§ 98.1.41033 - Circolare 24 giugno 1999, n. 140/E .
Persone fisiche residenti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato. Art. 10, L. 23 dicembre 1998, n. 448.


Settore:Normativa nazionale
Data:24/06/1999
Numero:140

§ 98.1.41033 - Circolare 24 giugno 1999, n. 140/E .

Persone fisiche residenti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato. Art. 10, L. 23 dicembre 1998, n. 448.

 

Emanata dal Ministero delle finanze.

 

 

Alle Direzioni Regionali delle Entrate 

 

Agli Uffici delle Entrate 

 

Agli Uffici Distrettuali delle Imposte Dirette 

 

Agli Uffici I.V.A. 

e, p. c.: 

Al Segretariato Generale 

 

Al Servizio Consultivo e Ispettivo Tributario 

 

Al Comando Generale della Guardia di Finanza 

 

Alle Direzioni Centrali del Dipartimento delle  

 

Entrate 

 

Al Servizio Ispettivo Centrale del Dipartimento delle 

 

Entrate 

 

Agli Uffici del Registro 

 

Ai Centri di Servizio delle Imposte Dirette ed 

 

Indirette 

 

 

1. Premessa.

Come è noto, l'ordinamento nazionale, analogamente alla quasi totalità delle altre legislazioni fiscali più evolute, ricollega al possesso della residenza fiscale la tassazione globale e progressiva dei redditi ovunque prodotti (sulla base del c.d. worldwide principle) e stabilisce che i non residenti siano tassati su base territoriale, cioè limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato.

Al riguardo l'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, fissa una pluralità di possibili relazioni, sia personali che reali, con il Paese, combinando, in modo alternativo, elementi meramente formali (iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente) con presupposti di natura sostanziale (residenza o domicilio nel territorio dello Stato), tutti soltanto accomunati dalla sussistenza del requisito temporale ("per la maggior parte del periodo d'imposta").

Il diverso livello di tassazione tra i vari Stati, a parità di reddito complessivo, ha tuttavia indotto un non trascurabile numero di cittadini italiani - più frequentemente tra coloro che svolgono attività lavorativa in ambito internazionale - ad emigrare soltanto sul piano delle risultanze anagrafiche in paesi caratterizzati da un regime fiscale particolarmente favorevole.

Con circolare 2 dicembre 1997, n. 304/E, constatata la crescente rilevanza del fenomeno della fittizia emigrazione all'estero, sono state impartite specifiche indicazioni ai fini dell'accertamento della effettiva residenza fiscale indipendentemente dalle risultanze anagrafiche.

Con l'art. 10 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 1998, n. 302, supplemento ordinario n. 210/L), sono state ora introdotte nuove disposizioni volte a contrastare la fittizia emigrazione all'estero, per finalità tributarie, delle persone fisiche.

In forza della suddetta norma, che con il comma 1 ha aggiunto il comma 2-bis all'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, concernente l'individuazione dei soggetti passivi all'Irpef, "si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale".

In attuazione di quanto previsto dalla nuova disposizione legislativa, con D.M. 4 maggio 1999 del Ministro delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 maggio 1999, n. 107, sono stati individuati gli Stati e i territori aventi un regime fiscale privilegiato.

Le nuove disposizioni, sia pure con effetti limitati ai soli "Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato", consentono di ampliare la operatività della normativa preesistente, nel senso che la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori senza dimostrare la effettività della nuova residenza.

 

 

2. Presunzione di residenza e inversione dell'onere della prova.

La presunzione stabilita dal comma 2-bis dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986), lungi dal creare un ulteriore status di residenza fiscale, i cui presupposti sono già compiutamente contemplati dal comma 2 dello stesso art. 2, introduce soltanto un ulteriore criterio rivelativo ai fini dell'individuazione della residenza stessa.

In sostanza, con l'introduzione del comma 2-bis citato, il legislatore, utilizzando lo strumento delle presunzioni relative, ha diversamente ripartito l'onere probatorio fra le parti, al fine di evitare che risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti di ordine sostanziale.

Occorre precisare che, a mente del predetto comma 2-bis, l'onere della controprova riguarda tutti i soggetti che sono emigrati in uno degli Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, come individuati nel precitato D.M. 4 maggio 1999 del Ministro delle finanze, anche quando l'emigrazione sia avvenuta transitando anagraficamente per uno Stato terzo, non ricompreso in tale decreto.

