§ 5.2.61 - L.R. 28 dicembre 2009, n. 26.
Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali.


Settore:Codici regionali
Regione:Umbria
Materia:5. servizi sociali
Capitolo:5.2 assistenza sociale
Data:28/12/2009
Numero:26


Sommario
Art. 1.  (Oggetto e finalità)
Art. 2.  (Destinatari delle prestazioni sociali)
Art. 3.  (Il comune)
Art. 4.  (L’Ambito territoriale integrato)
Art. 5.  (La provincia)
Art. 6.  (La Regione)
Art. 7.  (Aziende pubbliche di servizi alla persona)
Art. 8.  (Piano sociale regionale)
Art. 9.  (Indirizzi per la predisposizione dei Piani sociali di zona)
Art. 10.  (Piano sociale di zona)
Art. 11.  (Procedimento per l’adozione del Piano sociale di zona)
Art. 12.  (Attuazione del Piano sociale di zona e coprogettazione)
Art. 13.  (Concertazione)
Art. 14.  (Rapporti fra Regione ed enti locali e partecipazione)
Art. 15.  (Promozione dell’economia sociale)
Art. 16.  (Prestazioni socio sanitarie)
Art. 17.  (Organizzazioni di utilità sociale)
Art. 18.  (Zone sociali)
Art. 19.  (Conferenza di zona)
Art. 20.  (Uffici della cittadinanza)
Art. 21.  (Attività sociali)
Art. 22.  (Azioni per la promozione ed il sostegno della sussidiarietà orizzontale)
Art. 23.  (Azioni per la qualità)
Art. 24.  (Azioni di promozione)
Art. 25.  (Azioni di comunicazione)
Art. 26.  (Azioni di mutualità)
Art. 27.  (Servizi di prossimità)
Art. 28.  (Servizi per le responsabilità familiari)
Art. 29.  (Interventi e servizi socio assistenziali)
Art. 30.  (Centro per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza)
Art. 31.  (Diritti sociali di cittadinanza)
Art. 32.  (Affidamento e gestione dei servizi)
Art. 33.  (Affidamento e inserimento lavorativo di persone svantaggiate)
Art. 34.  (Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari)
Art. 35.  (Accreditamento)
Art. 36.  (Accordi contrattuali)
Art. 37.  (Accesso e compartecipazione al costo dei servizi)
Art. 38.  (Valorizzazione delle risorse umane)
Art. 39.  (Formazione)
Art. 40.  (Conoscenza e valutazione del sistema regionale degli interventi e dei servizi sociali)
Art. 41.  (Ricerca e valutazione per la programmazione sociale)
Art. 41 bis.  (Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità)
Art. 42.  (Forum regionale welfare)
Art. 43.  (Vigilanza e controllo)
Art. 44.  (Sanzioni amministrative)
Art. 45.  (Risorse finanziarie)
Art. 46.  (Fondo sociale regionale)
Art. 47.  (Norma finanziaria)
Art. 48.  (Norme regolamentari)
Art. 49.  (Abrogazione di norme)
Art. 50.  (Norme transitorie, finali e di prima applicazione)


§ 5.2.61 - L.R. 28 dicembre 2009, n. 26. [1]

Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali.

(B.U. 30 dicembre 2009, n. 58 - S.O. n. 1)

 

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI

 

Art. 1. (Oggetto e finalità)

1. La presente legge, in armonia con i principi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), nonché con i principi del diritto internazionale e del diritto comunitario in materia di diritti sociali della persona, disciplina la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

 

2. In particolare la presente legge disciplina l’esercizio della funzione sociale, la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi sociali nella Regione in zone territoriali adeguate nonché la loro integrazione con le politiche ed il sistema dei servizi sanitari e dei servizi educativi, dell’ambiente, dell’avviamento al lavoro e del reinserimento nelle attività lavorative, dei servizi del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni e, in genere, tutte le politiche ed i settori di intervento rilevanti per le politiche sociali. Definisce, altresì, gli indirizzi per l’organizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali, per l’affermazione dei diritti e dei doveri sociali di cittadinanza e della responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale.

 

3. Il sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è finalizzato a realizzare una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all’esercizio di una cittadinanza attiva.

 

4. L’ordinamento dei servizi sociali si informa, in via prioritaria, ai seguenti principi:

 

a) universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione ed omogeneità nel territorio dei livelli essenziali di assistenza sociale di seguito denominati LIVEAS;

 

b) presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;

 

c) centralità dell’azione promozionale volta a sviluppare l’autonomia sociale dei singoli e della comunità;

 

d) preferenza e valorizzazione della scelta della domiciliarità nella risposta ai bisogni e nel rispetto del generale diritto di libera scelta degli utenti;

 

e) esclusione della monetizzazione dei servizi ove non finalizzata ad una più efficace risposta al bisogno;

 

f) attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale intesa quale partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni alla funzione sociale, ai sensi dell’articolo 118, comma 4 della Costituzione;

 

g) valorizzazione e sostegno delle reti sociali primarie, in primo luogo le famiglie, quale ambito di relazioni significative per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;

 

h) promozione delle solidarietà e della coesione sociale;

 

i) sviluppo delle reti comunicative, quale fattore di integrazione e di autogoverno dei soggetti.

 

5. I destinatari delle prestazioni sociali sono riconosciuti e sostenuti dalla Regione, dagli enti dalla stessa dipendenti e dagli enti locali, nell’ambito della funzione sociale, anche quali portatori di risorse ed elementi attivi nella programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali.

 

     Art. 2. (Destinatari delle prestazioni sociali)

1. Sono destinatarie delle prestazioni sociali di cui alla presente legge tutte le persone residenti o domiciliate o aventi stabile dimora nel territorio regionale e le loro famiglie. Le prestazioni sociali si estendono, altresì, alle persone occasionalmente o temporaneamente presenti in Umbria allorché si trovino in condizioni di difficoltà tali da non consentire l’intervento da parte dei servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, salvo rivalsa in base alla normativa vigente.

 

TITOLO II

SOGGETTI ISTITUZIONALI

 

     Art. 3. (Il comune)

1. Il comune è titolare delle funzioni in materia di politiche sociali e concorre alla formazione degli atti di programmazione regionale in materia di politiche sociali, promuove sul proprio territorio l’attivazione ed il raccordo delle risorse pubbliche e private, aventi o non aventi finalità di profitto, per la realizzazione di un sistema articolato e flessibile di promozione e protezione sociale attraverso interventi, attività e servizi sociali radicati nel territorio e organizzati in favore della comunità.

 

2. Il comune esercita le funzioni amministrative in forma associata tramite gli Ambiti territoriali integrati, di seguito denominati ATI, istituiti ai sensi della legge regionale 9 luglio 2007, n. 23 (Riforma del sistema amministrativo regionale e locale - Unione europea e relazioni internazionali - Innovazione e semplificazione). L’ATI esercita le funzioni e provvede alla erogazione dei servizi sociali tramite la Zona sociale intesa quale articolazione territoriale corrispondente al territorio dei distretti sanitari istituiti ai sensi della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale).

 

3. L’integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari è attuata mediante accordi di programma fra l’ATI e l’Azienda unità sanitaria locale competente.

 

     Art. 4. (L’Ambito territoriale integrato)

1. Gli ATI di cui all’articolo 3, comma 2 esercitano le funzioni in materia di politiche sociali ai sensi dell’articolo 17 della l.r. 23/2007, della presente legge e della eventuale normativa adottata dai comuni.

 

2. In particolare ciascun ATI esercita le seguenti funzioni:

 

a) definisce gli obiettivi da perseguire per garantire la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, uniformità e appropriatezza nel sistema di offerta ed equità per l’accesso delle prestazioni e ne verifica il raggiungimento;

 

b) provvede al riequilibrio dell’offerta di interventi e servizi sociali sul territorio mediante l’assegnazione di apposite risorse;

 

c) provvede al rilascio dell’accreditamento e istituisce l’elenco delle strutture accreditate;

 

d) garantisce l’unitarietà degli interventi e degli adempimenti amministrativi, la territorializzazione di un sistema di servizi a rete, l’operatività del sistema degli uffici della cittadinanza organizzate nelle Zone sociali.

 

3. Le funzioni di cui al comma 2 sono esercitate dagli ATI dal momento dell’adozione dei relativi atti di organizzazione. L’ATI esercita, altresì, le funzioni in materia di politiche sociali già esercitate da enti, consorzi, associazioni, conferenze e organismi comunque denominati.

 

4. L’ATI trasmette alla Giunta regionale entro il 31 marzo di ciascun anno una relazione sulle attività svolte dalle Zone sociali ricomprese nel territorio di competenza.

