§ 32.1.3 - R.D. 29 gennaio 1931, n. 228.
Approvazione del regolamento sulla liquidazione e concessione dei supplementi di congrua, degli onorari e degli assegni per spese di culto al clero


Settore:Normativa nazionale
Materia:32. Culti e confessioni religiose
Capitolo:32.1 chiesa cattolica
Data:29/01/1931
Numero:228


Sommario
Art. 1.  (art. 37 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)
Art. 2.  (art. 8 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)
Art. 3.      Per la determinazione in denaro delle prestazioni in derrate è fatto obbligo agli investiti di esibire le relative mercuriali rilasciate dall'autorità competente
Art. 4.      Qualora dagli atti di cui alle lettere a), b), c), d) dell'art. 5 del T.U. risultassero rendite non comprese nello stato patrimoniale in quanto fossero cessate, estinte [...]
Art. 5.  (art. 10 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 6 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 6.      L'amministrazione del Fondo per il culto accerta d'ufficio, in base alla media dell'ultimo triennio, l'ammontare delle imposte sui terreni e fabbricati intestati al [...]
Art. 7.  (art. 11 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 10 R.D.L. 2 ottobre 1921, n. 1409)
Art. 8.  (artt. 11 e 12 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 5 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 10 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 9.      Agli effetti dell'applicazione dell'art. 18 del testo unico, devono essere presentati dall'investito
Art. 10.  (art. 14 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 6 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 12 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 11.  (art. 8 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; articoli 15 e 16 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 12.      Le spese per il cattedratico e per il seminaristico, devono essere comprovate con un attestato dell'Ordinario diocesano, o del vicario generale
Art. 13.  (art. 15 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)
Art. 14.  (art. 19 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 15.  (art. 28 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 19 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 16.  (artt. 6, 8 e 9 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 17.  (art. 13 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 18.  (art. 13 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 19.  (artt. 13 e 14 R.D.L. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 20.  (art. 20, lettera c), nn. 1 e 2 R.D. 2 luglio 1922, n. 910; art. 7 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 17 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 21.  (art. 20 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 22.      Il titolare della mensa per ottenere l'ammissione in passivo del fitto dell'episcopio, deve presentare il documento di cui al precedente art. 10, contenente le notizie [...]
Art. 23.  (art. 20, lettera d) e art. 25 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 24.  (art. 20, lettera d), e art. 25, comma 2° , R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 25.      L'ammissione delle spese di riscossione, di cui all'art. 50 del T.U., ha luogo sulla presentazione di un elenco delle prestazioni in generi e derrate, o di quelle in [...]
Art. 26.  (art. 20 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 27.      Nel caso di più diocesi unite, il titolare deve esibire per ogni mensa gli stati contenenti la situazione patrimoniale attiva e passiva, corredati dei documenti [...]
Art. 28.  (art. 27 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 29.      Agli effetti della concessione del supplemento di congrua fino al limite di lire 6000, sono tenuti a presentare la relativa domanda soltanto i titolari delle parrocchie [...]
Art. 30.      In difetto della dichiarazione annuale di cui all'art. 59 del T.U., si intende confermata la dichiarazione dell'anno precedente
Art. 31.  (art. 38 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)
Art. 32.  (art. 38 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)
Art. 33.      L'intestazione degli assegni di cui all'art. 61 del T.U. ai titolari di qualsiasi beneficio od ente, viene effettuata con le stesse modalità stabilite per i supplementi [...]
Art. 34.      La richiesta di sussidi da parte del clero sardo, redatta in carta semplice, deve essere diretta al Ministero della Giustizia e degli Affari di culto (Direzione Generale [...]
Art. 35.  (art. 23 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 11 R.D. 2 ottobre 1921, n. 1409)
Art. 36.  (artt. 24, 25 e 26 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)
Art. 37.      L'accordo di cui agli artt. 6 e 65 della legge è sottoscritto dall'interessato e dal funzionario delegato a rappresentare l'amministrazione, previo accertamento [...]
Art. 38.  (art. 32 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 31 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 39.  (art. 2 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)
Art. 40.  (art. 1 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 2 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 41.      La domanda da presentarsi dagli eredi dell'investito ai sensi dell'art. 74, comma 1°, del T.U., deve essere redatta su carta bollata e corredata dai documenti [...]
Art. 42.  (art. 22 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 43.  (art. 22 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 44.  (art. 29 e 34 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; artt. 9, 14 e 21 R.D. 2 luglio 1972, n. 910)
Art. 45.  (art. 30 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 14 R.D. 2 ottobre 1921, n. 1409; artt. 9, 14 e 21 R.D. 2 luglio 1922, n. 910; art. 11, R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 46.  (art. 35 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 12 R.D. 2 luglio 1922, n. 910; art. 11 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)
Art. 47.      Agli effetti dell'applicazione dell'art. 88 del T.U., l'investito deve esibire una dichiarazione personale dell'Ordinario diocesano o del vicario generale, la quale [...]
Art. 48.      Per ottenere la modificazione delle liquidazioni di congrua in dipendenza dell'effettiva cessazione della riscossione delle decime sacramentali, i nuovi investiti devono [...]
Art. 49.      Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie al presente regolamento


§ 32.1.3 - R.D. 29 gennaio 1931, n. 228.

Approvazione del regolamento sulla liquidazione e concessione dei supplementi di congrua, degli onorari e degli assegni per spese di culto al clero

(G.U. 24 marzo 1931, n. 68)

 

 

 

     Art. unico.

