§ 53.5.98 - D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105.
Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose.


Settore:Normativa nazionale
Materia:53. Igiene e sicurezza del lavoro
Capitolo:53.5 sostanze pericolose
Data:26/06/2015
Numero:105


Sommario
Art. 1.  Finalità
Art. 2.  Ambito di applicazione
Art. 3.  Definizioni
Art. 4.  Valutazione dei pericoli di incidente rilevante per una particolare sostanza pericolosa
Art. 5.  Funzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
Art. 6.  Funzioni del Ministero dell'interno
Art. 7.  Funzioni della Regione
Art. 8.  Funzioni degli altri enti territoriali
Art. 9.  Organi tecnici nazionali e regionali
Art. 10.  Comitato tecnico regionale: composizione e funzionamento
Art. 11.  Coordinamento per l'uniforme applicazione sul territorio nazionale
Art. 12.  Obblighi generali del gestore
Art. 13.  Notifica
Art. 14.  Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti
Art. 15.  Rapporto di sicurezza
Art. 16.  Nuovi stabilimenti: rapporti di sicurezza
Art. 17.  Procedura per la valutazione del rapporto di sicurezza
Art. 18.  Modifiche di uno stabilimento
Art. 19.  Effetto domino
Art. 20.  Piano di emergenza interna
Art. 21.  Piano di emergenza esterna
Art. 22.  Assetto del territorio e controllo dell'urbanizzazione
Art. 23.  Informazioni al pubblico e accesso all'informazione
Art. 24.  Consultazione pubblica e partecipazione al processo decisionale
Art. 25.  Accadimento di incidente rilevante
Art. 26.  Informazione sull'incidente rilevante
Art. 27.  Ispezioni
Art. 28.  Sanzioni
Art. 29.  Disposizioni finanziarie
Art. 30.  Disposizioni tariffarie
Art. 31.  Prevenzione incendi per gli stabilimenti di soglia superiore
Art. 32.  Norme finali e transitorie
Art. 33.  Riferimenti normativi e abrogazione di norme


§ 53.5.98 - D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105.

Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose.

(G.U. 14 luglio 2015, n. 161 - S.O. n. 38)

 

     IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

     Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

     Vista la direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose;

     Vista la direttiva 2003/105/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2003, che modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose;

     Vista la direttiva 2012/18/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012 sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose;

     Vista la legge del 6 agosto 2013, n. 96, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2013 e, in particolare, l'allegato B;

     Visto il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, recante attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterrane;

     Visto il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante attuazione della direttiva 96/82/CE, relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose;

     Visto il decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238, recante attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose;

     Visto il decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 48, recante attuazione dell'articolo 30 della direttiva 2012/18/UE;

     Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 27 marzo 2015;

     Acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso nella seduta del 7 maggio 2015;

     Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

     Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 23 giugno 2015;

     Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell'economia e delle finanze, della salute, dell'interno, dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti;

 

     Emana

     il seguente decreto legislativo:

 

Capo I

Principi generali e campo di applicazione

 

Art. 1. Finalità

     1. Il presente decreto detta disposizioni finalizzate a prevenire incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per la salute umana e per l'ambiente.

     2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nel presente decreto secondo le previsioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

     3. Le disposizioni del presente decreto recanti obblighi o adempimenti a carico del gestore nei confronti delle regioni o degli organi regionali si intendono riferite per le province autonome di Trento e di Bolzano, alla provincia autonoma territorialmente competente; quelle che rinviano a organi tecnici regionali o interregionali si intendono riferite agli enti, agli organismi e alle strutture compresi negli enti territoriali di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, competenti secondo il rispettivo ordinamento.

     4. Fino all'avvenuto trasferimento alle regioni delle funzioni di cui all'articolo 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le competenze amministrative relative alle attività a rischio di incidente rilevante conferite alle regioni dallo stesso articolo 72 sono esercitate dallo Stato secondo le disposizioni di cui al Capo II del presente decreto.

 

     Art. 2. Ambito di applicazione

     1. Il presente decreto si applica agli stabilimenti, come definiti all'articolo 3.

     2. Il presente decreto non si applica:

     a) agli stabilimenti, agli impianti o ai depositi militari;

     b) ai pericoli connessi alle radiazioni ionizzanti derivanti dalle sostanze;

     c) salvo quanto previsto al comma 4, al trasporto di sostanze pericolose e al deposito temporaneo intermedio direttamente connesso, su strada, per ferrovia, per idrovia interna e marittima o per via aerea, comprese le attività di carico e scarico e il trasferimento intermodale presso le banchine, i moli o gli scali ferroviari di smistamento e terminali, al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente decreto;

     d) al trasporto di sostanze pericolose in condotte, comprese le stazioni di pompaggio al di fuori degli stabilimenti soggetti al presente decreto;

     e) allo sfruttamento, ovvero l'esplorazione, l'estrazione e il trattamento di minerali in miniere e cave, anche mediante trivellazione;

     f) all'esplorazione e allo sfruttamento offshore di minerali, compresi gli idrocarburi;

     g) allo stoccaggio di gas in siti sotterranei offshore, compresi i siti di stoccaggio dedicati e i siti in cui si effettuano anche l'esplorazione e lo sfruttamento di minerali, tra cui idrocarburi;

     h) alle discariche di rifiuti, compresi i siti di stoccaggio sotterraneo.

     3. In deroga a quanto previsto dalle lettere e) e h) del comma 2, lo stoccaggio sotterraneo sulla terraferma di gas in giacimenti naturali, acquiferi, cavità saline o miniere esaurite e le operazioni di trattamento chimico o fisico e il deposito a esse relativo, che comportano l'impiego di sostanze pericolose nonchè gli impianti operativi di smaltimento degli sterili, compresi i bacini e le dighe di raccolta degli sterili, contenenti sostanze pericolose, sono inclusi nell'ambito di applicazione del presente decreto. Negli stoccaggi sotterranei sulla terraferma di gas in giacimenti naturali, acquiferi, cavità saline o miniere esaurite si applicano le disposizioni di coordinamento di cui all'allegato M.

     4. Gli scali merci terminali di ferrovie rientrano nella disciplina del presente decreto:

     a) quando svolgono attività di riempimento o svuotamento di cisterne di sostanze pericolose o di carico o scarico in carri o container di sostanze pericolose alla rinfusa in quantità uguali o superiori a quelle indicate all'allegato 1;

     b) quando effettuano una specifica attività di deposito, diversa da quella propria delle fasi di trasporto, dall'accettazione alla riconsegna, di sostanze pericolose presenti in quantità uguali o superiori a quelle indicate all'allegato 1.

     5. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano fatte salve le disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

 

     Art. 3. Definizioni

     1. Ai fini del presente decreto valgono le seguenti definizioni:

     a) «stabilimento»: tutta l'area sottoposta al controllo di un gestore, nella quale sono presenti sostanze pericolose all'interno di uno o più impianti, comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse; gli stabilimenti sono stabilimenti di soglia inferiore o di soglia superiore;

     b) «stabilimento di soglia inferiore»: uno stabilimento nel quale le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 2 della parte 1 o nella colonna 2 della parte 2 dell'allegato 1, ma in quantità inferiori alle quantità elencate nella colonna 3 della parte 1, o nella colonna 3 della parte 2 dell'allegato 1, applicando, ove previsto, la regola della sommatoria di cui alla nota 4 dell'allegato 1;

     c) «stabilimento di soglia superiore»: uno stabilimento nel quale le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 3 della parte 1 o nella colonna 3 della parte 2 dell'allegato 1, applicando, ove previsto, la regola della sommatoria di cui alla nota 4 dell'allegato 1;

     d) «stabilimento adiacente»: uno stabilimento ubicato in prossimità tale di un altro stabilimento da aumentare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante;

     e) «nuovo stabilimento»:

     1) uno stabilimento che avvia le attività o che è costruito il 1° giugno 2015 o successivamente a tale data, oppure

     2) un sito di attività che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2012/18/UE o uno stabilimento di soglia inferiore che diventa uno stabilimento di soglia superiore o viceversa il 1° giugno 2015 o successivamente a tale data, per modifiche ai suoi impianti o attività che determinino un cambiamento del suo inventario delle sostanze pericolose;

     f) «stabilimento preesistente»: uno stabilimento che il 31 maggio 2015 rientra nell'ambito di applicazione del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e che, a decorrere dal 1° giugno 2015, rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2012/18/UE, senza modifiche della sua classificazione come stabilimento di soglia inferiore o stabilimento di soglia superiore;

     g) «altro stabilimento»: un sito di attività che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2012/18/UE, o uno stabilimento di soglia inferiore che diventa uno stabilimento di soglia superiore o viceversa, il 1° giugno 2015 o successivamente a tale data, per motivi diversi da quelli di cui alla lettera e);

     h) «impianto»: un'unità tecnica all'interno di uno stabilimento e che si trovi fuori terra o a livello sotterraneo, nel quale sono prodotte, utilizzate, maneggiate o immagazzinate le sostanze pericolose; esso comprende tutte le apparecchiature, le strutture, le condotte, i macchinari, gli utensili, le diramazioni ferroviarie private, le banchine, i pontili che servono l'impianto, i moli, i magazzini e le strutture analoghe, galleggianti o meno, necessari per il funzionamento di tale impianto;

     i) «gestore»: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce uno stabilimento o un impianto, oppure a cui è stato delegato il potere economico o decisionale determinante per l'esercizio tecnico dello stabilimento o dell'impianto stesso;

     l) «sostanza pericolosa»: una sostanza o miscela di cui alla parte 1 o elencata nella parte 2 dell'allegato 1, sotto forma di materia prima, prodotto, sottoprodotto, residuo o prodotto intermedio;

     m) «miscela»: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze;

     n) «presenza di sostanze pericolose»: la presenza, reale o prevista, di sostanze pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che è ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attività di deposito, in un impianto in seno allo stabilimento, in quantità pari o superiori alle quantità limite previste nella parte 1 o nella parte 2 dell'allegato 1;

     o) «incidente rilevante»: un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verifichino durante l'attività di uno stabilimento soggetto al presente decreto e che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose;

     p) «pericolo»: la proprietà intrinseca di una sostanza pericolosa o della situazione fisica, esistente in uno stabilimento, di provocare danni per la salute umana e/o per l'ambiente;

     q) «rischio»: la probabilità che un determinato evento si verifichi in un dato periodo o in circostanze specifiche;

     r) «deposito»: la presenza di una certa quantità di sostanze pericolose a scopo di immagazzinamento, deposito per custodia in condizioni di sicurezza o stoccaggio;

     s) «deposito temporaneo intermedio»: deposito dovuto a sosta temporanea richiesta dalle condizioni di trasporto, di traffico o ai fini del cambio del modo o del mezzo di trasporto, non finalizzato al trattamento e allo stoccaggio;

     t) «pubblico»: una o più persone fisiche o giuridiche nonchè, ai sensi della disciplina vigente, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

     u) «pubblico interessato»: il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle decisioni adottate su questioni disciplinate dall'articolo 24, comma 1, o che ha un interesse da far valere in tali decisioni; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla disciplina vigente si considerano portatrici di un siffatto interesse;

     v) «ispezioni»: tutte le azioni di controllo, incluse le visite in situ, delle misure, dei sistemi, delle relazioni interne e dei documenti di follow-up, nonchè qualsiasi attività di follow-up eventualmente necessaria, compiute da o per conto dell'autorità competente al fine di controllare e promuovere il rispetto dei requisiti fissati dal presente decreto da parte degli stabilimenti.

 

     Art. 4. Valutazione dei pericoli di incidente rilevante per una particolare sostanza pericolosa

     1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta del gestore o di altro soggetto interessato, valuta, al fine della comunicazione alla Commissione europea di cui al comma 6, se è impossibile in pratica che una sostanza pericolosa di cui alla parte 1, o elencata nella parte 2 dell'allegato 1, provochi un rilascio di materia o energia che possa dar luogo a un incidente rilevante, sia in condizioni normali che anormali, ragionevolmente prevedibili. Il Ministero, ai fini della valutazione, si avvale dell'Istituto superiore per la protezione ambientale (di seguito ISPRA) e degli altri organi tecnici nazionali di cui all'articolo 9, per gli aspetti di specifica competenza.

     2. Detta valutazione, effettuata in base ai criteri e con le modalità definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, sentita la Conferenza Unificata, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, tiene conto delle informazioni di cui al comma 4, e si basa su una o più delle seguenti caratteristiche:

     a) la forma fisica della sostanza pericolosa in condizioni normali di lavorazione o manipolazione o in caso di perdita di contenimento non programmata;

     b) le proprietà intrinseche della sostanza o delle sostanze pericolose, in particolare quelle relative al comportamento dispersivo in uno scenario di incidente rilevante, quali la massa molecolare e la tensione di vapor saturo;

     c) la concentrazione massima della sostanza o delle sostanze pericolose nel caso di miscele.

     3. Ai fini della valutazione di cui al comma 1 si tiene conto, ove appropriato, del contenimento e dell'imballaggio generico della sostanza pericolosa, in particolare laddove disciplinati da specifiche disposizioni normative dell'Unione europea.

     4. La proposta di cui al comma 1, formulata dal proponente in conformità ai criteri ed alle modalità del decreto di cui al comma 2, deve essere corredata delle informazioni necessarie per valutare le proprietà della sostanza pericolosa in questione sotto il profilo dei pericoli per la salute, dei pericoli fisici e dei pericoli per l'ambiente, che comprendono:

     a) un elenco dettagliato delle proprietà necessarie a valutare i rischi potenziali che presenta una sostanza pericolosa di provocare danni fisici o danni per la salute umana o per l'ambiente;

     b) proprietà fisiche e chimiche (ad esempio, massa molecolare, tensione di vapor saturo, tossicità intrinseca, punto di ebollizione, reattività, viscosità, solubilità e altre proprietà pertinenti);

     c) proprietà relative ai pericoli per la salute e ai pericoli fisici (ad esempio reattività, infiammabilità, tossicità, oltre a fattori aggiuntivi quali le modalità di aggressione sul corpo, il tasso di ferimento e mortalità, gli effetti a lungo termine e altre proprietà a seconda dei casi);

     d) proprietà relative ai pericoli per l'ambiente (ad esempio, ecotossicità, persistenza, bioaccumulazione, potenziale di propagazione a lunga distanza nell'ambiente e altre proprietà pertinenti);

     e) se disponibile, la classificazione, a livello dell'Unione europea, della sostanza o miscela;

     f) informazioni sulle specifiche condizioni operative per la sostanza (ad esempio, temperatura, pressione e altre condizioni a seconda dei casi) alle quali la sostanza pericolosa è immagazzinata, utilizzata o può essere presente nel caso di operazioni anormali prevedibili o di incidenti quali incendi.

     5. La proposta di valutazione di cui al comma 1 è presentata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si esprime nel merito, sulla base degli esiti dell'istruttoria effettuata ai sensi del comma 1, entro 120 giorni dalla presentazione, dandone comunicazione al proponente.

     6. Qualora il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a seguito della valutazione effettuata, ritenga che una sostanza pericolosa non presenti un pericolo di incidente rilevante ai sensi del comma 1, lo comunica alla Commissione europea unitamente ai documenti giustificativi, comprese le informazioni di cui al comma 4, per i fini di cui all'articolo 4 della direttiva 2012/18/UE.

 

Capo II

Competenze

 

     Art. 5. Funzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

     1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltre alle funzioni previste dal presente decreto legislativo in merito a valutazioni e controlli, esercita funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti e provvede allo scambio di informazioni con la Commissione europea e gli Stati membri dell'Unione europea, sulla base delle informazioni fornite dalle autorità competenti.

     2. Al fine dello scambio di informazioni nell'ambito dell'Unione europea il Ministero:

     a) in caso di applicazione dell'esenzione dall'obbligo di predisposizione del piano di emergenza esterna di cui all'articolo 21, comma 11, in uno stabilimento vicino al territorio di un altro Stato membro, informa tempestivamente lo Stato interessato della decisione motivata di non predisporre il piano di emergenza esterna, a causa della impossibilità di generare alcun pericolo di incidente rilevante al di fuori dei confini dello stabilimento medesimo;

     b) qualora un altro Stato membro possa subire gli effetti transfrontalieri di un incidente rilevante, verificatosi in uno degli stabilimenti di soglia superiore, mette a disposizione di tale Stato informazioni sufficienti ad applicare, se del caso, le pertinenti disposizioni degli articoli 21, 22 e 23;

     c) informa tempestivamente la Commissione europea sugli incidenti rilevanti verificatisi sul territorio nazionale e che rispondano ai criteri riportati all'allegato 6, con le modalità di cui all'articolo 26;

     d) entro il 30 settembre 2019, e successivamente ogni quattro anni, presenta alla Commissione europea una relazione quadriennale sull'attuazione della direttiva 2012/18/UE con le modalità stabilite dalla Commissione stessa ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 5, della direttiva 2012/18/UE;

     e) comunica alla Commissione europea il nome e la ragione sociale del gestore, l'indirizzo degli stabilimenti soggetti all'articolo 2, comma 1, nonchè informazioni sulle attività dei suddetti stabilimenti con le modalità stabilite dalla Commissione stessa ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 5, della direttiva 2012/18/UE.

     3. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare coordina ed indirizza la predisposizione e l'aggiornamento, da parte dell'ISPRA, dell'inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti e degli esiti di valutazione dei rapporti di sicurezza e delle ispezioni. L'inventario è utilizzato anche al fine della trasmissione delle notifiche da parte dei gestori e dello scambio delle informazioni tra le amministrazioni competenti.

     4. Le autorità competenti rendono disponibili, per via telematica, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le informazioni necessarie per le comunicazioni di cui al comma 2.

 

     Art. 6. Funzioni del Ministero dell'interno

     1. Per l'espletamento delle funzioni di cui al presente decreto il Ministero dell'interno istituisce, nell'ambito di ciascuna regione, un Comitato tecnico regionale (CTR).

     2. Il Ministero dell'interno - Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile - Direzione Centrale Prevenzione e Sicurezza Tecnica, in collaborazione con l'ISPRA, predispone il piano nazionale di ispezioni di cui all'articolo 27, comma 3, per gli stabilimenti di soglia superiore e coordina la programmazione delle ispezioni ordinarie predisposta dai CTR.

     3. Il CTR, relativamente agli stabilimenti di soglia superiore:

     a) effettua le istruttorie sui rapporti di sicurezza e adotta i provvedimenti conclusivi;

     b) programma e svolge le ispezioni ordinarie di cui all'articolo 27 e adotta i provvedimenti discendenti dai relativi esiti;

     c) applica, tramite la Direzione regionale o interregionale dei Vigili del fuoco, le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 28;

     d) fornisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le informazioni necessarie per gli adempimenti di cui all'articolo 5 e all'articolo 27, comma 13.

     4. Il CTR, su istanza del Comune, fornisce un parere tecnico di compatibilità territoriale ed urbanistica, e fornisce alle autorità competenti per la pianificazione territoriale e urbanistica i pareri tecnici per l'elaborazione dei relativi strumenti di pianificazione, come previsto all'articolo 22.

     5. Il CTR, in accordo con la regione o il soggetto da essa designato, eventualmente acquisendo informazioni dai competenti Enti territoriali, individua gli stabilimenti o i gruppi di stabilimenti soggetti ad effetto domino e le aree ad elevata concentrazione di stabilimenti e provvede ai relativi adempimenti, come previsto all'articolo 19.

     6. Il Prefetto competente per territorio predispone i piani di emergenza esterna per gli stabilimenti di soglia superiore ed inferiore e ne dispone l'attuazione, secondo quanto previsto agli articoli 21 e 25.

 

     Art. 7. Funzioni della Regione

     1. La Regione o il soggetto da essa designato relativamente agli stabilimenti di soglia inferiore:

     a) predispone il piano regionale di ispezioni di cui all'articolo 27, comma 3, programma e svolge le relative ispezioni ordinarie e straordinarie, e adotta i provvedimenti discendenti dai loro esiti;

     b) si esprime, ai sensi dell'articolo 19, al fine della individuazione degli stabilimenti soggetti ad effetto domino e delle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti;

     c) fornisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le informazioni necessarie per gli adempimenti di cui all'articolo 5 e all'articolo 27, comma 13;

     d) disciplina le modalità anche contabili relative al versamento delle tariffe di competenza regionale di cui all'articolo 30.

     2. La Regione o il soggetto da essa designato ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, fermo restando il supporto tecnico scientifico dell'agenzia regionale per l'ambiente territorialmente competente, può stipulare apposita convenzione con la Direzione regionale o interregionale dei vigili del fuoco competente per territorio.

 

     Art. 8. Funzioni degli altri enti territoriali

     1. Il Comune esercita le funzioni:

     a) relative al controllo dell'urbanizzazione in relazione alla presenza di stabilimenti, con le modalità specificate all'articolo 22;

     b) relative alla informazione, consultazione e partecipazione ai processi decisionali del pubblico previste agli articoli 23 e 24.

     2. L'ente territoriale di area vasta di cui all'articolo 1, commi 2 e 3 della legge 7 aprile 2014, n. 56, esercita le funzioni relative al controllo dell'urbanizzazione in relazione alla presenza di stabilimenti, con le modalità specificate all'articolo 22.

 

     Art. 9. Organi tecnici nazionali e regionali

     1. Ai fini dell'applicazione del presente decreto i ministeri competenti si avvalgono, in relazione alle specifiche competenze, dell'ISPRA, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (CNVVF) i quali, nell'ambito delle ordinarie disponibilità dei propri bilanci, possono elaborare e promuovere programmi di formazione in materia di rischi di incidenti rilevanti. Le Regioni o i soggetti da esse designati si possono avvalere, in relazione alle specifiche competenze, dell'ARPA e, tramite convenzioni, degli organi tecnici nazionali.

 

     Art. 10. Comitato tecnico regionale: composizione e funzionamento

     1. Il Comitato tecnico regionale (CTR) è composto da:

     a) il Direttore regionale o interregionale dei vigili del fuoco competente per territorio, con funzione di presidente;

     b) tre funzionari tecnici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco della regione, di cui almeno due con qualifica di dirigente;

     c) il Comandante provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio;

     d) un rappresentante della Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente;

     e) un rappresentante dell'ordine degli ingegneri degli enti territoriali di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, in cui ha sede la direzione regionale o interregionale dei vigili del fuoco;

     f) un rappresentante della regione o della provincia autonoma territorialmente competente;

     g) due rappresentanti dell'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente;

     h) un rappresentante dell'Unità operativa territoriale dell'INAIL competente;

     i) un rappresentante dell'Azienda sanitaria locale territorialmente competente;

     l) un rappresentante del Comune territorialmente competente;

     m) un rappresentante dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (UNMIG), per gli stabilimenti che svolgono le attività di cui all'articolo 2, comma 3;

     n) un rappresentante dell'autorità marittima territorialmente competente, per gli stabilimenti presenti nei porti e nelle aree portuali;

     o) un rappresentante dell'ente territoriale di area vasta di cui all'articolo 1, commi 2 e 3 della legge 7 aprile 2014, n. 56.

     2. Le funzioni di segretario sono svolte da un dipendente della Direzione regionale o interregionale dei vigili del fuoco.

     3. Per ogni componente è designato un membro supplente. Al fine di garantire la funzionalità del CTR, ogni ente assicura la presenza dei propri rappresentanti.

     4. Il Direttore regionale o interregionale dei Vigili del fuoco competente per territorio, sulla base delle designazioni degli enti rappresentati nel comitato, nomina i componenti del CTR.

     5. Ciascun CTR adotta il proprio regolamento di funzionamento, sulla base delle direttive emanate dal Ministero dell'interno.

     6. Il CTR è costituito validamente con la presenza dei due terzi dei componenti e delibera a maggioranza dei presenti.

     7. Il presidente del CTR designa i componenti dei gruppi di lavoro incaricati dello svolgimento delle istruttorie nonchè delle commissioni incaricate di effettuare le ispezioni. Il numero dei componenti dei gruppi di lavoro incaricati dello svolgimento delle istruttorie è pari a 4; il numero dei componenti delle commissioni incaricate di effettuare le ispezioni è pari a 3.

     8. Il CTR può avvalersi, senza oneri a carico della finanza pubblica, del supporto tecnico-scientifico di enti ed istituzioni pubbliche competenti.

     9. Per le attività svolte nell'ambito del CTR non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati, fatta eccezione per eventuali costi di missione, che restano a carico delle amministrazioni di appartenenza.

 

     Art. 11. Coordinamento per l'uniforme applicazione sul territorio nazionale

     1. È istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero, del Dipartimento di protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri dell'interno, delle infrastrutture e trasporti, dello sviluppo economico, della salute, delle Regioni e Province autonome, dell'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI) e dell'Unione Province Italiane (UPI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dell'INAIL, dell'Istituto superiore di sanità nonchè, in rappresentanza del Sistema nazionale per la protezione ambientale, esperti dell'ISPRA e, su indicazione della regione o provincia autonoma di appartenenza, delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente. Il Coordinamento opera attraverso l'indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di informazioni. Il Coordinamento, per lo svolgimento delle sue funzioni, può convocare, a soli fini consultivi, rappresentanti dei portatori di interesse, quali associazioni degli industriali, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, delle associazioni ambientali riconosciute tali ai sensi e per gli effetti dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

     2. Il Coordinamento di cui al comma 1 assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi e quesiti connessi all'applicazione del presente decreto, anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze.

     3. Il ruolo di segreteria tecnica del Coordinamento di cui al comma 1 è svolto dall'ISPRA.

     4. Il Coordinamento di cui al comma 1, in particolare, può formulare proposte ai fini dell'adozione dei decreti ministeriali previsti dal presente decreto.

     5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rende note, a mezzo di pubblicazione sul sito web istituzionale, le determinazioni del Coordinamento nonchè gli indirizzi e gli orientamenti dell'Unione europea.

     6. Per le attività a qualunque titolo svolte nell'ambito del Coordinamento non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati, fatta eccezione per eventuali costi di missione, che restano a carico delle amministrazioni di appartenenza.

     7. Le autorità competenti in materia di rischio di incidente rilevante cooperano, in ambito regionale, nello svolgimento dei propri compiti.

 

Capo III

Adempimenti

 

     Art. 12. Obblighi generali del gestore

     1. Il gestore è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per la salute umana e per l'ambiente.

     2. Il gestore è tenuto a dimostrare in qualsiasi momento alle autorità competenti e di controllo, in particolare ai fini delle ispezioni e dei controlli, l'adozione di tutte le misure necessarie previste dal presente decreto legislativo.

 

     Art. 13. Notifica

     1. Il gestore dello stabilimento è obbligato a trasmettere, con le modalità di cui al comma 5, al CTR, alla Regione e al soggetto da essa designato, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tramite l'ISPRA, alla Prefettura, al Comune, al Comando provinciale dei Vigili del fuoco una notifica, redatta secondo il modulo riportato in allegato 5, entro i seguenti termini:

     a) per i nuovi stabilimenti, centottanta giorni prima dell'inizio della costruzione o sessanta giorni prima delle modifiche che comportano un cambiamento dell'inventario delle sostanze pericolose;

     b) in tutti gli altri casi, entro un anno dalla data a decorrere dalla quale la direttiva 2012/18/UE si applica allo stabilimento.

     2. La notifica, sottoscritta nelle forme dell'autocertificazione secondo quanto stabilito dalla disciplina vigente, contiene le seguenti informazioni:

     a) il nome o la ragione sociale del gestore e l'indirizzo completo dello stabilimento;

     b) la sede legale del gestore, con l'indirizzo completo;

     c) il nome e la funzione della persona responsabile dello stabilimento, se diversa da quella di cui alla lettera a);

     d) le informazioni che consentano di individuare le sostanze pericolose e la categoria di sostanze pericolose presenti o che possono essere presenti;

     e) la quantità e lo stato fisico della sostanza pericolosa o delle sostanze pericolose in questione;

     f) l'attività, in corso o prevista, dello stabilimento;

     g) l'ambiente immediatamente circostante lo stabilimento e i fattori passibili di causare un incidente rilevante o di aggravarne le conseguenze, comprese informazioni, se disponibili, sugli stabilimenti adiacenti, su siti che non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto, aree e sviluppi edilizi che potrebbero essere all'origine o aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante e di effetti domino.

     3. Quanto previsto ai commi 1 e 2 non si applica se, anteriormente al 1° giugno 2015, il gestore ha già trasmesso la notifica, ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ai destinatari di cui al comma 1 e se le informazioni contenute nella notifica soddisfano i requisiti di cui al comma 2 e sono rimaste invariate.

     4. Il gestore, unitamente alla notifica di cui al comma 1, invia ai medesimi destinatari le ulteriori informazioni indicate nelle sezioni informative del modulo di cui all'allegato 5;

     5. La notifica, corredata delle informazioni di cui al comma 4, è trasmessa dal gestore ai destinatari di cui al comma 1 in formato elettronico utilizzando i servizi e gli strumenti di invio telematico messi a disposizione attraverso l'inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti di cui all'articolo 5, comma 3. Nelle more della predisposizione dei suddetti servizi e strumenti di invio telematico, il gestore è tenuto a trasmettere la notifica ai destinatari di cui al comma 1 esclusivamente via posta elettronica certificata firmata digitalmente. Le informazioni contenute nella notifica sono rese disponibili, tramite il suddetto inventario nazionale, agli organi tecnici e alle amministrazioni incaricati dei controlli negli stabilimenti.

     6. Il gestore degli stabilimenti può allegare alla notifica di cui al comma 1 le certificazioni o autorizzazioni previste dalla normativa vigente in materia ambientale e di sicurezza e quanto altro eventualmente predisposto in base a regolamenti comunitari volontari, come ad esempio il Regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit, e norme tecniche internazionali.

     7. Il gestore aggiorna la notifica di cui al comma 1 e le sezioni informative di cui all'allegato 5, prima dei seguenti eventi:

     a) una modifica che comporta un cambiamento dell'inventario delle sostanze pericolose significativo ai fini del rischio di incidente rilevante, quali un aumento o decremento significativo della quantità oppure una modifica significativa della natura o dello stato fisico delle sostanze pericolose o una modifica significativa dei processi che le impiegano;

     b) modifica dello stabilimento o di un impianto che potrebbe costituire aggravio del preesistente livello di rischio ai sensi dell'articolo 18;

     c) chiusura definitiva dello stabilimento o sua dismissione;

     d) variazione delle informazioni di cui ai commi 2 e 4.

