§ 17.1.158 - Direttiva 13 dicembre 2011, n. 98.
Direttiva n. 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico [...]


Settore:Normativa europea
Materia:17. libera circolazione, cooperazione giudiziaria, diritto asilo
Capitolo:17.1 libera circolazione delle persone e diritto di asilo
Data:13/12/2011
Numero:98


Sommario
Art. 1.  Oggetto
Art. 2.  Definizioni
Art. 3.  Ambito di applicazione
Art. 4.  Procedura unica di domanda
Art. 5.  Autorità competente
Art. 6.  Permesso unico
Art. 7.  Permessi di soggiorno rilasciati per fini diversi dall’attività lavorativa
Art. 8.  Garanzie procedurali
Art. 9.  Accesso all’informazione
Art. 10.  Diritti da pagare
Art. 11.  Diritti derivanti dal permesso unico
Art. 12.  Diritto alla parità di trattamento
Art. 13.  Disposizioni più favorevoli
Art. 14.  Informazioni al pubblico
Art. 15.  Relazioni
Art. 16.  Recepimento
Art. 17.  Entrata in vigore
Art. 18.  Destinatari


§ 17.1.158 - Direttiva 13 dicembre 2011, n. 98.

Direttiva n. 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro

(G.U.U.E. 23 dicembre 2011, n. L 343)

 

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

 

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 79, paragrafo 2, lettere a) e b),

 

vista la proposta della Commissione europea,

 

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],

 

visto il parere del Comitato delle regioni [2],

 

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria [3],

 

considerando quanto segue:

 

(1) Al fine di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede l’adozione di misure nei settori dell’asilo, dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi.

 

(2) Il Consiglio europeo ha riconosciuto, nella riunione speciale svoltasi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999, la necessità di armonizzare le normative nazionali relative alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi. In questo contesto ha affermato, in particolare, che l’Unione europea dovrebbe garantire l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano regolarmente nel territorio degli Stati membri e che una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione. Conseguentemente, il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio di adottare strumenti giuridici sulla base di proposte della Commissione. La necessità di raggiungere gli obiettivi definiti a Tampere è stata ribadita dal programma di Stoccolma adottato dal Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009.

 

(3) L’istituzione di una procedura unica di domanda volta al rilascio di un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno sia i permessi di lavoro in un unico atto amministrativo contribuirà alla semplificazione e all’armonizzazione delle norme che vigono attualmente negli Stati membri. Una semplificazione procedurale di questo tipo è già stata introdotta da vari Stati membri, rendendo più efficiente la procedura sia per i migranti sia per i loro datori di lavoro e ha consentito controlli più agevoli della regolarità del soggiorno e dell’impiego.

 

(4) Al fine di permettere il primo ingresso nel loro territorio, gli Stati membri dovrebbero poter rilasciare un permesso unico o, se rilasciano permessi unici solo dopo l’ingresso, un visto. Gli Stati membri dovrebbero rilasciare tali permessi unici o visti in maniera tempestiva.

 

(5) È opportuno fissare una serie di norme che disciplinino la procedura di esame della domanda di permesso unico. Tale procedura dovrebbe essere efficace e gestibile, tenendo conto del normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri, nonché trasparente ed equa, in modo da garantire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto.

 

(6) Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero far salva la competenza degli Stati membri a regolamentare l’ingresso, anche in termini di volumi, di cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi.

 

(7) La presente direttiva non dovrebbe riguardare i cittadini di paesi terzi che sono lavoratori distaccati. Ciò non dovrebbe impedire ai cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente in uno Stato membro e sono distaccati in un altro Stato membro di continuare a godere di pari trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro di origine per la durata del loro distacco, per quanto riguarda i termini e le condizioni di lavoro che non sono interessati dall’applicazione della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi [4].

 

(8) La presente direttiva non dovrebbe riguardare i cittadini di paesi terzi che hanno acquisito lo status di soggiornanti di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo [5], tenuto conto del loro status più privilegiato e del loro tipo specifico di permesso di soggiorno ("soggiornante di lungo periodo-UE").

 

(9) Considerato il loro status temporaneo, è opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i cittadini di paesi terzi che siano stati ammessi nel territorio di uno Stato membro per svolgere un’attività lavorativa stagionale.

