§ 58.2.19 - D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 196.
Disciplina dell'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'articolo 47 [...]


Settore:Normativa nazionale
Materia:58. Lavoro
Capitolo:58.2 categorie protette
Data:23/05/2000
Numero:196


Sommario
Art. 1.  Consigliere e consiglieri di parità
Art. 2.  Procedura di nomina e durata del mandato
Art. 3.  Compiti e funzioni
Art. 4.  Rete nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità - Relazione al Parlamento
Art. 5.  Sede e attrezzature
Art. 6.  Permessi
Art. 7.  Azioni positive
Art. 8.  Azioni in giudizio
Art. 9.  Fondo per l'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità
Art. 10.  Disposizioni finali


§ 58.2.19 - D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 196. [1]

Disciplina dell'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'articolo 47 della legge 17 maggio 1999, n. 144

(G.U. 18 luglio 2000, n. 166)

 

     Art. 1. Consigliere e consiglieri di parità

     1. A livello nazionale, regionale e provinciale sono nominati una consigliera o un consigliere di parità. Per ogni consigliera o consigliere si provvede altresì alla nomina di un supplente.

     2. Le consigliere ed i consiglieri di parità, effettivi e supplenti, svolgono funzioni di promozione e controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro. Nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, le consigliere ed i consiglieri di parità sono pubblici ufficiali ed hanno l'obbligo di segnalazione all'autorità giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza.

 

          Art. 2. Procedura di nomina e durata del mandato

     1. Le consigliere ed i consiglieri di parità regionali e provinciali, effettivi e supplenti, sono nominati, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, su designazione degli organi a tal fine individuati dalle regioni e dalle province, sentite le commissioni rispettivamente regionali e provinciali tripartite di cui agli articoli 4 e 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, ognuno per i reciproci livelli di competenza sulla base dei requisiti di cui al comma 2 e con le procedure previste dal presente articolo. La consigliera o il consigliere nazionale di parità, effettivo e supplente, sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità.

     2. Le consigliere e i consiglieri di parità devono possedere requisiti di specifica competenza ed esperienza pluriennale in materia di lavoro femminile, di normative sulla parità e pari opportunità nonché di mercato del lavoro, comprovati da idonea documentazione.

     3. Il relativo decreto di nomina, contenente il curriculum della persona nominata, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

     4. In caso di mancata designazione dei consiglieri di parità regionali e provinciali entro i sessanta giorni successivi alla scadenza del mandato, o di designazione effettuata in assenza dei requisiti richiesti dal comma 2, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, provvede direttamente alla nomina nei trenta giorni successivi, nel rispetto dei requisiti di cui al comma 2. A parità di requisiti professionali si procede alla designazione e nomina di consigliere di parità. Si applica quanto previsto dal comma 3.

     5. Il mandato delle consigliere e dei consiglieri di cui al comma 1 ha la durata di quattro anni ed è rinnovabile una sola volta. Ai fini dell'eventuale rinnovo non si tiene conto dell'espletamento di funzioni di consigliere di parità ai sensi della normativa previgente in materia. La procedura di rinnovo si svolge osservandosi le modalità previste dal comma 3. Le consigliere ed i consiglieri di parità continuano a svolgere le loro funzioni fino alle nuove nomine. In sede di prima applicazione si procede alle nomine, conformemente ai criteri ed alla procedura previsti dai commi 2, 3 e 4, entro il 31 dicembre 2000.

 

          Art. 3. Compiti e funzioni

     1. Le consigliere ed i consiglieri di parità intraprendono ogni utile iniziativa ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e della promozione di pari opportunità per lavoratori e lavoratrici, svolgendo in particolare i seguenti compiti:

     a) rilevazione delle situazioni di squilibrio di genere, al fine di svolgere le funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni previste dalla legge 10 aprile 1991, n. 125;

     b) promozione di progetti di azioni positive, anche attraverso l'individuazione delle risorse comunitarie, nazionali e locali finalizzate allo scopo;

     c) promozione della coerenza della programmazione delle politiche di sviluppo territoriale rispetto agli indirizzi comunitari, nazionali e regionali in materia di pari opportunità;

     d) sostegno delle politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, sotto il profilo della promozione e realizzazione di pari opportunità;

     e) promozione dell'attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro;

     f) collaborazione con le direzioni provinciali e regionali del lavoro al fine di individuare procedure efficaci di rilevazione delle violazioni alla normativa in materia di parità, pari opportunità e garanzia contro le discriminazioni, anche mediante la progettazione di appositi pacchetti formativi;

     g) diffusione della conoscenza e dello scambio di buone prassi e attività di informazione e formazione culturale sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di discriminazioni;

     h) verifica dei risultati della realizzazione dei progetti di azioni positive previsti dalla legge 10 aprile 1991, n. 125;

     i) collegamento e collaborazione con gli assessorati al lavoro degli enti locali e con organismi di parità degli enti locali.