     È approvato il testo unico, allegato al presente decreto, firmato, d'ordine nostro, dal Ministro guardasigilli, segretario di Stato per la giustizia e per gli affari di culto, portante il titolo: "Regolamento sulla liquidazione e concessione dei supplementi di congrua, degli onorari e degli assegni per spese di culto al clero".

 

Regolamento sulla liquidazione e concessione dei supplementi di congrua, degli onorari e degli assegni per spese di culto al clero.

 

Capo I

 

Assegni supplementari di congrua ed assegni per spese di culto a favore dei parroci.

 

     Art. 1. (art. 37 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)

     La domanda da presentarsi dagli investiti per la concessione dell'assegno supplementare di congrua, deve essere redatta su carta bollata e corredata dei seguenti documenti in carta libera:

     a) bolla di nomina, in originale od in copia autentica;

     b) decreto di r. placet o di r. exequatur, in originale od in copia autentica, per le nomine munite di civile riconoscimento anteriormente al 7 giugno 1929, fatta eccezione per le parrocchie appartenenti a sedi suburbicarie;

     c) certificato del podestà, constatante il numero legale, attuale e permanente della popolazione della parrocchia. Per le parrocchie aventi meno di 200 abitanti devono risultare dallo stesso certificato le circostanze di luoghi e di comunicazioni di cui all'art. 2 del testo unico;

     d) uno stato indicante la situazione patrimoniale attiva e passiva del beneficio, compresi i proventi casuali, al 1° luglio 1920, per le parrocchie provviste di titolare a quella data, o altrimenti alla data di nomina del nuovo investito, nonché le variazioni e trasformazioni avvenute successivamente per cause permanenti nell'asse patrimoniale del beneficio. La situazione deve essere datata e firmata dall'investito e vidimata e confermata dall'ufficio per gli affari di culto di cui alla L. 27 maggio 1929, n. 848, e se fanno parte del beneficio beni immobili dati in fitto, dovrà fare cenno dei relativi contratti con l'indicazione delle corrisposte annuali;

     e) verbale di immissione in possesso o di consegna delle temporalità beneficiarie, se già compilato, od estratto autentico del medesimo, con l'indicazione delle rendite e delle spese.

 

          Art. 2. (art. 8 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)

     Fra gli assegni di cui all'art. 3 del testo unico, sono compresi anche quelli che siano destinati al mantenimento del coadiutore, a provvedere alle spese di culto, o all'adempimento di determinati oneri.

 

          Art. 3.

     Per la determinazione in denaro delle prestazioni in derrate è fatto obbligo agli investiti di esibire le relative mercuriali rilasciate dall'autorità competente.

 

          Art. 4.

     Qualora dagli atti di cui alle lettere a), b), c), d) dell'art. 5 del T.U. risultassero rendite non comprese nello stato patrimoniale in quanto fossero cessate, estinte o divenute inesigibili, gli investiti sono tenuti a presentare in originale o in copia autentica i relativi documenti che lo comprovino, o quanto meno un certificato dell'ufficio per gli affari di culto che attesti l'esistenza dei documenti stessi, con specifico loro richiamo, e, con indicazione dei motivi della cessazione, estinzione o inesigibilità.

 

          Art. 5. (art. 10 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 6 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Le passività patrimoniali devono essere giustificate con la produzione in originale, od in copia autentica, dei titoli costitutivi, o degli atti di ricognizione, o di altri equipollenti, nonché mediante la presentazione di una dichiarazione, da rilasciarsi dal creditore, dalla quale risulti che il debito è tuttora esistente.

     È in facoltà dell'amministrazione di non richiedere l'esibizione del titolo, quando l'esistenza della passività sia stata già accertata agli effetti fiscali.

     Anche in questo caso però deve essere prodotta la dichiarazione di sussistenza da rilasciarsi come sopra dal creditore.

     Le prestazioni passive corrisposte in generi, o derrate devono essere calcolate in una somma in danaro in base alla mercuriale, come al precedente art. 3.

 

          Art. 6.

     L'amministrazione del Fondo per il culto accerta d'ufficio, in base alla media dell'ultimo triennio, l'ammontare delle imposte sui terreni e fabbricati intestati al beneficio di cui ai primi due comma dell'art. 12 del T.U. Qualora però il beneficio sia gravato d'imposte sopra immobili inscritti in catasto a nome di altro ente o sotto diversa denominazione, spetta all'investito di esibire le cartelle esattoriali, o le bollette di pagamento, per mettere in grado l'amministrazione di eseguire gli opportuni accertamenti.

     Gli altri contributi di cui al comma 2° del citato articolo devono essere comprovati dagli investiti, con la esibizione dei certificati da rilasciarsi dai consorzi, o altri competenti uffici constatanti l'ammontare dei contributi medesimi pagati nell'ultimo triennio senza diritto a rivalsa.

     L'imposta di ricchezza mobile pagata dagli investiti mediante ritenuta sopra assegni corrisposti dal comune o da altri enti morali, deve essere comprovata con la esibizione di appositi certificati da rilasciarsi dai detti enti.

 

          Art. 7. (art. 11 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 10 R.D.L. 2 ottobre 1921, n. 1409)

     Le spese per la quota di concorso e per il premio di assicurazione contro i danni dell'incendio e del fulmine devono essere giustificate dall'investito con la esibizione, rispettivamente, delle quietanze rilasciate dai competenti uffici, e con la polizza di assicurazione, in originale od in copia autentica.

     Nel premio anzidetto non viene tenuto conto della quota di assicurazione riguardante la chiesa e la sagrestia, i parati sacri, gli oggetti d'arte e i mobili esistenti nella chiesa, nella sagrestia e nella canonica.