 

5. L’ATI definisce con proprio regolamento le modalità e i criteri per il funzionamento delle Zone sociali di cui all’articolo 3, comma 2 sulla base degli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale che tengono conto dei principi di differenziazione ed adeguatezza e della autonomia organizzativa dei comuni.

 

6. Le attività socio sanitarie integrate, individuate dal Piano attuativo locale (PAL) e dal Programma attuativo territoriale (PAT) di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni e integrazioni, sono svolte da personale con adeguate competenze tecnico professionali in materia sociale a disposizione dell’ATI e da personale dipendente dalle Aziende unità sanitarie locali.

 

7. Gli ATI per l’esercizio delle funzioni di cui alla presente legge si avvalgono, ai sensi dell’articolo 17, comma 4 della l.r. 23/2007, delle risorse umane già a disposizione a qualunque titolo dei soggetti associativi dei comuni, soppressi al momento dell’istituzione dell’ATI. Gli ATI si avvalgono, inoltre, delle risorse umane messe a disposizione dai comuni appartenenti all’ATI stesso previa sottoscrizione di protocolli di intesa e previo accordo con le organizzazioni sindacali; gli ATI si avvalgono, altresì, delle strutture organizzative dei comuni, al fine di sopperire ad esigenze organizzative di carattere unitario. Gli ATI non possono, in ogni caso, procedere a nuove assunzioni di personale salvo quanto previsto all’articolo 50, comma 6 [2].

 

8. L’ATI, per l’esercizio delle funzioni, adotta procedure unificate per più comuni appartenenti alla stessa Zona sociale o al territorio dell’ATI, anche individuando il comune che attua il relativo procedimento.

 

     Art. 5. (La provincia)

1. La provincia esercita le seguenti funzioni:

 

a) gestisce la formazione professionale secondo i piani per la formazione e l’aggiornamento del personale addetto all’attività sociale secondo le indicazioni del Piano sociale regionale;

 

b) concorre alla realizzazione del sistema informativo sociale regionale mediante la raccolta di dati con particolare riferimento alle aree sociali strettamente connesse con il sistema dei servizi sociali, quali la formazione, l’occupazione e l’inserimento lavorativo delle fasce deboli;

 

c) collabora con la Regione per la implementazione di un sistema di documentazione delle conoscenze e delle esperienze attinenti le attività di cui alle lettere a) e b).

 

     Art. 6. (La Regione)

1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell’attuazione a livello territoriale. Disciplina l’integrazione degli interventi sociali e provvede, in particolare, all’integrazione socio sanitaria in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario regionale, nonché al coordinamento delle politiche dell’istruzione, della formazione, del lavoro e delle politiche sociali abitative.

 

2. La Regione, in particolare:

 

a) ripartisce le risorse del Fondo sociale regionale, del Fondo nazionale per le politiche sociali e degli altri Fondi nazionali del settore sociale;

 

b) effettua il controllo delle risorse di cui alla lettera a);

 

c) vigila sulla effettiva realizzazione dei LIVEAS di cui all’articolo 1, comma 4, lettera a) e di cui al comma 3;

 

d) verifica l’attuazione del Piano sociale regionale con riferimento agli obiettivi, alle priorità, allo stato dei servizi, alla qualità degli interventi ed ai progetti sperimentali e dei Piani sociali di zona;

 

e) adotta atti di indirizzo e di coordinamento nella materia oggetto della presente legge, per salvaguardare esigenze di carattere unitario nel territorio regionale.

 

3. La Regione definisce, nei limiti delle risorse disponibili, gli ulteriori LIVEAS di cui all’articolo 8, comma 4, lettera g) rispetto a quelli individuati dalla legislazione statale. Garantisce, comunque, un sistema unitario di offerta di servizi e prestazioni sociali nelle aree di intervento di cui all’articolo 31, comma 2.

 

4. La Regione promuove periodicamente, e comunque almeno una volta all’anno, incontri partecipativi con i soggetti sociali che concorrono alla realizzazione delle finalità di cui alla presente legge.

 

     Art. 7. (Aziende pubbliche di servizi alla persona)

1. Le Aziende pubbliche di servizi alla persona di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 (Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell’articolo 10 della L. 8 novembre 2000, n. 328) sono inserite nel sistema pubblico di programmazione, progettazione e attuazione dei servizi e degli interventi sociali.

 

2. Le funzioni delle Aziende pubbliche di servizi alla persona si realizzano, prevalentemente, attraverso la produzione e l’offerta dei servizi e interventi sociali e socio sanitari.

 

TITOLO III

PROGRAMMAZIONE

 

     Art. 8. (Piano sociale regionale)

1. Il Piano sociale regionale è lo strumento di governo del sistema dei servizi e delle attività sociali mediante il quale la Regione definisce gli indirizzi, gli obiettivi, le priorità sociali, la soglia territoriale ottimale per la programmazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la relativa attuazione.

 

2. Il Piano sociale regionale individua i principali fattori di sviluppo e di rischio come elementi di orientamento per gli interventi di area sociale nelle materie di competenza regionale.

 

3. Il Piano sociale regionale si integra con il Piano sanitario regionale, in particolare per le prestazioni socio sanitarie di cui all’articolo 16; esso stabilisce le modalità e gli strumenti per l’integrazione con le altre politiche del welfare e con le altre politiche e piani di settore.

 

4. Il Piano sociale regionale in particolare definisce:

 

a) la dotazione essenziale ed unitaria del sistema di offerta dei servizi sociali territoriali;

 

b) le tipologie di servizio con particolare riferimento ai servizi sociali innovativi;

 

c) gli indirizzi per l’organizzazione del sistema regionale dei servizi sociali;

 

d) le modalità di verifica sullo stato dei servizi e la qualità degli interventi mediante un apposito sistema di indicatori;

 

e) i criteri e le modalità per l’individuazione dei rappresentanti all’interno del Tavolo zonale di concertazione di cui all’articolo 13;

 

f) gli standard di figura e di percorso formativo per gli operatori impegnati nelle attività e nei servizi sociali di cui alla presente legge;

 

g) gli ulteriori LIVEAS di cui all’articolo 6, comma 3.

 

5. Il Piano sociale regionale individua il rapporto fra uffici della cittadinanza e popolazione residente che deve essere assicurato su tutto il territorio regionale.

 

6. Il Piano sociale regionale è adottato dalla Giunta regionale previo espletamento delle procedure di concertazione di cui alla normativa vigente ed è trasmesso al Consiglio regionale per l’approvazione. Eventuali modifiche ed adeguamenti del Piano sociale regionale sono adottati dalla Giunta regionale e trasmessi al Consiglio regionale. Il Piano ha validità triennale ed esplica i suoi effetti fino all’approvazione del successivo.

 

     Art. 9. (Indirizzi per la predisposizione dei Piani sociali di zona)

1. Ciascun ATI, sulla base della rilevazione dei bisogni effettuata dalle Zone sociali, adotta un atto di indirizzo, con particolare riferimento ai servizi sociali interzonali, contenente indicazioni al fine di garantire la necessaria omogeneità nella definizione dei Piani sociali di zona e nell’offerta dei servizi, equità nella distribuzione territoriale delle risorse e il raccordo con le altre politiche locali. In particolare l’atto di indirizzo tiene conto, ai fini dell’integrazione socio sanitaria, del Piano attuativo locale di cui all’articolo 4, comma 6. L’atto di indirizzo ha valenza triennale.

 

2. Nell’elaborazione dell’atto di indirizzo di cui al comma 1 ciascun ATI tiene anche conto delle previsioni del Piano attuativo triennale, del Piano regionale integrato per la non autosufficienza (PRINA) previsto all’articolo 11 della legge regionale 4 giugno 2008, n. 9 (Istituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza e modalità di accesso alle prestazioni).

 

     Art. 10. (Piano sociale di zona)

1. Il Piano sociale di zona è elaborato dall’Ufficio di piano di cui all’articolo 18, comma 2 ed è adottato dalla Conferenza di zona di cui all’articolo 19. Il Piano è elaborato in conformità all’atto di indirizzo di cui all’articolo 9.

 

2. Il Piano sociale di zona ha durata triennale e viene trasmesso entro trenta giorni dalla sua adozione all’ATI competente per territorio per la verifica di coerenza con l’atto di indirizzo di cui all’articolo 9 e della relativa copertura economica. L’Assemblea di ambito di cui all’articolo 21 della l.r. 23/2007 approva il Piano sociale di zona entro trenta giorni dal ricevimento, trascorsi inutilmente i quali lo stesso deve intendersi come approvato. Eventuali osservazioni possono essere effettuate dall’Assemblea di ambito entro trenta giorni dal ricevimento del Piano sociale di zona.

