§ 3.1.77 - L.R. 19 marzo 2004, n. 11.
Piano regionale per la Salute 2004/2006.


Settore:Codici regionali
Regione:Calabria
Materia:3. servizi sociali
Capitolo:3.1 assistenza sanitaria
Data:19/03/2004
Numero:11


Sommario
Art. 1.  (Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza).
Art. 2 . (Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini).
Art. 3.  (Rapporti con il volontariato, l’associazionismo e la cooperazione sociale).
Art. 4.  (Programmazione sanitaria regionale).
Art. 5. 
Art. 6.  (Partecipazione degli enti locali alla programmazione delle attività).
Art. 7.  (Organizzazione delle aziende).
Art. 8.  (Articolazione posti letto).
Art. 9.  (Finanziamento del servizio sanitario regionale).
Art. 10.  (Piani attuativi).
Art. 11.  (Aziende sanitarie).
Art. 12.  (Aziende ospedaliere).
Art. 13.  (Controlli sugli atti delle aziende).
Art. 14.  (Direttore generale).
Art. 15.  (Direttore sanitario e direttore amministrativo).
Art. 16.  (Collegi sindacali).
Art. 17.  (Rapporti tra servizio sanitario regionale e università).
Art. 18.  (Enti di ricerca).
Art. 19.  (Coordinamento con l’Agenzia Regionale per l’Ambiente).
Art. 20.  (Educazione continua in medicina e sviluppo continuo della professionalità).
Art. 21.  (Approvazione del piano).
Art. 22.  (Disposizioni transitorie e di rinvio. Abrogazioni).
Art. 23.  (Pubblicazione).


§ 3.1.77 - L.R. 19 marzo 2004, n. 11.

Piano regionale per la Salute 2004/2006.

(B.U. 20 marzo 2004, n. 5 - S.S. n. 3).

 

Art. 1. (Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza).

     1. La presente legge stabilisce le finalità della programmazione regionale in materia sanitaria e ne dichiara i princìpi e i criteri; disciplina le modalità del concorso degli enti locali e la partecipazione delle formazioni sociali; individua strumenti e modalità per l’attuazione, la verifica e l’implementazione degli atti di programmazione.

     2. La Regione Calabria riconosce la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività e la garantisce attraverso il servizio sanitario regionale, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.

     3. Il servizio sanitario regionale, assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i princìpi fondamentali del decreto legislativo di riordino 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal piano regionale per la salute, nel rispetto dei princìpi del piano sanitario nazionale, dei bisogni di salute delle popolazioni, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse.

     4. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal piano sanitario nazionale e di quello regionale per la salute e comprendono:

     a) l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

     b) l’assistenza distrettuale;

     c) l’assistenza ospedaliera.

     5. L’erogazione delle prestazioni di cui al comma precedente avviene attraverso le strutture pubbliche e private accreditate; le modalità dell’accesso dell’utente ai presìdi delle istituzioni sanitarie private accreditate sono disciplinate, nel rispetto della libera scelta del cittadino, nell’ambito delle disposizioni normative vigenti, dal Piano Regionale per la Salute.

 

     Art. 2. (Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini).

     1. La Regione assicura e garantisce la partecipazione e la tutela dei diritti dei cittadini nella fruizione dei servizi sanitari.

     2. La Regione, al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del servizio sanitario regionale, utilizza i contenuti e le modalità degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie definite dal Ministero della salute con il decreto di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo di riordino n. 502/92 e successive modifiche ed integrazioni, con particolare riferimento alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché all’andamento delle attività di prevenzione delle malattie.

     3. La Regione promuove iniziative per la consultazione e la partecipazione attiva dei cittadini e delle loro organizzazioni, ed in particolare degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti degli utenti, al fine di raccogliere informazioni sull’organizzazione dei servizi e favorire il loro coinvolgimento nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale.

     4. I direttori generali delle aziende concordano le modalità ed i tempi di raccolta e valutazione delle osservazioni con gli organismi di volontariato e con le associazioni di tutela dei diritti dei cittadini in ordine alla gestione dei servizi e all’erogazione delle prestazioni, sulla base degli indirizzi formulati dal dipartimento sanità.

     5. La Regione e le aziende del servizio sanitario regionale assicurano iniziative di formazione e di aggiornamento del personale destinato ai rapporti con il pubblico sui temi inerenti la tutela dei diritti dei cittadini.

     6. Le Aziende del servizio sanitario regionale approvano ed aggiornano la carta dei servizi, e adottano il regolamento per la tutela degli utenti sulla base degli indirizzi formulati dal dipartimento sanità.

     7. La carta dei servizi è lo strumento attraverso il quale le Aziende del servizio sanitario regionale orientano ed adeguano le proprie attività alla soddisfazione dei bisogni degli utenti. La carta definisce gli impegni e prevede gli standard, generali e specifici cui i servizi devono adeguarsi.

     8. Le Aziende assicurano specifiche attività di informazione e di tutela degli utenti e definiscono un apposito piano di comunicazione aziendale finalizzato a promuovere la conoscenza da parte di tutti i soggetti interni ed esterni dei contenuti della carta e della relativa attuazione.

     9. Le Aziende del servizio sanitario regionale, ai fini di cui ai commi precedenti, assicurano l’informazione in ordine alle prestazioni erogate, alle tariffe, alle modalità di accesso ai servizi, ai tempi di attesa, anche con riguardo all’attività libero professionale intramuraria, e si dotano di un efficace sistema di raccolta e di trattamento delle segnalazioni e degli esposti.

     10. E’ abrogato l’articolo 16 della legge regionale 22 gennaio 1996, n. 2.

 

     Art. 3. (Rapporti con il volontariato, l’associazionismo e la cooperazione sociale).

     1. I rapporti fra le associazioni di volontariato e gli organismi di promozione sociale, le cui attività concorrono con le finalità del Servizio sanitario regionale ed il Servizio sanitario medesimo, sono regolati da apposite convenzioni, in conformità con quanto disposto dalle normative nazionali e regionali vigenti.

     2. L’associazionismo e la cooperazione sociale concorrono, nell’ambito delle loro competenze e con gli strumenti di cui alle vigenti leggi regionali, alla realizzazione delle finalità del Servizio sanitario regionale e alle attività di assistenza sociale.

 

     Art. 4. (Programmazione sanitaria regionale).

     1. La programmazione sanitaria regionale individua, in coerenza con il piano sanitario nazionale, gli strumenti per assicurare lo sviluppo dei servizi di prevenzione collettiva, dei servizi ospedalieri in rete, dei servizi sanitari territoriali e la loro intestazione con i servizi di assistenza sociale.

     2. La programmazione sanitaria regionale si attua sul territorio della Regione attraverso le Aziende Sanitarie e le Aziende Ospedaliere.

     3. Sono atti della programmazione sanitaria ad ambito regionale:

     a) il Piano Regionale per la Salute e i relativi strumenti di attuazione di livello regionale;

     b) gli atti di indirizzo adottati dalla Giunta regionale;

     c) i piani attuativi locali;

     d) i piani attuativi delle Aziende Ospedaliere.

     4. Sono atti rilevanti per la programmazione sanitaria di ambito regionale:

     a) la relazione sanitaria regionale;

     b) la relazione sanitaria aziendale.

     5. La relazione sanitaria regionale valuta, anche sulla base delle risultanze delle relazioni sanitarie aziendali di cui al presente articolo, lo stato di salute della popolazione ed i risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal Piano Regionale per la Salute.

     6. La Giunta Regionale predispone la Relazione Sanitaria Regionale e la trasmette ogni anno, entro il 31 dicembre, al Consiglio Regionale.

     7. La Giunta trasmette la Relazione medesima alla conferenza permanente per la Programmazione socio-sanitaria.

 

     Art. 5. [1]

     E' istituita la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, quale organismo rappresentativo delle autonomie locali nell’ambito della programmazione sanitaria e socio-sanitaria.

     2. La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria è organo consultivo del Consiglio e della Giunta regionale.

     3. La Conferenza è così composta:

     a) assessore regionale alla tutela della salute o suo delegato, che la presiede;

     b) presidenti delle conferenze dei sindaci delle aziende sanitarie;

     c) sindaci, o loro delegati, delle città capoluogo di provincia, se non presidenti di conferenza dei sindaci;

     d) quattro rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali, dei quali uno dell’ANCI, uno dell’UPI, uno dell’UNCEM ed uno della Lega delle autonomie;

     e) presidenti delle province, o loro delegati, limitatamente alla trattazione delle materie socio-sanitarie.

     4. Se richiesti, partecipano ai lavori della Conferenza, senza diritto di voto, il Dirigente Generale del Dipartimento regionale tutela della salute, nonché i Direttori Generali delle Aziende sanitarie e delle Aziende ospedaliere.

     5. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Assessore regionale alla tutela della salute procede all’insediamento della Conferenza, che provvede all’approvazione del regolamento di funzionamento. Fino all’approvazione del regolamento si applica il regolamento del consiglio comunale della città capoluogo di regione.

     6. La Conferenza esprime i pareri e svolge le funzioni previste dal Piano regionale per la salute.

     7. Il Dipartimento regionale della sanità assicura le attività di supporto logistico e di segreteria necessarie per il funzionamento della Conferenza.

     8. È abrogato l’articolo 17 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29.

 

     Art. 6. (Partecipazione degli enti locali alla programmazione delle attività).

     1. La Conferenza dei Sindaci svolge, per ciascuna Azienda Sanitaria, le funzioni di cui al Decreto 502 del 30 dicembre e all’articolo 11 della L.R. 22 gennaio 1996, n. 2. Con deliberazione di Giunta regionale e previo parere della Commissione permanente, sono disciplinate le modalità di funzionamento della Conferenza dei Sindaci.

     2. Per le Aziende Ospedaliere le funzioni della Conferenza dei Sindaci sono svolte da un Comitato di rappresentanza composto da cinque membri, eletto in seno alla Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, socio-sanitaria e socio-assistenziale presso ogni Azienda Ospedaliera.

     3. Il Comitato dei Sindaci di Distretto concorre alla verifica dei risultati di salute definiti dal programma delle attività territoriali. Con Deliberazione di Giunta regionale e previo parere della Commissione consiliare competente, sono disciplinate le modalità di funzionamento del Comitato dei Sindaci di Distretto.

 

     Art. 7. (Organizzazione delle aziende).

     1. Le finalità istituzionali del servizio sanitario regionale sono realizzate mediante undici Aziende sanitarie e quattro Aziende ospedaliere, che hanno personalità giuridica pubblica e autonomia gestionale. Sono organi delle aziende il direttore generale ed il collegio sindacale.

     2. L’organizzazione ed il funzionamento delle aziende sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato adottato dal Direttore Generale conformemente all’atto di indirizzo adottato dalla Giunta regionale.

     3. Per la più efficace e razionale utilizzazione delle risorse umane e finanziarie, la Giunta regionale formula indirizzi alle Aziende sanitarie ed alle Aziende ospedaliere affinché esercitino in comune tra di loro funzioni amministrative, legali e tecniche.

     4. E’ abrogato l’articolo 3 della legge regionale 22 gennaio 1996 n. 2.

 

     Art. 8. (Articolazione posti letto).

     1. I posti letto per acuti delle strutture pubbliche e private accreditate concorrono, su base complessiva regionale, al conseguimento dello standard di 4 posti letto ogni mille abitanti stabilito dal Piano Regionale per la Salute, rimanendo inalterato il rapporto percentuale tra posti letto pubblici e privati accreditati per acuti, fino alla concorrenza massima del 32% di posti letto privati accreditati sul totale dei posti letto per acuti esistenti alla data del 31/12/2003. I posti letto eccedenti delle strutture pubbliche e private sono ridotti e decadono dall’accreditamento e possono essere riconvertiti in posti letto di lungodegenza e riabilitazione, con priorità per la riconversione dei posti letto pubblici, nei limiti delle relative disponibilità ed in coerenza con le indicazioni del piano regionale per la salute.

     2. La Giunta regionale, previo parere della Commissione regionale competente, è delegata a definire con le strutture ospedaliere private accreditate, anche mediante intese con le organizzazioni di categoria rappresentative a livello regionale, il riparto dei posti letto per pazienti acuti conformi agli standard come sopra definiti, con riconversione alle specialità corrispondenti ai fabbisogni individuati di posti letto per acuti dal piano regionale per la salute. Tale riconversione dovrà comunque avvenire entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge, a pena di decadenza dagli accreditamenti. [2]

     3. Nelle more della rideterminazione prevista dal comma precedente, i posti letto delle strutture private accreditate concorrono alla contrattazione di prestazioni ospedaliere in ambito regionale, tenuto conto dei fabbisogni determinati dal piano regionale per la salute e delle risorse rese annualmente disponibili.

     4. I posti letto ospedalieri delle strutture pubbliche, articolati per specialità, sono assegnati alle Aziende Ospedaliere e alle Aziende Sanitarie secondo il riparto effettuato dal piano regionale per la salute. L’assegnazione a ciascuna Azienda sanitaria è effettuato secondo il criterio di proporzionalità rispetto al numero dei residenti; i posti letto delle Aziende ospedaliere sono ripartiti sulla base dei principi e con i criteri specifici di cui all’articolo 4 del D.lgs. 502/92 e s.m.i.. I posti letto sono ripartiti secondo le tabelle di PRS di cui alla presente legge; eventuali variazioni sono approvate con delibera di Giunta regionale, previo parere vincolante della commissione consiliare competente.

     5. Previo parere della conferenza dei Sindaci e del comitato di rappresentanza le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere con il piano attuativo, nel rispetto delle indicazioni di cui al comma precedente, provvederanno a ripartire le unità operative ed eccezionalmente i mezzi moduli previsti dal piano, nei propri presìdi. Il riparto tra le strutture dovrà avvenire per interi moduli, e solo in casi eccezionali per mezzi moduli, tenuto conto anche della tipologia del presidio nel quale sono svolte le attività assistenziali.

     6. La Giunta regionale può riprogrammare la localizzazione delle singole specialità e la distribuzione dei relativi posti letto previsti dal Piano regionale per la salute, entro il limite del 5 per cento del totale regionale, con provvedimento motivato, sentito il parere vincolante della competente commissione consiliare.

     7. Limitatamente alle ipotesi di riconversione di cui al presente articolo trova applicazione anche per le strutture private accreditate il differimento dei termini di cui all’articolo 15 comma 6 della Legge regionale 26/6/2003 n. 8.

 

     Art. 9. (Finanziamento del servizio sanitario regionale).

     1. Al finanziamento delle attività necessarie a garantire i livelli essenziali ed uniformi di assistenza e la produzione ed erogazione delle prestazioni in esse ricomprese provvede la Giunta regionale nei limiti delle quote del fondo sanitario regionale. Il finanziamento da parte della Giunta delle attività svolte da ciascuna Azienda Sanitaria per garantire i livelli essenziali ed uniformi di assistenza e la produzione ed erogazione delle prestazioni si basa sul criterio della quota capitaria, fatto salvo il ricorso ad un fondo di riequilibrio da utilizzare dalla Giunta regionale a fronte di specificità funzionali od organizzative da recuperare comunque entro un termine massimo di cinque anni.

     2. La Giunta regionale provvede altresì a determinare i volumi e le tipologie delle prestazioni, le modalità di rumenerazione ed i limiti di spesa per gli accordi ed i contratti che le Aziende Sanitarie stipulano con le strutture pubbliche e gli erogatori privati accreditati, entro i limiti degli standard relativi ai livelli essenziali ed uniformi di assistenza, e con riferimento alla qualità delle prestazioni. Per l’anno 2004 valgono le disposizioni di cui all’art. 1 della legge regionale n. 30/2003.

     3. La remunerazione delle attività delle Aziende Ospedaliere è definita dalla Giunta regionale sulla base del sistema tariffario delle prestazioni, nonché sulla base delle funzioni e dei programmi definiti negli accordi stipulati con le Aziende Sanitarie. La Giunta regionale può disporre ulteriori trasferimenti connessi a specifiche attività assistenziali, relativi ad attività di ricerca finalizzata o a sperimentazioni autorizzate.

 

     Art. 10. (Piani attuativi).

     1. Il PRS trova attuazione attraverso la programmazione sanitaria aziendale. L’atto di programmazione sanitaria aziendale è il piano attuativo.

     2. La Giunta regionale:

     a) indirizza la formazione dei piani attuativi e delle relazioni sanitarie aziendali, anche attraverso l’emanazione di linee guida a carattere tecnico operativo e di schemi tipo per la redazione degli elaborati;

     b) approva la conformità dei piani attuativi delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere alle disposizioni del piano regionale per la salute, emanando eventuali prescrizioni di adeguamento;

     c) controlla la corrispondenza dei risultati raggiunti con i risultati attesi previsti dai piani attuativi;

     d) nell’ambito delle proprie competenze può attivare iniziative atte a verificare la rispondenza fra gli atti di programmazione e l’azione di governo delle Aziende.

     3. Entro 150 giorni dall’intervenuta esecutività dell’atto aziendale le aziende adottano il piano attuativo.

     4. Il piano attuativo è lo strumento di pianificazione triennale attraverso il quale le Aziende Sanitarie e le Aziende Ospedaliere, in relazione alle risorse disponibili ed alle previsioni del piano sanitario regionale, programmano le proprie attività.

     5. Il piano attuativo delle Aziende sanitarie e delle Aziende ospedaliere è articolato in programmi annuali di attività ed è negoziato con il Dipartimento regionale della Sanità sulla base degli indirizzi formulati dalla Giunta regionale.

     6. La Giunta regionale, acquisite le proposte della Conferenza Permanente per la programmazione sanitaria, socio-sanitaria e socio-assistenziale, entro il 30 ottobre di ciascun anno detta gli indirizzi per la redazione dei piani attuativi triennali, nonché del programma annuale delle Aziende Sanitarie e delle Aziende Ospedaliere.

     7. I direttori generali, acquisito il parere del collegio di direzione adottano nei sessanta giorni successivi la proposta di piano attuativo e di programma annuale, accompagnati dal bilancio economico-preventivo, trasmettendoli al Dipartimento della Sanità per la successiva approvazione della Giunta regionale.

     8. Per il primo anno di vigenza del piano regionale per la salute, la Giunta regionale definisce gli indirizzi per i piani attuativi e del programma annuale entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

 

     Art. 11. (Aziende sanitarie).

     1. Le Aziende Sanitarie garantiscono le prestazioni e le attività previste dai livelli essenziali di assistenza, dimensionate ed organizzate in relazione alle specificità del territorio ed ai bisogni delle popolazioni secondo gli indirizzi fissati dalla legge, avvalendosi anche delle strutture private accreditate.

     2. Le Aziende Sanitarie assicurano l’esercizio unitario delle funzioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, nonché il coordinamento e l’integrazione delle attività dei servizi territoriali con quelle dei presidi ospedalieri a gestione diretta e con quelle delle Aziende ospedaliere, in conformità ai criteri di organizzazione definiti dal piano regionale per la salute.

     3. Le Aziende Sanitarie articolano l’organizzazione in presidi e distretti, che garantiscono una popolazione minima di 60.000 abitanti, salvo che le caratteristiche geomorfologiche del territorio o la basse densità della popolazione richiedano diversamente. Le Aziende Sanitarie provvedono alla gestione degli ospedali ubicati nel rispettivo ambito territoriale, organizzati in rete ed accorpati in presidio unico. Il sistema di emergenza 118 - «Calabria soccorso» - è gestito e organizzato su base provinciale dalle Aziende Sanitarie competenti per territorio; le centrali operative del 118, ancorché collocate in aree di pertinenza delle Aziende Ospedaliere, nonché il personale e le risorse utilizzate, sono assegnati e dipendono dalle Aziende Sanitarie nelle quali operano le stesse centrali. Il coordinamento operativo tra le Centrali 118 è affidato alla Centrale di Catanzaro, sulla base delle direttive dettate dal Dipartimento Regionale della Sanità, sentita, ove occorra, la competente struttura della Protezione Civile.

     4. Entro 90 giorni dalla data di adozione dell’atto di indirizzo della Giunta regionale le Aziende Sanitarie definiscono la propria struttura organizzativa in conformità alle disposizioni della presente legge, alle previsioni del piano regionale per la salute, adottando l’atto aziendale ed i regolamenti di organizzazione, da sottoporre a controllo preventivo della Giunta regionale. Decorso inutilmente detto termine, la Giunta, previa diffida ed assegnazione di un ulteriore termine non superiore a 30 giorni, esercita il potere sostitutivo.

     5. Con l’adozione dell’atto aziendale cessano gli incarichi di direzione delle strutture che siano interessate da mutamenti organizzativi che ne determinino la soppressione; nei confronti dei dirigenti interessati è prevista l’attuazione delle norme di salvaguardia previste dai rispettivi CCNL.

 

     Art. 12. (Aziende ospedaliere).

     1. Sono confermate le Aziende ospedaliere costituite ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 12 novembre 1994 n. 26.

     2. Entro 90 giorni dall’adozione dell’atto di indirizzo della Giunta regionale le Aziende Ospedaliere adeguano la propria organizzazione alle disposizioni della presente legge ed alle previsioni del piano regionale per la salute, adottando l’atto aziendale ed i regolamenti di organizzazione, da sottoporre a controllo preventivo della Giunta regionale. Decorso inutilmente detto termine, la Giunta regionale, previa diffida ed assegnazione di un ulteriore termine non superiore a 30 giorni, esercita il potere sostitutivo.

     3. Con l’adozione dell’atto aziendale cessano gli incarichi di direzione delle strutture delle Aziende ospedaliere che siano interessate da mutamenti organizzativi che ne determinino la soppressione; nei confronti dei dirigenti interessati è prevista l’attuazione delle norme di salvaguardia previste dai rispettivi CCNL.

 

     Art. 13. (Controlli sugli atti delle aziende).

     1. Sono soggetti a controllo, preventivo della Giunta regionale i seguenti atti delle aziende del servizio sanitario regionale:

     a) bilancio economico-preventivo, bilancio di esercizio comprensivo del conto consultivo;

     b) atto aziendale e piani attuativi comprensivi delle dotazioni organiche e loro variazioni;

     c) regolamenti di organizzazione.

     2. Gli atti indicati nel comma precedente sono trasmessi, entro quindici giorni dall’adozione, al Dipartimento regionale della Sanità, che provvede all’istruttoria necessaria per l’esercizio del controllo. La Giunta regionale esercita il controllo sugli atti di cui al comma precedente entro 60 giorni dalla data di ricezione; decorso inutilmente tale termine gli atti si intendono approvati.

     3. Il dirigente generale del Dipartimento regionale della Sanità indirizza e coordina i direttori generali delle aziende del servizio sanitario regionale, verificando il rispetto dei princìpi di legalità efficacia, efficienza ed economicità della gestione. I direttori generali delle aziende sono tenuti a trasmettere, entro quindici giorni dalla richiesta, gli atti, i documenti e le notizie che a tal fine sono richiesti dal Dirigente Generale del Dipartimento medesimo.

     4. Il Dirigente Generale del Dipartimento regionale della Sanità, qualora verifichi l’adozione da parte delle aziende di atti contrari a disposizione di legge o agli atti di programmazione adottati dalla Giunta regionale, nonché ai princìpi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, con determinazione non delegabile, invita l’Azienda all’esercizio del potere di autotutela.

     5. Sono abrogati l’articolo 12 della legge regionale 22 gennaio 1996 n. 2 e l’articolo 20, comma 1, della legge regionale 26 giugno 2003, n. 8.

     6. La Commissione antimafia del Consiglio Regionale monitora gli appalti e la spesa per acquisti delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere.

 

     Art. 14. (Direttore generale).

     1. Spettano al direttore generale la rappresentanza legale ed i poteri di pianificazione, programmazione, indirizzo e controllo, nonché la responsabilità per la gestione complessiva dell’Azienda Sanitaria o Ospedaliera. Il direttore generale assicura, anche mediante valutazioni comparative di costi, rendimenti e risultati ed attraverso i servizi di controllo previsti dal D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 286, la corretta ed economica gestione delle risorse disponibili, nonché la legalità, imparzialità e buon andamento dell’attività aziendale; adotta l’atto aziendale e nomina il direttore sanitario, il direttore amministrativo ed i responsabili delle strutture dell’azienda.

     2. Nell’esercizio delle sue funzioni, il direttore generale è coadiuvato dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario e si avvale del collegio di direzione.

     3. I provvedimenti di nomina dei Direttori Generali, Aziende del Servizio Sanitario Regionale sono adottati dal Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale degli idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre Regioni, costituiti previa pubblica selezione. Gli elenchi sono aggiornati con cadenza biennale. La Regione assicura, anche mediante il proprio sito internet, adeguata pubblicità e trasparenza ai bandi, alla procedura di selezione, alle nomine e ai curricula [3].

     3 bis. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i contenuti degli avvisi pubblici finalizzati alla formazione dell'elenco di cui al comma 3 e definisce i criteri per la verifica dei requisiti di cui al successivo comma 3 ter [4].

     3 ter. Il Direttore Generale è nominato tra soggetti che non abbiano compiuto il sessantasettesimo anno di età al momento della nomina in possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale svolta negli ultimi dieci anni, nel campo delle strutture sanitarie o settennale negli altri settori, con autonomia gestionale e con diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie [5].

     3 quater. Resta ferma l'intesa con il Rettore per la nomina del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria in attuazione dell'articolo 4 del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 [6].

     3 quinquies. La Giunta regionale, ai fini della selezione dei candidati per l'inserimento nell'elenco degli idonei di cui al comma 3, si avvale di una Commissione costituita ai sensi dell'articolo 3 bis, comma 3, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 e s.m.i. [7]

     4. L’efficacia della nomina è subordinata alla stipula di contratto di diritto privato tra il Presidente della Giunta regionale ed il direttore generale. I dipendenti pubblici, anche della medesima azienda nella quale è conferito l’incarico sono collocati in aspettativa.

     5. L’incarico di direttore generale può essere revocato prima della scadenza contrattuale ove la Giunta regionale, in contraddittorio con l’interessato, accerti gravi violazioni dei doveri dell’ufficio, ovvero inadempienze agli obblighi contrattualmente assunti o agli obiettivi assegnati. In ogni caso il mancato raggiungimento dell’equilibrio economico determina automaticamente la decadenza dall’incarico.

     6. Nei casi di vacanza dell’ufficio, di assenza o impedimento, le funzioni del direttore generale sono svolte dal direttore sanitario o dal direttore amministrativo all’uopo delegato dal direttore generale, ovvero, in assenza di delega, dal più anziano di essi; ove l’assenza o l’impedimento si protragga per più di sei mesi, il contratto del direttore generale è risolto di diritto e la Giunta regionale procede alla sostituzione.

     7. E’ abrogato l’articolo 4 della Legge regionale 22 gennaio 1996, n. 2.

 

     Art. 15. (Direttore sanitario e direttore amministrativo).

     1. Il direttore sanitario ed il direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario regionale sono nominati dal direttore generale. Essi coadiuvano il direttore generale nella direzione dell’azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni loro attribuite dalla legge, dagli atti generali di organizzazione e per delega del direttore generale; concorrono, con la formazione di proposte e pareri alla formazione delle decisioni della direzione generale. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità del parere reso dal direttore sanitario o dal direttore amministrativo nelle materie di rispettiva competenza.

     2. Il direttore sanitario assicura l’organizzazione e la direzione dei servizi sanitari ed esprime parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di propria competenza. L’incarico di direttore sanitario può essere conferito a medici che non abbiano superato il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno cinque anni di qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in Enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione.

     3. Il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi ed esprime parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di propria competenza. L’incarico di direttore amministrativo può essere conferito a laureati in discipline giuridiche o economiche che non abbiano superato il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno cinque anni di qualificata attività di direzione tecnico-amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

     3 bis. Presso l'Assessorato Tutela della salute e politiche sanitarie sono istituiti gli elenchi regionali degli idonei, ad aggiornamento biennale, degli aspiranti alla nomina a Direttore amministrativo e Direttore sanitario delle Aziende del Servizio Sanitario Regionale in possesso dei requisiti di cui ai commi 2 e 3 [8].

     3 ter. La Giunta regionale disciplina, con apposito atto, i contenuti degli avvisi pubblici finalizzati alla formazione degli elenchi di cui al precedente comma [9].

     3 quater. I Direttori Generali delle Aziende del Servizio Sanitario Regionale nominano i Direttori amministrativi e sanitari, ai sensi del comma 1, attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali degli idonei di cui al comma 3bis. La Regione assicura, anche mediante il proprio sito internet, adeguata pubblicità e trasparenza ai bandi, alla procedura di selezione e ai curricula. I provvedimenti di nomina sono pubblicati nel Bollettino ufficiale della Regione Calabria e sui siti web istituzionali delle singole Aziende, in apposita sezione ad essi dedicata [10].

     4. L’efficacia della nomina è subordinata alla stipula di contratto di diritto privato tra il direttore generale ed il direttore sanitario o amministrativo.

     5. Gli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo hanno natura esclusivamente fiduciaria e possono essere revocati anche prima della scadenza contrattuale; gli incarichi hanno comunque termine ed i relativi rapporti di lavoro sono risolti di diritto, nell’ipotesi di cessazione, per revoca, decadenza, dimissioni o qualsiasi altra causa, del direttore generale. Nessun compenso o indennizzo è corrisposto al direttore sanitario ed al direttore amministrativo in tali ipotesi.

     6. Gli incarichi di direttore sanitario e direttore amministrativo in corso nelle aziende del servizio sanitario regionale cessano alla data di nomina dei direttori generali; i relativi contratti di lavoro sono risolti di diritto senza attribuzione di alcun compenso o indennizzo.

     7. Sono abrogati gli articoli 5 e 6 della legge regionale 22 gennaio 1996, n. 2.

 

     Art. 16. (Collegi sindacali).

     1. I Collegi sindacali delle Aziende sanitarie ed ospedaliere svolgono le funzioni previste dal decreto legislativo di riordino. Ogni collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, dei quali due designati dal Consiglio regionale, uno dal Ministero dell’Economia e Finanze, uno dal Ministero della Salute ed uno dalla Conferenza dei sindaci che per l’Azienda ospedaliera è lo stesso dell’Azienda sanitaria nel cui ambito ricade. I componenti del collegio sindacale devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili. Decorsi quindici giorni dall’entrata in vigore della presente legge di attuali collegi sindacali cessano le loro funzioni.

 

     Art. 17. (Rapporti tra servizio sanitario regionale e università).

     1. La Regione assicura l’apporto delle Università calabresi al perseguimento degli obiettivi ed alla realizzazione delle attività previste dal piano regionale della salute anche attraverso l’inserimento delle facoltà nelle strutture organizzative del servizio sanitario regionale, valorizzandone funzioni e le competenze specifiche degli atenei.

     2. A tale fine, i rapporti tra servizio sanitario regionale ed università sono oggetto di specifici protocolli d’intesa che definiscono:

     a) le modalità del concorso delle strutture del servizio sanitario regionale al soddisfacimento delle esigenze formative, didattiche e di ricerca delle università;

     b) l’apporto della Facoltà di Medicina e Chirurgia alle attività assistenziali, di formazione e di sviluppo delle conoscenze delle strutture del servizio sanitario regionale;

     c) le modalità della reciproca collaborazione per il soddisfacimento delle specifiche esigenze del servizio sanitario regionale;

     d) le modalità della reciproca collaborazione per il soddisfacimento delle specifiche esigenze della formazione teorico-pratica del personale del servizio sanitario regionale.

     3. Con protocollo quadro tra Giunta regionale ed Università sono individuati:

     a) i criteri per l’organizzazione e l’erogazione delle prestazioni assistenziali correlate alle esigenze formative e di ricerca della Università ivi compresa l’individuazione delle strutture a ciò dedicate, tenuto conto che l’offerta di prestazioni assistenziali dell’Azienda Ospedaliera Mater Domini e quelle delle Aziende del Servizio Sanitario Regionale, ed in particolare dell’Azienda Ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» devono integrarsi e che le attività assistenziali e sanitarie sono svolte dalle strutture sotto la direzione delle Aziende del Servizio sanitario regionale;

     b) la disciplina dei rapporti tra organi degli atenei ed organi delle aziende del servizio sanitario regionale;

     c) i criteri per la individuazione di attività finalizzate alla migliore qualificazione dei servizi erogati;

     d) i criteri per la determinazione dei rapporti reciproci, tenuto conto del fabbisogno formativo delle strutture del servizio sanitario regionale;

     e) i criteri per l’individuazione e l’organizzazione, sulla base delle indicazioni della programmazione regionale ed in conformità agli ordinamenti didattici vigenti, dei corsi di formazione e per la ripartizione dei relativi oneri.

     4. L’attuazione delle previsioni del protocollo quadro di cui al comma precedente è assicurata anche mediante intese tra aziende del servizio sanitario regionale ed università.

     5. I protocolli d’intesa di cui al presente articolo regolano i rapporti tra servizio sanitario regionale ed università.

     6. I posti letto destinati alle attività di didattica e di ricerca nel rapporto percentuale necessario studenti-posti letto, sono indicati nell’allegata tabella di cui al presente Piano Regionale per la Salute.

     7. Entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge le convenzioni ed i protocolli d’intesa attualmente in vigore tra servizio sanitario regionale ed università devono essere adeguati alle disposizioni di legge, alle previsioni del piano regionale per la salute ed agli atti di programmazione adottati dalla Giunta regionale; decorso il predetto termine cessa comunque l’efficacia delle convenzioni e dei protocolli vigenti. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa si applica il potere sostitutivo di cui all’articolo 1 comma 4 del D.Lgs. 517/99. Nei 90 giorni successivi l’Azienda ospedaliera Mater Domini adegua la propria organizzazione alla previsione dei protocolli d’intesa, adottando l’atto aziendale ed i regolamenti di organizzazione, da sottoporre a controllo preventivo della Giunta regionale, decorso inutilmente detto termine la Giunta regionale, previa diffida ed assegnazione di un ulteriore termine non superiore a trenta giorni, esercita il potere sostitutivo [11].

     8. Con l’adozione dell’atto aziendale cessano gli incarichi di direzione delle strutture dell’Azienda Ospedaliera Mater Domini che siano interessate da mutamenti organizzativi che ne determinino la soppressione.

     9. La Regione con apposito capitolo di bilancio finanzia borse aggiuntive di specializzazione mediche in misure non superiore al 50% dei posti assegnati dal MIUR ed in relazione alla programmazione sanitaria regionale.

 

     Art. 18. (Enti di ricerca).

     1. I rapporti tra il servizio sanitario regionale e gli enti di ricerca per le attività assistenziali, sono definiti tra la regione, l’azienda sanitaria e quelle ospedaliere e gli enti medesimi attraverso appositi protocolli d’intesa dai contenuti previsti dal precedente articolo, in quanto applicabili.

 

     Art. 19. (Coordinamento con l’Agenzia Regionale per l’Ambiente).

     1. La Giunta regionale, ai fini della integrazione fra politiche sanitarie e politiche ambientali, stabilisce le modalità e i livelli di integrazione, prevedendo la stipulazione di accordi tra le Aziende Sanitarie ospedaliere e l’Agenzia regionale per l’ambiente, sentita la competente Commissione consiliare.

 

     Art. 20. (Educazione continua in medicina e sviluppo continuo della professionalità).

     1. E’ istituita la Commissione regionale per l’educazione continua in medicina (ECM) con il compito di supporto al Dipartimento regionale in materia di analisi dei bisogni formativi, professionali e di contesto, individuazione degli obiettivi formativi, accreditamento dei progetti ed eventi di formazione, accreditamento dei progetti ed eventi di formazione, individuazione dei requisiti ulteriori e procedure per l’accreditamento dei provider, verifica e valutazione dei provider e degli eventi formativi, realizzazione dell’anagrafe dei crediti.

     2. La Commissione, nominata dall’assessore alla tutela della salute, è composta da:

     a) assessore alla tutela della salute, o suo delegato, che la presiede;

     b) cinque membri in rappresentanza degli ordini dei medici, uno per provincia;

     c) tre membri in rappresentanza di altri ordini o collegi professionali;

     d) cinque membri, con specifiche competenze nell’ambito dell’educazione continua in medicina, individuati dall’assessore alla tutela della salute all’interno dei rappresentanti delle società scientifiche calabresi di derivazione nazionale;

     e) un membro in rappresentanza della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Magna Grecia;

     f) un membro in rappresentanza della Facoltà di Farmacia dell’unical.

     3. Per lo sviluppo dei compiti in materia di ECM e sviluppo continuo della professionalità (SCP) è altresì istituita la Consulta regionale per lo sviluppo continuo della professionalità composta da un rappresentante per ciascun ordine e collegio e per ciascuna laurea specialistica delle professioni sanitarie e non sanitarie operanti nel servizio sanitario regionale non ricompressa in ordini o collegi.

     4. La consulta esprime parere in materia di organizzazione e programmazione delle attività di ECM e SCP.

 

     Art. 21. (Approvazione del piano).

     1. E’ approvato il Piano Regionale per la Salute della Regione Calabria valido per il triennio 2004-2006, il cui testo, composto da un allegato è parte integrante della presente legge.

 

     Art. 22. (Disposizioni transitorie e di rinvio. Abrogazioni).

     1. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni del decreto legislativo di riordino 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni.

     2. A far data dall’entrata in vigore della presente legge sono abrogati:

     a) la Legge regionale 3 aprile 1995, n. 9 (Piano Sanitario Regionale 1995-1997);

     b) gli articoli 3, 4, 5, 6, 9, commi 3, 12, 14 e 16 della Legge regionale 22 gennaio 1996, n. 2;

     c) gli articoli 12 e 17 della Legge regionale 7 agosto 2002, n. 29;

     d) l’articolo 20, comma 1, della Legge regionale 7 agosto 2002, n. 29, come modificato dall’articolo 7 della Legge regionale 10 ottobre 2002, n. 39;

     e) l’articolo 17, commi 1, 3 e 4, e l’articolo 20, comma 1, della Legge regionale 26 giugno 2003, n. 8;

     f) la Legge regionale 1 dicembre 1988, n. 27;

     g) ogni altra disposizione incompatibile con le previsioni della presente legge.

 

     Art. 23. (Pubblicazione).

     1. La presente legge entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.

 

 

Allegato [12]

 

PIANO REGIONALE PER LA SALUTE 2004-2006

 

Introduzione

 

Lo scenario istituzionale attuale

     Il nuovo Piano Sanitario Regionale si colloca in un contesto di rilevante evoluzione dello scenario normativo, finanziario e contrattuale della sanità nel nostro Paese. La recente modifica al titolo V della Costituzione (Legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3) valorizza le autonomie locali (art. 114) e, all'articolo 117, lettera m, indica la necessaria uniformità dei Livelli Essenziali di Assistenza, rinviando alla legislazione concorrente fra Stato e Regione la responsabilità della tutela della salute.

     E’, pertanto, compito della Regione regolamentare la materia, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione statale, con la conseguente maggiore responsabilizzazione della stessa Regione anche in materia di sostenibilità economica dei servizi sanitari.

     Il vigente Piano Sanitario Nazionale, 2003-2005 (D.P.R. 23 maggio 2003), sviluppa ulteriori elementi nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale diretti a sostenere il processo di cambiamento già avviato ed a promuoverne il miglioramento complessivo, in modo da garantire le prestazioni necessarie, efficaci ed appropriate per soddisfare i bisogni di salute dei cittadini su tutto il territorio nazionale.

     Già con il D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 il Governo, su delega del Parlamento, aveva provveduto ad emanare le norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, riformando il precedente quadro disegnato dal D.Lgs. 502/92. Le novità salienti introdotte all'epoca riguardano:

     - il potenziamento del ruolo svolto dai Comuni e dai cittadini;

     - la maggiore autonomia delle Aziende sanitarie pubbliche;

     - l'individuazione dei livelli essenziali di assistenza assicurati dal S.S.N. a titolo gratuito o tramite meccanismi di spesa partecipata, sulla base dei principi di tutela della dignità umana, del bisogno di salute, della qualità delle cure e della loro appropriatezza, dell'equità nonché dell'economicità di impiego delle risorse;

     - la valorizzazione del ruolo dei distretti;

     - l'organizzazione dipartimentale quale modello ordinario di gestione dell'attività delle aziende del S.S.R.

     Significativi risultano, inoltre, gli interventi in materia di razionalizzazione, controllo e governo della spesa sanitaria che, in questi ultimi anni, hanno caratterizzato l'evoluzione del panorama sanitario nazionale. Con l'Accordo Stato-Regioni dell'8 agosto 2001 si è sancita la necessità di definire un quadro stabile di evoluzione delle risorse pubbliche destinate al finanziamento del S.S.N. a fronte dell'individuazione certa dei Livelli essenziali di assistenza (L.E.A.), premessa indispensabile per il miglioramento dell'efficienza, tramite la razionalizzazione dei costi. Il quadro normativo è stato allora completato con la definizione dei L.E.A. operata con il D.P.C.M. del 29 novembre 2001.

     Lo scenario istituzionale e politico nel quale il nuovo Piano Sanitario Regionale si colloca è, pertanto, radicalmente diverso da quello in cui è stato approvato il precedente Piano Sanitario Regionale (L.R. n. 9/95.) Persino lo schema del nuovo Piano Sanitario Regionale è radicalmente differente dal precedente, il quale, a giudicare dagli effetti che ha prodotto sul sistema sanitario regionale nel lungo periodo della sua vigenza, non sembra abbia inciso significativamente né sul piano assistenziale né su quello gestionale e delle compatibilità economiche del sistema sanitario regionale. Riguardo tale specifico profilo è opportuno rilevare anche la scarsa incidenza delle leggi regionali di attuazione del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i. e degli altri provvedimenti adottati in questi ultimi anni in materia sanitaria, ivi compresi quelli relativi agli accreditamenti istituzionali di cui al D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

     Assai scarsa è stata l'attenzione verso i bisogni effettivi dei cittadini. L'enfasi verso l'efficienza ha fatto in parte scemare l'interesse verso l'efficacia dell'intervento assistenziale. I L.E.A., invece, corrispondono a specifici bisogni di salute. E’ partendo dall'analisi di questi ultimi che devono essere progettati i servizi assistenziali, che hanno il compito istituzionale di soddisfare il bisogno. Ogni ipotesi di razionalizzazione del S.S.R., ancorché finalizzata anche ad incrementare i livelli di efficienza del sistema, deve trovare precise risposte alla sempre maggiore domanda di salute che i cittadini pongono.

     E’ necessario che il nuovo Piano Sanitario Regionale, coerentemente con i rilevanti cambiamenti istituzionali, politici e gestionali in sintesi descritti, si trasformi, da atto programmatico e di pianificazione sanitaria, in vero e proprio progetto per la salute, in grado di assicurare ai cittadini calabresi un sistema sanitario efficace, efficiente ed economicamente sostenibile.

 

Il quadro normativo di riferimento

     Oltre alle norme già indicate si segnalano di seguito altri testi notevoli di riferimento per i princìpi fondamentali contenuti nel presente documento:

     - il decreto del Ministro della Sanità 24 luglio 1995 recante "contenuti e modalità di utilizzo degli indicatori di efficienza e qualità nel S.S.N.";

     - il decreto del Ministro della Sanità 15 ottobre 1996 recante "Approvazione degli indicatori per la valutazione delle dimensioni qualitative del S.S.N. riguardanti la personalizzazione, l'umanizzazione dell'assistenza, il diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché l'andamento delle attività di prevenzione delle malattie";

     - la legge 23 dicembre 1998, n. 448 (art. 28, comma 10);

     - la legge 133/99 "Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale", che ha definito i princìpi ed i criteri per l'avvio del federalismo fiscale, prevedendo la sostituzione dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni, in particolare di quelli destinati alla spesa sanitaria corrente;

     - il decreto legislativo n. 517 del 21.12.1999, "Disciplina dei rapporti Università-Servizio Sanitario Nazionale";

     - il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 "Disposizioni in materia di federalismo fiscale (attuativo della legge delega 133/99)";

     - la legge 8 novembre 2000, n. 328 "Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali";

     - la legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) che abolisce dal 1° gennaio 2001 i vincoli di destinazione dei trasferimenti statali per la sanità; sancisce l'obbligo di garantire comunque fino al 2003 livelli di copertura finanziaria da parte delle Regioni pari alla quota capitaria definita; pone a carico delle Regioni la copertura di eventuali disavanzi di gestione sulla base del patto di stabilità, attraverso l'autonomia impositiva;

     - il decreto-legge 19 settembre 2001, n. 347 "Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria", convertito nella legge 16 novembre 2001, n. 405, che ribadisce gli accordi economici dell'Accordo dell'8 agosto 2001;

     - la legge regionale 7 agosto 2002, n. 29 e s.m.i. "Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al Settore Sanità".

 

Lo stato attuale del Servizio Sanitario Regionale

     L'attuale Servizio Sanitario Regionale appare scarsamente efficiente ed efficace sia dal punto di vista del cittadino utente che da quello degli operatori sanitari e, infine, rispetto ai costi richiesti per la sua gestione.

     A tutt'oggi, il Servizio Sanitario Regionale non è riuscito a garantire equità, soddisfazione dei bisogni sanitari degli utenti, efficienza organizzativa e sostenibilità economica. L'affermazione è ampiamente dimostrata dagli elementi di seguito indicati:

     - liste d'attesa significativamente lunghe per prestazioni di diagnostica, comprese anche le patologie che richiederebbero immediata assistenza, e ciò a fronte di costi che, specie per tale sub-livello assistenziale, spesso si sono registrati di gran lunga superiori a quelli di altre Regioni;

     - differenze quali-quantitative nei servizi offerti e nelle prestazioni erogate nelle varie aree della Regione;

     - sprechi ed inappropriatezza delle richieste e delle prestazioni riferite alla specialistica ambulatoriale, alle prestazioni ospedaliere di ricovero ed all'assistenza farmaceutica;

     - condizionamento della libertà di scelta dei cittadini;

     - insufficiente attenzione posta al finanziamento e all'erogazione dei servizi per cronici, disabili, anziani e per le loro famiglie;

     - costante e penalizzante saldo negativo della mobilità sanitaria nei confronti delle altre Regioni, non solo per le alte specialità, ma anche per le prestazioni di base.

     Inoltre sul piano più squisitamente strutturale e relativo alla organizzazione dell'offerta dei servizi dell'attuale sistema sanitario regionale, si rilevano negativamente alcuni aspetti che il vigente PSR evidentemente non è riuscito a modificare per cui si registra ancora:

     - una rete ospedaliera regionale che, pur programmata e pianificata dal vigente PSR, non risulta ancora attuata nella sua riorganizzazione ed è rimasta immutata rispetto al passato. Il modello dipartimentale, assunto dalla vigente normativa quale gestione ordinaria delle attività sanitarie, è ben lontano dall'essere realizzato;

     - una confusa e poco efficace attuazione del modello assistenziale ed organizzativo dell'assistenza territoriale di tipo distrettuale che risulta ancora lontana dal consentire di raggiungere i risultati attesi in termini di unitarietà e globalità degli interventi sanitari per la popolazione di riferimento;

     - la mancata attuazione di una rete territoriale efficiente di servizi diagnostici e di specialistica ambulatoriale in grado di soddisfare in ciascun Distretto la domanda dei cittadini e, di contro, il proliferare di erogatori accreditati in aree dove l'offerta esistente adeguatamente razionalizzata sarebbe stata più che sufficiente a soddisfare i bisogni sanitari delle popolazioni;

     - la mancata attuazione di quelle misure organizzative ed operative di prevenzione collettiva in ambienti di vita e di lavoro che il modello di Dipartimento di Prevenzione delineato dalla vigente normativa in materia, se attuato, avrebbe certamente contribuito a realizzare;

     - una non ancora efficace ed efficiente rete dei servizi di emergenza/urgenza, che, pur avendo registrato, con l'attivazione del sistema unico regionale del 118, un significativo sviluppo del sistema dell'emergenza territoriale, presenta ancora scarsità organizzativa e di efficacia sanitaria nella fase intra-ospedaliera dell'emergenza, laddove i Dipartimenti di emergenza-urgenza ed accettazione (DEA) di primo e di secondo livello, tranne qualche rara eccezione, non risultano ancora esistenti nella strutturazione organizzativa e gestionale prevista dalla vigente normativa al riguardo.

 

Princìpi e valori del nuovo Servizio Sanitario Regionale

     Sotto un profilo etico l'impegno del Servizio sanitario pubblico e quindi del Servizio Sanitario Regionale è di assicurare "buona salute" ai cittadini. In questo impegno, politica ed etica confluiscono in un progetto unitario. Parlare di un servizio sanitario per i cittadini come di una conquista di civiltà guadagnata una volta per tutte apparirebbe questione banale e scontata. Di fatto non lo è, soprattutto da quando la spesa sanitaria è divenuta particolarmente onerosa nel Paesi "sviluppati", al punto da rendere necessari correttivi e revisioni al fine di rendere economicamente sostenibile il sistema stesso.

     Gli strumenti per migliorare l'efficienza economica sono diversi, ma tutti, inevitabilmente richiedono la messa a fuoco delle priorità in base alle quali operare le scelte. L'individuazione delle priorità, nonché i passaggi a valle (dispositivi legislativi nazionali e regionali, regolamenti attuativi, ordinanze, direttive, ecc.), si fanno sulla base di elementi alcuni ritenuti imprescindibili ed altri differibili. Si compiono così, sempre e comunque, scelte di valori.

     Interrogarsi allora sui valori di riferimento di un servizio sanitario non è un inutile esercizio intellettuale, bensì la conditio sine qua non per procedere ulteriormente ed efficacemente.

     Vediamoli in rapida sintesi:

     - Anzitutto la centralità della persona umana in tutte le sue fasi di vita, cioè la presa d'atto che ogni individuo è cardine e condizione di ogni costruzione sociale e della civile convivenza. Se ciò è vero, come ribadito dalle più solenni dichiarazioni internazionali - dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo dell'ONU (1948) alla Convenzione dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (2000), allora il cosiddetto "diritto alla salute", o meglio di un equo accesso ai mezzi di prevenzione, cura e riabilitazione, si colloca quale espressione specifica del più grande ed inviolabile rispetto della dignità personale, come riaffermato in più riprese a livello internazionale e nazionale: dal Codice Internazionale di Etica Medica dell'Associazione Medica Mondiale (1983) alla Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la Biomedicina del Consiglio d'Europa (1997), dalle diverse leggi istitutive e riformatrici del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) ai Codici deontologici medico ed infermieristico. Da ciò deriva, in ultima analisi, la piena giustificazione della strutturazione di un S.S.N. finanziato con il contributo proporzionale di tutti i cittadini (il federalismo fiscale in campo sanitario costituisce una modalità attuativa e non sostanziale, a patto che il singolo non sia danneggiato).

     - La considerazione che la salute consta di diverse dimensioni: da quella fisico-organica a quella psichica, da quella socio-ambientale a quella etica. Quest'ultima, in particolare, assume rilevanza indubbia laddove riguardi la scelta personale di un comportamento a rischio, le conseguenze di tale comportamento nella relazione con gli altri e le implicazioni sociali (per es. la tossicodipendenza, ecc.), la relazione medico-paziente, le conseguenze delle decisioni mediche, la valenza sociale degli atti medici, le conseguenze delle decisioni economiche su quelle mediche. La salute costituisce allora un bene individuale, da tutelare con scelte e stili di vita salubri, e sociale, quest'ultimo inteso nel senso che da essi può derivare un incremento del livello di salute societario, con indubbie ricadute economiche. Emerge così il ruolo della responsabilità individuale in ambito sanitario sia dei cittadini che degli operatori sanitari nel porre atti socio-sanitari appropriati, efficaci ed efficienti (volti cioè a scegliere l'alternativa più "economica" laddove si ponessero diverse possibilità diagnostico-terapeutiche di efficacia paragonabile sul singolo caso) ed eque (ovvero erogate ai cittadini sulla base primariamente dell'indicazione clinica e non di parametri extraclinici come età, censo sociale, solvibilità), ecc.

     - Da quanto detto, si impone con evidenza anche la necessità di perseguire e/o promuovere una corretta educazione alla salute dei cittadini fin dai primi anni di vita.

     - La proporzionalità delle cure e dei servizi secondo standard qualitativi adeguati. Per proporzionalità delle cure si intende che gli operatori sanitari sono tenuti a prescrivere ai propri pazienti gli accertamenti diagnostici e le terapie del caso secondo il criterio aureo dell'indicazione (per elezione o in regime di urgenza) per quel singolo malato in quel determinato momento della patologia di cui soffre. La proporzionalità dei servizi, invece, significa che un servizio sanitario deve essere organizzato (e costantemente monitorato) adeguatamente alla situazione epidemiologica del Paese. Il tutto secondo una logica di miglioramento continuo della qualità.

     - L'integrazione dei diversi attori che direttamente o indirettamente hanno a che fare con il malato (operatori sanitari, amministratori sanitari, economisti, politici) al fine di ottenere il risultato atteso da un servizio sanitario: la risoluzione-gestione dei problemi di salute del cittadino.

     - L'allocazione delle risorse è chiamata a riferirsi al valore personale. In altri termini, ciò significa che dal punto di vista macro-allocativo, lo storno di risorse per il servizio sanitario è ampiamente giustificato. Questo significa che una società matura e consapevole dei propri diritti è pronta a farsi carico in modo proporzionale dei servizi che essa richiede. Macro-allocativamente, allora, il razionamento (taglio) dei servizi-strutture si configura come accettabile, sempre secondo il valore-persona, solo se va ad incidere su realtà pletoriche, doppie, ipertrofiche rispetto ai bisogni della popolazione. Al fine di ottimizzare le risorse e la qualità delle prestazioni, considerando che la frammentazione delle attività aumenta i costi e causa dequalificazione delle stesse, è necessario altresì evitare la proliferazione delle strutture e dei servizi, soprattutto per quanto riguarda le alte specialità, anche nella prospettiva futura della creazione di poli unici regionali. Dal punto di vista micro-allocativo (cioè al letto del paziente) ogni razionamento esplicito di risorse, cioè la negazione di prestazioni sanitarie indispensabili al paziente in vista di possibili pazienti futuri o della previsione di scarsità di risorse, è inaccettabile; mentre, da sempre, il medico opera un razionamento implicito di sè, della propria opera, delle risorse immediatamente disponibili che, invece, non crea particolari problemi etico-deontologici.

     - Di converso, la razionalizzazione dei servizi e delle prestazioni è da perseguire allo scopo di ottimizzare le risorse disponibili, con l'aiuto sia dei citati sistemi di miglioramento continuo della qualità sia con l'aiuto di una valida ricerca clinica che metta a disposizione dati sempre aggiornati sull'efficacia dei presidi diagnostici-terapeutici. In tale direzione, allora, il rapporto costi/benefìci trova una sua valida giustificazione se mette in comparazione due valori omogenei (ad es. due diverse terapie con efficacia paragonabile ma di costo diverso e non, certamente, sul piatto di un'ipotetica bilancia il beneficio atteso per il paziente dall'erogazione di una determinata terapia e sull'altro piatto il suo costo).

     - Per quanto riguarda invece i sistemi di rimborso delle prestazioni sanitarie, non esiste un sistema di per sé perfetto: ciascuno reca con sé luci ed ombre. Delle due l'una: o il sistema funziona, magari con correttivi o implementi, oppure lo si abbandona senza particolari rimpianti.

     - Infine, un sistema incentrato sul valore persona sarà improntato nel suo insieme al principio della sussidiarietà, secondo il quale laddove il singolo non riesca a far fronte ad un bisogno (come nel caso di una malattia), la società se ne fa carico con un servizio ad hoc a supervisione pubblica ma senza mortificare iniziative di privati. In definitiva, una sanità veramente al servizio del cittadino è quella che sarà compatibile in senso globale, non solo economicamente, ma soprattutto eticamente, in vista del valore-persona.

     Una sanità globalmente compatibile, infatti, sarà quella che:

     A. pone a fondamento stabile la persona umana considerata quale valore insopprimibile in tutte le fasi dei suo esistere;

     B. persegue la necessaria integrazione tra la dimensione tecnica (il diritto, l'economia, l'organizzazione) e la dimensione dei valori umani.

 

La programmazione sanitaria regionale: dal Piano Sanitario al Piano per la Salute

     Il principio della programmazione costituisce il fondamento del nuovo Servizio Sanitario Regionale. La programmazione sanitaria è pertanto qui intesa come:

     - relazione tra offerta e domanda espressa e valutata di prestazioni ed attività sanitarie;

     - integrazione intersettoriale di prestazioni e attività sanitarie e socio-sanitarie;

     - sviluppo e attuazione di un sistema a rete dei servizi teso a coniugare qualità ed economicità dei processi e percorsi assistenziali;

     - strumento di valorizzazione del ruolo della comunità locale e delle sue rappresentanze istituzionali.

     La programmazione sanitaria regionale inoltre è strumento indispensabile per la definizione:

     - degli obiettivi e delle regole di funzionamento del sistema sanitario regionale;

     - dei criteri di appropriatezza delle prestazioni e degli standards di funzionamento dei servizi;

     - degli indirizzi per l'attivazione dei processi aziendali di produzione e controllo;

     - dei criteri e requisiti di accreditamento.

     Le funzioni sopra richiamate richiedono la ridefinizione di un ruolo strategico della Regione nella programmazione. I nuovi maggiori poteri assegnati alla Regione in materia sanitaria con la potestà di legislazione concorrente e il venire meno dal 2004 del vincolo nazionale di spesa in sanità, concorrono a rendere il settore sanitario sempre meno un "corpo separato" a livello regionale ed a farlo rientrare pienamente nella complessiva programmazione regionale.

     Si rende possibile e necessario individuare strumenti per la valorizzazione dell'apporto degli Enti Locali alla programmazione, alla gestione ed al controllo della attività sanitaria, in particolare di quella ad alta integrazione socio sanitaria. Il presente P.R.S. in diverse parti formula proposte coerenti con tale assunto, in particolare, laddove si trattano i settori dell'assistenza territoriale e dei servizi ad alta integrazione socio-sanitaria.

     Lo sviluppo dei nuovi poteri della Regione sopra richiamati richiede una qualificazione delle funzioni della Regione in materia di indirizzo, valutazione e controllo delle attività e prestazioni sanitarie e, in particolare, della Giunta regionale che, valorizzando le competenze professionali del competente Dipartimento Sanità, procede al potenziamento delle funzioni conoscitive sui bisogni, sulla domanda di salute e sui determinanti sociali e ambientali della salute medesima attraverso lo sviluppo dei flussi informativi gestionali e di quelli di carattere epidemiologico, nonché con la produzione di un'apposita Relazione Sanitaria Annuale, finalizzati a:

     - fornire al livello regionale le conoscenze utili alla valutazione dello stato di salute della popolazione e dell'organizzazione del sistema;

     - permettere una confrontabilità trasversale tra le diverse aree territoriali tale da fornire strumenti per la valutazione dei bisogni e per la programmazione a livello aziendale e di Distretto;

     - definire standard di riferimento (di domanda, di risorse ed operativi) che costituiscano obiettivo e vincolo per le attività del Servizio Sanitario Regionale;

     - definire standard di programmazione che costituiscano riferimento per il rilascio delle autorizzazioni e degli accreditamenti di nuove strutture sanitarie, nonché per la stipula di accordi contrattuali;

     - sviluppare strategie orientate al miglioramento continuo della qualità, alla medicina basata sull'evidenza delle prove (evidence based medicine), all'appropriatezza, alla tempestività della risposta, all'accessibilità, alla umanizzazione ed alla personalizzazione delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche.

 

Finalità e obiettivi generali del nuovo Piano Regionale per la Salute

     La salute è diritto e risorsa fondamentale per l'individuo e la collettività. Un Servizio Sanitario Regionale (S.S.R.) equo, efficace ed efficiente facilita lo sviluppo economico e sociale della comunità locale.

     Il nuovo Piano Regionale per la Salute deve rappresentare lo strumento programmatico per lo sviluppo delle capacità dei S.S.R., finalizzato a promuovere e migliorare la salute con interventi preventivi, curativi e riabilitativi, usando al meglio le risorse umane, scientifiche, professionali, organizzative, strumentali ed economiche che la collettività rende disponibili, valorizzando le risorse delle persone, delle famiglie e delle aggregazioni sociali destinatarie degli interventi sanitari e socio-sanitari.

     Il nuovo Piano Regionale per la Salute, in coerenza con quanto stabilito dal D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., ed in linea con le indicazioni fornite dal nuovo Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, intende dare una risposta unitaria e coerente ai tre grandi obiettivi che la sanità si trova oggi dinanzi:

     - il miglioramento dello stato di salute della popolazione

     - la soddisfazione dei bisogni sanitari e socio-sanitari dei cittadini

     - l'efficienza e la sostenibilità economica del sistema sanitario.

 

Le scelte strategiche del Piano Regionale per la Salute

     Il Piano Regionale per la Salute 2004-2006, si caratterizza per volere avviare una vera e propria riforma del Servizio Sanitario Regionale sul piano culturale, strutturale ed organizzativo. Per la realizzazione di questa riforma assumono particolare rilievo le scelte strategiche compiute con il presente P.R.S. e relative agli obiettivi di salute, agli obiettivi assistenziali, al riordino ed alla evoluzione del sistema delle aziende del S.S.R., alle procedure ed ai percorsi attuativi e alla valutazione periodica degli esiti e dei risultati del piano medesimo.

     Il Piano Regionale per la Salute 2004-2006 si pone come obiettivo generale la promozione della salute.

     Benefìci di salute rilevanti sono acquisibili anche attraverso politiche diverse da quella sanitaria, in una logica di "sistema per la salute" che integra la politica dell'ambiente, l'educazione, adeguate condizioni di lavoro, la sicurezza nei trasporti, il miglioramento della organizzazione dei tempi di vita.

     Il presente Piano propone una strategia organica che, a partire da un sistema sanitario altamente integrato, collabora con altri settori, apparentemente distinti, ma che, per il loro impatto sulle condizioni di vita, influenzano, talora in modo determinante, la salute delle persone e assumono particolare rilievo nella definizione delle priorità non solo di politica sanitaria, ma anche di politica sociale, del lavoro, della casa, dell'istruzione, dell'ambiente e dei trasporti.

     Tale strategia complessiva permette un maggiore controllo dei determinanti sanitari, sociali, economici e ambientali, favorendo il miglioramento delle misure di prevenzione e di promozione della salute.

     Gli obiettivi di salute di seguito indicati nascono dall'analisi epidemiologica della popolazione italiana e tengono conto delle specificità della Regione Calabria e delle indicazioni dei vigente P.S.N.

     Essi tengono inoltre conto degli obiettivi fissati dall'Unione Europea ("nuovo programma d'azione comunitario nel settore della sanità 2001-2006)" e dalla Organizzazione Mondiale della Sanità ("Health 21 - Salute per tutti nel XXI secolo").

     Tengono infine conto dei princìpi sanciti dalla "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea" approvata nel vertice di Nizza.

     Per ogni obiettivo sono presentati la situazione attuale, i risultati attesi e le azioni per conseguirli nel triennio, tenendo conto che, in certi casi, la definizione degli obiettivi è basata su parametri di breve-medio periodo e che la natura dei problemi da affrontare richiede una programmazione di più ampio respiro che coinvolge anche le competenze istituzionali dello Stato e della Comunità Europea.

     Con il presente P.R.S., la Regione individua gli obiettivi di salute prioritari e predispone un programma di indirizzo delle azioni e delle attività per il triennio, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi medesimi. I Piani Attuativi delle Aziende del S.S.R. dovranno declinare nello specifico e per ciascuna area territoriale di riferimento gli obiettivi di salute definiti dal presente P.R.S.

     Poiché gli obiettivi sono tendenziali, ai fini della valutazione dei P.R.S., il riferimento è costituito dalla realizzazione delle azioni previste, dal rispetto dei criteri di appropriatezza nella scelta delle azioni e dalla erogazione di un livello adeguato di servizi e di prestazioni ad essi correlati.

     La Regione Calabria, nell'ottica del pluralismo scientifico e della libertà di scelta da parte del paziente, promuove tramite apposita legge regionale la qualità delle prestazioni professionali di Medicine Non Convenzionali in ambito pubblico e privato, valorizzando il ruolo del medico di medicina generale come elemento di informazione e di integrazione delle Medicine non Convenzionali nelle politiche della salute.

     La Regione si impegna ad avviare sistemi di monitoraggio che consentano di valutare periodicamente l'andamento in funzione degli obiettivi di salute e di verificarne il raggiungimento nel medio periodo.

     Tutto ciò ha per conseguenza che i princìpi e i valori che orientano questo P.R.S. sono:

     - l'universalità di accesso sulla base del grado di necessità dell'assistenza sanitaria valutata in base alle conoscenze scientifiche sull'efficacia;

     - la libertà della persona e i bisogni dei singoli e delle famiglie sono difesi e valorizzati, le libertà di scelta sono promosse, valorizzate e pienamente tutelate;

     - l'eguaglianza nell'accessibilità a servizi uniformemente distribuiti su tutto il territorio regionale;

     - la responsabilità collettiva cioè condivisione del rischio finanziario e del contributo economico dei singoli individui basato sulla capacità contributiva;

     - l'accoglienza che il S.S.R. si impegna a migliorare nelle strutture sanitarie e per tutte le prestazioni;

     - l'attenzione ai più deboli che il S.S.R. si impegna a prestare con particolare attenzione ai bambini, ai disabili, al malati cronici, alla donna ed agli anziani;

     - l'approccio integrato di tutti i soggetti pubblici e privati, con particolare attenzione all'impresa non profit, consente di perseguire gli obiettivi di salute di un efficace ed efficiente servizio sanitario pubblico;

     - la sostenibilità economica e sociale del sistema è alla base delle scelte del S.S.R. ed il controllo della spesa è attuato attraverso la valorizzazione dell'appropriatezza e degli interventi più efficaci per tutti;

     - la partecipazione sociale e istituzionale nella definizione, realizzazione, valutazione e controllo dei risultati dei S.S.R. così come la responsabilizzazione dei livelli istituzionali, organizzativi e professionali sono presupposti fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi del P.R.S.;

     - l'equità nella distribuzione delle risorse e dell'offerta di servizi e lo sviluppo dell'aspetto solidaristico del S.S.R. Ciò implica l'incremento delle garanzie collettive e la disincentivazione degli interessi localistici, particolaristici e corporativi.

 

L'uso appropriato dei LEA

     La Regione predispone indirizzi per ottimizzare le risorse disponibili riorientandole verso l'utilizzo di quei livelli assistenziali che combinano nel miglior modo possibile l'efficacia della prestazione e l'economicità di intervento, accrescendo in tal modo l'efficienza e le potenzialità del S.S.R. Gli indirizzi prioritari sono relativi al seguenti aspetti:

     - Ricovero ospedaliero

     - Pronto soccorso

     - Diagnostica ambulatoriale

     - Ricorso al medico di medicina generale.

     Per introdurre un percorso programmatorio delle attività sanitarie attento ai princìpi di appropriatezza occorre intervenire sui processi di gestione (chi decide), sui processi di organizzazione (la migliore combinazione tra attività e risorse) e sui processi di produzione (il soddisfacimento della domanda). E’ infatti necessario che tutti gli attori del sistema si attivino affinché le scarse risorse disponibili siano ottimizzate, riorientandole verso l'utilizzo di quei livelli assistenziali e servizi che combinano nel miglior modo possibile l'efficacia della prestazione e l'economicità dell'intervento, accrescendo in tal modo l'efficienza del sistema.

     Per ciascuno degli obiettivi assistenziali di cui al presente P.R.S. sono indicati gli strumenti operativi per definire l'appropriatezza delle prestazioni comprese in ciascuno dei Livelli Essenziali di Assistenza con particolare riferimento a:

     - prevenzione collettiva;

     - servizi territoriali;

     - specialistica ambulatoriale;

     - assistenza farmaceutica;

     - assistenza ospedaliera.

     In particolare, in merito ai ricoveri ospedalieri, si è evidenziato un elevato livello di inappropriatezza, per cui occorre introdurre specifici strumenti di valutazione degli stessi, la cui applicazione si rende inoltre necessaria al fine di verificare che il meccanismo del finanziamento a DRG, e dunque a prestazione, non produca, così come di fatto avvenuto negli ultimi anni ed in modo particolare in alcune aree della Regione, un consistente aumento dei ricoveri.

     A tal fine viene istituita la Commissione Regionale per l'appropriatezza, con compiti di supporto nei confronti dell'Assessorato alla Salute ed organizzazione sanitaria, così composta:

     1. Assessore alla Tutela della Salute o suo delegato che la presiede;

     2. Cinque membri in rappresentanza degli Ordini dei medici, uno per Provincia;

     3. Cinque membri, esperti nella problematica, individuati dall'Assessore alla tutela per la salute all'interno dei rappresentanti delle società scientifiche calabresi di derivazione nazionale.

 

Integrazione socio-sanitaria nel nuovo Servizio Sanitario Regionale

     La Regione, in misura prioritaria, favorisce l'integrazione tra il servizio sanitario e quello sociale nei rispetto delle indicazioni contenute nel D.Lgs. 229/99 e s.m.i., e più specificatamente contenuti nel piano regionale per la salute e nel piano regionale degli interventi e dei servizi sociali.

     Tale integrazione viene garantita attraverso l'applicazione dei livelli di assistenza socio sanitari più precisamente definiti nelle prestazioni, nelle fonti normative e nei relativi oneri finanziari.

     Le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione e di cui all'art. 3-septies, comma 4 del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i. ed all'art. 22 della legge n. 328/00, cioè tutte le prestazioni caratterizzate da particolare terapeutica ed intensità della componente sanitaria le quali attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenza da droga, alcol e farmaci, patologie infettive da HIV e patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzata dall'inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell'ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell'impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell'assistenza ed alla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell'assistenza. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semi-residenziali e sono, in particolare, riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psico-fisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo-assistenza.

     Tali prestazioni sono a carico del fondo sanitario e sono assicurate dagli ambiti territoriali secondo le modalità individuate dalla vigente normativa, dal Piano Sanitario Nazionale e dal Piano Regionale per la Salute, nonché dai progetti obiettivo nazionali e regionali.

     L'integrazione socio-sanitaria, per rispondere appieno ai bisogni sociali e di salute, si realizza a diversi livelli:

     - istituzionale, quando il servizio discende da specifici indirizzi di politica socio-sanitaria emanati dalla istituzione che la gestisce;

     - inter-istituzionale, quando una struttura fa riferimento a livelli istituzionali diversi che operano in sinergia fra loro;

     - inter-organizzativa, con l'utilizzo all'interno di una stessa unità operativa di professionalità dipendenti dal punto di vista amministrativo da strutture diverse, come nel caso di operatori del S.S.R., dei Comuni e del privato sociale;

     - inter-professionale quando le diverse figure professionali operanti all'interno della struttura convergono in maniera complementare su bisogni e problematiche aventi caratteristiche unitarie.