     8. Il gestore di un nuovo stabilimento ovvero il gestore che ha realizzato modifiche con aggravio del preesistente livello di rischio ovvero modifiche tali da comportare obblighi diversi per lo stabilimento stesso ai sensi del presente decreto, previo conseguimento delle previste autorizzazioni, prima dell'avvio delle attività ne dà comunicazione ai destinatari della notifica di cui al comma 1.

     9. Le attività per la verifica delle informazioni contenute nella notifica, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di comunicazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 5, comma 2 e in conformità alla decisione 2014/895/UE, sono effettuate da ISPRA, con oneri a carico dei gestori.

 

     Art. 14. Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti

     1. Il gestore dello stabilimento redige un documento che definisce la propria politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, allegando allo stesso il programma adottato per l'attuazione del sistema di gestione della sicurezza; tale politica è proporzionata ai pericoli di incidenti rilevanti, comprende gli obiettivi generali e i principi di azione del gestore, il ruolo e la responsabilità degli organi direttivi, nonchè l'impegno al continuo miglioramento del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti, garantendo al contempo un elevato livello di protezione della salute umana e dell'ambiente.

     2. Il documento di cui al comma 1 è redatto secondo le linee guida definite all'allegato B ed è depositato presso lo stabilimento entro i seguenti termini:

     a) per gli stabilimenti nuovi, centottanta giorni prima dell'avvio delle attività o delle modifiche che comportano un cambiamento dell'inventario delle sostanze pericolose;

     b) in tutti gli altri casi, un anno dalla data a decorrere dalla quale la direttiva 2012/18/UE si applica allo stabilimento.

     3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano se, anteriormente al 1° giugno 2015, il gestore ha già predisposto il documento di cui al comma 1 ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e se le informazioni contenute nel documento soddisfano i criteri di cui al comma 1 e sono rimaste invariate.

     4. Il documento di cui al comma 1 è riesaminato, e se necessario aggiornato, almeno ogni due anni, ovvero in caso di modifica con aggravio del rischio ai sensi dell'articolo 18, sulla base delle linee guida di cui al comma 2. In tali casi esso resta a disposizione delle autorità competenti per le istruttorie e i controlli di cui agli articoli 17 e 27.

     5. Il gestore predispone e attua la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti tramite mezzi e strutture idonei, nonchè tramite un sistema di gestione della sicurezza, in conformità all'allegato 3 e alle linee guida di cui al comma 2, proporzionati ai pericoli di incidenti rilevanti, nonchè alla complessità dell'organizzazione o delle attività dello stabilimento. Il sistema di gestione della sicurezza è predisposto e attuato previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

     6. I gestori degli stabilimenti attuano il sistema di gestione della sicurezza nei seguenti termini:

     a) per i nuovi stabilimenti, contestualmente all'inizio dell'attività;

     b) in tutti gli altri casi, entro un anno dalla data a decorrere dalla quale la direttiva 2012/18/UE si applica allo stabilimento.

     7. Il gestore deve procedere all'informazione, all'addestramento e all'equipaggiamento di coloro che lavorano nello stabilimento secondo le modalità indicate all'allegato B.

 

     Art. 15. Rapporto di sicurezza

     1. Per gli stabilimenti di soglia superiore, il gestore redige un rapporto di sicurezza.

     2. Il rapporto di sicurezza, di cui il documento previsto all'articolo 14, comma 1, è parte integrante, deve dimostrare che:

     a) il gestore ha messo in atto, secondo gli elementi dell'allegato 3, come specificati nelle linee guida di cui all'allegato B, la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e un sistema di gestione della sicurezza per la sua applicazione;

     b) sono stati individuati i pericoli di incidente rilevante e i possibili scenari di incidenti rilevanti e sono state adottate le misure necessarie per prevenirli e per limitarne le conseguenze per la salute umana e per l'ambiente;

     c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di incidente rilevante nello stesso, sono sufficientemente sicuri e affidabili nonchè, per gli stabilimenti di cui all'articolo 22, comma 2, lettera c), sono state previste anche le misure complementari;

     d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interna e sono stati forniti al Prefetto gli elementi utili per l'elaborazione del piano d'emergenza esterna;

     e) sono state fornite all'autorità competente informazioni che le permettano di adottare decisioni in merito all'insediamento di nuove attività o alla costruzione di insediamenti attorno agli stabilimenti già esistenti.

     3. Il rapporto di sicurezza di cui al comma 1 contiene almeno i dati di cui all'allegato 2 ed indica, tra l'altro, il nome delle organizzazioni partecipanti alla stesura del rapporto.

     4. I criteri, i dati e le informazioni occorrenti per la redazione del rapporto di sicurezza, i criteri per l'adozione di misure specifiche in relazione ai diversi tipi di incidenti, nonchè i criteri per la valutazione del rapporto medesimo da parte dell'autorità competente sono definiti all'allegato C.

     5. Al fine di semplificare le procedure e purchè ricorrano tutti i requisiti prescritti dal presente articolo, la documentazione predisposta in attuazione di altre norme di legge o di regolamenti comunitari, può essere utilizzata per costituire il rapporto di sicurezza.

     6. Il rapporto di sicurezza è inviato, anche per via telematica, al CTR di cui all'articolo 10, nei seguenti termini:

     a) per i nuovi stabilimenti, fermo restando quanto previsto dall'articolo 16, nella versione definitiva prima dell'avvio dell'attività oppure delle modifiche che comportano un cambiamento dell'inventario delle sostanze pericolose;

     b) per gli stabilimenti preesistenti, entro il 1° giugno 2016;

     c) per gli altri stabilimenti, entro due anni dalla data dalla quale la direttiva 2012/18/UE si applica allo stabilimento;

     d) in occasione del riesame periodico di cui al comma 8, lettere a) e b).

     7. Per gli stabilimenti preesistenti, quanto previsto ai commi 1, 2, 3 e 6, lettera b), si intende soddisfatto se, anteriormente al 1° giugno 2015, il gestore ha già trasmesso all'autorità competente il rapporto di sicurezza ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e se le informazioni contenute in tale rapporto soddisfano i criteri di cui ai commi 2 e 3 e sono rimaste invariate. Negli altri casi, per conformarsi ai commi 1, 2 e 3 il gestore presenta le parti modificate del rapporto di sicurezza nella forma concordata con il CTR, entro i termini di cui al comma 6.

     8. Il gestore, fermo restando l'obbligo di riesame biennale di cui all'articolo 14, comma 4, riesamina il rapporto di sicurezza:

     a) almeno ogni cinque anni;

     b) nei casi previsti dall'articolo 18;

     c) a seguito di un incidente rilevante nel proprio stabilimento e in qualsiasi altro momento, su iniziativa propria o su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o del CTR, qualora fatti nuovi lo giustifichino o in considerazione delle nuove conoscenze tecniche in materia di sicurezza derivanti, per esempio, dall'analisi degli incidenti o, nella misura del possibile, dei «quasi incidenti» e dei nuovi sviluppi delle conoscenze nel campo della valutazione dei pericoli, o a seguito di modifiche legislative o dell'adozione dei decreti ministeriali previsti dal presente decreto.

     9. Il gestore comunica immediatamente al CTR se il riesame del rapporto di sicurezza di cui al comma 8 comporti o meno una modifica dello stesso e, in caso affermativo, trasmette tempestivamente a tale autorità il rapporto di sicurezza aggiornato o le sue parti aggiornate.

 

     Art. 16. Nuovi stabilimenti: rapporti di sicurezza

     1. Chiunque intende realizzare un nuovo stabilimento di soglia superiore, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui all'articolo 17, comma 2; a tal fine, presenta al CTR di cui all'articolo 10, un rapporto preliminare di sicurezza redatto secondo i criteri di cui all'allegato C. Il permesso di costruire non può essere rilasciato in mancanza del nulla osta di fattibilità.

     2. Prima di dare inizio all'attività, il gestore deve ottenere il parere tecnico conclusivo di cui all'articolo 17, comma 2; a tal fine il gestore presenta al CTR il rapporto di sicurezza di cui all'articolo 15, nella versione definitiva.

 

     Art. 17. Procedura per la valutazione del rapporto di sicurezza

     1. Il CTR di cui all'articolo 10 effettua le istruttorie per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del rapporto di sicurezza ai sensi dell'articolo 15, con oneri a carico dei gestori, e adotta altresì il provvedimento conclusivo. Ove lo stabilimento sia in possesso di autorizzazioni ambientali, il CTR esprime le proprie determinazioni tenendo conto delle prescrizioni ambientali.

     2. Per i nuovi stabilimenti o per le modifiche individuate ai sensi dell'articolo 18, il CTR avvia l'istruttoria all'atto del ricevimento del rapporto preliminare di sicurezza. Il Comitato, esaminato il rapporto preliminare di sicurezza, effettuati i sopralluoghi eventualmente ritenuti necessari, rilascia il nulla-osta di fattibilità, eventualmente condizionato ovvero, qualora l'esame del rapporto preliminare abbia rilevato gravi carenze per quanto riguarda la sicurezza, formula la proposta di divieto di costruzione, entro quattro mesi dal ricevimento del rapporto preliminare di sicurezza, fatte salve le sospensioni necessarie all'acquisizione di informazioni supplementari, non superiori comunque a due mesi. A seguito del rilascio del nulla-osta di fattibilità il gestore trasmette al CTR il rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato. Il Comitato, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il parere tecnico conclusivo entro il termine di quattro mesi dal ricevimento del rapporto di sicurezza, comprensivo dei necessari sopralluoghi. Nell'atto che conclude l'istruttoria sono indicate le valutazioni tecniche finali, le eventuali prescrizioni integrative e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e per la limitazione delle conseguenze di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è disposto il divieto di inizio di attività.

     3. In tutti gli altri casi il CTR, ricevuto il rapporto di sicurezza, avvia l'istruttoria e, esaminato il rapporto di sicurezza, esprime le valutazioni di propria competenza entro il termine di quattro mesi dall'avvio dell'istruttoria, termine comprensivo dei necessari sopralluoghi, fatte salve le sospensioni necessarie all'acquisizione di informazioni supplementari, che non possono essere comunque superiori a due mesi. Nell'atto che conclude l'istruttoria sono indicate le valutazioni tecniche finali, le eventuali prescrizioni integrative e, qualora le misure adottate dal gestore per la prevenzione e per la limitazione delle conseguenze degli incidenti rilevanti siano nettamente insufficienti, è disposta la limitazione o il divieto di esercizio.

     4. Gli atti adottati dal CTR ai sensi dei commi 2 e 3 sono trasmessi agli enti rappresentati nel CTR, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA, al Ministero dell'interno e alla Prefettura territorialmente competente.

     5. Il gestore dello stabilimento partecipa, anche a mezzo di un tecnico di sua fiducia, all'istruttoria tecnica prevista dal presente decreto. La partecipazione può avvenire attraverso l'accesso agli atti del procedimento, la presentazione di eventuali osservazioni scritte e documentazioni integrative, la presenza in caso di sopralluoghi nello stabilimento. Qualora ritenuto necessario dal Comitato, il gestore può essere chiamato a partecipare alle riunioni del Comitato stesso e del gruppo di lavoro incaricato dello svolgimento dell'istruttoria.

     6. L'istruttoria per il rilascio del nulla osta di fattibilità comprende la valutazione del progetto delle attività soggette al controllo dei Vigili del fuoco ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

     7. Le istruttorie di cui ai commi 2 e 3 comprendono sopralluoghi tesi a garantire che i dati e le informazioni contenuti nel rapporto di sicurezza descrivano fedelmente la situazione dello stabilimento e a verificare l'ottemperanza alle prescrizioni. Tali sopralluoghi sono effettuati anche ai fini delle verifiche di prevenzione incendi.

 

     Art. 18. Modifiche di uno stabilimento

     1. In caso di modifiche di un impianto, di uno stabilimento, di un deposito, di un processo o della natura o della forma fisica o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti o potrebbero comportare la riclassificazione di uno stabilimento di soglia inferiore in uno stabilimento di soglia superiore o viceversa, il gestore, secondo le procedure e i termini fissati ai sensi del comma 2:

     a) riesamina e, se necessario, aggiorna la notifica e le sezioni informative del modulo di cui all'allegato 5, il documento relativo alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, il sistema di gestione della sicurezza e trasmette alle autorità competenti ai sensi del presente decreto tutte le informazioni utili prima di procedere alle modifiche;

     b) riesamina e, se necessario, aggiorna il rapporto di sicurezza e trasmette al Comitato di cui all'articolo 10 tutte le informazioni utili prima di procedere alle modifiche, per l'avvio dell'istruttoria di cui agli articoli 16 e 17 per i nuovi stabilimenti;

     c) comunica la modifica all'autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale, che si pronuncia entro un mese, ai fini della verifica di assoggettabilità alla procedura prevista per tale valutazione.

     2. Le modifiche che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti, e le procedure e i termini di cui al comma 1, sono definiti all'allegato D.

 

     Art. 19. Effetto domino

     1. Il CTR, in accordo con la regione o il soggetto da essa designato, in base alle informazioni fornite dai gestori ai sensi degli articoli 13 e 15, ovvero acquisite a seguito di una richiesta di informazioni aggiuntive o mediante le ispezioni svolte ai sensi dell'articolo 27, sulla base dei criteri definiti all'allegato E, individua gli stabilimenti o i gruppi di stabilimenti di soglia inferiore e di soglia superiore, per i quali la probabilità o la possibilità o le conseguenze di un incidente rilevante possono essere maggiori a causa della posizione geografica, della vicinanza degli stabilimenti stessi e dell'inventario delle sostanze pericolose presenti in essi, dandone comunicazione ai gestori degli stabilimenti interessati.

     2. Qualora il CTR o la regione o il soggetto da essa designato dispongano di ulteriori informazioni rispetto a quelle fornite dai gestori ai sensi degli articoli 13 e 15, relativamente a quanto indicato all'articolo 13, comma 2, lettera g), le mettono tempestivamente a disposizione dei gestori ai fini dell'applicazione del comma 4.

     3. I gestori degli stabilimenti di cui al comma 1 trasmettono al Prefetto, entro quattro mesi dalla comunicazione di cui al comma 1, le informazioni necessarie per gli adempimenti di cui all'articolo 21.

     4. I gestori degli stabilimenti individuati ai sensi del comma 1 devono:

     a) scambiarsi le informazioni necessarie per consentire di riesaminare e, eventualmente, modificare, in considerazione della natura e dell'entità del pericolo globale di incidente rilevante, i rispettivi documenti relativi alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, i sistemi di gestione della sicurezza, i rapporti di sicurezza, i piani di emergenza interna;

     b) cooperare nella diffusione delle informazioni nei confronti della popolazione e dei siti adiacenti che non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto, nonchè nella trasmissione delle informazioni all'autorità competente per la predisposizione dei piani di emergenza esterna.

     5. Il CTR accerta che:

     a) avvenga lo scambio, fra i gestori, delle informazioni di cui al comma 4, lettera a);

     b) i gestori cooperino nella diffusione e trasmissione delle informazioni di cui al comma 4, lettera b).

     6. Il CTR, in accordo con la regione o il soggetto da essa designato:

     a) individua, tra le aree soggette ad effetto domino, quelle caratterizzate da una elevata concentrazione di stabilimenti, sulla base dei criteri definiti all'allegato E e sulla base delle informazioni di cui ai commi 1, 2 e 3;

     b) coordina fra tutti i gestori degli stabilimenti di soglia superiore e di soglia inferiore presenti in ognuna di tali aree lo scambio delle informazioni necessarie per accertare la natura e l'entità del pericolo complessivo di incidenti rilevanti;

     c) può richiedere, in presenza nell'area di situazioni critiche per la gestione delle emergenze, o per il controllo dell'urbanizzazione, o per l'informazione alla popolazione derivanti da effetti domino, la predisposizione, da parte dei gestori degli stabilimenti di soglia superiore e di soglia inferiore interessati, di uno studio di sicurezza integrato dell'area.

     7. Nell'allegato E sono stabiliti:

     a) i criteri per l'individuazione degli stabilimenti soggetti ad effetto domino;

     b) i criteri per l'individuazione e la perimetrazione delle aree soggette ad effetto domino, caratterizzate da elevata concentrazione di stabilimenti;

     c) le procedure per lo scambio delle informazioni fra i gestori e per la predisposizione dell'eventuale studio di sicurezza integrato dell'area.

 

     Art. 20. Piano di emergenza interna

     1. Per tutti gli stabilimenti di soglia superiore il gestore è tenuto a predisporre, previa consultazione del personale che lavora nello stabilimento, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, il piano di emergenza interna da adottare nello stabilimento nei seguenti termini:

     a) per i nuovi stabilimenti, prima di iniziare l'attività oppure delle modifiche che comportano un cambiamento dell'inventario delle sostanze pericolose;

     b) per gli stabilimenti preesistenti, entro il 1° giugno 2016, a meno che il piano di emergenza interna predisposto anteriormente a tale data, in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e le informazioni che vi sono contenute nonchè le informazioni di cui al comma 4 siano conformi a quanto previsto dal presente articolo e siano rimaste invariate;

     c) per gli altri stabilimenti entro un anno dalla data dalla quale la direttiva 2012/18/UE si applica allo stabilimento.

     2. Il piano di emergenza interna contiene almeno le informazioni di cui all'allegato 4, punto 1, ed è predisposto allo scopo di:

     a) controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;

     b) mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti;

     c) informare adeguatamente i lavoratori, e i servizi o le autorità locali competenti;

     d) provvedere al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante.

     3. Il piano di emergenza interna è riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato dal gestore, previa consultazione del personale che lavora nello stabilimento, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, ad intervalli appropriati, e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti nello stabilimento e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidente rilevante.

     4. Il gestore trasmette alla autorità competente per la predisposizione dei piani di emergenza esterna, entro gli stessi termini di cui al comma 1, tutte le informazioni utili per l'elaborazione del piano di emergenza di cui all'articolo 21.

     5. La consultazione del personale che lavora nello stabilimento, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, di cui ai commi 1 e 3, è effettuata con le modalità definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza Unificata, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

     6. Per tutti gli stabilimenti di soglia inferiore le eventuali emergenze all'interno dello stabilimento connesse con la presenza di sostanze pericolose sono gestite secondo le procedure e le pianificazioni predisposte dal gestore nell'ambito dell'attuazione del sistema di gestione della sicurezza di cui all'articolo 14, comma 5 e all'allegato 3.

 

     Art. 21. Piano di emergenza esterna

     1. Per gli stabilimenti di soglia superiore e di soglia inferiore, al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti, il Prefetto, d'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, sentito il CTR e previa consultazione della popolazione e in base alle linee guida previste dal comma 7, predispone il piano di emergenza esterna allo stabilimento e ne coordina l'attuazione.

     2. Per gli stabilimenti di soglia superiore il piano è predisposto sulla scorta delle informazioni fornite dal gestore ai sensi degli articoli 19, comma 3, e 20, comma 4, e delle conclusioni dell'istruttoria di cui all'articolo 17, ove disponibili; per gli stabilimenti di soglia inferiore il piano è predisposto sulla scorta delle informazioni fornite dal gestore ai sensi degli articoli 13 e 19, comma 3, ove disponibili.

     3. Il piano è comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA, al Ministero dell'interno, al Dipartimento della protezione civile, nonchè al CTR e alla regione o al soggetto da essa designato e ai sindaci, alla regione e all'ente territoriale di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, competenti per territorio. Nella comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare devono essere segnalati anche gli stabilimenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettera b).

     4. Il piano di cui al comma 1 è elaborato, tenendo conto almeno delle indicazioni di cui all'allegato 4, punto 2, allo scopo di:

     a) controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;

     b) mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, in particolare mediante la cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso con l'organizzazione di protezione civile;

     c) informare adeguatamente la popolazione, i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;

     d) provvedere sulla base delle disposizioni vigenti al ripristino e al disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante.

     5. Il Prefetto redige il piano di emergenza esterna entro due anni dal ricevimento delle informazioni necessarie da parte del gestore, ai sensi dell'articolo 20, comma 4.

     6. Il piano di cui al comma 1 è riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione della popolazione, dal Prefetto ad intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti negli stabilimenti e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidenti rilevanti; il Prefetto informa della revisione del piano i soggetti ai quali il piano è comunicato ai sensi del comma 3.

     7. Il Dipartimento della protezione civile stabilisce, d'intesa con la Conferenza Unificata, le linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna, e per la relativa informazione alla popolazione. Fino all'emanazione delle predette linee guida si applicano le disposizioni in materia di pianificazione dell'emergenza esterna degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante e di informazione alla popolazione sul rischio industriale adottate ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.

     8. Sulla base delle proposte formulate dal Coordinamento ai sensi dell'articolo 11, comma 1, d'intesa con la Conferenza Unificata, si provvede all'aggiornamento delle linee guida di cui al comma 7.

     9. Per le aree ad elevata concentrazione di stabilimenti soggetti ad effetto domino di cui all'articolo 19 il Prefetto, d'intesa con la regione e gli enti locali interessati, sentito il CTR, redige il piano di emergenza esterna, in conformità al comma 1, tenendo conto dei potenziali effetti domino nell'area interessata; fino all'emanazione del nuovo piano di emergenza esterna si applica quello già emanato in precedenza.

     10. La consultazione della popolazione sui piani di emergenza esterna, di cui ai commi 1 e 6, è effettuata con le modalità definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza Unificata, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

     11. In base alle informazioni contenute nel rapporto di sicurezza nonchè trasmesse dal gestore ai sensi dell'articolo 20, comma 4, e dell'articolo 13, il Prefetto, d'intesa con la regione e gli enti locali interessati, sentito il CTR, qualora non siano ragionevolmente prevedibili effetti all'esterno dello stabilimento provocati dagli incidenti rilevanti connessi alla presenza di sostanze pericolose può decidere di non predisporre il piano. Tale decisione deve essere tempestivamente comunicata alle altre autorità competenti di cui all'articolo 13, comma 1, unitamente alle relative motivazioni.

 

     Art. 22. Assetto del territorio e controllo dell'urbanizzazione

     1. Nelle zone interessate dagli stabilimenti si applicano requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, con riferimento alla destinazione e utilizzazione dei suoli, che tengono conto degli obiettivi di prevenire gli incidenti rilevanti o di limitarne le conseguenze, nei casi di:

     a) insediamenti di stabilimenti nuovi;

     b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 18, comma 1;

     c) nuovi insediamenti o infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali, vie di trasporto, luoghi frequentati dalla collettività sia ad uso pubblico che ad uso privato, zone residenziali, qualora l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possono aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante.

     2. Nelle zone interessate dagli stabilimenti, gli enti territoriali, nell'elaborazione e nell'adozione degli strumenti di pianificazione dell'assetto del territorio, tengono conto, in base agli elementi informativi acquisiti ai sensi del comma 8, della necessità di:

     a) prevedere e mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli stabilimenti e le zone residenziali, gli edifici e le zone frequentati dal pubblico, le aree ricreative e, per quanto possibile, le principali vie di trasporto;

     b) proteggere, se necessario, mediante opportune distanze di sicurezza o altre misure pertinenti, le zone di particolare interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista naturale nonchè gli istituti, i luoghi e le aree tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che si trovano nelle vicinanze degli stabilimenti;

     c) adottare, per gli stabilimenti preesistenti, misure tecniche complementari per non accrescere i rischi per la salute umana e l'ambiente.

     3. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'interno, della salute, dello sviluppo economico e dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonchè d'intesa con la Conferenza Unificata, da adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono adottate linee guida in materia di assetto del territorio, per la formazione degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale e delle relative procedure di attuazione per le zone interessate dagli stabilimenti, nonchè stabiliti i requisiti minimi di sicurezza di cui al comma 1. Dette linee guida, oltre a quanto previsto al comma 2, individuano:

     a) gli elementi che devono essere tenuti in considerazione nel quadro conoscitivo relativo allo stato del territorio, delle componenti ambientali e dei beni culturali e paesaggistici, interessati da potenziali scenari di incidente rilevante;

     b) i criteri per l'eventuale adozione da parte delle regioni, nell'ambito degli strumenti di governo del territorio, di misure aggiuntive di sicurezza e di tutela delle persone e dell'ambiente, anche tramite interventi sugli immobili e sulle aree potenzialmente interessate da scenari di danno;

     c) i criteri per la semplificazione e l'unificazione dei procedimenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, ai fini del controllo dell'urbanizzazione nelle aree a rischio di incidente rilevante.

     4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 valgono, in quanto applicabili, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici del 9 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 16 giugno 2001.

     5. Le Regioni assicurano il coordinamento delle norme in materia di pianificazione urbanistica, territoriale e di tutela ambientale con quelle derivanti dal presente decreto e dal decreto di cui al comma 3, prevedendo anche opportune forme di concertazione tra gli enti territoriali competenti, nonchè con gli altri soggetti interessati.

     6. Gli enti territoriali di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, individuano, nell'ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale con il concorso dei comuni interessati, le aree sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti, acquisendo, ove disponibili, le informazioni contenute nell'elaborato tecnico di cui al comma 7.

     7. Gli strumenti urbanistici da adottarsi a livello comunale individuano e disciplinano, anche in relazione ai contenuti del Piano territoriale di coordinamento di cui al comma 6, le aree da sottoporre a specifica regolamentazione nei casi previsti dal presente articolo. A tal fine, gli strumenti urbanistici comprendono un elaborato tecnico «Rischio di incidenti rilevanti», di seguito ERIR, relativo al controllo dell'urbanizzazione nelle aree in cui sono presenti stabilimenti. Tale elaborato tecnico è predisposto secondo quanto stabilito dal decreto di cui al comma 3 ed è aggiornato in occasione di ogni variazione allo strumento urbanistico vigente che interessi le aree di danno degli stabilimenti, nonchè nei casi previsti al comma 1, lettere a) e b) che modifichino l'area di danno, e comunque almeno ogni cinque anni.

     Le informazioni contenute nell'elaborato tecnico sono trasmesse alla regione e agli enti locali territoriali eventualmente interessati dagli scenari incidentali, al fine di adeguare gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale di competenza.

     8. Per l'espletamento delle attività di cui al presente articolo le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, utilizzano, secondo i criteri e le modalità stabiliti nel decreto di cui al comma 3, le informazioni fornite dal gestore, comprese quelle relative alle eventuali misure tecniche complementari adottate di cui al comma 2, lettera c), gli esiti delle ispezioni svolte ai sensi dell'articolo 27 e le valutazioni del CTR. A tal fine il gestore degli stabilimenti di soglia inferiore fornisce, su richiesta delle autorità competenti, informazioni sufficienti sui rischi derivanti dallo stabilimento ai fini della pianificazione territoriale.

     9. Ferme restando le attribuzioni di legge, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica recepiscono gli elementi pertinenti del piano di emergenza esterna di cui all'articolo 21. A tal fine, le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica acquisiscono tali elementi dal Prefetto.

     10. Qualora non sia stato adottato l'elaborato tecnico ERIR, i titoli abilitativi edilizi relativi agli interventi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono rilasciati qualora il progetto sia conforme ai requisiti minimi di sicurezza di cui al comma 1, come definiti nel decreto di cui al comma 3, previo parere tecnico del CTR sui rischi connessi alla presenza dello stabilimento. Tale parere è formulato sulla base delle informazioni fornite dai gestori degli stabilimenti, secondo i criteri e le modalità contenuti nel decreto di cui al comma 3.

     11. Per gli stabilimenti e il territorio ricadenti in un'area soggetta ad effetto domino di cui all'articolo 19, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica tengono conto, ove disponibili, delle risultanze della valutazione dello studio di sicurezza integrato dell'area.

 

     Art. 23. Informazioni al pubblico e accesso all'informazione

     1. Le informazioni e i dati relativi agli stabilimenti raccolti dalle autorità pubbliche in applicazione del presente decreto possono essere utilizzati solo per gli scopi per i quali sono stati richiesti.

     2. Le informazioni detenute dalle autorità competenti in applicazione del presente decreto sono messe a disposizione del pubblico che ne faccia richiesta, con le modalità di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

     3. La divulgazione delle informazioni prevista del presente decreto può essere rifiutata o limitata dall'autorità competente nei casi previsti dall'articolo 5 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.

     4. Per gli stabilimenti di soglia superiore il CTR provvede affinchè l'inventario delle sostanze pericolose e il rapporto di sicurezza di cui all'articolo 15 siano accessibili, su richiesta, al pubblico. Qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, il gestore, o l'autorità competente di cui all'articolo citato, può chiedere al CTR di non diffondere alcune parti del rapporto di sicurezza e dell'inventario. In tali casi, previa approvazione del CTR o dell'autorità competente di cui all'articolo 5, comma 2 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, il gestore presenta al CTR una versione modificata del rapporto di sicurezza, o dell'inventario, da cui siano escluse le parti in questione. A tal fine la versione del rapporto può essere predisposta sotto forma di sintesi non tecnica, comprendente almeno informazioni generali sui pericoli di incidenti rilevanti e sui loro effetti potenziali sulla salute umana e sull'ambiente in caso di incidente rilevante.

     5. È vietata la diffusione dei dati e delle informazioni riservate di cui al comma 3, da parte di chiunque ne venga a conoscenza per motivi attinenti al suo ufficio.

     6. Il comune ove è localizzato lo stabilimento mette tempestivamente a disposizione del pubblico, anche in formato elettronico e mediante pubblicazione sul proprio sito web, le informazioni fornite dal gestore ai sensi dell'articolo 13, comma 5, eventualmente rese maggiormente comprensibili, fermo restando che tali informazioni dovranno includere almeno i contenuti minimi riportati nelle sezioni informative A1, D, F, H, L del modulo di cui all'allegato 5. Tali informazioni sono permanentemente a disposizione del pubblico e sono tenute aggiornate, in particolare nel caso di modifiche di cui all'articolo 18.

     7. Le informazioni di cui al comma 6, comprensive di informazioni chiare e comprensibili sulle misure di sicurezza e sul comportamento da tenere in caso di incidente rilevante, sono fornite d'ufficio dal sindaco, nella forma più idonea, a tutte le persone ed a qualsiasi struttura e area frequentata dal pubblico, compresi scuole e ospedali, che possono essere colpiti da un incidente rilevante verificatosi in uno degli stabilimenti, nonchè a tutti gli stabilimenti ad esso adiacenti soggetti a possibile effetto domino. Tali informazioni, predisposte anche sulla base delle linee guida di cui all'articolo 21, comma 7, sono periodicamente rivedute e, se necessario, aggiornate, in particolare nel caso di modifiche di cui all'articolo 18, nonchè sulla base delle ispezioni di cui all'articolo 27 e, per gli stabilimenti di soglia superiore, sulla base delle conclusioni dell'istruttoria di cui all'articolo 17. Le informazioni sono nuovamente diffuse in occasione del loro aggiornamento e in ogni caso almeno ogni cinque anni.