 

3. Alla predisposizione del Piano sociale di zona partecipano i soggetti di cui all’articolo 13.

 

4. Il Piano sociale di zona indica, in particolare:

 

a) lo stato di attuazione del precedente Piano;

 

b) gli obiettivi da raggiungere nel triennio successivo;

 

c) le risorse umane, finanziarie e strumentali da utilizzare;

 

d) la determinazione delle quote di risorse di cui alla lettera c) poste a carico dei singoli comuni tenendo conto del numero degli abitanti, delle caratteristiche di età degli stessi e delle caratteristiche economiche e geomorfologiche dei territori;

 

e) le modalità di integrazione e di coordinamento delle attività socio assistenziali con quelle sanitarie, educative, della formazione e con gli altri strumenti di programmazione territoriali. Il Piano sociale di zona, per le attività socio sanitarie integrate, costituisce parte integrante del Programma delle attività territoriali del Distretto sanitario.

 

     Art. 11. (Procedimento per l’adozione del Piano sociale di zona)

1. Ai fini della elaborazione del Piano sociale di zona, la Conferenza di zona avvia il procedimento attraverso avviso pubblico da pubblicare all’albo pretorio dei comuni della zona, nel Bollettino ufficiale della Regione Umbria e almeno in un quotidiano locale; a tale avviso deve essere data la massima diffusione, da parte dei comuni della zona, in tutte le ulteriori forme di comunicazione ritenute opportune.

 

2. Con l’avviso di cui al comma 1 i soggetti indicati all’articolo 13 sono invitati a partecipare al processo di elaborazione del Piano sociale di zona.

 

3. Il Piano sociale di zona elaborato ai sensi del presente articolo è sottoscritto per adesione dai soggetti di cui al comma 2 che hanno partecipato al Tavolo zonale di concertazione e che ne condividono i contenuti.

 

4. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 4 della l. 328/2000 che partecipano al Tavolo zonale di concertazione possono sottoscrivere apposito patto con il quale si impegnano a concorrere alla realizzazione del Piano sociale di zona. Il patto ha valore di accordo tra le parti e ad esso si applicano i principi del codice civile.

 

     Art. 12. (Attuazione del Piano sociale di zona e coprogettazione)

1. La Conferenza di zona di cui all’articolo 19, successivamente all’approvazione del Piano sociale di zona da parte dell’Assemblea di ambito, mediante avviso pubblico da pubblicare con le modalità di cui all’articolo 11, comma 1, invita i soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 328/2000 a partecipare alla attuazione del Piano sociale di zona.

 

2. I soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 328/2000 sono invitati a partecipare alla coprogettazione dei servizi e degli interventi previa sottoscrizione degli accordi procedimentali di cui all’articolo 17, comma 4.

 

     Art. 13. (Concertazione)

1. Il Tavolo zonale di concertazione costituisce un organismo partecipativo di cui fanno parte le Aziende unità sanitarie locali, gli enti pubblici operanti nel territorio con funzioni a rilevanza sociale, le Aziende dei servizi alla persona (ASP), i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4 della l. 328/2000 e le organizzazioni del mondo del lavoro presenti e maggiormente rappresentative a livello della singola Zona sociale. Il Tavolo zonale di concertazione contribuisce alla definizione delle linee fondamentali della programmazione sociale di zona ed alla valutazione della sua realizzazione.

 

2. I Tavoli zonali di coprogettazione costituiscono organismi partecipativi che consentono la partecipazione, diretta o attraverso organizzazioni consortili o comunque rappresentative dei soggetti di cui all’articolo 12, comma 2, alla progettazione dei servizi e degli interventi ed alla valutazione della loro realizzazione.

 

     Art. 14. (Rapporti fra Regione ed enti locali e partecipazione)

1. La Giunta regionale, al fine di garantire un efficace sistema di relazioni istituzionali fra Regione, province, ATI, comunità montane e comuni nella elaborazione della programmazione sociale, promuove appositi incontri anche attraverso le loro associazioni.

 

2. I comuni, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, garantiscono ai minori i diritti di manifestazione del pensiero, adottando le opportune forme di partecipazione delle bambine e dei bambini su questioni che interessano la loro condizione di vita, con particolare riferimento alla organizzazione sociale urbana.

 

     Art. 15. (Promozione dell’economia sociale)

1. La Regione, in collaborazione con gli enti locali e con le organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro, dell’imprenditoria e dei soggetti non profit operanti nel sistema dei servizi e degli interventi sociali, promuove la costituzione di reti locali deputate allo sviluppo dell’economia sociale.

 

2. Per economia sociale si intendono le azioni e le relazioni di soggetti che svolgono attività imprenditoriali non profit e profit operanti sul mercato con l’offerta di beni e servizi relazionali.

 

3. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione può concedere incentivi ed agevolazioni fiscali nel rispetto della normativa vigente; può altresì promuovere e stipulare gli accordi di cui all’articolo 2, comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e, in genere, ogni altro accordo pubblico/privato previsto dalla normativa vigente.

 

TITOLO IV

GESTIONE DELLE PRESTAZIONI SOCIALI

 

     Art. 16. (Prestazioni socio sanitarie)

1. Le prestazioni socio sanitarie sono distinte, ai sensi dell’articolo 3 septies del d.lgs. 502/1992 e sue successive modificazioni e integrazioni, in:

 

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, intese quali attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

 

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ovvero tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute;

 

c) prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e che attengono prevalentemente alle aree materno-

infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da Human Immunodeficiency Virus (HIV) e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative.

 

2. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone un quadro di riferimento per l’integrazione delle attività socio sanitarie provvedendo tra l’altro all’analisi dei costi.

3. I costi relativi alle componenti sanitaria e sociale all’interno delle attività socio sanitarie sono stabiliti dalla Giunta regionale che tiene conto dell’analisi dei costi di cui al comma 2, previa acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio delle Autonomie locali e dei Direttori generali delle Aziende unità sanitarie locali. È fatto salvo quanto previsto dalla normativa nazionale in materia dei LIVEAS.

 

     Art. 17. (Organizzazioni di utilità sociale)

1. La Regione riconosce lo svolgimento della pubblica funzione sociale da parte delle cooperative sociali, delle associazioni di promozione sociale, del volontariato e delle altre organizzazioni senza finalità di profitto di cui all’articolo 1, comma 4 della l. 328/2000, e promuove la costruzione di un sistema di responsabilità pubbliche, anche non statuali, condivise fra soggetti istituzionali e soggetti sociali, comprese le famiglie.

 

2. Le organizzazioni di cui al comma 1 concorrono alla individuazione dei bisogni, alla programmazione ed alla progettazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali, alla realizzazione degli obiettivi ed alla gestione delle attività sociali. Il concorso di tali organizzazioni avviene in forme differenziate, articolate in armonia alle rispettive specificità, secondo le modalità stabilite dal Piano sociale regionale.

 

3. Possono concorrere alla gestione dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge anche i soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 328/2000.

 

4. Gli ATI ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) favoriscono l’impegno dei soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 328/2000 anche mediante gli accordi procedimentali di cui all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) attraverso i quali realizzare forme di collaborazione pubblico/privato senza finalità di profitto, nell’esercizio della funzione sociale.

 

     Art. 18. (Zone sociali)

1. Il Piano sociale regionale individua, all’interno di ciascun ATI, le Zone sociali di cui all’articolo 3, comma 2.

 

2. La Zona sociale si dota di una apposita struttura preposta alla pianificazione sociale del territorio, denominata “Ufficio di piano”. La Zona sociale provvede, inoltre, alla gestione associata dei servizi e degli interventi sociali di cui alla presente legge, cura le attività di monitoraggio, di verifica e di valutazione delle singole azioni progettuali dei servizi e degli interventi nonché la rilevazione dei dati e delle informazioni utili alla pianificazione sociale.

 

3. Le attività sociali di cui al comma 2 sono svolte da personale messo a disposizione dai comuni ricadenti nella Zona sociale ferma restando la permanenza della titolarità del rapporto di lavoro con il comune di appartenenza. Le funzioni di responsabilità tecnica e di coordinamento della rete territoriale dei servizi sociali sono assicurate da personale con profilo professionale e competenze tecnico professionali in materia sociale. L’ATI nomina il responsabile sociale di Zona, designato dalla Conferenza di zona, che esercita le proprie funzioni esclusivamente nella struttura di cui al comma 2 ed a tempo pieno.

