§ 6.2.153 - Decisione 24 luglio 2002, n. 623.
Decisione n. 2002/623/CE della Commissione recante note orientative ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE del Parlamento [...]


Settore:Normativa europea
Materia:6. ambiente e tutela della salute
Capitolo:6.2 inquinamento e perturbazioni ambientali
Data:24/07/2002
Numero:623


Sommario
Art. 1.      Le note orientative di cui all’allegato della presente decisione vengono utilizzate ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE
Art. 2.      Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione


§ 6.2.153 - Decisione 24 luglio 2002, n. 623.

Decisione n. 2002/623/CE della Commissione recante note orientative ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio. Testo rilevante ai fini del SEE.

(G.U.C.E. 30 luglio 2002, n. L 200).

 

     La Commissione delle Comunità europee,

     visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

     vista la direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, in particolare il primo paragrafo dell’allegato II,

     considerando quanto segue:

     (1) Secondo la direttiva 2001/18/CE, gli Stati membri e, ove opportuno, la Commissione assicurano che i potenziali effetti negativi, sia diretti che indiretti, sulla salute umana e sull’ambiente, eventualmente provocati dal trasferimento di geni da un organismo geneticamente modificato (“OGM”) ad altri organismi, siano attentamente valutati caso per caso in conformità dell’allegato II della medesima direttiva.

     (2) A norma dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 13, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/18/CE, le notificazioni relative all’emissione nell’ambiente o all’immissione in commercio di OGM devono comprendere una valutazione del rischio ambientale e le conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell’emissione o dell’immissione in commercio degli OGM in conformità dell’allegato II della medesima direttiva.

     (3) Detto allegato II deve essere integrato da note che forniscano linee guida dettagliate sugli obiettivi, sugli elementi da prendere in considerazione, sui principi generali e sulla metodologia per la valutazione del rischio ambientale di cui al medesimo allegato.

     (4) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva 2001/18/CE,

     ha adottato la presente decisione:

 

Art. 1.

     Le note orientative di cui all’allegato della presente decisione vengono utilizzate ad integrazione dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE.

 

     Art. 2.

     Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

 

 

Allegato

Note orientative sull’obiettivo, gli elementi, i principi generali e la metodologia della valutazione del rischio ambientale di cui all’allegato II della direttiva 2001/18/CE

 

     1. Introduzione

     A norma dell’articolo 2, punto 8, della direttiva 2001/18/CE per “valutazione del rischio ambientale” si intende “la valutazione dei rischi (...) per la salute umana e per l’ambiente, diretti o indiretti, immediati o differiti, che possono essere connessi all’emissione deliberata o all’immissione in commercio di un OGM”. In virtù dell’obbligo generale previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva, gli Stati membri e, ove opportuno, la Commissione devono assicurare che i potenziali effetti negativi, sia diretti che indiretti, sulla salute umana e sull’ambiente siano attentamente valutati caso per caso, tenendo conto dell’impatto ambientale in relazione al tipo di organismo introdotto e all’ambiente ricevente. La valutazione del rischio ambientale è effettuata in conformità dell’allegato II e delle parti B e C della direttiva 2001/18/CE. L’allegato II descrive a grandi linee l’obiettivo da raggiungere, gli elementi da prendere in considerazione ed i principi generali e la metodologia da seguire per effettuare la valutazione del rischio ambientale, tenendo conto dell’impatto sulla salute umana e sull’ambiente a seconda del tipo di organismo introdotto e dell’ambiente ricevente.

     I notificanti devono presentare una notifica contenente una valutazione del rischio ambientale sia per l’emissione deliberata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, sia per l’immissione in commercio ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2.

     Le presenti note orientative integrano l’allegato II della direttiva 2001/18/CE e descrivono gli obiettivi, i principi e la metodologia da seguire per facilitare i rispettivi compiti dei notificanti e delle autorità competenti, in modo da realizzare una valutazione del rischio ambientale completa ed adeguata, nel rispetto delle disposizioni della direttiva, e rendere la procedura di valutazione più trasparente per i cittadini.

     Le sei fasi della valutazione del rischio ambientale sono descritte al capitolo 4. 2.

 

     2. Obiettivo

     Secondo l’allegato II della direttiva 2001/18/CE, l’obiettivo di una valutazione del rischio ambientale è, caso per caso, quello di individuare e valutare gli effetti potenzialmente negativi dell’OGM, sia diretti sia indiretti, immediati o differiti, sulla salute umana e sull’ambiente, provocati dall’emissione deliberata o dall’immissione sul mercato di OGM. La valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata al fine di determinare se è necessario procedere ad una gestione del rischio e, in caso affermativo, reperire i metodi più appropriati da impiegare [1].