Per i trasferimenti in Stati o territori diversi da quelli considerati nel decreto ministeriale del 4 maggio 1999, permane invece a carico dell'Amministrazione finanziaria l'onere della prova, facendo ricorso ai tradizionali strumenti d'indagine ed ai concreti elementi dimostrativi già ampiamente illustrati nella richiamata circolare n. 304/E del 1997.

 

 

3. Individuazione degli Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.

Con il citato D.M. 4 maggio 1999 del Ministro delle finanze sono stati individuati gli Stati e i territori aventi un regime fiscale privilegiato.

L'individuazione di tali Stati e territori è stata indirizzata da un apposito Gruppo di lavoro che, allo scopo, ha utilizzato la documentazione e le esperienze disponibili in materia di fiscalità agevolata, con particolare riferimento alle elaborazioni in atto in ambito internazionale, sia comunitario che di cooperazione in sede OCSE.

In sintonia con la relazione illustrativa dell'art. 10 della legge n. 448 del 1998, lo stesso Gruppo di lavoro ha altresì fatto rilevare che tale lista, pur ispirandosi a quella prevista dall'art. 76, comma 7-bis, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - D.M. 24 aprile 1992) - parimenti finalizzata a contrastare l'utilizzazione strumentale dei regimi fiscalmente privilegiati - se ne differenzia, tuttavia, per la diversità non solo dei presupposti oggettivi ma anche di quelli soggettivi, considerato che la nuova disposizione ha riguardo non alle imprese ma ai soggetti persone fisiche. Inoltre, l'individuazione dei Paesi fiscalmente privilegiati è svincolata da qualsiasi limite, sia in ordine al livello quantitativo della tassazione e sia per quanto riguarda l'aderenza o meno all'Unione europea dei Paesi stessi.

Il percorso seguito dal Gruppo di lavoro per la individuazione di un regime fiscale privilegiato si riassume nella assunzione di vari elementi, apprezzati soprattutto a livello internazionale, la cui combinazione si rivela idonea ad attestare un cospicuo vantaggio fiscale, capace di realizzare una trasmigrazione di persone e, ovviamente, di capitali.

I criteri e gli aspetti qualificanti utilizzati al predetto fine riguardano anzitutto il ricorrere di una bassa o inesistente forma di tassazione personale, intesa in termini di effettività e perciò riferita non solo alle aliquote d'imposta nominali, ma anche alla formazione della base imponibile, agli eventuali regimi agevolativi, alle detrazioni d'imposta e alle deduzioni dal reddito complessivo.

Altro aspetto qualificante è costituito dal grado di trasparenza e di collaborazione informativa dei vari elementi che concorrono a delineare, con riguardo anche alla situazione bancaria, la effettività delle posizioni economico-fiscali.

Rileva, altresì, il complesso dei poteri e delle modalità di accertamento esercitati dall'Amministrazione finanziaria locale, come pure il livello delle potestà di controllo previste al riguardo e realmente attuate, senza trascurare l'eventuale ricorso a forme individuali di definizione fiscale, improntate a criteri di discrezionalità.

A monte dei suesposti criteri - guida merita, infine, di essere segnalata l'esigenza di superare la tradizionale distinzione tra i c.d. paradisi fiscali (tax heavens) ed i Paesi che adottano regimi fiscali preferenziali (harmful preferential tax regimes), operando, con riguardo alle finalità del regime presuntivo appena introdotto, una sostanziale parificazione delle due realtà tipologiche, come peraltro deciso in sede OCSE quanto alle adottande misure di contrasto del fenomeno della concorrenza fiscale "nefasta".

 

 

4. Prova contraria.

Risolto in via presuntiva, nel modo e con i limiti territoriali innanzi descritti, il problema dimostrativo della permanenza della residenza fiscale in Italia posto a carico degli stessi cittadini emigrati nei Paesi o territori indicati nel citato decreto ministeriale e considerato che trattasi di presunzione legale non assoluta, che consente pertanto la prova contraria, occorre esaminare la natura, i limiti di ammissibilità e la consistenza dei relativi mezzi ed elementi dimostrativi.

Al riguardo giova anzitutto sottolineare che il legislatore, nel confermare espressamente l'ammissibilità della prova contraria al fine di contrastare la presunzione legale di residenza fiscale, ha evitato qualsiasi condizionamento o limite per quanto riguarda sia la predeterminazione che il valore delle varie forme in cui tale prova può estrinsecarsi. Ciò significa che viene riconosciuta la più ampia possibilità di esplicazione al concreto esercizio dei diritti di difesa del contribuente anche nella fase extraprocessuale, ferma restando l'esclusione del giuramento e della prova testimoniale.

