§ 3.2.52 – L.R. 23 dicembre 2005, n. 23.
Sistema integrato dei servizi alla persona. Abrogazione della legge regionale n. 4 del 1998 (Riordino delle funzioni socio-assistenziali).


Settore:Codici regionali
Regione:Sardegna
Materia:3. servizi sociali
Capitolo:3.2 assistenza sociale
Data:23/12/2005
Numero:23


Sommario
Art. 1.  Finalità e obiettivi.
Art. 2.  Principi di riferimento.
Art. 3.  Responsabilità e competenze istituzionali del sistema integrato.
Art. 4.  Destinatari del sistema integrato.
Art. 5.  Criteri e modalità per l’accesso ai servizi.
Art. 6.  Comuni.
Art. 7.  Province.
Art. 8.  Regione.
Art. 9.  Persone e famiglie.
Art. 10.  Soggetti sociali solidali.
Art. 11.  Organizzazioni di volontariato.
Art. 12.  Associazioni di promozione sociale.
Art. 13.  Imprese sociali.
Art. 14.  Responsabilità sociali e professionali.
Art. 15.  Ambiti territoriali di programmazione e di gestione
Art. 16.  Forme di integrazione tra comuni e azienda sanitaria locale.
Art. 17.  Principi per la programmazione degli interventi e delle risorse.
Art. 18.  Piano regionale dei servizi alla persona.
Art. 19.  Procedimento di adozione del Piano regionale.
Art. 20.  Piano locale unitario dei servizi (PLUS).
Art. 21.  Procedimento di adozione del PLUS.
Art. 22.  Strumenti di programmazione locale partecipata.
Art. 23.  Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria.
Art. 24.  Consulta regionale per i servizi sociali, sociosanitari e sanitari.
Art. 25.  Finanziamento del sistema integrato.
Art. 25 bis.  (Finanziamenti straordinari)
Art. 26.  Fondo regionale per il sistema integrato.
Art. 27.  Compartecipazione dei destinatari degli interventi alla spesa.
Art. 28.  Livelli essenziali di assistenza e cittadinanza sociale.
Art. 29.  Criteri per la definizione dei livelli essenziali in ambito regionale.
Art. 30.  Modalità di garanzia dei livelli essenziali di assistenza.
Art. 31.  Criteri e requisiti per l’accesso e la fruizione dei servizi.
Art. 33.  Misure di contrasto della povertà e reddito di cittadinanza.
Art. 34.  Osservatorio regionale sulle povertà.
Art. 35.  Sistema informativo sociale e Osservatorio degli appalti.
Art. 36.  Competenze regionali in materia di valutazione e controllo.
Art. 37.  Competenze degli enti locali in materia di monitoraggio e valutazione.
Art. 38.  Criteri generali di gestione dei servizi.
Art. 39.  Carta dei servizi sociali.
Art. 40.  Autorizzazione.
Art. 41.  Accreditamento.
Art. 42.  Accordi contrattuali.
Art. 43.  Regolamento di attuazione.
Art. 44.  Disposizioni in materia di Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB).
Art. 45 . (Disposizioni in materia di Comitato di gestione del fondo di cui alla Legge n. 266 del 1991).
Art. 46.  Direzione regionale delle politiche sociali.
Art. 47.  Abrogazioni.
Art. 48.  Disposizione transitorie.
Art. 49.  Disposizioni finanziarie.


§ 3.2.52 – L.R. 23 dicembre 2005, n. 23. [1]

Sistema integrato dei servizi alla persona. Abrogazione della legge regionale n. 4 del 1998 (Riordino delle funzioni socio-assistenziali).

(B.U. 29 dicembre 2005, n. 39).

 

Titolo I

Principi generali

 

Art. 1. Finalità e obiettivi.

     1. La Regione e gli enti locali, in attuazione dei principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, della Costituzione ed in armonia con lo Statuto regionale, realizzano, con la partecipazione delle comunità locali e delle formazioni sociali, il sistema integrato dei servizi alla persona, volto a promuovere il libero sviluppo della persona umana e la sua partecipazione sociale, culturale, politica ed economica alla vita della comunità locale.

     2. La presente legge disciplina il sistema integrato dei servizi alla persona, di seguito denominato “sistema integrato”, comprendente l’insieme delle attività di programmazione, realizzazione e valutazione dei servizi e delle prestazioni volte a favorire il benessere delle persone e delle famiglie che si trovino in situazioni di bisogno sociale, esclusi gli interventi predisposti dal sistema sanitario, previdenziale e di amministrazione della giustizia.

     3. Il sistema integrato promuove i diritti di cittadinanza, la coesione e l’inclusione sociale delle persone e delle famiglie, le pari opportunità, attraverso la realizzazione di azioni di prevenzione, riduzione ed eliminazione delle condizioni di bisogno e disagio individuale e familiare derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.

 

     Art. 2. Principi di riferimento.

     1. Nella disciplina e nella realizzazione del sistema integrato, la Regione e gli enti locali, nell’esercizio delle rispettive competenze e nel rispetto delle competenze attribuite allo Stato dalla Costituzione, assumono i seguenti principi di indirizzo:

     a) l’universalismo selettivo, a garanzia della eguaglianza delle persone nell’accesso al sistema integrato e nella fruizione dei servizi, sulla base di criteri di priorità fondati sulla valutazione del bisogno;

     b) la solidarietà sociale ed istituzionale come elemento fondamentale per assicurare la realizzazione sostenibile e qualificata del sistema integrato su tutto il territorio regionale;

     c) il principio di leale collaborazione tra le amministrazioni competenti nell’esercizio delle attività di programmazione, realizzazione e valutazione delle politiche e degli interventi;

     d) la concertazione istituzionale e sociale e la partecipazione attiva dei cittadini come criteri generali di sviluppo dei processi decisionali, finalizzate ad assicurare la partecipazione democratica e la trasparenza dell’azione pubblica;

     e) l’integrazione delle politiche e degli interventi sociali con le altre politiche e gli interventi posti in essere per assicurare una risposta organica ed integrata ai bisogni che le persone incontrano nel corso della vita;

     f) la sussidiarietà, nelle due accezioni orizzontale e verticale, come criterio generale di realizzazione del sistema integrato, in cui la valorizzazione delle autonomie e delle pluralità sia finalizzata a garantire i diritti di cittadinanza e l’accesso ai servizi su tutto il territorio regionale;

     g) l’assicurazione alle persone ed alle famiglie dell’accesso al sistema integrato, la non discriminazione e i diritti di cittadinanza;

     h) la centralità delle comunità locali, intese come sistema di relazioni tra persone, famiglie, istituzioni e organizzazioni sociali, ognuno per le proprie competenze e responsabilità.

 

     Art. 3. Responsabilità e competenze istituzionali del sistema integrato.

     1. In conformità a quanto disposto dall’articolo 6 dello Statuto speciale per la Sardegna ed in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, alle funzioni di programmazione, promozione, organizzazione e finanziamento del sistema integrato concorrono i comuni, le province e la Regione, cui spetta altresì, sulla base delle rispettive competenze, garantire l’equità, l’efficienza, l’efficacia e la qualità del sistema.

     2. La Regione e gli enti locali promuovono la partecipazione degli altri soggetti pubblici, dei sindacati e del terzo settore, ovvero delle organizzazioni di volontariato, degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, culturale e sportiva, delle fondazioni, degli enti di patronato, degli enti riconosciuti, delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore, alla programmazione, realizzazione e valutazione del sistema integrato.

     3. La Regione e gli enti locali valorizzano e sostengono iniziative di mutuo aiuto e di solidarietà sociale promosse dai cittadini e dalle formazioni sociali che perseguono le finalità di cui alla presente legge.

 

     Art. 4. Destinatari del sistema integrato.

     1. Hanno diritto ad accedere ai servizi ed alle prestazioni di cui alla presente legge:

     a) i cittadini italiani;

     b) i cittadini europei, in conformità a quanto disposto dai trattati comunitari;

     c) i cittadini extracomunitari residenti ai sensi dell’articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;

     d) gli apolidi ed i rifugiati residenti, nel rispetto delle normative statali ed internazionali vigenti;

     e) i cittadini stranieri di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998;

     f) i minori comunque presenti sul territorio regionale;

     g) i cittadini sardi emigrati e le loro famiglie, ai sensi e nei limiti di quanto previsto dalla legge regionale 15 gennaio 1991, n. 7.

     2. Gli interventi di cui alla presente legge si estendono alle persone occasionalmente presenti o temporaneamente dimoranti nel territorio regionale, che si trovino in situazioni di bisogno tali da richiedere interventi non differibili e non tempestivamente attuabili dai servizi territorialmente competenti o dagli stati esteri di appartenenza.

     3. A coloro che si trovano nella situazione di “senza fissa dimora”, ma che abitualmente vivono nel territorio comunale, è data la possibilità di eleggere una propria residenza anagrafica convenzionale.

     4. Accedono prioritariamente al sistema integrato i soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito, con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria per i quali siano necessari interventi assistenziali.

 

     Art. 5. Criteri e modalità per l’accesso ai servizi.

