§ 9.5.31 - Direttiva 12 luglio 2016, n. 1164.
Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del [...]


Settore:Normativa europea
Materia:9. affari fiscali
Capitolo:9.5 lotta contro la frode e l'evasione fiscale
Data:12/07/2016
Numero:1164


Sommario
Art. 1.  Ambito di applicazione
Art. 2.  Definizioni
Art. 3.  Livello minimo di protezione
Art. 4.  Norma relativa ai limiti sugli interessi
Art. 5.  Imposizione in uscita
Art. 6.  Norma generale antiabuso
Art. 7.  Norme sulle società controllate estere
Art. 8.  Calcolo dei redditi delle società controllate estere
Art. 9.  Disallineamenti da ibridi
Art. 10.  Riesame
Art. 11.  Recepimento
Art. 12.  Entrata in vigore
Art. 13.  Destinatari


§ 9.5.31 - Direttiva 12 luglio 2016, n. 1164.

Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno

(G.U.U.E. 19 luglio 2016, n. L 193)

 

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

 

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 115,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Parlamento europeo (1),

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),

deliberando secondo una procedura legislativa speciale,

considerando quanto segue:

 

(1) Le attuali priorità politiche nella fiscalità internazionale evidenziano la necessità di assicurare che l'imposta sia versata nel luogo in cui gli utili e il valore sono generati. È pertanto fondamentale ristabilire la fiducia nell'equità dei sistemi fiscali e consentire ai governi di esercitare effettivamente la loro sovranità fiscale. Questi nuovi obiettivi politici sono stati tradotti in raccomandazioni di azioni concrete nel quadro dell'iniziativa contro l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS) dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Nelle sue conclusioni del 13 e 14 marzo 2013 e del 19 e 20 dicembre 2013 il Consiglio europeo ha accolto con favore questi lavori. In risposta all'esigenza di una maggiore equità fiscale la Commissione, nella sua comunicazione del 17 giugno 2015, definisce un piano d'azione per una tassazione delle società equa ed efficace nell'Unione europea.

(2) Le relazioni finali sulle 15 azioni dell'OCSE contro il BEPS sono state pubblicate il 5 ottobre 2015. Tali risultati sono stati accolti con favore dal Consiglio nelle sue conclusioni dell'8 dicembre 2015, nelle quali sottolinea l'esigenza di trovare soluzioni comuni, seppur flessibili, a livello dell'UE in linea con le conclusioni dell'OCSE sul BEPS, sostiene inoltre un'attuazione efficace, rapida e coordinata delle misure anti-BEPS a livello dell'UE e ritiene che le direttive dell'UE debbano essere, se del caso, lo strumento preferenziale per l'attuazione delle conclusioni dell'OCSE sul BEPS a livello dell'UE. È essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno che gli Stati membri attuino come minimo i loro impegni in materia di BEPS e, più in generale, prendano provvedimenti per scoraggiare le pratiche di elusione fiscale e garantire un'equa ed efficace imposizione nell'Unione in modo sufficientemente coerente e coordinato. In un mercato di economie altamente integrate si avverte l'esigenza di approcci strategici comuni e di un'azione coordinata al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno e massimizzare gli effetti positivi dell'iniziativa contro il BEPS. Inoltre solo un quadro comune potrebbe impedire una frammentazione del mercato e porre fine ai disallineamenti e alle distorsioni del mercato attualmente esistenti. Infine, misure nazionali di attuazione che seguono una linea comune in tutta l'Unione fornirebbero ai contribuenti la certezza giuridica della compatibilità di dette misure con il diritto dell'Unione.

(3) È necessario stabilire norme per rafforzare il livello medio di protezione contro la pianificazione fiscale aggressiva nel mercato interno. Dal momento che dovrebbero adattarsi a 28 diversi regimi di imposta sulle società, queste norme dovrebbero limitarsi a disposizioni generali e lasciare il compito dell'attuazione agli Stati membri, che si trovano in una posizione migliore per definire gli elementi specifici di tali norme secondo le modalità più adatte ai rispettivi regimi di imposizione delle società. Tale obiettivo potrebbe essere conseguito creando un livello minimo di protezione per i regimi nazionali di imposta sulle società contro le pratiche di elusione fiscale in tutta l'Unione. È pertanto necessario coordinare le risposte degli Stati membri nell'attuare i risultati delle 15 azioni dell'OCSE intese a contrastare il BEPS, con l'obiettivo di migliorare l'efficacia del mercato interno nel suo insieme nella lotta contro le pratiche di elusione fiscale. Occorre pertanto stabilire un livello minimo comune di protezione per il mercato interno in settori specifici.

(4) È necessario stabilire norme applicabili a tutti i contribuenti che sono assoggettati all'imposta societaria in uno Stato membro. Considerando che ciò comporterebbe la necessità di coprire una gamma più ampia di imposte nazionali, non è auspicabile estendere l'ambito di applicazione della presente direttiva alle categorie di entità non assoggettate all'imposta sulle società in uno Stato membro ovvero, in particolare, le entità trasparenti. Tali norme dovrebbero applicarsi anche alle stabili organizzazioni di tali società che possono essere situate in altri Stati membri. Le società possono essere residenti a fini fiscali in uno Stato membro o essere costituite a norma delle leggi di uno Stato membro. Anche le stabili organizzazioni di entità residenti a fini fiscali in un paese terzo dovrebbero essere soggette a tali norme se sono situate in uno o più Stati membri.

(5) È necessario stabilire norme contro l'erosione della base imponibile nel mercato interno e il trasferimento degli utili al di fuori del mercato interno. Per contribuire al conseguimento di tale obiettivo sono necessarie disposizioni nei seguenti settori: limiti sulla deducibilità degli interessi, imposizione in uscita, una norma generale antiabuso, norme sulle società controllate estere e norme per contrastare i disallineamenti da ibridi. Ove l'applicazione di tali norme dia luogo a una doppia imposizione, i contribuenti dovrebbero beneficiare di uno sgravio tramite una detrazione dell'imposta versata in un altro Stato membro o in un paese terzo, a seconda del caso. Le norme dovrebbero pertanto mirare non solo a contrastare le pratiche di elusione fiscale, ma anche a evitare la creazione di altri ostacoli al mercato, come la doppia imposizione.

