§ 80.5.74 – D.Lgs. 7 febbraio 1948, n. 48.
Norme per la estinzione dei giudizi di epurazione e per la revisione dei provvedimenti già adottati.


Settore:Normativa nazionale
Materia:80. Pubblica amministrazione
Capitolo:80.5 personale
Data:07/02/1948
Numero:48


Sommario
Art. 1.  Esenzione dal procedimento di dispensa dal servizio.
Art. 2.  Revoca dei provvedimenti di dispensa.
Art. 3.  Effetti della revoca del provvedimento di dispensa.
Art. 4.  Riserva del procedimento disciplinare.
Art. 5.  Revoca dei provvedimenti di retrocessione.
Art. 6.  Provvedimenti di collocamento a riposo nei confronti dei dipendenti di grado superiore al 6°.
Art. 7.  Casi di incompatibilità riguardo ai dipendenti dello Stato.
Art. 8.  Casi di incompatibilità riguardo ai dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato.
Art. 9.  Dipendenti di istituti di interesse nazionale e di determinate imprese ed aziende.
Art. 10.  Revoca delle cancellazioni dagli albi professionali.
Art. 11.  Incapacità a ricoprire le cariche di amministratori, di sindaci o di liquidatori di società.
Art. 12.  Incapacità ad assumere appalti di opere pubbliche o ad ottenere concessioni di servizi pubblici.
Art. 13.  Emanazione di norme integrative.
Art. 14.      Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella "Gazzetta Ufficiale" della Repubblica italiana


§ 80.5.74 – D.Lgs. 7 febbraio 1948, n. 48. [1]

Norme per la estinzione dei giudizi di epurazione e per la revisione dei provvedimenti già adottati.

(G.U. 20 febbraio 1948, n. 43).

 

     Art. 1. Esenzione dal procedimento di dispensa dal servizio.

     I dipendenti delle pubbliche Amministrazioni, a qualunque categoria appartengano, aventi grado inferiore al 5°, o parificato, della classificazione statale, sono esenti dal procedimento di dispensa dal servizio, di cui al decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 702, salvo che si trovino nelle condizioni prevedute nelle lettere a), c), d), e), g), dell'art. 2 del decreto medesimo, limitatamente, per quanto riguarda la lettera g), all'opera specifica di collaborazione con i tedeschi.

     I procedimenti ancora pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto nei confronti del personale, di cui al comma precedente, sono estinti e le decisioni di dispensa dal servizio, non ancora seguite dall'adozione del relativo provvedimento della competente Amministrazione, rimangono prive di effetto.

     Per le Amministrazioni diverse da quelle dello Stato, la parificazione dei gradi, agli effetti del presente decreto, è deliberata dal capo dell'Amministrazione, salvo che esse abbiano provveduto al riguardo, ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 702.

     Il provvedimento di parificazione ai gradi superiori al 6° può essere impugnato dagli interessati entro il termine perentorio di trenta giorni, con ricorso al Consiglio di Stato, Sezione speciale per l'epurazione. Il ricorso può essere proposto anche contro i provvedimenti di parificazione adottati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto ed in tal caso il termine di trenta giorni decorre dalla data anzidetta. La proposizione del ricorso, se l'interessato è stato già dispensato dal servizio in seguito a procedimento di epurazione, importa la sospensione del termine stabilito nel comma secondo del successivo art. 2 fino alla comunicazione della decisione del Consiglio di Stato.

 

          Art. 2. Revoca dei provvedimenti di dispensa.

     I dipendenti delle pubbliche Amministrazioni di grado inferiore al 5°, o parificato, già dispensati dal servizio per motivi diversi da quelli previsti nel primo comma dell'art. 1, possono chiedere all'Amministrazione da cui dipendevano che, revocato il provvedimento di dispensa siano riassunti in servizio ovvero collocati a riposo.

     La domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto e l'Amministrazione è tenuta a provvedere entro sessanta giorni dalla scadenza del termine suddetto.

     La disposizione del comma primo si applica anche ai dipendenti di grado superiore al 6°, dispensati dal servizio nel giudizio di epurazione per motivi diversi da quelli contemplati dal decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 702.

     Per i dipendenti di grado superiore al 6° il provvedimento di revoca è adottato in seguito a giudizio del Consiglio di Stato, Sezione speciale per l'epurazione. All'uopo l'interessato deve proporre ricorso, nel termine di quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, al Consiglio di Stato, il quale giudica se sussistono le condizioni che legittimano la dispensa per motivi contemplati dal decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 702. Qualora sia ritenuto che tali condizioni non sussistono, il provvedimento di revoca della dispensa deve essere adottato dall'Amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione della decisione del Consiglio di Stato.

