§ 1.1.65 - L.R. 1 agosto 2008, n. 26.
Integrazione delle politiche di pari opportunità di genere in Regione Liguria


Settore:Codici regionali
Regione:Liguria
Materia:1. ordinamento ed organizzazione
Capitolo:1.1 normativa istituzionale
Data:01/08/2008
Numero:26


Sommario
Art. 1.  (Principi)
Art. 2.  (Concertazione istituzionale e partecipazione)
Art. 3.  (Obiettivi)
Art. 4.  (Sistema Regionale di monitoraggio della dimensione di genere – Sezioni di genere degli Osservatori regionali)
Art. 5.  (Statistiche di genere)
Art. 6.  (Rapporto annuale sulla condizione femminile)
Art. 7.  (Condivisione delle informazioni)
Art. 8.  (Adozione del bilancio di genere)
Art. 9.  (Estensione dell’applicazione del bilancio di genere)
Art. 10.  (Diffusione della cultura delle pari opportunità di genere)
Art. 11.  (Comunicazione)
Art. 12.  (Disposizioni per il Comitato regionale delle comunicazioni)
Art. 13.  (Formazione del personale)
Art. 14.  (Risorse umane)
Art. 15.  (Politiche della città in un’ottica di genere)
Art. 16.  (Criteri per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi della città)
Art. 17.  (Criteri per l’adozione dei piani territoriali degli orari)
Art. 18.  (Contributi per i piani territoriali degli orari e per la vivibilità urbana)
Art. 19.  (Contributi regionali per la costituzione, la promozione e il sostegno delle banche dei tempi)
Art. 20.  (Indirizzo agli strumenti urbanistici)
Art. 21.  (Condivisione e conciliazione)
Art. 22.  (Patti territoriali di genere)
Art. 23.  (Assegni di servizio)
Art. 24.  (Qualità della presenza delle donne nel mondo del lavoro e nella vita economica)
Art. 25.  (Azioni positive per l’imprenditoria femminile)
Art. 26.  (Rappresentanza e partecipazione delle donne nella vita politica e sociale)
Art. 27.  (Criteri generali di nomina di competenza della Regione)
Art. 28.  (Politiche regionali di prevenzione e contrasto alla violenza di genere)
Art. 29.  (Istituzioni regionali di parità)
Art. 30.  (Rete regionale di concertazione per le pari opportunità)
Art. 31.  (Tavolo di consultazione per le pari opportunità)
Art. 32.  (Coordinamento tecnico regionale per le pari opportunità)
Art. 33.  (Difensore civico regionale)
Art. 34.  (Programma triennale per le pari opportunità)
Art. 35.  (Monitoraggio e verifica dei risultati)
Art. 36.  (Norma finanziaria)
Art. 37.  (Abrogazione di norme)


§ 1.1.65 - L.R. 1 agosto 2008, n. 26.

Integrazione delle politiche di pari opportunità di genere in Regione Liguria

(B.U. 6 agosto 2008, n. 11)

 

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. (Principi)

     1. La Regione opera affinché nelle politiche regionali e nei relativi interventi di attuazione siano perseguite l’universalità dell’esercizio dei diritti di cittadinanza, la parità e le pari opportunità tra uomini e donne nella vita economica, sociale e politica, nel rispetto delle disposizioni del Trattato istitutivo della Comunità europea, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), della Costituzione della Repubblica Italiana, dello Statuto regionale, nonché della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) e del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246).

     2. L’integrazione della dimensione di genere nella normativa e nell’azione politica e programmatica regionale, in coerenza con gli indirizzi della programmazione nazionale ed europea, avviene in osservanza dei seguenti principi:

     a) rispetto delle identità e della valorizzazione delle differenze di genere, culturali e religiose;

     b) equa distribuzione delle risorse, dei poteri e delle responsabilità tra i generi;

     c) superamento di ogni discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle donne e delle persone in condizioni di debolezza;

     d) partecipazione e rappresentanza paritaria dei generi alla vita politica, economica, sociale, culturale e civile della comunità regionale e delle comunità locali.

 

     Art. 2. (Concertazione istituzionale e partecipazione)

     1. La Regione e gli enti locali, nell’esercizio delle funzioni previste dalla presente legge, conformano la propria attività al metodo della concertazione istituzionale, nel rispetto del principio di coordinamento e cooperazione tra i livelli di governo nonché del principio di sussidiarietà.

     2. Al fine del perseguimento degli obiettivi di cui alla presente legge, è promossa altresì la collaborazione e la partecipazione delle parti sociali ed economiche interessate alle politiche per le pari opportunità nei rispettivi territori di riferimento.

     Art. 3. (Obiettivi)

     1. Per l’attuazione dei principi enunciati all’articolo 1, la Regione, nell’ambito delle proprie competenze e in raccordo con le altre istituzioni, determina i propri obiettivi in funzione delle seguenti strategie:

     a) integrazione della differenza di genere, delle priorità e dei bisogni rispettivi delle donne e degli uomini affinché si raggiunga la parità tenendo conto degli effetti all’atto della pianificazione e attuazione di tutte le politiche (gender mainstreaming);

     b) acquisizione di poteri, responsabilità e sviluppo delle capacità individuali attraverso l’eliminazione e la prevenzione di ogni discriminazione e la compensazione degli svantaggi derivanti da atteggiamenti, comportamenti e strutture esistenti per partecipare attivamente al mondo economico, sociale e politico (empowerment).

