§ 32.2.1 - R.D. 28 febbraio 1930, n. 289.
Norme per l'attuazione della legge 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato e per il coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato.


Settore:Normativa nazionale
Materia:32. Culti e confessioni religiose
Capitolo:32.2 confessioni diverse
Data:28/02/1930
Numero:289


Sommario
Art. 1.  [1]
Art. 2.  [2]
Art. 3.      I ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia approvata a termini dell'art. 3 della legge, possono pubblicare ed affiggere nell'interno ed alle porte [...]
Art. 4.      I ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia stata approvata a termini dell'art. 3 della legge, possono, senza alcuna ingerenza delle autorità [...]
Art. 5.      I ministri dei culti ammessi nel regno possono essere autorizzati a frequentare i luoghi di cura e di ritiro per prestare l'assistenza religiosa ai ricoverati che la [...]
Art. 6.      I ministri dei culti ammessi nel regno possono essere autorizzati a prestare l'assistenza religiosa agli internati negli istituti di prevenzione e di pena, ogni [...]
Art. 7.      In caso di mobilitazione delle forze dello Stato, i ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia stata approvata a termini dell'art. 3 della legge, [...]
Art. 8.      In caso di mobilitazione delle forze armate dello Stato, l'assistenza religiosa dei militari acattolici, da esercitarsi da ministri di un culto ammesso nel regno, la [...]
Art. 9.      Gli studenti delle scuole teologiche, riconosciute dallo Stato, dei culti diversi dalla religione cattolica, o delle scuole rabbiniche, ugualmente riconosciute, possono [...]
Art. 10.      L'erezione in ente morale degli istituti dei culti diversi dalla religione dello Stato può essere chiesta da qualsiasi interessato con domanda diretta al ministro per la [...]
Art. 11.      Ove lo statuto di un istituto dei culti diversi dalla religione dello Stato non vi provveda, si deve nel decreto di erezione dell'istituto stesso in ente morale disporre [...]
Art. 12.      Relativamente agli atti compiuti nell'interesse di istituti, eretti in ente morale, dei culti ammessi nello Stato, il fine del culto è, a tutti gli effetti tributari, [...]
Art. 13.      Oltre alle norme speciali stabilite nel decreto di erezione in ente morale, gli istituti dei culti diversi dalla religione dello Stato sono soggetti alla vigilanza e [...]
Art. 14.      La vigilanza governativa di cui all'articolo precedente include la facoltà di ordinare visite ed ispezioni agli istituti indicati nell'articolo stesso
Art. 15.      In qualunque tempo, con decreto reale, su proposta del ministro per la giustizia e gli affari di culto, udito il consiglio di Stato, può essere dichiarata la nullità di [...]
Art. 16.  [3]
Art. 17.      Nel caso che manchi l'autorizzazione di cui all'articolo precedente, gli acquisti e le accettazioni anche fatti per interposta persona sono nulli
Art. 18.      Le domande intese ad ottenere, ai sensi dell'art. 2 della legge, l'autorizzazione governativa per gli atti e contratti costituenti alienazioni di beni, debbono essere [...]
Art. 19.  [4]
Art. 20.      L'approvazione delle nomine dei ministri di culto, di cui all'art. 3 della legge, è chiesta con domanda diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto dal [...]
Art. 21.      Gli uffici per gli affari di culto, assunte le altre informazioni necessarie per completare l'istruttoria e sentito il prefetto della provincia in cui il ministro del [...]
Art. 22.      Copia del decreto ministeriale di approvazione della nomina dei ministri di culto è comunicata agli uffici per gli affari di culto presso le procure generali del Re [...]
Art. 23.      I genitori, o chi ne fa le veci, i quali non desiderano che sia impartita ai loro figli l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, debbono fare apposita [...]
Art. 24.      Quando il numero degli alunni lo giustifichi, gli istituti, eretti in ente morale, dei culti diversi dalla religione dello Stato possono essere autorizzati ad aprire, [...]
Art. 25.      L'autorizzazione che l'ufficiale dello stato civile rilascia, a termini dell'art. 8 della legge, al ministro di culto diverso dalla religione dello Stato per la [...]
Art. 26.      Se gli sposi domiciliano e risiedono in comune diverso da quello di residenza del ministro del culto, innanzi al quale intendono celebrare il matrimonio, e si [...]
Art. 27.      La trasmissione dell'originale dell'atto di matrimonio è fatta dal ministro di culto che lo celebra all'ufficiale dello stato civile da cui fu rilasciata la relativa [...]
Art. 28.      I ministri dei culti ammessi nello Stato non possono rilasciare copie né certificati degli atti di matrimonio celebrati davanti a loro
Art. 29.      I templi ed oratorii dei culti diversi dalla religione dello Stato che erano aperti al culto pubblico all'entrata in vigore della legge sull'esercizio dei culti stessi e [...]