     1. Il sistema integrato assicura ai destinatari l’accesso ai servizi e agli interventi di cui alla presente legge sulla base della valutazione professionale del bisogno, nel rispetto della dignità e dei valori della persona.

     2. In ogni ambito i comuni garantiscono, in modo coordinato con le altre amministrazioni locali, modalità tecnico-organizzative omogenee per la valutazione delle condizioni di bisogno e regolamentano le modalità di accesso e di compartecipazione alla spesa in conformità ai criteri generali stabiliti dalla Regione.

     3. Al fine di garantire l’accesso al sistema dei servizi, in ogni ambito territoriale sono assicurati:

     a) l’informazione in merito ai servizi ed alle prestazioni esistenti sul territorio, alle modalità e ai requisiti per accedervi, alle forme di erogazione, alle misure di compartecipazione alla spesa, agli strumenti di tutela e garanzia esperibili, anche attraverso l’istituzione di servizi di segretariato sociale;

     b) forme di orientamento e di accompagnamento per le persone che presentino difficoltà psicofisiche, culturali, linguistiche tali da impedire l’accesso autonomo al sistema dei servizi;

     c) condizioni di accesso unitario su cui valutare professionalmente la domanda e predisporre, con l’interessato, un programma personalizzato di intervento.

     4. Fatto salvo il principio di compartecipazione alla spesa dei destinatari, di cui all’articolo 27, l’intervento assistenziale è erogato nell’ambito territoriale di residenza dei cittadini, ovvero in ambiti sovraterritoriali individuati dalla programmazione regionale.

     5. L’ente competente all’attivazione degli interventi sociali è il comune di residenza della persona destinataria degli interventi, ovvero, nei casi di cui all’articolo 4, il comune dove si manifesta la situazione di bisogno indifferibile, fatte salve forme di rivalsa verso i comuni e gli stati esteri di appartenenza.

     6. Al fine di favorire l’ottimale utilizzo e la valorizzazione della rete regionale dei servizi e di facilitare l’efficace realizzazione degli interventi, la Regione promuove accordi interistituzionali per semplificare l’accesso alle strutture e ai servizi in ambito intraregionale e per regolare le compensazioni e imputazioni di spesa conseguenti.

 

Titolo II

Soggetti del sistema regionale

 

Capo I

Attori istituzionali

 

     Art. 6. Comuni.

     1. I comuni, in attuazione del principio di sussidiarietà, sono titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti la programmazione, realizzazione e valutazione del sistema integrato ed esercitano ogni eventuale altra funzione delegata dalla Regione.

     2. I comuni esercitano le proprie funzioni in forma associata per l’attuazione, a livello di ambito territoriale omogeneo, dei livelli essenziali di assistenza, come determinati ai sensi dell’articolo 29, nelle forme più funzionali alla gestione, alla razionale allocazione della spesa, alla semplificazione dell’accesso, alla efficace erogazione delle risposte.

     3. Ai comuni associati spetta, in particolare, l’esercizio delle seguenti competenze:

     a) la definizione delle priorità, delle aree di intervento, delle risorse economiche e professionali necessarie, attraverso l’elaborazione e l’approvazione del piano locale unitario dei servizi di cui all’articolo 20;

     b) l’organizzazione del sistema integrato dei servizi e degli interventi;

     c) l’attuazione dei livelli essenziali di assistenza di cui agli articoli 28 e seguenti;

     d) l’eventuale individuazione di ulteriori livelli essenziali di ambito e delle risorse necessarie al finanziamento degli stessi;

     e) la partecipazione alla programmazione regionale;

     f) il rilascio delle autorizzazioni sulla base dei criteri determinati dalla Regione e lo svolgimento dei compiti di vigilanza sui servizi residenziali e semiresidenziali siti nel territorio;

     g) la determinazione della compartecipazione alla spesa da parte degli utenti dei servizi, sulla base dei parametri individuati dalla Regione;

     h) la promozione della partecipazione degli attori sociali di cui al capo II e delle comunità locali alla realizzazione e valutazione del sistema integrato;

     i) la valutazione dei servizi e degli interventi previsti nei piani locali unitari dei servizi;

     h) il coordinamento delle politiche sociali con le politiche urbanistiche e abitative.

 

     Art. 7. Province.

     1. Le province concorrono alla programmazione locale e regionale del sistema integrato, nelle forme specificate nella presente legge, curando il coordinamento delle politiche di propria competenza con le politiche sociali.

     2. Le province partecipano alla realizzazione del sistema informativo dei servizi sociali, attraverso la raccolta dei dati sui bisogni e le risorse disponibili, l’analisi dell’offerta di servizi, delle strutture e dei soggetti accreditati e il supporto tecnico e formativo di operatori e attori del sistema.

     3. In particolare, spettano alle province le seguenti funzioni:

     a) organizzazione e sviluppo, sulla base di indirizzi regionali, degli osservatori provinciali sulla rete integrata dei servizi e interventi sociali e monitoraggio dell’offerta e della spesa;

     b) collaborazione con la Regione per lo svolgimento di analisi ed approfondimenti in ordine alle tematiche ed ai fenomeni sociali rilevanti in ambito provinciale, anche su richiesta dei comuni e degli enti interessati;

     c) tenuta dei registri provinciali dei soggetti privati e sociali solidali e delle altre organizzazioni che partecipano alla realizzazione del sistema integrato, autorizzati dalla Regione all’esercizio delle attività;

     d) attivazione di forme di promozione, anche finanziaria, delle attività relative ai servizi sociali ed al coordinamento operativo dei soggetti e delle strutture che agiscono nell’ambito dei servizi sociali, con particolare riguardo ai soggetti di cui all’articolo 10;

     e) elaborazione, in collaborazione con i comuni degli ambiti coinvolti, di progetti relativi a problematiche sociali di interesse sovrazonale e collaborazione alla loro gestione sperimentale;

     f) coordinamento delle politiche sociali con le politiche dell’istruzione e formazione e con le politiche attive del lavoro;

     g) realizzazione, in collaborazione con i comuni e con la rete di servizi all’impiego, di interventi in materia di inserimento e accesso al lavoro a favore di soggetti deboli, in attuazione di quanto previsto nel piano locale unitario dei servizi;

     h) sostegno e assistenza tecnica agli enti locali impegnati nella realizzazione del sistema locale dei servizi.

 

     Art. 8. Regione.

     1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, indirizzo, verifica e valutazione del sistema integrato, garantendo l’attuazione su tutto il territorio regionale dei livelli essenziali di assistenza, l’integrazione con la programmazione sanitaria ed il coordinamento con le politiche educative, formative, del lavoro, della casa, dell’ambiente e dello sviluppo socio- economico.

     2. In particolare spettano alla Regione le seguenti funzioni:

     a) elaborazione ed adozione del piano regionale dei servizi alla persona secondo le modalità e con i contenuti specificati nella presente legge;

     b) quantificazione e distribuzione del fondo regionale per il sistema integrato;

     c) determinazione degli indirizzi e dei criteri per la concessione delle autorizzazioni e per l’accreditamento;

     d) determinazione dei criteri generali per la valutazione professionale del bisogno e delle modalità di accesso ai servizi;

     e) determinazione dei parametri per la valutazione della capacità economica degli utenti e delle loro famiglie e delle forme di compartecipazione degli utenti alla spesa;

     f) valutazione di efficacia della programmazione;

     g) promozione ed incentivazione di forme innovative di gestione dei servizi;

     h) rilascio dell’accreditamento dei servizi e delle strutture;

     i) promozione di iniziative di formazione e aggiornamento per professionisti ed operatori sociali appartenenti ad enti pubblici ed ai soggetti privati che partecipano alla realizzazione del sistema integrato, in raccordo e su proposta di aziende sanitarie locali e comuni;

     l) esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali e delle province, nei limiti e nelle forme previsti dall’articolo 35;

     m) promozione di iniziative di formazione, orientamento e inserimento lavorativo a favore di soggetti deboli o in condizioni di disagio sociale e dei condannati in esecuzione penale esterna, in raccordo con le azioni del piano triennale del lavoro.

     3. Gli atti conseguenti all’esercizio delle funzioni di cui alle lettere b), c), d) ed e) del comma 2 sono adottati con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore dell’igiene, sanità e assistenza sociale, previo parere della competente Commissione consiliare.

 

Capo II

Attori sociali

 

     Art. 9. Persone e famiglie.

     1. La Regione e gli enti locali riconoscono la persona quale prima destinataria degli interventi e dei servizi del sistema integrato e valorizzano il ruolo della famiglia quale ambito primario di relazione per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona e della comunità.

     2. Le persone e le famiglie sono soggetti attivi del sistema integrato, in forma diretta ed attraverso associazioni ed enti di rappresentanza, nella programmazione, realizzazione e valutazione concertata degli interventi.

     3. Il sistema integrato promuove interventi integrati di sostegno alle responsabilità familiari, valorizzando altresì le iniziative delle persone, dei nuclei familiari e delle loro organizzazioni, le forme di auto e mutuo aiuto e di reciprocità, finalizzate a sostenere le persone e le famiglie che svolgono compiti di cura.