 

4. L’ATI con proprio regolamento provvede a definire l’organizzazione della Zona sociale.

 

     Art. 19. (Conferenza di zona)

1. La Conferenza di zona costituisce il soggetto di coordinamento politico e istituzionale della Zona sociale.

 

2. La Conferenza di zona è composta da tutti i sindaci dei comuni il cui territorio ricade all’interno della Zona sociale o dai loro assessori delegati.

 

3. La Conferenza di zona delibera validamente con la presenza di sindaci o loro assessori delegati che rappresentino almeno la maggioranza dei comuni e la maggioranza dei residenti nella zona.

 

4. Le deliberazioni della Conferenza di zona si intendono approvate se ottengono voti favorevoli che corrispondono ad almeno la metà più uno dei comuni presenti e ad almeno la maggioranza assoluta dei residenti negli stessi. Il coordinamento dei lavori della Conferenza di zona è affidato ad un componente individuato dalla Conferenza stessa.

 

5. La Conferenza di zona svolge, in particolare, i seguenti compiti:

 

a) propone all’ATI competente l’approvazione dei regolamenti sociali zonali che disciplinano il sistema sociale zonale prevedendo l’istituzione in ciascuna Zona sociale del Tavolo zonale di concertazione e del Tavolo zonale di coprogettazione;

 

b) adotta il Piano sociale di zona di cui all’articolo 10;

 

c) provvede alla pubblicazione degli avvisi pubblici di cui agli articoli 11 e 12.

 

6. Il regolamento dell’ATI stabilisce le modalità di organizzazione e funzionamento della Conferenza di zona.

 

     Art. 20. (Uffici della cittadinanza)

1. All’interno della Zona sociale sono istituiti gli uffici della cittadinanza, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, lettera d) e dell’articolo 8, comma 5, quali uffici territoriali di servizio sociale pubblico ed universalistico finalizzati, in via esclusiva, a garantire l’accesso al sistema territoriale dei servizi e al contatto con l’utenza. Gli uffici di cittadinanza attuano gli interventi mediante la presa in carico delle persone e delle famiglie, con l’impiego di équipe interprofessionali territoriali, per soddisfare ogni domanda di intervento e di partecipazione sociale.

 

TITOLO V

ATTIVITÀ SOCIALI

 

     Art. 21. (Attività sociali)

1. Le attività sociali si articolano in azioni sociali, interventi e servizi sociali.

 

2. Le azioni sociali si articolano in:

 

a) azioni per la promozione e sostegno della sussidiarietà orizzontale;

 

b) azioni per la qualità;

 

c) azioni di promozione;

 

d) azioni di comunicazione;

 

e) azioni di mutualità.

 

3. Gli interventi e servizi sociali si articolano in:

 

a) servizi di prossimità;

 

b) servizi per le responsabilità familiari;

 

c) interventi e servizi socio assistenziali.

 

     Art. 22. (Azioni per la promozione ed il sostegno della sussidiarietà orizzontale)

1. I comuni, singoli o in forma associata, svolgono le proprie funzioni sociali favorendo la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali ed il loro contributo al sistema locale dei servizi e degli interventi sociali attraverso lo svolgimento di attività di interesse generale, anche mediante forme di collaborazione ai sensi della normativa vigente.

 

2. Le funzioni di cui al comma 1 si articolano in azioni finalizzate a favorire l’autonoma iniziativa dei privati e in azioni di sostegno all’impegno dei privati nell’esercizio della funzione sociale.

 

3. Le azioni di facilitazione dei privati di cui al comma 2 consistono nella messa a disposizione di informazioni, nella instaurazione di flussi di comunicazione, nel coordinamento dei servizi e degli interventi pubblici con quelli privati e in ogni altra forma di collaborazione che comunque non comporti l’attribuzione di somme di denaro o di altri beni da parte di amministrazioni pubbliche.

 

4. Le azioni di sostegno di cui al comma 2 sono finalizzate a rendere adeguato l’impegno di soggetti privati senza finalità di profitto nella funzione sociale e a responsabilizzare tali soggetti nella realizzazione del sistema dei servizi alla persona; esse consistono nella messa a disposizione da parte di soggetti pubblici, alle organizzazioni private senza finalità di profitto, di benefici economici a fronte del loro impegno a partecipare ai processi di coprogettazione dei servizi e degli interventi e dalla loro realizzazione, nell’ambito della programmazione sociale locale mediante la stipula degli accordi procedimentali di cui all’articolo 17, comma 4 che stabiliscono le modalità di collaborazione e la realizzazione dei servizi e degli interventi di qualità, coprogettati. L’entità dei contributi economici non può superare quanto necessario al fine della compensazione degli oneri che il partner privato assume ai sensi della decisione 2005/842/CE del 28 novembre 2005 (Applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale).

 

5. L’individuazione dei soggetti privati senza finalità di profitto, per la stipula degli accordi procedimentali di cui al comma 4, avviene nel processo di costruzione del Piano sociale di zona, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 1 della l. 241/1990 attraverso procedure non competitive ad evidenza pubblica.

 

6. Dai benefici economici di cui al comma 4 è esclusa la corresponsione, sotto qualsiasi forma, di altre utilità economiche riconducibili ai corrispettivi per la fornitura di servizi o beni.

 

7. La Giunta regionale con proprio atto disciplina le modalità per la concessione dei benefici economici di cui al comma 4.

 

     Art. 23. (Azioni per la qualità)

1. I comuni, singoli o in forma associata, promuovono azioni positive, a carattere sociale, educativo e culturale, per ricostruire e sviluppare i legami di condivisione e di appartenenza alla comunità.

 

2. Tali azioni sono dirette:

 

a) a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e della vita quotidiana anche favorendo lo sviluppo di armoniche relazioni intergenerazionali e di genere;

 

b) a migliorare la qualità dei contesti urbani e di vita quotidiana, anche promuovendo politiche di conciliazione, la cultura ed il tempo libero delle persone e delle famiglie;

 

c) a sostenere le persone e le famiglie, le competenze, i legami solidali ed affettivi presenti al loro interno adattando le politiche sociali alle loro diversità;

 

d) a ridurre le situazioni di rischio sociale con particolare riferimento ai bambini e alle bambine, agli uomini ed alle donne, agli adolescenti e agli anziani.

 

3. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite mediante l’integrazione progettuale delle risorse formali e informali nonché con programmi intersettoriali diretti alle aree sociali specifiche: infanzia, adolescenti e giovani, famiglie e donne, popolazione anziana.

 

     Art. 24. (Azioni di promozione)

1. I comuni, singoli o in forma associata, anche con l’apporto delle organizzazioni di utilità sociale, incentivano le attività sociali di promozione. Tali attività comprendono i servizi di comunicazione, di mutualità e di prossimità.

 

     Art. 25. (Azioni di comunicazione)

1. Le azioni di comunicazione assolvono a funzioni di promozione della partecipazione attiva dei cittadini e delle loro organizzazioni all’esercizio della funzione sociale nei momenti della programmazione, della progettazione e della realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, oltre che ad una funzione di informazione, conoscenza e sostegno sociale diretta a far acquisire ai singoli soggetti consapevolezza, autonomia e responsabilità per l’esercizio dei diritti di cittadinanza.

 

     Art. 26. (Azioni di mutualità)

1. Le azioni di mutualità favoriscono lo scambio di prestazioni e di tempo fra persone e gruppi sociali che intendono autorganizzarsi per la realizzazione di determinati servizi.

 

2. I comuni, singoli o in forma associata, al fine di sostenere le reti di mutualità fra i cittadini possono promuovere la costituzione di centri di riferimento con il compito di raccogliere e gestire le disponibilità dirette ad impieghi sociali.

 

     Art. 27. (Servizi di prossimità)

1. I servizi di prossimità sono forniti a livello locale alle persone e alle famiglie e sono orientati alle nuove esigenze derivanti dalla trasformazione delle strutture demografiche, familiari e dei modi di vita. I servizi si articolano in tre aree:

 

a) servizi alle persone anziane attinenti a bisogni di cura e di socializzazione;

 

b) servizi di supporto alle famiglie, atti a semplificare la vita quotidiana della famiglia nello svolgimento di propri compiti educativi e di cura;

 

c) servizi a struttura comunitaria, rivolti a bisogni sociali collettivi e riferiti all’intero ciclo di vita.

 

2. I servizi di prossimità possono essere realizzati con il coinvolgimento attivo dei soggetti sociali, dei cittadini e delle famiglie.