 

          Art. 8. (artt. 11 e 12 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 5 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 10 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     La spesa per i vice parroci, coadiutori e cappellani deve essere dimostrata dall'investito con l'esibizione dei seguenti documenti in originale od in copia autentica:

     1° gli eventuali decreti, o provvedimenti dell'autorità ecclesiastica, civilmente riconosciuti, con cui fu imposto il coadiutore;

     2° la dichiarazione personale dell'ordinario diocesano, nonché quella dell'ufficio per gli affari di culto, indicanti:

     a) se l'onere sia effettivamente, ed in quale misura, a carico del beneficio, o di altre istituzioni ecclesiastiche, o laicali, o del comune, o del patrono;

     b) se il vice parroco, coadiutore, o cappellano vi sia stato ininterrottamente dalla data del decreto, o provvedimento di cui sopra, e per le parrocchie in chiese già collegiate, ricettizie o comunie, se vi sia stato dal decesso dell'ultimo partecipante, o da quando i membri di dette chiese siano divenuti inabili al servizio coadiutoriale;

     c) se a loro parere non sia venuta meno la necessità della funzione, avuto riguardo alla popolazione della parrocchia, all'estensione del suo territorio, e alla difficoltà delle comunicazioni;

     3° l'elenco dei coadiutori che cronologicamente hanno prestato servizio, con l'indicazione delle cause delle eventuali interruzioni, rilasciato dalla curia vescovile e confermato dall'ufficio per gli affari di culto.

     Nel caso di coadiutori nominati per le speciali esigenze derivanti dalla diversità della lingua localmente in uso, occorre solo l'esibizione dei documenti comprovanti che le autorità civili ed ecclesiastiche ne abbiano riconosciuta la necessità.

     Per l'ammissione della spesa per i vice parroci, coadiutori e cappellani, la condizione della continuità può ritenersi sussistente se la vacanza dell'ufficio siasi verificata per breve tempo e sia stata determinata soltanto da momentanea mancanza di sacerdoti.

 

          Art. 9.

     Agli effetti dell'applicazione dell'art. 18 del testo unico, devono essere presentati dall'investito:

     1° una situazione firmata dal vice parroco, coadiutore o cappellano e confermata dall'ufficio per gli affari di culto, indicante l'ammontare delle rendite e delle spese del beneficio di cui è investito, l'assegno che riceve da altri enti e la suppletiva retribuzione che riceve dal parroco;

     2° l'eventuale atto costitutivo del beneficio coadiutoriale, in originale od in copia autentica;

     3° la dichiarazione personale dell'ordinario diocesano e quella dell'ufficio predetto, indicanti gli estremi di cui al n. 2, lettere a), b), c) dell'articolo precedente;

     4° l'elenco dei coadiutori di cui al n. 3 del precedente articolo.

 

          Art. 10. (art. 14 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 6 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 12 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Per l'ammissione della spesa per indennità di alloggio di cui all'art. 19 del testo unico l'investito deve esibire un certificato dell'autorità municipale dal quale risulti:

     a) che la parrocchia è priva di casa canonica, o che quella esistente non è abitabile e non può essere resa tale neppure con restauri;

     b) che non vi sono persone o enti obbligati a provvedere l'investito di abitazione;

     c) quale sia la spesa occorrente per il fitto di una casa adatta allo scopo in base alla media dei prezzi locali al 1° luglio 1920, per i benefici provvisti di titolare a quella data, o altrimenti alla data di nomina del nuovo investito;

     d) quale sia la popolazione del comune secondo l'ultimo censimento ufficiale.

 

          Art. 11. (art. 8 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; articoli 15 e 16 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     L'esistenza degli oneri religiosi, pesi di culto, legati pii e simili, deve essere dimostrata con l'esibizione dei titoli costitutivi e se del caso anche di quelli susseguenti, che facciano fede del passaggio dell'onere a carico delle rendite possedute dall'ente, in copia o estratto autentico della parte essenziale; ovvero dei documenti validi a comprovare che l'onere sia stato riconosciuto e ammesso come sussistente agli effetti fiscali; o infine con le copie dei certificati di rendita pubblica autenticate dall'ufficio per gli affari di culto, sempre che sui certificati stessi esista annotazione di vincolo per l'adempimento dell'onere.

     Allorché siasi verificata la distruzione del titolo costitutivo per causa di forza maggiore, da comprovarsi con certificato dell'autorità competente, e non sia possibile dimostrare l'esistenza dell'onere con gli altri modi di cui sopra, la prova di tale esistenza può essere data anche con equipollenti quali gli estratti dei registri parrocchiali, le tabelle di sagrestia, gli atti di sacra visita e documenti simili, purché contengano incontestabilmente sufficienti elementi di identificazione dei singoli oneri e delle rendite attualmente gravate e siano certificati conformi da competente autorità.

     In ogni caso, oltre ai documenti di cui sopra, deve essere esibito un attestato personale dell'Ordinario diocesano o del vicario generale, dal quale risulti:

     a) la data ed il rogito del titolo di costituzione o fondazione di ciascun onere, o legato;

     b) che non sia intervenuto provvedimento ecclesiastico di riduzione o dispensa, e che l'investito del beneficio adempie effettivamente all'onere di cui trattasi;

     c) quali siano attualmente i cespiti gravati da ciascun legato compresi fra le attività beneficiarie, e per quale importo netto;

     d) l'ammontare della spesa per ogni legato al 1° luglio 1920 quando si tratti di enti provvisti di titolare a quella data, o altrimenti alla data di nomina del nuovo investito.

