§ 44.1.14 - D.Lgs.Lgt. 27 luglio 1944, n. 159.
Sanzioni contro il fascismo.


Settore:Normativa nazionale
Materia:44. Fascismo
Capitolo:44.1 fascismo
Data:27/07/1944
Numero:159


Sommario
Art. 1.      Sono abrogate tutte le disposizioni penali emanate a tutela delle istituzioni e degli organi politici creati dal fascismo
Art. 2.      I membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver annullate le garanzie costituzionali, distrutte le libertà popolari, creato il regime [...]
Art. 3.      Coloro che hanno organizzato squadre fasciste, le quali hanno compiuto atti di violenza o di devastazione, e coloro che hanno promosso o diretto l'insurrezione del 28 [...]
Art. 4.      I delitti preveduti dall'articolo precedente sono giudicati, a seconda della rispettiva competenza, dalle Corti d'assise, dai Tribunali e dai Pretori
Art. 5.      Chiunque, posteriormente all'8 settembre 1943, abbia commesso o commetta delitti contro la fedeltà e la difesa militare dello Stato, con qualunque forma di intelligenza [...]
Art. 6.      Non può essere invocata la prescrizione del reato e della pena a favore di coloro che, pur essendo colpevoli dei delitti di cui al presente decreto, sono rimasti finora [...]
Art. 7.      Per i reati previsti nel presente titolo, la pena può essere ridotta fino ad un quarto, e alla pena di morte o dell'ergastolo può essere sostituita la reclusione non [...]
Art. 8.      Chi, per motivi fascisti o avvalendosi della situazione politica creata dal fascismo, abbia compiuto fatti di particolare gravità che, pur non integrando gli estremi di [...]
Art. 9.      Senza pregiudizio dell'azione penale, i beni dei cittadini i quali hanno tradito la patria ponendosi spontaneamente ed attivamente al servizio degli invasori tedeschi [...]
Art. 10.      Per ciò che non è previsto nel presente titolo valgono, in quanto applicabili, le disposizioni del Codice di procedura penale
Art. 11.      Sono sottoposti a giudizio di epurazione gli appartenenti
Art. 12.      Sono dispensati dal servizio
Art. 13.      Sono altresì dispensati dal servizio i dipendenti delle Amministrazioni di cui all'art. 11, i quali abbiano dato prova di faziosità fascista o della incapacità o del [...]
Art. 14.      Coloro che hanno rivestito la qualifica di squadrista, o sansepolcrista, o antemarcia, o marcia su Roma, o sciarpa littorio, o che sono stati ufficiali della M.V.S.N. [...]
Art. 15.      Nel caso di indebiti avanzamenti o di preferenze nei concorsi per titoli fascisti può essere, in luogo della dispensa, disposta la retrocessione o la restituzione ai [...]
Art. 16.      Chi, dopo l'8 settembre 1943, si è distinto nella lotta contro i tedeschi, può essere esente dalla dispensa e da ogni altra misura disciplinare
Art. 17.      Gli impiegati che, dopo l'8 settembre 1943, hanno seguito il governo fascista o gli hanno prestato giuramento o hanno collaborato con esso, sono dispensati dal servizio
Art. 18.      Il giudizio di epurazione è affidato in primo grado a Commissioni costituite presso ogni Ministero o Amministrazione o Ente autonomo. Quando si tratta di personale di [...]
Art. 19.      All'impiegato proposto per la dispensa è fissato un termine non minore di giorni 10 per presentare le sue deduzioni
Art. 20.      Le conclusioni della Commissione di primo grado sono comunicate all'Alto Commissario ed all'interessato. E' ammesso ricorso, nel termine di tre giorni per l'interessato, [...]
Art. 21.      La dispensa è, conformemente alle conclusioni delle Commissioni, pronunciata dall'Autorità cui spetta, secondo le norme comuni, tale forma di provvedimento
Art. 22.      L'impiegato dispensato dal servizio è ammesso a liquidare il trattamento di quiescenza che possa spettargli a norma delle disposizioni vigenti
Art. 23.      Presso gli ordini professionali e gli organi incaricati della tenuta di albi per l'esercizio di professioni, arti o mestieri, sono istituite Commissioni incaricate di [...]