 

     Art. 10. Soggetti sociali solidali.

     1. La Regione e gli enti locali riconoscono e sostengono il ruolo delle organizzazioni sindacali e del terzo settore ovvero dei soggetti del volontariato di cui alla legge regionale 13 settembre 1993, n. 39, delle cooperative sociali di cui alla legge regionale 22 aprile 1997, n. 16, delle associazioni di promozione sociale previste dalla Legge 7 dicembre 2000, n. 383, degli enti di patronato, delle fondazioni, delle associazioni di tutela e di ogni altra organizzazione non lucrativa operante in Sardegna, finalizzata al perseguimento di obiettivi di solidarietà sociale.

     2. La Regione e gli enti locali promuovono la partecipazione dei soggetti di cui al comma 1 alla programmazione, realizzazione e valutazione del sistema integrato regionale per:

     a) lo sviluppo del sistema locale dei servizi, anche attraverso la progettazione congiunta degli interventi e la messa in rete delle risorse;

     b) l’integrazione delle politiche sociali, valorizzando la capacità di innovazione dei soggetti sociali solidali di cui al comma 1;

     c) lo sviluppo locale di attività socioeconomiche in grado di produrre incremento di capitale sociale, valorizzazione delle risorse locali, inclusione dei soggetti deboli.

 

     Art. 11. Organizzazioni di volontariato.

     1. La Regione e gli enti locali riconoscono e favoriscono il concorso delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge regionale n. 39 del 1993 al conseguimento delle finalità della presente legge.

     2. In conformità a quanto previsto dall’articolo 13 della legge regionale n. 39 del 1993, gli enti locali possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale al fine di promuovere interventi integrativi e complementari rispetto ai livelli essenziali di cui agli articoli 28 e seguenti, attivare servizi sperimentali e innovativi, favorire forme di solidarietà organizzata e di mutuo aiuto tra persone e famiglie.

     3. La scelta delle organizzazioni di volontariato con cui stipulare le convenzioni di cui al comma 2, la regolazione del rapporto con l’ente pubblico ed ogni altro aspetto inerente allo svolgimento delle attività sociali, sono disciplinati dalla legge regionale n. 39 del 1993 e successive modifiche e integrazioni.

     3 bis. L'attività svolta volontariamente dai cittadini, destinatari di interventi di sostegno economico, erogati per finalità sociali dalle amministrazioni comunali ai sensi della presente legge, non costituisce rapporto di lavoro [2].

     3 ter. L'amministrazione comunale provvede alla copertura assicurativa per infortunio (INAIL) e per responsabilità civile verso terzi, per i cittadini di cui al comma 1, salvo quanto previsto dal decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari) [3].

 

     Art. 12. Associazioni di promozione sociale.

     1. La Regione e gli enti locali riconoscono e favoriscono il ruolo delle associazioni di promozione sociale di cui alla Legge n. 383 del 2000, sia nella programmazione degli interventi e servizi sociali che nella loro attuazione.

     2. Presso l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale è istituito il Registro regionale delle associazioni di promozione sociale, ai sensi degli articoli 7 e 8 della Legge n. 383 del 2000.

     3. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale emana apposite linee guida per la [4] disciplina dell’iscrizione al Registro di cui al comma 2.

     4. È istituito, presso l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, un fondo regionale per l’associazionismo di promozione sociale, destinato al sostegno, anche attraverso servizi reali alle associazioni, di progetti, iniziative ed azioni per la diffusione dello stesso in Sardegna [5].

     5. La Regione e gli enti locali possono stipulare convenzioni con le associazioni di promozione sociale iscritte nel Registro regionale, al fine di garantire l’integrazione e la complementarietà degli interventi del privato sociale con i livelli essenziali di cui agli articoli 28 e seguenti, favorire l’attivazione di servizi e di forme, anche sperimentali, di mutualità, reciprocità e solidarietà organizzate e promuovere l’accesso ai diritti da parte di ogni cittadino.

 

Capo III

Attori professionali

 

     Art. 13. Imprese sociali.

     1. Ai sensi della presente legge sono imprese sociali i soggetti imprenditoriali di cui alla Legge 13 giugno 2005, n. 118, e successive modificazioni e le cooperative sociali di cui alla legge regionale n. 16 del 1997.

     2. La Regione riconosce le imprese sociali come soggetti economici senza scopo di lucro deputati a svolgere una funzione pubblica, come forma di partecipazione diretta dei cittadini ai processi di sviluppo economico e di crescita del capitale sociale delle comunità locali e regionale, di esercizio dei diritti delle fasce deboli della popolazione, di costruzione di reti civiche e di interventi volti alla ricerca e alla diffusione del benessere della comunità regionale.

     3. La Regione e gli enti locali riconoscono e favoriscono il concorso della cooperazione sociale di cui alla legge regionale n. 16 del 1997, nel raggiungimento delle finalità e degli obiettivi della presente legge.

 

     Art. 14. Responsabilità sociali e professionali.

     1. La Regione e gli enti locali promuovono la condivisione di protocolli e percorsi operativi e la messa in rete delle diverse competenze professionali necessarie alla elaborazione e realizzazione di progetti ed interventi integrati, anche attraverso specifiche azioni formative finalizzate a diffondere e omogeneizzare criteri e requisiti di accesso e partecipazione al sistema dei servizi e degli interventi da parte dell’utente, la tempestiva presa in carico, la programmazione e la valutazione integrata, l’appropriata attuazione del programma personalizzato di intervento, la documentazione professionale e di servizio.

     2. La Regione e gli enti locali sostengono il compito delle figure professionali sociali all’interno del sistema integrato, attraverso la formazione continua, la riqualificazione professionale e la promozione dell’alta formazione e ne agevolano il ruolo nella realizzazione degli obiettivi della presente legge.

     3. La Regione promuove e favorisce la diffusione delle forme di responsabilità sociale delle imprese; in particolare sostiene percorsi di sensibilizzazione delle imprese verso l’adozione volontaria dello sviluppo di strategie di attenzione alle dinamiche sociali e ambientali, favorisce la diffusione di pratiche di certificazione sociale dei processi produttivi secondo le norme europee, incentiva percorsi di responsabilità sociale delle imprese e del management.

 

Titolo III

Governo e organizzazione del sistema integrato

 

Capo I

Principi organizzativi

 

     Art. 15. Ambiti territoriali di programmazione e di gestione

      1. L’ambito territoriale locale di programmazione coincide con l’ambito del distretto sanitario di cui alla legge regionale 26 gennaio 1995, n.5, e successive modifiche e integrazioni, in modo da garantire l’unitarietà di gestione e l’integrazione dei servizi sociali e sanitari entro territori omogenei.

     2. La Giunta regionale adotta entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge linee guida regionali per la predisposizione dei Piani locali unitari dei servizi alla persona, anche prevedendo criteri e modalità per una articolazione sub-distrettuale o comunale.

 

     Art. 16. Forme di integrazione tra comuni e azienda sanitaria locale.

     1. Al fine di costruire un sistema di responsabilità condivisa e di favorire l’integrazione degli interventi sociali, sociosanitari e sanitari a livello di ambito, i comuni associati e l’azienda sanitaria locale competente:

     a) realizzano in forma congiunta la programmazione di ambito di cui all’articolo 21;

     b) stipulano appositi accordi e convenzioni con i quali è disciplinata la realizzazione dei livelli essenziali sociosanitari di assistenza di cui all’articolo 3 septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni.

 

Capo II

Gli strumenti di governo strategico

 

     Art. 17. Principi per la programmazione degli interventi e delle risorse.

     1. La Regione e gli enti locali adottano il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, del lavoro per progetti, della verifica dei risultati in termini di efficacia, appropriatezza, efficienza e soddisfazione degli utenti.

     2. La Regione e gli enti locali, nell’esercizio delle rispettive funzioni, provvedono alla programmazione degli interventi e delle risorse secondo i seguenti principi:

     a) integrazione con la programmazione sanitaria, coordinamento con le politiche attive del lavoro, della formazione e dell’istruzione, con le politiche abitative e di gestione urbanistica e territoriale;

     b) concertazione e cooperazione tra enti locali, azienda sanitaria locale e Regione;

     c) concertazione e cooperazione tra i soggetti pubblici e i soggetti sociali solidali che partecipano con proprie risorse alla realizzazione del sistema integrato;

     d) individuazione delle priorità regionali e locali sulla base dei bisogni, tenendo conto dell’esigenza di garantire equità sul territorio regionale e promozione delle risorse locali.

     3. Gli enti locali, ai rispettivi livelli, applicano il metodo della concertazione, anche tramite l’istituzione di organismi di consultazione stabili di cui fanno parte gli attori sociali e professionali attraverso le proprie organizzazioni di rappresentanza.

 

     Art. 18. Piano regionale dei servizi alla persona.

     1. Il Piano regionale dei servizi alla persona costituisce l’atto di programmazione con cui la Regione esercita le funzioni di indirizzo e valutazione del sistema integrato.