 

     Art. 28. (Servizi per le responsabilità familiari)

1. La Regione individua con il Piano sociale regionale i servizi socio educativi di supporto alle responsabilità e ai compiti educativi e di cura della famiglia. La Regione inoltre sostiene e promuove azioni che consentano la piena realizzazione di una maternità e paternità responsabile. I servizi per le responsabilità familiari si articolano in due aree:

 

a) servizi socio educativi per l’infanzia, l’adolescenza e i giovani;

 

b) servizi socio assistenziali per giovani e adulti bisognosi di supporti assistenziali.

 

     Art. 29. (Interventi e servizi socio assistenziali)

1. I servizi socio assistenziali hanno natura solidaristica e sono rivolti a persone e famiglie, con particolare riferimento ai soggetti vulnerabili e maggiormente esposti a rischio di esclusione. Essi consistono in azioni di sostegno, prestazioni e attività sociali ad integrazione e/o sostituzione delle funzioni della rete sociale primaria.

 

2. I servizi socio assistenziali, in particolare, comprendono:

 

a) i servizi domiciliari di supporto familiare;

 

b) i servizi comunitari;

 

c) i servizi per l’alloggio;

 

d) i servizi semi residenziali;

 

e) i servizi residenziali;

 

f) i servizi e gli interventi di accoglienza e sostegno sociale;

 

g) i servizi per la tutela sociale dei minori.

 

3. La gestione dei servizi di cui al presente articolo è affidata a soggetti pubblici, soggetti privati e soggetti di privato sociale.

 

     Art. 30. (Centro per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza)

1. Presso la struttura competente della Giunta regionale è istituito il Centro per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza quale strumento conoscitivo e di supporto alle funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. A tal fine il Centro svolge i seguenti compiti:

 

a) attività di documentazione delle esperienze e delle buone pratiche, finalizzata ad azioni di promozione culturale, di comunicazione, di socializzazione delle conoscenze e di diffusione delle esperienze progettuali maturate a livello territoriale, regionale e nazionale;

 

b) attività di valorizzazione delle esperienze che si realizzano nei servizi e di promozione dello sviluppo di competenze diffuse per la progettualità sociale, rivolta ai minori, in una logica di sistema e di radicamento territoriale delle iniziative;

 

c) attività di promozione e organizzazione di occasioni di confronto e di scambio sulle modalità di attivazione degli interventi e servizi rivolti all’infanzia e all’adolescenza, finalizzate alla loro innovazione e qualificazione per garantire la diffusione di metodologie e strumenti adeguati su tutto il territorio regionale.

 

2. La Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con proprio atto, provvede a definire la struttura gestionale ed organizzativa del Centro di cui al comma 1, senza oneri aggiuntivi.

 

     Art. 31. (Diritti sociali di cittadinanza)

1. I servizi e gli interventi sociali di cui alla presente legge garantiscono il raggiungimento dei LIVEAS stabiliti dalle norme statali mediante:

 

a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;

 

b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;

 

c) interventi a favore di minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;

 

d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;

 

e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838 (Norme sull’assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all’abbandono), e dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277 (Protezione e assistenza della maternità e dell’infanzia), e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;

 

f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili; realizzazione, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dei centri socio riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all’articolo 10 della stessa l. 104/1992 e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

 

g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l’accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio, ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale;

 

h) prestazioni integrate di tipo socio educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e di reinserimento sociale;

 

i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di autoaiuto.

 

2. Per le finalità di cui al comma 1 e di cui all’articolo 6, comma 3 le strutture competenti garantiscono, tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque, l’erogazione delle prestazioni essenziali ed unitarie nelle seguenti aree di intervento:

 

a) welfare leggero;

 

b) welfare dell’emergenza;

 

c) welfare domiciliare di supporto familiare;

 

d) welfare comunitario;

 

e) welfare residenziale e semiresidenziale.

 

3. Nella programmazione, progettazione ed erogazione dei servizi e degli interventi di cui ai commi 1 e 2 i soggetti erogatori si conformano ai seguenti principi:

 

a) eguaglianza di opportunità a condizioni sociali e stati di bisogno differenti;

 

b) rispetto della dignità della persona con riferimento alle esigenze di informazione e consensualità, nonché di riservatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione;

 

c) diritto ad una maternità e paternità consapevole e responsabile;

 

d) conoscenza dei percorsi assistenziali e l’informazione sui servizi disponibili;

 

e) libertà di opzione tra le prestazioni erogabili nell’ambito del sistema dei servizi;

 

f) accesso e fruibilità delle prestazioni in tempi compatibili con i bisogni.

 

TITOLO VI

GESTIONE DEI SERVIZI

 

     Art. 32. (Affidamento e gestione dei servizi)

1. L’ATI competente procede all’aggiudicazione dei servizi di cui alla presente legge in conformità alle disposizioni statali in materia.

 

2. L’individuazione dei soggetti affidatari dei servizi avviene, di norma, nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica prescritte per gli appalti di servizi elencati nell’allegato II B del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

 

3. Oggetto dell’acquisto o dell’affidamento deve essere l’organizzazione complessiva del servizio o della prestazione con esclusione delle mere prestazioni di manodopera.

4. Nella scelta del contraente si applica il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi qualitativi:

 

a) valutazione della qualità del progetto da realizzare;

 

b) modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori;

 

c) formazione, qualificazione ed esperienza degli operatori coinvolti al fine di verificare l’attitudine alla realizzazione del progetto;

 

d) esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento al fine di verificare l’attitudine alla realizzazione del progetto.

 

5. L’elemento prezzo, di norma, è pari al trenta per cento.

 

6. Nella valutazione dell’offerta economica anche il punteggio assegnato all’elemento prezzo va graduato secondo criteri di proporzionalità.

 

7. La Giunta regionale con proprio provvedimento individua modalità e criteri per l’attribuzione del punteggio a ciascun elemento dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

 

8. I rapporti di appalto con le cooperative sociali sono regolati, per quanto non previsto dalla presente legge, dalla legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Norme sulla cooperazione sociale).

 

     Art. 33. (Affidamento e inserimento lavorativo di persone svantaggiate)

1. I Piani sociali di zona prevedono, in conformità agli articoli 2 e 69 del d.lgs. 163/2006, che una quota predefinita dei contratti per l’acquisto di beni e servizi o per l’esecuzione di opere e lavori pubblici, anche di importo superiore alla soglia comunitaria, contengano clausole sociali relative all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. L’offerta dei concorrenti è articolata anche nei contenuti afferenti alla clausola sociale; a tal fine è specificata nei capitolati e nelle disposizioni di gara e valutata ai fini dell’aggiudicazione.

2. La Regione, al fine di favorire l'inserimento di persone svantaggiate nel mondo del lavoro, incentiva la stipula di convenzioni, da parte dei Comuni, anche in forma associata, con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), per la fornitura di beni e di servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, ai sensi e secondo le modalità di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 381/1991 e dell'articolo 4 della l.r. 9/2005 [3].

3. A decorrere dall'anno 2016, la Regione, con l'atto di programmazione del Fondo sociale regionale di cui all'articolo 46, destina una quota dello stesso Fondo, compresa tra il tre ed il dieci per cento, per le finalità di cui al comma 2. Tale quota è ripartita dalla Regione tra i comuni per i quali risultano affidamenti, anche in forma associata, di forniture di beni e di servizi a favore delle cooperative di tipo B, secondo quanto previsto al medesimo comma 2, riferibili all'anno precedente a quello della ripartizione, in misura percentuale non inferiore al cinque per cento del valore complessivo degli importi degli affidamenti di forniture di beni e servizi, operati dagli stessi comuni e riferibili al medesimo anno precedente la ripartizione, al netto dell'IVA. I comuni per essere ammessi alla ripartizione devono presentare apposita richiesta [4].

4. La Giunta regionale, con il medesimo atto di programmazione di cui al comma 3, specifica i criteri per la ripartizione della quota di cui allo stesso comma 3, anche tenendo conto di elementi di ponderazione socio-demografici, indica procedure, termini e modalità per la presentazione della richiesta da parte dei comuni di cui al comma 3 ed individua le tipologie e le procedure di verifica e di controllo, potendo avvalersi ai fini delle verifiche e dei controlli, anche dell'Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 10 della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici) [5].

5. La quota da ripartire tra i comuni di cui al presente articolo non costituisce contributo ai fini dell'articolo 7 della l.r. 9/2005 [6].

 

     Art. 34. (Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari)

1. I servizi socio assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale, diurno e domiciliare, pubblici e privati sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dall’ATI competente.

 

2. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla verifica del possesso da parte della struttura dei requisiti stabiliti con atto della Giunta regionale sulla base dei seguenti criteri:

 

a) servizi di tipo familiare o comunitario;

 

b) bassa intensità assistenziale;

 

c) bassa capacità di accoglienza;

 

d) organizzazione modulare;

 

e) flessibilità di fruizione.