Art. 24.      Contro i provvedimenti previsti dal presente titolo è dato il ricorso al Consiglio di Stato, limitatamente al motivo di incompetenza
Art. 25.      Il termine per l'inizio delle procedure previste nel presente titolo è di sei mesi dall'entrata in vigore di questo decreto
Art. 26.      I profitti derivati dalla partecipazione o adesione al regime fascista sono avocati allo Stato, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale per i fatti [...]
Art. 27.      Beni determinati esistenti nel patrimonio del debitore, l'acquisto dei quali sia particolarmente dovuto a profitti di regime, possono essere avocati allo Stato
Art. 28.      Delle somme liquidate a titolo di avocazione di profitti di regime risponde tutto il patrimonio del debitore
Art. 29.      Se il patrimonio del debitore risulta insufficiente a pagare le somme dovute allo Stato, sono privi di effetto rispetto a questo
Art. 30.      L'accertamento e la liquidazione dei profitti di regime sono di competenza di una sezione speciale della Commissione provinciale delle imposte, formata dal presidente [...]
Art. 31.      La Sezione speciale della Commissione provinciale ha tutti i poteri di indagine, accesso, ispezione, controllo e richiesta di dati, conferiti agli agenti delle imposte [...]
Art. 32.      Contro le decisioni della Sezione speciale della Commissione provinciale il debitore e l'Amministrazione finanziaria possono presentare ricorso entro 30 giorni. Può [...]
Art. 33.      Le decisioni della Sezione speciale della Commissione centrale possono essere impugnate soltanto per assoluto difetto di giurisdizione davanti alle Sezioni unite della [...]
Art. 34.      L'Alto Commissario può, anche fuori del termine suddetto, ma non oltre un biennio, promuovere la rettifica dell'accertamento, sebbene divenuto definitivo, in base a [...]
Art. 35.      Prima ancora che siano costituite le Sezioni speciali delle Commissioni provinciali, il presidente del Tribunale può, su richiesta dell'Alto Commissario o [...]
Art. 36.      In seguito a decreto dell'Alto Commissario da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale del Regno, coloro che detengono beni di pertinenza delle persone indicate nel decreto [...]
Art. 37.      La proposta di liquidazione della Commissione provinciale, quando non è stato avanzato reclamo dal debitore, ed in ogni caso la decisione della stessa, anche pendente [...]
Art. 38.      I beni del cessato partito nazionale fascista e delle organizzazioni soppresse dal regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 704, sono devoluti allo Stato
Art. 39.      Al realizzo delle attività del partito nazionale fascista e degli enti soppressi provvede l'Amministrazione finanziaria dello Stato
Art. 40.  [5]
Art. 41.      L'Alto Commissario dirige ed invigila l'opera di tutti gli organi a mezzo dei quali di adempiono le sanzioni contro il fascismo
Art. 42.      Per l'applicazione del presente decreto sono abolite tutte le prerogative, comprese quelle previste dagli articoli 36, 37 e 47 dello Statuto
Art. 43.      I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblici servizi, investiti a norma del presente decreto di funzioni relative alla repressione dei delitti dei fascisti, [...]
Art. 44.      I procedimenti già iniziati per la punizione dei delitti fascisti, per la epurazione e per l'avocazione dei profitti di regime, sono proseguiti con le norme del presente [...]
Art. 45.      Sarà, con successivi decreti legislativi, provveduto, in quanto occorra, all'esecuzione delle norme contenute nel presente decreto legislativo
Art. 46.      Sono abrogati i regi decreti-legge 9 agosto 1943, n. 720, 28 dicembre 1943, n. 29/B, 26 maggio 1944, n. 134
Art. 47.      Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno - serie speciale


