più diffuse, le prestazioni consultoriali pediatriche e per la famiglia, la prevenzione della salute mentale sul territorio, le principali attività diagnostiche di prevenzione secondaria.

     Si tratta cioè dell'offerta di servizi sanitari rispondenti a bisogni ad insorgenza frequente ed estensione diffusa che non richiedano livelli troppo elevati di complessità tecnologica. Queste attività si potranno svolgere a seconda delle esigenze specifiche del territorio, in forma fissa o itinerante.

     Le funzioni specialistiche, ad alta od elevata complessità tecnologica, devono trovare una loro collocazione territoriale più graduata.

     Rispetto alle precedenti hanno una maggior strutturazione in termini organizzativi, edilizi, tecnologici e professionali.

     Appartengono a queste funzioni le prestazioni diagnostiche complesse, il ricovero ospedaliero, le prestazioni ambulatoriali ad alta specializzazione.

     Si deve comunque ribadire che questa articolazione per livelli dei servizi di assistenza sanitaria non deve far dimenticare, anche nei modelli di organizzazione, un loro stretto legame che deve garantire una visione unificata e complessiva degli aspetti preventivi, curativi e riabilitativi.

     Per chiarezza d'esposizione vengono definite di seguito le linee di indirizzo suddividendo l'area funzionale in alcuni sottosettori:

     A. Diagnosi e cura

     - assistenza sanitaria di base;

     - assistenza specialistica ambulatoriale e domiciliare;

     - assistenza specialistica in ambito ospedaliero

     B. Riabilitazione e recupero funzionale

     C. Assistenza farmaceutica.

 

A. Diagnosi e cura

     1) Assistenza sanitaria di base.

     La medicina di base generale e pediatrica deve essere svolta nella forma più capillarizzata possibile e valorizzata in modo da divenire il riferimento unitario e complessivo per tutti i bisogni di prima istanza dei cittadini. In particolare si sottolineano i seguenti punti:

     - interdisciplinarietà negli interventi e lavoro collegiale degli operatori nell'ambito del distretto;

     - regolamentazione nei rapporti con i medici di base (applicazione convenzione unica nazionale);

     - riqualificazione degli infermieri e tecnici operanti sul territorio e nel distretto;

     - definizione delle caratteristiche di stabilità e continuità dei servizi di base nei distretti, con residenzialità di alcune figure professionali;

     - centralità di queste funzioni, anche rispetto agli interventi più complessi, e quindi stretto coordinamento con gli operatori e i servizi di livello superiore.

     2) Assistenza specialistica ambulatoriale.

     Alla assistenza specialistica poliambulatoriale competono essenzialmente tre ruoli:

supporto alla assistenza sanitaria di base;

     - strumento di selezione della domanda di ricovero, finalizzata alla riduzione dello stesso;

     - raccordo per gli interventi post-ospedalieri (continuità di cura).

     Ciò comporta lo svolgimento di attività quali:

     - consulenza specialistica a carattere diagnostico e terapeutico;

     - analisi di laboratorio, esami radiologici ed esami diagnostico strumentali;

     - pronto intervento e piccola chirurgia;

     - prestazioni riabilitative.

     In ragione della complessità tecnica degli interventi, e considerando anche aspetti di economia gestionale, la localizzazione delle diverse attività viene individuata o in strutture poliambulatoriali non ospedaliere o nell'ambito dei presidi ospedalieri.

     In particolare, per quanto concerne le attività svolte dal laboratorio analisi, che rivestono una importanza notevole per tutto il sistema sanitario, occorre distinguere i prelievi di campioni d'esame, che vanno il più possibile decentrati, dalla attività di laboratorio vera e propria, che viene di norma effettuata in sedi specializzate ed adeguatamente attrezzate.

     Vanno pertanto rispettati i seguenti principi:

     - In ogni U.S.L. deve essere previsto un Servizio di laboratorio analisi, atto a soddisfare tutte le richieste di più diffuso utilizzo. (Fanno quindi eccezione gli esami radioimmunologici, ormonali, urologici, di citogenetica che possano avere una collocazione in alcuni laboratori regionali di riferimento).

     - Il servizio laboratorio analisi dei presidi ospedalieri, va utilizzato anche per le esigenze territoriali, considerando la notevole capacità tecnico-professionale di questa struttura.

     - I laboratori esistenti (ospedalieri, dei servizi poliambulatoriali, privati) vanno utilizzati in una logica di stretta integrazione, che consenta economie sia per esami routinari che per analisi complesse e costose.

     - L'automazione nell'esecuzione degli esami e soprattutto nell'organizzazione procedurale e burocratica del lavoro, va generalizzata.

     - Il controllo di qualità va garantito in modo omogeneo e verificabile anche al fine di evitare duplicazioni di analisi.

     - Il controllo di gestione va potenziato, anche attraverso la definizione di procedure e protocolli, finalizzati alla omogeneizzazione delle analisi, alla standardizzazione dei risultati e alla limitazione degli esami.

     A principi analoghi deve ispirarsi l'organizzazione della radiodiagnostica la quale tuttavia data la sua interdisciplinarietà e complessità tecnologica, si colloca nei servizi dei presidi ospedalieri.

     Attrezzature radiologiche per esami semplici possono essere previste nei presidi poliambulatoriali più importanti per bacino d'utenza o collocazione geografica decentrata.

     Solamente ospedaliera rimane invece la radioterapia e il servizio di medicina nucleare.

     La qualificazione del personale e un utilizzo migliore delle risorse professionali richiedono una interscambiabilità e integrazione fra operatori ospedalieri e ambulatoriali. Pertanto in ogni U.S.L. gli specialisti devono operare nell'ambito di tutte le strutture nelle quali l'attività viene svolta.

     Gli operatori di base restano comunque il primo riferimento per l'utenza, data la continuità del rapporto, e quindi le richieste per gli interventi specialistici, così come previsto dall'attuale normativa, devono essere di loro competenza (ad eccezione delle prestazioni previste ad accesso diretto).

     Anche nell'ambito degli interventi specialistici del lavoro degli operatori si ispira al metodo collegiale e interdisciplinare, anche quando gli stessi dipendono gerarchicamente dai servizi settoriali.

     3) Assistenza in ambito ospedaliero

     L'ospedale ha sempre svolto un ruolo importante e sostanziale nel sistema sanitario.

     La quasi totale inesistenza di una struttura in grado di operare da filtro alla ospedalizzazione, conseguente alla incapacità del sistema di dare giusto peso agli interventi preventivi, riabilitativi e sociali nel territorio, ha di fatto lasciato all'ospedale il compito di rispondere quasi da solo al bisogno sanitario.

     Questa visione culturale e organizzativa non poteva però non essere messa in crisi, non foss'altro sul piano quantitativo delle risorse impiegate, e, sul piano concettuale, dalla evoluzione dei concetti di prevenzione, cura e riabilitazione, sempre più intesi come parti di una unica risposta da dare al bisogno.

     L'ospedale rimane così luogo privilegiato di erogazione di servizi sanitari che per la loro complessità tecnica non possono essere svolti da altri presidi, in particolare per il trattamento dei malati acuti.

     Esso può intervenire a completamento e sostegno dell'azione preventiva e del processo di riabilitazione e di reinserimento sociale. L'ospedale inoltre contribuisce alla formazione della conoscenza del quadro epidemiologico e nosologico del territorio e partecipa con tutti gli altri presidi sanitari alle attività di formazione e di aggiornamento permanente degli operatori socio-sanitari ed alla ricerca scientifica, nonché all'educazione sanitaria dei cittadini.

     Ne deriva la visione dell'ospedale come uno dei servizi del territorio, quindi la sua integrazione con tutti gli altri servizi socio- sanitari, in quanto ad essi intimamente legato sia sul piano operativo e tecnico, sia su quello politico-programmatorio dell'intervento.

     L'ospedale, come insieme complesso delle prestazioni prima identificate, prefigura una operatività sua propria, tale da garantire nel migliore dei modi la continuità gestionale, ma in quanto servizio deputato a fornire una specifica risposta al più ampio bisogno sanitario, deve armonizzare i propri indirizzi con quelli di tutto il sistema territoriale delle prestazioni e dei servizi sociali e sanitari.

     La piena integrazione nell'U.S.L. dei servizi ospedalieri è condizione indispensabile affinché possa essere attuata, per il settore sanitario, la riconciliazione tra il potere decisionale e la direzione operativa, tra i bisogni e le stesse modalità operative di soddisfazione degli stessi, tra le risorse impiegate e l'efficacia/efficienza del loro uso.

 

La distribuzione territoriale a rete.

     Il presidio ospedaliero, non più istituzionale bensì insieme organico di servizi e prestazioni, si viene a connotare più precisamente come una modalità specifica di risposta ai bisogni, e come funzione che deve essere garantita, alla pari delle altre, ad un determinato territorio.

     Un insieme organico di prestazioni ospedaliere deve essere garantito a ciascuna unità locale; si tratta delle funzioni minime e generalizzabili (funzioni di base), le quali, integrandosi nel territorio con tutte le altre funzioni extraospedaliere di assistenza, diagnosi, cura domiciliare, riabilitazione ed educazione sanitaria, concorrono a garantire, senza soluzione di continuità, la risposta al bisogno dei cittadini.

     L'attività ospedaliera si completa attraverso l'offerta, oltre alle funzioni di base di quelle prestazioni più complesse e specialistiche, per le quali è utile tener conto della esistenza di fattori di scala, laddove si vogliano rispettare esigenze di economicità oltre che di efficacia dell'intervento.

     Sono identificabili per dette funzioni bacini di utenza più ampi di quelli adottati per le funzioni di base, pur tenendo presente che:

     - va valutata l'efficacia di un intervento (capacità di incidere positivamente sullo stato di salute del cittadino); oltre quindi ad una efficienza funzionale (coesistenza di funzioni e servizi per meglio svolgere le proprie attività) deve essere perseguita anche l'eguaglianza all'accesso alla erogazione della prestazione, oltre ad un uso corretto delle risorse in rapporto agli obiettivi;

     - si deve evitare che i servizi specialistici a bacino di utenza più ampio siano concentrati in un solo ospedale.

     Si viene in tal modo a configurare un modello distributivo regionale a rete le cui caratteristiche principali sono:

     - funzioni generali di base uniche per ciascuna zona (U.S.L.) che di per sé configurano un presidio ospedaliero di base;

     - funzioni specialistiche che si aggiungono, secondo funzionalità ed economicità sociale, alle funzioni di base che devono peraltro essere assicurate anche alle zone in cui non sono previste attraverso strumenti di convenzione, comunque di raccordo operativo;

     - organizzazione in rete di tutti quei servizi che operano a maggior contatto con il territorio (trasporto infermi, servizi emotrasfusionali, dipartimenti di emergenza, servizi diagnostici rivolti all'utenza territoriale, ecc.).

     Perseguire il raggiungimento di questi obiettivi, che di fatto superano le classificazioni a suo tempo indicate dalla legislazione ospedaliera, porta anche a prevedere l'integrazione e l'accorpamento dei servizi esistenti per giungere alla costituzione di un unico servizio ospedaliero (Ospedale Unico) per ogni zona articolato su più sedi ove necessario, secondo la legge regionale 15/80.

     Le funzioni che vanno previste in questo Servizio ospedaliero con attività anche non degenziali, ma comunque di intervento specialistico intra ed extraospedaliero, sono le seguenti; medicina generale, chirurgia generale, pediatria, ostetricia e ginecologia, anestesia e rianimazione, laboratorio di analisi, radiologia, farmacia, pronto soccorso, ortopedia e traumatologia, recupero e rieducazione funzionale, oculistica, otorino, odontostomatologia, cardiologia, neurologia.

     L'integrazione va associata a breve scadenza con l'accorpamento, in coerenza con gli obiettivi generali non solo della riduzione graduale dei posti letto e del risparmio delle risorse impiegate, ma anche del riequilibrio territoriale intraregionale delle disponibilità ospedaliere.

     Anche nell'ambito degli interventi specialistici il lavoro degli operatori si ispira la metodo collegiale e interdisciplinare, anche quando gli stessi dipendono gerarchicamente dai servizi settoriali.

     Quest'ultimo obiettivo, a sua volta, non deve essere perseguito in termini assoluti e settoriali, bensì in rapporto all'ottica più globale, di integrazione delle disponibilità ospedaliere con le dotazioni di servizi di base e specialistici esistenti o da creare nei territori considerati.

     In questo senso vengono sviluppate le indicazioni normative relative al settore ospedaliero più avanti fornite.

 

Gli aspetti organizzativi della funzione ospedaliera

     Oltre alla riduzione dei posti-letto, finalizzata al riequilibrio territoriale delle risorse intra ed extraospedaliere complessivamente disponibili, ci si pone l'obiettivo della riqualificazione della funzione ospedaliera.

     Ciò richiede che si definisca un modello organizzativo di riferimento, che sappia favorire l'indispensabile ricomposizione a livello sanitario e amministrativo - gestionale delle funzioni ospedaliere.

     Come è noto l'intervento medico è particolarmente settoralizzato nell'ospedale, per la coincidenza di ambiti organici di conoscenza medica, sempre più numerosi nel tempo, con moduli organizzativi rigidamente indipendenti (divisioni e servizi).

     Si definiscono, quindi, obiettivi di ricomposizione funzionale e organizzativa, in coerenza anche con la legge 833 di riforma, che all'art. 17 prevede una sostanziale revisione dei precedenti modelli.

     Pertanto si prevede l'istituzione di dipartimenti o l'unificazione organizzata di più funzioni, nel passato considerate indipendenti.

     Le branche specialistiche, hanno una loro logica di ricerca e approfondimento conoscitivo e di sviluppo di nuovi interventi diagnostico- curativi, ma si deve eliminare una artificiosa pletora di diverse risposte organizzative, che settorializzano eccessivamente alcune specialità, spesso senza il riscontro di un miglioramento qualitativo degli interventi.

     La linea, definita dal presente piano, prevede di individuare servizi autonomi con posti letto al posto di divisioni sottoutilizzate e di istituire dipartimenti, intra ed extra ospedalieri, per poter articolare e integrare attività sanitarie affini e complementari.

     Integrazione e ricomposizione sono i principi di fondo che ispira la organizzazione ospedaliera e trovano nel dipartimento lo strumento attualmente più idoneo alla loro realizzazione.

     L'interpretazione più efficace del dipartimento è quella che lo configura come modalità organizzata di tipo orizzontale, secondo la quale sono da comprendere, rispetto ad una determinata area-obiettivo di intervento, tutti i servizi e funzioni sanitarie siano esse ospedaliere che territoriali.

     Questa definizione non è in contrasto con quella che configura il dipartimento secondo modalità organizzative di tipo verticale (aggregazione tecnico-funzionale), purché quest'ultima sia organica rispetto alla dipartimentazione orizzontale.

     Il concetto di dipartimento può venire applicato anche alla dimensione intraospedaliera, con collegamenti fra diversi stabilimenti.

     In questo triennio, poiché non è certo prevedibile realizzare con facilità queste nuove modalità organizzative, il piano individua sia a livello intraospedaliero che extraospedaliero solo alcuni dipartimenti, così come precisato a pag. S 198/89 al punto E.

     E' utile ricordare come questa organizzazione dipartimentale può avere diverse modalità di aggregazione dei servizi sanitari, e cioè:

     - il modello «per intensità di cura»: risponde alle necessità di articolare la funzionalità in rapporto alla diversa gradualità dell'intervento. Al dipartimento di emergenza (pronta diagnosi, accettazione e pronto soccorso pronto intervento) si contrapporrebbe idealmente (non funzionalmente) il dipartimento della degenza. Nella realtà si assiste ad una articolazione funzionale che si muove tra i due estremi dell'emergenza/urgenza e dell'assistenza in ragione di ricovero.

     - Il modello per «integrazione funzionale fisio-patologica»: basato sullo stesso principio organicistico, oggi adottato dalle divisioni, ma in forma meno esasperata e polverizzata.

Tale aggregazione si pone l'obiettivo di unificare specialità d'organo che rispondono a precisi modelli interpretativi del funzionamento e della patologia correlata.

Si andrebbe in tal modo anche al di là dei legami minimi funzionali obbligati (ad esempio fra emodinamica - cardiologia - cardiochirurgia) muovendosi idealmente già verso un modello più amplo.

     - Il modello «matriciale»: risponde a quelle forme di aggregazione tra specialità secondo modelli di comportamento non necessariamente formalizzati in protocolli. Lascia flessibilità al sistema all'interno di vaste aree funzionali (emergenza e pronto soccorso, area di medicina e area chirurgica), al fine di costituire veri e propri piani di cura o iter del paziente nell'ospedale per determinate classi di diagnosi.

     In tal modo è possibile confrontare iter e procedimenti simili per diversi pazienti o tipologie significative.

     Associando a tale matrice delle variabili tecniche di trasformazione, quali le degenze o i costi unitari, si può ipotizzare nel tempo un controllo maggiore del servizio offerto.

     I limiti delle esperienze concrete non consentono di stabilire a priori il modello ottimale.

     Ogni U.S.L. può quindi decidere quello ritenuto più adatto alla propria realtà.

     Dal canto suo la Regione predisporrà sedi più opportune di sperimentazione controllata per fornire linee programmatiche, riferimenti metodologici e strumenti necessari in questo specifico campo.

     Si individua di seguito un modello che ciascuna U.S.L. deve realizzare almeno entro la fine del triennio come organizzazione della funzione ospedaliera.

     Tale modello trova il proprio riferimento concettuale nella definizione dell'ospedale con insiemi di funzioni sanitarie che, per complessità e intensità di intervento, non possono essere esplicate in altre forme alternative.

     Si individuano l'insieme delle funzioni «esterne», l'insieme delle funzioni «filtro» e l'insieme delle funzioni di «diagnosi e cura».

     Funzioni «esterne»: funzioni non propriamente ospedaliere ma che possono essere svolte utilizzando le risorse degli ospedali.

     Appartengono a questa categoria: il day-hospital, il trasporto infermi (gestione diretta o in convenzione dei mezzi mobili e coordinamento del trasporto sanitario non di emergenza), il servizio trasfusionale (controllo sanitario dei donatori; raccolta e distribuzione sangue), il poliambulatorio (laddove siano impiegate le strutture ospedaliere esse potranno agire anche per il proprio livello distrettuale).

     La collocazione di tali funzioni nell'ospedale deriva da due esigenze:

     a) quella propria della struttura ospedaliera che deve gestire queste attività, al fine di una razionalizzazione degli interventi. In particolare per le attività poliambulatoriali, oltre a valutazioni di economicità gestionale, e rilevante il ruolo di intervento pre e post ricovero, che certamente può ottenere una riduzione della durata della degenza oltre che garantire un continuo, diagnostico e terapeutico a volte essenziale.

     Questi interventi che non sono supplettivi delle attività proprie del territorio in particolare della medicina di base, ma integrativi alle stesse, devono essere adeguatamente coordinati con i mezzi esterni, sia per ragioni funzionali (ad es. rapporto fra accettazioni sanitarie e trasporto infermi) che per rispetto dei relativi ruoli operativi (integrazione e non concorrenzialità fra servizi sanitari).

     b) quella di supplenza a funzioni territoriali, sia per una tradizione di interventi ospedalieri, assunti dalla struttura ospedaliera, sia per una obiettiva necessità di concentrare interventi e capacità tecniche e di collegarli strettamente all'area di degenza.

 

Funzioni «filtro».

     Pronto soccorso, accettazione sanitaria, e forme organizzative più complesse: di partimento d'emergenza vero e proprio o dipartimento di livello intermedio. Come specificato nell'allegato «Organizzazione regionale della rete di emergenza» a seconda dei differenti livelli.

     Deve garantire una adeguata risposta all'emergenza, verificare l'opportunità del ricovero (filtro dell'entrata) e stabilire in prima istanza il piano delle cure (programma di cure).

     Il «filtro» potrà caratterizzarsi nel senso più proprio, della accettazione arricchita dalla pronta diagnosi, del controllo delle disponibilità reali dei posti letto e della programmazione della loro occupazione più efficiente in rapporto alle esigenze del paziente.

     Sia che il sottosistema operi per far fronte all'emergenza, sia per salvaguardare l'uso più appropriato delle funzioni ospedaliere, esso comporta una organizzazione dipartimentale non solo di natura intraospedaliera, ma estesa al territorio.

 

Funzioni di «diagnosi e cura»:

     Comprendono le già citate funzioni specialistiche che devono essere previste in ogni Unità sanitaria locale.

     La presenza obbligata e contemporanea di queste funzioni determina la composizione qualitativa dell'ospedale di base e la dotazione di posti letto tenuto conto delle indicazioni appresso fornite.

     Ad esse si aggiungono le attività più specialistiche distribuite secondo i criteri di seguito indicati.

 

B) Riabilitazione e recupero funzionale

     La riabilitazione va potenziata e riqualificata secondo l'ottica di considerarla un intervento di tipo preventivo in quanto tesa ad evitare il cronicizzarsi della malattia e le sue conseguenze invalidanti. Essa è dunque una attività fondamentale, presente a tutti i livelli dell'organizzazione e per tutte le fasce di età.

     L'attività riabilitativa può svolgersi, a seconda della complessità e intensità delle prestazioni in quattro differenti modalità:

     - domiciliare (prestazioni semplici e continuative);

     - ambulatoriale per prestazioni complesse che non richiedono il ricovero;

     - ambulatoriale in strutture anche in grado di permettere la permanenza diurna degli utenti nel centro riabilitativo;

     - degenza ospedaliera in fase acuta o in strutture tutelari per lungodegenza per attività che richiedono o particolare qualificazione del personale o elevata complessità delle apparecchiature o ancora per situazioni di grave menomazione

dei soggetti da riabilitare.

     In ogni caso i principali orientamenti che devono essere tenuti presenti sono:

     - stretta connessione dell'attività riabilitativa con le altre attività sanitarie e soprattutto sociali e quindi non settorializzazione delle strutture riabilitative ma recupero di spazi per questa funzione in strutture polivalenti;

     - finalizzazione di tutti gli interventi ad un reale recupero fisico, relazionale e sociale dell'individuo e conseguente tendenza a mantenerlo nel proprio ambiente di vita, relegandone a casi estremi il ricovero;

     - valorizzazione del ruolo attivo del soggetto da riabilitare e della famiglia nell'attività terapeutica attraverso l'educazione sanitaria.

 

C) Assistenza farmaceutica

     Consiste nella distribuzione diretta, nel controllo dell'attività di distribuzione del farmaco, nella consulenza farmaceutica, nella informazione ed educazione sull'uso dei farmaci, agli utenti e agli operatori dei servizi. Trattasi dunque di funzione che va organizzata a cura del settore preposto alle attività farmaceutiche, in forma il più possibile decentrata ai livelli territoriali di base, attraverso la rete delle farmacie pubbliche e private e dei dispensari farmaceutici e nell'ambito dei presidi ospedalieri anche in forma autonoma attraverso il servizio di farmacia interna.

 

1.4. Sanità pubblica veterinaria

     Il servizio veterinario deve programmare, vigilare, controllare tutte le attività connesse con:

     1) sanità animale;

     2) salubrità degli alimenti di origine animale;

     3) controllo del corretto rapporto uomo-animale-ambiente.

     Le prime due funzioni operano a salvaguardia e controllo degli aspetti tradizionali del ruolo delle popolazioni animali, come:

     a) fonte di reddito (primario per le popolazioni rurali);

     b) serbatoio di agenti e di malattie zoonosiche;

     c) fonte di alimenti.

     La terza funzione riguarda il ruolo che l'animale è venuto assumendo nel contesto di una società che in ambito rurale e soprattutto urbano va via via sviluppandosi secondo un modello post-industriale.

     L'animale, in un processo di tutela della salute umana visto in termini di intervento globale e centrato sulla prevenzione, può assumere un ruolo importante per:

     1) l'identificazione e quantificazione di una serie di fattori di rischio per la salute umana (oltre quelli zoonosici e derivanti da infezioni-intossicazioni di origine alimentare);

     2) definizione e verifica delle metodologie di interventi sanitari;

     3) valutazione dello stato di salute anche delle popolazioni umane.

     In conclusione, ai Servizi veterinari compete: la responsabilità della programmazione, vigilanza e controllo di tutte le attività di prevenzione e cura relative alla salute animale, per ridurre o eliminare i fattori di rischio e di danno per l'uomo; la vigilanza e il controllo di tutte le attività, siano esse di natura pubblica o privatistica, che riguardano la produttività ed il benessere dell'animale in senso lato, per quanto queste ultime incidono sul benessere socio-economico della popolazione umana.

     La legge 23 dicembre 1978 n. 833 non modifica sostanzialmente le funzioni del Servizio veterinario pubblico.

     Questo appare naturale considerando come la attività veterinaria pubblica è sempre stata storicamente caratterizzata da un alto contenuto di carattere preventivo primario in relazione alla salute e benessere animale e di conseguenza alla salute e benessere della popolazione umana.

     Ciò che la legge n. 833 apporta di nuovo e di sostanziale è da un lato l'aggiornamento di alcune funzioni del servizio che sono dettate dalle mutate condizioni socio-economiche del Paese in generale e del comparto zootecnico e sanitario, in particolare (ad esempio le nuove tecnologie produttive zootecniche, le modificazioni della distribuzione della popolazione umana sul territorio, la rete e le tecnologie dei trasporti), dall'altro essa (e i decreti che da essa emanano) modifica la figura e professionale del veterinario e in parallelo l'oggetto organizzativo del servizio, accentuando le funzioni di carattere preventivo del servizio, che diventano in pratica le uniche funzioni del servizio veterinario pubblico.

     Il servizio veterinario è chiamato a svolgere queste azioni sia in modo operativo diretto (ad esempio: ispezione degli alimenti) sia con funzioni di vigilanza e controllo su attività di carattere operativo svolte da veterinari operanti in regime privatistico (ad esempio la vigilanza sull'esecuzione dei piani di profilassi delle malattie degli animali gestite da associazioni o enti privati), oppure in impianti o esercizi che commercializzano prodotti di origine animale o destinati al consumo animale (per esempio: esercizi di vendita di prodotti di origine animale; mangimifici).

     Alle attività di vigilanza e controllo sono legate funzioni di polizia sanitaria quali quelle delle autorizzazioni, certificazioni e provvedimenti obbligatori o facoltativi, che in sostanza erano già di competenza degli uffici di veterinari comunali e provinciali.

     Con il D.P.R. 761/1979 si individua un nuovo assetto funzionario del servizio veterinario.

     L'art. 17 - prevede che gli operatori veterinari vengano collocati in due distinte aree funzionali e di conseguenza si individuano la figura dei veterinari specialisti:

     1) in sanità animale, igiene dell'allevamento e delle produzioni animali;

     2) in igiene della produzione e commercializzazione degli alimenti di origine animale.

     Questa specializzazione della figura dell'operatore veterinario pubblico preconizza chiaramente la necessità di scomporre la attività veterinaria in almeno due aree funzionali distinte anche se complementari, che superano in modo definitivo la realtà operativa della condotta veterinaria.

     Con la legge regionale 43/1981 la Regione Friuli-Venezia Giulia ha individuato all'art. 12 quattro distinti ambiti operativi ricomponendo i quali secondo le aree di cui al D.P.R 761/79 si organizza il servizio veterinario a livello di Unità sanitaria locale.

 

Sanità animale:

     - per la profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali e delle zoonosi;

     - per programmi di bonifica sanitaria e di eradicazione delle malattie di interesse antropozoonosico e zoosanitario;

     - per i servizi diagnostici, accertamenti e certificazioni nel campo della sanità animale.

     Le attività di profilassi possono essere distinte in 3 gruppi:

     1) quelle nei confronti delle malattie denunciabili, secondo il regolamento di polizia veterinaria e che sono oggetto di piani di profilassi obbligatoria derivanti da legge a carattere nazionale;

     2) quelle nei confronti delle malattie denunciabili che non sono oggetto di piani di profilassi obbligatoria;

     3) quelle che non sono denunciabili.

     Fermo restando che la profilassi nei confronti di tutte le malattie infettive è compito di istituto del servizio veterinario nazionale le modalità operative di intervento saranno diverse.

     Nel primo caso, infatti le attività da svolgere e le risorse economico-finanziarie disponibili sono chiaramente e obbligatoriamente definite da leggi e regolamenti a carattere nazionale e/o comunitario. Per l'effettuazione di queste attività si può prevedere l'utilizzo di personale anche non dipendente solo qualora non vi si possa provvedere con personale dipendente.

     In caso di utilizzo di personale dipendente, a questo dovranno essere forniti idonei mezzi per l'espletamento del servizio secondo modalità che verranno regolamentate a livello regionale.

     La responsabilità del coordinamento e della vigilanza sull'esecuzione dell'attività è in ogni caso del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale.

     Nel secondo e terzo caso si tratta di attività che possono essere organizzate secondo modalità operative non vincolate da leggi e regolamenti nazionali e/o comunitari e che non debbano prevedere, in linea di massima, l'utilizzo di personale non dipendente. In questi casi, fatto salvo quanto previsto dal Regolamento di polizia veterinaria, il Servizio veterinario potrà intervenire attraverso gli operatori dell'ambito operativo Sanità animale, attività di sorveglianza epidemiologica. All'uopo appare necessario attivare un sistema di sorveglianza delle malattie infettive animali; dello stato igienico sanitario delle popolazioni animali, degli alimenti di origine animale, dell'equilibrio uomo-animale-ambiente, in collaborazione con l'Istituto zooprofilattico delle Venezie.

     Il sistema di sorveglianza delle malattie infettive, va interpretato come corpo di procedure, attività e analisi teso alla ricerca attiva delle informazioni necessarie a:

     1) definire lo stato di salute delle popolazioni animali e i cambiamenti che in esso si verificano in seguito agli interventi sanitari (e all'assenza di essi);

     2) valutare l'efficienza, l'efficacia e l'opportunità degli interventi stessi.

     L'attività dell'area operativa di Sanità animale sarà incentrata inoltre sulla conoscenza specialistica verso il settore privato, in tema di sanità animale, su una costante e capillare opera di informazione ed educazione sanitaria dell'utenza, ed, infine sulle attività di controllo e di vigilanza:

     - sul trasporto degli animali e sullo spostamento degli animali per ragioni di pascolo;

     - sull'importazione ed esportazione degli animali;

     - sui trattamenti immunizzanti e sulle inoculazioni diagnostiche;

     - sull'esecuzione dei piani di profilassi delle malattie degli animali gestiti da associazioni o enti privati; che sono comunque fondamentali anche in relazione alle malattie oggetto di piani di profilassi obbligatorie.

     Le attività di vigilanza assumono un significato particolarmente rilevante nella Regione Friuli Venezia Giulia per due ragioni che la rendono particolarmente soggetta al rischio dell'introduzione di agenti infettivi: la sua localizzazione geografica con la conseguente estensione delle frontiere e traffici portuali; l'alta concentrazione di popolazione non nazionale che staziona e/o attraversa il suo territorio, nonché di rilevanti aquartieramenti degli effettivi delle Forze Armate.

     Accanto all'attività di vigilanza sarà necessario sviluppare protocolli di intervento nel caso di insorgenza di emergenze veterinarie.

     Lo sviluppo di tali protocolli appare urgente in considerazione della avvenuta sospensione delle vaccinazioni contro la peste suina.

 

Controllo igienico-sanitario sulla produzione e commercializzazione degli

alimenti di origine animale:

     - per l'ispezione e la vigilanza sanitaria delle carni, delle uova, dei prodotti ittici e del miele e rispettivi derivati nelle fasi di produzione, trasformazione, deposito trasporto, distribuzione, somministrazione; del latte per la sola fase di produzione,

     - per gli accertamenti e certificazioni relativi agli atti di ispezione e vigilanza.

     Questo ambito di attività pertanto esplica due forme di controllo igienico-sanitario sugli alimenti:

     1) l'ispezione con la quale si intendono gli atti e adempimenti tecnici derivanti da precisi dettati normativi dovuti dal veterinario ispettore, che assume la veste di pubblico ufficiale al fine di accertare determinati requisiti di natura tecnica a carico degli alimenti di origine animale.

     L'esito degli accertamenti costituisce il presupposto per l'emanazione di specifici atti amministrativi.

     2) la vigilanza rappresentata dal complesso di operazioni tendenti a garantire che gli impianti, le manipolazioni, le tecniche di produzione, trasformazioni, conservazione, trasporto e commercializzazione degli alimenti e delle derrate di origine animale soddisfino le esigenze di ordine igienico-sanitario e normativo.

     Le differenze fra le due forme di controllo sono rilevanti non solo per il grado di responsabilità che ne consegue, sia per l'amministrazione sanitaria che per l'operatore, e per il detentore dell'alimento posto in vendita, ma anche e soprattutto per quanto riguarda l'impegno e l'aspetto organizzativo del servizio anche in considerazione del fatto che mentre le attività d'ispezione richiedono la presenza operativa costante e inderogabile del tecnico veterinario per le attività operative, per quelle di vigilanza può essere utilizzato personale ausiliario non laureato, ferma restando la responsabilità tecnico funzionale da parte del tecnico laureato.

     Per realizzare un efficace controllo è indispensabile collegare l'ispezione e la vigilanza sugli alimenti con le attività di vigilanza igienica sugli allevamenti; infatti non esiste alcuna possibilità di produrre prodotti di origine animale salubri se non esistono livelli igienici ottimali negli allevamenti di provenienza degli animali da cui gli alimenti stessi derivano.

     Questo presuppone oltre la ovvia collaborazione fra le due aree funzionali che si occupano rispettivamente dell'igiene dell'allevamento e di quella degli alimenti, la attivazione di un sistema di sorveglianza integrato basato su campionamenti randomizzati [5] che si accompagni all'azione di vigilanza più propriamente detta.

     Inoltre bisogna considerare che l'ispezione veterinaria basata su esami anatomo-istopatologici e clinici risulta ormai insufficiente a garantire la salubrità degli alimenti soprattutto in relazione al massiccio uso di nuove molecole nell'alimentazione e terapia veterinaria e alla presenza di residui di inquinanti ambientali. Presupposti fondamentali per la attivazione di un efficace sistema di sorveglianza sono:

     1) la identificazione degli animali avviati alla macellazione in modo da consentire il follow-up [6] e il feed back [7] a livello di macello;

     2) il ricorso nell'ambito delle attività di ispezione e di vigilanza ad esami di laboratorio, se non in termini correnti, quanto meno su base campionaria programmata e nei casi in cui vi sia un rischio elevato di presenza di sostanze nocive alla salute dell'uomo.

     Tali esami di laboratorio vanno effettuati nell'ambito di laboratori annessi ai macelli ove già esistano e presso i laboratori dell'Istituto zooprofilattico delle Tre Venezie.

     Per garantire l'efficace controllo della salubrità degli alimenti è anche indispensabile una razionalizzazione della rete di macellazione, dei laboratori di sezionamento e preparazione dei prodotti di origine animale in relazione a standards igienico-sanitari delle strutture delle lavorazioni, compreso lo smaltimento residui, per quanto attiene sia l'igiene del prodotto che lo stato di salute dei lavoratori addetti.

     Particolare rilevanza ai fini dell'ispezione e della vigilanza nel settore della salubrità degli alimenti assume il controllo teso ad escludere la presenza di sostanze ormonali, anti-ormonali e ormono-simili e dei residui di farmaci nonché di qualunque altro residuo nocivo alla salute dell'uomo. Tale controllo, che come accennato andrà effettuato in stretto collegamento fra gli operatori dell'area igiene degli alimenti e quelli dell'area igiene dell'allevamento deve essere attivato in modo permanente.

     Oltre alle rilevazioni correnti che riguarderanno la ricerca dei residui più comuni sarà necessario anche attivare indagini «ad hoc» per la ricerca di agenti di natura chimica o biologica che, se pur rari, assumono particolare rilevanza ai fini della salute pubblica.

     Igiene dell'allevamento e delle produzioni animali:

     - per la vigilanza preventiva permanente sugli impianti e concentramenti animali (stalle di sosta, fiere ed esposizioni di animali, pubblici abbeveratoi);

     - per la vigilanza sugli impianti di raccolta, trasformazione, distribuzione e risanamento dei sottoprodotti, avanzi e rifiuti di origine animale;

     - per la vigilanza igienico-sanitaria sulla produzione, distribuzione e impiego di mangimi e degli integratori;

     - per la vigilanza e controllo sull'impiego dei farmaci per uso veterinario;

     - per la vigilanza sull'impiego di sostanze ormonali e antiormonali come fattori di crescita e di neutralizzazione sessuale degli animali, le cui carni e i cui prodotti sia destinati all'alimentazione umana;

     - per la vigilanza sull'utilizzazione dei prodotti di origine animale per la produzione opoterapica;

     - per la vigilanza sull'utilizzazione degli animali da esperimento;

     - per la vigilanza sulle stazioni di monta, sugli impianti per la fecondazione artificiale e sugli ambulatori per la cura della sterilità degli animali e sulle attività esecutive di dette strutture.

     Quest'area funzionale oltre alle attività di vigilanza connesse alla produzione di alimenti di origine animale descritte in precedenza riveste grande rilevanza per quanto riguarda il corretto rapporto uomo-animale- ambiente.

     E' nell'ambito di quest'area funzionale che vanno sviluppate quelle attività veterinarie che coincidono con una moderna interpretazione del ruolo e funzione dell'animale fra le quali assumono priorità:

     a) la vigilanza sull'igiene degli allevamenti, soprattutto intensivi e sugli impianti di raccolta, lavorazione e risanamento di sottoprodotti, avanzi e rifiuti di origine animale in relazione all'inquinamento ambientale soprattutto di tipo biologico;

     b) il controllo e la soluzione dei problemi posti dalla convivenza uomo-animale (da compagnia e sinantropo) in ambiente urbano;

     c) l'organizzazione di sistemi di sorveglianza epidemiologica dell'inquinamento ambientale basati sull'uso dell'animale come sentinella.

     Queste attività dovrebbero essere coordinate con il settore igiene ambientale e con i laboratori specializzati di livello multizonale.

     Inoltre il servizio dovrà avere rapporti con le strutture tecniche ed amministrative esistenti nel settore agricolo-zootecnico e del commercio.

 

Sanità pubblica veterinaria:

     - per la cura generica specialistica degli animali

     - per l'assistenza zootecnica

     - per la fecondazione artificiale

     - per la vigilanza e controllo sulle predette attività.

     Per quanto attiene questa area funzionale è opportuno sottolineare che le funzioni di cura generica, di assistenza zootecnica e di fecondazione artificiale non possono essere considerate di norma come funzioni di istituto del Servizio sanitario nazionale, ma debbono essere considerate attività inserite pienamente nel comparto privato. Solo nel caso di situazioni particolari la Regione, in carenza di comprovata assistenza di tipo privatistico può autorizzare le UU.SS.LL. a utilizzare il proprio personale per attività di questo tipo, fra l'altro attivando all'uopo dei servizi di guardia veterinaria festiva e notturna appositamente regolamentate a livello regionale. Le UU.SS.LL. hanno funzione di organizzazione mentre la singola prestazione, avendo carattere strettamente privatistico, dovrà rimanere a carico dell'utente richiedente. Ovviamente, invece, al Servizio sanitario nazionale compete la vigilanza ed il controllo funzionale sulle attività di cui sopra.

     A medio termine è ipotizzabile lo sviluppo di un sistema di assistenza specialistica agli allevamenti da sviluppare in stretto collegamento fra il Servizio sanitario e l'Istituto zooprofilattico delle Venezie.

 

1.5. Assistenza sociale

     Nel settore dell'assistenza sociale sono comprese tutte quelle attività tendenti a permettere l'armonico sviluppo delle potenzialità dell'individuo e il suo pieno inserimento del contesto sociale di appartenenza.

     Questa definizione tende a superare la concezione tradizionale dell'intervento assistenziale, circoscritto al ristretto ambiente della beneficienza ed organizzato in forma verticale e settorializzata.

     Questo tipo di organizzazione assistenziale ha concretamente operato, attraverso una miriade di servizi, in due modi: ricoverando in strutture di fatto emarginanti anziani, minori e disabili fisici e mentali ed erogando in maniera scoordinata sussidi e contributi ad alcune specifiche categorie.

     Una conseguenza diretta di questa impostazione dell'intervento assistenziale è stata la distinzione dei cittadini fra aventi diritto e non, e, all'interno dei primi, in varie categorie «titolari di bisogno» in quanto in possesso di un handicap (fisico sensoriale - psichico) più o meno oggettivamente determinabile. Ciò oltre a contrastare il principio che i servizi assistenziali debbano, in forma integrata e multidisciplinare, rivolgersi alla totalità dei cittadini codifica di fatto l'emarginazione delle categorie più deboli.

     Occorre procedere ad un'organica revisione dell'attività assistenziale sulla base di alcuni principi cardine:

     - deistituzionalizzazione dei servizi e loro sostituzione con sostegni e servizi più territorializzati. Questo principio si deve concretizzare nella ricerca delle opportunità tecniche e organizzative alternative all'emarginazione del cittadino dal proprio contesto sociale;

     - superamento della settorializzazione dei servizi e della categorizzazione degli utenti.

     Il superamento dell'emarginazione si attua ricomponendo le funzioni in servizi aperti a valenza generalizzata, che si rivolgono cioè a tutti i cittadini, salvaguardando la specificità di trattamento dei vari casi di bisogno ma garantendo l'interdisciplinarietà dell'approccio;

     - integrazione fra interventi assistenziali ed interventi sanitari da realizzarsi attraverso la collaborazione fra gli operatori, l'omogeneità degli indirizzi, l'utilizzo integrato degli spazi;

     - il riconoscimento e la valorizzazione delle specifiche professionalità degli operatori.

     Gli interventi da mettere in atto devono incentrarsi sul massimo potenziamento delle risorse individuali: l'appoggio a quelle situazioni di parziale autosufficienza familiare, sociale, economica, - il sostegno dei soggetti non più autosufficienti e le altre forme di intervento parimenti finalizzate a promuovere la qualità della vita delle persone, andranno analizzate e sviluppate nel Piano socio-assistenziale.

 

 

 

2. ARTICOLAZIONE PER I LIVELLI FUNZIONALI

E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DEI SERVIZI

 

     I tre livelli territoriali di riferimento, nei quali articolare le funzioni e attività sanitarie, sono:

     - servizi distrettuali e multidistrettuali;

     - servizi zonali;

     - servizi multizonali.

     Per questi livelli sono analizzati i servizi e vengono indicate le norme e gli standards di riferimento, sulla base di una prima analisi dell'offerta attuale di prestazioni e servizi e dei dati epidemiologici disponibili.

     E' evidente che gli standards, le norme strutturali e funzionali così ricavate vanno comunque verificati ex post in termini di congruità e in coerenza con gli obiettivi di programmazione, ridefiniti dove necessario, secondo un processo continuo di graduale perfezionamento del risultato.

     La riorganizzazione dei tempi è perseguita dalla Regione anche in funzione dell'obiettivo di modificare nel tempo la domanda verso i servizi sanitari, eliminando quella impropria, sia essa di carattere generale, (come ad esempio il ricovero ospedaliero derivato da esigenze puramente assistenziali), sia di tipo specifico (spreco di esami, ricoveri prolungati sostituibili con Interventi in day-hospital).

     Si ritiene però che tali modificazioni siano subordinate alla attuazione di possibili risposte alternative, sia sul piano assistenziale, sia nell'uso più appropriato delle risorse disponibili. Ciò significa riqualificazione della spesa, da un lato, e riduzione di aree di spreco, senza creare in modo traumatico vuoti nell'offerta di servizi, dall'altro.

     E' questo un principio di gradualità che dovrà ispirare anche le Unità sanitarie locali nella formazione dei propri piani attuativi, ferme restando le normative indicate in questo piano.