§ 32.2.1 - R.D. 28 febbraio 1930, n. 289.

Norme per l'attuazione della legge 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato e per il coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato.

(G.U. 12 aprile 1930, n. 87)

 

 

     Art. 1. [1]

     Per l'esercizio pubblico dei culti ammessi nel regno, i fedeli di ciascun culto possono avere un proprio tempio od oratorio.

     L'apertura di un tempio od oratorio al culto deve essere chiesta dal ministro del rispettivo culto, la cui nomina sia stata debitamente approvata a termini dell'art. 3 della legge, con la domanda diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto e corredata dei documenti atti a provare che il tempio od oratorio è necessario per soddisfare effettivi bisogni religiosi di importanti nuclei di fedeli ed è fornito di mezzi sufficienti per sostenere le spese di manutenzione.

     L'apertura è autorizzata con decreto reale emanato su proposta del ministro per la giustizia e gli affari di culto di concerto con quello per l'interno.

 

          Art. 2. [2]

     I fedeli di un culto ammesso nel regno possono, senza preventiva autorizzazione dell'autorità governativa, tenere negli edifici, aperti al culto a norma dell'articolo precedente, riunioni pubbliche per il compimento di cerimonie religiose o di altri atti di culto, a condizione che la riunione sia presieduta od autorizzata da un ministro di culto, la cui nomina sia stata debitamente approvata a termini dell'art. 3 della legge.

     In tutti gli altri casi si applicano le norme comuni per le riunioni pubbliche.

 

          Art. 3.

     I ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia approvata a termini dell'art. 3 della legge, possono pubblicare ed affiggere nell'interno ed alle porte esterne degli edifici destinati al proprio culto gli atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli, senza particolare licenza dell'autorità di pubblica sicurezza e con esenzione da tasse.

     Tali atti debbono essere sempre scritti in lingua italiana, salva la facoltà di aggiungere, accanto al testo italiano, la traduzione in altre lingue.

 

          Art. 4.

     I ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia stata approvata a termini dell'art. 3 della legge, possono, senza alcuna ingerenza delle autorità civili, eseguire collette nell'interno ed all'ingresso degli edifici destinati al proprio culto.

 

          Art. 5.

     I ministri dei culti ammessi nel regno possono essere autorizzati a frequentare i luoghi di cura e di ritiro per prestare l'assistenza religiosa ai ricoverati che la domandino.

     L'autorizzazione è data da chi è preposto alla direzione amministrativa del luogo di cura o di ritiro e deve indicare le modalità e le cautele con cui l'assistenza deve essere prestata.

 

          Art. 6.

     I ministri dei culti ammessi nel regno possono essere autorizzati a prestare l'assistenza religiosa agli internati negli istituti di prevenzione e di pena, ogni qualvolta ne siano richiesti dagli internati stessi o dai familiari o da chi abbia la tutela giuridica dei medesimi, sotto l'osservanza delle norme contenute nei regolamenti speciali per detti istituti.

 

          Art. 7.

     In caso di mobilitazione delle forze dello Stato, i ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia stata approvata a termini dell'art. 3 della legge, possono essere dispensati dalla chiamata alle armi su attestazione del procuratore generale del Re presso la corte d'appello il quale dichiari che l'opera loro è assolutamente indispensabile e insostituibile per l'assistenza religiosa dei fedeli affidati alle loro cure.

 

          Art. 8.

     In caso di mobilitazione delle forze armate dello Stato, l'assistenza religiosa dei militari acattolici, da esercitarsi da ministri di un culto ammesso nel regno, la nomina dei quali sia stata approvata a termini dell'art. 3 della legge, può essere autorizzata dall'autorità militare cui è stata affidata la suprema direzione delle operazioni belliche.

     Alla stessa autorità spetta di stabilire le norme e le cautele con le quali tale assistenza può essere esercitata.

 

          Art. 9.

     Gli studenti delle scuole teologiche, riconosciute dallo Stato, dei culti diversi dalla religione cattolica, o delle scuole rabbiniche, ugualmente riconosciute, possono in tempo di pace essere ammessi al beneficio del ritardo del servizio alle armi ai sensi degli articoli 98 e 100 del testo unico delle leggi sul reclutamento del regio esercito approvato con regio decreto 5 agosto 1927, n. 1437, per coloro che frequentano corsi di studi nelle scuole stesse equiparabili a quelli delle università o dell'ultimo anno delle scuole medie di grado superiore.