(6) Nel tentativo di ridurre il proprio onere fiscale globale, i gruppi di società ricorrono sempre più di frequente al BEPS attraverso pagamenti di interessi eccessivi. La norma relativa ai limiti sugli interessi è necessaria per scoraggiare tali pratiche in quanto limita la deducibilità degli oneri finanziari eccedenti dei contribuenti. È pertanto necessario fissare una percentuale di deducibilità che sia riferita agli utili imponibili del contribuente al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento (EBITDA). Al fine di assicurare un livello di protezione più elevato gli Stati membri potrebbero diminuire tale percentuale oppure porre limiti temporali o ridurre l'importo degli oneri finanziari non dedotti che possono essere riportati in avanti o all'indietro. Dato l'obiettivo di stabilire norme minime, gli Stati membri potrebbero avere la facoltà di adottare un parametro alternativo in riferimento agli utili del contribuente al lordo di interessi e imposte (EBIT), determinato in modo tale da essere equivalente alla percentuale stabilita sulla base dell'EBITDA. Gli Stati membri, oltre alla norma relativa ai limiti sugli interessi di cui alla presente direttiva, potrebbero altresì ricorrere a norme mirate contro il finanziamento intragruppo con capitale di debito, in particolare norme sulla sottocapitalizzazione. Le entrate esenti da imposta non dovrebbero essere compensate a fronte di oneri finanziari deducibili. Infatti solo il reddito imponibile dovrebbe essere preso in considerazione per determinare l'importo degli interessi che può essere dedotto.

(7) Se il contribuente fa parte di un gruppo che redige conti consolidati, si potrebbe prendere in considerazione l'indebitamento complessivo del gruppo a livello mondiale ai fini della concessione ai contribuenti del diritto a dedurre importi più elevati di oneri finanziari eccedenti. Potrebbe altresì essere opportuno stabilire norme per una clausola di salvaguardia basata sul capitale proprio, per cui la norma relativa ai limiti sugli interessi non si applica se la società può dimostrare che il rapporto tra il suo capitale proprio e gli attivi totali è pressoché pari o superiore al corrispondente rapporto del gruppo. La norma relativa ai limiti sugli interessi dovrebbe applicarsi agli oneri finanziari eccedenti di un contribuente senza distinguere se i costi traggono origine da un debito contratto a livello nazionale, a livello transfrontaliero all'interno dell'Unione o in un paese terzo oppure da terzi, imprese associate o intragruppo. Qualora un gruppo comprenda più di un'entità in uno Stato membro, lo Stato membro può prendere in considerazione la posizione complessiva di tutte le entità del gruppo nel medesimo Stato, anche prevedendo, nell'applicare le norme che limitano la deducibilità degli interessi, un sistema d'imposta separato per le entità al fine di consentire il trasferimento degli utili o delle quote di deducibilità degli interessi tra entità all'interno di un gruppo.

(8) Per ridurre gli oneri amministrativi e di adempimento delle norme senza attenuarne in maniera significativa gli effetti a livello fiscale, potrebbe essere opportuno prevedere una norma «porto sicuro», di modo che gli interessi netti siano sempre deducibili fino a un determinato importo qualora ciò comporti una deduzione maggiore rispetto alla percentuale stabilita sulla base dell'EBITDA. Al fine di assicurare un livello di protezione più elevato della rispettiva base imponibile nazionale gli Stati membri potrebbero ridurre la soglia monetaria fissata. Poiché in linea di principio il BEPS avviene mediante pagamenti di interessi eccessivi tra entità che sono imprese associate, è opportuno e necessario consentire l'eventuale esclusione delle entità indipendenti dall'ambito di applicazione della norma relativa ai limiti sugli interessi, visto il rischio limitato di elusione fiscale. Al fine di agevolare la transizione verso la nuova norma relativa ai limiti sugli interessi, gli Stati membri potrebbero prevedere una clausola di anteriorità che si applicherebbe ai prestiti esistenti nella misura in cui le loro condizioni non siano successivamente modificate, vale a dire che in caso di modifiche successive la clausola non si applicherebbe all'eventuale aumento dell'importo o della durata del prestito ma sarebbe limitata alle condizioni originali dello stesso. Fatte salve le norme in materia di aiuti di Stato, gli Stati membri potrebbero altresì escludere gli oneri finanziari eccedenti sostenuti per prestiti utilizzati per il finanziamento di progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine, considerando che tali modalità di finanziamento presentano rischi minimi o nulli di BEPS. In tale contesto gli Stati membri dovrebbero dimostrare adeguatamente che le modalità di finanziamento per i progetti infrastrutturali pubblici presentano caratteristiche particolari che giustificano tale trattamento rispetto ad altre modalità di finanziamento soggette alla norma restrittiva.

(9) Benché sia generalmente riconosciuto che anche le imprese finanziarie, ossia gli istituti finanziari e le imprese di assicurazione, dovrebbero essere soggette a limiti sulla deducibilità degli interessi, è parimenti riconosciuto che questi due settori presentano caratteristiche particolari che richiedono un approccio più adeguato alle loro esigenze. Dal momento che le discussioni in questo settore non sono sufficientemente conclusive nel contesto internazionale e dell'Unione, non è ancora possibile prevedere norme specifiche per i settori finanziario ed assicurativo e pertanto gli Stati membri dovrebbero poterli escludere dall'ambito di applicazione delle norme relative ai limiti sugli interessi.