     Pertanto la valutazione del rischio ambientale si applica sia all’emissione deliberata sia all’immissione in commercio, disciplinate rispettivamente dalla parte B e dalla parte C della direttiva 2001/18/CE. L’immissione in commercio implica molto spesso (anche se non necessariamente) un’emissione deliberata nell’ambiente e comunque consiste sempre in un’introduzione intenzionale sul mercato (basti pensare ai prodotti agricoli contenenti o composti da OGM e destinati esclusivamente all’alimentazione umana o animale o alla trasformazione). Anche in questi casi la notifica deve contenere una valutazione del rischio ambientale. La valutazione ai fini dell’emissione deliberata può essere differente dalla valutazione ai fini dell’immissione in commercio, a causa ad esempio delle differenze nei dati a disposizione, nei tempi e nella superficie interessata.

     Le presenti note orientative riguardano tutti gli OGM, siano essi microrganismi, piante o animali. Anche se finora la maggior parte degli OGM oggetto di un’emissione deliberata nell’ambiente o di un immissione in commercio è rappresentata da piante superiori, in futuro la situazione potrebbe cambiare.

     La valutazione del rischio ambientale servirà a determinare se è necessario prendere misure di gestione del rischio, e in caso affermativo a stabilire i metodi più adeguati da applicare, e ad adottare un piano di monitoraggio mirato (cfr. il capitolo 3).

     La valutazione generale caso per caso riguarda l’OGM o gli OGM interessati (valutazione OGM per OGM) nonché l’ambiente o gli ambienti in cui l’OGM deve essere emesso (ad esempio valutazione sito per sito o regione per regione, ove applicabile).

     Con l’evoluzione delle tecniche di modificazione genetica potrebbe essere necessario adeguare al progresso tecnico l’allegato II e le presenti note orientative. Quando la Comunità avrà acquisito una sufficiente esperienza in materia di notifiche per l’emissione di particolari OGM, sarà possibile diversificare ulteriormente le informazioni richieste per i vari tipi di OGM (ad esempio organismi unicellulari, pesci o insetti) o per usi particolari, come lo sviluppo di vaccini (allegato III, paragrafo 4 e capitolo 6).

     La valutazione dei rischi posti dall’uso di geni marcatori della resistenza agli antibiotici è un problema molto specifico per il quale si raccomanda l’adozione di linee guida più dettagliate.

     L’allegato II della direttiva 2001/18/CE descrive varie “categorie” di effetti degli OGM sulla salute o sull’ambiente. Ai fini di un’interpretazione comune, è necessario innanzitutto illustrare come segue le definizioni della direttiva:

     - “effetti diretti”: effetti primari sulla salute umana o sull’ambiente risultanti dall’OGM stesso e non dovuti ad una serie causale di eventi (ad esempio l’effetto diretto della tossina Bt sugli organismi bersaglio o l’effetto patogeno di un microrganismo geneticamente modificato sulla salute umana),

     - “effetti indiretti”: effetti sulla salute umana o sull’ambiente dovuti ad una serie causale di eventi mediante meccanismi quali le interazioni con altri organismi, il trasferimento di materiale genetico o variazioni nell’uso e nella gestione. Le osservazioni degli effetti indiretti possono essere dilazionate nel tempo (ad esempio quando la riduzione della popolazione di insetti bersaglio incide sulla popolazione di altri insetti o quando lo sviluppo di una resistenza multipla o la comparsa di effetti sistemici richiedono la valutazione delle interazioni a lungo termine; tuttavia alcuni effetti indiretti potrebbero essere immediati, come ad esempio la riduzione dell’impiego di pesticidi),

     - “effetti immediati”: effetti sulla salute umana o sull’ambiente osservati durante il periodo di emissione dell’OGM. Gli effetti immediati possono essere diretti o indiretti (ad esempio la morte degli insetti che si nutrono di piante transgeniche con caratteristiche di resistenza ai parassiti o la comparsa di allergie nelle persone predisposte per effetto dell’esposizione ad un particolare OGM),

     - “effetti differiti”: effetti sulla salute umana o sull’ambiente che non possono essere osservati durante il periodo di emissione dell’OGM, ma che emergono come effetti diretti o indiretti in una fase successiva o al termine dell’emissione (ad esempio l’insediamento o il comportamento invasivo di un OGM alcune generazioni dopo l’emissione deliberata, aspetto particolarmente importante se il ciclo di vita dell’OGM è molto lungo, come nel caso delle specie arboree geneticamente modificate; oppure gli ibridi di specie affini ad una coltura transgenica che diventano invasivi negli ecosistemi naturali).