 

          Art. 12.

     Le spese per il cattedratico e per il seminaristico, devono essere comprovate con un attestato dell'Ordinario diocesano, o del vicario generale.

     Per quanto riguarda il seminaristico, occorre inoltre la esibizione, in originale od in copia autentica, dei decreti o provvedimenti dell'autorità ecclesiastica, civilmente riconosciuti, relativi alla imposizione dell'onere e, in difetto, la dichiarazione dell'Ordinario diocesano o del vicario generale che il seminaristico è corrisposto per antica consuetudine anteriore al 13 maggio 1871.

 

          Art. 13. (art. 15 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)

     Fra gli oneri che si identificano con i fini dell'ente ai sensi della lett. b) dell'art. 23 del T.U., sono compresi quelli per la celebrazione della messa pro populo, per l'amministrazione dei sacramenti, per la predicazione, per l'insegnamento della dottrina cristiana, per il prelevamento degli oli santi e per la sacra visita, anche se derivanti da speciali lasciti e legati le cui rendite siano comprese fra le attività.

     Sono considerate di carattere personale dell'investito ai sensi della lett. c) del succitato articolo anche le spese inerenti ai pranzi in occasione di festività, alla cavalcatura e ad altri mezzi di locomozione.

 

          Art. 14. (art. 19 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Le spese di culto, o per il servizio della chiesa, per le quali, a' sensi dell'art. 25 del testo unico, può essere concesso in parte il corrispondente assegno sono esclusivamente le seguenti:

     a) provviste di cera, olio, ostie, vino, incenso, palme, combustibile e illuminazione ordinaria;

     b) retribuzioni al sagrestano e al campanaro;

     c) spese per manutenzione della biancheria.

     Per determinare la differenza di cui al 2° comma dell'art. 24 del T.U. deve essere tenuto conto esclusivamente, in base alla media del triennio di cui all'articolo seguente, delle rendite patrimoniali degli enti o corpi morali, detratte le imposte, oneri e legati pii inerenti alle rendite stesse nonché le spese ordinarie di manutenzione degli edifici, provviste e riparazione di arredi sacri, e le altre spese ordinarie aventi una designazione specifica diversa da quelle indicate nel primo comma del presente articolo.

 

          Art. 15. (art. 28 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 19 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Agli effetti della concessione dell'assegno per spese di culto e per il servizio della chiesa, l'investito deve produrre:

     1° una dichiarazione da lui sottoscritta e confermata dall'ufficio per gli affari di culto, indicante se vi siano privati, enti o corpi morali che provvedano, o siano eventualmente obbligati a provvedere, in tutto o in parte alle spese suddette; 2° un conforme attestato dell'autorità comunale; 3° la copia autentica dei conti consuntivi relativi agli enti eventualmente tenuti a provvedere in tutto o in parte alle spese di culto per gli anni 1918-1919-1920 per i benefici provvisti di titolare al 1° luglio 1920, o altrimenti per il triennio anteriore alla data di nomina del nuovo investito.

     Nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 25 del testo unico l'investito, oltre ai documenti di cui sopra, deve esibire anche quelli necessari per l'accertamento del reddito netto beneficiario.

 

Capo II

 

Assegni supplementari di congrua ed assegni per spese di culto a favore dei vicari e cappellani curati autonomi e indipendenti.

 

          Art. 16. (artt. 6, 8 e 9 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Ai fini della concessione del supplemento di congrua, i vicari ed i cappellani curati devono esibire i seguenti documenti, oltre quelli indicati nel Capo I:

     1° copia od estratto autentico dell'atto, di fondazione della vicaria o della cappellania curata;

     2° attestato dell'Ordinario diocesano o del vicario generale dal quale risulti:

     a) che la vicaria o la cappellania curata abbia circoscrizione territoriale propria:

     b) che il vicario o il cappellano eserciti tutte le funzioni parrocchiali con autonomia e indipendenza, oppure quali funzioni non possa esercitare, o per esercitarle debba essere superiormente autorizzato e per quali ragioni.

 

Capo III

 

Assegni supplementari di congrua a favore dei canonici e beneficiati minori dei capitoli cattedrali.

 

          Art. 17. (art. 13 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Per la concessione del supplemento di congrua ai canonici e beneficiati minori delle chiese cattedrali, ciascun capitolo deve trasmettere all'amministrazione del Fondo per il culto:

     1° un prospetto approvato con deliberazione capitolare, confermato dall'Ordinario diocesano, o dal vicario generale, nonché dall'ufficio per gli affari di culto, contenente le seguenti indicazioni:

     a) composizione del capitolo al 1° luglio 1920, secondo i titoli di fondazione, o erezione, o gli statuti che dovranno essere indicati e, occorrendo, esibiti in copia od in estratto autentico su carta libera;

     b) cognome, nome e qualifica dei singoli investiti al 1° luglio 1920, con la data, secondo il caso, della bolla di nomina e del r. placet, o exequatur. Qualora alcuno di essi fosse cessato dall'ufficio dopo il 1° luglio 1920, deve esserne precisata la data e la causa, e inoltre se e da chi sia stato costituito e la data della relativa bolla di nomina e dell'eventuale riconoscimento civile;

     2° le domande di ciascun investito, in carta bollata;

     3° le rispettive bolle di nomina, in originale od in copia autentica;

     4° i relativi decreti di placet od exequatur in originale, o in copia autentica, per le nomine munite di riconoscimento civile anteriormente all'entrata in vigore della L. 27 maggio 1929, n. 810, fatta eccezione per i canonici e beneficiati minori delle chiese cattedrali nelle sedi suburbicarie.