     2. Il Piano regionale contiene i seguenti elementi:

     a) il profilo sociale regionale, relativo allo stato dei bisogni, dell’offerta e della spesa;

     b) la determinazione degli obiettivi generali e delle priorità di azione;

     c) la determinazione e qualificazione dei livelli essenziali di assistenza di cui agli articoli 28 e seguenti;

     d) gli eventuali programmi innovativi di interesse regionale;

     e) la determinazione dei criteri di ripartizione del fondo regionale;

     f) le condizioni per garantire l’integrazione sociosanitaria;

     g) le forme di coordinamento con le altre politiche in grado di concorrere alla realizzazione integrata delle risposte.

 

     Art. 19. Procedimento di adozione del Piano regionale.

     1. Per la realizzazione degli obiettivi di cui alla presente legge, la Regione provvede, sentiti gli organismi di consultazione, alla predisposizione del Piano regionale dei servizi alla persona integrato con il Piano dei servizi sanitari.

     2. La proposta di piano, predisposta dall’Assessore regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale, ed approvata dalla Giunta regionale, è presentata, entro il 30 luglio dell’ultimo anno di vigenza del piano in scadenza, al Consiglio regionale che la approva con propria deliberazione; la proposta di piano è sottoposta al parere del Consiglio delle autonomie locali ai sensi dei commi 1 e 2 dell’articolo 9 della legge regionale 17 gennaio 2005, n.1.

     3. Il Piano ha durata triennale e può essere sottoposto a revisioni, qualora necessarie.

 

     Art. 20. Piano locale unitario dei servizi (PLUS).

     1. Il Piano locale unitario dei servizi (PLUS) individua, a tutela dei diritti della popolazione ed in attuazione dei livelli essenziali di assistenza:

     a) il profilo sociale locale e le priorità di intervento;

     b) le modalità organizzative di erogazione e di accesso ai servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, la localizzazione territoriale degli uffici e dei servizi, su base comunale o sovracomunale;

     c) la definizione di un’eventuale organizzazione subdistrettuale, qualora necessaria;

     d) la ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, della azienda sanitaria locale e degli altri soggetti firmatari dell’accordo di cui al comma 4 dell’articolo 21;

     e) le modalità per garantire l’integrazione gestionale, organizzativa e professionale;

     f) gli strumenti e le forme di coordinamento con gli organi periferici dello Stato, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia;

     g) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale;

     h) le iniziative di formazione e di aggiornamento professionale finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi;

     i) gli indicatori di qualità e i criteri di monitoraggio e valutazione degli interventi.

 

     Art. 21. Procedimento di adozione del PLUS.

     1. I comuni dell’ambito e l’azienda sanitaria locale provvedono alla programmazione ed alla realizzazione del sistema integrato ed all’attuazione locale dei livelli essenziali sociali e sociosanitari attraverso il Piano locale unitario dei servizi (PLUS), secondo gli indirizzi indicati nel Piano regionale di cui all’articolo 18.

     2. I comuni dell’ambito e l’azienda sanitaria locale competente elaborano la proposta di piano con la provincia attraverso un’apposita conferenza di programmazione indetta dal presidente della provincia, cui partecipano le istituzioni scolastiche, gli altri soggetti pubblici, nonché i soggetti privati di cui agli articoli 9 e 10; il presidente della provincia o un suo delegato convoca e presiede la conferenza di programmazione.

     3. Il PLUS ha durata triennale, con aggiornamento economico-finanziario annuale, e può essere sottoposto a revisioni, qualora necessarie.

     4. Il PLUS è adottato con accordo di programma, promosso dal presidente della provincia ai sensi del comma 2, cui partecipano i comuni associati, l’azienda sanitaria locale competente, la provincia, gli altri soggetti pubblici coinvolti, nonché i soggetti di cui all’articolo 10, che partecipino alla conferenza di programmazione e si impegnino a concorrere, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato previsto dal PLUS.

     5. L’atto di aggiornamento economico-finanziario annuale del PLUS è elaborato dai comuni associati d’intesa con l’azienda sanitaria locale ed è approvato secondo forme e modalità regolate dal Piano stesso.

     6. Il PLUS, approvato ai sensi delle disposizioni precedenti, è inviato all’Assessorato regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale entro quindici giorni dalla sua adozione per la verifica di conformità agli indirizzi della programmazione regionale; in assenza di atti regionali espressi, la conformità si intende accertata decorsi trenta giorni dalla ricezione del PLUS.

 

Capo III

Partecipazione e concertazione

 

     Art. 22. Strumenti di programmazione locale partecipata.

     1. I comuni promuovono la partecipazione attiva delle comunità locali alla definizione del sistema locale dei servizi ed alla individuazione delle risorse e delle priorità locali attraverso l’elaborazione concertata del Piano locale unitario dei servizi (PLUS).

     2. La Regione e gli enti locali possono promuovere ulteriori strumenti di programmazione negoziata, al fine di sviluppare il sistema locale dei servizi e degli interventi, coordinando le risorse pubbliche con quelle dei soggetti sociali solidali.

     3. Al fine di affrontare specifiche problematiche sociali e bisogni emergenti nel territorio, i comuni associati possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione, invitando i soggetti sociali solidali attivi nel territorio a presentare progetti di intervento.

     4. Tali istruttorie, promosse secondo principi di trasparenza e di pubblicità amministrativa, sono concordate all’interno delle conferenze di programmazione dei Piani locali unitari dei servizi e debbono indicare, congiuntamente all’invito a partecipare, gli obiettivi da perseguire, la durata del progetto e le forme di finanziamento.

 

     Art. 23. Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria.

     1. Presso l’Assessorato regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale è istituita, in attuazione dell’articolo 2 bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria, quale organo di rappresentanza delle autonomie locali.

     2. La Conferenza permanente è competente ad esprimere parere sugli atti normativi e di programmazione regionale ed a partecipare alle attività di verifica dei piani in materia sociale, sociosanitaria e sanitaria. Essa è nominata con decreto dell’Assessore regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale ed è composta da:

     a) l’Assessore regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale, o un suo delegato, con funzioni di presidente;

     b) i presidenti delle province, o loro delegati;

     c) i presidenti delle conferenze di distretto o loro delegati;

     d) cinque rappresentanti eletti dal Consiglio delle autonomie locali con voto limitato. Qualora, entro il termine di trenta giorni dalla richiesta dell'Assessorato competente, non pervenga l'elenco dei cinque rappresentanti, la conferenza è validamente costituita e funzionante con i componenti di cui alle lettere a), b) e c). Rimane impregiudicata la possibilità che la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria sia successivamente integrata a seguito della comunicazione all'Assessorato competente dei cinque rappresentanti eletti dal Consiglio delle autonomie locali con voto limitato [6].

     3. Le modalità di funzionamento e di organizzazione della Conferenza sono stabilite dal regolamento di attuazione della presente legge.

 

     Art. 24. Consulta regionale per i servizi sociali, sociosanitari e sanitari.

     1. La Consulta per i servizi sociali, sociosanitari e sanitari é l’organo di rappresentanza delle organizzazioni sindacali, dei soggetti sociali solidali, delle professioni sociali, sociosanitarie e sanitarie e di ogni altro organismo di rappresentanza e di tutela, attivi sul territorio regionale.

     2. I componenti della Consulta sono nominati con decreto del Presidente della Regione, previa conforme deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale, e restano in carica per l’intera legislatura.

     3. La composizione della Consulta, le modalità di designazione, le modalità di organizzazione e di funzionamento sono stabilite dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 42.

 

Capo IV

Risorse e forme di finanziamento

 

     Art. 25. Finanziamento del sistema integrato.

     1. Il sistema integrato è finanziato con le risorse stanziate dai comuni, dalla Regione, dallo Stato e dall’Unione europea.

     2. La Regione provvede alla ripartizione dei finanziamenti derivanti da risorse proprie e dagli stanziamenti statali e comunitari agli enti locali, al fine di assicurare la realizzazione dei livelli essenziali sociali e sociosanitari ed il cofinanziamento degli interventi di competenza dei comuni, sulla base di parametri individuati in relazione a:

     a) i livelli essenziali sociali e sociosanitari da garantire su tutto il territorio regionale;

     b) la situazione demografica, epidemiologica, territoriale e socio-economica dei vari ambiti;

     c) gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi e la loro omogeneità nel territorio regionale.

     3. I comuni destinano al finanziamento dei servizi sociali ulteriori risorse derivanti dal proprio bilancio comunale.

     4. L’individuazione dei parametri di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, è oggetto di intesa tra la Regione e gli enti locali, ai sensi dell’articolo 13 della legge regionale n. 1 del 2005.

 

     Art. 25 bis. (Finanziamenti straordinari) [7]

     1. Per esigenze di particolare urgenza e inderogabilità riferite all'affidamento di minori e di anziani disposti dall'autorità giudiziaria o di minori stranieri non accompagnati, l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale è autorizzato ad erogare finanziamenti straordinari ai comuni.