     La determinazione degli effetti differiti può risultare difficile, soprattutto se si manifestano soltanto a lungo termine. Per facilitarne l’individuazione può essere utile il ricorso a specifiche misure come il monitoraggio (cfr. infra).

 

[1] Il testo in corsivo è tratto direttamente dall’allegato II della direttiva 2001/18/CE.

 

     3. Principi generali

     In base al principio di precauzione, la valutazione del rischio ambientale deve attenersi ai seguenti principi generali:

     - Le caratteristiche accertate dell’OGM ed il suo uso, che potenzialmente possono causare effetti negativi devono essere confrontati con quelli propri dell’organismo non modificato da cui l’OGM è stato ricavato e col suo uso in situazioni corrispondenti.

     Per poter identificare qualsiasi caratteristica nociva dell’OGM occorre determinare le condizioni di riferimento dell’ambiente ricevente, compresi gli organismi presenti, le reciproche interazioni e le variazioni note. Le condizioni di riferimento sono la base rispetto alla quale comparare le successive modificazioni. Ad esempio, in caso di colture a propagazione vegetativa, l’analisi comparativa deve prendere in considerazione anche la specie parentale impiegata per generare le linee transgeniche. In caso di colture a riproduzione sessuata, nella comparazione si deve tenere conto anche delle pertinenti linee isogeniche. Se le colture sono ottenute per reincrocio, per valutare l’equivalenza sostanziale occorre servirsi di campioni di controllo adeguati e non limitarsi ad un confronto con il materiale parentale originario.

     Se i dati disponibili non sono sufficienti, le condizioni di riferimento devono essere definite sulla base di altri criteri, in modo da consentire una comparazione. Le condizioni di riferimento dipenderanno in larga misura dall’ambiente ricevente, compresi i fattori biotici e abiotici (ad esempio, habitat naturali protetti, terreni agricoli o terreni contaminati), o da una combinazione di ambienti differenti.

     - La valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata in maniera scientificamente valida e trasparente, sulla base dei dati scientifici e tecnici disponibili.

     La valutazione dei potenziali effetti negativi deve basarsi su dati scientifici e tecnici e su una metodologia comune per l’individuazione, la raccolta e l’interpretazione dei dati. Risultati, misure e prove devono essere descritti chiaramente.

     Inoltre, il ricorso a tecniche di modellizzazione scientificamente valide può fornire i dati mancanti, utili per la valutazione del rischio ambientale.

     La valutazione del rischio ambientale deve tener conto dell’incertezza a vari livelli. L’incertezza scientifica deriva in genere da cinque caratteristiche del metodo scientifico: la variabile scelta, le misure effettuate, i campioni prelevati, i modelli utilizzati e le relazioni causali stabilite. Essa può inoltre dipendere da controversie sui dati disponibili o dalla mancanza di alcuni dati pertinenti e può riferirsi ad aspetti qualitativi o quantitativi dell’analisi. Il livello di conoscenza o di dati disponibili sulle condizioni di riferimento si riflette nel livello di incertezza, che il notificante deve indicare (valutazione dell’incertezza: mancanza di dati, lacune nelle conoscenze, deviazione standard, complessità ecc.) rispetto alle incertezze scientifiche abituali.

     Può accadere che la valutazione del rischio ambientale non dia risposte definitive a tutti gli aspetti presi in considerazione a causa della mancanza di dati. In particolare, per gli effetti potenziali a lungo termine, i dati a disposizione talvolta sono veramente scarsi. E’ soprattutto in questi casi che occorre un’adeguata gestione del rischio (misure precauzionali) in base al principio di precauzione, al fine di evitare effetti negativi sulla salute umana e l’ambiente.

     In linea generale la valutazione del rischio ambientale deve tenere conto dei risultati di apposite ricerche sui potenziali rischi derivanti dall’emissione deliberata o dall’immissione in commercio degli OGM nonché di tutte le esperienze comparabili chiaramente documentate.

     Può essere utile ricorrere ad un approccio progressivo, che comprenda tutte le fasi, dagli esperimenti in un sistema confinato fino all’immissione in commercio, passando per l’emissione deliberata. Nel corso del processo, i dati relativi a ciascuna fase dovrebbero essere raccolti quanto più precocemente possibile. La simulazione delle condizioni ambientali in un sistema confinato può dare risultati molto utili per l’emissione deliberata (ad esempio è possibile simulare il comportamento dei microrganismi in microcosmi o, fino ad un certo punto, il comportamento delle piante in serra).

     Per gli OGM da immettere in commercio, occorre fornire i dati disponibili ricavati dalle emissioni deliberate effettuate nei tipi di ambiente in cui avverrà l’impiego.