 

(10) L’obbligo per gli Stati membri di stabilire se la domanda debba essere presentata dal cittadino di un paese terzo o dal suo datore di lavoro dovrebbe far salve eventuali modalità di partecipazione obbligatoria di entrambe le parti alla procedura. Gli Stati membri dovrebbero decidere se la domanda di permesso unico debba essere introdotta nello Stato membro di destinazione o a partire da un paese terzo. Nei casi in cui il cittadino di un paese terzo non sia autorizzato a presentare la domanda a partire da un paese terzo, gli Stati membri dovrebbero assicurare che la domanda possa essere presentata dal datore di lavoro nello Stato membro di destinazione.

 

(11) Le disposizioni della presente direttiva relative alla procedura unica di domanda e al permesso unico non dovrebbero riguardare i visti uniformi o i visti per soggiorni di lunga durata.

 

(12) La designazione dell’autorità competente ai sensi della presente direttiva dovrebbe far salvi il ruolo e le responsabilità delle altre autorità e, se del caso, delle parti sociali, in relazione all’esame della domanda e alla decisione sulla stessa.

 

(13) Il termine per l’adozione di una decisione sulla domanda non dovrebbe includere il tempo necessario per il riconoscimento delle qualifiche professionali né quello necessario per il rilascio di un visto. La presente direttiva dovrebbe far salve le procedure nazionali relative al riconoscimento dei diplomi.

 

(14) Il permesso unico dovrebbe essere conforme al regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi [6], e che consente agli Stati membri di aggiungere ulteriori informazioni, in particolare su un eventuale permesso di lavoro della persona interessata. Anche al fine di controllare meglio l’immigrazione, gli Stati membri dovrebbero indicare quest’ultima informazione non solo nel permesso unico, ma anche negli altri permessi di soggiorno rilasciati, a prescindere dal tipo di permesso o dal titolo di soggiorno in base al quale il cittadino di un paese terzo è stato ammesso nel territorio di uno Stato membro e ha ottenuto l’accesso al mercato del lavoro di tale Stato membro.

 

(15) Le disposizioni della presente direttiva relative ai permessi di soggiorno a fini diversi dall’attività lavorativa dovrebbero applicarsi soltanto al modello di tali permessi e dovrebbero far salve le norme dell’Unione o nazionali concernenti le procedure di ingresso e le procedure di rilascio di tali permessi.

 

(16) Le disposizioni della presente direttiva sul permesso unico e sul permesso di soggiorno rilasciato per fini diversi dall’attività lavorativa non dovrebbero impedire agli Stati membri di rilasciare un documento cartaceo aggiuntivo che consenta loro di fornire informazioni più precise sul rapporto di lavoro per le quali non vi è sufficiente spazio nel modello di permesso di soggiorno. Un tale documento può servire a impedire lo sfruttamento dei cittadini di paesi terzi e a lottare contro il lavoro irregolare, ma dovrebbe essere facoltativo per gli Stati membri e non dovrebbe fungere da sostituto del permesso di lavoro, compromettendo in tal modo il concetto del permesso unico. Per memorizzare tali informazioni in formato elettronico ci si può altresì avvalere delle possibilità tecniche offerte dall’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1030/2002 e dal punto 16, lettera a), del relativo allegato.

 

(17) Le condizioni e i criteri in base ai quali una domanda di rilascio, modifica o rinnovo di un permesso unico può essere respinta o sulla base dei quali il permesso unico può essere revocato dovrebbero essere oggettivi e dovrebbero essere stabiliti a livello nazionale, incluso l’obbligo di rispettare il principio della preferenza dell’Unione enunciato in particolare nelle disposizioni pertinenti degli atti di adesione del 2003 e del 2005. È opportuno che le decisioni di rigetto o revoca siano debitamente motivate.

 

(18) I cittadini di paesi terzi in possesso di un documento di viaggio valido e di un permesso unico rilasciato da uno Stato membro che applica integralmente l’acquis di Schengen dovrebbero poter entrare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri che applicano integralmente l’acquis di Schengen per un periodo non superiore a tre mesi per semestre, in conformità del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) [7], e dell’articolo 21 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni [8] (convenzione Schengen).