 

          Art. 18. (art. 13 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Ai fini dell'accertamento delle sue rendite, ciascun capitolo deve presentare:

     1° la situazione patrimoniale attiva e passiva delle singole masse capitolari, in base alla media del triennio 1918-1919-1920, comprese quelle destinate all'adempimento dei legati ed oneri di culto; nonché il riparto delle quote di partecipazione dovute ad ogni singolo investito;

     2° uguale situazione della massa destinata alle distribuzioni corali, secondo la media del triennio anzidetto; nonché il riparto delle quote di partecipazione secondo gli statuti capitolari, senza riguardo alle somme effettivamente in più o in meno riscosse da ciascuno durante il triennio, in relazione alla effettiva frequenza al coro.

     Qualora esistano separate prebende per ciascun canonicato o beneficio minore, devono essere esibite anche le relative situazioni attive e passive al 1° luglio 1920 per i canonicati e benefici provvisti di titolari a quella data, o altrimenti alla data di nomina del nuovo investito.

     Tali situazioni devono essere approvate e confermate dalle autorità indicate nell'articolo precedente e devono essere corredate:

     a) dell'elenco delle singole rendite delle masse, distinte secondo la natura di esse;

     b) dell'elenco delle varie passività e spese gravanti su ciascuna massa.

 

          Art. 19. (artt. 13 e 14 R.D.L. 2 luglio 1922, n. 910)

     L'esistenza degli oneri religiosi, pesi di culto, legati pii e simili e l'importo della relativa spesa devono essere comprovati con la esibizione dei documenti indicati nel precedente art. 11.

     Nel determinare la somma da ammettersi con criterio discrezionale, ai sensi dell'art. 36 del T.U., per i legati pii gravanti sulla rendita globale rimasta al capitolo cattedrale dopo l'applicazione delle LL. 15 agosto 1867, n. 3848, 11 agosto 1870, n. 5781, alleg. P, e 19 giugno 1973, n. 1402, art. 25, si deve aver riguardo, entro i limiti consentiti dallo stesso art. 36, all'importo eventualmente accertato ed ammesso per detti legati dal Demanio dello Stato in sede di applicazione delle leggi di cui sopra, nonché alle successive variazioni delle rendite del capitolo ed agli eventuali provvedimenti ecclesiastici di riduzione o dispensa.

 

          Art. 20. (art. 20, lettera c), nn. 1 e 2 R.D. 2 luglio 1922, n. 910; art. 7 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 17 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Agli effetti della determinazione del concorso alle spese di culto, ufficiatura e manutenzione ordinaria alla cattedrale, occorre che sia esibito un attestato del Vescovo o del vicario generale, nonché del capo del capitolo, confermato dall'ufficio per gli affari di culto, dal quale risulti:

     1° se esista sagrestia, fabbriceria, opera, maramma o altro ente o fondazione che provveda alle spese di manutenzione, culto o ufficiatura della cattedrale e nel caso affermativo in quale misura abbia contribuito per ciascun genere di spesa, nel triennio 1918-1919-1920;

     2° se ed in qual misura vi abbia provveduto o contribuito nel triennio medesimo la mensa vescovile;

     3° quale sia stato nello stesso triennio l'importo effettivo della spesa sostenuta obbligatoriamente dal capitolo nel caso di inesistenza degli enti suddetti, o di insufficienza del reddito posseduto dai medesimi.

     Nel determinare l'accennato concorso devesi tener conto inoltre della somma che per lo stesso titolo sia stata detratta dalle rendite nella liquidazione del supplemento di congrua al titolare della diocesi, ai sensi del successivo art. 27.

 

Capo IV

 

Assegni supplementari di congrua a favore dei vescovi ed arcivescovi, prelati ed abati con piena giurisdizione vescovile.

 

          Art. 21. (art. 20 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     A corredo della domanda, in carta bollata, per la concessione del supplemento di congrua, il titolare della mensa deve unire i documenti di cui alle lettere a), b), d), ed e) dell'art. 1, coll'indicazione dell'ammontare dei cattedratici.

 

          Art. 22.

     Il titolare della mensa per ottenere l'ammissione in passivo del fitto dell'episcopio, deve presentare il documento di cui al precedente art. 10, contenente le notizie accennate alle lettere a) e b).

 

          Art. 23. (art. 20, lettera d) e art. 25 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Per l'ammissione fra le spese del compenso dovuto al vicario generale, il titolare della mensa deve produrre uno stato indicante l'ammontare dell'annuo introito, e le speciali erogazioni degli emolumenti di curia, in base alla media del triennio 1918-1919-1920 per le mense provviste di titolare al 1° luglio 1920, o altrimenti del triennio anteriore alla data di nomina del nuovo investito.

     Ove ricorra il caso di cui al 2° comma dell'art. 48 del T.U., deve essere esibito lo stato predetto distintamene per ciascuna delle diocesi perpetuamente unite.

 

          Art. 24. (art. 20, lettera d), e art. 25, comma 2° , R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Nel riconoscere se ed in quale misura debba ammettersi nel passivo la spesa per il segretario, ai sensi dell'art. 49 del T.U., devesi aver riguardo alla importanza della sede della diocesi, alla sua estensione, popolazione e viabilità ed agli emolumenti di curia di cui all'articolo precedente.

 

          Art. 25.