     2. Le consigliere ed i consiglieri di parità nazionale, regionali e provinciali, effettivi e supplenti, sono componenti a tutti gli effetti, rispettivamente, della commissione centrale per l'impiego ovvero del diverso organismo che ne venga a svolgere in tutto o in parte le funzioni a seguito del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e delle commissioni regionali e provinciali tripartite prevista dagli articoli 4 e 6 del citato decreto legislativo n. 469 del 1997; essi partecipano altresì ai tavoli di partenariato locale ed ai comitati di sorveglianza di cui al regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999. Le consigliere ed i consiglieri regionali e provinciali sono inoltre componenti delle commissioni di parità del corrispondente livello territoriale, ovvero di organismi diversamente denominati che svolgono funzioni analoghe. La consigliera o il consigliere nazionale è componente del Comitato nazionale e del Collegio istruttorio di cui agli articoli 5 e 7 della legge 10 aprile 1991, n. 125.

     3. Le strutture regionali di assistenza tecnica e monitoraggio di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, forniscono alle consigliere ed ai consiglieri di parità il supporto tecnico necessario: alla rilevazione di situazioni di squilibrio di genere; all'elaborazione dei dati contenuti nei rapporti sulla situazione del personale di cui all'articolo 9 della legge 10 aprile 1991, n. 125; alla promozione e realizzazione di piani di formazione e riqualificazione professionale; alla promozione di progetti di azioni positive.

     4. Su richiesta delle consigliere e dei consiglieri di parità, le direzioni provinciali e regionali del lavoro territorialmente competenti acquisiscono nei luoghi di lavoro informazioni sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle retribuzioni, delle condizioni di lavoro, della cessazione del rapporto di lavoro, ed ogni altro elemento utile, anche in base a specifici criteri di rilevazione indicati nella richiesta.

     5. Entro il 31 dicembre di ogni anno le consigliere ed i consiglieri di parità regionali e provinciali presentano un rapporto sull'attività svolta agli organi che hanno provveduto alla designazione. La consigliera o il consigliere di parità che non abbia provveduto alla presentazione del rapporto o vi abbia provveduto con un ritardo superiore a tre mesi decade dall'ufficio.

 

          Art. 4. Rete nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità - Relazione al Parlamento

     1. Al fine di rafforzare le funzioni delle consigliere e dei consiglieri di parità, di accrescere l'efficacia della loro azione, di consentire lo scambio di informazioni, esperienze e buone prassi, è istituita la rete nazionale dei consiglieri e delle consigliere di parità, coordinata dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parità.

     2. La rete nazionale si riunisce almeno due volte l'anno su convocazione e sotto la presidenza della consigliera o del consigliere nazionale; alle riunioni partecipano il vice presidente del Comitato nazionale di parità di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e un rappresentante designato dal Ministro per le pari opportunità.

     3. Per l'espletamento dei propri compiti la rete nazionale può avvalersi, oltre che del Collegio istruttorio di cui all'articolo 7 della legge 10 aprile 1991, n. 125, anche di esperte od esperti di particolare e comprovata qualificazione professionale nel rispettivo campo di attività.

     4. L'entità delle risorse necessarie al funzionamento della rete nazionale e all'espletamento dei relativi compiti, è determinata con il decreto di cui all'articolo 9, comma 2.

     5. Entro il 31 marzo di ogni anno la consigliera o il consigliere nazionale di parità elabora, anche sulla base dei rapporti di cui all'articolo 3, comma 5, un rapporto al Ministro del lavoro e della previdenza sociale e al Ministro per le pari opportunità sulla propria attività e su quella svolta dalla rete nazionale. Si applica quanto previsto nell'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 3 in caso di mancata o ritardata presentazione del rapporto.

     6. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, anche sulla base del rapporto di cui al comma 5, nonché delle indicazioni fornite dal Comitato nazionale di parità, presenta in Parlamento, almeno biennalmente, d'intesa con il Ministro per le pari opportunità, una relazione contenente i risultati del monitoraggio sull'applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro e sulla valutazione degli effetti delle disposizioni del presente decreto.