 

3. La Giunta regionale adotta apposito regolamento con il quale disciplina le modalità per il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1 e individua i servizi per i quali è necessario il rilascio dell’autorizzazione stessa.

 

4. L’ATI competente può sospendere o revocare l’autorizzazione qualora accerti, anche su segnalazione delle Zone sociali o dei comuni, la perdita dei requisiti previsti o gravi irregolarità nella gestione dell’erogazione dei servizi.

 

     Art. 35. (Accreditamento)

1. Per accreditamento si intende il riconoscimento del possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti per il rilascio dell’autorizzazione.

 

2. I requisiti di cui al comma 1 sono definiti con il regolamento di cui all’articolo 48 che tiene conto, in particolare:

a) degli aspetti tecnico professionali e formativi quali espressioni delle conoscenze, competenze e abilità tecniche e relazionali degli operatori;

 

b) degli elementi organizzativi caratterizzati da elevata capacità di risposta nei tempi e nelle modalità di erogazione dei servizi;

 

c) delle modalità di rilevazioni della soddisfazione degli utenti e degli operatori.

 

3. I soggetti che intendono ottenere l’accreditamento devono assicurare ai servizi erogati caratteristiche qualitative di particolare livello, comunque superiori a quelle richieste per il rilascio dell’autorizzazione.

 

4. I servizi per i quali non è prevista l’autorizzazione possono richiedere il rilascio dell’accreditamento purché in possesso dei requisiti di cui al comma 2.

 

5. L’ATI competente provvede al rilascio dell’accreditamento e istituisce l’elenco degli erogatori delle prestazioni accreditate prevedendone forme idonee di pubblicità e di aggiornamento. L’elenco è trasmesso annualmente alla Regione.

 

6. Il regolamento di cui al comma 2 stabilisce le modalità per la richiesta e il rilascio dell’accreditamento.

 

7. L’ATI competente svolge funzioni di vigilanza e controllo sul mantenimento dei requisiti necessari ai fini dell’accreditamento.

 

     Art. 36. (Accordi contrattuali)

1. La qualità di soggetto accreditato non comporta l’automatica assunzione di oneri economici da parte degli ATI. Al fine di porre il costo del servizio in tutto o in parte a loro carico gli ATI possono stipulare con i soggetti accreditati specifici accordi contrattuali aventi la durata minima e massima prevista dal regolamento di cui all’articolo 48.

 

2. Gli ATI, a seguito della stipula degli accordi contrattuali di cui al comma 1, assumono a proprio carico la differenza fra la tariffa standard e la tariffa ridotta percentualmente sulla base delle norme di riferimento, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili di cui all’articolo 45, assegnate a ciascun ATI. Il servizio sociale pubblico dei comuni della Zona sociale adotta il provvedimento di ammissione degli utenti al servizio.

 

3. Le modalità di gestione degli accordi contrattuali sono definite nelle norme regolamentari di cui all’articolo 48.

 

4. Gli ATI concludono gli accordi contrattuali che prevedono un volume di attività ed una spesa comunque non superiori a quelli previsti dagli atti di programmazione. Per la selezione tra i soggetti accreditati da ammettere all’accordo contrattuale, gli ATI adottano procedure di evidenza pubblica ai sensi della normativa vigente. Tali procedure sono disciplinate in modo tale da garantire, ove possibile, l’effettiva presenza su tutto il territorio di una pluralità di centri di offerta e l’effettivo esercizio del diritto di scelta da parte dell’utente.

 

5. È fatto salvo l’esercizio da parte degli utenti del diritto di libera scelta del fornitore del servizio, nell’ambito dei progetti individualizzati di sostegno, inserimento o reinserimento sociale eventualmente predisposti dal servizio sociale.

 

TITOLO VII

ACCESSO AI SERVIZI

 

     Art. 37. (Accesso e compartecipazione al costo dei servizi)

1. L’accesso alle prestazioni del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali prescinde dalle condizioni economiche e sociali degli utenti.

 

2. La Regione stabilisce, con proprio atto, la compartecipazione alla copertura del costo degli interventi sociali tenendo conto delle condizioni economiche degli utenti attraverso l’applicazione dei criteri per la determinazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) previsti dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali e dal Piano sociale regionale.

 

3. La compartecipazione di cui al comma 2 è determinata per le fattispecie di cui al comma 4 tenendo conto della situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.

 

4. Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale continuativo e a ciclo diurno, rivolte alle persone con handicap permanente grave di cui all’articolo 3, comma 3 della l. 104/1992, accertato ai sensi dell’articolo 4 della l. 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende unità sanitarie locali. La compartecipazione tiene conto della situazione economica del solo assistito con esclusione di rivalsa a qualunque titolo nei confronti di soggetti per i quali le norme vigenti prevedono, a qualsiasi titolo, oneri di partecipazione alla spesa.

 

5. Per quanto concerne il servizio erogato in regime di residenza continuativa la compartecipazione dell’utente è determinata sulla base del reddito personale complessivamente disponibile. Ai soggetti fruitori della prestazione e ad altri soggetti eventualmente a carico è garantita la conservazione di una quota di reddito da utilizzare per esigenze di vita secondo le disposizioni della Giunta regionale.

 

6. L’accesso ai servizi secondo le modalità di cui al presente articolo è subordinato all’ammissione agli stessi da parte del servizio sociale pubblico, secondo le modalità definite dal Piano sociale regionale.

 

7. Gli oneri delle prestazioni sociali e le quote a carico dei comuni per quelle socio sanitarie sono a carico del comune in cui l’utente del servizio è residente o dimorante nel caso di prestazioni erogate in via d’urgenza. In caso di soggetto dimorante il comune del dimorante ha diritto di rivalsa sul comune di residenza.

 

8. Nel caso di servizi di tipo residenziale, gli oneri sono a carico del comune di residenza al momento dell’inizio di erogazione della prestazione. Sono irrilevanti i successivi cambiamenti di residenza e i successivi cambiamenti relativi al luogo di erogazione delle prestazioni.

 

9. Nel caso di minori, la residenza di riferimento è costituita da quella dei genitori esercenti la potestà genitoriale, ovvero del genitore affidatario nel caso in cui il minore sia affidato ad uno dei genitori, ovvero da quella del tutore anche nel caso in cui la tutela avvenga dopo l’inizio delle prestazioni. Nel caso di genitori entrambi esercenti la potestà con residenza in comuni diversi o di genitori separati o divorziati con affidamento congiunto, l’onere è posto a carico dei due comuni nella misura del cinquanta per cento ciascuno.

 

10. Limitatamente all’applicazione del presente articolo, l’affidamento a famiglie affidatarie è considerato servizio di tipo residenziale.

 

TITOLO VIII

RISORSE UMANE

 

     Art. 38. (Valorizzazione delle risorse umane)

1. La Regione riconosce la risorsa umana quale fattore strategico della qualità del sistema dei servizi e degli interventi sociali.

 

2. L’organizzazione dei servizi e degli interventi sociali valorizza, in tutte le sue potenzialità, le risorse umane attraverso assetti che, da un lato, tengono conto del peculiare rilievo della risorsa umana, quale primario fattore produttivo e, dall’altro, sono in grado di valorizzare le capacità e le competenze relazionali e conoscitive utili anche alla programmazione, alla progettazione, alla realizzazione ed alla valutazione dei servizi alla persona.

 

3. Le figure professionali presenti nel sistema integrato di interventi e servizi sociali della Regione sono articolate in figure di base, figure intermedie di primo e secondo livello e figure manageriali. La definizione dei contesti operativi e delle relative funzioni è demandata al Piano sociale regionale.

 

     Art. 39. (Formazione)

1. La Regione individua nella formazione e nella formazione permanente del personale, impegnato nello svolgimento delle attività sociali di cui alla presente legge, lo strumento fondamentale di efficienza organizzativa e di efficacia qualitativa del sistema dei servizi sociali.

 

2. Le province, sulla base dei criteri indicati dal Piano sociale regionale e dei fabbisogni formativi individuati annualmente dagli ATI, predispongono azioni formative dirette a tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione degli interventi e dei servizi sociali con le modalità previste dalla programmazione regionale.

 

TITOLO IX

MONITORAGGIO, VALUTAZIONE E VIGILANZA

 

     Art. 40. (Conoscenza e valutazione del sistema regionale degli interventi e dei servizi sociali)

1. La qualità del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è garantita dalla realizzazione di assetti che valorizzino il monitoraggio costante e la valutazione partecipata anche da parte dei soggetti di cui agli articoli 12 e 13 nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti. Attraverso il monitoraggio la Regione sottopone a costante e sistematica rilevazione l’andamento dei servizi e degli interventi sociali e, a tal fine, si avvale del Sistema informativo sociale regionale, di seguito denominato SISO, ai sensi dell’articolo 21, comma 2 della l. 328/2000.