Con la suddetta presunzione il legislatore, non incidendo direttamente sull'aspetto contenutistico della prova accollata al contribuente, consente a quest'ultimo, quale soggetto onerato, di dimostrare in modo ampio l'esistenza di fatti ed atti che suffraghino l'effettività della situazione conclamata formalmente attraverso la cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente, in coerenza con l'assunzione di un reale e duraturo rapporto con lo Stato di immigrazione e con l'interruzione di significativi rapporti con lo Stato italiano.

In tale contesto di collegamento personale, è appena il caso di segnalare che, qualora il Paese fiscalmente privilegiato sia anche legato al nostro da convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, ai fini della conferma o meno della residenza fiscale nazionale occorre ovviamente considerare, oltre ai presupposti interni, anche quelli di cui alla apposita clausola convenzionale ("residente di uno Stato contraente") allo scopo di evitare la possibile insorgenza di una doppia residenza fiscale. In proposito si fa rinvio alle precisazioni fornite con la citata circolare n. 304/E del 1997.

Per ciò che riguarda il concreto e specifico contenuto dell'onere probatorio richiesto, va anzitutto precisato che potrà essere fatto ricorso, in negativo, alle medesime circostanze ed elementi probanti suggeriti agli uffici nella ripetuta circolare n. 304/E del 1997, al fine di superare la mera formalità della cancellazione dalle anagrafi della popolazione residente con la dimostrazione della insussistenza nel nostro Paese della dimora abituale (residenza) ovvero del complesso dei rapporti afferenti gli affari e gli interessi, allargati, oltre che agli aspetti economici, a quelli familiari, sociali e morali (domicilio).

In pratica, i predetti soggetti potranno utilizzare qualsiasi mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa, atto a stabilire, in particolare:

- la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell'eventuale nucleo familiare;

- l'iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del paese estero;

- lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso paese estero, ovvero l'esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;

- la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel paese di immigrazione;

- fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel paese estero;

- la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel paese estero e da e per l'Italia;

- l'eventuale iscrizione nelle liste elettorali del paese d'immigrazione;

- l'assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, ecc.;

- la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

Resta inteso che i predetti ed eventuali altri elementi di prova, come precisato nella richiamata circolare n. 304/E del 1997, vanno considerati e valutati in una visione globale, atteso che il superamento della prova contraria alla presunzione legale non può che scaturire da una complessiva considerazione della posizione del contribuente.

In sostanza, soltanto la piena dimostrazione, da parte del contribuente, della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel paese fiscalmente privilegiato, indipendentemente dall'assolvimento nello stesso paese di obblighi fiscali, attestano il venire meno della residenza fiscale in Italia e la conseguente legittimità della posizione di non residente.

 

 

5. Decorrenza della presunzione di residenza fiscale in Italia.

In merito alla decorrenza temporale della presunzione legale introdotta dal più volte citato comma 2-bis, si ritiene - stando anche al tenore delle relazioni accompagnatorie dell'art. 10 della legge n. 448 del 1998 - che la stessa operi dalla data di entrata in vigore della legge, cioè dal 1° gennaio 1999.

In proposito si rileva, infatti, come l'inversione dell'onere della prova prevista dalla disposizione in argomento, finisca col produrre effetti non soltanto meramente procedimentali, ma anche sostanziali che, come tali, in mancanza di una espressa previsione normativa, non possono avere carattere retroattivo.

Pertanto, con riferimento ai periodi d'imposta anteriori al 1999, in presenza di una emigrazione anagrafica verso gli Stati o territori individuati nel citato decreto ministeriale 4 maggio 1999, l'onere probatorio ai fini della dimostrazione dell'effettiva residenza fiscale continuerà a gravare sull'Amministrazione finanziaria.

Ovviamente, la nuova disposizione presuntiva trova piena applicazione dal periodo d'imposta 1999 indipendentemente dalla circostanza che l'emigrazione sia avvenuta anteriormente al 1° gennaio 1999.

Da ciò discende che i cittadini italiani fittiziamente emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato possono regolarizzare la loro posizione con riferimento ai periodi d'imposta 1999 e successivi, adempiendo spontaneamente in Italia agli obblighi tributari connessi alle tipologie di redditi posseduti.