     - La valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata caso per caso, nel senso che le informazioni richieste possono variare a seconda del tipo di OGM considerato, dell’uso previsto e dell’ambiente che ne è il potenziale destinatario, tenendo conto, tra l’altro, degli OGM già presenti nell’ambiente.

     La valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata caso per caso, data la vasta gamma di caratteristiche specifiche ai vari organismi (OGM per OGM) e ai diversi ambienti (sito per sito e regione per regione).

     Gli effetti ambientali degli organismi geneticamente modificati possono essere estremamente differenti, a seconda che si tratti di microrganismi (a causa delle loro piccole dimensioni e di interazioni spesso sconosciute), piante (ad esempio le piante superiori utilizzate per l’alimentazione umana e animale o gli alberi, a causa della loro potenziale longevità) o animali (ad esempio gli insetti, a causa delle piccole dimensioni e della capacità di superare ostacoli o i pesci d’acqua salata per l’elevata capacità di dispersione).

     Inoltre potrebbe essere necessario prendere in considerazione una vasta gamma di caratteristiche ambientali proprie di un sito o di una regione. Per consentire una valutazione caso per caso, può essere utile classificare i dati regionali per categorie di habitat, che riflettono aspetti dell’ambiente ricevente importanti per gli OGM (ad esempio dati botanici sulla presenza di piante selvatiche imparentate con piante geneticamente modificate nei differenti habitat agricoli e naturali europei).

     Il notificante deve inoltre considerare le interazioni potenzialmente nocive dell’OGM in questione con qualsiasi altro OGM che sia stato oggetto di emissione deliberata nell’ambiente o di immissione in commercio in passato, comprese le emissioni ripetute dello stesso OGM, come l’uso di fitofarmaci. Rispetto alle emissioni occasionali, le emissioni ripetute possono con il tempo determinare la permanenza nell’ambiente di un elevato livello di fondo di OGM.

     Se diventano disponibili nuove informazioni sull’OGM e sui suoi effetti sulla salute umana o sull’ambiente, può essere necessario riconsiderare la valutazione del rischio ambientale al fine di:

     - determinare se il rischio è cambiato,

     - determinare se è necessario modificare di conseguenza la gestione del rischio.

     Qualora siano disponibili nuove informazioni, a prescindere dalla necessità o meno di adottare misure immediate, può essere necessaria una nuova valutazione del rischio ambientale per stabilire se occorre modificare le condizioni di autorizzazione all’emissione o all’immissione in commercio dell’OGM o adeguare le misure di gestione del rischio (cfr. anche capitolo 6). Le nuove informazioni possono provenire dalla ricerca, dai piani di monitoraggio o da esperienze pertinenti di diversa origine.

     Esiste uno stretto legame tra valutazione del rischio ambientale e monitoraggio. La valutazione del rischio ambientale costituisce la base dei piani di monitoraggio, che si concentrano sugli effetti (negativi) sulla salute umana e sull’ambiente. I requisiti dei piani di monitoraggio sono differenti a seconda che si tratti di un’emissione deliberata (parte B in linea con le corrispondenti parti dell’allegato III) o di un’immissione in commercio di OGM (parte C in linea con l’allegato VII). Anche il monitoraggio previsto nella parte C (compresa la sorveglianza generale) può svolgere un ruolo importante, fornendo informazioni sugli effetti a lungo termine (potenzialmente negativi) degli OGM. I risultati del monitoraggio possono confermare la valutazione del rischio ambientale o portare a una sua revisione.

     - La valutazione del rischio ambientale deve altresì includere per principio generale un’analisi degli “effetti cumulativi a lungo termine” pertinenti per l’emissione e l’immissione in commercio. Per “effetti cumulativi a lungo termine” si intendono tutti gli effetti che le autorizzazioni hanno, cumulativamente, sulla salute umana e sull’ambiente, fra l’altro sulla flora e sulla fauna, sulla fertilità del suolo, sulla capacità del suolo di degradare materiale organico, sulla catena alimentare, animale o umana, sulla diversità biologica, sulla salute animale e sui problemi relativi alla resistenza agli antibiotici.

     Nel considerare i potenziali effetti cumulativi a lungo termine, la valutazione del rischio ambientale deve tener conto dei seguenti elementi:

     - interazioni a lungo termine fra l’OGM e l’ambiente ricevente,

     - caratteristiche di un OGM che assumono importanza a lungo termine,

     - ripetute emissioni deliberate o immissioni in commercio per un lungo periodo,

     - precedenti emissioni deliberate o immissioni in commercio di OGM.

     Potrebbero essere necessarie ulteriori informazioni, soprattutto sugli effetti a lungo termine (ad esempio, resistenza multipla agli erbicidi) ed occorre condurre apposite ricerche, anche nell’ambito dei piani di monitoraggio, che possono fornire dati utili a valutare gli effetti cumulativi a lungo termine. Al riguardo si raccomanda l’adozione di linee guida più dettagliate.