 

2.1. I servizi distrettuali e multidistrettuali

     Il distretto è l'ambito, territorialmente definito, di erogazione di prestazioni di base e di pronto intervento- in esso possono altresì essere erogate quelle prestazioni integrative caratterizzate dal fatto di essere molto frequenti e di potersi/doversi svolgere in ambiti territoriali decentrati.

     Criteri di ottimizzazione nell'uso delle risorse suggeriscono tuttavia, per tali prestazioni integrative, la previsione della loro organizzazione, di norma, per ambiti multidistrettuali anche se in particolari situazioni esse potranno essere organizzate per un solo distretto o al contrario per l'intero complesso dei distretti di una U.S.L.

     Attraverso questa impostazione organizzativa sarà possibile assicurare, in forma omogenea territorialmente ed il più possibile integrata sul piano funzionale, la tutela socio-sanitaria del cittadino nei suoi caratteri essenziali.

 

2.1.1. Attività e Servizi Distrettuali

     A questo livello non si tratta di prevedere sul piano organizzativo servizi di tipo strutturato, bensì un insieme di operatori che integrandosi fra loro e sviluppando il più possibile modalità collegiali e flessibili di lavoro, coprano lo spettro delle attività di base di tutti i settori di intervento (Igiene ambientale, assistenza sanitaria, sociale, veterinaria)

     Più concretamente a livello di diffusione capillare sul territorio devono essere effettuate le seguenti funzioni e attività relative.

 

A) Insiemi di funzioni

     1) Igiene pubblica e ambientale; medicina legale:

     - primi interventi e segnalazioni in merito all'igiene ambientale: controllo acque, aria, alimenti, igiene dell'abitato;

     - prelievi di campioni per analisi per i controlli sopra indicati;

     - esecuzione di esami elementari sui campioni prelevati;

     - polizia mortuaria (su delega);

     - rilevazione e denunce di malattie infettive e diffusive, certificazioni medico-legali correnti (sono rigorosamente da escludere quelle in sede collegiale), necroscopie, controlli medico-fiscali.

     Per estensione, sul piano formale, vanno considerate funzioni di distretto tutte quelle esercitate all'interno delle aziende dal servizio di medicina del lavoro.

2) Assistenza sanitaria

     - assistenza medico generica e pediatrica di base in forma ambulatoriale e domiciliare;

     - controllo sulla distribuzione dei farmaci, informazioni sul loro uso ed eventuale distribuzione diretta;

     - assistenza infermieristica, domiciliare ed ambulatoriale;

     - assistenza sanitaria nelle scuole e per la tutela sanitaria delle attività sportive non agonistiche;

     - pronto intervento.

     Per quel che riguarda la organizzazione delle attività di guardia medica, trasporto infermi, pronto soccorso ed emergenza, si rimanda all'apposito allegato, più avanti esposto relativo alla rete regionale di emergenza. Sono di livello distrettuale le funzioni di:

     - coordinamento della guardia medica attiva e coordinamento della pronta reperibilità per l'emergenza psichiatrica;

     - eventuale coordinamento del trasporto infermi se disponibili dei mezzi a livello distrettuale;

     - assistenza ostetrico-ginecologica, pediatrica e psicologica, con l'ausilio delle strutture consultoriali e poliambulatoriali.

     Le attività consultoriali (di cui alla legge 405/75) e gli interventi di assistenza specialistica garantiti dai poliambulatori vengono di norma svolte da strutture multidistrettuali, anche al fine di garantire un adeguato bacino di servizio che consenta la individuazione di équipes operative funzionali. Eccezioni possono essere previste per distretti molto ampi o a popolazione particolarmente dispersa.

     - assistenza odontoiatrica

     L'organizzazione a livello capillare (di base) di questa attività risponde alle sue ben individuate caratteristiche di risposta ad un bisogno diffuso e frequente. Allo stato attuale, soprattutto date le carenze di personale e i problemi economici connessi, pare difficile che si possa soddisfare in breve tempo questa basilare esigenza; occorre tuttavia muoversi in questa linea per un'attuazione graduale di questa impostazione. Nel periodo intermedio si potranno ottenere soluzioni di servizio a livello multidistrettuale.

     3) Sanità pubblica veterinaria:

     Tutte le attività e funzioni previste all'art. 12 della legge regionale 43/1981 fatto salvo quanto previsto al livello centrale della U.S.L. e come servizi multinazionali.

     4) Assistenza sociale

     - assistenza domiciliare

     - custodia a tempo parziale dell'infanzia

     - segnalazione e primo intervento nei casi di emarginazione e bisogno.

     E' opportuno richiamare che già a livello distrettuale vanno svolte, anche direttamente, attività di prevenzione, cura, riabilitazione e assistenza sociale per i tossicodipendenti, e attività inerenti la medicina sportiva non agonistica.

     A livello distrettuale, oltre a tutte le attività richiamate, dovrà essere svolta, in forma continuativa e in parallelo con l'erogazione delle prestazioni, l'attività di raccolta dei dati e delle informazioni socio- sanitarie, organizzate eventualmente in semplici archivi che devono servire sia agli operatori per la loro attività quotidiana, sia come dati richiesti dal livello di U.S.L.

     Sintesi di questi dati possono entrare a far parte di un archivio distrettuale che si può considerare la base per la formulazione, da parte dell'équipe di distretto, di periodiche relazioni sullo stato di salute della popolazione del distretto.

     Gli operatori di base devono anche svolgere attività di educazione sanitaria, anche sulla base di indicazioni e programmi della Unità sanitaria locale.

 

B) Organizzazione e standard di personale

     0) Il distretto

     Nel valutare gli standard per il distretto si deve considerare la disomogeneità territoriale e del bacino d'utenza prevedibile, dato oltre tutto che i termini numerici molto bassi condizionano le previsioni anche per limitate differenze di popolazione.

     Pertanto si assume come valore di riferimento un distretto tipo di 15.000 abitanti, correggibili di regola in 10.000 per area ad utenza sparsa e in 30.000 per area a utenza concentrata.

     In situazioni difformi da quelle tipo indicate andranno operati gli opportuni aggiustamenti previsionali.

     Il gruppo degli operatori del distretto può essere suddiviso funzionalmente in «itineranti» e «residenziali».

     Sono «itineranti» quegli operatori che, pur esplicando una parte più o meno rilevante del loro servizio nel distretto, fanno funzionalmente capo ad un servizio centrale di U.S.L. che può organizzare secondo modalità diverse la presenza del proprio personale nel distretto stesso. In tal senso esempi sono: il personale nel settore di igiene pubblica ed ambientale, in cui gli stessi vigili sanitari (tecnici di vigilanza e di ispezione) possono svolgere la propria attività vuoi presso il servizio centrale di U.S.L. vuoi presso uno o più distretti; il caso egualmente caratteristico dei medici specialisti chiamati ad operare nei consultori familiari.

     Il gruppo di operatori «residenziali» è composto da personale che invece opera stabilmente in un unico distretto ed è di norma composto dalle seguenti figure professionali: medici generici e medici pediatri convenzionati, personale infermieristico (assistenti sanitari, ostetriche, infermieri), assistenti sociali, farmacisti.

     Per quanto riguarda queste figure professionali, valgono i seguenti criteri, tratti dalla normativa contrattuale e legislativa o, in sua assenza, da una analisi operativa delle attività:

     1) medici generici. Vale la previsione contenuta nella convenzione unica di almeno un medico ogni 1.500 abitanti, esclusa la fascia di età 0- 12, con il limite attuale di 1 medico per 1.000 abitanti.

     2) pediatri. Lo standard è di un pediatra ogni 800 unità di popolazione fra 0-12 anni.

     3) personale infermieristico. La quantificazione del personale paramedico non è problema di facile risoluzione in quanto dipende e dala presenza degli altri operatori e dal tipo di funzioni, solo sanitarie o più ampie (educazione, raccolta dati, coordinamento operativo, visitatrici familiari, ecc.), che allo stesso personale vengono attribuite. Si può pensare ad una unità ogni 1.500 abitanti circa.

     4) collaboratrici familiari. Si rimanda al Piano regionale socio- assistenziale.

     5) assistenti sociali. Si rimanda al Piano regionale socio- assistenziale.

     6) veterinari e personale veterinario ausiliario. I distretti anche per quanto attiene l'attività veterinaria hanno gli stessi limiti geografici di quelli previsti per tutte le altre attività sanitarie. Nel caso che la erogazione delle prestazioni veterinarie di base interessi più distretti o l'intera U.S.L., in ragione della diversa entità dei parametri di cui all'art. 16 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 e di quelli che verranno elencati in seguito, essa sarà assicurata da operatori «itineranti». Questi pur nel pieno rispetto della autonomia tecnico- funzionale, opereranno in stretto collegamento con l'équipe di base dei singoli distretti.

     Ciascuna U.S.L. tenendo conto dell'entità dei parametri previsti all'art. 16 della legge 833/1978, delle condizioni climatiche, e di viabilità del proprio territorio potrà organizzare i propri servizi a livello distrettuale o pluridistrettuale. Nell'organizzare i servizi dovrà comunque articolarli in almeno due ambiti operativi:

     A - sanità animale;

     B - controllo igienico - sanitario sulla produzione e

commercializzazione degli alimenti di origine animale.

     Gli altri due ambiti operativi previsti dall'art. 12 della legge regionale 43/1981:

     C - igiene dell'allevamento e delle produzioni animali;

     D - assistenza veterinaria

     potranno essere accorporati rispettivamente all'ambito operativo: controllo igienico-sanitario sulla produzione e commercializzazione degli alimenti (C/B) e sanità animale (D/A).

     I parametri riportati di seguito sono da considerarsi come indicativi e possono essere variati in considerazione di fattori quali il numero e la dislocazione degli allevamenti sul territorio, delle condizioni climatiche invernali e della viabilità, della dislocazione degli impianti di macellazione e dei laboratori di trasformazione e sezionamento e del tonnellaggio di prodotto lavorato nonché della tipologia strutturale degli impianti (macelli industriali, allevamenti intensivi, ecc.) fermo restando il criterio di un corretto rapporto costo/beneficio.

     Nell'ambito delle attività di ricerca finalizzata finanziata dal Fondo sanitario nazionale sarà utile prevedere una ricerca tesa a studiare le condizioni e le modalità per il dimensionamento ottimale dei servizi a livello territoriale onde garantirne la migliore efficienza ed efficacia.

     Per lo svolgimento delle attività a livello distrettuale o interdistrettuale è da prevedersi, in linea di massima, nei singoli ambiti operativi, il seguente fabbisogno di personale:

 

A) SANITA' ANIMALE [8]

     A.1. Profilassi obbligatorie:

     Zone di montagna: 1 veterinario ogni 3.000 unità bovino equivalente

     Zone di collina : 1 veterinario ogni 4.000 unità bovino equivalente

     Zone di pianura: 1 veterinario ogni 5.500 unità bovino equivalente

 

A.2. Altre profilassi e vigilanza:

     Zone di montagna: 1 veterinario ogni 7.500 unità bovino equivalente

     Zone di collina : 1 veterinario ogni 10.000 unità bovino equivalente

     Zone di pianura: 1 veterinario ogni 15.000 unità bovino equivalente

     In questo ambito operativo è da prevedere l'impiego di personale ausiliario (operatori tecnico-sanitari, ecc.) nella misura di almeno 0,2 unità per veterinario.

 

B) CONTROLLO IGIENICO-SANITARIO SULLA PRODUZIONE

E COMMERCIALIZZAZIONE DEGLI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE

 

B.1. Ispezione:

     Laboratori di sezionamento, di preparazione e locali di macellazione

     Zone di montagna: 1 veterinario ogni 50 impianti

     Zone di collina : 1 veterinario ogni 75 impianti

     Zone di pianura: 1 veterinario ogni 100 impianti

     Macelli pubblici, privati, industriali, collettivi (anche avicunicoli) e grandi mercati del pesce

     Tutte le zone: 1 veterinario ogni 3 ore/giorno di macellazione effettiva

 

B.2. Vigilanza:

     Zone di montagna: 1 veterinario e 2 vigili sanitari per 50.000 abitanti

     Zone di collina : 1 veterinario e 2 vigili sanitari per 100.000 abitanti

     Zone di pianura: 1 veterinario e 2 vigili sanitari per 200.000 abitanti

 

C) IGIENE DELL'ALLEVAMENTO E PRODUZIONI ANIMALI E ASSISTENZA ZOOIATRICA

     Zone di montagna: 1 veterinario e 1 vigile sanitario ogni 3.000 aziende zootecniche

     Zone di collina : 1 veterinario e 1 vigile sanitario ogni 4.000 aziende zootecniche

     Zone di pianura: 1 veterinario e 1 vigile sanitario ogni 5.000 aziende zootecniche

     In più è da calcolare 1 veterinario ogni 50.000 tonnellate di mangimi zootecnici distribuiti.

 

     7) «Per l'assistenza farmaceutica lo standard si identifica con quanto disposto dall'art. 1, legge 2 aprile 1968 n. 475 che indica come standard di base una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 25.000 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni.»

     8) Personale amministrativo ed esecutivo.

     La eventuale previsione di un centro di distretto presuppone anche l'eventuale e presenza di tale personale.

     Per distretti con bacino d'utenza di circa 15.000/20.000 abitanti, lo standard è di una unità. Può essere prevista l'istituzione di centri di distretto operativi per più distretti di dimensioni inferiori.

     9) Operatori itineranti.

     Con riferimento a quanto espresso in precedenza si forniscono qui indicazioni e di massima anche per il personale del settore igiene pubblica. Ciascun distretto tipo ha per tale settore il fabbisogno di 1 medico addetto all'igiene pubblica con rapporto da definire secondo le esigenze del distretto.

     L'esigenza di operatori tecnico-sanitari va invece vista nell'ambito complessivo del servizio a tutti i livelli (distrettuale e zonale) e riferito alle diverse situazioni territoriali, anche considerando le strutture e le attività che richiedono il loro intervento (acquedotti, punti di scarico, polizia mortuaria, punti di produzione e vendita prodotti alimentari, aziende), con una indicazione generale di 1 operatore ogni 10.000 abitanti.

     Per quanto riguarda gli odontoiatri, l'obiettivo già enunciato è quello di garantire a livello di base questo tipo di prestazione che, se non può essere raggiunto realisticamente nel triennio, va potenziato soprattutto per il settore di igiene dentale, anche fornendo prestazioni di semplice operatività, svolte da tecnici sotto il controllo di un medico.

     Occorrerà puntare comunque ad una distribuzione più omogenea dei medici sul territorio, e inoltre va affrontato il problema dell'impiego degli odontotecnici assai limitato peraltro dalla normativa di legge.

     Come riferimento organizzativo, per la validità di questo primo piano sanitario bisognerà concentrare le prestazioni di odontoiatria e odontostomatologia presso i poliambulatori, a livello quantomeno multidistrettuale, considerando una offerta potenziale per ciascun distretto tipo di 16 ore settimanali per tale specialità.

     Per le attività ostetrico-ginecologiche, pediatriche, psicologiche e psichiatriche si rinvia a quanto definito per le strutture

multidistrettuali consultoriali e poliambulatoriali.

 

C) Modalità di lavoro

     Gli operatori del distretto svolgono le loro funzioni secondo moduli organizzativi non formalizzati e procedure flessibili ed adattabili alle esigenze del territorio. I principi fondamentali che debbono ispirare la pratica di lavoro degli operatori comunque sono:

     - il principio della mobilità sul territorio, salvo che per le attività non esercitabili che in forma fissa per cui è indispensabile la mobilità dell'utente.

     - il principio del lavoro collegiale, che deve caratterizzare in continuo il rapporto fra gli operatori stessi, per i quali non si pone alcuna scala gerarchica bensì la valorizzazione delle specifiche professionalità

     - il principio dell'aggiornamento permanente degli operatori di base, da perseguirsi anche attraverso forme di contatto e di interscambio con gli operatori degli altri servizi anche specialistici di distretto e di zona.

     Dovendosi necessariamente prevedere per alcuni degli operatori di base l'obbligo di residenzialità, occorrerà mettere a punto opportune forme di incentivazione (economica e professionale) per gli operatori delle aree disagiate quali le zone montane secondo anche l'indirizzo presente nelle convenzioni uniche della medicina generica e pediatrica.

     Per quanto concerne il rapporto di lavoro esso potrà essere, in relazione alle varie esigenze, sia d'impiego che convenzionato, quest'ultimo in specie per il personale medico.

     Al fine di favorire il lavoro collegiale e l'interdisciplinarietà degli interventi viene prevista la figura del responsabile di distretto, la quale dovrà assicurare sotto il profilo organizzativo il coordinamento degli operatori che a qualunque titolo svolgono singolarmente o in équipe attività nel distretto, ed assumere, tra l'altro, alcuni compiti già di pertinenza dell'Ufficiale sanitario.

     Il responsabile di distretto è, di norma, un medico dipendente dall'Unità sanitaria locale.

     Altre forme di rapporto di lavoro potrebbero essere prese in esame al fine di realizzare un contenimento dei costi e recuperare alcune potenzialità presenti a livello legislativo e sociale:

     - l'impiego di giovani in servizio civile;

     - l'utilizzo di personale volontario e semivolontario;

     - l'impiego a tempo parziale.

     Altri aspetti relativi alle modalità di lavoro, in particolare quelli attinenti ai rapporti con funzioni e servizi integrativi, saranno trattati più estesamente nel paragrafo riguardante il livello multidistrettuale.

 

D) Interrelazioni funzionali con altri servizi

     E' indispensabile che gli operatori del distretto partecipino secondo le specifiche funzioni ai rispettivi dipartimenti realizzati a livello di U.S.L. per contribuire alla definizione degli obiettivi e delle procedure di intervento.

     A livello distrettuale si coordinano inoltre gli operatori di base per l'organizzazione di alcune prestazioni:

     - guardia medica attiva e reperibilità;

     - assistenza domiciliare.

     Per quanto concerne i rapporti con i servizi specialistici integrativi, di distretto e di zona (ivi compreso l'ospedale) occorre che il ricorso a tali servizi sia in ogni caso filtrato dagli operatori di base i quali debbono inoltre essere consultati e coinvolti nel caso di iniziative promosse da servizi di livello superiore nel loro territorio.

     Nel settore dell'igiene ambientale gli operatori pur coordinati dal medico di distretto, possono di norma richiedere direttamente l'intervento del servizio di igiene della zona, quando si tratti di attività urgenti e comunque non routinarie; lo stesso vale per il ricorso ai servizi specialistici di assistenza sanitaria (poli-ambulatori, ospedali).

     Due aspetti particolarmente importanti dei rapporti fra operatori del distretto ed altri servizi concernono il problema dei reperti diagnostici e delle analisi laboratoristi che; in relazione all'attività di laboratorio e radiodiagnostica occorre innanzitutto:

     - procedere all'interno dello specifico dipartimento alla codificazione e standardizzazione delle procedure di prelievo, di analisi e di repertazione;

     - assicurare che copia del reperto pervenga all'operatore di base.

     Nel caso di ricovero ospedaliero infine dovrebbe essere istituito di prassi un canale di scambio informativo fra operatori ospedalieri e di distretto.

     Ciò è valido in ogni caso ma assume particolare importanza con riferimento alla problematica della tossicodipendenza. In questo campo deve essere promossa una stretta relazione tra i servizi di base e tutti gli altri servizi di livello superiore, attraverso l'azione di coordinamento ai livelli dell'U.S.L. e a livello regionale.

     Esigenze di coordinamento dovranno anche essere garantite sempre a livello di U.S.L. e regionale per ciò che concerne la medicina sportiva, tra gli operatori di distretto e di Unità sanitaria locale.

 

E) Strutture edilizie e strumentazione [9]

     Il tipo di prestazioni e le modalità di lavoro che caratterizzano il livello funzionale dei servizi di distretto non presentano esigenze rilevanti per quanto attiene la strumentazione e le strutture edilizie, se non qualora sia previsto il centro di distretto.

     Il fabbisogno di locali per i servizi del centro di distretto deve essere rapportato alle seguenti esigenze minime qualora le funzioni analizzate siano previste:

     a) Sala riunioni per la popolazione e gli operatori;

     b) n. 2 locali per il segretariato sociale (assistente sociale) ed il coordinamento attività assistenziali;

     c) n. 2 locali per l'attività di igiene, profilassi e medicina legale ed il coordinamento attività sanitarie;

     d) locale per servizio informativo, archivi;

     e) ambulatorio per guardia medica e pronto soccorso;

     f) locali per lo svolgimento delle attività consultoriali;

     g) eventuali locali messi a disposizione dei medici di medicina generale e ai pediatri di base;

     h) locale per «centro prelievi».

     Questo fabbisogno minimo, in relazione alle varie situazioni territoriali, andrà adeguato fino a giungere nei distretti maggiori a prevedere spazi per l'attività specialistica, ambulatoriale, palestre per attività di riabilitazione.

     Possibilmente le strutture fisiche dell'insieme dei servizi socio- sanitari distrettuali vanno concentrate nella unica sede del centro di distretto, ma possono tuttavia essere distribuite in più strutture edilizie nel caso ciò risulti più funzionale sul piano economico, laddove esistano preesistenze edilizie da recuperare.

     In ogni caso per la localizzazione e la scelta delle strutture che compongono il centro di distretto valgono le seguenti indicazioni:

     a) il centro viene previsto per i livelli di utenza definiti per il distretto tipo;

     b) nei distretti sedi di poliambulatorio interdistrettuale, il poliambulatorio diviene anche la sede del centro di distretto;

     c) negli altri distretti è fatto comunque vincolo che la proprietà della sede sia comunale, salvo deroghe concesse caso per caso dalla Regione;

     d) ove il distretto comprende più comuni è opportuno che locali siano riservati in ogni Comune per l'attività di distretto.

     La strumentazione necessaria agli operatori di base non va al di là delle semplici attrezzature comunemente in dotazione presso gli ambulatori medici e pediatrici comunali.

 

F) L'assistenza igienico-sanitaria nelle aree occupazionali, scolastiche e nelle località turistiche

     L'esistenza di situazioni in cui si registra una forte concentrazione di utenza rende ragione della necessità di prevedere, da parte delle UU.SS.LL. una adeguata risposta alle esigenze poste da tali contingenze.

     In linea di massima tale risposta dovrà essere organizzata non prevedendo nuove ed apposite équipes, ma solo potenziando quelle già previste in funzione di un incremento dell'attività di base determinato dall'esistenza nell'area del distretto di grossi complessi scolastici o industriali o ancora di forte flusso turistico, almeno in determinati periodi dell'anno.

     In sostanza deve essere sempre il distretto che, adeguatamente potenziato, si deve far carico degli incrementati bisogni assistenziali.

     E' ovvio che le attività sanitarie di base, svolte in particolare nelle comunità scolastiche e lavorative, se da un lato sono finalizzate a facilitare l'accesso alle necessarie prestazioni sanitarie, dall'altro dovranno tener conto ed integrarsi con i programmi di attività previsti queste due aree a livello zonale, rispettivamente dal dipartimento materno infantile e dal servizio di medicina del lavoro.

 

2.1.2. Attività e servizi multidistrettuali

     Ai servizi di distretto che rispondono alle esigenze sanitarie più diffuse ed elementari occorre assicurare il supporto di attività più specialistiche che si caratterizzano per:

     - un maggior grado di complessità tecnico/funzionale;

     - una più spiccata strutturazione organizzativa;

     - una più accentuata specializzazione degli operatori.

     E' in genere per le funzioni ed attività di medicina specialistica che si individua la necessità di formule organizzative a livello di diffusione territoriale intermedio fra quello distrettuale e quello zonale. Ciò non vuol dire tuttavia proporre uno schema rigido ed univalente: vi sono situazioni infatti in cui le stesse funzioni, attività e servizi esaminati a livello di distretto potranno essere organizzate su due distretti, del pari esistono situazioni in cui le funzioni le attività e i servizi che qui dappresso saranno esaminati possono, pur essendo definite

multidistrettuali, essere riferite vuoi ad un solo distretto di notevoli dimensioni vuoi ad una intera U.S.L. di modeste dimensioni.

     Gli elementi organizzativi comuni a tutto l'insieme delle attività specialistiche sono comunque i seguenti:

     - consulenza e supporto agli operatori del distretto, sia dipendenti che convenzionati;

     - integrazione fra i vari settori e le diverse branche specialistiche previste;

     - stretto raccordo con i servizi specialistici più complessi (in particolare con i servizi ospedalieri) al fine anche di realizzare un efficace azione di contenimento dei ricoveri e di integrazione del processo diagnostico-curativo (continuità diagnostico-terapeutica).

 

A) Insiemi di funzioni

     Gli insiemi di funzioni a questo livello sono:

     1) attività specialistiche ambulatoriali di odontostomatologia, chirurgia generale ortopedia, cardiologia, oculistica,

otorinolaringoiatria, dermatologia, neurologia ostetricia e ginecologia, diagnostica di laboratorio, radiodiagnostica;

     2) attività consultoriali di cui alla legge n. 405/75;

     3) attività riabilitativa (domiciliare, ambulatoriale e presso le comunità protette);

     4) attività di igiene mentale;

     5) attività di sanità pubblica veterinaria;

     Le attività svolte a questo livello di riabilitazione e reinserimento sociale, d'igiene mentale e di consultorio familiare sono affidate ad équipes nelle quali è compresa la figura professionale dell'assistente sociale che opera in stretta connessione con i servizi socio-assistenziali del territorio.

 

B) Organizzazione e standards

     L'insieme delle funzioni previste a questo livello trova nella struttura del «poliambulatorio» il proprio momento fisico di aggregazione.

     In questo senso il «poliambulatorio» sia esso collocato in sede ospedaliera o extraospedaliera deve divenire «centro polivalente alternativo all'ospedalizzazione, per tutte quelle attività che non richiedono il ricovero come condizione necessaria». Si vedano in particolare le funzioni di terapia e cura delle patologie degenerative cronicizzate di tipo ambulatoriale.

     Ferme restando le difficoltà di fissare modelli standards per ogni attività e per ciascun servizio, è fornita una più precisa connotazione che potrà consentire di distinguere la loro collocazione territoriale: distrettuale, multidistrettuale o unico in zona. E' fatto salvo il principio che la funzione deve essere comunque garantita a livello dei singoli distretti attraverso l'operatività fornita dal servizio anche se strutturato per un ambito territoriale più ampio o l'adattamento caso per caso alle varie realtà territoriali.

     L'area dei servizi integrativi sta quindi a cavallo fra il riferimento organizzativo e nel poliambulatorio quello fisico-operativo.

     Le attività e i servizi connessi considerati, sono:

     1) specialistica ambulatoriale;

     2) consultorio familiare;

     3) riabilitazione e reinserimento;

     4) centro di salute mentale.

     1) L'attività medico specialistica ambulatoriale

     Per ogni ambito multidistrettuale andranno garantite prestazioni specialistiche ambulatoriali la cui determinazione del tipo, del numero e delle ore delle specialità varia secondo:

     - le caratteristiche socioeconomiche ed epidemiologiche della popolazione;

     - le caratteristiche geografiche ed urbanistiche del territorio con particolare riferimento ai tempi e alle modalità di comunicazione e di trasporto;

     - la dimensione demografica dei distretti;

     - la presenza o meno di altri servizi e presidi sanitari;

     - la reperibilità e disponibilità di personale specializzato.

     Più che una normativa precisa e rigidamente applicabile si è dunque preferito fornire una serie di criteri vincolanti sull'organizzazione e il dimensionamento del servizio poliambulatoriale.

     Le principali branche specialistiche da prendere in considerazione sono: odontostomatologia, ostetricia-ginecologia, cardiologia, oculistica, otorino, chirurgia, dermatologia, ortopedia, fisiatria e neurologia.

     A queste specialità cliniche vanno aggiunte le attività diagnostiche (radiologia, analisi chimico/cliniche) e le prestazioni ed i trattamenti riabilitativi.

     Nella tabella n. 1 viene fornita una indicazione di massima, circa il numero annuo di prestazioni e di ore ambulatoriali per ciascuna di queste specialità avendo come riferimento una popolazione di 1.000 abitanti.

 

 

 

                               Tabella n. 1

 

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            VALUTAZIONE ESIGENZE DI PRESTAZIONI PER SPECIALITA'

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Attività            Numero           Numero         Numero ore

specialistiche    prestazioni     prestazioni     ambulatoriali

                 annue per 1000        ora         annue per 1000

                    abitanti                          abitanti

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Ostetricia -          120              6                20

Ginecologia

Odontostomatol        200              5                40

ogia

Cardiologia           120              5                24

Oculistica            130              6                22

Otorino               120              6                20

Chirurgia             100              6                17

Dermatologia          80               6                13

 

Ortopedia             130              6                22

Neurologia            45               3                15

Fisiatria

(comprensiva

dei

trattamenti

strumentali)          30               2                15

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     Ribadito che tanto il numero di ore annue (o settimanali) di ambulatorio per ciascuna specialità quanto la dimensione effettiva del bacino di utenza del poliambulatorio e delle specialità in esso previste dovranno essere determinate dalle singole U.S.L. in base a specifiche esigenze locali, si possono formulare alcune considerazioni di massima circa l'organizzazione delle funzioni ambulatoriali avendo come riferimento da un lato il distretto tipo di 15.000 abitanti e dall'altro il documento «Organizzazione e gestione del settore poliambulatoriale extraospedaliero nel quadro del piano sanitario del F.V.G.» [1982] in cui sono individuati i diversi tipi di poliambulatorio e le ore minime di specialità che in essi van garantite in funzione di bacini di utenza determinati.

     Sotto questo profilo, l'esame degli standard proposti permette di evidenziare la possibilità di organizzare nei centri socio-sanitari di distretto le prestazioni di ostetricia-ginecologia e di odontoiatria in quanto risulterebbe, per una popolazione di 15.000 abitanti, una necessità rispettivamente di 15 e di 12,5 ore settimanali. Va rimarcata la possibilità di erogare le prestazioni specialistiche di ostetricia ginecologia vuoi in sede poliambulatoriale vuoi in sede consultoriale. Per quanto riguarda l'odontostomatologia vanno invece rimarcate le contingenti difficoltà organizzative e di reperimento del personale.

     Vi è poi un secondo gruppo di specialità (cardiologia, oculistica, chirurgia generale, otorino, ortopedia) che meglio si configurano in un poliambulatorio di tipo intermedio avente bacini di utenza superiori a 20.000 abitanti e in media di 30.000 abitanti. In tali casi, considerata una apertura annuale del poliambulatorio per 48 settimane annue, vengono rispettati i valori minimi di ore settimanali di presenza del medico specialista indicati nel documento orientativo già citato. Vi è da notare tuttavia che in taluni casi potrà essere previsto un decentramento, presso i poliambulatori di 1º livello, delle più semplici prestazioni di cardiologia e di oculistica.

     Vi è infine un terzo gruppo di specialità (dermatologia, fisiatria, neurologia) che presuppongono un numero settimanale di ore di prestazione tale da configurare la loro presenza solo in poliambulatori a maggiore bacino di utenza, fatta salva la possibilità, tenuto conto di specifiche esigenze locali, di prevederle anche, sia pure con un ridotto numero di ore, in poliambulatori con bacini di utenza non inferiore a 30.000 abitanti.

     Per le specialità considerate si è ritenuto utile fornire un esempio a carattere puramente indicativo, di diversi poliambulatori aventi rispettivamente un bacino di utenza di 20.000 e 30.000 abitanti:

 

 

 

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                                  Ore settimanali

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Specialità            20.000 abitanti       30.000 abitanti

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Ostetricia-                   8,4                   12,5

Ginecologia

Odontostomatologia            16,6                   25

Cardiologia                   10,0                   15

Oculistica                    9,1                   13,6

Otorino                       8,3                   12,5

Chirurgia                     7,0                   10,6

Ortopedia                     9,1                   13,6

Dermatologia                5,4 [1]0                8,0

Neurologia                 6,25 [1]0                9,2

Fisiatria                  6,25 [1]0                9,2

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     Le altre specialità non comprese nell'elenco precedente sono attivate sul piano ambulatoriale laddove sono collocati i corrispondenti servizi ospedalieri.

     In ogni caso qualora in una sede distrettuale esista un ospedale, il poliambulatorio si colloca di norma in sede ospedaliera e deve funzionare, per tutte le specialità presenti nell'ospedale, anche per gli esterni, fermo restando la possibilità, in relazione alle esigenze e alle caratteristiche del bacino demografico servito, di avvalersi di medici convenzionati o provenienti da altri ospedali per le specialità mancanti.

     Nei limiti del possibile andrà privilegiato nei poliambulatori, sia in sede ospedaliera che extra ospedaliera, l'utilizzo del personale a rapporto dipendente.

     Per quanto concerne l'attività radiologica, esigenze di funzionalità del servizio e utilizzo economico delle attrezzature, consigliano di prevedere gabinetti radiologici per bacini d'utenza superiori ai 30.000 abitanti.

     A tale indicazione di massima si può derogare nel caso di territori particolarmente disagiati sul piano delle comunicazioni e a popolazione dispersa.

     Per le analisi chimico cliniche vale invece la regola di utilizzare innanzitutto al massimo la potenzialità dei laboratori ospedalieri, organizzando in forma decentrata nei centri di distretto e nei poliambulatori i prelievi del sangue e la raccolta dei campioni biologici.

     Data la diffusione della rete ospedaliera della regione, non si ritiene opportuno prevedere servizi di analisi di laboratorio nei poliambulatori, considerato anche che la funzionalità minima di questo genere di servizi si raggiunge a un livello di circa 150.000 esami, numero che corrisponde al fabbisogno di esami extra ospedalieri di una popolazione di 60.000 abitanti.

     Specifiche situazioni di carenza, qualora si verificassero, potrebbero essere affrontate tuttavia anche attraverso la previsione di laboratori extra ospedalieri, presso il poliambulatorio, dotati dell'attrezzatura minima per lo svolgimento di esami elementari da effettuare quando se ne presenti la necessità.

     All'effettuazione di tali esami può provvedere direttamente il personale medico del poliambulatorio.

     Nel poliambulatorio per ogni 2 unità di medici specialistici a tempo pieno o parziale va prevista un unità di personale infermieristico (paramedico) a tempo pieno.

     2) Consultorio familiare - ex lege 405/75 (l.r. nn. 81/78 e 18/79).

     Tenuto conto delle indicazioni legislative nazionali e regionali sulla materia, il consultorio viene organizzato per bacini di utenza multidistrettuali orientativamente di 30-45.000 abitanti. Per le zone con

 

popolazione sparsa il piano attuativo locale può prevedere bacini di utenza

più ristretti.

     L'indicazione legislativa di figure professionali del consultorio di: psicologo ostetrica, medico ostetrico-ginecologo, medico pediatra, assistente sociale, assistente sanitaria, dovrà essere adeguata, in particolare per quanto attiene il monte ore a seconda della dimensione e del carico di lavoro. Dovrà in ogni caso utilizzarsi personale del distretto dato il livello distrettuale della funzione consultoriale.

     Funzionalmente l'attività consultoriale dovrà essere integrata con quella dei servizi dell'area materno-infantile all'interno dell'omonimo dipartimento e orientata secondo delle indicazioni fornite dal progetto- obiettivo relativo all'area materno-infantile.

     3) Servizio di riabilitazione e reinserimento

     L'attività riabilitativa va di norma strutturata come servizio unico zonale.

     Tale attività va tuttavia svolta in ogni poliambulatorio in stretto collegamento con gli operatori del distretto e dell'ospedale ed è prioritariamente finalizzata a prevenire le forme di complicazione anche attraverso la riabilitazione dei dimessi.

     Il numero di terapisti della riabilitazione appartenenti al servizio zonale non può essere inferiore a 4 e comunque da calcolare sulla base di uno standard di 1 terapista per ogni 4000/5000 prestazioni/anno.

     Oltre che nel poliambulatorio gli operatori del servizio di riabilitazione dovranno svolgere le proprie prestazioni anche a domicilio, per il trattamento di particolari patologie altrimenti non assistibili, e nelle strutture «protette» alternative al ricovero ospedaliero.

     4) Dipartimento di Salute Mentale (D.S.M.) [1]1

     La prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi psichici si attuano, in riferimento alle leggi n. 180/78, 833/78 e alla legge regionale 72/80, attraverso l'istituzione del Dipartimento di salute mentale, il cui bacino di utenza coincide con quelle della Unità sanitaria locale.

     I presidi e i servizi che compongono il D.S.M. sono quelli indicati nell'art. 3 della legge regionale 72/80.

     Il personale medico e paramedico che opera nei suddetti presidi e servizi appartiene ad un contingente numerico del D.S.M., onde garantire il massimo della integrazione organizzativa, la sola atta a realizzare le condizioni ottimali del concetto di continuità terapeutica.

     Il personale del D.S.M. opera nelle sedi del C.S.M., nelle altre strutture del D.S.M., compreso il Servizio psichiatrico Ospedaliero nonché in tutte le strutture socio-sanitarie dislocate a livello territoriale (poliambulatori, consultori familiari, servizi medicina di base, servizio materno-infantile), in collegamento funzionale con gli operatori di tali Servizi.

     I D.S.M. erogano le seguenti prestazioni:

     a) l'emergenza psichiatrica, per garantire l'immediato intervento nelle situazioni di crisi. Questa attività è assicurata dalla continua disponibilità di un medico e di un infermiere del Dipartimento di salute mentale.

     b) prestazioni di consulenza ed orientamento ai fini di una sistematica azione preventiva;

     c) prestazioni domiciliari ed ambulatoriali. Queste ultime oltre che nelle sedi del C.S.M. possono effettuarsi anche nelle strutture del distretto;

     d) ospedalizzazione parziale e totale nelle strutture appositamente individuate negli Ospedali generali.

     e) prestazioni di post-cura, reinserimento e reintegrazione sociale. Tali prestazioni oltre che nelle sedi di servizio dei C.S.M., si realizzano nelle altre strutture del D.S.M. di cui all'art. 3 e all'art. 11 della legge regionale 72/80. Si sottolinea l'importanza della ospitalità diurna/notturna di tali strutture.

     4.1.) Centro di Salute Mentale.

     Si prevede un C.S.M. per ogni 50.000 abitanti e comunque uno in ogni U.S.L., operanti - come già detto - nell'ambito del D.S.M. ed in collegamento strutturale e funzionale con i distretti.

     I C.S.M. devono essere aperti 24 ore compresi i giorni festivi. Nelle loro sedi possono essere previsti posti letto per interventi di prevenzione del ricovero ospedaliero e di post-dimissione.

     4.2.) Servizio ospedaliero di diagnosi e cura psichiatrica (S.O.D.C.P.).

     In linea generale è previsto un S.O.D.C.P. per ogni U.S.L.

     Il numero di posti letto è determinato dai piani attuativi delle UU.SS.LL. e comunque non può superare il parametro di 1 p.l. per ogni 10.000 abitanti.

     Qualora per motivi organizzativi una U.S.L. non sia in grado di istituire il S.O.D.C.P. la stessa si avvarrà di quello dell'U.S.L. viciniore previa intesa con la medesima.

     Nelle intese deve essere prevista ed esplicitata la partecipazione ad attività del S.O.D.C.P. degli operatori medici e paramedici degli altri D.S.M., onde garantire la continuità terapeutica degli interventi.

     Ferma restando la responsabilità del dirigente medico del Servizio, il complesso delle attività del S.O.D.C.P. ed in primo luogo quelle riferite ai collegamenti con il D.S.M. delle UU.SS.LL servite dal servizio ospedaliero, deve essere garantito da un organo tecnico che prevede la presenza di tutti i coordinatori dei D.S.M. interessati.

     Per quanto concerne la determinazione del fabbisogno del personale medico, laureato e paramedico generico, vale il criterio del recupero e riqualificazione del personale attualmente impiegato negli O.P.P. mirando ad evitare ogni ulteriore espansione degli organici attuali, per i quali anzi si porrà forse il problema di una parziale riconversione in altri settori.

     5) Servizi di sanità pubblica veterinaria.

     Si rimanda ai punti A/3 e B/6 del par. 2.1.1. Attività e servizi distrettuali.

     C) Fabbisogno complessivo di personale sanitario non medico e ausiliario

     Il personale non medico ed ausiliario per i servizi integrativi è composto da assistenti sanitarie, infermieri professionali e generici, agenti tecnici, ausiliari socio-sanitari, amministrativi esecutivi e d'ordine.

     La quantificazione del fabbisogno va posta come visto in stretta relazione al tipo ed alla mole dell'attività svolta; in ogni caso deve valere il concetto della mobilità e dell'interscambio degli operatori, fatte salve le specifiche competenze e requisiti professionali.

     Anche gli operatori dei servizi distrettuali possono essere utilizzati per lo svolgimento di funzioni integrative qualora ciò non pregiudichi il loro lavoro di base.

     In presenza del poliambulatorio vanno aggiunte altre unità di personale amministrativo in modo tale da garantire la presenza continua durante l'orario di funzionamento di ciascun servizio.

 

D) Modalità di lavoro

     Tutti gli operatori dei servizi multidistrettuali si organizzano in forma dipartimentale con gli operatori del distretto, al fine di attivare canali e flussi informativi programmati e continui.

     Generalmente, le prestazioni integrative sono erogate, come detto, in forma fissa nella sede del poliambulatorio, tranne le prestazioni nelle diverse comunità (scuola, fabbrica, case di riposo) e parte dell'attività di riabilitazione che può essere eseguita a livello domiciliare.

     Alcune specialità ambulatoriali fondamentali possono essere erogate, in forma itinerante, anche nei centri di distretto, in considerazione di aree isolate con comunicazioni disagevoli, a patto che il monte ore complessivo della specialità nel bacino individuato rimanga costante.

     Le prestazioni di ostetricia-ginecologia, in alternativa al poliambulatorio, possono essere erogate, almeno in parte, nelle sedi consultoriali. L'attività degli operatori dei servizi multidistrettuali deve essere integrata con quella degli operatori distrettuali; ciò vale anche qualora essi appartengano funzionalmente a servizi centrali dell'U.S.L.

     In tutti i servizi, ma in particolare in quelli con più spiccata valenza mista (sociale e sanitaria), quale ad esempio il consultorio familiare occorre promuovere la più stretta integrazione fra gli operatori al fine di garantire l'approccio unitario ai problemi dell'utente.

     Per quanto infine concerne gli orari di apertura dei servizi, occorre tenere conto delle esigenze della popolazione ed in età di lavoro e favorire al massimo la compresenza di più specialità onde favorire l'utenza e minimizzare i costi di gestione (personale sanitario non medico).

     Le attrezzature più rilevanti sono quelle relative alle attività diagnostiche (radiologia, eventualmente laboratorio) per le quali valgono i criteri già enunciati relativamente all'organizzazione di tali attività; vanno inoltre previste le attrezzature per esami elementari in alcuni poliambulatori, e la attrezzatura completa per tutta la gamma delle principali prestazioni diagnostiche prevista secondo indicazioni regionali, soprattutto nei poliambulatori in sede ospedaliera.

     Sulla base di questi criteri si potrà procedere alla utilizzazione delle attrezzature attualmente in funzione, previo un loro accurato inventario, e al graduale acquisto di quelle necessarie anche per rinnovo tecnologico, mediante la predisposizione di un programma di investimenti, sul piano attuativo locale.

 

E) Interrelazioni funzionali con altri servizi

     Gli operatori dei servizi multidistrettuali sono funzionalmente inseriti nei dipartimenti o nei servizi cui corrisponde la loro attività.

     Per quanto concerne i rapporti con gli altri servizi sono da evidenziare in particolare quelli con i servizi di igiene e medicina del lavoro, e i rapporti con i servizi specialistici degli ospedali.

     Questo tipo d'interrelazione risulta automatico nel caso lo specialista ambulatoriale faccia parte dell'équipe medica ospedaliera, in caso contrario occorrerà nel tempo fissare apposite procedure.