     8. Contro le determinazioni dell'autorità competente concernenti il diritto di accesso in caso di richiesta di informazioni a norma dei commi 2 e 4, il richiedente può presentare ricorso in sede giurisdizionale secondo la procedura di cui all'articolo 25, commi 5, 5-bis e 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, ovvero può chiedere il riesame delle suddette determinazioni, secondo la procedura stabilita all'articolo 25, comma 4, della stessa legge n. 241 del 1990, al difensore civico competente per territorio, nel caso di atti delle amministrazioni comunali, degli enti territoriali di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e regionali, o alla Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27 della legge n. 241 del 1990, nel caso di atti delle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato.

 

     Art. 24. Consultazione pubblica e partecipazione al processo decisionale

     1. Il pubblico interessato deve essere tempestivamente messo in grado di esprimere il proprio parere sui singoli progetti specifici nei seguenti casi:

     a) elaborazione dei progetti relativi a nuovi stabilimenti di cui all'articolo 22 del presente decreto;

     b) modifiche di stabilimenti di cui all'articolo 18, qualora tali modifiche siano soggette alle disposizioni in materia di pianificazione del territorio di cui all'articolo 22;

     c) creazione di nuovi insediamenti o infrastrutture attorno agli stabilimenti qualora l'ubicazione o gli insediamenti o le infrastrutture possano aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante secondo quanto stabilito dalle disposizioni in materia di controllo dell'urbanizzazione di cui all'articolo 22.

     2. In caso di progetti sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale, il parere di cui al comma 1 è espresso nell'ambito di tale procedimento, con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare secondo le rispettive competenze.

     3. Per quanto riguarda i singoli progetti specifici di cui al comma 1, il Comune ove ha sede l'intervento, all'avvio, da parte del Comune medesimo o di altro soggetto competente al rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, del relativo procedimento o al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, informa il pubblico interessato, attraverso mezzi di comunicazione elettronici, pubblici avvisi o in altra forma adeguata, sui seguenti aspetti:

     a) l'oggetto del progetto specifico;

     b) se del caso, il fatto che il progetto è soggetto a una procedura di valutazione dell'impatto ambientale in ambito nazionale o transfrontaliero o alle consultazioni tra Stati membri ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera b);

     c) i dati identificativi delle autorità competenti responsabili del rilascio del titolo abilitativo edilizio, da cui possono essere ottenute informazioni in merito e a cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonchè indicazioni sui termini per la trasmissione di tali osservazioni o quesiti;

     d) le possibili decisioni in ordine al progetto oppure, ove disponibile, la proposta del provvedimento che conclude la procedura di rilascio del titolo abilitativo edilizio;

     e) l'indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni relative al progetto e le modalità con le quali esse sono rese disponibili;

     f) i dettagli sulle modalità di partecipazione e consultazione del pubblico.

     4. Per quanto riguarda i singoli progetti specifici di cui al comma 1, il Comune provvede affinchè, con le modalità e secondo i termini di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, il pubblico interessato abbia accesso:

     a) ai principali rapporti e pareri pervenuti all'autorità competente nel momento in cui il pubblico interessato è informato ai sensi del comma 3;

     b) alle informazioni diverse da quelle previste al comma 3, che sono pertinenti ai fini della decisione in questione e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al suddetto comma.

     5. Il pubblico interessato può esprimere osservazioni e pareri entro 60 giorni dalle comunicazioni di cui al comma 3 e gli esiti delle consultazioni svolte ai sensi del medesimo comma 1 sono tenuti nel debito conto ai fini dell'adozione del provvedimento finale da parte del Comune o di altra amministrazione competente.

     6. Il Comune, o altro soggetto competente al rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, a seguito della conclusione del procedimento di cui al comma 1, mette a disposizione del pubblico attraverso mezzi di comunicazione elettronici, pubblici avvisi o in altra forma adeguata:

     a) il contenuto del provvedimento finale e le motivazioni su cui è fondato, compresi eventuali aggiornamenti successivi;

     b) gli esiti delle consultazioni tenute prima dell'adozione del provvedimento finale e una spiegazione delle modalità con cui si è tenuto conto di tali esiti.

     7. Il pubblico deve avere l'opportunità di partecipare tempestivamente ed efficacemente alla preparazione, modifica o revisione di piani o programmi generali relativi alle questioni di cui al comma 1, lettere a) o c), avvalendosi delle procedure di cui all'articolo 3-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Ove pertinente, il pubblico si avvale a tal fine delle procedure di consultazione previste per la formazione degli strumenti urbanistici. Nel caso di piani o programmi soggetti a valutazione ai sensi della direttiva 2001/42/CE si applicano le procedure di partecipazione del pubblico previste dalla suddetta direttiva.

 

     Art. 25. Accadimento di incidente rilevante

     1. Al verificarsi di un incidente rilevante, il gestore, utilizzando i mezzi più adeguati, è tenuto a:

     a) adottare le misure previste dal piano di emergenza interna di cui all'articolo 20 e, per gli stabilimenti di soglia inferiore, dalle pianificazioni e dalle procedure predisposte nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza di cui all'articolo 14, comma 5, e all'allegato 3;

     b) informare la Prefettura, la Questura, il CTR, la Regione, il soggetto da essa designato, l'ente territoriale di area vasta, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, il sindaco, il comando provinciale dei Vigili del fuoco, l'ARPA, l'azienda sanitaria locale, comunicando, non appena ne venga a conoscenza:

     1) le circostanze dell'incidente;

     2) le sostanze pericolose presenti;

     3) i dati disponibili per valutare le conseguenze dell'incidente per la salute umana, l'ambiente e i beni;

     4) le misure di emergenza adottate;

     5) le informazioni sulle misure previste per limitare gli effetti dell'incidente a medio e lungo termine ed evitare che esso si ripeta;

     c) aggiornare le informazioni fornite, qualora da indagini più approfondite emergano nuovi elementi che modificano le precedenti informazioni o le conclusioni tratte.

     2. Al verificarsi di un incidente rilevante il Prefetto:

     a) dispone l'attuazione del piano di emergenza esterna e assicura che siano adottate le misure di emergenza e le misure a medio e a lungo termine che possono rivelarsi necessarie; le spese relative agli interventi effettuati sono poste a carico del gestore, anche in via di rivalsa, e sono fatte salve le misure assicurative stipulate;

     b) informa, tramite il sindaco, le persone potenzialmente soggette alle conseguenze dell'incidente rilevante avvenuto, anche con riguardo alle eventuali misure intraprese per attenuarne le conseguenze;

     c) informa immediatamente i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'interno e il Dipartimento della protezione civile, il CTR, la Regione o il soggetto da essa designato, nonchè i Prefetti competenti per gli ambiti territoriali limitrofi che potrebbero essere interessate dagli effetti dell'evento.

     3. A seguito di un incidente rilevante occorso in uno stabilimento di soglia superiore il CTR o, se l'incidente è occorso in uno stabilimento di soglia inferiore, la Regione o il soggetto da essa designato:

     a) raccoglie, mediante ispezioni, indagini o altri mezzi appropriati, le informazioni necessarie per effettuare un'analisi completa degli aspetti tecnici, organizzativi e gestionali dell'incidente;

     b) adotta misure atte a garantire che il gestore attui le misure correttive del caso;

     c) formula raccomandazioni sulle misure preventive per il futuro.

 

     Art. 26. Informazione sull'incidente rilevante

     1. In caso di incidente rilevante rispondente ai criteri di cui all'allegato 6 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non appena possibile, predispone un sopralluogo, ai fini della raccolta e comunicazione alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), delle seguenti informazioni:

     a) data, ora e luogo dell'incidente, nome del gestore ed indirizzo dello stabilimento interessato;

     b) breve descrizione delle circostanze dell'incidente, indicazione delle sostanze pericolose e degli effetti immediati per la salute umana e per l'ambiente;

     c) breve descrizione delle misure di emergenza adottate e delle precauzioni immediatamente necessarie per prevenire il ripetersi dell'incidente;

     d) esito delle proprie analisi e le proprie raccomandazioni.

     2. Il personale che effettua il sopralluogo può accedere a qualsiasi settore degli stabilimenti, richiedere i documenti ritenuti necessari e quelli indispensabili per la relazione di fine sopralluogo.

     3. Per la comunicazione delle informazioni di cui al comma 1 viene utilizzata la banca dati sugli incidenti rilevanti resa disponibile a tal fine dalla Commissione europea, di cui all'articolo 21, paragrafo 4, della direttiva 2012/18/UE. Le informazioni di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione europea appena possibile e al più tardi entro un anno dalla data dell'incidente. Laddove, entro detto termine per l'inserimento nella banca dati, sia possibile fornire soltanto le informazioni preliminari di cui al comma 1, lettera d), le informazioni sono aggiornate quando si rendono disponibili i risultati di ulteriori analisi e raccomandazioni.

     4. La comunicazione alla Commissione europea delle informazioni di cui al comma 1, lettera d), può essere rinviata per consentire la conclusione di procedimenti giudiziari che possono essere pregiudicati dalla comunicazione stessa.

     5. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea il nome e l'indirizzo degli organismi che potrebbero disporre di informazioni sugli incidenti rilevanti e che potrebbero consigliare le autorità competenti di altri Stati membri che devono intervenire quando si verificano tali incidenti.

 

     Art. 27. Ispezioni

     1. Le ispezioni previste dal presente decreto devono essere adeguate al tipo di stabilimento, sono effettuate indipendentemente dal ricevimento del rapporto di sicurezza o di altri rapporti e sono svolte al fine di consentire un esame pianificato e sistematico dei sistemi tecnici, organizzativi e di gestione applicati nello stabilimento, per garantire in particolare che il gestore possa comprovare:

     a) di aver adottato misure adeguate, tenuto conto delle attività esercitate nello stabilimento, per prevenire qualsiasi incidente rilevante;

     b) di disporre dei mezzi sufficienti a limitare le conseguenze di incidenti rilevanti all'interno ed all'esterno del sito;

     c) che i dati e le informazioni contenuti nel rapporto di sicurezza o in altra documentazione presentata ai sensi del presente decreto descrivano fedelmente la situazione dello stabilimento;

     d) che le informazioni di cui all'articolo 23 siano rese pubbliche.

     2. Le ispezioni sono pianificate, programmate ed effettuate sulla base dei criteri e delle modalità di cui allegato H.

     3. Il Ministero dell'interno predispone, in collaborazione con ISPRA, un piano nazionale di ispezioni, riguardante tutti gli stabilimenti di soglia superiore siti nel territorio nazionale; le regioni predispongono piani regionali di ispezioni, riguardanti tutti gli stabilimenti di soglia inferiore siti nell'ambito dei rispettivi territori. Il Ministero dell'interno e le regioni, in collaborazione con l'ISPRA, assicurano il coordinamento e l'armonizzazione dei piani di ispezione di rispettiva competenza, provvedendo altresì, ove possibile, al coordinamento con i controlli di cui alla lettera h).

     Il Ministero dell'interno e le regioni riesaminano periodicamente e, se del caso, aggiornano i piani di ispezioni di propria competenza, scambiandosi le informazioni necessarie ad assicurarne il coordinamento e l'armonizzazione. Il piano di ispezioni contiene i seguenti elementi:

     a) una valutazione generale dei pertinenti aspetti di sicurezza;

     b) la zona geografica coperta dal piano di ispezione;

     c) un elenco degli stabilimenti contemplati nel piano;

     d) un elenco dei gruppi di stabilimenti che presentano un possibile effetto domino ai sensi dell'articolo 19;

     e) un elenco degli stabilimenti in cui rischi esterni o fonti di pericolo particolari potrebbero aumentare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante;

     f) le procedure per le ispezioni ordinarie, compresi i programmi per tali ispezioni conformemente al comma 4;

     g) le procedure per le ispezioni straordinarie da effettuare ai sensi del comma 7;

     h) ove applicabili, le disposizioni riguardanti la cooperazione tra le varie autorità che effettuano ispezioni presso lo stabilimento, con particolare riguardo ai controlli effettuati per verificare l'attuazione del Regolamento n. 1907/2006 REACH ed il rispetto delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

     4. Sulla base del piano di ispezioni di cui al comma 3 il Ministero dell'interno, avvalendosi del CTR, e la regione, avvalendosi eventualmente del soggetto allo scopo incaricato, predispongono ogni anno, per quanto di rispettiva competenza, i programmi delle ispezioni ordinarie per tutti gli stabilimenti, comprendenti l'indicazione della frequenza delle visite in loco per le varie tipologie di stabilimenti. L'intervallo tra due visite consecutive in loco è stabilito in base alla valutazione sistematica dei pericoli di incidente rilevante relativi agli stabilimenti interessati; nel caso in cui tale valutazione non sia stata effettuata, l'intervallo tra due visite consecutive in loco non è comunque superiore ad un anno per gli stabilimenti di soglia superiore e a tre anni per gli stabilimenti di soglia inferiore.

     5. La valutazione sistematica dei pericoli di incidente rilevante di cui al comma 4 tiene conto degli impatti potenziali sulla salute umana e sull'ambiente degli stabilimenti interessati, e del comprovato rispetto di quanto previsto dal presente decreto. La suddetta valutazione può tenere conto, se opportuno, dei risultati pertinenti di ispezioni condotte in conformità ad altre normative applicabili allo stabilimento.

     6. Le ispezioni ordinarie sono disposte dal CTR o dalla Regione o dal soggetto da essa designato, con oneri a carico dei gestori.

     7. Le ispezioni straordinarie sono disposte dalle autorità competenti in materia di rischio di incidente rilevante, con oneri a carico dei gestori, di propria iniziativa o su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, allo scopo di indagare, con la massima tempestività, in caso di denunce gravi, incidenti gravi e «quasi incidenti», nonchè in caso di mancato rispetto degli obblighi stabiliti dal presente decreto.

     8. Entro quattro mesi dalla conclusione di ciascuna ispezione l'autorità che ha disposto l'ispezione comunica al gestore le relative conclusioni e tutte le misure da attuare, comprensive del cronoprogramma. Tale autorità si accerta che il gestore adotti dette misure nel rispetto dei tempi stabiliti nel cronoprogramma.

     9. Se nel corso di un'ispezione è stato individuato un caso grave di non conformità al presente decreto, entro sei mesi è effettuata un'ispezione supplementare.

     10. Ove possibile, le ispezioni ai fini del presente decreto sono coordinate con le ispezioni effettuate ai sensi di altre normative, con particolare riguardo ai controlli effettuati per verificare l'attuazione del Regolamento n. 1907/2006 REACH ed il rispetto delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in conformità alle disposizioni di cui al comma 3, lettera h).

     11. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'ambito del Coordinamento di cui all'articolo 11, promuove iniziative che prevedano, a livello nazionale e, ove appropriato, anche a livello dell'Unione europea, meccanismi e strumenti per lo scambio di esperienze e il consolidamento delle conoscenze relative alle attività di controllo tra le autorità competenti, con particolare riguardo alle informazioni ed alle lezioni apprese sugli incidenti coinvolgenti sostanze pericolose verificatisi sul territorio nazionale e alla conduzione delle ispezioni.

     12. Il gestore fornisce tutta l'assistenza necessaria per consentire:

     a) al personale che effettua l'ispezione lo svolgimento dei suoi compiti;

     b) alle autorità competenti la raccolta delle informazioni necessarie per effettuare un'adeguata valutazione della possibilità di incidenti rilevanti, per stabilire l'entità dell'aumento della probabilità o dell'aggravarsi delle conseguenze di un incidente rilevante, per la predisposizione del piano di emergenza esterna, nonchè per tenere conto delle sostanze che, per lo stato fisico, le condizioni o il luogo in cui si trovano, necessitano di particolari attenzioni.

     13. Le autorità competenti trasmettono le informazioni relative alla pianificazione, programmazione, avvio e conclusione delle ispezioni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le rendono tempestivamente disponibili ai comuni, al fine della verifica dell'inserimento delle informazioni pertinenti nelle sezioni informative del modulo di cui all'allegato 5, in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 23, comma 6. Le autorità competenti comunicano, in particolare, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 28 febbraio di ogni anno, il piano di ispezioni predisposto o il suo aggiornamento, ed il programma annuale delle ispezioni ordinarie.

 

Capo IV

Sanzioni, disposizioni finanziarie e transitorie ed abrogazioni

 

     Art. 28. Sanzioni

     1. Il gestore che omette di presentare la notifica di cui all'articolo 13, comma 1, o il rapporto di sicurezza di cui all'articolo 15 o di redigere il documento di cui all'articolo 14, entro i termini previsti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda da euro quindicimila a euro novantamila.

     2. Il gestore che omette di presentare le informazioni di cui all'articolo 13, comma 4, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro diecimila a euro sessantamila.

     3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il gestore che non adempie alle prescrizioni indicate nel rapporto di sicurezza o alle eventuali misure integrative prescritte dall'autorità competente, anche a seguito di controlli ai sensi dell'articolo 27, o che non adempie agli obblighi previsti all'articolo 25, comma 1, per il caso di accadimento di incidente rilevante, è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda da euro quindicimila a euro centoventimila.

     4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il gestore che non attua il sistema di gestione di cui all'articolo 14, comma 5, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da euro quindicimila a euro novantamila.

     5. Il gestore che non aggiorna, in conformità all'articolo 18, il rapporto di sicurezza di cui all'articolo 15 o il documento di cui all'articolo 14, comma 1, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda di euro venticinquemila.

     6. Il gestore che non effettua gli adempimenti di cui all'articolo 19, comma 3, e all'articolo 20, commi 1, 3 e 4, è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimila ad euro novantamila. Secondo quanto previsto all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla irrogazione della predetta sanzione provvede, in caso di violazione dell'obbligo di cui agli articoli 19, comma 3 e 20, comma 4, il Prefetto e, nel caso di violazione degli obblighi di cui all'articolo 20, commi 1 e 3, il CTR territorialmente competente, tramite la Direzione regionale o interregionale dei Vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, lettera c). Alla predetta sanzione non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

     7. Alla violazione di cui all'articolo 23, comma 5, si applica la pena prevista all'articolo 623 del Codice penale.

     8. Fatta salva la responsabilità penale, qualora si accerti che la notifica o il rapporto di sicurezza o le informazioni previste agli articoli 13 comma 4, 19 comma 3, 20 comma 4, 22 comma 8, 25 comma 1, non siano stati presentati o che non siano rispettate le misure di sicurezza previste nel rapporto o nelle eventuali misure integrative prescritte dall'autorità competente anche a seguito di controlli ai sensi dell'articolo 27, il CTR, per gli stabilimenti di soglia superiore, o, per gli stabilimenti di soglia inferiore, la regione o il soggetto da essa designato, procede comunque a diffidare il gestore ad adottare le necessarie misure, dandogli un termine non superiore a sessanta giorni, prorogabile in caso di giustificati e comprovati motivi. In caso di mancata ottemperanza è ordinata la sospensione dell'attività per il tempo necessario all'adeguamento degli impianti alle prescrizioni indicate e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi. Ove il gestore, anche dopo il periodo di sospensione, continui a non adeguarsi alle prescrizioni indicate il CTR o la regione, o il soggetto da essa designato, secondo la propria competenza, ordina la chiusura dello stabilimento o, ove possibile, di un singolo impianto o di una parte di esso.

 

     Art. 29. Disposizioni finanziarie

     1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni ed i soggetti pubblici interessati provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

     Art. 30. Disposizioni tariffarie

     1. Alle istruttorie tecniche di cui agli articoli 4, 5, commi 2, lettera e) e 3, 17 e 18, comma 1, lettera b), ed alle ispezioni di cui all'articolo 27 connesse all'attuazione del presente decreto, nonchè alla attività di cui all'articolo 13, comma 9, si provvede, con oneri a carico dei gestori, secondo le tariffe e le modalità stabilite all'allegato I.

     2. Ciascuna regione può rideterminare le tariffe relative alle attività di propria competenza che non possono in ogni caso essere superiori agli importi riportati nell'allegato I.

     3. Le tariffe di cui ai commi 1 e 2 devono coprire il costo effettivo del servizio reso. Le medesime tariffe sono aggiornate, almeno ogni tre anni, con lo stesso criterio della copertura del costo effettivo del servizio.

 

     Art. 31. Prevenzione incendi per gli stabilimenti di soglia superiore

     1. Per lo svolgimento delle verifiche di prevenzione incendi per gli stabilimenti di soglia superiore si applicano le modalità di cui all'allegato L.

     2. Gli atti conclusivi dei procedimenti di valutazione del rapporto di sicurezza sono inviati dal CTR agli organi competenti perchè ne tengano conto nell'ambito delle procedure relative alle istruttorie tecniche previste in materia ambientale, di sicurezza sul lavoro, sanitaria e urbanistica, in particolare dal:

     a) decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dalle relative leggi regionali, in materia di valutazione di impatto ambientale, di autorizzazione integrata ambientale e di rifiuti;

     b) decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59;

     c) articolo 216 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265;

     d) decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

     e) R.D.L. 2 novembre 1933, n. 1741, convertito dalla legge 8 febbraio 1934, n. 367, e dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 420;

     f) articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;

     g) articolo 67 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;

     h) regio decreto 9 gennaio 1927, n. 147, e dal regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 

     Art. 32. Norme finali e transitorie

     1. Le procedure relative alle istruttorie e ai controlli di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto presso le autorità competenti, ai sensi del citato decreto legislativo, sono concluse dalle medesime autorità previo adeguamento, ove necessario, alle disposizioni di cui al presente decreto. Le predette istruttorie sono concluse entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

     2. Fino all'entrata in vigore dei decreti di cui agli articoli 4, comma 2, 20, comma 5, e 21, comma 10, si applicano le disposizioni recate, rispettivamente, dagli allegati A, F e G.

     3. All'aggiornamento e alla modifica delle disposizioni degli allegati da 1 a 6 al presente decreto, derivanti da aggiornamenti e modifiche agli allegati della direttiva 2012/18/UE, introdotti a livello europeo si provvede con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministeri dello sviluppo economico, dell'interno e della salute, sentita la Conferenza Unificata.

     4. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza Unificata, sono aggiornati gli allegati B e D.

     5. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, d'intesa la Conferenza Stato-Regioni sono aggiornati gli allegati E ed H.

     6. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, della salute e dello sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-Regioni, sono aggiornati gli allegati C ed M.

     7. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'interno, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, è aggiornato l'allegato I.

     8. Con decreto del Ministro dell'interno è aggiornato l'allegato L.

     9. Fino alla rideterminazione delle tariffe di cui al comma 2 dell'articolo 30, le regioni applicano le tariffe di cui all'allegato I.

 

     Art. 33. Riferimenti normativi e abrogazione di norme

     1. Si applicano, per quanto compatibili, le seguenti disposizioni:

     a) l'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 1988, n. 175;

     b) l'articolo 5, allegato I, capitolo 2, e allegato II del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 marzo 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 aprile 1989, n. 93;

     c) la legge 19 maggio 1997, n. 137;

     d) il decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, recante procedure e norme tecniche di sicurezza nello svolgimento di attività di travaso di autobotti e ferro cisterne, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 luglio 1996, n. 155;

     e) il decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, recante criteri di analisi e valutazione dei rapporti relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1996, n. 159;

     f) il decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, recante modalità di presentazione e di valutazione dei rapporti di sicurezza degli scali merci terminali di ferrovia, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 gennaio 1998, n. 18;

     g) il decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 febbraio 1998, n. 27;

     h) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre 1998 relativo agli scali merci ferroviari, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 novembre 1998, n. 261;

     i) il decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre 1998, recante criteri di analisi e valutazione dei rapporti relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 novembre 1998, n. 262.

     2. A partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:

     a) l'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 420;

     b) il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

     c) il decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238;

     d) l'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139;

     e) il decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 48;

     f) il decreto del Ministro dell'interno 2 agosto 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 settembre 1984, n. 246;

     g) il decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 marzo 1998, n. 74;

     h) l'ultimo riquadro dell'allegato VI al decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 maggio 1998, n. 104;

     i) il decreto del Ministro dell'ambiente 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto 2000, n. 195;

     l) il decreto del Ministro dell'ambiente 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 agosto 2000, n. 196;

     m) il decreto ministeriale 16 maggio 2001, n. 293;

     n) il decreto del Ministero dell'interno 19 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 aprile 2001, n. 80;

     o) il decreto ministeriale 26 maggio 2009, n. 138;

     p) il decreto ministeriale 24 luglio 2009, n. 139.

 

ALLEGATO 1 [1]

 

ALLEGATO 2

 

     Dati e informazioni minimi che devono figurare nel Rapporto di sicurezza di cui all'art. 15

 

     1. Informazioni sul sistema di gestione e sull'organizzazione dello stabilimento in relazione alla prevenzione degli incidenti rilevanti

     Queste informazioni devono tener conto degli elementi di cui all'allegato 3.

     2. Presentazione del sito dello stabilimento:

 

     a) descrizione dello stabilimento e della sua collocazione territoriale, includendo informazioni quali posizione geografica, dati meteorologici, geologici, idrografici e, se rilevante, la sua storia;

     b) identificazione degli impianti e di altre attività dello stabilimento che potrebbero presentare un pericolo di incidente rilevante;

     c) sulla base delle informazioni disponibili, identificazione degli stabilimenti adiacenti, nonchè di siti di attività che non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto e di aree, insediamenti e progetti urbanistici che potrebbero essere all'origine o aumentare il rischio o le conseguenze di incidenti rilevanti e di effetti domino;

     d) descrizione delle aree in cui può verificarsi un incidente rilevante.

     3. Descrizione dello stabilimento:

 

     a) descrizione delle principali attività e dei prodotti delle parti dello stabilimento importanti dal punto di vista della sicurezza, delle fonti di rischio di incidenti rilevanti e delle condizioni per le quali tale incidente rilevante potrebbe prodursi, corredata di una descrizione delle misure preventive proposte;

     b) descrizione dei processi, in particolare delle modalità operative; se del caso, tenendo conto delle informazioni disponibili sulle migliori pratiche;

     c) descrizione delle sostanze pericolose:

     i) inventario delle sostanze pericolose, comprendente:

     - l'identificazione delle sostanze pericolose: denominazione chimica, numero CAS, denominazione secondo la nomenclatura IUPAC,

     - quantità massima di sostanze pericolose effettivamente presente o possibile,

     ii) caratteristiche fisiche, chimiche, tossicologiche e indicazione dei pericoli, sia immediati che differiti, per la salute umana e l'ambiente;

     iii) comportamento fisico e chimico nelle condizioni normali di utilizzo in stabilimento o nelle condizioni anomale prevedibili.

     4. Identificazione e analisi dei rischi di incidenti e metodi di prevenzione:

 

     a) descrizione dettagliata dei possibili scenari di incidenti rilevanti e delle loro probabilità di accadimento o delle condizioni in cui tali scenari possono prodursi, corredata di una sintesi degli eventi che possono avere un ruolo nell'innescare ognuno di tali scenari, con cause interne o esterne all'impianto; comprendente in particolare:

     i) cause operative;

     ii) cause esterne, quali quelle connesse con effetti domino, siti di attività che non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto, aree, insediamenti e progetti urbanistici che potrebbero essere all'origine o aumentare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante;

     iii) cause naturali, ad esempio terremoti o inondazioni;

     b) valutazione dell'estensione e della gravità delle conseguenze degli incidenti rilevanti identificati, includendo le mappe, le immagini, o appropriate descrizioni equivalenti, che mostrino le aree suscettibili di essere colpite da siffatti incidenti derivanti dallo stabilimento;

     c) riesame degli incidenti e degli eventi anomali occorsi in passato legati all'utilizzo delle stesse sostanze e degli stessi processi utilizzati in stabilimento, considerazione degli insegnamenti tratti da questi e riferimento esplicito alle misure specifiche adottate per prevenire tali eventi;

     d) descrizione dei parametri tecnici e delle attrezzature utilizzate per garantire la sicurezza degli impianti.

     5. Misure di protezione e di intervento per limitare le conseguenze di un incidente rilevante:

 

     a) descrizione dei dispositivi installati nell'impianto per limitare le conseguenze di incidenti rilevanti per la salute umana e per l'ambiente, compresi ad esempio sistemi di rilevazione/protezione; dispositivi tecnici per limitare l'entità di rilasci accidentali, tra cui nebulizzazione dell'acqua; schermi di vapore; recipienti di raccolta e trappole di emergenza; valvole di intercettazione; sistemi di inertizzazione; sistemi di raccolta delle acque antincendio;

     b) organizzazione della procedura di allarme e di intervento;

     c) descrizione delle risorse, interne o esterne, che possono essere mobilitate;

     d) descrizione di qualsiasi misura tecnica e non tecnica pertinente ai fini della riduzione dell'impatto di un incidente rilevante.