     L'Amministrazione ha facoltà di collocare in disponibilità, per il periodo di due anni, i dipendenti riassunti ai sensi dei commi primo e terzo e, trascorso tale periodo, può collocarli a riposo.

     Durante il periodo della disponibilità spetta ai dipendenti un assegno mensile pari alla metà dello stipendio e delle altre competenze, che non presuppongono la presenza del dipendente in ufficio. Sono, nel resto, applicabili le disposizioni vigenti sulla disponibilità degli impiegati civili dello Stato.

     Coloro che appartenevano a carriere, i cui ordinamenti prescrivono il collocamento a riposo in seguito al raggiungimento di limiti di età tassativamente stabiliti, e che, dopo la dispensa, hanno raggiunto i detti limiti, sono collocati a riposo con lo stesso provvedimento che dispone la revoca della dispensa. Sono parimente collocati a riposo, all'atto della revoca della dispensa, coloro che appartenevano a carriere diverse da quelle suindicate e che, avendo già raggiunto venti anni di servizio hanno altresì compiuto il sessantacinquesimo anno di età. In entrambi i casi il collocamento a riposo decorre dal giorno dei raggiunti limiti di età. Se, però, nel secondo caso, il limite di età era stato raggiunto prima della dispensa, il collocamento a riposo decorre dalla data di questa.

 

          Art. 3. Effetti della revoca del provvedimento di dispensa.

     Il periodo intercorso fra il provvedimento di dispensa dal servizio e quello di revoca della dispensa è considerato utile ai soli fini del trattamento di quiescenza o di previdenza, previo versamento delle prescritte ritenute da parte del personale e degli enti.

     Qualora all'atto della dispensa sia stata liquidata a titolo di trattamento di quiescenza, una indennità "una tantum", questa è detratta dalla indennità spettante alla cessazione del rapporto disposta sia ai sensi dell'articolo precedente, sia dopo la riassunzione.

     Tuttavia, se il trattamento di quiescenza al momento della cessazione del rapporto d'impiego consiste nella pensione, la indennità riscossa all'atto della dispensa deve essere restituita. E' ammessa però la restituzione rateale con trattenute, non superiori al quinto, sugli assegni spettanti durante l'attività di servizio o durante la disponibilità ovvero sulle mensilità di pensione.

     Per quanto concerne il rimborso dell'indennità "una tantum", di cui ai due commi precedenti, rimane salva l'applicazione, riguardo ai dipendenti dalle Amministrazioni dello Stato, delle norme dell'art. 70 del testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari, approvato con regio decreto 21 febbraio 1895, n. 70; rimane altresì salva l'applicazione delle norme relative alla riassunzione in servizio, contenute negli ordinamenti delle Casse amministrate dalla Direzione generale degli istituti di previdenza, riguardo al personale iscritto alle Casse medesime.

 

          Art. 4. Riserva del procedimento disciplinare.

     Nei riguardi dei dipendenti contemplati nell'art. 1, per i quali cessa il procedimento di dispensa, e di quelli riassunti in servizio, ai sensi dell'art. 2, l'Amministrazione ha facoltà di promuovere giudizio disciplinare, qualora i fatti, per i quali fu pronunciata la dispensa ovvero fu iniziato il procedimento per la dispensa stessa, costituiscano infrazione disciplinare.

     Non si fa luogo al giudizio disciplinare se il dipendente, entro dieci giorni dalla data della contestazione degli addebiti, chiede di essere collocato a riposo.

 

          Art. 5. Revoca dei provvedimenti di retrocessione.

     I provvedimenti di retrocessione di grado o di restituzione nel ruolo di provenienza, adottati in seguito a procedimento di epurazione, possono essere revocati, su domanda degli interessati, da presentarsi non oltre il termine perentorio di trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, qualora, a giudizio insindacabile del Consiglio di amministrazione o del diverso organo preposto alla carriera del personale, il richiedente ne sia ritenuto meritevole in base alla valutazione dei precedenti di servizio e dei titoli di carriera.

     La revoca del provvedimento ripristina, ai soli effetti giuridici, la posizione di ruolo e di anzianità posseduta dal dipendente alla data del provvedimento stesso. Qualora non vi sia disponibilità di posti nel grado, il dipendente che nel grado stesso occupa l'ultimo posto nel ruolo di anzianità, è collocato in soprannumero, salvo il riassorbimento nelle successive vacanze.

     Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano quando nel grado, in cui dovrebbe essere reintegrato il dipendente, è preveduto un solo posto di ruolo e questo posto è coperto.

 

          Art. 6. Provvedimenti di collocamento a riposo nei confronti dei dipendenti di grado superiore al 6°.