(10) L'imposizione in uscita ha la funzione di garantire che quando un contribuente trasferisce attivi o la propria residenza fiscale al di fuori della giurisdizione fiscale di uno Stato, detto Stato assoggetta ad imposta il valore economico di qualsiasi plusvalenza creata nel suo territorio, anche se tale plusvalenza non è ancora stata realizzata al momento dell'uscita. È pertanto necessario specificare i casi in cui i contribuenti sono soggetti a norme in materia di imposizione in uscita e sono tassati sulle plusvalenze non realizzate che sono state integrate nei loro attivi trasferiti. È altresì utile precisare che i trasferimenti di attivi, denaro in contanti incluso, tra una società madre e le sue controllate non rientrano nell'ambito di applicazione della norma prevista in materia di imposizione in uscita. Al fine di calcolare gli importi è fondamentale stabilire un valore di mercato per gli attivi trasferiti al momento della loro uscita, basato sul principio di libera concorrenza. Per garantire la compatibilità della norma con l'utilizzo del metodo del credito d'imposta, è auspicabile che sia consentito agli Stati membri di fare riferimento al momento in cui viene perduto il diritto di tassare gli attivi trasferiti. Il diritto di imposizione dovrebbe essere definito a livello nazionale. È altresì necessario consentire allo Stato membro ricevente di contestare il valore degli attivi trasferiti determinato dallo Stato di uscita, qualora esso non rifletta tale valore di mercato. A tal fine gli Stati membri potrebbero ricorrere agli esistenti meccanismi di risoluzione delle controversie. All'interno dell'Unione occorre esaminare l'applicazione dell'imposizione in uscita e illustrare le condizioni di conformità al diritto dell'Unione. In tali situazioni i contribuenti dovrebbero avere il diritto di versare immediatamente l'importo dell'imposta in uscita dovuta o di dilazionare il pagamento dell'importo dell'imposta, eventualmente maggiorato degli interessi e di una garanzia, mediante la rateizzazione ripartita su un certo numero di anni.

 

A tale scopo gli Stati membri potrebbero chiedere ai contribuenti interessati di inserire le informazioni necessarie in una dichiarazione. L'imposizione in uscita non dovrebbe essere applicata nei casi in cui il trasferimento di attivi è di natura temporanea e questi ultimi sono destinati a tornare allo Stato membro dell'autore del trasferimento, se il trasferimento avviene allo scopo di rispettare requisiti patrimoniali prudenziali o a fini di gestione della liquidità o se si tratta di operazioni di finanziamento tramite titoli o attivi forniti come garanzia collaterale.

(11) Norme generali antiabuso sono presenti nei sistemi fiscali per contrastare le pratiche fiscali abusive che non sono ancora state oggetto di disposizioni specifiche. Tali norme sono pertanto destinate a colmare lacune e non dovrebbero pregiudicare l'applicabilità di norme antiabuso specifiche. All'interno dell'Unione le norme generali antiabuso dovrebbero essere applicate alle costruzioni che non sono genuine; in caso contrario il contribuente dovrebbe avere il diritto di scegliere la struttura più vantaggiosa dal punto di vista fiscale per i propri affari commerciali. È inoltre importante garantire che le norme generali antiabuso si applichino in modo uniforme in situazioni nazionali, all'interno dell'Unione e nei confronti di paesi terzi, così che l'ambito di applicazione e i risultati dell'applicazione in contesti nazionali e transfrontalieri siano identici. Agli Stati membri non dovrebbe essere impedito di imporre sanzioni nei casi in cui è applicabile la norma generale antiabuso. Nel valutare se una costruzione debba essere considerata non genuina, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di prendere in esame tutte le valide ragioni economiche, incluse le attività finanziarie.

(12) Le norme sulle società controllate estere (CFC) hanno come effetto la riattribuzione dei redditi di una società controllata soggetta a bassa imposizione alla società madre. La società madre diventa quindi tassabile per i redditi che le sono stati attribuiti nello Stato in cui è residente a fini fiscali. In funzione delle priorità politiche di tale Stato, le norme sulle società controllate estere possono riguardare un'intera controllata soggetta a bassa imposizione o specifiche categorie di reddito oppure essere limitate ai redditi artificialmente dirottati verso la controllata. In particolare, al fine di assicurare che le norme sulle società controllate estere rappresentino una risposta proporzionata alle preoccupazioni in materia di BEPS, è essenziale che gli Stati membri che limitano le loro norme sulle società controllate estere ai redditi che sono stati artificialmente dirottati verso la controllata puntino precisamente alle situazioni in cui la maggior parte delle funzioni decisionali che hanno generato il dirottamento dei redditi a livello della società controllata sia svolta nello Stato membro del contribuente. Al fine di limitare l'onere amministrativo e i costi di conformità, dovrebbe essere accettabile inoltre che tali Stati membri esentino talune entità con scarsi utili o uno scarso margine di profitto che comportano rischi minori di elusione fiscale. È pertanto necessario che le norme sulle società controllate estere si estendano agli utili di stabili organizzazioni laddove tali utili non siano soggetti ad imposta o siano esenti da imposta nello Stato membro del contribuente. Non vi è tuttavia la necessità di assoggettare a imposizione, ai sensi delle norme sulle società controllate estere, gli utili di stabili organizzazioni cui è negata l'esenzione da imposta ai sensi delle norme nazionali in quanto tali stabili organizzazioni sono trattate come se fossero società controllate estere. Al fine di assicurare un livello di protezione più elevato, gli Stati membri potrebbero abbassare la soglia di controllo o ricorrere a una soglia più elevata raffrontando l'imposta sulle società realmente versata con l'imposta sulle società che sarebbe stata applicata nello Stato membro del contribuente. Nel recepire le norme sulle società controllate estere nel diritto nazionale, gli Stati membri potrebbero ricorrere a una soglia frazionaria sufficientemente elevata dell'aliquota d'imposta.

 

È auspicabile porre rimedio a situazioni di questo tipo sia nei paesi terzi che all'interno dell'Unione. Al fine di rispettare le libertà fondamentali, le categorie di reddito dovrebbero essere combinate con un'esclusione basata sulla sostanza economica intesa a limitare, all'interno dell'Unione, l'impatto delle norme ai casi in cui la società controllata estera non svolge un'attività economica sostanziale. È importante che le amministrazioni fiscali e i contribuenti cooperino per raccogliere le circostanze e i fatti pertinenti al fine di determinare se la norma di esclusione va applicata. Dovrebbe essere ammissibile che, nel recepire le norme sulle società controllate estere nel diritto nazionale, gli Stati membri ricorrano a un sistema di liste bianca, grigia e nera di paesi terzi, che siano compilate sulla base di determinati criteri stabiliti dalla presente direttiva e possano comprendere il livello di aliquota di imposta sulle società, oppure ricorrano a liste bianche di Stati membri redatte su tale base.