 

     4. Metodologia

     4.1. Caratteristiche degli OGM e delle emissioni

     La valutazione del rischio ambientale deve tener conto dei dettagli tecnici e scientifici pertinenti relativi alle caratteristiche dei seguenti elementi:

     - l’organismo o gli organismi riceventi/parentali,

     - le modificazioni genetiche, nel senso di un’inclusione o di una soppressione di materiale genetico, e le informazioni pertinenti sul vettore e sul donatore,

     - l’OGM,

     - l’emissione o l’uso previsti, inclusa la loro portata,

     - l’ambiente che ne è il potenziale destinatario, e

     - l’interazione tra di essi.

     Ai fini della valutazione del rischio possono risultare utili anche informazioni tratte da emissioni di organismi analoghi e organismi con tratti analoghi, nonché alle loro interazioni con ambienti analoghi.

     Prima dell’emissione deliberata di un OGM o di una combinazione di OGM ai sensi della parte B o dell’immissione in commercio ai sensi della parte C della direttiva, occorre presentare all’autorità competente dello Stato membro in cui avverrà la prima emissione o immissione in commercio una notifica contenente le informazioni previste dagli allegati IIIA o IIIB della direttiva (informazioni concernenti l’OGM, l’organismo donatore, l’organismo ricevente, il vettore, le condizioni dell’emissione deliberata, l’ambiente ricevente, le interazioni tra gli OGM e l’ambiente, il monitoraggio degli OGM).

     Le notifiche devono essere accompagnate da un fascicolo di informazioni tecniche, contenente una valutazione completa del rischio ambientale a norma degli articoli 6, paragrafo 2 e 13, paragrafo 2 della direttiva; il livello di precisione richiesto per ciascun aspetto dipende dalla sua importanza nella valutazione. I notificanti devono indicare i riferimenti bibliografici e i metodi utilizzati.

     Le informazioni richieste dagli allegati IIIA e IIIB della direttiva e concernenti l’organismo ricevente, l’organismo donatore, il vettore, la modificazione genetica e l’OGM sono indipendenti dall’ambiente e dalle condizioni in cui deve svolgersi l’emissione sperimentale o l’immissione in commercio dell’OGM. Queste informazioni servono ad identificare le potenziali caratteristiche nocive (rischi potenziali) dell’OGM. Le conoscenze e l’esperienza acquisite in occasione di precedenti emissioni dell’OGM o di OGM simili possono fornire preziose informazioni sui rischi potenziali dell’emissione in questione.

     Le informazioni richieste dagli allegati IIIA e IIIB della direttiva e concernenti l’emissione prevista, l’ambiente ricevente e le reciproche interazioni riguardano lo specifico ambiente in cui l’OGM sarà emesso e le condizioni di emissione, compresa la portata dell’emissione. Le informazioni serviranno a determinare in quale misura l’OGM presenti caratteristiche potenzialmente nocive.

     4.2. Le fasi dell’analisi della valutazione del rischio ambientale

     Per elaborare le conclusioni della valutazione del rischio ambientale di cui agli articoli 4, 6, 7 e 13 della direttiva 2001/18/CE è indispensabile considerare i seguenti aspetti, che corrispondono alle fasi principali della valutazione:

 

Diagramma 1: le sei fasi dell’analisi della valutazione del rischio ambientale

Fase 1: Identificazione delle caratteristiche che possono causare effetti negativi

Fase 2: Valutazione delle potenziali conseguenze di ciascun eventuale effetto negativo

Fase 3: Valutazione delle possibilità del verificarsi di ciascun eventuale effetto negativo identificato

Fase 4: Stima del rischio collegato a ciascuna caratteristica identificata dell’OGM o degli OGM

Fase 5: Applicazione di strategie di gestione dei rischi derivanti dall’emissione deliberata nell’ambiente o dalla immissione in commercio di OGM

Fase 6: Determinazione del rischio generale dell’OGM o degli OGM

 

     Per “rischio potenziale” (hazard) si intende la capacità di un organismo di provocare danni o effetti negativi sulla salute umana e/o sull’ambiente (caratteristica nociva).

     Il “rischio” (risk) è una combinazione dell’entità e della probabilità delle conseguenze di un rischio potenziale.

     4.2.1. Fase 1: Identificazione delle caratteristiche che possono causare effetti negativi

     Occorre individuare tutte le caratteristiche degli OGM connesse alla modificazione genetica che possono provocare effetti negativi sulla salute umana o sull’ambiente. Il confronto delle caratteristiche di uno o più OGM con quelle dell’organismo non modificato, in condizioni comparabili di emissioni o uso, aiuterà ad identificare i potenziali effetti negativi particolari prodotti dalla modificazione genetica nell’OGM. Non bisogna minimizzare un potenziale effetto negativo perché ritenuto improbabile il suo verificarsi.