     1 bis. I finanziamenti straordinari sono assegnati ai comuni sia per inserimenti disposti in prima istanza dall'Autorità giudiziaria che per inserimenti in regime di prosecuzione, in proporzione al fabbisogno comunicato dai comuni con riferimento all'annualità di riferimento [8].

     1-bis. Il finanziamento di cui al comma 1 è assicurato anche nel caso di compimento della maggiore età, nelle more dell'effettiva presa in carico e per un periodo non superiore a dodici mesi (missione 12 - programma 07 - titolo 1 - capitolo SC05.0610) [9].

     2. Gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo gravano sulle disponibilità recate dalla UPB S05.03.005 del bilancio della Regione per gli anni 2011-2013 e su quelle corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.

 

     Art. 26. Fondo regionale per il sistema integrato.

     1. Per il perseguimento delle finalità indicate dalla presente legge la Regione istituisce nel proprio bilancio appositi stanziamenti che costituiscono il “Fondo regionale per il sistema integrato dei servizi alla persona”, distinto, rispettivamente, in parte corrente e in conto capitale, in cui confluiscono le risorse regionali, statali e comunitarie.

     2. Il fondo, al netto della quota di cui al punto c) del comma 3, è ripartito fra i comuni in base ai criteri di cui all’articolo 25.

     3. Il fondo opera secondo le seguenti modalità:

     a) una quota è assegnata ai singoli comuni per la realizzazione di interventi di promozione della comunità locale e per i servizi non compresi nella gestione associata;

     b) una quota è assegnata ai comuni stessi, tenendo conto delle modalità di gestione unitaria associata prescelta ed é erogata all’ente gestore da essi individuato;

     c) una quota è riservata alla Regione per il funzionamento del sistema informativo sociale, per il conferimento di incentivi e per il finanziamento di azioni innovative-sperimentali e di progetti di interesse regionale.

 

     Art. 27. Compartecipazione dei destinatari degli interventi alla spesa.

     1. I soggetti destinatari dei servizi e degli interventi sociali partecipano alla spesa sostenuta per la erogazione degli interventi previsti dal programma personalizzato secondo criteri di solidarietà e di progressività; sono esclusi dalla compartecipazione alla spesa i soggetti con posizioni economiche inferiori ad una soglia minima determinata dalla Regione.

     2. La compartecipazione alla spesa è determinata sulla base della valutazione della situazione economica degli aventi diritto e concerne la generalità dei servizi ed interventi del sistema integrato.

     3. Nel regolamento di attuazione di cui all’articolo 42, in armonia con quanto previsto dalla normativa vigente in materia di Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), sono determinati gli elementi reddituali e patrimoniali oggetto della valutazione, i soggetti interessati dalla stessa, il relativo procedimento ed i soggetti competenti, la quantificazione della compartecipazione alla spesa per i singoli servizi, i criteri per l’aggiornamento del minimo vitale di cui al comma 1 e delle quote di compartecipazione.

 

Titolo IV

Tutela dei livelli essenziali e integrazione degli interventi.

 

     Art. 28. Livelli essenziali di assistenza e cittadinanza sociale.

     1. Il sistema integrato assicura, in ogni ambito territoriale, l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali così come definiti dallo Stato nell’esercizio della competenza prevista dalla lettera m) del comma 2 dell’articolo 117 della Costituzione e dall’articolo 29.

     2. Gli enti locali possono prevedere livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli determinati dallo Stato e dalla Regione, stabilendo contestualmente le modalità di finanziamento.

 

     Art. 29. Criteri per la definizione dei livelli essenziali in ambito regionale.

     1. La definizione dei livelli essenziali di assistenza avviene attraverso la indicazione dei seguenti elementi:

     a) la misura di finanziamento, su base pro-capite ponderata, da garantire in tutto il territorio regionale;

     b) gli standard di erogazione dei servizi sociali e sociosanitari con riferimento alla popolazione assistita ed ai suoi bisogni, assicurando che in ogni ambito territoriale siano comunque garantite funzioni di accesso universalistico e di valutazione professionale del bisogno, funzioni di promozione e prevenzione, funzioni di pronto intervento sociale, funzioni di intervento domiciliare, diurno e residenziale.

 

     Art. 30. Modalità di garanzia dei livelli essenziali di assistenza.

     1. I livelli essenziali sono garantiti sul territorio regionale ed all’interno di ciascun ambito territoriale, attraverso la realizzazione di servizi attuati con modalità quali:

     a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento per l’inclusione sociale;

     b) interventi di tutela dei minori in situazioni di disagio e di nuclei familiari in difficoltà;

     c) misure economiche e servizi per favorire la vita autonoma e la permanenza nel proprio domicilio di persone non autosufficienti;

     d) pronto intervento sociale per fronteggiare emergenze personali e familiari, specie quando derivanti da violenza intra o extrafamiliare;

     e) interventi di accoglienza presso famiglie, persone e servizi semiresidenziali e residenziali;

     f) interventi per affrontare condizioni di dipendenza da sostanze e da altra causa;

     g) prestazioni per l’inserimento e l’integrazione sociale di persone con disabilità fisica e psichica in attuazione della Legge 5 febbraio 1992, n. 104;

     h) interventi in favore dei soggetti sottoposti a provvedimento dell’autorità giudiziaria e in esecuzione penale esterna (misure alternative alla detenzione) in stato di bisogno e privi di risorse per il loro reinserimento e integrazione sociale.

     h bis) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari [10].

 

     Art. 31. Criteri e requisiti per l’accesso e la fruizione dei servizi.

     1. Al fine di garantire l’accesso al sistema integrato, costituiscono elementi pregiudiziali all’erogazione di ogni tipologia di intervento:

     a) la valutazione professionale del bisogno;

     b) la predisposizione di un programma personalizzato con la partecipazione del beneficiario;

     c) l’individuazione di un referente per l’attuazione del programma personalizzato;

     d) la comunicazione tempestiva delle informazioni necessarie alla corretta attuazione del programma, dei tempi e delle forme di tutela esperibili da parte del cittadino, dei responsabili amministrativi e professionali, delle modalità di compartecipazione alla spesa;

     e) la documentazione delle fasi di valutazione del bisogno, di predisposizione e di realizzazione del programma personalizzato di intervento secondo modalità tali da consentire l’esercizio del diritto di accesso agli atti di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche e integrazioni. Art. 32. Integrazione sociosanitaria.

     1. In attuazione dell’articolo 3 septies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, i comuni associati e le aziende sanitarie locali garantiscono l’integrazione socio-sanitaria attraverso la programmazione integrata degli interventi e servizi sociosanitari di rispettiva competenza all’interno del Piano unitario locale dei servizi di cui all’articolo 20.

     2. I comuni associati e le aziende sanitarie locali disciplinano, attraverso gli accordi di cui alla lettera b) dell’articolo 16, la gestione integrata dei processi assistenziali sociosanitari predisponendo per ogni ambito territoriale:

     a) punti unitari di accesso ai servizi sociosanitari;

     b) soluzioni organizzative e protocolli operativi per la valutazione multiprofessionale dei bisogni e l’individuazione dell’operatore responsabile dell’attuazione del progetto assistenziale;

     c) procedure comuni di elaborazione dei programmi personalizzati di intervento, tali da risultare verificabili nelle modalità di realizzazione, nei tempi, nell’utilizzo delle risorse e nei risultati conseguiti;

     d) criteri e strumenti di gestione integrata dei sistemi informativi sanitario e sociale;

     e) criteri e modalità di cofinanziamento, sulla base di indirizzi stabiliti dalla Regione.

     3. L’azienda sanitaria locale provvede a definire un apposito capitolo di bilancio, con risorse suddivise per distretto, da destinare alla integrazione dei servizi sociali e sanitari, ed alla realizzazione di quella componente di servizi oggetto del PLUS.

     4. Alla definizione del PLUS l’azienda sanitaria locale partecipa con il direttore generale ovvero con il direttore dei servizi sociosanitari e con il direttore del distretto. [11]

 

     Art. 33. Misure di contrasto della povertà e reddito di cittadinanza.

     1. Nell’adempimento delle proprie funzioni di programmazione, indirizzo e controllo, la Regione adotta politiche ed interventi specifici di contrasto dell’esclusione sociale e della povertà, promuovendo il coordinamento degli strumenti e delle azioni regionali e locali in ambito sociale, scolastico e formativo, di inserimento lavorativo ed abitativo.

     2. La Regione istituisce il reddito di cittadinanza, quale forma specifica di intervento contro l’esclusione sociale e la povertà, che i comuni adottano a favore di cittadini residenti in Sardegna da almeno ventiquattro mesi, valutabile sulla base di criteri da normare con apposito provvedimento legislativo entro novanta giorni.

 

     Art. 34. Osservatorio regionale sulle povertà. [12]

     1. È istituito, presso l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, l'Osservatorio regionale sulle povertà per l'individuazione di efficaci politiche di contrasto alla povertà in Sardegna [13].

     2. La composizione dell'Osservatorio, che deve prevedere rappresentanze delle organizzazioni sindacali e del terzo settore maggiormente rappresentative nel territorio sardo, è definita con delibera della Giunta regionale.