(13) I disallineamenti da ibridi sono la conseguenza delle differenze nella qualificazione giuridica dei pagamenti (strumenti finanziari) o delle entità e tali differenze emergono quando i sistemi giuridici di due giurisdizioni interagiscono. L'effetto di tali disallineamenti è spesso una doppia deduzione (ossia una deduzione in entrambi gli Stati) o una deduzione dei redditi in uno Stato senza che tali redditi siano inclusi nella base imponibile dell'altro Stato. Per neutralizzare gli effetti delle regolazioni ibride da disallineamento fiscale è necessario stabilire norme secondo le quali una delle due giurisdizioni coinvolta nel disallineamento debba negare la deduzione di un pagamento che causerebbe tale disallineamento. In tale contesto è utile precisare che le misure della presente direttiva volte a contrastare i disallineamenti da ibridi hanno lo scopo di contrastare situazioni di disallineamento imputabili a differenze nella qualificazione giuridica di uno strumento finanziario o di un'entità e non intendono incidere sulle caratteristiche generali del sistema fiscale di uno Stato membro. Anche se gli Stati membri, nell'ambito del gruppo «Codice di condotta (tassazione delle imprese)», hanno concordato linee guida sul trattamento fiscale delle entità ibride e delle stabili organizzazioni ibride all'interno dell'Unione, nonché sul trattamento fiscale delle entità ibride legate a paesi terzi, rimane necessario adottare norme vincolanti. È fondamentale che siano proseguiti i lavori sui disallineamenti da ibridi tra Stati membri e paesi terzi, come pure su altri disallineamenti da ibridi, ad esempio quelli che coinvolgono le stabili organizzazioni.

(14) È necessario chiarire che l'attuazione delle norme contro l'elusione fiscale contemplate nella presente direttiva non dovrebbe pregiudicare l'obbligo dei contribuenti di rispettare il principio di libera concorrenza o il diritto dello Stato membro di adeguare un debito fiscale al rialzo in conformità al principio di libera concorrenza, ove applicabile.

(15) Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato in conformità all'articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). Il diritto alla protezione dei dati personali ai sensi dell'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nonché della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) si applica al trattamento dei dati personali effettuato nel quadro della presente direttiva.

(16) Considerando che uno dei principali obiettivi della presente direttiva è migliorare la resilienza del mercato interno nel suo complesso contro le pratiche transfrontaliere di elusione fiscale, tale obiettivo non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri che agiscono singolarmente. I regimi nazionali di tassazione delle società sono eterogenei e l'azione indipendente degli Stati membri si limiterebbe a riprodurre l'attuale frammentazione del mercato interno nel campo della fiscalità diretta. L'interazione di misure nazionali distinte comporterebbe la persistenza di inefficienze e distorsioni, con la conseguente mancanza di coordinamento. Misure correttive dovrebbero invece essere adottate a livello di Unione in quanto gran parte dell'inefficienza nel mercato interno si traduce principalmente in problemi di natura transfrontaliera. È pertanto fondamentale adottare soluzioni che funzionino per il mercato interno nel suo complesso e tale obiettivo può essere meglio conseguito a livello dell'Unione. L'Unione può quindi adottare misure in conformità al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. Fissando un livello minimo di protezione del mercato interno, la presente direttiva mira soltanto a raggiungere il grado minimo di coordinamento all'interno dell'Unione essenziale per conseguire i suoi obiettivi.

(17) La Commissione dovrebbe valutare l'attuazione della presente direttiva quattro anni dopo la sua entrata in vigore e presentare al Consiglio una relazione al riguardo. Gli Stati membri dovrebbero comunicare alla Commissione tutte le informazioni necessarie per tale valutazione,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

 

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1. Ambito di applicazione

La presente direttiva si applica a tutti i contribuenti che sono soggetti all'imposta sulle società in uno o più Stati membri, comprese le stabili organizzazioni situate in uno o più Stati membri di entità residenti a fini fiscali in un paese terzo.

 

     Art. 2. Definizioni

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) «oneri finanziari», gli interessi passivi su tutte le forme di debito nonché altri oneri economicamente equivalenti a interessi e costi sostenuti in relazione alla raccolta di finanziamenti ai sensi del diritto nazionale, inclusi, in via esemplificativa ma non esclusiva, pagamenti a titolo di prestiti con partecipazione agli utili, interessi di computo per strumenti quali obbligazioni convertibili e a cedola zero, importi a titolo di meccanismi di finanziamento alternativi, come per esempio la finanza islamica, la componente relativa ai costi di finanziamento dei pagamenti di leasing finanziari, interessi capitalizzati inclusi nel valore di bilancio dell'attivo corrispondente o l'ammortamento degli interessi capitalizzati, importi calcolati in riferimento alla restituzione di fondi ai sensi delle norme in materia di prezzi di trasferimento (se applicabili), importi di interessi nozionali a titolo di strumenti derivati o meccanismi di copertura relativi a prestiti dell'entità, determinati utili o perdite su cambi nell'ambito di prestiti e strumenti connessi alla raccolta di finanziamenti, commissioni di garanzia relative a meccanismi di finanziamento, commissioni di istruttoria e costi analoghi connessi all'ottenimento di finanziamenti;

2) «oneri finanziari eccedenti», l'importo di cui gli oneri finanziari deducibili di un contribuente superano gli interessi attivi imponibili e altre entrate imponibili economicamente equivalenti che il contribuente riceve conformemente al diritto nazionale;
3) «periodo d'imposta», un esercizio fiscale, un anno civile o qualsiasi altro periodo appropriato a fini fiscali;

4) «impresa associata»:

a) un'entità nella quale il contribuente detiene direttamente o indirettamente una partecipazione in termini di diritto di voto o proprietà del capitale pari o superiore al 25 per cento o ha il diritto di ricevere una percentuale degli utili di tale entità pari o superiore al 25 per cento;

b) un individuo o un'entità che detiene direttamente o indirettamente nel patrimonio di un contribuente una partecipazione in termini di diritto di voto o proprietà del capitale pari o superiore al 25 per cento o ha il diritto di ricevere una percentuale degli utili del contribuente pari o superiore al 25 per cento.

Se un individuo o un'entità detiene direttamente o indirettamente nel patrimonio di un contribuente e in una o più entità una partecipazione pari o superiore al 25 per cento, tutte le entità interessate, contribuente compreso, sono considerate imprese associate.

Ai fini dell'articolo 9 e qualora il disallineamento coinvolga un'entità ibrida, la definizione è modificata in modo tale da sostituire il requisito del 25 per cento con un requisito del 50 per cento.