 

          Art. 10.

     L'erezione in ente morale degli istituti dei culti diversi dalla religione dello Stato può essere chiesta da qualsiasi interessato con domanda diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto.

     La domanda è presentata all'ufficio di culto presso la procura generale della corte d'appello e deve essere corredata del testo dello statuto dell'ente da cui risultino lo scopo, gli organi dell'amministrazione, le norme di funzionamento di esso, i mezzi finanziari dei quali dispone per il raggiungimento dei propri fini.

     Con il decreto di erezione può stabilirsi che il legittimo rappresentante dell'ente sia cittadino italiano. In ogni caso, però, il legittimo rappresentante dell'ente deve avere il domicilio nel regno.

 

          Art. 11.

     Ove lo statuto di un istituto dei culti diversi dalla religione dello Stato non vi provveda, si deve nel decreto di erezione dell'istituto stesso in ente morale disporre circa le finalità alle quali saranno devoluti i beni dell'ente, in caso di estinzione del medesimo per qualsiasi causa.

     Di regola devono essere preferite le finalità di istruzione, di educazione o di beneficenza a favore dei naturali del luogo in cui l'ente svolge la propria azione.

 

          Art. 12.

     Relativamente agli atti compiuti nell'interesse di istituti, eretti in ente morale, dei culti ammessi nello Stato, il fine del culto è, a tutti gli effetti tributari, equiparato a quello di beneficenza e di istruzione.

 

          Art. 13.

     Oltre alle norme speciali stabilite nel decreto di erezione in ente morale, gli istituti dei culti diversi dalla religione dello Stato sono soggetti alla vigilanza e alla tutela governativa.

     Tutte le attribuzioni spettanti allo Stato sugli istituti sopra menzionati sono esercitate dal ministro per la giustizia e gli affari del culto e dagli organi dal medesimo dipendenti.

 

          Art. 14.

     La vigilanza governativa di cui all'articolo precedente include la facoltà di ordinare visite ed ispezioni agli istituti indicati nell'articolo stesso.

     Quando siano accertate, comunque, gravi irregolarità nell'amministrazione di tali istituti ovvero quando l'amministrazione non sia in grado di funzionare, il ministro per la giustizia e gli affari di culto può sciogliere l'amministrazione medesima e nominare un commissario governativo per la temporanea gestione.

 

          Art. 15.

     In qualunque tempo, con decreto reale, su proposta del ministro per la giustizia e gli affari di culto, udito il consiglio di Stato, può essere dichiarata la nullità di atti o deliberazioni degli istituti indicati nell'art. 13, quando contengano violazioni di leggi o di regolamenti.

 

          Art. 16. [3]

     Gli istituti indicati nell'art. 13 non possono acquistare beni immobili, né accettare donazioni, eredità o legati senza preventiva autorizzazione.

     L'autorizzazione è concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere del Consiglio di Stato, quando si tratta di acquisti a titolo oneroso di immobili il cui valore sia superiore a lire 130 milioni, ovvero di accettazione di donazioni, eredità o legati che comprendano beni immobili di valore superiore a lire 130 milioni.

     Negli altri casi, l'autorizzazione è conceduta con decreto del prefetto della provincia nella quale ha sede l'ente, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nella legge 21 giugno 1896, n. 218, e nel relativo regolamento, approvato con regio decreto 26 luglio 1896, n. 361.

     L'autorizzazione è chiesta con domanda del legale rappresentante dell'ente, diretta al Ministero dell'interno o al prefetto, secondo le rispettive competenze, e corredata dei documenti necessari e del riassunto dello stato patrimoniale dell'ente stesso.

     La domanda è presentata alla prefettura, la quale, qualora si tratti di autorizzazione spettante alla competenza ministeriale, trasmette gli atti al Ministero dell'interno, previa la relativa istruttoria.

 

          Art. 17.

     Nel caso che manchi l'autorizzazione di cui all'articolo precedente, gli acquisti e le accettazioni anche fatti per interposta persona sono nulli.

     La dichiarazione di nullità può essere promossa in ogni tempo dal pubblico ministero o da chiunque vi abbia interesse.

 

          Art. 18.

     Le domande intese ad ottenere, ai sensi dell'art. 2 della legge, l'autorizzazione governativa per gli atti e contratti costituenti alienazioni di beni, debbono essere presentate dai legali rappresentanti degli istituti agli uffici per gli affari di culto presso le procure generali del Re delle corti d'appello e dirette al ministro per la giustizia e gli affari di culto.