     Quando il provvedimento di collocamento a riposo, disposto ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 11 ottobre 1944, n. 257, ovvero dell'art. 1 del decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 716, sia annullato per incompetenza ovvero per inosservanza di termini, il provvedimento stesso può essere nuovamente adottato dal Consiglio dei Ministri con deliberazione presa entro il termine di sessanta giorni dalla data del provvedimento di annullamento.

     Se l'annullamento ha avuto luogo con decisione del Consiglio di Stato, il termine di sessanta giorni decorre dalla comunicazione della decisione stessa e, se la comunicazione è stata eseguita anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, il termine decorre dalla data stessa.

     A coloro che sono collocati a riposo, ai sensi del comma primo, spetta, a decorrere dalla data del nuovo provvedimento, il trattamento economico stabilito per i dipendenti collocati a riposo in virtù delle disposizioni richiamate nell'anzidetto comma primo.

 

          Art. 7. Casi di incompatibilità riguardo ai dipendenti dello Stato.

     I dipendenti delle Amministrazioni dello Stato, anche inamovibili, e i segretari comunali, che sono riassunti in servizio in seguito a proscioglimento del giudizio di epurazione, qualora siano riconosciuti incompatibili a riassumere le funzioni nella stessa sede o nello stesso ufficio, possono essere comandati temporaneamente ovvero trasferiti ad altra sede o ad altro ufficio.

     Nel caso della incompatibilità preveduta nel comma precedente, se la riassunzione in servizio avviene in seguito alla estinzione del procedimento di dispensa, preveduta nel comma secondo dell'art. 1, ovvero in seguito ad annullamento od a revoca del provvedimento di dispensa, adottato in seguito al giudizio di epurazione, o del provvedimento di collocamento a riposo, adottato ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 11 ottobre 1944, n. 257, o dell'art. 1 del decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 716, i dipendenti possono pure essere trasferiti ad altro ruolo, d'importanza corrispondente, anche di Amministrazione diversa, conservando il trattamento economico e giuridico inerente al grado rivestito e prendendo posto dopo l'ultimo dei pari grado in servizio nel ruolo medesimo.

     Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche quando non ricorrono le anzidette ragioni di incompatibilità, qualora per il grado del ruolo a cui sarebbe assegnato il dipendente riammesso sia preveduto un solo posto di organico e questo posto è coperto.

     La dichiarazione di incompatibilità nella sede o nell'ufficio è pronunciata con decreto del Ministro, sentito il Consiglio di amministrazione o il diverso organo preposto alla carriera del personale al quale il dipendente appartiene.

     I provvedimenti di comando e di trasferimento, preveduti nel presente articolo, possono essere adottati nel termine di tre mesi dalla riassunzione in servizio. Per i dipendenti già riassunti il termine decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

          Art. 8. Casi di incompatibilità riguardo ai dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato.

     I dipendenti di enti pubblici diversi dallo Stato, che si trovano nelle condizioni prevedute nei primi due commi dell'articolo precedente, possono essere collocati a riposo, qualora non sia possibile una diversa utilizzazione della loro opera ovvero essi vi si oppongano, e semprechè abbiano raggiunta l'anzianità minima di servizio richiesta per il trattamento di quiescenza o di previdenza.

     Nel caso preveduto nel comma precedente, oltre a quanto è dovuto per effetto del trattamento di quiescenza o di previdenza, è corrisposta al dipendente collocato a riposo una speciale indennità di buonuscita a carico dell'ente medesimo, variabile da un minimo di sei mesi ad un massimo di un'annualità del solo stipendio. I dipendenti che si oppongono ad una diversa utilizzazione della loro opera non hanno diritto a tale indennità di buonauscita.

     I dipendenti di cui al primo comma, se non hanno raggiunto l'anzianità minima di servizio richiesta per il collocamento a risposo, o per altra forma analoga di cessazione del rapporto di impiego, sono collocati in disponibilità; ma, al raggiungimento di detta anzianità, qualora a giudizio discrezionale dell'Amministrazione permanga la ragione di incompatibilità, possono essere collocati a riposo e, in questo caso, si applicano le disposizioni del precedente comma.

     Durante il periodo della disponibilità spetta al dipendente un assegno mensile pari alla metà dello stipendio e delle altre competenze che non presuppongono la presenza dell'impiegato in ufficio. E' fatta salva la facoltà dell'Amministrazione di richiamare in servizio il dipendente che trovasi in disponibilità, quando ritenga cessata, a suo giudizio discrezionale, la ragione dell'incompatibilità.