     La Regione individua con successivi provvedimenti i criteri e le modalità mediante i quali Comuni e S.S.R. garantiscono l'integrazione su base territoriale delle prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali di rispettiva competenza.

     La realizzazione e la verifica degli interventi che costituiscono il sistema integrato dei servizi sociali si attuano attraverso il metodo della comune programmazione, concertazione e cooperazione tra i soggetti istituzionali e tra questi e le organizzazioni sindacali e gli altri soggetti di cui dell'art. 1, comma 4, della legge 328/2000.

     Per questo saranno individuati atti coordinati ed unici per l'attuazione dei principali strumenti della programmazione regionale. Così come dovranno essere predisposte linee guida di supporto al S.S.R. ed alle amministrazioni comunali per la definizione unitaria di piani sanitari locali e piani di zona sociali che abbiano il valore di veri e propri piani integrati finalizzati agli obiettivi di salute e di benessere delle comunità locali.

     In riferimento agli adempimenti di cui sopra le competenti strutture del S.S.R. concordano con i Sindaci dell'ambito interessato le modalità organizzative e le azioni necessarie a garanzia dell'applicazione della programmazione stabilita.

 

Partecipazione e responsabilizzazione nel nuovo Servizio Sanitario Regionale

     Il Piano Regionale per la Salute, così per come espressamente indicato al comma 13, dell'articolo 1, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale.

     Coerentemente con i princìpi e le competenze attribuite alla Regione dall'articolo 2 del citato D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., è riconosciuto e valorizzato:

     - il ruolo dei Comuni attraverso la Conferenza dei Sindaci a livello aziendale, dei Comitati dei Sindaci per ciascun ambito territoriale e la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale;

     - il livello di autonomia, competenze istituzionali e di responsabilità delle articolazioni gestionali ed organizzative del Servizio Sanitario Regionale.

     La responsabilizzazione delle gestioni sanitarie ed ospedaliere, degli ambiti territoriali di organizzazione e di produzione e dei Comuni comporta che il P.R.S. sia declinato e arricchito dal Piano Attuativo Locale e dal Programma delle attività territoriali che, assumendone l'indirizzo e gli obiettivi, lo rendano concreto e operativo su tutto il territorio regionale, in coerenza con la pianificazione socio-sanitaria integrata e con i Piani di zona socio-assistenziali.

     Accanto alla partecipazione degli Enti locali, il P.R.S. valorizza la partecipazione sociale delle altre istituzioni, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni professionali, del terzo settore socialmente impegnato, dell'associazionismo, del volontariato, dell'imprenditoria, tenendo anche conto delle correlazioni tra il S.S.R., sviluppo ed occupazione.

     Particolare attenzione è posta ai problemi della gestione e dell'implementazione del nuovo S.S.R., poiché il P.R.S. si configura come un processo di trasformazione del S.S.R. che riguarda le strutture, le tecnologie sanitarie, le risorse e le procedure.

     Tra le condizioni ritenute indispensabili per l'efficacia applicativa del nuovo Piano Regionale per la Salute, se ne evidenziano alcune di particolare rilievo, che dovranno trovare contemporaneamente alla approvazione del Piano medesimo la loro concreta risoluzione:

     a. l'attivazione delle funzioni di indirizzo e controllo regionale nei confronti del livello aziendale, sugli obiettivi da perseguire e sul rispetto dei modelli organizzativi nonché del controllo da parte aziendale nei confronti degli erogatori delle prestazioni, con particolare riguardo alla verifica della qualità, dei servizi, dell'appropriatezza delle prestazioni in rapporto all'utilizzo delle risorse assegnate;

     b. l'adeguamento della organizzazione, delle competenze e delle risorse umane del Dipartimento Sanità della Regione in funzione degli obiettivi organizzativi e dei criteri prima definiti. In tale prospettiva, in via pregiudiziale, tenuto conto della necessità di riordinare completamente le materie di competenza dei settori, ferma restando l'articolazione del Dipartimento in sei settori, è soppresso il settore istituito con l'art. 12 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29.

 

Il ruolo dei cittadini e delle formazioni sociali

     Questo P.R.S., in accordo con il PSN, intende valorizzare il ruolo dei cittadini e delle componenti sociali come titolari di diritti e di responsabilità in merito alla promozione ed alla tutela della salute, nell'ambito della realizzazione di un patto di solidarietà per la salute anche a livello regionale che deve coinvolgere, come indicato dal vigente PSN: cittadini, operatori sanitari, istituzioni, volontariato, produttori non-profit e profit di beni e servizi di carattere sanitario, organi e strumenti della comunicazione.

     Per questi motivi il P.R.S. assegna un ruolo di priorità alle iniziative per la promozione della salute e per la informazione dei cittadini, individua obiettivi di salute che coinvolgono il cittadino, la sua famiglia e la sua rete sociale. E’ sottolineata l'importanza della integrazione socio-sanitaria ed è previsto lo sviluppo e la valorizzazione di strumenti che consentono al cittadino di contribuire alla valutazione della qualità e dei risultati dell'assistenza anche in base a quanto previsto dall'articolo 14 del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

     Per rafforzare la partecipazione delle formazioni sociali esistenti sul territorio, la Regione si impegna a realizzare iniziative per la divulgazione di dati sulla qualità e gli aspetti economici delle prestazioni e dei servizi erogati sulla base di intese con le formazioni sociali stesse.

 

RIASSETTO ISTITUZIONALE E ORGANIZZATIVO DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

 

Le scelte organizzative del nuovo Servizio Sanitario Regionale

     Il riassetto istituzionale ed organizzativo del Servizio Sanitario Regionale ha come obiettivo fondamentale quello di dar vita ad un impianto in cui le esigenze e i contributi della rappresentanza politico-istituzionale, il rafforzamento del processo di aziendalizzazione e la razionalizzazione dei processi assistenziali e gestionali possano trovare una rimodulazione tale da assicurare alla collettività un sistema sanitario efficace, efficiente e sostenibile economicamente, nel quadro delle nuove autonomie e responsabilità affidate alle collettività locali.

     I princìpi e valori che orientano il nuovo S.S.R. si realizzano attraverso:

     1. uno stretto collegamento tra:

     - livelli di assistenza, intesi come individuazione delle tipologie assistenziali delle prestazioni e dei servizi che il Servizio sanitario nazionale offre, produce e finanzia in applicazione dei princìpi ispiratori delle finalità e degli obiettivi dello stesso;

     - regionalizzazione, intesa quale strategia diretta ad affrontare il nuovo rapporto bisogni-risorse e le esigenze di cambiamento dell'organizzazione sanitaria sul piano istituzionale, ai fini del ridisegno dell'offerta assistenziale e in riferimento al modello organizzativo-gestionale dei servizi e delle prestazioni;

     - aziendalizzazione, intesa quale processo che individua l'azienda quale mezzo per riorganizzare l'organizzazione produttiva in una logica strumentale rispetto al raggiungimento di finalità economiche e di tutela della salute;

     2. una razionalizzazione dell'organizzazione produttiva attuata con l'applicazione dei princìpi della scienza dell'organizzazione in base ai quali emergono due tipologie fondamentali di processi di lavoro riconducibili all'attività di ricovero ospedaliero ed alla attività territoriale, con distinte organizzazioni dell'offerta e della produzione;

     3. un nuovo ruolo della Regione, quale soggetto istituzionale cui è demandato il compito e la responsabilità di determinare l'organizzazione complessiva dell'offerta dei servizi e delle prestazioni individuati dai livelli di assistenza, in coerenza con le indicazioni derivate dall'epidemiologia e la disponibilità di risorse;

     4. la ricerca di economie di scala realizzabili con la semplificazione delle procedure gestionali e la razionalizzazione dei processi di organizzazione e produzione;

     5. una netta distinzione nell'organizzazione produttiva tra responsabilità gestionali, responsabilità organizzative e responsabilità produttive, anche al fine di rendere il più possibile riconoscibili le diverse responsabilità da parte di chi utilizza i servizi e da parte di chi, in una logica di committenza, rappresenta le istanze della popolazione;

     6. la coerenza delle strategie gestionali ed organizzative con le condizioni e la disponibilità di risorse professionali e di struttura anche in funzione di una riduzione degli squilibri esistenti fra i diversi ambiti territoriali;

     7. il superamento della schematica e tradizionale distinzione tra assistenza ospedaliera ed assistenza extra-ospedaliera basata su una concezione funzionale dell'organizzazione sanitaria che confonde le strutture fisiche di produzione e di erogazione delle prestazioni (ospedale) con le funzioni assistenziali (assistenza ospedaliera);

     8. una valorizzazione dell'assistenza ospedaliera, quale punto di riferimento di maggior complessità, rilevanza ed eccellenza delle prestazioni sanitarie offerte e prodotte dal servizio sanitario, fondata sulla distinzione fra:

     - Attività di base, identificate in rapporto ad attività frequenti e, generiche che non richiedono per l'esercizio una organizzazione complessa;

     - Attività specialistiche, identificate in rapporto a particolari caratteristiche demografiche ed epidemiologiche del territorio di riferimento, a necessità organizzative dirette a garantire la gestione dell'emergenza-urgenza, all'ottimale utilizzo delle tecnologie;

     - Attività di alta specializzazione ed eccellenza, identificate in rapporto a specifiche esigenze di impiego di risorse professionali e di tecnologie, in funzione del completamento e dell'autosufficienza del S.S.R.;

     9. una realizzazione di condizioni di sicurezza nell'uso dell'ospedale a garanzia della popolazione assistita ed allo scopo di limitare i rischi insiti nell'esercizio dell'attività professionale, nonché per sviluppare l'appropriatezza clinico-assistenziale ed organizzativa delle prestazioni rese;

     10. la piena attribuzione dell'assistenza specialistica ambulatoriale all'organizzazione produttiva dei servizi territoriali al fine di realizzare il miglior rapporto tra ospedale e territorio in coerenza con quanto previsto dalla vigente definizione dello specifico livello di assistenza e con le tipologie produttive delle prestazioni sanitarie;

     11. l'attribuzione all'assistenza territoriale tutte le attività di assistenza sanitaria che non costituiscono ricovero o che non sono ricompresse nell'assistenza ospedaliera;

     12. una riorganizzazione e lo sviluppo delle attività di emergenza secondo un'organizzazione che riconosca al territorio, tramite il 118, il compito di provvedere alle attività di intervento, primo soccorso e trasporto ed all'ospedale il compito di orientare l'attività del territorio e di assicurare le prestazioni che richiedono competenze ed organizzazione specializzate fino alla degenza;

     13. un rinnovato rapporto fra strutture pubbliche e private basato su una capacità di offerta in una logica di sistema e non solo di servizio pubblico e su una correttezza di rapporti, a garanzia della qualità e appropriatezza delle prestazioni nonché della sostenibilità della spesa, fondata sulla chiarezza e distinzione nell'uso degli strumenti concernenti autorizzazione, accreditamento, accordo contrattuale e sullo stimolo reciproco allo sviluppo;

     14. lo sviluppo progressivo dell'organizzazione, secondo una logica progettuale volta ad adattare le configurazioni al variare delle strategie necessarie per regolare i rapporti fra i livelli decisionale, organizzativo, operativo;

     15. la gestione delle attività e delle risorse in base al piano di attività aziendale ed al bilancio preventivo annuale, definiti secondo gli indirizzi di programmazione annualmente stabiliti dalla Giunta regionale in attuazione della pianificazione vigente.

     In riferimento a tali princìpi e valori le scelte organizzative che costituiscono condizioni indispensabili per lo sviluppo del nuovo Servizio Sanitario Regionale sono:

     - una ridefinizione dell'assetto organizzativo delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere di cui all'art. 9 della legge regionale 3 aprile 1995, n. 9, secondo le determinazioni dell'organizzazione dell'offerta definita dalla Regione;

     - un sistema di rete attento alla compatibilità tra le risorse impiegate e quelle disponibili per l'assistenza sanitaria, nella consapevolezza che l'obiettivo della compatibilità può essere raggiunto solo se si sposta l'attenzione dalla questione dei costi e dei tagli a quella dell'efficacia e della qualità delle prestazioni rese, attraverso l'incremento della appropriatezza e dell'efficienza, per ciò che concerne gli aspetti strutturali (es. il riordino della rete dei servizi e attività territoriali e della rete ospedaliera), organizzativi (es. la definizione del fabbisogno di personale, i modelli organizzativi e la gestione degli acquisti) e tecnico-professionali (es. linee-guida evidence-based, formazione ed aggiornamento del personale);

     - l'innovazione resa necessaria e opportuna: dalle trasformazioni nella dinamica demografica, sociale e delle patologie; dalle esigenze di rispettare i vincoli imposti dagli obiettivi di risanamento della finanza pubblica; dallo sviluppo delle tecnologie sanitarie; dalle opportunità offerte dalla informatica e dalla telematica; dalla evoluzione dei modelli organizzativi;

     - una programmazione e valutazione delle prestazioni e delle attività rese del S.S.R. in cui le decisioni si basano su dati ed indicatori oggettivi e controllabili in materia di bisogni, attività e processi attivati;

     - i percorsi assistenziali che devono rappresentare le modalità organizzative abituali attraverso le quali assicurare ai cittadini, in forme appropriate, tempestive, coordinate e programmate, l'accesso e la fruizione dei servizi all'interno dell'offerta che il Servizio Sanitario Regionale mette a disposizione degli stessi;

     - la comunicazione come strategia finalizzata a favorire sia uno sviluppo condiviso della rete dei servizi sanitari, sia il senso di appartenenza e condivisione di cittadini ed operatori al Servizio Sanitario locale e regionale;

     - la qualità complessiva delle prestazioni sanitarie rese ai cittadini, che deve essere messa al centro del rinnovamento del S.S.R. e deve realizzarsi solo con l'adozione di un progetto strategico per la qualità che favorisca la partecipazione e condivisione di tutti gli operatori e che ne valorizzi le competenze ed il senso di appartenenza al S.S.R.;

     - le modificazioni culturali e gli investimenti, diretti a permettere lo sviluppo e la realizzazione di strategie volte alla valorizzazione delle politiche di promozione della salute e alla individuazione di modelli di allocazione delle risorse e di controllo dei consumi che, a loro volta, siano in grado di esaltare l'appropriatezza del ricorso alle prestazioni sanitarie e la loro efficacia rispetto agli obiettivi.

     Al fine di favorire la realizzazione di tali scelte si è provveduto a definire un riassetto organizzativo dei S.S.R. che, prescindendo dalla individuazione delle singole sedi erogative e dalla quantità e qualità delle prestazioni, definisce in maniera esplicita il ruolo dei diversi livelli istituzionali e delle relative modalità di relazione, individuando i rispettivi strumenti operativi in un contesto, comunque, fortemente caratterizzato da elementi di razionalizzazione, efficienza ed efficacia operativa e gestionale.

     La finalità di tale riassetto è anche quella di avviare un processo di riorganizzazione che determini nel tempo anche condizioni di "riassetto istituzionale" nel quadro di una evoluzione progressiva del Servizio Sanitario Regionale diretta alla riduzione dei centri di gestione ed al loro accorpamento secondo nuovi dimensionamenti territoriali e gestionali.

     Gli spunti, gli elementi e gli strumenti necessari per la costruzione del nuovo assetto organizzativo del S.S.R. sono stati ricercati nel D.Lgs. n. 229/99 che, sia pure con degli adattamenti derivanti dalla necessità di una sua contestualizzazione alla realtà calabrese, costituisce il punto di riferimento per la definizione dell'assetto organizzativo proposto.

     Altro elemento caratterizzante e specifico del riassetto proposto deriva dall'evoluzione tecnologica, soprattutto quella collegata alla Information Comunication Technology (I.C.T.) e ai meccanismi di gestione, che consente di guardare alle funzioni amministrative e tecnico-gestionali come processi di supporto, che possono essere materialmente disgiunti dai processi assistenziali correlati ai servizi sanitari ed essere pensati come piattaforme di servizi, puntualmente messe a disposizione dei processi sanitari ed assistenziali.

 

Struttura istituzionale del S.S.R.

     Il Servizio Sanitario Regionale, nella salvaguardia dei princìpi di solidarietà e universalità e nel rispetto delle compatibilità economiche e finanziarie, definite dalla programmazione regionale, persegue, con la partecipazione degli enti locali, delle formazioni sociali impegnate nel campo dell'assistenza, delle associazioni degli utenti e delle organizzazioni sindacati dei lavoratori, l'obiettivo di favorire lo sviluppo omogeneo del sistema sanitario attraverso un progressivo superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali, anche attraverso l'organizzazione a rete dei servizi e l'integrazione delle prestazioni, assicurando il rispetto della dignità della persona, l'equità nell'accesso e la continuità nei percorsi assistenziali, la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni.

     Il modello organizzativo del Servizio Sanitario Regionale individua:

     - un ruolo di centralità del Dipartimento Sanità, riorganizzando i sei settori in cui è articolato sulla base dei seguenti obiettivi:

     * razionalizzazione dell'organizzazione secondo i princìpi fondamentali dell'organizzazione basati sui processi di lavoro e sul coordinamento;

     * superamento dell'organizzazione per funzioni introducendo logiche e configurazioni organizzative basate su: divisionalizzazione per prodotto; organizzazione per processi; organizzazione ad hoc o a matrice;

     * sviluppo progressivo dell'organizzazione al fine di adattare le configurazioni al variare delle strategie necessarie per regolare i rapporti fra i livelli decisionale, organizzativo, operativo;

     * sviluppo delle capacità di razionalizzazione, organizzazione e gestione dell'offerta assistenziale regionale a livello ospedaliero e territoriale;

     * miglioramento delle capacità di indirizzo, coordinamento, controllo e sviluppo dell'organizzazione produttiva in rapporto agli indirizzi di sistema ed alle esigenze ed obiettivi del servizio sanitario regionale;

     * miglioramento delle conoscenze epidemiologiche, dei dati di attività e di utilizzo delle risorse;

     * sviluppo delle capacità di ricerca e formazione;

     * sviluppo dell'organizzazione del lavoro e dell'utilizzo delle tecnologiche disponibili; nonché dei seguenti criteri;

     * articolazione delle strutture in rapporto alla tipologia dei processi produttivi previsti dai livelli essenziali di assistenza ed alle risorse utilizzate;

     * distinzione fra compiti di gestione delle attività che compongono l'offerta assistenziale e compiti di gestione delle risorse necessarie alla realizzazione dell'offerta;

     * realizzazione di processi e meccanismi permanenti di coordinamento fra risorse e attività in funzione delle metodologie di gestione previste, degli obbiettivi da perseguire e dei compiti da svolgere;

     * realizzazione di modalità dì coordinamento con l'organizzazione produttiva delle aziende sanitarie, ferma restando la distinzione di ruoli e responsabilità fra organizzazione dell'offerta e organizzazione produttiva;

     * utilizzo delle professionalità in rapporto ai compiti ed alle attività da svolgere;

     - undici Aziende Sanitarie, i cui ambiti territoriali e le rispettive sedi sono quelle indicate dall'art. 1 della L.R. 12 novembre 1994, n. 26;

     - tre Aziende Ospedaliere: l'Azienda "Annunziata" di Cosenza, l'Azienda "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro, l'Azienda "Bianchi-Melacrino-Morelli" di Reggio Calabria.

     Nelle Aziende del S.S.R. sono assicurate le esigenze formative, didattiche e di ricerca delle Università calabresi, secondo criteri definiti in appositi protocolli d'intesa che valorizzino le funzioni e le competenze specifiche degli Atenei. A tal fine le vigenti convenzioni tra Regione, Aziende ed Università dovranno essere adeguate entro quattro mesi dall'approvazione del P.R.S. decorsi i quali cesseranno comunque la loro efficacia.

     Le Aziende suddette sono dotate di personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale, ai sensi dell'articolo 3, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i. esercitano le funzioni, perseguono e realizzano gli obiettivi ed assicurano i Livelli Essenziali di Assistenza di cui al Piano Regionale per la Salute.

 

INDIRIZZI, VERIFICA E CONTROLLO DELLA REGIONE

     1. La Regione, attraverso gli strumenti di programmazione, individua annualmente gli obiettivi da assegnare al servizio sanitario regionale, assegna le relative risorse e verifica il conseguimento degli obiettivi assegnati tramite l'impiego di idonei strumenti di controllo di gestione e di governo della spesa sanitaria.

     2. I rapporti con l'Università, gli IRCSS, CNR, ISPESL, altri Enti di Ricerca ed INAIL, presenti nel territorio regionale, sono regolamentati con protocolli di intesa dalla Giunta regionale sulla base delle vigenti disposizioni di legge.

     3. Per il governo del sistema sanitario e delle sue interrelazioni con gli altri settori di competenza, la Regione si avvale dell'apposito sistema informativo sanitario, individuato nell'ambito del Dipartimento Sanità, potenziato dalla Giunta regionale entro il primo anno di vigenza del P.R.S. con specifico progetto.

 

Organizzazione delle Aziende Sanitarie

     L'organizzazione dell'attività e dei servizi nelle Aziende Sanitarie si basa sui seguenti criteri:

     1. distinzione fra Direzione Generale, costituita dal Direttore Generale, dal Direttore Sanitario e dal Direttore amministrativo, tenuti ad operare in sintonia, pur nella distinzione dei relativi ruoli e responsabilità, e Direzioni di strutture aziendali corrispondenti alle attività gestionali, di organizzazione, di produzione, cui spetta la responsabilità sotto il profilo gestionale, organizzativo e produttivo delle azioni poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi aziendali;

     2. configurazione divisionale dell'organizzazione basata sulla logica di prodotto e sullo accentramento e decentramento di funzioni;

     3. distinzione fra attività gestionali, attività organizzative, attività produttive e di erogazione;

     4. distinzione fra attività centrali e centralizzate di gestione ed attività decentrate o delegate di organizzazione, produzione ed erogazione;

     5. distinzione fra responsabilità dei fattori produttivi (organizzazione) e responsabilità dell'attuazione dei processi (produzione);

     6. separazione fra responsabilità delle infrastrutture produttive (presidio ospedaliero, distretto, dipartimento, ecc.) e responsabilità dei processi produttivi;

     7. individuazione di una struttura centrale di Direzione Aziendale per la direzione complessiva dell'azienda sotto il profilo gestionale, organizzativo, produttivo, erogativo;

     8. riorganizzazione delle strutture e delle attività aziendali a seconda che esse debbano soddisfare i bisogni di salute della popolazione attraverso i conseguenti processi di promozione e tutela della salute ovvero erogare prestazioni alle persone assistite e realizzare i conseguenti processi clinico-assistenziali;

     9. raggruppamento dei processi produttivi delle prestazioni individuate dai livelli di assistenza in base alla omogeneità delle metodologie di produzione ed erogazione delle prestazioni stesse;

     10. aggregazione delle attività che compongono i processi assistenziali, ivi compresi i supporti propri del processo produttivo, secondo le caratteristiche dei bisogni di salute e dei pazienti, raggruppandole in due distinte aree gestionali, comprendenti:

     - processi produttivi delle prestazioni di ricovero;

     - processi produttivi delle prestazioni di prevenzione, assistenza ambulatoriale, residenziale, semi-residenziale e domiciliare;

     11. identificazione del presidio ospedaliero esclusivamente con la funzione di ricovero, fatto salvo il caso della costituzione in azienda, integrando l'attività ambulatoriale erogata nel presidio nell'ambito dell'organizzazione dei servizi territoriali;

     12. organizzazione a rete delle prestazioni di ricovero fondata sulla distinzione fra:

     - Attività di base, identificate in rapporto ad attività frequenti e generiche che non richiedono per l'esercizio una organizzazione specializzata e complessa;

     - Attività specialistiche, identificate in rapporto a particolari caratteristiche demografiche ed epidemiologiche del territorio di riferimento, a necessità organizzative dirette a garantire la gestione dell'emergenza-urgenza, all'ottimale utilizzo delle tecnologie e delle professionalità;

     secondo una concezione di rete finalizzata:

     - alla garanzia dei miglior uso delle prestazioni di ricovero da parte della popolazione;

     - alla migliore e più razionale organizzazione produttiva delle prestazioni di ricovero;

     - al migliore collegamento con le attività di eccellenza gestite dalle aziende ospedaliere;

     13. aggregazione delle attività tecnico-amministrative di fornitura e gestione delle risorse utilizzate nei processi produttivi, di supporto sia all'attività di programmazione e controllo che all'attività di gestione, con la costituzione di una apposita area gestionale.

 

Definizione della struttura organizzativa delle Aziende Ospedaliere

     Alla luce dei princìpi e dei valori che guidano il riassetto istituzionale ed organizzativo del S.S.R. l'organizzazione dell'attività e dei servizi nell'Aziende Ospedaliere si basa sui seguenti criteri:

     1. distinzione fra Direzione Generale, costituita dal Direttore Generale, dal Direttore Sanitario e dal Direttore amministrativo, tenuti ad operare in sintonia, pur nella distinzione dei relativi ruoli e responsabilità, e direzione di strutture aziendali individuate in corrispondenza alle attività gestionali, di organizzazione, di produzione, cui spetta la responsabilità sotto il profilo gestionale, organizzativo e produttivo delle azioni poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi aziendali;

     2. distinzione fra attività gestionali, attività organizzative, attività produttive e di erogazione;

     3. distinzione fra responsabilità dei fattori produttivi (organizzazione) e responsabilità dell'attuazione dei processi (produzione);

     4. distinzione fra responsabilità delle infrastrutture produttive (presidio ospedaliero, dipartimento, ecc.) e responsabilità dei processi produttivi;

     5. individuazione della Direzione Aziendale con compiti di direzione istituzionale, di gestione strategica, di controllo direzionale, di negoziazione e controllo dei budget;

     6. raggruppamento dei processi produttivi delle prestazioni individuate dai livelli essenziali di assistenza in base alla omogeneità delle metodologie di produzione ed erogazione delle prestazioni stesse;

     7. aggregazione dei processi/prodotti in relazione all'utilizzazione a seconda che trattasi di: processo/prodotto finito, processo/prodotto intermedio, processo/prodotto finale;

     8. aggregazione delle attività che compongono i processi assistenziali, ivi compresi i supporti propri del processo produttivo, secondo le caratteristiche dei bisogni di salute e dei pazienti, raggruppandole in due distinte aree organizzative, comprendenti:

     * processi produttivi delle prestazioni di ricovero;

     * processi produttivi delle prestazioni di assistenza ambulatoriale;

     9. aggregazione delle attività tecnico-amministrative di fornitura e gestione delle risorse utilizzate nei processi produttivi di supporto sia all'attività di programmazione e controllo che all'attività di gestione, con la costituzione di una apposita area gestionale.

 

Partecipazione degli Enti Locali

 

CONFERENZA PERMANENTE PER LA PROGRAMMAZIONE SANITARIA E SOCIO-SANITARIA REGIONALE

     La Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, socio-sanitaria e socio-assistenziale, istituita per realizzare il coinvolgimento dei Comuni, delle Province e delle Comunità Montane e la loro responsabilizzazione sui temi sanitari, è l'organismo rappresentativo delle autonomie locali, con il fine di potenziare il loro ruolo nei procedimenti di programmazione sanitaria, socio-sanitaria e sociale a livello regionale e locale, con pari dignità istituzionale fra Regione ed enti locali, così come previsto dal Titolo V della Costituzione. La conferenza è composta:

     a. Assessore regionale alla tutela della salute o suo delegato, che la presiede;

     b. Assessore regionale alle politiche sociali o suo delegato;

     c. Presidenti delle Conferenze dei Sindaci delle Aziende Sanitarie;

     d. Sindaci o loro delegati delle città capoluogo di Provincia, se non Presidenti di Conferenza dei Sindaci;

     e. Due rappresentanti delle Associazioni Regionali delle Autonomie dei quali uno dell'ANCI ed uno dell'UPI, limitatamente alle sedute di trattazione di materie socio-sanitarie e cinque rappresentanti indicati dalle organizzazioni di promozione sociale;

     f. Presidenti delle Province, o loro delegati, limitatamente alle sedute di trattazione di materie socio-sanitarie.

     La Conferenza esprime i pareri e svolge le funzioni previste ed indicate nel P.R.S. La Conferenza viene informata, a cura dei competenti Assessorati, sull'andamento della spesa sanitaria e sociale e suggerisce l'individuazione degli accorgimenti necessari a sostenere eventuali misure di riequilibrio.

     Ai lavori della Conferenza Permanente, che si riunisce a cadenza almeno trimestrale, se richiesto, partecipano i Dirigenti del Dipartimento Sanità e Sociale della Regione, i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie e di quelle Ospedaliere, nonché altri dirigenti regionali od aziendali in relazione a specifiche tematiche da trattare.

     Il Dipartimento Sanità della Regione assicura il supporto logistico e professionale necessario per il funzionamento della Conferenza Permanente. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario individuato dal Dipartimento stesso.

 

CONFERENZA AZIENDALE DEI SINDACI

     Il sistema delle autonomie locali rimane l'interlocutore privilegiato rappresentativo degli interessi della comunità locale e l'espressione dei suoi bisogni di salute.

     Ai Comuni, singolarmente e collegialmente rappresentati nella Conferenza dei Sindaci, si riconosce lo specifico ruolo di garanzia e di tutela dei bisogni sanitari e socio-sanitari delle popolazioni amministrate.

     Con i Comuni e la Conferenza dei Sindaci si intende sviluppare nuovi e più proficui percorsi di collaborazione per la definizione dei ruoli e delle possibili sinergie. In particolare, attraverso progetti comuni e collaborazioni istituzionali strutturate, si vuole ricercare la massima sinergia di collaborazione sia in sede di Conferenze dei Sindaci che dei Comitati dei Sindaci di Distretto.

     La Conferenza dei Sindaci rappresenta le esigenze sanitarie della popolazione ed esprime il bisogno socio-sanitario delle comunità locali.

     Il confronto con le istanze locali è prevalentemente di tipo programmatorio ed avviene principalmente in sede di formulazione del Piano Attuativo Locale e dei programmi delle attività territoriali.

 

COMITATO DEI SINDACI DI DISTRETTO

     La ridefinizione del Distretto quale centro di riferimento sanitario della comunità locale presuppone una rivalutazione e valorizzazione del ruolo dei Comuni, che il legislatore ha inteso realizzare con la istituzione del Comitato dei Sindaci di Distretto previsto dall'art. 3-quater, comma 4, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

     Il Comitato dei Sindaci di Distretto svolge funzioni consultive e propositive sulla programmazione distrettuale delle attività e sul livello dei bisogni sanitari dei cittadini rispetto ai servizi erogati; esso rappresenta quindi il luogo del confronto con le istanze istituzionali del territorio e ad esso compete in particolare l'espressione del parere sulla proposta del Direttore di Distretto relativa al Programma delle Attività Territoriali.

 

Risultati attesi dal processo di riorganizzazione

 

RISULTATI DI GOVERNO

     In proposito è prevista: la riorganizzazione del Dipartimento Sanità; la regolamentazione dei rapporti fra aziende sanitarie e Regione sulla base di accordi di programma relativi al piano attuativo locale, piano di attività aziendale, rispettivamente delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere, ed alla approvazione del bilancio preventivo; l'indirizzo, coordinamento e controllo dell'attività e dei risultati del servizio sanitario regionale attraverso gli indirizzi annuali di programmazione predisposti dal Dipartimento Sanità ed i meccanismi di coordinamento attivati dallo stesso Dipartimento; il riequilibrio della spesa attraverso la riorganizzazione della rete produttiva ed il risanamento dei rapporti fra strutture pubbliche e private mediante la rimodulazione dell'offerta di prestazioni a carico del servizio sanitario regionale; lo sviluppo della partecipazione delle realtà locali alla programmazione, gestione ed organizzazione dei servizi sanitari attraverso gli organismi di partecipazione previsti ai vari livelli.

     I risultati attesi sono:

     1. riorganizzazione del dipartimento sanità;

     2. pianificazione, programmazione, verifica e valutazione dell'attività e dei risultati del S.S.R. rispetto ai livelli essenziali di assistenza previsti;

     3. controllo e contenimento della spesa;

     4. valorizzazione della distinzione tra area di offerta, propria della Regione, ed organizzazione produttiva, propria delle aziende sanitarie;

     5. razionalizzazione del rapporto pubblico/privato;

     6. sviluppo di capacità di indirizzo e coordinamento del Servizio Sanitario Regionale;

     7. riduzione dei processi di mobilità passiva in altre regioni;

     8. riequilibrio fra le aree territoriali in cui si articola il servizio sanitario regionale attraverso la valorizzazione della quota pro-capite rispetto ai costi delle prestazioni.

 

RISULTATI GESTIONALI

     In proposito è prevista: la riorganizzazione dei servizi delle aziende su base divisionale e articolate in Distretti, nell'esigenza di un rafforzamento delle logiche aziendali, con attenzione al prodotto ed alle aree di attività, nonché del superamento dell'attuale condizione di tipo funzionale, poco aziendalistica e molto pubblicistica o burocratica, basata sullo stretto rapporto fra competenze e organizzazione delle strutture; la distinzione fra attività centrali e centralizzate proprie della direzione aziendale ed attività delegate ai Distretti in cui si articola l'organizzazione dell'azienda; la realizzazione di condizioni per il progressivo passaggio da situazioni di delega a situazioni di decentramento in funzione delle strategie di sviluppo delle gestioni, secondo una concezione progettuale dell'organizzazione; la riorganizzazione degli strumenti contabili di gestione in armonia con i princìpi della contabilità economico-patrimoniale; lo sviluppo di capacità di gestione e controllo della formazione dei costi attraverso la distinzione fra gestione (chi decide), organizzazione (chi gestisce le risorse), produzione e erogazione (chi utilizza le risorse e soddisfa la domanda); lo sviluppo dell'efficienza gestionale delle produzioni ospedaliere attraverso l'attribuzione di livelli di eccellenza e specializzazione alle aziende ospedaliere e la eliminazione delle diseconomie di produzione dei presidi ospedalieri non aziendalizzati; l'avvio del riequilibrio fra i livelli essenziali di assistenza secondo i parametri del servizio sanitario nazionale; l'avvio di collaborazioni con istituti scientifici e di ricerca in ambiti assistenziali, sanitari e socio-sanitari, e di formazione.

     I risultati attesi sono:

     1. eliminazione della disomogeneità delle decisioni gestionali nell'ambito del servizio sanitario regionale;

     2. omogeneizzazione della gestione del personale;

     3. omogeneizzazione delle decisioni di acquisto ed utilizzo di beni e servizi;

     4. diminuzione di risorse per le produzioni ospedaliere;

     5. implementazione delle risorse a disposizione del territorio;

     6. sviluppo della pianificazione aziendale attraverso la predisposizione del piano attuativo locale, del piano di attività aziendale, dei programmi territoriali di Distretto articolati per le attività distrettuali e attività di ricovero per presidio ospedaliero;

     7. collegamento fra bilancio (quanto di spende) e attività (cosa viene realizzato e come);

     8. miglioramento dei rapporti fra sistema tariffario e spesa sostenuta;

     9. compatibilità tra accordi contrattuali e limiti di spesa;

     10. attuazione di sperimentazioni gestionali.

 

RISULTATI ORGANIZZATIVI

     In proposito è prevista: il passaggio da una organizzazione centrata sulle competenze ad una organizzazione centrata sul prodotto ed orientata all'assistito; lo sviluppo dell'organizzazione produttiva attraverso i Distretti; la modificazione del rapporto fra ospedale e territorio; il superamento della distinzione fra assistenza ospedaliera ed extraospedaliera; la distinzione fra funzione assistenziale e struttura fisica di produzione; l'attribuzione delle prestazioni ambulatoriali all'assistenza distrettuale; l'organizzazione unitaria delle prestazioni di ricovero e ambulatoriali come condizione organizzativa non ordinaria limitata alla gestione aziendale ospedaliera; la distinzione fra processi organizzativi e processi produttivi sotto il profilo del soggetto responsabile; la riconduzione di tutte le strutture produttive all'organizzazione del distretto e del presidio ospedaliero.

     I risultati attesi sono:

     1. sviluppo di capacità e strutture per l'organizzazione dei servizi territoriali;

     2. riorganizzazione delle direzioni dei presidi ospedalieri;

     3. sviluppo della rete ospedaliera di eccellenza;

     4. sviluppo dell'attività ambulatoriale specialistica;

     5. sviluppo della rete organizzativa dei servizi socio-sanitari;

     6. realizzazione della rete distrettuale;

     7. riconversione strutture ospedaliere;

     8. riduzione dei posti letto per acuti e ridefinizione della distribuzione delle discipline;

     9. aumento posti letto per lungodegenza e riabilitazione;

     10. potenziamento posti letto day hospital e day surgery;

     11. contemperamento fra organizzazione produttiva privata e organizzazione produttiva pubblica su base territoriale in una logica di complementarietà;

     12. ridistribuzione delle risorse umane e delle professionalità;

     13. avvio del sistema di formazione continua;

     14. sviluppo del sistema informativo sanitario.

 

RISULTATI PRODUTTIVI

     In proposito è prevista: la razionalizzazione dell'organizzazione produttiva con l'applicazione dei princìpi e criteri della scienza dell'organizzazione; la distinzione dei processi produttivi di lavoro a seconda che siano riconducibili ad attività di ricovero o ad attività non di ricovero o territoriali; la distinzione fra responsabilità dei fattori produttivi impiegati nella produzione e responsabilità dei processi produttivi delle prestazioni o servizi; il dimensionamento della tipologia delle strutture complesse; maggiore assistenza territoriale e prevenzione; sviluppo della qualità e appropriatezza delle cure; sviluppo della professionalità e delle tecnologie.

     I risultati attesi sono:

     1. sviluppo delle attività di prevenzione e tutela della salute;

     2. riduzione dei ricoveri non appropriati;

     3. sviluppo della qualità delle prestazioni ospedaliere;

     4. riduzione dei tempi di degenza;

     5. utilizzo del prontuario terapeutico regionale;

     6. miglioramento del rapporto tra risorse utilizzate e prestazioni prodotte;

     7. migliore uso delle strutture da parte della popolazione;

     8. potenziamento dell'emergenza-urgenza;

     9. potenziamento delle prestazioni di continuità assistenziale.

 

OBIETTIVI DI SALUTE

     Per il triennio 2004/2006 sono individuati gli obiettivi di salute che vengono di seguito descritti. Per ciascun obiettivo sono enunciati i traguardi da raggiungere e le azioni da privilegiare. I traguardi da raggiungere sono esplicitati in termini generali, con riguardo alla direzione di tendenza da promuovere o da rafforzare.

     Le azioni enunciate, con riguardo ai singoli obiettivi, forniscono prime indicazioni circa gli interventi da privilegiare e le attività da sviluppare nei Piani Attuativi Locali di ciascuna Azienda del S.S.R. In virtù dell'intersettorialità degli interventi proposti, i traguardi e le azioni funzionali al raggiungimento degli obiettivi risultano spesso complementari e riguardano, per le rispettive competenze, tutte le strutture organizzative di ciascuna Azienda.

     Con riguardo ai singoli obiettivi, dopo l'enunciazione dei problemi sono state indicate, pertanto, le attività principali a cui dovranno ispirarsi le azioni, tralasciando l'inserimento per evitarne la duplicazione, di interventi già compresi tra quelli relativi ad altri obiettivi di tipo assistenziale trattati successivamente.

 

 

Obiettivo di salute n. 1 - Migliorare il contesto ambientale

 

1.1 Aria

     L'inquinamento atmosferico derivante dal traffico veicolare, dagli impianti di riscaldamento o dai sistemi di produzione industriale, è un importante fattore di rischio per la salute. Tale fattore di rischio per fortuna non ancora rilevante e significativo nella nostra Regione merita tuttavia la dovuta attenzione in relazione alle possibili correlazioni per la salute. Anche la qualità dell'aria negli ambienti confinati ha importanti ripercussioni per la salute se si considera che in Italia, come negli altri paesi industrializzati, la popolazione trascorre una parte rilevante dei tempo in luoghi chiusi (abitazioni, luoghi di lavoro, locali pubblici, mezzi di trasporto).

     Il rischio espositivo risulta di maggiore gravità per i gruppi più suscettibili quali i bambini, gli anziani e le persone già affette da patologie croniche. In particolare, l'esposizione a fumo di tabacco è associata ad un maggior rischio di tumore polmonare, aumenta il rischio di malattie cardiovascolari ed è responsabile di una quota rilevante delle malattie respiratorie dell'infanzia, inclusa l'asma bronchiale.

     Il gas radon, principale sorgente dell'esposizione della popolazione a radiazioni ionizzanti, è un cancerogeno a cui si attribuisce un numero rilevante di tumori polmonari nel Paese. Molti materiali da costruzione e da arredo e un grande numero di prodotti di consumo liberano sostanze tossiche, come i composti organici volatili, e possono essere causa di fenomeni allergici. Inoltre, il clima caldo-umido presente nelle abitazioni, favorisce la crescita degli acari e dei funghi nella polvere domestica.

     Infine, alcuni composti chimici, anch'essi presenti negli ambienti confinati, sono noti o sospettati quali cause di irritazione o stimolazione dell'apparato sensoriale e possono dare vita ad una serie di sintomi comunemente rilevati nella cosiddetta "Sindrome da Edificio Malato" (Sick Building Sindrome).

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. prevenzione degli effetti sulla salute e riduzione della prevalenza e/o incidenza delle malattie correlate all'inquinamento;

1. adottare un piano regionale, di concerto con l'A.R.P.A.CAL., per il monitoraggio degli inquinanti urbani, per lo studio del loro impatto sulla salute e per la valutazione dell'efficacia delle politiche e delle strategie preventive proposte;

2. riduzione dell'esposizione della popolazione al fumo passivo;

2. adottare eventualmente misure restrittive del traffico veicolare privato nelle aree urbane delle maggiori città della Regione;

3. incentivazione della costruzione e della ristrutturazione di edifici e di ambienti igienicamente sani.

3. Incentivare la riconversione dei sistemi di riscaldamento domestico, al fine di utilizzare combustibili meno inquinanti;

 

4. effettuare gli interventi di bonifica dell'amianto previsti dalla vigente normativa;

5. attuare i provvedimenti restrittivi del fumo negli ambienti di vita e di lavoro ed avviare campagne di sensibilizzazione sulla rilevanza sanitaria dell'esposizione al fumo passivo;

6. predisporre un programma regionale di azione per il radon per limitare l'esposizione negli ambienti di lavoro e negli ambienti di vita, anche attraverso la raccolta standardizzata dei dati.

 

1.2 Acque

     Oltre il 90% della popolazione italiana riceve l'acqua potabile tramite acquedotto. L'approvvigionamento viene effettuato in gran parte tramite Enti pubblici. Gli acquedotti sono circa 13.000 di cui 1.600 con bacino di utenza superiore a 5.000 abitanti.

     Circa 1'80% delle acque distribuite è sotterranea e circa il 20% è superficiale. In Italia, come in tutti gli altri Paesi ad alto standard igienico, sono scomparse le epidemie idriche da patologie di tradizionali patogeni primari, quali Salmonella, Shigella e Vibrio, ma attraverso l'acqua potabile e gli alimenti la popolazione è esposta a residui di antiparassitari con possibilità di effetti a lungo termine sulla salute.

     La presenza di nitrati nell'ambiente e quindi nelle acque è legata all'uso estensivo di fertilizzanti azotati per l'agricoltura, ai rifiuti azotati provenienti dagli allevamenti di animali e agli scarichi fognari urbani.

     In Italia oltre l'80% delle acque distribuite dagli acquedotti vengono disinfettate utilizzando, come agenti disinfettanti, prevalentemente, il cloro gassoso, l'ipoclorito di sodio ed il biossido di cloro. Pertanto, una grande percentuale della popolazione italiana, stimabile in oltre 40 milioni di persone, è potenzialmente esposta ai sottoprodotti della disinfezione, seppure a bassi livelli. L'associazione fra consumo di acqua clorata e generici effetti negativi sulla salute non può per ora considerarsi provata, ma rappresenta un'ipotesi sostenuta da un insieme di indizi di un certo rilievo.

     Scarichi liquidi e loro trattamento. Complessivamente in Italia circa l'80% del carico inquinante di origine urbana viene raccolto nei sistemi fognari: di questo, circa il 62% viene avviato agli impianti di depurazione mentre circa il 18% viene rilasciato nel corpi idrici senza alcun trattamento. Il rimanente 20% deriva da insediamenti civili senza il fognatura (piccoli centri, nuclei isolati), ma anche da periferie urbane con fenomeni di urbanizzazione.

     La situazione regionale è pressoché sovrapponibile a quella italiana, con peculiarità in alcune zone anche in riferimento alla vetustà degli impianti.

     Circa le acque di balneazione gli studi epidemiologici svolti per verificare il rischio correlato alla balneazione sono numerosi ed hanno dimostrato un rischio lievemente aumentato per gastroenteriti ed infezioni micotiche della cute e delle mucose associato ad inquinamento biologico delle acque di balneazione. Vale la pena sottolineare l'importanza strategica che l'utilizzo delle acque di balneazione possiede inoltre per l'economia regionale. Le specifiche funzioni dovranno essere assicurate con il concerto con l'A.R.P.A.CAL.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. riduzione dell'inquinamento delle acque di falda, dei fiumi, laghi e mari da processi di contaminazione urbana ed industriale;

1. Incrementate le attività di tutela delle acque. Azioni preventive possono riguardare, oltre un adeguato trattamento delle acque all'entrata in rete, anche una gestione volta ad evitare i fenomeni di ristagno di acqua nelle condotte e la rilevazione di segnali d'attenzione, quali concentrazioni elevate di microrganismi eterotrofi e presenza discontinua di coliformi;

2. Intensificazione dell'attività di sorveglianza e di controllo dei contaminanti chimici, fisici e biologici delle acque di superficie e di falda;

2. verificare il rispetto delle quantità massime di residui di sostanze attive dei prodotti fitosanitari nelle acque destinate a consumo umano;

3. prevenzione della contaminazione microbiologica delle acque potabili;

3. ridurre l'esposizione da clorazione dell'acqua, con il miglioramento delle tecnologie acquedottistiche e l'ottimizzazione della gestione;

4. miglioramento progressivo della qualità ambientale e delle acque di balneazione in relazione alle misure di prevenzione e tutela della salute pubblica.

4. incrementare l'avviamento alla depurazione dei carichi inquinanti depurabili;

 

5. trattare tutti gli scarichi, urbani e non, ed incrementare un'adeguata progettazione ed implementazione degli impianti di depurazione;

6. censire gli scarichi, in modo regolare e continuativo.

 

1.3 Alimenti

     Il regime alimentare e gli alimenti che lo costituiscono influiscono sullo stato di salute non solo in relazione alla rispondenza sul piano nutrizionale agli standard raccomandati, ma anche ai requisiti globali di qualità.

     La ricerca della qualità in ogni settore della filiera agroalimentare può contribuire in maniera determinante al miglioramento delle caratteristiche di igienicità dei prodotti alimentari.

     La salubrità degli alimenti è condizionata infatti da numerosi fattori che investono le diverse fasi (produzioni agricole, lavorazione e trasformazione industriale, distribuzione, conservazione e, infine, preparazione, cottura e assunzione dei cibi da parte del consumatore); se uno qualunque dei passaggi sopra elencati non si svolge in modo corretto, aumentano le probabilità di rischi per la salute. Effetti negativi possono manifestarsi a distanza di anni a seguito della presenza negli alimenti di contaminanti o, entro breve termine, se si tratta di una contaminazione microbica che può determinare episodi di tossinfezione alimentare.

     Anche in tal caso le specifiche funzioni dovranno essere assicurate con il concerto con l'A.R.P.A.CAL., fermo restando l'utilizzo delle strutture dei S.S.N. e la collaborazione con altri Enti interessati al controllo degli alimenti.

     A supporto delle attività specifiche delle Aziende Sanitarie è prevista, per bacini d'utenza non inferiori a 500.000 abitanti, l'attivazione entro il triennio di validità del presente P.R.S. di "Laboratori di Sanità pubblica per il controllo di alimenti e bevande", finalizzati a fornire ai SIAN aziendali l'adeguato supporto tecnico-analitico nei compiti d'istituto.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. Attenzione costante all'igiene della produzione degli alimenti di origine animale, attraverso interventi di tipo diversificato in relazione a differenti situazioni riscontrabili sul territorio nazionale e alle specifiche normative di settore;

1. migliorare l'attività relativa allo scambio rapido di informazioni sulla sicurezza alimentare, attraverso il sistema di allerta nazionale e comunitario, con particolare riferimento ai prodotti alimentari di importazione;

2. Miglioramento dei processi e delle modalità di commercializzazione dei prodotti agricoli che abbiano un impatto sull'ambiente, attraverso una serie combinata di interventi. Obiettivi specifici sono: la modernizzazione delle strutture produttive, la riduzione dei costi attraverso l'introduzione di nuove tecnologie e l'aumento delle risorse per l'ambiente tramite la produzione biologica.

2. monitorare la qualità igienico-sanitaria degli alimenti somministrati in ambito di ristorazione pubblica e collettiva;

3. In Italia e nella nostra Regione il sistema di gestione e di monitoraggio della sicurezza alimentare garantisce l'applicazione dei complesso delle norme dell'Unione Europea ed introduce, nell'ambito degli spazi definiti dal principio della sussidiarietà, alcuni elementi di ulteriore controllo e sicurezza degli alimenti. L'obiettivo è quello di incrementare nel tempo l'operatività e l'efficienza di tale sistema al fine di adeguare il livello di sicurezza alimentare e di protezione del consumatore agli indirizzi forniti dal Libro bianco della Commissione Europea.

3. verificare l'attività di autocontrollo da effettuare su tutta la filiera alimentare;

4. Per la promozione dei migliori standard di qualità igienica, appare opportuno pervenire ad una piena armonizzazione, delle attività di controllo delle autorità sanitarie con l'attività preventiva derivante dall'autocontrollo svolta sull'intera filiera alimentare, dal produttore al consumatore finale.

4. attivare sistemi di sorveglianza delle tossinfezioni alimentari mediante l'utilizzo sistematico dell'attività di sorveglianza epidemiologica

 

5. formare gli operatori che provvedono alla manipolazione o alla preparazione degli alimenti, soprattutto nell'ambito delle comunità;

6. valutare l'impatto sulla salute delle nuove biotecnologie alimentari, nel contesto socio-economico;

7. definire protocolli operativi destinati al monitoraggio degli alimenti.

 

1.4 Radiazioni

     La normativa vigente, sviluppata negli ultimi anni, è stata adeguata alle conoscenze scientifiche attuali, in linea con gli obiettivi del Psn; è tuttavia ancora presente una carenza di informazioni sia tra gli operatori del settore che tra la popolazione.

     E’ quindi necessario diffondere una corretta conoscenza delle tematiche e dei problemi posti dalle radiazioni (ivi comprese le radiazioni ultraviolette, la cui cancerogenicità è accertata), per consentire un utilizzo consapevole delle nuove tecnologie.

     Le problematiche inerenti alle radiazioni non ionizzanti, non sono meno rilevanti e sono molto sentite dalla popolazione, anche se sono ancora sotto giudizio l'esistenza e la rilevanza sanitaria degli effetti a lungo termine delle radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. miglioramento del livello di protezione della popolazione e dei lavoratori dall'esposizione a radioisotopi, in particolare il radon, presenti nelle matrici ambientali, negli alimenti, nelle acque;

1. potenziare e coordinare la rete di rilevazione regionale della radioattività; acquisire, elaborare, valutare, utilizzare e diffondere i dati rilevati;

2. riduzione delle esposizioni a radiazioni ionizzanti conseguenti a pratiche sanitarie;

2. coordinare le azioni di vigilanza intraprese dagli organismi nazionali competenti in materia;

3. riduzione delle esposizioni della popolazione e dei lavoratori a radiazioni non ionizzanti;

3. predisporre le informazioni preventive e le schede operative per l'emergenza radiologica da fornire alla popolazione;

4. smaltimento in sicurezza dei rifiuti radioattivi;

4. valutare e risolvere i problemi connessi allo smaltimento in sicurezza dei rifiuti radioattivi;

 

5. condurre campagne di educazione sanitaria volte alla prevenzione degli effetti dannosi delle radiazioni ultraviolette.

 

1.5 Rifiuti

     La discarica rimane il sistema più diffuso di smaltimento dei rifiuti sia perché i costi sono ancora oggi competitivi con quelli degli altri sistemi, sia perché l'esercizio è molto più semplice. La discarica controllata, se ben condotta, non presenta particolari inconvenienti, purché sia ubicata in un idoneo sito e sia dotata degli accorgimenti atti ad evitare i pericoli di inquinamento che i rifiuti possono provocare in via diretta ed indiretta. Il rischio per la salute si manifesta quando risultano assenti o inadeguati i processi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento o smaltimento finale, nonché quando lo smaltimento avviene senza il rispetto di norme sanitarie rigorose. Le azioni di più ampio respiro coinvolgono l'attività delle altre strutture regionali specificamente dedicate alla materia e la cui attività è propedeutica e di importanza fondamentale per il perseguimento delle finalità di tutela della salute di cui al presente P.R.S.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. adozione di un regime di raccolta e di smaltimento dei rifiuti urbani ed industriali che minimizzi i rischi per la salute dell'uomo ed elimini i danni ambientali;

1. riciclare e reimpiegare i rifiuti regolamentandone il trasporto e ottimizzandone lo smaltimento finale;

2. riduzione della produzione di rifiuti;

2. promuovere azioni di risanamento delle discariche e di bonifica ambientale;

3. Incentivazione della gestione ecocompatibile dei rifiuti.

3. Incrementare le attività di monitoraggio e tutela ambientale relative all'individuazione delle discariche abusive;

 

4. favorire lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie e prodotti puliti per il trattamento dei rifiuti.

 

 

Obiettivo di salute n. 2 - Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute

 

2.1 Alimentazione e nutrizione

     Lo sviluppo politico e socio-economico assicura oggi una abbondante quantità di cibo. La speranza di vita continua a crescere in tutte le regioni del Paese anche in relazione a questa disponibilità. Nonostante ciò, le conoscenze scientifiche attuali riconoscono che l'incidenza di molte patologie croniche è legata alla dieta e, più in generale, agli stili di vita e che alimentazione e nutrizione costituiscono uno tra i più importanti determinanti di salute.

     Nella seconda metà di quest'ultimo secolo, nel mondo occidentale, l'obesità e le patologie ad essa correlate sono drasticamente aumentate. Dall'indagine multiscopo ISTAT risulta che poco meno del 50% dei maschi di diciotto anni ed una percentuale analoga di donne non soffrono di obesità, mentre quasi il 40% dei maschi ed il 35% delle donne soffrono di obesità di primo grado con differenze geografiche lievi nei maschi (38% Italia Nord-occidentale, 44% Italia meridionale) e tra le donne (30% Italia Nord-occidentale e 39% Italia meridionale); meno del 10% della popolazione adulta controlla il peso almeno una volta a settimana. Un confronto con analoghi dati del 1994 mostra un aumento degli obesi, specialmente nella classe di età tra i 40 e i 50 anni.

     Il BMI (Indice di Massa Corporea) è correlato linearmente con la mortalità in entrambi i sessi. In particolare si stima che il sovrappeso, l'obesità e la inattività fisica siano determinanti nella aumentata incidenza di: alcuni tipi di neoplasie (carcinoma mammario e carcinoma dell'endometrio nelle donne e carcinoma del colon negli uomini); diabete mellito tipo 2 negli anziani di entrambi i sessi; malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica coronarica); artrosi e osteoporosi e loro conseguenze, comprese le fratture di femore negli anziani; litiasi biliare; sindrome delle apnee notturne; in un terzo delle morti premature dovute alle malattie cardiovascolari (CVD). I fattori dietetici influiscono anche sull'incidenza della carie dentaria, delle sindromi di deficienza di ferro e delle patologie tiroidee da deficit di iodio.

     Le malattie connesse alla alimentazione sono diffuse in gran parte della popolazione e non soltanto in gruppi ad alto rischio. La strategia ottimale deve dunque riguardare l'intera popolazione, piuttosto che focalizzare l'attenzione soltanto su coloro che già sono ammalati o sono a rischio. Inoltre, l'approccio dietetico da solo fornisce risultati soltanto nel breve-medio termine, e solo favorendo corrette abitudini alimentari sono ottenibili risultati a lungo termine.

     Nel nostro Paese così come nella nostra Regione uno dei problemi da affrontare riguarda i disordini alimentari in quanto sovrappeso ed obesità derivano dallo squilibrio tra un'alimentazione ricca ed abbondante ed una attività fisica quotidiana: il ruolo dell'educazione alimentare diventa perciò di primaria importanza nel far riscoprire l'arte di alimentarsi bene al fine di mantenere un soddisfacente stato di salute.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. Riduzione del sovrappeso e dell'obesità; riduzione dell'obesità nei bambini. Questi obiettivi non sono perseguibili in modo misurabile in tempi brevi; perché siano visibili differenze significative nella proporzione di popolazione di obesi, sono necessarie modifiche culturali sui tempi medio lunghi (5-10 anni).

1. incoraggiare lo sviluppo, la realizzazione e la valutazione di strategie rivolte ad una nutrizione sana e ad un incremento della attività motoria dei cittadini sulla base di azioni che siano compatibili con i bisogni e le attitudini culturali della popolazione;

2. In termini nutrizionali le raccomandazioni principali per la popolazione sono le seguenti: l'introito energetico totale deve essere tale da mantenere il BMI pari a 21-22 kg/m2; la percentuale di energia derivante da grassi deve essere inferiore al 30%, quella da grassi saturi di origine animale deve essere inferiore al 10%; la percentuale di energia derivante da carboidrati deve essere superiore al 55%, quella derivante da zuccheri semplici deve essere inferiore al 10%; la percentuale di energia derivante da proteine deve essere compresa tra il 10 e il 15%. L'aspetto positivo di esprimere le azioni in termini di nutrienti è che esse possono essere attuate tramite una ampia scelta di profili alimentari, coerenti con la consuetudine della popolazione e che tengano conto dei fattori culturali, etnici e socio-economici.

2. individuare strategie per la nutrizione e per lo sviluppo della attività motoria che siano specifiche per ogni gruppo di popolazione, specialmente per i gruppi deboli e per i gruppi difficilmente raggiungibili;

3. Inoltre le raccomandazioni nutrizionali vengono completate dalle seguenti ulteriori indicazioni: il consumo di frutta e verdura deve essere di oltre 400 grammi al giorno; il consumo di fibre alimentari deve essere maggiore di 25 grammi al giorno; il consumo di sale (assunzione di sodio) deve essere minore di 6 grammi al giorno; il consumo di alcol deve essere inferiore ai 2 bicchieri di vino al giorno per le donne ed inferiore a 3 bicchieri per gli uomini; il livello di attività fisica raccomandato è pari a 60-80 minuti di cammino al giorno; il periodo di allattamento al seno deve essere di almeno 6 mesi; il consumo di latte e formaggio deve essere favorito nel periodo infantile ed adolescenziale; deve essere aumentato il consumo di pesce e ridotto quello di carni rosse.

In termini di gruppi di alimenti, le Linee Guida per una sana alimentazione Italiana dell'Istituto nazionale per la ricerca su alimentazione e nutrizione-suggeriscono: 1-2 porzioni al giorno di latte e derivati (latte, yogurt, formaggio fresco o stagionato); 1-2 porzioni di carne o pesce o uova o legumi; 2-4 porzioni di cereali e tuberi (pane, prodotti da forno, pasta, riso, patate); 3-5 porzioni di ortaggi e frutta per l'azione antiossidante; 1-3 condimenti intesi come 10 grammi di olio, burro o margarina.

3. condurre programmi di intervento educativo sulla popolazione obesa in trattamento che ristrutturazione cognitiva e prevedano una comportamentale tesa a modificare le abitudini alimentari e ad indurre uno stile di vita più attivo;

4. in ambito sanitario: formare gli operatori sanitari per aumentare la loro conoscenza e la loro capacità di promuovere iniziative locali, investire perché gli operatori sanitari partecipino al programmi dedicati al controllo ed alla modifica dei determinanti di salute;

 

5. per quanto riguarda la scuola: inserire nei percorsi formativi nozioni relative alla nutrizione e alla attività motoria, integrare le mense scolastiche nel processo educativo, formare gli insegnanti, incentivare la scelta di alimenti sani; favorendo il coinvolgimento della famiglia e della comunità nel processo educativo per la nutrizione e l'attività fisica;

6. nei luoghi di lavoro: incoraggiare ed aiutare i lavoratori e le loro organizzazioni nello sviluppo di interventi di educazione alimentare, favorendo la partecipazione dei lavoratori;

7. per l'industria agro-alimentare: invitare a segnalare i vantaggi per la salute dei nuovi prodotti, ad esempio quelli a basso contenuto di grassi, indicandone le differenze rispetto agli alimenti tradizionali, in modo da attirare l'attenzione del pubblico;

8. per il settore commerciale: incoraggiare la tendenza verso profili alimentari più salutari attraverso la struttura dei prezzi, la preparazione dei prodotti, le iniziative di etichettatura e la collaborazione con il mondo sanitario;

9. incoraggiare, al fine di favorire scelte corrette da parte del pubblico, l'etichettatura nutrizionale di tutti gli alimenti, che dichiari, in particolare, il contenuto di grassi totali - con le frazioni di saturi, monoinsaturi, polinsaturi e colesterolo - e di sodio.

10. istituire presso l'Assessorato alla sanità una commissione permanente, costituita da esperti del Settore sanitario, del Settore epidemiologico del Settore alimentazione e dell'Assessorato all'Agricoltura, con il compito di esaminare la situazione delle realtà sanitarie calabresi e di proporre idonee linee di comportamento e percorsi diagnostico-terapeutici da utilizzare per il "disease management" della patologia (in collaborazione con i medici di base)

 

2.2 Fumo

     Il fenomeno del tabagismo è molto complesso per i suoi risvolti economici, psicologici, sociali e sanitari.

     Gli effetti dannosi del fumo delle sigarette sulla salute sono ormai ben documentati e non richiedono ulteriori argomentazioni. Il fumo, a causa della nicotina, crea dipendenza e il tabagismo è una malattia e come tale deve essere affrontato.

     Il fumo attivo rimane la principale causa prevenibile di morbosità e mortalità nel nostro Paese, come in tutto il mondo occidentale. Oggi, nel mondo, il tabacco uccide una persona ogni otto secondi; quattro milioni di persone ogni anno muoiono a causa del fumo. E’ attribuibile al fumo il 90% delle morti per tumore polmonare, i due terzi delle morti per broncopneumopatia cronica e un quarto delle morti per malattie cardiovascolari. I rischi aumentano in modo proporzionale al crescere del numero di sigarette fumate ma appaiono parzialmente reversibili nel tempo: a 15 anni dall'interruzione dell'abitudine al fumo i rischi di morte degli ex-fumatori si avvicinano a quelli dei non fumatori.

     Chi fuma ha una probabilità tre volte superiore di essere colpito da infarto rispetto a chi non fuma e dieci volte superiore di morire di cancro ai polmoni.

     Anche l'esposizione passiva al fumo di sigaretta costituisce un importante fattore di rischio; è stato osservato un aumento della frequenza di tumori polmonari, dell'infarto del miocardio e delle malattie delle vie respiratorie nei soggetti esposti a fumo passivo.

     E’ inoltre ancora troppo elevata la percentuale di donne fumatrici specie quelle in età fertile e in gravidanza, con conseguente rischio per la salute del nascituro. Il fumo delle madri in gravidanza è infatti causa di basso peso alla nascita, malattie delle membrane ialine e gravi conseguenze per lo sviluppo della funzione respiratoria nonché di una quota significativa delle cosiddette "morti in culla".

     In Italia, secondo dati ISTAT (Rapporto annuale 1999 - Indagine multiscopo sulle famiglie), la prevalenza dei fumatori è del 24,5% nella popolazione maggiore di 14 anni (32,4% negli uomini e 17,3% nelle donne). E’ diminuito dal 1980 al 1999 il numero dei fumatori maschi, mentre è rimasta pressoché invariata la percentuale di donne fumatrici.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. riduzione della quantità giornaliera di sigarette fumate;

1. promuovere campagne per aumentare la percezione individuale dei rischi da fumo;

2. incremento degli interventi di prevenzione e dei trattamenti di disassuefazione;

2. attuare interventi di educazione sanitaria, con particolare riferimento alla popolazione in età scolare, selezionando rigorosamente gli interventi di cui sia nota l'efficacia;

3. riduzione della prevalenza di fumatori di età superiore ai 14 anni al 15% per gli uomini ed al 10% per le donne;

3. sostenere azioni volte a favorire la disassuefazione dal fumo, coinvolgendo tutti gli operatori del Servizio sanitario nazionale;

4. riduzione, fino a zero, della frequenza delle donne che fumano durante la gravidanza;

4. diffondere le evidenze scientifiche basate sull'efficacia delle strategie di prevenzione e degli interventi di cessazione dal fumo. Si ricorda come tra gli interventi preventivi con forte evidenza d'efficacia vi siano: il counseling del proprio medico o di altro personale sanitario e l'uso appropriato di farmaci per la disassuefazione dell'abitudine al fumo;

5. riduzione della prevalenza dei fumatori fra gli adolescenti.

5. promuovere iniziative volte alla limitazione del consumo di tabacco fra i minori di 16 anni;

6. promuovere il rispetto del divieto di fumo nei locali pubblici e negli ambienti di lavoro;

7. promuovere il divieto di fumo in gravidanza.

 

2.3 Alcol

     La riduzione dei danni sanitari e sociali causati dall'alcol è, attualmente, una delle più importanti azioni di salute pubblica che gran parte degli Stati Europei si preparano a realizzare per migliorare la qualità della vita dei propri cittadini.

     Numerose evidenze Italiane dimostrano che gli individui, ed i giovani in particolare, che consumano alcol risultano oggi più frequentemente inclini al fumo o all'abuso di droghe rispetto ai coetanei astemi; ciò porta ad un notevole aumento della probabilità di essere esposti a rischi o danni addizionali o addirittura esponenziali per comportamenti legati all'inconsapevolezza o all'inesperienza.

     L'uso di alcol agisce come "droga d'accesso" o "ponte" per gli individui più giovani, rappresentando una delle possibili modalità di approccio e di promozione, attuali e diffuse, ad altre sostanze illegali le cui conseguenze spesso si estendono ben oltre la salute e l'esistenza di chi beve.

     Da considerare che l'alcool è una droga, infatti determina assuefazione e sindrome di astinenza e che la legislazione Italiana non limita né la commercializzazione né l'accessibilità.

     Tale fenomeno è ben rappresentato dal numero degli utenti alcoldipendenti registrati in Italia nel 1998 dal Ministero della sanità presso i servizi o gruppi di lavoro per l'alcoldipendenza: 26.708 utenti alcoldipendenti (20.567 maschi, 6.141 femmine) di cui il 75,6% in età compresa tra i 30 e i 59 anni ed il 9% circa compreso in età giovanili (19-29 anni). Tra gli alcoldipendenti il 15,9% fa anche uso di sostanze stupefacenti e il 7,2% di farmaci psicotropi.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. riduzione del 20% della prevalenza di individui, uomini e donne, che consumano rispettivamente più di 40 gr. e 20 gr. di alcol al giorno;

1. fornire informazioni sul danno che l'alcol può causare alla salute e al benessere degli individui, delle famiglie e delle comunità attraverso l'educazione pubblica o i mass media;

2. riduzione del 30% della percentuale di coloro che consumano bevande alcoliche al di fuori dai pasti;

2. organizzare campagne con i mass media per supportare le politiche che combattono i danni causati dall'alcol;

3. riduzione del 30% della prevalenza di uomini che bevono più di 1 litro di vino al giorno e di donne che bevono più di un litro di birra al giorno o loro alcolequivalenti;

3. controllare la disponibilità di alcol durante i maggiori eventi pubblici e proibirla durante le attività di svago rivolte ai minorenni o durante eventi sportivi;

4. ritardo dell'età di avvio al consumo di alcolici da parte dei giovani;

4. promuovere politiche sull'alcol nei luoghi di lavoro basate sull'educazione, sulla prevenzione e sull'identificazione precoce e il trattamento degli alcolisti;

5. riduzione della prevalenza degli adolescenti, maschi e femmine, che consumano bevande alcoliche, con particolare riguardo a coloro che eccedono quantità moderate o che consumano fuori pasto.

5. rafforzare le attuali misure in tema di alcol e guida;

 

6. promuovere una forte visibilità dell'uso del test dell'alcolemia su base casuale;

7. limitare la pubblicità di bevande alcoliche e sorvegliare l'applicazione del codice pubblicitario nelle aree dove la pubblicità è permessa, per evitare l'enfatizzazione degli effetti dell'alcol e la presenza di giovani nella pubblicità di bevande alcoliche;

8. assicurare un approccio coordinato che coinvolga i servizi sociali, le organizzazioni del sistema giudiziario e i gruppi di volontariato, oltre ai servizi sanitari;

9. formare gli operatori dell'assistenza primaria sull'identificazione del bere a rischio o dannoso e sui relativi interventi brevi;

10. finalizzare risorse per l'adozione di strategie che incrementino accessibilità ed economicità degli interventi basati sull'assistenza primaria;

11. valorizzare e favorire la collaborazione con le reti di volontariato, quali i gruppi di auto-aiuto, le associazioni di operatori sanitari, i rappresentanti della società civile e le organizzazioni di consumatori.

 

2.4 Attività fisica

     Nell'ambito dell'adozione di stili di vita sani, l'attività fisica riveste un ruolo fondamentale. Il ruolo protettivo dell'esercizio fisico regolare è stato ampiamente dimostrato soprattutto nei confronti delle patologie cardio e cerebrovascolari, di quelle osteoarticolari (in particolare l'osteoporosi), metaboliche (diabete), della performance fisica e della qualità di vita degli anziani. L'esercizio fisico regolare aiuta a controllare il peso corporeo, migliora la pressione arteriosa, riduce la frequenza cardiaca ed aumenta il benessere psicofisico.

     La prevalenza di inattività fisica lavorativa nella fascia di età 35-74 anni è del 35% negli uomini e del 21% nelle donne. La prevalenza di inattività fisica nel tempo libero nella fascia di età 35-74 anni è del 33% negli uomini e del 45% nelle donne. Il dato trova conferma nell'indagine multiscopo ISTAT che dimostra che circa un terzo delle persone con più di 6 anni pratica una qualsiasi attività fisica e meno del 15% pratica uno sport in modo continuativo.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. l'incremento dell'attività fisica nella vita di ogni giorno per favorire il raggiungimento e il mantenimento dei peso corporeo ideale e per migliorare la funzione cardiorespiratoria;

1. coordinare lo sviluppo di iniziative, da attivare con il coinvolgimento delle organizzazioni del settore, per la promozione dell'attività fisica tra i più giovani. Un'attività fisica regolare significa praticare sport moderato per almeno 30 minuti 2-3 volte alla settimana circa;

2. l'incremento del livello di attività fisica nella vita di ogni giorno, al fine di migliorare lo stato di salute psico-fisico di tutti i soggetti; sia sani che affetti da patologie di tipo cronico-degenerativo.