     2. Gli obiettivi che fanno capo alla strategia di cui al comma 1 lettera a), i cui strumenti sono disciplinati dal Titolo II della presente legge, attengono a:

     a) il miglioramento della conoscenza, al fine di:

     1) favorire la conoscenza di informazioni statistiche necessarie per impostare le politiche generali e di settore;

     2) migliorare l’elaborazione dei rapporti periodici sul mercato del lavoro e lo sviluppo dei contenuti delle relative banche dati;

     3) promuovere ricerche, studi e la raccolta sistematica di documentazione sulla condizione femminile e sulle discriminazioni;

     b) l’introduzione del bilancio di genere, al fine di:

     1) favorire una migliore comprensione degli atti e documenti pubblici;

     2) integrare la dimensione di genere nella programmazione, attuazione e valutazione delle strategie di sviluppo regionale;

     3) perseguire un impiego equo delle risorse e una maggiore efficacia di genere nella spesa pubblica;

     c) la promozione di iniziative di sensibilizzazione e comunicazione istituzionale, al fine di:

     1) favorire il cambiamento culturale verso una società con ruoli equilibrati e non discriminatori di genere;

     2) superare gli stereotipi di genere a partire dalle giovani generazioni;

     d) la promozione di prassi socialmente responsabili nella Regione Liguria, al fine di un impiego qualificato delle donne nell’amministrazione regionale, di favorirne la progressione di carriera e la presenza negli organi di direzione e di introdurre la dimensione di genere in tutti i settori della struttura regionale.

     3. Gli obiettivi che fanno capo alla strategia di cui al comma 1 lettera b), le cui politiche o gli strumenti sono disciplinati dal Titolo III della presente legge, attengono a:

     a) il miglioramento della vivibilità urbana a vantaggio della popolazione residente, al fine di:

     1) favorire la riorganizzazione degli spazi urbani e dei tempi della città in una prospettiva di genere;

     2) favorire la qualità della vita attraverso la conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé;

     b) l’aumento dell’occupabilità e della buona occupazione, al fine di:

     1) favorire la condivisione delle responsabilità tra i genitori nei confronti dei figli attraverso il consolidamento di alleanze tra generi e generazioni;

     2) promuovere lo sviluppo e la diffusione della società dell’informazione favorendo l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione anche attraverso l’incentivazione di forme organizzative che adottino il telelavoro;

     3) promuovere l’imprenditorialità femminile, attività di accompagnamento allo start-up di nuove imprese e azioni di formazione per le donne imprenditrici anche in collaborazione con le associazioni datoriali;

     c) lo sviluppo delle pari opportunità nei rapporti sociali e politici, al fine di:

     1) promuovere la partecipazione paritaria di donne e uomini nei processi decisionali attinenti le politiche pubbliche e nei luoghi di decisione sia in ambito pubblico sia privato;

     2) promuovere interventi di prevenzione della violenza di genere, di diffusione della cultura della legalità e del rispetto dei diritti ed assicurare adeguato sostegno alle vittime di violenza;

     3) promuovere iniziative di sostegno per le donne migranti o appartenenti a minoranze etniche che ne favoriscano l’integrazione nella vita sociale, politica, culturale e civile.

 

TITOLO II

STRUMENTI PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE DELLE PARI OPPORTUNITÀ NELLE POLITICHE REGIONALI (GENDER MAINSTREAMING)

 

CAPO I

CONOSCENZA

 

     Art. 4. (Sistema Regionale di monitoraggio della dimensione di genere – Sezioni di genere degli Osservatori regionali)

     1. Al fine di garantire il miglioramento della conoscenza è istituito il Sistema regionale di monitoraggio della dimensione di genere che si compone di specifiche Sezioni di genere da istituirsi all’interno degli Osservatori regionali.

     2. Le Sezioni di genere, in raccordo con gli osservatori provinciali presenti sul territorio attraverso specifiche Sezioni di genere da istituirsi all’interno dei medesimi, svolgono attività di raccolta dati, di monitoraggio e valutazione secondo un approccio di genere in particolare nelle seguenti aree tematiche:

     a) salute, prestazioni sanitarie, politiche sociali e sicurezza;

     b) formazione professionale, istruzione;

     c) attività economiche e mercato del lavoro;

     d) politiche della casa;

     e) attività culturali e ricreative.

     3. Il Sistema regionale di monitoraggio della dimensione di genere è gestito dal Coordinamento tecnico regionale per le pari opportunità di cui all’articolo 32.

 

     Art. 5. (Statistiche di genere)

     1. Il Coordinamento tecnico di cui all’articolo 32 individua, concordemente con la Struttura regionale competente in materia di statistica e secondo le disponibilità di bilancio, le rilevazioni statistiche inserite nel Programma statistico regionale, previsto dalla normativa di settore, da adeguare in termini di genere.

     2. Le informazioni di cui al comma 1 sono prodotte in modo da assicurare:

     a) la disaggregazione e l’uguale visibilità dei dati relativi a donne e uomini;

     b) l’uso di indicatori sensibili al genere a partire dagli indicatori dell’Unione europea.

 

     Art. 6. (Rapporto annuale sulla condizione femminile)

     1. La Giunta regionale approva annualmente un rapporto sulla condizione economica e lavorativa delle donne, sui fenomeni di violenza, discriminazione e abuso contro le donne nonché sulla condizione delle donne immigrate.

     2. Il rapporto è predisposto dal Coordinamento tecnico regionale per le pari opportunità di cui all’articolo 32 anche con il supporto delle agenzie e società regionali interessate.

     3. Il rapporto è trasmesso al Consiglio regionale – Assemblea legislativa e inviato agli Enti locali e alle organizzazione economiche e sociali.

 

     Art. 7. (Condivisione delle informazioni)

     1. Gli enti pubblici territoriali favoriscono la trasmissione e la condivisione delle informazioni relative alle politiche delle pari opportunità, anche mediante la creazione di una banca dati informatica e rimuovendo gli ostacoli alla condivisione delle informazioni tra pubbliche amministrazioni e tra i soggetti interessati.

     2. La Regione e il sistema delle autonomie locali agevolano la costituzione di un patrimonio informativo pubblico di supporto alle varie attività di soggetti pubblici e privati che operano in ambito regionale per le finalità di cui alla presente legge.

 

CAPO II

BILANCIO DI GENERE

 

     Art. 8. (Adozione del bilancio di genere)

     1. La Regione adotta il bilancio di genere quale strumento di rendicontazione sociale che consente di integrare la prospettiva di genere nei documenti di programmazione economica in cui sono definite e sintetizzate le politiche pubbliche.

