§ 98.1.36243 - Circolare 17 agosto 1996, n. 201/E .
Convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sui redditi attualmente vigenti in Italia. Applicazione delle disposizioni [...]


Settore:Normativa nazionale
Data:17/08/1996
Numero:201

§ 98.1.36243 - Circolare 17 agosto 1996, n. 201/E .

Convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sui redditi attualmente vigenti in Italia. Applicazione delle disposizioni riguardanti il trattamento fiscale delle retribuzioni - per lavoro dipendente. Regola dei 183 giorni. Raccomandazione del Consiglio OCSE del 24 ottobre 1991.

 

Emanata dal Ministero delle finanze.

 

L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), con sede in Parigi, alla quale aderiscono tutti i maggiori Paesi industrializzati, ha lo scopo principale di promuovere il coordinamento dei vari sistemi economici ed eliminare o, comunque, contenere gli ostacoli di qualunque tipo agli scambi internazionali.

Nel 1977 l'OCSE ha elaborato un "Modello di Convenzione per evitare le doppie imposizioni sui reddito allo scopo di uniformare l'impostazione di tali accordi bilaterali, al quale si ispira la maggior parte delle Convenzioni contro le doppie imposizioni attualmente vigenti nel nostro Paese.

L'art. 15 di tale documento, riguardante il lavoro subordinato, stabilisce, preliminarmente, che i redditi derivanti da lavoro dipendente ed altre remunerazioni analoghe percepite da un residente di uno Stato, in relazione ad attività quivi svolte, sono tassabili solo in detto Stato. Se il Paese in cui è svolta l'attività è diverso da quello di residenza è prevista la tassazione concorrente da parte dei due Stati.

Tuttavia, in deroga alla suddetta regola generale, in conformità del paragrafo 2 dello stesso articolo, lo Stato in cui è effettivamente svolta l'attività deve accordare l'esenzione se si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:

a) il beneficiario soggiorna nello Stato ove è svolta l'attività per periodi che non oltrepassano in totale i 183 giorni nell'anno fiscale considerato;

b) i compensi sono stati corrisposti da un datore di lavoro che non è residente dello Stato ove è svolta l'attività;

c) l'onere dei compensi non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato ove viene svolta l'attività.

Poiché si erano posti nel tempo vari problemi in ordine al corretto sistema di computo dei predetti 183 giorni, nell'ambito del Gruppo di lavoro del Comitato Affari Fiscali dell'OCSE, competente in materia di Convenzioni contro le doppie imposizioni, si è svolto, a suo tempo un apposito studio.

Il nostro Paese, alla luce dei principi informatori del D.P.R. n. 597 del 1973, successivamente ribaditi nel Testo Unico delle imposte sul reddito approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, aveva dichiarato di ritenere preferibile un metodo che tenesse conto della effettiva durata dell'attività svolta nel territorio dello Stato dal lavoratore dipendente, senza considerare quindi le brevi interruzioni di soggiorno.

Poiché tutti gli altri Stati aderenti all'OCSE si erano pronunciati in definitiva a favore del "metodo della presenza fisica", anche l'Amministrazione finanziaria italiana ha infine ritenuto di poter aderire a tale unanime posizione, impegnandosi nel contempo a seguirla ove fosse stata adottata formalmente. Tale formalizzazione è successivamente avvenuta con la Raccomandazione del Consiglio del 24 ottobre 1991.

Secondo le indicazioni contenute in tale documento è da ritenere accettabile il solo sistema denominato "metodo (lei giorni di presenza fisica". Tale orientamento è stato successivamente ribadito nel paragrafo 5 del Commentario all'articolo 15 del Modello OCSE di Convenzione del 1992.

In particolare, il Comitato degli affari fiscali nel Rapporto da cui è scaturita la suddetta Raccomandazione ha ritenuto che "i giorni di Presenza fisica dovrebbero essere calcolati includendo:

- una frazione di giorno;

- il giorno di arrivo;

- il giorno di partenza;

- i sabati e le domeniche se vengono trascorsi nello Stato in cui l'attività viene esercitata;

- i giorni festivi se vengono trascorsi nello Stato in cui l'attività è esercitata;

- i giorni di ferie goduti nello Stato in cui l'attività lavorativa viene esercitata:

a) prima dell'esercizio dell'attività;

b) durante l'esercizio dell'attività;

c) dopo la cessazione dell'attività;

- le brevi interruzioni all'interno dello Stato in cui le attività sono svolte;

- i congedi per malattia, a meno che tale malattia non impedisca alla persona di lasciare il Paese quando avrebbe avuto, altrimenti, diritto ad essere ivi esonerata dall'imposizione sui redditi da attività di lavoro dipendente;

- i giorni trascorsi nel Paese ove è svolta l'attività per le seguenti ragioni:

a) decesso o malattia di un familiare;

b) interruzione dovuta a scioperi o serrate;

c) interruzione dovuta a ritardi delle consegne.

Si è ritenuto invece di escludere:

- la durata del tempo trascorso nel Paese in cui le attività sono esercitate, in transito tra due luoghi situati al di fuori di detto Paese, se la durata è inferiore a 24 ore;

- i giorni di ferie passate al di fuori del Paese in cui sono esercitate le attività;

- le brevi interruzioni (per qualsiasi motivo avvengano)che hanno luogo al di fuori dei Paese in cui si esercita l'attività.

Nelle ipotesi in cui non sia agevole effettuare la verifica puntuale dei periodi di permanenza in Italia del lavoratore, è opportuno compiere adeguati accertamenti e riscontri presso le Autorità fiscali del paese estero di residenza dell'interessato, anche al fine di evitare possibili abusi.

A tale scopo si può ricorrere all'istituto dello "scambio di informazioni", di norma previsto in apposita clausola delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sui redditi, e che si attua mediante una specifica richiesta di questa Direzione Centrale nei confronti delle competenti Autorità fiscali estere, su conforme indicazione degli Uffici interessati.

Con l'occasione si raccomanda l'utilizzo di detto strumento ogni volta che ' si ritenga di poter acquisire, da Paesi esteri, elementi comunque utili alla attività accertatrice, tenendo anche conto che l'intensificarsi dello scambio di informazioni può risultare un valido deterrente per evitare fenomeni di evasione e di elusione.