     In questo quadro va anche risolto il problema delle duplicazioni d'intervento fra servizi esterni e servizi ospedalieri di cura e riabilitazione.

     All'attività specialistica devono essere assicurati i necessari supporti diagnostici strumentali come già indicato a proposito dell'attività medico specialistica ambulatoriale, soprattutto il laboratorio analisi e la radiodiagnostica.

 

F) Strutture edilizie e strumentazione

     Il fabbisogno di locali per i servizi previsti deve essere rapportato alle seguenti esigenze minime:

     a) ambulatori specialistici;

     b) locali per le funzioni consultoriali;

     c) locali per il servizio riabilitativo comprensivi di palestra riabilitativa;

     d) locali per operatori del centro di salute mentale.

     Questo fabbisogno minimo, in relazione alle varie situazioni territoriali, va adeguato alle specifiche necessità fino a giungere nei distretti maggiori a prevedere gli spazi idonei per il servizio di ricovero breve, eventuali servizi ausiliari di assistenza sociale, la palestra riabilitativa completa, se non già sviluppata in ambito ospedaliero.

     In ogni caso per la localizzazione e la scelta delle strutture per i poliambulatori valgono le seguenti indicazioni:

     a) nei distretti sede di ospedale, il poliambulatorio ospedaliero svolge anche le funzioni di poliambulatorio multidistrettuale;

     b) negli altri distretti vale il criterio di sfruttare strutture edilizie preesistenti, anche se originariamente adibite ad altre finalità;

     c) nel caso di un distretto in cui esistono due strutture poliambulatoriali (ad esempio ex I.N.A.M. e ospedale), vale in linea di massima il criterio di concentrazione nel poliambulatorio ospedaliero l'attività distrettuale, recuperando gli spazi del poliambulatorio lasciato libero per altri servizi e spostando l'attrezzatura in altri distretti o nella sede del poliambulatorio prescelto;

     d) la costruzione di nuovi ambulatori è bene avvenga secondo criteri e moduli progettuali predisposti dalla Regione [1]2.

 

2.2. Il livello centrale della Unità sanitaria locale

     A livello centrale di Unità sanitaria locale si completa la gamma dei servizi socio-sanitari, fatta eccezione per alcuni servizi a bacino multizonale.

     E' a questo livello che l'unità sanitaria locale trova i suoi momenti unificanti sia di tipo amministrativo che di tipo organizzativo e funzionale.

     Quello centrale di U.S.L. è perciò un livello in cui assumono rilevanza le funzioni decisionali, di coordinamento e di controllo di tutta l'attività socio-sanitaria svolta all'interno del proprio territorio e nei confronti della propria popolazione.

     Anche se sono molto importanti delle vere e proprie funzioni di servizio in quanto alcune delle attività già precedentemente esaminate vanno necessariamente organizzate per bacini territoriali zonali ed inoltre vi sono una serie di funzioni che solo a questo livello trovano collocazione anche in termini operativi.

     Si richiede perciò la presenza di servizi specifici di igiene ambientale e profilassi, di medicina legale, di medicina del lavoro, di ricovero ospedaliero, di servizio per la trasformazione, di servizi di emergenza, pronto soccorso e trasporto infermi, dei servizi per i tossicodipendenti, di farmaceutica, di veterinaria, ovviamente inseriti nei settori di competenza così come definito dalla legge regionale di organizzazione e dalle conseguenti indicazioni di ciascuna Unità sanitaria locale.

     In linea generale il livello zonale deve:

     - Assicurare la direzione ed il coordinamento tecnico-funzionale di tutti i servizi;

     - Svolgere le attività specialistiche di igiene ambientale e igiene pubblica, profilassi delle malattie infettive, medicina legale e di medicina del lavoro;

     - Assicurare le principali prestazioni richiedenti il ricovero ospedaliero;

     - Integrare le prestazioni poliambulatoriali distrettuali o multidistrettuali e fornire i supporti diagnostici complessi (radiologia e laboratorio in particolare) a tutti i servizi dell'unità locale;

     - Assicurare il servizio di trasporto infermi e gli interventi medico- chirurgici urgenti;

     - Integrare le prestazioni veterinarie di base;

     - Coordinare i servizi di igiene mentale e svolgere gli interventi per le tossicodipendenze nel territorio assicurando il coordinamento con i servizi di ricovero;

     - Affrontare le problematiche assistenziali legate all'affidamento familiare, al recupero e reinserimento degli handicappati e degli anziani;

     - Elaborare e coordinare i programmi di educazione e formazione sanitaria;

     - Coordinare il sistema informativo della zona ed organizzare le sintesi dei dati di base;

     - Provvedere alle funzioni amministrative e di controllo delle risorse impiegate all'interno della Unità sanitaria locale;

     - Curare la preparazione e l'aggiornamento professionale del personale.

     Ferma restando la distinzione per insiemi di funzioni operata ai precedenti livelli di base e dei servizi integrativi, i compiti e le attività del livello zonale si distribuiscono nel modo di seguito indicato.

 

A) Insiemi di funzioni

     1) Ecologia - igiene pubblica, profilassi e medicina legale - igiene e prevenzione della patologia di lavoro

     - Coordinamento interventi di igiene ambientale, profilassi malattie infettive e medicina legale a tutti i livelli;

     - Promozione e istruzione provvedimenti sanità pubblica e diritto sanitario spettanti all'autorità sanitaria locale e non delegabili a livelli inferiori;

     - Igiene dell'ambiente (interventi specialistici);

     - Pareri medico-edilizi e urbanistici;

     - Vigilanza, controllo igienico e di sicurezza nei luoghi di lavoro;

     - Tutela ecologica;

     - Igiene alimentare (interventi specialistici e controlli su produzione);

     - Indicazioni e vigilanza dietologica;

     - Epidemiologia malattie infettive;

     - Coordinamento attività vaccinali;

     - Isolamenti - disinfezioni e disinfestazioni, immuno-trattamenti, bonifiche portatori;

     - Accertamenti di inabilità temporanea o permanente;

     - Attività medico-legale anche in ausilio agli altri servizi della Unità sanitaria locale;

     - Coordinamento servizio necroscopico.

     2) Assistenza sanitaria di base specialistica, ospedaliera e farmaceutica

     - Organizzazione e coordinamento generale servizi di assistenza sanitaria;

     - Ausilio operativo alle campagne di prevenzione;

     - Medicina del lavoro (interventi sull'individuo);

     - Coordinamento e consulenza specialistica medicina materno-infantile e dell'età evolutiva;

     - Coordinamento e consulenza specialistica medicina età evolutiva;

     - Assistenza sanitaria specialistica in regime di ricovero;

     - Assistenza sanitaria specialistica in strutture assistenziali «protette»;

     - Analisi chimico-cliniche, attività radiodiagnostiche e prestazioni strumentali complesse e poliambulatoriali specialistiche;

     - Attività trasfusionale;

     - Coordinamento attività riabilitative e prestazioni riabilitative specialistiche;

     - Coordinamento degli interventi di tutela della salute mentale; ricovero breve dei malati di mente;

     - Prevenzione e trattamento tossicodipendenza;

     - Vigilanza farmaceutica, coordinamento attività farmaceutiche consulenza farmacologica, organizzazione farmacie pubbliche;

     - Pronto soccorso, emergenza e trasporto infermi.

     3) Sanità pubblica veterinaria

     - Direzione e coordinamento operativo dei servizi veterinari della Unità sanitaria locale;

     - Provvedimenti di autorizzazione e certificazioni;

     - Responsabilità funzionale di settore per gli adempimenti relativi al sistema informativo;

     - Programmazione, verifica e controllo delle attività di settore;

     - Programmazione, esecuzione e verifica delle attività di educazione e informazione veterinarie;

     - Servizi di disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e lotta al randagismo.

     - Predisposizione delle proposte dei provvedimenti di competenza del Comitato di gestione

     - Emanazione di atti e di accertamenti tecnici e propulsivi per adempimento di compiti scaturenti da leggi e da atti amministrativi.

     4) Assistenza sociale

     - Assistenza agli handicappati (con recupero e inserimento nel lavoro);

     - Affidamenti familiari;

     - Coordinamento e direzione dell'insieme dei servizi socio- assistenziali;

 

B) Organizzazione, standard e modalità di lavoro

     Le funzioni e le attività in precedenza indicate comportano a livello zonale di U.S.L. compiti compresenti nella stessa struttura organizzativa: quello direzionale per ciò che riguarda il coordinamento, l'amministrazione ed il controllo del complesso dei compiti e delle attività anche se svolte ad altri livelli; quello specifico di servizio, per quanto concerne i compiti e le attività che travalicano i livelli distrettuale e multidistrettuale sono proprie del livello zonale stesso.

     1) La funzione direzionale

     Per quanto concerne la funzione direzionale spetta agli organi di gestione dell'U.S.L. ed ai settori ed uffici centrali della stessa, il compito fondamentale di organizzare, dirigere, controllare tutto l'insieme dei servizi operanti ai vari livelli. Con la legge regionale 23 giugno 1980 n. 15 sull'organizzazione delle UU.SS.LL la Regione ha individuato la struttura per lo svolgimento di tale funzione organizzatoria nell'ufficio di direzione dell'U.S.L., coadiuvato da 4 uffici (epidemiologico, studi e programmazione, sistema informativo, affari generali e legali), sotto la responsabilità dei due coordinatori (sanitario ed amministrativo) che si avvalgono dell'ausilio del comitato tecnico consultivo dell'Unità sanitaria locale.

     Riferendo schematicamente tali aspetti è utile qui richiamare i tre gruppi fondamentali di funzioni che la struttura organizzativa dell'U.S.L. è chiamata ad assolvere:

     - attività di programmazione e controllo generale. Consiste nella fissazione degli obiettivi in relazione alla programmazione regionale, nell'elaborazione dei programmi per il raggiungimento degli stessi, nel controllo e valutazione dei risultati. E' indubbiamente l'attività più apolitica» e di governo dell'U.S.L. e va realizzata, con concorso e nel confronto fra organi istituzionali e struttura organizzativa;

     - attività di gestione, controllo e sviluppo delle risorse impiegate e cioè: personale, beni e servizi di consumo, strumentazione, beni immobili e finanziari; tali elementi vanno considerati in relazione anche ad un effettivo controllo della spesa. Rappresenta la funzione più propriamente di gestione amministrativa e finanziaria della Unità sanitaria locale

     - attività di coordinamento e indirizzo degli interventi per settore e per progetti-obiettivo, così come definiti dalla citata legislazione regionale, dei piani attuativi delle U.S.L., nonché dal presente piano sanitario. Si tratta di attività organizzative a carattere più specificamente tecnico-sanitario che richiedono uno stretto raccordo con i servizi e le strutture operative che sono chiamate a realizzare gli obiettivi e gli indirizzi di settore e di progetto.

     A supporto di tutto l'insieme di queste attività sono estremamente importanti gli specifici uffici previsti all'interno dell'ufficio di direzione opportunamente integrati fra loro, e in particolare di quelli epidemiologico, studi e programmazione e

sistema informativo.

     I tre uffici sopra menzionati rappresentano una unità funzionale di fondamentale rilevanza all'interno della quale sono previste le seguenti figure professionali:

     - medici possibilmente con specifiche competenze epidemiologiche, di informatica e di management (che vanno evidentemente formati in tali settori, data la carenza dell'attuale curriculum di studi) laureati in statistica e/o in scienze economico attuariali, diplomati, personale esecutivo.

     In previsione dell'impiego diretto o indiretto di supporti automatici per il trattamento dei dati vanno previsti oltre alle competenze per l'uso di tali strumentazioni, anche possibili consulenze fisico/matematiche e informatiche.

     Per ciò che riguarda più specificamente la formazione e l'aggiornamento del personale si rammenta che tale attività viene coordinata e gestita nell'ambito dell'apposito settore previsto all'articolo 9 della citata legge regionale n. 15, 23 giugno 1980 ma che essa, presentandosi come attività tipica trasversale e di «staff» deve venire integrata con quelle svolte nell'ambito degli uffici di direzione. Un particolare ruolo nello svolgimento di tale attività dovranno svolgere i centri di formazione.

     L'esistenza di situazioni fra loro qualitativamente e dimensionalmente diverse rende difficile la definizione di moduli dimensionali rigidi, applicabili a tutte le situazioni per la organizzazione di tali uffici.

     Si rimanda pertanto agli approfondimenti che solo nella fase di elaborazione dei piani attuativi di U.S.L. sarà possibile fare per tutti i servizi e uffici.

     2) Funzioni di servizio

     Per quanto concerne l'organizzazione in generale di tale funzione si può dire che anche a questo livello, seppure in misura più limitata date le caratteristiche di specializzazione e strutturazione dei servizi, valgono i concetti fondamentali dell'integrazione e della mobilità.

     Integrazione e mobilità che non avvengono tuttavia in via informale come può accadere a livello di servizio di distretto o multi distrettuale ma che debbono necessariamente trovare delle formule organizzative e delle procedure più precise e codificate.

     I dipartimenti sono un'esemplificazione di tali formule organizzative.

     Le indicazioni generali per i singoli servizi di livello delle Unità sanitarie locali sono le seguenti:

 

A) Servizio di igiene

     Possono articolarsi come previsto dalla legge regionale 15/80 in:

     - ecologia

     - igiene pubblica, profilassi delle malattie infettive e provvedimenti medico/legali.

     Comunque dovranno essere previsti almeno i due servizi a livello zonale.

     Tali attività vengono coordinate da medici e richiedono personale delle seguenti qualifiche: medici di preferenza igienisti o legali, assistenti sanitari, tecnici della disinfestazione, operatori tecnico- sanitari, tecnici laureati e/o diplomati, personale amministrativo. La quantificazione del fabbisogno di queste figure professionali, che può essere in parte a rapporto convenzionale, andrà verificata di zona in zona tenendo conto che alcune funzioni inerenti la materia sono svolte a livello di distretto e dei servizi integrativi. Per il personale per i prelievi e i controlli ambientali si sono già riportati, precedentemente alcuni standard per ciò che concerne l'attività

periferizzata da parte degli operatori tecnico-sanitari.

     Le attività del livello centrale riguardano specificamente:

     - il coordinamento delle attività di profilassi e di controllo delle malattie infettive nei singoli e nelle comunità;

     - le rilevazioni epidemiologiche per le malattie infettive;

     - il coordinamento degli interventi di polizia mortuaria;

     - il coordinamento delle attività finalizzate alla tutela dell'ambiente di vita (aria, acqua, suolo, abitato) nonché la gestione diretta delle attività di prelievo e di analisi che per complessità non possono essere effettuate a livello di distretto;

     - la classificazione delle industrie insalubri;

     - la formulazione di pareri sanitari su attività commerciali, ricreative, turistiche e sportive ed il relativo controllo;

     - la formulazione di pareri e proposte per progetti di bonifica per insediamenti abitativi, impianti sportivi, commerciali, ricreativi scolastici e per impianti industriali relativamente ai reflui biologici, chimici e fisici nonché osservazioni e pareri sugli strumenti urbanistici adottati nell'ambito dei comuni dell'U.S.L.;

     - la formulazione di mappe territoriali dei rischi nell'ambiente di vita;

     - la gestione del servizio di disinfezione e disinfestazione.

     In particolari casi, è data facoltà a due o più U.S.L. di accordarsi fra loro per la gestione unificata di tale servizio (va verificata inoltre l'eventuale organizzazione a livello ospedaliero onde arrivare ad un'attività unificata).

- il coordinamento delle attività distrettuali di certificazione e di medicina legale nonché la gestione diretta delle attività più complesse di certificazione e medicina-legale (generalmente quelle con portanti visita collegiale) in applicazioni di leggi e regolamenti.

     Relativamente all'inquinamento atmosferico, ove occorra, possono prevedersi reti automatiche di controllo; per la vigilanza annonaria e igienico sanitaria per ciò che concerne il controllo di speciali attrezzature e prelievi sofisticati di campioni è opportuno prevedere il lavoro organizzativo a squadre. Può invece essere svolta singolarmente l'attività di controllo igienico sulle abitazioni.

     Per quanto concerne le analisi di laboratorio il servizio si avvale dei laboratori dei servizi multizonali di prevenzione.

     La Regione, qualora vi sia una specifica previsione nel Piano sanitario nazionale, si riserva, una volta che questo sarà approvato e in sede di aggiornamento del P.S.R., di attivare specifici programmi per il potenziamento della rete dei laboratori per il controllo dell'ambiente.

     Questo servizio opera, in collegamento e di comune accordo col servizio veterinario, qualora si tratti di alimenti di origine animale.

 

B) Servizio di sicurezza, igiene e medicina del lavoro

     Nell'ambito dell'eventuale settore previsto, il servizio viene organizzato a livello zonale, operando funzionalmente anche negli ambiti distrettuali per tutti gli ambienti di lavoro.

     L'attività del servizio ha finalità eminentemente preventiva e si svolge, normalmente su base programmata. I Programmi di attività comprendono sia momenti di indagine tecnica e di igiene industriale sia momenti di accertamento sanitario. Sono scelti in relazione anche alle priorità emergenti da apposite mappe dei rischi lavorativi la cui formulazione rientra fra i compiti del servizio stesso.

     Le attività possono essere distinte in:

     a) attività di sorveglianza; rientrano in questo gruppo tutte quelle di tipo conoscitivo, informativo, educativo e promozionale destinate a sollecitare, presso le componenti sociali interessate, iniziative di prevenzione nei luoghi di lavoro;

     b) attività di vigilanza e controllo; rientrano fra queste tutte quelle finalizzate a verificare le conformità delle situazioni lavorative a norme e standard fissati nella legislazione vigente nonché ad esercitare i poteri-doveri tipici di operatori con qualifiche ufficiali e di agenti di Polizia Giudiziaria.

     Il servizio può inoltre svolgere attività cosiddette di consulenza che sono quelle di cui all'ultimo comma dell'articolo 20 della legge 833/78, nonché per estensione, quelle in cui il servizio eroga prestazioni per conto terzi (ad esempio effettuazione di visite periodiche per una o più aziende), non previste fra i compiti di ufficio.

     Più in particolare fermo restando che le attività di cui al punto a) possono essere svolte da tutti gli operatori del servizio mentre quelle di cui al punto b) sono appannaggio degli operatori con funzioni di Polizia Giudiziaria (che tuttavia, possono utilizzare, nello svolgimento delle funzioni ispettive, tutti i restanti operatori dell'U.S.L.), sono compiti propri del servizio:

     1) l'individuazione, l'accertamento e il controllo dei fattori di rischio, di deterioramento, di nocività e di pericolosità negli ambienti di lavoro e il controllo dello stato di salute degli addetti in tutte le unità produttive;

     2) la formulazione di mappe dei rischi lavorativi, con l'obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tecnologiche ed i possibili effetti sull'uomo e sull'ambiente, ferma restando, su tali dati, l'osservanza del segreto industriale;

     3) lo svolgimento di indagini finalizzate all'accertamento delle cause di nocività e alla individuazione delle modalità per contrastare e rimuovere fattori di nocività presenti in singoli settori, aziende e unità produttive;

     4) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza a livello dei luoghi di lavoro e di tutti gli interessati;

     5) la indicazione di misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento degli ambienti di lavoro in applicazione della normativa vigente in materia;

     6) l'impostazione e il coordinamento della gestione degli strumenti informativi sui rischi nei luoghi di lavoro, nonché l'acquisizione dei dati a fini di elaborazioni statistico epidemiologiche;

     7) la formulazione di pareri preventivi su progetti di nuovi insediamenti di attività produttive, e/o di modifica ampliamento e ristrutturazione di quelli già esistenti, nonché la formulazione dei pareri di cui agli articoli 8 e 48 del D.P.R. 303/56;

     8) il coordinamento il controllo e l'acquisizione dei risultati di tutti gli accertamenti sanitari previsti dalla normativa vigente in tema di igiene e medicina del lavoro;

     9) la promozione di iniziative di educazione, informazione e formazione sanitaria per i lavoratori a tutti i livelli interessati.

     Ciascun servizio va dotato di strumentazione minima tanto per le attività di igiene industriale (apparecchiature per prelievi microclimatici, di rumore e vibrazioni, di polveri, fumi, gas, vapori, illuminazione ecc.) quanto per le attività sanitarie.

     Il nucleo operativo del servizio è costituito dai seguenti operatori:

     - personale medico, esperto in medicina del lavoro; una unità ogni 10- 12.000 addetti complessivi (risultanti al censimento I.S.T.A.T. 1981);

     - personale paramedico (assistenti sanitari, infermiere professionali almeno una unità per ogni medico);

     - personale tecnico per attività relative alla sicurezza e all'igiene industriale, una unità per ogni 5.000-6.000 addetti complessivi;

     - personale amministrativo; una unità ogni 15-20.000 addetti e comunque una per servizio.

     Nell'ambito del servizio la qualifica di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria va conferita, secondo quanto previsto all'art. 21 legge 833/78 e della delibera della giunta regionale n. 4389/83, tanto a figure mediche quanto a figure tecniche, tenuto conto del maggior carico di attività per queste ultime.

     Il servizio è elemento centrale nella attuazione dello specifico progetto obiettivo, cui si rimanda per ulteriori precisazioni.

 

C) Servizi di assistenza sanitaria specialistica e ospedaliera

     In questo settore, che la legge di organizzazione regionale (legge regionale n. 15/80) ha voluto unitario al fine di uno stretto coordinamento interdisciplinare, confluisce una ingente mole di attività, che si svolge ai vari livelli territoriali previsti. Qui si individuano quelli che sono i servizi zonali che operano in tale settore, ribadendo peraltro la stretta interconnessione esistente fra questi servizi e altre attività del settore svolte nei livelli distrettuale e multi distrettuale, e la necessità di prevedere moduli che, sia all'interno del settore stesso sia in termini intersettoriali, organizzino con logica unitaria tutte quelle attività che sono attualmente definite separatamente.

     A livello zonale vengono individuati i seguenti presidi e servizi:

     1. Presidio ospedaliero e relativi servizi.

     La normativa e le indicazioni relative sono trattate a parte nel paragrafo successivo 2.4. così come si rimanda all'art. 19 della legge regionale 23 giugno 1980 n. 15, data la complessità e importanza di tali servizi, la cui «centralità» nel sistema sanitario è ancor oggi innegabile.

     Le caratteristiche storiche dei presidi ospedalieri hanno portato a configurare una rete regionale che abbraccia tutto il territorio, con una distribuzione di stabilimenti in parte squilibrata e certamente eccessiva in alcune zone.

     L'attività ospedaliera delle U.S.L. deve acquisire comunque caratteristiche unitarie, riferendosi a quel modulo minimo di servizi ospedalieri, da realizzare in tutte le zone.

     Si ribadisce qui la necessità di mantenere e sviluppare la attività poliambulatoriale delle strutture ospedaliere, che in certe situazioni, debbono anche svolgere funzioni di livello distrettuale e

interdistrettuale. E' pertanto essenziale definire le modalità con cui si collegano i servizi ospedalieri con quelli specialistici territoriali, favorendo ipotesi organizzative che consentono una attività integrata.

     Ciò significa che da una parte si verifica la possibilità di utilizzazione anche del personale ospedaliero per attività territoriali nel senso più ampio di interventi svolti fuori dalle mura dell'ospedale, e dall'altra consentirà agli operatori territoriali un collegamento e una pratica nei servizi specialistici ospedalieri in funzione di un aggiornamento permanente e di una omogeneizzazione delle metodiche di lavoro (protocolli, tecniche, procedure).

     I piani attuativi locali dovranno essere l'occasione per impostare queste verifiche e/o sperimentazioni di nuovi moduli organizzativi, in ragione di una loro fattibilità concreta.

     2. Servizi di diagnosi strumentale, presidi e servizi

poliambulatoriali zonali.

     Come già anticipato nel paragrafo sulle attività di livello multidistrettuale, i servizi poliambulatoriali e di diagnosi strumentale sono da collocare a livello zonale per quelle specialità o attività che non possono trovare una distribuzione più capillare sia per la necessità di un ampio bacino d'utenza sia per l'impegno tecnico e finanziario richiesto.

     Date le caratteristiche delle strutture sanitarie della Regione sovente questi servizi sono collocati all'interno del presidio ospedaliero, e di certo non è opportuno separare una unitarietà che ha ragioni funzionali e tecniche ben precise.

     Qualora essi siano collocati in presidi poliambulatoriali va perseguito quel già citato raccordo con la struttura ospedaliera.

     3. Servizio trasfusionale.

     Ogni Unità sanitaria locale va dotata, presso le proprie strutture ospedaliere, di un servizio trasfusionale articolato, a seconda delle necessità, in emoteca o in sezione trasfusionale ospedaliera o in servizio di immunoematologia e trasfusione.

     Qualora se ne ravvisino le condizioni (disponibilità di donatori) presso la sezione trasfusionale ospedaliera o presso il servizio di immunoematologia e trasfusionale può essere istituito un «centro di plasmaferesi» per la raccolta del plasma da destinare alla produzione degli emoderivati.

     4. Servizio zonale di riabilitazione

     Tutte le attività riabilitative che si svolgono nell'U.S.L. debbono far capo ad un unico servizio che si avvale delle strutture ospedaliere ed extra-ospedaliere per il recupero funzionale, la terapia motoria, la lungo- degenza riabilitativa in strutture tutelari.

     Il servizio per la riabilitazione di livello zonale si struttura in forma dipartimentale come coordinamento:

     - delle attività riabilitative ambulatoriali;

     - dei servizi ospedalieri di recupero funzionale (comprendenti le palestre per la rieducazione motoria);

     - delle lungodegenze riabilitative in strutture tutelari;

     - degli eventuali servizi di riabilitazione specialistica esistenti nella zona.

     Le figure professionali più rilevanti per tale servizio sono quelle dei terapisti della riabilitazione e dei medici fisiatri.

     Potranno altresì essere previste altre figure professionali (ortottisti, logoterapisti, psicomotricisti) in base a specifiche esigenze locali.

     Gli standards per tali figure devono riguardare il complesso delle attività di riabilitazione motoria e di recupero funzionale che si svolgono ai diversi livelli e nei diversi presidi dell'U.S.L. prima ricordati.

     Si ritiene di affidare ai piani attuativi locali la definizione delle concrete modalità di organizzazione per l'utilizzo integrato delle competenze professionali presenti nell'ambito dei diversi servizi, sulla base di standard orientativi che per un bacino di circa 100.000 abitanti possono essere di 5 medici fisiatri e 25 terapisti della riabilitazione integrati opportunamente per l'attività ospedaliera, soprattutto se in servizi o divisioni specifiche, e per interventi in centri residenziali o strutture tutelari.

     5. Servizio di pronto soccorso, emergenza e trasporto infermi.

     Ogni U.S.L. deve assicurare il servizio di pronto soccorso e di trasporto infermi sia nel caso di urgenza che in ogni altra emergenza medico/chirurgica o psichiatrica; l'organizzazione di tali servizi, che devono necessariamente strutturarsi in rete regionale è trattata nell'apposita azione programmatica «Organizzazione regionale della rete di emergenza» (all. 3).

     A tale servizio va affidato il coordinamento di tutte le attività di guardia medica, pronto soccorso ambulatoriale, trasporto infermi sia in gestione diretta che convenzionato, che si effettuano nella Unità sanitaria locale.

 

D) Attività farmaceutiche

     Viene previsto un servizio farmaceutico di coordinamento zonale, anche qualora non venga individuato uno specifico settore ai sensi dell'art. 9 della legge regionale 15/80.

     Spetta a questo servizio il coordinamento organizzativo e regionale delle farmacie interne degli stabilimenti ospedalieri dell'U.S.L. nonché la vigilanza sulle farmacie esterne sia pubbliche che private. L'attività di farmacia del presidio ospedaliero viene di norma gestita direttamente da tale servizio, benché sia prevedibile un servizio autonomo ospedaliero che peraltro va coordinato strettamente con quello zonale.

     Il servizio è diretto da un dirigente (farmacista responsabile) e si compone anche di personale esecutivo e d'ordine per la gestione del magazzino farmaci e dell'eventuale distribuzione diretta.

     Si ricorda l'importanza delle funzioni di educazione sanitaria che tale servizio deve svolgere, e di quella di gestione del prontuario terapeutico, in stretto collegamento e corresponsabilizzazione con l'ufficio di direzione, il coordinatore sanitario, il responsabile del settore assistenza sanitaria, il dirigente sanitario del presidio ospedaliero.

 

E) Servizio di sanità pubblica veterinaria

     Per ciascuno degli ambiti operativi attivati tra quelli previsti dalla legge regionale 43/1981, la U.S.L. attiverà 1 unità operativa composta da un numero di veterinari adeguato alla attività per le funzioni citate al punto «Insieme di funzioni per il settore Sanità pubblica veterinaria» e che opererà a livello centrale di Unità sanitaria locale.

     Detto personale veterinario sarà affiancato da personale d'ordine e amministrativo. Il numero di unità di tale personale sarà anch'esso in relazione alla mole di attività amministrativa di competenza del settore.

     Nell'ambito del servizio veterinario della U.S.L. dovrà essere attivata una unità operativa addetta alle funzioni di programmazione e coordinamento delle attività di sorveglianza epidemiologica a livello di Unità sanitaria locale.

     Essa si occuperà altresì delle attività legate alla gestione del sistema informativo di settore. Infine avrà la responsabilità della programmazione, analisi e verifica delle attività di vigilanza programmata.

     Questa unità lavorerà in stretto collegamento funzionale con l'unità che svolgerà le funzioni epidemiologiche a livello regionale, nonché con l'Ufficio epidemiologico dell'Unità sanitaria locale.

     Nelle UU.SS.LL sedi di attività multizonali queste ultime potranno essere affidate ad una specifica unità operativa.

     Il Servizio veterinario delle UU.SS.LL opera tenendo conto dei pareri espressi dalla Commissione di cui all'art. 30 e all'art. 41 della legge regionale 43/1981, cui peraltro garantisce la massima collaborazione e informazione.

 

F) Servizio di assistenza e tutela sociale

     Questo settore e i relativi servizi necessitano di certo uno specifico approfondimento, anche tenuto conto del fatto che la storica disorganicità di una politica in tal senso non permette di possedere oggi dati conoscitivi complessivi sufficienti e significativi, per poter formulare precise Ipotesi di dimensionamento di tali servizi.

     In questa direzione devono vedersi gli approfondimenti che imporranno l'attuazione dei progetti-obiettivo, particolarmente quelli riguardanti gli anziani, il settore materno infantile e le tossicodipendenze.

     In linea generale a livello centrale le risorse devono essere dimensionate per far fronte ai compiti di coordinamento delle attività periferizzate in più dovrà prevedersi il personale composto da operatori sociali di direzione gestione dei servizi secondo quanto sarà specificato dal Piano socio-assistenziale.

 

G) Servizio per il trattamento delle tossicodipendenze e l'alcoolismo

     Questo servizio di assistenza ai soggetti tossicodipendenti e alcoolisti, che si avvale della collaborazione operativa degli altri servizi e presidi delle Unità sanitarie locali, sulla base della legge regionale 57/82, svolge:

     - l'attività di propaganda, di prevenzione e di educazione contro la droga, l'alcoolismo e le altre forme di tossicodipendenza;

     - il trattamento delle forme acute e croniche, senza area di degenza autonoma;

     - l' attività consultoriale e di orientamento ;

     - le misure di ausilio legale ed interventi di assistenza sociale anche in collegamento con i servizi sociali degli Enti locali;

     - l'attività di reinserimento e post-cura ricorrendo anche a Comunità terapeutiche apposite;

     - l'esecuzione di programmi di formazione e qualificazione professionale;

     - la raccolta di elementi informativi ed epidemiologici.

     Le linee di intervento generali e particolari, che saranno specificate nell'apposito progetto-obiettivo, si devono organizzare sulla base dei seguenti criteri:

     a) per quanto concerne la promozione e l'organizzazione delle prestazioni preventive, curative e riabilitative, si deve, in ogni caso, puntare all'utilizzazione di operatori che già svolgano attività specialistica affine in altri presidi e servizi di Unità sanitaria locale, mentre non si ritiene esistano esigenze di personale generico e paramedico da adibire esclusivamente al servizio in oggetto, Ci si avvale dunque del personale complessivo dell'Unità sanitaria locale in relazione alle disponibilità e da utilizzare in gruppi specifici a carattere multidisciplinare, anche in via sperimentale.

     b) Per quanto concerne il coordinamento delle attività preventive, curative e riabilitative esso spetta a livello di ciascuna Unità sanitaria locale all'Ufficio di direzione dell'Unità sanitaria locale avvalendosi del settore preposto all'assistenza e tutela dell'età adulta, servizio sociale e consultoriale della famiglia.

     Si tratta cioè di coordinare e promuovere collegamenti con i servizi consultoriali familiari, con i servizi materno-infantili e per l'età evolutiva con i centri di salute mentale, promuovere organici interventi in campo preventivo, interessando principalmente la scuola, gruppi ed associazioni giovanili, circoli ricreativi e culturali;

     compiere gli interventi immediatamente necessari ed indirizzare il tossicodipendente, che in base alla legge regionale deve ricevere assistenza a titolo gratuito nel presidio sanitario più indicato; espletare tutti gli adempimenti informativi richiesti nei confronti dell'autorità giudiziaria e di polizia o utili allo svolgimento delle attività terapeutiche e di riabilitazione; integrare l'intervento pubblico con quello privato.

     c) Per adempiere operativamente ai compiti sono utili almeno le seguenti competenze professionali ricuperate possibilmente da altri servizi che operano in questo settore:

     - sociologi, psichiatri, psicologi, assistenti sociali e sanitari, e che costituiscono il gruppo operativo per le tossicodipendenze e l'alcoolismo.

     La dimensione del gruppo operativo varia a seconda della dimensione della zona; ha una sua direzione nominata dalla Unità sanitaria locale.

     d) Gli operatori socio-sanitari dipendenti e gli eventuali operatori volontari che la legge regionale 57/82 prevede e ne favorisce la presenza, devono partecipare obbligatoriamente ai corsi di formazione e aggiornamento appositamente predisposti.

 

C) Interrelazioni funzionali con altri servizi.

     I servizi zonali si pongono ad un livello fondamentale nello schema organizzativo delle UU.SS.LL, essi formano quasi sempre la parte più rilevante del settore di appartenenza, e quindi le modalità di interrelazione con altri servizi sono essenziali per dare un quadro omogeneo e concreto di riferimento.

     Alcune interrelazioni avvengono fra servizi e/o attività ricomprese nello stesso settore, per altri si tratta di collegamenti fra diversi settori delle Unità sanitarie locali.

     Il modello dipartimentale diviene quindi uno strumento operativo essenziale per attuare un collegamento che salvaguardi sia l'autonomia degli specifici servizi sia la unitarietà degli interventi.

     Le più rilevanti necessità di integrazione con i servizi di distretto e multidistrettuali sono già stati illustrati, mentre una valutazione meritano i problemi di collegamento con i servizi multizonali.

     Su un altro versante si pongono problemi di collegamento con i servizi laboratoristici multizonali.

     Per le indagini più complesse sia di tipo ambientale che clinico i servizi di U.S.L. possono avvalersi dei laboratori specialistici multizonali, che sono da considerarsi strumentalmente a servizio delle varie UU.SS.LL.. Tali laboratori salvo casi di emergenza, intervengono per prelievi, misurazioni ed esami solo su richiesta dei responsabili dei servizi zonali interessati.

     Le interrelazioni funzionali intra ed interospedaliere sono trattate nello specifico capitolo.

     Un particolare collegamento dovrà attuarsi tra il settore di livello centrale, con funzioni di carattere gestionale, dell'amministrazione del personale e attività formativa e i servizi multizonali dove si svolgerà l'attività formativa vera e propria.

     I servizi zonali dovranno comunque essere coinvolti nelle scelte relative alla programmazione dell'attività di formazione e nella stesura di programmi.

     Un ulteriore collegamento deve essere tra la direzione dell'U.S.L. e i servizi riabilitativi, per promuovere, come richiede la legge nazionale 833/78, la integrazione e la qualificazione sanitaria degli stabilimenti termali pubblici e valorizzare il profilo sanitario delle altre aziende termali convenzionate, secondo i disposti legislativi regionali.

 

D) Strutture edilizie e strumentazione

     I fabbisogni edilizi e strumentali del livello centrale di U.S.L. non possono che essere determinati da un'approfondita e specifica analisi zona per zona.

     Si possono tuttavia definire fin d'ora le modalità d'approccio ed i criteri valutativi con i quali affrontare l'analisi, tenendo presente che su questo piano si gioca gran parte della compatibilità economica cui la organizzazione dei servizi deve sottostare.

     Innanzitutto è bene distinguere, nel settore sanitario, due blocchi di attività che a livello centrale possono essere considerati a parte per quanto concerne gli investimenti edilizi e strumentali:

     - attività ospedaliere e specialistiche (ad esempio servizi di laboratorio e radiodiagnostici, servizio poliambulatoriale, presidio ospedaliero);

     - le attività di direzione, coordinamento, controllo e di servizio (settori, uffici e servizi centrali non ospedalieri).

     La distinzione sostanziale fra i due blocchi sta nel diverso grado di influenza della tecnologia (elevato nel primo, basso nel secondo), e nella diversità di orientamento (prevalentemente curativo nel primo e prevalentemente preventivo nel secondo).

     Da questa distinzione deriva, che le tipologie edilizie debbono orientarsi eminentemente alla funzionalità tecnico/operativa nel primo caso, mentre nel secondo assumono maggior rilevanza gli aspetti legati alla partecipazione ed alla integrazione nel sistema urbanistico/civile. Le esigenze di strumentazione risultano dominanti nel primo caso e secondarie nell'altro.

     Questa distinzione ha, come ovvio, valore in linea di massima. Infatti anche servizi prevalentemente preventivi, come il servizio di medicina del lavoro ha spesso necessità di strumentazioni complesse.

     Per tale motivo la soluzione ottimale dal punto di vista funzionale potrebbe essere la concentrazione dei servizi di U.S.L. in uno spazio unico, poiché la struttura edilizia sia articolata e non si identifichi o venga identificata con un unico servizio (esempio: ospedale).

     D'altro canto una struttura edilizia di U.S.L. disseminata in spazi diversi, benché probabilmente meno valida sul piano strettamente funzionale, potrebbe in alcune situazioni, realizzare una maggior integrazione fra ambiente urbanistico, culturale e sociale e servizi.

     Sia che si propenda per la concentrazione, che per la diffusione della struttura edilizia delle U.S.L., è opportuno che le attività ad alto contenuto tecnologico e con strette interrelazioni funzionali sul piano operativo del servizio con l'attività ospedaliera siano concentrate nelle sedi dei presidi ospedalieri (ambulatori di alta specialità, centri trasfusionali, laboratori, al fine di ottimizzare gli investimenti e la funzionalità del servizio. Le attività di coordinamento, indirizzo, sanità pubblica, è invece opportuno che abbiano una dislocazione che tenga conto e delle esigenze dell'utenza e delle proprie interrelazioni.

     Per il resto le scelte di localizzazione e la determinazione dei fabbisogni edilizi per singola zona va fatta puntando innanzitutto all'utilizzazione ed al recupero, con eventuale ristrutturazione, degli spazi e delle strutture edilizie esistenti, fatta salva una loro diversa destinazione nel caso di sovrabbondanza delle spese per il settore sanitario ovvero di totale disfunzionalità.

     Per quanto concerne la strumentazione, essa dovrà essere oggetto di specifico studio programmatico che partendo dalla rivelazione dell'esistente, definisca criteri precisi, fabbisogni e distribuzione in relazione alle linee indicate nel presente documento, soprattutto per quanto concerne il settore ospedaliero.

 

E) I dipartimenti della Unità sanitaria locale

     Come già detto il dipartimento rappresenta una modalità organizzativa che trova applicazione in molte situazioni e per differenti esigenze di integrazione. A livello di U.S.L. si prevede la costituzione, nel triennio, almeno dei seguenti dipartimenti:

     a) Dipartimento d'emergenza e pronto soccorso;

     b) Dipartimento per la salute mentale;

     c) Dipartimento materno-infantile e dell'età evolutiva;

     d) Dipartimento oncologico;

     e) Dipartimento per l'assistenza dell'anziano e il recupero funzionale;

     f) Tutela dell'ambiente di vita e di lavoro.

     Le modalità di organizzazione e di funzionamento dei dipartimenti sono definite caso per caso in relazione coi compiti di coordinamento e operativi affidati, da parte delle UU.SS.LL. sulla base delle indicazioni date dal presente piano e da direttive regionali.

     In linea generale, il dipartimento, più che da un insieme di organi, peraltro necessari, si caratterizza come un insieme di indirizzi procedure e collegamenti operanti nella realtà dei singoli servizi in una logica unitaria di interrelazioni.

     Le singole UU.SS.LL. dovranno pertanto elaborare, i singoli regolamenti per tutti i dipartimenti in esse costituiti, nei quali precisare fra l'altro il criterio di nomina degli organi di dipartimento, le modalità di funzionamento degli stessi, i servizi che vi operano e con quali modalità, a meno di regolamentazioni previste dagli organi regionali.

 

2.3. Il livello multizonale

     Alcuni servizi e funzioni, per la loro complessità organizzativa e specificità tecnica sono attualmente a bacino multizonale o addirittura unici per l'intera regione.

     La scelta dimensionale peraltro è stata ed è tuttora oggetto di dibattito critico, per il fatto che nel passato e spesso forzatamente sul piano scientifico, è stata applicata la teoria, dimostratasi al contrario più volte erronea, delle economie di scala.

     Tenendo poi conto del controllo gestionale e della spesa (art. 18 legge n. 833/78) da attuare in forma allargata alle collettività servite al di là della zona in cui il servizio o la funzione è localizzata, è stato in ultima istanza adottato metodologicamente un criterio più complesso per la definizione dei servizi e presidi multizonali e tale che prenda in considerazione la concomitanza di tre fattori:

     - l'ampiezza del bacino in funzione del principio di «economicità allargata»;

     - la rarità delle funzioni per la loro complessità tecnico- scientifica;

     - la caratteristica di multizonalità dell'intera unità organizzativa autonoma tecnicamente (insieme delle singole funzioni singolarmente non autonome e finalizzate ad un preciso obiettivo).

 

A) Individuazione per settori, organizzazione, standard e interrelazioni funzionali

     L'individuazione dei servizi multizonali viene fatta all'interno dei settori interessati.

     1. Settore veterinario

     Si individuano come funzioni svolte a livello multizonale quelle dell'Istituto zooprofilattico delle Venezie attraverso le sezioni zooprofilattiche di Udine e di Pordenone.

 

 

 

2. Settore ambiente

     Ai sensi della legge 833/78 e dell'articolo 22 della legge regionale 15/80 e secondo le indicazioni della legge regionale 32/83 sono istituiti i presidi multizonali di prevenzione, i quali svolgono quelle attività tecnico-specialistiche complesse nel

campo dell'igiene pubblica, dell'igiene ambientale, dell'igiene, della sicurezza e della medicina del lavoro secondo quanto indicato dell'articolo 4 della succitata legge regionale 32/83.

     I presidi multizonali di prevenzione sono 4 e vengono localizzati nelle Unità sanitarie locali capoluogo di provincia; ciascuno di essi ha come bacino di utenza il territorio della intera provincia e rispondono al settore preposto all'igiene pubblica e profilassi per gli aspetti organizzativi, mentre per quelli funzionali rispondono ai settori interessati dell'Unità sanitaria locale che li amministra.