     2. La Regione attraverso il bilancio di genere persegue:

     a) la valutazione del diverso impatto prodotto sulle donne e sugli uomini dalle politiche di bilancio e dalla ridistribuzione delle risorse in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro sociale e domestico;

     b) l’analisi dell’impatto di genere in tutti i settori dell’intervento pubblico;

     c) l’utilizzo del bilancio pubblico per definire adeguate priorità politiche e individuare strumenti, meccanismi e azioni specifici per raggiungere la parità tra uomini e donne tramite le politiche pubbliche;

     d) la ridefinizione delle priorità e la riallocazione della spesa pubblica senza necessariamente aumentare l’ammontare del bilancio pubblico totale.

     3. La Regione predispone verifiche nelle diverse fasi di progettazione, definizione e attuazione del bilancio dell’Ente nonché un sistema di monitoraggio e valutazione.

 

     Art. 9. (Estensione dell’applicazione del bilancio di genere)

     1. La Regione favorisce la diffusione dello strumento del bilancio di genere tra tutte le amministrazioni pubbliche locali.

     2. La Regione sostiene l’attuazione del presente articolo anche attraverso specifiche attività di formazione e aggiornamento ai fini della preparazione del personale delle amministrazioni pubbliche per la realizzazione del bilancio di genere.

     3. Con apposito provvedimento, la Giunta regionale detta le linee guida e individua le metodologie per la progettazione e realizzazione del bilancio di genere.

 

CAPO III

DIFFUSIONE DELLA CULTURA DI GENERE E COMUNICAZIONE INTERNAZIONALE

 

     Art. 10. (Diffusione della cultura delle pari opportunità di genere)

     1. La Regione Liguria e gli enti territoriali liguri, con le istituzioni scolastiche operanti sul territorio regionale, sviluppano specifiche azioni di collaborazione e coordinamento per favorire la diffusione della cultura delle pari opportunità di genere nella programmazione, secondo i seguenti obiettivi e priorità:

     a) favorire l’introduzione dell’educazione orientata all’attenzione alla differenza di genere ed al rispetto reciproco dei ruoli;

     b) favorire il superamento degli stereotipi sulle scelte formative, sui mestieri e sulle professioni ritenuti a prevalente concentrazione femminile o maschile;

     c) favorire l’accesso all’obbligo formativo attraverso l’offerta di corsi che soddisfino in eguale misura le richieste formative di ragazzi e ragazze.

     2. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, la Regione Liguria e gli enti territoriali si adoperano per:

     a) favorire l’informazione e la comunicazione tra gli stessi enti e gli altri soggetti impegnati nella promozione delle pari opportunità promuovendo il coordinamento a livello regionale delle politiche di “gender mainstreaming” rivolte alle scuole;

     b) sensibilizzare le amministrazioni competenti in ambito scolastico a favorire l’introduzione delle pari opportunità nella programmazione educativa delle scuole di ogni ordine e grado, anche coinvolgendo i soggetti del territorio che hanno competenze specifiche sui temi trattati.

 

     Art. 11. (Comunicazione)

     1. La Regione promuove la diffusione della cultura di genere mediante iniziative e azioni di comunicazione improntate al contrasto degli stereotipi di genere e all’affermazione di una comunità che garantisca pari cittadinanza alle differenze di genere.

     2. La Regione promuove l’attuazione dei principi di pari opportunità tra donne e uomini nelle proprie attività di comunicazione istituzionale perseguendo la valorizzazione del ruolo della donna in ambito sociale, professionale, economico e politico.

 

     Art. 12. (Disposizioni per il Comitato regionale delle comunicazioni)

     1. Il Comitato regionale per le comunicazioni (Co.Re.Com) tiene conto di quanto disposto dall’articolo 11 nell’ambito delle funzioni attribuite ai sensi dell’articolo 13 della legge regionale 24 gennaio 2001, n. 5 (Istituzione, organizzazione e funzionamento del Comitato regionale per le comunicazioni (Co.Re.Com)) e successive modificazioni.

     2. Ai fini del comma 1, il Comitato effettua la rilevazione di contenuti discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta ai diversi orientamenti sessuali e identità di genere della persona nella programmazione televisiva e radiofonica regionale e locale, secondo le disposizioni di cui alla l.r. 5/2001.

     3. Il Comitato può formulare proposte agli organi regionali per attivare iniziative culturali e informative volte a favorire la diffusione e l’affermazione dei principi di parità, in particolare per quanto riguarda le forme di collaborazione fra concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, Regione e istituzioni e organismi culturali operanti nel settore dell’informazione.

 

CAPO IV

CULTURA DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA REGIONE LIGURIA E NELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI LIGURI

 

     Art. 13. (Formazione del personale)

     1. La Regione e gli enti locali, nell’ambito della promozione di prassi socialmente responsabili all’interno della propria organizzazione, promuovono azioni di informazione finalizzate alla diffusione della cultura dell’uguaglianza e della lotta alla discriminazione di genere a favore di tutto il personale.

     2. La Regione promuove corsi di qualificazione mirati all’acquisizione di conoscenze specifiche in materia di pari opportunità al fine di formare personale qualificato a introdurre la dimensione di genere in tutte le politiche di settore.

 

     Art. 14. (Risorse umane)

     1. La Regione e gli enti locali perseguono le pari opportunità fra uomini e donne nell’organizzazione del personale e nello sviluppo della carriera e adottano specifiche azioni positive per rimuovere gli ostacoli che impediscono un pieno inserimento delle donne nell’attività lavorativa e una loro concreta partecipazione ad occasioni di avanzamento professionale.

     2. Ai fini di cui al comma 1, la Regione e gli enti locali orientano le politiche di gestione delle risorse umane e l’organizzazione del lavoro secondo le linee di azione nazionali finalizzate all’individuazione delle eventuali discriminazioni dirette e indirette da rimuovere con azioni positive.