     I potenziali effetti negativi degli OGM variano caso per caso e possono comprendere:

     - patologie umane, inclusi gli effetti tossici o allergenici,

     - patologie animali o vegetali, inclusi gli effetti tossici ed eventualmente gli effetti allergenici,

     - effetti sulla dinamica delle popolazioni delle varie specie all’interno dell’ambiente ricevente e sulla diversità genetica di ciascuna di tali popolazioni,

     - suscettibilità alterata agli agenti patogeni tale da facilitare la diffusione di malattie infettive e/o creare nuovi organismi di riserva o vettori,

     - ripercussioni negative sui trattamenti profilattici o terapeutici, medici, veterinari o fitosanitari, per esempio a causa del trasferimento di geni che conferiscono resistenza agli antibiotici utilizzati in medicina e veterinaria,

     - effetti a livello biogeochimico (cicli biogeochimici), in particolare riciclaggio del carbonio e dell’azoto mediante cambiamenti nella decomposizione nel suolo di materiale organico.

     Gli allegati IIIA e IIIB della direttiva 2001/18/CE riportano alcuni esempi dei potenziali effetti negativi sopra menzionati.

     La maggior parte dei rischi potenziali (hazards) identificabili (caratteristiche nocive) capaci di produrre effetti negativi è collegata al gene o ai geni introdotti deliberatamente nell’OGM e alle corrispondenti proteine espresse da questi geni. Il metodo usato per creare i transgeni e la localizzazione della costruzione nel genoma dell’OGM in cui vengono introdotti i transgeni possono provocare altri effetti negativi, come gli effetti pleiotropici. In caso di trasferimento di più transgeni ad uno stesso organismo ricevente o in caso di trasferimento di un transgene ad un OGM, occorre tener conto della potenziale interazione dei vari transgeni e considerare potenziali effetti epigenetici o regolatori.

     Se è importante definire il rischio potenziale (hazard) nel modo più rigoroso possibile, in molti casi è utile prendere in considerazione i rischi menzionati nelle rubriche di seguito riportate e indicare quindi lo specifico rischio potenziale identificato ai fini della valutazione del rischio ambientale (ad esempio se in un caso specifico viene messa in evidenza la possibilità di effetti negativi sulla salute umana, come allergenicità e tossigenicità, questi devono essere considerati separatamente nella valutazione del rischio ambientale).

     Se un OGM presenta un rischio potenziale (hazard), questo rischio è sempre presente e può essere considerato una proprietà intrinseca dell’organismo. I rischi potenziali possono provocare con un certo grado di probabilità (fase 3) conseguenze (negative), la cui entità può essere differente (fase 2). Nella fase conclusiva occorre riassumere i singoli rischi potenziali dell’OGM.

     Tuttavia in questa fase della valutazione del rischio ambientale è sufficiente considerare i rischi potenziali introdotti dalla modificazione genetica che possono provocare effetti negativi. La fase 1 fornisce una base scientifica per le fasi successive della valutazione. Sin da questa fase è essenziale individuare per ciascun rischio potenziale il livello specifico di incertezza scientifica in modo da tenerne conto nelle fasi successive.

     Effetti negativi possono essere provocati, direttamente o indirettamente, da meccanismi quali:

     - La diffusione di OGM nell’ambiente

     Occorre mostrare le modalità di diffusione dell’OGM o del rischio potenziale nell’ambiente (ad esempio tossicità umana: inalazione di microrganismi tossici o proteine tossiche).

     La capacità di diffusione dell’OGM nell’ambiente dipende da vari fattori, tra cui:

     - la capacità di adattamento biologico (OGM concepiti per ottenere prestazioni migliori nell’ambiente considerato grazie all’espressione di caratteristiche che aumentano la competitività negli ambienti naturali o a variazioni qualitative e quantitative nella composizione degli ingredienti, o OGM con resistenza alla selezione naturale come malattie o stress abiotico, tipo calore, freddo, salinità o produzione di sostanze antimicrobiche nei microrganismi), - le condizioni in cui avviene l’emissione deliberata o l’immissione in commercio (in particolare la superficie in cui ha luogo l’emissione e la portata di quest’ultima, cioè il numero di OGM emessi),

     - la probabilità di un’emissione deliberata o di un’immissione in commercio o di emissioni accidentali nell’ambiente (ad esempio, gli OGM destinati alla trasformazione),

     - le modalità di dispersione del materiale riproduttivo (ad esempio semi, spore ecc.), ad opera del vento, dell’acqua, degli animali, ecc.,

     - fattori ambientali specifici (propri di un sito o di una regione): per una valutazione sito per sito o regione per regione può essere utile classificare i dati per categorie di habitat, che riflettono aspetti dell’ambiente ricevente importanti per gli OGM (ad esempio dati botanici sulla presenza di piante selvatiche sessualmente compatibili con le piante geneticamente modificate nei differenti habitat agricoli e naturali europei).