     Ai servizi dei presidi multizonali di prevenzione affluiscono le funzioni ed i compiti svolti nel sistema pregresso dai Laboratori di igiene e profilassi, dall'Ente nazionale prevenzione infortuni e dall'Associazione nazionale controllo combustione e, per quanto riguarda gli Ispettorati del lavoro, i compiti che, per le caratteristiche tecniche e specialistiche, possono essere solo svolti dai servizi multizonali, ritenendosi che ogni altro compito già di pertinenza dell'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo della salute dei lavoratori competa ai servizi della Unità sanitaria locale, in particolare al Servizio di medicina del lavoro, ai sensi dell'articolo 21 della legge 833/1978 e dell'articolo 6 della legge regionale 24 agosto 1981, n. 52.

     Tenuto conto di quanto dispone il settimo comma dell'articolo 5 della legge regionale n. 32/1983, assume particolare rilievo la necessità della collaborazione tra i presidi multizonali di prevenzione ed i servizi ospedalieri che assolvono alla funzione di microbiologia segnatamente per quanto attiene allo svolgimento delle analisi finalizzate alla prevenzione e profilassi delle malattie infettive e parassitarie e delle tossinfezioni.

     Secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 32 del 27 aprile 1983, ciascun Presidio multizonale di prevenzione può articolarsi in quattro servizi:

     a) chimico-ambientale;

     b) fisico-ambientale;

     c) bio-tossicologico;

     d) impiantistico-antifortunistico.

     Per il triennio di validità del piano i servizi previsti (e il relativo bacino di utenza) nei quattro Presidi multizonali di prevenzione sono i seguenti:

 

 

 

                    (n. Unità sanitarie locali servite)

 

               Trieste    Gorizia       Udine       Pordenone

 

Chimico            1       2          7/3/4/5/6/8    11/9/10/12

Fisico            1/2                 7/3/4/5/6/8

                                        9/10/11/12

Bio-tossicol.      1       2          7/3/4/5/6/8    11/9/10/12

                                       7/3/4/5/6/8

Impiantistica     1/2      --         7/3/4/5 6/8

                                        9/10/11/12

 

 

 

     Ciascun servizio espleta funzioni nelle materie individuate all'articolo 5 della legge regionale 32/83 ed è diretto da un responsabile in posizione funzionale di dirigente.

     Al Presidio multizonale di prevenzione è preposto un responsabile di presidio, nominato dal Comitato di gestione dell'Unità sanitaria locale sede del presidio stesso.

 

     Presso ciascun Presidio multizonale di prevenzione è istituito il Comitato tecnico-scientifico secondo le modalità indicate dall'articolo 6 della legge regionale n. 32/83.

     Il Presidio multizonale di prevenzione è amminigrato dall'Unità sanitaria locale nel cui ambito territoriale esso è ubicato ed ha un proprio conto di gestione redatto, in via extracontabile, quale allegato al bilancio preventivo dell'Unità sanitaria locale non consentendo l'attuale struttura del bilancio una diversa impostazione se non previa modifica delle disposizioni in materia.

     Tale conto di gestione dovrà essere impostato secondo il modello che verrà definito dalla Giunta regionale.

     Per quanto riguarda la dotazione di personale non è possibile, per questa fase, l'espressione di standard di dettaglio: la dotazione iniziale di personale, per ciascun Presidio multizonale di prevenzione, è basata sul personale già operante nei laboratori provinciali di igiene e profilassi e su quello dell'ex Ente nazionale prevenzione infortuni ed ex Associazione nazionale controllo combustione non contingentato per le sedi centrali e periferiche dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro; gli ulteriori arricchimenti nella dotazione di personale dovranno essere determinati su un attento esame dei compiti e dei carichi di lavoro che effettivamente verranno ad esprimersi per ciascun servizio del Presidio multizonale di prevenzione nei diversi ambiti territoriali.

     La creazione di servizi è stata basata su di un criterio di omogeneità di competenze; ciò non esclude l'utilizzo in comune, da parte di più di un servizio, di strumentazioni e tecnologia e particolarmente di quelle più complesse e sofisticate.

     Inoltre, l'organizzazione del lavoro all'interno del Presidio multizonale di prevenzione dovrà prevedere la costituzione di gruppi di lavoro, permanenti o a termine, interdisciplinari e interservizio, a fronte di specifici problemi metodologici ed operativi: indipendentemente dalla struttura gerarchica del Presidio multizonale di prevenzione, tali gruppi di lavoro vengono coordinati dall'operatore del Presidio multizonale di prevenzione più esperto sulla specifica materia e possono comprendere anche operatori dei servizi delle singole Unità sanitarie locali, afferenti al Presidio multizonale di prevenzione.

     Circa i rapporti fra i presidi multizonali di prevenzione, ciascun presidio può sviluppare attività di specializzazione per specifiche materie, intendendosi per specializzazione non un'attività sostitutiva dei compiti di istituto o demandati dalle leggi ai singoli servizi, ma come attività di supporto ad altri servizi, grazie a specifiche esperienze scientifiche ed alla tecnologia in dotazione.

     La materia della specializzazione, in via sperimentale, è deferita alla valutazione tecnico-scientifica della conferenza composta dai responsabili del settore igiene pubblica delle Unità sanitarie locali sedi di presidi multizonali di prevenzione e dai coordinatori responsabili dei presidi multizonali di prevenzione gessi, nonché alle decisioni del Comitato di gestione dell'Unità sanitaria locale nella cui sede si situa il presidio incaricato della specializzazione, di concerto con gli altri Comitati di gestione interessati.

     La conferenza suddetta è presieduta dal direttore del Servizio igiene della Direzione regionale dell'igiene e della sanità e adempie anche a compiti di supporto per la Direzione regionale dell'igiene e della sanità.

     Circa, infine, i rapporti dei presidi multizonali con i settori e con i servizi dell'Unità sanitaria locale si vuole ribadire il ruolo eminentemente integrativo e di supporto, e non già sostitutivo, del Presidio multizonale di prevenzione verso l'attività dei servizi delle Unità sanitarie locali e quindi la necessità di stabilire fra Unità sanitarie locali sede di Presidio multizonale di prevenzione e Unità sanitarie locali da esso servite precise procedure di rapporto non solo di natura gestionale ma anche sotto il profilo tecnico-operativo. Come aspetto particolare di tale impostazione ne deriva che la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell'articolo 21 della legge 833/78, sarà preferibilmente conferita agli operatori dei servizi delle singole Unità sanitarie locali, mentre saranno relativamente esigue fra gli operatori del Presidio multizonale di prevenzione: fra questi andranno accordate prioritariamente agli operatori del servizio impiantistica ed antinfortunistica, mentre per gli altri operatori è in generale preferibile procedere secondo un meccanismo di attivazione che li consideri «ausiliari» degli ufficiali di polizia giudiziaria delle singole Unità sanitarie locali.

     In concreto, quindi, i presidi multizonali sono di norma attivati da specifiche richieste pervenute dai settori o dai servizi delle Unità sanitarie locali che insistono sul territorio di competenza, a seguito della necessità di un supporto tecnico. Peraltro i presidi sono chiamati altresì a svolgere attività d'ufficio quali le verifiche di legge già di competenza dell'Ente nazionale prevenzione infortuni, dell'Associazione nazionale controllo combustione e dell'Ispettorato del lavoro, attività che di norma si esplica con collaudi e verifiche periodiche. A tali compiti da espletare in via diretta si aggiungono quelli provenienti da specifica legislazione che aveva demandato alle strutture del sistema pregresso e ora demanda ai presidi gessi puntuali prescrizioni da assolversi ex lege. Negli altri casi gli interventi autonomi del personale tecnico dei servizi dei presidi sono effettuati sulla base di precisi programmi operativi concordati con i servizi di igiene delle Unità sanitarie locali.

     Accanto ai compiti di istituto e a quelle funzioni che ai presidi vengono richieste da parte delle strutture della Unità sanitaria locale, vanno ricordati anche quei rapporti che dall'esterno potranno incidere, in modo più o meno rilevante, sull'attività dei servizi del presidio senza la mediazione del settore di igiene pubblica dell'Unità sanitaria locale: ci si riferisce alle attività richieste da altre Autorità pubbliche o poteri statali, come anche a quelle svolte nell'interesse dei privati.

 

3. Settore di assistenza sanitaria

     Assistenza ospedaliera

     Sulla base dei criteri indicati in premessa a questo specifico paragrafo per ciò che concerne la funzione ospedaliera si ritiene corretto non individuare alcun presidio con caratteristiche multizonali.

     Infatti nessun presidio soddisfa tutte e tre le condizioni richieste, anche quelli maggiormente caratterizzati in senso specifico.

     La compresenza nei presidi ospedalieri di funzioni a bacino distrettuale, multidistrettuale e zonale con funzioni a bacino multizonale, quando esistenti, hanno fatto ritenere opportuno arrestarsi alla sola attribuzione della caratteristica di multizonalità alle singole funzioni anziché ai presidi.

     Criteri generali di funzionamento e controllo gestionale dei presidi.

     I criteri validi in generale ed indipendentemente dalla loro tipologia, per il funzionamento dei presidi e servizi multizonali, sono:

     - i presidi e servizi multizonali sono gestiti direttamente dalle UU.SS.LL. ove sono ubicate e rispondono funzionalmente al settore o ai settori di competenza.

     Per quanto riguarda il coordinamento fra le UU.SS.LL. che gestiscono tali presidi e le altre che ne usufruiscono delle attività si rimanda a quanto indicato nella legge regionale 15/80 all'art. 23 o per il Presidio multizonale di prevenzione alla legge regionale 32/83.

     Ad integrazione dello stesso si individuano gli atti più rilevanti da comunicare alla Giunta regionale, e cioé:

     - relazioni strutturate per le parti essenziali, dell'attività consuntiva e di quella prevista ad inizio dell'anno nuovo;

     - piano annuale degli investimenti tecnologici, delle assunzioni e della modificazione quali-quantitativa delle specialità e funzioni multizonali;

     - verbali di votazione del Comitato di gestione allargato, nei casi previsti.

     Per il funzionamento del presidio e servizio multizonale nei confronti delle Unità sanitarie locali interessate dovrà stipularsi un apposito disciplinare che verrà assunto dagli organi di amministrazione della stessa Unità sanitaria locale.

     Senza vincolarne fin d'ora i contenuti si ritiene che nel prossimo triennio tale disciplinare debba essere limitato a regolamentare le interrelazioni tra servizi appartenenti ai dipartimenti che verranno istituiti e i servizi a presidi multizonali che in tali dipartimenti saranno coinvolti.

 

2.4. Norme e standard per le funzioni di diagnosi e cura ospedaliera

     I criteri generali elencati in precedenza sono riferimento valido anche per questa analisi più specifica.

     Si intende peraltro sottolineare il concetto che la funzione specialistica ospedaliera deve essere ormai intesa come modalità specifica di risposta a bisogni sanitari e non più come istituzione.

     La necessità di riferirsi a criteri di efficienza di tali servizi e di efficacia delle attività svolte comporta una analisi quanti-qualitativa che va oltre i tradizionali parametri di valutazione (n. dei posti tetto, medie di degenza, percentuali di occupazione) per definire in termini di programma il dimensionamento del settore, anche in considerazione delle risorse umane e scientifiche necessarie.

     Concretamente si deve operare una sintesi fra i dati di attività e una logica funzionale e di servizio, per proporre programmi e progetti di riordino e sviluppo, realizzabili e correnti con i bisogni della popolazione.

     Questo anche nella consapevolezza che gli gessi dati disponibili, che dimostrano una attenzione finora quasi esclusiva per la funzione di degenza, sono soprattutto quantitativi e non esprimono una sintesi leggibile della realtà funzionale delle attività ospedaliere.

     Viene valutata anche la realtà storica della Regione, che ha prodotto una rete ospedaliera in molti aspetti disomogenea, orientata da fattori di varia natura, che certamente non hanno favorito le zone economicamente più deboli.

     Le attuali indicazioni normative e le esigenze di contenimento dei costi impongono una ampia revisione di tale rete, che peraltro non può avviarsi acriticamente senza considerare i fattori determinanti del passato e le conseguenze di scelte di ridistribuzione delle risorse nel futuro.

     A tal fine va ricercato un preciso e responsabilizzato coinvolgimento del livello locale nell'ambito dei piani attuativi, per completare il disegno programmatico che il piano regionale può solo inquadrare in alcune normative essenziali di riferimento al fine di omogeneizzare e riequilibrare il livello dei servizi.

     Coerentemente a questi principi, si sono assunti come indirizzo i seguenti aspetti:

     a) standards regionali

     Il ricorso agli standards tradizionali resta giustificato solamente a livello regionale.

     In conformità con gli obiettivi enunciati a livello nazionale per la riduzione e il riequilibrio delle dotazioni in posti letto ospedalieri tra le Regioni, anche il piano sanitario della Regione Friuli Venezia Giulia dà proprie indicazioni in merito come riportate nell'allegato n. 5.

     Gli standards di funzionalità sono orientativi e l'obiettivo è quello di una corretta riduzione del numero dei posti letto, garantendo adeguati livelli sia di efficienza che di servizio.

b) funzioni di base

     Come già anticipato, il piano indica le funzioni specialistiche fondamentali che devono essere previste in ogni servizio ospedaliero di Unità sanitaria locale (Ospedale unico).

     1) Servizio di pronto soccorso e accettazione;

     2) Divisione di medicina generale;

     3) Divisione di chirurgia generale;

     4) Divisione o servizio autonomo di pediatria;

     5) Divisione o servizio autonomo di ostetricia e ginecologia;

     6) Servizio di anestesia e rianimazione;

     7) Servizio di analisi chimico-cliniche, microbiologiche e di anatomia e istologia patologica;

     8) Servizio di radiodiagnostica;

     9) Servizio di recupero e rieducazione funzionale;

     10) Servizio di direzione sanitaria;

     11) Centro o servizio trasfusionale;

     12) Servizio di farmacia (anche aggregato a quello di Unità sanitaria locale) e inoltre quelli previsti dalla legge 132/68, all'art. 19, qui non citati.

     Sono inoltre da considerare come funzioni integrative non obbligatoriamente presenti:

     13) Divisione di ortopedia e traumatologia;

     14) Servizio di psichiatria, con o senza posti letto.

     Vanno anche previste alcune funzioni ambulatoriali, sia per le specialità sopra indicate che per le seguenti:

     15) Otorinolaringoiatria;

     16) Oculistica;

     17) Cardiologia;

     18) Odontostomatologia.

     c) Indicazioni per l'organizzazione locale

     Nelle indicazioni per ogni zona il criterio adottato è quello di una distribuzione a rete sia delle funzioni di base sia delle altre specialità.

     Questo è stato fatto considerando i dati conoscitivi sulla domanda e offerta, relativi agli anni 1981 e 1982, corretti in funzione degli obiettivi di riequilibrio e di efficienza che si intendono raggiungere realisticamente a livello locale nelle singole UU.SS.LL., nel triennio 1985-1987.

     Volendo comunque privilegiare la logica della funzione su quella del posto letto, si è verificata la necessità di superare i criteri di dimensionamento organizzativo previsti dalla legislazione nazionale in materia ospedaliera.

     Si è quindi individuata, oltre alla divisione, anche il servizio autonomo, con o senza posti letto e il servizio aggregato (ad una divisione o ad un servizio autonomo). Questo consente di svincolare la previsione di una funzione da un rigido parametro organizzativo e quantitativo, in relazione anche ad una logica di dipartimentalizzazione.

     La diminuzione dei posti letto non significa quindi necessariamente soppressione di alcune attività, con conseguente eliminazione di profili professionali, ma con loro adeguamento, anche come convenzione su altri interventi della stessa funzione specialistica. Spetta ai piani attuativi di zona valutare le necessarie dotazioni di organico per ogni specialità, considerando e definendo formalmente le previste attività di servizio ambulatoriali e le modifiche organizzative di tipo dipartimentale.

     Quanto detto vale di regola per tutte le specialità e funzioni tranne i casi in cui la proposta di piano indichi espressamente la chiusura di una divisione o di un

servizio.

     Quanto detto vale di regola per tutte le specialità e funzioni a meno dei casi in cui la proposta di piano indichi espressamente il contrario oppure la messa in esaurimento e ovviamente la chiusura di una divisione o di un servizio.

     Si intende pertanto attuare l'obiettivo di un progressivo sganciamento del rigido rapporto con i parametri di degenza, soprattutto con quello del numero dei posti letto. Questi possono mantenere una loro validità di indicazione quantitativa per le

divisioni, che devono avere un loro dimensionamento minimo di degenza, ma vanno superati sia per la valutazione degli organici necessari (che solo in alcune particolari specialità necessitano di dimensionamenti legati a indicatori di tempo d'assistenza) sia per i ruoli e le responsabilità direttive, sia per le risorse attribuite.

     A stretto corollario di questa indicazione si pone un altro obiettivo che il piano sanitario intende introdurre per una sua graduale realizzazione e cioè l'unificazione funzionale e organizzativa di attività specialistiche omogenee, svolte dentro e fuori l'ospedale. Il modulo organizzativo di riferimento per tale obiettivo non è unico, ma può trovare già nell'attuale ordinamento diverse possibilità: dal dipartimento per funzione, di tipo verticale, al coordinamento di servizi autonomi o fra servizi e operatori convenzionati, all'unificazione tout court in un unico servizio di tutte le attività omogenee comunque svolte nella Unità sanitaria locale.

     Si rimanda ai piani attuativi locali la definizione di tali proposte, e si sottolinea che lo gretto rapporto o l'unificazione organizzativa di attività omogenee consente:

     a) una elasticità nell'impiego degli operatori, sia nel senso di una mobilità operativa, sia in funzione dell'aggiornamento degli stessi; b) una omogeneizzazione degli interventi, sia come procedure che come specifiche tecniche;

     c) un utilizzo integrato delle risorse;

     d) una miglior definizione delle responsabilità, anche direzionali.

     In sostanza tale intervento risulta propedeutico alla costruzione di quel sistema organizzativo per dipartimenti, definito dalla riforma sanitaria e che anche la Regione Friuli-Venezia Giulia fa proprio.

     Per la programmazione della rete ospedaliera regionale, sono state individuate le specialità che possono trovare collocazione nell'ambito del presidio ospedaliero, specificando anche i moduli organizzativi prevedibili, in relazione anche alle esigenze locali, e l'ambito funzionale di riferimento.

 

 

 

                                 TAVOLA I

 

Moduli organizzativi e ambiti funzionali di riferimento per le specialità

 

------------------------------------------------------------------

                             Servizio Autonomo

------------------------------------------------------------------

Spec.            di   S.  S.  co   se  co  senz  Funz. di   Note

                  v.   ag  au  n    nz  n   a

                       gr  t.  p.   a   p.

                       .       l        l.

------------------------------------------------------------------

1 Accett. e                        X       X     Direz.     Dip.

pronto soccorso                                  san.       d'em.

 

2 Anatomia e                       X       X     Labor.

istologia                                        anal.

patologica

3 Anestesia e                 X

rianimazione

4 Anestesia e                 X

rianimazione

con terapia

intensiva

5 Broncoscopia                             X     Pneumo-

                                                  logia

6 Cardio-        X                                          Dip.

chirurgia.                                                  card.

7 Cardiologia                      X       X     Medic.     Dip.

                                                  gen.       card.

8 Cardiologia    X            X                             Dip.

con unità                                                   card.

coronarica

9 Centro                               X         An.rian.+

antiveleni                                       T.I.

10 Chirurgia     X

generale

11 Chirurgia              X                      Chir.

maxillo-                                         gen.

facciale

12 Chirurgia     X                               Chir.

pediatrica                                       gen.

13 Chirurgia     X                               Chir.

plastica                                         gen.

(centro

ustionati)

14 Chirurgia     X                               Chir.

toracica                                         gen.

15 Chirurgia     X                               Chir.

vascolare                                        gen.

16 Dermatologia  X            X                  Med. gen.

17 Direzione                       X

sanitaria

18 Diabetologia                    X       X     Med. gen.

19 Ecografia                               (X)   Radio-

                                                  logia

20 Ematologia    X                               Med. gen.

21 Emodinamica                     X       X     Cardio-

                                                  logia

22 Endo-                           X       X     Med. gen.

crinologia

23 Endoscopia                              X     Vari

24 Farmacia                        X       X

25 Farmacologia                            Medg

clinica                                    en

26 Fisica                          X

sanitaria

27                                 X       X     Pneum. o

Fisiopatologia                                   Med. gen.

respiratoria

28                                 X       X     Med. gen.

Gastroentero-                                    e Chir.

logia                                            gen.

29 Geriatria     X                               Med.gen

 

30 Immunologia                             X     Micro-

                                                  biologia

31 Laboratorio                     X

analisi

32 Malattie      X    X                          Med. gen.

infettive

33 Medicina      X

generale

34 Medicina del               X

lavoro

35 Medicina                        X

legale

36 Medicina                        X       X

nucleare

37 Micro-                          X             Lab.

biologia                                         analisi

38 Nefrologia e               X                  Med. gen.

dialisi

38 Dialisi                         X       X

39 Neonatologia                                  Ped. o

          dotaz.                                  pat. neo

40 Neuro-        X

chirurgia

41 Neuro-                          X             Radio-

radiologia                                       logia

42 Neurologia    X                 X       X     Med.gen.

43 Neuro-                          X             Neuro-

psichiatria                                      logia

infantile

44 Oculistica    X            X        X         Chir.

                                                  gen.

45 Odonto-                         X       X     Chir.

stomatologia                                     gen.

46 Oncologia     X                 X       X     Med. gen.  Dip.

                                                  o Chir.    onc.

                                                  gen.

47 Ortopedia e   X

traumatologia

48 Ostetricia e  X            X

ginecologia

49 Otorino-      X            X                  Chir.

laringoiatria                                    gen.

50 Patologia-                 X        X         Pedia-     Dip.

neonatale                                        tria       mat.

                                                             inf.

51 Pediatria     X            X

52 Pneumologia   X                               Med. gen.

53 Psichiatria                X                  Dip.

                                                  psich.

54 Radiologia                      X

55 Radioterapia               X            X     Radio-

                                                  logia

56 Reumatologia                            X     Med.gen.

57 Riabili-      X            X    X       X

tazione,

recupero e

rieducazione

funzionale

 

58 Servizio                        X       X     Lab.

trasfusionale                                    analisi

59 Urologia      X    X                          Chir.

                                                  gen.

60 Virologia                       X       X     Micro-

                                                  biologia

61 Ex centri di                    X       X     Vari

medicina

sociale

62 Bioinge-                        X             Fis.san.

gneria medica

------------------------------------------------------------------

 

 

 

     La elencazione qui esposta può essere comprensiva di tutte le specialità e funzioni necessarie per il corretto funzionamento della rete ospedaliera.

     L'indicazione data col termine «funzione di» indica che l'attività relativa viene svolta qualora non vi sia una struttura autonoma, dalle specialità principali; questa considerazione vale anche con riferimento al «servizio aggregato».

     Per la collocazione territoriale delle specialità si rimanda alle tavole e si danno di seguito alcune indicazioni più specifiche in merito alle singole funzioni di diagnosi e cura elencate.

 

2.4.1. Funzioni di diagnosi e cura

     1. Accettazione Sanitaria e Pronto Soccorso

     La funzione di accettazione e di primo intervento deve essere assicurata in tutte le sedi ospedaliere, mentre quella di Pronto soccorso, per far fronte all'emergenza, deve essere assicurata in tutti i servizi ospedalieri di U.S.L. (Ospedale unico), secondo il criterio di costituire un unico centro organizzativo. I piani attuativi potranno peraltro prevedere soluzioni operative su più sedi mantenendo comunque l'unicità organizzativa.

     La complessità organizzativa di questa funzione è differente per livelli, così come individuati dal progetto-obiettivo della Rete regionale dell'emergenza, e ad esso si rimanda per gli aspetti normativi (All. 3).

     Vanno qui richiamate comunque alcune specifiche sull'organizzazione minima del servizio quando esistono ambedue le funzioni.

     Esso deve avere personale infermieristico autonomo, che consenta una costante copertura dei turni anche notturni, mentre il personale medico è garantito dalle rotazioni degli operatori della divisione di medicina e chirurgia, salvo indicazioni diverse dell'All. 3, va garantita la presenza nel presidio ospedaliero di un medico anestesista rianimatore, la possibilità di reperire il personale atto al funzionamento di almeno una sala operatoria, la esecuzione di esami di laboratorio, urgenti e di esami radiografici.

     Per la componente ostetrico-ginecologica si rinvia alle indicazioni specifiche per tale specialità.

     Va assicurata una dotazione strumentale minima, per rianimazione d'urgenza respirazioni assistite, controllo di principali parametri vitali, in particolare per l'esecuzione di E.C.G., nonché una collocazione spaziale-architettonica conforme alle norme in materia, centrali rispetto alla struttura ospedaliera, collegata razionalmente con la struttura e i servizi collaterali.

     Il servizio è di norma aggregato, sotto la diretta responsabilità della direzione sanitaria, anche se va perseguita a breve termine sia una organizzazione dipartimentale, che coinvolga più direttamente i servizi e

 

le divisioni dell'ospedale, sia una definizione del servizio autonomo

responsabilizzato del pronto soccorso, urgenza e trasporto infermi di tutta

la U.S.L. (vedere funzioni zonali).

     Data l'importanza determinante di questa funzione, anche in considerazione del futuro ruolo di sede di prima formulazione del «programma di cura» è richiesta la presenza di competenze mediche qualificate ed è opportuno che un'esperienza in merito venga a far parte del patrimonio di tutto il personale medico.

     Per l'attuazione e sperimentazione delle indicazioni fornite dal progetto indicato devono essere ricuperate le esperienze già maturate dalle divisioni di medicina e chirurgia d'urgenza e dai dipartimenti di emergenza e dai pronto soccorsi di base esistenti nella regione.

     Un particolare riferimento va fatto per «l'Unità spinale» [1]3 che si intende avviare nella Regione per sopperire l'attuale carenza di interventi, in un settore di naturale importanza scientifica e soprattutto sociale e localizzata nell'ospedale unico di Udine.

 

2. Anatomia e istologia patologica

     Questo servizio svolge attività di riscontro autoptico, di diagnostica istopatologica su materiale bioptico ed operatorio (a tal fine va previsto anche una adeguata organizzazione per gli esami urgenti), di citodiagnostica e citogenetica.

     Va previsto un servizio autonomo per bacini di servizio di 100/150 mila abitanti.

     Tale servizio deve fornire consulenza anche per le strutture ospedaliere vicine in particolare per i problemi di citodiagnostica legati alla prevenzione oncologica.

     Nel triennio 85-87 sono previsti i seguenti servizi autonomi: Palmanova, Pordenone, Gorizia, Trieste (Ospedali riuniti) e Udine.

     3. Anestesia e Rianimazione

     Tale funzione va assicurata per tutti i presidi ospedalieri, peraltro non si individua automaticamente anche la terapia intensiva che verrà definita nel punto successivo.

     Il servizio è autonomo e va adeguatamente configurato come organico medico, dovendo garantire una presenza continua 24h su 24, laddove previsto il dipartimento d'emergenza.

     Esso deve svolgere anche una attività ambulatoriale e di terapia antalgica.

     Va garantita una adeguata attrezzatura strumentale a questo servizio.

 

4. Anestesia e Rianimazione con Terapia intensiva

     Tali servizi sono da prevedersi in quei servizi ospedalieri indicati dalla Tav. III dell'allegato n. 5.

     Data l'importanza di tali attività sono da prevedersi:

     a) organici medici e infermieristici adeguati, con parametri di assistenza per il malato che vadano anche oltre i 420 minuti, e comunque con copertura dei turni nelle 24 ore.

     b) attrezzature scientifiche di alto livello, con garanzia della sterilità e della congruità strumentale di tali servizi.

     Si ritiene che l'attività di terapia intensiva, nella sua specificità operativa e con la sua collocazione programmata, solo in alcuni presidi, faccia parte integrante comunque del servizio di anestesia e rianimazione, anche se potrà essere prevista una sua eventuale articolazione come servizio aggregato.

     Fanno eccezione le divisioni di patologia neonatali, per la rianimazione dei neonati, la terapia intensiva cardiologica, collegata alle divisioni di cardiologia, la terapia intensiva cardiochirurgica e neurochirurgica postintervento.

     Va altresì ricordato che le dimensioni minime di una unità di terapia intensiva sono di 6 pl., che devono trovare una occupazione percentuale nell'anno almeno del 60%, per garantire non solo una economicità gestionale ma anche una adeguata qualificazione del personale.

     Qualora pertanto non si raggiunga questo limite non va prevista una struttura di terapia intensiva; al limite, in particolari situazioni, si possono prevedere alcuni letti monitorizzati da aggregare alla divisione di chirurgia generale o di medicina generale.

 

5. Broncoscopia

     Attività specialistica rara, da prevedere come servizio aggregato laddove siano presenti anche la divisione di pneumologia e la chirurgia toracica.

 

6. Cardiochirurgia

     La cardiochirurgia ha necessità di una strutturazione organizzata di alto livello, come indicato da progetti anche a livello nazionale, prevedendola nei due dipartimenti cardiologici di Udine e di Trieste con funzioni diversificate.

     In particolare ci deve essere una stretta integrazione, di tipo dipartimentale con la divisione di cardiologia, dotata di laboratorio di emodinamica, il servizio di assistenza e rianimazione per la terapia intensiva.

     Inoltre l'ospedale dove è collocata deve avere una serie di attività specialistiche di alto livello (microbiologia, immunologia, ecografia, medicina nucleare, centro trasfusionale).

     Va prevista una terapia intensiva con almeno 6/8 p.l., adeguatamente strutturata e organizzata.

     Il laboratorio di emodinamica della divisione di cardiologia, è collegato dipartimentalmente con la cardiochirurgia.

     Eventuali laboratori di emodinamica allestiti in divisioni cardiologiche di presidi che non siano sede di cardiochirurgia devono essere in stretto collegamento con il polo cardiochirurgico. Nel triennio sono previsti tre laboratori a: Pordenone, Udine e Trieste.

 

7. Cardiologia

     L'attività di cardiologia va prevista in ogni servizio ospedaliero (Ospedale Unico), con modalità organizzative differenziate in relazione anche alle attività previste e che derivano sostanzialmente da diversi livelli funzionali di intervento.

     Va premesso che il servizio autonomo o aggregato (alla medicina generale) di cardiologia deve essere strettamente coordinato con gli interventi anche territoriali svolti in questo settore. Tendenzialmente si deve ricercare una vera e propria unificazione di tutti questi interventi, individuando un servizio intra ed extraospedaliero.

     Il servizio di cardiologia deve inoltre sempre essere di supporto alle attività di pronto soccorso ed urgenza, garantendo la disponibilità di una competenza cardiologica, anche attraverso istituti quali la pronta disponibilità a domicilio.

     Le eventuali esigenze di degenza vengono risolte nell'ambito della medicina generale, con cui va mantenuto uno stretto collegamento potendosi individuare anche un certo numero di posti letto tecnici di appoggio.

     Per le attività specifiche da svolgersi da parte di tali servizi si ritiene di individuare 2 livelli:

     un primo livello, per bacini d'utenza di circa 50.000 abitanti, che assicura consulenza cardiologica, diagnostica elettrocardiografica, attività ambulatoriale, indagini strumentali incruente delle vasculopatie periferiche, educazione sanitaria. Si tratterà di un servizio aggregato o autonomo qualora unifichi anche le attività extra-moenia.

     un secondo livello, per utenze tra 50 e 100 mila abitanti, con competenze e attrezzature tali da poter adeguatamente fornire le seguenti prestazioni, oltre a quelle già definite per il primo livello.

     Indagini policardiografiche, indagini strumentali delle vasculopatie periferiche, elettrocardiogramma da sforzo con cicloergometro, ecocardiografia, registrazione dell'Holter, interventi di riabilitazione ambulatoriale, elettrofisiologia ed elettrostimolazione finalizzata anche alla rianimazione.

     Si individua un servizio autonomo, strettamente collegato alla medicina generale, in cui sono collocati p.l. tecnici di appoggio.

 

8. Cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica

     Facendo seguito a quanto definito nel precedente punto 7, si individua un livello operativo della cardiologia tale da far prevedere una struttura divisionale oppure un servizio autonomo con posti letto, collegato con una unità di terapia intensiva cardiologica e relativi posti letto postintensivi.

     L'attività del servizio o divisione deve trovare una correlazione dipartimentale con la medicina generale, mentre diviene parte di un futuro dipartimento di cardiologia nei presidi in cui è collocata anche la cardiochirurgia e relative strutture connesse.

     Le funzioni da svolgere, oltre a quelle di cui al punto 7, sono fotopletismografia ad impedenza, elettrofisiologia ed elettrostimolazione, compreso impianti di pace-maker, laboratorio di emodinamica e diagnostica angiografica. Va inoltre prevista l'attrezzatura per l'E.C.G. dinamico secondo Holter.

     A questo livello va altresì prevista una attività riabilitativa, soprattutto per pazienti già ricoverati in U.C.C. o sottoposti ad operazioni di cardiochirurgia.

     Le unità di terapia intensiva cardiologica è parte integrante delle divisioni ed è collegata con l attività di emergenza.

     Essa consiste in un'attività di sorveglianza e trattamento intensivo, soprattutto per pazienti con infarto miocardico acuto, con adeguate attrezzature anche rianimatorie.

     La dimensione ottimale è di 4/6 posti letto, a cui si devono aggiungere almeno 12 posti letto di postintensiva, anche per evitare una degenza prolungata nella zona propria dell'Unità di terapia intensiva cardiologica.

     La divisione di cardiologia - l'U.C.C. postintensiva va collocato solo in ospedali di alta specializzazione, per ragioni sia economiche che funzionali. Essa deve assicurare ai servizi di cardiologia di altre U.S.L. l'adeguato supporto.

 

9. Centro antiveleni

     Va previsto un centro antiveleni, aggregato al servizio di Anestesia e Rianimazione dell'ospedale di Trieste, di livello regionale. Per tale motivo la dotazione di p.l. di terapia intensiva degli OO.RR. viene portata a 12, che devono peraltro avere una organizzazione unitaria.

 

10. Chirurgia generale

     La divisione deve essere prevista per ogni ospedale.

     Questa specialità, che un tempo assommava una mole di interventi assai vari, è andata disaggregandosi nelle sue diverse articolazioni in relazione alle generali tendenze alla specializzazione. Questo fenomeno che ha risvolti positivi di miglioramento qualitativo ha anche l'aspetto negativo di disarticolare l'unitarietà di un intervento di base essenziale.

     Mentre alcune specialità chirurgiche hanno ormai acquisito una loro specificità tale da comportare comunque la indicazione del ricovero su strutture anche se non decentrate (vedi l'ortopedia e traumatologia l'O.R.L., l'urologia) per altri si tratta di selezionare l'utenza in relazione alla complessità degli interventi richiesti e anche alla specifica preparazione degli operatori.

     Le divisioni di chirurgia generale negli ospedali privi di altre specialità devono comunque assumere la diretta operatività o il coordinamento di alcune funzioni, anche ambulatoriali (vedasi ad esempio la odontostomatologia).

 

11. Chirurgia maxillo-facciale

     Specialità di complessa operatività tecnica, che si differenzia pertanto dalla chirurgia odontoiatrica.

     Essa si collega in particolare con l'otorinolaringoiatria e l'odontostomatologia

     Nel triennio viene trasformata la S.Z.A.U. di odontostomatologia di Pordenone in S.A.U.L. maxillo-facciale con 16 p.l. Detta funzione è svolta in Trieste nell'ambito del reparto clinicizzato di odontoiatria e stomatologia.

 

12. Chirurgia pediatrica

     A questa funzione sono attribuibili gli interventi specialistici sulla patologia chirurgica in età neonatale e infantile (fino ai 14 anni), anche se va opportunamente estrapolata quella attività non specifica, se non per l'età del soggetto, che usualmente può essere risolta anche dalla chirurgia generale.

     (Va però indicato in questi ultimi casi come auspicabile il ricovero comunque del bambino in reparto pediatrico).

     Dimensionata quindi la specialità per interventi realmente specialistici, si individua un bacino di servizio di circa 1.000.000 di abitanti.

     Il reparto va comunque collocato in stretta corrispondenza con le funzioni specialistiche del settore materno infantile, compresa la patologia neonatale (alla quale devono comunque far riferimento i neonati anche per problemi di terapia intensiva).

 

13. Chirurgia plastica

     Funzione di alta specialità, con interventi su gravi malformazioni congenite, lesioni post-traumatiche e tumorali, trattamento delle grandi ustioni. Va pertanto aggregato un centro grandi ustionati. Nello stesso presidio va prevista la presenza e il collegamento operativo con il reparto di terapia intensiva e rianimazione, di nefrologia, di dermatologia.

     Viene localizzata ad Udine con 30 posti letto.

 

14. Chirurgia toracica

     Tale attività è usualmente svolta dalle divisioni di chirurgia generale, a Udine fa capo alla divisione di cardiochirurgia.

     Non viene in essa prevista attività cardiochirurgica e pertanto gli interventi sono prevalentemente sull'apparato respiratorio, perciò è necessario lo gretto collegamento con la pneumologia.

     Date le finalità didattiche viene prevista una sola divisione a Trieste con dotazione di 45 posti letto.

 

15. Chirurgia vascolare

     La funzione si è venuta qualificando negli ultimi anni, per ragione dello sviluppo della patologia relativa e dell'affinamento delle tecniche diagnostiche e operative. Pur escludendo alcuni tipi di prestazioni di non particolare complessità che vanno affrontati dalle divisioni di chirurgia generale, resta una quantità non indifferente di interventi specialistici da effettuarsi da parte di strutture autonome.

     Va collegata comunque con un servizio cardiologico in grado di eseguire angioradiologie, angiografie endovenose computerizzate, anche in fase operatoria, con la emodinamica e con la medicina nucleare.

     Fondamentale è la possibilità di collegamento con strutture riabilitative. Va prevista una divisione localizzata a Trieste in collegamento con l'Università i relativi posti letto sono compresi in Chirurgia generale.

     A Udine nell'ambito delle esistenti divisioni di Chirurgia generale una assumerà anche indirizzo vascolare.

 

16. Dermatologia

     Funzione che va sviluppata soprattutto in forma ambulatoriale da parte di ogni

     presidio ospedaliero zonale, con operatività anche per livelli distrettuali, attraverso mobilità degli operatori sul territorio o coordinamento dell'intervento di medici convenzionati.

     L'attività di degenze va prevista per bacini d'utenza non inferiori a 250.000 abitanti.

     La dermatologia svolge gli interventi antivenerei- per gli interventi allergologici va collegata coi servizi di medicina del lavoro e a quelli di allergologia e immunologia.

     L'attuale dotazione regionale (Trieste, Gorizia, Udine, Palmanova e Pordenone) si rileva come sufficiente.

 

17. Direzione sanitaria

     Questo servizio, necessario per ogni presidio ospedaliero, svolge funzioni di coordinamento e organizzazione sanitaria del presidio stesso, in diretto collegamento con il responsabile di settore competente oltre alle attività ad esso già assegnate dalla normativa legislativa ospedaliera, qualora non propria del livello superiore, in particolare quelle di vigilanza igienica nel presidio ospedaliero.

 

18. Diabetologia

     Funzione solitamente propria della medicina generale.

     Possono essere attivate sezioni aggregate (anche eccezionalmente autonome ma senza posti letto) al fine di sviluppare interventi di controllo a rete per tale patologia, che recuperano l'esperienza e l'operatività dei centri antidiabetici, con una attività ambulatoriale. Devono comunque essere strettamente coordinati alla area di medicina generale, anche con modalità di tipo dipartimentale.

     Esigenza specifica è quella di operare in stretto collegamento con il livello di base che deve sempre più considerare il momento specialistico come una responsabile estensione della propria operatività ed anche i collegamenti con le strutture poliambulatoriali distrettuali che devono considerare il servizio di diabetologia esistente nella zona quale unità di riferimento sia a livello diagnostico, sia terapeutico e di follow-up del paziente.

     Anche i Centri non ospedalieri già avviati devono a loro volta integrarsi nella funzione poliambulatoriale di distretto collegandosi funzionalmente al settore ospedaliero oltre che anch'essi al livello di base per meglio programmare e seguire l'iter del paziente e la continuità dell'intervento.

 

19. Ecografia o diagnostica ultrasonica

     La diagnostica ad ultrasuoni ha fatto enormi progressi in questi ultimi anni e si è imposta come strumento essenziale per numerose indagini specialistiche.

     Il dibattito culturale e scientifico sulla figura specialistica più idonea all'utilizzo di tale diagnostica, si può dire abbastanza formalizzato nella scelta di assegnare al radiologo tale incombenza ad eccezione delle indagini più specifiche e settoriali, quali la ecografia ostetrica-ginecologica, la ecocardiografia, quella oculistica e neurologica.

     La diffusione delle metodiche impone che ogni servizio di radiologia ospedaliero sia attrezzato all'esecuzione di tali esami, operando in particolari circostanze anche in maniera supplettiva alle specialità prima citate o meglio, soprattutto per la ostetricia, utilizzando in comune l'apparecchiatura necessaria.

     Servizi aggregati di ecografia saranno previsti solo in presidi di notevoli dimensioni in cui l'articolazione organizzativa può rispondere a criteri di miglior funzionalità. In questo caso comunque la realizzazione di dipartimenti delle immagini potrebbe ovviare ai rischi di dispersione operativa.

 

20. Ematologia

     Tale funzione fa parte dell'area della medicina generale e usualmente viene svolta dalle relative divisioni.

     Le attività di immunoematologia sono preferenzialmente da considerare di competenza del servizio di laboratorio e di quello trasfusionale.

     Solo per alto livello specialistico, può essere prevista la creazione di una unità operativa che, dato il bacino di servizio di almeno un milione di abitanti, dovrà essere unica per tutta la Regione.

     Una Divisione di Ematologia è localizzata a Udine con 30 posti letto.

     Essa dovrà essere raccordata ad una struttura di laboratorio in grado di eseguire indagini specialistiche richieste, così come va provvista di un'area di degenze «sterili» per pazienti con gravi deficit immunitari.

 

21. Emodinamica

     L'emodinamica svolge le attività finalizzate alla diagnosi cruenta delle malattie cardiovascolari .

     Come già rilevato, essa va prevista almeno in corrispondenza della cardiochirurgia, ma l'attuale sviluppo di tali interventi fa ritenere necessaria l'individuazione di almeno tre laboratori di emodinamica come già previsto al punto 6.

     Questi laboratori possono divenire servizi autonomi solo qualora sia prevista una organizzazione dipartimentale cardiologica.

 

22. Endocrinologia

     Funzione che si colloca nell'area della medicina, anche se molti aspetti sono anche propri di altre specialità, in particolare per l'ostetricia-ginecologia. Solo per alto livello specialistico possono essere previsti servizi aggregati con posti letto tecnici di appoggio nella medicina generale.

     Servizi sono previsti a Trieste e Udine, quest'ultimo autonomo.

 

23. Endoscopia

     Gli interventi endoscopici sono attualmente eseguiti nell'ambito delle diverse specialità d'organo e pertanto un collegamento va individuato nel presidio ospedaliero solo al fine di un utilizzo integrato e razionale delle risorse necessarie. Per l'endoscopia dell'apparato gastroenterico si rinvia al punto 28.

 

24. Farmacia

     In ogni Servizio ospedaliero (Ospedale unico) è da prevedere un servizio di farmacia.

     Per particolari esigenze operative, in presidi di notevoli dimensioni, si può prevedere un autonomo servizio farmaceutico ospedaliero. Questi servizi si devono collegare con il servizio di farmacologia clinica (punto 25).

 

25. Farmacologia clinica

     Tale funzione ha avuto un notevole sviluppo, in particolare per le necessità di studio sulle proprietà dei farmaci e sul loro utilizzo e conseguente metabolismo nel paziente.