     L'ammissione delle spese di riscossione, di cui all'art. 50 del T.U., ha luogo sulla presentazione di un elenco delle prestazioni in generi e derrate, o di quelle in danaro esigibili fuori della sede della mensa, nonché di un attestato dell'Ordinario diocesano, o del vicario generale, dal quale risulti che la mensa abbia effettivamente un esattore retribuito, ed in qual misura.

     I detti due documenti devono essere confermati dall'ufficio per gli affari di culto.

 

          Art. 26. (art. 20 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Per la determinazione della somma da ammettersi fra le passività per concorso alle spese di predicazione, ufficiatura e manutenzione ordinaria della cattedrale l'investito deve esibire una dichiarazione propria, o del vicario generale, nonché un attestato del capo del capitolo confermati dell'ufficio degli affari di culto, da cui risulti:

     1° se esista sagrestia, fabbriceria, opera, maramma, o altro ente, o fondazione che provveda alle spese di manutenzione, culto o ufficiatura della cattedrale, e nel caso affermativo, in quale misura abbia contribuito, per ciascun genere di spesa, nel triennio di cui all'art. 23;

     2° se ed in quale misura vi abbia provveduto, o contribuito nel triennio medesimo il capitolo della cattedrale;

     3° quale sia stato, nello stesso triennio, l'importo effettivo della spesa sostenuta obbligatoriamente dal Vescovo, nel caso di inesistenza degli enti suddetti, o di insufficienza dei redditi posseduti dai medesimi;

     4° quale somma sia stata erogata per la predicazione.

     Nel determinare l'accennato concorso devesi tener conto inoltre del compenso che sia stato ammesso fra le passività nella liquidazione del supplemento di congrua ai componenti il capitolo cattedrale, a norma del precedente art. 20.

 

          Art. 27.

     Nel caso di più diocesi unite, il titolare deve esibire per ogni mensa gli stati contenenti la situazione patrimoniale attiva e passiva, corredati dei documenti accennati nei precedenti articoli.

 

          Art. 28. (art. 27 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Nell'ipotesi prevista dall'art. 54 del T.U. il titolare della mensa, per la concessione degli assegni parrocchiali, deve produrre i documenti richiesti dal Capo I.

 

Capo V

 

Assegni supplementari di congrua a favore dei parroci del territorio di Roma e dei canonici e beneficiati minori delle collegiate.

 

          Art. 29.

     Agli effetti della concessione del supplemento di congrua fino al limite di lire 6000, sono tenuti a presentare la relativa domanda soltanto i titolari delle parrocchie del comune di Roma non contemplate dalla L. 19 giugno 1873, n. 1402.

 

          Art. 30.

     In difetto della dichiarazione annuale di cui all'art. 59 del T.U., si intende confermata la dichiarazione dell'anno precedente.

 

 

Capo VI

 

Assegni per indennità di decime. Assegni, compensi e sussidi al clero di Sardegna.

 

          Art. 31. (art. 38 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)

     I ministri del culto aventi individualmente cura di anime, ai quali sia dovuto il compenso delle abolite decime sacramentali a termini dell'art. 60, comma 1°, del T.U., devono farne domanda all'amministrazione del Fondo per il culto, corredata dei documenti indicati nei Capi I, II e IV, nonché un certificato personale del Vescovo o del vicario generale confermato dall'ufficio per gli affari di culto, comprovante la natura sacramentale delle decime e il relativo ammontare nel momento in cui ne è cessata l'effettiva riscossione.

     Qualora le decime abolite fossero state corrisposte in generi o derrate, deve essere anche esibito l'estratto della mercuriale per il triennio anteriore alla data della cessazione della loro riscossione.

 

          Art. 32. (art. 38 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)

     I comuni, al fine di ottenere il disgravio di cui all'art. 60, comma 2° e 3°, del T.U., devono provare trattarsi di assegni posti a loro carico con antiche disposizioni, in surrogazione di decime abolite, mediante la esibizione, in originale od in copia autentica, degli estratti degli antichi stati discussi e bilanci comunali, delle relative deliberazioni delle università, e dei decurionati e di altri documenti equipollenti.

     L'amministrazione del Fondo per il culto accerta d'ufficio le rendite e le spese della mensa vescovile o del beneficio curato, cui gli assegni sopraccennati sono dovuti, per determinare, ai fini della liquidazione del supplemento di congrua, se ed in qual misura debba assumerli a proprio carico, fino al rispettivo limite di lire 6000 e di lire 800, tenuto conto della rendita netta della mensa e del beneficio curato.

 

          Art. 33.

     L'intestazione degli assegni di cui all'art. 61 del T.U. ai titolari di qualsiasi beneficio od ente, viene effettuata con le stesse modalità stabilite per i supplementi di congrua.

     L'intestazione degli assegni a favore dei reggenti è fatta in base alla dichiarazione della curia vescovile comprovante la nomina o la cessazione del precedente assegnatario da prodursi pel tramite dell'Intendenza di Finanza, che la trasmette all'amministrazione del Fondo per il culto assieme alla situazione partitaria del relativo conto corrente.

     La concessione di compensi ai supplenti dei vice parroci viene effettuata su domanda dell'interessato redatta su carta da bollo, munita della conferma della curia vescovile relativamente alle funzioni da lui esercitate.

     Gli assegni a favore del clero sardo vengono pagati per gli attuali investiti a rate trimestrali posticipate alle scadenze del 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 31 dicembre di ogni anno, e per i futuri investiti a rate semestrali posticipate alle scadenze del 31 marzo e 30 settembre.

 

          Art. 34.