     Occorre inoltre valutare il probabile periodo di sopravvivenza di un singolo OGM o di un certo numero di OGM di una determinata specie e la facilità di diffusione ed insediamento in differenti habitat, tenendo presenti le strutture riproduttive, di sopravvivenza e latenza, come ad esempio:

     - per le piante: la vitalità di polline, semi e strutture vegetative,

     - per i microrganismi: la vitalità delle spore come strutture di sopravvivenza, o la capacità dei microrganismi di passare ad uno stato vitale ma non coltivabile.

     La capacità complessiva di diffusione può variare notevolmente a seconda della specie, della modificazione genetica e dell’ambiente ricevente (ad esempio: coltivazione di piante nel deserto o allevamento di pesci in mare).

     - Il trasferimento del materiale genetico introdotto ad altri organismi o allo stesso organismo, geneticamente modificato o meno

     Un rischio potenziale può produrre effetti negativi attraverso il trasferimento genico in seno alla stessa specie o ad altre specie (trasferimento verticale e orizzontale). La velocità e l’importanza del trasferimento genico ad altre specie (di solito sessualmente compatibili nel caso degli organismi superiori) dipende ad esempio dai seguenti fattori:

     - caratteristiche riproduttive dell’OGM, comprese le sequenze modificate,

     - condizioni di emissione e fattori ambientali specifici, come il clima (ad esempio il vento),

     - differenze nella biologia riproduttiva,

     - pratiche agricole,

     - esistenza di individui compatibili per un eventuale incrocio,

     - vettori di trasporto e di impollinazione (ad esempio insetti o uccelli, o animali in genere),

     - esistenza di organismi ospiti per i parassiti.

     La comparsa di specifici effetti negativi attraverso il trasferimento genico può essere collegata al numero di OGM emessi. Anche in termini proporzionali, la capacità di trasferimento genico da grandi appezzamenti di piante transgeniche può essere totalmente differente rispetto a quella di parcelle più piccole. E’ molto importante disporre di informazioni quantitative e qualitative sull’esistenza di individui compatibili per un eventuale incrocio o di potenziali organismi riceventi (nel caso delle piante, ad una distanza ragionevole).

     Nel caso delle piante superiori e degli animali, occorre distinguere i trasferimenti genici alla stessa specie e quelli a specie imparentate (più o meno strettamente) o non imparentate.

     Nel caso dei microrganismi il trasferimento genico orizzontale svolge un ruolo più importante. Alcuni tipi di materiale genetico possono facilmente trasferirsi tra organismi più strettamente imparentati (ad esempio trasferimento mediante plasmidi o batteriofagi). Il tasso di crescita potenzialmente rapido dei microrganismi può consentire un trasferimento genico a livelli relativamente più elevati rispetto agli organismi superiori.

     Il trasferimento di transgeni può dar luogo dopo qualche tempo ad una popolazione mista di OGM o a varie combinazioni gene-pianta, che a loro volta possono originare un sistema complesso di effetti negativi, soprattutto a lungo termine. La complessità sarà tanto maggiore quanto maggiore è la quantità di materiale transgenico trasferita a una determinata popolazione (ad esempio accumulo di geni).

     In alcuni casi, il metodo di modificazione genetica può influire sulla capacità di trasferimento genico, ad esempio nel caso di plasmidi o vettori virali che non si integrano nei cromosomi dell’ospite. Il metodo di modificazione genetica può anche ridurre la capacità di trasferimento genico (ad esempio trasformazione del cloroplasto).

     Il trasferimento genico può determinare la persistenza del materiale genetico introdotto in popolazioni naturali. La capacità di trasferimento genico di un OGM non implica necessariamente un rischio intrinseco o un’alterazione della capacità di sopravvivere, insediarsi o provocare effetti negativi. Le conseguenze dipenderanno dal materiale genetico introdotto, dalla specie e dall’ambiente ricevente, compresi i potenziali organismi riceventi.