     3. La Regione adotta piani triennali di azioni positive, diretti specificamente a:

     a) valorizzare, nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, l’utilizzo degli istituti finalizzati alla conciliazione dei tempi lavorativi con i tempi di cura;

     b) facilitare il reinserimento delle lavoratrici madri a seguito del godimento dei congedi per maternità;

     c) osservare il principio di pari opportunità nelle procedure di reclutamento del personale e nell’assegnazione degli incarichi;

     d) superare gli stereotipi e adottare modalità organizzative che rispettino e valorizzino le donne e gli uomini.

     4. La Regione e gli enti locali promuovono i principi di cui all’articolo 1 nei codici di comportamento dei dipendenti.

 

TITOLO III

POLITICHE PER RAFFORZARE LE PARI OPPORTUNITÀ NELLA VITA ECONOMICA, SOCIALE E POLITICA (EMPOWERMENT).

 

CAPO I

POLITICHE DEI TEMPI DELLA CITTÀ E PER LA VIVIBILITÀ URBANA

 

     Art. 15. (Politiche della città in un’ottica di genere)

     1. La Regione Liguria promuove la realizzazione delle pari opportunità tra le persone che risiedono sul territorio regionale, anche temporaneamente, e il miglioramento della vivibilità urbana attraverso:

     a) il coordinamento dei tempi e degli orari, ai sensi degli articoli 16, 17 e 18, al fine di rispondere a nuovi profili temporali della domanda di servizi;

     b) la promozione dell’ottimizzazione dell’uso del tempo per favorire il benessere delle persone mediante la solidarietà sociale ed il mutuo aiuto ai sensi dell’articolo 19;

     c) l’indirizzo ed il monitoraggio sulla qualità progettuale e gestionale degli spazi delle città, ai sensi dell’articolo 20.

     2. La Regione, nel perseguire gli obiettivi di cui al presente Capo, integra le politiche temporali nei propri strumenti di pianificazione e programmazione generali e settoriali e promuove l’adozione da parte dei comuni dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi.

     3. Le disposizioni di cui al presente Capo intervengono nel rispetto delle disposizioni di cui ai Capi I e VII della l. 53/2000 e dell’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

 

     Art. 16. (Criteri per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi della città)

     1. I comuni realizzano il coordinamento e l’amministrazione degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, ivi compresi gli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, degli esercizi pubblici commerciali, delle attività di trasporto, socio-sanitarie, di formazione, culturali, sportive, turistiche e di spettacolo al fine di renderli accessibili a tutti i cittadini.

     2. Ai fini di cui al comma 1, i comuni redigono appositi piani territoriali degli orari, attenendosi ai seguenti criteri generali:

     a) coordinamento degli orari dei servizi, per durata media e per articolazione giornaliera, con il sistema degli orari di lavoro, anche al fine di promuovere le pari opportunità tra uomo e donna per favorire l’equilibrio tra le responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità all’interno della famiglia;

     b) accessibilità e fruibilità temporale degli orari dei servizi pubblici e di quelli privati, promuovendo il coordinamento tra orari e localizzazione dei servizi, favorendo la pluralità di offerta, agevolando l’accesso all’informazione con particolare riguardo alle aree urbane e alle aree a rischio di spopolamento;

     c) corrispondenza degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici con le esigenze della mobilità urbana anche attraverso l’utilizzo di forme di mobilità alternative all’uso dell’auto privata;

     d) mobilità sostenibile di persone e merci finalizzata al miglioramento della viabilità e della qualità ambientale, anche attraverso l’utilizzo di forme di mobilità alternative all’uso dell’auto privata;

     e) organizzazione degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali in modo da consentirne un’ampia fruizione, mediante l’aumento della durata giornaliera di apertura, anche con estensione alle fasce serali, e della durata settimanale di tutti i mesi dell’anno;

     f) riqualificazione degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e promuovere percorsi di mobilità attenti alle pratiche di vita quotidiana delle diverse fasce di età, anche attraverso l’utilizzo della progettazione partecipata quale buona prassi per il recupero di aree periferiche e/o degradate e per un nuovo organico rapporto tra cittadinanza e territorio.

     3. Con deliberazione della Giunta regionale vengono definite specifiche linee di indirizzo, criteri e modalità per la formazione dei piani territoriali degli orari di cui al comma 2, che tengono conto delle politiche per la tutela del consumatore e per le pari opportunità.

 

     Art. 17. (Criteri per l’adozione dei piani territoriali degli orari)

     1. Il piano territoriale degli orari è lo strumento di indirizzo strategico previsto dall’articolo 24 della l. 53/2000 che a livello comunale, o sovracomunale attraverso specifiche intese fra i comuni, realizza il coordinamento e l’amministrazione degli orari.

     2. I comuni, nella redazione dei piani territoriali degli orari secondo le modalità stabilite dai rispettivi statuti, si attengono ai criteri di cui all’articolo 16, alle disposizioni di cui agli articoli 23, 24 e 25 della l. 53/2000 e tengono conto delle osservazioni e delle proposte formulate dalle organizzazioni rappresentative degli utenti e dei consumatori, promuovendo anche opportune iniziative di informazione e di consultazione della popolazione, con particolare riguardo alle organizzazioni delle donne.

     3. Il piano territoriale degli orari indica le modalità di raccordo con gli strumenti generali e settoriali di programmazione e pianificazione del territorio di riferimento e si articola in politiche e progetti, anche sperimentali o graduali; il piano, per ciascuno dei progetti o degli interventi proposti, indica:

     a) l’ambito territoriale di applicazione;

     b) le esigenze e le criticità alle quali s’intende dare risposta;

     c) le misure previste per raggiungere gli obiettivi;

     d) il partenariato attivato e gli attori coinvolti;

     e) la tipologia di destinatari per le singole azioni previste;

     f) gli adempimenti necessari per l’attuazione, il cronoprogramma delle attività e il piano finanziario;

     g) le modalità di integrazione con gli interventi e i servizi del sistema integrato di welfare locale;

     h) le modalità di gestione, controllo e monitoraggio sull’attuazione delle misure;

     i) le azioni di informazione e comunicazione che verranno promosse per diffondere la conoscenza degli strumenti e dei servizi adottati.