 

2. Il SISO, quale sistema per la raccolta, lo scambio e la diffusione di informazioni atte a rispondere ai fabbisogni informativi, si pone sia quale strumento strategico per il livello politico e manageriale, sia quale strumento tecnico per la programmazione, la progettazione, la gestione e la valutazione. A tal fine si configura come sistema di rete regionale che ha come comunità territoriale di riferimento la Zona sociale quale interfaccia del livello regionale. Il SISO si integra con il sistema informativo regionale utilizzandone le informazioni ed i canali di comunicazione e mettendo a disposizione i propri.

 

3. Il SISO raccoglie ed elabora informazioni concernenti:

 

a) il sistema della domanda;

 

b) il sistema di offerta;

 

c) il sistema delle risorse;

 

d) il sistema socio demografico.

 

4. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizi e le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informazioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.

 

5. La valutazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali si articola:

 

a) nella valutazione della qualità del servizio sotto il profilo della sua efficacia;

 

b) nella valutazione di efficienza;

 

c) nella valutazione della qualità percepita da parte degli utenti.

 

6. La Giunta regionale definisce con proprio provvedimento le caratteristiche del sistema valutativo di cui al comma 5 prevedendo la partecipazione al sistema di valutazione dei soggetti di cui agli articoli 12 e 13 nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti.

 

     Art. 41. (Ricerca e valutazione per la programmazione sociale)

1. Il compito di acquisire il quadro conoscitivo della realtà regionale a supporto dell’attività di programmazione e verifica degli interventi di politica sociale e delle tendenze in atto è affidato all’Agenzia Umbria Ricerche, di seguito denominata AUR, che espleta la funzione propria di indagine, ricerca e osservazione sociale. A tal fine l’AUR redige un rapporto regionale pluriennale sull’integrazione sociale in Umbria finalizzato alla programmazione strategica.

 

2. Il rapporto di cui al comma 1:

 

a) fornisce una ricognizione ed una interpretazione dello stato e dell’evoluzione dei bisogni sociali della popolazione regionale, nonché dei processi sociali ad essi sottesi mediante ricerca e indagine;

 

b) valuta la rispondenza fra risorse impiegate, livelli di attività e grado di soddisfazione dei bisogni;

 

c) valuta i contenuti sociali e i modelli organizzativi del sistema dei servizi sociali, nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sociale regionale.

 

3. L’attività di cui al comma 1 si può organizzare per aree sociali e sezioni di ricerca nel quadro dei fabbisogni della programmazione sociale pluriennale, anche in raccordo con l’Osservatorio sulle Povertà.

 

4. L’attività di indagine prevede la collaborazione con i soggetti sociali, gli uffici, gli enti e gli istituti di ricerca e gli altri centri di osservazione delle situazioni e delle politiche sociali, anche partecipati con soggetti privati.

 

     Art. 41 bis. (Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità) [7]

1. È istituito presso la Giunta regionale l’Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo Opzionale fatta a New York il 13 dicembre 2006) per la promozione della piena integrazione delle persone con disabilità.

2. L’Osservatorio di cui al comma 1 svolge funzioni di promozione e sostegno alle politiche inclusive in materia di disabilità nel rispetto dei principi sanciti in materia a livello nazionale ed europeo, di interlocuzione e concorso nelle azioni interistituzionali sui temi della disabilità, nonché di confronto con le azioni attivate con le altre regioni.

3. L’Osservatorio di cui al comma 1 ha i seguenti compiti:

a) studio e analisi sulla condizione delle persone con disabilità e delle loro famiglie e le conseguenti azioni volte a garantire i diritti sanciti dalla Convenzione ONU;

b) rilevazione dei servizi e degli interventi a favore delle persone con disabilità ed analisi della corrispondenza dei medesimi con la piena soddisfazione dei diritti della Convenzioni ONU;

c) studio e analisi della qualità dei servizi erogati a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie sulla base degli standard definiti;

d) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di disabilità;

e) promozione della conoscenza dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie anche promuovendo l’attivazione di forme di collaborazione con il mondo della scuola e del lavoro e azioni di sensibilizzazione della società civile.

4. L’Osservatorio di cui al comma 1 è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed è di riferimento per l’Assessorato competente in materia di servizi sociali. L’Osservatorio è composto da:

a) Presidente della Giunta regionale o suo delegato in qualità di presidente;

b) Presidente dell’Unione Province Italiane (UPI) Umbria o suo delegato;

c) Presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) Umbria o suo delegato;

d) cinque membri in rappresentanza delle associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle persone con disabilità e delle loro famiglie;

e) un membro in rappresentanza del Forum Terzo Settore – Umbria;

f) un membro nominato congiuntamente dalle Aziende USL.

5. Possono essere invitati a partecipare ai lavori dell’Osservatorio soggetti in rappresentanza della sede regionale INPS e dell’Ufficio scolastico regionale.

6. Ai lavori dell’Osservatorio possono partecipare, su invito del Presidente, referenti tecnici regionali con riferimento alle seguenti aree: sociale, sanità, mobilità, istruzione, formazione e lavoro.

7. La Giunta regionale individua le associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale di cui al comma 4, lettera d).

8. Ai componenti dell’Osservatorio non spetta alcun compenso e rimborso spese.

9. La Giunta regionale con proprio atto disciplina il funzionamento dell’Osservatorio e individua la struttura regionale di supporto dello stesso.

 

     Art. 42. (Forum regionale welfare)

1. È istituito presso la struttura regionale competente il Forum regionale welfare con funzioni consultive e propositive nelle politiche sociali, con particolare riferimento alla definizione e alla verifica dell’attuazione del Piano sociale regionale.

 

2. Il Forum regionale welfare è convocato dalla Giunta regionale con cadenza biennale.

 

3. La composizione e il funzionamento del Forum regionale welfare sono determinati con atto della Giunta regionale da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di rappresentatività, democraticità e trasparenza.

 

     Art. 43. (Vigilanza e controllo)

1. Gli ATI esercitano le funzioni di vigilanza e controllo sui soggetti pubblici e privati che svolgono attività socio assistenziali e socio sanitarie. Gli ATI si avvalgono delle proprie strutture zonali e delle Aziende unità sanitarie locali per gli aspetti sanitari.

 

2. Le funzioni di vigilanza e controllo consistono nella verifica:

 

a) della rispondenza dei servizi e degli interventi alla normativa concernente i requisiti strutturali, gestionali ed organizzativi;

 

b) della qualità e dell’appropriatezza;

 

c) del rispetto dei LIVEAS individuati dalla legislazione statale;

 

d) dell’attivazione e del corretto funzionamento degli strumenti e delle procedure per la tutela dei diritti sociali.

 

3. Gli ATI provvedono alla determinazione, alla irrogazione ed alla riscossione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge.

 

     Art. 44. (Sanzioni amministrative)

1. Chiunque esercita o gestisce i servizi o le strutture socio assistenziali, pubbliche e private di cui all’articolo 3 senza la prescritta autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.

 

2. Chiunque esercita o gestisce servizi o strutture socio assistenziali, pubbliche e private, attribuendosi il possesso dell’accreditamento non rilasciato, previsto all’articolo 35 è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.

 

3. Chiunque dichiara nella richiesta di autorizzazione o di accreditamento requisiti non posseduti è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 3.000,00.

 

4. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all’articolo 34, comma 3 le modifiche di caratteristiche della struttura o del servizio, o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell’autorizzazione che fanno venire meno i requisiti per l’esercizio dell’attività stessa, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

 

5. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all’articolo 35, comma 2 le modifiche apportate alla struttura o al servizio o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell’accreditamento, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

 

6. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all’articolo 34, comma 3 l’autorizzazione, le tariffe per il servizio, le prestazioni incluse e quelle escluse dalla tariffa e il rispettivo costo è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

 

7. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all’articolo 35, comma 2 l’accreditamento e tutti gli altri elementi che devono essere pubblicizzati, o pubblicizza informazioni non veritiere è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

 

8. Chiunque applica tariffe superiori a quelle esposte o pubblicizzate è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.

 

9. Chiunque non effettua nei termini stabiliti dal regolamento regionale di cui all’articolo 34, comma 3 le comunicazioni e cambiamenti attinenti al responsabile della struttura è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.