 

     ALLEGATO 3

     Informazioni di cui all'articolo 14, comma 5 e all'articolo 15, comma 2, relative al sistema di gestione della sicurezza e all'organizzazione dello stabilimento ai fini della prevenzione degli incidenti rilevanti

 

     Ai fini dell'attuazione del sistema di gestione della sicurezza elaborato dal gestore si tiene conto dei seguenti elementi:

     a) il sistema di gestione della sicurezza è proporzionato ai pericoli, alle attività industriali e alla complessità dell'organizzazione nello stabilimento ed è basato sulla valutazione dei rischi. Esso dovrebbe integrare la parte del sistema di gestione generale che comprende struttura organizzativa, responsabilità, prassi, procedure, procedimenti e risorse per la determinazione e l'attuazione della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti (PPIR);

     b) i seguenti aspetti sono trattati nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza:

     i. organizzazione e personale: ruoli e responsabilità del personale addetto alla gestione dei pericoli di incidente rilevante a ogni livello dell'organizzazione, unitamente alle misure adottate per sensibilizzare sulla necessità di un continuo miglioramento. Identificazione delle necessità in materia di formazione del personale e relativa attuazione; coinvolgimento dei dipendenti e del personale di imprese subappaltatrici che lavorano nello stabilimento che sono rilevanti sotto il profilo della sicurezza;

     ii. identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti: adozione e applicazione di procedure per l'identificazione sistematica dei pericoli rilevanti derivanti dall'attività normale o anomala comprese, se del caso, le attività subappaltate e valutazione della relativa probabilità e gravità;

     iii. controllo operativo: adozione e applicazione di procedure e istruzioni per il funzionamento in condizioni di sicurezza, inclusa la manutenzione dell'impianto, dei processi e delle apparecchiature e per la gestione degli allarmi e le fermate temporanee; tenendo conto delle informazioni disponibili sulle migliori pratiche in materia di monitoraggio e controllo al fine di ridurre il rischio di malfunzionamento del sistema; monitoraggio e controllo dei rischi legati all'invecchiamento delle attrezzature installate nello stabilimento e alla corrosione; inventario delle attrezzature dello stabilimento, strategia e metodologia per il monitoraggio e il controllo delle condizioni delle attrezzature; adeguate azioni di follow-up e contromisure necessarie;

     iv. gestione delle modifiche: adozione e applicazione di procedure per la programmazione di modifiche da apportare agli impianti, ai processi o ai depositi esistenti o per la progettazione di nuovi impianti, processi o depositi;

     v. pianificazione di emergenza: adozione e applicazione di procedure per identificare le emergenze prevedibili tramite un'analisi sistematica e per elaborare, sperimentare e riesaminare i piani di emergenza per poter far fronte a tali emergenze, e impartire una formazione ad hoc al personale interessato. Tale formazione riguarda tutto il personale che lavora nello stabilimento, compreso il personale interessato di imprese subappaltatrici;

     vi. controllo delle prestazioni: adozione e applicazione di procedure per la valutazione costante dell'osservanza degli obiettivi fissati nella PPIR e nel sistema di gestione della sicurezza adottati dal gestore nonchè di meccanismi per la sorveglianza e l'adozione di azioni correttive in caso di inosservanza. Le procedure comprendono il sistema di notifica del gestore in caso di incidenti rilevanti o di «quasi incidenti»1 , soprattutto se dovuti a carenze delle misure di protezione, la loro analisi e le azioni conseguenti intraprese sulla base dell'esperienza acquisita. Le procedure possono anche includere indicatori di prestazione, come indicatori di prestazione in materia di sicurezza e altri indicatori pertinenti;

     vii. controllo e revisione: adozione e applicazione di procedure relative alla valutazione periodica e sistematica della PPIR e all'efficacia e all'adeguatezza del sistema di gestione della sicurezza; revisione documentata, e relativo aggiornamento, dell'efficacia della politica in questione e del sistema di gestione della sicurezza da parte della direzione, compresa la presa in considerazione e l'eventuale integrazione delle modifiche indicate dall'audit e dalla revisione.

 

     ------------------------

     1 Per la definizione di "quasi incidente" si può fare riferimento alla norma UNI 10617 e ad altra normativa tecnica di settore emanata da Enti di normazione nazionali, europei o internazionali.

 

     ALLEGATO 4

 

     Dati e informazioni che devono figurare nei piani di emergenza di cui agli artt. 20 e 21

 

     1. Piani di emergenza interna (di cui all'art. 20)  Le informazioni minime che devono essere contenute nei Piani di emergenza interna sono:  a) nome o funzione delle persone autorizzate ad attivare le procedure di emergenza e della persona responsabile dell'applicazione e del coordinamento delle misure di intervento all'interno del sito;  b) nome o funzione della persona incaricata del collegamento con l'autorità responsabile del Piano di emergenza esterna;  c) per situazioni o eventi prevedibili che potrebbero avere un ruolo determinante nel causare un incidente rilevante, descrizione delle misure da adottare per far fronte a tali situazioni o eventi e per limitarne le conseguenze; la descrizione deve comprendere le apparecchiature di sicurezza e le risorse disponibili;  d) misure atte a limitare i pericoli per le persone presenti nel sito, compresi sistemi di allarme e le norme di comportamento che le persone devono osservare al momento dell'allarme;  e) disposizioni per avvisare tempestivamente, in caso di incidente, l'autorità incaricata di attivare il Piano di emergenza esterna; tipo di informazione da fornire immediatamente e misure per la comunicazione di informazioni più dettagliate appena disponibili;  f) disposizioni in materia di formazione per preparare il personale ai compiti che sarà chiamato a svolgere e, ove necessario, in coordinamento con i servizi di emergenza esterna;  g) disposizioni per coadiuvare l'esecuzione delle misure di intervento adottate all'esterno del sito.

     2. Piani di emergenza esterna (di cui all'art. 21)  Le informazioni minime che devono essere contenute nei Piani di emergenza esterna sono:  a) nome o funzione delle persone autorizzate ad attivare le procedure di emergenza e delle persone autorizzate a dirigere e coordinare le misure adottate all'esterno del sito;  b) disposizioni adottate per essere informati tempestivamente degli eventuali incidenti; modalità di allarme e di richiesta di soccorsi;  c) misure di coordinamento delle risorse necessarie per l'attuazione del Piano di emergenza esterna;  d) disposizioni per coadiuvare l'esecuzione delle misure di intervento adottate all'interno del sito;  e) misure di intervento da adottare all'esterno del sito, comprese le reazioni agli scenari di incidenti rilevanti indicati nel Rapporto di sicurezza ed esaminando i possibili effetti domino fra cui quelli che hanno un impatto sull'ambiente;  f) disposizioni adottate per fornire al pubblico e agli stabilimenti o siti di attività adiacenti che non rientrano nell'ambito di applicazione del presente decreto informazioni specifiche relative all'incidente e al comportamento da adottare;  g) disposizioni intese a garantire che siano informati i servizi di emergenza di altri Stati membri in caso di incidenti rilevanti che potrebbero avere conseguenze al di là delle frontiere.

 

     ALLEGATO 5

 

     Allegato 6

     Criteri per la notifica di un incidente rilevante alla Commissione

     (di cui all'art. 26)

 

     PARTE I

     Ogni incidente rilevante di cui al punto 1 o avente almeno una delle conseguenze descritte ai punti 2, 3, 4 e 5 deve essere notificato alla Commissione.

 

     1. Sostanze pericolose coinvolte:

     Ogni incendio o esplosione o emissione accidentale di sostanza pericolosa implicante un quantitativo almeno pari al 5% della quantità limite prevista alla colonna 3 della parte 1 o alla colonna 3 della parte 2 dell'allegato 1.

 

     2. Conseguenze per le persone o i beni:

     a) un decesso;

     b) sei persone ferite all'interno dello stabilimento e ricoverate in ospedale per almeno 24 ore;

     c) una persona all'esterno dello stabilimento ricoverata in ospedale per almeno 24 ore;

     d) abitazione/i all'esterno dello stabilimento danneggiata/e e inagibile/i a causa dell'incidente;

     e) l'evacuazione o il confinamento di persone per oltre 2 ore (persone moltiplicate per le ore): il risultato è almeno pari a 500;

     f) l'interruzione dei servizi di acqua potabile, elettricità, gas o telefono per oltre 2 ore (persone moltiplicate per le ore): il risultato è almeno pari a 1.000.

 

     3. Conseguenze immediate per l'ambiente:

     a) danni permanenti o a lungo termine causati agli habitat terrestri:

     i. 0,5 ha o più di un habitat importante dal punto di vista dell'ambiente o della conservazione e protetto dalla normativa;

     ii. 10 ha o più di un habitat più esteso, compresi i terreni agricoli;

     b) danni rilevanti o a lungo termine causati a habitat di acqua superficiale o marini:

     i. 10 km o più di un fiume o canale;

     ii. 1 ha o più di un lago o stagno;

     iii. 2 ha o più di un delta;

     iv. 2 ha o più di una zona costiera o di mare;

     c) danni rilevanti causati a una falda acquifera o ad acque sotterranee:

     1 ha o più.

 

     4. Danni materiali:

     a) danni materiali nello stabilimento: a partire da 2.000.000 di EUR;

     b) danni materiali all'esterno dello stabilimento: a partire da 500.000 EUR.

 

     5. Danni transfrontalieri

     Ogni incidente rilevante connesso direttamente con una sostanza pericolosa che determini effetti all'esterno del territorio dello Stato membro interessato.

 

 

     PARTE II

     Dovrebbero essere notificati alla Commissione gli incidenti e i «quasi incidenti»1 che, a parere degli Stati membri, presentano un interesse tecnico particolare per la prevenzione degli incidenti rilevanti e per la limitazione delle loro conseguenze, ma che non rispondono ai criteri quantitativi sopra menzionati.

 

     ---------------------

     1 Per la definizione di "quasi incidente" si può fare riferimento alla norma UNI 10617 e ad altra normativa tecnica di settore emanata da Enti di normazione nazionali, europei o internazionali.

 

 

     Allegato A (art. 4)

     Criteri e procedure per la valutazione dei pericoli di incidente rilevante di una particolare sostanza ai fini della comunicazione alla Commissione europea di cui all'art. 4

 

     Il presente allegato è così costituito:

     PARTE 1 - PROCEDURA PER L'ISTRUTTORIA DELLE PROPOSTE DI VALUTAZIONE DEI PERICOLI DI INCIDENTE RILEVANTE PER UNA PARTICOLARE SOSTANZA

     1.1 VALUTAZIONE PRELIMINARE DELL'AMMISSIBILITÀ DELLA PROPOSTA

     1.2 VALUTAZIONE ISTRUTTORIA DEI CONTENUTI TECNICI DELLA PROPOSTA

     PARTE 2 - CRITERI DI VALUTAZIONE DELL'AMMISSIBILITÀ DELLA PROPOSTA

     PARTE 3 - CRITERI PER LA VALUTAZIONE ISTRUTTORIA DELLA PROPOSTA

     APPENDICE 1 - FORMATO E CONTENUTI TECNICI MINIMI DELLA PROPOSTA DI ESCLUSIONE DELLA PARTICOLARE SOSTANZA PERICOLOSA DALL'AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA 2012/18/UE

 

     PARTE 1 - PROCEDURA PER L'ISTRUTTORIA DELLE PROPOSTE DI VALUTAZIONE DEI PERICOLI DI INCIDENTE RILEVANTE PER UNA PARTICOLARE SOSTANZA PERICOLOSA

     L'istruttoria ha l'obiettivo di accertare, esclusivamente ai fini della comunicazione da parte del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (di seguito MATTM) alla Commissione europea ai sensi all'art. 4 del presente decreto, la fondatezza tecnico- scientifica della proposta di esclusione della particolare sostanza pericolosa dall'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE, presentata dal gestore o da altro soggetto portatore di interesse (nel seguito indicati come proponente). L'istruttoria consiste nella valutazione tecnica dei contenuti della proposta e della documentazione giustificativa presentate dal proponente.

     L'istruttoria consta di 2 successive procedure valutative:

     1. valutazione preliminare dell'ammissibilità della proposta;

     2. valutazione istruttoria dei contenuti tecnici della proposta. Le procedure sono dettagliate nei successivi punti 1.1 e 1.2.

     1.1 Valutazione preliminare dell'ammissibilità della proposta

     Il proponente presenta al MATTM e all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (di seguito ISPRA), la proposta di esclusione della particolare sostanza dall'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE, redatta secondo il formato e con i contenuti tecnici riportati in Appendice 1; l'ISPRA, valuta, sulla base dei criteri di cui alla successiva Parte 2, l'ammissibilità della proposta e ne comunica l'esito al MATTM, entro 30 giorni dal ricevimento.

     Il MATTM, sulla base delle valutazioni espresse dall'ISPRA, comunica al proponente, entro 15 giorni, l'esito della valutazione preliminare dell'ammissibilità della proposta.

     1.2 Valutazione istruttoria dei contenuti tecnici della proposta

     Nel caso in cui la proposta sia stata dichiarata ammissibile, il MATTM la trasmette, unitamente agli esiti della valutazione preliminare, a uno o più degli Organi tecnici nazionali di cui all'art. 9 del presente decreto legislativo, secondo le specifiche competenze. I suddetti procedono, entro 60 giorni dalla comunicazione del MATTM, alla valutazione istruttoria dei contenuti della documentazione tecnica giustificativa presentata dal proponente, per quanto di specifica competenza, sulla base dei criteri di cui alla successiva Parte 3, comunicando il loro parere al MATTM.

     Il termine può essere prolungato di 20 giorni, per una sola volta, nel caso in cui si renda necessario da parte di almeno un Organo tecnico richiedere al proponente informazioni tecniche supplementari di cui si renda necessaria la valutazione. In tal caso l'intervallo di tempo intercorrente tra la data della richiesta e quella in cui le informazioni fornite dal proponente pervengono agli Organi tecnici nazionali non viene computato.

     Il MATTM, in base ai pareri ricevuti dagli Organi tecnici nazionali, si esprime in merito alla proponibilità dell'esclusione della particolare sostanza dall'ambito di applicazione della direttiva 2012/18/UE ai fini della comunicazione alla Commissione europea di cui all'art. 4, comma 6, del presente decreto legislativo, e comunica entro 15 giorni l'esito dell'istruttoria al proponente e per conoscenza agli Organi tecnici.

 

     PARTE 2 - CRITERI PER L'AMMISSIBILITÀ DELLA PROPOSTA

     La proposta dovrà essere redatta dal proponente in modo da fornire tutte le caratteristiche e le informazioni tecniche ritenute necessarie al fine di formulare una valutazione della sostanza pericolosa per la quale si richiede alla Commissione Europea di presentare una proposta legislativa per l'esclusione dall'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE:

     ".... è impossibile in pratica che provochi un rilascio di materia ed energia che possa dar luogo ad un incidente rilevante, sia in condizioni normali che anormali, ragionevolmente prevedibili....".

     L'ammissibilità o meno della proposta viene valutata sulla base dei seguenti criteri:

     2.1 La sostanza pericolosa è individuata in modo univoco

     La proposta viene ammessa alla valutazione istruttoria solo nel caso in cui la sostanza pericolosa oggetto della proposta di esclusione dall'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE è individuata in modo univoco (nome chimico, nome generico, numero CAS, forma fisica).

     2.2 La sostanza pericolosa rientra in una delle categorie di pericolo di cui all'allegato 1, parte 1, o è una delle sostanze elencate nell'allegato 1, parte 2

     La proposta viene ammessa alla valutazione istruttoria solo nel caso in cui la sostanza pericolosa oggetto della proposta di esclusione rientra nell'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE.

     2.3 Viene individuata esplicitamente la caratteristica della sostanza pericolosa che rende impossibile l'incidente rilevante

     La proposta viene ammessa alla valutazione istruttoria solo nel caso in cui l'impossibilità di dar luogo a un incidente rilevante si basi su una o più delle seguenti caratteristiche:

     a) la forma fisica della sostanza pericolosa in condizioni normali di lavorazione o manipolazione o in caso di perdita di contenimento non programmata;

     b) le proprietà intrinseche della sostanza pericolosa, in particolare quelle relative al comportamento dispersivo in uno scenario di incidente rilevante, quali la massa molecolare e la tensione di vapor saturo;

     c) la concentrazione massima della sostanza o delle sostanze pericolose nel caso di miscele.

     Il proponente dovrà esplicitamente indicare nella proposta quale/i delle precedenti caratteristica/che motiva/no la presentazione della proposta, specificando se ha tenuto conto, ove appropriato, del contenimento e dell'imballaggio generico della sostanza pericolosa, solo nel caso in cui siano disciplinati da specifiche disposizioni legislative dell'Unione europea.

     2.4 Sono fornite con completezza le informazioni tecniche necessarie per la valutazione istruttoria

     La proposta viene ammessa alla valutazione istruttoria solo nel caso in cui sia corredata dalle informazioni tecniche necessarie per poter valutare le proprietà della sostanza pericolosa che comprendono almeno:

     a) un elenco dettagliato delle proprietà necessarie a valutare la potenzialità che presenta la sostanza pericolosa di provocare danni fisici o danni per la salute umana o per l'ambiente;

     b) proprietà fisiche e chimiche (ad esempio, massa molecolare, tensione di vapor saturo, tossicità intrinseca, punto di ebollizione, reattività, viscosità, solubilità e altre proprietà pertinenti);

     c) proprietà relative ai pericoli per la salute umana e ai pericoli fisici (ad esempio reattività, infiammabilità, tossicità, oltre a fattori aggiuntivi quali le modalità di aggressione dell'organismo, il rapporto tra lesioni e letalità, gli effetti a lungo termine e altre proprietà pertinenti);

     d) proprietà relative ai pericoli per l'ambiente (ad esempio, ecotossicità, persistenza, bioaccumulazione, potenziale di propagazione a lunga distanza nell'ambiente e altre proprietà pertinenti);

     e) se disponibile, la classificazione armonizzata, a livello dell'Unione europea, della sostanza o miscela, ovvero l'autoclassificazione notificata ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008;

     f) informazioni sulle specifiche condizioni operative per la sostanza pericolosa (ad esempio, temperatura, pressione e altre condizioni a seconda dei casi) alle quali essa è immagazzinata, utilizzata e/o può essere presente nel caso di operazioni anormali o incidentali prevedibili.

 

     PARTE 3 - CRITERI PER LA VALUTAZIONE ISTRUTTORIA DA PARTE DEGLI ORGANI TECNICI NAZIONALI

     La valutazione istruttoria della proposta è svolta sulla base dei seguenti criteri ed elementi tecnici:dimostrazione da parte del proponente della completezza, dell'attendibilità e del livello di aggiornamento dei dati forniti sulle proprietà chimiche e fisiche della sostanza;

     3.1 dimostrazione da parte del proponente che la sostanza non è tra quelle che hanno chiaramente la possibilità di provocare un incidente rilevante, sulla base dell'esperienza storica di incidenti e quasi-incidenti, della ricognizione di rapporti di sicurezza presentati nei Paesi UE o studi reperibili nella letteratura scientifica o dalla comparazione con sostanze dalle caratteristiche similari;

     3.2 considerazione nelle valutazioni effettuate da parte del proponente degli scenari incidentali più conservativi e di tutti i pertinenti fenomeni pericolosi a essi associati (irraggiamento, sovrappressione, dispersione tossica ed ecotossica), tenendo conto delle proprietà di cui al punto 2.4, nonchè dei differenti tipi di contenimento e di imballaggio in uso per la sostanza nell'Unione europea;

     3.3 effettuazione da parte del proponente, per ogni scenario incidentale e pertinente fenomeno pericoloso ad esso associato, della stima delle distanze di effetti per la salute umana dei lavoratori e della popolazione, specificando i modelli di simulazione utilizzati, il loro ambito di applicazione e le eventuali limitazioni d'impiego, i dati richiesti in ingresso, le incertezze a essi associate, le soglie di effetti utilizzate, il loro significato e la motivazione della loro scelta;

     3.4 effettuazione da parte del proponente della stima dell'estensione del danno e della sua durata per i recettori ambientali che possono essere credibilmente coinvolti in caso di rilascio, specificando i modelli di simulazione utilizzati, il loro ambito di applicazione e le eventuali limitazioni d'impiego, i dati richiesti in ingresso, le incertezze a essi associate, le soglie di effetti utilizzate, il loro significato e la motivazione della loro scelta;

     3.5 dimostrazione da parte del proponente, sulla base degli elementi forniti e delle stime effettuate, che la sostanza pericolosa non può in pratica dar luogo, in condizioni normali o anormali ragionevolmente prevedibili, a un incidente rilevante, definito secondo i criteri stabiliti nella Direttiva 2012/18/UE e quelli in uso nei Paesi UE.

 

     APPENDICE 1 - FORMATO E CONTENUTI TECNICI MINIMI DELLA PROPOSTA DI ESCLUSIONE DELLA PARTICOLARE SOSTANZA PERICOLOSA DALL'AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA 2012/18/UE

     La proposta di esclusione di una sostanza pericolosa dall'ambito di applicazione della direttiva 2012/18/UE deve essere predisposta riportando, almeno, le seguenti sezioni:

     Sezione 1 - Identificazione della sostanza pericolosa

     Il proponente indica in modo univoco (nome chimico, nome generico, numero CAS, forma fisica) la sostanza pericolosa oggetto della proposta di esclusione dall'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE.

     Sezione 2- Individuazione della sostanza relativamente all'allegato 1

     Il proponente indica la/le categoria/e di pericolo di cui all'allegato 1, parte 1, o la voce dell'allegato1, parte 2, che fa/fanno rientrare la sostanza pericolosa oggetto della proposta di esclusione nell'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE.

     Sezione 3 - Motivazione della proposta

     Il proponente dichiara la motivazione della proposta di esclusione della sostanza pericolosa dall'ambito di applicazione della Direttiva 2012/18/UE, individuando una o più caratteristiche tra quelle elencate al punto 2.3 che rende impossibile il verificarsi di un incidente rilevante per la sostanza in questione.

     Sezione 4 - Proprietà della sostanza pericolosa

     Il proponente fornisce le informazioni necessarie per dimostrare le proprietà della sostanza sotto il profilo dei pericoli per la salute, dei pericoli fisici e dei pericoli per l'ambiente, riportando dettagliatamente in questa sezione i contenuti minimi richiesti al punto 2.4.

     Sezione 5 - Rapporto di verifica che la sostanza non determina un incidente rilevante sulla base dei criteri della Direttiva 2012/18/UE e di quelli in uso nei Paesi UE

     Il proponente, ai fini della valutazione istruttoria da parte degli Organi tecnici nazionali, presenta la documentazione tecnica comprovante l'effettuazione delle seguenti fasi valutative (da A a E), ciascuna delle quali si articola in uno o più stadi, e ne raccoglie gli esiti e gli eventuali approfondimenti tecnici all'interno di un Rapporto così costituito:

 

     A - Screening iniziali

     A.1 - Raccolta e presentazione delle proprietà di base della sostanza: nome chimico e generico, numero CAS, forma fisica negli impieghi nei Paesi UE;

     A.2 - Verifica dell'appartenenza della sostanza a una classificazione armonizzata o a una autoclassificazione notificata ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008;

     A.3 - Identificazione della/e categoria/e di pericolo della sostanza ai sensi del Reg. (CE) n. 1272/2008;

 

     SCREENING N.1: l'istruttoria prosegue solo se la sostanza rientra nel Reg. (CE) n. 1272/2008 e s.m.i.

     A.4 - Identificazione della parte, della categoria e della voce dell'allegato 1 in cui la sostanza rientra;

 

     SCREENING N.2: l'istruttoria prosegue solo se la sostanza rientra nell'allegato 1 della Direttiva 2012/18/UE.

     A.5 - In caso di miscele, indicazione della concentrazione di ogni componente, considerando le eventuali differenti concentrazioni riscontrabili sulla base degli impieghi nei paesi UE;

     A.6 - Raccolta e presentazione delle proprietà intrinseche della sostanza: massa molecolare, densità, viscosità, tensione di vapore, tossicità intrinseca, punto di ebollizione, reattività, solubilità e altre proprietà pertinenti (anche tra quelle riportate nella tabella del punto A.10);

     A.7 - Descrizione delle condizioni operative di temperatura e pressione, volume e altre condizioni e tipologie di stoccaggio, trasferimento e processo riscontrabili negli impieghi nei Paesi UE;

     A.8 - Specificazione delle eventuali incompatibilità con altre sostanze;

     A.9 - Presentazione delle risultanze della ricognizione effettuata dal proponente riguardo l'esperienza storica di incidenti e quasi-incidenti coinvolgenti la sostanza in questione, i contenuti dei rapporti di sicurezza e di studi reperiti nella letteratura scientifica effettuati secondo i criteri in uso nei Paesi UE;

 

     SCREENING N.3: l'istruttoria prosegue solo se la ricognizione non evidenzia incidenti rilevanti accaduti o ragionevolmente prevedibili coinvolgenti la sostanza in esame.

     A.10 - Indicazione per ogni pertinente fenomeno pericoloso del valore dei seguenti parametri rilevanti;

        

 

     A.11 - Presentazione dei risultati dell'applicazione alla sostanza di uno o più metodi indicizzati impiegati nei Paesi UE per la valutazione speditiva dei pericoli tossici, fisici e ambientali ad essa associati e confronto dei risultati ottenuti con quelli derivanti dall'applicazione ad una sostanza, di interesse per la direttiva 2012/18/UE, similare per proprietà chimico-fisiche e categoria di pericolo.

 

     SCREENING N.4: l'istruttoria prosegue solo se il valore di ciascun indice individuato per la sostanza pericolosa proposta per l'esclusione è inferiore a quello relativo alla sostanza similare.

     B - Definizione degli scenari incidentali di riferimento

     B.1 - Individuazione documentata di uno o più scenari incidentali di riferimento caratterizzati dalla totale perdita di contenimento per la sostanza nelle fasi di carico/scarico, stoccaggio, trasferimento e processo, prendendo in considerazione le differenti tipologie di contenimento e imballaggio in uso nei Paesi UE;

     B.2 - Individuazione documentata dei parametri più conservativi da utilizzare per la stima del termine di sorgente (massima quantità, pressione di rilascio, portata di rilascio) e della dispersione nell'ambiente (condizioni meteo, rugosità del terreno, presenza di ostacoli, ecc.) con riferimento alle condizioni riscontrabili nei Paesi UE.

     C - Stima degli effetti per la salute umana

     C.1 - Presentazione del pertinente modello di simulazione utilizzato per la stima delle distanze di danno, per ogni fenomeno pericoloso associato agli scenari di riferimento, motivatamente selezionato tra quelli impiegati nei Paesi UE;

     C.2 - Presentazione dei valori di soglia utilizzati, selezionati tra quelli più conservativi impiegati nei Paesi UE;

     C.3 - Stima delle distanze di danno;

     C.4 - Effettuazione e documentazione della stima delle incertezze dei risultati ottenuti e dell'analisi di sensibilità del modello utilizzato, basata sulla variazione dei valori dei parametri richiesti in ingresso dal modello.

     D - Stima degli effetti sull'ambiente

     D.1 - Verificare, ove applicabile, se sulla base delle sole proprietà chimiche e fisiche della sostanza pericolosa è dimostrato che essa non può provocare un incidente rilevante;

     D.2 - Presentazione del pertinente modello di simulazione utilizzato per la stima dell'estensione e durata dei danni associati agli scenari di riferimento, motivatamente selezionato tra quelli impiegati nei Paesi UE;

     D.3 - Individuazione dei parametri più conservativi da utilizzare per la stima del termine di sorgente (portata massima di deflusso nel recettore ambientale) e della dispersione nell'ambiente (portate o altre pertinenti caratteristiche dei corpi idrici e altri recettori considerati, ecc.) con riferimenti alle condizioni riscontrabili nei Paesi UE;

     D.4 - Presentazione dei valori di soglia utilizzati, selezionati tra quelli più conservativi impiegati nei Paesi UE;

     D.5 - Stima dell'estensione e della durata del danno per i recettori ambientali considerati;

     D.6 - Effettuazione e documentazione della stima delle incertezze dei risultati ottenuti e dell'analisi di sensibilità del modello utilizzato, basata sulla variazione dei valori dei parametri richiesti in ingresso dal modello.

     E - Interpretazione dei risultati

     Dimostrazione che gli effetti per la salute umana (distanze di danno) e per l'ambiente (estensione e durata del danno), stimati nelle fasi precedenti, non determinano un incidente rilevante definito sulla base dei criteri della Direttiva 2012/18/UE e di quelli in uso nei Paesi UE.

 

     Allegato B (art. 14)

     Linee guida per l'attuazione del Sistema di Gestione della Sicurezza  per la prevenzione degli incidenti rilevanti

 

     Il presente allegato è così costituito:

     PREMESSA

     1. POLITICA DI PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI RILEVANTI

     2. REQUISITI GENERALI E STRUTTURA DEL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA

     3. CONTENUTI TECNICI DEL SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA

     4. GRADO DI APPROFONDIMENTO

     APPENDICE 1 - ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE, FORMAZIONE, ADDESTRAMENTO ED EQUIPAGGIAMENTO DEL PERSONALE CHE LAVORA IN STABILIMENTO

     1. INFORMAZIONE

     2. FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO

     3. EQUIPAGGIAMENTO, SISTEMI E DISPOSITIVI DI PROTEZIONE

     4. ORGANIZZAZIONE

     5. TABELLA RIASSUNTIVA

 

     Premessa

     Il presente allegato fornisce le indicazioni al gestore per lo sviluppo dei parametri essenziali di un sistema di gestione della sicurezza per la prevenzione degli incidenti rilevanti (SGS-PIR) in accordo con quanto definito all'art. 14 comma 5 e nell'allegato 3 del presente decreto.

     1. Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti

     1.1. Documento sulla politica di prevenzione

     1.1.1. Il gestore deve redigere il documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, di seguito indicato come "Documento", indicando gli obiettivi che intende perseguire nel campo della prevenzione e del controllo degli incidenti rilevanti, per la salvaguardia della salute umana, dell'ambiente e dei beni, e che costituiscono, nel loro insieme, la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti (PPIR) del gestore in materia.

     1.1.2. Il gestore deve indicare nel Documento i principi generali su cui intende basare la politica di cui al punto 1.1.1., indicando, tra l'altro, eventuali adesioni volontarie a normative tecniche, regolamenti, accordi e iniziative, non richiesti da norme cogenti.

     1.1.3. Il gestore deve riportare nel Documento il proprio impegno a realizzare, adottare, nonchè a mantenere e ricercare il miglioramento continuo1 del proprio sistema di gestione della sicurezza, in attuazione a quanto richiesto dall'art. 14 comma 5 del presente decreto e in attuazione della politica definita ai punti 1.1.1 e 1.1.2.

     -----------

     1 Dalla norma UNI 10617:2012-miglioramento continuo: Processo di accrescimento del SGS-PIR per ottenere miglioramenti della prestazione della sicurezza complessiva, coerentemente con la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti dell'organizzazione.

 

 

     1.1.4. Il gestore deve riportare nel Documento l'articolazione del sistema di gestione della sicurezza che intende adottare, con l'indicazione dei principi e dei criteri a cui intende riferirsi nella sua attuazione ed allegare il programma di attuazione, nel caso di prima applicazione del presente decreto, ovvero di miglioramento dello stesso nel caso dei riesami periodici successivi, ed i relativi tempi. Nella suddetta articolazione deve essere altresì indicata l'elencazione dettagliata e la relativa descrizione delle singole voci che costituiscono il sistema di gestione della sicurezza e, qualora il gestore faccia riferimento a norme o guide tecniche nazionali o internazionali, queste devono essere allegate integralmente o per le parti effettivamente prese in considerazione, ovvero essere disponibili presso lo stabilimento.2

     -----------

     2 Esempio di struttura indice del documento della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti:

     1. Introduzione

     2. Definizione degli Obiettivi generali e specifici del SGS-PIR

     3. L'integrazione con il sistema di gestione aziendale e con gli altri sistemi di gestione presenti

     4. Principi generali e Norme di riferimento

     5. Sistema di gestione della sicurezza

     5.1 Requisiti del SGS-PIR

     5.2 Struttura del SGS-PIR (politica, organizzazione, pianificazione delle attività, ecc)

     5.3 Articolazione del SGS-PIR (descrizione sintetica di ognuno degli elementi SGS-PIR: organizzazione e personale, identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti, ecc.)