5) «impresa finanziaria», una delle seguenti entità:

a) un ente creditizio o un'impresa di investimento quale definita all'articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), o un gestore di fondi di investimento alternativi (GEFIA) quale definito all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) o una società di gestione di un organismo d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) quale definita all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7);

b) un'impresa di assicurazione quale definita all'articolo 13, punto 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);

c) un'impresa di riassicurazione quale definita all'articolo 13, punto 4), della direttiva 2009/138/CE;

d) un ente pensionistico aziendale o professionale che ricade nell'ambito di applicazione della direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), a meno che lo Stato membro abbia deciso, a norma dell'articolo 5 di tale direttiva, di non applicare la medesima, in tutto o in parte, all'ente in questione, o il delegato di un ente pensionistico aziendale o professionale ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, di tale direttiva;

e) istituti pensionistici che gestiscono regimi pensionistici considerati regimi di sicurezza sociale oggetto del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), come pure qualsiasi entità giuridica istituita a fini di investimento in tali regimi;

f) un fondo di investimento alternativo (FIA) gestito da un gestore di fondi di investimento alternativi quale definito all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE o un FIA sottoposto a vigilanza ai sensi del diritto nazionale applicabile;

g) OICVM ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/65/CE;

h) una controparte centrale quale definita all'articolo 2, punto 1), del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (12);

i) un depositario centrale di titoli quale definito all'articolo 2, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (13);

6) «trasferimento di attivi», l'operazione mediante la quale uno Stato membro perde il diritto di tassare gli attivi trasferiti, mentre gli attivi restano sotto la proprietà giuridica o economica del medesimo contribuente;

7) «trasferimento di residenza fiscale», l'operazione mediante la quale un contribuente cessa di essere residente a fini fiscali in uno Stato membro e nel contempo acquisisce la residenza fiscale in un altro Stato membro o in un paese terzo;

8) «trasferimento di un'attività svolta da una stabile organizzazione», l'operazione mediante la quale un contribuente cessa di essere presente a fini fiscali in uno Stato membro e nel contempo acquisisce tale presenza in un altro Stato membro o in un paese terzo senza diventare residente a fini fiscali in tale Stato membro o paese terzo;

9) «disallineamento da ibridi», una situazione che insorge tra un contribuente in uno Stato membro e un'impresa associata in un altro Stato membro o una modalità strutturata tra parti negli Stati membri in cui il seguente risultato è imputabile a differenze della caratterizzazione giuridica di uno strumento finanziario o di un'entità:

a) lo stesso pagamento, le stesse spese o le stesse perdite sono dedotti sia nello Stato membro in cui il pagamento ha origine, le spese sono sostenute o le perdite sono subite sia in un altro Stato membro («doppia deduzione»); o

b) a un pagamento è applicata una deduzione nello Stato membro in cui il pagamento ha origine senza una corrispondente inclusione, a fini fiscali, dello stesso nell'altro Stato membro («deduzione senza inclusione»).

 

     Art. 3. Livello minimo di protezione

La presente direttiva non pregiudica l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a salvaguardare un livello di protezione più elevato delle basi imponibili nazionali per l'imposta sulle società.

 

CAPO II

MISURE VOLTE A CONTRASTARE L'ELUSIONE FISCALE

 

     Art. 4. Norma relativa ai limiti sugli interessi

1. Gli oneri finanziari eccedenti sono deducibili nel periodo d'imposta in cui sono sostenuti solo fino al 30 per cento degli utili del contribuente al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento (EBITDA).

 

Ai fini del presente articolo, gli Stati membri possono trattare come un contribuente anche:

a) un'entità a cui è consentito o imposto di applicare le norme a nome di un gruppo, come stabilito ai sensi del diritto fiscale nazionale;

b) un'entità di un gruppo, ai sensi del diritto fiscale nazionale, che non consolida a fini fiscali i risultati dei suoi membri nel bilancio.

In tali circostanze gli oneri finanziari eccedenti e l'EBITDA possono essere calcolati a livello del gruppo e includono i risultati di tutti i suoi membri.

 

2. L'EBITDA si calcola aggiungendo ai redditi soggetti all'imposta sulle società nello Stato membro del contribuente gli importi corretti per l'imposta relativi agli oneri finanziari eccedenti nonché gli importi corretti per l'imposta relativi a deprezzamento e ammortamento. I redditi esenti da imposta sono esclusi dall'EBITDA di un contribuente.

 

3. In deroga al paragrafo 1, il contribuente può ottenere il diritto:

a) di dedurre gli oneri finanziari eccedenti fino a 3 000 000 EUR;

b) di dedurre integralmente gli oneri finanziari eccedenti qualora il contribuente sia un'entità indipendente.

Ai fini del paragrafo 1, secondo comma, l'importo di 3 000 000 EUR è inteso per l'intero gruppo.

 

Ai fini del primo comma, lettera b), un'entità indipendente è un contribuente che non è parte di un gruppo consolidato a fini di contabilità finanziaria e non ha alcuna impresa associata o stabile organizzazione.

 

4. Gli Stati membri possono escludere dall'ambito di applicazione del paragrafo 1 gli oneri finanziari eccedenti sostenuti in relazione a:

a) prestiti stipulati prima del 17 giugno 2016, sebbene l'esclusione non si applichi a successive modifiche di tali prestiti;

b) prestiti utilizzati per finanziare un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine, in cui il gestore del progetto, gli oneri finanziari, gli attivi e i redditi siano tutti nell'Unione.

Ai fini del primo comma, lettera b), un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine è un progetto volto a fornire, ammodernare, gestire e/o mantenere un bene su larga scala ritenuto di interesse pubblico generale da uno Stato membro.

 

Nei casi in cui si applica la lettera b) del primo comma, qualsiasi reddito derivante da un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine è escluso dall'EBITDA del contribuente e qualsiasi onere finanziario eccedente escluso non va incluso negli oneri finanziari eccedenti del gruppo nei confronti di terzi di cui al paragrafo 5, lettera b).