     Si prevede una convenzione con l'Università di Trieste, per la consulenza ed il supporto ai presidi ospedalieri della Regione.

     I risultati di rilievo che dovessero emergere in particolare sulle proprietà dei farmaci dovranno essere comunicati al Ministero della Sanità.

 

26. Fisica sanitaria

     Svolge la propria attività nel campo dell'impiego degli isotopi radioattivi e delle sorgenti di radiazione per terapia, della diagnostica e della sorveglianza e protezione contro le radiazioni ionizzanti, è pertanto in collegamento con i servizi di radiologia, medicina nucleare e radioterapia.

     Nell'ambito del proprio bacino di utenza, il servizio deve svolgere la sorveglianza fisica per la protezione contro sorgenti radioattive ionizzanti in tutte le istituzioni sanitarie pubbliche aventi detto obbligo.

     Date le competenze non solo ospedaliere, va previsto uno stretto collegamento con il presidio multizonale di prevenzione (esempio L.P.I.P) e il settore igiene.

     Laddove non presente in forma autonoma il servizio deve essere assicurato mediante convenzioni tra U.S.L. proposte all'interno dei piani attuativi con riferimento al triennio del piano.

     E' previsto un bacino di 400.000 abitanti e nel triennio sono previsti tre servizi: a Pordenone, Trieste e Udine.

 

27. Fisiopatologia respiratoria

     L'attività di fisiopatologia respiratoria, che solitamente sono garantite dalla divisione di medicina generale, può richiedere una propria specificità organizzativa come servizio autonomo o aggregato anche in assenza di divisione pneumologica (vedere punto 52). Essa va collegata anche al servizio di medicina del lavoro.

 

28. Gastroenterologia

     Funzione che viene svolta usualmente dalla medicina generale e, soprattutto per problemi endoscopici, dalla chirurgia generale.

     Gli interventi organizzativamente possono essere svolti, dalle citate specialità, in ogni Unità sanitaria locale.

     Solo per interventi di alta specializzazione vanno individuati servizi autonomi o aggregati con posti letto tecnici di appoggio nella medicina generale.

     Sono previsti servizi autonomi a Udine e Trieste e un servizio aggregato a Pordenone.

 

29. Geriatria

     L'incidenza della popolazione anziana è tale che diviene pleonastico distinguere una attività geriatrica da quelle di medicina generale. Si ritiene pertanto che le attuali strutture di geriatria vadano definite come medicina generale.

     Resta valida la necessità di interventi ambulatoriali per l'anziano, indirizzati a supporto delle attività svolte nel territorio e da strutture tutelari o socio-assistenziali, in coordinamento dipartimentale con i servizi di riabilitazione e recupero funzionale.

     Gli anziani vanno ricoverati nella divisione di medicina generale, se non laddove viene prevista la clinicizzazione con l'Università di Trieste, per fini didattici.

 

30. Immunologia

     Nota come articolazione della microbiologia, questa specialità ha acquisito sempre nuovi contenuti. Nelle esperienze anglosassoni si è privilegiato il legame di questa attività nell'ambito di dipartimenti di Patologia, mentre in altre situazioni, anche nazionali, si è sviluppato soprattutto il settore dell'immunologia clinica. Si ritiene, per il presente piano, di riconoscere servizi di immunologia generale, ivi compresa la sua pertinente citochimica e citogenetica, aggregati al servizio di microbiologia laddove già esistono esperienze in tal senso.

 

31. Laboratorio di analisi (chimico-cliniche, microbiologiche e di anatomia

e istologia patologica)

     Si tratta di una funzione che va assicurata ad ogni stabilimento ospedaliero pur con differenziazioni rispetto all'effettivo bacino d'utenza e alla complessità della struttura ospedaliera gessa.

     Il laboratorio di analisi ha le seguenti funzioni di base, che deve assolvere salvo nel caso ci sia una ulteriore articolazione organizzativa della gessa:

     - attività di prelievo eseguita in sede (con responsabilità delle singole divisioni e servizi nell'organizzazione dei prelievi per i degenti o gli utenti ambulatoriali di competenza di alcune specialità);

     - responsabilità organizzativa degli eventuali punti prelievo territoriali collegati e del trasporto di campioni biologici;

     - analisi chimico-cliniche;

     - ematologia ed emocoagulazione (in collaborazione col servizio trasfusionale);

     - microbiologia e sieroimmunologia;

     - anatomia e istologia patologica e citodiagnotica.

     Data la notevole dinamicità sia nello sviluppo di metodiche, sia nella tecnologia, sia nell'introduzione di nuovi importanti parametri biologici, non si ritiene opportuno definire i test ed esami da svolgersi in un laboratorio analisi di base, che dovranno essere valutati localmente dagli organi tecnici dell'ufficio di direzione, sia considerando il rapporto costi benefici, sia valutando la correttezza della domanda anche territoriale di questa prestazione specialistica.

     Va comunque assicurato un adeguato ammodernamento tecnologico ed anche possibilità di consulenza tecnica preferibilmente in rapporto convenzionale con altri presidi ospedalieri pubblici.

     Il rapporto con il servizio trasfusionale deve essere particolarmente curato, esso può consistere in un servizio aggregato al laboratorio laddove non vi siano ancora le competenze tecniche e le disponibilità tecnico- strutturali che possano garantire un adeguato livello qualitativo.

     Le analisi sulle persone fino ad oggi svolte dalla divisione medica del Laboratorio provinciale di igiene e profilassi devono essere svolte dai laboratori ospedalieri e in accordo a quanto indicato nel paragrafo relativo ai servizi multizonali.

     Sempre in funzione delle dimensioni ospedaliere e conformemente alle disposizioni di legge, il servizio potrà essere smembrato in: analisi chimico-cliniche, microbiologia, immunologia, virologia, anatomia e istologia patologica. Tale articolazione va collegata anche ad una già operante disponibilità di risorse strutture e operatori qualificati, oltre che al criterio di dimensionamento.

     Per le funzioni di servizio territoriale, il laboratorio ospedaliero, svolge le attività di analisi anche per i non ricoverati, in collegamento con i servizi poliambulatoriali del territorio. Compatibilmente con le dimensioni demografiche della zona, l'attività di analisi, anche se eventualmente dislocata in più sedi, dovrà fare riferimento ad un unico servizio.

     E' comunque preferibile la scelta di istituire centri prelievo rispetto alla costituzione di più laboratori.

     Infatti, la moderna tecnologia, la necessità di rigorosi controlli di qualità, la possibilità di far funzionare adeguatamente numerosi centri prelievo porta a valutare che i laboratori analisi di base siano razionali per un numero li esami minimo di almeno 300/400 mila/anno.

     Si potrà fare solo laddove la difficoltà dei trasporti e la dispersione della popolazione suggeriscono l'esistenza di laboratori autonomi anche se non teoricamente razionali.

     L'attività di radioimmunologia in vitro andrà prevista nei laboratori di più grosse dimensioni di chimica clinica e di microbiologia, dati i costi e gli oneri relativi, o in alternativa affidata ad altri servizi (medicina nucleare, immunologia). Questi dovranno garantire l'esecuzione di tali esami anche per gli ospedali vicini non provvisti delle attrezzature necessarie. Restano confermate le esperienze in atto per il triennio di validità del piano.

 

32. Malattie infettive

     La patologia infettiva ha ancora una importanza rilevante, e i dati epidemiologici evidenziano comunque una permanenza di malattie anche gravi e lo sviluppo di infezioni nosocomiali.

     Per tale funzione va prevista una organizzazione autonoma solo per interventi di stretto isolamento e per le consulenze a supporto dei presidi ospedalieri privi di una divisione autonoma, ma comunque dotati di aree di isolamento.

     Va previsto uno gretto collegamento con l'attività di microbiologia e di virologia che vanno collegate dipartimentalmente con la divisione.

 

33. Medicina generale

     L'attività della divisione di medicina generale è ampia e composita, e comprende un'area di funzioni diverse, che in certe situazioni, o per elevata specializzazione per particolarietà dell'utenza (ad esempio in relazione all'età) si sono rese totalmente o parzialmente autonome.

     Le funzioni che sono ricomprese in questa area sono: cardiologia, neurologia e neurofisiopatologia, pneumologia, fisiopatologia respiratoria, tisiologia, lungodegenza riabilitativa, recupero e rieducazione funzionale, geriatria, dermatologia, malattie infettive, nefrologia, ematologia, endocrinologia, diabetologia, reumatologia, oncologia medica, immunologia e allergologia clinica, gastroentereologia medica, dietologia, farmacologia clinica e alcoologia.

     Come anche già trattato in altri punti molte delle citate funzioni assumono una autonomia anche divisionale e comunque degenziale, mentre alcune non hanno autonomia propria ma devono essere svolte dalla medicina generale, soprattutto laddove il bacino di servizio configura una struttura polivalente.

     Si deve ricercare un più diretto collegamento fra le divisioni di medicina generale e strutture specialistiche delle funzioni suddette, al fine di un miglioramento qualitativo degli interventi, anche attraverso l'aggiornamento degli operatori e comunque la costante consulenza clinica.

     La divisione di medicina generale deve comunque assicurare dei posti letto tecnici di appoggio per quei servizi senza posti letto, relativi alle citate funzioni e previsti nel presidio, in Particolare per il servizio recupero e rieducazione funzionale, nel quale va organizzata l'attività di riabilitazione e per i pazienti a degenza protratta [1]4.

     Per le malattie infettive va prevista un'area di degenza in isolamento e il collegamento con una struttura di riferimento.

     Per la patologia oncologica la divisione deve assumersi in carico i pazienti di competenza, garantire una attività ambulatoriale di oncologia medica, collegandosi grettamente con gli altri servizi (in particolare la radiologia, la chirurgia generale, la pneumologia). Va prevista anche una attività di day hospital, con finalità prevalentemente diagnostico e di terapia programmata.

     La medicina generale assume anche in carico i problemi di dietologia, collaborando in tal senso con la direzione sanitaria.

     Nell'ambito dei rapporti convenzionali con l'Università ed in particolare della patologia medica è prevista la enucleazione di una unità di nutrizione clinica con compiti di diagnostica e di dietoterapia e con particolare riferimento alla dietetica clinica e sperimentale: ciò anche in supporto di consulenza alle altre strutture del Servizio sanitario regionale.

     Per quanto riguarda il pronto soccorso la medicina generale assicura un servizio di guardia medica, con modalità di tipo dipartimentale con gli altri servizi coinvolti.

 

34. Medicina del lavoro

     Alcuni aspetti diagnostici e terapeutici collegati a malattie specifiche da nocività dell'ambiente di lavoro richiedono un intervento specialistico che sia di supporto a quello più propriamente territoriale (di controllo, vigilanza, intervento, anche clinico ma di livello non complesso). Questo completa la possibilità di azione per la tutela della salute dei lavoratori, assieme alle attività svolte dai servizi zonali e dai presidi multizonali di prevenzione.

     Viene previsto un secondo livello d'intervento, costituito dall'Istituto di Medicina del lavoro dell'università di Trieste, che deve essere di supporto alle altre strutture, in particolare operando per:

     1) attività didattica, aggiornamento permanente, educazione sanitaria;

     2) servizio di documentazione tecnico-scientifica e collaborazione con organismi preposti al Sistema informativo per la realizzazione di strumenti operativi e di informazione;

     3) ricerca scientifica e studio della standardizzazione dei metodi nel campo dell'Igiene e tossicologia industriale;

     4) studi della standardizzazione dei metodi nel campo delle indagini sanitarie e della ricerca epidemiologica per quanto attiene alle malattie professionali;

     5) collaborazione all'osservatorio epidemiologico regionale del settore.

 

35. Medicina legale

     Servizio presente a livello universitario.

 

36. Medicina nucleare

     Svolge prestazioni che comportano l'uso di radioisotopi non sigillati a scopo diagnostico (sia diretto sui pazienti, sia su materiale biologico) e a scopo terapeutico (in modo molto più limitato).

     Solo per problemi di radioisotopoterapia va prevista una necessità di degenza che peraltro necessita di particolari protezioni, ed è quindi indicato l'utilizzo dei letti del reparto di radioterapia che pertanto deve essere individuato nello tesso presidio.

     Servizi autonomi con competenze diagnostiche e di semplici interventi terapeutici sono individuati a Udine, Trieste e Pordenone, mentre servizi aggregati a Palmanova e Gorizia.

 

37. Microbiologia

     Tale funzione è comunque presente nell'ambito dei laboratori di analisi chimico-cliniche, svolgendo esami batteriologici, urologici, parassitologici, virologici e immunologici.

     Data la complessità dell'attività è necessario pensare a dei servizi autonomi, per bacino di servizio di almeno 200.000 abitanti.

     La funzione va collegata operativamente con la direzione sanitaria e con la divisione malattie infettive, sia per attività cliniche che per indagini ambientali, anche nell'ospedale (monitoraggio ambienti e prevenzione infezioni nosocomiali).

     Per i rapporti con l'Immunologia vedasi il punto 30.

 

38. Nefrologia e dialisi

     E' una funzione intermedia in cui trova riferimento e supporto specialistico il servizio emodialitico a rete regionale (sia ospedaliero che territoriale).

     Nelle UU.SS.LL. tale attività si svolge all'interno della funzione di medicina generale, cui andranno aggregati i posti per emodialisi.

     Quest'ultimi sono organizzati a rete su tutto il territorio regionale secondo tre livelli d'intervento:

     - domiciliare;

     - in assistenza limitata in locali ospedalieri o extraospedalieri;

     - in centri dialisi ospedalieri aggregati al Servizio di neurologia.

     Sono centri di riferimento i servizi di nefrologia e dialisi di Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone. A Tolmezzo, dove è previsto un centro di assistenza limitata, deve valutarsi l'opportunità di una maggiore autonomia settoriale considerato il decentramento della zona carnica. I centri di riferimento si collegano funzionalmente ai servizi di nefrologia dotati nelle sedi indicate di: 15 p.l. a Gorizia, 15 p.l. a Trieste, 15 p.l. a Udine e 15 p.l. a Pordenone. E' predisposto un apposito progetto obiettivo per la dialisi ed ad esso si rimanda per gli aspetti di dettaglio.

 

39. Neonatologia

     E' una attività di assistenza neonatale che esclude le cure intensive (vedesi punto 50. Patologia neonatale).

     Viene affidata alla pediatria, come responsabilità anche di assistenza pediatrica al parto, o alla patologia neonatale dove presente.

     Tali interventi vanno integrati con quelli della ostetricia, in una logica di organizzazione dipartimentale e sviluppando le esperienze di rooming in.

 

40. Neurochirurgia

     L'attività neurochirurgica ha avuto uno sviluppo notevole, sia in termini quantitativi che qualitativi.

     E' peraltro funzione ad altissima specializzazione, che richiede una adeguata strutturazione ed anche supporti specialistici integrativi essenziali. Va inserita in un presidio dotato di neuroradiologia, di neurologia (con neurofisiopatologia), di attrezzature laboratoristiche avanzate.

     Ad essa va garantita un'area di rianimazione neurochirurgica i cui specialisti abbiano una preparazione specifica (si tratta quindi di un servizio aggregato).

     E' fondamentale anche la previsione di interventi di riabilitazione, con un'attività sia di degenza prolungata che di ambulatorio e day hospital (non obbligatoriamente nello stesso presidio).

     La gretta integrazione degli inservienti prefigura un'organizzazione dipartimentale.

     I presidi di localizzazione sono Udine [60 posti letto] e Trieste [41 posti letto].

 

41. Neuroradiologia

     Attività di diagnosi e terapia radiologica delle malattie del sistema nervoso, che si esplica con interventi complessi e sofisticati.

     Ha assunto caratteristiche tali da configurarla come servizio senza posti letto, da collocare in corrispondenza della divisione di neurochirurgia.

     Date le caratteristiche regionali vi è la necessità di garantire un'attività neuroradiologica per i tre presidi con dipartimento d'emergenza di riferimento: Trieste, Udine e Pordenone.

 

42. Neurologia.

     E' funzione afferente all'area della medicina generale, ma ha anche legami stretti con gli aspetti chirurgici (neurochirurgia).

     Operante in passato in modo molto spesso confuso con l'attività psichiatrica, va assumendo caratteristiche di intervento di alta specializzazione, anche per problematiche di particolare rilevanza sociale (epilessia, sclerosi multipla, malattie extrapiramidali, neuro muscolari, parkinsonismo).

     L'attività ambulatoriale va prevista in modo diffuso, con un servizio per ogni U.S.L. (garantito eventualmente attraverso convenzioni fra UU.SS.LL. viciniori), mentre la divisione con degenza viene collocata solo in alcuni presidi (Udine, Trieste, Pordenone e Gorizia). Particolare coordinamento va previsto con la neurochirurgia e neuroradiologia (dipartimento).

     «Nell'ambito della divisione va garantita l'attività di neurofisiopatologia anche come servizio aggregato qualora vi sia un'organizzazione dipartimentale.»

     Essenziali sono gli interventi riabilitativi e pertanto il collegamento con strutture che garantiscano degenza prolungata, ambulatorio e day hospital, anche non nello gesso presidio.

     Particolare attenzione va posta ai problemi infantili, anche neonatali, e va pertanto individuato nel presidio Burlo Garofolo un servizio con posti letto.

 

43. Neuropsichiatria infantile

     Disciplina che unifica competenze diverse, neurologia, pediatria, psicologia e psichiatria, al fine di una omogenea trattazione dei problemi dello sviluppo neuropsichico nell'età evolutiva.

     Assume valenza soprattutto territoriale, anche con funzioni di supporto agli interventi distrettuali.

     Opera in stretto collegamento sia con l'area psichiatrica (vedasi indicazioni sul C.S.M.) che con quella materno-infantile, in una organizzazione dipartimentale.

     Date le caratteristiche dell'utenza va garantito un collegamento con l'ospedale in funzione della risoluzione di problemi clinici complessi, da ritrovare nell'area materno-infantile anche come eventuale appoggio per degenza.

 

44. Oculistica

     L'attività relativa si esplica attraverso interventi ambulatoriali e in regime di ricovero. Si ha attualmente una situazione disorganica in cui si è in carenza nel settore ambulatoriale, mentre vi è eccesso di strutture degenziali, eccessivamente capillarizzate e sottodimensionate.

     Va pertanto previsto in ogni Ospedale Unico una unità operativa che esplichi gli interventi ambulatoriali e di day hospital, e dia supporto tecnico anche alle attività territoriali, compreso il coordinamento di specialisti convenzionati. Deve essere fornito dell'adeguata strumentazione anche per esplicare l'attività di ortottica, a fini di rieducazione e in collaborazione con il servizio di recupero e rieducazione funzionale.

     L'attività di ricovero va limitata ad alcuni presidi, con almeno 30 posti letto (quindi per bacini di servizio di circa 200.000 abitanti).

     In considerazione delle caratteristiche territoriali e anche della necessaria gradualità nella riconversione di alcune strutture, si possono prevedere servizi autonomi e aggregati con 15 p.l. anche per bacini di servizio più rigretti.

 

45. Odontostomatologia

     Funzione di prevalente carattere ambulatoriale, che va garantita ad ogni U.S.L., nell'ambito del presidio ospedaliero come Unità Operativa (U.O.) che deve fornire prestazioni di prevenzione e cura anche per il territorio, organizzando e coordinando le attività distrettuali e multidistrettuali.

     Ogni servizio dispone soprattutto di un adeguato numero di poltrone; mentre per esigenze di ricovero si prevedono letti tecnici di appoggio presso le divisioni di chirurgia generale e di otoiatria, a Trieste si prevede un servizio autonomo con posti letto collegati con la Clinica Odontostomatologica dell'Università.

     Va previsto un laboratorio odontotecnico, nonché convenzionato.

     Laddove è prevista la divisione di chirurgia maxillo-facciale, va attivato uno stretto coordinamento operativo.

 

46. Oncologia

     La patologia oncologica è ampiamente diffusa, presente in tutte le specialità, e necessita di interventi di prevenzione, cura e riabilitazione diffusi, continuativi ma anche ben coordinati, fino al livello territoriale, ma anche di attività specialistiche, spesso complesse ed onerose, sia diagnostiche che terapeutiche.

     In relazione al primo aspetto non è ipotizzabile una autonomia settoriale di questo intervento, ma va affidata la competenza di affrontare tale patologia alla medicina generale, alla chirurgia, ovvero, per specificità dell'organo colpito, alle relative specialità.

     A questa competenza deve peraltro corrispondere una particolare attenzione da parte di queste strutture ai problemi dell'oncologia, operando in stretto coordinamento all'interno dell'ospedale e del territorio relativo e collegandosi ai dipartimenti oncologici per riferimento e supporto tecnico-scientifico.

     Infatti la citata esperienza di particolari livelli di operatività, tecnica, di ricerca, d'informazione, impone la creazione di veri e propri dipartimenti oncologici, per bacino di servizio di circa 400.000 abitanti.

     Essi coordinano tutti gli interventi attuati nel presidio (e nella relativa U.S.L.) per la prevenzione, cura e riabilitazione della patologia neoplastica e fungono da riferimento tecnico-operativo anche per i presidi e le UU.SS.LL. viciniori prive di dipartimento.

     I dipartimenti oncologici hanno come punto di riferimento il «Centro di riferimento oncologico di Aviano».

     Le attività e l'organizzazione sono specificate nell'apposito progetto obiettivo.

 

47. Ortopedia e traumatologia

     Funzione molto diffusa, da considerare integrativa alla dotazione ospedaliera di base.

     Va potenziato l'intervento ambulatoriale e di day hospital, anche al fine di ridurre una discreta parte della ospedalizzazione, attualmente dedicata a controlli e rimozione gessi.

     In ogni Ospedale unico di U.S.L. deve essere previsto un servizio, anche senza p.l.., che dia supporto tecnico agli interventi territoriali e, in collaborazione con il servizio di recupero e rieducazione funzionale seguire le problematiche riabilitative, a meno che la Regione stabilisca il contrario.

     Dove prevista, la divisione di ortopedia e traumatologia deve garantire dei posti letto di appoggio per il servizio di recupero e rieducazione funzionale e operare dipartimentalmente nel pronto soccorso.

     Vi sono molte attività di alta specializzazione che devono essere garantite e per le quali si possono prevedere delle articolazioni organizzative delle divisioni (in particolare per i problemi dei tetraplegici e paraplegici, di ortopedia infantile, di patologia del rachide dell'anca, di chirurgia della mano.

     Va previsto un coordinamento con i servizi di medicina del lavoro e di medicina sportiva.

 

48. Ostetricia e ginecologia

     E' una funzione di base, da garantire a tutti gli Ospedali Unici di U.S.L., da svolgersi in modo dipartimentale, in stretto collegamento con i servizi materno infantili territoriali.

     Non viene prevista una divisione ospedaliera con sala parto per unità che non abbiano una attività annua di almeno 600 parti, ma solo un servizio con p.l.., con funzioni soprattutto ambulatoriali di day-hospital e di degenza breve.

     Qualora sia prevista la divisione, deve comunque essere garantita l'assistenza per gravidanza a basso e medio rischio, con sala parto idonea e presenze 24h su 24 di un medico ostetrico e di una ostetrica. Tali livelli assistenziali vengono garantiti anche dalle strutture convenzionate. Viene altresì individuato un secondo livello per bacini di utenza di almeno 300.000 abitanti per interventi di alta specializzazione e in particolare per le gravidanze a rischio.

 

 

 

54. Radiologia

     Il servizio di radiodiagnostica è una funzione di base, da assicurare ad ogni presidio ospedaliero.

     Ad esso è affidato l'uso delle tecniche che utilizzano radiazioni o altre energie per la produzione di immagini del corpo umano per diagnosi o terapia (escluse quelle di competenza della medicina nucleare).

     Viene pertanto qui ricompresa anche l'ecografia (ad eccezione dell'uso specialistico come descritto al punto 19), la termografia, la risonanza magnetica.

     La complessità e l'onerosità di alcune prestazioni comportano una loro esecuzione solo per ampi bacini d'utenza, benché in ogni presidio ospedaliero vanno garantiti alcuni interventi di frequente richiesta, compresa, come già detto, l'ecografia.

     Si possono prevedere sostanzialmente strutture di tre livelli, in relazione alla complessità degli interventi richiesti:

     a) al 1º livello si collocano le prestazioni più semplici, con apparecchiature per radiografie e stratigrafie, ortoclinoscopie, ortopantomografie, ed ecografie realtime;

     b) al 2º livello, su cui si richiede una radiodiagnostica specializzata e una ecografia internistica qualificata, vanno previste attrezzature più complesse, compreso il mammografo;

     c) al 3º livello si collocano le strutture più specializzate, fino a tecnologie speciali d'immagine. In particolare l'attrezzatura deve consentire una attività radiologica vascolare, nonché l'esecuzione di ecotomografie computerizzate.

     Il servizio autonomo opera anche a supporto tecnico delle attività distrettuali e poliambulatoriali.

     L'esigenza di ulteriore specializzazione viene ammessa solo per la neuroradiologia.

     L'attività di radioterapia non oncologica, limitata a forme flogistiche e degenerative è intervento di tipo ambulatoriale di sempre minor uso. Può essere effettuato dal servizio di radiologia, qualora già in possesso delle attrezzature e delle competenze necessarie, tranne laddove vi sia un reparto di radioterapia.

 

55. Radioterapia

     Questa funzione, quasi esclusivamente orientata ai problemi oncologici, impiega le radiazioni ionizzanti per fini terapeutici, ad esclusione delle sorgenti non sigillate di competenza della medicina nucleare.

  Deve essere organizzata in ambienti ospedalieri, implica competenze altamente qualificate, collaborazione interdisciplinare, sistemazioni edilizie e mezzi strumentali a contenuto tecnologico particolarmente elevato.

     E' da considerarsi una branca clinica e per questo va organizzata come servizio autonomo dotato di letti di degenza. Deve dipartimentarsi con la funzione oncologica, con la quale utilizzare i posti letto delle due funzioni.

     Ad esso vengono affidate anche le degenze necessarie per il servizio di medicina nucleare, date le esigenze di protezione. Un centro di radioterapia oncologica deve servire di norma un bacino di utenza di almeno 700.000/1.000.000 di abitanti.

     Deve integrarsi operativamente con i Servizi di Fisica Sanitaria, di Medicina Nucleare ed organizzativamente con le strutture di tutto il territorio in maniera dipartimentale, per poter garantire che il livello tecnico delle apparecchiature e la qualità delle attività siano il più elevate possibili, in meno dispendiose e disperse.

     Sono previsti tre servizi autonomi con posti letto a: Udine, con 20 posti letto; Pordenone, con 10 posti letto; Trieste, con 20 posti letto.

 

56. Reumatologia

     E' funzione della medicina generale e di norma viene gestita da questa. D'altro canto, la diffusione della patologia osteoarticolare e reumatologica comporta l'esigenza di una particolare attenzione e specializzazione nel settore, che può far prevedere servizi senza posti letto, strettamente collegati alla medicina generale.

     Importante è il collegamento con l'ortopedia e con il servizio di recupero e rieducazione funzionale.

 

57. Riabilitazione, recupero e rieducazione funzionale

     Questa funzione ricomprende un insieme di interventi polispecialistici che si caratterizzano per la loro finalizzazione.

     Vengono infatti qui ricompresi interventi per deficit intellettivi, menomazioni psicologiche, disturbi del linguaggio, deficit uditivi, disturbi oculari, alterazioni deformanti, menomazioni sensitive, invalidità locomotorie, deficit neurologici, patologie croniche respiratorie e cardiovascolari.

     L'obiettivo è quello di attivare almeno un servizio per ogni U.S.L., coordinato in particolare con la divisione di medicina generale a costituire il nucleo del dipartimento di riabilitazione, con medici fisiatri e personale infermieristico specializzato.

     Solo per bacini di servizio con oltre 100.000 abitanti può prevedersi una degenza autonoma, preferendosi altrimenti l'appoggio a letti di medicina generale, l'attività di day hospital e l'eventuale collegamento con strutture degenziali extraospedaliere.

     A Pordenone, Gorizia e Udine vanno individuati divisioni o U.O. con posti letto in particolare per pazienti motulesi, tetraplegici e paraplegici.

     Nell'ambito di vari presidi, in funzione anche del possibile collegamento con altre funzioni specialistiche, si sviluppano diverse tipologie di intervento (esempio: per insufficienza respiratoria, riabilitazione cardiologica).

     Nell'ambito dello Stabilimento Ospedaliero «Gervasutta» di Udine va prevista una attività di studio e di ricerca, con particolare attenzione all'aspetto bioingegneristico e delle apparecchiature per la riabilitazione funzionale, motoria e sensoriale.

 

58. Servizio trasfusionale

     Questa funzione definisce le attività di raccolta, conservazione e assegnazione di sangue umano e degli emoderivati.

     Essa viene espletata in conformità alla legislazione nazionale vigente, integrata dalla normativa regionale.

     Si individuano le seguenti articolazioni:

     1. Emoteche

     Sono sedi di conservazione del sangue che possiedono le caratteristiche di ordine tecnico e le modalità di funzionamento contemplate dalla legislazione vigente.

     2. Sezioni trasfusionali ospedaliere

     Sono strutture istituite con apposita disposizione regionale ad integrazione dell'ordinamento vigente. Esse provvedono, oltre alle operazioni di raccolta (con centri fissi e unità mobili) anche a quelle di conservazione ed assegnazione del sangue umano, trasferendo quello in eccesso al Servizio di immunoematologia e trasfusione da cui dipende sul piano tecnico ed organizzativo o a quello che ha compiti di coordinamento.

     «L'autorizzazione al funzionamento delle Sezioni trasfusionali viene rilasciata, sentito il parere della Commissione regionale, dalla Regione che ne determina il territorio di competenza e indica il Servizio di immunoematologia e trasfusione da cui dovrà dipendere sul piano tecnico ed organizzativo, fissandone le modalità».

     Sul piano amministrativo le Sezioni dipendono o dal citato Servizio di immunoematologia o sono aggregate al Servizio di laboratorio analisi del presidio in cui sono ubicate.

     3. Servizi di immunoematologia e trasfusione

     Essi adempiono alla funzione prevista dalla legislazione vigente per i «Centri trasfusionali», quindi anche di raccolta.

     Essi, inoltre esercitano un'attività di direzione tecnico- organizzativa sulle «Sezioni trasfusionali» e sulle «Emoteche» da loro dipendenti.

     Viene previsto un servizio con il compito di coordinare ed integrare la raccolta e la distribuzione del sangue umano nell'ambito regionale, in modo da soddisfare le esigenze trasfusionali di tutta la regione.

     Ciascun Servizio di immunoematologia e trasfusione e ciascuna Sezione trasfusionale provvede, nella propria sede, alla raccolta del sangue (Centro di raccolta fisso). Può anche provvedere mediante un'unità mobile (Centro di raccolta mobile) e secondo le modalità previste dal D.P.R. 24 agosto 1971 n. 1256, alla raccolta del sangue nel territorio di propria competenza.

     Presso le sezioni ed i servizi di immunoematologia e trasfusione possono essere istituiti, previa apposita autorizzazione regionale, sentita la Commissione tecnica regionale competente, dei «centri di plasmaferesi» per la raccolta del plasma da inviare ai Centri di produzione degli emoderivati secondo modalità stabilite dalla Regione.

     E' istituita una Commissione consultiva regionale per la programmazione, il coordinamento ed il controllo dei servizi trasfusionali presieduta dall'Assessore regionale all'Igiene e alla Sanità.

     Sono previste le sezioni trasfusionali presso i presidi di:

     - Maniago, collegato funzionalmente al Servizio di immunoematologia e trasfusione del servizio ospedaliero di Pordenone.

 

 

- S. Vito al Tagliamento         idem

- Sacile                         idem

- Spilimbergo                    idem

- Centro di Riferimento          idem

Oncologico

 

 

- «Burlo Garofolo», Sezione collegata funzionalmente al Servizio di immunoematologia e trasfusione c/o il servizio ospedaliero di Trieste.

- Cividale, Sezione collegata funzionalmente al Servizio di

immunoematologia e trasfusione del servizio ospedaliero di Udine.

 

 

- Gemona                         idem

- Latisana                       idem

- Palmanova                      idem

- S. Daniele                     idem

- Tolmezzo                       idem

 

 

- Monfalcone, Sezione collegata funzionalmente al Servizio di

immunoematologia e trasfusione del servizio ospedaliero di Gorizia.

     Sono previsti i seguenti servizi autonomi di immunoematologia e trasfusione e presso i presidi di:

- Gorizia

- Pordenone

- Trieste

- Udine

     Negli altri presidi sono previste le emoteche.

     Sono previsti «Centri di plasmaferesi» presso:

     a) le sezioni trasfusionali di: Monfalcone, Cividale e Palmanova;

     b) i servizi di immunoematologia e trasfusione di Pordenone e Udine.

 

59. Urologia

     Funzione dell'area di chirurgia, che ha assunto sempre maggior autonomia e specializzazione, unificando nel suo ambito interventi sull'apparato urinario che in precedenza erano dispersi fra varie specialità (urodinamica, uroneurologia, urologia ginecologica, andrologia).

     L'individuazione di una divisione viene fatta per bacini di almeno 250.000 abitanti.

     Sono confermate le unità esistenti a Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste e Palmanova con posti letto come da indicazione fornita nella Tav. III.

     Questa specialità deve operare anche in programmi di prevenzione e cura dell'uremia (vedasi progetto obiettivo «trattamento degli uremici cronici»).

 

60. Virologia

     E' una funzione laboratoristica che usualmente viene svolta dalla Sezione o Servizio di microbiologia, con esecuzione degli esami sierologici meno complessi.

 

     Va prevista una convenzione con l'Istituto di Igiene dell'Università di Trieste per esami di alta specializzazione.

     A Udine e Pordenone si possono prevedere dei servizi aggregati nell'ambito della microbiologia.

 

61. Ex-Centri di Medicina Sociale

     Conseguentemente al ruolo indicato per la funzione ospedaliera, di luogo di cura del caso acuto ma anche di patrimonio di conoscenze tecniche che devono trovare operativa applicazione in funzioni di servizio extra- moenia in campo diagnostico, di prevenzione secondaria di educazione sanitaria di terapia in centri diurni e così via, si rende opportuno il recupero programmato delle attività e conoscenze degli ex-centri ospedalieri di medicina sociale.

     Tale opportunità, ovviamente, resta analoga per gli ex-centri di medicina sociale già costituiti al di fuori dell'attività ospedaliera.

     In ogni caso i centri per i quali la Regione ritiene che debba essere mantenuta una autonomia tecnico funzionale restano tali e inseriti nel settore della medicina generica e specialistica ovvero restano a far parte della funzione ospedaliera delle U.S.L. indicate in qualità di servizi autonomi. Tutti gli altri non più specificati trasferiranno le proprie esperienze e dotazioni alle funzioni e servizi ospedalieri o ai servizi extraospedalieri di distretto, multidistrettuali o zonali che svolgono funzioni analoghe o compatibili, accrescendone, se del caso, i contenuti.

     In ogni caso le funzioni più sotto specificate devono intendersi uniche di zona nel senso che, a livello tecnico organizzativo è da prevedersi in ciascuna zona un unico caso di autonomia funzionale. I piani attuativi di zona secondo quanto specificato nella seconda parte del Piano sanitario regionale dovranno proporre la creazione, ovvero la riorganizzazione delle funzioni già esistenti.

     Spetterà alla Regione, compatibilmente anche con le disponibilità di bilancio provvedere alla attivazione di quanto proposto.

     Ciò premesso sono individuate come funzioni che possono mantenere una autonomia tecnico-funzionale le seguenti:

- audiologia-fonetica e logopedia;

     - malattie cardiovascolari;

     - malattie dismetaboliche;

     - attività di prevenzione oncologica (vedesi centri sociali oncologici richiamati dal p.o. oncologia);

     - silicosi.

     Più in particolare per quanto attiene la patologia dismetabolica, data la sua attuale diffusione e significato epidemiologico, si ritiene utile fornire alcuni indirizzi programmatici miranti a:

     - recuperare e potenziare, se necessario, le esperienze e le conoscenze già accumulate in merito nella Regione;

     - integrare operativamente e funzionalmente tutti gli interventi settoriali secondo la volontà e lo spirito della Riforma sanitaria.

     Conseguentemente a questi obiettivi nel triennio 1985-87, i centri per la patologia dismetabolica dovranno venire integrati funzionalmente con l'intervento specialistico ambulatoriale ospedaliero ed extraospedaliero a seconda dell'attuale dipendenza amministrativa del personale a disposizione, cosicché gli attuali Centri collegati alle Divisioni mediche ospedaliere verranno considerati servizi specialistici che funzionalmente arrichiscono l'area poliambulatoriale dell'ospedale coprendo proritariamante il proprio distretto di appartenenza ma anche bacini zonali, se del caso.

     Esigenza specifica è quella di operare più stretti collegamenti tra i Centri e il primo livello che deve sempre più considerare il momento specialistico come una responsabile estensione della propria operatività ed anche i collegamenti con le strutture poliambulatoriali distrettuali che devono considerare il servizio di diabetologia esistente nella zona quale unità di riferimento sia a livello diagnostico, sia terapeutico e follow-up del paziente.

     I Centri non ospedalieri devono a loro volta integrarsi nella funzione poliambulatoriale collegandosi funzionalmente al settore ospedaliero oltre che anch'essi al livello di base per meglio programmare e seguire l'iter del paziente e la continuità dell'intervento.

     Non sarebbe logico infatti ipotizzare il mantenimento dell'esperienza accumulata se essa non dovesse essere riassimilata nell'ottica della continuità operativa e funzionale dell'assistenza al paziente, fermo restando il rispetto delle attuali responsabilità riconosciute ai vari stadi di intervento e ovviamente a orientare parte dell'attività ad interventi maggiormente connotati in senso preventivo. Strumento principe di questa integrazione dovrà essere rappresentato dal sistema informativo attraverso:

     - l'impostazione e il funzionamento del servizio informativo epidemiologico non solo descrittivo ma orientato ad identificare il rischio. Ciò dovrà permettere, mediante l'impiego degli strumenti più adatti e propri, la possibilità di definire

la prevalenza e l'incidenza zonale e regionale della patologia oltre alla mappa dei rischi, e quindi di meglio orientare la parte di attività più preventiva.

     - La ricomposizione dell'informazione individuale proprio al fine di rendere attuabile la continuità dell'intervento. Tale ricomposizione può appunto essere affidata ai servizi di secondo livello a cerniera tra il livello di base e la cura.

 

62. Servizi di Bioingegneria

     La sempre più elevata complessità tecnologica ed il continuo sviluppo dell'impiego di nuove e sofisticate tecnologie dei materiali allo scopo, di una più elevata biocompatibilità ed efficacia funzionale degli stessi, conduce a dover ritenere indispensabile costituire servizi di bioingegneria medica.

     Tali servizi hanno lo scopo di studiare la applicazione e, eventualmente in forma coordinata, sperimentare alcune tecnologie sanitarie: devono inoltre prestare consulenze ai presidi ospedalieri ed anche extraospedalieri funzionalmente collegati a tali servizi, appartenenti o meno alla stessa Unità sanitaria locale.

     A livello regionale dovrà studiarsi l'opportunità di costituire una commissione, a cui partecipano i tre servizi, allo scopo di poter costituire un sistema di norme e criteri per l'applicazione della tecnologia sanitaria nei servizi della regione. Tale commissione deve funzionalmente collegarsi con quella prevista per il sistema informativo sanitario regionale, secondo quanto indicato dal relativo progetto obiettivo.

     Localizzazione: Udine, Pordenone e Trieste.

 

2.4.2. Interrelazioni funzionali

     Per la collocazione delle varie specialità si è tenuto conto anche delle loro interdipendenze funzionali, al fine di evitare una distribuzione di risorse in modo disorganico, a danno dell'efficienza.

     Esistono infatti delle relazioni di complementarietà tra le diverse funzioni la cui mancata presa in considerazione impedirebbe alla rete ospedaliera regionale di sviluppare appieno le proprie potenzialità, dando origine a veri e propri sprechi di risorse e, a volte, anche a carenze oggettive nell'erogazione dei servizi.

     Nella Tav. II sono indicate le interrelazioni che per la natura normativa del piano regionale, sono da considerarsi obbligatorie e vincolanti. Ciò significa che nell'ambito del presidio in cui è prevista una certa funzione, vanno garantite anche le funzioni che si indicano come correlate.

     Questa indicazione di correlazione non esaurisce l'analisi degli interventi necessari ad un ottimale sviluppo di ogni funzione, soprattutto per quelle di alta specialità (esempio: cardiochirurgia) o che operano per insieme di interventi multidisciplinari (esempio: servizio di riabilitazione, recupero e rieducazione funzionale, servizio di unità spinale).

     Sarà compito dei piani attuativi locali approfondire queste problematiche, per l'analisi delle quali il concorso degli operatori e la valutazione delle realtà specifiche si rivela essenziale e insostituibile. In base a queste valutazioni dovranno essere proposte azioni concrete (attivazione di servizi, convenzioni, rafforzamento quanti-qualitativo di alcune attività, dipartimentalizzazione) che verranno valutare negli aggiornamenti del piano sanitario, in una logica di programmazione partecipata.

     Già in questo piano, associando questo quadro di interrelazioni ad una proposta di aggregazioni funzionali, costruite secondo modelli di dipartimento o per omogeneità di utenza o per tipologia di intervento, si possono definire insiemi di funzioni ospedaliere, a loro volta dipartimentalizzabili con omogenee funzioni territoriali, come proposta di istituzione di dipartimenti ai sensi della legislazione vigente ed in anticipazione di più complessiva normativa nel merito.

     Secondo quanto indicato, a livello ospedaliero si individuano alcuni insiemi di funzioni la cui gestione potrebbe avvenire secondo forme dipartimentali:

     Insiemi di funzioni oncologiche: analisi chimico/cliniche, anatomia e istologia patologica, fisica sanitaria, medicina generale, medicina nucleare, radiologia, radioterapia oncologica, divisioni oncologiche, chirurgia generale, anestesia e terapia antalgica, recupero e rieducazione funzionale.

     Insieme di funzioni riabilitative: analisi chimico/cliniche, anatomia e istologia patologica, terapia intensiva, anestesia e rianimazione, medicina generale, pneumologia, cardiologia, ortopedia, psichiatria, radiodiagnostica, neurologia, recupero e riabilitazione .

     Insiemi di funzioni materno-infantili (di alta specializzazione): analisi chimico/cliniche, anatomia e istologia patologica, anestesia, rianimazione e terapia intensiva, chirurgia pediatrica, neuropsichiatria infantile, neurologia, oculistica e ortottica, ostetricia e ginecologia, patologia neonatale, pediatria, psichiatria, radiodiagnostica, rieducazione e recupero funzionale, servizio trasfusionale.

     Attraverso gli appositi progetti-obiettivo sono ancora prioritariamente da sviluppare ed attivare l'insieme di funzioni dell'emergenza e quello della psichiatria (quest'ultimo a valenza preminentemente territoriale).