§ 44.1.14 - D.Lgs.Lgt. 27 luglio 1944, n. 159.

Sanzioni contro il fascismo.

(G.U. 29 luglio 1944, n. 41)

 

 

Titolo I

 

PUNIZIONE DI DELITTI

 

     Art. 1.

     Sono abrogate tutte le disposizioni penali emanate a tutela delle istituzioni e degli organi politici creati dal fascismo.

     Le sentenze già pronunciate in base a tali disposizioni sono annullate.

 

          Art. 2.

     I membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver annullate le garanzie costituzionali, distrutte le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesse e tradite le sorti del Paese condotto alla attuale catastrofe, sono puniti con l'ergastolo e, nei casi di più grave responsabilità, con la morte.

     Essi saranno giudicati da un'Alta Corte di giustizia composta di un presidente e di otto membri, nominati dal Consiglio dei Ministri fra alti magistrati, in servizio o a riposo, e fra altre personalità di rettitudine intemerata.

 

          Art. 3.

     Coloro che hanno organizzato squadre fasciste, le quali hanno compiuto atti di violenza o di devastazione, e coloro che hanno promosso o diretto l'insurrezione del 28 ottobre 1922 sono puniti secondo l'art. 120 del Codice penale del 1889.

     Coloro che hanno promosso o diretto il colpo di Stato del 3 gennaio 1925 e coloro che hanno in seguito contribuito con atti rilevanti a mantenere in vigore il regime fascista sono puniti secondo l'art. 118 del Codice stesso.

     Chiunque ha commesso altri delitti per motivi fascisti o valendosi della situazione politica creata dal fascismo è punito secondo le leggi del tempo.

 

          Art. 4.

     I delitti preveduti dall'articolo precedente sono giudicati, a seconda della rispettiva competenza, dalle Corti d'assise, dai Tribunali e dai Pretori.

     Le Corti d'assise sono costituite dai due magistrati, previsti dal Testo unico delle disposizioni legislative sull'ordinamento delle Corti di assise, e da cinque giudici popolari estratti a sorte da appositi elenchi di cittadini di condotta morale e politica illibata.

 

          Art. 5.

     Chiunque, posteriormente all'8 settembre 1943, abbia commesso o commetta delitti contro la fedeltà e la difesa militare dello Stato, con qualunque forma di intelligenza o corrispondenza o collaborazione col tedesco invasore, di aiuto o di assistenza ad esso prestata, è punito a norma delle disposizioni del Codice penale militare di guerra.

     Le pene stabilite per i militari sono applicate anche ai non militari.

     I militari saranno giudicati dai Tribunali militari, i non militari dai giudici ordinari.

 

          Art. 6.

     Non può essere invocata la prescrizione del reato e della pena a favore di coloro che, pur essendo colpevoli dei delitti di cui al presente decreto, sono rimasti finora impuniti per l'esistenza stessa del regime fascista.

     Per lo stesso motivo le amnistie e gli indulti concessi dopo il 28 ottobre 1922 sono inapplicabili ai delitti di cui al presente decreto e, se sono già stati applicati, le relative declaratorie sono revocate.

     L'Alto Commissario potrà proporre la revoca di grazie sovrane già concesse.

     Le sentenze pronunziate per gli stessi delitti possono essere dichiarate giuridicamente inesistenti quando sulla decisione abbia influito lo stato di morale coercizione determinato dal fascismo. La pronuncia al riguardo è affidata ad una Sezione della suprema Corte di Cassazione, designata dal Ministro Guardasigilli.

     Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai delitti punibili con pena detentiva non superiore nel massimo ai tre anni.

 

          Art. 7.

     Per i reati previsti nel presente titolo, la pena può essere ridotta fino ad un quarto, e alla pena di morte o dell'ergastolo può essere sostituita la reclusione non inferiore a cinque anni:

     a) se il colpevole, prima dell'inizio della presente guerra, ha preso posizione ostile al fascismo;

     b) se ha partecipato attivamente alla lotta contro i tedeschi.

     Se ricorrono le circostanze attenuanti generiche, previste dal Codice penale del 1889, alla pena di morte o all'ergastolo è sostituita la reclusione per trent'anni e le altre pene sono diminuite di un sesto.

     Il colpevole potrà essere dichiarato non punibile, se nella lotta contro i tedeschi si sia particolarmente distinto con atti di valore.

 

          Art. 8.

     Chi, per motivi fascisti o avvalendosi della situazione politica creata dal fascismo, abbia compiuto fatti di particolare gravità che, pur non integrando gli estremi di reato, siano contrari a norme di rettitudine o di probità politica, è soggetto alla sospensione dai diritti elettorali, attivi e passivi, per una durata non superiore a dieci anni, o alla interdizione temporanea dai pubblici uffici, ovvero alla privazione dei diritti politici per una durata non superiore a dieci anni [1].

     In ogni caso incorrono nella sospensione del diritto elettorale coloro che hanno ricoperto cariche direttive nel partito fascista. Tali cariche saranno indicate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri [2].

     Qualora l'agente risulti socialmente pericoloso può esserne disposta l'assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro per un tempo non inferiore ad un anno nè superiore a dieci.

     I provvedimenti previsti dal presente articolo sono applicati da Commissioni provinciali presiedute da un magistrato e composte di due altri membri estratti a sorte, fra i giudici popolari di cui all'art. 4.

     Quanto ai membri di Assemblee legislative o di enti ed istituti che con i loro voti o atti contribuirono al mantenimento del regime fascista ed a rendere possibile la guerra, la decadenza della loro carica sarà decisa dall'Alta Corte di cui all'art. 2, ciò senza pregiudizio delle sanzioni di cui al presente decreto in quanto siano applicabili.