 

5. Se un contribuente è membro di un gruppo consolidato a fini di contabilità finanziaria, può ottenere il diritto:

a) di dedurre integralmente gli oneri finanziari eccedenti qualora sia in grado di dimostrare che il rapporto tra il capitale proprio e i suoi attivi totali è pari o superiore al rapporto equivalente del gruppo, alle seguenti condizioni:

 

i) il rapporto tra il capitale proprio del contribuente e i suoi attivi totali è considerato pari al rapporto equivalente del gruppo se il rapporto tra il capitale proprio del contribuente e i suoi attivi totali è inferiore al massimo di due punti percentuali; e

ii) tutti gli attivi e i passivi sono valutati secondo lo stesso metodo utilizzato per il bilancio consolidato di cui al paragrafo 8;

o

b) di dedurre gli oneri finanziari eccedenti per un importo maggiore di quello che avrebbe il diritto di dedurre conformemente al paragrafo 1. Il limite più elevato alla deducibilità degli oneri finanziari eccedenti si riferisce al gruppo consolidato a fini di contabilità finanziaria di cui il contribuente è membro ed è calcolato in due fasi:

 

i) innanzitutto si calcola il rapporto del gruppo, dividendo gli oneri finanziari eccedenti del gruppo nei confronti di terzi per l'EBITDA del gruppo, e

ii) successivamente si moltiplica il rapporto del gruppo per l'EBITDA del contribuente calcolato conformemente al paragrafo 2.

 

6. Lo Stato membro del contribuente può prevedere norme:

a) per riportare in avanti, senza limiti di tempo, gli oneri finanziari eccedenti che non possono essere dedotti nel periodo d'imposta corrente ai sensi dei paragrafi da 1 a 5;

b) per riportare in avanti, senza limiti di tempo, e all'indietro, per un massimo di tre anni, gli oneri finanziari eccedenti che non possono essere dedotti nel periodo d'imposta corrente ai sensi dei paragrafi da 1 a 5; oppure

c) per riportare in avanti, senza limiti di tempo, gli oneri finanziari eccedenti, e per un massimo di cinque anni la quota di deducibilità degli interessi non utilizzata, che non possono essere dedotti nel periodo d'imposta corrente ai sensi dei paragrafi da 1 a 5.

7. Gli Stati membri possono escludere le imprese finanziarie dall'ambito di applicazione dei paragrafi da 1 a 6, anche se tali imprese finanziarie sono parte di un gruppo consolidato a fini di contabilità finanziaria.

 

8. Ai fini del presente articolo, il gruppo consolidato a fini di contabilità finanziaria consta di tutte le entità pienamente incluse nel bilancio consolidato redatto in conformità ai principi internazionali d'informativa finanziaria (IFRS) o al sistema nazionale di informativa finanziaria di uno Stato membro. Il contribuente può ottenere il diritto di utilizzare il bilancio consolidato preparato in conformità di altri principi contabili.

 

     Art. 5. Imposizione in uscita

1. Un contribuente è soggetto ad imposta per un importo pari al valore di mercato degli attivi trasferiti, al momento dell'uscita degli attivi, meno il loro valore a fini fiscali, in una delle seguenti situazioni:

a) un contribuente trasferisce attivi dalla sua sede centrale alla sua stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un paese terzo, nella misura in cui lo Stato membro della sede centrale non abbia più il diritto di tassare gli attivi trasferiti a seguito del trasferimento;

b) un contribuente trasferisce attivi dalla sua stabile organizzazione situata in uno Stato membro alla sua sede centrale o a un'altra stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un paese terzo, nella misura in cui lo Stato membro della stabile organizzazione non abbia più il diritto di tassare gli attivi trasferiti a seguito del trasferimento;

c) un contribuente trasferisce la sua residenza fiscale in un altro Stato membro o in un paese terzo, ad eccezione degli attivi che rimangono effettivamente collegati a una stabile organizzazione situata nel primo Stato membro;

d) un contribuente trasferisce le attività svolte dalla sua stabile organizzazione da uno Stato membro a un altro Stato membro o a un paese terzo, nella misura in cui lo Stato membro della stabile organizzazione non abbia più il diritto di tassare gli attivi trasferiti a seguito del trasferimento.

2. Un contribuente ha il diritto di dilazionare il pagamento dell'imposta in uscita di cui al paragrafo 1 mediante pagamenti rateizzati ripartiti su un arco di cinque anni in uno dei seguenti casi:

a) un contribuente trasferisce attivi dalla sua sede centrale alla sua stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un paese terzo parte contraente dell'accordo sullo Spazio economico europeo (accordo SEE);

b) un contribuente trasferisce attivi dalla sua stabile organizzazione situata in uno Stato membro alla sua sede centrale o a un'altra stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un paese terzo parte contraente dell'accordo SEE;

c) un contribuente trasferisce la sua residenza fiscale in un altro Stato membro o in un paese terzo parte contraente dell'accordo SEE;

d) un contribuente trasferisce le attività svolte dalla sua stabile organizzazione in un altro Stato membro o in un paese terzo parte contraente dell'accordo SEE.

Il presente paragrafo si applica ai paesi terzi parti contraenti dell'accordo SEE che abbiano concluso un accordo con lo Stato membro del contribuente o con l'Unione relativo all'assistenza reciproca in materia di recupero di crediti fiscali, equivalente all'assistenza reciproca prevista dalla direttiva 2010/24/UE del Consiglio (14).

 

3. Se un contribuente dilaziona il pagamento in conformità del paragrafo 2, possono essere addebitati interessi a norma della legislazione dello Stato membro del contribuente o della stabile organizzazione, secondo il caso.

 

Se esiste un rischio dimostrabile ed effettivo di non recupero, i contribuenti possono essere anche tenuti a costituire una garanzia come condizione per dilazionare il pagamento in conformità del paragrafo 2.

 

Il secondo comma non si applica se la legislazione dello Stato membro del contribuente o della stabile organizzazione prevede la possibilità di recuperare il debito d'imposta tramite un altro contribuente che è membro del medesimo gruppo ed è residente a fini fiscali in tale Stato membro.