 

(19) In mancanza di una normativa orizzontale a livello di Unione, i cittadini dei paesi terzi hanno diritti diversi a seconda dello Stato membro in cui lavorano e della loro cittadinanza. Al fine di sviluppare ulteriormente una politica di immigrazione coerente, di ridurre la disparità di diritti tra i cittadini dell’Unione e i cittadini di paesi terzi che lavorano regolarmente in uno Stato membro e di integrare l’acquis esistente in materia di immigrazione, è opportuno definire un insieme di diritti al fine, in particolare, di specificare i settori in cui è garantita la parità di trattamento tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi che non beneficiano ancora dello status di soggiornanti di lungo periodo. Tali disposizioni mirano a creare condizioni di concorrenza uniformi minime nell’Unione, a riconoscere che tali cittadini di paesi terzi contribuiscono all’economia dell’Unione con il loro lavoro e i loro versamenti di imposte e a fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi derivante dall’eventuale sfruttamento di questi ultimi. Ai fini della presente direttiva un lavoratore di un paese terzo dovrebbe essere definito, fatta salva l’interpretazione del concetto di rapporto di lavoro in altre disposizioni del diritto dell’Unione, come un cittadino di un paese terzo che è stato ammesso nel territorio di uno Stato membro, che vi soggiorna regolarmente e a cui è ivi consentito lavorare conformemente al diritto o alla prassi nazionale nel contesto di un rapporto di lavoro retribuito.

 

(20) Tutti i cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente negli Stati membri dovrebbero beneficiare quanto meno di uno stesso insieme comune di diritti, basato sulla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante, a prescindere dal fine iniziale o dal motivo dell’ammissione. Il diritto alla parità di trattamento nei settori specificati dalla presente direttiva dovrebbe essere riconosciuto non solo ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, ma anche a coloro che sono stati ammessi per altri motivi e che hanno ottenuto l’accesso al mercato del lavoro di quello Stato membro in conformità di altre disposizioni del diritto dell’Unione o nazionale, compresi i familiari di un lavoratore di un paese terzo che sono ammessi nello Stato membro in conformità della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare [9], i cittadini di paesi terzi che sono ammessi nel territorio di uno Stato membro in conformità della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato [10], e i ricercatori ammessi in conformità della direttiva 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica [11].

 

(21) Il diritto alla parità di trattamento in specifici settori dovrebbe essere strettamente collegato al soggiorno regolare del cittadino del paese terzo e all’accesso al mercato del lavoro di uno Stato membro risultanti dal permesso unico che autorizza il soggiorno e il lavoro e dai permessi di soggiorno rilasciati per altri motivi che contengono informazioni relative al permesso di lavoro.

 

(22) Nella presente direttiva per condizioni di lavoro si dovrebbero intendere quanto meno la retribuzione e il licenziamento, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, l’orario di lavoro e le ferie, tenendo in considerazione i contratti collettivi in vigore.

 

(23) Uno Stato membro dovrebbe riconoscere le qualifiche professionali acquisite da un cittadino di un paese terzo in un altro Stato membro nello stesso modo di quelle dei cittadini dell’Unione e dovrebbe prendere in considerazione le qualifiche acquisite in un paese terzo conformemente alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [12]. Il diritto alla parità di trattamento dei lavoratori dei paesi terzi per quanto riguarda il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili dovrebbe far salva la competenza degli Stati membri ad ammettere tali lavoratori di paesi terzi nei rispettivi mercati del lavoro.

 

(24) I lavoratori di paesi terzi dovrebbero beneficiare della parità di trattamento per quanto riguarda la sicurezza sociale. I settori della sicurezza sociale sono definiti dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale [13]. Le disposizioni della presente direttiva relative alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale dovrebbero applicarsi anche ai lavoratori ammessi in uno Stato membro direttamente da un paese terzo. La presente direttiva, tuttavia, non dovrebbe conferire ai lavoratori di paesi terzi diritti maggiori di quelli che il diritto vigente dell’Unione già prevede in materia di sicurezza sociale per i cittadini di paesi terzi che si trovano in situazioni transfrontaliere. La presente direttiva non dovrebbe neppure conferire diritti in relazione a situazioni che esulano dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ad esempio in relazione a familiari soggiornanti in un paese terzo. La presente direttiva dovrebbe conferire diritti soltanto in relazione ai familiari che raggiungono lavoratori di un paese terzo per soggiornare in uno Stato membro sulla base del ricongiungimento familiare ovvero ai familiari che già soggiornano regolarmente in tale Stato membro.