     Fra gli atti o contratti, per i quali è necessaria l'autorizzazione governativa, si comprendono, oltre le alienazioni propriamente dette, le affrancazioni di censi e di canoni, i mutui, gli atterramenti di piante di alto fusto, le esazioni e gli impieghi di capitali, le locazioni ultranovennali di immobili, le liti, sia attive che passive, attinenti alla consistenza patrimoniale dell'istituto.

 

          Art. 19. [4]

     Il Ministro dell'interno, udito il Consiglio di Stato, provvede con proprio decreto, concedendo o negando l'autorizzazione:

     1) quando si tratti di vendita a trattativa privata di beni per un valore eccedente le lire 75 milioni;

     2) quando si tratti di vendita a licitazione privata di beni per un valore eccedente a lire 100 milioni;

     3) quando si tratti di vendita a pubblici incanti di beni per un valore eccedente le lire 130 milioni;

     4) quando si tratti di alcuno degli altri atti o contratti indicati nel capoverso dell'articolo precedente per un valore eccedente le lire 130 milioni, eccettuato il caso che si compiano in forza di disposizioni tassative di legge o di sentenza passata in cosa giudicata.

     Negli altri casi l'autorizzazione è data dal prefetto.

 

          Art. 20.

     L'approvazione delle nomine dei ministri di culto, di cui all'art. 3 della legge, è chiesta con domanda diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto dal ministro di culto interessato.

     La domanda è presentata all'ufficio per gli affari di culto presso la procura generale del Re delle corti d'appello e deve essere corredata dell'atto, in originale od in copia autentica, di nomina, dei documenti atti a provare che la nomina stessa è avvenuta secondo le norme che regolano il culto cui il ministro appartiene.

     Qualora il culto non sia, o per erezione dei suoi istituti in ente morale od altrimenti, già noto al governo, debbono essere anche fornite notizie circa la denominazione di esso, i suoi scopi, i suoi riti, i mezzi finanziari dei quali dispone, i nomi degli amministratori, l'autorità ecclesiastica superiore da cui dipende.

 

          Art. 21.

     Gli uffici per gli affari di culto, assunte le altre informazioni necessarie per completare l'istruttoria e sentito il prefetto della provincia in cui il ministro del culto esercita il suo ufficio, trasmettono gli atti al ministro della giustizia e degli affari di culto.

     L'approvazione della nomina è data con decreto del ministro per la giustizia e gli affari di culto.

     Nel caso in cui i seguaci del culto, cui appartiene il ministro di culto che diede l'approvazione della propria nomina, siano nella maggioranza cittadini italiani oppure nel caso in cui al ministro del culto spetti la facoltà di celebrare matrimoni religiosi dei propri fedeli con effetti civili, a termini dell'art. 7 della legge, il ministro del culto deve avere la cittadinanza italiana e saper parlare la lingua italiana.

 

          Art. 22.

     Copia del decreto ministeriale di approvazione della nomina dei ministri di culto è comunicata agli uffici per gli affari di culto presso le procure generali del Re delle corti d'appello, i quali ne trasmettono immediatamente copia all'ufficio dello stato civile del comune in cui il ministro del culto ha la propria residenza per ragione del proprio ufficio.

     Gli atti del proprio ministero compiuti dai ministri di culto sono operativi agli effetti civili dalla data del decreto ministeriale di approvazione della nomina dei ministri medesimi.

 

          Art. 23.

     I genitori, o chi ne fa le veci, i quali non desiderano che sia impartita ai loro figli l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, debbono fare apposita dichiarazione scritta al capo dell'istituto all'inizio dell'anno scolastico.

     Quando il numero degli scolari lo giustifichi e quando per fondati motivi non possa esservi adibito il tempio, i padri di famiglia professanti un culto diverso da quello della religione di Stato possono ottenere che sia messo a loro disposizione qualche locale scolastico per l'insegnamento religioso dei loro figli: la domanda è diretta al provveditore agli studi, il quale, udito il consiglio scolastico, può provvedere direttamente in senso favorevole. In caso diverso e sempre quando lo creda, ne riferisce al ministero dell'educazione nazionale, che decide di concerto con quello della giustizia e degli affari di culto. Nel provvedimento di concessione dei locali si devono determinare i giorni e le ore nei quali l'insegnamento deve essere impartito e le opportune cautele.

 

          Art. 24.