     4. I comuni inviano alla Regione e alla provincia di riferimento il piano territoriale degli orari approvato e predispongono gli atti gestionali necessari alla sua attuazione, garantendo modalità di lavoro intersettoriali tali da assicurare il coinvolgimento di tutti gli assessorati interessati dagli interventi previsti.

     5. I comuni adottano i piani territoriali degli orari, o adeguano i piani già adottati alle disposizioni della presente legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della stessa.

 

     Art. 18. (Contributi per i piani territoriali degli orari e per la vivibilità urbana)

     1. La Regione Liguria concede ai comuni contributi per incentivare la predisposizione e l’attuazione dei piani territoriali degli orari. I contributi possono essere concessi, secondo le disponibilità di bilancio, anche con riferimento agli interventi di cui all’articolo 16, comma 2, lettera f).

     2. La Giunta regionale, con apposito provvedimento, definisce i criteri e le modalità di concessione, erogazione e revoca dei contributi.

     3. Nell’assegnazione dei contributi è data priorità:

     a) alle associazioni di comuni, con particolare riferimento alle iniziative congiunte di comuni con popolazione non superiore a trentamila abitanti;

     b) ai comuni che abbiano attivato forme di coordinamento e cooperazione con altri enti locali per l’attuazione di specifici piani di armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini di utenza;

     c) agli accordi promossi per l’attuazione dei piani ai sensi dell’articolo 25, comma 2, della l. 53/2000.

 

     Art. 19. (Contributi regionali per la costituzione, la promozione e il sostegno delle banche dei tempi)

     1. La Regione incentiva i comuni a promuovere la costituzione di associazioni denominate “banche dei tempi” aventi lo scopo di favorire lo scambio di servizi di vicinato, favorire l’estensione della solidarietà nelle comunità locali e le prestazioni di mutuo aiuto, ai sensi dell’articolo 27 della l. 53/2000.

     2. Per le finalità di cui al comma 1, la Regione può erogare contributi ai comuni che:

     a) promuovano e sostengano la costituzione di banche dei tempi disponendo a loro favore l’utilizzo di locali e strumenti ovvero di servizi;

     b) organizzino attività di promozione e informazione dell’attività svolta dalle banche dei tempi, anche mediante strumenti telematici o altri mezzi di comunicazione;

     c) organizzino la formazione dei soggetti aderenti alle associazioni banche dei tempi.

     3. La Giunta regionale determina i criteri e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 2, secondo le disponibilità di bilancio.

 

     Art. 20. (Indirizzo agli strumenti urbanistici)

     1. La Regione persegue il miglioramento della qualità dello spazio urbano secondo una prospettiva di genere:

     a) promuovendo il rispetto dei diritti e dei bisogni di uomini e donne e nelle scelte relative alla pianificazione e alla progettazione spaziale della città;

     b) promuovendo progetti finalizzati ad accrescere la facilità di fruizione dell’ambiente urbano da parte dei soggetti con carico di cura, anche migliorandone l’accessibilità spazio-temporale;

     c) favorendo la partecipazione dei soggetti portatori di esigenze di genere alla vita civile e, in particolare, alla definizione dei  progetti, degli interventi e delle politiche di cui alle lettere a) e b);

     d) incentivando l’elaborazione e la diffusione di indicazioni tecniche e operative e di una cultura della pianificazione e della progettazione urbana ispirata al rispetto ed all’ascolto delle esigenze di genere.

     2. Per il perseguimento delle finalità di cui al presente articolo, la Regione emana specifiche linee guida per l’elaborazione dei Piani urbanistici comunali e dei suoi sviluppi operativi ai sensi della legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 (Legge urbanistica regionale) e successive modificazioni finalizzate alla programmazione del sistema delle infrastrutture e dei servizi pubblici, tenuto conto dell’insieme delle attrezzature esistenti o programmate al servizio delle funzioni insediate nel territorio comunale, con riferimento ai diversi profili di utenza.

     3. Le linee guida di cui al comma 2 forniscono indirizzi al fine di determinare i requisiti prestazionali del sistema delle infrastrutture e dei servizi da riferire a fattori di quantità, distribuzione territoriale, qualità, fruibilità e accessibilità.

 

CAPO II

POLITICHE REGIONALI PER L’OCCUPABILITÀ E PER L’EQUA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO DI CURA TRA I SESSI

 

     Art. 21. (Condivisione e conciliazione)

     1. Per le finalità del presente Capo, le politiche attive del lavoro promosse dalla Regione e dalle province, tenuto conto delle strategie complessive di sviluppo economico e di coesione sociale, sono orientate a favorire:

     a) la condivisione dei tempi di cura, al fine di sostenere la spartizione delle responsabilità familiari tra uomo e donna, superando il problema derivante dall’esclusivo carico delle donne e riaffermando il valore sociale di maternità e paternità;

     b) la conciliazione tra tempi di lavoro e di cura, al fine di permettere a donne e uomini di armonizzare il lavoro con gli impegni e le responsabilità familiari e di prevenire le discriminazioni e i processi di esclusione, rappresentando, al tempo stesso, un elemento di innovazione nella gestione delle risorse umane volta a migliorare la qualità della vita, il clima aziendale e l’immagine interna ed esterna dell’impresa stessa.

     2. Per le finalità di cui al presente articolo, la Regione, d’intesa con gli enti locali e le parti sociali, promuove la realizzazione di azioni di sistema a favore della conciliazione, previste dalla normativa di settore.