 

          Art. 5. Sede e attrezzature

     1. L'ufficio delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali e provinciali è ubicato rispettivamente presso le regioni e presso le province. L'ufficio della consigliera o del consigliere nazionale di parità è ubicato presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. L'ufficio è funzionalmente autonomo, dotato del personale, delle apparecchiature e delle strutture necessarie per lo svolgimento dei loro compiti. Il personale, la strumentazione e le attrezzature necessari sono assegnati dagli enti presso cui l'ufficio è ubicato, nell'ambito delle risorse trasferite ai sensi del decreto legislativo del 23 dicembre 1997, n. 469.

     2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, predispone con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, una convenzione quadro allo scopo di definire le modalità di organizzazione e di funzionamento dell'ufficio delle consigliere e dei consiglieri di parità, nonché gli indirizzi generali per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e). Entro i successivi tre mesi il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, in conformità ai contenuti della convenzione quadro, provvede alla stipula di altrettante convenzioni con gli enti territoriali nel cui ambito operano le consigliere ed i consiglieri di parità.

 

          Art. 6. Permessi

     1. Le consigliere ed i consiglieri di parità, nazionale e regionali hanno diritto per l'esercizio delle loro funzioni, ove si tratti di lavoratori dipendenti, ad assentarsi dal posto di lavoro per un massimo di 50 ore lavorative mensili medie. Nella medesima ipotesi le consigliere ed i consiglieri provinciali di parità hanno diritto ad assentarsi dal posto di lavoro per un massimo di 30 ore lavorative mensili medie. I permessi di cui al presente comma sono retribuiti.

     2. Le consigliere ed i consiglieri regionali e provinciali di parità hanno altresì diritto, ove si tratti di lavoratori dipendenti, ad ulteriori permessi non retribuiti per i quali verrà corrisposta un'indennità. La misura massima dei permessi e l'importo dell'indennità sono stabiliti annualmente dal decreto di cui all'articolo 9, comma 2. Ai fini dell'esercizio del diritto di assentarsi dal luogo di lavoro di cui al comma 1 ed al presente comma, le consigliere ed i consiglieri di parità devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro almeno un giorno prima.

     3. L'onere per le assenze dal lavoro di cui al comma 1 delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali e provinciali, lavoratori dipendenti da privati o da amministrazioni pubbliche, è a carico rispettivamente dell'ente regionale e provinciale. A tal fine si impiegano risorse provenienti dal Fondo di cui all'articolo 9. L'ente regionale o provinciale, su richiesta, è tenuto a rimborsare al datore di lavoro quanto corrisposto per le ore di effettiva assenza.

     4. Le consigliere ed i consiglieri regionali e provinciali di parità, lavoratori autonomi o liberi professionisti, hanno diritto per l'esercizio delle loro funzioni ad un'indennità rapportata al numero complessivo delle ore di effettiva attività, entro un limite massimo determinato annualmente dal decreto di cui all'articolo 9, comma 2.

     5. La consigliera o il consigliere nazionale di parità, ove lavoratore dipendente, usufruisce di un numero massimo di permessi non retribuiti determinato annualmente con il decreto di cui all'articolo 9, comma 2, nonché di un'indennità fissata dallo stesso decreto. In alternativa può richiedere il collocamento in aspettativa non retribuita per la durata del mandato, percependo in tal caso un'indennità complessiva, a carico del Fondo di cui all'articolo 9, determinata tenendo conto dell'esigenza di ristoro della retribuzione perduta e di compenso dell'attività svolta. Ove la funzione di consigliera o consigliere nazionale di parità sia ricoperta da un lavoratore autonomo o da un libero professionista, spetta al medesimo un'indennità nella misura complessiva annua determinata dal decreto di cui all'articolo 9, comma 2.

 

          Art. 7. Azioni positive

     1. All'articolo 2 della legge 10 aprile 1991, n. 125, il comma 1 è sostituito dal seguente:

     "1. A partire dal 1° ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali possono richiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al programma-obiettivo di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c).".

     2. All'articolo 6, comma 1, della legge 10 aprile 1991, n. 125, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

     "c) formula entro il 31 maggio di ogni anno un programma-obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione. Il programma è diffuso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;".

     3. All'articolo 6, comma 1, della legge 10 aprile 1991, n. 125, la lettera g) è sostituita dalla seguente:

     "g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all'adozione di progetti di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse o di situazioni di squilibrio nella posizione di uomini e donne in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle condizioni di lavoro e retributive, stabilendo eventualmente, su proposta del collegio istruttorio, l'entità del cofinanziamento di una quota dei costi connessi alla loro attuazione;".