 

(25) Gli Stati membri dovrebbero garantire per lo meno la parità di trattamento per i cittadini di paesi terzi che lavorano o che, dopo un periodo minimo di lavoro, sono registrati come disoccupati. Qualsiasi restrizione alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in virtù della presente direttiva dovrebbe far salvi i diritti conferiti ai sensi del regolamento (UE) n. 1231/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità [14].

 

(26) Il diritto dell’Unione non limita la facoltà degli Stati membri di organizzare i rispettivi regimi di sicurezza sociale. In mancanza di armonizzazione a livello di Unione, spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni per la concessione delle prestazioni di sicurezza sociale nonché l’importo di tali prestazioni e il periodo durante il quale sono concesse. Tuttavia, nell’esercitare tale facoltà, gli Stati membri dovrebbero conformarsi al diritto dell’Unione.

 

(27) La parità di trattamento dei lavoratori di paesi terzi non dovrebbe applicarsi alle misure adottate nel settore della formazione professionale finanziate a titolo dei regimi di assistenza sociale.

 

(28) La presente direttiva dovrebbe applicarsi senza pregiudizio delle disposizioni più favorevoli contenute nel diritto dell’Unione e negli strumenti internazionali applicabili.

 

(29) Gli Stati membri dovrebbero attuare le disposizioni della presente direttiva senza discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o orientamento sessuale, in particolare in conformità della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica [15], e della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro [16].

 

(30) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè la fissazione di una procedura unica di domanda per il rilascio ai cittadini di paesi terzi di un permesso unico per lavorare nel territorio di uno Stato membro e un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornino regolarmente in uno Stato membro, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

 

(31) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, TUE.

 

(32) Conformemente alla dichiarazione politica congiunta degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi del 28 settembre 2011, gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, ove ciò sia giustificato, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti intesi a chiarire il rapporto tra gli elementi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.

 

(33) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al TUE e TFUE, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, tali Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione.

 

(34) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione,

 

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

 

CAPO I

 

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Oggetto

1. La presente direttiva stabilisce:

 

a) una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare a fini lavorativi nel territorio di uno Stato membro, al fine di semplificare le procedure di ingresso e di agevolare il controllo del loro status; e

 

b) un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, a prescindere dalle finalità dell’ingresso iniziale nel territorio dello Stato membro in questione, sulla base della parità di trattamento rispetto ai cittadini di quello Stato membro.

 

2. La presente direttiva fa salva la competenza degli Stati membri per quanto riguarda l’ingresso di cittadini di paesi terzi nei rispettivi mercati del lavoro.

 

     Art. 2. Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

 

a) "cittadino di un paese terzo" chi non è cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE;

 

b) "lavoratore di un paese terzo" un cittadino di un paese terzo, ammesso nel territorio di uno Stato membro, che soggiorni regolarmente e sia autorizzato a lavorare in tale Stato membro nel quadro di un rapporto di lavoro retribuito conformemente al diritto o alla prassi nazionale;

 

c) "permesso unico" un permesso di soggiorno rilasciato dalle autorità di uno Stato membro che consente a un cittadino di un paese terzo di soggiornare regolarmente nel territorio di quello Stato membro a fini lavorativi;

 

d) "procedura unica di domanda" una procedura, avviata a seguito di una domanda unica di autorizzazione a soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro presentata da un cittadino di un paese terzo o dal suo datore di lavoro, volta all’adozione di una decisione relativa a tale domanda di permesso unico.

 

     Art. 3. Ambito di applicazione

1. La presente direttiva si applica:

 

a) ai cittadini di paesi terzi che chiedono di soggiornare in uno Stato membro a fini lavorativi;

 

b) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002; e

 

c) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale.

 

2. La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi:

 

a) che sono familiari di cittadini dell’Unione che hanno esercitato o esercitano il loro diritto alla libera circolazione nell’Unione conformemente alla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri [17];

 

b) che godono, insieme ai loro familiari e a prescindere dalla loro cittadinanza, di diritti di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione a norma di accordi tra l’Unione e gli Stati membri o tra l’Unione e paesi terzi;

 

c) che sono distaccati, per la durata del distacco;

 

d) che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro in qualità di lavoratori trasferiti all’interno di società;

 

e) che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro come lavoratori stagionali o "alla pari";

 

f) che sono autorizzati a soggiornare in uno Stato membro a titolo di protezione temporanea ovvero hanno chiesto l’autorizzazione al soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione sul loro status;

 

g) che sono beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta [18], o hanno chiesto la protezione internazionale a norma di tale direttiva e sono in attesa di una decisione definitiva sulla loro domanda;