 

TITOLO X

IL FINANZIAMENTO DEL SISTEMA

 

     Art. 45. (Risorse finanziarie)

1. Le risorse del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali sono costituite dal:

 

a) Fondo nazionale per le politiche sociali di cui alla l. 328/2000;

 

b) Fondo sociale regionale;

 

c) Fondo sociale degli enti locali;

 

d) Fondi sociali di settore.

 

2. I comuni istituiscono per il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali previsti nella presente legge un Fondo sociale unico zonale degli enti locali.

 

     Art. 46. (Fondo sociale regionale) [8]

1. Il Fondo sociale regionale di cui all'articolo 45, comma 1, lettera b), è finanziato annualmente dalla legge di bilancio ed è ripartito con atto di programmazione della Giunta regionale entro il 30 aprile di ogni anno, come segue:

a) almeno l'ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale è ripartito in proporzione della popolazione residente e sulla base di elementi di ponderazione individuati dalla Giunta regionale con proprio atto. Inoltre, una percentuale del Fondo sociale regionale compresa tra il cinque e il dieci per cento è destinata per le finalità di cui all'articolo 33, commi 2 e 3;

b) una percentuale non superiore al cinque per cento del Fondo sociale regionale è destinata dalla Giunta regionale all'attività di programmazione sociale della Regione e all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 8, comma 3, lettere c), d), e), f) ed m) della l. 328/2000 .

2. Nel caso in cui non pervenga alcuna richiesta, da parte dei comuni, ai sensi dell'articolo 33, commi 3 e 4, la percentuale del Fondo sociale regionale destinata alle finalità di cui all'articolo 33, commi 2 e 3, è ripartita secondo le modalità di cui al comma 1, lettera a), primo periodo.

3. L'ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale cui al comma 1, lettera a), primo periodo, è vincolato al raggiungimento dei LIVEAS.

 

2. Le risorse finanziarie di cui al comma 1, lettera a) sono vincolate al raggiungimento dei LIVEAS.

 

     Art. 47. (Norma finanziaria)

1. Al finanziamento degli interventi previsti all’articolo 4 si provvede, a partire dall’esercizio 2010 con quota del Fondo sociale regionale di cui all’articolo 46, comma 1, lettera a), con imputazione alla unità previsionale di base 13.1.005 denominata “Interventi per l’espletamento di servizi e funzioni socio assistenziali” (cap. 2884 n.i.) del bilancio regionale di previsione.

1 bis. A partire dal 2014 al finanziamento degli interventi previsti all'articolo 4 e per le finalità di cui all'articolo 33, commi 2 e 3, si provvede con quota del Fondo sociale regionale di cui all'articolo 46, comma 1, lettera a), con imputazione alle unità previsionali di base del bilancio regionale di previsione 13.1.005 denominata "Interventi per l'espletamento di servizi e funzioni socio assistenziali" (cap. 2884) e 13.1.014 denominata "Interventi socio assistenziali" (cap. 2899 n.i.) [9].

2. Al finanziamento degli interventi previsti dall’articolo 46, comma 1, lettera b) si provvede a partire dall’esercizio 2010 con imputazione alla unità previsionale di base 13.1.005 denominata “Interventi per l’espletamento di servizi e funzioni socio assistenziali” (cap. 2888 n.i.) del bilancio regionale di previsione.

3. Al finanziamento degli incentivi di cui all’articolo 15, comma 3 si provvede con imputazione alla unità previsionale di base 13.1.005 denominata “Interventi per l’espletamento di servizi e funzioni socio assistenziali” (cap. 2881 n.i.) del bilancio regionale di previsione.

3 bis. A partire dal 2014 la spesa di cui al comma 3 è iscritta alla unità previsionale di base 13.1.008 denominata "Interventi in favore del volontariato e sviluppo dell'associazionismo e della cooperazione sociale" del bilancio regionale di previsione (cap. 2881) [10].

4. Per gli anni 2010 e successivi l’entità della spesa è determinata annualmente con la legge finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, lettera c) della vigente legge regionale di contabilità.

5. La Giunta regionale, a norma della vigente legge regionale di contabilità, è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni di cui ai precedenti commi, sia in termini di competenza che di cassa.

 

TITOLO XI

NORME FINALI E TRANSITORIE

 

     Art. 48. (Norme regolamentari)

1. La Giunta regionale adotta, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari di cui agli articoli 34, comma 3, 35, commi 2 e 6, 36, commi 1 e 3 e 50, comma 5.

 

     Art. 49. (Abrogazione di norme)

1. La legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3 (Riorganizzazione della rete di protezione sociale regionale e riordino delle funzioni socio-assistenziali) è abrogata.

 

2. Il comma 5 dell’articolo 4 della l.r. 9/2005 è abrogato.

 

     Art. 50. (Norme transitorie, finali e di prima applicazione)

1. Fino all’effettivo esercizio da parte dell’ATI delle funzioni di cui alla presente legge le stesse funzioni sono esercitate dagli ambiti territoriali sociali previsti e disciplinati dal vigente Piano sociale regionale [11].

 

2. Fino all’effettivo esercizio delle funzioni da parte dell’ATI le dotazioni finanziarie facenti carico ai singoli comuni vengono dagli stessi messe a disposizione del comune capofila esistente in ciascun ambito territoriale sociale alla data di entrata in vigore della presente legge [12].

 

3. Fino all’effettivo esercizio da parte dell’ATI delle funzioni di cui alla presente legge, al fine di garantire la continuità dei servizi e il corretto rapporto con il territorio, le risorse finanziarie messe a disposizione del comune capofila sono destinate all’ambito territoriale sociale di cui al comma 2; le risorse strumentali, organizzative ed umane sono messe a disposizione degli stessi ambiti territoriali sociali [13].

 

4. Le Conferenze di zona esercitano le funzioni in materia sanitaria già esercitate dall’assemblea dei sindaci dei distretti di cui all’articolo 18 della l.r. 3/1998 e dai Tavoli degli assessori ai servizi sociali di cui alla delibera della Giunta regionale 6 marzo 2002, n. 248 (Approvazione dell’atto di indirizzo ai Comuni per la programmazione sociale di territorio condivisa).

 

5. L’adeguamento delle strutture che erogano i servizi socio assistenziali di cui alla presente legge avviene secondo i termini stabiliti nel regolamento di cui all’articolo 48.

 

6. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, comma 7 ciascun ATI, in sede di prima applicazione ed entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, al fine di garantire il livello degli interventi e dei servizi sociali di cui alla presente legge e solo ai fini dell’esercizio delle relative funzioni e della gestione dei servizi, è autorizzato, previo dimensionamento del fabbisogno di personale, ad espletare concorsi pubblici prevedendo modalità che valorizzino in via prioritaria le esperienze lavorative prestate fino alla data del 31 dicembre 2008 nell’ambito dei servizi gestiti dai comuni in attuazione delle disposizioni di cui alla l.r. 3/1997, nei limiti delle risorse finanziarie a disposizione dell’ATI e/o dei comuni appartenenti all’ATI stesso.

 

7. Ciascun ATI può espletare le procedure di reclutamento di cui al comma 6 avvalendosi delle strutture regionali competenti. In tal caso alle suddette procedure si applica la normativa regionale vigente in materia.


[1] Abrogata dall'art. 410 della L.R. 9 aprile 2015, n. 11.

[2] Il presente comma non è più applicabile a norma dell'art. 76 della L.R. 23 dicembre 2011, n. 18, con la decorrenza ivi prevista.

[3] Comma così sostituito dall'art. 141-quinquies.1 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[4] Comma aggiunto dall'art. 141-quinquies.1 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[5] Comma aggiunto dall'art. 141-quinquies.1 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[6] Comma aggiunto dall'art. 141-quinquies.1 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[7] Articolo inserito dall'art. 18 della L.R. 4 aprile 2012, n. 7.

[8] Articolo così sostituito dall'art. 141-quinquies.2 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[9] Comma inserito dall'art. 5 della L.R. 4 aprile 2014, n. 4 e così modificato dall'art. 141-quinquies.3 della L.R. 16 settembre 2011, n. 8.

[10] Comma inserito dall'art. 5 della L.R. 4 aprile 2014, n. 4.

[11] Il presente comma non è più applicabile a norma dell'art. 76 della L.R. 23 dicembre 2011, n. 18, con la decorrenza ivi prevista.

[12] Il presente comma non è più applicabile a norma dell'art. 76 della L.R. 23 dicembre 2011, n. 18, con la decorrenza ivi prevista.

[13] Il presente comma non è più applicabile a norma dell'art. 76 della L.R. 23 dicembre 2011, n. 18, con la decorrenza ivi prevista.