 

 

 

2. incrementare e favorire l'attività fisica anche promovendo la realizzazione di infrastrutture sportive ed, in particolare, di quelle di base, quali percorsi attrezzati, piste ciclabili ed itinerari escursionistici;

3. favorire l'attività fisica degli anziani facilitandone l'accesso agli impianti sportivi.

 

 

Obiettivo di salute n. 3 - Prevenire, diagnosticare e trattare le principali cause di patologia

 

     Il P.R.S. si propone di contrastare, attraverso interventi di prevenzione, primaria e/o secondaria, le principali patologie che colpiscono la popolazione Italiana e calabrese e provocano il maggior carico di disabilità e di morte.

     I criteri adottati per l'individuazione delle aree cruciali di intervento sono quelli indicati dal PSN e qui di seguito riportati: l'importanza della patologia, in termini di mortalità prematura, di malattia e/o disabilità evitabile; la disponibilità di interventi efficaci di prevenzione primaria o di diagnosi precoce e di trattamento efficace; la necessità di interventi finalizzati alla protezione di fasce deboli.

     Per le aree di intervento selezionate vanno previsti interventi di: prevenzione primaria; diagnosi precoce; trattamento efficace.

     Miglioramenti nell'assistenza sanitaria potranno sensibilmente contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della mortalità e della disabilità nonché di aumento della qualità della vita. Le aree di intervento selezionate non esauriscono il quadro delle condizioni cui il S.S.N. e regionale devono far fronte. In un apposito paragrafo sono indicate altre condizioni morbose, che richiedono particolare attenzione, e per le quali sono previsti progetti speciali e normative specifiche ai quali si rimanda.

 

3.1 Malattie cardio e cerebro-vascolari

     Mortalità. Le malattie cardiovascolari sono responsabili del 43% dei decessi registrati in Italia nel 1997, di cui il 31% per le malattie, ischemiche del cuore e il 28% per gli accidenti cerebrovascolari. Per i dati regionali vedi quanto riportato all'allegato 1 al presente P.R.S.

     Fattori di rischio. I principali fattori di rischio modificabili riconosciuti a livello individuale e collettivo per le malattie ischemiche del cuore e per gli accidenti cerebrovascolari sono: l'abitudine al fumo di tabacco; obesità; la ridotta attività fisica; gli elevati livelli di colesterolemia e di pressione arteriosa ed il diabete mellito.

     La malattia cardiovascolare riconosce una eziologia multifattoriale e la presenza contemporanea di due o più fattori moltiplica il rischio di andare incontro alla malattia ischemica del cuore e agli accidenti cerebrovascolari.

     I fattori di rischio modificabili possono essere influenzati attraverso la modificazione delle abitudini alimentari e dello stile di vita. Quando la riduzione derivata da una attenta modificazione degli stili di vita non è sufficiente a raggiungere i livelli desiderabili, è necessario ricorrere ad un adeguato trattamento farmacologico dell'ipertensione arteriosa e dell'ipercolesterolemia.

     Per quanto riguarda gli interventi finalizzati alla riduzione della letalità per malattie cardiovascolari è ormai dimostrato come la mortalità ospedaliera per infarto acuto del miocardio, rispetto a quanto avveniva negli anni ‘60 prima dell'apertura delle Unità di terapia intensiva coronaria (U.T.I.C.), sia notevolmente diminuita e, dopo l'introduzione della terapia trombolitica, si sia ridotta ulteriormente.

     Ciò che resta invariata nel tempo è la quota di pazienti affetti da infarto miocardico acuto che muore a breve distanza dall'esordio dei sintomi, prima di giungere all'osservazione di un medico.

     I dati raccolti nell'ambito del Progetto internazionale MONICA (MONItoring CArdiovascular disease) cui l'Italia partecipa, indicano che nella fascia di età compresa tra i 35 ed i 64 anni: circa il 40% dei pazienti colpiti da eventi coronarici muore entro 28 giorni dall'inizio dell'attacco; negli uomini la letalità nella prima ora è del 20%, nelle prime 24 ore è del 32%, nei primi 28 giorni è del 40%; nella prima ora la letalità intraospedaliera è del 3%, quella extraospedaliera è del 17%; nelle prime 24 ore la letalità intraospedaliera è del 5%, quella extraospedaliera è del 27%; nelle donne la letalità nella prima ora è del 15%, nelle prime 24 ore è del 36%, nei primi 28 giorni è del 45%; nella prima ora la letalità intraospedaliera è del 5%, quella extraospedaliera è dell'11%; nelle prime 24 ore la letalità intraospedaliera è del 13%, quella extraospedaliera è del 23%.

     Per quanto riguarda gli interventi finalizzati alla riduzione della letalità e della disabilità per malattie cerebrovascolari, è dimostrato che il ricovero precoce presso unità dedicate (Stroke Unit) determina una riduzione assoluta del rischio morte/dipendenza del 5,6%, cioè ogni 1000 pazienti ricoverati in Stroke Unit, 56 evitano morte/dipendenza.

     La numerosità e la gravità degli ictus (ogni anno 110.000 cittadini sono colpiti da ictus e 230.000 sono quelli con esiti di ictus pregressi) rende indispensabile riorganizzare operativamente e promuovere culturalmente l'attenzione all'Ictus cerebrale come emergenza medica curabile.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. mantenimento della colesterolemia inferiore a 200 mg/dl;

1. ridurre il tempo per il ricovero a 30 minuti per coloro che presentano dolore precordiale, in modo che la maggior parte dei pazienti colpiti da eventi coronarici possa essere sottoposta a terapia con trombolitici (il trattamento deve essere effettuato entro le prime 6 ore dall'inizio dei sintomi). A tal fine è necessario migliorare il collegamento funzionale tra presidi ospedalieri, centri e servizi specialistici in grado di affrontare l'urgenza cardiologica nel modo più completo e tempestivo; a tal fine occorre potenziare le Unità coronariche del presidi di specializzazione nel senso di dotarle della possibilità di una tempestiva valutazione coronarografica e della possibilità di intervenire per la rivascolarizzazione (angioplastica) in tutta sicurezza per i pazienti.

2. mantenimento della pressione arteriosa sistolica inferiore a 140 mm Hg e della diastolica inferiore a 90 mm Hg;

2. migliorare il trattamento dei fattori di rischio in modo che si verifichino casi meno gravi e si riduca di un ulteriore 5% il numero dei decessi per malattie cardiovascolari e almeno si mantengano stabili gli attuali livelli di mortalità per patologie cerebrovascolari. A tal fine, per bacini d'utenza adeguati, possono essere previste strutture dedicate al trattamento specifico dei fattori di rischio più comuni (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, obesità), funzionalmente collegate alle UU.OO. di Cardiologia o Medicina Interna. Deve essere altresì sostenuta l'attività nel settore dell'angiologia anche con l'incentivazione e lo sviluppo dei servizi specifici già esistenti, quali Crotone e Locri.

3. Riduzione del sovrappeso corporeo e dell'obesità attraverso una adeguata attività fisica ed un'alimentazione sana e bilanciata;

3. Per quanto riguarda l'ictus devono essere realizzate le condizioni per realizzare il ricovero precoce dei pazienti con sospetto ictus attivando per la degenza ed il trattamento dei pazienti delle unità specializzate e dedicate (stroke unit) presso le U.O. di neurologia che, nei P.O. dotati di U.O. di neurochirurgia saranno integrate da strutture di neuro-rianimazione anch'esse dedicate. Tutto ciò con la finalità di facilitare il tempestivo ricorso a terapie mirate come la rivascolarizzazione farmacologica o chirurgica delle forme ischemiche ovvero gli opportuni interventi neurochirurgici nelle forme emorragiche. E’ altresì necessario stimolare il precoce inizio di un'adeguata prevenzione secondaria.

4. Nei pazienti con sintomi conclamati di malattia cardiovascolare dovrebbero essere intraprese tutte le azioni necessarie a modificare gli stili di vita (fumo, alimentazione, attività fisica) e a ridurre o a controllare gli altri fattori di rischio (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e diabete);

4. Nei Presidi Ospedalieri dove è presente l'U.O. di Neurologia è necessario altresì prevedere la caratterizzazione verso la riabilitazione neuro-motoria di un parte congrua dei posti letto di riabilitazione intensiva assegnati.

5. Eliminazione dell'abitudine al fumo.

 

3.2 Tumori

     Le neoplasie rappresentano la seconda causa di morte e costituiscono una delle più importanti causa di ricovero. Il potenziamento dell'assistenza ai malati oncologici deve vedere nel periodo di vigenza del presente PSR la definitiva strutturazione di un'adeguata ed efficiente rete di servizi ospedalieri e territoriali deputata ad assicurare una offerta di prestazioni per la prevenzione, diagnosi e cura delle patologie neoplastiche, con conseguente riduzione della mobilità sanitaria regionale che, per tali patologie, registra ancora elevati indici di fuga verso la altre regioni.

     Mortalità. I tassi di mortalità negli uomini sono in diminuzione, particolarmente nelle regioni del Nord e del Centro già a partire dalla fine degli anni '80. Nel corso degli anni '90 si è osservata anche una diminuzione dei tassi di mortalità nelle regioni del meridione e nella popolazione femminile. Il maggior numero assoluto di decessi è attribuibile ai tumori polmonari, seguono quelli dei colon-retto, dello stomaco e della mammella.

     Nel 1997 si sono verificati 91.000 decessi per cancro nei maschi e 66.000 decessi nelle femmine (fonte Istituto Superiore di Sanità) e, sempre nello stesso anno, per 1.000 abitanti i tassi complessivi di mortalità per cancro sono stati 3,27 nei maschi e 2,22 nelle femmine (fonte Istituto Superiore di Sanità). Il cancro è inoltre la prima causa di anni di vita perduti.

     Incidenza. Si stima che in Italia siano diagnosticati circa 270.000 nuovi casi di tumore all'anno. L'incidenza dei tumori nella popolazione Italiana è ancora in aumento, soprattutto per la proporzione crescente di anziani, la frazione della popolazione che presenta un maggior rischio di sviluppare patologie tumorali. I tassi di incidenza, aggiustati per età, sono stimati stabili. Nei dati dei Registri Tumore Italiani, il tumore dei polmoni è quello con il massimo livello di incidenza, seguono i tumori della mammella, del colon-retto e dello stomaco.

     La distribuzione del cancro in Italia è caratterizzata dall'elevata differenza di incidenza e di mortalità fra grandi aree del Paese, in particolare fra nord e sud. In entrambi i sessi e per la maggior parte delle singole localizzazioni tumorali ed in particolare per i tumori a maggiore frequenza, il rischio di ammalare è molto superiore al nord, che al sud del Paese.

     Sopravvivenza. La sopravvivenza è costantemente aumentata nel tempo, a partire dal 1978, anno dal quale si dispone di dati. L'incremento in Italia è stato il più forte tra tutti quelli osservati nei paesi europei. Le probabilità di sopravvivenza a 5 anni, nell'ultimo periodo disponibile (pazienti diagnosticati nel periodo 1986-89), sono complessivamente del 39%: uguali per gli uomini e leggermente superiori alla media europea per le donne.

     Guarigione. La proporzione dei malati che guariscono è in aumento. Tra i pazienti diagnosticati nel 1987-89, si stima che la proporzione di coloro che possono ritenersi guariti sia del 25% negli uomini e del 38% nelle donne. Tale proporzione era del 21% e del 29%, rispettivamente, nel periodo di diagnosi 1978-80. La differenza tra sessi è dovuta soprattutto alla minore letalità dei tumori specifici della popolazione femminile.

     Prevalenza. Si stima che il 2,8% della popolazione Italiana (quasi 1.500.000 di persone) abbia avuto nel corso della sua vita una diagnosi di cancro. Più di 600.000 di questi pazienti, per i quali la malattia si è verificata negli ultimi 5 anni, sono in fase di trattamento o di follow-up per il rischio di recidive.

     Le donne che hanno avuto una diagnosi di tumore della mammella rappresentano da sole circa i due quinti della prevalenza complessiva.

     Gli andamenti relativi all'incidenza e sopravvivenza dei tumori e la crescita dell'attesa di vita convergono nell'allargare la quota di casi prevalenti nella popolazione. Sono quindi evidenti le implicazioni che la patologia oncologica, nelle sue varie fasi, comporta per il Servizio sanitario e per la società.

     Possibilità di intervento ed obiettivi. I tumori costituiscono una classe di malattie eterogenea rispetto alle cause, al decorso ed agli esiti. Alcune modalità di intervento sono però generali e possono quindi essere presentate in questa introduzione.

     Prevenzione primaria. Il fumo, il consumo di alcol e le abitudini alimentari scorrette sono fattori di rischio riconosciuti, con peso eziologico variabile, per molte categorie di tumori ed anche per altre malattie croniche. L'intervento verso questi fattori, cui sono dedicati specifici capitoli del presente Piano sanitario, è quindi di fondamentale importanza. Una dieta corretta può essere attivamente incentivata nel settore delle collettività (mense aziendali e scolastiche, ospedali, ricoveri per malati cronici).

     E’ evidente che i risultati di tali interventi, anche se efficaci, saranno per lo più a lungo termine e non potranno essere osservati nel corso del periodo di validità del Piano. Per alcuni tumori (polmoni, pleura, vescica, seni paranasali, sarcomi, leucemie e linfomi) un ruolo non trascurabile hanno le esposizioni in ambiente di lavoro, caratterizzate da rischi elevati in sottogruppi ristretti ed individuabili di popolazione.

     Diagnosi precoce Una diagnosi precoce, che consenta la rimozione del tumore prima della diffusione nell'organismo di cellule metastatiche, sarebbe in via di principio, almeno per i tumori solidi, risolutiva. Essa avrebbe inoltre un riscontro quasi immediato nelle statistiche di mortalità. In pratica la diagnosi precoce clinica può non essere sufficiente a salvare la vita del paziente, anche se può in molti casi allungarne il tempo di sopravvivenza e migliorarne la qualità della vita. Deve essere incentivato e reso disponibile l'approfondimento diagnostico anche in soggetti con sintomi lievi e con basso potere predittivo, con particolare attenzione alla popolazione anziana.

     Screening. Indicazioni per uno screening nella popolazione asintomatica sussistono se: a) ne è dimostrata l'efficacia e b) le strutture sanitarie sono sufficientemente organizzate per una corretta esecuzione dello screening, per una tempestiva gestione dei soggetti positivi e per il monitoraggio della qualità delle procedure di diagnosi e cura. Ad oggi, l'efficacia è accertata solo per lo screening mammografico e per quello citologico della cervice uterina, mentre una sufficiente evidenza sta emergendo per lo screening dei tumori del colon-retto.

     Terapie. Gli studi di sopravvivenza su base di popolazione mostrano che spesso la diffusione e le possibilità di accesso alle terapie ottimali non sono le stesse per tutti i pazienti e variano, anche in modo sostanziale, sul territorio nazionale. E’ nota l'insufficiente presenza e la diseguale distribuzione territoriale di strutture per la radioterapia nel Sud ed in alcune aree del Centro Italia.

     Cure palliative. L'aumentata incidenza e la miglior sopravvivenza delle malattie tumorali hanno, come inevitabile conseguenza, il progressivo e importante aumento di pazienti che entrano in fase terminale e che necessitano quindi di adeguata e completa assistenza palliativa. Si calcola che vi siano ogni anno in Italia circa 144.000 nuovi pazienti affetti da tumore in fase terminale, con una prevalenza di circa 35.000 casi.

     Si rimanda all'apposito capitolo (Malati terminali - obiettivi assistenziali del presente PSR) per la definizione del problema. Si sottolinea però la elevatissima incidenza di terminalità nella patologia tumorale (almeno 2/3 dei pazienti neoplastici affronta una fase terminale della durata media di circa 90 giorni) e la necessità quindi di sviluppare le attività di assistenza ai pazienti neoplastici nei programmi di cure palliative e terapia del dolore. Sono quindi necessari ed urgenti programmi per lo sviluppo della cultura e della formazione in medicina palliativa e terapia del dolore tra gli operatori sanitari.

     Sorveglianza. Le statistiche disponibili indicano che il maggior potenziale guadagno nella lotta contro i tumori può essere ottenuto nelle regioni del Mezzogiorno, dove la sopravvivenza è più bassa. La scarsa diffusione dei registri tumori in tali regioni rende però difficile la corretta formulazione degli obiettivi e la valutazione di eventuali interventi.

     E’ quindi prioritario il consolidamento delle attività di almeno un registro tumori nella nostra Regione. La rilevazione dello stadio alla diagnosi e dei trattamenti effettuati deve essere inoltre attivata, almeno su base campionaria, dal registro tumori regionale, allo scopo di valutare la congruenza dei trattamenti alle linee guida e gli effetti degli investimenti. Il registro tumori della Regione deve essere messo in grado di fornire tali informazioni, affinché siano efficaci, con la necessaria tempestività.

     Informazione Devono essere promossi specifici programmi di informazione per i malati di cancro e le loro famiglie. Le informazioni devono riguardare la diagnosi, le opzioni terapeutiche, gli effetti collaterali della malattia e della terapia, le prospettive di guarigione e i centri di cura specializzati. Le informazioni dovranno essere chiare, complete, comprensibili e disponibili in ogni fase del trattamento, dalla diagnosi in poi.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. la riduzione della mortalità derivante da tumore maligno con particolare attenzione al tumore alla mammella, al colon-retto, alla prostata, al polmone, alla cervice dell'utero e allo stomaco.

1. Oltre a quelle strutturali ed organizzative di cui al capitolo II del PSR, ed oltre alle azioni individuate dalle Linee guida nazionali per la prevenzione e la cura delle malattie oncologiche, a cui si rimanda e che il presente P.R.S. assume quali linee di indirizzo in uno con gli obiettivi di PSN 2003-2005, le azioni prioritarie da promuovere e realizzare nel triennio per raggiungere gli obiettivi sopra indicati sono:

2. la riduzione delle disuguaglianze di incidenza, sopravvivenza e mortalità per tumore.

2. supporto e coordinamento e realizzazione degli screening previsti quali obiettivi di PSN 2003-2005

3. il miglioramento della qualità della vita del paziente oncologico.

3. potenziamento delle attività di diagnosi precoce.

 

4. sviluppo ed attivazione delle cure domiciliari ai pazienti oncologici in fase terminale fornendo indirizzi operativi per la loro realizzazione e linee guida terapeutiche e di gestione generali del paziente.

 

5. completamento, razionalizzazione e potenziamento delle strutture ed i servizi specialistici di offerta aziendali, comprendenti le UO di oncologia medica, nonché realizzazione del centro oncologico di eccellenza già istituito e previsto dall'art. 21 della L.R. n. 29/2002.

 

6. potenziamento e attivazione di UU.OO. di Radioterapia nelle aree regionali carenti.

 

7. incremento degli interventi chirurgici di elezione per patologie neoplastiche recuperando così l'attuale saldo negativo di mobilità sanitaria per tali interventi. Per alcune tipologie ed esclusivamente presso le Aziende Ospedaliere e nei Presidi ospedalieri pubblici dei capoluoghi di Provincia il perseguimento di tale obiettivo si giova dalla integrazione di più professionalità, realizzando strutture dedicate ed integrate per il trattamento di specifiche patologie, come le Unità di diagnosi e terapia senologica integrata.

 

8. potenziamento ed effettiva funzionalità del registro tumori, della Regione.

 

9. produzione di linee guida cliniche per l'assistenza sanitaria dei pazienti affetti dai seguenti tumori: tumori alla mammella; tumore della cervice uterina; tumore del colon-retto; tumore della prostata; tumore della vescica; tumore del polmone.

 

10. produzione di Linee guida per le cure palliative.

 

11. produzione di Linee guida per la prevenzione delle complicanze

 

12. attivare una rete di assistenza tale da garantire al paziente oncologico in fase critica cure mediche infermieristiche, associate ad altre tipologie di supporto per il paziente e per la famiglia (psicologi, volontari, ecc.), con l'obiettivo di garantire le migliori qualità di vita possibile nel rispetto della dignità e della volontà del paziente, valorizzando la funzione di terapia del dolore e di cure palliative. Le sedi di assistenza e cura per i pazienti terminali devono essere modulate e variate, se necessario, in rapporto alla tipologia del paziente (caratteristiche cliniche, psicologiche, ecc) e alla situazione familiare (Reparti ospedalieri, domicilio, Hospice).

 

13. adeguamento e coordinamento con i servizi di anatomia patologica.

 

14. riduzione dei ricoveri ospedalieri dei pazienti oncologici terminali conseguita attivando l'assistenza oncologica domiciliare in ciascun ambito distrettuale delle aziende sanitarie e gli hospice già previsti dalla programmazione sanitaria regionale.

 

3.3.1 Malattie infettive e AIDS

     L'attesa sconfitta di gran parte delle malattie infettive, è stata raggiunta grazie agli antibiotici ad ampio spettro ed ai vaccini ed inoltre grazie anche al miglioramento delle condizioni socio-economiche di vita; ma ciò nonostante le malattie infettive incombono e sempre più gli agenti microbici mostrano la loro straordinaria capacità di adattamento ecologico.

     La moderna tecnologia sanitaria ha favorito la sopravvivenza di soggetti deboli, quindi più suscettibili all'aggressione infettiva, ma ha permesso anche la selezione di specie microbiche resistenti ai farmaci e popolazioni di agenti dimoranti nelle strutture sanitarie.

     Inoltre la globalizzazione incalzante rende attuali i rischi infettivi che erano rimasti confinati ad aree geografiche remote e ben definite. Infine la stessa organizzazione sociale costruisce rischi nuovi proprio per la sua massificazione: la sicurezza di ciò che mangiamo, di quello che beviamo, l'aggregazione umana delle città, pongono in continuazione nuovi compiti, cui, non infrequentemente, la ricerca non offre con tempestività risposte adeguate.

     E’ in questo contesto che l'Unione Europea ha sviluppato, negli ultimi anni, una normativa dedicata ai sistemi di sorveglianza e di allarme per il controllo delle malattie infettive. La storia moderna ci dimostra, tuttavia, come sia possibile conseguire importanti successi contro le infezioni, tanto che questo settore è quello ove la prevenzione appalesa i suoi frutti in tempo breve ed in grandi quantità.

     Il nostro Paese ancora convive con una patologia infettiva già controllata dal resto d'Europa, con la patologia infettiva moderna, con il suo corredo di latrogenesi e di farmacoresistenza. La centralità geografica dell'Italia, ed in modo particolare la posizione delle regioni meridionali, nonché i frequenti spostamenti e viaggi dei cittadini certamente rendono molto attuale il problema della migrazione di malattie infettive.

     Se da un lato, dobbiamo ancora soddisfare gli obiettivi OMS per il controllo di malattie prevenibili da vaccinazione (morbillo, rosolia, pertosse, parotite, Influenza), dall'altro bisogna rinforzare la sorveglianza epidemiologica sia verso la circolazione interna di agenti patogeni (infezioni ospedaliere, tossinfezioni alimentari, agenti farmacoresistenti) sia verso l'importazione di agenti infrequenti nel nostro territorio (TBC, malaria ed altre patologie tropicali).

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. adeguamento alle esigenze informative del Network Europeo, inclusa la messa a punto di procedure rapide d'allerta per le emergenze infettive.

1. migliorare, a livello regionale, tempestività, sensibilità e specificità dei sistemi di sorveglianza, ricorrendo anche alla conferma di laboratorio dei casi (in particolare per il morbillo per cui è previsto un obiettivo di eliminazione);

2. messa a punto di procedure e comportamenti successivi, per un sistema d'allarme epidemico rapido;

2. implementare, a livello regionale, i sistemi di sorveglianza mirati per la rosolia congenita, anche ricorrendo a sistemi di rilevazione delle infezioni acquisite in gravidanza;

3. miglioramento dell'accertamento eziologico delle malattie batteriche invasive;

3. dotarsi, in previsione di un'eventuale pandemia influenzale, di piani pandemici regionali;

4. miglioramento delle capacità di accertamento eziologico delle m. infettive, incluse quelle tropicali;

4. migliorare la rilevazione degli eventi associabili a vaccinazione;

5. miglioramento dell'accertamento eziologico e delle modalità di trasmissione di focolai epidemici, inclusi quelli di verosimile natura alimentare;

5. misurare l'impatto dei programmi di vaccinazione in termini di riduzione di frequenza delle malattie prevenibili o delle loro conseguenze;

6. razionalizzazione e monitoraggio, per quanto riguarda l'uso degli antibiotici nella popolazione;

6. effettuare una sistematica indagine epidemiologica sui focolai infettivi;

7. verifica della messa in opera e dell'impatto delle procedure di controllo delle infezioni ospedaliere, a livello regionale e locale;

7. ridurre l'incidenza delle tossinfezioni alimentari;

8. Per quanto riguarda le malattie prevenibili da vaccino, gli obiettivi del PSN 1998-2000 rimangono integralmente validi per il triennio 2003-2005, anche perché allo stato non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti. Deve essere adottato il calendario vaccinale da definire a cura della competente struttura del Dipartimento Sanità entro il primo trimestre di validità presente P.R.S. e raggiunti i tassi di copertura vaccinale idonei a garantire l'opportuna protezione delle popolazione entro il triennio di validità del P.R.S.

8. monitorare, a cadenza almeno semestrale, l'andamento delle coperture vaccinali routinarie a 12 e 24 mesi di età e la copertura vaccinale annuale anti-influenzale negli ultra 64 enni;

9. Posto che gli obiettivi di salute e quelli operativi di copertura vaccinale restano immutati rispetto a quelli indicati nel PSN vigente, a cui si rimanda, occorre focalizzare l'attenzione sul miglioramento della qualità di vita nella sicurezza anti-infettiva.

9. promuovere la gestione informatizzata delle anagrafi vaccinali, dei dati di sorveglianza delle malattie infettive e degli eventi avversi a vaccino, in formati tra loro compatibili;

10. Rinforzare l'attività di prevenzione contro il morbillo, elemento target di un nuovo piano di eliminazione OMS; entro il 2004, oltre all'offerta primaria di vaccinazione antimorbillo, dovranno essere attivate strategie supplementari ed appropriate attività di sorveglianza che includano la diagnosi di laboratorio, per giungere ad eliminare il morbillo autoctono entro il 2007;

10. adottare il calendario regionale, atto a realizzare gli obiettivi di copertura vaccinale di cui al presente P.R.S.; anche con la finalità di garantire la qualità dei servizi vaccinali, prevedendo altresì azioni di monitoraggio del livello di soddisfazione degli utenti;

11. ridurre l'incidenza della rosolia congenita al di sotto di 0,01 casi/1.000 nati vivi per anno;

11. consolidare i sistemi di sorveglianza routinaria delle malattie infettive;

12. rinforzare l'offerta attiva vaccinale per tutte le altre patologie, in specie per l'influenza agli anziani ed alle persone a rischio, per le infezioni invasive da pneumococco nei soggetti a rischio e per la varicella, sulla base dei princìpi dei recenti Accordi Stato-Regioni in tema di strategia vaccinale;

12. aggiornare le linee di indirizzo per quanto riguarda screening tubercolinici, terapia preventiva, prevenzione vaccinale della malattia tubercolare; intensificare il monitoraggio dell'incidenza, delle recidive e dell'efficacia del trattamento della malattia tubercolare; allargare la rete dei centri che eseguono il controllo del risultato della malattia tubercolare;

13. eliminazione di qualsiasi rischio di poliomielite 

post vaccinale adottando soltanto la vaccinazione con IPV;

13. potenziare i sistemi di sorveglianza e controllo delle infezioni nosocomiali;

14. implementare il sistema di sorveglianza degli effetti collaterali e delle reazioni avverse alle vaccinazioni.

14. effettuare interventi di educazione sanitaria e di informazione rivolti alla popolazione generale, per promuovere una maggiore consapevolezza riguardo ai comportamenti e agli stili di vita appropriati per la prevenzione delle infezioni trasmesse per via parenterale e sessuale e per mezzo degli alimenti.

 

3.3.2. A.I.D.S.

     In Italia, il numero cumulativo di casi di AIDS segnalati dall'inizio dell'epidemia ha superato quota 47.000 (per la precisione 47.229 casi, che salgono a 47.444 se si aggiusta per il ritardo della notifica). Come in altri paesi industrializzati, a partire da metà del 1996 si è osservato un decremento nel numero di nuovi casi di AIDS.

     L'apparente declino non deve trarre in inganno, essendo dovuto in massima parte all'effetto delle terapie anti-retrovirali combinate, che hanno determinato un allungamento dei tempi di incubazione. L'effetto di popolazione dei nuovi trattamenti, sino ad ora, è stimabile in un allungamento di almeno 5 anni del tempo di incubazione e della sopravvivenza totale.

     Si stima che durante lo scorso anno si siano verificati circa 2.000 nuovi casi (poco meno della metà di quelli notificati nel 1995, l'anno del picco della curva dei casi di AIDS) e 800 decessi. La sopravvivenza dopo la diagnosi di AIDS è aumentata, e si stima che siano circa 14.000 le persone affette da AIDS attualmente viventi.

     Le variazioni geografiche rimangono le stesse riscontrate sin dalla prima fase dell'epidemia, con incidenze più elevate al nord (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna) ed in alcune aree del centro (Roma e Lazio) rispetto alla gran parte del sud della penisola.

     Il rapporto fra casi di AIDS cumulativi e persone infettate è di circa 1:3, per cui si stima che il numero cumulativo di sieropositivi sia superiore a 130.000. Di questi, circa 100.000 (ivi inclusi i circa 14.000 affetti da AIDS) sono attualmente viventi. Questi dati dimostrano che il serbatoio di infezione è tuttora ampio; anzi, l'allungamento della sopravvivenza delle persone infette può determinare un leggero aumento della prevalenza di infezione.

     I sistemi di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV, suggeriscono che l'incidenza di nuove infezioni si è stabilizzata negli ultimi 3 anni e, a differenza di quanto accadeva tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, non tende più alla diminuzione. Questa osservazione ribadisce l'importanza di non trarre conclusioni affrettate in base alla diminuita incidenza di AIDS conclamato e ribadisce la necessità di monitorare l'andamento delle nuove infezioni.

     Si stanno modificando le caratteristiche delle persone colpite. Innanzitutto, si osserva una diminuzione delle diagnosi di infezione nei tossicodipendenti, che può derivare sia da una diminuzione del numero di persone che usano sostanze stupefacenti per via endovenosa che da una diminuita circolazione virale conseguente al cambio dei comportamenti associati all'uso di droga. Non diminuiscono invece le infezioni trasmesse per via sessuale. A ciò consegue un aumento dell'età media alla diagnosi di infezione.

     Un problema particolare è quello dell'AIDS in carcere: dei 50.000 detenuti in Italia (di cui 47.000 uomini e 3.000 donne), distribuiti in 200 istituti di pena, 2.500 sono sieropositivi e 15.000 sono tossicodipendenti, quindi ad alto rischio di contrarre questa malattia. In base alla nuova disciplina (Legge n. 231/1999) riguardante le situazioni di incompatibilità tra la condizione di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria e il regime carcerario, si ritiene che, in primo luogo, debbano essere garantiti ai detenuti con infezione da HIV, ritenuti compatibili con lo stato di detenzione, gli interventi di prevenzione, di diagnosi, di cura e di riabilitazione stabiliti dal Servizio sanitario nazionale, garantendo loro facilità di accesso ai nuovi farmaci antivirali. Sempre in base alla citata legge, i pazienti in carcere con la malattia già in fase acuta, devono essere ricoverati nelle unità operative di malattie infettive accreditate dopo aver ottenuto dalle autorità competenti adeguati dispositivi di piantonamento.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. riduzione dell'incidenza delle infezioni da HIV;

1. continuare gli interventi di prevenzione e/o informazione, nella loro più ampia articolazione (informazione, educazione alla salute, formazione, aggiornamento professionale). In particolare, si prevede di continuare le iniziative informativo-educative già avviate e di richiamare l'attenzione non solo della popolazione generale e dei gruppi di popolazione a rischio noto;

2. miglioramento della qualità della vita delle persone infette da HIV.

2. adeguare le strutture di ricovero, sulla base dei dati epidemiologici attualmente disponibili, potenziando le attività di day-hospital, ambulatoriali e domiciliari, ferma restando l'esigenza di adeguare la rete di strutture di ricovero di malattie infettive, anche in relazione alla diffusione delle altre malattie infettive;

3. favorire le attività del volontariato, la tutela dei diritti delle persone con infezione da HIV, il superamento dei problemi connessi alla diffusione dell'infezione da HIV nelle carceri, la cura degli aspetti psicologici e psichiatrici dell'infezione da HIV/AIDS.

 

 

3.4.1 Infortuni lavorativi

     Il fenomeno infortunistico mostra, in Italia, un costante quadro di gravità sia in termini di numero di eventi che di effetti conseguenti. Gli infortuni avvenuti e denunciati nel 1999 superano di poco il milione, di cui 1.309 mortali, con un incremento dell'1.2% rispetto al 1998. L'incremento più significativo riguarda i settori dell'industria e dei servizi.

     Uno degli aspetti più critici nell'analisi dell'infortunio risiede nell'esatta valutazione dei fattori che hanno contribuito a determinare l'evento. Non si dispone di informazioni che indichino il ruolo dei diversi fattori che hanno concorso al determinarsi dell'evento e, attualmente, non esiste un sistema di sorveglianza nazionale o regionale in grado di esplicitare le cause degli infortuni sul lavoro.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Obiettivo generale del P.R.S. 2004-2006 è la riduzione della frequenza degli infortuni sul lavoro, in particolare in quei settori che sono contrassegnati da un maggior numero di eventi e da una maggiore gravità degli effetti.

1. costruire un sistema regionale di sorveglianza sugli infortuni sul lavoro finalizzato allo studio ed alla conoscenza delle cause;

 

2. migliorare la qualità e gli aspetti di sicurezza delle attrezzature utilizzate, attraverso l'adozione di Sistemi di Qualità;

 

 

 

3. rafforzare le attività di prevenzione e vigilanza dei processi e delle procedure di lavoro;

 

 

4. promuovere iniziative per l'Informazione e la formazione del soggetti coinvolti nel processo e del personale addetto alle azioni di vigilanza;

 

 

 

5. migliorare i processi di verifica della qualità e dell'efficacia delle azioni di prevenzione.

 

 

3.4.2 Patologie da lavoro

     Una profonda trasformazione delle condizioni di lavoro è in atto in tutti i settori lavorativi a causa dell'impiego di nuove tecnologie e del conseguente cambiamento dei modelli di produzione. Inoltre la competitività del mercato ha determinato l'introduzione di nuovi modelli organizzativi ed operativi.

     Nel settore della sicurezza e della salute occupazionale ciò sta determinando l'introduzione di nuovi rischi e inducendo una progressiva modificazione dei modelli tradizionali di esposizione al rischio. Conseguentemente l'attuale quadro della patologia professionale vede la coesistenza di classiche malattie professionali specifiche, che riconoscono una causa lavorativa ben determinata e di malattie a genesi multifattoriale, che costituiscono causa di morbilità o mortalità anche nella popolazione generale.

     Secondo i dati INAIL, le malattie professionali maggiormente indennizzate sono, in ordine decrescente, nell'industria le ipoacusie da rumore, le malattie cutanee, le pneumoconiosi; in agricoltura l'asma bronchiale e le alveoliti allergiche.

     Tuttavia, accanto a queste patologie tradizionali, si stanno diffondendo tra i lavoratori alcune nuove patologie definite come "nuove epidemie" e identificabili con: patologie dell'arto superiore da sovraccarico meccanico; patologie da fattori psico-sociali associate a stress (burn-out, mobbing, alterazioni delle difese immunitarie e patologie cardiovascolari); patologie da sensibilizzazione; patologie da agenti biologici; patologie da composti chimici (effetti cancerogeni e sul sistema riproduttivo); patologie da agenti fisici (campi elettromagnetici).

     Inoltre la mutata organizzazione del lavoro (telelavoro), la comparsa di nuove tipologie di lavoro flessibile (lavori atipici, lavoro interinale) e le diverse caratteristiche della forza lavoro (invecchiamento della popolazione lavorativa, presenza di lavoratori extracomunitari non regolarmente assunti) costituiscono nuovi fattori di rischio.

 

OBIETTIVI

AZIONI

E’ obiettivo del presente Piano la diminuzione del numero delle malattie professionali e delle patologie correlate al lavoro.

1. applicare pienamente la normativa di prevenzione e sicurezza;

 

2. costruire una rete regionale di sorveglianza epidemiologica occupazionale e definire i flussi informativi;

 

 

 

3. informare e formare i lavoratori;

 

4. formare gli addetti alla vigilanza e al controllo;

 

5. rafforzare le attività di prevenzione e vigilanza;

 

6. sviluppare indagini sulle patologie correlate al lavoro;

 

 

7. sviluppare processi di verifica della qualità e dell'efficacia delle azioni di prevenzione

 

 

3.4.3 Tumori occupazionali

     In Italia ogni anno si verificano oltre 250.000 casi di tumore maligno. Una stima, ritenuta da molti studiosi conservativa, riconosce che una quota del 4% di tutti i tumori sia di origine professionale e quindi più di 10.000 casi l'anno sarebbero da attribuire alle esposizioni a cancerogeni in ambiente di lavoro.

     Attualmente solo per poche centinaia di casi l'anno vengono attivate procedure di riconoscimento dell'etiologia professionale e di bonifica dell'ambiente di lavoro.

     Uno dei punti critici nell'individuazione dei tumori di origine lavorativa risiede nella mancata attivazione di sistemi informativi.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Obiettivi principali del P.R.S. sono il miglioramento del riconoscimento dei tumori di origine professionale e l'individuazione di misure di tutela e di prevenzione degli esposti.

1. la creazione di un sistema di sorveglianza epidemiologica del fenomeno relativo alla cancerogenesi professionale basato sull'appaiamento dei dati provenienti dai sistemi informativi territoriali di rilevazione della patologia e dai sistemi informativi degli Enti previdenziali e amministrativi;

 

 

 

2. la piena applicazione della normativa specifica di settore, con particolare attenzione allo sviluppo e all'implementazione di soluzioni tecniche per la sostituzione e l'eliminazione delle sostanze cancerogene e la sperimentazione di tecnologie alternative;

 

 

 

 

 

 

3. l'informazione e la formazione dei lavoratori esposti a rischio;

 

4. la piena realizzazione degli archivi degli esposti al rischio, così come previsto dalla normativa vigente;

 

 

 

 

 

5. la sensibilizzazione delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale ai riconoscimento di tumori di origine lavorativa.

 

 

 

3.4.3 Incidenti stradali

     Le statistiche di mortalità dell'ISTAT del 1996 riferiscono i seguenti tassi di mortalità (per 100.00,0 abitanti) per incidenti stradali: Tutte le età: uomini 20.8 - donne 6.2; 15-24 anni: uomini 35.9 - donne 8.5. Con un quadro che comporta circa 8.000 morti, 170.000 ricoveri, 600.000 prestazioni di Pronto Soccorso ogni anno, cui fanno riscontro circa 20.000 invalidi permanenti, gli incidenti stradali sono certamente un'emergenza sanitaria che va affrontata in modo radicale.

     D'altra parte, rispetto al PSN 1998-2000 qualche passo in avanti lo si è fatto, sia in termini di azioni di prevenzione sia in termini normativi: l'estensione dell'obbligo d'uso del casco anche ai maggiorenni in ciclomotore e l'impegno delle diverse amministrazioni nel far sì che la legge fosse rispettata, hanno contribuito a determinare un crollo del verificarsi del trauma cranico in questa categoria di utenti (mediamente - 66.0%, che proiettato all'anno comporta una riduzione di 170 morti, 350 invalidi gravi, 8500 ricoverati, con un beneficio socio-sanitario di circa 500 miliardi). L'attenzione del Governo a questo problema ha portato all'emanazione di indirizzi generali e linee guida di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale che fornisce indicazioni preziose per muoversi ed operare su un problema fortemente trasversale. Il fenomeno, tuttavia, costituisce ancora la prima causa di morte per i maschi sotto i 40 anni e una delle cause maggiori di invalidità (più della metà dei traumi cranici e spinali sono attribuibili a questi eventi).

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. la riduzione almeno dei 20% della mortalità derivante dagli incidenti stradali, in particolare nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni (detta mortalità è praticamente ancora ferma ai valori degli anni '70);

1. mantenere ai livelli attuali (superiori al 90%) l'utilizzo del casco da parte degli utenti dei veicoli motorizzati a due ruote;

2. la riduzione almeno del 20% dei ricoveri per incidente stradale e delle prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero;

2. elevare quanto più possibile l'uso delle cinture di sicurezza;

3. la riduzione almeno del 10% delle menomazioni gravi permanenti conseguenti a incidenti stradali.

3. contrastare la guida in stato di ebbrezza e sotto l'influsso di sostanze psicotrope;

 

4. contrastare gli stili di guida aggressivi, in particolare per quel che riguarda la velocità elevata;

 

 

5. Per altre azioni importanti, che vanno dall'istituzione di sistemi di sorveglianza allo studio dei fattori di rischio, dalla prevenzione alla valutazione, si rimanda al decreto interministeriale relativo al Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale.

 

 

 

 

 

3.4.4 Incidenti domestici

     Il fenomeno degli infortuni domestici mostra un andamento in continua crescita con un numero di casi di circa 4.000.000 per anno. Le categorie di soggetti a maggior rischio sono quelle appartenenti alle classi di età comprese tra i 45 ed i 64 anni di età ed i 25 ed i 44 anni di età.

     La causa prevalente d'infortunio è rappresentata dalla struttura architettonica della casa (37,4% degli eventi) e la ferita rappresenta la conseguenza traumatica più frequente, seguita dall'ustione. Le conseguenze più gravi sono rappresentate dalle fratture. Le statistiche di mortalità dell'ISTAT del 1996 forniscono i seguenti tassi di mortalità per incidenti non stradali per 100.000 abitanti: Tutte le età: uomini 23.0 - donne 26.7 ; Età 0-5 anni: uomini 4.2 - donne: 3.2 Età 65 anni e più: uomini 99.9 - donne 124.6. Si stima che circa la metà di questi incidenti avvenga in casa o nelle pertinenze (incidenti domestici).

     Gli incidenti domestici rappresentano dunque un fenomeno di grande rilevanza nell'ambito dei temi legati alla prevenzione degli eventi evitabili. L'ampiezza del fenomeno degli infortuni in ambiente domestico deve peraltro rendere consapevole la collettività che le mura domestiche rappresentano un ambito di sicurezza solo se sono rispettate condizioni di corretto utilizzo degli spazi e degli oggetti.

     Su questo problema è stato fatto un decisivo passo in avanti con l'approvazione della legge 3 dicembre 1999, n. 493, relativa alle "Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici". Questa legge, infatti, riconosce non solo il carattere "lavorativo" dell'attività che prevalentemente la donna svolge in casa, ma istituisce il "Sistema di sorveglianza nazionale sugli infortuni negli ambienti di civile abitazione", che permetterà sia di conoscere più in dettaglio il fenomeno, sia di valutare correttamente l'efficacia delle azioni di prevenzione promosse. Particolare attenzione deve essere dedicata agli incidenti che coinvolgono gli anziani, soprattutto quelli istituzionalizzati.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Costituisce obiettivo del Piano la riduzione del numero degli infortuni domestici. In particolare, dovrà diminuire l'entità del fenomeno nelle categorie più a rischio, gli anziani di età superiore ai 65 anni;

1. Incentivare le misure di sicurezza domestica strutturale, impiantistica e di attrezzature;

 

2. predisporre programmi intersettoriali volti a favorire l'adattamento degli spazi domestici alle condizioni di disabilità e di ridotta funzionalità dei soggetti a rischio;

 

 

 

 

3. sviluppare campagne d'informazione e di sensibilizzazione nei confronti dei rischi presenti negli spazi domestici, rivolte particolarmente alle categorie a rischio;

 

 

 

 

4. costruire un sistema di sorveglianza epidemiologica dei fenomeno infortunistico e individuare criteri di misura e di registrazione degli infortuni domestici.

 

 

 

 

3.5 Diabete e malattie metaboliche

     Le malattie metaboliche rappresentano una causa primaria di morbilità e mortalità nel nostro Paese. In particolare il diabete costituisce la principale causa di cecità, insufficienza renale cronica, cardiopatia ischemica e amputazioni degli arti inferiori. L'incidenza del diabete di tipo 2 è in aumento in tutto il mondo occidentale, così come si va riducendo sempre più l'età della diagnosi della malattia. Anche l'incidenza del diabete di tipo 1 è in aumento in alcune zone.

     Il diabete è tuttavia solo un aspetto, anche se spesso il più grave, della cosiddetta "sindrome metabolica", cui vanno riferite anche l'obesità, le dislipidemie e l'ipertensione arteriosa: in altre parole i principali fattori di rischio responsabili dell'aterosclerosi e delle patologie cardiovascolari ad essa secondarie, problema sanitario di primaria importanza e gravità anche nel nostro Paese. L'indagine multiscopo ISTAT stima che almeno due milioni di Italiani dichiarano di soffrire di diabete, con notevoli differenze geografiche di prevalenza autopercepita.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. il contrasto della malattia, attraverso programmi di prevenzione e di ricerca dei meccanismi patogenetici che ne sono alla base;

1. favorire l'accesso ai servizi diagnostici degli individui a rischio per anamnesi familiare;

2. il contrasto delle complicanze della malattia, attraverso interventi atti a ridurre i fattori di rischio ad essa legati responsabili del danno d'organo, a identificare i soggetti a rischio, per meglio orientare tali interventi e a comprenderne la genesi in modo tale da poter adeguatamente affrontare la patologia sul piano terapeutico;

2. incrementare l'arruolamento dei diabetici in appropriati programmi di trattamento e di prevenzione delle complicanze;

3. il miglioramento della qualità di vita dei pazienti, attraverso programmi di educazione ed informazione sanitaria ed interventi mirati ad alleviare l'impatto di queste condizioni morbose nell'esercizio delle normali attività quotidiane;

3. implementare programmi di informazione dei pazienti coinvolgendo il volontariato sociale ed altresì le associazioni di diabetici aventi sede in Calabria, con documentata esperienza pluriennale certificata dalla FAND.

4. il miglioramento della qualità dell'assistenza erogata ai pazienti diabetici.

4. migliorare le prestazioni attraverso apposite linee guida per gli operatori sanitari, previa analisi ad hoc (ad es. studio QUADRI-ISS).

 

3.6 Nefropatie croniche

     Si tratta di una patologia che si presenta con sempre maggiore frequenza nella nostra Regione, anche in rapporto alle caratteristiche demografiche (invecchiamento della popolazione, malattia diabetica, ipertensione arteriosa, ecc.). Gran parte delle malattie renali ha la caratteristica della progressione verso l'insufficienza renale terminale, con necessità di terapia sostitutiva della funzione renale. Ne derivano costi elevatissimi, di salute, sociali ed economici.

     Nel PSR 1995-97 sono state attuate importanti iniziative per migliorare la qualità dell'assistenza ai cittadini con nefropatia cronica, attraverso la realizzazione dell'Azione programmata "Assistenza ai nefropatici cronici", che ha consentito di definire le linee organizzative del percorso assistenziale, di disciplinare l'erogazione del servizio di trasporto ai soggetti dializzati e la fornitura di prodotti dietetici e medicinali.

     Più in generale, i provvedimenti adottati hanno consentito un miglioramento della qualità della vita dei nefropatici cronici. Tuttavia permane ancora la necessità di ulteriori interventi ed azioni finalizzate alla prevenzione, diagnosi e cura dei soggetti nefropatici cronici.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Con il presente Piano si intende confermare l'azione programmata di cui al PSR 1995/1997 nei suoi riferimenti e contenuti strutturali e organizzativi, con le precisazioni ed aggiornamenti di seguito indicati.

1. adottare linee guida per il riconoscimento e la prevenzione delle nefropatie progressive e per il rallentamento dell'evoluzione verso l'insufficienza renale cronica;

Gli obiettivi del prossimo triennio di vigenza del presente PSR sono:

2. realizzare il Registro regionale dell'Insufficienza Renale Cronica, utilizzando a tal fine l'apposita rete telematica;

- le Aziende del S.S.R. sono impegnate a rendere operativo il percorso assistenziale per il paziente nefropatico cronico sui diversi livelli assistenziali della prevenzione delle nefropatie (primaria, secondaria e terziaria), della terapia conservativa e della terapia sostitutiva, con attenzione all'assetto organizzativo in senso dipartimentale;

3. programmare le necessità dialitiche sulla base dei dati epidemiologici e di strategie territoriali di allocazione dei pazienti; 

- incremento della sopravvivenza dei soggetti affetti;

4. ottimizzare l'uso delle risorse disponibili per la dialisi e per le attività nefrologiche in senso lato, organizzando le attività in Dipartimenti dedicati a valenza aziendale (ovvero inter-aziendale); i servizi di dialisi con posti tecnici inferiori a 16 sono da ritenere strutture semplici a valenza dipartimentale;

- la Giunta regionale provvede a definire indicatori che consentano di verificare, nel quadro delle responsabilità definite dal percorso assistenziale, la congruità dell'organizzazione dei servizi ai risultati attesi, anche per mezzo di progetti dedicati;

5. adeguare il personale e le risorse per il potenziamento della dialisi domiciliare e della dialisi peritoneale;

- la Giunta regionale e le Aziende del S.S.R. individuano strumenti di comunicazione verso i cittadini sulla rete di assistenza garantita, al fine di migliorare l'appropriatezza della domanda e il grado di consapevolezza della rilevanza degli stili di vita orientati alla salute.

6. adeguare il personale e le risorse delle attività dedicate al trapianto renale, ivi compresi quelli delle UU.OO. di chirurgia generale od urologia eventualmente collaboranti.

 

3.7 Malattie Reumatiche

     Le malattie reumatiche sono un insieme di affezioni ad andamento cronico-evolutivo, spesso condizionanti una disabilità gravemente invalidante. Si caratterizzano per la larga diffusione nella popolazione, la bassa mortalità, l'altissima frequenza di esiti invalidanti, la possibilità di cure adeguate. Esse richiedono interventi sanitari ripetuti nel tempo, con il coinvolgimento plurispecialistico e l'utilizzo di strutture assistenziali di diverso livello.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Miglioramento della qualità della vita del malato reumatico, assicurando gli interventi di diagnosi precoce, terapia appropriata e personalizzata, assicurando la continuità assistenziale specifica a scapito della soluzione degli episodi di malattia.

Definire una rete integrata di funzioni assistenziali, dalle strutture territoriali dei Distretti, alle UU.OO. di degenza, attivate secondo il fabbisogno in termini di p.l. definito nel presente P.R.S., fino alle strutture di riabilitazione.

 

3.8 Altre patologie di rilievo sociale e malattie rare

     Oltre alle aree di intervento già indicate nei paragrafi precedenti altre condizioni morbose rientrano nel quadro delle patologie cui va riconosciuto carattere di particolare rilevanza sociale.

     Per alcune condizioni morbose sono già disponibili, o in via di definizione, provvedimenti normativi e documenti di indirizzo di carattere generale volti a precisare, per ciascun ambito, gli obiettivi da raggiungere, gli interventi da privilegiare e le indicazioni di ordine organizzativo.

     Ci si riferisce in particolare alle patologie che il PSN vigente individua di rilevanza sociale e che potranno essere oggetto di attivazione di progetti specifici o di altre azioni nell'ambito di vigenza del presente piano, sono: malattie reumatiche croniche; malattie allergiche in età pediatrica; malattie dell'apparato respiratorio con particolare riguardo all'asma ed alla bronchite cronica; disturbi del comportamento alimentare; anoressia e bulimia; epatopatie di origine virale; fibrosi cistica, errori del metabolismo congenito/acquisito e malattia celiaca; demenze con particolare riferimento al Morbo di Alzheimer, sclerosi multipla, neuropatie croniche, morbo di Parkinson, epilessia, cecità e ipovisione.

     Altre condizioni morbose rientrano nel quadro delle patologie cui va riconosciuto carattere di particolare rilevanza sociale nella nostra Regione, vuoi per peculiarità di diffusione ovvero per l'impatto che hanno nella spesa farmaceutica e nell'erogazione dei servizi. Particolare aspetto in tal senso, facendo anche riferimento ai dati rilevati dall'Indagine Multiscopo ISTAT, assumono: le cefalee, le artropatie croniche.

     Nel quadro delle patologie di rilevanza sociale, vanno inoltre considerate con particolare attenzione le problematiche strettamente sanitarie della fascia di popolazione dei portatori di handicap, cui si riferiscono specifiche disposizioni (Legge 5 febbraio 1992, n. 104; Legge 27 ottobre 1993, n. 423) alle quali si rimanda nonché le malattie rare per le quali valgono le azioni previste nel quadro degli obiettivi del PSN 2003-2005 e dalla programmazione nazionale.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Impostare modelli di gestione clinica dei pazienti al fine di ottenere livelli di assistenza adeguati alle specifiche necessità.

1. attivazione e/o potenziamento dei Centri di riferimento specifici esistenti con particolare all'implementazione delle attività relative a:

Messa a punto di protocolli per studi clinici, nosografici, socio-economici, ambientali di farmaco-economia e farmaco-vigilanza.

a. celiachia: estensione della rete regionale di cui alla L.R. 2 maggio 2001 all'unità operativa esistente presso il presidio ospedaliero di Lamezia Terme.

Attivazione in almeno un Presidio Ospedaliero per ogni Azienda Sanitaria di un Centro di riferimento per le malattie rare, come previsto dalla normativa nazionale.

b. cefalee: con l'attivazione di uno specifico centro di riferimento presso l'A.O. Pugliese - Ciaccio.

 

c. anoressia, bulimia anche con le previsione di specifici sostegno ad attività e/o istituti specificamente dedicati.

 

d. sclerosi multipla: con il sostegno alle specifiche attività esistenti e da attivare rivolte all'assistenza dei malati alla partecipazione del di volontariato e di sostegno ai pazienti ed alle famiglie. In tal senso trovano particolare apprezzamento regionale e dovranno trovare specifico sostegno ai fini del funzionamento entro il triennio di validità del P.R.S.:

- l'attività del Centro di riabilitazione per la sclerosi multipla di Bova (RC), ciò in virtù della specifica valenza verso l'integrazione socio-sanitaria delle attività ivi previste;

- l'attività del Centro per la diagnosi e terapia della sclerosi multipla di Cosenza.

 

e. sindrome delle apnee notturne, sviluppando le esperienze specifiche attivate presso l'Azienda sanitaria n. 5 di Crotone, con il supporto delle risorse necessarie.

 

2. sviluppare con specifico investimento in termini di dotazione tecnologica, le attività finalizzate alla prevenzione della cecità ed ipovisione con l'istituzione della rete assistenziale oculistica che valorizzi le alte competenze già acquisite nei Centri specialistici più avanzati della Regione di seguito così indicati:

- UU.OO. di oculistica dell'Azienda Ospedaliera di Cosenza, sede della banca delle cornee;

- UU.OO. di oculistica del Presidio Ospedaliero di Vibo Valentia, per la specifica attività di cheratoplastica lamellare con sistema CLAT;

- UU.OO. di oculistica del Presidio Ospedaliero di Crotone, sede del Centro antiglaucoma;

- UU.OO. di oculistica dell'Azienda Ospedaliera Mater Domini di Catanzaro, sede del Centro per l'Ipovisione e per la chirurgia retinica;

- UU.OO. di oculistica dell'Azienda Bianchi-Melacrino - Morelli per l'attività specifica per la chirurgia rifrattiva.

 

3.9 Piano sangue

     La Legge 4 maggio 1990, n. 107 "Discipline per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati" recepita dalla Deliberazione del Consiglio Regionale n. 229 del 25 febbraio 1993 "Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti - Piano Sangue Regionale - Legge 107/90" e successive modifiche ha consentito una nuova organizzazione dei Servizi Trasfusionali nella nostra Regione, attivando una rete istituzionale coordinata dal Dipartimento Regionale alla Sanità e dal Centro regionale di coordinamento e compensazione (C.R.C.C.) con sede presso il Servizio di immunoematologia e trasfusione (S.I.T.) dell'Azienda Ospedaliera "Pugliese Ciaccio" di Catanzaro. Questo nuovo modello organizzativo ha attivato una sinergia con le Associazioni di Volontariato e Federazioni dei Donatori di Sangue che ha consentito una riduzione dell'importazione del sangue dalle altre Regioni.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. Autosufficienza del sangue intero e dei plasmaderivati

- Incentivare la donazione del sangue mediante una diffusa capillarizzazione nel territorio regionale delle Unità di Raccolta Pubbliche e Private;

- promuovere la cultura dell'autotrasfusione tra la popolazione grazie ad un ruolo attivo dei "Comitati Buon Uso del Sangue";

- attivare Strutture Dipartimentali con competenza Provinciale;

- attuare la completa informatizzazione dei Servizi Trasfusionali mediante il collegamento in rete con il C.R.C.C. ed il Dipartimento Regionale alla Sanità.

2. Sicurezza della donazione

- Garantire il rispetto della regolamentazione del prelievo, della conservazione del sangue, del corretto trasporto e del consenso informato del donatore;

- verificare la congruità dei requisiti di qualità delle Strutture Trasfusionali;

- attivare la formazione e l'aggiornamento del Personale dei S.I.T. - CT.

3. Valorizzazione del Volontariato

- Favorire l'incremento dei Donatori periodici sostenendo le attività di propaganda, di promozione e di educazione alla salute e, nell'ambito di progetti obiettivo settoriali, garantire la collaborazione tra le Associazioni del Volontariato ed i Servizi Trasfusionali.

 

3.10 Centro per il monitoraggio dell'obesità

     E’ istituito presso la Facoltà di Medicina dell'Università Magna Grecia di Catanzaro, il Centro Regionale permanente per il monitoraggio dell'obesità e delle patologie ad essa correlata della popolazione calabrese.

     Il Centro formula gli strumenti di rilevamento e attraverso la collaborazione delle strutture sanitarie territoriali, elabora i dati al fine di pervenire alle valutazioni epidemiologiche in collaborazione con la competente struttura del Dipartimento Sanità, premessa per la elaborazione di atti di indirizzo per interventi mirati di diagnosi e cura.

     L'organizzazione ed il funzionamento del suddetto centro è demandata all'Università; la Giunta regionale annualmente destinerà le somme necessarie al funzionamento del suddetto centro.

 

 

Obiettivo di salute n. 4 - Ridurre le disuguaglianze e rafforzare la tutela dei soggetti deboli e delle loro famiglie

 

     I soggetti che non dispongono di adeguate abilità sociali sono spesso portatori di bisogni complessi e plurifattoriali, richiedono al sistema sanitario risposte ai loro problemi ed azioni unitarie tali da risolverli.

     Sono soggetti deboli tutti coloro che, trovandosi in condizioni di bisogno, vivono situazioni di particolare svantaggio e sono costretti a forme di dipendenza assistenziale e di cronicità. Sono ad alto rischio i disabili con un reddito al di sotto della soglia di povertà che necessitano di un intervento programmato, continuativo ed integrato. Particolare attenzione va anche riservata all'anziano disabile e alle persone nella fase terminale della vita.

     Obiettivo fondamentale è introdurre nel sistema sanitario regionale condizioni di maggiore equità nella erogazione dei servizi alle diverse categorie di popolazione in condizione di bisogno. In particolare, va evitato il rischio di assecondare aree privilegiate di bisogno e di utenza, quando non giustificato da necessità assistenziali e da priorità etiche, evitando vantaggi competitivi per chi sa meglio rappresentare i propri bisogni.

     A tal fine va incrementato l'utilizzo di metodi di valutazione interprofessionale del bisogno e va incentivato l'orientamento a formulare diagnosi globali, evitando di settorializzare gli interventi.

     Gli standard di struttura vanno correlati a standard di processo idonei a garantire qualità di assistenza ed esigibilità dei diritti dei soggetti svantaggiati.

     Per una maggiore tutela dei soggetti deboli, le strutture organizzative aziendali più direttamente interessate (distretti, dipartimenti misti: geriatrico, salute mentale, delle dipendenze e materno infantile) dovranno evidenziare le condizioni di grave emarginazione presenti nel territorio ed elaborare progetti finalizzati a contrastare le diseguaglianze di accesso ai servizi.

     L'integrazione tra distretto, dipartimenti ed altri servizi o enti coinvolti è la condizione operativa necessaria per produrre diagnosi e valutazioni multi-dimensionali, per formulare risposte appropriate alle diverse condizioni di bisogno.

     A questo scopo la personalizzazione degli interventi deve tenere conto del livello di non autosufficienza e della non disponibilità di risorse (economiche, personali, familiari, comunitarie o di altra natura).

     Attraverso l'utilizzo di protocolli operativi e d'intesa va perseguita una sistematica riduzione degli sprechi di risorse derivanti dalle cronicità evitabili, adottando soluzioni che rispondano a criteri di efficacia, economicità e umanizzazione. Anche per questo, i ricoveri nelle strutture ospedaliere e residenziali pubbliche e private sono giustificabili solo quando non siano praticabili altre forme di intervento di natura ambulatoriale, Intermedia e domiciliare.

     Sono considerati alcuni particolari gruppi di soggetti deboli nei cui confronti occorre personalizzare e riqualificare gli: i tossicodipendenti; i malati mentali; i bambini, gli adolescenti e le donne; i disabili; gli anziani che presentano specifiche esigenze di tutela; i malati terminali.

     Per quanto riguarda la salute dei soggetti di cui agli specifici Progetti Obiettivo nazionali e regionali, si rimanda alle Linee Guida nazionali esistenti ed ai documenti di approfondimento relativi.

 

4.1 Tossicodipendenti

     Le problematiche correlate ai consumi di sostanze stupefacenti e psicotrope di vario genere interessano fasce consistenti di popolazione e sono caratterizzate da una continua evoluzione rispetto all'entità e varietà dei prodotti utilizzati, che determina un mutare dei fenomeni di uso, abuso e dipendenza.

     Le variazioni più significative emerse in questi anni sono correlate ai seguenti aspetti: la maggiore disponibilità sul mercato di alcune sostanze psicotrope; l'aumento del consumo di sostanze ad effetto stimolante; la diminuzione dell'età di esordio del consumo; l'innalzamento dell'età media dei tossicodipendenti da eroina in carico ai servizi; l'aumento di utenti extracomunitari; il nuovo emergere delle problematiche alcol-correlate; il riconoscimento della natura di dipendenza del tabagismo e l'accresciuta consapevolezza della sua centralità in termini di salute; la comparsa di altre forme di dipendenza patologica non correlate all'uso di sostanze. Ne deriva la necessità di aggiornare costantemente le azioni per far fronte allo sviluppo dei problemi presenti.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. Riqualificazione e diversificazione dell'intervento dei servizi per le dipendenze in relazione all'evolversi del fenomeno, sviluppando a tal fine una modalità di lavoro per progetti secondo criteri di adeguatezza e congruenza ai bisogni e di razionalità nell'impiego delle risorse;

1. Sviluppo delle azioni sociali di sostegno ai programmi di riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti e degli interventi finalizzati al reinserimento sociale e lavorativo;

2. Potenziamento dell'integrazione tra interventi sociali e sanitari e del raccordo tra Comuni e Aziende Sanitarie, anche attraverso l'utilizzo delle risorse derivanti dal Fondo nazionale per politiche sociali. Le azioni progettuali nelle dipendenze, da svilupparsi da parte delle Aziende, degli Enti locali e del privato sociale, dovranno essere definite con lo strumento dei Piani Territoriali;

2. Completa realizzazione della rete informativa dei servizi pubblici, del privato sociale e del Centri di documentazione sulle dipendenze, per poter porre in atto una costante attività di osservazione epidemiologica in collaborazione con il competente servizio del dipartimento sanità della Regione per orientare le scelte della programmazione regionale e territoriale;

3. Consolidamento del rapporto di collaborazione tra pubblico e privato, in un sistema di rete dei servizi, nel rispetto delle rispettive funzioni e competenze.

3. Consolidamento nelle Aziende dei servizi specifici per le dipendenze;

4. Sviluppo di interventi di prevenzione sugli stili di

vita e di promozione della salute mirati per l'età adolescenziale, in sinergia con le varie istituzioni che quotidianamente operano per i giovani;

4. Sviluppo di azioni specifiche per il tabagismo: occorre intervenire, soprattutto nella fascia di popolazione giovanile, nell'ambito delle iniziative previste dall'obiettivo di salute II del presente piano;

5. Ampliamento della tipologia delle offerte assistenziali all'interno dei rapporti convenzionali tra Aziende e soggetti privati, con riferimento alle indicazioni dell'Atto di intesa Stato-Regioni del 5.8.1999 sui requisiti minimi standard per l'autorizzazione al funzionamento e per l'accreditamento dei servizi privati di assistenza alle persone dipendenti da sostanze d'abuso.

5. Sviluppo di azioni specifiche per l'Alcool: in tale ambito occorre riqualificare e riorganizzare la rete dei servizi, sia sul territorio, sia in relazione alle funzioni dei Centri di Alcologia da inserire nell'ambito dei dipartimenti delle dipendenze, sviluppando gli interventi di tipo assistenziale, le attività di ricerca, di formazione e di analisi epidemiologica. Occorre inoltre: promuovere interventi di educazione per una maggiore consapevolezza nella popolazione al fine di prevenire i danni causati dall'eccessivo consumo di alcool; intervenire per ridurre i rischi alcol correlati in relazione alle abitudini di vita in specifici ambienti; favorire un approccio coordinato tra i soggetti che operano a vario titolo sui problemi alcol correlati, per assicurare una rete di protezione alla quale concorrano i servizi sanitari e sociali, i gruppi di volontariato e dell'auto aiuto;

 

6. Aggiornare le disposizioni inerenti l'assetto organizzativo e funzionale dei servizi per le problematiche di alcol-dipendenza e alcol-correlate alla luce delle esigenze emerse e delle indicazioni contenute nella L. 30 marzo 2001, n. 125;

 

7. Sviluppo di azioni specifiche per la situazione carceraria: in tale ambito occorre favorire e promuovere progetti riabilitativi volti al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti tossicodipendenti nonché sviluppare il processo di qualificazione dei servizi per assicurare in ambito penitenziario livelli di assistenza analoghi a quelli garantiti ai tossicodipendenti e agli alcol dipendenti, che vivono in stato di libertà, secondo quanto previsto dalla vigente normativa nazionale in materia;

 

8. Sviluppo di azioni specifiche per le situazioni di marginalità sociale: vanno assicurati percorsi terapeutici e assistenziali per i tossicodipendenti senza fissa dimora, stranieri extracomunitari, nomadi o che comunque non si sono mai presentati ai servizi, al fine di intervenire sul cosiddetto "sommerso";

 

9. Sviluppo di azioni specifiche per la tossicodipendenza femminile, maternità e infanzia: gli impegni sono rivolti a diffondere le informazioni circa gli effetti indotti sul feto dal consumo di sostanze d'abuso in gravidanza, a favorire l'accesso delle donne ai servizi con modalità di accoglienza attente alla specificità femminile, a sviluppare l'epidemiologia sulle condizioni di maternità e genitorialità in situazione di tossicodipendenza per consentire un orientamento ai servizi, ad avviare un sistema di monitoraggio delle situazioni problematiche a rischio per la salute dei minori; a promuovere la sperimentazione di un modello operativo di rete di facile accessibilità volto alla tutela della salute del minore e della famiglia in grado di intervenire in modo coordinato sin dal momento in cui si manifesta la gravidanza;

 

10. Aggiornare le disposizioni inerenti all'Atto d'Intesa Stato-Regioni del 5 agosto 1999, in coerenza con le altre specifiche normative regionali, per l'autorizzazione al funzionamento e per l'accreditamento dei servizi privati di assistenza alle persone dipendenti da sostanze d'abuso e per l'adeguamento funzionale e strutturale delle Comunità terapeutiche.

 

4.2 Salute mentale

     Il progetto obiettivo nazionale e regionale Salute Mentale di cui al vigente piano sanitario nazionale si è caratterizzato per un miglioramento e consolidamento dei servizi territoriali per la salute mentale, in particolare per gli adulti e per la conclusione del processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici.

     La struttura sanitaria psichiatrica di Girifalco ha svolto in passato un ruolo importante e di riferimento per l'intero Sud-Italia, tanto che le strutture derivate sono ancora un preciso supporto per l'assistenza psichiatrica dell'area. In tal senso, secondo i princìpi di cui al presente obiettivo, non deve essere dispersa tale esperienza, mantenendo e sviluppando, all’atto della pianificazione aziendale, le strutture territoriali dedicate tuttora esistenti [13].

     La rete dei servizi è stata orientata ad assicurare assistenza soprattutto ai malati più gravi, a sviluppare interventi di tipo terapeutico-riabilitativo, con particolare attenzione all'area lavoro, ad avviare un rapporto di integrazione con i servizi sociali dei Comuni, a sperimentare e sviluppare una nuova forma organizzativa (Dipartimenti di Salute Mentale) più idonea a garantire la continuità dei percorsi assistenziali e l'apporto integrato delle professionalità, per assicurare interventi a tutela della salute mentale.

     A fronte di una generalizzata crescita della domanda di interventi per la salute mentale, che evidenzia il diffondersi di situazioni di malessere sociale e di disagio psichico sia nell'infanzia e negli adolescenti sia nella popolazione adulta, si rende necessaria un'azione di verifica sulla situazione epidemiologica e una riflessione sulla congruità dell'assetto dei servizi rispetto ai bisogni rilevati.