     4. All'articolo 7 della legge 10 aprile 1991, n. 125, il comma 4 è sostituito dal seguente:

     "4. Il Comitato e il collegio istruttorio deliberano in ordine alle proprie modalità di organizzazione e di funzionamento; per lo svolgimento dei loro compiti possono costituire specifici gruppi di lavoro. Il Comitato può deliberare la stipula di convenzioni nonché di avvalersi di collaborazioni esterne:

     a) per l'effettuazione di studi e ricerche;

     b) per attività funzionali all'esercizio dei compiti in materia di progetti di azioni positive previsti dall'articolo 6, comma 1, lettera d).".

     5. Ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 61, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi di rappresentanza previsti dall'articolo 47 del citato decreto legislativo n. 29 del 1993 ovvero, in mancanza, le organizzazioni rappresentative nell'ambito del comparto e dell'area di interesse, sentito inoltre, in relazione alla sfera operativa della rispettiva attività, il Comitato di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e la consigliera o il consigliere nazionale di parità, ovvero il Comitato per le pari opportunità eventualmente previsto dal contratto collettivo e la consigliera o il consigliere di parità territorialmente competente, predispongono piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Detti piani, fra l'altro, al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sottorappresentate, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera d), della citata legge n. 125 del 1991, favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi. A tale scopo, in occasione tanto di assunzioni quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e preparazione professionale tra candidati di sesso diverso, l'eventuale scelta del candidato di sesso maschile è accompagnata da un'esplicita ed adeguata motivazione. I piani di cui al presente articolo hanno durata triennale. In sede di prima applicazione essi sono predisposti entro il 30 giugno 2001. In caso di mancato adempimento si applica l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

     6. In fase di prima attuazione, il programma obiettivo di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 10 aprile 1991, n. 125, come sostituito dal comma 2, è formulato per l'anno 2000 entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

          Art. 8. Azioni in giudizio

     1. L'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, è sostituito dal seguente:

     "Art. 4 (Azioni in giudizio).

     1. Costituisce discriminazione, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e della presente legge, qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso.

     2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell'uno o dell'altro sesso e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa.

     3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate, anche a mezzo di terzi, da datori di lavoro privati e pubbliche amministrazioni la prestazione richiesta dev'essere accompagnata dalle parole "dell'uno o dell'altro sesso” , fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione.

     4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o, rispettivamente, dell'articolo 69 bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, anche tramite la consigliera o il consigliere di parità provinciale o regionale territorialmente competente.

     5. Le consigliere o i consiglieri di parità provinciali e regionali competenti per territorio, ferme restando le azioni in giudizio di cui ai commi 8 e 10, hanno facoltà di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima.

     6. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto - desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti - idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione.

     7. Qualora le consigliere o i consiglieri di parità regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, il consigliere o la consigliera nazionale, rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni, prima di promuovere l'azione in giudizio ai sensi dei commi 8 e 10, possono chiedere all'autore della discriminazione di predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine non superiore a centoventi giorni, sentite, nel caso di discriminazione posta in essere da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Se il piano è considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la consigliera o il consigliere di parità promuove il tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in funzione di giudice del lavoro.

     8. Con riguardo alle discriminazioni di carattere collettivo di cui al comma 7 le consigliere o i consiglieri di parità, qualora non ritengano di avvalersi della procedura di conciliazione di cui al medesimo comma o in caso di esito negativo della stessa, possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti.

     9. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 8, ordina all'autore della discriminazione di definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, sentite, nel caso si tratti di datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, gli organismi locali aderenti alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché la consigliera o il consigliere di parità regionale competente per territorio o il consigliere o la consigliera nazionale. Nella sentenza il giudice fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della definizione ed attuazione del piano.

     10. Ferma restando l'azione di cui al comma 8, la consigliera o il consigliere regionale e nazionale di parità possono proporre ricorso in via d'urgenza davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, con decreto motivato e immediatamente esecutivo ordina all'autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, ivi compreso l'ordine di definizione ed attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle medesime. Si applicano in tal caso le disposizioni del comma 9. Contro il decreto è ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorità giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza immediatamente esecutiva.

     11. L'inottemperanza alla sentenza di cui al comma 9, al decreto di cui al comma 10 o alla sentenza pronunciata nel relativo giudizio di opposizione è punita ai sensi dell'articolo 650 del codice penale e comporta altresì la revoca dei benefici di cui al comma 12 ed il pagamento di una somma di lire centomila per ogni giorno di ritardo da versarsi al Fondo di cui all'articolo 9.

     12. Ogni accertamento di atti, patti o comportamenti discriminatori ai sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da soggetti ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, viene comunicato immediatamente dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi più gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali la direzione provinciale del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi dei commi 4 e 7.