     3. I componenti dell'Osservatorio durano in carica due anni e possono essere rinnovati per due volte consecutive [14].

     4. Per il suo funzionamento l'Osservatorio si avvale di strutture e di personale dell'Amministrazione regionale.

 

Titolo V

Monitoraggio, valutazione, verifica e controllo del sistema integrato dei servizi

 

     Art. 35. Sistema informativo sociale e Osservatorio degli appalti.

     1. La Regione realizza, in collaborazione con i comuni, il sistema informativo sociale, strumento per la raccolta dei dati inerenti alla domanda ed all’offerta sociale, all’andamento della spesa e ad ogni altra informazione necessaria alla programmazione delle politiche sociali in ambito regionale e locale, nonché per la verifica del raggiungimento degli obiettivi.

     2. La Regione istituisce l’Osservatorio degli appalti e dell’applicazione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), con l’obiettivo di assicurare la verifica della conformità applicativa da parte degli enti locali e delle imprese affidatarie.

 

     Art. 36. Competenze regionali in materia di valutazione e controllo.

     1. Il Presidente della Regione, su proposta dell’Assessore competente, presenta al Consiglio regionale un rapporto annuale sullo stato di attuazione della presente legge, con particolare riferimento alla gestione delle risorse ed al raggiungimento degli obiettivi.

     2. Nell’ambito delle funzioni di tutela dei diritti, di verifica e controllo propri della Regione, la Giunta può attivare procedure di esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei soggetti che risultino inadempienti:

     a) rispetto alla approvazione dei Piani locali unitari dei servizi di cui all’articolo 20;

     b) rispetto alla realizzazione dei livelli essenziali sociali e sociosanitari.

     3. In conformità ai principi di leale collaborazione ed in attuazione del principio del contraddittorio, prima di procedere all’esercizio dei poteri sostitutivi, la Giunta regionale convoca una conferenza di servizi finalizzata all’adozione concordata degli atti di cui al comma 2, con la partecipazione dei comuni e dell’azienda sanitaria locale inadempienti, cui sono invitati anche gli altri soggetti pubblici e privati di cui al comma 2 dell’articolo 21.

     4. Qualora, entro il termine di trenta giorni dalla sua convocazione, la conferenza non abbia prodotto i risultati prefissati, la Giunta regionale procede all’esercizio dei poteri sostitutivi per l’adozione degli atti dovuti; a tal fine, il Presidente della Regione, su proposta dell’Assessore dell’igiene, sanità e assistenza sociale, assegna al soggetto inadempiente un termine non superiore a sessanta giorni per provvedere; decorso inutilmente tale termine, il Presidente della Regione provvede alla nomina di uno o più commissari ad acta per l’assolvimento delle funzioni di cui alle lettere a) e b) del comma 2.

     4-bis. Le funzioni di commissario ad acta possono essere esercitate anche dagli enti intermedi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge regionale 4 febbraio 2016, n. 2 (Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna) e di cui all'articolo 2 della legge regionale 12 aprile 2021, n. 7 (Riforma dell'assetto territoriale della Regione. Modifiche alla legge regionale n. 2 del 2016, alla legge regionale n. 9 del 2006 in materia di demanio marittimo e disposizioni urgenti in materia di svolgimento delle elezioni comunali) [15].

 

     Art. 37. Competenze degli enti locali in materia di monitoraggio e valutazione.

     1. Entro il 15 febbraio di ogni anno di vigenza del Piano locale unitario dei servizi (PLUS), le province, i comuni associati e le aziende sanitarie locali approvano il bilancio sociale delle politiche e degli interventi realizzati, in cui sono riportati:

     a) lo stato di realizzazione locale del sistema integrato;

     b) l’andamento della spesa sociale;

     c) gli esiti dei progetti sperimentali eventualmente attivati.

     2. Il bilancio sociale, elaborato con la partecipazione dei soggetti coinvolti nella conferenza di programmazione di cui all’articolo 21, costituisce atto preliminare per la programmazione locale ed è inviato all’Assessorato regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale per lo svolgimento delle funzioni regionali di valutazione, verifica e controllo.

 

Titolo VI

Regolazione qualitativa del sistema dei servizi

 

     Art. 38. Criteri generali di gestione dei servizi.

     1. L’erogazione dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge è svolta:

     a) in forma diretta, dall’ente pubblico titolare delle funzioni di gestione;

     b) in forma indiretta, attraverso soggetti accreditati; la collaborazione con i soggetti accreditati avviene:

     1) in via prioritaria attraverso la concessione, da parte dell’ente titolare delle funzioni di gestione, su richiesta dell’interessato, di titoli validi (voucher) per l’acquisto di servizi sociali;

     2) attraverso l’affidamento dei servizi e il convenzionamento in regime di accordo contrattuale.

     2. Ai fini della individuazione dei soggetti erogatori degli interventi e delle prestazioni di cui alla presente legge, sono oggetto di valutazione i seguenti elementi:

     a) la formazione e l’esperienza professionale degli operatori;

     b) l’esperienza maturata nei settori e servizi di riferimento;

     c) la conoscenza dei problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comunità;

     d) la regolare applicazione del CCNL di riferimento;

     e) il possesso di sistemi certificati di controllo della qualità.

     3. Nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione, gli enti pubblici procedono all’affidamento dei servizi sociali e sociosanitari privilegiando le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate, al fine di valorizzare gli elementi di qualità, organizzazione e professionalità dei soggetti candidati.

     4. Gli enti pubblici procedono all’affidamento dei servizi connessi alla consulenza, assistenza e tutela sulle prestazioni di carattere sociale in convenzione, anche a norma dell’articolo 10 della Legge 30 marzo 2001, n.152, privilegiando, oltre agli elementi di qualità, organizzazione e professionalità dei soggetti, le forme consorziate che possono garantire un servizio capillare e qualificato in tutto il territorio regionale.

     5. Nell’aggiudicazione del servizio i comuni e gli enti pubblici interessati, dovendo comunque considerare prioritario l’aspetto qualitativo delle offerte, utilizzano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, considerando il fattore prezzo con peso non superiore al 30 per cento del peso complessivo e con esclusione del metodo del massimo ribasso.

     6. La convenzione tipo che regola i rapporti tra l’ente pubblico e il soggetto selezionato deve prevedere, oltre alla specifica regolazione della gestione del servizio, gli strumenti e le modalità di verifica in ordine al mantenimento dei livelli qualitativi concordati ed alla conformità della gestione agli obiettivi prefissati, la regolare applicazione del CCNL di riferimento, le modalità di erogazione dei corrispettivi nonché i provvedimenti da adottare in caso di mancato rispetto dei contenuti della convenzione stessa.

     7. La Regione, nell’ambito della programmazione sociale, attiva interventi finalizzati a promuovere la piena espressione della capacità progettuale ed organizzativa dei soggetti sociali solidali del territorio.

 

     Art. 39. Carta dei servizi sociali.

     1. La Regione adotta lo schema tipo della Carta dei servizi sociali al fine di garantire l’informazione ai cittadini, la conoscenza dei diritti e dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, le responsabilità dei soggetti erogatori dei servizi e gli elementi di tutela della qualità degli interventi.

     2. Ogni soggetto erogatore e gestore di servizi adotta e pubblica la Carta dei servizi, in conformità con gli indirizzi regionali e nel rispetto della programmazione territoriale.

     3. La Carta dei servizi contiene:

     a) le informazioni sulle diverse prestazioni offerte;

     b) l’indicazione dei soggetti autorizzati ed accreditati;

     c) i criteri di accesso ai servizi;

     d) le modalità di erogazione e di funzionamento dei servizi;

     e) gli standard di qualità, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza;

     f) le regole e gli indennizzi da applicare in caso di mancato rispetto degli standard previsti, nonché le modalità di ricorso da parte degli utenti.

     4. L’adozione della Carta dei servizi costituisce requisito necessario ai fini dell’autorizzazione e dell’accreditamento.

 

     Art. 40. Autorizzazione.

     1. La realizzazione ed il funzionamento di servizi e strutture sociali e sociosanitarie a ciclo semiresidenziale e residenziale, a gestione pubblica o privata, sono subordinati al rilascio di apposita autorizzazione da parte del comune territorialmente competente.

     2. Sono soggetti ad autorizzazione tutti gli interventi di adattamento, ampliamento, trasferimento e trasformazione di strutture destinate ad attività sociali e sociosanitarie e la realizzazione di nuove strutture; l’autorizzazione alla realizzazione di strutture sociosanitarie è subordinata alla verifica di compatibilità effettuata dalla Regione; sono soggetti ad autorizzazione i servizi e le strutture già operanti e di nuova istituzione rivolti a:

     a) minori, per interventi sociali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia;

     b) persone detenute e ammesse alle misure alternative alla detenzione ed a quelle di reinserimento sociale in comunità educative;

     c) disabili ed anziani, per interventi sociali e sociosanitari finalizzati al mantenimento ed al recupero dell’autonomia personale;

     d) persone con problematiche sociali e sociosanitarie che necessitano di assistenza continua e risultano prive del necessario supporto familiare ovvero per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente pregiudizievole per la loro salute fisica e psichica.