     Occorre pertanto sostenere il processo di cambiamento avviato e la volontà di consolidare le azioni dirette a promuovere particolarmente: la prevenzione dei disturbi e la cura dei gruppi a rischio in un'ottica di promozione della salute della popolazione; la presa in carico e la risposta ai bisogni di tutte le persone con disturbi mentali, comprese quelle che soffrono in solitudine (i non collaboranti), attraverso interventi nel territorio in collaborazione con le associazioni dei familiari, degli utenti, del volontariato, con i medici di medicina generale e con gli altri servizi sanitari e sociali; il diffondersi di atteggiamenti di maggiore solidarietà verso le persone che soffrono di disturbi mentali e il superamento dei pregiudizi verso questo tipo di disagio. In tal senso si confermano pertanto le strategie complessive per la tutela della salute mentale definite con il Progetto obiettivo salute mentale regionale già adottato.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. assicurare l'integrazione dei servizi sanitari e sociali e promuovere la finalizzazione sinergica delle risorse in un'azione coordinata e condivisa tra Aziende Sanitarie e Comuni, con il contributo di volontariato, auto-aiuto e terzo settore;

1. rafforzare il ruolo e la consapevolezza dei servizi per un'azione forte e responsabile a tutela della salute mentale, mediante la definizione dell'assetto organizzativo secondo i criteri stabiliti dal Progetto obiettivo richiamato, con particolare riferimento alla:

2. riproporre un nuovo rapporto con la comunità civile nelle sue componenti fondamentali, mirato a promuovere la crescita della solidarietà e delle azioni di inclusione, anche attraverso l'esperienza di specifiche progettualità (specifiche azioni nei piani sociali di zona, progetti sperimentali di prevenzione primaria, patti territoriali per la salute mentale, affidi

etero familiari);

2. conferma del Dipartimento strutturale di salute mentale (D.S.M.), con specifica autonomia di budget, quale supporto alla direzione aziendale, modello organizzativo ordinario delle attività e prestazioni a tutela della salute mentale e strumento di governo per un'azione strategica delle Aziende sulla Salute Mentale;

3. potenziare l'azione di sostegno alle famiglie attraverso l'istituzione di servizi di ascolto e di informazione con linee telefoniche dedicate in ogni C.S.M.. E’ ancora troppo debole la rete di protezione organizzata attorno alle famiglie al cui interno è presente un componente che soffre di patologie psichiatriche. Particolarmente nei casi più gravi dovrà essere attivata un'azione specifica per sostenere il carico che la famiglia gestisce, orientandola nel suo ruolo ai fini del percorso terapeutico riabilitativo del paziente ed evitando la compromissione dello stato di salute degli altri componenti della famiglia stessa;

3. lo sviluppo di interventi costanti di riqualificazione professionale degli operatori, nel cui ambito viene prevista anche la figura dell'educatore professionale come operatore sociale di orientamento pedagogico che agisce nel campo dell'educazione non formale attraverso progetti educativi e riabilitativi rivolti a soggetti fragili nel settori socio-sanitari e socio-assistenziali;

4. affrontare in modo sistematico i temi della promozione della salute mentale e della prevenzione, agendo non solo sull'individuo, ma anche attraverso strategie a lungo termine nelle strutture di comunità (scuole, luoghi di lavoro, luoghi di aggregazione), sviluppando nuove metodologie di lavoro integrato con le strutture organizzative che operano per l'educazione sanitaria e in stretta collaborazione con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta;

4. potenziare, avvalendosi della collaborazione dello specifico settore del dipartimento sanità della Regione, la valutazione epidemiologica dei bisogni e della risposta dei servizi, finalizzata ad una revisione della appropriatezza e della dotazione di servizi necessari, nonché delle risorse da destinarsi;

5. riqualificare il ruolo dei D.S.M. nell'area della residenzialità, con particolare orientamento a:

5. ridefinire i criteri per la classificazione delle strutture residenziali per la salute mentale in riferimento ai livelli di intensità assistenziale e alla caratterizzazione sanitaria o socio-sanitaria della struttura, in coerenza con i processi autorizzativi e di accreditamento delle strutture e dei servizi, che operano nelle materie ad elevata integrazione socio-sanitaria;

6. sviluppare l'articolazione in strutture residenziali di differente intensità assistenziale e con varia caratterizzazione dell'intervento per specificità di tipologia degli utenti, anche nell'ambito della definizione e valorizzazione delle attività assistenziali territoriali, di cui al punto 2.2.4., sulla base di principi di appropriatezza dell'offerta rispetto ai bisogni;

6. definire standard di riferimento per i servizi della salute mentale per l'infanzia e adolescenza;

7. ampliare la gamma delle soluzioni di residenzialità con utilizzo anche di forme abitative protette, case famiglia ecc., in un rapporto di cooperazione con le potenzialità offerte dal privato sociale, come previsto nel presente P.R.S.;

7. promuovere l'omogeneo raggiungimento su tutto il territorio regionale dei parametri strutturali e di personale previsti dal progetto obiettivo regionale;

8. garantire ai pazienti percorsi terapeutico-riabilitativi finalizzati al recupero del massimo livello di autonomia ed integrazione sociale;

8. prevedere l'istituzione e l'attività dei servizi di assistenza psicologica.

9. stimolare lo sviluppo di percorsi terapeutico-riabilitativi personalizzati miranti al raggiungimento del massimo livello di autonomia possibile, contrastando ogni forma di "nuova istituzionalizzazione";

 

10. sviluppare progetti sperimentali di costituzione in ogni azienda di strutture anche zonali sul modello della comunità terapeutica per piccoli numeri di utenti con disturbi gravi;

 

11. ricondurre a maggiore appropriatezza il ricorso alla funzione di ricovero negli SPDC in termini di quantità e di durata, con utilizzo di idonee soluzioni residenziali alternative;

 

12. rafforzare gli interventi volti all'infanzia/adolescenza, con particolare attenzione alle patologie emergenti (disturbi alimentari psicogeni, "doppia diagnosi", ecc.) e ricercare specifiche soluzioni residenziali e terapeutiche per la gestione delle situazioni di crisi psichiatrica acuta in utenti adolescenti in alternativa al ricovero.

 

 

4.3 Disabili

     Le politiche sanitarie e assistenziali destinate alle persone diversabili (ovvero "diversamente abili") nella Regione non hanno registrato né uno sviluppo né una articolazione territoriale omogenea, specificatamente, in riferimento alle particolari caratteristiche dei bisogni di tale categoria di utenti.

     Occorre quindi, anche alla luce delle indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento sulla integrazione socio-sanitaria di cui al D.P.C.M. 14 febbraio 2001, portare a compimento e potenziamento l'attivazione di una rete integrata di servizi sanitari e socio-assistenziali e aggiornare gli obiettivi, le strategie e gli strumenti organizzativi per assicurare a tale categoria di utenti il soddisfacimento dei loro bisogni sanitari e socio-assistenziali.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. finalizzare gli interventi al raggiungimento della massima autonomia ed integrazione della persona disabile nel contesto familiare e nella vita sociale, facilitando anche i percorsi di inserimento scolastico, lavorativo e sociale ed assicurando le necessarie forme di integrazione con quelli più propriamente assistenziali e riabilitative.

1. Le Aziende Sanitarie si dovranno impegnare a:

- ad attuare, potenziare e velocizzare le procedure e gli strumenti di intervento previsti dalla L. n. 104/1992;

- rivedere la struttura funzionale di coordinamento e di gestione operativa dei Piani assistenziali individuali, per garantire l'apporto sinergico delle distinte competenze professionali, il collegamento organico tra prestazioni sociali e sanitarie ed il rapporto organico tra il momento gestionale e quello di programmazione a livello di Distretto;

- individuare percorsi assistenziali in ordine alle disabilità croniche con ridefinizione dei servizi di assistenza residenziale e diurna;

- assicurare l'assistenza domiciliare e promuovere, laddove possibile, la vita indipendente del cittadino disabile.

2. aggiornare i criteri di valutazione dei bisogni, dalla fase di accertamento a quella progettuale, e differenziare il ventaglio dell'offerta con particolare attenzione alla sua appropriatezza rispetto alla domanda.

3. Utilizzare i princìpi fondamentali di riferimento che sono: assicurare la presa in carico del soggetto in funzione della unitarietà dell'intervento; dare continuità al percorso assistenziale attraverso l'individuazione di specifiche responsabilità degli operatori; ridefinire le modalità di compartecipazione sanitaria e sociale in relazione ai centri assistenziali diurni, alla luce dell'Atto di indirizzo di cui al D.P.C.M. 14 febbraio 2001; coordinare i servizi ai quali la persona disabile intende accedere, per garantire la piena realizzazione del piano individuale di recupero e inserimento; rivedere i requisiti organizzativi e dimensionali delle strutture residenziali e semiresidenziali in ordine alle loro finalità riabilitative e sociali; definire le modalità di valutazione del grado di raggiungimento dei risultati e della qualità degli interventi.

2. La Giunta regionale, entro il primo anno di vigenza del presente Piano, adotta i provvedimenti di seguito indicati:

- direttive per la ridefinizione del sistema dei servizi a favore dei disabili in riferimento ai criteri e agli indirizzi contenuti nel D.P.C.M. 14 febbraio 2001 sull'integrazione socio-sanitaria e ai livelli di assistenza socio-sanitaria di cui al capitolo II del presente PSR;

- disposizioni in ordine ai processi autorizzativi e di accreditamento per le strutture e i servizi assistenziali pubblici e privati per disabili, con l'identificazione di parametri strutturali e organizzativi di riferimento idonei alla realizzazione dei Programmi individuali di assistenza e di inserimento e reinserimento sociale.

 

4.4 Bambini adolescenti e donne

     La progressiva riduzione della mortalità Infantile assestata al 9x1000 e perinatale 3,4x1000, ha seguito nella nostra Regione una tendenza analoga a quella nazionale è comunque ancora in evidenza il problema dei bambini portatori di disabilità, per patologie congenite o acquisite, che richiedono una maggiore capacità di intervento precoce di natura intensiva e riabilitativa. Specifica attenzione deve essere inoltre dedicata nella prima infanzia alle cure primarie e ai disturbi dello sviluppo psichico nell'età evolutiva.

     Il vigente PSN ha affrontato, con il Progetto obiettivo "Materno infantile", le tematiche complessive dell'area, con l'intento di promuovere la salute della donna e del bambino nel suo naturale percorso di crescita sia sul piano preventivo e sociale, sia mediante una adeguata e qualificata copertura sanitaria.

     Si rende tuttavia necessario riorientare l'azione delle Aziende del S.S.R. su alcuni aspetti di rilievo, per adeguarla agli elementi emersi, per sollecitare l'attuazione di interventi non ancora sufficientemente realizzati e per adeguarsi agli obiettivi ed alle azioni di cui al P.O. materno infantile nazionale.

     L'area della salute materno-infantile presenta alcune specificità di cui è necessario tenere conto nell'organizzazione dei servizi e dell'assistenza sanitaria. Gravidanza, parto, allattamento, prima infanzia e adolescenza rappresentano momenti delicati e particolari nella vita di una persona, ma non certo (tranne che in rari casi) patologici.

     L'assistenza, sia in termini di programmi di diagnosi che di trattamenti, deve quindi essere modulata nel rispetto della natura fisiologica di questi eventi, e saper cogliere e trattare tempestivamente la patologia senza portare ad una medicalizzazione indiscriminata e non necessaria. L'interazione con i servizi sanitari in momenti così sensibili della vita può rappresentare una utile occasione di educazione alla salute e di prevenzione.

     Anche nel caso di patologia rilevante, è importante rispettare sempre le particolari necessità dell'età pediatrica e dell'adolescenza, facendo un ridotto ricorso alla ospedalizzazione (privilegiando ricoveri brevi, di Day-Hospital e Day-Surgery, e prestazioni ambulatoriali) ed assicurando la presenza dei genitori vicino al bambino (anche neonato) senza ostacoli non necessari o limiti di tempo.

     Gli specifici aspetti assistenziali organizzativi, operativi e gestionali, correlati alla realizzazione degli obiettivi e delle azioni per garantire la tutela del bambino della donna e dell'adolescente, sono ricompresi nel Capitolo II del presente PSR relativo agli obiettivi assistenziali sia in ambito distrettuale che ospedaliero.

     Un ulteriore intervento nel settore pediatrico è quello di superare l'estrema disomogeneità e carenza degli interventi nell'ambito della pediatria di comunità, utilizzando le esperienze preesistenti e integrandole con le analoghe valenze reperibili a livello di consultori familiari, servizi sociali, servizi socio-assistenziali, associazioni e volontariato. Gli ambiti di sviluppo preminenti sono quelli indicati dal progetto materno infantile già citato. Nell'ambito delle risorse del distretto le aziende sanitarie dovranno identificare uno specifico budget per la pediatria di comunità, con particolare riferimento agli interventi di promozione della salute.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. tutela della salute della donna

1. Recepimento del Progetto Obiettivo Nazionale Materno-Infantile e predisposizione, a cura della Giunta regionale, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente P.R.S., del Progetto Obiettivo Regionale specifico, che declini in azioni da realizzarsi entro il triennio di validità del presente P.R.S. i singoli obiettivi da perseguire ed i risultati da raggiungere, nel rispetto dei princìpi di cui al successivi punti.

2. tutela e promozione della procreazione cosciente e responsabile;

2. Indirizzo per la prevenzione ed il monitoraggio delle malformazioni e delle malattie genetiche anche tramite la diagnosi prenatale sulla base di prove di efficacia (EBM) ed efficienza operativa.

3. prevenzione delle patologie pre-natali e neonatali;

3. Indirizzo per l'informazione, il counseling, il sostegno psicologico al singolo e alla coppia al fine promuovere una sessualità serena e consapevole.

4. tutela della gravidanza e della nascita;

4. Indirizzo per la prevenzione e cura dell'infertilità femminile e maschile ed individuazione di Centri dedicati specifici, eventualmente anche finalizzati alla gestione della riproduzione assistita in sede di prima applicazione del presente P.R.S., quali Centri pilota in cui sperimentare il modello assistenziale più idoneo, vengono individuate le UU.OO. di ostetricia e ginecologia del P.O. di Vibo Valentia e dell'Azienda Sanitaria n. 3, per la prevalente loro attività nel campo della sterilità ed infertilità.

5. riorganizzazione e ristrutturazione della rete consultoriale;

5. Linee guida per migliorare la qualità dell'assistenza in gravidanza, al parto e per il puerperio sia in sede ospedaliera che territoriale, secondo criteri di efficacia, con rispetto degli standard relativi ai punti nascita riportati dalle Società Scientifiche.

6. tutela e cura della salute dei minori, con particolare riferimento ai portatori di handicap e patologie croniche;

6. Adeguamento e migliore utilizzo della professionalità delle ostetriche sia a livello ospedaliero che territoriale, affinché possano attivamente, autonomamente e con precise responsabilità gestire la gravidanza, il parto e il puerperio fisiologici;

7. Integrazione socio-sanitaria.

7. Valutazione del fabbisogno ed adeguamento dell'offerta assistenziale per i parti a rischio

8. valorizzare e preservare la dimensione naturale dell'evento nascita, salvaguardandone le componenti psicologiche e sociali, facilitando al massimo le condizioni per il parto fisiologico;

8. Indirizzo per il trasporto neonatale di emergenza con il coordinamento del DEA.

9. monitoraggio dello stato di salute nella dimensione fisica, psichica e sociale, dell'infanzia, della pre-adolescenza e dell'adolescenza.

9. Prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie oncologiche femminili.

10. attenzione specifica allo stato di salute della donna in menopausa ed alle patologie collegate

10. Prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie legate alla menopausa (con particolare riguardo alla prevenzione dell'osteoporosi, anche con approcci integrati con le altre professionalità per la sua cura e riabilitazione), con individuazione di attività e Centri dedicati, capillarmente diffusi nel territorio regionale.

 

11. Indirizzo e supporto per programmi domiciliari di assistenza alla dimissione precoce.

 

 

12. Promozione di iniziative di approccio integrato consultori o pediatri e U.O. dimettenti per favorire la presa in carico del neonato da parte di medici attivi sul territorio

 

 

 

13. Adeguamento delle sedi consultoriali, razionalizzandone la distribuzione territoriale secondo i criteri della legislazione regionale in materia favorendo una distribuzione che tenga conto della caratteristiche geo-morfologiche del territorio, della comunicazione e collegamenti viari.

 

 

 

 

 

14. Indirizzo volto a favorire l'integrazione tra pediatria di libera scelta ed assistenza pediatrica ospedaliera

 

 

15. Indirizzo volto a favorire l'integrazione tra specialisti ambulatoriali della branca di ostetricia e ginecologia territoriali e le UU.OO. di ostetricia e ginecologia ospedaliere

 

 

 

16. Adeguamento previa razionalizzazione delle attrezzature ambulatoriali pediatriche e ostetrico-ginecologiche territoriali ed ospedaliere

 

 

 

17. Indirizzo per il coordinamento delle attività consultoriali con quelle ospedaliere

 

 

18. Linee guida per la prevenzione ed il trattamento delle malattie a trasmissione sessuale negli adolescenti e nei giovani

 

 

19. Sviluppo della pediatria di comunità con particolare riguardo agli interventi di integrazione con gli altri servizi e con le attività di promozione della salute in campo pediatrico.

 

 

 

20. Sviluppo e potenziamento dell'assistenza neuropsichiatria infantile con particolare riferimento alle attività di prevenzione e diagnosi precoce del disagio giovanile, ed alle attività di cura e riabilitazione dei disturbi neurologici, psichiatrici, psicologici e neuropsicologici dell'età evolutiva.

 

 

 

 

 

21. Predisposizione e pianificazione di programmi specifici (sostegno alla genitorialità, servizi per gli stranieri ed apolidi) e di ogni altro adempimento necessario per la immediata spendibilità dei fondi finalizzati trasferiti dalla Regione e non ancora utilizzati.

 

 

 

 

 

22. Recupero della mobilità passiva intraregionale per prestazioni di assistenza ospedaliera ostetrico-ginecologica erogate presso aziende di altre regioni.

 

 

 

4.4.1 Bambini adolescenti e donne - Aree specifiche di intervento

 

IL PERCORSO NASCITA

     I bassi livelli di natalità, con l'aumento dell'età materna al parto, pur in presenza di tassi di natimortalità e mortalità neonatale e infantile contenuti rendono tuttora il "percorso nascita" un'area prioritaria; molte donne avranno soltanto un figlio nell'arco della loro vita. Inoltre, le aspettative di salute sono molto elevate ed è ormai, scientificamente, acquisita la relazione tra salute neonatale e prenatale e livello di salute, mortalità nell'adulto e nell'anziano; garantire uno sviluppo ottimale in epoca perinatale rappresenta quindi un investimento a lungo termine per la salute della popolazione.

     Le linee di sviluppo per il triennio sono:

     - potenziare gli interventi di prevenzione con particolare riguardo a:

     - diagnosi precoce dei difetti congeniti;

     - accessibilità degli accertamenti diagnostici per il monitoraggio della gravidanza fisiologica;

     - prevenzione e trattamento della patologia materna e dei grandi ritardi di accrescimento intrauterino e delle prematurità;

     - completare il processo di riorganizzazione e riqualificazione della rete dei "punti nascita", con riferimento ai criteri e agli standard indicati dal vigente progetto obiettivo e ai requisiti previsti per l'accreditamento;

     - migliorare l'assistenza al parto con orientamento a:

     - sviluppare gli interventi volti all'umanizzazione dell'assistenza, organizzazione degli spazi e delle relazioni;

     - monitorare il ricorso al taglio cesareo e ridurne l'utilizzo improprio, promuovendo il parto naturale;

     - sviluppare gli interventi di assistenza e di sostegno alla donna nella fase puerperale;

     - sviluppare azioni di educazione alla salute e di prevenzione, con particolare attenzione per: sostenere e promuovere l'allattamento al seno; informare e favorire i comportamenti necessari per la prevenzione della SIDS (sindrome da morte improvvisa in culla) anche in raccordo con specifici progetti nazionali; sostenere attività di prevenzione basate su chiare prove di efficacia e di follow-up di soggetti a rischio cardio-vascolare, ed il monitoraggio dell'ipertensione in età giovanile; rafforzare i servizi per l'emergenza urgenza, privilegiando gli interventi di "trasporto in utero".

 

L'ASSISTENZA PEDIATRICA

     L'azione principale del triennio è l'effettiva messa "in rete" e la razionalizzazione delle risorse, volta al miglioramento della qualità dell'assistenza, attraverso le seguenti linee di sviluppo:

     1. Consolidare la rete pediatrica regionale ospedaliera attraverso azioni volte a:

     - favorire l'erogazione delle prestazioni di base e di maggiore frequenza in maniera diffusa sul territorio per facilitare l'accesso degli utenti;

     - individuare le strutture per l'erogazione delle prestazioni di secondo e terzo livello nelle aziende ospedaliere di ciascuna Provincia secondo criteri di quantificazione e grado di specializzazione delle stesse, per un razionale utilizzo delle tecnologie più complesse e costose e col fine di garantire la risposta ai bisogni di salute dell'età pediatrica all'interno del territorio regionale, riducendo a livelli fisiologici l'emigrazione verso strutture extraregionali;

     2. Definire il ruolo dell'Azienda Ospedaliera di Cosenza quale "polo pediatrico regionale di eccellenza" in cui devono essere assicurati:

     - il coordinamento complessivo della rete pediatrica regionale, in particolare per quanto attiene le malattie rare;

     - prestazioni complesse di diagnosi, di cura e di riabilitazione, sia di area medica che chirurgica, in rete con le strutture di riferimento regionali per specifiche aree e prestazioni di alta specialità;

     - attività di didattica e di ricerca, in rete con le altre strutture ed Enti ad esse dedicate;

     3. Promuovere la collaborazione e l'integrazione funzionale tra i Pediatri di libera scelta e le strutture ospedaliere con particolare attenzione a:

     - facilitare il percorso diagnostico per i Pediatri di libera scelta nei confronti delle patologie di frequente presentazione ai loro ambulatori, attraverso forme di accesso diretto per le indagini di laboratorio e radiologia tradizionale o ecografia di base nell'ambito di linee guida diagnostiche concordate;

     - assicurare ai pazienti di età pediatrica con patologie croniche o in evoluzione terminale la permanenza al proprio domicilio per il maggior tempo possibile potenziando, con il coinvolgimento dei Pediatri di libera scelta, le attività di ospedalizzazione a domicilio o dimissione protetta rivolte a pazienti oncologici, in terapia nutrizionale, in terapia antalgica, in cure palliative, in trattamento domiciliare con apparecchiature complesse;

     - promuovere forme di consulenza pediatrica in appoggio ai medici della continuità assistenziale, al fine di far fronte alle consistenti richieste di assistenza pediatrica presso i Pronto soccorso ospedalieri nelle ore festive, prefestive e notturne;

     - assicurare l'inserimento della rete pediatrica regionale con tutte le sue componenti nei sistemi informatizzati in rete regionali.

 

ADOLESCENZA ED ETA’ EVOLUTIVA

     E’ condivisa la necessità di dedicare un'attenzione particolare alle problematiche dell'età evolutiva e dell'adolescenza in quanto sono evidenti le "fragilità" insite in queste fasce di età e l'emergere di situazioni di disagio giovanile, condizione quest'ultima di potenziale rischio di devianza, interventi precoci possono essere risolutivi.

     La prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle patologie psicologiche e delle turbe dello sviluppo in età evolutiva (infanzia e adolescenza) rivestono un ruolo importante nella tutela della salute della popolazione; infatti le patologie psichiatriche dell'adulto trovano molto spesso le loro radici nell'età evolutiva.

     Occorre pertanto sviluppare una rete assistenziale con l'obiettivo generale di ridurre quanto più possibile l'handicap ed assicurare le competenze necessarie per assolvere ai compiti e alle funzioni specifiche nell'ambito della neuropsichiatria infantile tutoriale, ospedaliera e della riabilitazione territoriale.

 

4.5 Anziani

     Considerato l'allungamento della vita ed il rilevante uso di risorse e servizi sanitari nella terza età la salute degli anziani rappresenta una vera e propria sfida del futuro.

     Una corretta politica per la salute degli anziani richiede un coinvolgimento diretto delle comunità locali, finalizzato a prevenire lo stato di non autosufficienza ed a permettere una vecchiaia serena nel proprio ambiente sociale. Una prima valutazione dei bisogni assistenziali della popolazione anziana e dei servizi evidenzia la necessità di un intervento che coinvolga nuovi soggetti, razionalizzi l'uso delle risorse impiegate e riqualifichi i servizi esistenti.

     L'anziano non deve essere visto come soggetto passivo, ma al contrario deve esserne recuperato il ruolo, come memoria, come saggezza, come capacità di ridefinire le priorità dei valori all'interno della società, valorizzandone gli apporti in termini di creazione di sinergie e collaborazioni tra servizi, reti familiari, associazioni di volontariato.

     In una logica analoga vanno valorizzate e sostenute le risorse che la stessa comunità può mettere a disposizione, in particolare attraverso le associazioni e i gruppi di volontariato, anche di volontariato composto da anziani, secondo princìpi di solidarietà inter ed intra-generazionali.

     Le politiche nei confronti della popolazione anziana possono qualificarsi con programmi improntati ad una visione positiva dell'età anziana, promuovendo una cultura che valorizza l'anziano come soggetto sociale in una società integrata e solidale, garantendo condizioni di maggiore equità nella erogazione dei servizi.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. sostegno alle famiglie con anziani non autosufficienti bisognosi di assistenza a domicilio;

1. la valorizzazione delle azioni di prevenzione della non autosufficienza;

2. innovazione e diversificazione dell'offerta di servizi e interventi integrati;

2. l'universalità ed equità di accesso ai servizi;

3. riconoscimento del diritto dell'anziano a scegliere i servizi e le prestazioni più adeguate

3. l'appropriatezza e personalizzazione dell'offerta rispetto ai bisogni;

4. l'individuazione degli interventi a livello locale si deve basare sulla analisi dei bisogni, dei servizi erogati e del rapporto quantitativo bisogni/servizi, nonché sulle previsioni demografiche relative al periodo di riferimento del presente P.S.R. Lo studio di questi aspetti in ciascuna delle Aziende Sanitarie rappresenta lo strumento di base per la realizzazione degli obiettivi attraverso lo sviluppo degli strumenti specifici

4. il riequilibrio fra i settori dell'offerta;

5. Gli strumenti specifici per quanto riguarda l'assistenza residenziale (RSA - Ospedale di Comunità) riassorbimento della domanda in eccesso, in adeguamento alle tendenze demografiche, dovrà essere previsto, se necessario, un ampliamento contenuto delle disponibilità di accoglienza nelle RSA e meno contenuto di tipologie particolari di assolvimento dei bisogni, come gli ospedali di Comunità di cui al presente P.R.S., con contestuale riassorbimento di ricoveri "impropri", soprattutto nelle UU.OO. ospedaliere per acuti (geriatria e medicina generale) e per non acuti (lungodegenza);

5. l'utilizzo della valutazione multidimensionale ed interdisciplinare della condizione della persona, come strumento per l'individuazione dei suoi bisogni e la conseguente definizione del progetto personalizzato e per la verifica periodica degli esiti; per l'accesso alle strutture, ferma restando la valutazione multidimensionale prevista, necessita altresì d'impegnativa del medico curante.

6. Gli strumenti specifici per quanto riguarda l'assistenza domiciliare (ADI ed ADP) adeguamento quantitativo. Si intende qualificare il ruolo del servizio pubblico, soprattutto in funzione di coordinamento e controllo di qualità, con sviluppo di una offerta di servizi da ampliare anche attraverso il concorso del privato imprenditore e "no profit", salvaguardando il principio dell'universalità di accesso alle prestazioni; Adeguamento qualitativo. Dovrà essere avviato il processo di valorizzazione e di accreditamento dei Servizi domiciliari pubblici e privati, volto ad identificare i parametri strutturali ed organizzativi di riferimento per la realizzazione a domicilio dei Programmi assistenziali individuali.

6. la migliore integrazione dei servizi sociali e sanitari sulla base della effettiva natura dei bisogni;

7. Gli strumenti specifici per quanto riguarda la prevenzione della non autosufficienza: avvio di programmi per un migliore inserimento ambientale e sociale degli anziani nelle comunità locali, soprattutto nella fase di "fragilità"; avvio di programmi di controllo di qualità ed appropriatezza delle prestazioni sanitarie rivolte ad anziani con patologia acuta (frattura di femore, ictus, scompenso cardiaco e respiratorio, infarto), col fine di contenimento degli esiti invalidanti.

7. il rispetto, da parte dei soggetti titolari delle funzioni, del principio di unitarietà della gestione degli interventi integrati.

 

8. riorganizzazione delle strutture residenziali e a regime diurno attraverso un più corretto rapporto fra funzione di supporto familiare, abitativo e sociale, assistenza a lungo termine anche sanitaria, ed intervento sanitario propriamente detto per le fasi acute e sub-acute e per le fasi di non autosufficienza stabilizzata;

 

 

 

 

 

 

 

9. ricollocazione delle prestazioni attualmente fornite impropriamente da strutture più strettamente sanitarie, per una più corretta risposta rispetto a bisogni di valenza prevalentemente sociale;

 

 

 

 

10. diffusione, anche attraverso nuove forme di affidamento dei servizi ai soggetti produttori privati, dell'assistenza a domicilio, sviluppando il ruolo regolatore e programmatore del servizio pubblico, e la partecipazione attiva dei Comuni e delle comunità locali, nell'ambito dei piani territoriali delle attività distrettuali;

 

 

 

 

 

 

 

11. concorso integrato di competenze e risorse sociali e sanitarie secondo criteri definiti in riferimento ai princìpi posti dall'Atto di indirizzo e coordinamento sull'integrazione di cui al D.P.C.M. 14 febbraio 2001;

 

 

 

 

 

12. utilizzazione degli Accordi di programma tra Aziende e Comuni e dei Piani delle attività distrettuali per la co-progettazione degli interventi integrati nell'area della non autosufficienza;

 

 

 

 

13. definizione dei criteri di partecipazione alla spesa da parte della persona e della famiglia nella fruizione dei servizi e di interventi e prestazioni socio-sanitarie.

 

 

 

4.6 Malati terminali

     Le persone affette da patologie evolutive irreversibili per le quali non esistono trattamenti risolutivi, necessitano di una assistenza finalizzata al controllo del dolore, alla prevenzione e cura delle infezioni, al trattamento fisioterapico e al supporto psico-sociale. Oltre al paziente, l'attenzione deve essere dedicata ai familiari, prima e dopo il decesso del malato. In questi casi, un'assistenza di buona qualità deve offrire la possibilità di trascorrere l'ultima parte della vita in famiglia, o, quando questo non è possibile, in strutture di ricovero adeguate alla natura dei problemi.

     Per garantire la realizzazione di tali obiettivi ogni attività relativa dovrà essere organizzata prevedendo l'attivazione nelle Aziende Sanitarie di strutture dedicate alle cure palliative, organizzate in rete, che funzionino anche come centrali operative dei servizi finalizzati all'assistenza ai malati terminali.

 

OBIETTIVI

AZIONI

Obiettivo principale del Piano Regionale per la Salute è quello di migliorare l'assistenza erogata alle persone che affrontano la fase terminale della vita.

1. potenziamento dell'assistenza medica e infermieristica a domicilio;

 

2. erogazione di assistenza farmaceutica a domicilio tramite le farmacie a gestione diretta o convenzionate

 

 

 

3. potenziamento degli interventi di terapia palliativa e antalgica; negli ospedali specializzati, dovranno essere attivate strutture autonome finalizzate alla Terapia del Dolore. La Regione Calabria aderisce al Progetto dell'Ospedale Senza Dolore, uno dei programmi internazionali dell'Heaith Promoting Hospital (H.P.H.).

Nelle unità operative di anestesia dei P.O. delle Aziende Ospedaliere e delle Aziende sanitarie, devono essere attivate strutture di fisiopatologia e terapia del dolore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. sostegno psico-sociale al malato e ai suoi familiari;

 

5. promozione al coordinamento del volontariato di assistenza ai malati terminali;

 

 

6. adeguamento del personale per l'assistenza palliativa medica e infermieristica a domicilio;

 

 

7. effettuazione di interventi di terapia palliativa e antalgica e per il sostegno psicologico e sociale del malato e dei suoi familiari;

 

 

 

8. realizzazione di strutture residenziali (hospice-legge 39/99) ove sia possibile garantire un alto grado di umanizzazione dell'assistenza ed una adeguata accoglienza, anche ai familiari tenendo conto delle convinzioni religiose dei soggetti per offrire assistenza e cura ad una categoria di pazienti in fase critica che per diverse motivazioni non possono essere seguiti in regime domiciliare e per i quali il ricovero ospedaliero risulta non necessario ed inadeguato alle loro esigenze.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4.7 Detenuti

     Il Decreto Legislativo n. 230 del 22 giugno 1999 ha posto le basi per una seria riflessione sul problema della salute all'interno degli istituti penitenziari, avviando un processo di riordino della medicina penitenziaria e chiamando le Regioni, i Comuni, le Aziende USL e gli istituti penitenziari a concorrere responsabilmente alla realizzazione di condizioni di protezione della salute dei detenuti e degli internati.

     L'organizzazione dell'assistenza sanitaria penitenziaria è attualmente rappresentata da un 1° livello, che risponde alle esigenze di assistenza medica di base e all'emergenza, e da un 2° livello, a carattere di consulenza specialistica e, in qualche realtà, di servizio psichiatrico interno.

 

OBIETTIVI

AZIONI

1. sostenere tutte le collaborazioni possibili tra Aziende Sanitarie e Istituti penitenziari, finalizzate al miglioramento delle condizioni di salute dei detenuti;

1. contribuire a potenziare e migliorare l'assistenza in tutti gli istituti di pena per gli aspetti di salute mentale e per le patologie infettivologiche, con convenzioni dirette tra le Aziende e le carceri.

2. assicurare la presenza attiva dei servizi delle Aziende Sanitarie nei settori della medicina di base, della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti tossicodipendenti;

2. ricercare soluzioni e promuovere forme di collaborazione tra le Aziende Sanitarie e gli istituti penitenziari per ottimizzare, con le risorse disponibili, la erogazione dei farmaci necessari all'assistenza ai detenuti, anche attraverso possibili forme di acquisto centralizzato;

3. intervenire nelle aree di maggiore criticità, rappresentate particolarmente dai problemi di salute mentale e di natura infettivologica, attraverso la realizzazione di progettualità specifiche in alcune realtà carcerarie;

3. promuovere corsi di formazione per la crescita professionale degli operatori sanitari che operano nelle carceri.

4. contribuire ad una specifica azione sanitaria a favore dei minori che transitano negli istituti penitenziari minorili.

 

 

OBIETTIVI PIANO SANITARIO NAZIONALE

 

     II Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 è stato approvato con D.P.R. 23 maggio 2003, nello stesso sono stati individuati gli obiettivi da raggiungere per attuare la garanzia costituzionale del diritto alla salute e degli altri diritti sociali e civili in ambito sanitario ed è previsto che i suddetti obiettivi si intendono conseguibili nel rispetto dell'accordo 8 agosto 2001 fra Stato, Regioni e Province Autonome, come integrato dalle leggi finanziarie per gli anni 2002, 2003 e nei limiti e in coerenza dei programmati livelli di assistenza di cui al D.P.C.M. 29 novembre 2001 e successive integrazioni.

     In particolare gli obiettivi che il PSN 2003-2005 individua per la strategia del cambiamento, e che il Piano Regionale per la Salute 2004-2006 fa propri, sono:

     1. Attuare, monitorare e aggiornare l'accordo sui Livelli essenziali di assistenza e ridurre le liste di attesa;

     2. Promuovere una rete integrata di servizi sanitari e sociali per l'assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili;

     3. Garantire e monitorare la qualità dell'assistenza sanitaria e delle tecnologie biomediche;

     4. Potenziare i fattori di sviluppo (o capitali) della sanità;

     5. Realizzare una formazione permanente di alto livello in medicina e in sanità;

     6. Promuovere l'eccellenza e riqualificare le strutture ospedaliere;

     7. Promuovere il territorio quale primaria sede di assistenza e di governo dei percorsi sanitari e socio sanitari e potenziare i servizi di emergenza urgenza;

     8. Promuovere la ricerca biomedica e biotecnologica e quella sui servizi sanitari;

     9. Promuovere gli stili di vita salutari, la prevenzione e la comunicazione pubblica della salute;

     10. Promuovere un corretto uso dei farmaci e la farmacovigilanza;

     Le priorità di attuazione del PSN sono state individuate nelle seguenti linee progettuali:

     1. Lo sviluppo della politica dei livelli essenziali di assistenza;

     2. Le cure primarie;

     3. Rete integrata dei servizi sanitari e sociali per la non autosufficienza;

     4. Centri di eccellenza;

     5. Comunicazione istituzionale

     Per ciascuna priorità, inoltre, sono stati individuati gli ambiti specifici di collaborazione tra Stato e Regioni per il triennio di validità e più precisamente, con risorse dedicate, individuate annualmente, a seguito di specifico Accordo tra Stato e Regioni:

     1. Lo sviluppo della politica dei livelli essenziali di assistenza:

     - sviluppare un sistema di indicatori pertinenti e continuamente aggiornati per il monitoraggio della applicazione del L.E.A., la verifica, il controllo, e l'aggiornamento della loro applicazione;

     - definire standard quantitativi e qualitativi delle prestazioni al fine di orientare i servizi sanitari regionali verso una migliore organizzazione e un appropriato dimensionamento dell'offerta;

     - rilevare e rendere pubblici sistematicamente i tempi di attesa per le prestazioni di diagnosi e cura secondo una metodologia omogenea e condivisa;

     - sperimentare strumenti più efficaci per realizzare condizioni di uniformità e trasparenza delle liste di prenotazione per le prestazioni diagnostiche e terapeutiche, anche tenendo conto delle iniziative di altri paesi europei.

     2. Le cure primarie:

     - realizzare un processo organizzativo di riordino che garantisca un'efficace continuità assistenziale, la riduzione di ricoveri ospedalieri inappropriati, la attivazione dei percorsi assistenziali, ed un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi sanitari e sociali;

     - sperimentare nuove modalità di erogazione dei servizi territoriali anche utilizzando la riconversione dei piccoli ospedali;

     - sperimentare nuove modalità operative in tali centri compresa la gestione di un budget omnicomprensivo.

     3. Rete integrata dei servizi sanitari e sociali per la non autosufficienza:

     - sperimentare forme innovative di governo della rete integrata di servizi sanitari e sociali di presa in carico dell'anziano, del disabile e del paziente cronico;

     - sperimentare modalità innovative di cure domiciliari;

     - attuare le Linee Guida per le cure palliative, relative ai percorsi assistenziali e la formazione specifica degli operatori.

     4. Centri di eccellenza:

     - definire criteri oggettivi per la definizione dei Centri di Eccellenza;

     - favorire il lavoro in rete dei Centri di Eccellenza operanti sul territorio nazionale per migliorare l'assistenza ai pazienti in ogni area del Paese;

     - avviare in via sperimentale servizi di consulenza a distanza, compresa la telemedicina, tra i Centri di Eccellenza e le altre strutture e figure sanitarie;

     - promuovere un sistema di bench-marking per la valutazione delle prestazioni di alta specialità.

     5. Comunicazione istituzionale:

     - promuovere un piano di comunicazione istituzionale sugli stili di vita i comportamenti salutari e non salutari e la prevenzione che comprenda campagne su temi di interesse generalizzato, quali l'alimentazione, l'attività fisica e la lotta al fumo, ma anche gli screening per i tumori;

     - diffondere informazioni relative alla localizzazione dei servizi e alle caratteristiche delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, anche tramite banche-dati on-line ed interconnesse;

     - migliorare l'attività degli Uffici relazioni con il pubblico (U.R.P.) e della funzione di comunicazione dei Centri unici di prenotazione (C.U.P.) o degli altri uffici, strutture e modalità messe a disposizione dei cittadini per le prenotazioni;

     - aggiornare i medici e gli altri operatori sanitari in tema di processi di comunicazione;

     - favorire iniziative per il monitoraggio della qualità dell'informazione sulla salute e la sanità in Italia (siti internet, carta stampata, TV, radio).

     Per l'anno 2003, con la D.G.R. del 17 novembre 2003, n. 927, alle linee progettuali di cui sopra sono state assegnate le seguenti percentuali di utilizzo delle risorse assegnate alla Regione Calabria:

 

- Lo sviluppo della politica dei livelli essenziali di assistenza:

22,00%

- Le cure primarie:

22,00%

- Rete integrata dei servizi sanitari e sociali per la non autosufficienza:

12,00%

- Centri di eccellenza:

22,00%

- Comunicazione istituzionale:

22,00%

 

     Analogamente, per le successive annualità, le modalità attuative relative agli obiettivi di PSN 2003-2005 saranno individuate nell'ambito degli indirizzi di programmazione determinati dalla Giunta regionale.

 

 

OBIETTIVI ASSISTENZIALI E LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA

 

Introduzione

 

Le garanzie assistenziali del Servizio Sanitario Regionale

     La Regione assicura, in condizioni uniformi su tutto il territorio regionale e per tutti i cittadini, i Livelli essenziali di assistenza (L.E.A.) definiti dal D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti, nel rispetto dei princìpi della dignità umana, del bisogno di salute, dell'equità dell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse.

     Contestualmente all'individuazione dei L.E.A. assicurati dal Servizio Sanitario Regionale per il periodo di validità del presente P.R.S. sono individuate le risorse finanziarie destinate al Servizio Sanitario Regionale.

     Le prestazioni ed attività sanitarie comprese nei L.E.A. sono garantite dal Servizio Sanitario Regionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione nazionale nonché dalle disposizioni regionali eventualmente adottate ai sensi dell'articolo 13 del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

     Oltre che il riassetto organizzativo e funzionale delle strutture e dei servizi che dovranno assicurare le prestazioni e le attività sanitarie comprese nei L.E.A., indicato nel presente P.R.S., la Regione, al fine di garantire maggiore appropriatezza delle prestazioni, dispone l'adozione da parte delle Aziende di linee guida tecnico-professionali, coerenti ed integrate con il programma nazionale, provvedendo nel contempo ad una adeguata informazione ai cittadini.

     Il programma regionale di linee guida farà riferimento ai princìpi della Evidence Based Medicine, tenendo in considerazione i risultati di esperienze internazionali e nazionali, le indicazioni del Ministero della Salute e i contributi delle Società Scientifiche, prevedendo l'adesione a programmi collaborativi con altre Regioni e promuovendo la collaborazione tra Aziende del S.S.R. Il programma regionale di linee guida sarà sviluppato con il contributo dell'Università e delle Società Scientifiche, sarà sostenuto da iniziative di formazione e sarà integrato con le politiche e gli obiettivi dei S.S.R.

 

I Livelli essenziali di assistenza (L.E.A.)

     I Livelli essenziali di assistenza di cui al presente P.R.S. sono il frutto concreto dell'Accordo stipulato tra il Governo e le Regioni in materia sanitaria l'8 agosto 2001.

     Essi includono per la prima volta il concetto di garanzia dell'assistenza a cui il cittadino ha diritto.

     Coerentemente con le determinazioni assunte in sede di accordo tra Stato e Regioni ed in attuazione dello stesso accordo, gli obiettivi assistenziali da perseguire nell'arco di vigenza del presente P.R.S. sono direttamente correlati ai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, definiti e adottati su scala nazionale con l'entrata in vigore del D.P.C.M. 29.11.2001 e qui di seguito riportati:

     1. Prevenzione collettiva negli ambienti di vita e di lavoro

     2. Assistenza distrettuale

     3. Assistenza ospedaliera

     Ciascuno dei tre macrolivelli sopra indicati è articolato al suo interno in sottolivelli, la tipologia di prestazioni e attività sanitarie comprese nei L.E.A. è analiticamente indicata nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

     La garanzia dei Livelli essenziali di assistenza ai cittadini calabresi, nonché l'efficace ed efficiente erogazione delle prestazioni e delle attività in essi ricomprese, costituiscono, in relazione alle rispettive e specifiche competenze ed attribuzioni istituzionali delle Aziende del S.S.R., gli obiettivi assistenziali che le Aziende Sanitarie dovranno perseguire e realizzare con il programma delle attività distrettuali e le Aziende Ospedaliere dovranno includere nei rispettivi piani attuativi, nell'arco di vigenza del presente P.R.S.

     La Giunta regionale, al fine di assicurare trasparenza, confrontabilità e verifica dell'assistenza erogata attraverso i L.E.A., definisce criteri specifici di monitoraggio, utilizzando il sistema di indicatori stabilito dal D.M. 12 dicembre 2001.

     Per il triennio 2004-2006 la Regione, tenuto conto delle indicazioni del vigente P.R.S., delle disposizioni di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui L.E.A. e dei correlati provvedimenti al riguardo già assunti dalla Giunta regionale, individua i seguenti interventi, che dovranno essere declinati nel Piano Attuativo Locale e nel Programma delle attività territoriali adottati dalle Aziende Sanitarie e nel Piano di Attività Aziendale delle Aziende Ospedaliere dei S.S.R., in esecuzione degli indirizzi di programmazione sanitaria di cui al presente P.R.S.:

     A. Depotenziamento

     - liberare risorse allo stato assorbite dall'area ospedaliera e da utilizzare in parte per potenziare gli altri livelli di assistenza (prevenzione e distrettuale) ed in parte per potenziare la rete delle alte specialità ospedaliere e dei centri di eccellenza a valenza regionale.

     B. Potenziamento

     - Attività assistenziali relative a interventi chirurgici d'elezione e non, per i quali si registrano ancora rilevanti indici di fuga verso altre Regioni del Paese con conseguente incremento della mobilità sanitaria passiva

     - Attività di day-hospital e day-surgery

     - Attività di emergenza/urgenza sia nella fase territoriale che ospedaliera

     - Assistenza sanitaria di base

     - Assistenza domiciliare

     - Assistenza riabilitativa e lungodegenza

     - Prevenzione collettiva in ambienti di vita e di lavoro

 

L'educazione dei cittadini per un migliore uso dei livelli di assistenza

     Occorre ri-orientare la domanda di salute secondo princìpi di appropriatezza avviando iniziative di educazione ed informazione rivolte ai cittadini.

     La strategia dell'informazione deve stimolare ed alimentare tra i cittadini una cultura sanitaria finalizzata al raggiungimento della consapevolezza della inutilità di una serie di pratiche mediche la cui richiesta è in continua crescita. Una migliore informazione sulle opportunità terapeutiche e sui fattori di salute, nonché sul rischi derivanti dall'abuso di pratiche mediche non necessarie, deve portare ad una riduzione nella richiesta di interventi terapeutici inappropriati.

     Nei programmi delle attività territoriali, redatti sulla base degli indirizzi regionali di cui al presente P.R.S., ciascun Distretto dovrà individuare le azioni volte a promuovere tra i cittadini una maggiore consapevolezza dei criteri di appropriatezza di utilizzo dei livelli assistenziali e di singole prestazioni.

 

Obiettivo 1 - Prevenzione collettiva in ambienti di vita e di lavoro

 

PRESTAZIONI

     Le prestazioni e le attività ricomprese nei L.E.A. prevenzione collettiva in ambienti di vita e di lavoro sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti; nello stesso sono indicate anche le prestazioni e le attività di ciascuno dei sottolivelli in cui si articola, nonché la ricognizione della normativa nazionale vigente in materia di prevenzione collettiva, con l'indicazione delle prestazioni erogabili, delle strutture di offerta e delle funzioni. Ivi sono indicate altresì le articolazioni in sottolivelli adottate.

 

OBIETTIVI E AZIONI GENERALI

     In ciascuna Azienda Sanitaria il livello di assistenza prevenzione collettiva negli ambienti di vita e di lavoro è garantito all'utenza attraverso il competente Dipartimento di Prevenzione, mediante iniziative organizzate dalle Aziende Sanitarie e realizzate nei Distretti con le altre strutture produttive dell'Azienda.

     In ogni Azienda Sanitaria si dovranno garantire, in maniera integrata e coordinata, gli obiettivi di prevenzione collettiva e sanità pubblica di cui al presente P.R.S., anche a supporto dell'autorità sanitaria locale, articolando presso i distretti le attività di prevenzione rivolte alla persona.

     I criteri su cui deve basarsi nell'Azienda il sistema di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro sono essenzialmente:

     - l'unitarietà degli aspetti igienico-sanitari, di sicurezza ed ambientali

     - l'intersettorialità e la interdisciplinarietà degli interventi

     - la partecipazione di tutti i soggetti interessati

     - la trasformazione degli interventi di prevenzione da meri adempimenti normativi a pianificazione e realizzazione di programmi di prevenzione.

     Le attività attraverso cui il Dipartimento di Prevenzione esplica la sua azione sono principalmente:

     - informazione

     - formazione

     - educazione sanitaria

     - assistenza

     - vigilanza

     - controllo.

     Esse dovranno svilupparsi attraverso:

     - elaborazione di programmi di lavoro, facenti parte dei piani attuativi aziendali;

     - sviluppo di modalità organizzative di offerta anche in collaborazione con altre strutture dell'Azienda in funzione delle esigenze dei cittadini, degli Enti locali, delle aziende produttive e dell’Azienda sanitaria stessa;

     - revisione critica e sistematica della qualità, quantità e costi delle prestazioni e della attività svolta;

     - riassetto e definitiva strutturazione organizzativa del Dipartimento di Prevenzione tenuto conto degli indirizzi regionali appresso indicati;

     - programma di aggiornamento e formazione degli operatori per promuovere lo sviluppo di abilità e competenze necessarie per adempiere alle funzioni in evoluzione della sanità pubblica;

     - promozione di adeguati sistemi informativi dipartimentali a fini sia informativi che gestionali.

 

APPROPRIATEZZA NELLE ATTIVITA’ DI PREVENZIONE

     Costituisce obiettivo del presente P.R.S. l'individuazione di quelle prestazioni svolte dal Dipartimento di Prevenzione delle Aziende Sanitarie per le quali è documentata la scarsa utilità e di quelle prestazioni svolte o programmabili per le quali è documentata l'efficacia.

     Ai fini della individuazione delle prestazioni di cui sopra, strettamente secondo i criteri di "evidence based prevention" entro il primo anno di vigenza del presente P.R.S., è istituito uno specifico gruppo di lavoro a livello regionale, costituito da personale designato dalle Aziende Sanitarie che, con il coordinamento operativo del competente settore del Dipartimento Sanità della Regione, e l'apporto scientifico e tecnico dell'Università, delle Società scientifiche e degli esperti esterni di specifica competenza (afferenti all'Istituto Superiore di Sanità ovvero ad altre Regioni e/o Agenzie), ha il compito di stilare le liste delle prestazioni e attività dei Dipartimenti di Prevenzione secondo le categorie sopra indicate.

     La Giunta regionale, entro sei mesi dall'approvazione del presente P.R.S., è autorizzata a completare il trasferimento alle Aziende dei S.S.R. ovvero all'A.R.P.A.CAL., delle funzioni di prevenzione già di diretta esecuzione del Dipartimento Sanità (ex medico Provinciale ed analoghe), già previste dal R.D. n. 1235/34 (Testo Unico delle leggi sanitarie), ovvero nella legge n. 833/78 o in altre norme nazionali o regionali.

 

OBIETTIVI SPECIFICI

     Gli obiettivi specifici per ciascuno dei sottolivelli dei L.E.A. prevenzione collettiva per il triennio sono:

 

Obiettivo 1.1. Profilassi delle malattie infettive e diffusive

 

Prestazioni

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Azioni prioritarie

     1. intensificare le attività di controllo delle malattie infettive e bonifica focolai;

     2. intensificare gli interventi di profilassi e di educazione sanitaria per prevenire il diffondersi delle malattie infettive, con particolare attenzione alla realizzazione di adeguati tassi di copertura vaccinale nella popolazione;

     3. sviluppare le azioni e gli interventi di profilassi nell'ambito della medicina del viaggiatore;

     4. è allocata nella Unità Operativa di igiene delle Aziende Sanitarie l'attività di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione rivolta al controllo degli agenti vettori di malattie infettive e parassitarie epidemiche. Tale attività è ricompresa nella classificazione dei L.E.A. di cui al D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i..

 

Obiettivo 1.2. Tutela della collettività e dei singoli dai rischi connessi con gli ambienti di vita, anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali

 

Prestazioni

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Situazione

     La molteplicità delle condizioni che caratterizzano l'ambiente di vita determina situazioni che si traducono spesso in rischi per la salute. Il campo della tutela dei rischi negli ambienti di vita è ampio, diversificato e regolato da numerosissime norme che richiedono per la loro applicazione operatori qualificati e professionalità adeguate.

     Le azioni delle Aziende Sanitarie negli ambienti di vita collettiva comportano specifiche responsabilità e l'esigenza di risposte adeguate alla sempre crescente domanda di informazione e formazione da parte dei cittadini e degli imprenditori, singoli ed associati, più direttamente coinvolti nelle attività e nelle scelte per la prevenzione.

     Tradizionalmente questa attività è caratterizzata dal ricorso ad autorizzazioni preventive ed interventi ispettivi, frequentemente percepiti come procedure burocratiche, inutilmente limitative dell'autonomia individuale.

     Le relazioni con gli utenti e con i cittadini acquistano pertanto per tali attività una rilevanza critica altrettanto importante che per le altre attività sanitarie. Il P.R.S. intende assumere le relazioni con gli utenti e la semplificazione burocratica delle attività di prevenzione come una priorità.

     La riorganizzazione del S.S.R. nonché l'attuazione della L.R. 3 agosto 1999, n. 20, istitutiva dell'Agenzia regionale protezione ambientale (A.R.P.A.CAL.), ha rappresentato per i Servizi Igiene Pubblica, Igiene dell'Ambiente, Igiene e Sicurezza negli ambienti di lavoro e Medicina Legale un profondo riassetto delle attività in essere. La ripartizione dell'attività complessiva ed il conseguente trasferimento all'A.R.P.A.CAL. di competenze e di operatori introducono elementi di criticità e difficoltà operative di cui tenere conto.

     In relazione inoltre agli effetti degli inquinanti ambientali, le attività di monitoraggio ambientale permettono di far rilevare come con l'acquisizione di conoscenze specifiche del problema possano essere avviate iniziative o processi che evidenziano la tendenza al progressivo miglioramento delle singole situazioni.

     Il confronto dei livelli misurati con i limiti di accettabilità delle concentrazioni, limiti massimi di esposizione o valori limite di qualità previsti dalla normativa, costituisce un sicuro punto di riferimento per emettere un primo giudizio igienico sanitario sull'esistenza o meno di un rischio per la salute della popolazione.

     La prevenzione delle malattie connesse con l'inquinamento deve comprendere non solo misure che intervengano sulle fonti e sulle concentrazioni di agenti inquinanti e sulla limitazione dell'esposizione, ma anche azioni di sanità pubblica destinate alla popolazione tali da consentire agli individui di ridurre l'esposizione e di attenuare gli effetti negativi sulla salute e considerando che i dati sugli effetti sanitari e sull'esposizione dovrebbero essere raccolti contestualmente ai dati sulle concentrazioni degli agenti inquinanti.

     E’ necessario a tali fini che il Dipartimento Sanità sviluppi una reale integrazione operativa con l'A.R.P.A.CAL., anche attraverso accordi, ai fini di una sempre più efficace azione a tutela della salute pubblica.

 

Azioni prioritarie:

     1. verifica dell'adeguatezza delle risorse delle Unità Operative di igiene e Sanità Pubblica e la tutela dei rischi connessi con gli ambienti di vita;

     2. programmi di formazione focalizzati su contenuti tecnici specifici e sull'importanza di approccio globale alla prevenzione in ambiente di vita;

     3. indirizzo e supporto per il raccordo tecnico-funzionale tra i Dipartimenti di Prevenzione e l'A.R.P.A.CAL.;

     4. anagrafe aggiornata delle attività produttive;

     5. indirizzo per la attivazione di uno Sportello per la prevenzione e la sanità pubblica;

     6. partecipazione alla costruzione di sistemi di sorveglianza epidemiologica per il monitoraggio dello stato di salute con particolare riguardo agli effetti delle iniziative di prevenzione;

     7. supporto per promuovere progetti in collaborazione con i medici di medicina generale, medici pediatri, medici ospedalieri e specialisti territoriali per la realizzazione di attività di prevenzione;

     8. verifica degli effetti sulla salute da inquinamento atmosferico e acustico ed adottare i provvedimenti correlati;

     9. verifica degli effetti sulla salute da impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed adottare i provvedimenti correlati;

     10. verifica degli effetti sulla salute da detenzione e smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi ed adottare i provvedimenti correlati;

     11. verifica degli effetti sulla salute dalla qualità delle acque destinate al consumo umano ed adottare i provvedimenti correlati;

     12. verifica degli effetti sulla salute dalla qualità delle piscine pubbliche o di uso pubblico ed adottare i provvedimenti correlati;

     13. verifica degli effetti sulla salute dalla qualità delle acque di balneazione ed adottare i provvedimenti correlati;

     14. verifica degli effetti sulla salute da scarichi civili, produttivi e sanitari ed adottare i provvedimenti correlati;

     15. valutazione dell'impatto sulla salute umana dei fattori di nocività, pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e indicare le misure idonee alla tutela della salute umana;

     16. determinazione qualitativa e quantitativa dei fattori di rischio di tipo biologico presenti negli ambienti di vita ed adozione dei provvedimenti correlati;

     17. incremento delle misure di controllo e sicurezza di impianti negli ambienti di vita ed adottare i provvedimenti correlati;

     18. sviluppo della formulazione di mappe di rischio ambientale;

     19. verifica della compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamento industriali e di attività lavorative in genere con le esigenze di tutela della salute della popolazione;

     20. adozione degli interventi di tutela delle condizioni igieniche e di sicurezza degli edifici in relazione alle diverse utilizzazioni con particolare riferimento agli edifici ad uso pubblico;

     21. intensificazione dell'attività di vigilanza e controllo sui cosmetici;

     22. intensificazione dell'attività di controllo sulla produzione, detenzione, commercio e impiego dei gas tossici;

     23. intensificazione dell'attività di controllo sull'uso delle radiazioni ionizzanti e non negli ambienti;

     24. intensificazione dell'attività di vigilanza e controllo delle sostanze e dei preparati pericolosi e sulla loro etichettatura;

     25. intensificazione dell'attività di controllo e vigilanza sulle industrie insalubri.

 

Obiettivo 1.3. Tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro

 

Prestazioni:

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Situazione

     Il campo della prevenzione e sicurezza sul lavoro è stato oggetto di numerosi provvedimenti legislativi conseguenti principalmente al recepimento delle direttive comunitarie.

     Tali norme hanno introdotto importanti innovazioni tecnico-scientifiche, procedurali ed organizzative che comportano la necessità di adeguamenti delle UUOOPSAL.

     La vigilanza rappresenta ancora un aspetto prevalente dell'attività, indirizzata al rispetto della normativa vigente ed attuata su richiesta e per conto della Autorità Giudiziaria.

     Il D.Lgs. di riordino ha introdotto a carico degli operatori nuovi compiti e nuove responsabilità con conseguenti ricadute sull'attività delle UUOOPSAL e a seguito dell'istituzione dell'A.R.P.A.CAL. restano da definire gli aspetti relativi alle verifiche impiantistiche.

 

Azioni prioritarie

     1. adeguamento, ove necessario, del personale delle UUOOPSAL;

     2. formazione degli operatori in relazione ai nuovi compiti;

     3. definizione dei rapporti operativi con l'A.R.P.A.CAL. in merito alle verifiche impiantistiche periodiche;

     4. coordinamento dei diversi soggetti appartenenti a Pubbliche Amministrazioni anche sulla base degli indirizzi del Comitato Regionale di Coordinamento previsto in base al D.Lgs. n. 626/94;

     5. intensificazione delle attività di vigilanza e controllo per la individuazione, accertamento e controllo dei fattori di nocività, pericolosità e deterioramento negli ambienti di lavoro anche attraverso la formulazione di mappe di rischio;

     6. intensificazione dell'attività di determinazione qualitativa e quantitativa e controllo dei fattori di rischio di tipo chimico, fisico, biologico ed organizzativo presenti negli ambienti di lavoro;

     7. intensificazione dell'attività di controllo della sicurezza e delle caratteristiche ergonomiche e di igiene di ambienti, macchine, impianti e prestazioni di lavoro;

     8. sviluppo della sorveglianza epidemiologica e costruzione di un sistema informativo su rischi e danni di lavoro;

     9. indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento degli ambienti di lavoro;

     10. verifica della compatibilità dei progetti di insediamento industriale e di attività lavorative in genere con le esigenze di tutela della salute dei lavoratori;

     11. intensificazione degli interventi di vigilanza relativi alle aziende con rischi di incidenti rilevanti;

     12. realizzazione compiuta dell'attività di valutazione delle idoneità al lavoro specifico nei casi previsti dalla legge;

     13. elaborazione e conduzione di programmi di ricerca per il miglioramento delle condizioni di salute, di igiene e sicurezza del lavoro;

     14. predisposizione e conduzione di specifiche indagini per infortuni e malattie professionali;

     15. intensificazione dei controlli sull'utilizzo delle radiazioni ionizzanti in ambiente di lavoro finalizzato alla tutela della salute dei lavoratori;

     16. intensificazione dell'attività di informazione e formazione dell'utenza in materia di igiene, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro;

     17. realizzazione compiuta degli interventi delle attività di tutela della salute delle lavoratrici madri.

 

Obiettivo 1.4. Tutela igienico sanitaria degli alimenti

 

Prestazioni:

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Situazione

     I recenti provvedimenti legislativi conseguenti al recepimento di direttive comunitarie hanno introdotto importanti innovazioni culturali e tecnico-scientifiche procedurali ed organizzative che comportano la necessità di adeguamenti organizzativi.

     L'applicazione delle linee guida ministeriali per i Servizi di igiene degli Alimenti, Veterinaria e della Nutrizione consentirà di allocare meglio le risorse di personale, provvedendo nel contempo a specifiche azioni formative.

     L'esigenza di riqualificazione professionale deve intendersi estesa al personale trasferito dagli ex PP.MM.PP. e dalle AA.SS.LL. per continuare a svolgere in tale ambito i precedenti compiti di controllo ed in particolare quelli previsti in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari.

     L'applicazione del recente D.Lgs. n. 156/97 unitamente al recepimento di tutte le direttive di carattere generale e della conseguente innovazione costituita dall'autocontrollo quale significativa responsabilizzazione del produttore in materia, insieme con il recepimento delle citate linee guida ministeriali per i Servizi di igiene degli alimenti, costituiscono l'occasione per riconsiderare il ruolo delle Strutture pubbliche deputate al controllo ufficiale dei prodotti alimentari.

     In tale prospettiva le Strutture pubbliche addette al controllo sono chiamate a garantire:

     - sinergia di comportamenti con i produttori per perseguire lo scopo della tutela dei consumatori-utenti;

     - campagne informative dei cittadini sull'educazione sanitaria sia in tema di sicurezza e igiene degli alimenti sia per quanto attiene l'igiene della nutrizione e la promozione di corrette abitudini alimentari, in sinergia con i rappresentanti dei consumatori;

     - controllo degli alimenti in un'ottica di "filiera", cioè dall'allevamento per tutta la catena produttiva, commercializzazione, compreso il trasporto, fino alla vendita al consumatore finale;

     - adeguamento alle norme ed alle indicazioni organizzativo-procedurali da parte delle Aziende Sanitarie.

 

Azioni prioritarie

     1. adozione da parte del competente Dipartimento Sanità della Regione degli indirizzi regionali in attuazione del D.M. Sanità 16/10/98 (linee-guida concernenti l'organizzazione dell'U.O. Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) (U.O. IAN);

     2. adozione da parte del competente Dipartimento Sanità della Regione degli indirizzi per la costituzione di un efficiente sistema di allerta per la gestione delle emergenze relative a prodotti alimentari;

     3. iniziative informative e di educazione sanitaria ai cittadini sia in tema di sicurezza e igiene degli alimenti sia per quanto attiene l'igiene della nutrizione e la promozione di corrette abitudini alimentari, in sinergia con i rappresentanti dei consumatori;

     4. supporto all'attività di formazione del personale addetto alla produzione alimentare;

     5. promozione di iniziative di assistenza preventiva, attraverso lo Sportello per la Prevenzione;

     6. linee Guida per il controllo ufficiale degli alimenti;

     7. adeguamento del personale degli organismi ufficiali preposti al controllo dei prodotti alimentari e delle acque destinate al consumo umano;

     8. intensificazione dell'attività di controllo igienico-sanitario nei settori della produzione, trasformazione, conservazione, commercializzazione, trasporto e deposito, distribuzione e somministrazione degli alimenti e bevande, comprese le acque minerali;

     9. intensificazione dell'attività di campionamento ed esecuzione dei controlli analitici secondo la tipologia degli alimenti e delle bevande;

     10. intensificazione dell'attività di controllo sul deposito, commercio, vendita e impiego di fitofarmaci, additivi e coloranti ed altro;

     11. intensificazione dell'attività di controllo sulla produzione e sul commercio dei prodotti dietetici e degli alimenti per la prima infanzia;

     12. intensificazione dell'attività di controllo della contaminazione ambientale sugli alimenti e bevande;

     13. intensificazione dell'attività di prevenzione e controllo delle tossinfezioni alimentari e delle patologie collettive di origine alimentare;

     14. intensificazione dell'attività di informazione e prevenzione nei confronti degli addetti alla produzione, manipolazione, trasporto, somministrazione, deposito e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande;

     15. intensificazione dell'attività di prevenzione nella collettività degli squilibri nutrizionali qualitativi e quantitativi.

 

Obiettivo 1.5. Sanità Pubblica Veterinaria

 

Prestazioni:

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Situazione

     La salute del patrimonio zootecnico regionale mantiene il suo peso determinante, sia nell'ottica della tutela del patrimonio zootecnico stesso, quale risorsa economica, sia in quella dell'abbattimento del rischio di trasmissione di antropo-zoonosi all'uomo, per contatto diretto o tramite i prodotti di origine animale. In quest'ultimo ambito va considerata la crescente importanza nell'economia delle aree marginali della produzione di alimenti di origine animale ad uso locale (carni di animali da macello, selvaggina, derivati del latte, uova, miele, prodotti ittici).

 

Azioni prioritarie

     1. indirizzo e controllo per l'applicazione dei piani di eradicazione e controllo delle malattie infettive e diffusive degli animali domestici, come previste dalle norme comunitarie, statali e regionali;

     2. supporto per l'attuazione di metodi di controllo e di eradicazione integrativi di quelli previsti dai piani di Stato, finanziando analisi di laboratorio integrative per la tubercolosi bovina, brucellosi bovina e ovi-caprina;

     3. attivazione strumenti indispensabili per la corretta gestione dei programmi di profilassi sopra menzionati;

     4. indirizzo per l'aggiornamento delle anagrafi canine, per conseguire l'obiettivo di ridurre il rischio di trasmissione zooantroponosica della leishmaniosi;

     5. razionalizzazione delle risorse dei servizi veterinari.

     - Per l'area della sanità animale intensificare l'attività:

     1. di sorveglianza epidemiologica e profilassi ai fini dell'eradicazione delle malattie infettive e diffusive degli animali;

     2. di prevenzione e controllo delle zoonosi;

     3. relativa agli interventi di polizia veterinaria;

     4. di vigilanza sui concentramenti e spostamenti animali, compresa l'importazione e l'esportazione e sulle strutture ed attrezzature a tal fine utilizzate;

     5. di sorveglianza urbana e veterinaria;

     6. di lotta al randagismo e controllo della popolazione canina;

     7. di controllo delle popolazioni sinantropiche e selvatiche ai fini della tutela della salute umana e dell'equilibrio fra uomo, animale e ambiente.

     - Per l'area dell'igiene degli allevamenti delle produzioni zootecniche intensificare l'attività:

     1. di controllo e vigilanza sulla distribuzione ed impiego del farmaco veterinario e i programmi per la ricerca dei residui di trattamenti illeciti o impropri;

     2. di controllo e vigilanza sull'alimentazione animale e sulla produzione e distribuzione dei mangimi;

     3. di controllo e vigilanza sulla riproduzione animale;

     4. di controllo sul latte e sulle produzioni lattiero-casearie;

     5. di sorveglianza sul benessere degli animali da reddito e da affezione;

     6. di protezione dell'ambiente da rischi biologici, chimici e fisici con documentazione epidemiologica.

     - Per l'area della tutela igienico sanitaria degli alimenti di origine animale intensificare l'attività:

     1. di ispezione negli impianti di macellazione;

     2. di controllo igienico sanitario nei settori della produzione, trasformazione, conservazione, commercializzazione, trasporto e deposito, distribuzione e somministrazione degli alimenti di origine animale;

     3. di vigilanza ed ispezione nelle strutture in cui la normativa vigente prevede il veterinario ufficiale;

     4. di indagini microbiologiche in tutte le fasi della produzione e sui prodotti;

     5. di valutazione degli esiti analitici ed informazione dei conduttori degli stabilimenti, dei risultati, degli esami e degli eventuali accorgimenti da adottare;

     6. di certificazioni sanitarie sui prodotti destinati all'esportazione o ad usi particolari;

     7. di monitoraggio della presenza di residui di farmaci e contaminanti ambientali negli alimenti di origine animale.

 

Obiettivo 1.6. Attività di prevenzione rivolte alla persona

 

Prestazioni:

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nel provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Azioni prioritarie

     Coerentemente con quanto previsto dal Piano Nazionale Vaccinazioni:

     1. Mantenere ed elevare la copertura vaccinale per poliomielite, difterite, tetano, pertosse, epatite B entro i 24 mesi di vita;

     2. Raggiungere il tasso ottimale di copertura vaccinale per morbillo, rosolia, parotite entro i 24 mesi di vita;

     3. mantenere elevati tassi di copertura vaccinale negli adolescenti (D.P.R. 7/11/2001, n. 464) per difterite, tetano e pertosse, considerata la nuova disponibilità di vaccini acellulari che consente di estendere la prevenzione antipertosse anche dopo l'età infantile;

     4. raggiungere la copertura vaccinale adeguata contro l'influenza della popolazione sopra i 64 anni e nella popolazione a rischio;

     5. tendere alla completa eliminazione dei casi di tetano (vaccino antiT agli anziani);

     6. programmare la vaccinazione anti-pneumococcica per le categorie con elevato rapporto costo-beneficio;

     7. monitoraggio dell'esito dei trattamenti dei casi di tubercolosi e verifica del completamento del trattamento farmacologico;

     8. estensione dei livelli di copertura vaccinale anche alla popolazione immigrata;

     9. informatizzare i servizi vaccinazioni per favorire: il reclutamento attivo delle popolazioni bersaglio e la tempestiva valutazione dei tassi di copertura vaccinale;

     10. indirizzo per il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e dei consultori nella attività di vaccinazione;

     11. linee-guida tecniche sulle vaccinazioni e sulla comunicazione agli utenti;

     12. formazione del personale dipendente e convenzionato adibito a compiti vaccinali;

     13. monitoraggio degli effetti avversi;

     14. campagna di educazione sanitaria per accrescere la cultura dei cittadini in tema di vaccinazioni ed in particolare sul rapporto benefìci/rischi al fine di promuovere una adesione consapevole alla strategia vaccinale;

     15. completamento dell'informatizzazione sulle malattie infettive e integrazione con altre basi di dati anagrafici e sanitari nel rispetto della normativa sulla privacy.

 

Obiettivo 1.7. Educazione alla salute

 

Linee di indirizzo

     La salute, quale insieme di condizioni fisiche, psichiche, sociali e ambientali che permettono all'uomo la sua completa realizzazione, sia individuale sia nel rapporto con gli altri, non è uno stato che si possiede, ma un processo dinamico che coinvolge in eguale misura il singolo cittadino e le istituzioni.

     L'educazione sanitaria si colloca nel contesto più ampio della promozione della salute, tema centrale del PSN e del presente P.R.S., ed è riconducibile a tre funzioni essenziali:

     - difendere e sostenere le cause della salute per modificare in senso favorevole fattori politici, economici, sociali, culturali, ambientali, comportamentali e biologici che possono influenzare la stessa;

     - mettere in grado le persone e le comunità di raggiungere appieno il proprio potenziale di salute;

     - mediare tra interessi contrapposti nella società affinché la salute sia sempre oggetto di considerazione da parte di tutti i settori della società.