     13. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio promossa dalla persona che vi abbia interesse o su sua delega da un'organizzazione sindacale o dalla consigliera o dal consigliere provinciale o regionale di parità.

     14. Qualora venga presentato un ricorso in via di urgenza ai sensi del comma 10 o ai sensi dell'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, come modificato dal comma 13, non trova applicazione l'articolo 410 del codice di procedura civile.".

 

          Art. 9. Fondo per l'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità

     1. È istituito il Fondo nazionale per le attività delle consigliere e dei consiglieri di parità, alimentato dalle risorse di cui all'articolo 47, comma 1, lettera d), della legge 17 maggio 1999, n. 144. Il Fondo è destinato a finanziare le spese relative alle attività della consigliera o del consigliere nazionale di parità e delle consigliere o dei consiglieri regionali e provinciali di parità, ai compensi degli esperti eventualmente nominati ai sensi dell'articolo 4, comma 4, nonché le spese relative alle azioni in giudizio promosse o sostenute ai sensi dell'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, come sostituito dal presente decreto. E' altresì destinato a finanziare le spese relative al pagamento di compensi per indennità, rimborsi e remunerazione dei permessi spettanti alle consigliere ed ai consiglieri di parità, nonché quelle per il funzionamento e le attività della rete di cui all'articolo 4 e per gli eventuali oneri derivanti dalle convenzioni di cui all'articolo 5, comma 3, diversi da quelli relativi al personale. Le regioni e le province possono integrare le risorse provenienti dal Fondo con risorse proprie.

     2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le risorse del Fondo vengono annualmente ripartite tra le diverse destinazioni, sulla base dei seguenti criteri:

     a) una quota pari al 30% è riservata all'ufficio del consigliere nazionale di parità ed è destinata a finanziare, oltre alle spese relative alle attività ed ai compensi dello stesso, le spese relative al funzionamento ed ai programmi di attività della rete delle consigliere e dei consiglieri di parità di cui all'articolo 4;

     b) la restante quota del 70% è destinata alle regioni e viene suddivisa tra le stesse sulla base di una proposta di riparto elaborata dalla commissione interministeriale di cui al comma 4.

     3. La ripartizione delle risorse deve comunque essere effettuata in base a parametri oggettivi, che tengono conto del numero dei consiglieri provinciali e di indicatori che considerano i differenziali demografici ed occupazionali, di genere e territoriali, nonché in base alla capacità di spesa dimostrata negli esercizi finanziari precedenti.

     4. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita la commissione interministeriale per la gestione del Fondo di cui al comma 1. La commissione è composta dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parità o da un delegato scelto all'interno della rete di cui all'articolo 4, dal vicepresidente del Comitato nazionale di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, da un rappresentante della direzione generale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale preposta all'amministrazione del Fondo per l'occupazione, da tre rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un rappresentante del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da un rappresentante del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché da tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Essa provvede alla proposta di riparto tra le regioni della quota di risorse del Fondo ad esse assegnata, nonché all'approvazione dei progetti e dei programmi della rete di cui all'articolo 4. L'attività della commissione non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

     5. Per la gestione del Fondo di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, le norme che disciplinano il Fondo per l'occupazione.

 

          Art. 10. Disposizioni finali

     1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per le pari opportunità, in base alle indicazioni del Comitato di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, sono stabilite le modalità di presentazione delle richieste di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 125 del 1991, le procedure di valutazione e di verifica e quelle di erogazione, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123. Con lo stesso decreto sono stabiliti i requisiti di onorabilità che i soggetti richiedenti devono possedere. La mancata attuazione del progetto comporta la decadenza dal beneficio e la restituzione delle somme eventualmente già riscosse. In caso di attuazione parziale, la decadenza opera limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione è effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di cui al presente comma.

     2. In sede di prima applicazione del presente decreto, i rapporti di cui agli articoli 3, comma 5, e 4, comma 5, sono presentati, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2001 e il 31 marzo 2002.

     3. Sono abrogati gli articoli 2, commi 3 e 6, e 8, della legge 10 aprile 1991, n. 125, e l'articolo 18 della legge 7 dicembre 1977, n. 903.

     4. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi desumibili dal presente decreto con le modalità previste dai rispettivi statuti. Fino all'emanazione delle leggi regionali, le disposizioni del presente decreto trovano piena e immediata applicazione nelle regioni a statuto speciale. Per le province autonome di Trento e Bolzano resta fermo l'articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266.

 


[1] Abrogato dall'art. 57 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, ad eccezione dell'articolo 10, comma 4.