     I provvedimenti di collocamento a riposo o in disponibilità possono essere adottati nel termine di tre mesi dalla riassunzione in servizio. Per i dipendenti già riassunti il termine decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

     Avverso i provvedimenti di collocamento a riposo è ammesso ricorso entro trenta giorni al Ministro competente.

 

          Art. 9. Dipendenti di istituti di interesse nazionale e di determinate imprese ed aziende.

     Le disposizioni degli articoli precedenti, tranne quelle dell'art. 3, si osservano, in quanto applicabili, anche rispetto al personale degli istituti di interesse nazionale e delle imprese ed aziende indicate nell'art. 8 del decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 702.

     Per il personale menzionato nel comma precedente la liquidazione delle competenze dovute alla cessazione del nuovo periodo di servizio è effettuata senza tener conto del servizio anteriormente prestato.

 

          Art. 10. Revoca delle cancellazioni dagli albi professionali.

     Sono revocate le cancellazioni dagli albi per l'esercizio di professioni, arti o mestieri, disposte anteriormente all'entrata in vigore del decreto legislativo 9 novembre 1945, n. 702, per motivi di epurazione non preveduti dalle norme vigenti.

     I provvedimenti di revoca sono disposti dagli organi incaricati della tenuta degli albi, su domanda degli interessati, da presentarsi, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Qualora manchi l'organo preposto alla tenuta dell'albo o esso non decida nel termine suindicato, il provvedimento di revoca è adottato dal primo presidente della Corte di appello, nella cui circoscrizione è istituito l'albo dal quale il richiedente fu cancellato o da un magistrato della Corte stessa delegato dal primo presidente.

 

          Art. 11. Incapacità a ricoprire le cariche di amministratori, di sindaci o di liquidatori di società.

     Fermi gli effetti, a favore degli interessati, delle decisioni pronunciate nei giudizi di cui all'art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 1945, n. 472, le incapacità sancite dall'art. 1 del decreto stesso a ricoprire cariche di amministratori, di sindaci o liquidatori di società cessano di avere vigore con le eccezioni e con le modalità seguenti:

     a) nei riguardi delle persone contemplate nel n. 3: con il riacquisto dei diritti sospesi o perduti per effetto delle sanzioni inflitte ai sensi del decreto legislativo 26 aprile 1945, n. 149;

     b) nei riguardi delle persone che, per aver rivestita una delle cariche fasciste indicate nel decreto 2 febbraio 1945 del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" n. 20 del 15 febbraio 1945, siano incorse nella sospensione del diritto elettorale: con il riacquisto del diritto stesso;

     c) nei riguardi delle altre persone indicate al n. 4 ed al n. 5: con la entrata in vigore del presente decreto.

     Le anzidette incapacità restano ferme nell'ipotesi di condanna per delitti preveduti nel titolo I del decreto legislativo 27 luglio 1944, n. 159, anche quando la condanna non comporti la interdizione dai pubblici uffici ed ancorchè sia intervenuta amnistia, e nell'ipotesi di confisca di beni ai sensi dell'art. 9 del predetto decreto legislativo 27 luglio 1944, n. 159, dell'art. 1 del decreto legislativo 31 maggio 1945, n. 364, ovvero dell'art. 1 del decreto legislativo 26 marzo 1946, n. 134, e successive modificazioni.

     La riabilitazione importa la cessazione delle incapacità predette anche nelle ipotesi prevedute nel comma precedente.

     La cessazione delle incapacità menzionate in questo articolo ha luogo di diritto al verificarsi delle condizioni ivi prevedute.

 

          Art. 12. Incapacità ad assumere appalti di opere pubbliche o ad ottenere concessioni di servizi pubblici.

     Le incapacità sancite dall'art. 2 del decreto legislativo 4 agosto 1945, n. 472, cessano di avere vigore; ma le pubbliche Amministrazioni hanno facoltà di escludere dagli appalti di opere pubbliche e dalle concessioni di servizi pubblici, con provvedimento insindacabile, le società e le imprese, i cui amministratori o titolari si trovino nelle condizioni di incapacità prevedute nell'articolo precedente.

 

          Art. 13. Emanazione di norme integrative.

     Su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con i Ministri per la grazia e giustiziai e per il tesoro e con gli altri Ministri direttamente interessati i saranno emanate le norme che si rendessero necessarie per l'integrazione di quelle del presente decreto e per adeguare le disposizioni del decreto medesimo alle norme che regolano la carriera del personale delle Amministrazioni dello Stato con speciale ordinamento e degli altri enti pubblici.

 

          Art. 14.

     Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella "Gazzetta Ufficiale" della Repubblica italiana.


[1] Ratificato dalla L. 17 aprile 1956, n. 561.