     L'educazione sanitaria rappresenta quindi:

     - un importante strumento per la prevenzione primaria;

     - il supporto per realizzare le funzioni partecipative;

     - l'elemento promozionale per conquistare più sani "stili di vita";

     - uno strumento di supporto terapeutico e riabilitativo.

     Affinché l'educazione sanitaria non rimanga enunciazione di princìpi ma influisca positivamente sullo stile di vita della popolazione è necessario che la Regione e le Aziende Sanitarie organizzino e stimolino interventi, conferiscano loro continuità, idonea consequenzialità e coerenza, programmando iniziative congiunte con il comparto della scuola, con le Organizzazioni di Volontariato e del Terzo Settore.

     Pur non essendo da considerarsi un livello di assistenza ma una modalità di erogazione di un servizio da applicare in tutti i livelli di assistenza è opportuno evidenziare le iniziative che si intendono adottare nella Regione per promuovere questa modalità di intervento, applicando i princìpi ed i criteri generali del PSN alla educazione sanitaria secondo una sequenza definita:

     1. effettua la selezione di interventi prioritari di educazione sanitaria, in funzione degli obiettivi di salute e delle evidenze di efficacia ed individua, nello specifico programma di attività le iniziative da sviluppare, proponendosi in particolare quale momento propulsivo per favorire la collaborazione e l'integrazione delle attività delle Aziende Sanitarie con quelle delle altre istituzioni pubbliche e organismi impegnati sul tema salute;

     2. promuove l'adozione e lo sviluppo di metodologie eticamente corrette e scientificamente validate, Inclusa la valutazione sulla qualità, nell'ambito di una precisa scelta orientata a favorire l'utilizzazione ottimale delle risorse e tenendo conto delle esperienze e delle indicazioni di organismi e reti collaborative nazionali ed internazionali;

     3. sviluppa le capacità locali di selezionare interventi di provata efficacia che presentino un rapporto risorse/benefìci favorevole.

 

Azioni prioritarie

     1. programmi di formazione per operatori sanitari ed altri soggetti coinvolti nelle attività di promozione della salute finalizzati a creare una cultura comune e sviluppare le abilità necessarie alla realizzazione di progetti di promozione della salute su tutto il territorio regionale;

     2. indirizzo per la realizzazione di progetti di educazione sanitaria su obiettivi coerenti al PSN e P.R.S. secondo una metodologia omogenea su tutto il territorio regionale nell'ambito delle aree prioritarie di intervento, con il coinvolgimento di Enti Locali, Scuola ed organizzazioni pubbliche e private;

     3. indirizzo e supporto per la produzione di strumenti e materiali di comunicazione utilizzabili su tutto il territorio regionale;

     4. supporto ad intese con soggetti pubblici o privati e relazioni e collaborazioni per assicurare la diffusione sempre più ampia e più corretta degli interventi educativi, in particolar modo con la scuola, nel rispetto dei reciproci compiti e interventi;

     5. attivazione di rapporti con centri nazionali ed europei per promuovere l'adozione di tecniche innovative ed adeguate al contesto sociale in evoluzione;

     6. costituzione di centri di documentazione.

 

Struttura organizzativa

     Il Direttore Generale delle Aziende Sanitarie individua un Referente di educazione sanitaria che dovrà essere in grado di promuovere e supportare la programmazione, la realizzazione e la valutazione aziendale delle attività di educazione sanitaria.

     Le Aziende Sanitarie, operando in integrazione con gli altri soggetti impegnati sul tema della salute, devono:

     1. definire e realizzare progetti di educazione sanitaria che seguano le direttive regionali e legare la loro realizzazione al sistema incentivante perseguendo gli obiettivi di qualità;

     2. predisporre programmi e piani annuali, formulati seguendo una specifica analisi di processo, che verranno formalizzati dal Direttore Generale, nell'ambito del Piano Attuativo Aziendale e del Programma annuale delle Attività Territoriali;

     3. curare la realizzazione delle attività, previa individuazione di aree nell'ambito delle quali svolgere indagini specifiche avendo quale necessario riferimento la specificità delle diverse realtà locali;

     4. fornire supporti metodologici e consulenze per progetti intersettoriali.

 

Obiettivo 1.8. Medicina dello sport

     La tendenza ad un'attività fisico-sportiva nella popolazione sana o affetta da patologia, richiede da parte del medico sempre maggiori conoscenze sia di fisiologia che di fisiopatologia e nello stesso tempo l'utilizzo di apparecchiature diagnostiche caratterizzate da affidabilità, innocuità ed alto contenuto tecnologico.

     La medicina dello sport, regolamentata dalla Legge regionale 1° dicembre 1988, n. 28, dovrà sempre di più svilupparsi su campi di applicazione e di ricerca riguardanti:

     - la valutazione di categorie "a rischio" per l'attività sportiva; nei soggetti affetti da cardiopatie congenite o acquisite, ipertensione, diabete, malattie respiratorie, sindromi allergiche, l'attività sportiva non è controindicata anzi può essere considerata un utile presidio "terapeutico". Dovranno essere disponibili mezzi di valutazione medico-strumentale in grado di permettere a questi soggetti di svolgere attività sportiva nel modo più sicuro;

     - la valutazione degli effetti dell'attività fisica prolungata nei giovani in fase di accrescimento, negli anziani e nei soggetti obesi per prevenire eventuali effetti collaterali;

     - la messa a punto di nuovi protocolli di valutazione medico-sportiva;

     - la valutazione degli effetti dell'attività sportiva in funzione delle differenze di sesso;

     - la valutazione dello stato di forma di atleti; per cogliere eventuali segni di sovrallenamento o cattivo allenamento, condizioni dannose;

     - lo studio degli effetti dei farmaci usati nella medicina dello sport e la lotta al doping attraverso la ricerca e l'informazione nelle scuole e negli ambienti sportivi.

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

     Le attività motorie e lo sport rappresentano un'importante occasione per combattere l'affaticamento mentale e fisico che derivano dagli attuali ritmi della vita lavorativa e sociale e per prevenire, in maniera mirata, l'insorgenza di alcune patologie fra cui quelle cardiovascolari, osteoarticolari e metaboliche.

     Gli obiettivi da perseguire riguardano:

     1. l'avviamento alle attività fisiche e motorie di quelle fasce di età e di quei gruppi di popolazione che non svolgono alcuna pratica motoria;

     2. lo sviluppo delle iniziative già in essere per migliorare il livello di salute dei soggetti che già praticano attività sportiva.

 

Azioni prioritarie

     Per perseguire questi obiettivi, è necessario intraprendere azioni per:

     1. realizzare e rendere fruibili le infrastrutture per svolgere attività motoria e sportiva, promuovendo e valorizzando in particolare l'attività non agonistica;

     2. creare le condizioni per favorire una maggiore attività fisica degli anziani, delle donne, dei disabili.

     Un contributo qualificato per realizzare gli obiettivi prima richiamati può venire dalla medicina dello sport sia per quanto riguarda l'attenzione degli effetti dell'attività fisica nella generalità dei soggetti, sia per quanto riguarda la valutazione dei soggetti praticanti attività agonistiche e professionistiche, sia per la ricerca e la lotta contro le pratiche stimolanti e di doping che possono provocare gravi e irreparabili danni alla salute.

     Le attività di medicina dello sport dovranno quindi svilupparsi su campi di applicazione e ricerca che:

     1. permettano, al fine di prevenire eventuali effetti collaterali, la valutazione degli effetti dell'attività fisica nei giovani in fase di accrescimento, negli anziani e nei soggetti obesi;

     2. consentano la messa a punto di nuovi protocolli di valutazione medico sportiva;

     3. diffondano lo studio degli effetti dei farmaci usati nella medicina dello sport e promuovano la lotta al doping attraverso la ricerca e l'informazione nelle scuole e negli ambienti sportivi.

 

Obiettivo 1.9. Medicina Legale

     Le prestazioni e le attività specifiche sono indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. e con la Legge regionale 5 maggio 1990, n. 53.

     I servizi di medicina legale si trovano ad affrontare mutamenti profondi a causa di molteplici fattori che hanno agito esternamente ed internamente al Servizio Sanitario Regionale. Si pensi al complesso principio di autonomia decisionale, che ha riflessi profondi in campo etico, deontologico, giuridico, medico legale, e che ha trasformato il quadro d'intervento dei servizi sanitari da monodisciplinare a multidisciplinare o spesso a multiprofessionale; questo ha portato alla richiesta di percorsi e prestazioni appropriate nel quadro più complesso di un'organizzazione sanitaria costruita su percorsi assistenziali.

     In questo quadro la medicina legale è ormai chiamata, non più solo ad erogare prestazioni ma ad agire su aree di lavoro complesse, quali quelle della tutela dei minorati, della sicurezza sociale, della certezza dell'accertamento della morte, del diritto al lavoro, della bioetica, della tutela dei diritti dei cittadini, dell'appropriatezza delle prestazioni e della prevenzione dei conflitti.

     La medicina legale agisce pertanto all'interno dell'organizzazione sanitaria con una funzione trasversale assicurando il proprio intervento in ambito territoriale ed ospedaliero e a favore di tutti i settori dell'organizzazione aziendale.

 

Obiettivi

     1. il contenimento dei tempi per il rilascio delle certificazioni di competenza, in particolare la riduzione dei tempi di attesa per le visite collegiali per l'invalidità civile, l'handicap, la legge n. 68 del 1999;

     2. l'adozione di procedure uniformi per il rilascio delle certificazioni;

     3. la partecipazione ai collegi per l'accertamento e la certificazione della realtà della morte;

     4. la partecipazione al Comitato Etico delle Aziende sanitarie e ai Comitati Etici delle Aziende Ospedaliere;

     5. l'attività di consulenza in materia di responsabilità professionale e di prevenzione di eventuali conflitti.

 

Azioni prioritarie

     1. informazione, accertamento, controllo e certificazione in ambito di diritto al lavoro, stato di salute, Incapacità lavorativa, temporanea e permanente, Invalidità civile, handicap, idoneità e compatibilità al lavoro;

     2. medicina necroscopica;

     3. consulenza per finalità pubbliche inerenti i compiti del Servizio Sanitario Regionale, collaborazione in ambito epidemiologico e bioetico;

     4. realizzazione di sistemi di valutazione globale della persona portatrice di minorazioni, in collaborazione con le altre professionalità coinvolte nella richiesta di accertamenti e valutazioni;

     5. realizzazione di un adeguamento delle UU.OO. di Medicina Legale tesa a rendere uniformi i tempi e le procedure per le visite collegiali previste dalle vigenti normative, promuovendo l'attivazione di processi integrati per velocizzare la fase dell'accertamento sanitario e quella amministrativa e del contenzioso;

     6. creazione di osservatori medico legali, tesi alla gestione medico legale del contenzioso ed alla prevenzione dei conflitti;

     7. utilizzo dei dati sugli esiti dei conflitti per favorire strategie di formazione del personale e risposte organizzative e tecnico scientifiche;

     8. corretta e puntuale erogazione delle prestazioni o servizi di competenza.

 

Obiettivo 2 - Assistenza distrettuale

 

IL DISTRETTO

     Il D.Lgs. n. 229/99 caratterizza le funzioni strategiche del Distretto con riferimento all'analisi della domanda, al governo dell'offerta, al coordinamento e alla gestione delle risorse, alla verifica dei risultati di salute.

     Il buon funzionamento del Distretto è condizione necessaria per lo sviluppo del welfare locale, sanitario e socio-sanitario, integrato con le funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione, garantendo accesso unitario ai servizi, continuità assistenziale, responsabilizzazione sui risultati e sugli esiti di salute.

     Il vigente PSN, ed ancor più il D.Lgs. n. 229/99, hanno indicato nel Distretto uno dei tre macro livelli di assistenza, delineandone l'identità all'interno delle Aziende Sanitarie.

     In quanto riferimento per l'erogazione delle prestazioni individuate dai livelli essenziali di assistenza, il Distretto realizza i propri obiettivi nel coordinamento e nell'integrazione:

     - di tutte le attività di prevenzione collettiva in ambiente di vita e di lavoro, rese operative dal Dipartimento di Prevenzione;

     - di tutte le attività extraospedaliere di assistenza sanitaria di base e specialistica, erogate con modalità residenziali, intermedie, ambulatoriali e domiciliari;

     - delle attività di assistenza sanitaria a rilevanza sociale di cui all'art. 3-septies, lettera a, comma 2, del D.Lgs. n. 229/99;

     - delle attività ad elevata integrazione socio-sanitaria.

     Il Distretto realizza i propri obiettivi nella unitarietà degli interventi, con una visione globale dei problemi e una gestione integrata delle responsabilità e delle risorse.

     L'evoluzione normativa nazionale ha delineato il Distretto come il livello di attività sanitarie e socio-sanitarie più prossime alle comunità locali, fulcro del sistema dei servizi sanitari.

     In tale quadro le Aziende Sanitarie, nell'ambito dell'atto aziendale, propongono alla Giunta regionale l'articolazione territoriale in Distretti, con l'obiettivo di:

     - una chiara distinzione fra livello e responsabilità organizzative e produttive;

     - una maggiore personalizzazione del prodotto aziendale sanitario, portandolo in un ambito più vicino e a misura del cittadino e del complesso della realtà locale, nel quale la realtà locale stessa si riconosce e si vede rappresentata e garantita nelle proprie specifiche esigenze e bisogni di salute;

     - un rimodellamento del territorio aziendale attraverso una rete di servizi sanitari sempre più ampia e a portata del cittadino che, partendo dal Distretto quale unità di base, si sviluppi attraverso una rete produttiva territoriale, articolata a livello distrettuale e integrata con il sociale, quale risposta alle esigenze di tipo extraospedaliero.

     Il Distretto costituisce centro di responsabilità e di autonomia gestionale ed economica, nell'ambito degli indirizzi della Direzione Aziendale e coerentemente con le scelte di programmazione regionale.

     Una configurazione quindi del Distretto che passi da quella attuale, operante in modo settoriale, prevalentemente concentrata sul versante della produzione delle singole prestazioni territoriali, ad una configurazione incentrata in via prioritaria sul governo della domanda e sulla garanzia di salute, in cui la responsabilità è attribuita alla globalità della presa in carico dell'utente e non alle singole attività, le quali invece fanno capo alle strutture produttive.

 

Le priorità

     Lo sviluppo e la qualificazione dell'assistenza distrettuale devono essere caratterizzati, con riferimento alle funzioni strategiche del Distretto, alla promozione dell'integrazione socio-sanitaria, ai problemi di controllo dell'offerta, al miglioramento dell'accesso, alla valutazione dei bisogni, alla progettazione personalizzata delle risposte, alla continuità assistenziale, alla creazione di alternative positive ai ricoveri, ponendo attenzione in primo luogo alla qualificazione delle cure domiciliari, alla integrazione operativa nel Distretto dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta.

 

Condizioni necessarie

     Per sviluppare le suddette funzioni strategiche, l'Azienda Sanitaria deve assicurare che il Distretto sia in grado di:

     1. dirigere unitariamente il sistema di erogazione, avvalendosi della conoscenza dei bisogni e delle strategie per affrontarli previste dal Programma delle attività territoriali;

     2. promuovere l'integrazione socio-sanitaria;

     3. predisporre valutazioni periodiche, quantomeno annuali, finalizzate a verificare il conseguimento dei risultati attesi e a renderli disponibili per la comunità locale;

     4. mettere in atto strategie per facilitare la piena integrazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nell'organizzazione distrettuale, anche promuovendo e valorizzando forme associative di lavoro tra medici;

     5. rendere contigue e possibilmente unitarie la medicina specialistica ospedaliera e territoriale, con un'organizzazione in cui vengono erogate le prestazioni appropriate nei luoghi adeguati, in quantità e qualità tali da soddisfare i bisogni di salute della popolazione;

     6. promuovere la condivisione degli strumenti informativi a supporto delle decisioni e delle verifiche di efficienza e di efficacia da parte di tutti gli operatori;

     7. mettere in atto verifiche sistematiche sulla gestione degli accessi, sulla qualità dei progetti personalizzati, sulla loro attuazione, sulla verifica degli esiti e, per quanto possibile, della qualità percepita dagli utenti sui servizi resi;

     8. diventare promotore dello sviluppo della comunità e della solidarietà locale, facilitando il sorgere di nuove risorse ispirate a princìpi di sussidiarietà;

     9. partecipare attivamente alla programmazione sanitaria aziendale.

 

LE ATTIVITA’ DEL DISTRETTO

     In tale quadro di riferimento e per l'assolvimento del nuovo ruolo ciascun Distretto deve:

     1. assicurare i servizi dell'assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e socio-sanitarie nonché il coordinamento delle proprie attività con quelle delle altre strutture operative dell'Azienda;

     2. gestire le risorse attribuite (budget complessivo del Distretto) e definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento;

     3. avere autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all'interno del bilancio dell'Azienda;

     4. concorrere alla predisposizione del Programma delle attività territoriali di cui all'art. 3-quater, comma 3, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., proposto dalla Azienda Sanitaria, sulla base delle risorse assegnate, e approvato dalla Direzione Aziendale;

     5. assicurare l'organizzazione dell'accesso dei cittadini alle prestazioni fornite dal sistema dei servizi, fondamentale è perciò il perseguimento di strategie di semplificazione delle procedure e di trasparenza dei percorsi;

     6. collaborare con l'Ufficio relazioni con il pubblico di ciascuna azienda sanitaria ai fini di garantire una informazione tempestiva e corretta e la gestione dei reclami. Per questi in particolare, considerati come elemento cruciale della relazione tra i servizi e il cittadino, è affidato al Distretto il duplice compito di analisi delle cause e di garanzia e controllo delle azioni intraprese per il superamento delle criticità, potendo per questo contare sulla collaborazione di tutti i responsabili della produzione;

     7. assicurare la centralità del ruolo svolto dal medico di medicina generale, dal pediatra di libera scelta e dagli specialisti ambulatoriali, insieme con gli altri profili professionali sanitari, nell'operatività del Distretto e nella sua organizzazione, valutandone la loro azione nel più ampio quadro dei fattori produttivi del Distretto;

     8. In ogni Distretto deve essere inoltre garantita:

     - l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e presidi specialistici ambulatoriali;

     - il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture operative del Distretto nonché con i servizi specialistici ambulatoriali a gestione diretta e le altre strutture private accreditate erogatrici di prestazioni di assistenza specialistica;

     - l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai Comuni;

     - l'assistenza specialistica ambulatoriale, anche con l'integrazione del livello ospedaliero; a tal fine è consentita la mobilità professionale tra i due livelli assistenziali;

     - le attività o servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;

     - le attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia;

     - le attività o servizi rivolti a disabili ed anziani;

     - le attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;

     - le attività o servizi domiciliaci per le patologie da HIV e per le patologie in fase terminale;

     - servizio di assistenza psicologica.

     Nell'ambito della organizzazione distrettuale operano le unità operative semplici o complesse che producono ed erogano prestazioni o attività per la popolazione ubicata nel territorio di appartenenza.

 

GLI OBIETTIVI STRATEGICI PER L'ASSISTENZA DISTRETTUALE

     I tre principali obiettivi strategici da conseguire nel triennio al fine di garantire l'assistenza distrettuale sono:

     A. passare dai bisogni alle strategie di salute

     B. garantire l'integrazione socio-sanitaria

     C. rimodulare l'organizzazione del Distretto.

 

A. Dai bisogni alle strategie di salute

 

A.1 - Il Programma delle Attività Territoriali

     Le funzioni strategiche del Distretto individuano nel Programma delle attività territoriali (D.Lgs. n. 229/99, art. 3-quater), il programma dove l'analisi dei bisogni si collega con la selezione degli obiettivi di salute e assistenziali e con le strategie da mettere in atto per conseguirli.

     Il Programma delle attività territoriali è la sintesi programmatoria e strategica dove le risorse sanitarie, sociali e di altra natura trovano governabilità unitaria.

     Il P.A.T. è basato sul principio della intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative e in quanto tale:

     1. prevede la localizzazione dei servizi di cui all'articolo 3-quinquies del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i.;

     2. determina le risorse per l'integrazione socio-sanitaria di cui all'articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico delle Aziende Sanitarie e dei Comuni, nonché la localizzazione dei presidi per il territorio di competenza.

     La condivisione di obiettivi e strategie di salute trova nel P.A.T. strumento operativo indispensabile; il P.A.T. è cioè chiamato a misurarsi con i problemi fondamentali del Servizio Sanitario: la prevenzione e la promozione della salute, l'educazione e l'orientamento della domanda, la continuità assistenziale, la cura e la riabilitazione, l'uso appropriato delle risorse.

     In esso vengono trovati equilibri sostenibili tra crescita della domanda sanitaria e sociale e incontro tra diritti e doveri per una più efficace risposta ai bisogni espressi dalla popolazione e, al suo interno, dei soggetti svantaggiati.

     Interlocutori privilegiati per la elaborazione del P.A.T. sono gli Enti Locali (in primo luogo attraverso la Conferenza dei Sindaci), insieme con gli altri soggetti pubblici e privati presenti nel territorio, il volontariato, l'associazionismo di impegno sociale, le organizzazioni degli utenti, i produttori non profit e profit e gli altri soggetti, a diverso titolo, interessati a realizzarlo.

     Il P.A.T., in attuazione della programmazione sanitaria regionale di cui al presente P.R.S. e degli indirizzi aziendali, definisce gli obiettivi da perseguire, tenuto conto della situazione esistente e del fabbisogno rilevato, individuando le attività da svolgere e la relativa distribuzione ed utilizzazione delle risorse assegnate.

     Il P.A.T. deve inoltre definire gli strumenti e le modalità di verifica dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi prefissati dal programma medesimo in termini di efficienza, efficacia ed economicità.

     Relativamente ai contenuti ed alle modalità di elaborazione operativa del Programma delle attività territoriali rimanda oltre a quanto indicato dal presente P.R.S. nonché all'articolo 3-quater, comma 3, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., nonché agli Accordi Collettivi Nazionali e regionali dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta.

     Il Programma delle attività territoriali è proposto, sulla base delle risorse assegnate e previo parere della Conferenza dei Sindaci, dalla Direzione del Distretto ed è approvato dalla Direzione Aziendale. Entro 60 giorni dall'attivazione, i Direttori dei Distretti predispongono i Programmi delle Attività Territoriali in cui sono esplicitati:

     1. la mappa dei bisogni e dell'offerta;

     2. le valutazioni di congruenza/incongruenza tra bisogni e risposte;

     3. gli obiettivi di salute e gli obiettivi di miglioramento del sistema di offerta;

     4. la allocazione dei servizi e le strategie di integrazione;

     5. il dimensionamento delle risorse per l'integrazione socio-sanitaria;

     6. le condizioni di verifica dei risultati di salute;

     7. le modalità attuative con riferimento alle responsabilità organizzative e di erogazione.

 

A.2 - Il Comitato dei Sindaci di Distretto

     La ridefinizione del Distretto quale centro di riferimento sanitario della comunità locale presuppone una rivalutazione e valorizzazione del ruolo dei Comuni, che il legislatore ha inteso realizzare con la istituzione del Comitato dei Sindaci di Distretto previsto dall'art. 3-quater, comma 4, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

     Il Comitato del Sindaci di Distretto svolge funzioni consultive e propositive sulla programmazione distrettuale delle attività e sul livello dei bisogni sanitari dei cittadini rispetto ai servizi erogati; esso rappresenta quindi il luogo del confronto con le istanze istituzionali del territorio e ad esso compete in particolare, ai sensi del citato art. 3-quater del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., l'espressione del parere sulla proposta della Azienda Sanitaria relativa al Programma delle Attività distrettuali.

     Al Comitato viene inoltre trasmessa, ai fini conoscitivi, la relazione annuale sulle attività del Distretto predisposta dal Direttore del Distretto.

     Il Comitato dei Sindaci di Distretto è composto da tutti i Sindaci dei Comuni ricadenti nel comprensorio del Distretto; è presieduto da un presidente eletto tra i suoi componenti a maggioranza assoluta ed a scrutinio segreto.

     Fino alla nomina del presidente le sedute del Comitato sono presiedute dal Sindaco del Comune in cui è collocata la sede del Distretto. Alle sedute del Comitato partecipa, senza diritto di voto, il Direttore del Distretto.

 

B. L'integrazione socio-sanitaria

     In ogni Distretto deve essere garantita l'integrazione socio-sanitaria di cui all'art. 3-septies del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i., tenuto conto che si definiscono prestazioni socio-sanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche a lungo termine, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.

     Le prestazioni socio-sanitarie comprendono:

     1. prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite;

     2. prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le prestazioni del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute;

     3. le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono ricomprese nei Livelli Essenziali di Assistenza e sono assicurate dalle Aziende Sanitarie nei Distretti.

     Esse sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle seguenti aree assistenziali:

     a. Materno-infantile

     b. Anziani

     c. Handicap

     d. Patologie psichiatriche

     e. Dipendenze da droga, alcool e farmaci

     f. Patologie per infezioni da HIV

     g. Patologie in fase terminale

     h. Inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative.

     Tali prestazioni sono assicurate dalla Azienda a livello distrettuale secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dal Piano Sanitario Nazionale e Regionale, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono anche ai loro finanziamento.

     In attesa che la Regione individui i criteri e le modalità mediante i quali Comuni e Aziende Sanitarie garantiscono l'integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni socio-sanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi assistenziali socio-sanitari, in ciascuna Azienda Sanitaria, il Direttore di Azienda Sanitaria, di concerto con la Conferenza dei Sindaci di Azienda Sanitaria, individua di volta in volta le modalità organizzative e le azioni per garantire l'integrazione socio-sanitaria, fermo restando quanto stabilito dal comma 5, dell'art. 3-septies e dall'art. 3-quinquies, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

 

C. Ridefinire l'organizzazione del Distretto

 

C.1 - Distretto e territorio

 

C.1.1 Dimensionamento del Distretto

     Il mancato dimensionamento dei Distretti secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 502/92 e dal D.Lgs. n. 229/99 e l'assenza di disciplina regionale sulla sua organizzazione (ai sensi degli articoli 3-quater e 3-quinquies del D.Lgs. n. 229/99) hanno fino ad ora fatto venire meno le condizioni necessarie per il loro sviluppo, lasciando in molti casi i Distretti in una condizione di sostanziale marginalità rispetto alle strategie di miglioramento dell'assistenza territoriale da garantire ai cittadini.

     Queste carenze rendono difficili i confronti tra Regioni in ordine alla garanzia dei livelli essenziali di offerta e in ordine al rapporto tra risorse investite e risultati di salute conseguibili.

     In concomitanza con i processi di decentramento e di devoluzione è indispensabile che i meccanismi di governo del Distretto partano da una definizione rigorosa del concetto di territorio e dalle variabili che concorrono a identificare le economie di scala e le utilità conseguibili a vantaggio della popolazione.

     Pertanto il dimensionamento del Distretto deve rispondere ai criteri propri di uno spazio sociale geograficamente, economicamente e culturalmente determinato.

     Passate e recenti esperienze hanno evidenziato che il Distretto deve configurarsi ed assumere un ruolo diverso a seconda del contesto geografico, abitativo e di ecosistema umano. In particolare, il suo dimensionamento medio, indicato nel D.Lgs. n. 229/99 in 60.000 abitanti, trova motivo di differenziazione, a seconda della densità abitativa, dell'area di pertinenza, della rete dei trasporti, del contesto culturale sociale ed antropologico, di accessibilità ai servizi, del grado di vicinanza alle strutture ospedaliere e di pronto soccorso.

     Si possono delineare tre tipologie di Distretti: quello urbano, quello extraurbano e quello montano.

 

Distretto urbano

     La criticità maggiore che in genere si incontra è il rapporto tra Distretto ed Ospedale, essendo quest'ultimo generalmente e storicamente il primo punto di riferimento per la popolazione per qualsiasi contingenza. In questa realtà la costruzione di un sistema di cure primarie e di un sistema unico di salute è ben più difficile che altrove e lo stesso ruolo dei medici di medicina generale tende ad essere subordinato a quello degli specialisti.

     Il Distretto deve quindi assumere con maggiore forza un ruolo connettivo tra le molteplici risorse disponibili, evitando di creare ridondanze. Ove la catena della solidarietà locale sia debole, uno dei compiti prioritari del Distretto permane quello di favorire l'inserimento delle associazioni di volontariato nella propria organizzazione in una logica di sussidiarietà, promuovendo progetti di intervento congiunto con gli Enti Locali per la copertura delle fasce di popolazione debole.

     In area urbana hanno grande rilevanza le forme di associazionismo della medicina generale e della pediatria di libera scelta, per assicurare agli assistiti ampia contattabilità, facile accesso agli ambulatori per 12 ore al giorno, maggiore possibilità di interventi a domicilio, prevenendo così l'indiscriminato ricorso al pronto soccorso ospedaliero come prima struttura di riferimento ed il ricovero ospedaliero come soluzione a qualsiasi problema assistenziale, anche di tipo non sanitario.

 

Distretto extraurbano

     In area extraurbana il Distretto è chiamato ad assumere maggiormente la produzione ed erogazione in proprio di prestazioni e servizi. L'obiettivo è di rendere e mantenere accessibili al cittadino i servizi essenziali, evitandogli strade lunghe e faticose. Spetta quindi alle scelte organizzative e allocative trovare soluzioni adeguate.

     La inevitabile tendenza a ridurre il numero di presidi ospedalieri rende pressante la necessità di garantire servizi alternativi che possano indurre, sia nella realtà oggettiva che in quella percepita dalla popolazione locale, senso di sicurezza e tutela.

     Attenta analisi e valutazione deve poi essere affrontata dal Distretto per valutare la fattibilità e convenienza di allestire, di concerto con i Comuni ed altri Enti pubblici, soluzioni di trasporto dedicato, eventualmente protetto, che consentano alla popolazione il facile raggiungimento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie. Il Distretto deve qui portare gli investimenti per l'A.D.I. e la residenzialità ad un punto di equilibrio idoneo ad evitare dispersione di risorse, da un lato, o soluzioni istituzionalizzanti dall'altro.

 

Distretto e servizi sanitari nelle aree di montagna

     Molte delle considerazioni valide per i Distretti di area extraurbana assumono ancora maggiore rilevanza e pertinenza nelle zone di montagna. Le zone di montagna sono, come è noto, caratterizzate principalmente dalla dispersione della popolazione e dalla difficoltà di accesso ai servizi che di norma si concentrano laddove c'è una maggiore densità di popolazione.

     Il mantenimento di strutture sanitarie periferiche deve però tener conto della difficoltà degli operatori a mantenere le proprie competenze a causa della limitata casistica che si trovano ad affrontare e dei maggiori costi che inevitabilmente caratterizzano una sanità decentrata.

     La presenza di molteplici e specifici rischi potenziali per la salute, alla luce del fatto che si stima come gli stili di vita (alimentazione non corretta, alcolismo, isolamento) arrivino ad influenzare la salute della popolazione per il 50%, suggeriscono l'opportunità di realizzare azioni mirate di promozione della salute. Inoltre, vanno considerati terreno d'intervento anche i fattori di rischio ambientale che potrebbero, almeno in parte, essere neutralizzati da campagne di informazione nei confronti delle persone che risiedono o frequentano le zone di montagna (ad esempio: sull'esposizione al sole, sugli incidenti che avvengono durante attività in zone pericolose, sulle condizioni metereologiche).

     In sintesi, sia nel Distretto di area extraurbana che in quello a minore densità, sono identificabili alcuni obiettivi ed azioni:

     1. perseguire il mantenimento delle persone malate a domicilio favorendo la massima integrazione fra la componente sanitaria e quella sociale dei servizi;

     2. specializzare i servizi sanitari privilegiando i servizi territoriali e residenziali rispetto a quelli di degenza;

     3. specializzare le strutture di degenza in strutture in grado di assicurare efficaci ed appropriate prestazioni di urgenza ed emergenza sanitaria ed assistenza sanitaria post-acuzie e di lungodegenza, a medio o lungo termine, sulla base di protocolli concordati con le strutture per acuti di riferimento;

     4. integrare i servizi sanitari territoriali e di degenza in un sistema a rete utilizzando la modalità organizzativa dipartimentale ed adottando soluzioni telematiche per favorire il coordinamento degli operatori, lo sviluppo delle competenze professionali e l'efficacia degli interventi;

     5. attivare iniziative che favoriscano la residenzialità di operatori sanitari preparati e competenti nelle zone più decentrate.

 

C.1.2 Organizzazione integrata delle risposte

     L'organizzazione del Distretto va declinata con l'obiettivo di garantire in modo unitario (art. 3-quiquies, comma 2, D.Lgs. n. 229/99):

     a) prevenzione collettiva negli ambienti di vita e di lavoro;

     b) assistenza specialistica ambulatoriale;

     c) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;

     c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia;

     e) attività o servizi rivolti a disabili ed anziani;

     f) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;

     g) attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie in fase terminale.

     Ai fini dell'organizzazione del Distretto, grande attenzione va posta nel conferire alla Azienda Sanitaria la possibilità di assumere un ruolo di coordinamento e regia nella vasta area pubblica e privata dell'offerta di prestazioni e percorsi riabilitativi, al fine di migliorare l'appropriatezza delle prescrizioni e delle risposte, con un più oculato impiego delle risorse.

     Vanno pertanto superati gli equivoci riguardanti il posizionamento di servizi e presidi ritenuti autonomi rispetto alle funzioni di governo proprie del territorio. Tutte le specializzazioni presenti nella Azienda Sanitaria devono invece sapersi integrare con i fattori produttivi e i diversi centri di responsabilità, misurandosi con la complessità della domanda e concorrendo, per quanto di propria competenza, a dare risposte unitarie ai bisogni di salute della popolazione.

 

C.1.3 Il Direttore di Distretto

     Per ogni Distretto è previsto un Direttore di Distretto il cui incarico è attribuito dal Direttore Generale, al sensi del disposto dell'art. 3-sexies, comma 3, del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

 

C.1.4 Livelli di integrazione

     Il Piano Sanitario Nazionale ed il presente P.R.S. individuano una precisa strategia per l'integrazione socio-sanitaria e cioè dare risposte alle domande di integrazione proprie del livello:

     1. istituzionale, integrazione fra Enti pubblici, che con le loro azioni debbono promuovere un lavoro intersettoriale attraverso la definizione del sistema delle responsabilità e l'individuazione delle condizioni volte a sperimentare nuove forme di integrazione istituzionale, utilizzando strumenti quali accordi di programma, convenzioni, ecc.

     2. gestionale, con l'obiettivo di gestire al meglio i fattori produttivi afferenti ai diversi centri di responsabilità.

     3. professionale, per migliorare le collaborazioni tra professionisti e servizi, utilizzando linee guida, protocolli operativi e piani personalizzati di intervento.

     Gli ostacoli alla realizzazione di questa prospettiva sono molti e nascono dalle resistenze a discriminare tra servizi e programmi, tra prestazioni e processi assistenziali, tra lavoro per compiti e lavoro per progetti, e nella difficoltà di condividere informazioni e responsabilità sui problemi complessi. E’ necessario, quindi, dare un forte impulso alla programmazione integrata, sia sperimentando nuovi modelli di gestione unitaria territoriale, sia definendo i Livelli essenziali di assistenza sociale (LIV.E.A.S.) e le condizioni per realizzarli.

     I livelli essenziali delle prestazioni sociali sono definiti nel Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, che li caratterizza in termini di sistema di prestazioni e servizi sociali, idonei a garantire cittadinanza sociale e qualità di vita alle persone e alle famiglie, nonché pari opportunità e tutela ai soggetti più deboli.

     In prima applicazione, in attesa dei LIV.E.A.S. e del necessario raccordo con i L.E.A. sanitari, le responsabilità dei servizi e quelle di competenza finanziaria sono stabilite dal D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i., ovvero nel provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

Strategie e strumenti

     Nel D.Lgs. n. 229/1999 ci sono tre condizioni per affrontare questi problemi:

     1. art. 3-quater - il Programma delle Attività Territoriali e le responsabilità del Distretto e del Comitato dei Sindaci per la sua predisposizione e valutazione;

     2. art. 3-septies - la definizione delle prestazioni socio-sanitarie e delle aree maggiormente interessate (materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche, dipendenza da droga, alcool e farmaci, patologie derivate da HIV, patologie oncologiche, particolarmente per la fase terminale, inabilità o disabilità derivanti da patologie cronico-degenerative);

     3. art. 3-septies - l'atto di indirizzo sull'integrazione socio-sanitaria, di recente emanazione, per quanto attiene alle tipologie di prestazioni e ai relativi costi a carico del bilancio sanitario e sociale e per quanto attiene la predisposizione di progetti personalizzati dove sia indicata la natura del bisogno, le prestazioni necessarie, la loro tipologia, l'articolazione temporale, l'intensità dell'impegno sanitario e sociale richiesto nelle diverse fasi dell'intervento e la valutazione dei relativi costi.

 

Continuità assistenziale

     L'integrazione socio-sanitaria è necessaria per affrontare bisogni che richiedono unitarietà di intervento basato sul concorso progettuale di apporti professionali sanitari e sociali organicamente collegati nel progetto assistenziale personalizzato.

     La continuità assistenziale che esse sono chiamate a garantire si basa sulla condivisione degli obiettivi, delle responsabilità e delle risorse. L'efficacia e l'appropriatezza delle prestazioni integrate socio-sanitarie è strettamente connessa alla valutazione multiprofessionale del bisogno, alla definizione di un piano di lavoro integrato e alla loro organica articolazione nel processo assistenziale personalizzato.

 

Indirizzi regionali

     Per facilitare l'integrazione socio-sanitaria la Regione, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente P.R.S., è impegnata ad individuare una quota di risorse vincolate, definita su base procapite, da imputare al budget di Azienda Sanitaria, per finanziare la quota sanitaria dell'integrazione (art. 3-septies, comma 6), in coerenza con quanto previsto dall'atto di indirizzo sull'integrazione socio-sanitaria.

     I Comuni sono chiamati a finanziare l'integrazione con modalità analoghe (art 3-septies, comma 6), in modo da garantire livelli uniformi di assistenza sociale in ambito distrettuale (art. 3-septies, comma 3), sulla base di parametri concordati in sede regionale tali da individuare soglie universalistiche di risposta ai bisogni, entro i termini del bilancio revisionale del primo anno successivo all'approvazione del presente P.R.S.

 

Apporti all'integrazione della legge quadro sui servizi sociali

     La legge quadro sul sistema integrato di interventi e servizi sociali (L. n. 328/2000) garantisce ulteriori possibilità per qualificare l'integrazione: a livello strategico, con la predisposizione dei piani dei servizi sociali e socio-sanitari (art. 19), con l'individuazione del livello di gestione associata dei servizi, di norma coincidente con il Distretto (art. 8, comma 3), con la definizione di livelli essenziali di assistenza sociale (art. 22) e, a livello operativo, con la predisposizione di piani personalizzati di assistenza (artt. 14, 15 e 16) definiti con il concorso sia dei Comuni che delle Aziende Sanitarie, come base operativa degli interventi. La Regione a seguito della legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che cambia profondamente il sistema delle responsabilità istituzionali relative all'assistenza sociale e sanitaria, responsabilizzando il livello regionale e locale nella garanzia dei diritti alla persona e di cittadinanza, rafforzerà il sistema dei servizi socio-sanitari integrati, secondo modalità e scelte che mirano alla condivisione delle responsabilità da parte delle Aziende Sanitarie e degli Enti Locali, sia nella programmazione che nella realizzazione degli interventi.

     Il sistema integrato di interventi e servizi che ne deriva promuove la solidarietà attraverso la valorizzazione dell'iniziativa delle persone, delle famiglie, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità. Tutto ciò integrato al piano sociale, definirà il sistema di Welfare della Regione e la sua natura solidaristica ed universale.

 

Una strategia programmatoria unitaria

     In particolare per qualificare le scelte finalizzate all'integrazione socio-sanitaria è necessario garantire unitarietà al processo programmatorio rendendo fra loro compatibili le scelte previste dal Programma delle attività territoriali (art. 3-quater del D.Lgs. n. 229/99) e dal Piano di Zona (art. 19 della legge n. 328/2000.)

     Il Programma delle attività territoriali è il piano di salute in cui sono definiti i bisogni prioritari e gli interventi di natura sanitaria e socio-sanitaria necessari per affrontarli nonché le relative strategie di risposta.

     E’ necessario, pertanto, che i due strumenti siano gestiti all'interno di un'unica strategia programmatoria, attuata in modo collaborativo tra Aziende Sanitarie ed Enti Locali, finalizzata alla promozione e alla tutela della salute delle persone e delle famiglie nella comunità locale.

 

Per la promozione della salute della comunità locale

     I contenuti socio-sanitari del Programma delle attività territoriali e del Piano di Zona sono recepiti con accordo di programma, dove sono individuate e sancite le soluzioni per condividere responsabilità in ordine al conseguimento dei risultati attesi. Nell'accordo di programma sono individuati e recepiti unitariamente gli impegni previsti dai due strumenti programmatori, per quanto attiene all'integrazione socio-sanitaria, evidenziando le prestazioni e i processi assistenziali da attivare, le modalità di realizzazione di Livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria e le risorse necessarie per garantirli rispettivamente a carico delle Aziende Sanitarie e dei Comuni interessati.

     Per la componente sociale delle prestazioni le persone e le famiglie possono essere chiamate a concorrere al costo dei servizi in base alle loro condizioni economiche, per salvaguardare il criterio dell'equità, anche secondo le previsioni di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.), come previsto dalla legge n. 328/00.

 

Linee guida per l'integrazione socio-sanitaria

     Su questo terreno è da auspicare la elaborazione di linee guida a contenuto misto, clinico, assistenziale e organizzativo, tali da garantire qualità e appropriatezza ad interventi che investono gruppi di lavoro multi professionali, chiamati a condividere responsabilità sulle scelte e sui risultati.

     Anche la dirigenza sanitaria dovrà crescere in questa prospettiva, tenendo conto che il D.Lgs. n. 229/99 prevede una integrazione delle tabelle dei servizi, delle specializzazioni e delle discipline previste per l'accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale e l'introduzione dell'area delle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, con discipline idonee. E’ pertanto necessaria:

     - una articolazione delle funzioni socio-sanitarie, a partire dai diversi servizi, distinguendo tra prestazioni e processi assistenziali;

     - una definizione ulteriore dei costi per diverse tipologie di intervento e di processo assistenziale;

     - la definizione dei Livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria (LIV.E.A.S.) per tipologie di bisogno;

     - la determinazione di indirizzi per i percorsi autorizzativi, di accreditamento delle strutture e dei servizi che erogano prestazioni nell'area dell'integrazione;

     - la definizione delle modalità per la valorizzazione del ruolo dei non profit e per la regolazione dei rapporti per l'affidamento dei servizi, anche in relazione alle forme di selezione dei progetti.

     Le difficoltà di valutazione dei costi potranno essere affrontate tenendo conto di due parametri generali: le prestazioni e i processi assistenziali, con riferimento alla distinzione "costi prestazione e costi processo" e con riferimento a prestazioni semplici (quando la natura del bisogno può essere soddisfatta con modalità standardizzate di intervento) e a prestazioni complesse (meglio descrivibili sotto forma di processi assistenziali) quando la natura del bisogno è multifattoriale e richiede competenze capaci di gestire percorsi assistenziali integrati di medio e lungo periodo.

 

C.1.5 La gestione qualitativa dell'offerta distrettuale

     I risultati delle analisi sulla qualità percepita dei servizi erogati rilevano che la qualità percepita dei servizi sanitari non risulta affatto soddisfacente per il cittadino utente che tali servizi utilizza. Sebbene le critiche sembrino riguardare maggiormente i servizi ospedalieri che territoriali, nello sviluppo obbligatorio di questi ultimi è indispensabile, per la loro credibilità, migliorare ulteriormente la qualità percepita.

     Le criticità sono riconoscibili nelle difficoltà che il cittadino incontra nell'accesso quotidiano ai servizi, nelle insufficienti informazioni sulle prestazioni, nella insufficiente conoscenza delle strutture erogatrici, delle liste di attesa, delle tariffe, dei percorsi.

     Per affrontare questi problemi sono di seguito indicate tre priorità:

     1. l'allargamento degli orari di accesso ai servizi;

     2. la costituzione di punti unici di accesso;

     3. la semplificazione delle procedure di prenotazione e selezione delle risposte.

 

C.1.5.1 - Allargare i tempi di accesso ai servizi distrettuali e garantire la continuità

     Attualmente i servizi distrettuali sono organizzati su 5 e talora su 6 giorni alla settimana. Spesso chiudono il venerdì pomeriggio, difficilmente estendono l'orario di apertura nell'arco delle 12 ore giornaliere. La loro immagine è sovente caratterizzata per la precarietà delle strutture e degli arredi. Le professionalità presenti al loro interno non sempre vedono riconosciute le qualità tecniche e scientifiche che sono in grado di esprimere, oltre che in termini specifici, anche sui versanti dell'educazione sanitaria, della prevenzione, del trattamento continuativo di patologie che richiedono elevato impegno e complessità assistenziale.

     I Distretti devono pertanto ampliare l'offerta dei servizi in modo da garantire una operatività continuativa per 12 ore giornaliere per 6 giorni alla settimana. Nel caso dei servizi di assistenza domiciliare integrata la funzionalità deve essere estesa continuativamente a 7 giorni, anche al fine di garantire la integrazione assistenziale tra Ospedale e Distretto e rendere possibili dimissioni programmate nell'arco di tutta la settimana.

 

C.1.5.2 - Punto unico di accesso

     L'unificazione della offerta dei servizi presenti nel territorio, indipendentemente dal soggetto erogatore (Aziende Sanitarie, Aziende Ospedaliere, privati accreditati, attività libero professionale intramoenia) è garanzia di trasparenza nelle informazioni e rappresenta una condizione di tutela della libertà di scelta dell'utente. Per questo vanno rimossi gli ostacoli che costringono le persone e le famiglie in percorsi tortuosi, separati per competenze sanitarie e sociali, incapaci di proporre unitariamente la mappa delle risorse presenti su scala locale, aziendale e regionale, in rapporto al bisogno rilevato.

     E’ pertanto indispensabile mettere in atto azioni per facilitare i percorsi del cittadino prevedendo, a livello distrettuale, la creazione del punto unico di accesso all'intera rete dei servizi sanitari e socio-sanitari. Il Punto unico di accesso è definito come modalità organizzativa del Distretto, concordata con gli Enti Locali che ne fanno parte, nell'ambito del Programma delle attività territoriali di cui all'art. 3-quater del D.Lgs. n. 229/99 e del Piano di Zona di cui all'art. 19 della legge n. 328/2000. E’ una risorsa a disposizione del cittadino e degli operatori, per indicare i percorsi di risposta ai bisogni di ordine sanitario e sociale in modo unitario e integrato, in ragione della complessità della domanda. Un amichevole e corretto funzionamento favorisce il processo di identificazione del cittadino nel proprio Distretto, obiettivo da perseguire per renderlo così concreto primo punto di riferimento per qualsiasi situazione di bisogno.

 

C.1.5.3 - Semplificazione delle procedure di prenotazione

     L'organizzazione di centri unificati di prenotazione deve garantire una molteplicità di punti di prenotazione, capillarmente distribuiti nel territorio, localizzati nei presidi sanitari, e progressivamente nelle farmacie, presso i medici di medicina generale e nei Comuni, istituendo o consolidando, dove già presenti, sistemi di prenotazione telefonica e telematica. Il collegamento in rete metterà in grado di interconnettere le diverse offerte di servizi presenti nel territorio e ai punti unici di accesso di operare come terminali intelligenti di un sistema integrato su base orizzontale e verticale.

     Al fine di facilitare l'accesso alle strutture, il Dipartimento Sanità, previa individuazione degli standards organizzativi e tecnologici necessari per il loro funzionamento e, in ragione della urgenza del bisogno, provvede all'elaborazione di linee guida per identificare le priorità cliniche e valutare i tempi di differibilità della risposta, in modo da rendere compatibili i percorsi del cittadino con le effettive possibilità di erogazione dei servizi, garantendogli una informazione efficace a trasparente sulla compatibilità dei tempi di accesso con la necessità di affrontare in modo tempestivo e appropriato il bisogno rilevato.

     Si dovranno attivare strumenti di informazione adeguata di modalità di lavoro attive e rispettose della dignità dei singoli, di suggerimenti che compensino le situazioni di fragilità e valorizzino la capacità delle persone e delle reti sociali amicali e familiari. Particolare attenzione sarà posta agli interventi a favore dei soggetti che risiedono nelle zone svantaggiate, nelle aree rurali e nei piccoli centri.

     Diventa pertanto necessario che nelle agende informatizzate vengano immesse tutte le prestazioni erogate da ogni produttore (pubblico e privato), per dare al cittadino piena visibilità dell'offerta e al Distretto maggiori e più realistiche possibilità di governarla.

 

MEDICI DI MEDICINA GENERALE E PEDIATRI DI LIBERA SCELTA

 

Associazionismo medico

     I rapporti tra medico di medicina generale, pediatra di libera scelta e Distretto sono disciplinati rispettivamente dal D.P.R. n. 270/2000 e dal D.P.R. n. 272/2000, sulla base dei disposti dell'art. 48 legge 23.12.78, n. 833 e dell'art. 8 del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i..

     La Regione e le Aziende Sanitarie favoriscono l'istituzione di associazioni tra medici finalizzate alla realizzazione di forme di integrazione professionale idonee a collegare l'attività dei singoli medici tra loro e con gli obiettivi ed i programmi distrettuali, in modo da garantire:

     1. il potenziamento dell'assistenza programmata a domicilio, nelle residenze protette e nelle collettività;

     2. l'educazione sanitaria e l'assistenza preventiva individuale;

     3. la partecipazione alle équipes territoriali multidisciplinari per valutazioni multiprofessionali;

     4. lo sviluppo di attività integrate Ospedale-Territorio, ponendo cura nel trovare regole e procedure condivise per le ammissioni e le dimissioni, al fine di assicurare la massima continuità e contiguità terapeutica;

     5. le attività di formazione, informazione e revisione fra pari dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta;

     6. il potenziamento dei servizi di supporto all'attività dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, di tipo strutturale, strumentale e di personale;

     7. lo sviluppo e potenziamento degli standards informativi dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta;

     8. lo sviluppo di servizi assistenziali carenti nel territorio, anche rispetto alle nuove situazioni di vulnerabilità.

 

Reti telematiche

     La Regione e le Aziende cureranno progetti atti a favorire lo sviluppo di reti telematiche con lo scopo di rendere fluido e scorrevole l'interscambio di informazioni. L'insieme delle attività sopracitate si riferisce a pieno titolo anche ai Piani locali di salute (P.L.S.), per i quali rilevanti vanno considerate le seguenti attività:

     1. presa in carico di tutti i neonati nell'immediato post-partum, ricercando ogni soluzione possibile per assicurare l'iscrizione dei nuovi assistiti;

     2. partecipazione attiva a tutte le campagne delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, agli adempimenti dei bilanci di salute, e ad altre iniziative condivise a livello distrettuale volte ad innalzare i livelli di salute.

     Il citato quadro normativo intende favorire un'elevata integrazione del medico di medicina generale e dei pediatra di libera scelta nell'attività distrettuale. Da tale integrazione possono derivare concrete possibilità di ottimizzazione dell'assistenza in ambito di accessibilità, di appropriatezza prescrittiva, ai fini di un miglioramento dei processi assistenziali, con particolare riguardo agli accessi impropri al Pronto Soccorso, ai ricoveri evitabili e alla effettiva continuità delle cure.

 

Personalizzazione dei processi assistenziali

 

Accoglienza della domanda, orientamento e accompagnamento

     - Le criticità

     Le persone devono poter contare su un rapporto fiduciario con il proprio medico di medicina generale e con il pediatra di libera scelta, al fine dell'orientamento e dell'accompagnamento della domanda. La burocratizzazione dei rapporti tra medico e paziente ha, nel tempo, deteriorato questa possibilità, pur prevista dai Livelli essenziali di assistenza, mentre occorre garantire alle persone assistite ed alla loro famiglia la possibilità di una scelta consapevole tra diverse opzioni diagnostiche e terapeutiche, evitando che accedano alle risposte senza orientamento o seguendo percorsi di ricerca per prove ed errori, con rischi, spreco di risorse e ricadute negative sul sistema di erogazione. Deve essere superata la relazione medico-paziente fondata sul paternalismo, adottando invece soluzioni favorenti l'alleanza terapeutica e il patto per la salute in cui sia più accentuata la responsabilizzazione del paziente.

     - Dalla domanda al problema

     A questo scopo gli operatori del Distretto devono condividere criteri e standard di qualità per l'accoglimento della domanda, la valutazione del bisogno, la sua presa in carico tecnica e organizzativa, nonché le procedure di attivazione ed erogazione delle risposte, tenendo conto che gli stessi servizi vengono proposti a persone di diversa formazione e cultura, con la necessità di differenziare le informazioni e gli orientamenti, al fine di metterle in grado di meglio utilizzare le risposte disponibili.

     - Valutazione qualitativa del bisogno

     Per questo chi accoglie la domanda, sia esso singolo professionista o unità multiprofessionale, deve garantire capacità di ascolto, di orientamento, di tutela della privacy e di accompagnamento, quando necessario. Con il che il progetto personalizzato diventa motivo di impegno condiviso con gli operatori, la persona e la famiglia, sulla base di intese tali da individuare in modo trasparente i diversi centri di responsabilità. Nello stesso tempo deve garantire funzioni di filtro, di osservatorio della domanda, di monitoraggio dei bisogni e delle risorse, di conoscenza della domanda inevasa, aggiornando e utilizzando sistematicamente la mappa delle risorse sanitarie e sociali presenti nel territorio. E’ precipuo mandato dell'attività distrettuale mantenere sempre ben salda la visione unitaria e globale della persona, transitando da una logica di servizi per prestazioni a quella di progetti personalizzati.

 

Dall'analisi della domanda ai progetti personalizzati

     - Progetti personalizzati

     Alla qualità dell'accesso ai servizi deve far seguito una conseguente capacità di valutazione integrata del bisogno, finalizzata alla predisposizione e gestione di progetti personalizzati. Questo implica qualità di analisi della domanda e competenze valutative per passare dall'analisi della domanda alla definizione del problema. La diagnosi che sintetizza i risultati di questo percorso è premessa tecnica per definire i progetti personalizzati di assistenza.

     - Valutazioni multidimensionali

     Il passaggio dall'analisi della domanda alla definizione del problema può essere realizzato su base monoprofessionale o multiprofessionale, tenendo conto della complessità del bisogno. L'introduzione di sistemi strutturati di valutazione multidimensionale dei bisogni ha determinato in vari contesti assistenziali un miglioramento della qualità della vita delle persone assistite, una riduzione della mortalità, della disabilità, del numero e della durata dei ricoveri ospedalieri e in residenza sanitaria assistenziale, del consumo dei farmaci e della spesa sanitaria nel suo complesso.

     Per questo la presenza/assenza di soluzioni organizzative facilitanti la valutazione multidimensionale, la programmazione integrata dei piani di assistenza, la loro gestione in una logica di continuità assistenziale, la valutazione periodica dei risultati e degli esiti sono requisiti di qualità da garantire in ogni Distretto, sulla base di linee guida di tipo misto (clinico, assistenziale e organizzativo) utilizzabili anche a fini di accreditamento dell'offerta distrettuale.

     - Unità multiprofessionali

     La crescita di bisogni connessi a cronicità e a lungoassistenza rende necessario attivare in ogni Distretto unità multiprofessionali, che valutino i bisogni richiedenti risposte assistenziali complesse, continuative e integrate. L'unità multiprofessionale è funzione organizzativa del Distretto e finalizza la propria attività alla valutazione multidimensionale, alla definizione del problema, alla predisposizione del piano personalizzato di assistenza, all'attuazione e alla verifica periodica dello stesso. Comprende il medico di Distretto, il medico di medicina generale, l'assistente sociale, l'infermiere professionale. Ad essi si associano altri specialisti in ragione della natura del bisogno.

 

Continuità assistenziale

     - Le criticità

     La domanda di continuità assistenziale nasce dalla constatazione che possono essere evitati accessi impropri al pronto soccorso, ricoveri inutili o inappropriati, dimissioni non programmate, talora assimilabili a forme di interruzione non motivata di assistenza. Altri indicatori sono rilevabili nel consumo di prestazioni ambulatoriali specialistiche svincolate da percorsi diagnostico terapeutici personalizzati o nel consumo di prestazioni assistenziali afferenti a centri di offerta svincolati da una logica di rete e incapaci di interconnettere i diversi centri di responsabilità.

     - Dimensioni della continuità assistenziale

     Il problema della continuità delle cure è una questione cruciale che investe le responsabilità del Distretto, i suoi rapporti con l'Ospedale, la sua capacità di governare i diversi fattori produttivi interni ed esterni al sistema di offerta pubblico, comprensivo del privato accreditato.

     La continuità assistenziale assume rilevanza tutta particolare nell'assistenza alle persone disabili, agli anziani non autosufficienti, alle persone affette da patologie in fase terminale, alle persone che richiedono cure domiciliari integrate di lungo periodo, cioè nelle situazioni in cui si richiede una maggiore integrazione tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, altri servizi distrettuali e servizio di continuità assistenziale.

 

Alternative positive ai ricoveri e qualificazione delle cure domiciliari

     - Curare a casa

     L'uso appropriato delle risorse disponibili rende imprescindibile privilegiare forme di cura domiciliari, dovendosi ancora consolidare il principio generale che la casa resta il migliore luogo di prevenzione cura e riabilitazione, per giungere "nel lungo periodo" ad affidare all'Ospedale un ruolo assistenziale appropriato per le fasi di acuzie che richiedono elevata intensità di assistenza e concentrazione fisica di competenze e tecnologie. Per queste devono essere garantite adeguate risorse, valorizzabili anche limitando il numero di posti letto ospedalieri a quelli strettamente necessari per le tipologie di cure erogate per i quali è ormai doveroso garantire standards strutturali e organizzativi di livello elevato.

     Nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata, tenendo conto di quanto previsto dall'atto di indirizzo e coordinamento sull'integrazione socio-sanitaria, andranno definite tipologie differenziate di risposta in ragione della prevalenza dei bisogni sanitari e sociali e della loro intensità, specificando le procedure di attivazione e organizzazione e le tipologie di costo.

     - Una nuova visione dell'assistenza nelle residenze per anziani

     La visione moderna di assistenza domiciliare deve integrarsi con l'assistenza residenziale, in particolare di quella per gli anziani, di cui il Distretto dovrà sempre più assumere capacità di governo e regia.

     La scelta di inserire in una residenza una persona anziana si configura come una scelta che per lo più diventa irreversibile. E’ una decisione che va quindi presa con grande cautela e lasciando il più ampio possibile potere di contrattualità alla persona. Le implicazioni di carattere etico, giuridico, sociale sono rilevanti. Quindi questa opzione assistenziale è da intendersi per quanto possibile temporanea, realmente condivisa ed accettata; in grado di garantire una qualità di vita accettabile, predisposta per favorire la partecipazione attiva dei familiari e delle persone, al fine di mantenere legami significativi tra l'anziano e la sua comunità di provenienza. In questo senso la logica di impostazione dell'assistenza residenziale deve collocarsi molto più in prossimità delle cure domiciliari piuttosto che di quelle ospedaliere.

     - Assistenza domiciliare integrata (A.D.I.)

     Gli interventi di Assistenza domiciliare integrata a maggiore impegno sanitario, caratterizzate nei termini di cure domiciliari, dovranno contare su percorsi di attivazione rapidi, nella fattispecie dell'urgenza, soprattutto nei casi di post acuzie e di terminalità, riservando ad una fase successiva l'attivazione dell'unità multiprofessionale e di predisposizione del progetto personalizzato con i completamenti organizzativi e gestionali che si renderanno necessari.

     All'interno delle strutture di ricovero accreditate, per acuti andranno identificati specifici responsabili per la deospedalizzazione e per l'attivazione dell'assistenza domiciliare integrata, con il compito di definire, di concerto con il medico di medicina generale o pediatra di libera scelta del paziente e con il Distretto, le modalità organizzative della dimissione, la tipologia delle cure domiciliari necessarie nella prima fase dopo la dimissione, le modalità di corretta risoluzione delle problematiche burocratiche, prescrittive e certificatorie. Più in specifico, nei casi di anziani o di persone le cui condizioni cliniche, psicologiche e di autonomia personale impongono un programma articolato ed integrato di interventi sanitari e sociali a valenza sanitaria, alla fase di ricovero ospedaliero devono sovrapporsi precocemente, intorno alla terza giornata dall'ammissione, la attivazione e la interfaccia con le figure professionali e le strutture del Distretto per la valutazione multidimensionale dei bisogni e la definizione ed organizzazione dei percorsi successivi.

 

OSPEDALE DI COMUNITA’ O OSPEDALE DI DISTRETTO

 

     La riorganizzazione dell'assistenza sanitaria territoriale, prevista dal presente P.R.S., il cui pilastro portante è costituito dalla nuova organizzazione territoriale fondata sulla combinazione Azienda Sanitaria, Distretto, Presidio Ospedaliero, impone la necessità di prevedere lo sviluppo di strutture sanitarie che, pur al di fuori della rete ospedaliera, siano in grado di accogliere e seguire in regime residenziale o semiresidenziale le persone che necessitano di interventi clinico-assistenziali ovvero quei casi che, avendo esaurito il percorso assistenziale di elevato contenuto tecnologico in fase diagnostico-terapeutica (fase acuta specifica del momento ospedaliero vero e proprio) necessitano ancora di una fase di sorveglianza clinica e assistenziale.

     In sostanza si tratta di una struttura sanitaria territoriale, con bacino di utenza distrettuale o interdistrettuale, intermedia tra il ricovero propriamente detto che avviene in strutture ospedaliere per acuti e le altre possibili risposte assistenziali territoriali sia di carattere domiciliare che residenziale di lungodegenza (RSA e CP), in stretto rapporto di collaborazione funzionale tra di loro e tale da consentire la costruzione di una rete di servizi sanitari extra ospedalieri.

     L'Ospedale di comunità è una struttura sanitaria territoriale in grado di seguire in regime residenziale e semiresidenziale una quota di popolazione che oggi afferisce impropriamente alla tradizionale degenza ospedaliera per acuti.

     In ogni caso si tratta di patologie per il cui trattamento non necessitano i supporti tecnologici ed assistenziali che caratterizzano tipicamente la rete degli Ospedali per acuti di cui al successivo obiettivo assistenziale 3 del presente P.R.S. L'Ospedale di comunità o di Distretto inoltre non entra in concorrenza con l'Ospedale tradizionale in quanto sono diverse le finalità assistenziali anzi risulta di supporto all'Ospedale in fase di dimissione precoce/protetta e si distingue nettamente dalle strutture territoriali residenziali (RSA - CP) che sono strutture socio-sanitarie, che accettano soggetti anziani non autosufficienti con patologie croniche stabilizzate. Inoltre l'Ospedale di comunità può essere valida alternativa all'A.D.I. quando la famiglia dell'utente non è in grado di gestirla.

     I ricoveri nell'Ospedale di comunità sono sempre programmati e di solito finalizzati alla risoluzione di un problema sanitario; l'ammissione avviene su proposta del medico ospedaliero se si tratta di paziente ricoverato in ospedali per acuti, oppure su proposta del medico di Medicina Generale se non è ricoverato. In entrambi i casi è indispensabile il consenso del MMG che ha la responsabilità della condotta diagnostico terapeutica del paziente e che seguirà il paziente ricoverato nell'Ospedale di comunità del Distretto di competenza secondo le modalità operative e gli impegni orari di accessi programmati che saranno stabiliti in sede di accordo integrativo regionale con i MMG.

     L'assistenza sanitaria, sia negli aspetti diagnostici che terapeutici, viene erogata con modalità ospedaliere, in caso di emergenza/urgenza vengono attivate le strutture del 118, che in ciascun Ospedale di comunità possono trovare la loro collocazione quali sedi dell'emergenza territoriale con personale medico, infermieristico e tecnico e mezzi a ciò deputati 24 ore su 24. Inoltre nelle ore notturne prefestive e festive è presente anche il medico di continuità assistenziale di cui la postazione territoriale è allocata nella struttura dell'Ospedale di comunità.

     L'Ospedale di comunità si avvale, oltre che del personale infermieristico ad esso dedicato, del medico di medicina generale, dei servizi e delle attività territoriali di seguito indicate, ove trovino collocazione nella stessa struttura dell'Ospedale di comunità:

     1. Servizio di primo soccorso svolto dalle strutture territoriali del 118

     2. Postazione di continuità assistenziale

     3. Servizi di specialistica ambulatoriale di diagnostica strumentale e di laboratorio nonché gli specialisti ambulatoriali territoriali.

     In sede di prima applicazione le funzioni di ospedale di comunità saranno allocate nei presidi di cui alla tabella n. 3, ferme restando le eventuali altre destinazioni previste nel presente P.R.S.

 

Tabella 3 - Funzioni di ospedale di comunità.

 

STABILIMENTI IN CUI VENGONO ALLOCATE ANCHE

LE FUNZIONI DI OSPEDALE DI COMUNITA’

Cariati

Cassano

Chiaravalle Centrale

Gerace

Lungo

Mesoraca

Mormanno

Nicotera

Oppido Mamertina

Pizzo Calabro

Praia a mare

Rosarno

Scalea

Scilla

Soveria Mannelli

 

     La Giunta regionale entro il primo semestre di vigenza del presente P.R.S., su specifica proposta del competente Dipartimento Sanità e tenuto conto delle risorse disponibili, adotterà specifiche linee guida per la riconversione e l'attivazione degli ospedali di comunità delle Aziende Sanitarie, nonché per la loro strutturazione, organizzazione e funzionamento. Fermo restando il fatto che per ogni stabilimento ospedaliero nel quale dovessero essere allocate le funzioni di ospedale di comunità, non è vi preclusione alcuna per essere ricompreso nella rete ospedaliera dell'azienda sanitaria di competenza.

     Il Presidio Ospedaliero di Praia a Mare, nel quale vengono allocate anche le funzioni di Ospedale di Comunità, viene ricompreso nella rete Ospedaliera dell'Azienda Sanitaria di competenza. L’Ospedale di Palmi assume le funzioni di Ospedale di base [14].

 

Educazione terapeutica

     - Convivere attivamente con la malattia

     E’ soprattutto l'elevato e costantemente crescente numero di persone affette da malattie o condizioni che si protraggono molto a lungo nel tempo a imporre all'attenzione del mondo della salute l'esigenza di avviare, accanto alla sua promozione, pratiche di educazione terapeutica (per certi versi definibile come "educazione a convivere attivamente con la malattia").

     L'educazione terapeutica è un processo continuo che non si limita a cercare di trasferire conoscenze, ma permette al malato di riappropriarsi della propria condizione di malattia, di diventare protagonista e risorsa dell'assistenza. Inoltre, consente di valutare l'uso appropriato e contestuale delle informazioni acquisite, per giungere a un progetto condiviso e a un contratto informato tra le parti.

     L'educazione alle persone assistite e alle loro famiglie presenta notevoli vantaggi in quanto porta a migliorare la qualità della vita delle persone assistite e a favorire la ricostruzione del senso della malattia. Si dimostra in grado di innalzare il livello terapeutico, concorrendo ad un uso più appropriato dei farmaci, ad un minore bisogno delle strutture sanitarie, alla riduzione dei costi.

     - Per informare e formare

     Lo scopo è quello di formare correttamente i pazienti e i loro familiari sulle possibilità e modalità di gestione della malattia, sulle sue caratteristiche e storia naturale, partendo dai bisogni reali e dal contesto del nucleo familiare. In questo ambito sono evidentemente comprese anche tutte le iniziative volte ad addestrare alle tecniche di self-care malati e famiglie.

     Si porta, consapevolmente, il malato (ove possibile) e la famiglia a competenze tali da poter gestire la malattia, a livelli di sicurezza, concordati con il medico e con il personale infermieristico in una logica educativa di sostegno e di qualità di vita. Pertanto, oltre all'informazione e al relativo consenso alle cure, si valuta il livello cognitivo e il saper fare degli interessati per educarli alle azioni di supporto. Tale forma di educazione, richiede un rapporto molto stretto di conoscenza dei bisogni della famiglia e una continua valutazione sul persistere dei criteri minimi di sicurezza del contratto terapeutico.

     E’ opportuno promuovere attività formative all'educazione terapeutica, per raggiungere il migliore livello di competenza in questo campo, per la (auto)gestione della malattia a livelli di sicurezza e di condivisione di responsabilità. Le attività formative coinvolgono non solamente i medici (del territorio e dell'Ospedale), ma soprattutto gli infermieri e altri operatori che partecipano al progetto assistenziale e diventano in questo ambito protagonisti dell'azione formativa.

 

LE PRESTAZIONI DELL'ASSISTENZA DISTRETTUALE

 

     Le prestazioni ricomprese nel L.E.A. assistenza distrettuale sono articolate nei sottolivelli di assistenza e nelle tipologie di prestazioni indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti a cui si rimanda.

     Tramite i sublivelli di assistenza sopra riportati si realizzano servizi rivolti alla popolazione generale ed attività rivolte alle specifiche categorie di utenti qui di seguito indicati e per i quali concorrono in ogni ambito distrettuale le correlate strutture organizzative dipartimentali delle Aziende:

     1. soggetti in età pediatrica: prevenzione, riabilitazione e promozione della salute dal punto di vista fisico, psichico e sociale dei soggetti in età 0-13 anni anche nei servizi educativi della scuola dell'obbligo, garantendo il necessario raccordo con le iniziative rivolte a soggetti di età 14-18 anni;

     2. adolescenti ed adulti in età fertile (famiglie, coppie, singoli) e donne in menopausa: informazione sulla prevenzione responsabile e la gravidanza, prevenzione e counseling sulle malattie genetiche e connatali, prevenzione e trattamento delle malattie ginecologiche ed a trasmissione sessuale, promozione di una sessualità serena e consapevole;

     3. anziani ed adulti con patologie croniche: prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione;

     4. soggetti con patologie mentali od a rischio per tali patologie: prevenzione, diagnosi e cura, riabilitazione;

     5. soggetti con dipendenze o a rischio; prevenzione, diagnosi e cura, riabilitazione;

     6. soggetti disabili o a rischio: prevenzione, diagnosi e cura, riabilitazione;

     7. soggetti in fase terminale.

     Le attività indicate si svolgono in maniera integrata e coordinata, nel territorio distrettuale in modo da fornire risposte di assistenza di base e specialistica come un "continuum" di cure che rispondono in maniera compiuta ai bisogni delle persone filtrando gli accessi ospedalieri secondo criteri di appropriatezza e fornendo tramite i presidi semiresidenziali e residenziali anche risposte a ciclo continuativo o diurno.