 

          Art. 9.

     Senza pregiudizio dell'azione penale, i beni dei cittadini i quali hanno tradito la patria ponendosi spontaneamente ed attivamente al servizio degli invasori tedeschi sono confiscati a vantaggio dello Stato.

     Nel caso di azione penale la confisca è pronunciata dall'autorità giudiziaria che pronuncia la condanna. In caso diverso dal Tribunale competente per territorio, su richiesta dell'Alto Commissario.

 

          Art. 10.

     Per ciò che non è previsto nel presente titolo valgono, in quanto applicabili, le disposizioni del Codice di procedura penale.

 

Titolo II

 

EPURAZIONE DELL'AMMINISTRAZIONE

 

          Art. 11.

     Sono sottoposti a giudizio di epurazione gli appartenenti:

     1) alle Amministrazioni civili e militari dello Stato, anche se con ordinamento autonomo;

     2) agli Enti locali ed agli altri Enti ed Istituti pubblici;

     3) alle Aziende speciali dipendenti da Amministrazioni ed Enti pubblici, alle Aziende private concessionarie di servizi pubblici ed a quelle riconosciute di interesse nazionale.

 

          Art. 12.

     Sono dispensati dal servizio:

     1) coloro che, specialmente in alti gradi, col partecipare attivamente alla vita politica del fascismo o con manifestazioni ripetute di apologia fascista, si sono mostrati indegni di servire lo Stato;

     2) coloro che, anche nei gradi minori, hanno conseguito nomine od avanzamenti per il favore del partito o dei gerarchi fascisti.

 

          Art. 13.

     Sono altresì dispensati dal servizio i dipendenti delle Amministrazioni di cui all'art. 11, i quali abbiano dato prova di faziosità fascista o della incapacità o del malcostume introdotti dal fascismo nelle pubbliche Amministrazioni.

     Qualora dal giudizio di epurazione risultino elementi di reato, dovrà esserne fatta denuncia all'autorità competente.

 

          Art. 14.

     Coloro che hanno rivestito la qualifica di squadrista, o sansepolcrista, o antemarcia, o marcia su Roma, o sciarpa littorio, o che sono stati ufficiali della M.V.S.N. sono dispensati dal servizio. Qualora però non abbiano dato prova di settarietà, e di intemperanza fascista sono soggetti a misure disciplinari di minore gravità.

     Alle minori pene disciplinari si può addivenire anche nel caso dell'apologia fascista contemplata nell'art. 12, n. 1, quando l'apologia non abbia avuto tale gravità da rendere il colpevole indegno di servire lo Stato [3].

 

          Art. 15.

     Nel caso di indebiti avanzamenti o di preferenze nei concorsi per titoli fascisti può essere, in luogo della dispensa, disposta la retrocessione o la restituzione ai ruoli di provenienza.

 

          Art. 16.

     Chi, dopo l'8 settembre 1943, si è distinto nella lotta contro i tedeschi, può essere esente dalla dispensa e da ogni altra misura disciplinare.

 

          Art. 17.

     Gli impiegati che, dopo l'8 settembre 1943, hanno seguito il governo fascista o gli hanno prestato giuramento o hanno collaborato con esso, sono dispensati dal servizio.

     Può essere loro inflitta una pena disciplinare minore, qualora dimostrino di essersi trovati esposti a gravi minacce e pericoli per la persona propria o dei propri congiunti.

     Possono andare esenti da ogni sanzione coloro che hanno in modo efficacie, con l'opera propria, aiutato i patrioti e danneggiata l'azione dei tedeschi e del governo che apparentemente servivano.

     In ogni caso si farà luogo al conguaglio degli assegni che sarebbero spettati e di quelli effettivamente percepiti; nè sono dovute le indennità e le somme riscosse a causa di trasloco.

 

          Art. 18.

     Il giudizio di epurazione è affidato in primo grado a Commissioni costituite presso ogni Ministero o Amministrazione o Ente autonomo. Quando si tratta di personale di diversi ruoli possono essere costituite più Commissioni presso lo stesso Ministero.

     Le Commissioni sono nominate dal Ministro competente e composte di un magistrato dell'ordine giudiziario o amministrativo, in servizio o a riposo, che le presiede, del Capo del personale o di un funzionario dell'Amministrazione e di un terzo membro designato dall'Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo.

     Per i Comuni, le Provincie, le Istituzioni pubbliche di beneficienza e gli Enti sottoposti a controllo dell'Amministrazione locale è istituita una Commissione nominata dal Prefetto e composta di un magistrato, in servizio o a riposo, di un funzionario di Prefettura e di un membro designato dall'Alto Commissario.