     6. Programma di attuazione/miglioramento

 

 

     2. Requisiti generali e struttura del sistema di gestione della sicurezza

     2.1. Requisiti generali

     2.1.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve essere attuato dai gestori al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi generali e dei principi di intervento definiti nella politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, come definita nel Documento di cui al punto 1.1, e in particolare:

     a. definire e documentare la politica, gli obiettivi e gli impegni da essa stabiliti per la sicurezza;

     b. assicurare che tale politica venga compresa, attuata e sostenuta a tutti i livelli aziendali;

     c. verificare il conseguimento degli obiettivi e fissare le relative azioni correttive.

     2.1.2. Il gestore nella predisposizione, nell'attuazione e nelle modifiche del sistema di gestione della sicurezza, informa e consulta, ai sensi dell'art. 14 comma 5, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nell'ambito della definizione e del riesame del documento di politica di cui al punto 1.1.

     2.2. Struttura

     2.2.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve essere proporzionato ai pericoli, alle attività industriali e alla complessità dell'organizzazione nello stabilimento ed è basato sulla valutazione dei rischi e deve integrare la parte del sistema di gestione generale che comprende struttura organizzativa, responsabilità, prassi, procedure e risorse. In riferimento ad altre parti del sistema di gestione generale, anche attinenti obiettivi diversi, tra cui la qualità, la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, la protezione ambientale, il sistema di gestione della sicurezza può richiamare gli elementi in comune, ma deve contenere esplicitamente tutti gli elementi relativi agli aspetti che riguardano specificamente la determinazione e l'attuazione della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti.

     2.2.2. Il sistema di gestione della sicurezza deve essere strutturato in modo da definire, per le varie fasi di vita dell'impianto e con riferimento agli elementi definiti al punto 3, come minimo, quanto segue:

     a. politica e conduzione aziendale per la sicurezza;

     b. organizzazione tecnica, amministrativa e delle risorse umane;

     c. pianificazione delle attività interessate, ivi comprese l'assegnazione delle risorse e la documentazione;

     d. misura delle prestazioni conseguite in materia di sicurezza a fronte di criteri specificati;

     e. verifica e riesame delle prestazioni, ivi incluse le verifiche ispettive (safety audit).

     2.2.3. La struttura generale del sistema di gestione della sicurezza, così come definito al punto 2.2.2, deve rispondere allo stato dell'arte in materia. In particolare, i requisiti stabiliti dalla norma UNI 10617, ovvero, per gli aspetti attinenti alla prevenzione degli incidenti rilevanti, dalle norme della serie OHSAS 18000 o ISO 9000 o da quelle della serie ISO 14000 o dalla versione più aggiornata del regolamento comunitario EMAS (attualmente 1221/2009 o EMAS III) si intendono corrispondere al detto stato dell'arte.

     3. Contenuti tecnici del sistema di gestione della sicurezza

     3.1. Elementi fondamentali

     Il sistema di gestione della sicurezza, strutturato così come richiesto nei precedenti punti 2.1 e 2.2, deve farsi carico delle seguenti gestioni, secondo quanto specificato nei punti da 3.2 a 3.8:

     a) organizzazione e personale;

     b) identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti;

     c) controllo operativo;

     d) modifiche e progettazione;

     e) pianificazione di emergenza;

     f) controllo delle prestazioni;

     g) controllo e revisione.

     3.2. Organizzazione e personale

     3.2.1. Il sistema di gestione della sicurezza, anche attraverso l'allocazione delle risorse necessarie, deve farsi carico della gestione, dell'organizzazione e del personale, al fine di garantire un livello di sicurezza compatibile con la realtà in cui opera lo stabilimento, così come, in particolare, definito nel Documento e richiesto sia dalle norme legislative e dalle regole tecniche, sia dalle valutazioni e determinazioni espresse dagli organi di controllo. Esso deve, inoltre, stabilire gli standard e le norme tecniche a livello aziendale aggiuntivi, necessari a consentire la completa razionalizzazione in materia di prevenzione e di controllo delle prestazioni.

     3.2.2. Il sistema di gestione della sicurezza deve riflettere l'impegno globale all'interno dell'azienda, dall'alta direzione fino agli operatori, e la cultura di sicurezza dell'organizzazione, così come definiti nel Documento, e come appare dall'allocazione di risorse e dall'assegnazione di responsabilità.

     3.2.3. Il sistema di gestione della sicurezza deve individuare le posizioni chiave ad ogni livello dell'organizzazione, definendo univocamente ed esplicitamente ruoli, compiti, responsabilità, autorità e disponibilità di risorse. Esso deve, inoltre, definire le interfacce tra le posizioni chiave, tra queste e l'alta direzione e tutto il personale coinvolto in attività rilevanti ai fini della sicurezza, anche attraverso i rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

     3.2.4. Il sistema di gestione della sicurezza, deve stabilire le misure necessarie per garantire a qualsiasi livello un adeguato grado di competenza e consapevolezza nella gestione dei pericoli di incidenti rilevanti. Pertanto, anche in riferimento alle disposizioni contenute nell'appendice 1 del presente allegato, deve definire i requisiti minimi di formazione, informazione e addestramento per tutto il personale coinvolto in attività rilevanti ai fini della sicurezza, proprio o di terzi, fisso od occasionale, e garantire la disponibilità e l'impiego del relativo equipaggiamento di protezione. Esso deve, inoltre, definire le attività necessarie al raggiungimento e al mantenimento di tali requisiti, anche in termini di qualificazione professionale e di capacità operative; queste devono essere assicurate anche mediante l'idoneità dell'interfaccia tra operatore e impianto.

     3.3. Identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti

     3.3.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve prevedere le procedure per l'identificazione dei pericoli e la valutazione dei rischi di incidente rilevante derivanti dall'attività normale o anomala comprese, se del caso, le attività subappaltate e l'adozione delle misure per la riduzione del rischio, assicurando la loro corretta applicazione e il mantenimento nel tempo della loro efficacia.

     3.3.2. Le attività di identificazione e valutazione, di cui al punto 3.3.1, devono essere condotte sia in termini di probabilità sia di gravità e documentate nell'ambito di un'analisi di sicurezza espletata secondo lo stato dell'arte, sia per le condizioni normali di esercizio sia per le condizioni anomale e per ogni fase di vita dell'impianto. Per gli stabilimenti soggetti agli obblighi dell'art. 15 del presente decreto, esse devono essere condotte secondo quanto stabilito negli allegati 2 e C. In ogni caso, le attività devono rendere disponibili le informazioni necessarie per la pianificazione dell'emergenza esterna di cui all'art. 21 e per la verifica del rispetto dei requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, di cui all'art. 22 del presente decreto. L'espletamento di tali attività deve permettere la valutazione dell'idoneità delle misure di sicurezza adottate, individuare le possibili aree di miglioramento, fornire i termini di sorgente per la pianificazione di emergenza interna ed esterna e costituire la base per le attività di informazione, formazione e addestramento.

     3.3.3. Il sistema di gestione della sicurezza deve fissare i criteri e requisiti di sicurezza, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi generali, così come definiti nel Documento, e degli obiettivi specifici, a fronte dei singoli rischi individuati. Le misure per la riduzione del rischio, di cui al punto 3.3.1, devono essere individuate, realizzate e adottate ai fini del raggiungimento e mantenimento di tali obiettivi.

     3.3.4. Le attività, di cui al punto 3.3.1, devono essere aggiornate periodicamente, in occasione di modifiche ai sensi dell'art. 18 del presente decreto e qualora intervengano nuove conoscenze tecniche in materia di sicurezza, interne o esterne all'organizzazione, anche derivanti dall'esperienza operativa o dall'analisi di incidenti, quasi incidenti e anomalie di funzionamento o dal rilevamento di altri indicatori di invecchiamento 3 di apparecchiature e impianti.

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     3 "L'invecchiamento non è connesso all'età dell'apparecchiatura, bensì alle modifiche che la stessa ha subito nel tempo, in termini di grado di deterioramento e/o di danno subito. Tali fattori comportano una maggiore probabilità che si verifichino guasti nel tempo di vita (di servizio) dell'apparecchiatura stessa, ma non sono necessariamente associati ad esso. Nel caso di apparecchiature o impianti l'invecchiamento può comportare un significativo deterioramento e/o danno rispetto alle sue condizioni iniziali, che può comprometterne la funzionalità, disponibilità, affidabilità e sicurezza" ["Plant ageing, Management of equipment containing hazardous fluids or pressure", HSE Research Report RR509, HSE Books, 2006]

 

     3.4. Controllo operativo

     3.4.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve prevedere la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento di specifiche procedure e istruzioni per il controllo operativo del processo e di tutte le attività dello stabilimento rilevanti ai fini della sicurezza. Le procedure e istruzioni devono riguardare almeno la gestione della documentazione, le procedure operative, le procedure di manutenzione e di ispezione, l'approvvigionamento e le verifiche di preavviamento.

     3.4.2. La gestione della documentazione deve permettere la diffusione, l'aggiornamento e la conservazione di quanto necessario ad assicurare un'appropriata conoscenza del processo, degli impianti e degli aspetti operativi e gestionali, con particolare riguardo all'esercizio e manutenzione, alla gestione delle modifiche di impianto e all'esperienza operativa maturata. Essa deve rispondere, inoltre, alle richieste normative di registrazione e conservazione di determinati documenti di progetto e di esercizio ed essere idonea al controllo delle prestazioni e al riesame della politica e del sistema di gestione.

     3.4.3. Le procedure operative devono riguardare la conduzione e il controllo del funzionamento degli impianti in condizioni normali di esercizio, in condizioni anomale e di emergenza, tenendo in debito conto i fattori umani, al fine di assicurare la funzionalità delle interfacce fra operatori, processo e impianti. Per mantenere la conformità con le reali prestazioni degli impianti, esse devono essere aggiornate in tutte le fasi di vita dell'impianto, dal preavviamento allo smantellamento finale.

     3.4.4. I criteri e le procedure di manutenzione, ispezione e verifica devono essere predisposti in modo da garantire l'affidabilità e disponibilità prevista per ogni parte dell'impianto, rilevante ai fini della sicurezza, in congruenza con quanto assunto a base delle valutazioni di cui al punto 3.3. Devono, inoltre, essere previsti piani di monitoraggio e controllo dei rischi legati all'invecchiamento (corrosione, erosione, fatica, scorrimento viscoso 4 ) di apparecchiature e impianti che possono portare alla perdita di contenimento di sostanze pericolose, comprese le necessarie misure correttive e preventive. Le attività devono essere opportunamente autorizzate e documentate, anche attraverso specifici sistemi di permessi di lavoro e accesso.

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     4 Deformazione di un materiale sottoposto a sforzo costante che si verifica nei materiali mantenuti per lunghi periodi ad alta temperatura, che avviene tipicamente su apparecchi quali reattori, forni industriali, generatori di vapore, ecc.

 

     3.4.5. L'approvvigionamento di apparecchiature, materiali e servizi, rilevanti ai fini della sicurezza, deve essere effettuato mediante criteri, procedure e verifiche che garantiscano la rispondenza ai requisiti di sicurezza minimi di legge e in congruenza con quanto assunto a base delle valutazioni di cui al punto 3.3, anche attraverso l'esecuzione di verifiche di preavviamento.

     3.5. Gestione delle modifiche e della progettazione

     3.5.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve prevedere l'adozione e l'applicazione di procedure per garantire una corretta gestione delle modifiche degli impianti esistenti e della progettazione degli impianti o parti di impianto nuovi. Qualunque variazione, permanente o temporanea, agli impianti e relativi sistemi o componenti, ai parametri di processo, all'organizzazione o alle procedure deve essere esaminata al fine di stabilirne l'eventuale influenza sulla sicurezza del processo e, in caso affermativo, gestita come modifica. Un limite temporale massimo deve essere fissato per le modifiche temporanee.

     3.5.2. Le modifiche devono essere pianificate e valutate ai fini della sicurezza, assicurando il mantenimento dei criteri e requisiti di sicurezza fissati e il rispetto di quanto previsto in materia dalla normativa vigente e, in particolare, dall'art. 18 del presente del decreto. Le attività di riesame della sicurezza devono essere pianificate e correlate allo sviluppo del progetto della modifica o dell'impianto nuovo in tutte le sue fasi realizzative, dalla progettazione concettuale, alla messa in marcia e collaudo finale.

     3.5.3. Le modifiche devono essere soggette a meccanismi di approvazione, subordinati all'esito di procedure di controllo degli interventi realizzati, e documentate, anche in riferimento al riesame della progettazione e delle valutazioni di sicurezza, all'aggiornamento della documentazione e al riesame dei fabbisogni formativi e di addestramento del personale coinvolto a qualunque titolo dalla modifica apportata.

     3.6. Pianificazione di emergenza

     3.6.1. Il sistema di gestione della sicurezza, in relazione alla possibilità di accadimento di un incidente rilevante, deve assicurare la gestione dell'emergenza interna, in termini di:

     a) contenimento e controllo dell'incidente al fine di rendere minimi gli effetti e limitazione dei danni alla salute umana, all'ambiente e ai beni;

     b) messa in opera delle misure necessarie per la protezione degli addetti e dell'ambiente e dagli effetti dell'incidente rilevante;

     c) comunicazione delle necessarie informazioni alla popolazione, ai servizi di emergenza ed alle autorità locali competenti;

     d) provvedimenti che consentano l'agibilità del sito e dell'ambiente ai fini degli interventi dopo l'incidente rilevante e del successivo ripristino.

     3.6.2. Le misure di protezione e di intervento per controllare e contenere le conseguenze di un incidente devono essere individuate sulla base delle informazioni e dei risultati delle analisi dei termini di sorgente e degli scenari incidentali, cosi come previste nelle attività di valutazione dei rischi, di cui al punto 3.3. A tal fine, devono essere valutate le conseguenze dei possibili incidenti rilevanti, sia sugli impianti, sia sul personale, sulla popolazione e sull'ambiente, per individuare gli elementi che consentano l'elaborazione del piano di emergenza, sia interna, sia esterna.

     3.6.3. L'insieme degli elementi attinenti alle misure di protezione e di intervento a seguito di possibili situazioni di emergenza e di incidenti rilevanti deve essere specificamente pianificato (Piano di emergenza interna), in modo da integrarsi, in particolare, con le parti relative alla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro e alla protezione dell'ambiente. Per gli stabilimenti di soglia superiore, il Piano di emergenza interna è predisposto, sperimentato e revisionato secondo le disposizioni dell'art. 20 del presente decreto.

     3.6.4. Le procedure operative di emergenza, contenute nel Piano di emergenza interna, devono comprendere le descrizioni dettagliate delle misure e dei dispositivi per la limitazione delle conseguenze di un incidente rilevante, la dotazione dell'equipaggiamento di protezione individuale, nonchè delle apparecchiature di sicurezza, delle risorse disponibili e dei sistemi di allarme. Esse devono, inoltre, individuare il personale preposto all'attuazione delle misure stesse, evidenziandone i diversi ruoli e responsabilità in merito al trattamento dell'emergenza nelle sue varie fasi di allerta, allarme, intervento, evacuazione, ripristino, relazioni esterne e supporto all'attuazione delle misure adottate all'esterno.

     3.6.5. Il Piano di emergenza interna, oltre alle attività di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori e del personale presente in stabilimento, svolte nelle modalità previste dall'appendice 1 del presente allegato, deve prevedere riesami ed esercitazioni, generali o specifici, periodici o a fronte di modifiche intercorse.

     3.7. Controllo delle prestazioni

     3.7.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve assicurare la verifica del conseguimento degli obiettivi generali indicati nel Documento e di quelli specifici, a base delle valutazioni di sicurezza, di cui al punto 3.3, e la valutazione costante delle prestazioni, con riferimento ai criteri e requisiti di sicurezza fissati. Il riscontro di eventuali deviazioni deve portare all'individuazione e all'adozione delle necessarie azioni correttive, la cui applicazione ed efficacia devono essere, a loro volta, oggetto di verifica e riesame.

     3.7.2. Il controllo delle prestazioni deve essere effettuato, in termini continuativi, mediante riscontri sull'esercizio corrente degli impianti e basato, mediante apposite procedure, almeno su:

     a. valutazione degli incidenti, quasi incidenti e anomalie di funzionamento occorse nello stabilimento o in impianti similari e delle eventuali conseguenti azioni correttive;

     b. esiti di prove e ispezioni dei componenti o sistemi d'impianto critici ai fini della sicurezza;

     c. valutazione di eventuali indicatori e del loro andamento, anche a fronte dei traguardi fissati5 ;

     ----------

     5 L'individuazione di indicatori di prestazione realistici e misurabili, come la loro costante valutazione ed aggiornamento sono essenziali per il SGS-PIR. Occorre tenere sempre presente che gli indicatori di prestazione devono essere chiaramente correlati alla possibilità di verificare l'efficienza ed efficacia del SGS- PIR adottato e devono essere definiti in modo da garantire il confronto tra gli obiettivi da raggiungere e i risultati ottenuti.

 

     d. valutazione dell'esperienza operativa acquisita, propria o in situazioni similari;

     e. verifica del mantenimento della funzionalità dell'organizzazione e dei requisiti di qualificazione professionale e capacità operativa degli addetti.

     3.8. Controllo e revisione

     3.8.1. Il sistema di gestione della sicurezza deve prevedere l'adozione e l'applicazione di procedure relative alla valutazione periodica e sistematica della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e dell'efficacia e adeguatezza del sistema di gestione della sicurezza, in relazione agli obiettivi prefissati nel Documento, alle disposizioni di legge, a riferimenti e prassi accettate.

     3.8.2. La valutazione periodica, documentata e sistematica, di cui al punto 3.8.1, deve essere effettuata dal gestore, anche mediante verifiche ispettive (safety audit), con verificatori interni e/o esterni, ai fini di accertare:

     a. l'idoneità del sistema di gestione della sicurezza e della sua applicazione, in termini di struttura e di contenuti;

     b. il mantenimento dei criteri e requisiti di sicurezza di impianti e processi;

     c. la conformità a leggi, norme, politica di sicurezza, standard e prassi;

     d. la necessità di azioni correttive e modalità di attuazione.

     3.8.3. Le azioni correttive ritenute necessarie nell'ambito delle valutazioni, di cui al punto 3.8.2, a seguito di carenze riconosciute nella politica di sicurezza o nel sistema di gestione della sicurezza, devono essere attuate in modo pianificato, documentato e controllato.

     4. Grado di approfondimento

     4.1. I contenuti tecnici del sistema di gestione della sicurezza, così come definiti nei punti da 3.2 a 3.8, devono essere conformi allo stato dell'arte in materia, ed essere sviluppati con un grado di dettaglio delle singole problematiche corrispondente all'effettiva pericolosità dello stabilimento, così come indicato, tra l'altro, dall'assoggettabilità o meno all'art. 15 del presente decreto e alla complessità dell'organizzazione, dal numero di addetti e dalla presenza o meno di lavorazioni di processo.

 

     APPENDICE 1 - ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE, FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO E ALL'EQUIPAGGIAMENTO DEL PERSONALE CHE LAVORA IN STABILIMENTO

 

     Scopo della presente appendice è quello di indicare ai gestori degli stabilimenti assoggettati al presente decreto come ottemperare in maniera organica e programmata agli obblighi di informazione, formazione, addestramento ed equipaggiamento, ai fini della sicurezza, degli addetti e di coloro che accedono agli stabilimenti, tenendo conto delle disposizioni dettate in materia per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro dal decreto legislativo n. 81/2008 "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" e dal decreto del Ministero dell'interno del 10 marzo 1998 "Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro". Essi sono pertanto finalizzati a completare le misure ivi previste, senza interferenze e duplicazioni, relativamente agli aspetti connessi ai rischi di incidenti rilevanti quali:

     • le cause dalle quali potrebbero avere origine incidenti suscettibili di costituire un pericolo grave, immediato o differito, per l'uomo, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e per l'ambiente, in conseguenza delle sostanze pericolose appartenenti alle categorie individuate nell'allegato 1;

     • le misure di prevenzione e protezione adottate per il controllo dei pericoli di incidente rilevante;

     • i comportamenti da adottare con riferimento alle analisi e valutazioni di sicurezza effettuate, e, qualora si tratti di una attività soggetta agli obblighi di cui all'art. 15 del presente decreto, agli scenari incidentali previsti nei Rapporti di sicurezza, nelle conclusioni delle relative istruttorie e nei Piani di emergenza interna ed esterna.

     Le modalità di informazione, addestramento ed equipaggiamento di coloro che lavorano nelle attività industriali a rischio di incidente rilevante devono essere individuate dal gestore nell'ambito del proprio sistema di gestione della sicurezza, attuato ai sensi dell'art. 14 del presente decreto e secondo le specificazioni contenute negli allegati 3 e B, e poste in atto mediante apposite procedure scritte, previa consultazione con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Tali procedure devono, in particolare, prevedere la designazione di personale adeguatamente informato, qualificato e preparato, nonchè l'approntamento e la gestione di mezzi idonei alla protezione del personale in caso di incidente rilevante.

     L'evidenza documentale sulle attività svolte, infine, mira a mettere in grado lo stesso gestore di fornire dimostrazione del rispetto della programmazione e dei requisiti richiesti dalla presente appendice, in occasione delle ispezioni degli organi preposti.

     Ai sensi della presente appendice, si intende per:

     a) personale che lavora nello stabilimento: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, all'interno dello stabilimento. Al lavoratore così definito è equiparato il personale alle dipendenze di terzi o autonomo preposto, anche occasionalmente all'esercizio, alla manutenzione, ai servizi generali e/o agli interventi d'emergenza e/o ad operazioni connesse a tali attività o che accede allo stabilimento per qualsiasi altro motivo di lavoro;

     b) istruttore: personale interno, alle dipendenze di terzi o lavoratore autonomo, qualificato alla formazione e all'addestramento dei lavoratori, selezionato dal gestore;

     c) visitatore: persona diversa da quelle di cui alle lettere a) e b), che accede occasionalmente allo stabilimento a qualunque titolo;

     d) informazione: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi di incidente rilevante (dal decreto legislativo n. 81/2008 e s.m.i.);

     e) formazione: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di gestione della sicurezza conoscenze e procedure utili all'acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi di incidente rilevante (dal decreto legislativo n. 81/2008 e s.m.i.);

     f) addestramento: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale e collettiva, le procedure di lavoro, con particolare riferimento alle procedure di sicurezza e di emergenza previste dal SGS (dal decreto legislativo n. 81/2008 e s.m.i.);

     g) Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o RLS: la persona di cui all'art. 2, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 81/2008 e s.m.i.

     1. Informazione

     1.1. Il gestore deve informare ciascun lavoratore presente in stabilimento sui rischi di incidente rilevante e sulle misure atte a prevenirli o limitarne le conseguenze per la salute umana e per l'ambiente. L'informazione deve basarsi sulle risultanze delle analisi e valutazioni di sicurezza effettuate dal gestore nell'ambito del proprio sistema di gestione della sicurezza.

     1.2. Il gestore deve assicurarsi che l'informazione di cui al punto 1.1 sia fornita in modo comprensibile ed esaustivo a ciascun lavoratore, anche con riguardo alle conoscenze linguistiche e/o ad eventuali specifiche esigenze, ricorrendo alle forme di comunicazione più adeguate (ad esempio: consegna diretta al personale, predisposizione di spazi specifici sul sito intranet aziendale, esposizione nelle bacheche dei reparti e uffici, trasmissione via e-mail con conferma di lettura). In particolare, il gestore deve distribuire ai lavoratori almeno:

     a. le sezioni del Modulo di cui all'allegato 5, previste dall'art. 23 del presente decreto;

     b. le schede di dati di sicurezza delle sostanze e miscele pericolose, di cui all'art. 31 del Regolamento CE n.1907/2006 o REACH, così come modificato dal regolamento CEE 453/2010, detenute o previste;

     c. un estratto dei risultati delle analisi e valutazioni di sicurezza di cui al punto 1.1;

     d. un estratto del Piano di emergenza interna, differenziato secondo la funzione, la posizione e i compiti specifici affidati al singolo lavoratore nel corso di un'eventuale emergenza, integrato con gli aspetti di coordinamento degli eventuali interventi richiesti al lavoratore a seguito dell'attivazione del piano di emergenza esterna.

     1.3. Il gestore è tenuto ad organizzare, almeno ogni tre mesi per gli stabilimenti di soglia inferiore e superiore, ed ogni volta che intervengano modifiche all'attività, incontri con i lavoratori al fine di:

     a. illustrare in modo adeguato a ciascun lavoratore le informazioni di cui al punto 1.1. e la documentazione di cui al punto 1.2;

     b. verificare che ciascun lavoratore abbia compreso adeguatamente ed esaustivamente il significato e l'importanza delle informazioni fornite e della documentazione distribuita;

     c. identificare l'eventuale esigenza di ulteriori forme di comunicazione;

     d. rispondere ad eventuali quesiti e acquisire, per successiva valutazione, i consigli e le informazioni fornite dagli stessi lavoratori o dai loro rappresentanti per la sicurezza.

     Il gestore deve produrre e conservare evidenza documentale degli incontri effettuati, ivi compreso il riscontro degli esiti delle verifiche di apprendimento, anche al fine di fornire dimostrazione dell'attività svolta agli organi preposti alle ispezioni.

     1.4. Il gestore deve aggiornare l'informazione e, se necessario, la documentazione, ogni volta che subentrino nuove conoscenze tecniche in materia o intervengano modifiche, dietro richiesta motivata da parte dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, sulla base degli esiti delle ispezioni di cui all'art. 27 del presente decreto, sulla base delle conclusioni dell'istruttoria di cui all'art. 15, nonchè del Piano di emergenza esterna di cui all'art. 21 e dell'esperienza operativa, ovvero dell'analisi degli incidenti, quasi incidenti ed anomalie occorsi nello stabilimento od in impianti similari.

     1.5. Il gestore deve informare i visitatori occasionali degli aspetti essenziali del Piano di emergenza interna, prima che questi siano ammessi all'interno dello stabilimento. Qualora il visitatore venga costantemente accompagnato all'interno dello stabilimento da una persona dedicata, l'informazione relativa al Piano di emergenza interna potrà eventualmente limitarsi alle vie di fuga e ai punti di raccolta. In tutti i casi, ai visitatori occasionali deve essere consegnata o resa disponibile per la consultazione, copia delle informazioni previste dall'art. 23 e contenute nelle sezioni del Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto.

     1.6. Il gestore deve inoltre rendere disponibile, presso i locali di accesso allo stabilimento, e presso i punti critici dello stabilimento che lo stesso gestore provvederà a individuare, un'informazione grafico-visiva, realizzata con i mezzi ritenuti più idonei, relativa ai nominativi dei responsabili o coordinatori dell'emergenza e alle modalità con cui segnalare l'insorgere di una situazione di emergenza, all'ubicazione planimetrica dei punti di raccolta e delle vie di fuga, nonchè all'identificazione dei segnali di allarme e di cessato allarme e copia delle sezioni del Modulo di cui all'allegato 5, previste dall'art. 23 del presente decreto.

     1.7. Il gestore, attraverso il rispetto delle scadenze periodiche fissate per l'espletamento delle attività di informazione, deve mirare ad assicurare continuità all'impegno in questo campo. Tale continuità deve intendersi come progressivo svolgimento di programmi a lungo termine nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza e non deve essere limitata ad una ripetizione ciclica di interventi.

     1.8. Per i lavoratori dipendenti da terzi, il datore di lavoro/appaltatore fornisce le informazioni di cui al punto 1.2 ed organizza le riunioni di cui al punto 1.3, fermo restando l'obbligo del gestore/committente di assicurarsi che tali attività siano effettivamente svolte.

     2. Formazione e addestramento

     2.1. Il gestore deve identificare i parametri che incidono sulla sicurezza individuale e collettiva ed individuare conseguentemente il livello di competenza, esperienza e addestramento necessari al fine di assicurare un'adeguata capacità operativa del personale. Il gestore è tenuto ad assicurarsi che tutto il personale coinvolto nella gestione, nell'esercizio e nella manutenzione degli impianti o depositi possieda la necessaria cognizione sulla implicazione della propria attività sulla sicurezza e sulla prevenzione degli incidenti rilevanti.

     2.2. Ai fini di cui al punto 2.1, il gestore deve assicurare che ciascun lavoratore sia adeguatamente formato e addestrato su quanto segue:

     a. contenuti delle analisi e valutazioni di sicurezza, per quanto di pertinenza del singolo lavoratore, effettuate dal gestore nell'ambito del proprio sistema di gestione della sicurezza ovvero incluse nel rapporto di sicurezza;

     b. contenuti generali del Piano di emergenza interna e dettagli specifici su quanto di pertinenza del singolo lavoratore, anche per il coordinamento con gli eventuali interventi richiesti al lavoratore stesso a seguito dell'attivazione del Piano di emergenza esterna;

     c. uso delle attrezzature di sicurezza e dei dispositivi di protezione individuale e collettiva;

     d. procedure operative e di manutenzione degli impianti o depositi sia in condizioni normali e di anomalo esercizio, sia in condizioni di emergenza;

     e. benefici conseguibili attraverso la rigorosa applicazione delle misure e delle procedure di sicurezza e prevenzione, con particolare riguardo alla necessità di una tempestiva segnalazione dell'insorgenza di situazioni potenzialmente pericolose;

     f. specifici ruoli e responsabilità di ognuno nel garantire l'aderenza alle normative di sicurezza e alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti;

     g. possibili conseguenze di inosservanze e deviazioni dalle procedure di sicurezza;

     h. ogni altro comportamento utile ai fini di prevenire gli incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente.

     2.3. Il gestore è tenuto a realizzare quanto previsto ai punti 2.1 e 2.2 mediante la formazione e l'addestramento di base dei lavoratori in occasione dell'assunzione, del trasferimento o del cambiamento di mansione, dell'introduzione di modifiche. A tal fine il gestore deve assicurare:

     a. la selezione di adeguati programmi di formazione, esercitazione e addestramento;

     b. la formazione e la qualificazione degli istruttori;

     c. la messa in atto di sistemi di verifica interni del raggiungimento degli obiettivi di formazione e addestramento, con particolare riferimento a:

     * valutazione delle qualificazioni;

     * valutazione dell'efficacia dell'addestramento;

     * gestione degli archivi e della documentazione;

     * valutazione delle prestazioni attuali e della necessità di corsi di formazione.