 

Le sedi di erogazione delle prestazioni

     Le prestazioni e le attività ricomprese nei sottolivelli di assistenza distrettuale vengono erogati presso:

     1. le sedi distrettuali;

     2. gli ambulatori dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta;

     3. il domicilio del paziente;

     4. le farmacie;

     5. gli ambulatori e le sedi dei presidi territoriali e ospedalieri;

     6. gli ospedali di comunità;

     7. le strutture private accreditate per l'erogazione di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale e di laboratorio, secondo le indicazioni e nei limiti dei contratti preventivamente stipulati;

     8. le strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private accreditate, secondo le indicazioni e nei limiti degli accordi e contratti preventivamente stipulati.

 

AZIONI DI SUPPORTO ALLO SVILUPPO E ORGANIZZAZIONE DEI NUOVI DISTRETTI

 

     Nel corso del primo anno di vigenza del presente P.R.S. la Giunta regionale assicura le azioni di supporto allo sviluppo ed alla riorganizzazione dei nuovi Distretti qui di seguito indicate:

     - programma di formazione per lo sviluppo delle competenze dei Direttori di Distretto;

     - programma di formazione per promuovere tra gli operatori lo sviluppo di atteggiamenti ed abilità utili allo sviluppo dell'assistenza distrettuale;

     - monitoraggio dell'attuazione del nuovo modello di assistenza distrettuale.

 

OBIETTIVI SPECIFICI PER I SOTTOLIVELLI DELL'ASSISTENZA DISTRETTUALE

 

     Costituiscono obiettivi specifici e prioritari, nell'ambito di ciascuno dei sub livelli di assistenza ricompresi nel L.E.A. assistenza distrettuale, il corretto ed uniforme svolgimento delle seguenti, attività e prestazioni nonché lo svolgimento delle azioni di seguito indicati.

 

1. Assistenza sanitaria di base

 

Prestazioni

     Le prestazioni erogate ricomprendono prestazioni dei medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici, di continuità assistenziale e guardia medica turistica previste dagli AA.CC.NN. e quelle previste dagli accordi integrativi regionali, anche con la collaborazione del personale del Distretto per quanto concordato con il Direttore di Distretto.

 

Obiettivi

     Il medico di medicina generale ed il pediatra di libera scelta sono i riferimenti immediati e diretti per le persone e le famiglie. Coerentemente con l'indirizzo del presente P.R.S. è necessario che essi, nel rapporto con gli assistiti, valorizzino sempre di più le funzioni educative e di promozione della salute a diretto contatto con l'utenza. Assume inoltre maggiore importanza la valutazione dei bisogni sanitari e socio-assistenziali delle persone al fine di orientare e regolare l'accesso ai servizi e alle prestazioni sanitarie offerte dall'Azienda, attenendosi ai criteri della evidence based medicine ed alle linee-guida concordate a livello nazionale e privilegiando sempre le strutture ed i servizi presenti nell'Azienda, ciò anche al fine di contribuire alla riduzione della mobilità sanitaria intraregionale ed extraregionale.

     I MMG ed i PLS, nelle forme previste dalle rispettive convenzioni, dovranno essere responsabilizzati in modo adeguato relativamente alla spesa sanitaria per i propri assistiti. I criteri ai quali attenersi per lo sviluppo di questo sublivello di assistenza sono:

     1. omogeneità di offerta;

     2. orientamento della domanda;

     3. integrazione con gli altri servizi territoriali;

     4. collaborazione con i servizi ospedalieri;

     5. promozione del loro ruolo.

 

Azioni

     1. adeguamento e aggiornamento continuo dell'anagrafe assistiti;

     2. definizione e applicazione degli accordi integrativi regionali e locali coerenti con le strategie dei P.R.S.;

     3. attivazione di progetti obiettivo distrettuali che prevedano il coinvolgimento e l'incentivazione dei MMG e PLS con riferimento alla progressiva eliminazione dei ricoveri ospedalieri, delle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e delle prescrizioni farmaceutiche inappropriate;

     4. aggiornamento continuo dei MMG e dei PLS con specifico riferimento non solo agli aspetti assistenziali ma anche a quelli di responsabilizzazione e gestione nell'uso appropriato e razionale delle risorse assegnate al Distretto;

     5. sviluppo dell'informatizzazione e della comunicazione tra gli studi professionali dei medici e le strutture del Distretto e dell'Azienda;

     6. sistema aziendale di reporting che consenta di confrontare l'attività prescrittiva tra medici singoli e tra gruppi di medici (ad es. afferenti a Distretti differenti).

 

2. Assistenza farmaceutica

 

Situazione

     La consapevolezza che l'attuale assistenza farmaceutica presenta diversi punti di debolezza e criticità specie per quanto attiene alla sostenibilità dei costi, pone l'esigenza di formalizzare indirizzi specifici per meglio definire l'area dell'assistenza farmaceutica ed il percorso per realizzare una appropriata politica dell'assistenza farmaceutica compatibile con le risorse disponibili.

     All'interno del territorio regionale esiste, inoltre, un disomogeneo sviluppo dei programmi di assistenza farmaceutica e la necessità di definire percorsi diagnostico-terapeutici concordati e formalizzati, con particolare attenzione al rapporto costo/benefìcio nelle scelte.

     L'aumento del numero delle persone anziane e delle polipatologie in questa fascia di età, della prevalenza di determinate patologie, soprattutto quelle cardiovascolari e neoplastiche, a fronte della rimodulazione della rete ospedaliera, richiedono la più ampia integrazione professionale in seno all'équipe assistenziale, per la quale il farmacista rappresenta un importante riferimento in merito a: consulenza, sorveglianza e valutazione complessiva dell'uso del farmaco e dei rimanenti materiali sanitari.

     L'assistenza farmaceutica si esplicita nei processi di cura propri dell'Ospedale e del Distretto, in modo da garantire appropriati percorsi di cura alle condizioni di malattia a diverso livello di intensità, sia che siano realizzati in ambito di degenza, lungodegenza, assistenza protetta, domiciliare, ambulatoriale, anche in funzione dell'evolversi delle tipologie di intervento sanitario offerto.

     Pertanto si rende necessaria l'adozione di strumenti volti alla integrazione dei due ambiti assistenziali farmaceutici, ospedaliero e territoriale.

     Emergono, infatti, accanto alle competenze già consolidate, ulteriori funzioni correlate alle nuove modalità assistenziali (continuità assistenziale Ospedale/territorio, assistenza sanitaria territoriale, domiciliare integrata, semiresidenziale e residenziale) e al governo della spesa per l'assistenza farmaceutica nell'ambito della gestione del rapporto con e fra i prescrittori (medici di medicina generale e specialisti ospedalieri e territoriali).

 

Obiettivi

     Permane l'obiettivo di contenere la spesa attraverso lo sviluppo del monitoraggio della stessa riferita ai singoli prescrittori, complessiva e per classi terapeutiche, la qualificazione delle prescrizioni per qualità e quantità. E’ necessario inoltre promuovere e garantire adeguatamente la farmacovigilanza.

     E’ indispensabile, per questi obiettivi, il coinvolgimento dei medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e degli specialisti ospedalieri e territoriali.

     E’ necessario rivedere l'assetto organizzativo delle strutture e dei servizi, istituzionalmente preposti alla elaborazione e diffusione delle informazioni indispensabili ad operare scelte razionali e responsabili nell'area del farmaco, adeguandolo al nuovo contesto aziendalistico del sistema sanitario e alle esigenze sempre più manifeste di razionalizzare e contenere la spesa sanitaria ed in particolare quella per l'assistenza farmaceutica.

     Obiettivo prioritario per il triennio permane quindi quello di contenere la spesa farmaceutica entro il tetto di spesa annualmente programmato dalla Regione anche in attuazione di quanto al riguardo stabilito nell'accordo Stato/Regioni.

     Dovrà inoltre essere perseguito il coinvolgimento delle farmacie pubbliche e private al fine di razionalizzare il servizio reso, attuare l'informazione al cittadino, facilitare la prenotazione di prestazioni specialistiche per via informatica, collaborare al monitoraggio dei consumi e alla farmacovigilanza, erogare ausili, presidi e prodotti dietetici.

     La valutazione in merito alla competitività delle farmacie convenzionate dovrà essere effettuata tenendo conto delle occorrenze finanziarie necessarie alle Aziende Sanitarie per attivare un servizio di fornitura analogo, per capillarità ed efficienza anche sociale, a quello garantito dalle farmacie.

     Medesima valutazione dovrà essere effettuata per quanto attiene la fornitura ai cittadini dei farmaci prescrivibili ed erogabili da parte delle strutture pubbliche specializzate.

     Al fine di ottimizzare l'utilizzo delle risorse e garantire un'omogeneità di comportamento e di azioni in materia di utilizzo delle risorse in campo farmaceutico (farmaci, dispositivi medici, etc.), nell'Azienda si rende necessaria l'attivazione di una apposita struttura per ogni Azienda Sanitaria (Servizio Farmaceutico) cui demandare le specifiche funzioni di coordinamento, monitoraggio e controllo della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera.

     Al fine di garantire un'adeguata e celere assistenza farmaceutica è consentita nei Comuni con popolazione inferiore a 2.500 abitanti, l'attivazione del dispensario farmaceutico nei centri abitati con non più di 1.000 abitanti e frazioni, agglomerati di case sparse, contrade con popolazione inferiore a 500 abitanti, limitatamente ai casi in cui la normativa vigente non prevede l'attivazione di una sede farmaceutica. La gestione del dispensario in tale ipotesi è affidata prioritariamente al titolare della farmacia comunale. L'autorizzazione segue la stessa procedura prevista per l'attivazione dei dispensari stagionali. La Regione svolge comunque tutte le funzioni e i compiti in materia farmaceutica.

 

Azioni

     1. strutturazione e organizzazione del Servizio Farmaceutico nelle Aziende Sanitarie;

     2. realizzazione di software unico di monitoraggio della spesa con controlli di qualità dei dati e reportistica uniforme;

     3. attuazione di una efficace attività di monitoraggio e di controllo della spesa farmaceutica sia in ambito ospedaliero che territoriale con produzione di reports trimestrali;

     4. adozione di specifiche linee-guida e provvedimenti regionali per la qualificazione e il contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera e territoriale;

     5. indirizzo regionale per l'organizzazione del Servizio farmaceutico territoriale-ospedaliero di Azienda Sanitaria;

     6. adeguamento e formazione del personale dei Servizi farmaceutico territoriale-ospedaliero di Azienda Sanitaria;

     7. Istituzione di una Agenzia del farmaco sul territorio regionale da istituire previo parere vincolante della Commissione consiliare competente.

 

Appropriatezza dell'assistenza farmaceutica

     Il perseguimento dell'appropriatezza nell'uso del farmaco si realizza con la pianificazione di attività che permettano di raggiungere i seguenti obiettivi:

     1. qualificarne e razionalizzarne l'utilizzo, assicurando la migliore assistenza al cittadino, tenendo conto delle risorse economiche disponibili, orientando gli operatori sanitari alla migliore scelta, tenendo conto del rapporto costo/benefìcio, a parità di efficacia e sicurezza, mediante l'adozione di linee guida per le patologie prevalenti, la predisposizione di protocolli operativi, il monitoraggio quali-quantitativo dei consumi e della spesa, dei progetti di qualificazione dell'assistenza e nel rispetto dei livelli programmati;

     2. formare con aggiornamento permanente gli operatori sanitari coinvolti nella prescrizione e/o nell'utilizzo dei materiali sanitari, per sviluppare abilità/capacità professionali e attitudini;

     3. definire criteri per garantire la sicurezza del farmaco nelle varie fasi dei processo terapeutico nel rispetto di criteri di sicurezza, continuità ed uniformità, promuovere la compliance dell'assistito nei confronti della terapia farmacologica in ambito ospedaliero ed a domicilio, valutare l'accessibilità al farmaco ed al dispositivo medico, individuando adeguati ed appropriati percorsi per la gestione di approvvigionamenti, scorte, dispensazione nelle strutture sia ospedaliere che territoriali;

     4. garantire la realizzazione e il controllo dei processi volti alla attuazione di una buona politica del farmaco attraverso il miglioramento continuo della Qualità delle prestazioni da parte delle professionalità coinvolte.

 

Contenimento della spesa farmaceutica

     La spesa farmaceutica territoriale deve essere contenuta nei limiti percentuali previsti dagli indirizzi di programmazione sanitaria regionale, in coerenza con quanto previsto in materia dagli Accordi fra Stato e Regioni.

     A tal fine vanno considerati i seguenti strumenti:

     1. riconferma dei provvedimenti in materia di compartecipazione alla spesa. adottati per l'anno 2002;

     2. erogazione diretta di farmaci agli assistiti in dimissione dai presidi e servizi delle Aziende sanitarie ed ospedaliere, ovvero dalle farmacie territoriali con le quali sarà attivato uno specifico accordo, anche a completamento del ciclo terapeutico avviato;

     3. interventi sull'uso dei generici, anche attraverso direttive agli specialisti dipendenti e accordi con i medici convenzionati;

     4. monitoraggio della spesa farmaceutica attraverso il flusso informativo della farmaceutica.

     Per quanto riguarda la spesa farmaceutica ospedaliera, si intende perseguire l'obiettivo di contenimento della spesa coni seguenti strumenti:

     - predisposizione di procedure centralizzate di acquisto;

     - razionalizzazione dei punti di distribuzione dei farmaci e degli ausili medici;

     - standardizzazione dei farmaci e degli ausili medici.

 

Riorganizzazione dell'assistenza farmaceutica

     La riorganizzazione dell'assistenza farmaceutica nelle Aziende Sanitarie deve avvenire in conformità a tre aspetti fondamentali:

     1. le indicazioni e gli obiettivi esplicitati dal presente P.R.S., in ordine ai princìpi dell'efficacia e appropriatezza degli interventi sanitari, con particolare riferimento all'assistenza farmaceutica intesa nel senso più ampio del termine (somministrazione di farmaci, allestimento di preparati per nutrizione artificiale, fornitura di dispositivi medici, etc.), dell'efficienza produttiva, al fine di scegliere modalità organizzative che consentano di garantire un uso ottimale delle risorse;

     2. l'esistenza di un forte mandato alle strutture competenti (Servizio Farmaceutico) in ordine alle attività legate al governo, alla verifica ed al controllo del servizio e dell'assistenza farmaceutica;

     3. l'adozione del Prontuario Terapeutico Regionale, da utilizzare in sede ospedaliera e nell'ambito delle strutture pubbliche di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, nonché da considerare quale riferimento, nella definizione degli accordi contrattuali con le strutture accreditate, per quanto concerne il costo dell'assistenza farmaceutica.

     L'assistenza farmaceutica, mirata al raggiungimento di una omogenea politica del farmaco in ambito aziendale, si esplicita con funzioni trasversali ospedaliere e territoriali e si articola in livelli operativi per funzioni specifiche, partecipando alla definizione dei fabbisogni e alla migliore allocazione delle risorse, mediante lo sviluppo del sistema di relazioni con il personale sanitario del presidio ospedaliero e del territorio (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali e infermieri per le cure domiciliari), con gli uffici amministrativi.

 

3. Assistenza domiciliare

 

La situazione

     L'assistenza domiciliare è una delle funzioni che vanno potenziate per costituire prestazioni alternative ai ricoveri ospedalieri specie quelli inappropriati.

     In ogni Distretto oggi viene svolta in diverse forme che verranno di seguito esplicitate e che sono solo parzialmente coordinate tra loro e governate dalla direzione del Distretto.

     Le articolazioni assistenziali in ogni Distretto, oggi svolte all'interno della dizione più generale di "assistenza domiciliare", sono quelle qui riportate e non tutte ancora sufficientemente sviluppate.

     Il loro sviluppo, l'organizzazione, l'attivazione e coordinamento costituiscono obiettivo fondamentale per le Aziende Sanitarie da realizzare in ciascun Distretto.

     - Assistenza Domiciliare Sanitaria: consiste nell'erogazione di sola assistenza di tipo sanitario (medica, infermieristica e riabilitativa), resa al domicilio del paziente anche in forma programmata. Si svolge anche nel confronti dei malati di AIDS;

     - Assistenza domiciliare programmata ad Assistiti non ambulabili (A.D.P.): istituto previsto dall'Accordo Collettivo Nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici di medicina generale, che prevede l'erogazione di assistenza medica da parte del medico di medicina generale, rivolta a cittadini, senza limiti di età, che siano affetti da patologie per le quali si rende necessario un monitoraggio "intensivo". Gli accessi dei medici al domicilio dei pazienti vengono concordati con la direzione del distretto secondo un piano assistenziale predefinito;

     - Assistenza domiciliare integrata (A.D.I.): così definita per la co-presenza di prestazioni mediche, Infermieristiche, riabilitative e di assistenza sociale, rese al domicilio dell'anziano, in forma "integrata", vale a dire con la partecipazione dei servizi sociali;

     - Assistenza a pazienti affetti da malattie terminali: viene resa al domicilio del paziente e consiste principalmente nell'erogazione di assistenza terapeutica volta a ridurre la sintomatologia dolorosa;

     - Ospedalizzazione Domiciliare: le UU.OO. ospedaliere seguono con proprio personale, anziani o soggetti non autosufficienti al proprio domicilio, con prestazione diagnostica, di cura e riabilitazione di tipo ospedaliero.

 

Obiettivi

     A partire da questa realtà e valorizzando le poche esperienze acquisite è necessario sviluppare in ogni Distretto un modello unitario di assistenza a domicilio con i seguenti obiettivi specifici:

     1. assistere le persone di ogni età con patologie trattabili a domicilio evitando il ricorso al ricovero ospedaliero o a strutture residenziali, assicurando la continuità assistenziale e l'integrazione con gli altri livelli di assistenza;

     2. mantenere, per quanto possibile, i pazienti non autosufficienti al proprio domicilio;

     3. favorire il recupero o il mantenimento delle capacità di autonomia e relazionali, in accordo con le famiglie, per migliorare la qualità di vita dei pazienti;

     4. sostenere la famiglia e gli altri soggetti che prestano assistenza (caregivers) trasmettendo competenze per una autonomia di intervento.

     L'assistenza domiciliare è rivolta in particolare alle persone di ogni età con:

     1. patologie croniche e disabilità trattabili a domicilio;

     2. patologie in fase terminale;

     3. riacutizzazioni di patologie croniche;

     4. dimissioni protette da strutture residenziali e/o ospedaliere.

     I principali criteri organizzativi possono essere così delineati:

     1. individuazione di un unico riferimento in grado di indirizzare i bisogni sanitari e socio-assistenziali degli utenti relativamente alle cure da erogare presso il domicilio. Tale punto di riferimento è, per ciascun Distretto, uno Sportello unico di accoglienza che operi con modalità concordate con i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta ed i Comuni;

     2. valutazione dei bisogni ed elaborazione del progetto personalizzato di assistenza domiciliare al paziente ed alla sua famiglia, da parte di Unità di Valutazione Multidisciplinari specifiche per tipologia di paziente, composte da personale specialista operante nel Distretto, da altro personale delle UU.OO. ospedaliere competenti e da medici di medicina generale o pediatri di libera scelta, con il coinvolgimento dei servizi sociali per i casi in cui sia necessario;

     3. definizione e predisposizione ed erogazione del materiale sanitario e di medicazione e degli ausili necessari;

     4. definizione ed organizzazione delle procedure diagnostiche da effettuarsi al domicilio;

     5. definizione ed organizzazione delle prestazioni specialistiche da erogarsi a domicilio;

     6. identificazione di un responsabile organizzativo del progetto personalizzato;

     7. coinvolgimento della rete sociale e delle associazioni di volontariato con competenze tecnico-professionali;

     8. definizione di criteri e modalità di valutazione dei risultati dell'episodio assistenziale.

     L'attivazione di questo modello di assistenza domiciliare richiede l'approfondimento dei principali aspetti dell'Assistenza Domiciliare integrata ed il loro adattamento alla particolare realtà di ciascuna categoria di utenti. E’ pertanto necessario enfatizzare l'aspetto multidimensionale, l'individuazione e l'implementazione di linee-guida tecnico-professionali ed assistenziali basate su evidenze di efficacia sanitaria.

     Le cure domiciliari devono rispettare e valorizzare le relazioni familiari, le abitudini e il vissuto della persona e del nucleo familiare da prendere in cura. Ciò è tanto più importante per i soggetti giovani e molto giovani e per gli anziani, per i quali è particolarmente traumatico e penoso l'allontanamento dal proprio ambiente.

     Queste indicazioni comportano la necessità di perseguire una forte integrazione tra le strutture e gli operatori del Distretto, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta, i dipartimenti ospedalieri e misti, i servizi sociali dei Comuni, le associazioni di volontariato e le famiglie.

     La realizzazione di un sistema integrato di cure a domicilio in grado di garantire i bisogni assistenziali è obiettivo prioritario del Distretto ed è anche risorsa strategica per incrementare l'efficacia e per renderne sempre più efficiente la spesa. Anche a tal fine dovranno essere definiti contenuti e modalità organizzative differenziate per livelli di intensità (alta media, bassa) delle cure domiciliari, anche valorizzando le esperienze specifiche già attuate nelle aziende sanitarie negli anni recenti.

 

Azioni

     1. definizione e applicazione nei Programmi delle Attività Territoriali del sistema integrato delle cure domiciliari in esecuzione del presente P.R.S.;

     2. indirizzo e supporto regionale per diffondere e potenziare l'assistenza domiciliare in ogni ambito distrettuale e nelle sue diverse forme;

     3. indirizzo e supporto regionale per promuovere un maggior coinvolgimento dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta anche nelle forme integrate;

     4. linee-guida per accesso, presa incarico e dimissioni ospedaliere;

     5. monitoraggio della tipologia degli assistiti, del numero e della qualità degli accessi (tipi di prestazioni) in assistenza domiciliare;

     6. monitoraggio epidemiologico della non autosufficienza con appropriate scale di valutazione;

     7. utilizzo delle tecnologie avanzate a supporto delle azioni sopra descritte.

 

4. Assistenza specialistica ambulatoriale

 

Prestazioni

     Le prestazioni erogate per questo sottolivello ricomprendono le funzioni di assistenza specialistica ambulatoriale, di diagnostica strumentale e di laboratorio erogate nei poliambulatori distrettuali e nelle strutture accreditate operanti in ciascun Distretto, secondo le indicazioni e nel limiti dell'accordo contrattuale preventivamente stipulato, nonché le attività specialistiche ambulatoriali per esterni erogate nei Presidi Ospedalieri.

     Eventuali altre prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale non espressamente ricomprese nei L.E.A., o previste da provvedimenti legislativi o amministrativi il cui contenuto viene qui confermato, non sono a carico del S.S.N. e pertanto dei costi derivanti dalla loro eventuale erogazione gratuita agli assistiti sono responsabili la Direzione Aziendale nonché i Direttori dei Distretti, fatte salve le prestazioni previste da apposite campagne di prevenzione stabilite dalla Regione.

 

Obiettivi

     Obiettivo prioritario per il triennio è quello di garantire, in maniera omogenea su tutto il territorio regionale e specificatamente in ciascun Distretto, la corretta erogazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale e di laboratorio ricomprese nel relativo sub livello di assistenza, coordinando e programmando le attività tra le due sedi di offerta, pubblica e privata accreditata, in termini qualitativi e quantitativi, valutando i tassi di utilizzo per categoria di prestazioni secondo gli indicatori nazionali, nonché il volume delle attività di offerta pubblica e privata accreditata (quest'ultima secondo le indicazioni e nei limiti dell'accordo contrattuale preventivamente stipulato), anche per la riduzione dei tempi di attesa e la determinazione dei budget dei Distretti.

     La tipologia ed i volumi di attività correlati al sub livello assistenza specialistica devono in ogni caso essere compatibili con le risorse annualmente assegnate per il sub livello assistenza specialistica ambulatoriale alle Aziende Sanitarie.

     Realizzare coerenti programmi per l'incremento del grado di appropriatezza delle prestazioni di assistenza specialistica e di diagnostica strumentale ivi compresa la diagnostica di laboratorio.

 

Azioni

     1. verifica ed attuazione di ogni utile iniziativa per la riduzione dei tempi di attesa nella fruizione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale;

     2. attivazione Centri Unici Prenotazione organizzati per Azienda Sanitaria;

     3. razionalizzazione delle strutture erogatrici direttamente gestite e loro eventuale potenziamento quali-quantitativo per meglio corrispondere alle esigenze degli utenti;

     4. verifica dell'appropriatezza, dell'efficacia e dell'efficienza delle prestazioni erogate ed adozione di ogni utile iniziativa finalizzata a garantire agli utenti prestazioni appropriate ed economicamente sostenibili;

     5. sviluppo di percorsi diagnostico-terapeutici che minimizzino la quota di utilizzo improprio di questo livello assistenziale; in tal senso possono essere individuate forme uniche di accesso delle prestazioni riferibili ad uno specifico profilo diagnostico-terapeutico;

     6. intensificazione delle attività di controllo anche per scoraggiare artificiose induzioni di domanda;

     7. sviluppo di un sistema informativo in grado di monitorare le prestazioni e generare un adeguato set di indicatori sull'appropriatezza;

     8. indirizzi regionali, anche sulla scorta delle indicazioni nazionali, per linee guida, procedure e protocolli diagnostici.

 

L'appropriatezza nella specialistica ambulatoriale

     L'obiettivo della erogazione tempestiva e di buona qualità delle prestazioni diagnostiche e specialistiche in relazione all'effettivo bisogno di salute, necessita per il suo raggiungimento anche di una classificazione della domanda secondo criteri di priorità e urgenza ma soprattutto tenendo in debito conto il criterio di appropriatezza delle prestazioni. A tal fine occorre:

     1. individuare, per alcuni settori cruciali di domanda, specifiche linee guida e percorsi diagnostici e specialistici condivisi e diffusi su tutto il territorio;

     2. spostare risorse e tempi/operatore in favore delle prestazioni appropriate o prioritarie per bisogni definiti;

     3. responsabilizzare i soggetti prescrittori delle prestazioni diagnostiche e specialistiche (medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, specialista territoriale ed ospedaliero).

 

Ambiti di intervento in favore dell'appropriatezza

     Ferme restando le limitazioni e la derogabilità delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale stabilite nei L.E.A. nonché i conseguenti provvedimenti regionali a tal fine adottati, gli ambiti di intervento rispetto ai quali si ritiene necessario affrontare prioritariamente le tematiche dell'appropriatezza sono:

     - Medicina fisica e riabilitazione

     - Prestazioni di diagnostica di laboratorio

     - Diagnostica per immagini

     - Odontoiatria

     - Nuovi tests diagnostici

     - Prestazioni di diagnostica strumentale non per immagini

     - Prestazioni obsolete

 

Modalità operative

     La Giunta regionale produrrà una proposta operativa per ciascuna delle tematiche sopra elencate avvalendosi delle competenze tecniche del Dipartimento Sanità della Regione, dell'apporto di professionisti delle Aziende del S.S.R. e del settore privato, in collaborazione con l'Università.

     La proposta relativa a ciascun ambito di intervento deve:

     - individuare, all'interno del nomenclatore tariffario, eventuali prestazioni di bassa priorità sulla base della letteratura internazionale e della consolidata esperienza clinica;

     - individuare per le principali prestazioni le indicazioni cliniche appropriate;

     - classificare le indicazioni cliniche che comportano carattere di urgenza, prioritario, di attenzione, di routine, dilazionabile, non prioritario;

     - produrre, per ciascuna categoria di prestazione affrontata, un documento conclusivo contenente le specifiche indicazioni cliniche per prestazioni o gruppi di prestazioni, nonché proposte per la individuazione di priorità delle prestazioni sulla base delle indicazioni cliniche;

     - il grado di priorità delle prestazioni o dei gruppi di prestazioni definisce i tempi di attesa massimi accettabili.

     Per quanto riguarda i criteri per l'introduzione di nuovi test diagnostici (fra i quali in particolare i test genetici), questi si basano sui seguenti fattori:

     - benefìci del test anche tenendo conto della potenziale pericolosità;

     - disponibilità di strategie di trattamento in caso di test positivo;

     - rapporto costi/benefìci.

     La Giunta regionale adotta i provvedimenti di competenza per quanto riguarda la priorità e l'urgenza delle prestazioni, nonché per l'esclusione dai livelli di assistenza, in base alla evoluzione delle procedure cliniche e diagnostiche, di prestazioni obsolete ovvero di quelle prestazioni già ricomprese in altre.

     La Giunta regionale, avvalendosi della collaborazione del Dipartimento Sanità, verifica l'attuazione dei provvedimenti, anche mediante il flusso informativo della specialistica ambulatoriale.

 

Le liste di attesa

     Nonostante le specifiche disposizioni normative vigenti in materia di riduzione delle liste di attesa permangono situazioni variegate e non sempre soddisfacenti, in particolare per le prestazioni specialistiche e diagnostiche ambulatoriali.

     Tali tempi spesso troppo lunghi coesistono con un consumo di prestazioni per abitante mediamente alto, anche se con una discreta variabilità territoriale.

     La riduzione delle liste di attesa può essere affrontata con due ordini di intervento:

     1. applicazione diffusa e puntuale delle vigenti disposizioni normative in materia;

     2. trattamento differenziato dei tempi di attesa in relazione alla natura del bisogno assistenziale;

     3. miglioramento dell'efficienza;

     4. realizzazione dei C.U.P. e delle agende uniche.

     Per quanto riguarda il trattamento differenziato dei tempi di attesa, la Giunta regionale emanerà, entro il primo anno di vigenza del presente P.R.S., un apposito provvedimento che, tenuto conto della definizione del livello di priorità delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di inserimento delle principali prestazioni nelle sei categorie di indicazione clinica (di urgenza, di priorità, di attenzione, di routine, dilazionabili, non prioritarie), definite dal competente Dipartimento Sanità della Regione, sentite le OO.SS. maggiormente rappresentative del comparto pubblico e del comparto privato, consente di operare in ciascuna Azienda in riferimento ai seguenti tempi massimi di attesa:

     - urgenza: 6 ore

     - priorità: 12 ore

     - attenzione: 3 giorni

     - routine: 15 giorni

     - dilazionabili: 1 mese

 

Razionalizzazione della domanda e dell'offerta

     Il tema specifico comprende tutte le iniziative tendenti ad agire sull'appropriatezza della richiesta di prestazioni e, quindi, l'adesione a criteri di efficacia clinica da parte di tutti i medici interessati e il ricorso a percorsi assistenziali condivisi.

     Con l'entrata in vigore del D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. sui L.E.A. e dei conseguenti provvedimenti adottati dalla Giunta regionale in materia, sono state già precisate e stabilite le prestazioni non erogabili, quelle erogabili con oneri a carico del S.S.R. e/o quelle la cui erogabilità è condizionata al rispetto di particolari condizioni clinico-assistenziali.

     Ai fini della razionalizzazione e dell'appropriatezza della domanda e con specifico riferimento ai fabbisogni di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, indicativi risultano i dati sui volumi di prestazioni medie annue x 1000 abitanti, registrati nella nostra Regione nel corso dell'anno 2001 e la cui tendenza sembra riconfermarsi per il 2002 e ciò nonostante i provvedimenti normativi di cui alla L.R. n. 29/02. Dall'analisi dei dati seguenti, si rileva come in tutta la Regione, nell'anno 2001, si sono registrati consumi di prestazioni di specialistica ambulatoriale, erogate da soggetti pubblici e privati, per come di seguito indicato:

     - diagnostica strumentale di laboratorio analisi 17.075.869, pari a 8.357 prestazioni ogni 1000 abitanti;

     - diagnostica strumentale di radiologia 945.217, pari a 463 prestazioni ogni 1000 abitanti;

     - fisiokinesiterapia 5.047.441, pari a 2.470 prestazioni ogni 1000 abitanti;

     - branche a visita, 4.346.664 prestazioni, pari a 2.127 prestazioni ogni 1000 abitanti.

     Complessivamente in Regione per l'anno 2001 sono state consumate 27.415.191 prestazioni di specialistica ambulatoriale, pari a 13.417 prestazioni ogni 1000 abitanti.

     Per il periodo di vigenza del presente P.R.S. le Aziende Sanitarie dovranno tendere al raggiungimento dei parametri standard, desunti dalla media nazionale, per la determinazione del fabbisogno di prestazioni specialistiche per mille abitanti e per singola area disciplinare.

     I suddetti standard di riferimento possono essere modificati, con provvedimento della Giunta regionale, sentite le OO.SS. maggiormente rappresentative, in relazione agli effettivi fabbisogni nonché alle risorse annualmente disponibili.

     Gli standard di riferimento sono vincolanti per l'accreditamento. Per la definizione dei piani preventivi ed ai fini degli accordi e contratti con i soggetti erogatori accreditati, pubblici e privati, valgono i limiti fissati annualmente dalla Giunta regionale con le indicazioni di programmazione sanitaria. L'eventuale violazione dei limiti suddetti, da parte dei soggetti pubblici o privati, comporta la nullità degli accordi e contratti definiti e, per la parte eccedente la conseguente responsabilità, a titolo personale, di coloro, parte acquirente e parte fornitrice, che li hanno sottoscritti.

     Entro il primo anno di vigenza dei P.R.S., con specifico provvedimento della Giunta regionale, sentite le OO.SS. maggiormente rappresentative, saranno emanate specifiche linee guida per la rimodulazione dell'attività specialistica ambulatoriale ospedaliera e territoriale nel pieno e rigoroso rispetto della libera scelta del luogo di cura da parte del cittadino.

 

5. Assistenza per categorie specifiche di utenti

 

Prestazioni

     Le prestazioni comprese in questo sottolivello sono svolte dai seguenti servizi:

     - Consultori familiari;

     - Servizi di tutela, cura e riabilitazione dei disabili;

     - Servizi di tutela e cura degli anziani e per l'assistenza al domicilio di soggetti con patologie croniche;

     - Servizi di recupero dei soggetti tossicodipendenti e alcooldipendenti (SERT);

     - Centri di salute mentale.

 

Obiettivi

     Gli obiettivi delle attività assistenziali rivolte a categorie specifiche di utenti costituiscono priorità nell'ambito di questo P.R.S. Obiettivo comune è fornire assistenza ambulatoriale di base e specialistica a "soggetti deboli" ricompresi nelle diverse fasce di età o di patologie, consentendone la permanenza al proprio domicilio, evitando ricoveri impropri di tipo ospedaliero ed integrando, se necessario, l'assistenza ambulatoriale con le funzioni svolte dai presidi residenziali a ciclo continuo e diurno.

     I Dipartimenti orientati a specifiche categorie di utenti sono lo strumento tecnico ed organizzativo per garantire tale integrazione e sono organizzati sulla base degli indirizzi definiti dai Progetti Obiettivo del Piano Sanitario Nazionale (Anziani e non autosufficienti, Salute Mentale, Tossicodipendenze, Materno infantile), dalle Linee guida per le attività di riabilitazione del Ministero della Salute ed in relazione ai correlati obiettivi di salute del presente P.R.S.

     I criteri da seguire per lo sviluppo di questo livello assistenziale sono:

     - integrare le prestazioni dei diversi servizi verso una tutela complessiva della salute;

     - privilegiare gli interventi di prevenzione secondaria e potenziare il momento riabilitativo;

     - svolgere la funzione di cura in stretta connessione con la medicina primaria ed in particolare il medico di medicina generale ed il pediatra di libera scelta;

     - qualificare e standardizzare il rapporto con le strutture accreditate che provvedono all'assistenza residenziale e semiresidenziale;

     - realizzare l'integrazione con le prestazioni sociali erogate dai Comuni;

     - promuovere la solidarietà e valorizzare gli "investimenti di salute delle Comunità locali".

 

Azioni

     Le azioni da sviluppare sono qui di seguito riportate mentre per gli aspetti organizzativi delle strutture deputate alla realizzazione dei correlati Progetti Obiettivo si rimanda al capitolo relativo al riassetto istituzionale ed organizzativo delle Aziende del S.S.R.:

     1. dare concreta attuazione al P.O. Materno Infantile;

     2. dare concreta attuazione al P.O. Salute Mentale;

     3. dare concreta attuazione al P.O. Tossicodipendenze;

     4. dare concreta attuazione al P.O. Anziani e riabilitazione;

     5. sviluppare specifici programmi di formazione degli operatori.

 

6. Assistenza residenziale e semiresidenziale

 

Il sistema dell'assistenza residenziale

     Un'equilibrata rete di servizi residenziali deve svilupparsi in parallelo al programma di riassetto della rete ospedaliera ed alla programmazione del sistema della lungodegenza e riabilitazione.

     Sulla base delle linee di indirizzo esplicitate dal presente Piano Regionale per la Salute si prevede una rete ospedaliera che, tenendo conto della fisiologica mobilità passiva extraregionale, è dimensionata a 4 p.l. x 1.000 abitanti, mentre la rete di lungodegenza e riabilitazione (comprensiva della riabilitazione estensiva degli istituti ex art. 26) è attestata su 1 posto letto per 1.000 abitanti.

     Nel programmare la rete dei posti letto residenziali è necessario considerare che queste previsioni (che riducono molto i posti letto ospedalieri per acuti) determinano una richiesta di ricoveri ospedalieri per acuti ed un progressivo ampliamento della rete della lungodegenza e riabilitazione, che cresce di circa 800 posti letto.

     Quando il processo di trasformazione si sarà completato si registrerà una equilibrata distribuzione della domanda nei diversi regimi:

     a) L'assistenza a pazienti in condizioni cliniche non stabilizzate andrà garantita in strutture di lungodegenza che potranno essere realizzate all'interno di complessi ospedalieri per acuti, in case di cura private, in ospedali in riconversione o in strutture residenziali particolarmente attrezzate.

     b) I programmi finalizzati di terapia riabilitativa intensiva o estensiva saranno erogati da parte di strutture di riabilitazione, secondo protocolli finalizzati al massimo recupero funzionale ed alla presa in carico globale del paziente.

     c) Le strutture residenziali saranno destinate esclusivamente alla gestione a lungo termine di pazienti cronici e stabilizzati. All'interno delle RSA potranno peraltro essere attuati programmi mirati di terapia riabilitativa (per singoli eventi o per cicli di mantenimento) che verranno erogati attraverso programmi riabilitativi gestiti e finanziati con le stesse modalità della terapia domiciliare.

     La Residenza Sanitaria va infatti considerata come una "residenza speciale" per soggetti non autosufficienti non assistibili a domicilio, con livelli di tutela sanitaria medio-alta, variabile in rapporto alle oggettive condizioni degli ospiti, che dovrebbero essere comunque caratterizzati dalla stabilità delle condizioni cliniche.

     Tuttavia, in attesa che la rete della lungodegenza e riabilitazione sia compiutamente realizzata bisogna prendere atto del fatto che le strutture residenziali, già oggi, sono chiamate ad offrire una risposta a numerose situazioni di post-acuzie.

     Di questo si terrà conto giungendo a definire un regime transitorio. In un sistema a regime, ad ogni modo, le diverse tipologie di Residenze Sanitarie dovranno essere tarate in rapporto alle specifiche necessità degli ospiti, individuando strutture che, in ogni singolo contesto, realizzino le migliori condizioni strutturali, organizzative e relazionali in rapporto alle specifiche esigenze degli ospiti.

     Per ogni tipologia di residenze è necessario prevedere differenti livelli assistenziali in rapporto al grado di disabilità dei pazienti. I dati epidemiologici nazionali ed internazionali indicano che circa l'1% della popolazione adulta (da 18 a 64 anni) ed il 6% della popolazione anziana (oltre 65 anni) è disabile in almeno una A.D.L. (Activity on Daily Living). Gran parte di questi soggetti sono tuttavia assistibili a domicilio ove sussista un adeguato supporto familiare. Una condizione di questo tipo è in genere garantita nel 98% dei giovani, nell'80% degli adulti e nel 65-70% degli anziani. Tende ovviamente a decrescere nelle età più elevate.

     Nella nostra Regione (che ha un indice di invecchiamento inferiore al 17%) si registra ancora una forte tenuta dei nuclei familiari e della rete parentale, ed è realistico ipotizzare che tali percentuali siano più elevate (circa il 94% dei disabili adulti e il 75% anziani non autosufficienti vive in nuclei familiari in grado di fornire assistenza).

     Anche se questi indici potrebbero variare nei prossimi anni, appare opportuno non eccedere nella previsione dei posti letto residenziali, anche per evitare di alimentare la domanda e di facilitare un processo di espulsione di anziani e disabili dai nuclei familiari che si vuole invece in tutti i modi evitare, limitando l'istituzionalizzazione ai casi per i quali non sia oggettivamente programmabile una assistenza alternativa.

     Per questi motivi si è stimato:

     - Nell'ordine del 6% il fabbisogno di residenzialità per i disabili adulti, di cui circa il 50% in strutture di riabilitazione estensiva e 50% in strutture di semplice accoglienza (RSA per disabili 1.322.000 = x 0,01 x 0,06 x 50% = 396)

     - Nell'ordine del 20% degli anziani non autosufficienti il fabbisogno di residenzialità per anziani (RSA per anziani = 337.000 x 0,6 x 0,20 = 4.044)

     Si stima quindi un fabbisogno di 4.440 posti letto residenziali, che devono tuttavia essere ripartiti tra strutture ad elevata integrazione sanitaria (RSA) con retta a totale del S.S.N., e strutture sociali a valenza sanitaria (Case Protette), con costi coperti dal S.S.N. al 50%.

     Una ripartizione oggettiva di questo tipo è possibile solo attraverso l'adozione di uno strumento validato per la classificazione dei bisogni assistenziali degli utenti.

     Nelle RSA, infatti, verranno accolti solo pazienti cronici ad elevato carico sanitario, che necessitano di cure continue e di assistenza infermieristica elevata. Nelle Case Protette andranno invece pazienti non autosufficienti che necessitano di modeste cure sanitarie.

     Sulla base delle principali esperienze nazionali è possibile stimare il rapporto tra i due livelli assistenziali in un rapporto di circa 1 a 1,5 che fissa in 1.750 i posti di RSA e 2.690 quelli di Casa Protetta.

     Una lettura attenta della realtà calabrese, tuttavia, porta a considerare che, in assenza di una adeguata rete di lungodegenza post-acuzie, le RSA sono chiamate oggi a farsi carico di pazienti non stabilizzati, spesso in fase di post-acuzie, che impongono un livello assistenziale superiore e più medicalizzato rispetto a quello assegnato alle RSA.

     Appare quindi ragionevole per un periodo di transizione (5 anni) prevedere una ulteriore dotazione di posti letto (pari a circa il 10% delle strutture residenziali) ad un livello assistenziale sostitutivo della lungodegenza ospedaliera che accolga i pazienti in dimissione dall'ospedale per periodi di degenze a termine (max 60 giorni).

     Questo modello, adottato anche da altre Regioni con le denominazioni più varie, potrà essere ribattezzato Residenza Sanitaria ad elevata medicalizzazione (RSA-M).

     Si prevede che queste strutture, con la progressiva attivazione delle lungodegenze Ospedaliere, vengano nei tempo riaccreditate come RSA o come Case Protette, incontrando così il presumibile progressivo aumento della domanda su questo versante. Sulla base di questi indici è possibile stimare il fabbisogno di posti residenziali in Calabria nelle seguenti misure:

 

Tipologia *

Dotazione

Degenza

RSA-M

450

60 gg

RSA

1750

Illim

Case protette

2690

Illim

TOTALE

4890

 

 

     Il modello proposto costituisce una trasposizione dei Livelli di Assistenza indicati nel D.P.C.M. 18/02/2001 e nel D.P.C.M. 29/11/2001.

     Anche al fine di realizzare un doppio livello di impegno professionale sanitario viene quindi prevista una doppia rete:

     - La rete delle RSA, caratterizzate come strutture ad elevata integrazione sanitaria destinate ad accogliere pazienti con limitazioni funzionali, non assistibili a domicilio, che necessitano di assistenza sanitaria complessa.

     - La rete delle Case Protette, caratterizzate come strutture sociali a valenza sanitaria, destinate ad erogare assistenza a ciclo continuativo a pazienti con limitazioni funzionali, non assistibili a domicilio, che non necessitano di rilevanti interventi di assistenza sanitaria.

     Per quanto attiene la rete delle RSA si puntualizza che vengono previste due tipologie di RSA:

     - una ad elevata componente sanitaria, destinata ad accogliere per periodi limitati pazienti anche in fase di post-acuzie

     - l'altra ad assistenza sanitaria complessa ma in fase di cronicità stabilizzata.

     Sia le RSA che le RSA-M sono accreditate come strutture della rete sanitaria. La degenza in RSA-M dovrà essere a termine, mentre quella nelle RSA non avrà un termine prefissato, ma dovrà essere limitata al perdurare delle condizioni che impongono una assistenza a significativo impegno sanitario, definibile in rapporto alla esecuzione in loco di procedure terapeutico-assistenziali di valenza sanitaria essenziali per la sopravvivenza (nutrizione enterale o parenterale, etc.) o di cure specifiche a rilevante impegno infermieristico (cura di decubiti o ferite, terapia infusiva, demenza in fase produttiva, etc.). L'utilizzo di uno strumento di rilevazione del case-mix assistenziale sul modello dei RUGs appare auspicabile per una corretta classificazione dei pazienti.

     I suddetti fabbisogni di posti residenziali, tenuto conto dei soggetti disabili, vanno integrati come di seguito:

 

Tipologia *

Dotazione

Degenza

RSA per disabili

400

Illim

Case protette e comunità alloggio per disabili

1200

Illim

TOTALE

1600

 

 

     Per quanto attiene la rete delle Case Protette è bene sottolineare che esse rimangono strutture sociali, potranno essere realizzate anche attraverso una progressiva riqualificazione delle Case di Riposo che, previa verifica di specifici requisiti strutturali ed organizzativi, potranno essere accreditate alla erogazione di prestazioni "sociali a rilevanza sanitaria" e godere di una partecipazione alle spese a carico del S.S.N., nei limiti fissati dal citato D.P.C.M. 18/02/2001.

     Una Rete di questo tipo offre una forte tutela residenziale ai soggetti anziani e disabili, ma non può costituire un alibi per ridurre l'attenzione verso l'obiettivo della permanenza a domicilio.

     Da ciò discende la necessità del potenziamento del sistema delle cure domiciliari che, dopo l'avvio sperimentale in alcune ASL della Regione, ha adesso bisogno di consistenti investimenti in termini di risorse per essere opportunamente messo "a regime" (Obiettivo Assistenza Distrettuale) e di un eventuale sostegno economico (buoni sostegno famiglia) alle famiglie interessate e di concerto con il competente servizio sociale della Regione.

     La complessità delle procedure di accesso ai servizi e la variabilità della quota dei bisogni assistenziali non hanno consentito ad oggi una chiara alternativa alla istituzionalizzazione del soggetto fragile.

     Si cercherà di ritardare l'istituzionalizzazione del disabile realizzando delle reti di aiuto territoriali che siano in grado di valorizzare i supporti socio-familiari e che soprattutto pongano grande attenzione alle risorse ed alle esigenze del singolo ospite.

     In considerazione del particolare rapporto che si viene ad instaurare tra i "caregiver" esterni alla famiglia ed il disabile, l'organizzazione che si offre deve essere comunque accreditata e controllata dall'ASL attraverso anche la valutazione di un sistema di auditing della qualità percepita dall'assistito e dalla sua famiglia.

 

Prestazioni

     Le prestazioni del sub livello assistenza residenziale e semi residenziale sono quelle specificamente indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti e sono assicurate sul territorio dalle seguenti strutture pubbliche e/o private accreditate:

     - Centri di riabilitazione diurna (per disabili e utenti psichiatrici)

     - Presidi residenziali di riabilitazione

     - Residenze Sanitarie Medicalizzate

     - Residenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.)

     - Residenze protette

     - Comunità alloggio per utenti psichiatrici

     - Comunità terapeutiche (per utenza psichiatrica e per tossicodipendenti)

     - Comunità alloggio disabili

     Consiste in prestazioni di assistenza e recupero per soggetti disabili, anziani con diversi gradi di non autosufficienza, pazienti psichiatrici e soggetti dipendenti da droghe e alcool.

 

Obiettivi

     1. Garantire all'utenza le prestazioni del sub livello assistenza residenziale e semi residenziale specificamente indicate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

     2. Garantire il governo della spesa correlata ed assicurare l'appropriatezza e la correttezza delle prestazioni a tutti i livelli.

     3. Contenere la spesa nel limiti delle risorse finanziarie disponibili.

     4. Predisporre specifiche linee guida ed indirizzi regionali per i percorsi assistenziali correlati.

     5. Garantire nelle strutture residenziali e semi-residenziali pubbliche e private accreditate la presenza dell'educatore professionale nelle percentuali previste dagli standard definiti a livello nazionale e regionale.

 

Azioni

     1. Adottare le azioni e le iniziative necessarie per il completamento della offerta residenziale e semiresidenziale programmata con il presente P.R.S.

     2. Emanare indirizzi e provvedimenti regionali per progetti di miglioramento continuo della qualità assistenziale, valorizzando al massimo l'autonomia dei soggetti e il collegamento con i servizi specialistici, reintegrazione domiciliare nell'ambiente di vita della persona.

     3. Emanare indirizzi regionali per la definizione della rete residenziale e semiresidenziale per anziani, disabili e malattie mentali.

     4. I Centri socio-riabilitativi semi-residenziali per soggetti portatori di handicap presenti nell'Azienda Sanitaria n. 9 e n. 11, la cui gestione è integrata (pubblico-privato), continuano la collaborazione sorta sulla sperimentazione effettuata e finanziata a seguito di deliberazione CIPE, con le modalità in atto.

 

7. Assistenza termale ed idro-termale

     Studi sulle terapie termali promossi dal Ministero della Salute pongono in evidenza la riduzione della sintomatologia nelle fasi acute delle patologie trattate con consensuale decremento dell'utilizzo di farmaci e delle pratiche fisioterapiche. In alcuni casi si è dimostrato un trend di riduzione della proporzione dei ricoveri ospedalieri e dell'assenza dal lavoro nei soggetti trattati con terapia termale per tutte le categorie nosologiche esaminate.

     Da tali studi si evince la possibilità di una rivalutazione dell'efficacia delle cure termali, mediante analisi di trend che dimostrano l'effettiva persistenza degli effetti benefici riscontrati dopo il primo ciclo di terapia termale e l'ulteriore incremento dello stato di salute legato al secondo ciclo di trattamento, considerazione rilevante poiché le patologie trattate sono di natura cronico-degenerativa o rappresentano manifestazioni cronicizzate di forme acute.

     Tanto premesso, il P.R.S., oltre a garantire le prestazioni di terapia termale individuate nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nel provvedimenti regionali attuativi ivi previsti, intende promuovere lo sviluppo della terapia termale rivalutando il ruolo degli stabilimenti termali della Regione anche nella prospettiva di creare un turismo termale-sanitario in grado di attrarre "clienti", da altre aree del Paese e dall'Europa. A tale fine, entro il primo anno dall'entrata in vigore del presente P.R.S., i competenti Dipartimenti della Giunta regionale predisporranno un apposito progetto di riorganizzazione e sviluppo delle strutture termali della Calabria in una logica di sistema termale integrato con le attività di tutela e promozione della salute e con le attività di sviluppo ambientale ed economico della Regione.

     Questo aspetto oltre alla possibilità di estendere l'offerta di prestazioni del Servizio Sanitario Regionale verso settori nuovi, anche se, comunque, senza oneri per lo stesso S.S.R., consentirà il mantenimento (se non lo sviluppo) dei livelli occupazionali del settore termale ed idro-termale, anche nei periodi oggi definiti di bassa stagione.

     A tal fine dovranno essere previste adeguate iniziative di investimento e sviluppo nel settore, piani di formazione/informazione indirizzati ai medici operanti nell'ambito del Servizio Sanitario Regionale, interventi di aggiornamento o riqualificazione degli operatori del settore e campagne di comunicazione nei confronti della popolazione. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del P.R.S., saranno attivate, a cura del competente Settore del Dipartimento Sanità, specifiche iniziative per l'aggiornamento degli addetti al settore.

 

Altri settori di attività

     Per tutti gli altri settori delle attività distrettuali costituiscono obiettivi specifici la corretta e puntuale erogazione di prestazioni o servizi di competenza purché espressamente previsti nel D.P.C.M. 29 novembre 2001 e s.m.i. ovvero nei provvedimenti regionali attuativi ivi previsti.

 

 

Obiettivo 3 - Assistenza ospedaliera

 

PREMESSA

     Nella nostra Regione così come nelle altre Regioni del Paese, l'Ospedale ha rappresentato da sempre il principale punto di riferimento per medici e pazienti.

     Realizzare un Ospedale ha costituito per piccoli e grandi Comuni un giusto merito, ed il poter accedere ad un Ospedale situato a breve distanza dalla propria residenza è diventato un elemento di sicurezza e di fiducia per la popolazione. Ciò che ha portato l'Italia a realizzare ben 1.440 ospedali, ed anche la nostra Regione a realizzare ben 42 ospedali di dimensioni e potenzialità variabili.

     Negli ultimi 20 anni è cambiata la tecnologia, ed è cambiata la demografia: l'aspettativa di vita è cresciuta fino a raggiungere i 76,0 anni per gli uomini e gli 82,4 anni per le donne, cosicché la patologia dell'anziano, prevalentemente di tipo cronico, sta progressivamente imponendosi su quella dell'acuto.

     Si è sviluppato conseguentemente il bisogno di servizi socio-sanitari, in quanto molte patologie croniche richiedono non solo interventi sanitari, ma soprattutto servizi per la vita di tutti i giorni, la gestione della non-autosufficienza, l'organizzazione del domicilio e della famiglia, sulla quale gravano maggiormente i pazienti cronici. Nasce la necessità di portare al domicilio del paziente le cure di riabilitazione e quelle palliative con assiduità e competenza, e di realizzare forme di ospedalizzazione a domicilio con personale specializzato, che eviti al paziente di muoversi e di affrontare il disagio di recarsi in Ospedale.

 

L'ASSISTENZA OSPEDALIERA

     L'ospedale rappresenta, inoltre, in qualsiasi sistema sanitario, un punto di riferimento importante per la collettività poiché è in esso che, generalmente, si concentra la medicina più avanzata, le tecnologie più sofisticate, le professionalità più accreditate.

     Per tutte queste ragioni, inevitabilmente, esso assorbe una considerevole quota di risorse. Va anche ricordato e sottolineato che l'Ospedale è un segmento del sistema, importantissimo quanto si vuole, ma da solo insufficiente a soddisfare la domanda di assistenza.

     Esso si inscrive, pertanto, in un più vasto quadro che è quello dell'integrazione armonica e coordinata con i servizi socio sanitari del territorio, con la medicina di base, l'assistenza domiciliare, le strutture di riabilitazione post-acuzie, di lungodegenza, la rete delle RSA e quella dell'emergenza.

     Nel presente P.R.S. l'assistenza ospedaliera viene rimodulata alla luce dei seguenti princìpi e valori:

     1. razionalizzazione dell'organizzazione produttiva attuata con l'applicazione dei princìpi della scienza dell'organizzazione in base ai quali emergono due tipologie fondamentali di processi di lavoro riconducibili all'attività di ricovero ospedaliero ed alla attività territoriale, con distinte organizzazioni dell'offerta e della produzione;

     2. superamento della schematica e tradizionale distinzione tra assistenza ospedaliera ed assistenza extra-ospedaliera basata su una concezione funzionale dell'organizzazione sanitaria che confonde le strutture fisiche di produzione e di erogazione delle prestazioni (ospedale) con le funzioni assistenziali (assistenza ospedaliera);

     3. valorizzazione dell'assistenza ospedaliera quale punto di riferimento di maggior complessità, rilevanza ed eccellenza delle prestazioni sanitarie offerte e prodotte dal servizio sanitario, cui riconoscere una propria autonomia gestionale;

     4. realizzazione di condizioni di sicurezza nell'uso dell'ospedale a garanzia della popolazione assistita ed allo scopo di limitare i rischi insiti nell'esercizio dell'attività professionale, nonché per sviluppare l'appropriatezza clinico-assistenziale ed organizzativa delle prestazioni rese;

     5. piena attribuzione dell'assistenza specialistica ambulatoriale all'organizzazione produttiva dei servizi territoriali al fine di realizzare il miglior rapporto tra ospedale e territorio in coerenza con quanto previsto dalla vigente definizione dello specifico livello di assistenza e con le tipologie produttive delle prestazioni sanitarie; a tal fine è consentita la mobilità professionale tra ospedale e distretto.

     Strettamente correlata a queste scelte è, poi, la questione delle "alte specialità", di quelle attività assistenziali identificate ai sensi del D.M. 24 gennaio 1992, la cui previsione all'interno di un Ospedale è condizionata da una serie di vincoli tecnologici ed organizzativi.

     Anche in questo caso la tendenza generale, che viene qua condivisa, è quella di concentrare le specialità e le competenze; essa è suggerita non solo da esigenze di carattere gestionale ma anche e soprattutto dalla necessità di esaltare le opportunità derivanti dall'integrazione delle conoscenze specialistiche, che meglio si realizza quando queste sono localizzate in forma unitaria.

     Sulla base di questi criteri di massima, la direttrice lungo cui la proposta si muove è quella di prevedere una organizzazione a rete delle prestazioni di ricovero fondata sulla distinzione fra:

     - Attività di base, identificate in rapporto ad attività frequenti e generiche che non richiedono per l'esercizio una organizzazione complessa;

     - Attività specialistiche, identificate in rapporto a particolari caratteristiche demografiche ed epidemiologiche del territorio di riferimento, a necessità organizzative dirette a garantire la gestione dell'emergenza-urgenza, all'ottimale utilizzo delle tecnologie;

     - Attività di alta specializzazione ed eccellenza, identificate in rapporto a specifiche esigenze di impiego di risorse professionali e di tecnologie, in funzione del completamento e dell'autosufficienza del S.S.R.;

     secondo una concezione di rete finalizzata:

     - alla garanzia del miglior uso delle prestazioni di ricovero da parte delta popolazione;

     - alla migliore e più razionale organizzazione produttiva delle prestazioni di ricovero.

     In tal modo la rete ospedaliera si articola in tre tipologie di presidi ospedalieri, i primi due appartenenti alle articolazioni delle Aziende Sanitarie, l'ultimo che caratterizza il modello organizzativo-gestionale delle Aziende Ospedaliere:

     1. presidi ospedalieri di base

     2. presidi ospedalieri di base con attività specializzate

     3. presidi ospedalieri specializzati e di eccellenza.

     In parallelo si sono poi esaminate le attuali caratteristiche degli ospedali presenti sul territorio valutandone i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi alla luce, in particolare, del D.P.R 14 gennaio 1997.

     Con estrema attenzione sono stati poi verificati gli indicatori di attività dei singoli ospedali per quanto riguarda il tasso di occupazione, la durata media di degenza, il numero di giornate di degenza consumate, il numero delle prestazioni effettuate, la casistica trattata anche in termini di peso medio di DRG. Con particolare riguardo sono stati poi esaminati i dati gestionali per quanto attiene la spesa ospedaliera.

     Altro dato esaminato, di fondamentale importanza, è stato quello dei flussi di migrazione sanitaria all'Interno delle Aziende sanitarie e verso altre regioni, distinti per azienda, per specificità clinica e per impegno finanziario.

     Sulla base di queste informazioni di carattere sanitario, integrate da quelle demografiche, si è dimensionata la domanda di assistenza ospedaliera in termini di posti letto necessari distinti per acuti, riabilitazione e lungodegenza, considerando anche le recenti indicazioni ministeriali.

     Tali indicazioni, vale la pena sottolinearlo, sono in linea con l'attuale mutare delle prassi e tecniche di cura che stanno consentendo di ridurre drasticamente la durata della degenza o addirittura di annullarla ampliando le indicazioni alle prestazioni eseguibili in regime ambulatoriale o di day-hospital.

     Negli stabilimenti ospedaleri è previsto un Direttore medico di Presidio in possesso dei requisiti di cui all'art. 5 nel D.P.R. 10/12/1997, n. 484, come responsabile delle funzioni igienico-organizzative e di coordinamento dei dipartimenti dell'ospedale.

 

La reingegnerizzazione degli "spazi" ospedalieri

     In accordo ai suddetti princìpi e valori gli attuali assetti organizzativi interni degli ospedali dovranno essere sottoposti ad un piano di "reingegnerizzazione", anche in considerazione del fatto che la progressiva riduzione dei posti letto e l'evoluzione del tradizionale modello di ospedale in atto comporta una crisi degli ospedali di piccole dimensioni, con ridotto bacino di utenza, che si trasformano verso strutture più articolate sul piano assistenziale e meno rigide sul piano organizzativo.

     E’ il modello organizzativo tradizionale dell'ospedale di base che deve essere più aderente ai bisogni di base della popolazione, garantendo nel contempo soluzioni efficienti e di qualità per la attività chirurgica più complessa e di urgenza, la cui casistica deve essere trasferita negli ospedali attrezzati per tali interventi.

     Si tratta, cioè, di immaginare ex novo quale potrebbe essere il modello organizzativo che idealmente coniughi al meglio efficacia clinica ed efficienza gestionale e, di conseguenza, realizzarlo. Il tutto si basa su un assetto centrato sui processi e non sulle funzioni. In altre parole, individuato quale è il teorico ottimale percorso di cura che il paziente deve seguire, si costruisce un percorso organizzativo che superando l'autoreferenzialità dei singoli settori coinvolti ne lubrifichi le interfacce puntando ad un'efficienza di sistema.

     Precisiamo subito che non esistono soluzioni pronte, indifferentemente esportabili da una realtà all'altra. Ogni soluzione è ideale se tiene conto, in quel determinato contesto in cui deve operare, dell'insieme delle variabili che lo compongono: strutturali, tecnologiche, umane.

     Esistono, comunque, princìpi abbastanza codificati e condivisi:

     - focalizzare le procedure cliniche ed organizzative avendo come riferimento la centralità del paziente;

     - integrare le attività assistenziali e dipartimentali per aree omogenee al fine di ottenere tutte le sinergie possibili;

     - puntare ad un utilizzo comune, per quanto possibile, delle risorse (spazi, tecnologia, personale);

     - prevedere la centralizzazione dei servizi ma non farne un totem intoccabile; un decentramento governato (basti pensare all'ecografia per esempio) che tenga conto delle variabili locali può essere un ottimo strumento per una maggiore efficienza.

     In altre parole la regola chiave è quella della "flessibilità organizzativa"; in tal senso vanno evitate strutture rigide, anche nella gerarchizzazione interna, altrimenti l'Ospedale non riuscirebbe a reagire in tempo reale ai cambiamenti che, da qualche tempo a questa parte, sopraggiungono in modo spesso repentino. Il mutare, infatti, di leggi, regolamenti, attese sociali e soprattutto sistemi di finanziamento obbliga il management dell'Ospedale ad essere reattivo all'ambiente e pronto all'innovazione.

     L'assetto organizzativo interno si coniuga pertanto con il modello "hub and spockes" di riferimento sia per la gerarchizzazione tra i diversi modelli di ospedale, che tra le diverse articolazioni interne degli stessi, in una logica di completezza dei servizi alla persona basata sui seguenti indirizzi generali:

     - mantenimento in loco e gestione clinico-assistenziale diretta di tutte le prestazioni effettuabili, specificamente delle prestazioni programmate (nella logica di decentrare tutto il decentrabile);

     - concentrazione negli ospedali di riferimento (di Azienda Sanitaria ovvero nei presidi delle aziende ospedaliere) delle urgenze cliniche impegnative mediante l'utilizzo di un trasporto sanitario efficiente ed assistito (nella logica di concentrare il necessario).

     Il modello organizzativo dell'ospedale di base pertanto muta da quello attuale verso un modello che garantisce:

     - una razionalizzazione dell'uso delle risorse anestesiologiche;

     - lo sviluppo del day surgery, anche nella considerazione che quasi la totalità dell'attività chirurgica attualmente svolta dagli ospedali a gestione diretta rientra in quella da erogare in regimi diversi dall'ordinario secondo l'attuale disciplina sui L.E.A.;

     - riallocazione delle risorse recuperate con potenziamento delle attività territoriali, ambulatoriali, di diagnostica strumentale, di riabilitazione e lungodegenza;

     - attenzione alla formazione/addestramento delle equipés mediche.

     Questi concetti sono di immediata evidenza nel confronto tra l'esistente ed il modello di cui al P.R.S. che di seguito si riporta:

 

OSPEDALE DI BASE

Situazione esistente

Nuovo assetto organizzativo

 

 

AREA DEGENZE:

AREA DEGENZE:

Medica

Medica

Chirurgica

Day surgery

Ostetrico – ginecologica

Gestione pre- e post-parto (DH ed ambulatorio)

Pediatria (già senza posti letto in molte aree)

Day hospital ovvero attività ambulatoriale

 

Riabilitazione estensiva

 

Lungodegenza

 

 

AREA SERVIZI:

AREA SERVIZI:

Radiologia

Diagnostica per immagini

Laboratorio analisi

Laboratorio analisi

Anestesia

Anestesia per day surgery

Pronto soccorso e sistema 118

Pronto soccorso e sistema 118

Attività specialistica ambulatoriale

Attività specialistica ambulatoriale

 

La valutazione delle tecnologie ospedaliere

     Parlando di reti ospedaliere e di alte specialità appare importante, in conclusione, una riflessione sulla opportunità di prevedere a livello regionale un sistema di valutazione delle tecnologie.

     Nell'esperienza internazionale l'"Unità per la valutazione delle tecnologie" si propone come supporto metodologico per ottimizzare le scelte e l'utilizzo di nuove tecnologie, pratiche cliniche efficaci, appropriate ed efficienti e per l'avvio di un processo di miglioramento continuo della qualità.

     La funzione di Valutazione delle Tecnologie dovrebbe quindi poter assumere, a livello regionale e locale, un ruolo strategico nell'assetto organizzativo e funzionale nel processo di sincronizzazione e amplificazione delle "aspettative" di sviluppo della organizzazione sanitaria in linea con quanto previsto dal P.R.S.

 

LA RIORGANIZZAZIONE DELLA RETE OSPEDALIERA

 

L'offerta attuale

     In Calabria al 1° gennaio 2002 risultano complessivamente 9695 posti letto, pari al 4,74 ogni mille abitanti; un leggero eccesso di disponibilità è dato dalla quota di letti ordinari per acuti (la L. 405/01 prevede, per gli acuti, quattro posti letto per mille abitanti), cui corrisponde un'analoga carenza di disponibilità a carico del day hospital e day surgery.

     Vi è un deficit di offerta ancora nel settore riabilitativo, avendo solo una disponibilità dello 0,42 per mille abitanti, di cui il 50% è dedicato alla lungodegenza (cfr. anche tabella n. 4) (la succitata L. 405/01 prevede un posto letto di riabilitazione e lungodegenza ogni mille abitanti). E’ evidente altresì una spiccata disomogeneità nell'offerta di posti letto tra i diversi territori della Regione, con concentrazioni di alcuni specifici settori nelle aree urbane di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. L'utilizzo medio regionale dei posti letto è del 71% circa con notevoli disomogeneità per le varie discipline. Il rapporto tra offerta pubblica e privata è pari a 2:1.

     Per un'analisi compiuta dell'offerta, comprensiva degli indici di funzionalità delle strutture ospedaliere pubbliche e private presenti nel territorio regionale, fino al dettaglio delle singola Unità Operativa, è opportuno rimandare a quanto esposto con maggiori particolari negli Allegati n. 1 e n. 4 al presente P.R.S., negli stessi viene ampiamente trattata l'analisi della dinamica della domanda ospedaliera dal 1996 al 2001.

 

Valutazione della domanda e migrazione sanitaria

 

     Il rilievo essenziale è quello dell'elevato tasso di ospedalizzazione (media regionale del 2000 pari a 231,42 x mille abitanti) che necessita di essere ricondotto agli standard di legge (160 x mille abitanti).

 

Azienda

1996

1997

1998

1999

2000

var 97-96

var 98-97

var 99-98

var 00-99

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PAOLA

280,83

251,83

247,40

243,00

238,38

10.33%

-1,76%

-1,78%

-1,90%

CASTROVILLARI

246,16

237,34

239,19

229,76

243,50

-3,58%

0,78%

3,94%

5,98%

ROSSANO

208,81

217,91

221,08

225,42

240,38

5,37%

1,46%

1,96%

6,64%

COSENZA

202,16

209,02

218,14

225,22

223,93

3,40%

4,36%

3,24%

-0,57%

CROTONE

238,46

242,77

245,26

239,56

250,63

1,81%

1,02%

-2,32%

4,62%

LAMEZIA TERME

217,12

236,15

231,43

250,37

232,80

8,76%

-2,00%

8,18%

-7,01%

CATANZARO

199,82

209,87

220,36

225,24

217,75

4,93%

5,10%

2,21%

-3,33%

VIBO VALENTIA

196,77

201,13

216,00

216,78

210,99

2,21%

7,39%

0,36%

-2,67%

LOCRI

222,37

227,88

245,56

262,31

277,44

2,48%

7,76%

6,82%

5,77%

PALMI

172,94

200,00

219,66

207,57

220,98

15,65%

9,83%

-5,50%

6,46%

REGGIO CALABRIA

211,90

218,73

221,91

211,09

219,43

3,22%

1,46%

-4,88%

3,95%

TOTALE

214,42

220,48

227,55

228,18

231,42

2,83%

3,20%

0,28%

1,42%

 

     Vi è una spiccata mobilità: nell'anno 2000 l'indice di fuga regionale è stato del 13%. Il peso medio della casistica per cui si migra è alto, in specie verso le altre regioni, riguardando una casistica più complessa di quella trattata in Regione (vedi figura).

 

 

     Il valore economico corrispondente al movimento di malati verso altre regioni è stato nel 2000 di circa 342 mld di lire, contro un flusso in entrata di 43 mld. Il saldo passivo è stato dunque di ben 298 mld di lire.

     I poli di attrazione rimangono alcune specialità nel territorio di Reggio Calabria (segnatamente l'attività di ematologia, nefrologia ed ortopedia), l'attività dell'Unità di Risveglio a Crotone e, in parte, l'attività stagionale e di confine nell'area di Paola.

 

La nuova rete ospedaliera

     Alla luce delle considerazioni sinora fatte è necessario operare una riorganizzazione della rete ospedaliera regionale. Ciò presuppone un adeguamento anche dei posti/letto utilizzati delle Aziende Ospedaliere della Regione Calabria ai nuovi parametri fissati nella citata L. n. 405/2001, il cui fabbisogno teorico vien di seguito riportato.

 

Tabella 9 - Standard posti letto per acuti e variazioni rispetto all'esistente ai sensi della L. 405/01.

 

Tipologia assistenziale

Posti letto pubblici esistenti

Posti letto privati

esistenti

Totale posti letto esistenti

Standard (4 + 1 x 1000 ab.)