     Nelle forme prevedute dai commi precedenti possono essere nominati membri supplenti e la Commissione può dividersi in sotto commissioni.

 

          Art. 19.

     All'impiegato proposto per la dispensa è fissato un termine non minore di giorni 10 per presentare le sue deduzioni.

     Le Commissioni, direttamente o attraverso un membro da esse delegato, hanno facoltà di escutere testi, di chiedere atti e documenti all'autorità giudiziaria e alla pubblica Amministrazione e possono sentire personalmente l'interessato, anche se questi non ne faccia richiesta.

 

          Art. 20.

     Le conclusioni della Commissione di primo grado sono comunicate all'Alto Commissario ed all'interessato. E' ammesso ricorso, nel termine di tre giorni per l'interessato, di venti per l'Alto Commissario, ad una Commissione centrale nominata dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta di un presidente, di due magistrati dell'ordine giudiziario o amministrativo in servizio o a riposo, di due funzionari delle Amministrazioni centrali e di due membri, designati dall'Alto Commissario per sanzioni contro il fascismo.

     Nelle stesse forme possono essere nominati membri supplenti e la Commissione può dividersi in sottocommissioni.

 

          Art. 21.

     La dispensa è, conformemente alle conclusioni delle Commissioni, pronunciata dall'Autorità cui spetta, secondo le norme comuni, tale forma di provvedimento.

     La stessa Autorità emana provvedimenti disciplinari previsti dal presente titolo, sempre conformemente alle conclusioni delle Commissioni.

 

          Art. 22.

     L'impiegato dispensato dal servizio è ammesso a liquidare il trattamento di quiescenza che possa spettargli a norma delle disposizioni vigenti.

     Nei casi più gravi può essere disposta la perdita del diritto a pensione.

     L'impiegato sottoposto a procedimento per l'epurazione può essere sospeso dall'ufficio. In tal caso gli è corrisposto a titolo alimentare lo stipendio, esclusa ogni altra indennità. Il provvedimento di sospensione è adottato dal Ministro competente o, nei casi in cui al terzo comma dell'art. 18, dal Prefetto.

 

          Art. 23.

     Presso gli ordini professionali e gli organi incaricati della tenuta di albi per l'esercizio di professioni, arti o mestieri, sono istituite Commissioni incaricate di rivedere le iscrizioni agli albi, applicando i criteri di cui agli articoli precedenti.

     Le Commissioni sono nominate dal Ministro competente o dall'autorità da lui delegata, e composte di un presidente, di un membro designato dagli organi incaricati della tenuta dell'albo e di un membro designato dall'Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo.

     Contro le conclusioni delle Commissioni è ammesso ricorso, nei termini previsti dall'art. 20, a Commissioni centrali costituite, per ogni ordine o professione, dal Ministro competente o composte di un presidente, di due magistrati dell'ordine giudiziario o amministrativo, in servizio o a riposo, di quattro membri designati dagli organi professionali e di due altri membri designati dall'Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo.

     Nei casi meno gravi, in luogo della cancellazione, può essere inflitta la sospensione temporanea dell'esercizio della professione, arte o mestiere.

 

          Art. 24.

     Contro i provvedimenti previsti dal presente titolo è dato il ricorso al Consiglio di Stato, limitatamente al motivo di incompetenza.

 

          Art. 25.

     Il termine per l'inizio delle procedure previste nel presente titolo è di sei mesi dall'entrata in vigore di questo decreto.

     Il procedimento davanti alla Commissione di primo grado deve essere ultimato entro tre mesi dall'inizio.

     Per i territori non liberati e per quelli liberati ma non ancora affidati all'Amministrazione del Governo italiano, la scadenza del termine indicato nel primo comma è prorogato fino a sei mesi dopo il passaggio all'Amministrazione italiana dei territori stessi.

 

Titolo III

 

AVOCAZIONE DEI PROFITTI DI REGIME

 

          Art. 26.

     I profitti derivati dalla partecipazione o adesione al regime fascista sono avocati allo Stato, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale per i fatti costituenti reato.

     Gli incrementi patrimoniali conseguiti dopo il 28 ottobre 1922, da cui ha rivestito cariche pubbliche o comunque svolta attività politica, come fascista, si presumono profitti di regime, a meno che gli interessati dimostrino che gli arricchimenti hanno avuto lecita provenienza. Ciò vale anche se i beni abbiano cessato di appartenere alla stessa persona.