 

4. Ove si applichi il paragrafo 2, la dilazione di pagamento è immediatamente interrotta e il debito fiscale diventa recuperabile nei seguenti casi:

a) gli attivi trasferiti o le attività svolte dalla stabile organizzazione del contribuente sono venduti o altrimenti ceduti;

b) gli attivi trasferiti sono successivamente trasferiti in un paese terzo;

c) la residenza fiscale del contribuente o le attività svolte dalla sua stabile organizzazione sono successivamente trasferite in un paese terzo;

d) il contribuente è in stato di fallimento o di liquidazione;

e) il contribuente non ottempera agli obblighi che gli incombono con riguardo ai pagamenti rateizzati e non regolarizza la sua situazione in un periodo di tempo ragionevole, che non supera i 12 mesi.

Le lettere b) e c) non si applicano ai paesi terzi parti contraenti dell'accordo SEE che abbiano concluso un accordo con lo Stato membro del contribuente o con l'Unione relativo all'assistenza reciproca in materia di recupero di crediti fiscali, equivalente all'assistenza reciproca prevista dalla direttiva 2010/24/UE.

 

5. Se gli attivi, la residenza fiscale o le attività svolte da una stabile organizzazione sono trasferiti in un altro Stato membro, detto Stato membro accetta il valore determinato dallo Stato membro del contribuente o della stabile organizzazione come valore di partenza degli attivi a fini fiscali, a meno che esso non rispecchi il valore di mercato.

 

6. Ai fini dei paragrafi da 1 a 5, per «valore di mercato» si intende l'importo in cambio del quale un attivo può essere scambiato o reciproche obbligazioni possono essere fissate tra acquirenti e venditori indipendenti e disponibili nel quadro di una transazione diretta.

 

7. A condizione che gli attivi siano destinati a tornare allo Stato membro dell'autore del trasferimento nell'arco di 12 mesi, il presente articolo non si applica ai trasferimenti di attivi connessi al finanziamento tramite titoli, agli attivi forniti come garanzia collaterale o quando il trasferimento di attivi avviene allo scopo di rispettare requisiti patrimoniali prudenziali o a fini di gestione della liquidità.

 

     Art. 6. Norma generale antiabuso

1. Ai fini del calcolo dell'imposta dovuta sulle società, gli Stati membri ignorano una costruzione o una serie di costruzioni che, essendo stata posta in essere allo scopo principale o a uno degli scopi principali di ottenere un vantaggio fiscale che è in contrasto con l'oggetto o la finalità del diritto fiscale applicabile, non è genuina avendo riguardo a tutti i fatti e le circostanze pertinenti. Una costruzione può comprendere più di una fase o parte.

 

2. Ai fini del paragrafo 1, una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui non sia stata posta in essere per valide ragioni commerciali che rispecchiano la realtà economica.

 

3. Quando le costruzioni o una serie di costruzioni sono ignorate a norma del paragrafo 1, l'imposta dovuta è calcolata in conformità del diritto nazionale.

 

     Art. 7. Norme sulle società controllate estere

1. Lo Stato membro di un contribuente tratta un'entità o una stabile organizzazione i cui utili non sono soggetti ad imposta o sono esenti da imposta in tale Stato membro come una società controllata estera se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a) nel caso di un'entità, il contribuente, da solo o insieme alle sue imprese associate, detiene una partecipazione diretta o indiretta di oltre il 50 per cento dei diritti di voto o possiede direttamente o indirettamente oltre il 50 per cento del capitale o ha il diritto di ricevere oltre il 50 per cento degli utili di tale entità; e

b) l'imposta sulle società realmente versata sui suoi utili dall'entità o dalla stabile organizzazione è inferiore alla differenza tra l'imposta sulle società che sarebbe stata applicata all'entità o alla stabile organizzazione nell'ambito del sistema di imposizione delle società vigente nello Stato membro del contribuente e l'imposta sulle società realmente versata sui suoi utili dall'entità o dalla stabile organizzazione.

Ai fini del primo comma, lettera b), la stabile organizzazione di una società controllata estera che non è soggetta ad imposta o è esente da imposta nella giurisdizione della società controllata estera non è presa in considerazione. Inoltre, per imposta sulle società che sarebbe stata applicata nello Stato membro del contribuente si intende l'imposta calcolata secondo le norme dello Stato membro del contribuente.

 

2. Qualora un'entità o una stabile organizzazione sia trattata come una società controllata estera a norma del paragrafo 1, lo Stato membro del contribuente include nella base imponibile:

a) i redditi non distribuiti dell'entità o i redditi della stabile organizzazione rientranti nelle seguenti categorie:

 

i) interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;

ii) canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;

iii) dividendi e redditi derivanti dalla cessione di azioni;

iv) redditi da leasing finanziario;

v) redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;

vi) redditi da società di fatturazione che percepiscono redditi da vendite e servizi derivanti da beni e servizi acquistati da e venduti a imprese associate, e aggiungono un valore economico scarso o nullo.

La presente lettera non si applica se la società controllata estera svolge un'attività economica sostanziale sostenuta da personale, attrezzature, attivi e locali, come evidenziato da circostante e fatti pertinenti.

 

Se la società controllata estera è residente o situata in un paese terzo che non è parte contraente dell'accordo SEE, gli Stati membri possono decidere di astenersi dall'applicazione del comma precedente;

 

o

b) i redditi non distribuiti di un'entità o di una stabile organizzazione derivanti da costruzioni non genuine che sono state poste in essere essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale.

 

Ai fini della presente lettera, una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui l'entità o la stabile organizzazione non possiederebbe gli attivi o non avrebbe assunto i rischi che generano la totalità o una parte dei suoi redditi se non fosse controllata da una società in cui le funzioni significative del personale che sono pertinenti per tali attivi e rischi sono svolte e sono funzionali al fine di generare i redditi della società controllata.

3. Qualora, secondo la legislazione di uno Stato membro, la base imponibile di un contribuente sia calcolata a norma del paragrafo 2, lettera a), lo Stato membro può scegliere di non trattare un'entità o una stabile organizzazione come una società controllata estera a norma del paragrafo 1 se non oltre un terzo dei redditi ottenuti dall'entità o dalla stabile organizzazione rientra nelle categorie di cui al paragrafo 2, lettera a).

 

Qualora, secondo la legislazione di uno Stato membro, la base imponibile di un contribuente sia calcolata a norma del paragrafo 2, lettera a), lo Stato membro può scegliere di non trattare le imprese finanziarie come società controllate estere se non oltre un terzo dei redditi dell'entità appartenenti alle categorie di cui al paragrafo 2, lettera a), deriva da operazioni con il contribuente o le sue imprese associate.