     2.4. L'addestramento (ad es. utilizzo dei DPI nella normale attività, gestione delle situazioni operative anomale, comportamenti in emergenza) deve essere effettuato anche attraverso esercitazioni pratiche e con l'affiancamento di istruttori qualificati e deve essere ripetuto periodicamente sulla base della valutazione delle prestazioni attuali e, comunque, con periodicità almeno trimestrale. Le esercitazioni relative alla messa in atto del Piano di emergenza interna devono essere effettuate almeno ogni sei mesi e pianificate in modo che garantiscano l'avvicendarsi di tutti gli operatori interessati. Le esercitazioni devono prevedere anche prove di evacuazione, in relazione agli scenari incidentali considerati.

     2.5. Qualora vengano apportate modifiche agli impianti o depositi o alla loro gestione, l'addestramento deve essere ripetuto con specifico riferimento alle modifiche effettuate e deve essere completato prima dell'entrata in funzione delle modifiche stesse previa consultazione con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

     2.6. Il gestore deve mantenere l'evidenza documentale delle attività di formazione e addestramento e delle prove di esercitazione.

     2.7. Il gestore, attraverso il rispetto delle scadenze periodiche fissate per l'espletamento delle attività di formazione e addestramento, assicura continuità all'impegno in questo campo. Tale continuità deve intendersi come progressivo svolgimento di programmi a lungo termine nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza e non deve essere limitata ad una ripetizione ciclica degli stessi argomenti e di esercitazioni di emergenza svolte sugli stessi scenari.

     2.8. Per i lavoratori dipendenti da terzi, ivi compresi i lavoratori di imprese subappaltatrici, gli obblighi legati alla formazione ed all'addestramento devono essere espletati dai relativi datori di lavoro, fermi restando gli obblighi di coordinamento tra gestore/committente e datore di lavoro/appaltatore e quello del primo di assicurarsi che tali attività siano effettivamente svolte. In relazione a quanto sopra il gestore dovrà:

     a. acquisire le evidenze documentali sulle modalità di formazione ed addestramento dei lavoratori terzi attuate da parte del datore di lavoro/appaltatore;

     b. stabilire procedure interne per verificare l'adeguatezza della documentazione utilizzata e l'efficacia delle attività di formazione ed addestramento dei lavoratori terzi effettuate, anche attraverso l'acquisizione della documentazione al riguardo fornita dal datore di lavoro/appaltatore.

     3. Equipaggiamento, sistemi e dispositivi di protezione

     3.1. Fermi restando gli obblighi di cui all'art. 18 del decreto legislativo n. 81/2008, il gestore deve provvedere all'equipaggiamento per la protezione individuale e agli apprestamenti per quella collettiva, tenendo conto anche degli scenari incidentali ipotizzati nell'analisi e valutazione del rischio di incidente rilevante, ovvero della pianificazione d'emergenza e delle esigenze operative e di intervento a cui i singoli lavoratori presenti in stabilimento devono ottemperare.

     3.2. L'equipaggiamento di protezione del personale deve essere assegnato dal gestore almeno al personale operativo e di intervento previsto dai Piani di emergenza interna ed esterna.

     3.3. L'uso dell'equipaggiamento di protezione individuale quali, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, indumenti protettivi, facciali, maschere antigas, autorespiratori, rivelatori portatili, deve essere soggetto a specifiche procedure che, tra l'altro, distinguano l'equipaggiamento che deve essere costantemente indossato da quello che deve essere portato al seguito durante il lavoro in impianto o deposito e che deve essere ubicato in luoghi predeterminati e facilmente accessibili. Le procedure devono, inoltre, stabilire le responsabilità per l'addestramento del personale, per la verifica del corretto uso dell'equipaggiamento assegnato, la sua conservazione, la sua manutenzione e sostituzione, l'adeguamento all'evoluzione della normativa.

     3.4. I sistemi di protezione collettiva, quali, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, sale controllo, centri di controllo dell'emergenza, punti attrezzati di raccolta del personale, devono essere progettati e realizzati in funzione degli scenari incidentali ipotizzabili e commisurati all'entità delle persone da proteggere. I dispositivi previsti devono essere esplicitamente indicati nel Piano di emergenza interna ed essere tra gli oggetti dell'informazione di cui al punto 1. Specifiche procedure devono stabilire la responsabilità per il corretto uso delle relative attrezzature e per la loro manutenzione.

     4. Organizzazione

     4.1. L'ottemperanza alle presenti disposizioni deve essere garantita dal gestore attraverso l'individuazione delle responsabilità all'interno della propria organizzazione e la definizione di procedure scritte, attuate nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza e, comunque, con riferimento ai compiti e responsabilità del Servizio di Prevenzione e Protezione di cui all'art. 31 del decreto legislativo n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni.

    

 

     ALLEGATO C (art. 15)

 

     Allegato D (art. 18)

 

     Individuazione di modifiche di impianti, di depositi, di processi o della natura o della forma fisica o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti, nonchè procedure e termini di cui all'articolo 18, comma 2.

 

     Il presente allegato è così costituito:

 

     1. MODIFICHE AGLI STABILIMENTI CHE POTREBBERO COSTITUIRE AGGRAVIO DEL PREESISTENTE LIVELLO DI RISCHIO DI INCIDENTI RILEVANTI

     1.1 INDIVIDUAZIONE DELLE MODIFICHE CHE POTREBBERO COSTITUIRE AGGRAVIO DEL PREESISTENTE LIVELLO DI RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE

     1.2 ADEMPIMENTI PREVISTI PRIMA DI DARE INIZIO ALLE MODIFICHE E DI AVVIARE LE ATTIVITÀ A QUESTE CONNESSE

     2. MODIFICHE CHE NON COSTITUISCONO AGGRAVIO DEL PREESISTENTE LIVELLO DI RISCHIO DI INCIDENTI RILEVANTI

     2.1 INDICAZIONE SUI CONTENUTI DELLA DICHIARAZIONE DI NON AGGRAVIO DEL PREESISTENTE LIVELLO DI RISCHIO DI INCIDENTI RILEVANTI

     3. MODIFICHE NON RICOMPRESE TRA QUELLE DI CUI AI PUNTI 1 E 2

     4. ADEMPIMENTI DEI GESTORI PER OGNI TIPOLOGIA DI MODIFICA

 

     1. Modifiche agli stabilimenti che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti

 

     Le modifiche di impianti, di depositi, di processi o della natura o della forma fisica o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti negli stabilimenti assoggettati agli obblighi di cui al presente decreto, sono individuate nel seguito.

     1.1 Individuazione delle modifiche che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidente rilevante

     La modifica comporta rispetto al più recente Rapporto di sicurezza o al più recente modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto presentato:

     1) l'incremento pari o superiore al 25%, inteso sull'intero impianto o deposito, ovvero pari o superiore al 20% sulla singola apparecchiatura o serbatoio già individuati come possibile fonte di incidente:

     - della quantità della singola sostanza pericolosa specificata, di cui all'allegato 1, parte 2;

     - della quantità di sostanza pericolosa, ovvero somma delle quantità di sostanze pericolose appartenenti alla medesima categoria, indicata in allegato 1, parti 1 e 2;

     2) l'introduzione di una categoria di sostanze pericolose o di una sostanza pericolosa specificata, al di sopra delle soglie previste nell'allegato 1;

     3) l'introduzione di nuove tipologie o modalità di accadimento di incidenti ipotizzabili che risultano più gravose per verosimiglianza (classe di probabilità di accadimento) e/o per distanze di danno associate con conseguente ripercussione sulle azioni di emergenza esterna e/o sull'informazione alla popolazione e/o comportanti la modifica delle classi di compatibilità territoriale esterne allo stabilimento;

     4) lo smantellamento o la riduzione della funzionalità o della capacità di stoccaggio di apparecchiature e/o di sistemi ausiliari o di sicurezza critici.

 

     1.2 Adempimenti previsti prima di dare inizio alle modifiche e di avviare le attività a queste connesse

 

     Il gestore di uno stabilimento di soglia superiore che intende introdurre modifiche che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti, prima di dare inizio alle modifiche stesse, deve ottenere il nulla osta di fattibilità e il parere tecnico conclusivo secondo le procedure stabilite dall'art. 17 del presente decreto.

     Il gestore che intende introdurre modifiche che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti, prima di dare inizio alle modifiche stesse, deve adempiere ai disposti dell'art. 18 comma 1 del presente decreto, nonchè sottostare a quanto stabilito dall'art. 22 del decreto stesso.

     Il gestore che ha realizzato modifiche con aggravio del preesistente livello di rischio, previo conseguimento delle previste autorizzazioni, prima dell'avvio delle attività connesse alle modifiche stesse, ne dà comunicazione ai destinatari della notifica di cui all'art. 13 del presente decreto.

 

     2. Modifiche che non costituiscono aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti

 

     Il gestore che intende introdurre modifiche non ricomprese tra quelle di cui al punto 1 del presente allegato, deve presentare al Comitato tecnico regionale di cui all'art. 10 del presente decreto e al comando provinciale dei Vigili del fuoco Competente per territorio una dichiarazione resa ai sensi e per gli effetti delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di documentazione amministrativa, attestante che la modifica è progettata ed eseguita a regola d'arte e che non costituisce aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti.

     Il gestore, contestualmente alla realizzazione delle modifiche al proprio stabilimento, non ricomprese tra quelle di cui al punto 1, deve comunque aggiornare il modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto.

     Si rammenta che le disposizioni di questo punto non si applicano qualora le modifiche comportino la riclassificazione di uno stabilimento di soglia inferiore in uno stabilimento di soglia superiore o viceversa, in riferimento alle soglie previste dall'allegato 1 al presente decreto, dovendo in tali casi il gestore sottostare agli obblighi conseguenti indicati all'articolo 18 del presente decreto.

 

     2.1 Indicazione sui contenuti della dichiarazione di non aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti

 

     La dichiarazione deve indicare:  a) se la modifica comporta l'incremento inferiore al 10% nell'intero

     impianto o deposito, ovvero inferiore al 20% nella singola

     apparecchiatura o serbatoio già individuati come possibile fonte

     di incidente rilevante:

     - della quantità della singola sostanza pericolosa specificata, di cui all'allegato 1, parte 2;

     - della quantità di sostanza pericolosa ovvero somma delle quantità di sostanze pericolose appartenenti alla medesima categoria, indicata in allegato 1, parti 1 e 2;  b) se la modifica comporta il cambio di destinazione di serbatoi di

     liquidi infiammabili rientranti nelle categorie P5a e P5b

     dell'allegato 1, parte 1, in impianti o depositi con sostanze

     pericolose rientranti nella stessa categoria di pericolo o in

     categoria P5c;  c) se la modifica comporta il cambio di destinazione di un serbatoio

     di stoccaggio di sostanze pericolose nell'ambito della stessa

     categoria o di categoria di pericolo inferiore;  d) se la modifica comporta l'incremento pari o superiore al 10% e

     inferiore al 25% sull'intero impianto o deposito :

     - della quantità della singola sostanza pericolosa specificata, di cui all'allegato 1, parte 2;

     - della quantità di sostanza pericolosa ovvero somma delle quantità di sostanze pericolose appartenenti alla medesima categoria, indicata in allegato 1, parti 1 e 2.

     Per le modifiche riportate al punto 2.1 d), il gestore è tenuto a conservare e a rendere disponibile a ogni richiesta dell'autorità competente la documentazione comprovante il non aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti conseguente alle modifiche stesse.

 

     3. Modifiche non ricomprese tra quelle di cui ai punti 1 e 2

 

     Le disposizioni di cui ai punti 1 e 2 non si applicano agli interventi di ripristino e sostituzione di recipienti e apparecchiature (serbatoi, colonne, vessel, reattori, forni, etc.), macchine o altri componenti, con altri di capacità non superiore e aventi le medesime caratteristiche di processo, strutturali e funzionali, ivi comprese le tubazioni di collegamento, la strumentazione, i sistemi di controllo e di sicurezza, l'accessibilità dell'area.

 

     4. Adempimenti dei gestori per ogni tipologia di modifica

 

     I gestori degli stabilimenti di soglia inferiore e superiore devono comunque tenere conto delle modifiche in occasione dell'aggiornamento biennale del documento che definisce la propria politica di prevenzione degli incidenti rilevanti di cui all'art. 14 del presente decreto.

     I gestori degli stabilimenti di soglia superiore devono comunque tenere conto delle modifiche in occasione dell'aggiornamento quinquennale del rapporto di sicurezza, ai sensi della lettera a) del comma 8 dell'art. 15 del presente decreto.

 

     Allegato E (art. 19)

 

     Criteri per l'individuazione degli stabilimenti tra i quali esiste la possibilità di effetto domino, per lo scambio di informazioni tra i gestori, nonchè per l'individuazione delle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti tra i quali è possibile l'effetto domino

 

     Il presente allegato è così costituito:

 

     PARTE 1 - CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DEGLI STABILIMENTI TRA I QUALI ESISTE LA POSSIBILITÀ DI EFFETTO DOMINO E PER LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI TRA I GESTORI

     1. SCOPO

     2. DEFINIZIONI

     3. PROCEDURA DI INDIVIDUAZIONE DEI GRUPPI DOMINO PRELIMINARI (GDP)

     4. RIFERIMENTI TECNICI E INFORMATIVI PER L'INDIVIDUAZIONE DEI GDP

     5. SCAMBIO FRA I GESTORI DEGLI STABILIMENTI APPARTENENTI AI GDP DELLE INFORMAZIONI NECESSARIE PER CONSENTIRE DI ACCERTARE L'EFFETTIVA POSSIBILITÀ DI EFFETTI DOMINO

     6. INDIVIDUAZIONE GRUPPI DOMINO DEFINITIVI (GDD)

     APPENDICE A - RIFERIMENTI UTILI PER LA STIMA DELLA PROBABILITÀ DI COLLASSO DI APPARECCHIATURA SOTTOPOSTA A SOVRAPPRESSIONE, IRRAGGIAMENTO O PROIEZIONE DI FRAMMENTI

     PARTE 2 - CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE AREE AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI STABILIMENTI TRA I QUALI È POSSIBILE L'EFFETTO DOMINO E PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO DI SICUREZZA INTEGRATO DI AREA

     1. SCOPO

     2. DEFINIZIONI

     3. INDIVIDUAZIONE DELL'AREA AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE (AREA RIR) TRA I QUALI È POSSIBILE L'EFFETTO DOMINO

     4. PERIMETRAZIONE DELL'AREA RIR DI INTERESSE PER LO STUDIO DI SICUREZZA INTEGRATO DI AREA (SSIA)

     5. OGGETTO E AMBITO DI APPLICAZIONE DELLO SSIA

     6. FASI, DATI ED ELEMENTI DI RIFERIMENTO PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO SSIA

     PARTE 1 - CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DEGLI STABILIMENTI TRA I QUALI ESISTE LA POSSIBILITÀ DI EFFETTO DOMINO E PER LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI TRA I GESTORI

 

     1. Scopo

 

     La presente parte 1 fornisce i criteri e i riferimenti tecnici e procedurali:

     a) per l'individuazione degli stabilimenti o dei gruppi di stabilimenti, assoggettati agli obblighi di cui al presente decreto, per i quali la probabilità o la possibilità o le conseguenze di un incidente rilevante possono essere maggiori per "effetto domino" causato dalla posizione geografica, dalla vicinanza degli stabilimenti stessi e dall'inventario delle sostanze pericolose presenti in essi; l'individuazione viene effettuata dall'autorità competente nel seguito definita, in base alle informazioni ricevute dai gestori o acquisite secondo quanto indicato all'art. 19 del presente decreto, e alla loro elaborazione in adempimento di obblighi specifici stabiliti dal decreto stesso;

     b) per lo scambio, fra i gestori degli stabilimenti individuati ai sensi del punto a), delle informazioni necessarie per consentire di accertare l'effettiva possibilità di effetti domino e, nel caso, di riesaminare e, eventualmente, modificare, in considerazione della natura e dell'entità del pericolo globale di incidente rilevante, i rispettivi documenti relativi alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, i sistemi di gestione della sicurezza, i rapporti di sicurezza, i Piani di emergenza interna, e per la cooperazione nella diffusione delle informazioni nei confronti della popolazione e dei siti adiacenti, nonchè nella trasmissione delle informazioni al Prefetto per la predisposizione dei Piani di emergenza esterna.

     L'identificazione degli effetti domino, inerenti alle possibili interazioni tra stabilimenti diversi, e la loro valutazione sono condotte al fine di:

     • rivalutare l'insieme di eventi incidentali ipotizzati, in termini di casistica, frequenze attese e/o conseguenze;

     • prevedere la possibilità di concatenazioni di incidenti ai fini della loro considerazione nell'ambito di una ricomposizione del rischio originato da sorgenti e soggetti diversi;

     • stabilire la necessità di mantenere determinate distanze di separazione tra componenti critici, al fine di evitare la propagazione di un incidente o ridurre sensibilmente la probabilità di propagazione;

     • individuare i provvedimenti migliorativi possibili, in termini di prevenzione e/o di mitigazione;

     • predisporre correttamente i Piani di emergenza interna, con particolare riferimento agli interventi sul campo;

     • predisporre correttamente i Piani di emergenza esterna;

     • integrare i requisiti di sicurezza in materia di pianificazione dello sviluppo urbanistico del territorio;

     • mettere a disposizione della popolazione e dei siti adiacenti informazioni sui rischi di incidente rilevante.

 

     2. Definizioni

 

     Ai sensi della presente parte 1, ferme restando le definizioni di cui al presente decreto, si adottano le seguenti definizioni:

     a) Autorità Competente per l'individuazione degli effetti domino (AC): il Comitato tecnico regionale di cui all'art. 10 del presente decreto, che opera, ai fini dell'applicazione dell'art. 19 del presente decreto, in accordo con la Regione o il soggetto da essa designato;

     b) effetto domino: sequenza di incidenti rilevanti, anche di natura diversa tra loro, causalmente concatenati che coinvolgono, a causa del superamento dei valori di soglia di danno, impianti appartenenti a diversi stabilimenti (effetto domino di tipo esterno, ossia inter-stabilimento) producendo effetti diretti o indiretti, immediati o differiti;

     c) gruppo domino: due o più stabilimenti, tra gli impianti dei quali si possano verificare effetti domino;

     d) effetti diretti: gli effetti dell'incidente originario che causano direttamente un rilascio tossico, un incendio o un'esplosione in uno stabilimento vicino;

     e) effetti indiretti1 : gli effetti dell'incidente originario che causano in uno stabilimento vicino un impatto su: 1. un sistema di controllo di un impianto, rendendo difficile o impossibile il controllo di un processo che quindi potrebbe generare un incidente secondario; 2. un sistema di mitigazione (ad es. impianto antincendio, valvole di isolamento, etc.), la cui indisponibilità può contribuire alla propagazione dell'incidente originario generando un incidente secondario; 3. una o più utilities (ad es. energia elettrica, acqua di raffreddamento, azoto, etc.) che, come per i sistemi di mitigazione e di controllo, possono rendere difficile la governabilità dello stabilimento colpito e generare di conseguenza un incidente secondario; 4. uno o più lavoratori, creando possibili problemi di controllo dello stabilimento e/o di gestione dell'emergenza, in grado di generare un incidente secondario.

 

     --------

     1 Per l'attuazione esaustiva di quanto indicato all'art. 19 del presente decreto, si ritiene necessario che, oltre ai più probabili e gravosi effetti domino diretti (immediati o differiti), siano prese in considerazione, sulla base dei fattori specifici del sito (ad es. presenza di sostanze di particolare tossicità o reattività, presenza di strutture vulnerabili quali sale controllo non protette, impianti non automatizzati che richiedono la presenza di personale in campo per l'azionamento di sistemi di sicurezza e di controllo e blocco, etc.), anche potenziali situazioni di effetto domino indiretto e che esse siano analizzate dai gestori interessati (informati e attivati dell'art. 19 del presente decreto) allo scopo di verificare l'eventuale necessità di adozione di misure aggiuntive tecniche e/o gestionali (quali ad es. la predisposizione di un protocollo di comunicazione delle emergenze tra stabilimenti limitrofi che consenta di attivare tempestivamente le misure di protezione e mitigazione identificate in via preventiva dai gestori) e di aggiornamento dei rispettivi documenti relativi alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, dei sistemi di gestione della sicurezza, dei Rapporti di sicurezza, dei Piani di emergenza interna e dei contenuti e delle modalità di diffusione delle informazioni alla popolazione e ai siti adiacenti. Si evidenzia come, solitamente, nella valutazione quantitativa degli effetti domino finalizzata ad es. alla ricomposizione dei rischi in uno studio integrato di area (di cui alla parte 2 del presente allegato), sono invece prese in considerazione solo le situazioni di effetti domino di tipo diretto, in quanto considerati più probabili e gravosi. In particolare, non viene di solito preso in considerazione, tra le possibili cause iniziatrici di effetto domino, il rilascio di sostanze tossiche, poichè, anche se tale rilascio potrebbe determinare, in linea di principio, un ostacolo alla corretta conduzione di uno stabilimento vicino da parte degli operatori di questo, ostacoli analoghi e di egual effetto sono comunque imputabili alle altre numerose cause, sempre presenti, ascrivibili al fattore umano o a problemi di ordine gestionale, che devono essere valutate da ogni gestore nell'ambito dell'analisi dei rischi contenuta nel Rapporto di sicurezza, di cui all'art. 15 del presente decreto, ovvero alla base del sistema di gestione della sicurezza, di cui all'art. 14 del presente decreto, e opportunamente trattate. Inoltre, nella quasi generalità dei casi, l'insieme di tali cause interne allo stesso stabilimento ("endogene") è caratterizzato da frequenze attese di gran lunga superiori a quelle associate allo scenario di impatto originato dal rilascio di sostanza tossica da uno stabilimento vicino. Nell'ambito della trattazione degli effetti domino finalizzata alla ricomposizione dei rischi di area, gli effetti domino indiretti, peraltro di complessa valutazione in termini quantitativi, possono essere pertanto considerati contribuenti trascurabili, venendo comunque la situazione adeguatamente descritta e analizzata sulla sola base delle cause endogene.

 

     f) effetti immediati: gli effetti per i quali non è possibile implementare in tempi rapidi un adeguato intervento di protezione sull'impianto di uno stabilimento colpito dagli effetti dell'incidente originario (ad es. proiezione di frammenti, esplosione);

     g) effetti differiti: gli effetti per i quali solo l'assenza o la mancata attivazione di adeguate misure di protezione o di mitigazione può comportare la propagazione dell'incidente originario e un peggioramento delle conseguenze (ad es. propagazione di un incendio a causa di un jet-fire, esposizione prolungata ad irraggiamento termico a causa di un pool-fire, rilascio di sostanze tossiche);

     h) Stabilimento Origine di Effetto Domino (StOED): uno stabilimento in cui si origina la sequenza di eventi incidentali che determina l'effetto domino in uno o più stabilimenti vicini;

     i) Stabilimento Recettore di Effetto Domino (StRED): uno stabilimento recettore dell'effetto domino originatosi in uno stabilimento vicino;

     j) valori di soglia di danno per strutture e apparecchiature (effetto domino diretto): per l'individuazione dei Gruppi domino preliminari si fa riferimento ai valori di soglia riportati in tabella I, come definiti nelle seguenti norme tecniche di settore: - decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 9 maggio 20012 "Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante" (paragrafo 6.2, tabella 2, colonna 5 e connesse note 2 e 3); - decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 febbraio 2005 "Linee Guida per la predisposizione del piano di emergenza esterno di cui all'art. 20, comma 4 del decreto legislativo 334/99 e s.m.i." (paragrafo V.2, tabella s.n.); - decreto del Ministero dell'Ambiente 15 maggio 1996 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto (G.P.L.)" (Appendice III - tabella III/1 ultima colonna); - decreto del Ministero dell'Ambiente 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici" (Appendice III - tabella III/1 ultima colonna).

 

 

     Tabella I - Valori di soglia di danno a strutture e apparecchiature

 

Scenario incidentale

Valore di soglia

Incendio (radiazione termica stazionaria)

12,5 kW/m23

Proiezione frammenti

200-800 m4

VCE (sovrappressione di picco)

0,3 bar5

 

     --------

     2 Nelle more dell'attuazione di quanto previsto al comma 3

     dell'art. 22 del presente decreto, valgono, in quanto applicabili, le disposizioni previste dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 9 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 16 giugno 2001 (S.O. n. 151).

 

     --------

     3 Il valore di soglia per i possibili danni alle strutture e apparecchiature, in Tabella I, rappresenta un limite minimo applicabile ad obiettivi particolarmente vulnerabili, quali serbatoi atmosferici, pannellature in laminato plastico, etc. e per esposizioni di lunga durata. Per obiettivi meno vulnerabili potrà essere necessario riferirsi a valori più appropriati alla situazione specifica, tenendo conto anche della effettiva possibile durata dell'esposizione.

 

     4 Secondo la tipologia del serbatoio, per quanto riguarda i danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino diretto, si possono prendere a riferimento le tipiche distanze entro cui si verifica la proiezione della maggior parte dei frammenti di dimensioni significative, pari a 200 metri nel caso delle unità di imbombolamento e relativo immagazzinamento (NdR 100 m per parco bombole GPL in DM 15/05/1996 e in DPCM 25/02/2005), 500 metri per serbatoi di stoccaggio sferici (NdR 600 m per sfere GPL in DM 15/05/1996 ) e 800 metri per serbatoi di stoccaggio cilindrici (orizzontali come ad es. GPL).

 

     --------

     5 Per quanto riguarda i danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino diretto, si può prendere a riferimento il valore di soglia di 0,3 bar corrispondente al possibile danneggiamento di strutture pesanti, di apparecchiatura di processo, di serbatoi e tubazioni.

 

     k) valori di soglia di danno per effetto domino indiretto: per l'individuazione dei Gruppi domino preliminari si fa riferimento:

     1. per la verifica di potenziali impatti di cui alle lettere e.1), e.2), e.3), ai valori di soglia riportati nella tabella I di cui alla precedente lettera j);

     2. per la verifica di potenziali impatti di cui alla lettera e.4), ai valori riportati in tabella II, come definiti nelle seguenti norme tecniche di settore:

     - decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 9 maggio 2001 "Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante" (paragrafo 6.2, tabella 2, colonna 3 e connesse note 2 e 3);

     - decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 febbraio 2005 "Linee Guida per la predisposizione del piano di emergenza esterno di cui all'art. 20, comma 4 del decreto legislativo 334/99 e s.m.i." (paragrafo V.2, tabella s.n.);

     - decreto del Ministero dell'Ambiente 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o tossici" (Appendice III-tabella III/1 terza colonna e punto 6 del paragrafo 6).

 

 

     Tabella II - Valori di soglia di danno incapacitante per lavoratori  addetti al controllo dello stabilimento e/o  alla gestione dell'emergenza

 

Scenario incidentale

Valore di soglia

Rilascio tossico

IDLH6

 

     --------

     6 Ai fini della valutazione dell'area interessata da possibili effetti domino indiretti per dispersione di gas o vapori tossici si fa riferimento cautelativamente alle aree di danno associate all'IDLH ("Immediately Dangerous to Life and Health": fonte NIOSH/OSHA): concentrazione di sostanza tossica fino alla quale l'individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti, non subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire l'esecuzione delle appropriate azioni protettive. Si rileva che il tempo di esposizione di 30 minuti viene fissato cautelativamente sulla base della massima durata presumibile di rilascio, evaporazione da pozza e/o passaggio della nube. In condizioni impiantistiche favorevoli (ad es. sistema di rilevamento di fluidi pericolosi con operazioni presidiate in continuo, allarme e pulsanti di emergenza per chiusura valvole, etc.) e a seguito dell'adozione di appropriati sistemi di gestione della sicurezza, come definiti nella normativa vigente, il gestore dello stabilimento può responsabilmente assumere, nelle proprie valutazioni, tempi di esposizione significativamente diversi; ne consegue la possibilità, per la stima dell'area di effetti domino indiretti, di adottare valori di soglia corrispondentemente diversi da quelli di Tabella II (purchè ad esito di valutazione o comunque parere favorevole dell'autorità competente).

 

     l) parco industriale: l'area sottoposta al controllo di più gestori nella quale siano presenti sostanze pericolose di cui all'allegato 1 del presente decreto e siano insediati più stabilimenti interconnessi funzionalmente o gestionalmente, comprese le infrastrutture, le attività e i servizi comuni o connessi.

 

     3. Procedura di individuazione dei Gruppi domino preliminari (Gdp)

 

     L'AC individua i Gruppi domino preliminari (Gdp), ossia raggruppamenti di due o più stabilimenti in cui è ipotizzabile il verificarsi di effetti domino, sulla base dei riferimenti tecnici e delle informazioni ricevute dai gestori, precisati al punto 4 della presente parte 1, predisponendo l'elenco degli stabilimenti inclusi nei Gdp individuati nel proprio territorio di competenza.

 

     4. Riferimenti tecnici e informativi per l'individuazione dei Gdp

 

     L'AC procede all'individuazione preliminare degli stabilimenti da cui possono originarsi effetti domino (StOED), secondo la casistica specificata nel seguito.

     a) Individuazione degli stabilimenti ubicati nel territorio di competenza, da cui possono originarsi scenari incidentali che determinano aree di danno riferite ai valori di soglia indicati al punto 2, lettere j) e k) della presente parte 1 e ricadenti entro i limiti di uno o più stabilimenti recettori (StRED).

     Le informazioni necessarie per l'individuazione saranno ricavate:

     • Caso 1 - per gli stabilimenti di soglia superiore7 :

 

     --------

     7 7 Le aree/distanze di danno da prendere in considerazione nei documenti citati sono quelle riferite a scenari di incendio - escluso flashfire e fireball - ed esplosione (ad es. le distanze riportate nella col. "I zona" nella tabella della sez. M del Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto) e di rilascio di gas/vapori (tossici) (ad es. le distanze riportate nella col. "II zona" nella tabella della medesima sez. M). Nel caso in cui nei documenti citati le aree/distanze di danno siano riferite a valori di soglia diversi da quelli di cui al punto 2, lettere j) e k) della presente parte 1, si assumeranno cautelativamente le aree di danno riferite ai valori di soglia di danno immediatamente più bassi in essi riportate. Nel caso in cui il PEE non sia stato ancora predisposto, nemmeno in versione provvisoria, si farà riferimento alla sez. M del Modulo, di cui all'allegato 5 del presente decreto, più recente trasmesso dal gestore (prendendo in considerazione la massima distanza relativa alla I zona per gli eventi di incendio - esclusi scenari di flashfire e fireball - ed esplosione e la massima distanza relativa alla II zona per i rilasci di gas/vapori). Nel caso in cui le informazioni desunte dalla sez. M del Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto o dal Rapporto di sicurezza siano carenti nei contenuti, a titolo preliminare e cautelativamente, sarà assunta, ai soli fini dell'applicazione del presente allegato, una distanza convenzionale di danno di 1000 m dai limiti dello StOED.