     Si presumono altresì profitti di regime gli incrementi patrimoniali degli ascendenti, dei discendenti e del coniuge e di chi, anche non iscritto al partito fascista, aveva relazioni di associazione o cointeressenza con le persone indicate nel secondo comma.

     Nella determinazione degli incrementi patrimoniali si ha riguardo anche ai beni in qualunque modo acquistati o posseduti per interposte persone.

 

          Art. 27.

     Beni determinati esistenti nel patrimonio del debitore, l'acquisto dei quali sia particolarmente dovuto a profitti di regime, possono essere avocati allo Stato.

 

          Art. 28.

     Delle somme liquidate a titolo di avocazione di profitti di regime risponde tutto il patrimonio del debitore.

     Nel caso previsto dal terzo comma dell'art. 26, le persone di cui al secondo comma dell'articolo stesso sono solidalmente responsabili con i loro congiunti associati a clienti.

 

          Art. 29.

     Se il patrimonio del debitore risulta insufficiente a pagare le somme dovute allo Stato, sono privi di effetto rispetto a questo;

     1) gli atti a titolo gratuito posti in essere dal debitore nel quinquennio anteriore al 25 luglio 1943;

     2) qualsiasi atto di disposizione effettuato dopo tale data.

     Di fronte allo Stato e ai fini del realizzo del suo credito per profitti di regime, i beni acquistati entro il quinquennio anteriore al 25 luglio 1943 dal coniuge del debitore, si considerano appartenenti a questo.

 

          Art. 30.

     L'accertamento e la liquidazione dei profitti di regime sono di competenza di una sezione speciale della Commissione provinciale delle imposte, formata dal presidente del Tribunale o dal giudice da lui delegato e da quattro commissari nominati dal Ministro per le finanze su designazione del Prefetto fra cittadini di provata probità e competenza.

     La Sezione speciale procede all'accertamento in base ad indicazione dell'Alto Commissario, ad informazioni degli organi finanziari e a segnalazioni firmate di privati.

     La Sezione medesima giudica i reclami del debitore e della finanza avverso la propria proposta di accertamento e liquidazione dei profitti di regime.

     Nell'udienza, che è pubblica, è ammesso il contraddittorio dell'Amministrazione finanziaria che può farsi rappresentare dall'Avvocatura dello Stato e della persona sottoposta all'accertamento che può farsi rappresentare da un procuratore legale od avvocato.

     Le decisioni sono notificate al debitore, all'Amministrazione finanziaria ed all'Alto Commissario.

 

          Art. 31.

     La Sezione speciale della Commissione provinciale ha tutti i poteri di indagine, accesso, ispezione, controllo e richiesta di dati, conferiti agli agenti delle imposte dirette e alle Commissioni amministrative per l'accertamento dell'imposta straordinaria sui maggiori utili relativi allo stato di guerra.

     Non è ammesso il diritto di astenersi dal testimoniare nei casi dell'art. 352 del Codice di procedura penale.

     Chi, chiamato come testimone o perito, non ottempera agli obblighi o commette falsità è punito a termine degli articoli 366, 372, 373 del Codice penale.

     Chi non adempie alle altre richieste della Sezione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 300 a 5.000 lire.

     Le Amministrazioni e gli Enti pubblici, ove abbiano conoscenza che sono stati realizzati profitti di regime, debbano immediatamente comunicarlo all'Alto Commissario. Chi è tenuto a fare tali comunicazioni e non vi adempie è punito come al comma precedente.

     Per l'assolvimento dei compiti della Sezione speciale, può essere comandato presso di essa personale della polizia giudiziaria o di altri ruoli amministrativi e tecnici dello Stato.

 

          Art. 32.

     Contro le decisioni della Sezione speciale della Commissione provinciale il debitore e l'Amministrazione finanziaria possono presentare ricorso entro 30 giorni. Può ricorrere anche l'Alto Commissario entro sessanta giorni.

     La deliberazione in grado di appello è rimessa ad una Sezione speciale della Commissione centrale delle imposte costituita da un presidente, appartenente all'ordine giudiziario, di grado non inferiore a quello di primo presidente di Corte di appello, e da quattro commissari da nominarsi l'uno e gli altri, dal Consiglio dei Ministri.

     Al procedimento avanti la Sezione speciale della Commissione centrale si applicano le disposizioni dell'articolo 30, penultimo ed ultimo comma, e dell'art. 31.

 

          Art. 33.

     Le decisioni della Sezione speciale della Commissione centrale possono essere impugnate soltanto per assoluto difetto di giurisdizione davanti alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Il ricorso deve essere presentato dal debitore o dall'Amministrazione finanziaria entro quarantacinque giorni, salvo all'Alto Commissario la facoltà di ricorrere entro tre mesi.