     La richiesta di sussidi da parte del clero sardo, redatta in carta semplice, deve essere diretta al Ministero della Giustizia e degli Affari di culto (Direzione Generale del Fondo per il culto).

     Gli assegni per spese di culto vengono concessi agli investiti pro tempore dei vari benefici e sono dovuti, durante la vacanza, a coloro che dimostrino, mediante conforme certificato della curia vescovile, di avere esercitate le funzioni ecclesiastiche inerenti ai benefici stessi. Il loro pagamento viene effettuato alle scadenze di cui all'articolo precedente.

 

Capo VII

 

Notifica delle liquidazioni. Reclami al consiglio di amministrazione. Accordo. Azione giudiziaria.

 

          Art. 35. (art. 23 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 11 R.D. 2 ottobre 1921, n. 1409)

     La notifica della liquidazione di cui all'art. 63 del T.U. ha luogo, dopo che il decreto di approvazione sia stato registrato dalla Corte dei conti, mediante consegna all'investito di un esemplare della liquidazione medesima fatta dall'inserviente o dal messo comunale, il quale ritira la ricevuta, e ne cura la trasmissione all'amministrazione del Fondo per il culto non oltre i 5 giorni dalla presentazione.

     Se l'investito non può, o non vuole firmare, il messo fa nella propria relazione espressa dichiarazione della causa della mancanza di firma del consegnatario.

     Insieme ad una copia della liquidazione il messo deve rilasciare all'investito anche un esemplare della relazione di notifica.

 

          Art. 36. (artt. 24, 25 e 26 Reg. 25 agosto 1899, n. 350)

     Il reclamo, redatto su carta bollata e corredato dei documenti opportuni, deve essere presentato al procuratore del registro del distretto od al podestà locale, che ne rilasciano ricevuta, e ne curano la trasmissione all'amministrazione del Fondo per il culto non oltre i 5 giorni dalla presentazione.

     Agli effetti della prova della tempestività del reclamo, l'interessato deve esibire la ricevuta anzidetta.

     Se il reclamo è accolto, in tutto o in parte, dal consiglio di amministrazione si procede alla conseguente rettifica della liquidazione con un nuovo decreto, partecipandone, dopo la registrazione da parte della Corte dei conti, le risultanze all'investito.

     Se il reclamo viene invece respinto dal consiglio medesimo, ne è dato avviso al reclamante con succinta comunicazione dei motivi del rigetto.

 

          Art. 37.

     L'accordo di cui agli artt. 6 e 65 della legge è sottoscritto dall'interessato e dal funzionario delegato a rappresentare l'amministrazione, previo accertamento dell'identità personale del primo.

     Esso però non è vincolato per l'amministrazione fino a che la liquidazione relativa non sia stata approvata con decreto registrato dalla Corte dei conti.

 

Capo VIII

 

Pagamento degli assegni durante la vacanza del beneficio e riattivazione degli assegni a favore del nuovo investito.

 

          Art. 38. (art. 32 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 31 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Gli uffici per gli affari di culto devono dare sollecita notizia all'amministrazione del Fondo per il culto, della data e della causa delle vacanze dei benefici, nonché delle nomine dei nuovi investiti appena siano produttive di effetti civili, ai sensi dell'art. 2 della L. 27 maggio 1929, n. 848.

 

Capo IX

 

Assegni per onorario e spese di culto agli economi spirituali.

 

          Art. 39. (art. 2 R.D. 2 luglio 1922, n. 910)

     Gli economi spirituali di parrocchie non congruate debbono trasmettere all'amministrazione del Fondo per il culto apposita domanda, su carta bollata, corredata dai seguenti documenti in carta libera:

     a) bolla di nomina, e se placitata anteriormente al 7 giugno 1929, il r. placet in originale od in copia autentica;

     b) una dichiarazione dell'ufficio per gli affari di culto da cui risulti, a secondo dei casi, la data e la causa della vacanza del beneficio, cioè se per rinunzia, trasferimento, promozione o decesso del titolare, oppure la data della cessazione dall'ufficio dell'economo spirituale predecessore di colui che presenta la domanda e la data in cui questi ha assunto la reggenza del beneficio;

     c) uno stato attivo e passivo, da rilasciarsi dall'ufficio di cui sopra, contenente la situazione patrimoniale del beneficio all'atto della vacanza.

     L'amministrazione del Fondo per il culto sulla base dello stato di cui alla lettera c), accerta il reddito netto beneficiario, richiedendo, ove ne sia il caso, i documenti di cui al Capo I.

 

          Art. 40. (art. 1 R.D.L. 28 febbraio 1924, n. 354; art. 2 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Per le parrocchie già congruate, gli assegni sono concessi agli economi spirituali anche di ufficio, quando l'amministrazione sia in possesso degli elementi all'uopo necessari.

 

 

Capo X

 

Disposizioni generali.

 

          Art. 41.

     La domanda da presentarsi dagli eredi dell'investito ai sensi dell'art. 74, comma 1°, del T.U., deve essere redatta su carta bollata e corredata dai documenti comprovanti la qualità ereditaria.

 

          Art. 42. (art. 22 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Gli uffici per gli affari di culto debbono dare notizia all'amministrazione del Fondo per il culto di tutti i cambiamenti e trasformazioni nel patrimonio beneficiario di enti aventi diritto a supplemento di congrua, di volta in volta che dette variazioni si verifichino.

     Gli investiti che intendano avvalersi della facoltà loro conferita dall'art. 77 del testo unico possono farne richiesta mediante documentata domanda all'amministrazione del fondo per il culto.