 

 

     - dal Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto più recente trasmesso dal gestore, successivamente alla conclusione positiva dell'istruttoria del Rapporto di sicurezza, ai sensi dell'art. 17 del presente decreto, e riportante le zone di danno individuate nel Piano di emergenza esterna definitivo, nel caso sia stato aggiornato con gli esiti dell'istruttoria stessa, ovvero

     - dal Rapporto di sicurezza, nell'edizione valutata nella più recente istruttoria conclusa con esito positivo, ovvero

     - dall'Elaborato RIR allegato allo strumento urbanistico vigente, nel caso recepisca gli esiti della più recente istruttoria del Rapporto di sicurezza conclusa con esito positivo, ovvero

     - dalla sezione M del Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto più recente trasmesso dal gestore, nel caso riporti le zone di danno individuate nel Piano di emergenza esterna, anche provvisorio, qualora l'istruttoria del Rapporto di sicurezza non si sia ancora conclusa con esito positivo.

     • Caso 2 - per gli stabilimenti di soglia inferiore, per i quali l'attuazione del SGS-PIR prevede l'analisi dei rischi di incidente rilevante, riportata in documenti comunque denominati (scheda tecnica, scheda di valutazione tecnica, analisi di rischio, etc.), presenti presso gli stabilimenti stessi8:

 

     --------

     8 Le aree/distanze di danno da prendere in considerazione nei documenti citati sono quelle riferite a scenari di incendio - escluso flashfire e fireball - ed esplosione (ad es. quelle riportate nella col. "I zona" nella tabella della s ez. M del M odulo di cui all'allegato 5 del presente decreto) e di rilascio di gas/vapori (tossici) (ad es. quelle riportate nella col. "II zona" nella tabella della medesima sez. M). Nel caso in cui nei documenti citati le aree di danno siano riferite a valori di soglia diversi da quelli di cui al punto 2, lettere j) e k) della presente parte 1, si assumeranno cautelativamente le aree di danno riferite ai valori di soglia di danno immediatamente più bassi in essi riportati. Nel caso in cui il Piano di emergenza esterna non sia stato ancora predisposto, nemmeno in versione provvisoria, si farà riferimento alla sez. M del Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto più recente trasmesso dal gestore (prendendo in considerazione la distanza relativa alla I zona per gli eventi di incendio, esclusi scenari di flashfire e fireball, ed esplosione e la distanza relativa alla II zona per i rilasci di gas/vapori). Nel caso, infine, in cui le informazioni desunte dalla sez. M del Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto o dalla documentazione riportante l'analisi dei rischi di incidente rilevante siano carenti nei contenuti, a titolo preliminare e cautelativamente, sarà assunta una distanza convenzionale di danno di 1000 m dai limiti dello StOED.

 

 

     - dalla sezione M del Modulo di cui all'allegato 5 più recente trasmesso dal gestore, successivamente alla conclusione positiva dell'eventuale esame/valutazione dell'analisi dei rischi di incidente rilevante a cura dell'autorità competente, ai sensi delle disposizioni regionali di cui all'art. 7 del presente decreto, e riportante le zone di danno individuate nel Piano di emergenza esterna definitivo, nel caso sia stato aggiornato con gli esiti dell'eventuale esame/valutazione, ovvero

     - dal documento (scheda tecnica, scheda di valutazione tecnica, analisi di rischio, etc.) riportante l'analisi dei rischi di incidente rilevante, valutato positivamente dall'autorità competente, ovvero

     - dall'Elaborato RIR allegato allo strumento urbanistico vigente, nel caso recepisca le conclusioni della valutazione del suddetto documento, ovvero

     - dalla sezione M del Modulo di cui all'allegato 5 più recente trasmesso dal gestore, nel caso riporti le zone di danno individuate nel Piano di emergenza esterna, anche provvisorio.

 

     Sulla base della sovrapposizione delle aree di danno di ciascun potenziale StOED, individuate coi criteri e i riferimenti sopra indicati, con le aree occupate dagli stabilimenti ubicati nel territorio circostante (StRED), come indicate nelle planimetrie contenute nei Rapporti di sicurezza o nella planimetria riportata nella sezione E del Modulo di cui all'allegato 5 più recente trasmesso dal gestore, potranno essere individuati gli eventuali Gdp presenti nel territorio regionale di competenza.

     I Gdp saranno costituiti, nel caso più semplice, da uno StOED e da uno StRED.

     Ciascuno StRED potrà naturalmente costituire, a sua volta, a causa degli scenari incidentali in esso ipotizzabili, uno stabilimento potenziale origine di effetto domino, oltre che per lo StOED medesimo, anche per altri stabilimenti presenti nel territorio circostante.

     b) Gli stabilimenti ubicati in parchi industriali saranno considerati, ai fini dell'applicazione della presente parte 1, appartenenti ad un unico Gdp, senza ulteriori valutazioni.

     Sia nel caso a) che in quello b) potranno pertanto essere individuati, al termine della fase in oggetto, Gdp costituiti da due o più stabilimenti.

 

     5. Scambio fra i gestori degli stabilimenti appartenenti ai Gdp delle informazioni necessarie per consentire di accertare l'effettiva possibilità di effetti domino

 

     L'AC richiede ai gestori degli stabilimenti appartenenti al medesimo Gdp di procedere allo scambio delle informazioni necessarie per consentire di accertare l'effettiva possibilità di effetti domino e, nel caso, di riesaminare e, eventualmente, modificare, in considerazione della natura e dell'entità del pericolo globale di incidente rilevante, i rispettivi documenti relativi alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, i sistemi di gestione della sicurezza, i Rapporti di sicurezza, i Piani di emergenza interna, e alla cooperazione nella diffusione delle informazioni nei confronti della popolazione e dei siti adiacenti, nonchè nella trasmissione delle informazioni al Prefetto per la predisposizione dei Piani di emergenza esterna.

     L'inclusione di uno stabilimento in un Gdp comporta la necessità, da parte dei gestori interessati, di un'ulteriore analisi della situazione, rispetto a quella condotta per predisporre il Rapporto di sicurezza (per gli stabilimenti di soglia superiore) o l'analisi dei rischi di incidente rilevante (per gli stabilimenti di soglia inferiore), al fine di responsabilmente escludere, o meno, la possibilità di accadimento di effetti domino inter-stabilimento.

     Eventuali situazioni particolari che dovessero determinare la possibilità di effetto domino inter-stabilimento per condizioni meno severe di quelle che hanno condotto all'individuazione dei Gdp, dovranno essere responsabilmente evidenziate in questa fase dal gestore interessato e assunte alla base della procedura di identificazione degli effetti domino stessi.

     Sulla base delle risultanze della identificazione degli effetti domino condotta dai gestori degli stabilimenti appartenenti ai Gruppi domino preliminari (Gdp), verranno individuati i Gruppi domino definitivi (Gdd), costituiti dagli stabilimenti tra i quali vi è l'effettiva possibilità di effetti domino.

     Nel rammentare che la scelta di dettaglio circa le procedure analitiche per la valutazione degli effetti domino rientra, come parte dell'analisi dei rischi di incidente rilevante, nella responsabilità dei gestori individuati, vengono di seguito richiamati, allo scopo di indirizzare lo scambio di informazioni tra i gestori, alcuni elementi imprescindibili per l'effettuazione delle attività di identificazione degli effetti domino finalizzate all'individuazione dei Gdd.

     Per i singoli possibili eventi incidentali, che costituiscono potenziale causa di effetto domino, devono essere innanzitutto identificati dai gestori i casi in cui, all'interno dell'area di impatto relativa alle soglie di danno riportate nelle tabelle I e II del punto 2 della presente parte 1, sono effettivamente collocati obiettivi vulnerabili fissi, mobili o temporanei.

     Ai fini della valutazione dell'effetto domino è necessario che ogni gestore di uno stabilimento ricompreso in un Gdp:

     - individui gli obiettivi più significativi (bersagli, quali ad es. serbatoi, grosse apparecchiature o condotte contenenti sostanze tossiche o molto tossiche, gas infiammabili liquefatti, liquidi facilmente infiammabili, stoccaggi di comburenti e esplosivi, etc.) attraverso la loro gerarchizzazione, che può essere basata sull'estensione dell'area di danno del possibile incidente indotto per effetto domino; tale area è dipendente dal rischio intrinseco dell'apparecchiatura (derivante dalla tipologia di sostanza, dalla quantità presente nel bersaglio, dalle condizioni di esercizio, dalle caratteristiche costruttive), dal rischio legato al posizionamento (connesso alla configurazione impiantistica, alle quote di posizionamento da terra, ai fattori di vista, alla presenza e efficienza di protezioni attive e passive) e dal tipo di scenario;

     - stimi la probabilità che, dato un determinato effetto fisico su un obiettivo vulnerabile, si abbia effettivamente il danno ipotizzabile, ossia la probabilità di effetto domino, dato lo scenario sorgente;

     - valuti in che misura aumenta il danno generato dall'effetto domino, rispetto al danno dovuto allo scenario sorgente, individuando, per l'evento secondario, la possibilità di effetti sia sulle strutture (e quindi in grado di propagare ulteriormente l'incidente) che sull'uomo (nel qual caso andranno considerati i bersagli che possono provocare vittime al di fuori dei limiti di stabilimento) e/o sull'ambiente (nel qual caso andranno considerati i bersagli che possono provocare danni sensibili a risorse ambientali importanti).

     Ai fini della stima della probabilità di effetto domino, i gestori devono utilizzare i dati specifici rappresentativi della situazione in esame, anche in base a quanto già riportato nei Rapporti di sicurezza (stabilimenti di soglia superiore), ovvero in altra documentazione analitica pertinente (analisi dei rischi di incidente rilevante effettuata nel contesto del SGS per stabilimenti di soglia inferiore), tenendo presente che eventuali significativi scostamenti da quanto normalmente riportato, per situazioni analoghe, nella letteratura scientifica internazionale, deve trovare esplicita giustificazione (ad es. per la presenza di particolari sistemi di protezione attivi e/o passivi, di provvedimenti gestionali specifici, etc.).

     La stima rigorosa relativa al danneggiamento di un bersaglio dovuto all'evento primario potrebbe richiedere al gestore l'effettuazione di un'analisi strutturale dello stesso, valutando la sua resistenza a sollecitazioni meccaniche e/o termiche indotte dall'evento iniziatore.

     Per la stima della probabilità di danneggiamento del bersaglio è necessario fare riferimento a modelli proposti nella letteratura scientifica internazionale, basati su funzioni di Probit disponibili, per diverse classi di apparecchiatura, per il calcolo della probabilità di collasso di queste in caso di esposizione a sovrappressione e/o irraggiamento.

     Nel caso di indisponibilità di dati specifici o di significative incertezze, inerenti alla valutazione degli eventi iniziatori o alle caratteristiche del bersaglio, in alternativa, ai fini della valutazione della probabilità di effetto domino, possono essere utilizzate dai gestori le assunzioni indicative riportate nelle tabelle A.1, A.2 e A.3 dell'appendice A della presente parte 1.

     Per quanto riguarda gli effetti domino indiretti, nel ribadire la difficoltà di una valutazione quantitativa della probabilità e degli effetti di questi, si evidenzia, nel contempo, l'importanza della considerazione degli stessi da parte dei gestori potenzialmente interessati, ovviamente sulla base dei fattori specifici del sito (ad es. presenza di sostanze di particolare tossicità o reattività, presenza di strutture vulnerabili quali sale controllo non protette, impianti non automatizzati che richiedono la presenza di personale in campo per l'azionamento di sistemi di sicurezza e di controllo e blocco, etc.), allo scopo di verificare l'eventuale necessità di adozione di misure aggiuntive tecniche e/o gestionali (quali, ad es., la predisposizione di un protocollo di comunicazione delle emergenze tra stabilimenti limitrofi che consenta di attivare tempestivamente le misure di protezione e mitigazione identificate in via preventiva dai gestori) e di conseguente aggiornamento dei rispettivi documenti relativi alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, dei sistemi di gestione della sicurezza, dei rapporti di sicurezza, dei piani di emergenza interni e dei contenuti e delle modalità di diffusione delle informazioni nei confronti della popolazione e dei siti adiacenti.

     La considerazione degli effetti domino si deve tradurre nella identificazione, da parte dei gestori di stabilimenti ricompresi in un Gdp, degli scenari domino credibili, ciascuno caratterizzato dall'accadimento contemporaneo di più scenari incidentali singoli originati dai bersagli danneggiati; l'analisi degli effetti domino si tradurrà quindi, eventualmente, in un incremento del numero di scenari incidentali che dovranno essere considerati dai gestori: oltre agli scenari singoli, saranno infatti presenti gli scenari domino, ciascuno con le proprie frequenze e conseguenze.

 

     6. Individuazione Gruppi domino definitivi (Gdd)

 

     I gestori informano l'AC delle attività svolte e dei risultati ottenuti (espressi in termini, ad es., di indicazione che non sono stati identificati scenari domino, ovvero di indicazione degli scenari domino identificati e delle relative frequenze e conseguenze, di indicazione delle misure tecniche e/o gestionali, già presenti o aggiuntive, adottate per eliminare o remotizzare gli scenari domino diretti o indiretti ipotizzabili, etc.).

     Sulla base delle ulteriori informazioni pervenute, l'AC individua i Gruppi domino definitivi (Gdd), ossia raggruppamenti in cui c'è l'effettiva possibilità del verificarsi di effetti domino, aggiornando l'elenco degli stabilimenti inclusi nei Gruppi domino individuati sul proprio territorio di competenza.

     Nel prosieguo delle attività di propria competenza, l'AC in presenza di Gruppi domino definitivi, può richiedere ai gestori informazioni integrative che consentano di valutare i possibili effetti domino e gli effetti cumulativi degli interventi proposti:

     • in occasione della presentazione della notifica di cui all'art. 13 del presente decreto;

     • ai fini della valutazione del Rapporto di sicurezza di cui all'art. 15 del presente decreto;

     • ai fini del rilascio del nulla osta di fattibilità sulla base del rapporto preliminare di sicurezza ai sensi dell'art. 17 comma 2 del presente decreto;

     • in occasione della ricezione della dichiarazione di non aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti di cui all'allegato D al presente decreto;

     • in occasione delle modifiche di cui all'art. 18 del presente decreto;

     • in occasione dell'espressione dei pareri di cui all'art. 5 del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 9 maggio 2001 "Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante".

     L'AC, sulla base delle informazioni ottenute dai gestori, procede ad eventuali modifiche e integrazioni dell'elenco degli stabilimenti inclusi nei Gruppi domino individuati nel proprio territorio di competenza, anche relativamente ad ulteriori stabilimenti tra i quali sia possibile ipotizzare il verificarsi di effetti domino.

 

 

     APPENDICE A - RIFERIMENTI UTILI PER LA STIMA DELLA PROBABILITÀ DI COLLASSO DI APPARECCHIATURA SOTTOPOSTA A SOVRAPPRESSIONE, IRRAGGIAMENTO O PROIEZIONE DI FRAMMENTI

    

 

     NOTE:

     (1) Salvo i casi in cui sia ipotizzabile una propagazione dell'incendio a causa di materiale strutturale o componentistico infiammabile (es. pannellature di materiale plastico, etc.) ovvero un danneggiamento di componenti particolarmente vulnerabili (es. recipienti o tubazioni in vetroresina, serbatoi o tubazioni con rivestimenti plastici, etc.) per i quali si assume una probabilità pari a 1.

     (2) Nel caso in cui siano presenti sistemi di protezione attivi (raffreddamento) automatici o manuali, aventi probabilità P di mancato intervento su domanda o di efficacia per tutta la durata dell'effetto sorgente, le probabilità di effetto domino vanno moltiplicate per P. Nel caso in cui siano presenti sistemi di protezione passiva (fireproofing, interramento, barriere tagliafiamme), le probabilità di effetto domino sono trascurabili per durata dell'effetto fisico pari o inferiore a quello eventuale di resistenza del sistema. Per la distinzione tra apparecchiature atmosferiche e in pressione, si può fare riferimento alla pressione di progetto, che per apparecchiature in pressione deve essere superiore a 2 bar assoluti.

     (3) Probabilità interpolata linearmente rispetto alle probabilità corrispondenti ai due estremi del valore di irraggiamento.

    

 

     NOTE:

     (1) Per la distinzione tra apparecchiature atmosferiche e in pressione, si può fare riferimento alla pressione di progetto, che per apparecchiature in pressione deve essere superiore a 2 bar assoluti.

     (2) Probabilità interpolata linearmente rispetto alle probabilità corrispondenti ai due estremi del valore di sovrappressione.

    

 

     NOTE:

     (1) Probabilità pari a 1, dato l'impatto con l'obiettivo vulnerabile, fino a distanze dell'ordine di 200m.

     (2) Probabilità pari a 1, dato l'impatto con l'obiettivo vulnerabile, fino a distanze dell'ordine di 800m.

 

 

     PARTE 2 - CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE AREE AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI STABILIMENTI TRA I QUALI È POSSIBILE L'EFFETTO DOMINO E PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO DI SICUREZZA INTEGRATO DI AREA

 

 

     1. Scopo

 

     La presente parte 2 fornisce i criteri e i riferimenti tecnici e procedurali:

     a) per l'individuazione e la perimetrazione delle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti assoggettati agli obblighi di cui al presente decreto, nelle quali il possibile effetto domino coinvolga gruppi di stabilimenti;

     b) per la predisposizione dello studio di sicurezza integrato di area, finalizzato alla predisposizione dei Piani di emergenza esterna, al controllo dell'urbanizzazione e all'informazione della popolazione.

     In un'area ad elevata concentrazione di stabilimenti è ipotizzabile un aggravio del rischio per la concatenazione di eventi, a causa di un incremento di probabilità e/o conseguenze di incidenti rilevanti già ipotizzati, o meno, per il singolo stabilimento, che comporta una considerazione di questi stessi nell'ambito di una ricomposizione del rischio originato da sorgenti diverse.

     In queste aree è necessario valutare la significatività di tale aggravamento del rischio in funzione delle eventuali peculiarità del luogo ove gli stabilimenti sono situati, quali la presenza di elementi territoriali vulnerabili nelle aree di danno determinate nelle analisi di sicurezza degli stabilimenti, e delle problematiche specifiche legate alla pianificazione dell'emergenza esterna, alla pianificazione dello sviluppo urbanistico del territorio e alla corretta ed esaustiva diffusione delle informazioni nei confronti della popolazione e dei siti adiacenti.

     Tale significatività, valutata in relazione agli elementi sopra menzionati, può comportare la necessità di adottare specifiche misure atte a ridurre o eliminare i fattori di rischio, secondo le indicazioni e le priorità che possono essere evidenziate da uno studio di sicurezza integrato di area.

     La valutazione del rischio di area richiede, nello specifico, di

     stimare il rischio associato ad ognuna delle possibili sorgenti di  danno presenti sul territorio, andando poi a ricombinare e  sovrapporne gli effetti in una visione globale del rischio  rappresentato da stabilimenti, installazioni industriali e  ulteriori contribuenti (es. trasporti di sostanze pericolose). Lo  studio di sicurezza integrato di area tiene adeguatamente conto  della contemporanea presenza di più sorgenti di rischio mediante  la rappresentazione grafica dell'inviluppo geometrico delle aree di  danno dei vari scenari incidentali ipotizzati, la rivalutazione  delle frequenze di accadimento degli scenari stessi e la  conseguente ricomposizione dei rischi di area9 .

 

     --------

     9 La ricomposizione dei rischi di area, a seconda delle esigenze e

     delle necessità specifiche dell'area oggetto di studio, può  prevedere la rappresentazione delle risultanze di calcolo mediante  la costruzione di "curve iso-rischio" e "curve F-N". Le curve  iso-rischio (con le relative aree iso-rischio sottese) rappresentano  l'andamento del "rischio locale", ovvero il rischio (frequenza  attesa di decesso) a cui sarebbe soggetto un individuo  permanentemente presente in un determinato luogo (24 ore su 24), in  assenza di protezioni o comportamenti auto-protettivi; il rischio  locale è una stima del "rischio individuale" (quello a cui è  soggetto un particolare individuo nelle vicinanze di una fonte di  pericolo). Le curve F-N (Frequenza-Numero di vittime) costituiscono  una comune forma di rappresentazione del "rischio collettivo", ossia  la frequenza complessiva degli incidenti considerati nell'area  oggetto di studio per la quale sia prevedibile il decesso di un  numero di persone maggiore o uguale a N ("rischio sociale").

 

 

     2. Definizioni

 

     Ai sensi della presente parte 2, ferme restando le definizioni di cui alla parte 1 e al presente decreto, si adottano le seguenti definizioni:

     a) Area ad elevata concentrazione di stabilimenti a rischio di

     incidente rilevante tra i quali è possibile l'effetto domino (Area RIR): area in cui sono presenti uno o più Gruppi domino,  individuata secondo quanto previsto nel punto 3 della presente  parte 2;

     b) Studio di Sicurezza Integrato di Area (SSIA): elaborato contenente  l'analisi integrata dei rischi di incidenti rilevanti dell'Area  RIR, connessi anche alle operazioni di trasporto di sostanze  pericolose ad essi associate o riconducibili.

 

     3. Individuazione dell'Area ad elevata concentrazione di stabilimenti a rischio di incidente rilevante tra i quali è possibile l'effetto domino (Area RIR)

 

     L'area RIR è individuata qualora:

     • sia presente un "gruppo domino", individuato secondo i criteri riportati nella parte 1 del presente allegato, costituito da almeno tre stabilimenti, oppure

     • siano presenti almeno due gruppi di stabilimenti domino con distanza minima, tra i limiti di stabilimenti appartenenti a "gruppi domino" diversi, pari o inferiore a 1500 m, in aggiunta ad una delle seguenti situazioni critiche che necessitano di analisi integrata per la gestione dell'emergenza in caso di incidente e/o il controllo dell'urbanizzazione (in caso di realizzazione di modifiche agli stabilimenti o realizzazione di nuovi insediamenti e variazioni importanti delle infrastrutture nell'area):

     • Criterio A1) presenza di elementi territoriali vulnerabili

     appartenenti alle categorie territoriali A e/o B e/o C di cui alla  tabella 1 del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 9 maggio  2001 "Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione  urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti  a rischio di incidente rilevante":10

 

     --------

     10 In assenza di varianti urbanistiche, sono considerate come categorie non compatibili con le condizioni di inizio letalità anche per eventi con frequenza inferiore a 10-6 occasioni/anno.

 

     - entro l'area di inviluppo degli effetti di inizio letalità associati agli incidenti ipotizzabili negli stabilimenti del/i gruppo/i ricavata in base alle conclusioni dell'istruttoria, dai Rapporti di sicurezza, dai moduli di cui all'allegato 5 del presente decreto, dagli elaborati RIR, (criterio A1.1)

     oppure, in caso di indisponibilità di sufficienti informazioni,

     - entro la fascia di 1000 m dal limite di ogni stabilimento appartenente al/ai gruppo/i (criterio A1.2);

     • criterio A2) presenza nell'area di caratteristiche ambientali, territoriali e di infrastrutture essenziali tali da rendere necessaria l'integrazione dei piani di emergenza esterni degli stabilimenti appartenenti ai "gruppi domino";

     • criterio A3) possibilità, nell'area, di effetti domino associati all'approvvigionamento o alla spedizione di sostanze pericolose a/da gli stabilimenti del/i gruppo/i domino la cui significatività va valutata in relazione, oltre che ovviamente alla concreta possibilità di coinvolgimento delle installazioni fisse in caso di incidente di trasporto, alle modalità di trasporto utilizzate, all'entità del traffico complessivo nell'area, alle condizioni della viabilità e delle altre infrastrutture di trasporto, alle statistiche incidentali nell'area, etc.

 

     4. Perimetrazione dell'Area RIR di interesse per lo Studio di Sicurezza Integrato di Area (SSIA)

 

     L'Area RIR oggetto del SSIA, ovvero l'area complessiva di influenza diretta degli stabilimenti, è definita dall'insieme degli inviluppi delle aree di danno relative ai singoli stabilimenti, così come identificate ai sensi del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 9 maggio 2001 "Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante" e rivalutate per tener conto degli eventuali effetti domino ai sensi dell'art. 19 del presente decreto. Tuttavia, per poter tenere conto dei contribuenti indiretti alla determinazione del rischio d'area e, almeno in parte, derivanti dalla presenza stessa degli stabilimenti, con particolare riferimento al trasporto di sostanze pericolose (effetti domino fra trasporti di sostanze pericolose e stabilimenti), l'area da considerare per una prima individuazione degli oggetti dello studio integrato è quella, più ampia, relativa ai limiti amministrativi dei comuni, i cui territori sono direttamente interessati. Ciò anche allo scopo di agevolare:

     - eventuali future esigenze di ampliamento dell'area sottoposta a studio, in seguito a modifiche industriali e/o territoriali, con la relativa diffusione esaustiva delle informazioni nei confronti della popolazione e dei siti adiacenti,

     - la predisposizione di piani di intervento e di sviluppo,

     - la predisposizione del piano d'emergenza di area e, se applicabile, del piano di sicurezza portuale.

     Nel caso di comuni il cui territorio abbia un'estensione significativamente più ampia dell'area di influenza diretta oppure sia interessato solo marginalmente, la porzione di territorio da includere nella perimetrazione preliminare dovrebbe essere definita in modo da comprendere unicamente gli stabilimenti costituenti i Gruppi domino e le vie di transito di merci pericolose entro una distanza tale da conservare una significatività di principio, in ordine alla reciproca influenza per la determinazione dell'andamento delle curve di rischio locale.

     L'individuazione definitiva è determinata a seguito della caratterizzazione degli eventi incidentali ascrivibili alle sorgenti di rischio, fisse e mobili, comprese nell'area delimitata dalla perimetrazione preliminare e alla conseguente individuazione degli effetti domino e rivalutazione degli eventi ipotizzabili, anche a fronte della considerazione delle possibili interazioni tra stabilimenti e trasporto di merci pericolose.

     Essa delimita l'area entro la quale deve essere effettuato il censimento degli elementi territoriali e i calcoli di ricomposizione dei rischi. Essa è determinata dall'insieme di:

     a) inviluppo delle aree di impatto degli eventi incidentali  ascrivibili a tutte le sorgenti di rischio, fisse e mobili, ivi compresi gli effetti domino;

     b) porzioni territoriali nelle quali realtà locali, per specifica situazione puntuale critica (ad es. prossimità di via di transito merci pericolose con centri di elevata vulnerabilità o attraversamento di centri abitati), possano contribuire in modo non trascurabile al rischio, influenzando anche in termini territorialmente delimitati l'andamento delle curve di rischio locale e l'entità del rischio collettivo.

     Per una corretta determinazione dell'inviluppo di cui al punto a), l'indagine e la valutazione relativa alle vie di trasporto, alle condotte e agli elementi infrastrutturali lineari devono essere estese a comprendere tutte le possibili aree di reciproca interferenza per effetto domino, anche laddove si dovessero travalicare i limiti amministrativi dei comuni interessati.

     L'inclusione delle aree di cui al punto b) deve essere effettuata anche se tali situazioni locali, significative, si collocano all'esterno delle curve di rischio locale, dal momento che esse costituiscono, comunque, un'indispensabile indicazione per la corretta individuazione e valutazione degli interventi migliorativi di tipo territoriale e infrastrutturale e per la pianificazione di emergenza dell'area.

 

     5. Oggetto e ambito di applicazione dello SSIA

 

     Costituiscono specifico oggetto dello SSIA:

     • stabilimenti;

     • trasporti di sostanze pericolose in condotta, per strada, ferrovia e nave nell'area, sia da/a stabilimenti, sia in transito;

     • altre sorgenti di rischio, quali ad es. quelli derivanti da stabilimenti non soggetti al presente decreto in cui sono presenti significative quantità di sostanze pericolose;

     • popolazione residente e non residente, anche presente occasionalmente e in transito;

     * elementi territoriali infrastrutturali e ambientali vulnerabili, con riferimento almeno alle tipologie indicate nel decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 9 maggio 2001 "Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante".

 

     6. Fasi, dati ed elementi di riferimento per la predisposizione dello SSIA

 

     Lo studio sarà realizzato attraverso le seguenti fasi:

     A.Predisposizione degli strumenti per la gestione dei dati sui rischi

     1) Predisposizione delle basi cartografiche

     2) Predisposizione di carte tematiche e della banca dati per la mappatura del rischio industriale

 

     B.Censimento, raccolta e validazione dei dati sui rischi

     1) Individuazione e caratterizzazione delle sorgenti di rischio  a. Censimento delle sorgenti connesse con installazioni fisse  b. Censimento delle sorgenti connesse con il trasporto di sostanze

     pericolose  i. Trasporto stradale

     ii. Trasporto ferroviario

     iii. Trasporto marittimo (ove applicabile)

     iv. Trasporto in condotta

     2) Caratterizzazione meteo-climatica dell'area

     3) Caratterizzazione demografica dell'area

     4) Individuazione degli elementi infrastrutturali dell'area e degli altri elementi territoriali vulnerabili

     5) Individuazione degli elementi ambientali vulnerabili

 

     C. Identificazione degli effetti domino secondo i criteri della parte 1 del presente allegato

 

     D.Selezione e applicazione degli strumenti di calcolo e di ricomposizione dei rischi

     1) Verifica del livello di completezza e di congruenza dei dati inerenti a:  a. Stabilimenti di soglia superiore  b. Stabilimenti di soglia inferiore  c. Altre sorgenti di rischio

     2) Per gli eventi incidentali con conseguenze per l'uomo e per le strutture  a. Caratterizzazione delle sorgenti di rischio e degli scenari

     incidentali connessi  i. Stima degli eventi incidentali connessi agli stabilimenti

     ii. Stima degli eventi incidentali connessi al trasporto di sostanze pericolose  b. Rivalutazione delle sorgenti di rischio per tener conto degli

     effetto domino  c. Stima della vulnerabilità per l'uomo (danni da irraggiamento, da

     sovrappressione, da esposizione a tossici)

     3) Per gli eventi incidentali con conseguenze per l'ambiente  a. Caratterizzazione delle sorgenti di rischio e degli scenari

     incidentali connessi  b. Caratterizzazione degli elementi di criticità ambientale

     4) Conseguenze degli eventi incidentali sulle infrastrutture

     5) Analisi degli scenari incidentali in corso di evento naturale d'area (rischi NATECH)

     6) Ricomposizione dei rischi  a. Applicazione del codice di calcolo scelto per la ricomposizione

     dei rischi  b. Rappresentazione grafica dei risultati

 

     E.Sintesi degli elementi utili emersi dallo studio ai fini della pianificazione di emergenza, del controllo dell'urbanizzazione nell'area e dell'informazione alla popolazione

 

     Allegato F (art. 20)

 

     Disciplina delle forme di consultazione del personale che lavora nello stabilimento sui Piani di emergenza interna

 

     Il presente allegato è così costituito:

     PREMESSA

     1. FORME DI CONSULTAZIONE DEL PERSONALE CHE LAVORA NELLO STABILIMENTO

 

     Premessa

 

     Il presente allegato, in attuazione dell'art. 20, comma 3, del decreto, disciplina le forme di consultazione del personale che lavora negli stabilimenti di soglia superiore, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, relativamente alla predisposizione, alla revisione e all'aggiornamento del Piano di Emergenza Interna (di seguito PEI).