Per quanto concerne gli adempimenti dei sostituti d'imposta, si precisa come gli stessi non siano in alcun modo influenzati dalla nuova presunzione legale, ma continuino ad essere collegati alla posizione comunicata dal sostituito. Soltanto nel caso in cui quest'ultimo rappresenti l'effettivo status di residente nazionale, indipendentemente dalle proprie risultanze anagrafiche, il sostituto dovrà attenersi alla corrispondente disciplina di prelievo tributario alla fonte (in linea di massima, a titolo d'acconto anziché a titolo d'imposta).

 

 

6. Domicilio fiscale dei cittadini emigrati in Stati o territori fiscalmente privilegiati.

Il comma 2 dell'articolo 10 della legge n. 448 del 1998 ha integrato il secondo comma dell'art. 58 del D.P.R. n. 600 del 1973, con l'inserimento, dopo le parole "pubblica amministrazione", delle parole: "nonché quelli considerati residenti ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917".

Per effetto di tale previsione, i cittadini cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in un Paese ricompreso nella lista di cui al D.M 4 maggio 1999, in quanto considerati fiscalmente residenti in Italia, continuano ad avere il domicilio fiscale nel comune di ultima residenza (anagrafica), al pari dei connazionali "che risiedono all'estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione".

Siffatta integrazione - che, ovviamente, spiega effetto nei confronti dei soli tra i predetti soggetti che non hanno fornito la controprova della presunzione di residenza fiscale in Italia - si è resa necessaria in quanto questi ultimi non sono riconducibili in nessuna delle categorie già in precedenza contemplate dal predetto articolo 58, che pure già conosceva la categoria delle "persone fisiche ... non residenti", nel cui ambito sicuramente rientrano i cittadini realmente emigrati in un Paese estero, avente o meno un regime fiscale privilegiato.

 

 

7. Attività di controllo.

Alla chiara volontà dimostrata dal legislatore di contrastare i fittizi trasferimenti della residenza anagrafica all'estero da parte di cittadini italiani deve necessariamente corrispondere un preciso impegno per l'Amministrazione finanziaria di individuare tali situazioni e di porre in essere ogni azione utile per contrastare i reali fenomeni evasivi.

Al riguardo, la Direttiva generale del Ministro delle finanze per l'azione amministrativa e per la gestione del 1999 conferma, nell'ambito dell'azione di prevenzione e repressione delle violazioni agli obblighi tributari, il ruolo rilevante che il potenziamento delle strutture di intelligence deve assumere per l'attività di selezione dei soggetti da controllare, con particolare riferimento ai cittadini italiani fittiziamente emigrati all'estero.

Ne consegue, pertanto, che le direttive impartite con la circolare n. 304/E del 1997 rivestono anche per l'anno 1999 una particolare rilevanza nell'ambito della strategia generale dei controlli e costituiscono un impegno qualificante dell'azione di contrasto ai reali fenomeni di evasione.

L'azione investigativa e di controllo condotta secondo le indicazioni operative illustrate nella richiamata circolare n. 304/E del 1997, oltre a perseguire le violazioni agli obblighi tributari commesse prima dell'entrata in vigore della presunzione in argomento, assume particolare rilevanza anche per assicurare piena efficacia alla stessa innovazione legislativa.

Infatti, la disposizione presuntiva in commento non esonera l'Amministrazione finanziaria dall'onere di individuare gli elementi reddituali posseduti dal contribuente e di illustrare l'iter logico-giuridico seguito nel giudizio di insufficienza dei mezzi di prova forniti dallo stesso contribuente per dimostrare l'effettività del suo trasferimento.

Le preliminari attività di ricerca condotte al riguardo dalle strutture investigative e di intelligence, istituite presso ciascuna Direzione regionale delle entrate, e dagli Uffici operativi, sono quindi destinate ad avere un ruolo di particolare rilevanza per l'attività di selezione delle posizioni da controllare che costituisce un fattore determinante per l'effettiva proficuità dell'azione amministrativa.

Allo scopo di integrare l'attività di ricerca che le strutture di intelligence delle Direzioni regionali e gli Uffici continueranno a svolgere autonomamente, si fa riserva di trasmettere ulteriori elenchi selettivi relativi a cittadini italiani anagraficamente emigrati negli Stati e territori individuati dal più volte citato decreto ministeriale 4 maggio 1999.

Il Direttore generale