     Alle modifiche delle relative liquidazioni, questa provvede con decreto da registrarsi alla Corte dei conti salvo l'eventuale reclamo al consiglio di amministrazione.

 

          Art. 43. (art. 22 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Gli uffici per gli affari di culto debbono inviare all'amministrazione del Fondo per il culto una copia dello stato attivo e passivo dei benefici congruati, ogni qual volta avvenga la consegna dei relativi beni in caso di vacanza.

     Sono inoltre tenuti ad inviare all'amministrazione predetta un estratto degli atti legali venuti a loro conoscenza, dai quali risulti un aumento del reddito dei benefici.

     Fino a che non avrà effetto la nuova liquidazione compilata in conseguenza della revisione generale di cui all'art. 78 del T.U., viene corrisposto l'assegno già concesso con la liquidazione precedente, salvo il disposto dell'art. 69 del T.U.

 

          Art. 44. (art. 29 e 34 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; artt. 9, 14 e 21 R.D. 2 luglio 1972, n. 910)

     Eseguita la liquidazione del supplemento di congrua, in base alla medesima è provveduto alla inscrizione nel ruolo delle spese fisse della partita al nome dell'investito per il pagamento dell'assegno supplementare, salve le variazioni e le compensazioni che occorressero, dopo che la liquidazione sarà divenuta definitiva.

     Il pagamento degli assegni supplementari di congrua, compresi gli assegni al clero sardo, degli assegni in compenso delle spese di culto e degli assegni dovuti agli economi spirituali, di cui al testo unico approvato con R.D. 29 gennaio 1931, n. 227, e successive modificazioni, nonché della indennità integrativa speciale, di cui all'art. 45 della L. 26 luglio 1974, n. 343, e successive modificazioni, è effettuato a rate mensili posticipate, che scadono il giorno 25 di ciascun mese. La rata del mese di dicembre scade il giorno 20 [1] .

     Gli assegni dovuti agli economi spirituali sono pagati invece a rate trimestrali posticipate alle scadenze del 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 31 dicembre di ogni anno.

 

          Art. 45. (art. 30 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 14 R.D. 2 ottobre 1921, n. 1409; artt. 9, 14 e 21 R.D. 2 luglio 1922, n. 910; art. 11, R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13) [2]

     Per ottenere il pagamento di ciascuna rata semestrale, l'investito deve far pervenire alla sezione tesoro della Intendenza di Finanza della provincia il certificato comprovante essere egli tuttora in possesso del beneficio e di avere esercitate le funzioni del proprio ufficio.

     Tale certificato, in data non anteriore alla scadenza della rata da pagarsi, è rilasciato ed autenticato col proprio suggello dalla curia diocesana sul modulo fornito dall'amministrazione del Fondo per il culto.

     Nel caso in cui nella liquidazione di congrua siasi tenuto conto della spesa per il mantenimento del coadiutore, è necessario che dal certificato risulti chi ne eserciti le funzioni e che esso continui a prestare servizio a spese dell'investito.

     L'esenzione dal bollo, di cui all'art. 181 parte III della tariffa annessa al T.U. 30 dicembre 1923, n. 3268, e estesa anche ai certificati di cui sopra relativi ad assegni non eccedenti le lire 500 annue.

 

          Art. 46. (art. 35 Reg. 25 agosto 1899, n. 350; art. 12 R.D. 2 luglio 1922, n. 910; art. 11 R.D.L. 7 gennaio 1926, n. 13)

     Per i casi preveduti dall'art. 4 della L. 27 maggio 1929, n. 848, la domanda di riconoscimento di cui all'art. 7 del R.D. 2 dicembre 1929, n. 2262, sarà comunicata alla Direzione Generale del Fondo per il culto, per le eventuali osservazioni, quando trattisi di enti ecclesiastici i cui titolari possano aver diritto a supplemento di congrua.

 

 

Capo XI

 

Disposizioni relative agli assegni già liquidati.

 

          Art. 47.

     Agli effetti dell'applicazione dell'art. 88 del T.U., l'investito deve esibire una dichiarazione personale dell'Ordinario diocesano o del vicario generale, la quale attesti che dalla data in cui fu eseguita la liquidazione del supplemento di congrua ha continuato senza interruzione ad esistere il coadiutore nella parrocchia o vicaria, indicando chi attualmente rivesta tale carica, se sia retribuito anche da altri enti ed in quale misura, e se abbia un beneficio proprio, con la indicazione, in quest'ultimo caso, del relativo reddito netto.

     Qualora invece vi sia stata interruzione nell'ufficio, la dichiarazione suddetta dovrà contenere anche l'indicazione della durata e dei motivi della vacanza.

 

          Art. 48.

     Per ottenere la modificazione delle liquidazioni di congrua in dipendenza dell'effettiva cessazione della riscossione delle decime sacramentali, i nuovi investiti devono farne domanda all'amministrazione del Fondo per il culto, corredandola di un certificato personale del Vescovo o del vicario generale, confermato dall'ufficio per gli affari di culto, comprovante la natura sacramentale delle decime.

     Ove detta domanda venga accolta, nella conseguente nuova liquidazione devono essere eliminati l'importo delle decime e le relative passività.

 

          Art. 49.

     Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie al presente regolamento.


[1]  Comma modificato dal D.P.R. 3 ottobre 1952, n. 2590. Il D.P.R. 2590/1952 è stato da ultimo sostituito dal D.P.R. 1° marzo 1982, n. 290.

[2]  Articolo soppresso dall'art. 43 della L. 26 luglio 1974, n. 343.