Letti da attivare o disattivare

Acuti

6.307

2.502

8.809

8.030

- 779

Lungodegenza e Riabilitazione

64

822

886

2.007

+ 1.021

Totale

6.371

3.324

9.695

10.037

 

 

     Ma un innovativo sistema di governo della rete ospedaliera non può limitarsi al solo adeguamento della rete agli standard definiti dalla L. n. 405/2001 (riduzione dei posti/letto in eccedenza o trasformazione di questi in posti/letto per lungodegenti o di riabilitazione), ma deve intervenire anche con modelli diversificati (es. day hospital o day surgery - almeno il 10% dei posti letto per acuti, come previsto dalle norme vigenti), interventi presso i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali, integrazione dei diversi livelli di assistenza, ecc.

     Ed è proprio in quest'ottica che la Regione deve dare spazio, investendo anche rilevanti risorse economiche, alle strutture ospedaliere nelle quali sono già allocate specialità di rilievo, potenziandole, anche al fine di abbattere il più possibile il fenomeno negativo della mobilità sanitaria extraregionale che costituisce, allo stato, un fenomeno rilevante: in termini di spesa, nell'anno 2001 l'onere relativo è ammontato a circa 210 milioni di euro.

     Segnatamente in alcune delle Aziende Sanitarie sarà necessario prevedere la costruzione di nuovi, moderni ospedali, in sostituzione di quei presidi ospedalieri esistenti ma obsoleti ovvero disomogeneamente distribuiti nel territorio è individuato l'Ospedale Unico della Sibaritide. Tale obiettivo diventa prioritario all'interno della programmazione regionale. Le risorse rinvenienti sul secondo e terzo triennio dell'art. 20 ai sensi della legge 67/88 sono vincolate alla costruzione dell'ospedale unico. Inoltre si fa riferimento alle strutture ospedaliere della fascia tirrenica della Provincia di Cosenza e della Piana di Gioia Tauro. In queste aree dovrà essere previsto uno specifico intervento di investimento per la costruzione di nuovi presidi ospedalieri con fondi a carico dell'art. 20 della legge n. 67/88 in concomitanza di project fnancing e dell'utilizzo di fondi derivanti da dismissioni patrimoniali, fermo restando l'utilizzo di parte dei fondi di cui alla citata legge 67/88 per la messa a norma ed in sicurezza dei Presidi Ospedalieri in atto funzionanti.

     Lo studio di questa ristrutturazione della rete ospedaliera trova una prima definizione nei documenti allegati all'accordo di programma stralcio del dicembre 2002, già trasmesso dal Ministero della Salute per il concerto con il Ministero dell'Economia. La Giunta regionale entro un anno dall'approvazione del P.R.S. provvederà al completamento dell'articolazione della rete ospedaliera, con riguardo alla distribuzione dei presidi nel territorio, alle loro caratteristiche edilizie, nel caso di utilizzo degli edifici ospedalieri già esistenti, ed alla dotazione impiantistica e tecnologica degli stessi, con particolare riguardo alla sicurezza e messa a norma, anche in considerazione del rischio sismico elevato presente nel territorio calabrese.

     Ai fini di migliorare la qualificazione di centri di alta specializzazione e nell'obiettivo di ridurre la mobilità passiva le aziende ospedaliere potranno sperimentare attraverso la stipula di specifiche convenzioni forme di collaborazione con equipe o singoli specialisti, nel rispetto del rapporto costi-benefìci.

     Nello specifico, il "modello ospedaliero dipartimentale", soprattutto per l'azienda ospedaliera, costituisce la modalità organizzativa fortemente innovativa, purché sia basato su princìpi di flessibilità nell'utilizzazione delle risorse umane e strumentali, sulla valorizzazione della funzione clinica e di quella igienico/organizzativa, sulla promozione della qualità dell'assistenza infermieristica (oggi in primo piano a seguito della riorganizzazione delle professioni sanitarie e sull'impegno ottimale di tutte le competenze impiegate nell'assistenza ospedaliera). In tal senso la Giunta regionale provvederà ad adottare specifici provvedimenti.

     Il rinnovato assetto organizzativo del Servizio Sanitario Regionale deve, inoltre, prevedere l'integrazione delle strutture ospedaliere con le strutture socio-sanitarie del territorio, al fine di garantire adeguate forme di continuità assistenziale alla collettività. Né può essere sottovalutata l'attivazione di forme di assistenza ospedaliera a domicilio, ad integrazione dell'assistenza socio-sanitaria domiciliare erogata istituzionalmente dai Distretti.

     Altro obiettivo del nuovo modello sanitario della Regione è individuato nella riorganizzazione della rete emergenza-urgenza che, date le caratteristiche geomorfologiche del territorio, dello stato della viabilità e della dislocazione abitativa, dovrà assicurare i sistemi di trasporto più idonei non solo per quanto riguarda l'accesso ai DEA regionali di secondo livello, ma anche per il trasporto, nelle diverse strutture sanitarie degli infermi che necessitano di cure specialistiche urgenti.

     Nel quadro della riorganizzazione della rete ospedaliera è ricompresa anche la revisione dei DEA di primo e di secondo livello, onde renderli il più possibile raggiungibili ed utilizzabili dalla popolazione. E’ superfluo sottolineare la necessità di potenziare, al contempo, le terapie intensive afferenti ai DEA.

     A tale proposito deve essere salvaguardata la peculiarità delle zone montane già tutelata dalla normativa nazionale. A tal fine, i presidi ospedalieri di base ubicati in zona montana, e cioè quelli di Acri, Oppido Mamertina, San Giovanni in Fiore, Serra San Bruno e Soveria Mannelli, per la loro specificità, per le caratteristiche orografiche e demografiche del territorio in cui insistono, oltre alle funzioni proprie, svolgono anche le attività di degenza previste per i P.O. di base per acuti (medicina, chirurgia, ostetricia e ginecologia, pediatria) nonché le attività e le degenze specializzate attualmente esistenti, fermo restando la dimensione ottimale dei moduli prevista nel presente P.R.S. per l'attivazione delle strutture complesse.

     Il P.O. di Mormanno, pur collocato in zona montana, continuerà a svolgere le funzioni di riabilitazione multispecialistica, intensiva ed estensiva con l'U.O. di "Riabilitazione Neuromotoria" e l'U.O di "Medicina Clinica Riabilitativa Cardio Respiratoria", completato con ulteriore aggiunta di posti letto di Medicina e di Lungodegenza.

     Contemporaneamente, dovrà attuarsi una riqualificazione urbanistica delle aree su cui attualmente insistono i presidi ospedalieri le cui condizioni strutturali e di conservazione non consigliano più la loro ristrutturazione perché troppo onerosa e non risolutiva.

 

 

Tabella 4 – Posti letto per acuti distinti per azienda, regime di erogazione e tipologia di erogatore

 

 

I nuovi livelli organizzativi ospedalieri

     Sulla base di quanto finora esposto le funzioni proprie dei presidi ospedalieri specializzati e di eccellenza, sono appannaggio delle Aziende Ospedaliere "Annunziata" di Cosenza, "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro, "Bianchi-Melacrino-Morelli" di Reggio Calabria, e dell'Azienda Ospedaliera Universitaria "Mater Domini" di Catanzaro. Le Aziende Ospedaliere "Annunziata", "Pugliese-Ciaccio" e "Bianchi-Melacrino-Morelli", garantiscono altresì la funzione di Presidio specialistico per le Aziende Sanitarie in cui insistono.

     I presidi ospedalieri di base con attività specializzate, rappresentano il riferimento per l'Azienda Sanitaria di appartenenza e sono sede di D.E.A. I presidi ospedalieri di base sono sede di Pronto Soccorso. Nelle tabelle che seguono viene indicato il fabbisogno in termini di posti letto per singola disciplina per tutto il territorio regionale. Esso viene determinato sulla base della domanda effettivamente espressa negli ultimi anni in termini di ospedalizzazione nei presidi intra ed extra-regionali di ogni tipologia, per tutti i regimi di ricovero, di tutte le discipline, assimilando il ricovero in day hospital al ricovero in regime ordinario. Successivamente, sulla base del numero degli abitanti per ogni macro area si è proceduto all'attribuzione dei posti letto per ogni disciplina sulla base della domanda espressa. Tale elaborazione è ovviamente suscettibile di revisione e aggiornamento in sede di programmazione in considerazione della costante evoluzione dei bisogni assistenziali in ogni Azienda Sanitaria.

     Fatta tale determinazione sono stati poi attribuiti i posti letto di pertinenza dei presidi specializzati e di eccellenza, sia per le discipline ad elevata e media assistenza, con bacino d'utenza regionale o assimilabile, che per quelle di base riferibili all'area di ubicazione dell'Azienda Ospedaliera di pertinenza, ovvero di supporto all'attività specialistica.

     Il passo successivo comporta l'attribuzione ai singoli presidi di ogni Azienda Sanitaria delle discipline spettanti, secondo i criteri già descritti nella definizione organizzativa proposta, che, comunque, dovrà tenere conto della traducibilità del fabbisogno, espresso come posti letto necessari per ogni disciplina, in Unità Operative funzionalmente complete e dimensionate in modo da essere capaci di esprimere la massima efficacia dell'intervento assistenziale in uno con la massima efficienza gestionale.

     In tal senso l'attribuzione delle Unità Operative per ogni disciplina ai singoli Presidi Ospedalieri, che non potrà discostarsi dai criteri definiti nel presente P.R.S., sarà effettuata, su proposta dalla Azienda Sanitaria di appartenenza, dalle Aziende Sanitarie, previa approvazione da parte dalla Giunta regionale; analoga procedura sarà osservata per l'attribuzione di eventuali posti letto non assegnati alle Aziende Sanitarie in tale sede, siano essi di nuova attivazione ovvero ad attivazione differita. Questi ultimi costituiscono un pool di posti letto corrispondenti all'attuale quota di migrazione di pazienti fuori Regione; essi sono attivabili nelle singole aree a seguito di riduzione della mobilità extra-regionale ovvero all'attivazione di specifici programmi tendenti alla riduzione della stessa. Nel caso della necessità dell'attivazione di posti letto in termini di sottomultipli di moduli standard, i posti letto assegnati dovranno intendersi come facenti parte di un'aggregazione di tipo dipartimentale e giammai visti come Unità Operativa o comunque organizzativa autonoma.

     Le Unità Operative potranno pertanto essere attivate di norma per moduli; i mezzi moduli posso essere attivati unicamente se associati a contestuale responsabilità di un servizio senza degenza afferente alla stessa disciplina (ad es. Astanteria e Pronto Soccorso, Nefrologia e Dialisi, Ematologia e discipline affini). La dimensione che, di norma, deve assumere il modulo per le discipline è la seguente:

 

Discipline di base

32

Discipline ad elevata e media assistenza - Medicina d'urgenza, accettazione e pronto soccorso (area medica) – Chirurgia d'urgenza, accettazione e pronto soccorso (area chirurgica)

20

Terapie intensive

6-8

Psichiatria (SPDC)

Max 16

Geriatria, Gastroenterologia, urologia

20

Oncologia – Radioterapia

8

Cardiochirurgia, Chirurgia maxillo-facciale, plastica, toracica, vascolare

10

Oculistica – Otorinolaringoiatria

10

Onco-ematologia pediatrica

10

 

     E’ evidente inoltre come il fabbisogno in termini di posti letto corrisponda in realtà, per ogni singola disciplina, all'entità di prestazioni di ricovero necessarie per il territorio di riferimento.

     Tra i servizi attivati nei presidi ospedalieri della Regione è presente anche l'unità operativa "camera iperbarica" ubicata presso l'Azienda Sanitaria di Palmi.

 

 

Tabella 5 – Fabbisogno regionale di posti letto

 

 

 

Tabella 6 – Fabbisogno teorico di posti letto per singolo territorio aziendale [15]

 

 

Tabella 7 – Posti letto assegnati alle Aziende Ospedaliere, per la didattica e attivazione differita [16]

 

 

 

Tabella 8 – Posti letto assegnati alle Aziende Sanitarie [17]

 

     Circa i rapporti con gli erogatori privati accreditati il presente P.R.S. intende proseguire nella via del dialogo già avviato, alla luce dei bisogni di salute e relativi fabbisogni assistenziali sinora espressi e sulla base di nuovi criteri.

     Fermo restando il numero massimo dei posti letto attualmente disponibili da parte degli erogatori privati, riportati nelle tabelle allegate, l'offerta degli stessi deve essere ridotta in misura percentuale pari alla riduzione operata per i posti letto pubblici. L'aliquota di riduzione del numero dei posti letto così determinata, pari a 8,84%, può essere riconvertita in posti letto di lungodegenza e riabilitazione.

     Entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente P.R.S. si procede alla revisione degli accreditamenti in vigore, in termini di quantità e tipologia dei posti letto allo stato accreditati, a cura della Giunta regionale, sulla base dei seguenti parametri e criteri:

     - deve ridursi fino ad essere contenuta nei fabbisogni espressi per ogni singola area la disomogeneità di offerta registrata;

     - l'attuale offerta nel settore delle cure psichiatriche deve transitare verso l'area dei servizi residenziali o semi-residenziali;

     - deve ridursi comunque l'offerta di posti letto ordinari rispetto alle tipologie di regimi di degenza diurna e completata la conversione verso regimi di erogazione più appropriati, secondo i criteri definiti nel presente P.R.S.;

     - la mancanza di eventuale copertura delle richieste di accreditamento per alcune discipline, in quanto non rappresentata nell'area di appartenenza una corrispondente richiesta in termini di posti letto, potrà essere compensata dalla possibilità di accreditamento in altre discipline, con priorità verso l'area funzionale omogenea della riabilitazione e lungodegenza ovvero verso le discipline non ancora attivate nell'area di riferimento.

     Gli standard di riferimento sono vincolanti per l'accreditamento. Per la definizione dei piani preventivi ed ai fini degli accordi contrattuali con i soggetti erogatori accreditati valgono i limiti fissati annualmente dalla Giunta regionale con le indicazioni di programmazione sanitaria. L'eventuale violazione dei limiti suddetti comporta la nullità degli accordi contrattuali definiti e, per la parte eccedente, la conseguente responsabilità, a titolo personale, di coloro che li hanno sottoscritti.

     I presidi ospedalieri già ultimati e mai attivati, compresi quelli in corso di ultimazione (Scalea, Cassano, Mesoraca, Pizzo Calabro, Rosarno, Nicotera) lo potranno essere solo per attività territoriali o distrettuali ovvero residenziali o semi-residenziali; la foro eventuale attivazione quale Presidio Ospedaliero potrà avvenire esclusivamente nel quadro di programmi di sperimentazione gestionale di cui all'art. 9 bis del D.Lgs. 502/92 e s.m.i. specificamente promossi dalla Giunta regionale, ovvero esclusivamente per le discipline di riabilitazione e lungodegenza.

 

La rete dell'eccellenza e di alta specializzazione e di ricerca

     Sono stati sottoscritti un protocollo di intesa tra Ministero della Salute e Regioni Sicilia e Calabria (24 febbraio 2002) ed un altro protocollo tra Ministero della Salute, Regione Calabria, Provincia di Catanzaro, Comune di Catanzaro, Università della Magna Grecia (5 giugno 2002).

     Il protocollo del 24 febbraio 2002, per la Calabria, mette in evidenza la necessità di contribuire allo sviluppo della rete dei servizi sanitari attraverso la realizzazione di "Centri di eccellenza", uno dei quali era ulteriormente caratterizzato nel protocollo del 5 giugno quale Centro di Eccellenza Oncologico - Germaneto, essendo gli altri sviluppo naturale dell'attività in parte già operanti e da sviluppare anch'esse quali Centri di Eccellenza, rispettivamente per l'Ematologia e la Nefrologia in Reggio Calabria e per le Neuroscienze in Crotone, stante l'esistenza in detta località dell'Istituto Sant'Anna in cui è attiva l'Unità di Risveglio dal coma e la specifica attività di riabilitazione dei cerebrolesi. Le disposizioni dell'art. 21 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29, inoltre, prevedono un mandato specifico alla Giunta regionale per gli interventi relativi al Polo Oncologico e finalizzato allo sviluppo quale I.R.R.C.S. e per la destinazione del complesso di Girifalco, da individuare quale Centro rivolto alle Scienze Motorie.

     Le strutture di cui sopra al fine di confermare la propria individuazione quale Centro di Eccellenza dovranno possedere i requisiti che saranno individuati nell'ambito della specifica linea prioritaria di attività di cui all'Accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003 (repertorio atti n. 1812), sottoscritto in attuazione del PSN 2003-2005.

     L'individuazione dei requisiti citati dovrà comunque avvenire nel rispetto dei seguenti criteri:

     1. l'attività delle strutture deve rispondere a specifiche esigenze di salute dei cittadini;

     2. essere allocate di preferenza nelle aziende ospedaliere;

     3. corrispondere ad attività il cui bacino di utenza potenziale è comunque di livello regionale;

     4. avere una rilevante capacità di attrazione extra-regionale e, comunque, avere un'attività specifica che non comporta migrazione per patologie attinenti alla disciplina superiori alla capacità produttiva;

     5. possedere una casistica di peso superiore alla media regionale per la disciplina negli ultimi tre anni di attività;

     6. per le discipline chirurgiche, avere un tasso di mortalità e di reintervento compresi negli standard previsti per le best practice della disciplina; tale criterio, limitatamente alla mortalità, deve essere rispettato anche per le discipline mediche che comportino trattamento intensivo o sub-intensivo.

     Gli stessi requisiti dovranno essere posseduti da qualsiasi altra struttura erogatrice che ambisca all'individuazione quale "Centro di eccellenza".

     Il riconoscimento di cui sopra è compiuto dalla Giunta regionale, previo parere della competente Commissione Consiliare, che dovrà essere perentoriamente espresso entro 30 gg dalla richiesta.

     Al fine di favorire in tal senso lo sviluppo delle strutture del S.S.R., la Giunta regionale, nell'ambito delle risorse previste per il finanziamento degli obiettivi di PSN 2003-2005 destinerà, per il triennio di validità del presente P.R.S., una percentuale non inferiore al 10% delle stesse.

     Inoltre, presso le Aziende Ospedaliere Bianchi - Melacrino - Morelli di Reggio Calabria ed Annunziata di Cosenza sono da tempo operanti UU.OO. e linee di attività con competenze avanzate oltre che sul versante clinico-assistenziale anche dal punto di vista scientifico. Ci si riferisce in particolare rispettivamente per Reggio Calabria al Centro di Trapianto per il Midollo Osseo, al Centro per le epilessie, alle UU.OO. di Nefrologia e di Oncologia e per Cosenza all'attività del Polo pediatrico (neonatologia, terapia intensiva neonatale, chirurgia pediatrica e pediatria) e quella finalizzata allo sviluppo dei trapianti di fegato. E’ necessario allora garantire il sostegno delle citate attività oltre al loro sviluppo, favorendo nel contempo l'incremento dell'integrazione con le altre UU.OO. aziendali. Ciò anche nella considerazione dell'alto valore aggiunto che le attività di ricerca comportano per l'assistenza sanitaria.

     A tal fine si sono istituiti i Centri di Ricerca Clinico-Assistenziale presso le Aziende Ospedaliere di Reggio Calabria e Cosenza. Gli stessi sono retti da un Comitato Tecnico-Scientifico, composto dai Responsabili delle UU.OO. afferenti, direttamente dipendente dalla Direzione Aziendale, con autonomia di budget ai fini della ricerca, la cui composizione e il funzionamento vengono disciplinati dall'Atto Aziendale di cui al presente P.R.S.

     Annualmente la Giunta regionale, oltre a determinare il finanziamento dei suddetti Centri sulla base dei programmi di attività presentati dai rispettivi Responsabili Scientifici, destina, complessivamente una quota del FSR non superiore allo 0,3%, per specifici progetti di ricerca cui potranno accedere, previo apposito bando, le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere ovvero gli altri soggetti pubblici e/o privati del territorio regionale interessati alla ricerca in campo clinico-assistenziale.

     E’ istituito il "Centro regionale integrato di cardiochirurgia" con sede centrale a Catanzaro ed articolato nelle sezioni territoriali di Reggio Calabria e Cosenza. Esso è formato dalle UU.OO. di cardio-chirurgia ubicate presso il S. Anna Hospital di Catanzaro, le Aziende Ospedaliere Mater Domini (CZ), Annunziata (CS) e Bianchi-Melacrino-Morelli (RC), che funzionano quale centro regionale unico in rete. Lo stesso, oltre ad espletare l'attività chirurgica di elezione propria di ognuna unità operativa costituente, garantisce, con tutte le sue articolazioni territoriali, lo stand-by cardio-chirurgico di supporto alle attività di emodinamica e cardiologia interventista presenti nel S.S.R. La Giunta regionale, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del P.R.S., approva apposito regolamento finalizzato alla definizione dell'assetto organizzativo e del funzionamento del Centro, con particolare riguardo alle modalità di accesso dei pazienti ed ai collegamenti a monte e a valle del percorso assistenziale (con il sistema emergenza-urgenza e le terapie intensive ed UTIC dei P.O. regionali).

 

La Lungodegenza e la Riabilitazione

     Lo sviluppo dei servizi di assistenza in regime di ricovero per Lungodegenza e Riabilitazione costituisce un complemento essenziale del programma di riqualificazione della rete ospedaliera e di riduzione dei posti letto per acuti sotto la soglia del 4 x 1000. Lo standard programmatorio per questa tipologia di prestazioni è fissato a livello nazionale nel parametro di 1 posto per 1.000 abitanti, ma si tratta di un parametro che deve essere interpretato a livello regionale in rapporto all'effettivo sviluppo dei posti letto ospedalieri per acuti e della estensione e specializzazione della rete dei servizi residenziali.

     In Calabria si registra un'offerta di posti letto per acuti che, nonostante la forte mobilità passiva extra-regionale (circa il 25-30%), è sostanzialmente in linea con la media nazionale (4,75 x 1.000 abitanti) ma è superiore alla media nazionale per quanto attiene le specialità di base ed inferiore ad essa per le specialità a media ed elevata assistenza. L'attività ospedaliera appare caratterizzata da indici di case-mix medio/bassi (0,980 per i ricoveri ordinari), da un diffuso utilizzo del ricovero ospedaliero per DRG ad elevato rischio di inappropriatezza e comunque da una durata media della degenza, per i DRG più rappresentativi, significativamente più elevata della media nazionale. Si registra peraltro che la rete dei posti letto formalmente classificati come "lungodegenza e riabilitazione" è abbastanza diffusa, con un indice di 0,42 posti letto per 1.000 abitanti (contro una media nazionale di 0,49 x 1.000), di cui circa il 50% di lungodegenza e l'altro 50% di riabilitazione. L'offerta di questa tipologia di servizi risulta quindi sottodimensionata, e lo è specialmente se consideriamo che dei 454 letti di riabilitazione che risultano attualmente accreditati quasi il 90% (396) sono in realtà letti di riabilitazione estensiva, destinati per lo più a pazienti cronici. Appare molto carente, quindi, una rete di riabilitazione post-acuzie intensiva, destinata al trattamento, nella fase successiva l'evento acuto, delle più frequenti patologie invalidanti dell'adulto (lesioni midollari da traumi o da altre cause, traumi cranici, ictus cerebri, etc.).

     Sulla base di questa analisi si evidenzia la necessità di qualificare l'offerta di posti letto di riabilitazione prevedendo in particolare posti letto di riabilitazione intensiva. Anche per quanto attiene la lungodegenza si ravvisa la necessità di un forte aumento dell'offerta, realizzando unità di questo tipo sia nei grandi ospedali che in piccoli ospedali o strutture in riconversione ovvero nelle strutture afferenti al privato sociale (ONLUS), con priorità nei confronti delle strutture con più di 80 p.l. ed esperienza ultra decennale che chiedono riconversione nello stesso settore della lungodegenza.

     Passando alle scelte operative si ritiene di dover fissare lo standard programmatorio di riferimento nella misura di 1 posto letto ogni 1.000 abitanti (0,5 per la riabilitazione), prevedendo tuttavia un progressivo raggiungimento di questo livello di offerta. In particolare, stante la sostanziale indisponibilità di risorse, tutti i nuovi posti letto di lungodegenza e riabilitazione potranno essere attivati solo dopo che si sarà avviato il processo di riconversione di un numero almeno pari di posti letto per acuti.

     Uno standard di questo tipo necessita inoltre di specifici approfondimenti in ordine alla distribuzione geografica, alla specifica tecnica delle prestazioni erogate, ed all'opportunità di realizzarle all'interno di strutture ospedaliere o di presidi extra-ospedalieri, mantenendo fermi gli obiettivi di cura propri dello specifico livello assistenziale. La scelta di localizzare questi servizi all'interno degli ospedali per acuti trova una motivazione nel garantire la migliore fruibilità dei servizi diagnostici e delle consulenze specialistiche multiprofessionali. Tuttavia l'effettiva necessità di una localizzazione di questo tipo è circoscritta ai servizi di alta specializzazione, ove sia previsto un intervento riabilitativo già nella fase acuta, e comunque in condizioni di instabilità clinica tali da richiedere il continuo contatto con i reparti clinici specialistici di riferimento.

     Appare peraltro evidente che è sconsigliabile prevedere moduli di degenza a lungo termine, che necessitano di ampi spazi interni ed esterni e di particolari modalità di organizzazione della giornata e delle occasioni relazionali, in strutture ospedaliere concepite ed organizzate per interventi mirati, selettivi, di breve durata e di elevata complessità tecnologica e specialistica.

     Nella realtà la localizzazione di questa tipologia di servizi dentro o fuori l'Ospedale per acuti, andrà valutata caso per caso, in rapporto alla vocazione del servizio, alle condizioni strutturali ed organizzative del complesso, ai percorsi assistenziali in esso attivati, garantendo comunque un'equilibrata distribuzione territoriale dei servizi tra complessi ospedalieri con caratteristiche idonee e strutture esterne specializzate, in grado di garantire i necessari supporti diagnostici e specialistici ed in ogni caso il collegamento operativo con i servizi ospedalieri di primo intervento.

     Sulla base di queste valutazioni, in considerazione dell'eccesso di strutture ospedaliere attualmente operanti in Calabria, nella realizzazione dei nuovi posti letto di lungodegenza e riabilitazione, priorità assoluta andrà riservata alla riconversione di presidi ospedalieri con meno di 120 posti letto attualmente attivi.

     Nella tabella seguente sono presentati gli standards programmatori previsti per la Lungodegenza e Riabilitazione, questi rappresentano obiettivi programmatori a medio-lungo termine, da attuarsi in parallelo con la riconversione di un numero di posti letto per acuti nelle misure già indicate.

 

Tipologie riferite alla Lungodegenza:

Indice

Posti letto

- Lungodegenza post-acuzie

0,44

883

- Hospice

0,06

120

Totale lungodegenza

0,50

1.003

 

 

 

Tipologie riferite alla Riabilitazione:

Indice

Posti letto

ALTA SPECIALITA’ - (0,025)

 

 

- Unità spinale

0,010

10

- Unità gravi cerebromielolesioni

0,010

20

- Unità gravi disabilità per l'età evolutiva ( )

0,005

10

- Unità di Risveglio

0,005

10

RIABILITAZIONE INTENSIVA

 

 

- Riabilitazione intensiva

0,18

352

RIABILITAZIONE ESTENSIVA

 

 

- Riabilitazione estensiva disabili

0,30

602

Totale riabilitazione

0,50

1.004

 

 

 

TUTTE LE TIPOLOGIE

1,00

2.007

 

NOTA - Obiettivi programmatori a medio-lungo termine, da attuarsi in parallelo alla riconversione di un numero almeno pari di posti letto per acuti.

 

La lungodegenza post-acuzie

     La Lungodegenza post acuzie è un'attività di ricovero caratterizzata dalla gestione a breve-medio termine di pazienti con quadri clinici post-acuti e non stabilizzati, che necessitano di cure mediche, infermieristiche e di assistenza alla persona.

     Lo standard programmatorio di 0,5 posti letto per 1000 abitanti deve ricomprendere anche i posti letto per servizi di "Hospice" (con un tasso di 0,06 pari a 120 p.l.). La restante quota di posti letto (883) andrà realizzata in modo equilibrato nel territorio regionale scegliendo idonee localizzazioni all'interno degli ospedali di rete, in case di cura private o in ospedali soggetti a programmi di riconversione ovvero in strutture del privato sociale ONLUS già accreditate e dotate di adeguati servizi diagnostici e specialistici del settore della lungodegenza da più di dieci anni. E’ essenziale che i servizi di lungodegenza si caratterizzino in modo netto rispetto ai reparti di Medicina Generale, con un forte orientamento all'assistenza infermieristica ed alla gestione clinica delle polipatologie di carattere geriatrico.

 

La riabilitazione

     I Servizi di Riabilitazione sono costituiti da un complesso setting di attività che ha l'obiettivo di garantire il massimo recupero funzionale e socio-relazionale, a soggetti affetti da menomazioni e limitazioni funzionali congenite od acquisite. Caratteristica essenziale dei programmi riabilitativi è l'individuazione di un obiettivo terapeutico da conseguire, in un tempo più o meno predeterminato mediante una successione di prestazioni specialistiche mirate e coordinate, anche a valenza multidisciplinare.

     Lo standard programmatorio della riabilitazione è fissato in 0,5 posti letto per 1000 abitanti (1004 p.l.). I servizi di degenza riabilitativa, come dettagliato nella premessa, saranno realizzati presso strutture ospedaliere per acuti o presso strutture specializzate esterne (accreditate come tipologie ospedaliere), in rapporto alla specificità ed alle finalità del servizio erogato oppure in Centri di Riabilitazione del privato sociale ONLUS già accreditate come strutture residenziali da almeno dieci anni e dotate di comprovata esperienza nel settore e di documentata attività di ricerca scientifica. Le strutture di cui sopra possono riconvertire parte dei posti letto in riabilitazione intensiva ospedaliera. Gli interventi riabilitativi sono usualmente classificati in tre principali tipologie:

     1. Servizi Riabilitativi di Alta Specialità

     2. Riabilitazione intensiva

     3. Riabilitazione Estensiva

     Tra i servizi di Alta Specialità (tasso 0,020 X 1000) sono classificati:

     1. l'Unità Spinale (USP) da realizzarsi presso il polo regionale dell'emergenza (p.l. 10)

     2. l'Unità per gravi cerebromielolesioni (UNI) (p.l. 20)

     3. l'Unità di Risveglio (URI) (p.l. 10)

     4. l'Unità per le gravi disabilità per l'età evolutiva (p.l. 10)

     5. l'Unità di Riabilitazione intensiva Cardiochirurgia (URIC) (p.l. 8), specializzata nella gestione complessa del paziente cardiochirurgico, nell'immediato post-operatorio.

     L'unità spinale gestisce il paziente nella fase di acuzie e di immediata post-acuzie, realizzando interventi riabilitativi precoci e definendo il successivo percorso riabilitativo, fino all'auspicato reinserimento sociale e lavorativo, da compiersi presso strutture esterne funzionalmente collegate e comunque impegnate nello sviluppo di protocolli comuni sotto il costante monitoraggio dell'unità spinale stessa. L'individuazione del polo regionale dell'emergenza, strutturato con elisoccorso, "trauma center", neurochirurgia, terapia intensiva, diagnostica di terzo livello e tutti i servizi di alta specialità, è nella Azienda Sanitaria di Lamezia Terme.

     L'unità per gravi cerebrolesioni è un'unità specialistica riabilitativa di terzo livello rivolta alla gestione del paziente con terapia intensiva specialistica, in fase post-acuta, di gravi lesioni cerebrali (traumatiche, vascolari, metaboliche) con un approccio multidisciplinare sistemico. L'Unità di Risveglio e gravi cerebrolesioni, in atto accreditata nell'area di Crotone, è un'unità specializzata nella gestione complessa e stimolazione neuro-psico-sensoriale di pazienti con diagnosi di recente stato di coma, nell'obiettivo di realizzare le migliori condizioni per l'uscita dal coma ed il recupero delle funzioni cognitive e motorie; per tali finalità assistenziali con priorità possono essere attivati ed accreditati, sulla base della disciplina previgente, anche in presidi funzionalmente collegati, nuovi posti letto nei limiti delle previsioni di cui al presente P.R.S., nonché posti letto per la lungodegenza ospedaliera specializzata e riabilitazione intensiva ospedaliera, in misura non superiore all'indice di 0.015 x mille ab. su base regionale per ciascuna branca (pari a 30 p.l. per branca).

     I servizi di Riabilitazione intensiva (tasso 0,180 X 1000) saranno sviluppati fino ad un massimo di 352 posti letto, preferibilmente presso ospedali, pubblici o privati accreditati, in riconversione e comunque secondo un criterio che garantisca il loro miglior collegamento con i principali ospedali. I servizi di Riabilitazione Estensiva (tasso 0,30 X 1000) potranno essere progressivamente incrementati fino ad un massimo di 602 posti letto, che saranno distribuiti in modo da garantire un rapporto più equilibrato tra diverse province, anche questi, preferibilmente, presso Ospedali in riconversione, ovvero in strutture del privato sociale ONLUS già accreditate dotate di comprovata esperienza nel settore e di documentata attività di ricerca scientifica nonché di servizi diagnostici e specialistici del settore.

 

La rete per l'emergenza-urgenza

 

Premessa

     Non si può parlare di Sistema di Emergenza Regionale senza fare preciso riferimento al Piano Sanitario Nazionale predisposto a cura del Ministero della Salute per il periodo 2003-2005 che fra i progetti obiettivo ne comprende uno specificamente dedicato al potenziamento dei servizi di urgenza-emergenza, basato su tre capisaldi:

     - Riorganizzazione strutturale dei Pronto Soccorso e dei DEA.

     - Integrazione, in rete, delle alte specialità nell'ambito dell'emergenza per la gestione del traumatizzato e del malato critico.

     - Integrazione del territorio con l'Ospedale.

     Nell'ambito del progetto, il trasporto infermi diventa necessariamente il cardine, il punto nodale per il buon funzionamento dell'organizzazione dedicata all'emergenza, dovendo assicurare il raccordo tra le diverse componenti del Sistema che deve essere "centrato sulla persona" per assicurare ad ogni cittadino, in difficoltà dal punto di vista sanitario, una organizzazione protettiva che lo segua responsabilmente attraverso tutto il percorso assistenziale, fin dall'approccio, assicurando che la risposta sanitaria sia costruita e calibrata sulle reali necessità dell'utente.

 

Il Sistema Emergenza Sanitaria

     Che il Sistema Emergenza Sanitaria (S.E.S.) debba essere "centrato sulla persona" lo si evince dalla definizione stessa di emergenza, con il quale termine s'intende "qualunque circostanza che si presenti in modo improvviso e con caratteristiche tali da provocare conseguenze critiche, talora gravi, per la salute degli individui che ne restano coinvolti".

     Due caratteristiche, quindi, connotano lo stato d'emergenza:

     1. occasionale gravità,

     2. costante criticità.

     Appare chiaro, dalla definizione, l'imperativo di agire finalizzando il proprio operato ad evitare che le condizioni delle persone soccorse da critiche divengano gravi, di agire nel minor tempo possibile, di agire tenendo conto delle condizioni ambientali e delle risorse disponibili in termini di presidi, di attrezzature e di uomini.

     Tutto ciò, naturalmente, obbliga ad individuare priorità, a definire comportamenti ed ad elaborare protocolli per la gestione e la classificazione degli interventi assistenziali, utilizzando codifiche e terminologie standardizzate non suscettibili di ambiguità operative; i protocolli debbono tenere conto dell'apparente livello di gravità dell'affezione apparentemente dominante, della complessità tecnica ed organizzativa dell'intervento terapeutico da effettuare e del numero dei soggetti da assistere.

     A tal proposito, vale la pena ricordare che si parla, schematicamente, di:

     - monoemergenza se coinvolge un solo individuo

     - macroemergenza se, interessando aree territoriali ristrette, coinvolge piccoli gruppi di individui

     - maxiemergenza se, interessando vaste aree geografiche, coinvolge un gran numero di individui.

     A differenza degli anglosassoni che utilizzano un unico termine, "Emergency" per indicare le condizioni critiche e quelle gravi, noi utilizziamo due termini presi in considerazione e validati dal Consiglio Superiore di Sanità che li ha definiti, in un parere espresso il 2 dicembre 1992, come:

     - Urgenza - urgenza differibile, si ritiene l'urgenza reale, senza pericolo di vita;

     - Emergenza - urgenza indifferibile, si ritiene sussistere immediato pericolo di vita.

     Questa schematizzazione è alla base di documenti ufficiali tra i quali si deve ricordare il Piano Sanitario Regionale della Regione Calabria 1995/1997 che definisce:

     - "Urgenza": condizione clinica che coinvolge individui colpiti da processi patologici per i quali, pur non esistendo immediato pericolo di vita, è tuttavia necessario adottare, entro breve tempo, l'opportuno intervento terapeutico.

     - "Emergenza": condizione clinica che coinvolge individui che necessitano di immediato ed adeguato intervento terapeutico anche con ricorso a mezzi speciali di trattamento.

     Un intervento di soccorso qualificato, appare evidente, necessita di adeguati mezzi di soccorso, muniti di attrezzature finalizzate ed efficienti, intendendo per mezzo di soccorso "un mezzo mobile dedicato al trasporto immediato e rapido di équipes ed equipaggiamento sanitario, sangue ed emoderivati".

     Importante e condizionante per un intervento di soccorso sanitario sono l'estensione, il tipo e lo stato della rete viaria, il tipo e l'entità del traffico che vi insiste, il numero, la tipologia e lo stato d'uso dei mezzi di trasporto, il personale, la disponibilità e la preparazione specifica di questo nonché l'idoneità del mezzo alla problematica da risolvere.

     Il sistema di trasporto infermi non riguarda il semplice trasporto di persone bisognose di cure da un luogo all'altro ma si prefigge un duplice obiettivo:

     1. assicurare assistenza sanitaria qualificata e con mezzi adatti, erogata da personale particolarmente esperto, sul luogo stesso di insorgenza di uno stato di emergenza sanitaria di origine traumatica o non traumatica, seguita da trasporto, in tempo breve, in ambiente ospedaliero, il cosiddetto "Intervento primario"

     2. permettere il trasferimento rapido di pazienti da Ospedale ad Ospedale, ovvero da un Presidio meno attrezzato da un punto di vista diagnostico e terapeutico ad altro luogo di cura più adatto, fornendo "in itinere" tutta l'assistenza necessaria, il cosiddetto "intervento secondario".

 

Situazione ambientale

     La Calabria, compresa tra due mari, Ionio e Tirreno, è la Regione che presenta il massimo sviluppo costiero, 780 Km, pari al 19,1% del perimetro costiero nazionale, idealmente divisa in due zone, settentrionale e meridionale, dalla stretta lingua di terra compresa tra il golfo di Squillace e quello di S. Eufemia, è occupata ed attraversata in senso longitudinale da catene montuose, serre ed altopiani, che ne hanno reso difficoltosi e costosi i collegamenti stradali in senso trasversale tra i due mari.

     A nord è presente il massiccio del Pollino cui fa seguito verso sud la criniera appenninica con la Sila, il Reventino, le Serre e l'Aspromonte. Il 22,4% del territorio è montuoso, il resto è collinare ma soltanto il 14,9% dell'intero territorio si trova al di sotto dei 100 metri sul livello del mare.

     In sintesi, la Regione Calabria è costituita in modo veramente disomogeneo dal punto di vista territoriale, ambientale e paesaggistico, sviluppa una superficie di circa 15.000 Kmq, che da aspro territorio montano degrada verso coste classicamente mediterranee, della quale soltanto il 9% è pianura ed il restante 91% è montagna o collina dove sono situati in maggioranza i Comuni, 387 su 409. I corsi d'acqua sono quasi tutti a carattere torrentizio, con alvei a forte pendenza ed ampio letto a fondo valle, ricchi di ciottolame che li rende rovinosi nelle piene.

     Territorio ad elevato rischio sismico che può essere soggetto a maremoti per la contiguità del territorio vulcanico delle Eolie e che vede diffuso il fenomeno delle frane per le caratteristiche del terreno, per la pendenza dei versanti e la copiosità delle piogge, spesso a carattere torrenziale.

     La viabilità della Regione Calabria (dati ISTAT 1994) è costituita da 279 Km di Autostrade, 3.319 Km di Strade Statali, 6.196 Km di Strade Provinciali e 6.440 Km di Strade Comunali, per un totale di 16.207 Km, escluse le Strade Comunali, le Strade di Bonifica, le Strade Vicinali, le Mulattiere e le Strade di montagna non gestite dall'ANAS.

     La rete viaria è caratterizzata dalla Autostrada del Sole e dalle S.S. n. 18 e n. 19 che percorrono, con tornanti a mezza costa e ponti in pietra, il territorio da Nord a Sud e dalla S.S. n. 106 che corre parallela alla costa ionica. Sono presenti strade che, in trasversale, permettono la comunicazione tra le due costiere costituite dalla S.S. n. 107 al Nord, dalla S.S. n. 280 al Centro e dalla S.S. n. 281 al Sud.

     Sulle strade della Regione circolano, oltre ai mezzi immatricolati nella Regione, diversi mezzi per trasporto merci da e verso la Sicilia oltre ad un nutrito numero di auto per trasporto persone durante i periodi festivi e di ferie.

 

Il Sistema di emergenza-urgenza

     Va considerato come un sistema di intervento e cura che, con funzione di filtro, avvalendosi di strutture territoriali ed ospedaliere funzionalmente integrate, è in grado di garantire assistenza adeguata nelle condizioni di emergenza-urgenza.

     Il sistema, che è a gestione pubblica, intendendosi revocate procedure di affidamento del Sistema 118 a privati in corso, è denominato "CALABRIA SOCCORSO" ed è costituito da due fasi, fase di allarme, assicurata dalla Centrale operativa e fase di risposta, territoriale ed ospedaliera.

     Il sistema è gestito e organizzato, almeno su base Provinciale, dalle Aziende Sanitarie di riferimento, e funziona secondo le sotto indicate linee guida. All'aggiornamento delle linee guida si provvede con provvedimento del dirigente generale del Dipartimento Sanità.

     Le centrali operative SUEM 118, tutte le risorse tecnico-sanitarie, nonché il personale delle stesse al momento in servizio presso le centrali operative SUEM 118 ricadenti nelle Aziende ospedaliere, saranno trasferiti, conservando il proprio incarico e funzioni che già svolgono nelle suddette centrali, alle dipendenze dell'AS territoriale che gestirà il Servizio nel rispetto del contratto nazionale.

 

Linee guida per l'emergenza urgenza

 

Fase di allarme sanitario

     La Centrale operativa (il cosiddetto "118") riceve le richieste di soccorso, valuta il grado di complessità dell'evento e garantisce, coordinandoli, tutti gli interventi di soccorso nell'ambito territoriale di riferimento.

 

Fase di risposta territoriale

     Classificati gli eventi utilizzando codici noti e definiti, la Centrale dispone l'invio di mezzi di soccorso od attiva le postazioni territoriali.

     Per svolgere tali funzioni, deve essere a conoscenza, in tempo reale della dislocazione e tipologia dei mezzi di soccorso utilizzabili e delle postazioni relative alla emergenza territoriale rappresentata dai medici di continuità assistenziale la cui attività deve essere di collaborazione attiva all'interno del servizio "118", per le ore di competenza. Analogamente anche i medici di assistenza primaria ed i pediatri di libera scelta devono essere coinvolti nella gestione delle urgenze/emergenze, sempre in collaborazione con la Centrale Operativa.

     Il raccordo deve essere considerato essenziale nella gestione del soccorso trattandosi, spesso, di interventi terapeutici risolutivi di modesto impegno assistenziale su pazienti noti ai medici di base e può essere assicurato dai medici di assistenza primaria e pediatri di libera scelta, riuniti in associazione, consentendo di affrontare le situazioni di emergenza nei periodi di tempo non "coperti" dal servizio di continuità assistenziale, senza dislocare i pazienti. A tal fine il Dipartimento Sanità dell'Assessorato stipulerà appositi protocolli d'intesa con le associazioni di categoria e gli ordini professionali.

     L'intervento del medico di assistenza primaria o del pediatria di libera scelta, attivati dalla Centrale operativa, contribuirà all'abbattimento dei tempi di attesa per i soccorsi, consentirà di stabilire e programmare, di concerto con il personale di Centrale, l'eventuale ospedalizzazione nella struttura più idonea e di limitare il numero dei soggetti che chiedono di essere visitati in Pronto Soccorso ed ai quali è assegnato un "codice bianco", limitando le prestazioni improprie degli ospedali.

     Per limitare ulteriormente il fenomeno, sarebbe opportuno:

     - incentivare e facilitare il Cittadino a rivolgersi al proprio medico;

     - indirizzare ai medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, informandoli e responsabilizzandoli, i soggetti che si sono rivolti al Sistema d'emergenza per il trattamento di patologie non acute;

     - facilitare l'accesso dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta ai servizi diagnostici territoriali ed ospedalieri, rendendo snella l'esecuzione di accertamenti e consulenze, in tempi appropriati alle condizioni di gravità e di urgenza del paziente;

     - definire, sperimentare ed attuare percorsi clinico-assistenziali condivisi con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta;

     - programmare ed effettuare campagne d'informazione del Cittadino volte ad ottenere un adeguato e corretto uso del Sistema sanitario;

     - effettuare analisi e valutazione delle esperienze esistenti studiando la fattibilità dell'introduzione di un ticket per accessi "non urgenti" al Pronto soccorso e per i trasporti "non urgenti" richiesti ed effettuati con mezzi del Sistema di Emergenza Sanitaria.

 

Fase di risposta ospedaliera - Ospedali in rete

     Al fine di rispondere ai bisogni della popolazione ed integrarsi nel complesso sistema dell'emergenza utilizzando correttamente le risorse esistenti, i Presidi ospedalieri debbono operare in rete, funzionalmente disposta in modo gerarchico.

     Dal punto di vista funzionale la rete, con distribuzione territoriale corrispondente alle reali esigenze, è costituita da:

     - Punti di primo intervento, fissi o mobili: effettuano interventi minori, stabilizzano e, se del caso, richiedono il trasporto presso un presidio ospedaliero idoneo.

     - Pronto soccorso ospedalieri: assicurano accertamenti diagnostici ed interventi sufficienti a risolvere il problema presentato provvedendo, se del caso, alla stabilizzazione ed al trasferimento protetto del paziente verso un presidio ospedaliero di livello superiore. Una specifica attenzione deve essere riservata all'età pediatrica, garantendo la realizzazione di un Pronto soccorso pediatrico, dotato di spazi per l'osservazione breve ed intensiva, presso i presidi ospedalieri dotati di DEA di secondo livello.

     - Dipartimenti d'emergenza di I livello: assicurano, potendo contare su diverse unità operative complesse, livelli di assistenza adeguati, rianimazione, degenza breve ed interventi diagnostici e terapeutici di medicina d'urgenza, chirurgia d'urgenza e specialità; rappresentano, questi, il riferimento, per area territoriale, delle strutture a minore dotazione.

     - Dipartimenti d'emergenza di II livello: assicurano, il livello di assistenza più elevato di tutto il sistema erogando le prestazioni diagnostico-terapeutiche di più alta qualificazione legate all'emergenza.

     - Centri di Alta Specialità, per le seguenti attività assistenziali:

     unità per grandi ustionati

     "trauma center" e chirurgia d'urgenza

     unità spinale

     centro di tossicologia clinica, munito di farmacia antidotica.

     Tali attività, che costituiranno il Polo Traumatologico Regionale, in riferimento al bacino d'utenza regionale, alla posizione baricentrica, ed alla articolazione delle vie di comunicazione, saranno collocate nella Azienda Sanitaria di Lamezia Terme, anche al fine di garantire il collegamento funzionale con il Centro protesi e riabilitativo INAIL.

 

Mezzi di soccorso

     I mezzi di soccorso, di tipologia variabile ed in grado di consentire prestazioni diversificate secondo il grado di formazione degli operatori e della tipologia di equipaggio assegnato sulla base delle richieste raccolte, analizzate e codificate dalla Centrale operativa, utilizzando telai di supporto presenti su tutti i mezzi, debbono consentire l'integrazione delle attrezzature sanitarie di base con quelle di soccorso avanzato in tempi realmente brevi.

     I mezzi e le attrezzature debbono essere, quanto più possibile, standardizzati, pronti all'uso ed usualmente noti agli operatori. Le Centrali operative provinciali, ciascuna per il territorio di competenza, avranno cura di censire i mezzi utilizzati, sia propri che in convenzione, monitorandone lo stato d'uso, la manutenzione ordinaria e straordinaria, la conformità agli standard e l'eventuale declassamento, adottando protocolli di gestione e di verifica di efficienza concordati a livello regionale.

     Per mezzi di soccorso, attrezzati per fornire soccorso base, manovre di rianimazione e defibrillazione precoce, s'intendono:

     - moto medica

     - auto medica

     - ambulanza da trasporto

     - ambulanza di soccorso

     - centro mobile di Rianimazione

     - eliambulanza.

 

L'intervento di soccorso

     L'equipaggio dei mezzi di soccorso, a tutti i livelli, deve essere in grado di intervenire operando per procedure e schemi che garantiscano l'utente non in grado, per definizione, di operare autonome scelte assistenziali ed in particolare:

     1. valutare lo scenario e la sicurezza ambientale;

     2. ricostruire la dinamica dell'evento patologico, valutare le condizioni del paziente, utilizzando le note scale approntate allo scopo ed individuare il possibile rischio evolutivo;

     3. monitorare i parametri vitali;

     4. mettere in atto manovre di rianimazione e/o di stabilizzazione;

     5. evidenziare le priorità comunicando con la Centrale per ottenere assistenza in loco od indirizzi operativi;

     6. immobilizzare ed apparecchiare il paziente per il trasferimento.

     Il personale, costituito da infermieri professionali, da medici e da anestesisti-rianimatori, addestrati con appositi moduli di formazione, deve operare, secondo responsabilità e secondo il tipo d'intervento e di mezzo utilizzato.

 

Utilizzazione dei mezzi

     1. Motomedica, mezzo avanzato con equipaggio costituito da medico ed infermiere, utilizzato, di norma, in situazioni particolari quali grandi raduni, intasamento di traffico, maxiemergenze od assistenza sul litorale.

     2. Automedica, mezzo avanzato con equipaggio costituito da medico ed infermiere, utilizzato, di norma, per trattamenti precoci in loco di pazienti in apparente od imminente pericolo di vita; mossa dalla Centrale operativa per situazioni catalogate "codice rosso" o "codice giallo" o su richiesta del personale addetto alle ambulanze da trasporto in difficoltà, costituisce l'entità base per l'assistenza sanitaria d'urgenza.

     3. Ambulanza da trasporto, mezzo normale con equipaggio costituito da autista-barelliere ed infermiere professionale, dotata di attrezzature sanitarie di base, mossa dalla Centrale operativa effettua trasferimento infermi non in condizioni critiche, per esigenze diagnostiche o terapeutiche.

     4. Ambulanza di soccorso, mezzo normale con equipaggio costituito da autista-barelliere, infermiere e medico, dotata di attrezzature idonee ad erogare assistenza a soggetti in condizioni critiche, mossa dalla Centrale operativa effettua "soccorsi primari" per situazioni catalogate "codice rosso" o "codice giallo".

     5. Centro mobile di rianimazione, mezzo avanzato con equipaggio costituito da autista-barelliere, infermiere professionale e medico anestesista-rianimatore, mosso dalla Centrale operativa effettua "soccorsi primari per situazioni catalogate "codice rosso" o trasferimento infermi in condizioni critiche con possibilità di instaurare o continuare assistenza rianimatoria.

     6. Eliambulanza, mezzo inusuale avanzato con equipaggio costituito da pilota, infermiere di area critica e medico anestesista-rianimatore, mossa dalla Centrale operativa, effettua servizio di eliambulanza ed elisoccorso consentendo di attuare trasporto assistito veloce, limitando al massimo la cosiddetta "patologia da trasporto", soccorso sul territorio in situazioni critiche particolari ed operazioni di sgombero.

 

Uso dell'elicottero sanitario: indicazioni e criteri

     La distribuzione ed il numero delle basi operative di elisoccorso devono essere proporzionati al bacino d'utenza; l'attuale distribuzione delle basi a Lamezia, Cosenza e Locri è confermata dal presente P.R.S. La Giunta regionale è delegata ad emanare apposite Linee Guida per il funzionamento del Servizio di Elisoccorso, compreso l'aggiornamento annuale dell'elenco dei soggetti abilitati a far parte dell'equipaggio di volo.

     L'elicottero, da considerare, comunque, un mezzo integrativo e non sostitutivo nell'ambito del sistema, è utile per ridurre drasticamente l'intervallo temporale tra il momento d'insorgenza dell'evento acuto e quello di un efficace trattamento di supporto delle funzioni vitali, portando al minimo il cosiddetto "therapy-free interval" e consentendo di instaurare una articolata terapia causale nella "prima ora", la "golden hour" degli autori anglosassoni.

     Estremamente utile in rendez-vous con altri mezzi di soccorso di terra o di mare, l'elicottero vede il suo impiego condizionato dall'esistenza di una rete di superfici di atterraggio, adeguate sul piano normativo ed operativo, note a tutte le componenti del sistema.

     Considerato, come detto, mezzo inusuale, la Centrale operativa ne dispone l'impiego per gli interventi "secondari", tanto "urgenti" che "differibili", secondo protocolli condivisi e per gli interventi "primari" secondo criteri noti di valutazione quali:

     1. incidenti autostradali;

     2. incidenti con numerosi veicoli coinvolti;

     3. incidenti su strade Provinciali o di campagna, con viabilità disagiata;

     4. incidenti stradali con più feriti;

     5. notizia di feriti incastrati;

     6. proiezione all'esterno, sballamento;

     7. emergenze traumatiche e non, in località disagiate;

     8. infortuni sul lavoro in stabilimenti extraurbani;

     9. infortuni agricoli;

     10. casi di annegamento;

     11. incendi di abitazioni isolate o stabilimenti industriali;

     12. incidenti sportivi su campi extraurbani;

     13. ferite d'arma da fuoco o d'arma bianca in ambiente extraurbano;

     14. ferita penetrante;

     15. caduta da altezze di oltre 5 metri;

     16. trauma spinale;

     17. due fratture o più fratture;

     18. ustioni (adulti>30%, bambini>20%);

     19. età (maggiore di anni 70 e minore di anni 5);

     20. distanza dalle strutture sanitarie dedicate all'emergenza sanitaria superiore ai 20 minuti d'auto fuori dell'area urbana.

 

L'emergenza pediatrica

     Considerato che il soggetto in età evolutiva non può essere visto come un adulto di piccole dimensioni, e nonostante che le richieste al "118" per patologie d'emergenza relative a questa fascia d'età rappresentino una bassa percentuale, non è possibile che la risposta assistenziale resti aspecifica.

     Il Sistema dell'emergenza dovrà, da un lato incentivare la fase di risposta territoriale, indirizzando i pediatri di base a visite domiciliari una volta ricevuta la richiesta di soccorso, e, dall'altro organizzare la rete ospedaliera dell'emergenza pediatrica definendo specifici bacini d'utenza con predisposizione di percorsi di afferenza basati su livelli di assistenza funzionalmente gerarchizzati, prevedendo allo scopo, pronte all'uso presso le Centrali operative, le attrezzature adatte.

     L'organizzazione, istituzionalizzata, dell'emergenza pediatrica comporterà la riduzione del fenomeno dei genitori/parenti che recano direttamente i piccoli congiunti in situazioni di emergenza reale o presunta presso i presidi ospedalieri, quasi sempre in modo inidoneo, la riduzione di accessi impropri ai Pronto Soccorso e la riduzione dei trasferimenti secondari con mezzi di soccorso non specializzati e personale non addestrato alla assistenza pediatrica e neonatale.

 

CRI e Volontariato

     La necessità di fornire le attività di soccorso in maniera capillare sul territorio, rende utile l'utilizzazione del Volontariato ed in particolare della CRI che, seppur organizzata sulla base di Comitati autogestiti presenta, sicuramente, una certa uniformità. Queste risorse appaiono particolarmente utili quando la densità di popolazione sia scarsa, il territorio sia esteso ed i mezzi istituzionali siano ridotti. L'interazione e/o l'integrazione di questa realtà con il Sistema di emergenza sanitaria deve essere sostenuta e guidata da protocolli regionali di accreditamento, di formazione mirata e di utilizzazione da parte delle Centrali operative competenti per territorio.

 

Servizi informatici a supporto del sistema d'emergenza

     Per limitare, ulteriormente, lo spostamento dei pazienti in Ospedale e tra le diverse strutture ospedaliere, è opportuno massimizzare il trasferimento delle informazioni.

     L'informatica e le telecomunicazioni potranno e dovranno avere un influsso determinante sulle modalità di erogazione dei servizi sanitari, consentendo l'utilizzo ottimale delle diverse strutture e delle diverse, specifiche, competenze con possibilità di seguire protocolli diagnostici, terapeutici e riabilitativi, facilitandone la diffusione, l'omogeneità e la compatibilità.

     Le tecnologie multimediali possono rendere, inoltre, più rapidi gli interventi medici sul territorio, facilitando la fase diagnostica e quella assistenziale, ponendo a disposizione del medico di medicina generale, dei pediatra di libera scelta e, soprattutto, del medico di continuità assistenziale le banche dati che permettono l'acquisizione, in tempo reale, di tutte le notizie sanitarie riguardanti il singolo paziente ed offrendo, inoltre, la possibilità di consultare Centri diagnostici e/o specialistici anche situati a distanza per giudicare con serenità i comportamenti terapeutici adatti al caso clinico in trattamento.

 

Criteri e modelli organizzativi

 

A. Appropriata gestione del paziente critico

     Diverse regioni italiane hanno definito, con DGR, come criterio di afferenza alle strutture le aree di riferimento territoriale; un paziente soccorso in una determinata area viene avviato, pertanto, all'Ospedale competente per bacino d'utenza.

     Criteri, questi, che possono evidenziare alcune criticità:

     1. l'Ospedale di riferimento, al momento, non ha disponibilità di posti letto o/e di sale operatorie;

     2. l'Ospedale di riferimento non è idoneo a trattare il paziente, sia per la gravità della patologia sia per la mancanza di adeguate strutture specialistiche;

     3. l'Ospedale di riferimento, al momento, ha in trattamento pazienti catalogati "codice rosso" e/o "codice giallo" in quantità tale da non poter effettuare intervento immediato su altri malati gravi.

     Tutto ciò può esitare in eccessiva, non necessaria e potenzialmente pericolosa attesa per accedere alle cure od in trasferimento secondario rischioso ed oneroso per il paziente e per la struttura.

     La scelta, invece, di avviare "il paziente giusto nell'Ospedale giusto nel tempo giusto "comporta che il personale di soccorso, individuata la necessità di cura del paziente, lo indirizzi, di concerto con la Centrale operativa, alla struttura che risponde, contemporaneamente, al criterio di appropriatezza ed efficacia.

     I criteri da utilizzare per avviare, sulla scorta dei bisogni medici rilevati, un paziente soccorso in emergenza dalla scena dell'evento all'Ospedale più idoneo, non necessariamente il più vicino, possono essere sintetizzati come segue:

     1. geografico: l'Ospedale più vicino;

     2. infrastrutturale: l'Ospedale più facilmente raggiungibile per tipologia delle strade o condizioni di traffico;

     3. disponibilità al trattamento: l'Ospedale che assicura, al momento, posti-letto liberi e strutture, generali e/o specialistiche, operative;

     4. livello di cura: l'Ospedale più idoneo a trattare la patologia acuta riscontrata per funzioni diagnostico-terapeutiche attive;

     5. offerta specialistica: l'Ospedale più idoneo a trattare la patologia specialistica unica evidente;

     6. bacino d'utenza effettivo: l'Ospedale competente per territorio.

     Per una tempestiva, adeguata e appropriata collocazione del paziente critico, naturalmente, tutto il personale addetto all'emergenza deve essere in condizione di praticare il triage, inteso come criterio di dlfferibilità del trattamento nelle strutture dell'emergenza.

 

B. Controllo in linea della disponibilità di posti-letto e sale operatorie

     Ulteriore elemento di gestione organizzata del paziente critico in un sistema che si propone come rete è, sicuramente, legato all'utilizzazione di informazioni standardizzate e tempestive relative all'effettiva disponibilità dei posti-letto e della loro reale occupazione relative, specialmente, ai reparti fortemente legati all'emergenza come le rianimazioni, le terapie intensive e subintensive, le UTIC, le cardiochirurgie, le neurochirurgie, etc.

     Integrando questi dati con quelli provenienti dal Pronto soccorso e dai soccorritori si potrà indirizzare il "paziente giusto alla struttura giusta" con la sensazione di trovarsi in un'unica struttura in cui si accede dal PS e si viene indirizzati alla destinazione definitiva per il trattamento definitivo.

     Per ottenere il flusso informativo necessario sarà opportuno:

     1. definire snelli e funzionali modelli di rilevazione dati;

     2. integrare i modelli con i sistemi di rilevazione esistenti;

     3. sviluppare i nuovi strumenti di rilevazione ed aggiornamento delle informazioni utilizzando la rete internet;

     4. sviluppare procedure automatizzate per la redazione e la pubblicazione giornaliera di reports sull'andamento dell'occupazione dei posti-letto;

     5. sviluppare strumenti automatizzati di interrogazione degli archivi;

     6. assicurare la condivisione dei dati a tutte la Centrali operative;

     7. progettare ed effettuare un corso di formazione per gli operatori.

 

C. Appropriatezza ed efficacia; classificazione delle attività di soccorso

     La rete dell'emergenza, sistema in grado di fornire tempestiva ed efficace assistenza nelle condizioni di emergenza-urgenza sanitaria, mediata dalla fase di allarme, è caratterizzata da un elevato numero di prestazioni erogabili in risposta a domande non prevedibili.

     Essenziale, quindi, per la funzionalità economica del sistema in classica funzione di attesa, la adeguata classificazione delle prestazioni erogate che consenta un confronto con le prestazioni attese e richieste, con i tempi e la tempestività degli atti medici e con gli esiti più o meno invalidanti o la restitutio ad integrum conseguita.

     L'analisi comparativa dei dati consentirà di giudicare l'appropriatezza e l'efficacia delle attività assistenziali svolte ed una accurata quantificazione delle risorse da impiegare nelle diverse strutture per migliorare l'efficienza operativa senza ridurne l'efficacia.

     Allo scopo si dovrà:

     1. scegliere il sistema di classificazione più adeguato alle caratteristiche dell'attuale sistema d'emergenza;

     2. individuare modelli di riferimento;

     3. aggiornare il sistema dell'emergenza in rapporto alle specifiche esigenze;

     4. individuare, validare ed adottare un modello di adattamento funzionale del sistema che, sulla scorta dei dati rilevati, persegua una sempre maggiore appropriatezza ed efficacia delle prestazioni erogate.

 

D. Risorse umane: formazione ed aggiornamento

     Il personale addetto all'emergenza deve avere, necessariamente, una base comune di conoscenze perché il sistema è fondato sul fatto che tutti gli operatori agiscano, secondo competenze specifiche, utilizzando un linguaggio ed una metodologia comune. Gli infermieri, in particolare, essendo in grado di riconoscere, in autonomia, i segni clinici di criticità e di gravità, potranno prendere o controllare con padronanza ed efficacia i provvedimenti atti a salvare la vita di un paziente perfettamente in fase con i medici del sistema.

     Debbono essere uniformate le modalità di effettuazione del triage perché in ambito regionale devono essere utilizzati gli stessi criteri di classificazione di gravità e di differibilità d'intervento allo scopo di evitare difformità nell'utilizzazione dei mezzi di soccorso e dell'accesso dei pazienti nelle aree ospedaliere dell'emergenza.

     La base comune di conoscenze è necessaria, peraltro, per la necessaria condivisione dei comportamenti, sostegno sostanziale per operatori che vivono quotidianamente situazioni stressanti ad alto contenuto emotivo.

     Per i rilevamenti epidemiologici, necessari per adattare alle necessità la struttura organizzativa, gestionale e le risorse da riservare al sistema, è essenziale disporre di una buona codifica delle informazioni, mentre per ottenere un buon rapporto costo-efficacia è necessario che il personale operativo oltre ad essere istruito sui trattamenti in emergenza, sia periodicamente aggiornato sulle metodiche.

     La formazione e l'aggiornamento professionale per il personale operante in Centrale, sul territorio ed in ambiente ospedaliero dovrà realizzarsi definendo in sede regionale opportuni Piani Formativi che prevedano corsi da svolgersi anche in maniera decentrata su:

     - sistemi di codifica;

     - triage;

     - supporto vitale di base (BLS) con uso del defibrillatore (BLSD);

     - supporto vitale di base mirato all'età pediatrica (BLSP);

     - trattamento avanzato del paziente con emergenze cardiovascolari (ACLS);

     - trattamento pre-ospedaliero del paziente traumatizzato (PHTLS);

     - trattamento avanzato del paziente traumatizzato all'arrivo in Pronto soccorso (ATLS).

     I corsi, mirati ai compiti specifici che gli operatori dovranno svolgere, debbono essere di non lunga durata, svolti a gruppi non molto numerosi, eminentemente pratici, suddivisi in moduli formativi ed orientati dal concetto di équipe e di interazione tra tutti i componenti del sistema di soccorso.

 

Maxiemergenze

     Nel caso di eventi catastrofici le funzioni di coordinamento dell'attività di soccorso, per quanto di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, sono devolute dalla normativa vigente alla Centrale operativa competente per territorio la quale, per garantire l'efficacia e la tempestività degli interventi, dovrà curare:

     1. In fase preventiva:

     a. l'archiviazione computerizzata dei dati relativi alle risorse sanitarie pubbliche private e del volontariato;

     b. la verifica dell'efficienza dei mezzi e delle strutture oltre alla formazione ed alla verifica della professionalità degli operatori;

     c. la predisposizione di strumenti operativi ed amministrativi eccezionali da attivarsi al momento dell'emergenza.

     2. In fase di allarme:

     d. l'intervento sul posto di unità di personale medico ed infermieristico, esperti nel triage, che garantiscano prima assistenza e collegamento con la Centrale operativa di riferimento;

     e. identificare le strutture sanitarie locali totalmente o parzialmente distrutte e valutarne, comunque, le inefficienze strutturali od occasionali;

     f. porre in allarme gli Ospedali del territorio, chiedendo l'identificazione dei pazienti dimissibili al fine di censire i posti-letto disponibili;

     g. valutare il grado di complessità dell'intervento da attuare.

     3. In fase di risposta:

     a. curare di fare afferire sul luogo dell'evento il materiale sanitario, le attrezzature mediche ed i farmaci per fornire assistenza sanitaria;

     b. assicurare il trasporto infermi presso le strutture sanitarie di riferimento.

 

Obiettivi e Azioni

     Il Piano Sanitario Regionale nell'indicare chiaramente gli elementi base sui quali viene predisposto, la centralità della persona, la promozione della salute, il rilevamento dei bisogni assistenziali, l'equità nella distribuzione dei servizi, la qualità delle prestazioni, l'allocazione mirata delle risorse e la costante, critica e mirata verifica dei risultati, dovrà indicare l'informazione, anche, come obiettivo primario.

     Informazione completa, chiara, semplice ed accessibile sull'organizzazione e sul funzionamento del Sistema di Emergenza, per consentire ad ogni cittadino in difficoltà scelte consapevoli.

     Informazione completa, chiara e semplice sui diritti e sui doveri di ogni cittadino in difficoltà nei confronti degli erogatori di prestazioni.

     Informazione completa, chiara e comprensibile sul suo stato di salute, idonea a coinvolgere il cittadino nel processo di soluzione dei suoi problemi.

     Naturalmente l'erogazione delle prestazioni, oltre che appropriata deve avvenire con riservatezza e deve perseguire l'obiettivo di ottenere il maggior vantaggio possibile con il minor dispendio di energie, utilizzando al meglio le capacità assistenziali dei Sistema.

     Per realizzare appieno sul territorio calabrese un efficace ed efficiente Sistema di Emergenza-Urgenza saranno costituiti, a cura della Giunta regionale, uno o più gruppi di lavoro che dovranno definire proposte operative in merito a quanto segue:

     1. il completamento del Sistema d'emergenza sul territorio, tenendo conto dei dati orografici e demografici (popolazione stanziale e fluttuante) ridisegnando, ove occorre, la topografia dei presidi di continuità assistenziale;

     2. l'istituzione di Presidi temporanei tarati sul pendolarismo stagionale;

     3. la sicurezza, l'attrezzatura e la qualità ambientale delle postazioni di continuità assistenziale;

     4. l'integrazione nella rete informatica del "118" delle Postazioni di continuità assistenziale;

     5. la collaborazione con medici di assistenza primaria, di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta, elaborando procedure concordate e coordinate ed istituendo corsi di formazione continua e di aggiornamento permanente;

     6. il rafforzamento del sistema di trasporto, ove necessario, ed il collegamento tra il "118" ed il sistema ospedaliero, con particolare riguardo ai DEA;

     7. l'aggiornamento delle caratteristiche tecniche dei mezzi di soccorso e delle rispettive dotazioni;

     8. la programmazione degli interventi che garantiscano le esigenze di assistenza sanitaria d'urgenza nelle Comunità montane disagiate;

     9. l'istituzione di servizi di consulenza a distanza con sistemi di telemedicina;

     10. i collegamenti funzionali, in rete, delle strutture sanitarie con i Centri di eccellenza;

     11. la utilizzabilità capillare dell'elitrasporto identificando, approntando, segnalando e pubblicizzando punti di atterraggio od elisuperfici in prossimità dei centri abitati, specie quelli disagiati e difficilmente raggiungibili con mezzi su ruota gommata;

     12. l'identificazione di protocolli operativi condivisi per avviare le urgenze meno impegnative verso Ospedali "minori", onde evitare sovraccarico od intasamento degli Ospedali sede di DEA;

     13. l'elaborazione di protocolli operativi condivisi per fronteggiare emergenze impreviste che possono coinvolgere un elevato numero di persone in caso di raduni di folla o calamità naturali (Macro e Maxiemergenze);

     14. la definizione di corsi di formazione/informazione, a carattere teorico-pratico per soccorritori professionali ed occasionali, con caratteristiche uniformi su tutto il territorio regionale.

 

I RAPPORTI TRA REGIONE, UNIVERSITA’, IRCCS ED ALTRI ENTI

 

Università

     La Regione assicura l'apporto del sistema universitario alle attività previste ed al perseguimento degli obiettivi del presente P.R.S. attraverso l'inserimento delle Facoltà nelle strutture organizzative del Servizio Sanitario Regionale. Le esigenze formative, didattiche e di ricerca delle Università sono assicurate nelle Aziende del S.S.R., valorizzando funzioni e competenze specifiche degli Atenei.