 

     Art. 22. (Patti territoriali di genere)

     1. Ai fini di cui all’articolo 21, la Regione, nell’ambito delle politiche attive del lavoro, promuove la stipula di accordi territoriali, denominati “patti territoriali di genere”, tra province, comuni, organizzazioni sindacali e imprenditoriali, sistema scolastico, aziende sanitarie locali e consultori per azioni a sostegno della maternità e della paternità, per sperimentare formule di organizzazione dell’orario di lavoro nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese private che favoriscano la conciliazione tra vita professionale e vita privata e promuovano un’equa distribuzione del lavoro di cura tra i sessi.

     2. I patti territoriali di genere, in linea generale, sono volti a:

     a) promuovere e divulgare con azioni mirate la cultura della conciliazione e la corresponsabilizzazione dei padri nella cura e nella crescita dei figli e nei lavori di cura;

     b) promuovere e diffondere l’utilizzo dei congedi di maternità e parentali in una logica territoriale di equilibrio tra la fruizione dei congedi e la disponibilità di servizi di cura;

     c) incrementare la quantità e la qualità dei servizi alla persona disponibili sul territorio regionale;

     d) garantire il valore sociale della maternità e della paternità e sostenere la genitorialità come scelta consapevole soprattutto presso le fasce più deboli della popolazione attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione;

     e) promuovere corsi di aggiornamento per donne e uomini che rientrano dopo il congedo obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale;

     f) favorire l’utilizzo di forme di lavoro flessibile per motivi parentali anche attraverso l’attivazione di meccanismi di incentivazione economica;

     g) favorire l’inserimento lavorativo delle donne in particolari condizioni di disagio, quali madri sole con figli minori di tre anni, donne immigrate, famiglie monoparentali con carichi di cura;

     h) realizzare progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro, nonché progetti di formazione presentati direttamente dai lavoratori di cui all’articolo 6 della l. 53/2000.

     3. Al fine di perseguire gli obiettivi dei patti territoriali di genere, la Giunta regionale può promuovere la massima integrazione tra le risorse finanziarie comunitarie per quanto riguarda gli investimenti, le risorse nazionali destinate alle politiche di conciliazione e di inclusione, altre risorse locali finalizzate al perseguimento degli stessi scopi e le risorse apportate dal sistema degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali.

 

     Art. 23. (Assegni di servizio)

     1. Gli assegni di servizio sono finalizzati a favorire l’accesso e la permanenza nel mercato del lavoro con una condizione occupazionale attiva, in forma subordinata, non subordinata, autonoma o associata, nonché la progressione di carriera, di persone a rischio di esclusione per carichi di cura.

     2. Ai fini di cui al comma 1, la Giunta regionale definisce i criteri generali di concessione degli assegni di servizio nell’ambito delle azioni di promozione dell’occupazione e delle pari opportunità, per favorire l’acquisizione da parte delle persone di condizioni lavorative continuative e stabili.

 

     Art. 24. (Qualità della presenza delle donne nel mondo del lavoro e nella vita economica)

     1. La Regione opera, nell’ambito delle proprie competenze, affinché il sistema integrato di istruzione e formazione professionale e il sistema dei servizi per l’impiego concorrano a garantire l’effettività del diritto al lavoro durante tutto l’arco della vita.

     2. Le politiche regionali di promozione dell’iniziativa economica delle donne e i relativi sistemi di incentivazione sono interamente disciplinati dalle disposizioni normative di settore.

     3. La Regione si impegna altresì a promuovere l’integrazione e le pari opportunità per le donne immigrate mediante l’attivazione di specifiche attività volte alla loro integrazione nel mondo del lavoro e nella vita economica nell’ambito della realizzazione delle strutture interculturali di cui alla legge regionale 20 febbraio 2007, n. 7 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati) che ne contrastino l’isolamento sociale e culturale e stabilisce politiche premiali per iniziative private che ne promuovano l’occupazione.

     4. Al fine di potenziare la diffusione dei benefici a favore del lavoro e dell’imprenditoria femminile, la Regione adotta specifici piani di comunicazione finalizzati a potenziare l’informazione e l’orientamento diretto attraverso la rete degli sportelli informativi presenti sul territorio e con il coinvolgimento degli attori di sviluppo locale, pubblici e privati e a facilitare l’accesso ai servizi e alle risorse disponibili, offrendo alle imprenditrici un percorso integrato di informazione e assistenza.

 

     Art. 25. (Azioni positive per l’imprenditoria femminile)

     1. Le politiche regionali sono dirette a promuovere e sostenere l’imprenditorialità femminile in Liguria in applicazione dei principi di cui agli articoli 52 e 53 del d.lgs. 198/2006 e delle misure di intervento previste dall’articolo 12 della legge 25 febbraio 1992, n. 215 (Azioni positive per l’imprenditoria femminile) e successive modifiche e integrazioni e dal relativo regolamento di attuazione, del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 314 (Regolamento per la semplificazione del procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore dell’imprenditoria femminile (n. 54, allegato 1 della legge n. 59/1977)).

     2. Ai sensi dell’articolo 21 del d.P.R. 314/2000 la Regione, in coerenza con i propri obiettivi e strumenti di programmazione regionale, predispone un apposito programma, in particolare, diretto a:

     a) attuare iniziative di formazione e di supporto per la diffusione della cultura di impresa tra le donne;

     b) sviluppare servizi di assistenza e consulenza tecnica e manageriale a favore dell’imprenditoria femminile;

     c) promuovere la formazione imprenditoriale delle donne.

 

CAPO III

PARI OPPORTUNITÀ NEI RAPPORTI SOCIALI, CIVILI E POLITICI

 

     Art. 26. (Rappresentanza e partecipazione delle donne nella vita politica e sociale)

     1. La Regione afferma il principio della rappresentanza paritaria di donne e uomini nelle istituzioni e nell’assunzione di tutte le decisioni pubbliche, nonché la parità di diritto per le donne e per gli uomini a partecipare alla formulazione e all’attuazione delle politiche, ad esercitare mandati pubblici ed ad avere cariche a tutti i livelli dell’esecutivo.