 

h) che sono beneficiari di protezione in base al diritto nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi di uno Stato membro ovvero hanno presentato domanda di protezione in base al diritto nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi di uno Stato membro e sono in attesa di una decisione definitiva sulla loro domanda;

 

i) che sono soggiornanti di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE;

 

j) il cui allontanamento è stato sospeso per motivi di fatto o di diritto;

 

k) che hanno presentato domanda di ammissione o che sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro come lavoratori autonomi;

 

l) che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi come lavoratori marittimi o per svolgere qualunque altra attività lavorativa a bordo di una nave registrata in uno Stato membro o battente bandiera di uno Stato membro.

 

3. Gli Stati membri possono decidere che il capo II non si applichi ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi o che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini di studio.

 

4. Il capo II non si applica ai cittadini di paesi terzi cui è consentito lavorare in forza di un visto.

 

CAPO II

 

PROCEDURA UNICA DI DOMANDA E PERMESSO UNICO

 

     Art. 4. Procedura unica di domanda

1. La domanda di rilascio, modifica o rinnovo di un permesso unico è presentata mediante una procedura unica di domanda. Gli Stati membri stabiliscono se le domande di permesso unico debbano essere presentate dal cittadino di un paese terzo o dal datore di lavoro del cittadino di un paese terzo. Gli Stati membri possono anche decidere di permettere che la domanda sia presentata indifferentemente dall’una o dall’altra parte. Se la domanda deve essere presentata dal cittadino di un paese terzo, gli Stati membri permettono che la domanda sia presentata a partire da un paese terzo o, se previsto dal diritto nazionale, nel territorio dello Stato membro in cui il cittadino di un paese terzo è presente regolarmente.

 

2. Gli Stati membri esaminano la domanda presentata ai sensi del paragrafo 1 e, se il richiedente soddisfa i requisiti previsti dal diritto dell’Unione o nazionale, adottano una decisione di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico. Una decisione di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico costituisce un atto amministrativo unico che combina il permesso di soggiorno e il permesso di lavoro.

 

3. La procedura unica di domanda non pregiudica la procedura di rilascio del visto che sia eventualmente richiesto per il primo ingresso.

 

4. Gli Stati membri rilasciano un permesso unico, qualora siano soddisfatte le condizioni previste, ai cittadini di paesi terzi che chiedono l’ammissione e ai cittadini di paesi terzi già ammessi che chiedono il rinnovo o la modifica del permesso di soggiorno dopo l’entrata in vigore delle disposizioni nazionali di esecuzione.

 

     Art. 5. Autorità competente

1. Gli Stati membri designano l’autorità competente a ricevere la domanda e a rilasciare il permesso unico.

 

2. L’autorità competente adotta una decisione sulla domanda completa non appena possibile e in ogni caso entro quattro mesi dalla data di presentazione della domanda.

 

In circostanze eccezionali dovute alla complessità dell’esame della domanda, il termine di cui al primo comma può essere prorogato.

 

Se, entro il termine stabilito dal presente paragrafo, non è stata adottata alcuna decisione, le eventuali conseguenze sono determinate dal diritto nazionale.

 

3. L’autorità competente notifica per iscritto la decisione al richiedente secondo le procedure di notifica previste dal diritto nazionale applicabile.

 

4. Se le informazioni o i documenti forniti a sostegno della domanda sono incompleti in base ai criteri specificati dal diritto nazionale, l’autorità competente notifica per iscritto al richiedente le ulteriori informazioni o gli ulteriori documenti necessari e può fissare un termine ragionevole per la loro presentazione. Il termine di cui al paragrafo 2 è sospeso fino a quando l’autorità competente o le altre autorità interessate non abbiano ricevuto le informazioni supplementari richieste. Se le informazioni o i documenti supplementari non sono forniti entro il termine stabilito, l’autorità competente può respingere la domanda.

 

     Art. 6. Permesso unico

1. Gli Stati membri rilasciano il permesso unico usando il modello uniforme previsto dal regolamento (CE) n. 1030/2002 e indicano le informazioni relative al permesso di lavoro conformemente alla lettera a), sezione 7.5-9, dell’allegato del medesimo regolamento.