     L'obbligo di consultazione del personale che lavora nello stabilimento, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine si estende non solo alla prima stesura del PEI, ma anche a tutte le successive revisioni e/o aggiornamenti.

     Ai fini del presente allegato, per "personale che lavora nello stabilimento" si intende il personale che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, all'interno dello stabilimento. Al lavoratore così definito è equiparato il personale alle dipendenze di terzi o autonomo preposto, anche occasionalmente all'esercizio, alla manutenzione, ai servizi generali e/o agli interventi d'emergenza e/o ad operazioni connesse a tali attività o che accede allo stabilimento per qualsiasi altro motivo di lavoro.

 

     1. Forme di consultazione del personale che lavora nello stabilimento

 

     1.1. Il gestore consulta il personale che lavora nello stabilimento tramite i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, di cui all'art. 47 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i.

     1.2. Ai fini della consultazione, il gestore mette a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, almeno quindici giorni prima dell'incontro di cui al successivo punto 1.3, le seguenti informazioni:  a) gli elementi dell'analisi dei rischi utilizzati per la

     predisposizione del PEI;  b) la versione in bozza del PEI;  c) le azioni previste per la formazione specifica di tutto il

     personale coinvolto nella pianificazione dell'emergenza che lavora

     nello stabilimento, compreso il personale interessato di imprese

     subappaltatrici;  d) ogni altro elemento utile alla comprensione del PEI e, comunque,

     ogni documento rilevante.

     1.3. Prima di adottare, rivedere o aggiornare il PEI, il gestore o i suoi rappresentanti incontrano i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Dell'incontro è redatto apposito verbale che è depositato presso lo stabilimento a disposizione delle autorità competenti di cui agli artt. 10 e 27 del presente decreto ed è parte integrante del PEI.

     1.4. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, nel corso dell'incontro di cui al punto 1.3, possono formulare osservazioni o proposte sulla versione in bozza del PEI, delle quali il gestore tiene conto e ne mantiene apposita registrazione nel verbale di cui al punto 1.3.

 

     Allegato G (art. 21)

     Regolamento per la consultazione della popolazione sui Piani di emergenza esterna

 

     Il presente allegato è così costituito:

 

     PREMESSA

     1. DEFINIZIONI

     2. FORME DI CONSULTAZIONE DELLA POPOLAZIONE

 

     Premessa

     Il presente allegato disciplina le forme di consultazione della popolazione relativamente alla predisposizione, alla revisione e all'aggiornamento del Piano di emergenza esterna, come previsto dall'art. 21, commi 1 e 6, del presente decreto.

     1. Definizioni

     Ai fini del presente regolamento con il termine «popolazione» si intendono le persone fisiche, singole e associate, nonchè gli enti, le organizzazioni o i gruppi che siano o possano essere interessati dalle azioni derivanti dal Piano di emergenza esterna.

     2. Forme di consultazione della popolazione

     Il Prefetto, ai fini di cui all'art. 21, comma 1, del presente decreto, nel corso della predisposizione del Piano di emergenza esterna e, comunque, prima della sua adozione, procede, d'intesa con il comune o con i comuni interessati, alla consultazione della popolazione per mezzo di assemblee pubbliche, sondaggi, questionari o altre modalità idonee, compreso l'utilizzo di mezzi informatici e telematici.

     Con le medesime modalità, il Prefetto, ai fini di cui all'art. 21, comma 6, del presente decreto, consulta la popolazione nel corso della revisione e dell'aggiornamento del Piano di emergenza esterna.

     Ai fini della consultazione, il Prefetto rende disponibili alla popolazione, in modo da assicurarne la massima accessibilità, anche con l'utilizzo di mezzi informatici e telematici, le informazioni in suo possesso relative a:

     - la descrizione e le caratteristiche dell'area interessata dalla pianificazione o dalla sperimentazione;

     - la natura dei rischi;

     - le azioni previste per la mitigazione e la riduzione degli effetti e delle conseguenze di un incidente;

     - le autorità pubbliche coinvolte;

     - le fasi e il relativo cronoprogramma della pianificazione o della sperimentazione;

     - le azioni previste dal Piano di emergenza esterna concernenti il sistema degli allarmi in emergenza e le relative misure di autoprotezione da adottare.

     Le informazioni di cui sopra sono messe a disposizione della popolazione per un periodo di tempo non inferiore a trenta giorni prima dell'inizio della consultazione.

     Durante tale periodo, la popolazione può presentare al Prefetto osservazioni, proposte o richieste relativamente a quanto forma oggetto della consultazione, delle quali si tiene conto nell'ambito stesso di applicazione del presente allegato

 

     ALLEGATO H (art. 27)

 

     Allegato I (art.30)

     Modalità, anche contabili, e tariffe da applicare in relazione alle istruttorie e ai controlli

 

     Il presente allegato è così costituito:

     PREMESSA

     1. CRITERI DI DEFINIZIONE DELLE TARIFFE

     2. TARIFFE RELATIVE ALLE ISTRUTTORIE TECNICHE

     3. TARIFFE RELATIVE ALLE ISPEZIONI

     4. TARIFFE RELATIVE ALLE ISTRUTTORIE PER LE PROPOSTE DI VALUTAZIONE DEI PERICOLI DI INCIDENTE RILEVANTE PER UNA PARTICOLARE SOSTANZA PERICOLOSA, DI CUI ALL'ART. 4 DEL PRESENTE DECRETO  5. TARIFFE DEI SERVIZI CONNESSI CON LE VERIFICHE DELLE INFORMAZIONI INVIATE DAI GESTORI AI SENSI DELL'ART. 13 DEL PRESENTE DECRETO E FINALIZZATE ALLA PREDISPOSIZIONE DELL'INVENTARIO DEGLI STABILIMENTI SUSCETTIBILI DI CAUSARE INCIDENTI RILEVANTI, NONCHÈ ALL'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI DI CUI ALL'ART. 5, COMMA 2, LETTERA E)

     6. INTERESSI PER RITARDATO PAGAMENTO

     APPENDICE 1 - TARIFFE

 

     Premessa

     Il presente allegato disciplina le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie tecniche di cui agli artt. 17 e 18 del presente decreto, alle ispezioni di cui all'art. 27 del medesimo decreto, alle istruttorie relative alle proposte di valutazione dei pericoli di incidente rilevante per una particolare sostanza pericolosa di cui all'art. 4 del presente decreto, nonchè ai servizi connessi con la verifica delle informazioni inviate dai gestori ai sensi dell'art. 13 e finalizzate alla predisposizione dell'Inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti, di cui all'art. 5, comma 3, nonchè l'art. 5, comma 2, lettera e) del presente decreto.

     1. Criteri di definizione delle tariffe

     1.1. Ai soli fini dell'applicazione delle tariffe, gli stabilimenti si differenziano in 5 classi. I criteri in base ai quali si determina l'appartenenza di uno stabilimento ad una classe sono i seguenti:

     a) presenza di una sola sostanza pericolosa, tra quelle elencate nella parte 2 dell'allegato 1 del presente decreto, o di una sola categoria di pericolo, di cui alla parte 1 dello stesso allegato;

     b) svolgimento della sola attività di deposito, stoccaggio o movimentazione;

     c) appartenenza alla piccola e media impresa (PMI), così come definita dalla raccomandazione della Commissione dell'Unione Europea del 6 maggio 2003 n. 2003/361/CE, nonchè con decreto del Ministero delle attività produttive del 18 aprile 2005 (in Gazzetta Ufficiale n.238 del 12 ottobre 2005).

     1.2. Gli stabilimenti, in base alla rispondenza o meno ai criteri sopra elencati, si differenziano nelle seguenti cinque classi:

     - Classe 1: stabilimenti che rispondono al criterio a) oppure al criterio b);

     - Classe 2: stabilimenti che appartengono alla categoria delle microimprese e non rientranti nella classe 1

     - Classe 3: stabilimenti che appartengono alla categoria delle piccole imprese e non rientranti nella classe 1;

     - Classe 4: stabilimenti che appartengono alla categoria delle medie imprese e non rientranti nella classe 1;

     - Classe 5: stabilimenti che non appartengono alla categoria delle PMI e non rientranti nella classe 1.

     2. Tariffe relative alle Istruttorie Tecniche

     2.1. Le tariffe relative all'istruttoria di cui agli articoli 17 e 18 del presente decreto sono indicate nella tabella I in appendice 1 del presente allegato. Ai fini della determinazione della tariffa relativa alle istruttorie tecniche, fanno fede le informazioni trasmesse dal gestore con il Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto, sezione A2.

     2.2. Le tariffe previste per le istruttorie tecniche sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell'interno-Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

     Gli importi derivanti dalle tariffe versate dai gestori per lo svolgimento delle istruttorie tecniche da parte dei gruppi di lavoro costituiti dai rappresentanti degli enti ed amministrazioni presenti nel CTR, sono ripartite tra questi secondo i criteri e con le modalità stabiliti con successiva determinazione del Ministero dell'interno, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

     L'originale della quietanza o l'evidenza informatica attestante l'avvenuto versamento delle somme sono parte integrante della documentazione necessaria all'avvio dell'istruttoria tecnica.

     3. Tariffe relative alle ispezioni

     3.1. Le tariffe relative alle ispezioni di cui all'art. 27 del presente decreto sono indicate nella tabella II in appendice 1 del presente allegato.

     3.2. Le tariffe si applicano in misura ridotta del 20% per gli stabilimenti soggetti a rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 e s.m.i. che adottano un sistema di certificazione volontario (EMAS, ISO 14001, OHSAS 18001) o un sistema di gestione della sicurezza per la prevenzione degli incidenti rilevanti conforme alla UNI 10617 e sottoposto a verifica secondo la UNI TS 11226.

     3.3. Ai fini della determinazione della tariffa relativa alle ispezioni, di cui all'art. 27 del presente decreto, fanno fede le informazioni trasmesse dal gestore col Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto, sezione A2.

     3.4. Per gli stabilimenti di soglia superiore, le tariffe applicate sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell'interno- Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

     Per gli stabilimenti di soglia superiore, gli importi derivanti dalle tariffe versate dai gestori per le attività svolte dagli ispettori degli enti ed amministrazioni individuati nell'allegato H, sono ripartite tra questi secondo i criteri e con le modalità stabiliti con successiva determinazione del Ministero dell'interno, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

     Per gli stabilimenti di soglia inferiore le somme sono versate secondo le modalità definite dalle Regioni o Province Autonome territorialmente competenti.

     3.5 I gestori degli stabilimenti devono versare le somme entro 10 giorni dal ricevimento della comunicazione di avvio dell'ispezione e trasmettere all'autorità competente l'originale della quietanza o l'evidenza informatica attestante l'avvenuto versamento della tariffa.

     4. Tariffe relative alle istruttorie per le proposte di valutazione dei pericoli di incidente rilevante per una particolare sostanza pericolosa di cui all'art. 4 del presente decreto

     4.1. Le tariffe relative alle istruttorie effettuate per le proposte di valutazione dei pericoli di incidente rilevante per una particolare sostanza pericolosa di cui all'art. 4 e all'allegato A del presente decreto sono indicate nella tabella III in appendice 1 del presente allegato.

     4.2. Le due fasi della procedura valutativa indicata nella parte 1 dell'allegato A al presente decreto, ovvero la valutazione preliminare di ammissibilità della proposta, effettuata dall'ISPRA e la successiva valutazione dei contenuti tecnici, effettuata da uno, o più, degli organi tecnici nazionali di cui all'articolo 9 del presente decreto, sono soggette a distinta tariffa.

     4.3. Per la valutazione preliminare di ammissibilità della proposta, la tariffa è indicata in tabella III, colonna 1. Per la successiva valutazione dei contenuti tecnici, la tariffa è indicata in tabella III, colonna 2. Quest'ultima, ovvero la tariffa di cui alla tabella III, colonna 2, è corrisposta per ogni organo tecnico che effettua l'istruttoria.

     4.4. Al fine di garantire l'espletamento della valutazione preliminare di ammissibilità di cui all'allegato A, punto 1.1, l'importo della tariffa indicata nella tabella III, colonna 1 è versato dal proponente ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esclusivamente per l'attività istruttoria di cui all'articolo 4 del presente decreto. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. A seguito della procedura di riassegnazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasferisce la somma pertinente all'ISPRA, per l'effettuazione dell'istruttoria.

     4.5. La trasmissione dell'originale della quietanza o dell'evidenza informatica attestante l'avvenuto versamento della somma prevista per la valutazione preliminare di ammissibilità dell'istanza è condizione necessaria all'avvio della relativa istruttoria.

     4.6. Nel caso in cui la proposta, a seguito dell'istruttoria effettuata da ISPRA, sia stata giudicata ammissibile, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella comunicazione al proponente dell'esito della valutazione preliminare di ammissibilità indica, al fine della determinazione della relativa tariffa, gli organi tecnici nazionali ai quali la suddetta proposta viene inoltrata per la successiva valutazione dei contenuti tecnici.

     4.7. Al fine di garantire l'espletamento della valutazione dei contenuti tecnici di cui all'allegato A, punto 1.2, l'importo della tariffa di cui alla tabella III, colonna 2, è versato dal proponente, per ciascun organo tecnico, con le stesse modalità previste al punto 4.4.per essere riassegnato, con la medesima procedura di cui al punto 4.4., allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. A seguito della procedura di riassegnazione in bilancio delle entrate, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasferisce la somma pertinente agli organi tecnici nazionali interessati, per l'effettuazione delle istruttorie, fermo restando che la trasmissione dell'originale della quietanza o dell'evidenza informatica attestante l'avvenuto versamento della somma prevista per la valutazione dei contenuti tecnici dell'istanza, è condizione necessaria all'avvio della relativa istruttoria.

     5. Tariffe dei servizi connessi con le verifiche delle informazioni inviate dai gestori ai sensi dell'art. 13 del presente decreto e finalizzate alla predisposizione dell'inventario degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti nonchè all'adempimento degli obblighi di cui all'art. 5, comma 2, lettera e)

     5.1. Le tariffe dei servizi connessi con la verifica di completezza e di conformità delle informazioni inviate dai gestori, ai sensi dell'art. 13, comma 9 del presente decreto e finalizzate alla predisposizione dell'Inventario degli stabilimenti suscettibili di causare un incidente rilevante di cui all'articolo 5, comma 3, nonchè all'adempimento degli obblighi di cui all'art. 5, comma 2, lettera e), sono indicate nella tabella IV in appendice 1 del presente allegato. Ai fini della determinazione della tariffa relativa ai servizi connessi con le sopra indicate verifiche, fanno fede le informazioni trasmesse dal gestore col Modulo di cui all'allegato 5 del presente decreto, sezione A2.

     5.2. Le tariffe si applicano:

     a) in misura integrale in occasione della prima notifica inviata ai sensi dell'art.13, comma 1;

     b) in misura ridotta del 50% in occasione degli eventuali aggiornamenti della notifica e delle sezioni informative del modulo di cui all'allegato 5 effettuati ai sensi dell'art.13 comma 7, con l'esclusione degli aggiornamenti comportanti la sola modifica di una o più delle sezioni F, G e N del modulo, per i quali non è dovuta la corresponsione di alcuna tariffa.

     5.3. Al fine di garantire l'espletamento delle verifiche delle informazioni di cui all'articolo 13, comma 9, del presente decreto, l'importo delle tariffe di cui ai punti a) e b) è versato dai gestori degli stabilimenti, prima dell'invio della documentazione di cui all'art. 13 del presente decreto, ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, esclusivamente per l'attività di cui allo stesso articolo 13, comma 9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. A seguito della procedura di riassegnazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasferisce la somma pertinente all'ISPRA, per l'effettuazione dell'istruttoria. L'originale della quietanza o l'evidenza informatica attestante l'avvenuto pagamento sono parte integrante della documentazione allegata alla notifica inviata telematicamente dal gestore.

     6. Interessi per ritardato pagamento

     6.1. In caso di ritardo nell'effettuazione dei versamenti per le ispezioni di cui all'articolo 27 del presente decreto, il gestore dello stabilimento è tenuto al pagamento degli interessi nella misura del tasso legale vigente, con decorrenza dal primo giorno successivo alla scadenza dei termini previsti al punto 3.5.

 

 

 

     Allegato L (art. 31)

     Procedure semplificate di prevenzione incendi per gli stabilimenti di soglia superiore

 

     Il presente allegato è così costituito:

 

     1. FINALITÀ

     2. NULLA OSTA DI FATTIBILITÀ E VALUTAZIONE DEL PROGETTO ANTINCENDI

     3. PARERE TECNICO CONCLUSIVO, CONTROLLI DI PREVENZIONE INCENDI E RILASCIO CERTIFICATO DI PREVENZIONE INCENDI

     4. RIESAME PERIODICO DEL RAPPORTO DI SICUREZZA ED ATTESTAZIONE DI RINNOVO PERIODICO DI CONFORMITÀ ANTINCENDIO

     5. MODIFICHE SENZA AGGRAVIO DI RISCHIO AI SENSI DELL'ALLEGATO D.

     6. DEROGHE ALLE NORME DI PREVENZIONE INCENDI

     7. ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI

     8. DISPOSIZIONI TRANSITORIE

 

     1. Finalità

     Il presente allegato disciplina le modalità di svolgimento delle verifiche di prevenzione incendi per le attività di cui all'allegato I del Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n.151 presenti all'interno di stabilimenti di soglia superiore.

     2. Nulla osta di fattibilità e valutazione del progetto antincendi

     2.1 L'istruttoria per il rilascio del nulla osta di fattibilità effettuata ai sensi dell'art. 17 del presente decreto comprende la valutazione del progetto di tutte le attività di cui al DPR 151/2011. Le conclusioni del CTR vengono acquisite dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco (di seguito Comando) ai fini dell'emissione del parere di cui all'art. 3, comma 3, del DPR 151/2011.

     2.2 Le attività di cui all'allegato I del DPR 151/2011 non individuabili come impianti o depositi di cui all'art. 3, e quindi non oggetto dell'analisi di rischio nel Rapporto preliminare di Sicurezza, dovranno essere documentate ai sensi del decreto del Ministero dell'interno 7 agosto 2012.

     2.3 Le attività di cui all'allegato I del DPR 151/2011 individuabili come impianti o depositi di cui all'art. 3, e quindi oggetto dell'analisi di rischio nel Rapporto preliminare di Sicurezza, sono documentate, così come previsto all'allegato C.

     2.4 La documentazione di cui al punto 2.2 deve essere presentata alla Direzione Regionale dei Vigili del fuoco unitamente all'attestato di versamento degli oneri di prevenzione incendi, relativi alle sole attività di cui al precedente punto 2.2.

     3. Parere tecnico conclusivo, controlli di prevenzione incendi e rilascio certificato di prevenzione incendi

     3.1 I controlli di prevenzione incendi di cui all'art. 4 del DPR 151/11 vengono effettuati nell'ambito dell'attività istruttoria e dei sopralluoghi previsti dall'art. 17 del presente decreto.

     3.2 L'obbligo di presentazione della SCIA di cui all'art. 4 del DPR 151/11 è assolto con la presentazione del Rapporto di sicurezza di cui all'art. 15 del presente decreto, nella versione definitiva.

     3.3 Le attività di cui all'allegato I del DPR 151/2011 individuabili come impianti o depositi di cui all'art.3, e quindi oggetto dell'analisi di rischio nel Rapporto di Sicurezza nella versione definitiva, sono documentate, così come previsto nell'allegato C.

     3.4 Il gestore, unitamente al Rapporto di sicurezza nella versione definitiva, presenta le certificazioni e dichiarazioni di cui all'Allegato II del decreto del Ministero dell'interno 7 agosto 2012, per le attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco non individuabili come impianto o deposito. Per queste ultime attività il gestore presenta l'attestato di versamento degli oneri di prevenzione incendi.

     3.5 Il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi entro 15 giorni dal ricevimento del parere tecnico conclusivo espresso dal Comitato tecnico regionale ai sensi dell'art. 17.

     3.6 Nel caso in cui il parere tecnico conclusivo di cui all'art. 17 contenga prescrizioni, il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, da parte del Comitato tecnico regionale, dell'esito positivo del sopralluogo di verifica degli adempimenti prescritti.

     4. Riesame periodico del Rapporto di sicurezza ed attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio

     4.1 L'obbligo di presentazione dell'attestato di rinnovo periodico di conformità antincendio, di cui all'art. 5 del DPR 151/2011, per le attività individuabili come impianto o deposito, in possesso del Certificato di prevenzione incendi, è assolto con la presentazione del Rapporto di sicurezza aggiornato ai sensi dell'art. 15.

     4.2 L'obbligo di presentazione dell'attestato di rinnovo periodico di conformità antincendio, di cui all'art. 5 del DPR 151/11, per le attività non individuabili come impianto o deposito, in possesso del Certificato di prevenzione incendi, deve essere assolto con:  a) dichiarazione di assenza di variazione delle condizioni di sicurezza antincendio di cui all'art. 5 del decreto del Ministero dell'Interno 7 agosto 2012;  b) asseverazione di cui all'art. 5 del decreto del Ministero dell'Interno 7 agosto 2012.

     4.3 La documentazione di cui al punto precedente deve essere presentata alla Direzione regionale dei Vigili del fuoco unitamente all'attestato di versamento degli oneri di prevenzione incendi.

     5. Modifiche senza aggravio di rischio ai sensi dell'allegato D

     5.1 Le modifiche alle attività, individuabili come impianti o depositi, di cui all'allegato I del DPR 151/11, senza aggravio di rischio ai sensi dell'allegato D punto 2 del presente decreto, sono progettate ed eseguite a regola d'arte così come previsto nello stesso allegato D punto 2.

     Per tali modifiche l'obbligo di presentazione della Scia è assolto con la presentazione della dichiarazione di non aggravio di rischio di cui all'allegato D punto 2.  Alla suddetta dichiarazione sono allegati:  a) la documentazione di cui agli allegati I e II al DM 7.8.2012;  b) l'attestato di versamento degli oneri di prevenzione incendi.

     Nel caso delle modifiche di seguito elencate, il gestore è tenuto a richiedere al Comando Provinciale dei vigili del fuoco l'esame del progetto, ai sensi dell'art. 3 del DPR 151/2011:

     a) modifiche dei parametri significativi per la determinazione della classe minima di resistenza al fuoco dei compartimenti, tali da determinare un incremento della classe esistente;  b) modifiche di impianti di processo, ausiliari e tecnologici dell'attività, significativi ai fini della sicurezza antincendio, che comportino una modifica sostanziale della tipologia o layout di un impianto;  c) modifiche funzionali significative ai fini della sicurezza antincendio:

     - modifica sostanziale della destinazione d'uso o del layout dei locali dell'attività;  - modifica sostanziale della tipologia o del layout del sistema produttivo;  - incremento del volume complessivo degli edifici in cui si svolge l'attività;  - modifiche che riducono le caratteristiche di resistenza al fuoco degli elementi portanti e separanti dell'edificio o le caratteristiche di reazione al fuoco dei materiali;  - modifica sostanziale della compartimentazione antincendio, dei sistemi di ventilazione naturale o meccanica, dei sistemi di protezione attiva contro l'incendio.

     d) modifica delle misure di protezione per le persone: modifica sostanziale dei sistemi di vie d'uscita, dei sistemi di protezione degli occupanti e dei soccorritori, dei sistemi di rivelazione e segnalazione di allarme incendio, dell'accesso all'area ed accostamento dei mezzi di soccorso.

     5.2 Le modifiche alle attività di cui al DPR 151/2011, non individuabili come impianti o depositi, sono soggette alle disposizioni dello stesso DPR 151/2011.

     5.3 Le modifiche di cui all'allegato D punto 3, sono documentate nell'ambito delle procedure previste al punto 4.

     5.4 Il Comando trasmette al Comitato tecnico regionale (CTR) le proprie determinazioni, per le opportune valutazioni nell'ambito delle procedure di riesame periodico del Rapporto di sicurezza di cui all'art. 15.

     6. Deroghe alle norme di prevenzione incendi

     6.1 Qualora venga avanzata richiesta di deroga ai sensi dell'art. 7 del DPR 151/2011, questa viene valutata nell'ambito dell'istruttoria di cui all'art. 17 e le determinazioni espresse dal CTR al termine della stessa valgono anche come pronuncia del Direttore regionale prevista dall'art. 7 del DPR 151/11.

     6.2 Le regole tecniche alle quali si intende derogare e le misure alternative, di cui al punto precedente, dovranno essere espressamente indicate dal gestore in un apposito allegato al Rapporto di sicurezza presentato ai sensi dell'art. 15.

     7. Adempimenti amministrativi

     7.1 I corrispettivi per i servizi di prevenzione incendi per le attività non individuabili come impianto o deposito sono determinati ai sensi del DPR 151/11 e del DM 7 agosto 2012.

     8. Disposizioni transitorie

     8.1 Il presente allegato si applica anche per le attività con istruttoria di valutazione del Rapporto di sicurezza in corso alla data dell'entrata in vigore del presente decreto. Per le attività per le quali necessiti integrare gli atti già prodotti, con documentazione specifica per la prevenzione incendi, questa dovrà essere presentata entro sei mesi dalla richiesta del CTR.

     8.2 Per le attività con istruttoria di valutazione del Rapporto di sicurezza conclusa, il Comitato tecnico regionale, ove non già provveduto ai sensi del DM 19.03.2001, nomina apposita commissione composta da almeno tre componenti, compreso il Comandante dei vigili del fuoco competente per territorio o il suo delegato. Il Comando provinciale dei vigili del fuoco rilascia il certificato di prevenzione incendi entro 15 giorni dal ricevimento della relazione di sopralluogo conclusivo, con esito favorevole, redatta dalla commissione suddetta.

     8.3 Le attività, che al momento della presentazione del Riesame periodico del rapporto di sicurezza non sono in possesso del certificato di prevenzione incendi, sono soggette alla procedura di cui al punto 3 del presente allegato.

 

     Allegato M (art. 2)

     Linee di indirizzo per gli stabilimenti consistenti nello stoccaggio sotterraneo sulla terraferma di gas in giacimenti naturali, acquiferi, cavità saline o miniere esaurite.

 

     Il presente allegato è così costituito:

     PREMESSA

     1. MODIFICHE DI UNO STABILIMENTO

     2. RACCORDO TRA GLI ADEMPIMENTI TECNICI PREVISTI DAL PRESENTE DECRETO E DALLA NORMATIVA DI SETTORE

     2.1 INFORMAZIONI GENERALI

     2.2 PIANO DI EMERGENZA INTERNA

     2.3 PROCEDIMENTI IN SENO AL COMITATO TECNICO REGIONALE

 

     Premessa

     Il presente allegato fornisce contenuti tecnici integrativi utili per l'applicazione del presente decreto agli stoccaggi sotterranei sulla terraferma di gas in giacimenti naturali, acquiferi, cavità saline o miniere esaurite tenendo conto, altresì, della peculiarità delle industrie di stoccaggio sotterraneo di gas, a cui si applica la specifica normativa di settore di cui al decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624 "Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee".

     1. Modifiche di uno stabilimento  Per tutte le modifiche degli stabilimenti si deve fare riferimento alle procedure di cui all'allegato D del presente decreto.

     2. Raccordo tra gli adempimenti tecnici previsti dal presente decreto e dalla normativa di settore

     2.1 Informazioni generali

     Per quanto riguarda il raccordo tra gli adempimenti tecnici previsti dal presente decreto e quelli previsti dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, si precisa che le informazioni da inserire nel documento di politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, nella documentazione che illustra il sistema di gestione della sicurezza, nel Rapporto di sicurezza e nel Piano di emergenza interna, potranno essere desunte, ai sensi dell'art. 15 comma 5 del presente decreto e salvo le eventuali integrazioni necessarie, dall'analisi di rischio, dal "Documento di Sicurezza e Salute" (DSS) e dalla documentazione progettuale presentata ai sensi del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, assicurando la necessaria coerenza di contenuti.

     2.2 Piano di emergenza interna

     Ai fini della redazione dei Piani di emergenza interna in materia di rischi di incidenti rilevanti, si precisa che i gestori degli stoccaggi sotterranei di gas possono avvalersi in tutto o in parte dei dati e delle informazioni utilizzati per la predisposizione dei Piani di emergenza di cui all'art. 18, comma 3, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, ove rispondenti ai contenuti di cui all'allegato 4, punto 1, del presente decreto.

     2.3 Procedimenti in seno al Comitato tecnico regionale

     In merito alla partecipazione dell'Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), al Comitato tecnico regionale di cui all'art. 10 del presente decreto, anche al fine di raccordare le procedure minerarie con quelle del Comitato stesso, si rammenta quanto segue.

     Al fine di non duplicare le attività di verifica e controllo conseguenti all'applicazione del presente decreto e del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, i Comitati e gli UNMIG competenti per territorio devono coordinarsi in modo da garantire che tali attività vengano eseguite congiuntamente.

     Per i nuovi stabilimenti, ai fini dell'applicazione delle procedure di prevenzione incendi, si attua quanto previsto dall'art. 31 comma 1 del presente decreto. I procedimenti indicati nel presente decreto ai fini del rilascio del parere tecnico conclusivo, e quelli finalizzati alla verifica e collaudo, di cui all'art. 85 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, vanno svolti in maniera contestuale.

 


[1] Il presente Allegato non trova più applicazione per effetto dell'art. 3 del D.M. 1 luglio 2016, n. 148.