     Quando il numero degli alunni lo giustifichi, gli istituti, eretti in ente morale, dei culti diversi dalla religione dello Stato possono essere autorizzati ad aprire, per i fedeli del rispettivo culto, scuole elementari da considerarsi, a termini delle disposizioni speciali vigenti, a sgravio totale o parziale degli obblighi delle amministrazioni scolastiche e dei comuni.

     Ogni provvedimento in proposito spetta al ministro per l'educazione nazionale, che lo adotterà di concerto con quello per la giustizia e gli affari di culto.

 

          Art. 25.

     L'autorizzazione che l'ufficiale dello stato civile rilascia, a termini dell'art. 8 della legge, al ministro di culto diverso dalla religione dello Stato per la celebrazione di un matrimonio, comprende la facoltà del ministro stesso di delegare, in caso di legittimo impedimento, il ministro di culto che legalmente lo sostituisce nell'ufficio, se però la nomina del medesimo è stata debitamente approvata a sensi dell'art. 3 della legge.

     Nella delega, che deve essere fatta per iscritto, il ministro delegante deve far menzione dell'autorizzazione ricevuta e dell'impedimento sopravvenuto e deve indicare il ministro delegato e la data del provvedimento di approvazione della nomina dello stesso.

     L'atto di delega deve essere allegato all'originale dell'atto di matrimonio da trasmettersi all'ufficiale dello stato civile.

 

          Art. 26.

     Se gli sposi domiciliano e risiedono in comune diverso da quello di residenza del ministro del culto, innanzi al quale intendono celebrare il matrimonio, e si trasferiscono in questo ultimo comune per la celebrazione, l'ufficiale dello stato civile della loro residenza richiede della celebrazione del matrimonio l'ufficiale dello stato civile del comune di residenza dei ministri di culto e l'autorizzazione di cui all'articolo precedente è data da quest'ultimo ufficiale dello stato civile.

     Se, invece, il ministro di culto si trasferisce nel comune del domicilio o della residenza degli sposi per celebrare il matrimonio, l'autorizzazione gli è data dall'ufficiale dello stato civile del comune stesso, dopo che si sarà fatto conoscere al medesimo con la esibizione degli occorrenti documenti e della copia del provvedimento di approvazione della sua nomina, ai sensi dell'art. 3 della legge.

 

          Art. 27.

     La trasmissione dell'originale dell'atto di matrimonio è fatta dal ministro di culto che lo celebra all'ufficiale dello stato civile da cui fu rilasciata la relativa autorizzazione. Della ricezione dell'atto deve essere data assicurazione al mittente.

     Nel caso previsto dal primo comma dell'articolo precedente l'ufficiale dello stato civile che rilasciò l'autorizzazione trasmette copia autentica dell'atto all'ufficiale da cui venne la richiesta.

     Avvenuta la trascrizione dell'atto di matrimonio nel registro dello stato civile, l'ufficiale che vi procedette ne dà notizia, con l'indicazione della data in cui avvenne, al ministro di culto che celebrò il matrimonio.

     In margine dei registri di matrimonio, parte II, serie A, deve prendersi nota della trasmissione di tale notizia.

 

          Art. 28.

     I ministri dei culti ammessi nello Stato non possono rilasciare copie né certificati degli atti di matrimonio celebrati davanti a loro.

 

 

Disposizioni transitorie

 

          Art. 29.

     I templi ed oratorii dei culti diversi dalla religione dello Stato che erano aperti al culto pubblico all'entrata in vigore della legge sull'esercizio dei culti stessi e gli istituti che erano eretti in ente morale sono dispensati dal provvedersi di una nuova autorizzazione o di un nuovo riconoscimento agli effetti civili.

     Agli effetti del ritardo per gli studenti nel soddisfare gli obblighi militari di leva stabilito nell'art. 9, si considerano riconosciuti dallo Stato i collegi rabbinici di Firenze, di Livorno e di Rodi e le facoltà teologiche Valdese, Battista, Metodista Episcopale e Wesleyana di Roma.


[1]  La Corte costituzionale, con sentenza 24 novembre 1958, n. 59, ha dichiarato la illegittimità del presente articolo.

[2]  La Corte costituzionale, con sentenza 24 novembre 1958, n. 59, ha dichiarato la illegittimità del presenta articolo.

[3]  Articolo già sostituito dall'art. 23 del D.P.R. 19 agosto 1954, n. 968 e così ulteriormente sostituito dall'art. 3 della L. 26 febbraio 1982, n. 58.

[4]  Articolo già sostituito dall'art. 24 del D.P.R. 19 agosto 1954, n. 968 e così ulteriormente sostituito dall'art. 4 della L. 26 febbraio 1982, n. 58.