     A tale fine i rapporti tra S.S.R. ed Università saranno oggetto di appositi Protocolli d'Intesa, sostitutivi della disciplina statale in materia di rapporti tra S.S.R. e Università, che definiscano:

     1. le modalità del concorso delle strutture del S.S.R. al soddisfacimento delle esigenze formative, didattiche e di ricerca delle Università;

     2. l'apporto della Facoltà di Medicina e Chirurgia alle attività assistenziali, di formazione e di sviluppo delle conoscenze delle strutture del S.S.R.;

     3. le modalità della reciproca collaborazione per il soddisfacimento delle specifiche esigenze del servizio sanitario regionale;

     4. le modalità della reciproca collaborazione per il soddisfacimento delle specifiche esigenze della formazione teorico-pratica del personale del S.S.R.

     Con Protocollo quadro tra Giunta regionale ed Università sono individuati:

     - i criteri per l'organizzazione e l'erogazione delle prestazioni assistenziali correlate alle esigenze formative e di ricerca dell'Università, ivi comprese l'individuazione delle strutture a ciò dedicate;

     - la disciplina dei rapporti tra organi degli Atenei ed organi delle Aziende del S.S.R.;

     - i criteri per l'individuazione di attività finalizzate alla migliore qualificazione dei servizi erogati;

     - i criteri per la determinazione dei rapporti reciproci, tenuto conto del fabbisogno formativo delle strutture dei S.S.R.;

     - i criteri per l'individuazione ed organizzazione, sulla base delle indicazioni della programmazione regionale anche in ordine al fabbisogno ed in conformità agli ordinamenti didattici vigenti, dei corsi di formazione e per la ripartizione dei relativi oneri.

     L'attuazione di quanto previsto nel protocollo quadro è assicurata mediante intese tra Aziende ed Università.

 

IRCSS ed altri Enti di Ricerca

     I rapporti con il CNR, gli IRCCS e gli altri Enti di ricerca presenti nel territorio regionale sono regolati attraverso la stipula di appositi protocolli d'intesa con i quali sono individuati le forme di collaborazione sia sul versante assistenziale che su quello della formazione e dello sviluppo delle conoscenze, sulla base delle indicazioni della programmazione regionale.

     I protocolli sono adottati nell'ambito delle linee fissate dal Piano Regionale per la Salute; alla loro stipula provvedono il Presidente della Giunta regionale ed i rappresentanti istituzionali degli enti medesimi. I rapporti specifici per le attività assistenziali con il S.S.R. sono instaurati tra le aziende ospedaliere o sanitarie e gli enti medesimi sulla base dei predetti protocolli d'intesa.

     I soggetti che attualmente operano nel S.S.R., secondo le disposizioni vigenti per ciascuno di essi, sono:

     - l'INRCA, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, con la propria sede regionale di Cosenza e con sede centrale in Ancona;

     - il Consiglio Nazionale delle Ricerche con propri Centri di alta specializzazione, i cui posti letto allo stato in convenzione con il S.S.R. vengono confermati dal presente P.R.S.;

     - è altresì prevista dalla L.R. 7 agosto 2002, n. 29 l'istituzione del Centro oncologico di eccellenza in Catanzaro da trasformarsi in I.R.C.C.S.

     I Centri di ricerca e/o di riferimento già individuati con norme o provvedimenti regionali specifici ed afferenti alle aziende sanitarie (come il Centro di Neuro-genetica di Lamezia Terme) fanno parte dell'organizzazione dell'Azienda nella quale insistono; il Responsabile Scientifico, analogamente a quanto previsto per i Centri di Ricerca delle AA.OO., riferisce direttamente alla Direzione Aziendale, per come regolamentato nell'Atto Aziendale.

     In riferimento a quanto disposto dal Decreto Legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, l'INRCA di Cosenza è inserito nelle strutture organizzative del servizio sanitario regionale.

 

I.N.A.I.L.

     Con l'INAIL e la Regione intercorrono già dei rapporti di collaborazione per la realizzazione:

     1. del Centro protesi di Lamezia Terme, in fase di avanzata realizzazione;

     2. degli spazi di degenza per Riabilitazione collegati allo stesso Centro protesi, anch'essi siti in Lamezia Terme e prossimi all'apertura;

     3. del "Programma regionale di intervento da realizzare ai sensi dell'art. 2, comma 6 della legge n. 549/95" definito con la delibera di Giunta Regionale n. 89 del 17.02.2004.

     Tali strutture sono autorizzate ed accreditate quali Centri di riferimento per il Servizio Sanitario Regionale per la specifica attività. Con il Centro di riferimento traumatologico regionale di Lamezia Terme, a cura del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera di competenza, dovranno essere garantite le opportune sinergie per il funzionamento integrato delle relative strutture.

     E’ in atto altresì un intervento finanziario INAIL, finalizzato alla riconversione del P.O. di Chiaravalle Centrale in struttura di riabilitazione cardiologia, respiratoria e neuro-motoria (di cui alla D.G.R. n. 980/02.

     La Giunta regionale, nell'intento di perseguire la razionalizzazione dell'offerta dei servizi nel settore riabilitativo ospedaliero e territoriale, con priorità assoluta per gli interventi finalizzati anche alla riconversione dei presidi ospedalieri per acuti oggi esistenti, è autorizzata ad intraprendere ulteriori iniziative di collaborazione con l'Istituto.

 

FINANZIAMENTO DEL PIANO REGIONALE PER LA SALUTE E GOVERNO DELLA SPESA SANITARIA

 

Finanziamento del Piano Sanitario Regionale

 

Aspetti generali e prospettive

     I vari aspetti correlati al finanziamento dei PSR risultano di fondamentale rilevanza ai fini della sostenibilità economica del servizio sanitario regionale. Il sistema di finanziamento determina da una parte la quantità di risorse necessarie e disponibili, dall'altra i meccanismi di allocazione delle risorse finanziarie in un settore che si caratterizza per uno strutturale squilibrio fra domanda e offerta.

     Più che in ogni altro settore, in sanità chi offre i servizi si trova, infatti, in una posizione tale da poter determinare, con un ampio margine di discrezionalità, ciò che è necessario e utile al paziente, senza che quest'ultimo, né alcun altro soggetto, siano in grado di valutare a priori la qualità e l'appropriatezza dei servizi offerti. I diversi criteri di finanziamento, secondo la spesa storica, a prestazione con prezzo fissato prospetticamente o retrospettivamente, a quota capitaria, influenzano l'efficienza produttiva, l'appropriatezza delle cure prestate e l'attenzione ai bisogni del paziente.

     I vari meccanismi di finanziamento del servizio sanitario regionale e le diverse modalità di allocazione delle risorse finanziarie che di volta in volta si sono adottate nel corso degli anni hanno, fino ad ora, determinato tre squilibri fondamentali:

     - lo squilibrio tra risorse disponibili e risorse effettivamente impiegate con i conseguenti disavanzi registrati.

     - lo squilibrio tra risorse messe a disposizione dei cittadini residenti nel diversi ambiti territoriali delle aziende del S.S.R. con conseguente disparità nell'accesso alle prestazioni.

     - lo squilibrio tra le risorse impiegate per l'assistenza territoriale e per l'assistenza ospedaliera, a favore di quest'ultima.

     La necessità di superare tali squilibri rende pertanto indispensabile e non più dilazionabile la scelta di adottare interventi correttivi in ordine al finanziamento del S.S.R. e all'allocazione delle risorse finanziarie, tali da garantire ai cittadini calabresi un servizio sanitario efficiente ed efficace e nel contempo assicurare la sostenibilità economica dello stesso sistema sanitario regionale.

     Diviene quindi obiettivo prioritario che il finanziamento del PSR 2003-2005 garantisca le risorse necessarie per la realizzazione degli obiettivi di salute e assistenziali in esso previsti e si introducano meccanismi allocativi delle stesse risorse tali da consentire di superare gli squilibri fino ad ora registrati.

     Risorse finanziarie certe, disponibili e sufficienti da una parte, e introduzione di adeguati strumenti allocativi e di governo della spesa sanitaria dall'altra, risultano pre-condizioni indispensabili per il soddisfacimento dei bisogni sanitari e socio-sanitari dei cittadini calabresi e per assicurare agli stessi, uniformemente sul territorio regionale, possibilità di accesso alle risorse finanziarie disponibili e quindi alle prestazioni, ai servizi e alle attività del sistema sanitario regionale.

     In sintesi, risorse finanziarie certe, disponibili e sufficienti, e strumenti allocativi e di governo della spesa sanitaria adeguati ed efficaci, sostanziano le due pre-condizioni indispensabili per la concreta realizzabilità del presente PSR e consentono, tra l'altro, di superare il maggiore ostacolo cui è riconducibile la non attuazione delle disposizioni contenute nel precedente PSR 95/97 che di fatto non era sostenuto da adeguati finanziamenti e da efficaci meccanismi allocativi delle risorse finanziarie.

     Occorre, inoltre, considerare che oggi l'obiettivo della compatibilità economica del sistema sanitario regionale, è tanto più indispensabile se si tiene conto dei nuovi scenari, che il federalismo fiscale da una parte e la devoluzione dall'altra, disegneranno nel prossimo futuro.

 

Le risorse finanziarie disponibili per il triennio 2004 - 2006

     Il triennio di vigenza del PSR inizia con prospettive più favorevoli rispetto al passato e con finanziamenti predefiniti ed incrementati. Nell'Accordo Stato-Regioni dell'agosto 2001, infatti, il Governo, oltre a rideterminare il finanziamento del S.S.N., ha riconosciuto la tendenziale sottostima del FSN e per la prima volta ha assunto l'impegno ad attestare il finanziamento del S.S.N. al 6% del PIL.

     Le risorse complessivamente destinate al S.S.N., allo stato, risultano definite, al lordo delle quote di accantonamento, in 77.532 milioni di euro per l'anno 2003 e in 80.501 milioni di euro per l'anno 2004; non risultano ancora definite le risorse per l'anno 2005 che prudenzialmente possono essere quantificate nella misura di 83.319 milioni di euro e in ogni caso in misura non inferiore al 2004.

     Le quote di accesso della Regione Calabria a detti finanziamenti, per il triennio considerato e al lordo delle quote di accantonamento, risultano essere definite per come di seguito indicato:

     - Anno 2004 - 2.783 milioni di euro

     - Anno 2005 - 2.880 milioni di euro (ancora da definire e comunque non inferiore al 2004)

     - Anno 2006 - ancora da definire e comunque non inferiore al 2005.

 

Sistema di finanziamento

     Il finanziamento delle Aziende del S.S.R. deve assicurare disponibilità di risorse e prestazioni in grado di garantire i livelli uniformi e appropriati di assistenza. A tal fine, in particolare, sono individuati i seguenti criteri:

     - finanziamento sulla base della quota capitaria per popolazione residente e per livelli essenziali di assistenza, eventualmente integrata da opportuni correttivi;

     - finanziamento delle attività tariffabili a prestazione (attività di ricovero e attività di specialistica ambulatoriale) dei soggetti erogatori pubblici e privati nel rispetto dei tetti massimi di spesa annualmente stabiliti dal governo regionale;

     - finanziamento delle attività e delle funzioni non tariffabili delle aziende;

     - finanziamento specifico di progetti obiettivo nazionali e regionali.

     La scelta della allocazione delle risorse nell'ambito del sistema sanitario regionale è ispirata ai seguenti princìpi e finalità generali:

     - garantire la sostenibilità finanziaria del Servizio Sanitario Regionale nel suo complesso;

     - incentivare l'impiego efficiente ed efficace delle risorse disponibili;

     - promuovere e realizzare l'appropriatezza nell'utilizzo delle prestazioni e attività ricomprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza;

     - assicurare criteri di finanziamento trasparenti, certi ed accompagnati da supporti di legittimazione adeguati;

     - incoraggiare la diversificazione produttiva e lo sviluppo coordinato di attività di eccellenza e di specializzazione;

     - aumentare il grado di flessibilità del servizio sanitario per meglio corrispondere ai bisogni dei cittadini.

     L'attivazione di specifiche strutture e/o servizi previsti negli obiettivi di salute e, più in generale, nel presente P.R.S., è possibile solo previa specifica istruttoria da parte delle competenti strutture regionali circa la disponibilità di risorse finanziarie adeguate ovvero sulla fattibilità senza aggravio di spesa per il S.S.R.

 

Il riequilibrio delle risorse per livelli di assistenza

     L'analisi della spesa regionale relativa agli anni più recenti con riferimento ai tre macro livelli di assistenza evidenzia che:

     - l'attività di prevenzione assorbe ancora risorse in misura significativamente inferiore (mediamente 3,5%) rispetto allo standard di riequilibrio programmato al 5%;

     - la spesa per l'assistenza distrettuale rispetto allo standard di riequilibrio programmato al 49% è fortemente influenzata dalla componente relativa all'assistenza farmaceutica che da sola, allo stato, assorbe mediamente il 19% delle risorse destinate all'assistenza distrettuale;

     - l'elemento di maggiore criticità è rappresentato dalla spesa per il livello dell'assistenza ospedaliera, che assorbe risorse in misura notevolmente superiore (mediamente 52%) allo standard di riequilibrio programmato dal presente PSR al 46%.

     In considerazione del programmato processo di deospedalizzazione di cui al presente PSR e della conseguente allocazione di minori risorse alla funzione ospedaliera da destinare invece alla funzione territoriale si fissa il seguente obiettivo per il triennio:

 

Funzione

Obiettivo

Funzione territoriale (distrettuale e prevenzione)

54%

Funzione ospedaliera

46%

 

     Il modello di allocazione delle risorse nell'ambito del S.S.R. è orientato a favorire l'attuazione delle scelte definite nel P.R.S. ed il perseguimento di maggiori livelli di efficienza ed equità nel loro impiego. La distribuzione intra-regionale delle risorse deve rispondere, pertanto, all'obiettivo di garantire sul territorio regionale l'accessibilità alle prestazioni previste nei livelli essenziali di assistenza, secondo criteri di appropriatezza ed efficacia, e di favorire l'attuazione delle azioni prioritarie individuate dalla programmazione regionale di cui al presente P.R.S.

     Fermo restando l'obiettivo del riequilibrio territoriale della distribuzione delle risorse per quota capitaria di cui al paragrafo precedente, ai fini dell'obiettivo di riequilibrio delle risorse per livelli di assistenza, nella tabella che segue, si riportano percentuali di finanziamento del FSR per ciascuno dei Livelli Essenziali di Assistenza nel periodo 2004-2006, al netto delle risorse trattenute dalla Regione per finanziamenti diretti (progetti obiettivo, oneri per disposizioni legislative, ecc.).

     La Giunta regionale, pertanto, tenuto conto dell'andamento effettivo della spesa sanitaria fissa le percentuali di riparto del FSR.

 

Fattori economico-finanziari e loro incidenza sulla programmazione del riequilibrio

     Occorre tenere conto e considerare che "fattori indipendenti" e "fattori dipendenti" dalle politiche regionali possono incidere sulla programmazione finanziaria delle risorse per la sanità.

     1. Fattori indipendenti dalle politiche regionali

     - il fondo sanitario nazionale potrebbe essere rideterminato e quindi potrebbero modificarsi le condizioni base su cui si è determinata la quantità di risorse disponibili per la Regione Calabria;

     - ridefinizione della quota di accesso al fondo sanitario nazionale da parte della Regione Calabria, quindi variazioni delle risorse disponibili, specie in relazione all'andamento demografico della popolazione anziana e delle nascite.

     2. Fattori dipendenti dalle politiche regionali

     - Trend delle entrate proprie delle Aziende;

     - Ticket farmaceutici che possono modificare in modo significativo la spesa regionale e anche i consumi dei farmaci;

     - Individuazione delle modalità più opportune per realizzare gli specifici obiettivi di piano e il correlato contenimento della spesa sanitaria specie per le aree dove si devono attuare interventi di ristrutturazione, riconversione e riqualificazione.

 

Relazione tra la programmazione del riequilibrio e il riparto annuale del FSR

     La quota capitaria, gradualmente riequilibrata, e il finanziamento per livelli di assistenza costituiscono il riferimento per il riparto annuale delle risorse che diventa la sede di attuazione e verifica della sostenibilità economico-finanziaria e degli obiettivi sopra descritti.

     Nell'Atto annuale di indirizzo, che definisce la programmazione sanitaria ed adottato dalla Giunta regionale:

     - è attuato il processo di riavvicinamento delle quote capitarie definendo e valutandone la velocità al fine di non generare squilibri nel sistema;

     - viene definito il finanziamento per i livelli essenziali di assistenza;

     - si definiscono le regole di carattere economico-finanziario che consentono la governabilità del sistema ivi compresi la determinazione dei tetti massimi di spesa sostenibile per attività ospedaliera, specialistica ambulatoriale, assistenza residenziale e semi-residenziale, il finanziamento diretto delle funzioni non tariffabili, nonché la distribuzione di risorse disponibili per i progetti obiettivo.

 

Gli investimenti e le correlate risorse per la realizzazione degli obiettivi di piano

     La politica degli investimenti ed il rinnovamento tecnologico devono essere contestualizzati in un quadro più ampio di prospettive strategiche e di vincoli economici sviluppandosi, rispetto ad una programmazione dell'offerta basata sulla definizione dei livelli assistenziali, l'individuazione delle strutture necessarie e pertinenti a ciascuno dei livelli assistenziali definiti, l'ubicazione sul territorio di queste strutture sulla base della distribuzione del bisogno assistenziale e di considerazioni logistiche, sfruttando le possibili sinergie operative e tenendo conto dei vincoli esistenti.

     In relazione a quanto si prospetta per la rimodulazione del S.S.R. è necessaria una prioritarizzazione degli interventi puntando sostanzialmente:

     - al ridimensionamento ed alla riqualificazione della rete ospedaliera, in una logica di rinnovamento tecnologico ed alberghiero consono ai bisogni della popolazione ed all'evoluzione delle tecnologie, nonché di continuità rispetto al territorio;

     - alla riqualificazione della rete dei presidi territoriali, quale elemento aggregante della continuità assistenziale, luogo dell'integrazione tra interventi sociali e sanitari.

     Ciò avendo a riferimento, per un verso, l'obbligatorio adeguamento ai requisiti minimi di cui al D.P.R. 14 gennaio 1997 e, per l'altro, l'esigenza di diversificare l'offerta secondo più attuali acquisizioni tecnico-scientifiche.

     Coerentemente con quanto espresso nel presente documento costituiscono obiettivi prioritari delle politiche degli investimenti nella Regione:

     - il completamento della razionalizzazione della rete ospedaliera, con particolare riguardo al potenziamento delle strutture finalizzate ai servizi della rete dell'emergenza-urgenza ed al centro traumatologico;

     - il completamento ed il potenziamento della rete delle strutture territoriali, garantendo anche l'integrazione dei servizi territoriali con i programmi di cura per i malati in fase terminale, con particolare riferimento ai malati oncologici;

     - il rinnovamento ed il potenziamento della dotazione tecnologica esistente con particolare riferimento al settore dell'oncologia;

     - l'adeguamento delle strutture e delle tecnologie alla normativa vigente in materia di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi di cui al D.P.R. 14 gennaio 1997;

     - l'adeguamento delle strutture e delle tecnologie alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro;

     - la realizzazione delle Residenza Sanitarie Assistenziali.

     L'allineamento delle strutture regionali agli standard previsti dalle normative ed il rinnovamento tecnologico, indispensabili per garantire qualità tecnica e migliorare l'efficacia delle attività sanitarie, richiedono un notevole sforzo economico ed il contestuale sviluppo da parte della Regione e delle Aziende di migliori capacità valutative e progettuali. D'altro canto, i processi di adeguamento già attivati soffrono di lentezze procedurali che, talvolta, rischiano di pregiudicare i risultati in termini di congruità rispetto ai bisogni emergenti, relativamente alle quali occorre perseverare nelle iniziative di semplificazione già intraprese ed, al tempo stesso, innovare procedure, attivare meccanismi di concertazione preventiva con i diversi soggetti coinvolti, potenziare l'operatività sia a livello regionale, che locale.

     Sul versante dei finanziamenti, considerato che i finanziamenti pubblici non sono sufficienti a supportare un cambiamento veloce che oggi è ormai diventato necessario portare a compimento, occorre valutare la possibilità di promuovere l'ingresso di capitale privato.

     L'apporto di investitori privati deve essere incardinato rispetto ad una strategia complessiva della quale la Regione deve assumere la leadership in quanto titolare delle funzioni di indirizzo nei riguardi delle Aziende del S.S.R. e garante della finalizzazione degli interventi agli obiettivi del S.S.R., ma anche soggetto in grado di fornire all'investitore privato garanzia più adeguata.

     La vetustà del parco tecnologico delle strutture sanitarie della Regione è sovrapponibile alla media nazionale; per tale motivo occorre sviluppare programmi di rinnovamento tecnologico che puntino a migliorare l'efficienza e la qualità dei servizi e a ridurre i tempi di attesa.

     La dotazione tecnologica delle strutture sanitarie, siano esse presidi ospedalieri, siano esse strutture territoriali quali consultori, poliambulatori, o altri presidi territoriali, contribuisce in buona misura al buon funzionamento delle stesse, sia in termini di quantità delle prestazioni rese, che in termini di qualità di erogazione delle stesse.

     E’ noto, infatti, che l'erogazione di una qualsiasi prestazione sanitaria si avvale, oltre che delle conoscenze del professionista sanitario, anche dell'apporto specifico e delle "informazioni" che lo stesso può o vuole ricevere dalle tecnologie al servizio della medicina in genere.

     Tecnologie superate causano la produzione di risultati che possono avere effetti negativi sia in termini diagnostici e terapeutici, che in termini economici. E’ d'altro canto importante sottolineare quanto incidano nella erogazione "tecnologica" la qualità delle attrezzature e la loro numerosità.

     I due aspetti di quantità e di qualità costituiscono le dimensioni alla base della valutazione della dotazione strumentale dei diversi presidi in relazione al fabbisogno prestazionale che sono chiamati a soddisfare.

     Un ulteriore parametro fondamentale nella pianificazione della dotazione tecnologica delle strutture è la compatibilità e coerenza delle stesse rispetto all'organizzazione del lavoro: infatti, all'introduzione di tecnologie anche sofisticate deve corrispondere la capacità di utilizzazione e di integrazione delle stesse nel processo produttivo.

     Sotto la spinta di un numero crescente di ricerche, di una rapida e diffusa circolazione delle conoscenze, nonché di una internazionalizzazione dei mercati, vengono, infatti, messi a punto e resi potenzialmente disponibili sempre nuovi prodotti che ampliano, oltre che innovano, le possibilità di intervento.

 

Governo della spesa sanitaria

 

Aspetti generali e linee di indirizzo

     Con l'Accordo Stato Regioni dell'8 agosto 2001, nel quadro di un rinnovato patto di stabilità interna, è stato sancito il principio della piena e diretta responsabilità delle Regioni riguardo la tutela della salute dei propri cittadini, da garantire mediante una corretta gestione del Servizio Sanitario in condizioni di equilibrio economico.

     Le Regioni sono ormai direttamente responsabili di fronte ai cittadini per l'andamento della spesa sanitaria, essendo chiamate a sostenere gli eventuali disavanzi del S.S.R. ricorrendo ad un maggior concorso al finanziamento da parte dei cittadini, in termini di maggiore prelievo fiscale o compartecipazione diretta al costo delle prestazioni sanitarie consumate.

     Da qui la centralità del governo della spesa sanitaria da realizzare, oltre che con le azioni, gli interventi e gli strumenti già previsti nei precedenti capitoli del presente P.R.S. per i diversi settori di attività ai quali si rimanda, anche attraverso l'applicazione generalizzata delle azioni e degli strumenti contenuti nelle linee di indirizzo di seguito riportate e che, adeguatamente utilizzati, concorrono a garantire l'equilibrio finanziario e la sostenibilità economica del S.S.R.

     Nell'Atto annuale d'indirizzo approvato dalla Giunta regionale sono fissati gli obiettivi da raggiungere da parte dei Direttori Generali delle Aziende del S.S.R.

 

Azioni e strumenti per il governo della spesa sanitaria

 

ACCORDI E CONTRATTI

     La relazione tra il sistema di tutela della salute e il sistema di offerta di prestazioni sanitarie, trova idoneo strumento regolatore e di governo della relativa spesa nei piani annuali preventivi delle attività e nella stipula dei correlati accordi e contratti.

     Le Aziende Sanitarie sono obbligate a stipulare gli accordi contrattuali sulla base della programmazione dei fabbisogni di salute di ciascun territorio e ad applicare le tariffe massime determinate dalla Giunta regionale. Tariffe inferiori potranno essere corrisposte esclusivamente sulla base di valutazioni comparative della qualità e dei costi rilevati su contabilità analitica. Il possesso dell'accreditamento di cui all'art. 8 bis del D.Lgs. 502/92 e s.m.i. costituisce condizione indispensabile per l'ammissione alla stipula degli accordi contrattuali; la conclusione degli accordi contrattuali avviene a seguito di valutazione comparativa tra le offerte dei soggetti accreditati.

     In questa prospettiva gli accordi e contratti tra le Aziende Sanitarie e le strutture erogatrici pubbliche e private concretizzano indispensabili momenti di raccordo tra le componenti del sistema finalizzati a ricercare:

     - Una pianificazione interaziendale negoziata.

     - La risoluzione preventiva di potenziali conflitti.

     - Forme di integrazione nell'erogazione dell'assistenza e nella costruzione di percorsi terapeutici.

     - Forme di condivisione delle risorse ed economie di scala.

     - Una comune responsabilizzazione sull'utilizzo delle risorse disponibili.

     Deve essere, infine, particolarmente enfatizzata la funzione di garanzia della qualità ed appropriatezza delle prestazioni sanitarie erogate che lo strumento degli accordi e dei contratti è chiamato ad assicurare.

 

AUTORIZZAZIONE

     All'autorizzazione si provvede con le stesse modalità e procedure previste per l'accreditamento, sulla base del possesso dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi previsti dalla normativa vigente e tenuto conto delle effettive carenze che si riscontrano negli ambiti territoriali delle aziende sanitarie in relazione ai fabbisogni di prestazioni e attività sanitarie programmate dal presente P.R.S.

     Nei limiti del fabbisogno, è consentito, nell'ambito dello stesso Comune, il trasferimento in altra sede delle strutture già autorizzate ovvero accreditate sempre che permanga il possesso dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni, previa attestazione di carenza da parte dell'azienda sanitaria competente. E’, altresì, consentita la fusione di più soggetti già accreditati sempre che permanga il possesso dei requisiti [18].

     In tale contesto va ricordato che l'autorizzazione costituisce condizione fondamentale, nel sistema delineato dalla legislazione vigente, per richiedere l'accreditamento e che la stipula degli accordi e contratti è condizione indispensabile per la remunerazione delle prestazioni con oneri a carico del S.S.R.

     Va inoltre ricordato che tutto il sistema dei soggetti erogatori, in attesa della formalizzazione dell'accreditamento istituzionale, non operante ancora nella maggioranza delle Regioni Italiane, opera con modalità provvisorie (accreditamento provvisorio), fatto questo necessario al fine di non determinare squilibri nel sistema storico di erogazione delle prestazioni.

 

L'ACCREDITAMENTO

     Nella prospettiva della disciplina definitiva di tale istituto in attesa della emanazione dell'atto di indirizzo e coordinamento previsto dall'art. 8 quater del D.Lgs. 229/1999, appare opportuno sviluppare indirizzi in materia che superino lo stato normativo esistente, motivo di frequenti difficoltà nelle procedure seguite e nella regolamentazione del rapporto di competizione fra strutture pubbliche e private.

     Premesso che nell'accreditamento si individua un processo diretto a:

     - accertare la rispondenza a requisiti minimi strutturali, tecnologici, organizzativi, gestionali;

     - accertare la capacità di soddisfare determinati livelli di assistenza;

     - costituire una garanzia della qualità dell'offerta e dell'appropriatezza dell'uso delle risorse;

     - regolare l'accesso delle strutture e professionisti nell'organizzazione del servizio sanitario pubblico;

     - accertare il permanere nel tempo della rispondenza, della capacità e della garanzia sopraindicate.

     Si definisce accreditamento istituzionale "l'atto attraverso il quale, a conclusione di un procedimento valutativo, le strutture autorizzate, pubbliche e private, e i professionisti che ne facciano domanda acquisiscono lo status di soggetto idoneo ad erogare prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per conto del servizio sanitario regionale".

     Condizioni per l'accreditamento istituzionale sono:

     a) il possesso dell'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie;

     b) la rispondenza delle attività per le quali viene richiesto l'accreditamento agli indirizzi e obiettivi della programmazione sanitaria;

     c) la compatibilità delle attività medesime con i livelli essenziali di assistenza ed il fabbisogno di prestazioni definiti dalla Regione;

     d) il possesso di ulteriori requisiti di qualificazione rispetto a quelli previsti per l'esercizio dell'attività, relativi alla qualità del sistema organizzativo, alla qualità tecnico professionale, alle aspettative della utenza;

     e) l'attività svolta con risultati clinici, organizzativi e gestionali positivi in relazione all'accreditamento richiesto;

     f) il possesso dei crediti formativi acquisiti in sede di ECM e la sussistenza di requisiti basati sulla esperienza professionale ( solo per l'accreditamento dei professionisti);

     g) l'esercizio di attività professionale nella disciplina specifica per un periodo non inferiore al biennio negli ultimi cinque anni precedenti la richiesta di accreditamento (solo per l'accreditamento dei professionisti).

     Ai fini di quanto sopra, in via transitoria per la durata del presente piano, vengono definiti i seguenti requisiti ulteriori di organizzazione, tecnico-professionali e di aspettativa dell'utenza:

     A. Organizzazione

     - la denominazione del presidio e delle attività svolte deve essere tale da identificare chiaramente sia la natura pubblica o privata della struttura che la tipologia sanitaria o socio-sanitaria delle attività effettuate;

     - l'organizzazione deve specificare per ogni struttura da cui è composta le attività o prestazioni eseguite direttamente e quelle eseguite indirettamente, con indicazione delle procedure seguite per l'erogazione delle prestazioni tariffate con compartecipazione a carica del cittadino e delle ulteriori prestazioni a totale carico dello stesso;

     - la struttura deve disporre di un piano di attività che indichi o documenti:

     * le attività esercitate o praticate;

     * il volume delle attività di cui richiede l'accreditamento nei limiti degli standard di fabbisogno definiti dalla programmazione sanitaria regionale; le modalità organizzative;

     * i tempi di realizzazione;

     * le risorse umane e professionali utilizzate;

     * le risorse tecnologiche ed i servizi disponibili con rispettive caratteristiche tecniche e modalità di acquisto;

     * il bilancio preventivo o altro strumento contabile relativo all'anno della richiesta dell'accreditamento;

     * le risultanze del bilancio di esercizio dell'anno precedente a quello di richiesta dell'accreditamento;

     - la struttura deve disporre di un sistema di contabilità che consenta l'analisi ed il controllo della formazione dei costi;

     - la struttura deve disporre di un piano di manutenzione programmata delle opere civili ed impiantistiche con individuazione del responsabile degli interventi previsti;

     - la disponibilità delle risorse tecnologiche, strutturali, di materiale sanitario e di consumo, di dispositivi medici deve essere compatibile con le indicazioni del piano di attività e risultare da apposito elenco. Per ogni apparecchiatura deve essere specificata la tipologia, la data di costruzione, il produttore;

     - deve risultare garantita la presenza, il funzionamento e l'utilizzazione degli apparecchi vitali in caso di emergenza e di guasto;

     - la documentazione tecnica relativa alle singole apparecchiature, obbligatoriamente fornita al momento dell'acquisto deve essere a corredo dello strumento e resa disponibile al responsabile della manutenzione. Tutti gli interventi di manutenzione delle apparecchiature biomediche devono essere documentati da un rapporto tecnico dettagliato;

     - lo stato di sicurezza delle apparecchiature deve essere documentato secondo la normativa in vigore, nonché documentato e reso noto ai diversi livelli operativi attraverso l'esito delle verifiche periodiche di sicurezza e gli eventuali adeguamenti effettuati;

     - deve essere assicurata la gestione della documentazione secondo un sistema che ne consenta la classificazione, l'identificazione, la rintracciabilità, la riproducibilità e l'individuazione del destinatario;

     - deve essere garantita la condizione operativa per l'assolvibilità del debito informativo secondo i tempi e le modalità stabilite dalla Regione;

     - l'accesso alle prestazioni deve garantire modalità d'individuazione della mobilità intraregionale ed interregionale.

     B. Tecnico-professionali

     - deve essere indicato il personale addetto a tempo indeterminato o determinato, nominativamente individuato, l'attività prestata, le responsabilità;

     - la presenza del personale deve essere rapportata alla tipologia, al volume di attività e alla complessità delle patologie trattate;

     - l'erogazione delle prestazioni deve essere garantita nel rispetto delle incompatibilità previste dalla normativa vigente in materia di rapporto di lavoro del personale dipendente e convenzionato operante per il servizio sanitario nazionale;

     - in coerenza con la legge regionale n. 11/2001, deve essere stato redatto un piano per il miglioramento continuo della qualità che indichi obiettivi, strategie, impegni e destinazione di risorse per la sua realizzazione;

     - nei presidi di ricovero devono essere effettuati i seguenti programmi:

     - valutazione dell'appropriatezza dei ricoveri;

     - buon uso del sangue, emocomponenti ed emoderivati;

     - razionale utilizzazione dei farmaci attraverso l'uso del prontuario terapeutico regionale;

     - monitoraggio degli eventi indesiderati e delle disfunzioni;

     - sorveglianza delle infezioni ospedaliere e delle piaghe da decubito, con individuazione delle figure professionali responsabili (anche nelle strutture residenziali);

     - i presidi di ricovero e le strutture residenziali, oltre alla cartella clinica, devono utilizzare la cartella infermieristica;

     - i presidi che erogano prestazioni ambulatoriali devono applicare programmi per la valutazione della appropriatezza delle stesse;

     - i laboratori di analisi devono prevedere l'elenco degli esami eseguiti, attività di controllo di qualità interno ed esterno, la presenza di manuali delle procedure diagnostiche attuate;

     - la struttura deve disporre di linee-guida, protocolli e regolamenti interni scritti, confermati o aggiornati da non più di tre anni;

     - deve essere pianificata e documentata la realizzazione dell'aggiornamento professionale del personale medico e non medico secondo la metodologia della formazione continua;

     C. Aspettativa dell'utenza

     - tutti i dati e le informazioni prodotte devono essere utilizzate e diffuse tutelando la riservatezza dei dati personali;

     - la struttura deve possedere una carta dei servizi contenente le informazioni essenziali per l'utente;

     - deve essere garantita la tutela dei cittadini definendo modalità di presentazione e gestione dei reclami, segnalazioni e suggerimenti da parte degli utenti e delle associazioni rappresentative di tutela e volontariato;

     - la struttura deve individuare un referente addetto ai rapporti con il pubblico;

     - tutto il personale deve essere munito di apposito tesserino di riconoscimento allo scopo di consentire l'identificazione dell'operatore;

     - la struttura deve garantire la privacy dell'utente durante l'intero processo di erogazione delle prestazioni.

     Le condizioni ed i requisiti di accreditamento devono essere rispettati dai soggetti richiedenti pubblici e privati. L'accreditamento ha validità triennale dalla data di adozione del relativo provvedimento ed è rinnovabile. I soggetti già accreditati devono adeguarsi, a pena di decadenza, ai requisiti ulteriori di accreditamento nei primi due anni di vigenza del P.R.S.

     All'accreditamento si provvede con determinazione non delegabile del Dirigente Generale del Dipartimento Sanità. La domanda di accreditamento deve essere presentata al Dipartimento Sanità, su apposito modulo definito dal competente settore del Dipartimento. Il competente settore del Dipartimento si avvale per l'istruttoria delle strutture delle aziende del servizio sanitario regionale e deve concludere il procedimento entro il termine massimo di 120 giorni, al quale va sommato il termine di 90 giorni per le verifiche ed i controlli tecnici effettuati dall'azienda interessata.

     Al termine dell'istruttoria, il Dirigente del competente settore, valutati i risultati e la documentazione di istruttoria, formula i seguenti giudizi:

     - accreditabile;

     - non accreditabile.

     Presso il Dipartimento Sanità è istituito il registro delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate. Il Registro deve contenere dati che consentano:

     - la identificazione delle strutture accreditate;

     - di classificare le strutture sulla base della tipologia delle attività sanitarie e socio-sanitarie accreditate;

     - raccogliere ed archiviare i provvedimenti amministrativi riguardanti ciascuna struttura accreditata in ogni fase della sua evoluzione.

     Per la determinazione di ulteriori requisiti di accreditamento si provvede con deliberazione della Giunta regionale, previa costituzione di un apposito gruppo di lavoro presso il settore Competente, coordinato dal dirigente del settore medesimo, di cui fanno parte anche due rappresentanti designati dalle associazioni di appartenenza delle strutture accreditate.

     Per le finalità di cui al presente P.R.S. ed alto scopo di realizzare la riduzione dei posti letto per acuti, in deroga alla disciplina prevista nel presente P.R.S., è consentita la trasformazione dell'accreditamento di posti letto per acuti in posti letto di lungodegenza e riabilitazione; solo in tali ipotesi e con le stesse modalità è altresì consentito l'accreditamento dei posti letto allo stato autorizzati, nel limite del 50% degli stessi.

     In fase di prima applicazione del P.R.S., considerata la carenza nel territorio di strutture residenziali RSA/M, in deroga alla disciplina prevista nel presente P.R.S., nei limiti del fabbisogno individuato e per la durata massima di un anno, le strutture sopra individuate sono autorizzate ed accreditate sulla base della disciplina e con le modalità previgenti; al fine di consentire gli interventi riabilitativi previsti dal presente P.R.S., all'interno di tali strutture, e con le stesse modalità di cui sopra, possono essere autorizzati ed accreditati moduli dedicati alla riabilitazione estensiva. Sono in ogni caso autorizzate ad esercitare le strutture realizzate con i fondi di cui all'art. 20 della legge 67/88 e gestite in forma diretta dalle Aziende Sanitarie.

     Nei limiti del fabbisogno, sono fatte salve, secondo le modalità preesistenti, le autorizzazioni e gli accreditamenti delle strutture finalizzate alla tutela della salute mentale. Il fabbisogno di residenzialità è individuato nel rapporto percentuale dello 0,30 per mille abitanti su base complessiva regionale. Il riferito fabbisogno è comprensivo dei posti letto attualmente accreditati presso le case di cura neuropsichiatriche i quali, nel limite del 50% dell'attuale dotazione, dovranno essere riconvertiti, entro 18 mesi dall'approvazione della presente legge, secondo la tipologia individuata nella direttiva approvata dalla Giunta regionale con delibera n. 477 del 13/7/2004, a pena di decadenza della relativa autorizzazione. Nei limiti del fabbisogno pari a 3,25 posti ogni mille abitanti su base complessiva regionale, con le modalità previste dalla legge preesistente, possono essere autorizzate ed accreditate senza limiti territoriali strutture finalizzate alla riabilitazione estensiva territoriale e domiciliare [19].

 

Le sperimentazioni gestionali

     Secondo quanto previsto dall'art. 9 bis del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni, la Regione potrà autorizzare progetti di sperimentazione gestionale da elaborare ed attuare su iniziativa di enti sanitari e socio-assistenziali, attraverso forme di collaborazione pubblico-privato, anche mediante la costituzione di nuovi soggetti.

     Il progetto di sperimentazione dovrà essere coerente con gli obiettivi e le priorità della programmazione sanitaria nazionale e regionale e dovrà altresì essere finalizzato:

     - al contenimento della spesa sanitaria;

     - al miglioramento della efficienza e della qualità dell'assistenza;

     - alla riqualificazione delle strutture sanitarie;

     - al riequilibrio, anche su base territoriale, delle diverse tipologie di assistenza sanitaria e socio-assistenziale;

     - alla riduzione progressiva della mobilità sanitaria, anche instaurando idonee forme di collaborazione con strutture sanitarie di eccellenza, verso le quali si rivolge la domanda di assistenza da parte di cittadini della Regione.

     Particolare attenzione, a tal fine, sarà riservata a progetti diretti alla realizzazione di una rete integrata di servizi sanitari e sociali per la non autosufficienza.

     Ove il progetto di sperimentazione preveda la istituzione di un nuovo soggetto, nel definire la composizione dello stesso e la rappresentanza al suo interno di soggetti impegnati nella sperimentazione, si terrà conto della rilevanza, sotto il profilo sociale, socio-sanitario, sanitario e finanziario, dell'apporto dei diversi soggetti alla elaborazione ed attuazione del progetto.

     L'eventuale apporto finanziario da parte della Regione alla realizzazione della sperimentazione e la definizione delle modalità di finanziamento dell'attività sanitaria oggetto del progetto, saranno definiti in funzione della rilevanza del progetto stesso, tenendo conto dei previsti risultati positivi per il Servizio Sanitario Regionale e delle ricadute sociali, nonché della necessità di assicurare, per la durata della sperimentazione, l'equilibrio economico-finanziario della sperimentazione stessa; questa dovrà comunque assicurare, a regime, la realizzazione di economie di spesa.

     La Regione, sulla base di un progetto di massima presentato dal soggetto promotore della sperimentazione, valuterà preventivamente la congruità del progetto, che dovrà essere elaborato in forma definitiva e approvato dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, prima dell'avvio della sperimentazione.

     Allo svolgimento della sperimentazione sovrintenderà il Dipartimento Sanità, eventualmente coadiuvato, ove la complessità e rilevanza del progetto di sperimentazione lo richiedesse, da un apposito organismo di monitoraggio, composto pariteticamente da rappresentanti dei diversi soggetti impegnati nella sperimentazione.

     Tale organismo svolgerà una funzione di monitoraggio del processo, fornendo all'Assessore relazioni periodiche sull'andamento dello stesso e, a conclusione di questa, esprimendo una valutazione dei risultati conseguiti, anche ai fini della adozione dei provvedimenti conseguenti.

 

Gestione e sviluppo delle risorse umane

     Con gli indirizzi di programmazione sanitaria annuale e nell'ambito dell'Atto Aziendale sono definite disposizioni in materia di controllo, di gestione del sistema budgetario nonché di gestione e sviluppo delle risorse umane, di sviluppo continuo della professionalità, di formazione continua, in coerenza con le finalità e gli obiettivi del presente P.R.S.

     Il personale medico utilizzato nelle Aziende Ospedaliere, per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente P.R.S., dovrà di norma essere in possesso di regolare rapporto di dipendenza con il S.S.R.

     In materia di formazione e sviluppo continuo della professionalità la Giunta regionale promuove iniziative di ricerca, formazione e valutazione della organizzazione dei servizi sanitari e dell'assistenza sanitaria, in collaborazione con Enti e istituzioni specializzate, di carattere nazionale od internazionale, anche attraverso specifiche sperimentazioni gestionali.

     La Giunta regionale individua adeguate forme di partecipazione degli ordini, dei collegi professionali e delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale alla programmazione ed alla organizzazione dei programmi regionali per la formazione continua, con la collaborazione dell'Università.

 

Sistema informativo sanitario regionale

     L'esigenza di conciliare la crescente domanda di qualità del Servizio Sanitario e quindi delle aspettative dei cittadini nel confronti della sanità pubblica, con l'obiettivo del contenimento della spesa e il controllo dei costi determina la necessità di un utilizzo integrato (sanitario, amministrativo e gestionale) dell'informatica, adeguata a supportare le attività di governo strategico delle aziende e del sistema nel suo complesso.

     La strategia di conseguimento dei suddetti obiettivi prevede:

     - la creazione di un sistema a rete attento alle compatibilità tra le risorse impiegate e quelle disponibili;

     - l'implementazione di più efficaci strumenti di controllo della spesa concernente gli aspetti strutturali, organizzativi e tecnico professionali;

     - una maggiore integrazione tra i diversi attori del processo di diagnosi, cura, riabilitazione e assistenza che incrementi il tasso dell'appropriatezza e dell'efficienza;

     - un facile accesso dei cittadini all'offerta dei servizi del Sistema Sanitario;

     - una riduzione sostanziale dell'utilizzo di supporti e documenti cartacei.

     Il Sistema Informativo Integrato della Sanità Regionale sarà articolato su due livelli:

     - un livello aziendale, finalizzato alla gestione amministrativa ed al miglioramento dei servizi sanitari offerti dalle aziende stesse;

     - un livello Regionale, finalizzato alla programmazione, al controllo e ad un miglior rapporto con il cittadino/utente.

     Entrambi i livelli si sostanziano in una serie di interventi volti ad integrare su scala regionale i servizi erogati ed ottimizzarne la fruizione da parte di tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sanità pubblica compreso i cittadini.

     Gli interventi sono i seguenti:

     - connessione in rete di tutti gli operatori del settore coinvolti nella gestione della sanità pubblica (Assessorato, Aziende Sanitarie, presidi ospedalieri, medici di base, farmacie, centri convenzionati);

     - realizzazione di un portale internet per l'accesso unificato ai servizi erogati dalle Aziende Sanitarie (prenotazione prestazioni, scelta e revoca del medico di base, prenotazione ricoveri, consultazione referti ecc.);

     - costituzione presso il Dipartimento di un insieme di banche dati di supporto alle attività di tutti gli operatori del settore autorizzati;

     - integrazione dei sistemi di prenotazione delle prestazioni delle singole ASL al fine di realizzare il Centro Unificato di Prenotazione delle Prestazioni Regionale;

     - realizzazione di un sistema di Controllo Direzionale in grado di supportare le Direzioni del Dipartimento Sanità della Regione e gli amministratori delle Aziende nelle decisioni per il governo della spesa sanitaria sia a livello aziendale che regionale;

     - armonizzare gli investimenti e le scelte tecnologiche (hardware e software) in relazione ai miglioramenti dei processi gestionali dell'Azienda Regionale e delle Aziende Ospedaliere.

     Nella progettazione e realizzazione degli interventi suddetti si terrà conto di alcuni importanti vincoli: da una parte la salvaguardia degli investimenti già effettuati dalla Regione Calabria e dalle singole Aziende Sanitarie e ospedaliere, dall'altra degli aspetti organizzativi relativi, in particolare al personale delle Aziende Sanitarie preposto all'erogazione dei servizi stessi.

     Si realizzerà pertanto una nuova architettura del sistema di fruizione dei servizi in area Sanitaria che sia il meno possibile intrusiva nei confronti dei sistemi informativi esistenti, ma nello stesso tempo riutilizzi i loro contenuti informativi (le banche dati), procedendo anche alla loro integrazione per ottenere nuovi servizi a valore aggiunto.

     Tale architettura dovrà essere coerente con l'ormai diffusa tendenza di utilizzare modelli e strumenti di comunicazione del mondo WEB allo scopo di portare i servizi anche direttamente nelle case e negli studi professionali, limitando così l'intermediazione amministrativa ed innalzando qualitativamente compiti e mansioni del personale coinvolto.

     Al fine di governare questo nuovo processo di informatizzazione del settore, la Regione intende costituire, sul modello di Agenzia, un Centro Servizi Informativi per la Sanità Regionale funzionale a sostenere gli obiettivi prioritari di miglioramento della qualità del Servizio Sanitario e di razionalizzazione e contenimento della spesa.

     Il Centro Servizi Informativi Sanità Regionale avrà come compito quello di:

     - effettuare la gestione tecnico ed operativa dei sistemi HW e SW centrali sui quali risiederanno i sistemi informativi e le banche dati necessari per una più efficiente ed efficace erogazione dei servizi agli utenti del Servizio Sanitario regionale;

     - governare il processo di informatizzazione dei servizi sanitari in atto nelle aziende sul territorio finalizzando tutti gli interventi da esse effettuati al raggiungimento degli obiettivi descritti precedentemente;

     - definire gli standard tecnologici ed architetturali validi per la Sanità Regionale in piena coerenza con quanto previsto dai piani di e-government del Ministero dell'Innovazione Tecnologica;

     - dettare le linee guida per la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informativi utilizzati nella Sanità regionale;

     - sviluppare un modello di programmazione e controllo direzionale efficace per la direzione nella gestione di ogni Azienda e nella pianificazione e controllo complessivo del sistema sanità Regionale;

     con l'obiettivo di:

     - migliorare la qualità dei servizi da erogare ai cittadini ed agli altri operatori del settore;

     - rispettare l'autonomia di tutti i soggetti coinvolti (imprese private, aziende sanitarie, operatori, cittadini, ecc.);

     - garantire la sicurezza e la riservatezza dei dati;

     - perseguire una politica di sviluppo dell'intero Sistema Informativo Sanitario Regionale che miri al recupero ed alla integrazione di tutte le esperienze e prodotti attualmente utilizzati.

     Gli interventi previsti sono:

     A. Portale di Accesso ai Servizi Sanitari

     E’ fondamentale per il miglioramento della qualità dei servizi sanitari offerti ai cittadini l'interscambio di informazioni ai diversi livelli tra operatori della Sanità.

     Come enunciato nel Piano, gli obiettivi principali che si intendono perseguire per la ottimizzazione dell'offerta dei servizi sanitari ai cittadini sono quelli di:

     - favorire la interoperabilità e la cooperazione tra i diversi soggetti coinvolti nella gestione della sanità pubblica (Aziende sanitarie, presidi ospedalieri, assessorato, medici di base ecc.), rendendo possibile lo scambio informativo per via telematica tra di essi;

     - veicolare direttamente ai cittadini attraverso diversi strumenti di comunicazione dell'informazione un insieme di servizi telematici di carattere settoriale ed applicativo messi a disposizione dagli enti connessi alla rete;

     Al fine di raggiungere gli obiettivi citati risulta pertanto necessario:

     - connettere in rete tutti i soggetti delegati alla gestione del servizio sanitario Regionale;

     - realizzare una interfaccia unica di accesso ai servizi sanitari da parte dei cittadini.

     Tramite tale portale di accesso dovrà pertanto essere possibile:

     - ottenere informazioni sulla struttura organizzativa del Dipartimento Sanità e delle Aziende Sanitarie ed ospedaliere;

     - consultare tutte le informazioni inerenti alle attività svolte dai soggetti interessati alla Sanità Regionale;

     - ottenere informazioni sulle modalità di accesso ai servizi offerti;

     - accedere ai Servizi offerti del Dipartimento Sanità e delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere (carta dei servizi su Internet).

     B. Refertazione delle prestazioni

     Il presente progetto si propone di rendere disponibili i referti di laboratorio per i pazienti ed i loro medici curanti in tempo reale, attraverso utilizzo della rete informatica protetta regionale ed è finalizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

     - migliorare i tempi di consegna dei referti;

     - evitare i frequenti spostamenti degli utenti per il ritiro dei referti;

     - garantire la sicurezza e la riservatezza dei referti prodotti;

     - collaborare al processo di innovazione tecnologica del sistema sanitario integrandosi ai sistemi già attualmente disponibili ed agevolando la comunicazione tra i diversi sistemi di backoffice;

     - rafforzare il rapporto tra paziente e medico di medicina generale.

     C. Costituzione Banche dati Area Sanità

     Al fine di consentire una più agevole fruizione dei servizi informativi che verranno resi disponibili sul portale territoriale della Sanità, si prevede la costituzione di un insieme di banche dati nelle quali confluiranno tutte le informazioni provenienti dai sistemi informativi delle aziende coinvolte. La stessa costituirà la base dati sulla quale verranno successivamente costruite tutte le applicazioni del Sistema Informativo Regionale.

     D. Servizi unificati per la prenotazione delle prestazioni

     L'utente deve essere al centro di un sistema in grado di garantire il soddisfacimento dei bisogni di salute intesi come momenti prenotativi ed erogativi che tengano conto della diversa accessibilità e fruibilità di prestazioni sanitarie. In virtù di quanto previsto nel piano nazionale di e-Government vi è la necessità di erogare quattro servizi prioritari agli utenti che sono:

     - prenotazione prestazioni specialistiche e "fornitura" dei relativi referti;

     - prenotazione ricoveri ospedalieri;

     - prenotazione e risultati di analisi cliniche;

     - prenotazione ricoveri in assistenza residenziale e semiresidenziale.

     La soluzione prevede la federazione di tutti i sistemi di prenotazione presenti presso le aziende della Regione, costituendo in tal modo un sistema in grado di far accedere l'utente ai servizi offerti dalle Strutture Sanitarie, indipendentemente dalla loro dislocazione fisica.

     L'interazione tra i sistemi C.U.P. (Centro Unificato di Prenotazioni) delle diverse ASL da vita ad un unico C.U.P. Regionale in grado di gestire tutte le prenotazioni delle prestazioni erogabili dalle strutture sanitarie presenti sul territorio regionale, facilitandone l'accesso, divulgandone i servizi e le prestazioni disponibili, e consentendo una reale conoscenza dei bisogni sanitari e dei livelli di qualità espressi dalle strutture.

     La realizzazione del C.U.P. Calabria avviene attraverso la realizzazione di un piano di attività che prevede:

     - l'interconnessione di tutti i sottosistemi con realizzazione di un unico sistema di prenotazione in grado di gestire l'intera offerta sanitaria della Regione;

     - l'estensione della rete di accesso (anche attraverso il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta);

     - la sperimentazione di nuovi sistemi di pagamento;

     - la realizzazione di un sistema integrato di ADT e di gestione delle liste di attesa, in grado di fornire garanzie di trasparenza ed equità nell'accesso alle prestazioni e supportare, con informazioni attendibili sul rapporto domanda/offerta, le scelte di politica sanitaria in ambito ospedaliero.

     Tale tipo di implementazione non è invasiva e consentirà il riuso dei sistemi di prenotazione delle prestazioni presenti presso le ASL.

     E. Sistema per il controllo e monitoraggio

     L'obiettivo principale dell'intervento è di fornire un sistema di supporto alle decisioni per il governo della spesa sanitaria sia a livello locale che regionale. Il sistema prevede di:

     - pianificare e monitorare l'andamento economico-finanziario nonché quello delle prestazioni erogate ai cittadini in termini quantitativi e qualitativi;

     - migliorare l'efficienza gestionale delle strutture territoriali e del sistema sanitario regionale;

     - costruire un flusso informativo che sia in grado di alimentare il sistema di indicatori di efficienza e di qualità del Servizio Sanitario Regionale e Nazionale;

     - creare statistiche sanitarie relative agli assistiti, alle prestazioni erogate, al bacino di utenza da utilizzare per scopi di analisi epidemiologica e di programmazione di medio periodo delle strutture erogatrici sul territorio;

     - calcolare e monitorare le tariffe regionali per le prestazioni erogate agli assistiti.

     Gli obiettivi specifici che si vogliono perseguire sono:

     - creare un modello di comportamento gestionale uniforme e fornire un'unica metodologia di preventivazione e consuntivazione dei costi, sia a livello di strutture territoriali, che a livello regionale;

     - aumentare il livello di responsabilizzazione delle singole strutture e la sensibilizzazione alla gestione per obiettivi;

     - analizzare i costi ed i ricavi a livello locale, al fine di evidenziare i principali fattori gestionali da governare;

     - definire e sperimentare il sistema di gestione dei profili di cura, di calcolo e controllo delle tariffe a livello regionale;

     - effettuare a livello regionale, il monitoraggio degli indicatori sia economici che quali-quantitativi;

     - sviluppare un efficace sistema di reporting per gli organi di governo regionali e per le singole Aziende;

     - proseguire nel potenziamento del Sistema di Governo della Sanità, estendendo l'utilizzo del benchmarking quale strumento di valutazione delle politiche gestionali delle diverse Aziende.

     Gli interventi specifici riguardano:

     1. affinamento del processo di acquisizione dei dati, attraverso:

     - la realizzazione di strumenti che consentano l'estrazione automatizzata delle informazioni di sintesi relative al ciclo passivo a partire dai sistemi amministrativi attivati in base alle disposizioni normative della L.R. n. 43/96;

     - ulteriore standardizzazione del processo di rilevazione dei dati relativi al ciclo attivo o, più in generale, non ricavabili in maniera automatizzata dai sistemi gestionali delle Aziende;

     2. definizioni dei set di indicatori regionali per l'analisi nei seguenti ambiti:

     - area del bisogno;

     - area della domanda (evasa ed inevasa);

     - area dell'offerta;

     - area del risultato;

     3. diffusione presso le Aziende di sistemi omogenei di Supporto alle Decisioni, strettamente integrati con il Sistema di Governo della Sanità;

     4. affinamento degli strumenti di analisi sulle politiche gestionali delle Aziende basati su indagini comparative delle diverse strutture sanitarie (valutazione "cross-section") o nel tempo per una stessa struttura (valutazione "over-time");

     5. definizione del sistema informatico distrettuale (indicatori, report, benchmarking).

     F. Armonizzazione dei principali sistemi informatici di gestione

     L'obiettivo è migliorare i processi gestionali delle Aziende Sanitarie e delle Aziende Ospedaliere prevedendo, in tale ambito l'adozione e l'implementazione di nuovi sistemi per la progressiva omogeneizzazione, da parte delle diverse Aziende, dei principali sistemi di gestione e controllo, in particolare:

     - sistema di contabilità economico patrimoniale ed analitica;

     - sistema di gestione del personale;

     - sistema di gestione dell'Anagrafe Sanitaria;

     - sistema di gestione della spesa farmaceutica.

 

Potenziamento dell'Osservazione Epidemiologica - PON-ATAS Regioni Obiettivo 1 - 2000-2006

 

PREMESSA

     La funzione di osservazione epidemiologica in Italia è stata storicamente finalizzata ad assistere processi decisionali attraverso lo sviluppo di sistemi informativi sanitari, la promozione della qualità dei servizi, la pianificazione e la valutazione fondata sulle evidenze epidemiologiche e la realizzazione di indagini epidemiologiche ad hoc. I processi decisionali, che hanno coinvolto la funzione epidemiologica con compiti di monitoraggio, hanno riguardato scelte di scala strategica (piani regionali) o congiunturale (verifiche di processo) od occasionale (emergenze). L'osservazione epidemiologica ha storicamente interessato molteplici interventi e politiche aventi un potenziale impatto sulla salute della popolazione, sia in campo sanitario, sia ambientale, sociale, economico o educativo.

     La funzione si realizza attraverso la messa in opera di sistemi informativi correnti (mortalità, morbosità) o ad hoc, e la loro valorizzazione attraverso appropriati modelli di studio; nonché attraverso la valorizzazione e l'utilizzazione delle conoscenze presenti nella comunità scientifica reperibili nella letteratura nazionale ed internazionale.

     Alcuni degli elementi costitutivi dell'osservazione epidemiologica regionale, quali sistemi informativi, modelli di studio, fonti bibliografiche, comunicazione, per loro natura sono potenzialmente standardizzabili, altri sono meno disciplinabili secondo modelli riproducibili sia perché dipendenti dalle caratteristiche del contesto istituzionale, politico ed organizzativo a cui si applicano, sia perché condizionati al tema oggetto di osservazione.

     A tale proposito il Ministero della Salute è titolare del Progetto Operativo Nazionale per l'Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema (PON-ATAS) rivolto alle regioni Obiettivo 1 (tra cui la Calabria) e finanziato sul Fondo Sociale Europeo denominato "Trasferimento delle metodologie e degli strumenti appropriati a supporto della qualità del sistema di governo delle politiche sanitarie sul territorio nelle fasi di programmazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione".

     Tale progetto intende avviare una azione di sistema articolata in diverse iniziative che concorrono unitamente allo sviluppo del processo di modernizzazione in atto nella Pubblica Amministrazione, attraverso la promozione di un accresciuto know-how per il governo delle politiche sanitarie sul territorio ed alla maturazione di un approccio di mantenimento della salute che si basi sull'interconnessione di varie componenti (ambientati, culturali, sociali) e sull'integrazione delle politiche di tutela da parte di differenti Istituzioni Pubbliche (Aziende Sanitarie, Enti Locali, Istituzioni su territorio). Nel progetto sono individuati tre ambiti:

     1. Sostegno al processo della programmazione/valutazione dei progetti e degli interventi sanitari:

     a. Formazione e assistenza tecnica alla programmazione sanitaria;

     b. Elaborazione strumenti di progettazione integrata, sociale, sanitaria e ambientale.

     2. Sostegno alla funzione epidemiologica:

     a. Formazione e assistenza tecnica agli osservatori epidemiologici regionali;

     b. Progettazione e prima sperimentazione di una rete degli osservatori epidemiologici regionali.

     3. Diffusione delle esperienze migliori ed elaborazione di modelli innovativi:

     a. Individuazione e diffusione delle esperienze migliori ed elaborazione di modelli innovativi basate sull'utilizzo dei dati epidemiologici;

     b. Elaborazione di modelli e sistemi innovativi in grado di correlare le dinamiche epidemiologiche agli agenti inquinanti.

     Nell'ambito 2 è previsto pertanto il sostegno alla funzione epidemiologica, e si svolge con il supporto di formazione, produzione di manualistica e attività sperimentale nel corso dei prossimi tre anni. Di tale progetto è supervisore scientifico l'Istituto Superiore di Sanità che rappresenta allo stato la massima istituzione scientifica nazionale in campo epidemiologico. Le principali azioni previste nell'ambito 2° per il triennio 2003-2005 vengono riportate di seguito.

 

OBIETTIVI DI POTENZIAMENTO E CRESCITA DELLA FUNZIONE DI OSSERVAZIONE EPIDEMIOLOGICA

     Gli obiettivi del programma di assistenza specifica alla Regione Calabria sono commisurati alle condizioni e alle prospettive di sviluppo istituzionali ed organizzative, con l'obiettivo di perseguire il potenziamento e la crescita della funzione di osservazione epidemiologica regionale.

     In particolare, nell'ambito di questo progetto la Regione intende sviluppare:

     a) la valorizzazione dei sistemi informativi correnti e disponibili, con una particolare attenzione alla ricerca di differenza/eterogeneità nella salute, utili a potenziare le capacità di analisi dei problemi di salute e la loro descrizione;

     b) lo sviluppo di metodi e modelli di documentazione scientifica e loro utilizzo;

     c) lo sviluppo di metodi e modelli di valutazione di impatto sulla salute di situazioni critiche locali caratterizzate dalla presenza di fattori di rischio ambientali e dei relativi interventi.

     Questi obiettivi saranno perseguiti attraverso il trasferimento di competenze al personale del Dipartimento stesso per mezzo del supporto del partner di progetto ministeriale.

 

OBIETTIVI SPECIFICI E PRIORITA’

     Gli obiettivi prioritari che il progetto intende perseguire nel triennio di validità dei P.R.S. sono i seguenti:

     1. Creazione del Data Ware House (D.W.H.) regionale;

     2. Realizzazione di un sistema informativo geografico di mortalità;

     3. Realizzazione di un modello di Relazione Sanitaria Regionale;

     4. Valutazione di rischio ambientale (in collaborazione con l'A.R.P.A.CAL.).

     Di seguito sono descritti in dettaglio gli obiettivi specifici del progetto organizzati per tipo di funzione, comprensivi di una breve descrizione del contenuto delle azioni necessarie, con un giudizio di priorità (su scala alta/media/bassa) relativa all'interno della funzione da sviluppare, e di una indicazione delle scadenze e del tipo di prodotto rilasciati.

 

Creazione data ware house sanitario regionale

     Le attività previste sono le seguenti:

     1. sviluppo e manutenzione dell'infrastruttura (o piattaforma) informativa;

     2. aggiornamento (e formalizzazione della procedura periodica di aggiornamento) della dotazione di fonti informative esterne;

     3. acquisizione e implementazione degli archivi dati costituenti il D.W.H.:

     - censimenti di popolazione di fonte Istat 1991 e 2001 (man mano che i dati provinciali vengono rilasciati nel corso del 2004);

     - mortalità Istat 1980- 2001;

     - multiscopo Istat annuale 1993-2001;

     - SDO dal 1996;

     - Infortuni e malattie professionali Inail 1990-2000 (ex D.P.C.M. 86);

     - Infortuni e malattie professionali Inail-Ispel-Regioni 2001-2002;

     - Imprese Inail 2001-2002;

     4. acquisizione e implementazione degli archivi meta dati costituenti il D.W.H.:

     - Sistemi di classificazione in ambito sanitario;

     - Sistemi di classificazione in ambito occupazionale;

     - Sistemi di classificazione in ambito geografico;

     - Sistemi di classificazione in ambito demografico-sociale;

     5. assistenza ad occasioni di revisione di funzionamento di sistemi informativi a responsabilità diretta

     - Rencam locali;

     - Malattie infettive;

     6. record-linkage tra fonti informative: trasferimento di requisiti tecnici di buona pratica per una eventuale applicazione sulle fonti locali

 

Realizzazione di un sistema informativo geografico di mortalità

     L'obiettivo si propone di adeguare le capacità della fonte informativa disponibile e delle competenze delle strutture del Dipartimento Sanità e delle Aziende nello studiare i determinanti della variabilità della mortalità del proprio territorio, con particolare riguardo o alla variabilità geografica. I progetti inclusi nell'obiettivo comprendono:

     - analisi dei dati del censimento di popolazione 2001, con particolare attenzione alla dimensione delle differenze geografiche e alla elaborazione di indici di deprivazione idonei per l'analisi statistica a livello comunale;

     - analisi dei dati ed elaborazione di tabelle e mappe sulla distribuzione della mortalità per causa a livello comunale, per indici di rischio epidemiologici validati (tassi, SMR);

     - analisi dei dati ed elaborazione di tabelle e mappe sulla distribuzione della mortalità per causa aggiustata per livelli di deprivazione comunali;

     - analisi dei dati ed elaborazione di tabelle e mappe sulla distribuzione della mortalità comunale per causa per periodo temporale (trend 1980-2001).

 

Relazione regionale sullo stato di salute

     Questo obiettivo richiede l'assistenza tecnica per la progettazione e l'elaborazione di una relazione sullo stato di salute della popolazione regionale che risulti in fase e coerente con le esigenze di programmazione delle politiche nella Regione, e con il ruolo della funzione di osservazione epidemiologica nell'architettura istituzionale del sistema sanitario regionale.

     In linea generale il prodotto dovrà includere una definizione di modello di relazione sanitaria in grado di accogliere sia indicatori disponibili a livello nazionale per i confronti con il resto d'Italia, sia indicatori derivati dalla valorizzazione di fonti informative locali per i confronti interni alla Regione. L'assistenza tecnica da parte ministeriale o dei partner individuati dal Ministero stesso consiste, in questo caso, sia nella consulenza alla progettazione, sia nella valorizzazione epidemiologica dei sistemi informativi presenti nel D.W.H.

     L'obiettivo richiede che per le fonti informative disponibili si realizzi una versione prototipale di relazione comprensiva di analisi dei dati sanitari correnti e di presentazione dei risultati, che descriva la distribuzione territoriale dei problemi di salute rappresentabili con quella fonte. Tale obiettivo dovrebbe essere realizzato nel corso del 2004 se finalizzato alla sola analisi geografica; nel caso che esso includa anche altre dimensioni (quali quella sociale), esso può slittare entro la prima metà del 2005.

     Le fonti informative da includere in questo obiettivo sono:

     - Mortalità Istat 1980-2001

     - Morbosità stimata attraverso i ricoveri ospedalieri dal 1996

     - Health for All (1980-2002)

     - Indagine salute 2000

     - Struttura produttiva Inail (2001-2002)

     - Infortuni e malattie professionali Inail 2001-2002

 

Valutazione di rischio ambientale

     Questo obiettivo riveste alta priorità e si dovrà applicare sia alla revisione del sotto-sistema di indicatori di effetto sulla salute che si integra nel sistema di indicatori del modello DPSEER (e della relativa rete di rilevazione dei dati ambientali che l'alimenta) e sulla gestione di una situazione di alta criticità ambientale nella Regione con caratteristiche prototipali. La situazione di alta criticità ambientale sarà individuata in accordo con l'Agenzia per la protezione ambientale della Calabria (A.R.P.A.CAL.).

     L'obiettivo si articola in:

     - revisione delle potenzialità di elaborazione di indicatori epidemiologici nel sistema DPSEER, con elaborazione di raccomandazioni per una revisione della qualità e del disegno dei corrispettivi indicatori ambientali;

     - analisi della distribuzione dei problemi di salute nell'area critica identificata e confronto con la situazione delle aree circostanti.

 

ASPETTI CRITICI E CONCLUSIONI

     Le principali criticità applicative che l'articolazione del programma possiede è in gran parte legata alla dotazione di risorse, umane e tecnologiche, sia del Dipartimento che delle Aziende del S.S.R., nonché per l'evoluzione del ruolo che lo stesso Dipartimento avrà nella struttura della Regione e del Servizio Sanitario regionale. A tal fine dovrà essere fornito uno specifico supporto finanziario nell'ambito degli obiettivi di PSN 2004-2006. Al termine dell'attività di sostegno allo sviluppo della funzione di osservazione epidemiologica prevista dal Programma PON-ATAS 2000-2006 citato, le attività sperimentate costituiranno il modello per la conduzione della funzione epidemiologica regionale.

 

Verifica periodica

     Al fine di monitorare scientificamente la spesa sanitaria ed introdurre i correttivi necessari ed utili per l'ottimizzazione delle risorse e l'offerta di servizi sempre più competitivi sul mercato, anche al fine di ridurre le migrazioni ed il ricorso alle strutture private, il Dipartimento regionale della Sanità provvederà, con periodicità trimestrale alla verifica della spesa sostenuta dalle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Regione.

     Analogamente, con la stessa periodicità, la competente Struttura del Dipartimento Sanità provvederà, con idonea metodologia, alla diffusione delle informazioni epidemiologiche e demografiche relative al territorio regionale.


[1] Articolo così sostituito dall'art. 17 della L.R. 11 maggio 2007, n. 9.

[2] Termine prorogato al 31 ottobre 2006 dall'art. 31 della L.R. 21 agosto 2006, n. 7.

[3] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[4] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[5] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[6] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[7] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[8] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[9] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[10] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 29 marzo 2013, n. 16.

[11] Per una proroga del termine di cui al presente comma, vedi l’art. 16 della L.R. 11 agosto 2004, n. 18.

[12] Allegato abrogato dall'art. 15 della L.R. 18 luglio 2008, n. 24, per la parte che riguarda l’autorizzazione e l’accreditamento, con la decorrenza ivi prevista.

[13] Comma così modificato dall’art. 1 della L.R. 22 dicembre 2004, n. 32.

[14] Comma così modificato dall’art. 1 della L.R. 22 dicembre 2004, n. 32.

[15] Tabella così sostituita dall’art. 14 della L.R. 11 agosto 2004, n. 18.

[16] Tabella così sostituita dall’art. 14 della L.R. 11 agosto 2004, n. 18.

[17] Tabella così sostituita dall’art. 14 della L.R. 11 agosto 2004, n. 18.

[18] Capoverso aggiunto dall’art. 14 della L.R. 11 agosto 2004, n. 18.

[19] Capoverso aggiunto dall’art. 14 della L.R. 11 agosto 2004, n. 18.