 

 

 

                                 TAVOLA II

            Norme e interrelazioni per le funzioni ospedaliere

 

 

                         Bacini d'utenza

             -------------------------------------

Funzioni        zonale    plurizo-   region.   interrelazio-

ospedaliere                 nale                     ni

                                                 obbligatorie

 

 

1 Accetta-     X

zione e

pronto

soccorso [*]

2 Anatomia e                 X

istologia

patologica

3 Anestesia e  X

rianimazione

4 Anestesia e                X                          7-58

rianimazione

con terapia

intensiva

5 Bronco-                    X                          52

scopia

6 Cardio-                                 X             2-4-8-25-37-58-

chirurgia                                               62

(con

emodinamica)

7 Cardiologia                X                          58

8 Cardiologia                X                          58

(con unità

coronarica)

9 Centro                                  X

antiveleni

10 Chirurgia   X

generale [*]

11 Chirurgia                              X             4-45-49-58

maxillo-

facciale

12 Chirurgia                              X             4-37-38-42-47-

pediatrica                                              50-58

13 Chirurgia-                             X             4-16-26-38-44-

plastica (con                                           47-58

centro

ustionati)

14 Chirurgia                              X             2-4-6-52-58

toracica

15 Chirurgia                              X             2-4-8-21-58

vascolare

16 Dermato-                  X

logia

17 Direzione   X

sanitaria [*]

18 Diabetolo-                X

gia

19 Ecografia                 X

20 Ematologia                             X

21 Emodinami-                X                          4-7-58

ca

22 Endocrino-                             X             2

logia

23 Endoscopia                X                          2

24 Farmacia    X

[*]

25 Farmacolo-                             X             24

gia clinica

26 Fisica                    X

sanitaria

 

27 Fisiopato-                X

logia

respiratoria

28 Gastro-                   X                          2

enterologia

29 Geriatria                              X

30 Immunolo-                 X

gia

31 Laborato-   X

rio analisi

[*]

32 Malattie                  X                          16-37-58

infettive

33 Medicina    X

generale [*]

34 Medicina                               X

legale

35 Medicina                               X

del lavoro

36 Medicina                  X                          26-55

nucleare

37 Microbio-                 X                          31

logia

38 Nefrologia                X

e dialisi

39 Neonatolo-  X

gia

40 Neuro-                    X                          2441-42-44

chirurgia

41 Neuro-                                 X             42

radiologia

42 Neurologia                X                          53

43 Neuro-      X                                        53

psichiatria

infantile

44 Oculistica                X

e ortottica

45 Odonto-     X

stomatologia

46 Oncologia                 X                          2-55-58-59

47 Ortopedia   X

e

traumatologia

48 Ostetricia  X

e ginecologia

[*]

49 Otorino-                  X

laringoiatria

50 Patologia                 X                          7-42-44-48-58

neonatale

51 Pediatria   X

[*]

52 Pneumolo-                 X                          49

gia

53 Psichia-    X

tria

54 Radiologia                X

[*]

 

55 Radiote-                  X                          26

rapia

56 Reumatolo-                X

gia

57 Riabili-    X

tazione,

recupero e

rieducazione

funzionale

[*]

58 Servizio    X

trasfusionale

59 Urologia                  X

60 Virologia                              X             32-37

61 Ex centri                 X

di medicina

sociale

62 Servizi di                X                          21-26-36

bioingegneria

 

 

 

NOTA:

[*] Sono segnate con l'asterisco le funzioni da prevedere in ogni servizio

ospedaliero di U.S.L., la cui interrelazione è pertanto obbligatoria e non

viene quindi segnalata nell'ultima colonna.

 

 

2.5. Convenzioni, volontariato e vigilanza.

     La legge 833/78 all'art. 45 riconosce la funzione delle associazioni di volontariato liberamente costituite, aventi la finalità di concorrere al conseguimento dei fini istituzionali del servizio sanitario.

     Esse costituiscono di fatto un patrimonio di esperienze e di arricchimento umano, fondato sui principi mortali di solidarietà che è opportuno salvaguardare e potenziare in quanto forme di collaborazione ed integrazione del servizio pubblico.

     In questo senso, è anche in accordo alle disposizioni contenute nell'articolo 45 già citato e nell'art. 70 e 71, la Regione considera e appoggia lo sviluppo del volontariato, come forma integrativa del servizio sanitario di tipo pubblico, regolamentandolo (legge regionale 74/81) affinché sia coerentemente coordinato e compatibile con gli obiettivi dello stesso servizio.

     Perciò, mentre si resta in attesa delle disposizioni legislative nazionali in materia di riordinamento della Associazione volontaristica della C.R.I., anche per provvedere alla riorganizzazione territoriale di questo servizio, la Regione per altri servizi, attraverso i citati adempimenti legislativi e progetti obiettivo del presente passo, prevede il recupero attivo e organico del volontariato.

     In particolare per quanto concerne le organizzazioni del servizio per la tossicodipendenza, del servizio per la raccolta e trattamento del sangue, del servizio di emergenza, del servizio consultoriale, del servizio di assistenza e recupero sociale.

     La Regione, si tutela anche attraverso la stipula di convenzioni e la richiesta di appositi requisiti, affinché le prestazioni delle associazioni volontarie o dei singoli volontari siano qualitativamente e quantitativamente rispondenti ai propri obiettivi.

     Lo strumento «convenzione», oltre ai casi delle associazioni volontaristiche può essere adottato per regolare l'acquisizione di

 

competenze specifiche singole, ovvero di prestazioni offerte da istituzioni

complesse, purché compatibili con gli obiettivi di piano.

     Al di là infatti delle convenzioni di livello nazionale, nei cui confronti la Regione è principalmente esecutrice - per quanto concerne il regime convenzionale di propria competenza, essa ha la piena facoltà di stabilirne la necessità, la dimensione, il regime e i requisiti.

     Con l'entrata in vigore del presente piano, vengono a decadere tutte le convenzioni per assistenza ospedaliera e assistenza sanitaria specialistica esterna in atto con case di cura private, (con strutture specialistiche ambulatoriali private nonché con istituti ecclesiastici classificati ai sensi dell'art. 1 legge n. 132/68) e con singoli operatori sanitari non ricompresi nelle convenzioni nazionali.

     Tali convenzioni sono temporaneamente e provvisoriamente prorogate fino alla approvazione da parte della Regione dei piani attuativi della U.S.L. relativa.

     Tutte le convenzioni, su temi sanitari e non, vanno precisate nel piano attuativo locale di U.S.L., anche qualora previste ex-novo, per le conseguenti valutazioni ed eventuali autorizzazioni da parte della Regione.

     Spetta inoltre alla Regione, attraverso propria disciplina normativa, coerentemente con gli aspetti standards contenuti in questo stesso piano e con le vigenti leggi nazionali regolamentare l'autorizzazione e la vigilanza sulle istituzioni di carattere privato.

     Richiamo specifico dovrà essere fatto in proposito, trattando del progetto-obiettivo sul sistema informativo, per quanto riguarda la predisposizione di strumenti ad hoc, che rendano concretamente possibile l'obiettivo di un efficace e non burocratico controllo e vigilanza.

 

2.6. Rapporti con l'Università

     Le convenzioni fra la Regione e le Università, stipulate sulla base degli schemi-tipo previsti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, per le finalità contenute nel medesimo articolo fanno parte integrante del piano sanitario regionale.

     I contenuti delle convenzioni debbono essere formulati tenendo conto di:

     - la posizione di reciproco interesse da parte della Regione e delle Università per il raggiungimento degli obiettivi della riforma sanitaria e, in tale contesto, della posizione di particolare rilievo della Università nelle iniziative e nelle attività volte alla formazione degli operatori del comparto della Sanità;

     - l'interesse delle strutture del servizio sanitario regionale a forme di collaborazione con altre facoltà oltre a quelle di medicina per il perseguimento della formazione professionale del personale nell'ambito delle finalità del servizio medesimo;

     - le esigenze di stretta integrazione tra l'assistenza, la didattica e la ricerca;

     - i limiti e l'articolazione delle piante organiche intese quale strumento con il quale le UU.SS.LL. determinano, in relazione all'organizzazione del lavoro, il fabbisogno di personale per la realizzazione dei fini istituzionali che sono loro attribuiti.

     In tale quadro assumono importanza le seguenti indicazioni:

     - la definizione degli impegni assistenziali del personale universitario;

     - la definizione degli investimenti in strutture, attrezzature ed apparecchiature;

     - la individuazione di insegnamenti da affidare al personale del servizio sanitario;

     - la definizione delle aree e delle strutture delle U.S.L. nelle quali svolgere attività di tirocinio teorico-pratico per gli studenti;

     - la definizione di attività didattiche integrative da svolgere a cura di operatori delle U.S.L., i quali esercitazioni, preparazione e collaborazione nello svolgimento di tesi di laurea, gruppo di lavoro e di ricerca, ecc.;

     - la definizione delle esigenze di specializzazione del personale del servizio sanitario in rapporto alle scuole di specializzazione universitaria.

     - la istituzione di borse di studio in settori di peculiare interesse del servizio sanitario, da definirsi a livello regionale.

     - La particolare funzione didattico scientifica richiede adeguamenti organizzativi delle strutture operanti nel servizio sanitario, ma ciò va valutato nel quadro della compatibilità delle risorse, privilegiando il criterio della flessibilità nella impostazione organizzativa, avendo di mira il momento unificante dell'assistenza, della didattica e della ricerca.

     - Tali aspetti vanno comunque considerati nel rispetto degli standard assistenziali e di riferimento di cui ai paragrafi precedenti.

 

 

ALLEGATO 3

 

ORGANIZZAZIONE DELLA RETE REGIONALE DELL'EMERGENZA

 

1. PREMESSA

2. OBIETTIVI E AZIONI

 

1. PREMESSA

     L'importanza di disporre di una rete di servizi e di un protocollo d'intervento per l'emergenza medica è più che mai viva in una Regione che ha vissuto, di recente, la tragedia di una catastrofe tellurica. Non è tuttavia solo per occasioni di questo tipo che l'organizzazione di un'efficace rete per la emergenza sanitaria è stata selezionata fra i progetti obiettivo di questo primo piano sanitario regionale.

     Il funzionamento dei servizi per l'emergenza è infatti permanente del sistema sanitario e problematica rilevante sul piano sia funzionale che finanziario.

     L'intervento in situazioni di emergenza rappresenta il fronte caldo di tutta l'organizzazione sanitaria, e per il ruolo che esso assume per i bisogni più acuti e le condizioni sanitarie più gravi e per l'elevato contenuto tecnologico, scientifico e professionale che gli è connesso.

     Sullo stesso piano puramente finanziario i servizi per la emergenza sono assai rilevanti.

     Pertanto da constatazioni di quest'importanza di tutto il settore «emergenza» il progetto obiettivo indicherà le principali linee programmatiche di intervento facendo ampio e costante riferimento al lavoro svolto a riguardo dall'Ospedale Civile di Udine e pubblicato sotto il titolo di: «Progetto intervento sulla rete di emergenza e pronto soccorso della Regione Friuli-Venezia Giulia», lavoro che, essendo conforme agli orientamenti regionali, può considerarsi quadro di riferimento compiuto ed esauriente di questo progetto ed al quale si rimanda dunque per tutta la parte generale, limitandosi in questa sede a riportare le principali azioni da attuare nel triennio per la realizzazione di questo progetto obiettivo.

 

2. OBIETTIVI ED AZIONI

     I servizi per l'emergenza devono possedere le seguenti caratteristiche fondamentali:

     «1. Ia tempestività dell'intervento;

     2. Ia continuità temporale del servizio;

     3. Ia gradualità in relazione alla complessità tecnico/sanitaria ed alla gravità patologica connesse alle diverse situazioni di bisogno;

     4. Ia necessità di interrelazione e collegamento verticale (per intensità di intervento) e orizzontale (in articolazione territoriale) dei servizi e presidi della rete;

     5. Ia continuità di cura fra pronto intervento, cure intensive e cure post intensive per i casi la cui soluzione trascende il momento del pronto intervento-urgenza-emergenza;

     6. Ia necessità di facile accesso a questi servizi dal territorio.» [1]5.

     Riferendosi a queste caratteristiche si forniscono le indicazioni di organizzazione dei servizi (azioni) partendo dai livelli più decentrati laddove si verifica l'evento di emergenza sanitaria:

 

AZIONE N. 1: Addestramento-educazione della popolazione e del personale addetto:

     Bisogna addestrare il maggior numero di persone possibili a:

     «1) fornire le più elementari ma efficaci forme di soccorso;

     2) valutare l'opportunità di:

     a) chiamare il soccorso più utile e qualificato

     b) trasportare direttamente e senza perdita di tempo il paziente nel luogo più adatto che non è necessariamente il più vicino.»

     Tale azione è particolarmente importante nelle zone isolate dove spesso non è possibile disporre della presenza continua del medico o di altro personale specializzato e dove dunque sono «persone non tecniche» a intervenire per prime nei casi di emergenza sanitaria.

     A tal fine è dunque indispensabile predisporre un piano di:

 

«A) Educazione sanitaria finalizzata

     - Nelle scuole;

     - Nelle comunità;

     - Nelle parrocchie;

     - Nelle fabbriche;

     - Nelle caserme ed in ogni comunità significativa.

 

B) Addestramento per interventi di primo soccorso e di comportamento

     - Vigili del fuoco;

     - Vigili urbani;

     - Polizia;

     - Carabinieri;

     - Gruppi volontari;

     - Donatori di sangue;

     - Militari;

     - Studenti e per altre categorie significative.»

     L'azione di educazione per l'intervento in situazioni di emergenza va completata con l'attività di addestramento più professionalizzato ai medici ed agli infermieri, in particolare quelli addetti al servizio di trasporto infermi [1]6.

     La Regione studierà standard conoscitivi e comportamentali minimali a scopo educativo e per il volontariato.

 

AZIONE N. 2: Coordinamento e razionalizzazione del sistema di chiamata per la emergenza:

     Per ogni U.S.L. il servizio di chiamata va razionalizzato attraverso la creazione di:

     «un centralino operativo dotato di un unico e facile numero telefonico e di personale istruito a raccogliere rapidamente le informazioni utili ed essenziali, a fornire i primi consigli, ad indirizzare correttamente i soccorsi sul luogo dell'evento e da qui nel momento più sollecito al centro di soccorso più idoneo informando il personale sanitario di questo centro di quanto è accaduto e di chi sta arrivando.»

     Nell'arco del triennio la Regione valuterà con opportuno studio la convenienza a concentrare i punti chiamata regionali.

 

 

AZIONE N. 3: Interventi per sviluppare la tempestività e l'efficacia dei sistemi di trasporto:

     Un'efficace e tempestivo servizio di trasporto infermi risulta determinante per il funzionamento della rete di emergenza, le indicazioni operative a riguardo sono le seguenti:

     - equipaggiamento di tutte le ambulanze del servizio pubblico o convenzionato delle attrezzature adeguate per il controllo dei pazienti durante il trasporto;

     - futura dotazione del servizio sanitario regionale di un servizio di trasporti di emergenza che preveda l'utilizzo sistematico di elicotteri, attraverso le formule più opportune e adeguate sul piano organizzativo ed economico;

     - formazione del personale addetto al trasporto infermi.

 

AZIONE N. 4: Diffusione capillare dei servizi di base:

     «Appartengono al primo livello di servizi, i servizi di base e le farmacie. Si tratta di quei servizi generici essenziali che, in ispecie nelle zone sprovviste di altri presidi, svolgono una funzione indispensabile per quanto concerne i primi interventi in casi gravi o il primo soccorso su urgenze di basse complessità tecnico sanitarie.

     Ovviamente questa loro rilevanza (per gli aspetti connessi all'emergenza) viene scemando quando da situazioni marginali (quali ad esempio quelle dei piccoli comuni di montagna) si passi via via a situazioni a maggior dotazione di servizi, fino a divenire minimale a livello dei grossi centri urbani.

     Questa considerazione confrontata alla situazione nel territorio regionale fa emergere la contraddizione che proprio nelle zone, ove più sono necessari, si verificano le più grosse carenze di questi servizi.

     A riguardo, si può dunque limitare ad evidenziare i seguenti punti:

     1) Incentivazione professionali e/o finanziarie nell'ambito dei servizi prestati in zone particolarmente disagiate.

     2) Addestramento di alcune persone a fornire i più semplici interventi di pronto soccorso e a valutare l'opportunità di chiamare il soccorso più utile e qualificato o trasportare direttamente il paziente nel luogo più idoneo.

     3) Dotazione di armadietto farmaceutico con le specialità essenziali laddove non vi è farmacia di una minima attrezzatura di pronto soccorso.

     4) Previsione di una rete di collegamenti radio con i centri di pronto soccorso e trasporto infermi nelle situazioni con rischio di interruzione delle comunicazioni telefoniche».

     Tale azione è d'altronde rispondente all'obiettivo generale di diffusione territoriale dei servizi.

     Sul piano territoriale la collocazione dei servizi di guardia medica attiva e di primo soccorso è «da prevedersi in corrispondenza di poliambulatori distrettuali, secondo le necessità da verificare in relazione a: specifiche emergenze territoriali (ad esempio: mobilità veicolare), elevati tempi di accesso al pronto soccorso ospedaliero, consistenza demografica del bacino d'utenza».

     Sulla base di questi criteri emergono alcune situazioni territoriali cui prestare particolarmente attenzione: Tarvisio, Carnia, Tarcentino, Valli Cellina e Meduna. A queste si potrebbe aggiungere: Grado Lignano (nel periodo stagionale d'afflusso turistico) e le situazioni urbane di Udine e Trieste.

     Queste ultime vanno tuttavia valutate complessivamente in relazione alla disposizione ed al carico di lavoro dei pronto soccorso ospedalieri, con soluzioni che utilizzino le guardie mediche attive opportunamente organizzate dalle Unità sanitarie locali ben collegate con le altre strutture/servizi della rete di emergenza.

 

AZIONE N. 5: Riqualificazione dei servizi ospedalieri per l'emergenza:

     A livello ospedaliero si collocano i servizi per l'emergenza di maggior complessità tecnico-funzionale. Tali servizi rappresentano la cerniera fra l servizi territoriali e l'ospedale e sommano dunque alle funzioni per l'emergenza quelle di filtro e orientamento dei ricoveri divenendo in tal modo il settore di maggior impegno tecnico-professionale dell'intero ospedale.

     I servizi ospedalieri per l'emergenza si distinguono in due tipologie fondamentali:

     a) i servizi di pronto soccorso semplici;

     b) i dipartimenti d'emergenza che svolgono attività di pronto soccorso, pronta diagnosi e accettazione.

     «Per quanto concerne i primi si tratta sostanzialmente di organizzare meglio le risorse in termini di organico, strutture e attrezzature già attualmente impiegate nei vari pronto soccorso ospedalieri della Regione.

     I secondi sono invece strutture di intervento più qualificate che vanno precisamente individuate in relazione alla conformazione geografica e sociale del territorio.»

     «Dal punto di vista organizzativo questi servizi possono configurarsi:

     a) con organico proprio;

     b) con organico a rotazione delle varie unità funzionali di servizio che vi intervengono;

     c) con organico misto.

     La scelta fra le tre soluzioni non può essere fatta in assoluto in quanto interviene una pluralità di fattori condizionanti, specifici nelle varie soluzioni, alcuni persino vincolanti (cfr. norme di legge).

     In linea di massima l'orientamento negli ospedali di piccole dimensioni, è quello di puntare alla seconda soluzione con la garanzia della presenza costante di almeno un medico e/o un chirurgo generale.

     Oltre ad un utilizzo più adeguato del personale, esso permette di realizzare un maggior raccordo fra le funzioni di pronto soccorso e gli altri reparti e i servizi ospedalieri e facilita dunque una impostazione di continuità e gradualità di cura ed in prospettiva anche la elaborazione di un vero e proprio protocollo di programma di cura».

     Anche negli ospedali di maggior dimensione e importanza, dove viene prevista la costituzione di dipartimento di emergenza la soluzione organizzativa preferibile è quella della rotazione del personale permanente dai reparti dipartimentali fermo restando la possibilità di un organico specifico laddove e finché esistano i reparti di medicina e chirurgia d'urgenza. Tale soluzione è ritenuta la più valida in quanto:

     a) supera l'isolamento tra i reparti;

     b) favorisce un produttivo e reciproco scambio di conoscenze ed esperienze;

     c) assicura maggior continuità di cura.

     «Per la completa e più efficace funzionalità del D.E. è opportuna la previsione di letti destinati o a malati particolarmente gravi o da utilizzare per brevi periodi di osservazione, per permettere una produttiva e corretta azione di filtro e selezione».

     Per quanto concerne la dotazione di personale e le caratteristiche organizzative si individuano le seguenti tipologie:

 

«A. Pronto soccorso semplice:

     Ogni servizio ospedaliero di U.S.L. deve dotarsi di un pronto soccorso continuativo incentrato sulla guardia medica garantita almeno da una internista e/o chirurgo generale e su di una serie di reperibilità da definirsi in maniera variabile nelle singole situazioni.

     Fondamentale è comunque la disponibilità di unità per il trasporto infermi ed il collegamento con gli altri servizi per l'emergenza».

 

«B. Dipartimenti d'emergenza

     Per bacino d'utenza di circa 150.000 abitanti e oltre va prevista la costituzione di veri e propri dipartimenti per l'emergenza, arricchiti nelle funzioni e con dotazioni strumentali complesse».

     Nei dipartimenti d'emergenza va prevista la presenza continua nelle 24 ore delle seguenti competenze:

     - internistica;

     - chirurgica;

     - ostetrica;

     - pediatrica;

     - anestesiologica;

     - radiologica;

     - laboratoristica;

     - infermieristica;

     Tale dotazione minima può venire potenziata e integrata a seconda delle specifiche situazioni e delle dimensioni dell'ospedale da altre figure professionali specialistiche, presenti nell'ospedale stesso, quali ad esempio: l'ortopedico, il cardiologo, lo psichiatra, il neurologo, il neurochirurgo, il nefrologo, il tecnico trasfusionale.

     In ogni dipartimento si ritiene comunque necessaria quantomeno la pronta reperibilità per quanto concerne l'ortopedia, la cardiologia e la psichiatria.

     Occorre prevedere nel dipartimento di emergenza subaree destinate ed organizzate per le urgenze mediche, chirurgiche, traumatologiche, pediatriche ed ostetrico ginecologiche. Per queste due ultime può essere eventualmente previsto un sistema particolare di accesso diretto alle rispettive divisioni con un percorso preferenziale.

     Negli altri casi (medicina, chirurgia e traumatologia) devono essere previsti settori peculiari, articolati in ambulatori e sale di intervento adeguate, facilmente accessibili dall'esterno e comunicanti con l'interno, dotati anche di personale infermieristico settorialmente qualificato.

     Particolare attenzione va posta all'organizzazione di settori diagnostico, d'urgenza, di laboratorio e radiologici.

     Si prevedono le seguenti sedi di dipartimento di emergenza:

     U.S.L. Udinese (Unità spinale);

     U.S.L. Pordenonese;

     U.S.L. Triestina;

     U.S.L. Goriziana.

 

AZIONE N. 6: Predisposizione di un regolamento tipo da parte della Regione:

     Un importante problema da risolvere è quello della regolamentazione dell'attività del dipartimento.

     La Regione dovrà provvedere, a predisporre un regolamento tipo per i dipartimenti di emergenza, che le singole U.S.L. adatteranno alle loro specifiche esperienze.

 

ALLEGATO 4

ATTIVAZIONE E COMPLETAMENTO DELLA RETE AMBULATORIALE

 

1. ATTIVAZIONE E COMPLETAMENTO DELLA RETE AMBULATORIALE

 

 

1. ATTIVAZIONE E COMPLETAMENTO DELLA RETE POLIAMBULATORIALE

     La riorganizzazione dei servizi socio sanitari nella Regione Friuli- Venezia Giulia individua nel poliambulatorio distrettuale la struttura fisica attorno alla quale centrare l'intervento territoriale extraospedaliero.

     Fare questo tipo di affermazione rafforza di molto il principio che, in ogni caso, particolare attenzione deve essere posta al problema dell'attivazione e completamento della rete poliambulatoriale regionale, anche in rapporto al più adeguato utilizzo delle risorse complessivamente impiegate, all'eliminazione di duplicazioni nelle strutture e dl ogni altro spreco.

     L'allegato 2, già indica i criteri organizzativi e dimensionali, ricavati tra l'altro dallo studio «Organizzazione e gestione del settore poliambulatoriale extraospedaliero nel quadro del piano sanitario del Friuli-Venezia Giulia», marzo 1982, i quali, attraverso l'individuazione di precisi livelli territoriali e funzionali, orientano verso una più adeguata attivazione della rete poliambulatoriale regionale.

     Va sottolineato, inoltre, che in termini comportamentali generali la funzione distrettuale poliambulatoriale deve essere svolta solamente all'interno della struttura ospedaliera, se del caso riorganizzata, in tutti quei distretti in cui essa sia già presente, ad eccezione di casi particolari nelle grandi aree urbane. Nel caso di assenza di struttura ospedaliera la stessa funzione può essere svolta o in strutture poliambulatoriali già esistenti, adeguatamente ristrutturate se necessario, oppure in strutture di nuova costruzione.

     Si rende pertanto necessario prevedere per il prossimo triennio un'azione specifica per l'attivazione e completamento della rete poliambulatoriale, che, dato il livello di risorse disponibili, deve sottostare ai seguenti criteri metodologici-operativi.

 

AZIONE N. 1: Attivazione della rete poliambulatoriale

     Sono considerati prioritari nel triennio gli investimenti poliambulatoriali edili e in attrezzature che permettano di completare la rete regionale secondo una maglia delle distanze tra le sedi, non inferiore ai 20-25 chilometri l'una dall'altra.

     Investimenti relativi al completamento di una maglia più stretta sono invece considerati di priorità inferiore e rimandabili al prossimo triennio a meno di una comprovata esistenza di stato di necessità come nel caso dell'allegato sull'emergenza azione n. 3.

     In questi ultimi casi è necessario comunque che sia già soddisfatta la condizione dell'avviato funzionamento dei distretti all'interno della U.S.L. proponente gli investimenti.

     Spetterà inoltre alle UU.SS.LL. predisporre i piani attuativi settoriali da inserire nel piano attuativo di zona secondo le scadenze indicate nella stessa legge di piano. Questi piani dovranno contenere almeno le seguenti indicazioni:

     - numero e tipo di ore specialistiche disponibili e fabbisogno settimanale per singolo distretto; formule organizzative che si vogliono adottare per garantire le ore necessarie;

     - tipo, numero e costo degli investimenti secondo le indicazioni tipologiche definite dal piano e dallo studio regionale già citato;

     - tipo, numero e costo delle attrezzature per nuovi investimenti o per rinnovo parchi apparecchiature già esistenti secondo le indicazioni regionali;

     - n. e tipo di personale da utilizzare;

     - n. e tipo di personale da riqualificare;

     - n. e tipo di personale da assumere.

 

 

ALLEGATO 5

 

RIDUZIONE E RIQUALIFICAZIONE DEI POSTI-LETTO OSPEDALIERI

 

1. LINEE OBIETTIVO DI RIQUALIFICAZIONE, INTEGRAZIONE DEL SETTORE

OSPEDALIERO E DI RIDUZIONE DELLE DISPONIBILITA' E DELLA SPEDALIZZAZIONE

1.1. La riduzione dei posti-letto e l'aumento dell'efficienza ospedaliera

 

2. LA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE DISPONIBILITA' OSPEDALIERE: POSTI-

LETTO DELLE FUNZIONI DI DIAGNOSI E CURA DISTINTI PER UNITA' SANITARIA

LOCALE

 

3. AZIONI, CRITERI, INDIRIZZI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI

3.1. Norme e criteri degli ospedali psichiatrici

 

4. PIANO TEMPORALE

 

1. LINEE OBIETTIVO DI RIQUALIFICAZIONE, INTEGRAZIONE DEL SETTORE

OSPEDALIERO E DI RIDUZIONE DELLE DISPONIBILITA' E DELLA SPEDALIZZAZIONE.

     Appare opportuno riprendere alcuni aspetti concettuali già trattati. Come già si è detto, l'obiettivo principale nel settore è quello di individuare una strategia precisa e credibile tesa a produrre una sensibile deospedalizzazione, da un lato, senza lasciare scoperta la domanda, dall'altro.

     La via obbligatoria è quella di operare una sensata riduzione dei posti-letto e contemporaneamente agire sia sui fattori interni al settore ospedaliero sia sui fattori esterni, a livello di territorio.

     In tal modo, l'obiettivo della deospedalizzazione si concretizza attraverso la riqualificazione ed il riordino interno del settore ospedaliero, integrando l'ospedale con i servizi territoriali, potenziandoli quantitativamente e, da ultimo, realizzando concretamente l'intervento preventivo.

     L'insieme di queste politiche deve essere gestito in modo integrato, puntando ad eliminare il ricovero improprio ed a distribuire meglio il carico di lavoro tra i tre comparti funzionali dell'ospedale: servizi esterni, funzioni filtro e degenze.

     In questo senso questa azione si integra fortemente con i progetti- obiettivo per tutti gli aspetti di creazione ed attivazione dei servizi/prestazioni extraospedalieri.

     Infatti, a regime, deve valere il principio che il ricovero ospedaliero deve avvenire solo ed esclusivamente quando non sia possibile intervenire, in maniera efficace, sul malato con strutture alternative.

     Le linee fondamentali da perseguire, oltre ovviamente alla riduzione delle disponibilità dei p/l, sono pertanto:

     - il riaccorpamento organizzativo delle degenze nelle funzioni di base, compatibilmente ai criteri di efficacia e di efficienza;

     - il potenziamento funzionale ed organizzativo dei servizi specialistici, in modo da poter estendere efficacemente taLe attività anche al territorio;

     - la distribuzione delle funzioni di base e delle specialità nel territorio secondo i criteri di rispondenza ai fabbisogni delle singole zone ed alle esigenze di funzionalità ed economicità, dei singoli servizi e complessive, della rete ospedaliera regionale. E' in accordo con questo criterio che devono trovare applicazione gli standard e le norme;

     - la radicale revisione delle modalità di intervento nel settore psichiatrico, che si attua spostando dall'ospedale al territorio (CSM) il momento centrale dell'intervento;

     - l'organizzazione delle aree di emergenza ospedaliera, a rete nel territorio, e dipartimentale con i servizi extraospedalieri; la organizzazione di un'area filtro «alla porta» dell'ospedale;

     - l'individuazione di nuovi modelli organizzativi funzionali gestionali e di organizzazione del lavoro in ambiti sperimentali, e loro successiva generalizzazione controllata.

     Punto fermo di tutto il discorso resta il fatto che l'obiettivo della deospedalizzazione, qui inteso come obiettivo orientato più in generale a caratterizzare sempre più in senso proprio il ricovero ospedaliero ed il ricorso ai servizi socio-sanitari deve realizzarsi senza soluzione di continuità di servizio nei confronti della popolazione e della sua domanda.

     Quest'ultima viene perciò «socialmente orientata» attraverso la progressiva modificazione strutturale dell'offerta programmata dell'ente pubblico.

 

1.1. La riduzione dei posti-letto e l'aumento dell'efficienza ospedaliera

     L'applicazione degli standard e delle norme, indicate nella parte metodologica dell'allegato 2, conduce ad una previsione della dimensione della struttura ospedaliera a regime alla fine del triennio 1985-1987, pari a 8,4 posti letto ogni 1.000 abitanti (vedi la TAV. V).

     La Regione, che si avvale dello standard numerico, solamente al proprio livello territoriale-organizzativo, indica inoltre in:

     - 6,23% lo standard regionale per le funzioni di base

     - 2,16% lo standard per le specialità nel complesso

     Tali standard rappresentano valori «soglia» verso l'alto, intendendo con questo che nell'arco del triennio il sistema ospedaliero regionale può raggiungere livelli inferiori di dotazione agli standard indicati, a pari efficacia di trattamento, ma assolutamente non superiori.

     A livello locale il criterio adottato è quello della distribuzione a rete delle funzioni di base e delle specialità, secondo esigenze di funzione-servizio da svolgere, dimensionamento legato a obiettivi di riequilibrio e di efficienza da raggiungere realisticamente dalle singole UU.SS.LL. nel triennio 1985-1987. Si intende perciò ancor più sottolineare il concetto che se la funzione ospedaliera «si viene a connotare più precisamente come una modalità specifica di risposta ai bisogni» e non più come istituzione, ed inoltre se come tutti i servizi offerti essa deve rispondere ai criteri di efficacia e di efficienza, ne è logico corollario il superamento del criterio posto-letto, tout-court, per i fini di programmazione e di dimensionamento del settore e dei suoi organici. Al contrario la logica che deve prevalere è quella funzionale e di servizio.

     Poiché non si individuano standard per le singole specialità, gli indicatori posti-letto per 1.000 abitanti per singola specialità e funzione sono calcolabili «a posteriori», con valore puramente informativo.

     Il confronto per singole funzioni tra la situazione regionale 1982 (cfr. TAV. IV) e le indicazioni di piano (cfr. TAV V), sintetizzato nel prospetto seguente, consente di evidenziare gli scostamenti dell'esistenze rispetto agli standard complessivi regionali.

 

 

 

           P.L.  P.L. UFFICIALI-82   P.L. PIANO    DIFF. PL.UFF-82

 

FUNZIONI   V.A.    % AB.  %       V.A.   % AB.   %      V.A.    % AB.

 

Osp.

pubbl. e

class.:

Funzioni   8750    7.1    60

di base

 

Specialit  3791    3.1    26

à

Tot.       12580   10.2   86

parz.      [1]

Psichia-   1970    1.6    14

ria

Totale     14550   11.8   100

                    [4]

 

Case di

cura

priv.

conv.

[2]:

Funzioni   607     0.5    69

di base

Specia-    252     0.2    29

lità

Totale     883     10.7   100

            [3]

 

Totale

osp.

pubbl. e

class. e

case di

cura

priv.

conv.:

Funzioni   9357    7.6    61      7668   6.2     74     +1689   +1.4

di base

Specia-    4043    3.3    26      2665   2.2     26     +1378   +1.1

lità

Tot.       13463   10.9   87      10333  8.4     100    +3130   +2.5

parz.      [1]

            [3]

Psichia-   1970    1.6    13      / [5]  3/      /      +1970   +1.6

tria

Totale     15433   12.5   100     10333  8.4     100    +5100   +4.1

 

 

 

NOTA:

[1] Compresi 39 P.L. ufficiali non attivi.

[2] Per le case di C. Priv. conv. si sono considerati i P.L. complessivi in

dotazione (convenzionati e non) risultanti dai MOD. ISTAT D/8 - 1982.

[3] Compresi 24 P L. senza suddivisione in unità di degenza

[4] Se si considerano i P.L. attivi e non quelli ufficiali lo standard al

31.12.82 è pari a 11,8% ab

[5] E' prevista tendenzialmente la riduzione a zero

 

 

     Il calo previsto rispetto alla situazione 1982 è nel complesso pari a 4.1 posti letto ogni 1.000 abitanti, corrispondenti a circa 5.100 posti letto.

     Il confronto è fatto con riferimento ai dati della struttura pubblica e privata convenzionata intendendo con ciò che alla fine del triennio le disponibilità complessive corrispondenti allo standard sono date dai letti

 

degli ospedali pubblici compresi i classificati più quelli disponibili

attraverso le convenzioni.

     In tal modo, si opera nel rispetto del dettato costituzionale di garantire la libera scelta la cittadino sia in rapporto alla natura della struttura sia al regime economico e nel rispetto del principio più generale di tutelare il diritto del cittadino ad ottenere una risposta al proprio bisogno di ricovero.

     Nel complesso, l'analisi dei dati distinti per classi di funzioni conferma le linee di tendenza prima esposte:

     - differenziata riduzione, nel triennio, dei posti letto, per tutte le classi di funzioni, ed in modo sensibile a livello complessivo;

     - potenziamento relativo delle funzioni di base e specialistiche.

     Questi risultati sono ottenuti prevalentemente attraverso:

     - il riaccorpamento organizzativo e funzionale di unità operative in precedenza distinte attorno alle funzioni di base, appartenenti alle aree mediche e chirurgiche, e parallelo potenziamento dei servizi specialistici relativi;

     - l'eliminazione (tendenziale) dei posti-letto psichiatrici, appartenenti agli O.O.P.P. e divisionali;

     - l'eliminazione di sacche di inefficienza in termini di dotazioni di posti-letto e miglioramenti dell'efficacia.

     Per quanto riguarda l'efficienza ospedaliera, sarebbe necessaria una lunga dissertazione per sviluppare il tema.

     Ciò non è possibile per il livello di tecnicità richiesto, anche se il problema appare a prima vista concettualmente facile.

     L'efficienza infatti è misurata dal grado di impiego delle risorse (inputs) in rapporto al risultato ottenuto (outputs).

     Basterebbe perciò mettere in rapporto il prodotto ottenuto attraverso una determinata attività svolta da un certo servizio in un certo periodo, con le quantità dei fattori lavoro e capitale impiegati a fronte della stessa attività, per poter misurare l'efficienza nel tempo e nello spazio.

     Nella realtà sorgono invece problemi di misurazione, sia rispetto agli inputs sia agli outputs. Ma, se ciò non bastasse, poiché l'efficienza, è in ogni caso, un valore relativo e non assoluto, in quanto è determinata attraverso il rapporto di una misura, dei fattori impiegati, con una seconda misura, della produzione, si potrebbe obiettare sul piano concettuale che a seconda che si definisca il prodotto finale in un modo anziché in un altro, può risultare diversa la misura dell'efficienza stessa.

     Ad esempio, non è certamente indifferente ai presenti fini, misurare il prodotto in termini di casi comunque trattati, ovvero distinguendo i casi propriamente trattati da quelli trattati impropriamente.

     Nella prima situazione si potrebbe verificare di vedere premiato con la qualifica di efficiente un servizio che, al contrario dell'altro e a parità di risorse impiegate, ospedalizza senza filtrare (ammesso che esistano le condizioni per farlo) molto più ricovero improprio, mentre nel secondo caso si otterrebbe ovviamente il risultato opposto.

     Altri esempi possono essere fatti ma, come già si è detto, non è certo questo l'ambito più opportuno per andare oltre nella trattazione, anche perché per il presente piano questo tipo di problematica è stata trattata ancora una volta nel modo consueto.

     Si è cercato cioè, parallelamente alla riduzione dei posti-letto, di agire sui parametri che concorrono ad influenzare la produttività di un servizio (efficienze) secondo la definizione prima fornita.

     Si tratta di due parametri, della degenza media, che è fattore di variazioni dell'Output di un servizio (numero di ricoveri trattabili data una dotazione di posti-letto a seconda della sua lunghezza), e del tasso di occupazione dei posti-letto, che è di per sé un indice di produttività del fattore capitale.

     Per quanto riguarda invece l'impiego del fattore lavoro, tale tema, è rimandato, trattando del personale.

     Non volendo adottare per queste due variabili valori standard regionali troppo astratti e slegati dalle condizioni e potenzialità reali; di ogni U.S.L., si è seguito un'approccio «realistico» che attraverso l'introduzione di fattori correttivi [1]7 ai valori storici rilevati per ogni specialità e per ogni U.S.L., si sono calcolate le disponibilità ospedaliere, nel rispetto dell'obiettivo di raggiungere nel triennio il massimo relativo di efficienza possibile e di coprire la domanda, anch'essa eventualmente ricorretta [1]8.

 

2. LA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE DISPONIBILITA' OSPEDALIERE: POSTI- LETTO DELLE FUNZIONI DI DIAGNOSI E CURA DISTINTI PER UNITA' SANITARIA LOCALE.

     E' utile richiamare all'attenzione alcuni aspetti metodologici generali.

     Come già fatto notare gli standard sono forniti solamente per il livello regionale e solamente nei confronti di questo livello assumono valore normativo, di «soglia» verso l'alto.

     I valori dei p/l e le formule organizzative indicate a livello di U.S.L. acquistano vero e proprio valore normativo, di soglie invalicabili verso l'alto.

     Sarà compito delle stesse UU.SS.LL. proporre la politica da tenere al loro interno per quanto riguarda la distribuzione tra i vari stabilimenti.

     L'ampiezza delle UU.SS.LL. e il numero a volte elevato degli stabilimenti ospedalieri operanti in ciascuna di esse, rendono poco corretto definire fin da ora e a livello regionale la formula organizzativa (divisione, reparto, sezione, servizio autonomi o aggregati) da adottare presso ogni stabilimento attivo.

     A livello locale, inoltre, volendo far valere la logica del servizio su quella del posto-letto è possibile prevedere di andare in deroga ai dimensionamenti organizzativi previsti dalla legislazione nazionale in materia ospedaliera, senza peraltro dover necessariamente prevedere riduzioni di organici e l'eliminazione di profili a meno che queste siano giustificate da motivi di minor attività del servizio. Spetterà, comunque, al plani attuativi di zona giustificare il mantenimento o meno dell'organico delle varie specialità.

     Quanto detto vale di regola per tutte le specialità e funzioni a meno dei casi in cui la proposta di piano indichi espressamente il contrario oppure la messa in esaurimento o la chiusura di un reparto/divisione.

     La Regione, dal canto proprio, ha predisposto per ciascuna U.S.L. delle tavole (vedi Tav. III) indicanti le ipotesi quali-quantitative distributive dei p.l. e delle formule organizzative, delle specialità e dei servizi [1]9.

     I valori relativi ai p.l. non sono superabili poiché rappresentano valori «soglia» verso l'alto, come già specificato al punto 1.1.

     Le formule organizzative indicate sono di riferimento per l'ospedale unico di zona. Spetta ai piani attuativi di U.S.L. proporre l'articolazione organizzativa tra i vari presidi (ad esempio presenza di più divisioni, divisioni e servizi autonomi con p.l. e/o sezioni, ecc., servizi autonomi e servizi aggregati, e così via).

     La Regione in sede di approvazione si riserva di valutare detta proposta. Resta comunque il principio di salvaguardia valido per tutto il triennio 1985-1987 che non consente istituzioni di nuovi servizi o nuove divisioni, né l'autonomia a servizi aggregati oggi esistenti, diversamente da quanto previsto nella Tav. III citata.

 

4 3. AZIONI, CRITERI, INDIRIZZI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI.

     Nella formulazione di piani attuativi le Unità sanitarie locali dovranno ancora tenere conto delle norme e criteri relativi alla chiusura di reparti, alla riconversione di stabilimenti, ritenuti non più funzionali agli obiettivi quali/quantitativi e di economicità generale e parziale, indicati nel presente paragrafo. Le Unità sanitarie locali individueranno per ciascun settore le proprie linee politiche e tattiche.

     Gli interessi plurimi, di carattere generale e comunitari, ovvero parziali, più individuali e corporativi, che l'esecuzione di tali indirizzi può coinvolgere, fanno sì che a livello di metodo, si prevede che la U.S.L. possa presentare e discutere più alternative possibili, a condizione però che le risultanze qualitative ed economiche siano sostanzialmente tra loro indifferenti e rispettino gli obiettivi generali di piano.

     Questo principio è certamente in linea con la dichiarata intenzione di fare del piano uno strumento di processo e di partecipazione, salvaguardando che esso non diventi al contrario uno strumento di prevaricazione degli interessi particolari su quelli più generali.

 

3.1. Norme e criteri degli Ospedali psichiatrici

 

AZIONE N. 1: Abolizione OO.PP. e riduzione letti psichiatrici.

     Per quanto riguarda la contrazione quantitativa delle disponibilità e dell'attività, di ricovero psichiatrico il presente piano prevede la totale chiusura degli OO.PP.

     Le UU.SS.LL. dovranno indicare nei piani attuativi le tappe intermedie, le concentrazioni e le progressive chiusure e/o le differenze in deroga al principio prima enunciato. Per gli aspetti qualitativi si rimanda al progetto-obiettivo «Tutela della salute mentale».

 

AZIONE N. 2: Riduzione degenza «impropria».

     Per quanto riguarda l'obiettivo della riduzione della degenza impropria si specifica che dovrà essere svolta:

     A) Una particolare azione nei confronti della domanda di ricovero improprio di persone anziane (oltre 65 anni).

     II 50% della contrazione interesserà nel triennio le lungodegenze assorbite dalle funzioni di base, che dovranno ottenere risposte attraverso l'azione di potenziamento delle strutture, dei servizi e prestazioni alternative al ricovero ospedaliero (attività poliambulatoriale, strutture tutelari, day hospital, dimissioni protette).