 

Gli Stati membri possono indicare informazioni supplementari concernenti il rapporto di lavoro del cittadino di un paese terzo (ad esempio nome e indirizzo del datore di lavoro, luogo di lavoro, tipo di lavoro, orario di lavoro, retribuzione) su supporto cartaceo oppure memorizzare tali dati in formato elettronico come previsto all’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1030/2002 e alla lettera a), sezione 16, del relativo allegato.

 

2. Quando rilasciano un permesso unico, gli Stati membri non rilasciano permessi aggiuntivi come prova di autorizzazione all’accesso al mercato del lavoro.

 

     Art. 7. Permessi di soggiorno rilasciati per fini diversi dall’attività lavorativa

1. Quando rilasciano permessi di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002, gli Stati membri indicano le informazioni relative al permesso di lavoro, a prescindere dal tipo di permesso.

 

Gli Stati membri possono indicare informazioni supplementari concernenti il rapporto di lavoro del cittadino di un paese terzo (ad esempio nome e indirizzo del datore di lavoro, luogo di lavoro, tipo di lavoro, orario di lavoro, retribuzione) in formato cartaceo oppure memorizzare tali dati in formato elettronico come previsto all’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1030/2002 e alla lettera a), sezione 16, del relativo allegato.

 

2. Quando rilasciano permessi di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002, gli Stati membri non rilasciano permessi aggiuntivi come prova di autorizzazione all’accesso al mercato del lavoro.

 

     Art. 8. Garanzie procedurali

1. Le decisioni che respingono la domanda di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico o le decisioni che revocano il permesso unico in base a criteri previsti dal diritto dell’Unione o nazionale sono motivate e notificate per iscritto.

 

2. Le decisioni che respingono una domanda di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico o che revocano il permesso unico sono impugnabili nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale. Nella notifica scritta di cui al paragrafo 1 sono indicati l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa presso cui l’interessato può presentare ricorso nonché i termini entro cui presentarlo.

 

3. Una domanda può essere considerata inammissibile per ragioni legate ai volumi di ingresso di cittadini di paesi terzi che entrano a fini lavorativi e in tal caso non necessita di essere trattata.

 

     Art. 9. Accesso all’informazione

Gli Stati membri forniscono, a richiesta, informazioni adeguate al cittadino del paese terzo e al futuro datore di lavoro in merito ai documenti necessari per presentare una domanda completa.

 

     Art. 10. Diritti da pagare

Se del caso, gli Stati membri possono imporre ai richiedenti il pagamento di diritti per il trattamento delle domande ai sensi della presente direttiva. L’importo di tali diritti è proporzionato e può essere basato sui servizi effettivamente prestati per il trattamento delle domande e il rilascio dei permessi.

 

     Art. 11. Diritti derivanti dal permesso unico

Durante il suo periodo di validità, il permesso unico rilasciato ai sensi del diritto nazionale autorizza il titolare quanto meno a:

 

a) entrare e soggiornare nel territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso unico, a condizione che il titolare soddisfi tutti i requisiti per l’ingresso conformemente al diritto nazionale;

 

b) accedere liberamente a tutto il territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso unico, nei limiti previsti dal diritto nazionale;

 

c) svolgere la specifica attività lavorativa autorizzata dal permesso unico conformemente al diritto nazionale;

 

d) essere informato dei diritti conferitigli dal permesso in virtù della presente direttiva e/o del diritto nazionale.

 

CAPO III

 

DIRITTO ALLA PARITÀ DI TRATTAMENTO

 

     Art. 12. Diritto alla parità di trattamento

1. I lavoratori dei paesi terzi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c), beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne:

 

a) le condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;

 

b) la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;

 

c) l’istruzione e la formazione professionale;

 

d) il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili;

 

e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004;

 

f) le agevolazioni fiscali, purché il lavoratore sia considerato come avente il domicilio fiscale nello Stato membro interessato;

 

g) l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all’erogazione degli stessi, incluse le procedure per l’ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto nazionale, fatta salva la libertà contrattuale conformemente al diritto dell’Unione e al diritto nazionale;

 

h) i servizi di consulenza forniti dai centri per l’impiego.