     2. Per le finalità di cui al presente articolo la Regione promuove in particolare:

     a) la predisposizione di sezioni separate all’interno degli Albi o elenchi delle associazioni e dei soggetti aventi i requisiti per l’attuazione delle politiche di settore a disposizione di ogni area dell’amministrazione regionale;

     b) l’adozione da parte dei partiti e dei gruppi politici di Piani di azione che includano le misure e gli interventi  per garantire il rispetto della rappresentanza equilibrata delle donne e degli uomini, compresa l’adozione delle quote, se ritenute necessarie per aumentare il numero delle donne candidate e poi elette;

     c) l’istituzione della Rete regionale delle elette quale organismo di promozione e valorizzazione della presenza delle donne nelle istituzioni elettive e nella vita politica;

     d) la realizzazione di iniziative di comunicazione volte a sollecitare le candidature femminili nelle liste elettorali e le proposte di professionalità idonee per ricoprire incarichi e nomine con l’obiettivo di garantire una distribuzione equilibrata tra uomini e donne.

 

     Art. 27. (Criteri generali di nomina di competenza della Regione)

     1. La Regione provvede a dare attuazione al principio di pari opportunità applicando i criteri generali in materia di nomine definiti dalla normativa vigente secondo canoni interpretativi volti a favorire, pur tenuto conto del quadro complessivo degli incarichi da attribuire e compatibilmente con le candidature effettivamente pervenute, un accesso paritario per uomini e donne alle nomine di competenza del Consiglio regionale – Assemblea legislativa della Liguria, della Giunta regionale o del suo Presidente e dei propri enti strumentali, con il coinvolgimento delle istituzioni di parità e degli organismi associativi eventualmente interessati.

 

     Art. 28. (Politiche regionali di prevenzione e contrasto alla violenza di genere)

     1. La Regione, con la legge regionale 21 marzo 2007, n. 12 (Interventi di prevenzione della violenza di genere e misure a sostegno delle donne e dei minori vittime di violenza), individua gli strumenti ed i programmi per assicurare il sostegno alle donne e ai minori vittime di violenza e promuovere interventi di prevenzione della violenza di genere, di diffusione della cultura della legalità e del rispetto dei diritti, anche con il coinvolgimento e la partecipazione delle istituzioni territoriali e dell’associazionismo di settore.

     2. Nell’ambito degli interventi di cui alla legge regionale 24 maggio 2006, n. 12 (Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari) la Regione provvede ad attivare e a mantenere la realizzazione dei Centri antiviolenza e dei programmi antiviolenza, come definiti dalla l.r.12/2007 a favore delle donne, sole o con minori, vittime di violenza ovvero a sostenere altresì i centri già esistenti sul territorio regionale.

 

TITOLO IV

ORGANIZZAZIONE REGIONALE PER FAVORIRE L’INTRODUZIONE DELLE PARI OPPORTUNITA’

 

CAPO I

ORGANISMI PER LE PARI OPPORTUNITÀ

 

     Art. 29. (Istituzioni regionali di parità)

     1. Per il perseguimento delle finalità di cui alla presente legge, operano nel territorio regionale le seguenti istituzioni, con le modalità e nell’ambito delle rispettive competenze:

     a) la Commissione consiliare permanente VIII – Pari opportunità (Affermazione e tutela dell’uguaglianza dei diritti dei cittadini e dei diritti di parità e pari opportunità tra uomo e donna, realizzazione della parità giuridica, sociale, economica e di rappresentanza);

     b) le Consigliere o i Consiglieri di parità regionali e provinciali, nominati ai sensi del d. lgs. 198/2006;

     c) il Sistema dei Comitati pari opportunità d’Ente, nominati ai sensi del d. lgs. 198/2006 e previsti dagli accordi derivanti dal Contratto collettivo nazionale dei comparti del pubblico impiego per la dirigenza 1998/2001 e del Contratto collettivo nazionale per il personale non dirigente;

     d) la Commissione regionale di concertazione, di cui alla normativa regionale in materia di lavoro.

 

     Art. 30. (Rete regionale di concertazione per le pari opportunità)

     1. La Regione, nell’esercizio delle funzioni previste dalla presente legge, informa la propria attività al metodo della concertazione istituzionale e favorisce i sistemi e le forme di partecipazione al procedimento di formazione delle decisioni basati sull’informazione e sulla condivisione.

     2. A tal fine è costituita a livello istituzionale la Rete regionale di concertazione per le pari opportunità come sede di confronto interistituzionale finalizzato a promuovere l’integrazione e il coordinamento delle politiche per le pari opportunità a livello regionale e locale.

     3. La Rete regionale di concertazione per le pari opportunità è composta dall’Assessore con delega alle pari opportunità della Regione, delle Province, dei Comuni capoluogo di provincia, e da un Assessore comunale per provincia, in rappresentanza dei comuni liguri del territorio provinciale designato dall’Associazione dei comuni, dalla Consigliera di parità regionale, da una rappresentante della Rete regionale delle Consigliere e dei Consiglieri di parità e da un membro della Commissione consiliare competente in materia di pari opportunità.

     4. La Rete regionale di concertazione per le pari opportunità ha i seguenti compiti:

     a) formula indirizzi ed obiettivi per la programmazione delle politiche delle pari opportunità e il parere sul Programma triennale per le pari opportunità, di cui all’articolo 34;

     b) procede all’esame congiunto delle problematiche, attraverso il confronto con i soggetti coinvolti, anche con riferimento alle finalità, alle iniziative ed agli obiettivi definiti dagli strumenti di programmazione regionale e locale;

     c) è sede privilegiata per l’elaborazione di accordi ed intese a livello istituzionale;

     d) favorisce l’integrazione fra gli interventi dei soggetti operanti nel settore a diverso livello.

     5. La Rete si raccorda con la Commissione regionale di concertazione, di cui alla legge regionale 20 agosto 1998, n. 27 (Disciplina dei servizi per l’impiego e della loro integrazione con le politiche formative e del lavoro), in relazione agli interventi in ambito di politiche attive del lavoro.