     Le Unità sanitarie locali dovranno specificare e motivare nei propri piani attuativi le induzioni dl ricoveri impropri e il loro assorbimento alternativo.

     B) Un'azione generalizzata di riduzione dei ricoveri e dei posti- letto, per differenti specialità. Questo secondo tipo di azione può essere così specificata e scomposta ulteriormente nelle seguenti azioni/settori principali:

     B1) OSTETRICIA GINECOLOGIA

     Riduzione dei p.l. delle divisioni/reparti ostetrico-ginecologici (vedi Tav. IV e V) ottenuta anche attraverso la chiusura delle unità non ritenute funzionalmente idonee.

     In ogni caso si prevede la chiusura di 3 unità operative attualmente esistenti di cui:

     2 nella U.S.L. di Gorizia (Cormons e Grado); 1 nella U.S.L. di Maniago-Spilimbergo.

     B2) PEDIATRIA

     Riduzione dei posti letto ottenuta anche attraverso la chiusura di alcune unità operative.

     In ogni caso la chiusura è prevista per 3 unità operative: 2 nella U.S.L. di Gorizia (Grado e Monfalcone); 1 nella U.S.L. di Maniago- Spilimbergo.

     B3) PNEUMOLOGIA E TISIOLOGIA

     Vengono previste tre divisioni di Pneumologia, che svolgeranno anche attività di Tisiologia, a Trieste, a Udine e a Pordenone.

     Le divisioni di Pneumologia e negli altri ospedali le divisioni di Medicina generale garantiscono l'assistenza per malati tubercolari attraverso interventi ambulatoriali specialistici (i pochi casi che necessitano di ospedalizzazione vengono indirizzati nelle divisioni di Pneumologia, che sono riferimento anche per gli ospedali vicini).

     Viene pertanto chiusa la divisione già operante nell'U.S.L. di Gorizia, e ridotti i posti letto a Trieste con l'assegnazione di 94 posti letto, Udine con l'assegnazione di 90 posti letto, Pordenone con l'assegnazione di 45 posti letto.

     B4) ALTRE SPECIALITA'

     Sono da segnalare come più significative le riduzioni previste per: chirurgia generale, ortopedia, dermatologia, neurologia, oculistica, otorinolaringoiatria, così come si evince dalle TAVV. IV e V.

     Sono da segnalare inoltre:

     1) la trasformazione a servizio senza p.l. della sezione aggregata con 10 p.l. di neurologia a Palmanova;

     2) l'assorbimento delle divisioni e dei reparti di odontostomatologia nella chirurgia generale o odontoiatria a Udine e Palmanova e nella chirurgia maxillo-facciale a Pordenone;

     3) previsione, nell'ambito dei dipartimenti cardiologici, di 2 poli di cardiochirurgia con competenza ripartita;

     4) la chiusura nel triennio del reparto di angiologia a Palmanova;

     5) la trasformazione in servizio senza p.l. di una divisione di oculistica nella U.S.L. di Gorizia; e in servizio con posti letto [15] della divisione di oculistica di S. Vito;

     6) la trasformazione di una delle divisioni di otoiatria dell'U.S.L. di Gorizia in servizio autonomo senza p.l. Chiusura dell'unità operativa di Spilimbergo.

     7) la trasformazione delle divisioni di medicina d'urgenza di Udine e Trieste in struttura stabile del dipartimento di emergenza i cui posti letto sono compresi in quelli di medicina generale;

     8) idem per chirurgia d'urgenza a Trieste;

     9) trasformazione in unità operative di medicina generale di tutti i reparti di geriatria esistenti, ad esclusione di Trieste per una divisione con funzioni didattiche.

 

 

 

AZIONE N. 3: Riconversione di strutture ospedaliere

     Le realizzazioni indicate in precedenza e orientate a ridare funzionalità ed economicità alla attuale rete ospedaliera regionale, portano a ritenere ridondanti alcuni stabilimenti ospedalieri.

     Nella revisione dell'articolazione esistente le Unità sanitarie locali debbono adottare soluzioni che si ispirino al criterio della massima economicità di gestione in rapporto alla efficienza ed alla complessità degli accorpamenti. In tale revisione vanno evitati livelli minimali sprovvisti della pluralità di divisioni e di servizi necessari per qualificare lo stabilimento con le caratteristiche dell'ospedale generale e dell'ospedale classificato-specializzato e livelli eccessivamente complessi sotto il profilo gestionale ed organizzativo. Le Unità sanitarie locali possono riconvertire, anche in parte, gli stabilimenti in strutture socio- assistenziali.

     Nell'U.S.L. Gemonese la struttura ospedaliera deve essere attivata per svolgere il ruolo, assieme a Tolmezzo e a S. Daniele, di contenimento e di filtro per tutta l'area nord del Friuli nei confronti dell'ospedale di Udine.

     Quest'ultimo si caratterizza, assieme agli Ospedali unici di Pordenone, di Trieste e di Gorizia, nel senso di servizi ospedalieri ad elevato contenuto specialistico.

     Di conseguenza, deve necessariamente venire sgravato dall'attuale sovraccarico nelle funzioni di base; oltre a ciò se si tiene conto anche della limitatezza del bacino gravitazionale del Gemonese e della Val Canale, l'ospedale di Gemona deve essere limitato alle sole funzioni di base. Sempre a Gemona è da prevedersi prevalente tutta l'attività poliambulatoriale con relativa funzione di day-hospital.

 

SUB AZIONE 3A: Piani attuativi di riconversione all'interno dei piani attuativi di zona.

     Per quanto riguarda le indicazioni fornite nell'azione n. 3 sono da prevedersi opportune riconversioni dei p.l. che le UU.SS.LL competenti dovranno prevedere all'interno dei loro piani attuativi di zona.

 

4. PIANO TEMPORALE

     Si devono individuare due fasi:

     fase I: stesura dei piani attuativi per il settore ospedaliero;

     fase II: attuazione delle indicazioni contenute nei suddetti piani.

     Per quanto concerne la prima fase, la scadenza temporale, comune a tutte le UU.SS.LL., è indicata dalla legge di piano.

     Per quanto concerne la seconda fase, sono invece da distinguere due scadenze, che obbligano in modo uniforme le Unità sanitarie locali.

     31 dicembre 1985 - riduzione di almeno il 30% dei posti letto considerati esuberanti.

     31 dicembre 1986 - riduzione di un ulteriore 35% dei posti letto.

     31 dicembre 1987 - riduzione del restante 35% dei posti letto.

 

     Tavole:

     (Omissis).

 

ALLEGATO 6

 

  INDIRIZZI ED AZIONI PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE DELLE PERSONE ANZIANE

 

1. PREMESSA

2. LE ATTIVITA' ED I SERVIZI PER ANZIANI NEL FRIULI VENEZIA-GIULIA

3. OBIETTIVI DELL'AZIONE

4. CONTENUTI E INDIRIZZI DELL'AZIONE

4.1. Riqualificazione e riordino dei servizi ospedalieri di ricovero

4.2. Riduzione dei ricoveri della popolazione anziana

4.3. Potenziamento delle rate di servizi di base e ambulatori di

prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione

4.4. Aspetti di integrazione fra sanità ed assistenza

 

 

1. PREMESSA

     Come è noto, l'incidenza degli anziani sulla popolazione generale è in costante aumento. Il fenomeno è tanto più rilevante in una regione come il Friuli-Venezia Giulia che presenta già di per sé tassi di invecchiamento superiori alla media nazionale ed a quella delle altre regioni, come mostra chiaramente il seguente prospetto riferentesi al 1º gennaio 1981.

 

 

 

                           Popolazione        % sul totale della

                         ultrasessantenne        popolazione

 

 

ITALIA                     9.966.863               17,4%

Friuli-Venezia              278.860                22,0%

Giulia

Veneto                      729.382                16,7%

Piemonte                    905.266                20,0%

Liguria                     436.013                23,8%

Lazio                       799.257                15,7%

Calabria                    324.468                15,5%

 

 

     Solo la Regione Liguria, fra quelle considerate, presenta un più alto indice di invecchiamento.

     L'aumento degli anziani è confermato dai dati demografici relativi alla regione registrati con il censimento Istat dell'1981 e qui di seguito schematicamente riassunti:

 

 

Fasce di        Maschi           Femmine          Totale

popolazione:

60 - 64         27.493           34.223           61.716

65 - 74         55.705           77.508           133.213

oltre 75        24.391           52.506           76.897

Totale oltre    107.589          164.237          271.826

60

Popolazione     590.079          643.905          1.233.984

totale (tutte

le età)

 

 

     Da tale tabella è possibile rilevare che la popolazione ultrasessantenne corrisponde al 22.6% (quella ultrasessantacinquenne al 17%) della popolazione generale.

     Va inoltre ricordata l'esistenza di differenze sensibili all'interno delle diverse province che vedono comunque la provincia di Trieste in posizione largamente preminente rispetto alla quota di popolazione anziana residente.

     E' del tutto evidente che per una regione dove gli anziani rappresentano circa un quarto della popolazione totale, la loro condizione non può essere ridotta a problema marginale relegabile alla sfera della assistenza-beneficienza, ma diviene test fondamentale per l'intera organizzazione sociale, per la sua capacità di incidere sul benessere e sulla qualità di vita di una collettività.

     Ci si trova di fronte, in sostanza, alla crescita quantitativa di una popolazione che già di per sé rappresenta bisogni qualitativamente più intensi rispetto ad altre. Questa classe demografica che va aumentando la sua incidenza sul totale della popolazione è infatti quella che per ragioni fisiopatologiche, socio-economiche e culturali è più soggetta al rischio di malattia e di emarginazione.

     Tale emergenza quali-quantitativa fa della condizione dell'anziano la problematica sociale forse più pressante dell'attuale momento storico e al di là delle differenze nei diversi Paesi europei sul modo di intendere l'assistenza alle persone anziane, dettate sia da esigenze economiche che da motivi culturali, è chiaro come il momento attuale ponga tutti di fronte alla necessità di tener conto dei diritti e delle aspirazioni degli anziani e di assicurar loro una risposta efficace e nel contempo funzionale, rispetto alle risorse disponibili.

     Il «Piano sanitario» del Friuli-Venezia Giulia, per questi motivi, individua nella promozione e tutela della salute degli anziani una delle

 

azioni prioritarie, ma è ovvio che, proprio per la sua natura, non può che

porre l'accento sulle problematiche specifiche sanitarie.

     Lo stato di bisogno dell'anziano è tuttavia, nella maggior parte dei casi, di natura complessa ed articolata, determinato com'è

dall'intrecciarsi di più elementi: alloggio, esclusione dal lavoro, livelli di reddito, salute, comunicazione ecc.. Una politica che intenda rispondere efficacemente a tale tipo di bisogni non può, dunque, che risultare ampia ed integrata ed articolarsi in una pluralità di interventi sia sanitari che assistenziali ed economici.

     E' per tale motivo che la presente azione programmatica dovrà integrarsi con il Piano socio-assistenziale, al quale spetterà di definire linee ed interventi dettagliati per la politica più specificatamente sociale.

     Ciò risulta del tutto indispensabile non solo sul piano dell'efficacia (della capacità cioè di fornire risposte adeguate ai bisogni) ma anche e soprattutto per il recupero di efficienza e di funzionalità del settore sanitario stesso. Sono infatti indiscutibili le disastrose conseguenze in termini finanziari che il settore sanitario, ed in particolare la struttura storicamente portante dello stesso, l'ospedale, hanno subito nel passato per effetto dell'impropria funzione assistenziale che hanno dovuto assolvere nei confronti degli anziani, stante la pressoché assoluta mancanza di servizi alternativi.

     Pertanto, la presente azione, insieme alla programmazione socio- assistenziale, diviene riferimento unitario e costante della politica verso gli anziani nella Regione, sia essa di natura sanitaria o sociale in senso lato.

     Per quanto concerne gli aspetti di metodo e le procedure di attuazione della presente azione, relative quindi alle sole problematiche sanitarie, si ritiene necessario adottare, come già in altri casi un processo a tre tempi che preveda il coinvolgimento nell'elaborazione e puntualizzazione dell'azione delle singole UU.SS.LL., ciò non solo per motivazioni di natura politico-partecipativa, ma soprattutto affinché l'azione assuma quei requisiti di concretezza, operatività ed adeguatezza alle singole situazioni.

     Pertanto, mantenendo il presente allegato alla legge di piano sanitario regionale le caratteristiche di un documento di orientamento e di indirizzo generale, le UU.SS.LL. sono invitate, in sede di piano attuativo locale, ad analizzare specificamente tanto la condizione della popolazione anziana quanto lo stato dei relativi servizi sanitari nella propria realtà locale, e di conseguenza a puntualizzare gli obiettivi ed i programmi di intervento con riferimento alle indicazioni fornite in questa sede. Il complesso di tali piani attuativi specifici, opportunamente integrati ed omogeneizzati a livello regionale, costituirà l'azione programmatica attuativa di livello regionale.

     L'analisi dello stato della popolazione anziana e dei relativi servizi che ciascuna U.S.L. dovrà produrre, conterrà quantomeno i seguenti elementi utili per comprendere il quadro dei bisogni emergenti e delle risposte necessarie:

     1. il numero e la distribuzione nel territorio degli anziani ultrasessantenni per sesso, età e condizioni di salute e, particolarmente il numero di anziani ricoverati nelle case di riposo ed Istituti per non autosufficienti, distinti per sesso, età e tipo di invalidazione (emiplegici, confusi ed altri tipi di invalidità); tale valutazione dovrà estendersi alle liste di attesa per il ricovero nelle case di riposo e per il servizio domiciliare;

     2. - un'indagine campionaria sui motivi dei ricoveri degli anziani negli ospedali e negli istituti della zona;

     - il numero, il tipo, la dotazione di strutture, personale e posti letto delle case di riposo e istituti in particolare per i non autosufficienti;

     - le strutture, il personale e le prestazioni dei servizi riabilitativi.

 

2. LE ATTIVITA' ED I SERVIZI PER GLI ANZIANI NEL FRIULI-VENEZIA GIULIA

     I dati di cui si dispone non sono certamente completi. Essi consentono, tuttavia, di fornire un'immagine delle prestazioni e dei servizi per anziani nella regione. Una maggiore focalizzazione di essi potrà derivare dalla raccolta ed analisi dei dati richiesti alle UU.SS.LL. in sede di piano attuativo locale per gli aspetti sanitari, ad integrazione di quelli già disponibili tramite la relazione annuale.

     Nello specifico si prevede una ricerca epidemiologica che sulla base dei dati delle singole UU.SS.LL., approfondisca le principali tematiche relative alla situazione sanitaria degli anziani ed ai riflessi che essa comporta sulla domanda di servizi e sull'utilizzo di quelli esistenti.

     Finalità di questa ricerca sarà appunto quella di sottoporre ad analisi critica l'attuale situazione della domanda - offerta - utilizzo di servizi sanitari nel settore degli anziani e di specificare maggiormente gli elementi innovativi (sul piano dell'efficacia e della efficienza) introdotti negli ultimi anni nel modello organizzativo dei servizi sanitari e recepiti dal presente piano.

     Ciò premesso, si presentano i dati disponibili attraverso la relazione sanitaria annuale relativi a:

     a) spedalizzazione e patologia ricoverata;

     b) servizi ospedalieri;

     c) servizi extra-ospedalieri.

     Nel 1982 i ricoveri negli ospedali pubblici e privati degli ultrasessantacinquenni sono risultati circa 37 mila con indice specifico per 1.000 abitanti in età corrispondente al 427x1.000.

     I ricoveri degli ultrasessantacinquenni rappresentano il 29% circa dei ricoveri totali.

     Gli anziani presentano dunque una frequenza di ricovero quasi doppia rispetto alla popolazione generale. Se si considera la maggior durata della degenza degli anziani prendendo in considerazione anche la popolazione tra i 60 ed i 65 anni, si può ritenere che il dato della proposta di Piano sanitario nazionale che stima al 40% della attività ospedaliera (giornate di degenza) la percentuale riferibile agli ultrasessantenni, si avvicini alla realtà anche nel contesto regionale.

     Le giornate di degenza di ultrasessantenni in ospedale nella regione risultano circa 544.000 nell'1982 [6,4 giornate/anno pro-capite].

     Distinto per sesso, il tasso di spedalizzazione è superiore per i maschi [504.8 x 1.000] che per le femmine [391 x 1.000].

     Sul piano dell'analisi territoriale, i tassi di spedalizzazione più elevati, superiori al valore di 400x1.000, si registrano nel Cividalese e nelle provincie di Gorizia, Pordenone e Trieste; per quanto riguarda le cause di ricovero, l'analisi delle diagnosi mostra che quasi un terzo dei ricoveri delle persone anziane è dovuto a malattie dell'apparato circolatorio; elevata anche l'incidenza delle malattie dell'apparato respiratorio, dei tumori e degli accidenti, avvelenamenti e traumatismi, in linea con i valori della classe in età lavorativa è invece l'incidenza delle malattie dell'apparato digerente.

     Servizi ospedalieri: al 1982, negli ospedali della regione esistevano 6 divisioni geriatriche [3 a Trieste OO.RR., 1 a Udine, Cividale, Latisana] ed una sezione a Monfalcone, per un totale di 432 posti letto. La situazione e l'attività di tali reparti è illustrata nel seguente prospetto:

 

 

 

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P/L        Accolti    Presenze   Durata     Tasso di    Anno

                                  media      disoccu-

                                  degenza    pazione

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432        7.641      136.595    17.9       81.0%       1982

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     I reparti di lungodegenza (i cui ricoverati risultano per circa l'80% anziani) presentavano allo stesso anno la presente situazione: i letti pari a 732, con 2.260 pazienti ricoverati, per complessive 181.686 giornate; la degenza media di 80.4 giornate ed il tasso di occupazione del posto-letto pari al 94.1%.

     Ai ricoveri in reparti geriatrici [7.600] ed a quelli in lungodegenza [1.800 pari all'80% del totale] si devono aggiungere circa 28.000 ricoveri di ultrasessantacinquenni in altri reparti: medicina e chirurgia generale innanzi tutto, i ricoveri totali per questa classe di età; quindi, risultano essere per l'anno in esame circa 37 mila, come indicato nella pagina precedente.

     Servizi extra-ospedalieri: si dispone di dati attraverso la Relazione socio assistenziale annuale.

     Nel 1983, per quanto concerne il servizio di assistenza domiciliare, il territorio regionale appare notevolmente coperto: solo 21 Comuni risultano non far riferimento ad alcun servizio. Dei 55 servizi domiciliari che operano nella regione, 42 sono gestiti dai Comuni, 6 dalle Comunità montane, 5 dalle UU.SS.LL. e 2 da Consorzi.

     Il numero di anziani assistiti (circa 10.000 anziani con più di 65 anni) è però ancora basso e sembra comprendere solo parzialmente gli anziani «a rischio» di ricovero, ossia quegli anziani che senza un'adeguata assistenza a domicilio non trovano altra soluzione che il ricovero in istituto o in ospedale.

     I servizi offrono un ventaglio di prestazioni articolato - non ancora omogeneo in tutto il territorio regionale - e il personale è notevolmente sottodimensionato.

     I servizi in grado di porsi insieme con i servizi domiciliari come soluzioni alternative all'istituzionalizzazione non hanno raggiunto ancora un soddisfacente livello di diffusione (sulla base dei dati disponibili nel territorio regionale risultano 41 comunità alloggio, 20 centri diurni per anziani).

     Le case di riposo per anziani iscritte nell'elenco regionale di cui all'art. 14 della legge regionale 35/81, sono 75 [37 pubbliche, 19 Ipab, 19 private] per un totale di 6.601 posti-letto [1980 solo per autosufficienti, 4.058 per autosufficienti e non, 563 per non autosufficienti].

     Pur con alcune cautele dovute al fatto che non tutti i posti-letto sono occupati (il coefficiente di utilizzazione del posto-letto è circa del 93% secondo un'indagine fatta nella regione), si può calcolare che nel Friuli-Venezia Giulia quasi il 3% dei residenti con più di 65 anni è ricoverato in casa di riposo. Si ritiene utile indagare sui motivi di tale ricovero, allo scopo di capire quali sono i margini possibili di manovra per un più efficace utilizzo dei posti letto disponibili.

 

3. OBIETTIVI DELL'AZIONE

     L'azione «Tutela e promozione della salute delle persone anziane», muovendo in ogni caso da un approccio mentale necessariamente globale ed

 

integrato al problema «anziani», deve concorrere alla realizzazione della

finalità generali del processo di riforma.

     In particolare il progetto dovrà concretizzare, nei limiti del proprio campo di intervento, alcune grandi linee di indirizzo espresse nella legge 833/78 quali la deospedalizzazione, l'integrazione fra sanità ed assistenza, il potenziamento dei servizi di base e specialistici ambulatoriali, anche in funzione di filtro al ricovero; la riqualificazione e riconversione delle strutture esistenti; il mantenimento della persona nel proprio ambiente di vita.

     Stante questi indirizzi generali, gli obiettivi specifici del progetto sono così individuati:

     1. riqualificazione e riordino dei servizi ospedalieri per il ricovero degli anziani in stato di malattia acuta;

     2. riduzione dei ricoveri ospedalieri della popolazione anziana attraverso il potenziamento della rete dei servizi di base e specialistici ambulatoriali ed a domicilio, di prevenzione, di diagnosi precoce, di cura e di riabilitazione, e il potenziamento dei servizi di day hospital, assecondando il più possibile l'obiettivo del mantenimento, degli anziani anche parzialmente non autosufficienti, nelle proprie residenze abituali;

     3. assistenza continuativa agli anziani non autosufficienti in strutture adeguate alla varietà dei bisogni degli stessi.

     Una tale serie di obiettivi è caratterizzata evidentemente da un forte grado di interconnessione che impone si proceda contestualmente in tutte le direzioni, pena la degenerazione del progetto in una ulteriore e disordinata prolificazione di servizi, senza sostanziali benefici sul piano dell'efficacia e con insopportabili aggravi sul piano dell'efficienza.

     Le azioni ed i contenuti specifici dei singoli obiettivi, che verranno illustrati più avanti, debbono dunque armonizzarsi ed interferire positivamente fra loro e con gli orientamenti generali del processo di riforma e devono, insieme con gli indirizzi del Piano socio-assistenziale, costituire un'unica azione di promozione delle condizioni di vita dell'anziano.

     Per questo motivo, sulle valutazioni esclusivamente tecniche che si riferiscono a specifiche azioni, deve prevalere, nella determinazione dei contenuti e degli interventi, il criterio di assicurare agli anziani il più completo benessere sociale possibile, date le specifiche condizioni dei singoli soggetti e le concrete possibilità operative del complesso dei servizi delle UU.SS.LL.

 

4. CONTENUTI ED INDIRIZZI DELL'AZIONE

     I contenuti e gli indirizzi concreti sono di seguito illustrati in riferimento ai singoli obiettivi.

 

4.1. Riqualificazione e riordino dei servizi ospedalieri di ricovero

     I contenuti e gli indirizzi nel merito di questo obiettivo sono illustrati nella parte generale del piano riferentesi all'intero settore ospedaliero e nell'allegato specifico «Riduzione e riqualificazione dei posti-letto ospedalieri», che contiene indicazioni quantitative puntuali al riguardo.

     Ci si limita, pertanto, in questa sede a riassumere i principali aspetti riguardanti il settore anziani:

     - assorbimento dei posti-letto geriatrici all'interno della medicina generale. La consulenza geriatrica va comunque assicurata sul piano ambulatoriale. Divisioni geriatriche vengono mantenute presso le sedi universitarie ai fini eminentemente didattici;

     - abolizione dei reparti di lungodegenza e loro assorbimento all'interno delle divisioni di medicina generale, anche secondo modalità organizzative ispirate al modello «per intensità di cura»;

     - dipartimentalizzazione dei servizi ospedalieri (di ricovero) evitando al massimo lo spostamento del paziente anziano da reparto a reparto.

     - Nel complesso si prevede la diminuzione di circa 1.200 posti-letto di geriatria e lungodegenza, solo in parte compensati dall'aumento dei posti-letto della medicina generale. Si prevede, inoltre, l'istituzione dei seguenti reparti con posti-letto di recupero e rieducazione funzionale:

     - Gorizia 40

     - Pordenone 15

     - Udine 90

     Per Trieste è prevista la divisione di geriatria di 50 p/l ed il servizio autonomo di recupero e rieducazione funzionale.

     In tutti gli altri casi va invece assicurato il servizio con possibile collocazione a livello di distretto per la riabilitazione ed il recupero funzionale, che opera sia sul fronte interno a supporto di tutti i reparti di ricovero che sul fronte esterno ed ambulatoriamente quale riferimento unitario per tutte le esigenze di riabilitazione e recupero funzionale del territorio.

 

4.2. Riduzione dei ricoveri della popolazione anziana

     Obiettivo da perseguire entro il primo triennio di validità del Piano è quello di limitare i ricoveri in sede ospedaliera alle sole fasi di acuzia delle malattie e di impostazione dell'eventuale trattamento terapeutico e riabilitativo che dovrà essere perseguito presso le altre strutture territoriali dell'U.S.L. (day hospital, attività specialistiche distrettuali, servizi domiciliari, centri diurni) o, in casi particolari e selezionati, presso apposite strutture tutelari (case protette e ogni altra struttura all'uopo destinata).

     Tale obiettivo andrà perseguito attraverso un'azione contestuale di riduzione degli specifici posti-letto ospedalieri (vedi par. 4.1) ed un potenziamento di tutta la rete dei servizi alternativi al ricovero.

     L'indagine sui motivi di ospedalizzazione degli anziani per comprendere i possibili margini di riduzione dei ricoveri - parte di quella già indicata nel paragrafo 2 - potrà aiutare a trovare delle più precise soluzioni organizzative. Si prevede, tuttavia, di poter realisticamente diminuire di circa il 10% il numero di ricoveri ospedalieri di persone anziane. Attenzione deve essere posta al problema dei pazienti acuti «terminali», evitando che, per poter raggiungere gli obiettivi quantitativi proposti, si venga, nel caso, di anziani in tale stato, ad usare indiscriminatamente e non correttamente la deospedalizzazione. In ogni caso, nella descrizione del passaggio dall'ospedale alla soluzione alternativa deve essere assicurata la massima garanzia che non vengano meno o diminuiscano le necessarie misure assistenziali a favore dell'anziano. Particolare attenzione va rivolta alla sistemazione degli anziani delle sezioni di lungodegenza psichiatrica, per i quali si presenti la possibilità del loro inserimento in strutture tutelari comuni. Più specifiche indicazioni saranno contenute nel progetto obiettivo: «tutela della salute mentale».

     Ciò detto, si aggiunge che anche una quota di ricoveri per patologia acuta potrà essere ridotta attraverso il potenziamento dei servizi e delle attività di base, in funzione di filtro e di trattamento alternativo al ricovero ospedaliero.

     Nella prospettiva della riduzione dei ricoveri di persone anziane, in particolare in reparti veriatrici e di lungodegenza, notevole rilievo vengono ad assumere la creazione ed il corretto utilizzo di strutture di day hospital generali.

     L'ospedale diurno, collegato a tutte le attività specialistiche distrettuali, diviene in questo senso il punto di raccordo sul piano funzionale più ancora che spaziale, fra l'attività ospedaliera ed extra- ospedaliera e lo strumento fondamentale per un concreto avvio della politica di deospedalizzazione.

     L'ospedale diurno ha il duplice beneficio di non sovraccaricare i reparti ospedalieri assicurando una funzione di filtro reale al ricovero e di non emarginare l'anziano dal proprio ambiente di vita. A tal fine, assieme ai servizi geriatrici con funzioni consultoriali ed ai servizi sanitari di base, concorre e garantisce:

     - una funzione consultoriale con il riconoscere e l'evidenziare i fattori di rischio, non solo a scopo preventivo, ma anche per indirizzare gli interventi di medicina anti-involutiva ed anti-invalidante dell'anziano oltre che dell'adulto;

     - una funzione poliambulatoriale diagnostico-terapeutica che faccia fronte ad interventi associati a brevi periodi di osservazione e cura (incisioni di ascessi, epistassi, corpi estranei, cisti supporate) o che risponda alle esigenze più specificatamente terapeutiche (quali aereosolterapia, terapie endovenose, fleboclisi, trattamenti citostatici, ed ogni altro intervento funzionale alla riabilitazione ed alla terapia di sostegno).

 

4.3. Potenziamento della rete dei servizi di base ed ambulatoriali di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione

     A livello di base, non si ritiene opportuna la creazione di specifici servizi per la salute dell'anziano, ma ad esso va assicurata la assistenza medico-generica ed infermieristica domiciliare ed ambulatoriale. Il medico di base viene ad assumere, quindi, per la tutela della salute dell'anziano, ancor più che per altre fasce di età, un'importanza basilare e sotto questo aspetto deve recuperare la fondamentale funzione di riferimento primario e globale per ogni bisogno e categoria di assistiti. In questo senso ogni ricorso dell'anziano ai servizi specialistici ambulatoriali o di ricovero deve essere preventivamente filtrato dal medico di base.

     Dall'altro lato sarà opportuno avviare, presso tutti gli operatori del distretto (medici ed infermieri in primis), una serie di momenti di aggiornamento professionale tesi ad allargare la diffusione della cultura gerontologica ed a migliorare, da parte degli operatori, l'approccio alle problematiche dell'anziano. A tale fine dovrebbero operare in modo particolare, i servizi ospedalieri con competenze professionali gerontologiche.

     Anche le attività medico specialistiche di diagnosi e cura di livello poliambulatoriale vanno organizzate in forma generale per la totalità della popolazione, senza prevedere servizi appositi per gli anziani, fatta salva la possibilità di avvalersi della consulenza geriatrica nei poliambulatori annessi a quegli ospedali ove tale servizio è presente.

     Per tutti questi aspetti dunque, nell'azione ci si limita a ribadire le indicazioni ed i concetti organizzativi espressi sul piano generale.

     Diverso è il tema della riabilitazione, che assume nel contesto specifico dell'assistenza agli anziani rilevanza del tutto centrale. Ciò è tanto più vero se si considerano le modificazioni in atto nel quadro patologico che portano ad una sempre maggiore prevalenza delle malattie invalidanti e croniche sulle quali efficacemente si può applicare la terapia riabilitativa.

     Una diffusione degli interventi di riabilitazione risulta indispensabile non solo per gli anziani, dato che essa assume per tutta la popolazione lo stesso significato della prevenzione, in quanto combattendo il cronicizzarsi ed il ripetersi dello stato di bisogno, riduce od evita il successivo ripetersi di ricoveri o altre prestazioni.

     E' tuttavia indubbio che una categoria per la quale si possono prevedere i maggiori benefici, sul piano dell'efficacia e della funzionalità dei servizi, da un'adeguata azione riabilitativa, è proprio quella degli anziani. Le finalità di tale azione riabilitativa possono essere così articolate:

     - riportare a condizioni di autosufficienza, attraverso il recupero funzionale degli stessi, il maggior numero possibile di anziani non autosufficienti, attualmente ricoverati in istituto o reparto ospedaliero (azione di decronicizzazione);

     - assicurare ai post-ricoverati in ambiti ambulatoriali o day hospital il totale recupero delle proprie funzioni vitali (recupero funzionale post- ospedaliero);

     - prevenire il cronicizzarsi delle malattie invalidanti allo stato insorgente attraverso le pratiche e le terapie riabilitative periodiche continuative da attuarsi nelle strutture ambulatoriali (riabilitazione ambulatoriale);

     - garantire in sede ospedaliera la cura e la riabilitazione delle invalidazioni più gravi.

     Sul piano dell'organizzazione dei servizi, tali funzionalità possono essere perseguite prevedendo:

     - l'istituzione di un servizio per la riabilitazione ed il recupero funzionale in ogni zona, in corrispondenza delle sedi ospedaliere;

     - la creazione di appositi reparti di recupero funzionale d'elevata specializzazione per bacini multizonali.

     Per quanto concerne questi ultimi, le indicazioni di dimensionamento e localizzazione, sono già state fornite e qui brevemente riportati:

     1) reparti di recupero funzionale per pazienti di particolare impegno riabilitatorio (motulesi e tetraplegici) negli ospedali di Udine, Pordenone e Gorizia; mentre a Trieste viene mantenuta la Divisione di Geriatria che deve, per questo aspetto, collegarsi funzionalmente con il Servizio Autonomo di Riabilitazione e Recupero funzionale;

     2) previsione di servizi specializzati con posti-letto per emiplegici, paraplegici, amputati, afonici spastici in una struttura che svolga anche funzioni di studio e ricerca nel settore.

     I servizi di cui al punto primo fungono da riferimento per tutte le attività riabilitative generali, sia a livello ospedaliero che territoriale.

     La collocazione in sede ospedaliera di questo tipo di servizi ha valore puramente tecnico-strumentale date le interrelazioni che legano la riabilitazione ad altri servizi (ortopedia, radiologia) e la necessità di avvalersi delle strutture generali dell'ospedale (day hospital). Per questi motivi e per evitare inutili duplicazioni, si ritiene di dover sempre far corrispondere sul piano organizzativo il servizio di riabilitazione ad un presidio ospedaliero.

     Sul piano funzionale, tuttavia, il servizio va attivato soprattutto nei confronti dell'utenza esterna che può venire tuttavia assistita nei locali ambulatoriali (palestra ed altri locali idonei) del servizio stesso o nelle proprie sedi di residenza, per attività che non richiedono specifica strumentazione (centri diurni).

     Di un minimo di dotazione strumentale per la riabilitazione è opportuno siano fornite anche le attività specialistiche distrettuali, senza per questo prevedere la costituzione di un servizio apposito; tali attrezzature possono essere utilizzate sotto controllo degli operatori generali e con la presenza periodica dei tecnici del più vicino servizio.

     Per altri versi tale servizio deve assicurare la propria presenza e le proprie competenze presso le strutture residenziali della zona (case protette, case di riposo) in cui vengono a configurarsi specifiche esigenze di prestazioni e recupero e rieducazione funzionale.

 

4.4. Aspetti di integrazione tra sanità ed assistenza.

     I due obiettivi più specificatamente sanitari possono essere realizzati solamente se la politica degli interventi socio-assistenziali è tale da permettere di raggiungere i seguenti ulteriori obiettivi:

     a) Mantenere gli anziani autosufficienti o con gradi modesti di non autosufficienza nelle proprie residenze abituali.

     b) Assicurare l'assistenza continuativa agli anziani non autosufficienti in strutture adeguate alla varietà dei bisogni degli stessi.

     Evitando di entrare in questa sede a sviluppare aspetti programmatici più strettamente socio-assistenziali e di programmazione di servizi, con prevalente connotazione non sanitaria (assistenza domiciliare, case protette per cronici e per cronici «terminali» senza caratteristiche di acuzia tali da giustificare il ricovero), che dovranno trovare esauriente risposta all'interno del processo di programmazione del settore socio- assistenziale, vanno invece qui affrontati ancora due aspetti importanti.

 

4.4.1. - Il primo si riferisce all'assistenza sanitaria, che deve essere

assolutamente garantita a supporto delle strutture e servizi socio-

assistenziali coinvolti direttamente per il raggiungimento degli obiettivi

a) e b) sopra richiamati.

     Tale assistenza è a carico della U.S.L. in cui risiedono le sedi dei servizi socio-assistenziali; ciò come da pronuncia del Consiglio Sanitario Nazionale dell'8 giugno 1984: «... è così evidente che le prestazioni medico-sanitarie (medico, riabilitazione, farmaci) grava sul fondo sanitario, mentre il funzionamento della casa con la garanzia di una efficiente assistenza tutelare, ricade sul bilancio assistenziale».

     Considerato inoltre l'intreccio della presenza sanitaria e socio- assistenziale, anche sulle strutture protette appare necessario che nel periodo di competenza del presente piano, sia per l'inadeguatezza dei servizi sanitari sul territorio, che non possono farsi carico in maniera completa del problema, sia perché storicamente il non auto sufficiente è stato ricoverato e assistito in ambito ospedaliero o paraospedaliero, la spesa relativa al ricovero in casa protetta o struttura similare di persone non autosufficienti, carichi parzialmente sul fondo sanitario nazionale, ai fini di determinare la relativa riduzione della spesa ospedaliera: ciò coerentemente e in ottemperanza con la già citata pronuncia del Consiglio Sanitario Nazionale.

     Sarà premura della Regione emettere entro 6 mesi dall'approvazione del presente piano una disposizione nella quale siano fissati i termini della concorrenza e delle modalità di intervento del Servizio Sanitario Nazionale in funzione della casistica più opportuna sulla base della legislazione regionale al riguardo.

 

4.4.2. - Il secondo aspetto, già introdotto proprio trattando quest'ultimo punto della concorrenza economica del F.S.N. al ricovero in strutture non ospedaliere del cronico non autosufficiente, è quello dell'armonizzazione e della programmazione bilanciata tra deospedalizzazione e decronicizzazione da un lato e il potenziamento dei servizi alternativi più appropriati, anche sul piano del minor costo alla collettività, dall'altro.

     Ciò che è da evitare è che la collettività e chi ha bisogno abbia a dover soffrire un peggioramento quali-quantitativo della risposta di servizio per soddisfare le ragioni economiche, che, in ogni caso non sono da sottovalutare, pena l'ulteriore aggravamento delle condizioni complessive e globali di servizio.

     Attuare una politica di programmazione bilanciata vuol dire per ciò armonizzare le programmazioni settoriali, sanitaria e socio-assistenziale, in modo che i risparmi e i maggiori costi siano realizzati rispettivamente nei settori più opportuni e appropriati per il miglioramento, dell'efficienza e dell'efficacia complessiva del sociale.

     In tal senso, gli strumenti normativi e procedurali regionali e quelli attuativi locali e conseguenti all'entrata in vigore del presente piano, dovranno tenere conto in modo specifico di questa esigenza e, non ultimo, integrarsi mutualmente con le disposizioni normative, amministrative e attuative di competenza del settore socio-assistenziale.

     Attenzione particolare si dovrà porre, in ogni caso, a ricercare e favorire lo sviluppo di elementi «acceleratori» di questo processo di razionalizzazione della politica dei servizi, sotto vincolo di non creare vuoti di risposta peggiorativi dell'attuale situazione; ad esempio: utilizzare in modo bilanciato, a livello territoriale, l'integrazione economica prevista più sopra al punto 4.4.2., con quanto disposto dall'art. 17 della legge regionale 35/81.

 

ALLEGATO 7

POLITICA DELLA SPESA

 

1. PREMESSA

2. LA DETERMINAZIONE DELLE RISORSE FINANZIARIE

3. CRITERI PER LA RIPARTIZIONE DEL FONDO REGIONALE

4. LE AZIONI RIVOLTE AL RISPARMIO

 

1. PREMESSA

     Il presente allegato si suddivide in tre parti:

     La prima parte è relativa all'individuazione e determinazione previsionale delle risorse disponibili con riferimento innanzittutto al F.S.N. cui si aggiungono le risorse proprie destinate alla sanità dal bilancio regionale.

     La seconda riguarda la definizione dei criteri di riparto fra le UU.SS.LL. delle risorse disponibili.

     La terza è invece relativa alle azioni più propriamente rivolte al risparmio. Azioni che per altro potranno portare a risultati efficaci soltanto in tempi medio lunghi, date le difficoltà nel breve di incidere sugli aspetti strutturali e quindi sulle componenti fisse di costo, che rappresentano la quota di spesa più rilevante.

 

2. LA DETERMINAZIONE DELLE RISORSE FINANZIARIE

     La perdurante mancanza di un Piano sanitario nazionale approvato ed operante, aggiungendosi all'attuale stato di indeterminatezza e turbolenza generale della finanza pubblica, ha impedito una quantificazione previsionale pluriennale delle risorse disponibili dal F.S.N. e ciò fino all'emanazione della legge finanziaria 1984.

     In occasione della predisposizione della proposta di piano 1980-1982 che poi non fu mai adottata formalmente dal parlamento, era stata scelta una netta inversione di tendenza rispetto ai comportamenti usuali fino ad allora assunti. A fronte di un finanziamento della spesa sanitaria, già, basato sulla registrazione e sul pagamento «a posteriori» di azioni economiche assunte da operatori e centri decisionali autonomi e spesso non coordinati tra loro, si cercava, infatti, di introdurre il criterio della determinazione preventiva del fabbisogno di risorse da allocare nel settore sanitario. Tale determinazione doveva inoltre risultare compatibile con le esigenze complessive di spesa del settore pubblico allargato. L'effetto sperato avrebbe dovuto consistere nel porre fine alla crescita «spontanea» della spesa sanitaria - particolarmente accentuata negli anni trascorsi - nell'indirizzare le risorse sanitarie verso gli impieghi prioritari del settore.

     A più di tre anni di distanza, va rilevato che tali risultati sono ancora lontani dall'essere raggiunti e ciò certamente non solo a causa della mancata formalizzazione della proposta di piano.

     Si reputa tuttavia non inutile riprendere brevemente quelle che erano le indicazioni principali di quella proposta, che, per altro, hanno ispirato la gestione del fondo degli ultimi due anni.

     Prima indicazione era quella di una previsione di crescita della spesa sanitaria nel triennio quasi uguale a zero, in termini reali [0,3% medio- annuo]. Il che presupponeva che nel periodo la quantità di prestazioni pro- capite godute dagli assistiti, risultasse sostanzialmente identica a quella del 1977, salvo possibili miglioramenti di qualità o di efficienza. Da ciò discendeva, come necessaria conseguenza, che si doveva compiere ogni sforzo «per reperire all'interno degli impieghi storici le risorse umane e finanziarie» necessarie al potenziamento di taluni servizi. Non potendo contare su apporti finanziari aggiuntivi, si doveva puntare, in altri termini, su azioni di risparmio e di razionalizzazione per il perseguimento degli obiettivi indicati dalla proposta di piano.

     E' possibile fare una prima verifica, un primo bilancio, per valutare se l'indicazione soprariportata è stata effettivamente seguita e se ha prodotto i risultati attesi.

c    Nel 1980 il F.S.N. di parte corrente era stato stabilito in lire 15.594 miliardi, in seguito venne elevato a 17.999 miliardi con due separati provvedimenti: la legge 655/80 che determinava un incremento di 2.000 miliardi e la legge 68/81 che riconosceva una ulteriore variazione in aumento di 404,7 miliardi.

     Applicando alla cifra definitiva del F.S.N. (parte corrente) del 1980 coefficienti di inflazione generale Pari al 19% per il 1981, al 17% per il 1982 ed assumendo per reale il tasso di inflazione programmata pari al 13% indicato per il 1983, si otterrebbe che, per il solo effetto dell'inflazione generale, il F.S.N. di parte corrente per il 1983 sarebbe dovuto ammontare a 28.317 miliardi. In effetti il bilancio dello Stato ha determinato il F.S.N. - parte corrente - per il 1983 in lire 28.500 miliardi.

     Da ciò, per via logica, si può dedurre che negli ultimi anni la spesa sanitaria in termini reali e, quindi, l'entità complessiva del numero e del valore delle prestazioni e dei servizi, si è assestata sul livello del 1980. Se poi si considera che si è registrato un incremento superiore al tasso d'inflazione generale del costo di alcuni fattori impiegati (esempio costo della nuova convenzione medico-generica), si può facilmente affermare che le risorse reali a disposizione del S.S.N., lungi dall'incrementarsi, seppur nella percentuale minima dello 0,8% indicato dalla proposta di piano sanitario 1980-1982 si sono in realtà ridotte.

     Tale riduzione va pesato maggiormente sulle regioni, come il Friuli- Venezia Giulia, la cui spesa storica pro-capite risultava superiore alla media, e su cui di conseguenza ha agito, in termini di riduzione delle risorse, il meccanismo redistributivo del F.S.N. avviatosi con il 1982.