 

4. Gli Stati membri possono escludere dall'ambito di applicazione del paragrafo 2, lettera b), un'entità o una stabile organizzazione:

a) con utili contabili non superiori a 750 000 EUR e redditi non derivanti da scambi non superiori a 75 000 EUR; o

b) i cui utili contabili non ammontano a più del 10 per cento dei suoi costi di esercizio nel periodo d'imposta.

Ai fini del primo comma, lettera b), i costi di esercizio non possono includere i costi di beni venduti al di fuori del paese in cui è residente l'entità o è situata la stabile organizzazione a fini fiscali e i pagamenti alle imprese associate.

 

     Art. 8. Calcolo dei redditi delle società controllate estere

1. Ove si applichi l'articolo 7, paragrafo 2, lettera a), i redditi da includere nella base imponibile del contribuente sono calcolati in conformità delle norme della legge sull'imposta societaria dello Stato membro in cui il contribuente è residente a fini fiscali o è situato. Le perdite dell'entità o della stabile organizzazione non sono incluse nella base imponibile ma possono essere riportate, conformemente al diritto nazionale, e prese in conto nei periodi d'imposta successivi.

 

2. Ove si applichi l'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), i redditi da includere nella base imponibile del contribuente sono limitati agli importi generati dagli attivi e dai rischi collegati alle funzioni significative del personale svolte dalla società controllante. L'attribuzione dei redditi di una società controllata estera è calcolata secondo il principio di libera concorrenza.

 

3. I redditi da includere nella base imponibile sono calcolati in proporzione alla partecipazione del contribuente nell'entità, quale definita all'articolo 7, paragrafo 1, lettera a).

 

4. I redditi sono inclusi nel periodo d'imposta del contribuente nel quale si conclude l'esercizio fiscale dell'entità.

 

5. Se l'entità distribuisce utili al contribuente, e tali utili distribuiti sono inclusi nel reddito imponibile del contribuente, gli importi dei redditi precedentemente inclusi nella base imponibile a norma dell'articolo 7 sono dedotti dalla base imponibile in sede di calcolo dell'importo dell'imposta dovuta sugli utili distribuiti, al fine di evitare una doppia imposizione.

 

6. Se il contribuente cede la sua partecipazione nell'entità o le attività svolte dalla stabile organizzazione, e una qualsiasi parte dei proventi derivante dalla cessione è stata precedentemente inclusa nella base imponibile a norma dell'articolo 7, tale importo è dedotto dalla base imponibile in sede di calcolo dell'importo dell'imposta dovuta su tali proventi, al fine di evitare una doppia imposizione.

 

7. Lo Stato membro del contribuente consente la detrazione dell'imposta versata dall'entità o dalla stabile organizzazione dal debito d'imposta del contribuente nello Stato in cui risiede a fini fiscali o è situato. La detrazione è calcolata conformemente al diritto nazionale.

 

     Art. 9. Disallineamenti da ibridi

1. Nella misura in cui un disallineamento da ibridi determini una doppia deduzione, la deduzione si applica unicamente nello Stato membro in cui detto pagamento ha origine.

 

2. Nella misura in cui un disallineamento da ibridi determini una deduzione senza inclusione, lo Stato membro del contribuente nega la deduzione di detto pagamento.

 

CAPO III

DISPOSIZIONI FINALI

 

     Art. 10. Riesame

1. La Commissione valuta l'attuazione della presente direttiva, in particolare gli effetti dell'articolo 4, entro il 9 agosto 2020 e presenta al Consiglio una relazione al riguardo. La relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da una proposta legislativa.

 

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni necessarie per valutare l'attuazione della presente direttiva.

 

3. Gli Stati membri di cui all'articolo 11, paragrafo 6, comunicano alla Commissione entro il 1 luglio 2017 tutte le informazioni necessarie per valutare l'efficacia delle norme nazionali mirate intese a prevenire i rischi di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili (BEPS).

 

     Art. 11. Recepimento

1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2018, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano senza ritardo alla Commissione il testo di tali disposizioni.

 

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1 gennaio 2019.

 

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

3. Laddove la presente direttiva citi un importo monetario in euro (EUR), gli Stati membri la cui moneta non è l'euro possono scegliere di calcolare il valore corrispondente nella moneta nazionale al 12 luglio 2016.

 

4. In deroga all'articolo 5, paragrafo 2, l'Estonia può, finché non tassi gli utili non distribuiti, considerare il trasferimento di attivi in forma monetaria o non monetaria, denaro in contanti incluso, da una stabile organizzazione situata in Estonia a una sede centrale o un'altra stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un paese terzo parte contraente dell'accordo SEE alla stregua di una distribuzione di utili e applicare l'imposta sul reddito, senza concedere ai contribuenti il diritto di dilazionare il pagamento di tale imposta.

 

5. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2019, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all'articolo 5. Essi comunicano senza ritardo alla Commissione il testo di tali disposizioni.

 

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1 gennaio 2020.

 

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

6. In deroga all'articolo 4, gli Stati membri che all'8 agosto 2016 dispongono di norme nazionali mirate intese a prevenire i rischi di BEPS, di analoga efficacia rispetto alla norma relativa ai limiti sugli interessi di cui alla presente direttiva, possono applicare tali norme nazionali mirate fino al termine del primo esercizio intero successivo alla data di pubblicazione — sul sito web ufficiale dell'OCSE — dell'accordo tra suoi membri su una norma minima per quanto concerne l'azione 4 sul BEPS, e comunque al più tardi fino al 1 gennaio 2024.

 

     Art. 12. Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

     Art. 13. Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

 

(1) Non ancora pubblicato nella presente Gazzetta ufficiale.

 

(2) Non ancora pubblicato nella presente Gazzetta ufficiale.

 

(3) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).

 

(4) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).

 

(5) Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1).

 

(6) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174 dell'1.7.2011, pag. 1).

 

(7) Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32).

 

(8) Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1).

 

(9) Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235 del 23.9.2003, pag. 10).

 

(10) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

 

(11) Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 284 del 30.10.2009, pag. 1).

 

(12) Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (GU L 201 del 27.7.2012, pag. 1).

 

(13) Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012 (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 1).

 

(14) Direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1).