     6. In relazione alle specifiche tematiche da trattare, la Rete è, di volta in volta, integrata con i seguenti componenti:

     a) rappresentanti delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello regionale e delle associazioni delle categorie economiche;

     b) rappresentanti dell’associazionismo femminile;

     c) rappresentanti del sistema regionale dei Comitati pari opportunità.

     d) rappresentanti delle aziende sanitarie ed ospedaliere liguri operanti nel settore;

     e) rappresentanti delle forze dell’ordine operanti nel settore.

     f) rappresentanti dell’ordine giudiziario operanti nel settore.

     7. La Giunta regionale disciplina, con apposito provvedimento, la modalità di costituzione, di composizione della Rete in sede integrata ai sensi del comma 6 ed il suo funzionamento.

     8. La Rete è aperta, in ogni caso, alla partecipazione dei soggetti indicati al comma 6 che ne facciano richiesta.

     9. Le Province possono costituire Reti provinciali composte dall’Assessore provinciale e dagli Assessori comunali con delega alle pari opportunità e dai rappresentanti territoriali dei soggetti di cui alle lettere b), c) e d) del comma 6, che costituiscono articolazione territoriale della Rete regionale di concertazione delle pari opportunità.

 

     Art. 31. (Tavolo di consultazione per le pari opportunità)

     1. Al fine di garantire la conoscenza e il continuo aggiornamento sui fenomeni, la condivisione e l’interscambio delle esperienze, delle conoscenze e delle capacità è istituito il Tavolo di consultazione permanente per le pari opportunità, che è composto da rappresentanti:

     a) delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello regionale e delle associazioni delle categorie economiche;

     b) dell’associazionismo femminile;

     c) del Sistema dei Comitati pari opportunità.

     d) delle aziende sanitarie ed ospedaliere liguri operanti nel settore;

     e) delle forze dell’ordine operanti nel settore;

     f) dell’ordine giudiziario operanti nel settore.

     2. Il Tavolo di consultazione ha i seguenti compiti :

     a) rilevazione delle criticità e delle problematiche settoriali e generali per l’affermazione delle pari opportunità;

     b) formulazione di orientamenti e proposte da sottoporre alla Rete di cui all’articolo 30;

     c) promozione del confronto fra i soggetti coinvolti a livello territoriale nei diversi campi di attività.

 

     Art. 32. (Coordinamento tecnico regionale per le pari opportunità)

     1. E’ istituito presso l’Assessorato alle Pari opportunità il Coordinamento tecnico regionale per le pari opportunità finalizzato al raccordo delle azioni e delle misure attuative negli ambiti di intervento previsti della presente legge, ad organizzare e gestire il Sistema regionale di monitoraggio della dimensione di genere di cui all’articolo 4, a favorire la circolazione delle informazioni e a svolgere funzioni di monitoraggio.

     2. Con proprio provvedimento la Giunta regionale individua le strutture regionali che partecipano al coordinamento, l’eventuale supporto delle Agenzie e Società regionali e la struttura regionale a cui sono affidate le funzioni di segreteria.

 

     Art. 33. (Difensore civico regionale)

     1. Il Difensore civico regionale e le Consigliere o i Consiglieri di parità si danno reciproca segnalazione di situazioni di interesse comune aventi riferimento ai principi di cui alla presente legge, coordinando le rispettive attività nell’ambito delle competenze loro assegnate.

 

TITOLO V

PROGRAMMAZIONE E MONITORAGGIO

 

     Art. 34. (Programma triennale per le pari opportunità)

     1. La Regione, in attuazione dei principi e delle finalità dell’articolo 1, approva il Programma triennale per le pari opportunità.

     2. Il Programma è approvato dal Consiglio regionale – Assemblea legislativa della Liguria, su proposta della Giunta regionale acquisito il parere della Rete regionale di concertazione di cui all’articolo 30.

     3. Il programma definisce:

     a) le priorità tematiche di intervento, gli indirizzi generali sulle modalità di attuazione degli interventi e le risorse finanziarie disponibili;

     b) le aree di intervento sperimentale e le azioni innovative da intraprendere;

     c) gli indirizzi per lo sviluppo del sistema dei soggetti istituzionali e privati coinvolti per l’attuazione delle pari opportunità e per favorire la collaborazione, la partecipazione, la condivisione e la compartecipazione alla spesa;

     d) gli indirizzi e le modalità per l’effettuazione del monitoraggio di cui all’articolo 35.

     4. Il Programma ha durata triennale e conserva efficacia anche oltre la sua scadenza fino all’approvazione del Programma successivo.

     5. Nell’ambito del Programma, la Regione individua gli atti successivi che regolamentino la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi, identificando i parametri di riferimento.

     6. Il Programma triennale di intervento può essere aggiornato, oltre i limiti di flessibilità in esso previsti, con la stessa procedura adottata per la sua approvazione.

 

     Art. 35. (Monitoraggio e verifica dei risultati)

     1. La Regione, in collaborazione con il sistema delle autonomie locali e con il supporto degli organismi per la pari opportunità previsti dalla presente legge, nel rispetto delle reciproche competenze, effettua il monitoraggio delle attività e dei progetti realizzati in attuazione della medesima.

 

TITOLO VI

DISPOSIZIONI FINALI

 

     Art. 36. (Norma finanziaria)

     (Omissis)

 

     Art. 37. (Abrogazione di norme)

     1. E’ abrogata la legge regionale 28 maggio 1992, n. 14 (Criteri ed incentivi regionali per l'adozione da parte dei comuni del piano di coordinamento degli orari dei servizi pubblici e privati in applicazione dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142).

     2. E’ abrogato il Capo III (Consulta femminile regionale) della legge regionale 22 agosto 1989, n. 35 (Istituzione della Consulta regionale per i problemi della unificazione europea e della Consulta femminile regionale) e le altre disposizioni della medesima legge relative alla Consulta femminile regionale.