 

          Art. 34.

     L'Alto Commissario può, anche fuori del termine suddetto, ma non oltre un biennio, promuovere la rettifica dell'accertamento, sebbene divenuto definitivo, in base a fatti di importanza notevole che non risultino dalla motivazione delle decisioni essere stati considerati nei procedimenti anteriori.

     Tale rettifica è in ogni caso di competenza della sezione speciale della Commissione centrale.

 

          Art. 35.

     Prima ancora che siano costituite le Sezioni speciali delle Commissioni provinciali, il presidente del Tribunale può, su richiesta dell'Alto Commissario o dell'Amministrazione finanziaria, disporre, con proprio decreto, il sequestro conservativo, anche presso terzi, dei beni mobili o immobili di pertinenza delle persone indicate all'art. 26.

     La stessa facoltà spetta, anche di ufficio ai presidenti delle Commissioni.

     Si applicano le disposizioni del settimo ed ottavo comma dell'art. 19 del Testo unico delle leggi in materia di imposta straordinaria sui maggiori utili relativi allo stato di guerra, approvato col regio decreto 3 giugno 1943, n. 598.

 

          Art. 36.

     In seguito a decreto dell'Alto Commissario da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale del Regno, coloro che detengono beni di pertinenza delle persone indicate nel decreto stesso, quali ritenuti profittatori del regime, o che sono verso di esse debitori a qualsiasi titolo, debbono dichiararlo nei modi e termini che saranno stabiliti nel decreto, astenendosi dal consegnare i beni o dall'adempiere le obbligazioni verso il proprio creditore. Il fermo rimane senza effetto qualora non venga eseguito sequestro entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per la dichiarazione e questa sia stata fatta.

     Chi non adempie agli obblighi previsti nel presente articolo è punito come all'art. 31, quarto comma; salva la responsabilità civile per il pregiudizio alla finanza.

     Chiunque, al fine di sottrarre all'azione dello Stato beni appartenenti alle persone ritenute profittatori del regime, aliena o comunque trasferisce presso terzi od occulta tali beni e comunque li acquista, li riceve od occulta, ovvero si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione fino a dieci anni e con la multa fino a lire centomila.

 

          Art. 37.

     La proposta di liquidazione della Commissione provinciale, quando non è stato avanzato reclamo dal debitore, ed in ogni caso la decisione della stessa, anche pendente l'appello alla Commissione centrale, e la decisione di quest'ultima sono titoli esecutivi, anche agli effetti delle trascrizioni nei registri immobiliari.

     La riscossione delle somme attribuite allo Stato a titolo di profitto di regime può farsi con la procedura e i privilegi stabiliti per la riscossione dell'imposta straordinaria sui maggiori utili relativi allo stato di guerra. L'intero debito può essere iscritto in ruolo straordinario, riscuotibile in unica soluzione.

 

Titolo IV

 

LIQUIDAZIONE DEI BENI FASCISTI

 

          Art. 38.

     I beni del cessato partito nazionale fascista e delle organizzazioni soppresse dal regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 704, sono devoluti allo Stato.

     (Omissis) [4].

 

          Art. 39.

     Al realizzo delle attività del partito nazionale fascista e degli enti soppressi provvede l'Amministrazione finanziaria dello Stato.

 

Titolo V

 

L'ALTO COMMISSARIO

 

          Art. 40. [5]

     Ad assicurare l'applicazione del presente decreto è istituito un Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo.

     L'Alto Commissario è nominato su deliberazione del Consiglio dei Ministri ed è, per la durata della carica, equiparato ai magistrati dell'ordine giudiziario di primo grado.

     Egli è assistito da commissari per ciascuno dei rami di sua competenza.

     Detti commissari sono nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri, su proposta dell'Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo.

     All'ufficio dell'Alto Commissario vengono assegnati, su richiesta nominativa, magistrati e funzionari in numero adeguato, ed è posto alla sua dipendenza un nucleo di polizia giudiziaria composto di personale dei carabinieri, della pubblica sicurezza e delle guardie di finanza. Alla diretta dipendenza dell'Alto Commissario è costituita una segreteria retta da un segretario generale che può essere scelto anche fra estranei all'Amministrazione dello Stato. Parimenti, agli altri uffici possono essere chiamati estranei, applicandosi l'art. 5 del decreto legislativo Luogotenenziale 3 ottobre 1944, n. 238.