     3. Fermi restando i requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, di prevenzione incendi, di igiene e sicurezza e l’applicazione delle norme contrattuali vigenti, costituiscono requisiti minimi per l’autorizzazione di ogni tipologia di nuovo servizio e struttura semiresidenziale e residenziale:

     a) l’ubicazione in luoghi facilmente raggiungibili con l’uso di mezzi pubblici;

     b) la dotazione di spazi collettivi ed individuali adeguati alle esigenze degli ospiti;

     c) la presenza di un responsabile del servizio e di figure professionali qualificate.

     4. Il regolamento di attuazione di cui all’articolo 43 disciplina:

     a) le singole tipologie di servizio autorizzabili, articolate per numero e tipologie di utenza e per livello assistenziale;

     b) i requisiti e gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi delle singole tipologie di servizio e struttura;

     c) gli strumenti, i termini e le procedure di rilascio dell’autorizzazione, di verifica preliminare dei requisiti e di controllo o monitoraggio successivo di conformità;

     d) i tempi e le procedure per l’adeguamento delle strutture e dei servizi attualmente funzionanti, privi dei requisiti prescritti;

     e) le procedure di rilevazione di irregolarità e di violazione della disciplina relativa all’autorizzazione, le sanzioni applicabili, i casi di decadenza o revoca dell’autorizzazione.

     5. Le funzioni attribuite ai comuni in materia di autorizzazione possono essere delegate ai sensi dell’articolo 15 alla provincia o all’ambito territoriale di riferimento.

 

     Art. 41. Accreditamento.

     1. L’accreditamento costituisce requisito indispensabile per erogare servizi e interventi sociali e sociosanitari per conto di enti pubblici, sulla base di concessioni di titoli di acquisto, di convenzioni ed in attuazione degli accordi contrattuali regionali e della programmazione locale.

     2. I requisiti per l’accreditamento sono stabiliti dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 43, considerati i seguenti elementi:

     a) l’adeguatezza degli spazi alle esigenze degli utenti;

     b) la qualità organizzativa e professionale;

     c) la metodologia di lavoro per progetti e personalizzazione degli interventi;

     d) l’utilizzo di programmi di valutazione di appropriatezza e qualità delle prestazioni;

     e) le forme di partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla programmazione e verifica dell’attività svolta e alla formulazione di proposte rispetto all’accessibilità dei servizi offerti;

     f) il rapporto e l’integrazione con gli altri servizi del territorio.

     3. I soggetti accreditati sono iscritti in un albo regionale dei fornitori di servizi e interventi sociali e sociosanitari istituito presso l’Assessorato regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale.

 

     Art. 42. Accordi contrattuali.

     1. Nell’ambito della programmazione locale i comuni associati determinano, in forma previsionale, il fabbisogno di servizi e prestazioni da acquistare, tenuto conto del profilo sociale locale, delle priorità locali e delle risorse disponibili e stipulano con i soggetti accreditati, individuati sulla base dei criteri di cui al comma 2 dell’articolo 38, apposite convenzioni sulla base di accordi contrattuali quadro predisposti dalla Regione.

     2. La Regione, sulla base della programmazione regionale, definisce accordi contrattuali quadro di durata pluriennale con i soggetti erogatori pubblici e privati accreditati, in cui sono indicati:

     a) gli obiettivi perseguiti dalla programmazione regionale nel periodo di riferimento;

     b) il volume massimo di interventi e prestazioni che i soggetti accreditati si impegnano ad assicurare sul territorio regionale al fine di consentire la garanzia dei livelli di assistenza di cui all’articolo 28;

     c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza, tempi di attesa, continuità assistenziale;

     d) il corrispettivo preventivato a fronte delle singole attività concordate, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività svolte;

     e) gli strumenti di valutazione partecipata degli interventi ed i programmi di formazione e aggiornamento degli operatori pubblici e privati.

     3. Nella predisposizione degli accordi contrattuali quadro, la Regione attiva forme di concertazione con le organizzazioni sindacali e con le organizzazioni di categoria dei soggetti accreditati ed acquisisce il parere della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria di cui all’articolo 23.

 

Titolo VII

Norme di attuazione, transitorie, abrogative e finali

 

     Art. 43. Regolamento di attuazione.

     1. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Regione adotta uno o più regolamenti di attuazione, in cui sono disciplinati:

     a) la composizione della Consulta regionale, l’organizzazione ed il funzionamento della Consulta e della Conferenza permanente di cui agli articoli 23 e 24;

     b) l’Osservatorio degli appalti di cui all’articolo 35;

     c) i requisiti e gli standard per il rilascio dell’autorizzazione e per l’accreditamento;

     d) i procedimenti di verifica e concessione dell’autorizzazione e dell’accreditamento;

     e) gli elementi e procedimenti per la valutazione della capacità economica dei destinatari degli interventi e per la determinazione della compartecipazione alla spesa;

     f) ogni altro profilo attuativo espressamente previsto dalla presente legge.

 

     Art. 44. Disposizioni in materia di Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB).

     1. Le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) che operano prevalentemente nel campo socioassistenziale, anche mediante il finanziamento di attività ed interventi sociali realizzati da altri enti con le rendite derivanti dalla gestione del loro patrimonio, sono inserite nel sistema integrato di cui all’articolo 2, nel rispetto delle loro finalità e specificità statutarie.

     2. Con la presente legge la Regione dispone la trasformazione della forma giuridica delle IPAB in aziende pubbliche di servizi alla persona o in enti morali di diritto privato, al fine di garantire l’obiettivo di una efficace ed efficiente gestione, assicurando autonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica compatibile con il mantenimento dei vincoli posti dalle tavole di fondazione e dagli statuti.

     3. Le IPAB che dimostrano la capacità finanziaria per poter proseguire nell’attuazione degli scopi statutari, possono essere trasformate in aziende pubbliche di servizi alla persona o in associazioni o fondazioni di diritto privato.

     4. Le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi alla persona e alla comunità sono tenute a trasformarsi in aziende pubbliche di servizi alla persona e ad adeguare i propri statuti, secondo i principi ed i criteri di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, ai contenuti ed agli obiettivi della presente legge, entro sei mesi dall’entrata in vigore del regolamento di attuazione.

     5. Sono escluse dall’obbligo di cui al comma 4 le istituzioni nei confronti delle quali siano accertate le caratteristiche di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 1990, “Direttiva alle regioni in materia di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza a carattere regionale ed infraregionale”. L’accertamento avviene su richiesta dell’istituzione secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione della presente legge.

     6. La trasformazione in azienda pubblica è esclusa:

     a) nel caso in cui le dimensioni dell’istituzione non giustifichino il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico;

     b) nel caso in cui l’entità del patrimonio e il volume del bilancio siano insufficienti per la realizzazione delle finalità e dei servizi previsti dallo statuto;

     c) nel caso di verificata inattività nel campo sociale da almeno due anni alla data di entrata in vigore della presente legge;

     d) nel caso risultino esaurite o non siano più conseguibili le finalità previste nelle tavole di fondazione o negli statuti e non sussista interesse alla modifica delle stesse.

     7. Nei casi di cui ai punti b) e c) del comma 5, è consentita la ripresa dell’attività nel campo sociale ed il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico qualora, nel termine di un anno dall’entrata in vigore della presente legge, venga presentato alla Regione un piano di risanamento, anche mediante fusione con altre istituzioni, tale da consentire la ripresa dell’attività nel campo sociale; qualora entro sei mesi dalla sua approvazione il piano di risanamento non trovi attuazione, la Regione provvede ai sensi del comma 4 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 207 del 2001.

     8. Le IPAB che non sono più in grado di funzionare o hanno espresso la volontà di non sussistere sono soppresse con decreto del Presidente della Regione e beni e funzioni sono trasferiti al comune ove le stesse hanno sede legale.

     8 bis. Le IPAB che svolgono prevalentemente attività di erogazione di servizi socio-sanitari che non sono più in grado di funzionare o hanno espresso la volontà di non sussistere e che non hanno ancora concluso il procedimento di trasformazione, sono soppresse con decreto del Presidente della Regione. I beni, le funzioni e le ragioni attive e passive di credito sono trasferiti all'azienda sanitaria locale nel cui ambito territoriale le IPAB hanno la sede legale, previo scorporo dell'attività sociale che segue la disciplina di cui al comma 8 [16].

     9. Le aziende pubbliche di servizi alla persona e le associazioni e fondazioni di diritto privato che operano nel campo dei servizi sociali e sociosanitari partecipano alla programmazione ed alla gestione dei servizi sociali e sanitari secondo quanto previsto negli strumenti della programmazione regionale e locale.

     10. Per quanto riguarda gli organi di governo, il funzionamento, la gestione, il patrimonio e gli aspetti statutari, si fa rinvio al regolamento di attuazione della presente legge.