 

2. Gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento:

 

a) in ordine al paragrafo 1, lettera c):

 

i) restringendone l’applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa e sono registrati come disoccupati;

 

ii) escludendo i lavoratori di paesi terzi che sono stati ammessi nel territorio nazionale ai sensi della direttiva 2004/114/CE;

 

iii) escludendo le borse di studio e i prestiti concessi a fini di studio e di mantenimento o altri tipi di borse e prestiti;

 

iv) stabilendo requisiti specifici, tra cui il possesso di conoscenze linguistiche e il pagamento di tasse scolastiche, conformemente al diritto nazionale, per quanto riguarda l’accesso all’università e all’istruzione post-secondaria, nonché alla formazione professionale che non sia direttamente collegata all’attività lavorativa specifica;

 

b) limitando i diritti conferiti ai lavoratori di paesi terzi ai sensi del paragrafo 1, lettera e), senza restringerli per i lavoratori di paesi terzi che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa per un periodo minimo di sei mesi e sono registrati come disoccupati.

 

Inoltre, gli Stati membri possono decidere che il paragrafo 1, lettera e), per quanto concerne i sussidi familiari, non si applichi ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi, ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi a scopo di studio o ai cittadini di paesi terzi cui è consentito lavorare in forza di un visto;

 

c) in ordine al paragrafo 1, lettera f), per quanto concerne le agevolazioni fiscali, limitando l’applicazione ai casi in cui i familiari del lavoratore di un paese terzo per i quali si chiedono le agevolazioni abbiano il domicilio o la residenza abituale nel territorio dello Stato membro interessato;

 

d) in ordine al paragrafo 1, lettera g):

 

i) limitandone l’applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono un’attività lavorativa;

 

ii) limitando l’accesso per quanto concerne l’assistenza abitativa.

 

3. Il diritto alla parità di trattamento stabilito al paragrafo 1 fa salvo il diritto dello Stato membro di revocare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi della presente direttiva, il permesso di soggiorno rilasciato per fini diversi dall’attività lavorativa o ogni altra autorizzazione a lavorare in uno Stato membro.

 

4. I lavoratori di paesi terzi che si trasferiscono in un paese terzo o i loro superstiti residenti in un paese terzo e i cui diritti derivano dai lavoratori in questione ottengono, in relazione alla vecchiaia, invalidità o morte, diritti pensionistici basati sull’occupazione precedente di tali lavoratori e acquisiti in conformità delle legislazioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004, alle stesse condizioni e secondo gli stessi parametri applicabili ai cittadini degli Stati membri interessati che si trasferiscono in un paese terzo.

 

CAPO IV

 

DISPOSIZIONI FINALI

 

     Art. 13. Disposizioni più favorevoli

1. La presente direttiva non pregiudica le disposizioni più favorevoli:

 

a) del diritto dell’Unione, inclusi gli accordi bilaterali e multilaterali tra l’Unione o l’Unione e i suoi Stati membri, da una parte, e uno o più paesi terzi, dall’altra; e

 

b) di accordi bilaterali o multilaterali tra uno più Stati membri e uno o più paesi terzi;

 

2. La presente direttiva fa salva la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni nazionali più favorevoli alle persone a cui si applica.

 

     Art. 14. Informazioni al pubblico

Gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico informazioni regolarmente aggiornate sulle condizioni d’ingresso e di soggiorno nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgervi un’attività lavorativa.

 

     Art. 15. Relazioni

1. Periodicamente, e per la prima volta entro il 25 dicembre 2016, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone le modifiche che ritiene necessarie.

 

2. Annualmente, e per la prima volta entro il 25 dicembre 2014, gli Stati membri comunicano alla Commissione statistiche sul numero di cittadini di paesi terzi a cui hanno rilasciato un permesso unico nell’anno civile precedente, conformemente al regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale [19].

 

     Art. 16. Recepimento

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 25 dicembre 2013. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

 

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

     Art. 17. Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

 

     Art. 18. Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati.

 

 

[1] GU C 27 del 3.2.2009, pag. 114.

 

[2] GU C 257 del 9.10.2008, pag. 20.

 

[3] Posizione del Parlamento europeo del 24 marzo 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 24 novembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).

 

[4] GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.

 

[5] GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44.

 

[6] GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1.

 

[7] GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1.

 

[8] GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19.

 

[9] GU L 251 del 3.10.2003, pag. 12.

 

[10] GU L 375 del 23.12.2004, pag. 12.

 

[11] GU L 289 del 3.11.2005, pag. 15.

 

[12] GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.

 

[13] GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1.

 

[14] GU L 344 del 29.12.2010, pag. 1.

 

[15] GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.

 

[16] GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

 

[17] GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77.

 

[18] GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.

 

[19] GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23.