     Risulta dunque evidente come interventi efficaci per la riduzione ed il contenimento della spesa, non solo risultino assolutamente necessari, ma, di fatto, siano già stati avviati, anche se non in forma organica.

     Le indicazioni relative alle risorse del F.S.N. disponibili per il triennio 1985-1987, sono contenute nella legge finanziaria 1985.

     In particolare, con essa si prevedono per il triennio 1985-1987 le seguenti dotazioni del Fondo Sanitario Nazionale.

 

 

 

                       parte corrente        parte conto capitale

1985                  39.200

1986 41 210           4.480

1987                  43.220                per tutto il

                                             triennio

 

 

 

 

3. CRITERI PER LA RIPARTIZIONE DEL FONDO SANITARIO REGIONALE

 

3.1. Premesse

     I riferimenti normativi per la definizione di criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale sono:

     1) - l'art. 51 - IV e V comma - della legge 833/78, da cui, in sintesi si può dedurre quanto segue:

     - le quote destinate al finanziamento della spesa corrente devono essere tenute distinte da quelle volte al finanziamento della spesa in conto capitale;

     - per la quota destinata al finanziamento delle spese correnti, accantonata fino al 5% per spese impreviste, i parametri di ripartizione, espressi in forma numerica, devono essere formulati in maniera tale da ridurre (ed eventualmente annullare) i differenziali esistenti nei livelli di prestazione sul territorio;

     - per la quota destinata al finanziamento della spesa in conto capitale, la ripartizione deve avvenire secondo le indicazioni del Piano Sanitario Nazionale;

     2) - l'art. 53 che al IV comma stabilisce che nel Piano Sanitario Nazionale siano indicati, fra l'altro gli indirizzi ai quali devono uniformarsi le regioni nella ripartizione della quota loro assegnata fra le Unità sanitarie locali;

     3) - l'art. 17 della legge finanziaria 1985 che prevede il finanziamento per la parte corrente e per la parte in conto capitale e indica i criteri della ripartizione del F.S.N. di cui all'art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

     Per quanto concerne il riparto del F.S.R. fra le U.S.L., il riferimento normativo è contenuto nella legge regionale n. 19 del 24 giugno 1980 «Norme per la disciplina della contabilità, l'utilizzazione e la gestione del patrimonio delle UU.SS.LL.», la quale, all'art. 6, ultimo comma, così recita a proposito dei criteri di riparto: «... Le norme di ripartizione del fondo sanitario nazionale di cui al IV comma dell'art. 51 nonché gli svincoli di destinazione dei beni di cui agli artt. 65 e 66 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, sono determinate nell'ambito della legge di approvazione del piano sanitario regionale, tenuto conto dell'attività eseguita dai presidi multizonali dell'unità sanitaria locale a favore dei residenti in altre unità sanitarie locali, nonché dell'esigenza di unificare il livello di prestazioni sanitarie nell'intero territorio regionale».

     Il principale obiettivo al cui raggiungimento debbono tendere i criteri di riparto, sembra essere quello di consentire l'uniformità nell'erogazione delle prestazioni sanitarie.

     Ora, in via di prima approssimazione, non sembra del tutto erroneo definire l'uniformità come «pari opportunità di tutela della propria salute da parte di tutti i cittadini». In un contesto nazionale tale condizione di «pari opportunità» può essere se non realizzata, almeno approssimata, dotando le varie Regioni di un ammontare di servizi e presidi proporzionali alla popolazione.

     L'uguaglianza fra «pari opportunità» e «pari dotazione di presidi e servizi», tuttavia, regge nei limiti in cui la frazione di popolazione residente in ciascuna circoscrizione territoriale si avvalga esclusivamente, o in maniera prevalente, dei servizi della propria circoscrizione. La probabilità che questa circostanza si verifichi diminuisce, ovviamente, con il diminuire delle dimensioni delle circoscrizioni e della frazione di popolazione in essa residente, in quanto solitamente le U.S.L. di piccole dimensioni si trovano in area a popolazione sparsa e conseguentemente dotate di una contenuta presenza di presidi e servizi.

     Da ciò discende che l'obiettivo della distribuzione delle risorse in base alla popolazione (identica dotazione finanziaria pro-capite) proponibile a livello nazionale con opportuni ed adeguati temperamenti (nella ripartizione tra le Regioni), non è del tutto riproponibile a livello regionale (nella ripartizione tra Unità sanitarie locali).

     Sia pure in assenza di presidi e servizi in loco, una delle condizioni irrinunciabili appare tuttavia quella che ogni cittadino, ovunque sia residente, possa beneficiare della stessa quantità di prestazioni presso le Unità sanitarie locali viciniori.

     Come appare evidente, il principio della «pari opportunità» deve essere correlato al duplice vincolo della produttività o efficienza dei presidi e servizi e del rapporto costi-benefici. A parità di risorse distribuite, le opportunità di accesso ai servizi risulterebbero infatti massimamente sperequate in presenza di un diverso rendimento delle risorse impiegate.

 

3.2. Modalità transitoria di ripartizione del F.S.R.

parte corrente - per il 1985.

     Va ricordato, innanzitutto, che la scelta dei criteri e dei metodi di riparto del Fondo sanitario regionale è in sostanza una scelta di programmazione non solo perché definendo l'ammontare delle risorse definisce i vincoli dell'azione, ma perché condiziona in direzioni diverse il tipo di «responsabilizzazione economica» dei diversi operatori del sistema.

     E' evidente quindi la delicatezza e la complessità della determinazione dei criteri di riparto e perciò la necessità di porvi mano con oculatezza e ponderazione.

     Ora non essendo realistico pensare di porre in essere per il 1985 un sistema di riparto che risponda a definitivi canoni, non resta che far ricorso, in via transitoria, a parametri capitari ovvero su altra base che consentano ad ogni U.S.L. Ia preventiva conoscenza dei «pesi» della quota di F.S.R. ad ognuna assegnata.

     Con tale sistema si ritiene di garantire la necessaria continuità dei servizi esistenti e di non ingenerare differenze nelle dotazioni dei fattori produttivi per tipo di servizio.

     Per le funzioni di assistenza di base, dell'assistenza farmaceutica territoriale e della assistenza protesica e riabilitativa, il riparto viene prospettato in base alla popolazione, opportunamente pesata, così come avviene su base nazionale, applicando quindi una modalità che rispecchi il fabbisogno nella sua espressione più immediata; per i servizi di guardia medica di base, il criterio si fonda sulla combinazione popolazione/densità territoriale, cioè sulla valutazione di un rapporto che dovrebbe rappresentare il fabbisogno in relazione alle condizioni logistiche e ambientali; per il servizio di guardia turistica, le necessità alla base del riparto non possono che correlarsi alla quantità di ore di servizio quale espressione delle esigenze collegate alla entità di popolazione turistica e della durata delle stagioni turistiche, per la funzione «assistenza specialistica convenzionata», sulla base della popolazione pesata; per l'igiene pubblica in base alla popolazione; per la veterinaria in base alla popolazione animale e alla vigilanza sugli alimenti di origine animale; per l'assistenza termale sulla base del fatturato dell'anno pregresso; per l'assistenza ospedaliera, mediante un criterio combinato basato sulla popolazione pesata, sullo standard dei ricoveri, sul costo differenziato dei medesimi, sulla mobilita di pendente dalla libera scelta del luogo di cura e dalla competenza nosologica, sulla mobilità interregionale; per le spese generali, sulla base della relativa incidenza percentuale di ciascuna U.S.L.; per i mutui, in base ai costi dei piani di ammortamento.

     Il finanziamento delle spese a destinazione vincolata è legato a precisi programmi. Per le spese impreviste è consentito l'utilizzo di una quota riservata in ragione del 5% dell'ammontare complessivo della spesa corrente indistinta.

 

3.3. Criteri di ripartizione del F.S.R. - parte corrente - per il 1986 ed il 1987:

     Per gli anni successivi si ipotizzano criteri di riparto che tengano conto di quelli previsti per il 1985, migliorandone ed affinandone la definizione e l'applicazione.

     Al riguardo si prospettano le seguenti ulteriori indicazioni:

     a) nell'attesa del graduale passaggio ad un sistema di quota capitaria per abitante, la quota per le spese generali di gestione delle U.S.L. è da determinarsi parte in valore assoluto, uniforme fra tutte le U.S.L. e parte in valore percentuale rispetto alla assegnazione complessiva per le attività assistenziali;

     b) va enucleata una quota del fondo di parte corrente per attività di sviluppo e di innovazione da assegnare selettivamente ed in maniera programmata tenendo conto degli obiettivi e delle esigenze di equilibrio;

     c) va enucleata una quota del fondo destinata alle attività di ricerca scientifica degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli istituti zooprofilattici;

     d) va enucleata una quota del fondo di parte corrente per attività vincolata di formazione professionale, riqualificazione e aggiornamento permanente del personale, di ricerca finalizzata e di educazione sanitaria;

     e) va enucleata una quota del fondo di parte corrente per le attività veterinarie, da assegnare sulla base della popolazione animale, della localizzazione dei macelli e degli stabilimenti di trattamento degli alimenti di origine animale, delle esigenze di

controllo delle merci di origine animale, dei traffici e della profilassi veterinaria;

     f) va ripartita la quota ulteriore del fondo in base alla popolazione con corrispondenza alla mobilità sanitaria.

     Vanno altresì tenute presenti le disposizioni contenute nell'art. 17 della legge finanziaria 1985 per quanto concerne alcune attività cui sono riservate apposite somme da utilizzare secondo programmi formulati sulla base di specifiche direttive. Tali programmi attengono particolarmente al fabbisogno finanziario finalizzato all'assistenza dei tossicodipendenti, ai servizi psichiatrici, alle esigenze di risanamento sanitario degli allevamenti e alla profilassi delle malattie infettive, all'assistenza protesica e di mantenimento dei disabili e degli anziani, al completamento dell'automazione e all'attività dei servizi informativi.

     In una fase di maggiore assestamento del Servizio sanitario e delle UU.SS.LL. nella Regione, e quindi presumibilmente verso lo scadere dell'arco temporale di validità del presente piano si affinerà sempre più il criterio generale dell'assegnazione pro-capite tenendo conto della mobilità dell'utenza. L'applicazione rigorosa di questo criterio presuppone tuttavia il verificarsi di due condizioni:

     a) l'effettuazione di periodiche indagini epidemiologiche, atte a valutare i bisogni sanitari della popolazione;

     b) il conseguimento di un eguale livello di produttività tra i servizi analoghi nelle diverse Unità sanitarie locali.

     La prima condizione dovrebbe consentire una periodica ricognizione dell'effettivo stato di bisogno della popolazione ed una allocazione delle risorse conseguente con questa valutazione. Tale operazione dovrebbe accompagnarsi ad una rilevazione routinaria dei livelli di utilizzo dei servizi e dei consumi sanitari pro-capite compito del sistema individuare, discriminandoli, i bisogni essenziali e quelli meno essenziali (verso i quali si potrebbero esercitare azioni di risparmio) come pure di indicare altri livelli-guida alle prestazioni pro-capite. Ciò al fine di consentire una allocazione delle risorse laddove si manifestano i bisogni (autentici) di salute e per impedire ingiustificate sperequazioni nei livelli di spesa pro-capite.

     La seconda condizione, mira a determinare una localizzazione ottimale dei presidi e servizi sanitari e un costante controllo sui livelli delle attività prestate.

     Queste considerazioni sono volte ad avviare - una volta superata la fase iniziale - un esame riguardante l'efficacia dei servizi sanitari nonché ad introdurre in maniera sempre più efficace il criterio dell'equità unito a quello dell'efficienza nella assegnazione delle risorse.

     Deve essere inoltre salvaguardata l'esigenza del controllo, sul grado di conseguimento di taluni obiettivi o sull'efficacia di alcuni interventi. Ciò può essere conseguito attraverso un'assegnazione non indistinta, ma finalizzata, del volume di risorse spettanti alle UU.SS.LL. In altri termini questo comporta l'integrazione del criterio «territoriale» con quello «funzionale».

     Resta inteso che i criteri sovraesposti andranno di anno in anno, in occasione dell'attribuzione dei fondi alle UU.SS.LL., meglio puntualizzati e soprattutto andranno riverificati e rapportati alle indicazioni che proverranno dal Piano Sanitario Nazionale.

 

3.4. Criteri per la ripartizione del F.S.R. - parte in conto capitale per il triennio 1985-1987:

     Nel campo degli investimenti, il primo documento programmatico che gli Uffici centrali hanno prodotto con finalità operative e che attiva la formulazione di programmi da parte delle Regioni, è la direttiva vincolante che il Ministro della Sanità ha emanato il 19 maggio 1983 su conforme parere del Consiglio Sanitario Nazionale, contenente le linee programmatiche di intervento da utilizzare quali riferimenti nella elaborazione delle proposte regionali.

     Successivamente, la legge 27 dicembre 1983, n. 730 (legge finanziaria 1984) ha determinato, all'art. 25, sia l'ammontare complessivo sia le categorie in cui suddividere gli stanziamenti della parte in conto capitale del F.S.N. per il triennio 1984-1986.

     Da ultimo, l'art. 17 della legge finanziaria 1985 ha determinato per la parte in conto capitale nel triennio 1985-1987 la somma di lire 4.480 miliardi, di cui lire 1.200 miliardi per l'esercizio 1985, lire 1.600 miliardi per l'esercizio 1986 e lire 1680 miliardi per l'esercizio 1987 da ripartirsi sulla base delle esigenze di:

     1) mantenimento delle strutture, con particolare riguardo a quelle ospedaliere e poliambulatoriali;

     2) innovazione, con finalità di perequazione, delle dotazioni di presidi e servizi nelle zone carenti o scarsamente dotate;

     3) accrescimento dell'efficenza delle dotazioni strumentali;

     4) trasformazione della destinazione di uso di presidi sanitari e di parte di essi.

     Per il triennio di validità del piano regionale si prevedono pertanto le seguenti indicazioni volte ad assicurare un corretto impiego delle risorse di investimento, indicazioni in base alle quali saranno definite le assegnazioni alle U.S.L. dei finanziamenti in relazione alle iniziative e agli impieghi da esplicarsi nei programmi e piani attuativi.

 

A) Investimento per il mantenimento

     Si tratta di un impegno permanente per la definizione del cui contenuto oggettivo il piano fornisce gli elementi puntuali di riferimento con specifico riguardo alle potenzialità dell'offerta. L'esigenza di contrastare l'obsolescenza delle attrezzature e delle strutture esistenti in un periodo in cui il tasso di innovazione tecnologica è piuttosto rapido, non ha bisogno di essere particolarmente motivata.

     Pare realistico dover riservare almeno il 3,5% annuo del costo del complesso delle attrezzature e strutture per la conservazione del loro stato di efficenza, pervenendo alla determinazione del fabbisogno relativo mediante il riferimento, per quanto concerne l'ambito ospedaliero, al numero dei posti letto compreso nel parametro del 6% e riducendo l'ulteriore finanziamento, di anno in anno, in ragione di un nono della quota dei posti letto eccedenti il parametro stesso.

     La base di tale determinazione può essere individuata nel costo dell'ammortamento annuo che, per le attrezzature, può essere rapportata al venti per cento del costo di un posto letto.

     In sostanza, la quota del finanziamento per il mantenimento dello esistente si raccorda al valore del patrimonio strutturale e tecnologico ed è commisurata quindi alle esigenze della manutenzione straordinaria, alle ordinarie sostituzioni delle parti obsolete, per assicurare la normale funzionalità dei servizi e dei presidi evitando il calo di rendimento che deriva dalla loro usura e obsolescenza.

     Lo standard di assegnazione della quota di risorse deriva pertanto da obiettive valutazioni.

 

B) Investimento per innovazioni

     Occorre impostare un quadro ragionato di fabbisogni di risorse volte, da un canto, ad assicurare la perequazione dei servizi e dei presidi secondo una logica di pari soddisfacimento delle esigenze di tutela della salute nei vari territori e, dall'altro, a far tenere il passo con l'avanzamento tecnologico e scientifico.

     Nei vari ambiti locali sono state avviate negli anni decorsi iniziative, anche radicali, per il rinnovamento dei complessi edilizi ospedalieri con il fine di adeguare la disponibilità dell'offerta nei vari territori secondo criteri di volta in volta individuati dalle singole amministrazioni ospedaliere. L'ammontare del fabbisogno per il completamento di tale azione innovatrice è certamente cospicuo e, quindi, non potendo disporre di risorse illimitate, vanno individuate le priorità. Queste debbono soggiacere a precisi criteri fondati sulla economicità di gestione che si pensa di conseguire con le realizzazioni; sulle esigenze di riordino organizzativo e strutturale che portino a soluzioni più efficenti, rinviando quindi ad altre epoche le iniziative che rispondano in misura più attenuata a tali prospettive.

     Resta il problema, da affrontarsi in modo organico, dell'ammortamento e del rinnovo ciclico di quegli ospedali o parte di essi la cui vetustà richiede indilazionabili interventi. Il ruolo crescente degli impianti e dei servizi, le trasformazioni della tipologia edilizia in accordo con le modificazioni funzionali della organizzazione ospedaliera sono circostanze che si aggiungono nella valutazione dell'esigenza di affrontare con adeguata programmazione la predisposizione o ristrutturazione totale o parziale di detti ospedali.

     Tale aspetto va valutato congiuntamente a quello che afferisce al completamento degli ospedali dei quali si è avviato il rinnovamento, al fine di individuare, in un quadro comparato, l'ordine di priorità.

     Per le innovazioni richieste dalla spinta dello sviluppo tecnologico e scientifico vanno valutate attentamente le ipotesi che assecondino l'opera dei servizi e dei presidi che si contrassegnano quali punte avanzate nell'ambito della disciplina di competenza, assumendo il ruolo di elementi propulsori e di punti di riferimento.

     In tale ottica, la determinazione per le varie U.S.L. delle risorse per scopi innovativi va quindi rapportata alle singole situazioni, sulla base di valutazioni confrontate che mettano in evidenza le soluzioni più idonee atte a contemperare la perequazione delle varie realtà sul piano dell'offerta con un conveniente ed economico impiego di risorse volte a stimolare l'avanzamento ed il progresso della capacità operativa di determinati presidi e servizi.

 

C) Investimento per l'accrescimento dell'efficenza

     Trattasi di una esigenza inderogabile sia avuto riguardo alle compatibilità finanziarie di gestione che impongono la ricerca di soluzioni sempre più produttive di risultato al minor costo, sia avuto riguardo al soddisfacimento del bisogno sanitario delle popolazioni che hanno aspettative messe in moto dalle prospettive della riforma, ma altresì da reali bisogni.

     Per tale settore di investimento vanno impegnati i fondi avendo di mira, attraverso gli opportuni programmi, l'ammodernamento degli elementi strutturali per ottenere soluzioni organizzative, specie con riguardo ai modi e alle tipologie del lavoro, più avanzate nelle quali l'automazione trovi l'impiego più razionale e produttivo. Le innovazioni introdotte dall'informatica vanno valutate con estrema attenzione per individuare soluzioni nell'ambito dei servizi sanitari che facciano conseguire più spediti procedimenti a beneficio dell'utente e con maggior qualificazione degli operatori.

     Il quadro dei bisogni va indagato con particolare attenzione specie nell'ottica di esperire soluzioni che si prestino ad una estensione generalizzata nel sistema socio sanitario, raccogliendo i risultati di quelle attività di ricerca che, con i fondi all'uopo destinati, siano state indirizzate e promosse per individuare modi nuovi e strumenti per una maggiore efficienza e produttività.

 

D) Investimento per la trasformazione di strutture per destinazioni diverse

     Trattasi di valutare le ipotesi di trasformazione di strutture verso impieghi più economici e di riordino, dettati da un canto da esigenze di ridimensionamento di attività, quali quelle di ricovero verso altre ambulatoriali e territoriali, dall'altro da esigenze di più approfonditi e diversificati impegni nel campo della prevenzione, della diagnosi e della cura, utilizzando strutture dismesse o spazi resisi disponibili per effetto dell'azione di riduzione dei posti letto.

     I settori che più di altri possono beneficiare dell'impiego di risorse in tale comparto sono quelli delle categorie di persone più bisognevoli di attività socio-assistenziali più conformi allo stato della loro salute o alle loro condizioni psico-fisiche; ma altresì ogni altro settore nel quale si individui l'opportunità di applicazioni e di interventi orientati a risolvere in modo più razionale e più avanzato i numerosi problemi che la sanità presenta in un divenire continuo, nella prospettiva del miglioramento delle cure, e soprattutto dell'allontanamento delle cause della patologia.

     Riepilogando, la manovra finanziaria in conto capitale per il triennio è preordinata a porre le necessarie condizioni perché il servizio sanitario regionale si attesti, al termine del triennio, sulla posizione più vicina possibile rispetto al raggiungimento del seguente articolato obiettivo, graduandone l'applicazione mediante i piani attuativi suddivisi in fasi annuali e commisurandone l'assegnazione delle risorse:

     - conservazione dell'efficenza degli apparati tecnologici ed edilizi, quale azione costante e permanente che eviti la caduta del livello di attività dei servizi e dei presidi quale effetto dell'osolescenza;

     - graduale avvio del rinnovo di impianti e edifici o loro ristrutturazione radicale e compimento delle iniziative già avviate nel passato secondo priorità, nonché introduzione di innovazioni che privileggino lo sviluppo di punte avanzate di attività con ricaduta di gratificazione sugli operatori e che consentano di tenere il passo con il progresso tecnologico e scientifico;

     - accrescimento dell'efficenza di servizi, presidi e uffici con particolare riguardo agli effetti dell'organizzazione del lavoro, mediante l'introduzione e l'estensione di tecniche di automazione;

     - progressiva trasformazione di apparati e strutture verso tipologie preordinate a svolgere attività conformi agli indirizzi emergenti dalla riforma e dai nuovi orientamenti di tutela delle categorie più deboli.

     Il riparto delle somme che saranno messe a disposizione dagli uffici centrali sul fondo sanitario nazionale - parte in conto capitale - sarà effettuato a favore delle singole U.S.L. coerentemente con i programmi determinati dalle singole U.S.L. in conformità con le direttive e le prescrizioni regionali.

 

4. LE AZIONI RIVOLTE AL RISPARMIO

     Si è visto come la politica complessiva sulla spesa sanitaria pone necessariamente l'esigenza, nel quadro complessivo della finanza pubblica, di procedere anche nei prossimi anni ad un rigido contenimento della spesa per prestazioni e servizi.

     Il quadro di vincoli e la linea d'indirizzo che discendono dalla proposta di Piano Sanitario Nazionale pongono necessariamente la esigenza di procedere al contenimento della spesa sanitaria.

     In particolare il Friuli-Venezia Giulia per effetto della manovra di riequilibrio territoriale dei servizi e della spesa che si tenta di realizzare come descritto in precedenza, si vedrà assegnare nel triennio 1985-1987 quote gradualmente decrescenti, in termini reali, del fondo sanitario nazionale.

     Non si vogliono qui riprendere le considerazioni critico-valutative sulla praticabilità e sulla validità di una previsione siffatta; ci si limita quindi a rilevare come, al di là delle incongruenze segnalate circa la determinazione e i criteri di riparto del fondo e del carattere eccessivamente drastico dell'indicazione specifica riguardante il Friuli- Venezia Giulia, la logica generale da cui nuove il piano per quanto attiene gli aspetti finanziari (contenimento della spesa e sua determinazione preventiva in relazione a un quadro rigido di compatibilità finanziaria generale da un lato e riequilibrio territoriale della stessa dall'altro) non può che essere condivisa e applicata con effetti dunque restrittivi per quanto attiene la Regione Friuli-Venezia Giulia.

     In buona sostanza ciò significa che le risorse in termini di personale, beni e servizi di cui disporrà la comunità regionale per il soddisfacimento dei propri bisogni sanitari risulteranno inferiori, sul piano quantitativo, a quelle attualmente impiegate per le stesse finalità.

     Se si vuole dunque evitare che da ciò consegua uno scadimento dei livelli quali-quantitativi di assistenza sanitaria, il che risulterebbe inaccettabile sul piano etico ancor prima che su quello politico, considerata la fase evolutiva della nostra società, è gioco-forza intervenire sull'impiego dei fattori e sulla loro destinazione finale onde poter recuperare un miglior livello del binomio efficacia-efficienza dell'intero sistema di risposta ai bisogni di salute dei cittadini.

     Si tratta dunque come già evidenziato, di intervenire da un lato per accrescere la produttività dei fattori impiegati e quindi della spesa, e dall'altro di meglio finalizzare l'offerta sanitaria in termini di servizi e prestazioni privilegiando quegli interventi in grado di fornire adeguate risposte ai bisogni con il minimo impiego di fattori e dunque con il minimo di spesa (prevenzione-attività filtro di ricoveri, ecc.) ed eliminando il più possibile gli sprechi, le duplicazioni, i consumi superflui o peggio dannosi (consumismo nel settore farmaceutico, diagnostico, ecc.).

     Nella situazione dell'offerta sanitaria che caratterizza attualmente la Regione una simile manovra di contenimento e razionalizzazione della spesa non può che incentrarsi principalmente sul travaso di risorse dal settore ospedaliero a quello extraospedaliero e sul conseguente ribaltamento dell'assoluta predominanza a tutt'oggi del primo sul secondo.

     In questo senso vi è coincidenza perfetta fra gli obiettivi funzionali-organizzativi e gli obiettivi di carattere finanziario del piano.

     Soltanto riuscendo a «liberare» personale e altre risorse nel settore ospedaliero e reimpiegandolo nei servizi di base e ambulatoriali distrettuali con funzioni di filtro e alternative al ricovero è infatti possibile pensare di realizzare nel medio periodo significative riduzioni o anche solo un reale contenimento della spesa sanitaria regionale pro- capite.

     Per avviare questo processo è tuttavia indispensabile procedere contestualmente alla riduzione delle disponibilità di posti-letto e di personale ospedaliero ed alla attivazione di servizi territoriali alternativi al ricovero in quanto, in caso contrario, risulterebbe totalmente senza risposta quella quota di domanda sanitaria attualmente impropriamente spedalizzata, ma che comunque richiede interventi alternativi da organizzarsi a livello ambulatoriale o di base (medicina specialistica, riabilitazione, ecc.).

     E' dunque del tutto scontato che significative e costanti riduzioni del volume di spesa, si possono ottenere, se non si vuole rischiare un drastico peggioramento dei risultati in termini di salute della popolazione, soltanto mediante un processo graduale e articolato che permetta di offrire modalità alternative e più adeguate di servizio, contestualmente alle azioni di riduzione dei fattori impiegati in uno o più settori (ospedali, consumi farmaceutici, ecc.).

     Nella fase iniziale diviene del tutto pregiudiziale investire risorse per l'attivazione ed il potenziamento dei servizi alternativi al ricovero al fine di avviare il riassorbimento di una prima quota di ricoveri ospedalieri a carattere improprio in tal senso sono stati illustrati in precedenza i programmi che la Regione intende mettere in atto.

     Si tratta in sostanza di determinare un volano finanziario iniziale per introdurre una profonda inversione di tendenza nei meccanismi e nella prassi di allocazione delle risorse fra i vari settori funzionali ed organizzativi del servizio sanitario.

     Resta tuttavia da constatare, anche in questo caso, l'esiguità delle disponibilità finanziarie per questo tipo di finalità a fronte della dimensione e della rilevanza strategica, nel medio periodo, degli obiettivi e delle modificazioni che ci si propone e nello stesso tempo sottolineare il rischio che le troppo drastiche decurtazioni delle assegnazioni obblighino le amministrazioni interessate a «bruciare» tali fondi per far fronte a improrogabili esigenze della gestione corrente, non correttamente previste e/o valutate.

     Un'altra direzione su cui operare è quella della sensibilizzazione degli amministratori, degli operatori e degli utenti sulla necessità di controllare e ridurre la spesa sanitaria, soprattutto in quei settori ove più manifeste e riconosciute sono le situazioni di spreco e di eccessivo o superfluo consumo.

     Senza una sensibilizzazione di questo tipo che contribuisca a far maturare nel paese la coscienza della necessità di contenere la spesa per i servizi ed elevare il grado di educazione sanitaria, risulterebbero infatti inefficaci tutti i meccanismi e le procedure previste dalla legge 833 e dal decreto 663/1979 tendenti ad imbrigliare e porre sotto rigoroso controllo la dinamica finanziaria della spesa sanitaria rendendone direttamente responsabili gli stessi amministratori.

     Occorre dunque sviluppare ai vari livelli una capillare e incisiva azione di informazione-convinzione nei confronti dei vari soggetti affinché l'esigenza di dare maggior produttività all'impiego delle risorse nel settore sanitario, del loro controllo in termini di efficienza ed efficacia, dell'eliminazione di tutte le spese inutili o superflue sia responsabilmente assunta da tutti come impegno necessario e pregiudiziale per un migliore e più adeguato modello dei servizi e dell'assetto complessivo della società.

     Anche questa azione, utile pure sul piano propriamente sanitario, in quanto stimola l'utenza ad un uso più responsabile e appropriato delle strutture ed ad un consumo di farmaci corrispondente alle effettive necessità e depurato dal superfluo

o peggio dal dannoso, potrà pienamente produrre i propri risultati nel medio periodo che è l'arco di tempo necessario per mutamenti culturali e di comportamento dl questa specie.

     Ciò premesso, nell'immediato si possono mettere in atto alcune azioni tendenti a realizzare fin da ora tutti i risparmi possibili, dovendo comunque contenere nei limiti prefissati la spesa e costituendo il risparmio, al momento, la fonte di finanziamento più consistente per l'istituzione dei servizi innovativi e la modificazione complessiva del sistema sanitario.

Secondo le indicazioni emerse in sede nazionale, tali azioni vanno finalizzate principalmente ai seguenti settori: farmaci, accertamenti diagnostici, degenza, funzioni amministrative ed economali.

     Settori farmaci: il consumo farmaceutico pro-capite nella Regione Friuli Venezia Giulia è inferiore rispetto al valore medio nazionale.

     Anche se si tiene conto dei maggiori tassi di spedalizzazione e quindi dei maggiori consumi di farmaci in ambiente ospedaliero, la Regione si mantiene a livelli complessivi di spesa pro-capite per farmaci inferiori alla media nazionale.

     Ciò significa dunque che a differenza di quanto avviene per la spesa totale, in questo settore il Friuli-Venezia Giulia si colloca ad un livello di consumo inferiore a quello medio nazionale il che è un fatto particolarmente positivo, trattandosi di consumi farmaceutici, la cui effettiva necessità e utilità è in molti casi assai dubbia. Le motivazioni di tale anomala collocazione della Regione in ambito nazionale, sono indubbiamente da ricercarsi in un diverso atteggiamento socio-culturale ed in una maggior coscienza sanitaria della popolazione. Partendo da questa considerazione e lungi dal considerare che per tale motivo non si debbano ricercare o non siano possibili ulteriori risparmi in questa voce, si deve anzi puntare proprio su questa predisposizione esistente dei cittadini per stimolarla ulteriormente e ottenere in tal modo risparmi di spesa ancor più rilevanti risparmi che, si tiene a sottolineare, sono sicuramente possibili in quanto estremamente estesa è in questo campo l'area

degli abusi e degli sprechi.

     Accanto a questa azione di sensibilizzazione degli utenti, si possono individuare le altre seguenti azioni:

     a) controllare attraverso i documenti di gestione delle convenzioni uniche (generica e pediatrica) il numero e il tipo delle prescrizioni farmaceutiche per medico concordando con gli ordini dei medici le modalità per effettuare approfondimenti e azioni correttive nei casi più eclatanti e discosti in eccesso dalla media;

     b) sviluppare uno specifico programma di coinvolgimento e aggiornamento dei farmacisti affinché posano svolgere una positiva funzione di educazione e indirizzo nei confronti dei cittadini;

     c) restringere ed unificare il più possibile la gamma degli articoli farmaceutici nei presidi sanitari pubblici e fissare una rigorosa procedura di regolamentazione e controllo per il loro utilizzo, intervenendo nei casi più anomali con le stesse modalità di cui al punto a) [2]0.

     E' bene rilevare come questo insieme di azioni che possono essere messe in atto dalla Regione e dalle Unità sanitarie locali possono portare a risultati significativamente positivi solo se a livello nazionale si procederà ulteriormente sul piano della produzione (prontuario, pubblicità, ecc) e distribuzione (confezione) dei farmaci e sulla partecipazione alle spese degli utenti (ticket).

     Per la predisposizione e puntualizzazione delle azioni soprariportate, si propone la costituzione di apposita commissione comprendente tutte le componenti interessate.

     Settore accertamenti diagnostici: comprende le prestazioni di analisi chimico cliniche, radiologiche e altre analisi strumentali svolte e dalle strutture ospedaliere e da altre strutture pubbliche extra ospedaliere e infine dal settore privato convenzionato.

     Anche per tali consumi come per i farmaci si ha ragione di ritenere che attualmente incidono pesantemente gli effetti del consumismo, delle duplicazioni e degli sprechi, le indicazioni emerse in sede nazionale hanno individuato queste prestazioni fra quelle in cui prioritariamente indirizzare la ricerca di risparmio.

     Per concretizzare tale indicazione si ritiene necessario procedere ad uno studio specifico attraverso la costituzione di una commissione che dovrà prevedere e fornire gli indirizzi e la normativa tendente a definire gli standard qualitativi degli esami, organizzare le metodiche e i moduli dei risultati, elaborare dei protocolli di accertamento e definire il modulo minimo di registrazione per i pazienti da trasferire, coordinare le manutenzioni, effettuare i controlli dopo averne verificata la situazione esistente, fissare i limiti, gli standard qualitativi e i criteri per il ricorso al settore privato.

     In ogni caso un obiettivo fondamentale da perseguire a riguardo è quello del pieno ed efficiente utilizzo delle dotazioni pubbliche esistenti superando le situazioni di sottoutilizzo e le duplicazioni di dotazioni a livello territoriale.

     In linea di massima vale in proposito il principio di puntare in prima istanza sul pieno utilizzo dei laboratori e dei gabinetti radiologici ospedalieri laddove esistono ed integrarli con le strutture extraospedaliere nelle situazioni dove manca il presidio ospedaliero o esso risulta insufficiente.

     Altra linea da perseguire con fermezza è quella del rigoroso controllo della convenzionata esterna.

     Settore degenza: sulla riduzione in termini quantitativi delle risorse impiegate nel settore ospedaliero è dedicata una specificazione di Piano e ampliamente si è detto anche in questo capitolo sull'importanza del tutto decisiva di tale azione sul piano finanziario oltreché organizzativo e funzionale.

     Al momento non si è in grado di aggiungere molto nello specifico a quanto già scritto in altre parti del documento, dato che il problema merita un'attenta e approfondita disamina da effettuarsi anche in funzione della determinazione dei criteri di finanziamento. Si tratta in sostanza di elaborare una serie di indicatori di efficacia-efficienza sull'impiego delle risorse nel settore ospedaliero che costituiscono la base conoscitiva per procedere a riduzione progressive, razionali o operativamente possibili della spesa dei singoli presidi ospedalieri.

     Alcuni di questi indicatori sono segnalati nella prima proposta dei Piano nazionale (Parte II, Azioni finalizzate al risparmio), altri potranno essere individuati da apposito studio che verrà condotto a cura della Giunta regionale, utilizzando i dati e le elaborazioni ricavabili dal Sistema informativo sanitario regionale.

     Settore amministrativo ed economale: la produttività e l'efficienza di questo settore è estremamente importante non solo di per sé, ma in quanto si ripercuote direttamente su tutti i settori operativi ed i servizi dell'Unità sanitaria locale.

     Le principali azioni che possono portare ad un recupero di risorse nel campo amministrativo ed economale sono:

     a) procedere alla revisione del sistema contabile ed economico finanziario dei servizi sanitari puntando ad una organizzazione per centri di costo ed ad una gestione budgettaria dello stesso;

     b) formalizzare dei capitolati d'acquisto a livello regionale per il materiale sanitario e non sanitario e verificare la possibilità di effettuare acquisti mediante Unioni o Associazioni di Unità sanitaria locale;

     c) razionalizzare e omogeneizzare la progettazione e l'utilizzo degli spazi e degli impianti tecnici e massimizzare l'impiego delle attrezzature disponibili;

     d) verificare l'introduzione più economica ed efficace dell'automazione dei processi amministrativi ed economali e programmare razionalmente i fabbisogni di materiale e la gestione di magazzino;

     e) osservare le disposizioni della legislazione nazionale circa le modalità di sollecito pagamento dei fornitori;

     f) predisporre criteri di formulazione delle piante organiche fondati sull'analisi di attività e di carico di lavoro e assegnare il personale per funzioni facilitando al massimo il processo di mobilità dello stesso.

 

 

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ALLEGATI

 

INDICE DEGLI ALLEGATI

 

ALLEGATO 1

I CONTENUTI DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA REGIONALE E ATTUATIVA DI UNITA'

SANITARIA LOCALE

 

1. FINALITA'

2. IL PRIMO PLANO TRIENNALE 1985-1987

 

ALLEGATO 2

ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA' E DELLE FUNZIONI SANITARIE

 

0. INTRODUZIONE

1. LINEE DI PIANO PER INSIEMI FUNZIONALI

1.1. Premessa

1.2. Ecologia, igiene pubblica e profilassi, medicina legale;

igiene e tutela della salute in luoghi di lavoro

1.3. Assistenza sanitaria di base, specialistica e ospedaliera, e

farmaceutica

1.4. Sanità pubblica e veterinaria

1.5. Assistenza sociale

2. ARTICOLAZIONE PER LIVELLI FUNZIONALI E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DEI

SERVIZI

2.1. I servizi distrettuali e multidistrettuali

2.2. Il livello centrale dell'Unità sanitaria locale

2.3. Il livello multizonale

2.4. Norme standard per le funzioni di diagnosi e cura ospedaliera

2.4.1. Funzioni di diagnosi e cura

2.4.2. Interrelazioni funzionali

2.5. Convenzioni, volontariato e vigilanza

2.6. Rapporti con l'Università

 

ALLEGATO 3

ORGANIZZAZIONE DELLA RETE REGIONALE DELL'EMERGENZA

 

1. PREMESSA

2. OBIETTIVI E AZIONI

 

ALLEGATO 4

ATTIVAZIONE E COMPLETAMENTO DELLA RETE POLIAMBULATORIALE

 

1. ATTIVAZIONE E COMPLETAMENTO DELLA RETE POLIAMBULATORIALE.

 

ALLEGATO 5

RIDUZIONE E RIQUALIFICAZIONE DEI POSTI-LETTO OSPEDALIERI

 

1. LINEE OBIETTIVO DI RIQUALIFICAZIONE, INTEGRAZIONE DEL SETTORE

OSPEDALIERO E DI RIDUZIONE DELLE DISPONIBILITA' E DELLA SPEDALIZZAZIONE

1.1. La riduzione dei posti-letto e l'aumento dell'efficienza ospedaliera

2. LA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE DISPONIBILITA' OSPEDALIERE POSTI-

LETTO DELLE FUNZIONI DI DIAGNOSI E CURA DISTINTI PER UNITA' SANITARIA

LOCALE

3. AZIONI, CRITERI, INDIRIZZI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI

3.1. Norme e criteri degli ospedali psichiatrici

4. PIANO TEMPORALE

 

ALLEGATO 6

INDIRIZZI ED AZIONI PER LA TUTELA E PROMOZIONE DELLA SALUTE DELLE PERSONE

ANZIANE

 

1. PREMESSA

2. LE ATTIVITA' ED I SERVIZI PER ANZIANI NEL FRIULI VENEZIA GIULIA 3.

OBIETTIVI DELL'AZIONE

4. CONTENUTI E 1NDIRIZZI DELL'AZIONE

4.1. Riqualificazione e riordino dei servizi ospedalieri di ricovero

4.2. Riduzione dei ricoveri della popolazione anziana

4.3. Potenziamento della rete di servizi di base e ambulatori di

prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione

4.4. Aspetti di integrazione fra sanità ed assistenza

 

ALLEGATO 7

POLITICA DELLA SPESA

 

1. PREMESSA

2. LA DETERMINAZIONE DELLE RISORSE FINANZIARIE

3. CRITERI PER LA RIPARTIZIONE DEL FONDO REGIONALE

4. LE AZIONI RIVOLTE AL RISPARMIO

 

 


[*] Attesa la consistenza della legge e degli allegati si è ritenuto di riportare in calce alla legge stessa, un indice che ne permetta la più rapida consultazione.

[1] Articolo così sostituito dall'art. 15 della L.R. 20 febbraio 1995, n. 12.

[2] Per la Medicina Sportiva vedi punto 1.2.

[2] Per la Medicina Sportiva vedi punto 1.2.

[3] Al servizio veterinario compete l'ispezione e la vigilanza dei prodotti di origine animale - cfr. punto 2.2 lettera E).

[4] Il grado di complessità può essere dato sia dalla necessità di particolari strumentazioni, di competenze specializzate, sia dalla delicatezza del provvedimento in oggetto.

[5] S'intendono i campioni scelti con criteri di casualità.

[6] S'intende «il seguire» l'animale in tutte le fasi successive di lavorazione.

[7] S'intende la funzione di retroazione.

[8] Per calcolare le unità bovino (U.B.) equivalente si applicano i parametri FAO così modificati:

[9] Si rimanda in ogni caso al documento regionale «Organizzazione e gestione del settore poliambulatoriale extraospedaliero nel quadro del piano sanitario del F.V.G..» [1982].

[1]10 Valori sotto la soglia stabilita dal documento «Organizzazione e gestione del rettore poliambulatoriale extraospedaliero nel quadro del piano sanitario del Friuli-Venezia Giulia [1982].

[1]10 Valori sotto la soglia stabilita dal documento «Organizzazione e gestione del rettore poliambulatoriale extraospedaliero nel quadro del piano sanitario del Friuli-Venezia Giulia [1982].

[1]10 Valori sotto la soglia stabilita dal documento «Organizzazione e gestione del rettore poliambulatoriale extraospedaliero nel quadro del piano sanitario del Friuli-Venezia Giulia [1982].

[1]11 Indubbiamente il trapasso fra le forme organizzative vecchie e quelle nuove non può essere automatico, né breve, né privo di problemi dato che nessuna disposizione legislativa può cancellare la realtà, spesso assai grave, della sofferenza mentale.

[1]12 Vedasi nota [9].

[1]13 Il Servizio di unità Spinale è un servizio che può organizzarsi come tipico dipartimento-orizzontale in ospedali che già possiedono neurochirurgia, ortopedia, urologia, geriatria ed anche con il servizio sociale.

[1]14 S'intendono quei pazienti affetti da processi morbosi in fase di lenta evoluzione per i quali necessitano cure mediche assicurabili solo in ambiente ospedaliero.

[1]15 Tutti i periodi fra virgolette sono tratti direttamente dal volume precedentemente citato.

[1]16 Per gli approfondimenti sul carattere e i contenuti di questa come delle successive azioni si rimanda al volume citato in premessa.

[1]17 Correttivi per insufficienze palesi per i due parametri di funzionalità.

[1]18 Correttivi alla domanda per effetto di ipotesi di riequilibrio funzionale della rete ospedaliera (ad es. contenimento a Nord ed a Est della domanda su Udine) e di eliminazione di sacche palesi di domanda impropria.

[1]19 E' facoltà delle Unità sanitarie locali evidenziare nei propri piani attuativi «vocazioni» particolari relativamente alle specialità. La procedura regionale specificherà i requisiti richiesti per una Unità sanitaria locale per poter avanzare richieste relativamente alle suddette «vocazioni» specialistiche.

[2]20 Questa azione va raccordata a quella prevista nel settore economale circa l'acquisto e la gestione di magazzino del prodotti farmaceutici o similari.