 

     Art. 45. (Disposizioni in materia di Comitato di gestione del fondo di cui alla Legge n. 266 del 1991). [17]

     1. Al fine di garantire piena integrazione e massimo coinvolgimento del volontariato nello sviluppo del sistema dei servizi alla persona a partire dai bisogni delle comunità locali, il Comitato di gestione del fondo di cui all’articolo 15 della Legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), è costituito da:

     a) quattro rappresentanti delle associazioni del volontariato, iscritte nei registri regionali, designati ai sensi del decreto ministeriale 8 ottobre 1997 e dell’articolo 19 della legge regionale n. 39 del 1993, favorendo la rappresentanza dell’intero territorio regionale;

     b) un componente nominato dal Presidente della Regione;

     c) un componente nominato dal Ministero del welfare;

     d) sette membri nominati dagli enti e dalle casse di risparmio che versano le quote di propria spettanza nel fondo di cui all’articolo 15 della Legge n. 266 del 1991;

     e) un membro nominato dall’associazione fra le casse di risparmio italiane;

     f) due componenti, in rappresentanza dei comuni e delle province, eletti dal Consiglio delle autonomie locali.

     2. Il Comitato di gestione, costituito ai sensi del comma 1, opera ai sensi del decreto ministeriale 8 ottobre 1997 e successive modifiche. Elegge al suo interno il presidente, è comunque costituito con la metà più uno dei componenti e resta in carica per un biennio. La procedura di rinnovo del Comitato viene attivata dal presidente uscente tre mesi prima della scadenza del mandato.

     3. La carica di componente del Comitato di gestione è gratuita; è consentito solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute per partecipare alle riunioni.

     4. Il Comitato di gestione:

     a) provvede ad individuare e a rendere pubblici i criteri per l’istituzione di uno o più centri di servizio nella Regione, ai sensi dell’articolo 3 del decreto ministeriale 8 ottobre 1997; quando i criteri prevedono che gli istituendi centri di servizio possono essere più di uno, in considerazione delle diversificate esigenze del volontariato, attraverso le opportune forme di coordinamento tra i centri previste nei criteri medesimi, il Comitato mira all’utilizzo ottimale delle risorse disponibili quanto a costi e benefici, alla collaborazione tra i centri, alla circolazione e qualificazione delle esperienze;

     b) riceve le istanze per la relativa istituzione dei centri di servizio e, sulla base di criteri e di scadenze preventivamente predeterminati e pubblicizzati nel Bollettino ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale, istituisce con provvedimento motivato i centri di servizio, secondo le procedure di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale 8 ottobre 1997;

     c) istituisce l’elenco regionale dei centri di servizio denominato “Elenco regionale dei centri di servizio” di cui all’articolo 15 della Legge n. 266 del 1991, e ne pubblicizza l’esistenza; in tale contesto viene descritta l’attività svolta da ciascun centro e vengono pubblicizzati i singoli regolamenti che li disciplinano;

     d) nomina un membro degli organi deliberativi e un membro degli organi di controllo dei centri di servizio;

     e) ripartisce annualmente, fra i centri di servizio istituiti nella regione, le somme scritturate nel fondo speciale di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 8 ottobre 1997;

     f) riceve dai centri di servizio un rapporto annuale delle attività realizzate, nonché il bilancio preventivo e consuntivo di cui all’articolo 5 del decreto ministeriale 8 ottobre 1997, ne verifica la regolarità e la conformità ai rispettivi regolamenti; copia del rapporto annuale e dei bilanci è trasmessa per conoscenza alla Giunta regionale e al Consiglio regionale;

     g) cancella con provvedimento motivato dall’elenco regionale, di cui alla lettera c), i centri di servizio secondo le previsioni del comma 5 dell’articolo 3 del decreto ministeriale 8 ottobre 1997.

     5. L’appartenenza all’organo deliberativo ed all’organo di controllo dei soggetti gestori dei centri di servizio è incompatibile con l’appartenenza al Comitato di gestione.

     6. II funzionamento dei centri di servizio è disciplinato con le modalità previste dall’articolo 3 del decreto ministeriale 8 ottobre 1997, attuativo della Legge n. 266 del 1991.

     7. Le associazioni di volontariato che gestiscono i centri di servizio devono prevedere una base associativa aperta che favorisca il ricambio nella composizione degli organi direttivi.

 

     Art. 46. Direzione regionale delle politiche sociali.

     1. Presso l’Assessorato regionale dell’igiene, sanità e assistenza sociale è istituita, ai sensi del comma 1 dell’articolo 12 e del comma 1 dell’articolo 13 della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31, la direzione generale delle politiche sociali.

     2. La direzione generale delle politiche sociali si articola in servizi ed ulteriori unità organizzative, ai sensi degli articoli 12 e 13 della legge regionale n. 31 del 1998.

 

     Art. 47. Abrogazioni.

     1. È abrogata la legge regionale 25 gennaio 1988, n. 4 (Riordino delle funzioni socio-assistenziali).

     2. Sono abrogati i commi 1, 4 e 7 dell’articolo 22 della legge regionale n. 39 del 1993 e l’articolo 43 della legge regionale 20 aprile 2000, n. 4.

     3. Sono altresì abrogate tutte le norme regionali in contrasto con la presente legge.

     3 bis. È abrogato l'articolo 11 della legge regionale 26 febbraio 1999, n. 8 (Provvedimenti urgenti e inderogabili) [18].

 

     Art. 48. Disposizione transitorie.

     1. Entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge la Regione disciplina il riordino delle provvidenze economiche a favore di talassemici, emofilici e linfopatici di cui alla legge regionale 25 novembre 1983, n.27, dei neuropatici ex articoli 1 e 2 della legge regionale 8 maggio 1985, n.11, e successive modifiche ed integrazioni, dei soggetti affetti da neoplasie maligne di cui alla legge regionale 11 maggio 2004, n. 6, e successive modifiche e integrazioni; la Regione disciplina, inoltre, la realizzazione degli interventi a favore dei sofferenti mentali di cui alle leggi regionali 6 novembre 1992, n. 15, e 30 maggio 1997, n. 20, e delle persone con disabilità ex articolo 92 della legge regionale 28 maggio 1985, n. 12.

     2. In attesa del riordino, il conferimento delle provvidenze di cui al comma 1 è attuato secondo i criteri di accesso di cui alla presente legge e in applicazione dei criteri di cui agli articoli 4 e 5 e di cui agli articoli 30 e 31.

     3. Fino all’entrata in vigore del regolamento di attuazione di cui all’articolo 43, si applicano le disposizioni del decreto del Presidente della Giunta regionale 14 febbraio 1989, n. 12 e successive modificazioni (Regolamento di attuazione della legge regionale 25 gennaio 1988, n. 4).

     4. Fino all’approvazione del Piano regionale dei servizi alla persona i criteri di ripartizione del Fondo regionale sono approvati con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell’Assessore competente in materia, previo parere della competente Commissione consiliare.

     5. Le disposizioni relative all’accreditamento si applicano a decorrere dall’approvazione del regolamento di attuazione della presente legge.

 

     Art. 49. Disposizioni finanziarie.

     1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, valutati in euro 180.000.000 annui, si fa fronte con le risorse già destinate agli interventi previsti dalle disposizioni di cui si prevede l’abrogazione con l’articolo 47.

     2. L’Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio con proprio decreto provvede alle conseguenti variazioni di bilancio.


[1] Nella presente legge, la locuzione "Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria" si intende sostituita con "Conferenza territoriale socio sanitaria" per effetto dell'art. 10 della L.R. 17 novembre 2014, n. 23.

[2] Comma aggiunto dall'art. 43 della L.R. 17 maggio 2016, n. 9.

[3] Comma aggiunto dall'art. 43 della L.R. 17 maggio 2016, n. 9.

[4] Comma così modificato dall'art. 26 della L.R. 25 novembre 2014, n. 24.

[5] Comma così modificato dall'art. 26 della L.R. 25 novembre 2014, n. 24.

[6] Lettera così modificata dall'art. 11 della L.R. 7 novembre 2012, n. 21.

[7] Articolo inserito dall'art. 18 della L.R. 30 giugno 2011, n. 12.

[8] Comma inserito dall'art. 8 della L.R. 28 dicembre 2018, n. 48.

[9] Comma aggiunto, come ulteriore "comma 1 bis", dall'art. 4 della L.R. 6 dicembre 2019, n. 20.

[10] Lettera aggiunta dall’art. 27 della L.R. 11 maggio 2006, n. 4.

[11] Comma così sostituito dall'art. 14 della L.R. 28 luglio 2006, n. 10.

[12] Articolo sostituito dall'art. 3 della L.R. 14 maggio 2009, n. 1.

[13] Comma così modificato dall'art. 26 della L.R. 25 novembre 2014, n. 24.

[14] Comma così sostituito dall'art. 19 della L.R. 22 novembre 2021, n. 17.

[15] Comma aggiunto dall'art. 19 della L.R. 22 novembre 2021, n. 17.

[16] Comma inserito dall'art. 4 della L.R. 3 dicembre 2015, n. 32. Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 1 della L.R. 27 luglio 2017, n. 13.

[17] Articolo così sostituito dall’art. 27 della L.R. 11 maggio 2006, n. 4.

[18] Comma aggiunto dall'art. 18 della L.R. 30 giugno 2011, n. 12.