     L'Alto Commissario e gli uffici dipendenti possono richiedere l'opera della polizia giudiziaria, che è tenuta ad eseguirne gli ordini.

 

          Art. 41.

     L'Alto Commissario dirige ed invigila l'opera di tutti gli organi a mezzo dei quali di adempiono le sanzioni contro il fascismo.

     Spetta all'Alto Commissario di promuovere, di sua iniziativa o su segnalazione delle pubbliche amministrazioni o su denunzia sottoscritta da privati, l'azione per i delitti di cui all'art. 2, procedendo alla relativa istruttoria e deferendo l'imputato all'Alta Corte indicata nello stesso articolo, presso la quale egli esercita personalmente o per delega le funzioni di pubblico ministero.

     L'Alto Commissario può, in casi di eccezionale gravità, derogare alle norme sulla competenza, deferendo all'Alta Corte di giustizia persone diverse da quelle indicate nell'art. 2 anche per reati non contemplati nell'articolo stesso.

     Fermi restando gli obblighi e le attribuzioni del pubblico ministero, delle pubbliche Amministrazioni e di altri organi o enti, l'Alto Commissario può altresì, di sua iniziativa o su denuncia di privati, promuovere:

     1) l'azione per gli altri delitti previsti dal Titolo I

     2) l'azione per l'applicazione delle sanzioni stabilite dall'art. 8;

     3) l'azione per la confisca dei beni di coloro che hanno collaborato coi tedeschi, ai sensi dell'art. 9;

     4) il giudizio per l'epurazione delle Amministrazioni e la dispensa dal servizio, davanti alle apposite Commissioni di primo grado, ed in sede di ricorso a quella centrale;

     5) l'accertamento e l'avocazione dei profitti di regime fascista, a cura delle Commissioni locali e della Commissione centrale delle imposte, con facoltà di promuovere in casi eccezionali la rettifica delle decisioni della stessa Commissione centrale;

     6) le proposte per l'assegnazione regolare e più opportuna dei beni già di proprietà dei fasci e di enti fascisti;

     7) ogni altra attribuzione prevista dal presente decreto e da altri provvedimenti.

 

Titolo VI

 

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

 

          Art. 42.

     Per l'applicazione del presente decreto sono abolite tutte le prerogative, comprese quelle previste dagli articoli 36, 37 e 47 dello Statuto.

 

          Art. 43.

     I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblici servizi, investiti a norma del presente decreto di funzioni relative alla repressione dei delitti dei fascisti, all'epurazione delle Amministrazioni, alla avocazione dei profitti di regime e alla liquidazione dei beni fascisti, i quali si rendono responsabili di alcuno dei reati previsti e puniti dagli articoli 314, 316, 317, 318, 319, 320, 323, 324, 326 e 328 del Codice penale, sono puniti con le pene previste da detti articoli, aumentati da un terzo alla metà.

 

          Art. 44.

     I procedimenti già iniziati per la punizione dei delitti fascisti, per la epurazione e per l'avocazione dei profitti di regime, sono proseguiti con le norme del presente decreto, restando fermi gli atti compiuti che non siano incompatibili con le norme stesse.

     I provvedimenti già emanati saranno riveduti se in contrasto con le disposizioni del presente decreto.

 

          Art. 45.

     Sarà, con successivi decreti legislativi, provveduto, in quanto occorra, all'esecuzione delle norme contenute nel presente decreto legislativo.

     Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni al bilancio dello Stato, occorrenti per il funzionamento dell'Alto Commissariato e degli organi istituiti dal presente decreto.

 

          Art. 46.

     Sono abrogati i regi decreti-legge 9 agosto 1943, n. 720, 28 dicembre 1943, n. 29/B, 26 maggio 1944, n. 134.

     Sono altresì abrogate le disposizioni contenute nel regio decreto-legge 12 aprile 1944, n. 101, nella parte riflettente la materia regolata dal presente decreto.

 

          Art. 47.

     Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno - serie speciale.

 


[1]  Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs.Lgt. 4 gennaio 1945, n. 2.

[2]  Comma aggiunto dall'art. 2 del D.Lgs.Lgt. 4 gennaio 1945, n. 2.

[3]  Comma aggiunto dall'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 4 gennaio 1945, n. 2.

[4]  Comma abrogato dall'art. 1 della L. 13 maggio 1978, n. 208.

[5]  Articolo già sostituito dall'art. 1 del D.Lgs.Lgt. 4 gennaio 1945, n. 2 e così ulteriormente sostituito dall'art. 1 del D.Lgs.Lgt. 12 luglio 1945, n. 410.