     - Instabilità fenotipica e genetica

     Occorre valutare la misura in cui la stabilità/instabilità genetica può incidere sulla stabilità/instabilità fenotipica e determinare un rischio potenziale. In alcuni casi l’instabilità della modificazione genetica può determinare il ritorno al fenotipo selvatico. Bisogna considerare altri casi, come ad esempio:

     - quando in una linea di piante transgeniche che contiene più di un transgene il successivo processo di segregazione determina una suddivisione dei vari transgeni tra la progenie, possono derivarne piante contenenti un minor numero di transgeni ma nuovi fenotipi,

     - quando, per effetto dell’instabilità (dovuta a sua volta alla costruzione della specifica mutazione) mutanti attenuati possono tornare ad essere virulenti,

     - quando la duplicazione dei transgeni dà luogo a silenziamento genico,

     - quando il numero di copie è molto elevato,

     - quando il reinserimento di elementi trasponibili dà luogo a nuovi fenotipi, a causa dell’inattivazione del transgene per effetto dell’inserimento di elementi genetici mobili,

     - quando il livello di espressione del transgene è elevato (ad esempio un’espressione molto ridotta di una sostanza tossica), l’instabilità genetica dell’elemento o degli elementi regolatori può tradursi in una maggiore espressione del transgene.

     L’instabilità fenotipica può derivare dall’interazione con l’ambiente durante la coltivazione, e pertanto la valutazione del rischio ambientale deve tener conto degli effetti dei fattori ambientali ed agronomici sull’espressione dei transgeni.

     Se l’espressione del transgene è limitata ad una certa parte dell’OGM (ad esempio un determinato tessuto vegetale) l’instabilità degli elementi regolatori può portare all’espressione del transgene nell’intero organismo. Sotto questo profilo, i segnali regolatori (come ad esempio i promotori) svolgono un ruolo molto importante, che va tenuto presente.

     Occorre inoltre tener conto dell’espressione del transgene in una determinata fase del ciclo di vita dell’organismo, o in particolari condizioni ambientali.

     E’ possibile che nell’OGM siano stati introdotti specifici transgeni della sterilità, in modo da renderlo sterile (ad esempio per evitare il trasferimento e la diffusione di alcuni transgeni). L’instabilità dei transgeni della sterilità può riattivare la fertilità della pianta, consentendo la diffusione dei transgeni, con possibili effetti negativi.

     La stabilità dei vari transgeni sia nell’OGM primario sia nella sua progenie è importante soprattutto per gli effetti a lungo termine.

     - Interazioni con altri organismi (escluso lo scambio di materiale genetico/polline)

     Occorre analizzare attentamente le possibili interazioni con altri organismi, compresi altri OGM, tenendo conto della complessità delle interazioni multitrofiche. Tra le interazioni direttamente capaci di provocare effetti negativi figurano:

     - l’esposizione di persone (ad esempio agricoltori, consumatori),

     - l’esposizione di animali,

     - la competizione per le risorse naturali come suolo, superficie, acqua, luce,

     - lo spostamento delle popolazioni naturali di altri organismi,

     - l’emissione di sostanze tossiche,

     - i differenti modelli di crescita.

     In genere se la modificazione genetica rafforza la capacità di adattamento biologico l’OGM può invadere nuovi ambienti e sostituire le specie esistenti. Spesso la comparsa di particolari effetti negativi è proporzionale alla portata dell’emissione.

     - Variazioni nella gestione, incluse eventualmente le pratiche agricole

     Occorre valutare l’importanza delle inevitabili variazioni apportate alle tecniche di gestione a seguito dell’emissione deliberata dell’OGM rispetto alle tecniche esistenti. Le variazioni possono ad esempio riguardare:

     - semina, piantagione, coltivazione, raccolta o trasporto delle colture (ad esempio piantagione su grandi o piccole superfici), calendario delle operazioni,

     - rotazione delle colture (ad esempio coltivazione della stessa specie vegetale ogni anno oppure ogni quattro anni),

     - lotta contro le malattie e i parassiti (ad esempio tipo e dose di insetticida per le piante o di antibiotico per gli animali o misure alternative),

     - gestione della resistenza (ad esempio tipo e dose di erbicida per le piante tolleranti agli erbicidi o nuove forme di lotta biologica mediante le proteine Bt o impatto dei virus),

     - tecniche di isolamento in agricoltura e in acquacoltura (ad esempio distanze di isolamento delle colture o tipo di isolamento negli allevamenti ittici),

     - pratiche agricole (agricoltura transgenica o non transgenica, compresa l’agricoltura biologica),

     - gestione di sistemi non agricoli (ad esempio distanze di isolamento tra habitat naturali e piantagioni di OGM).

     4.2.2. Fase 2: Valutazione delle potenziali conseguenze di ciascun eventuale effetto negativo

     Occorre valutare l’entità delle conseguenze di ogni potenziale effetto negativo.

     Un elemento importante della valutazione del rischio, oltre alla probabilità che compaiano le caratteristiche potenzialmente nocive (cfr. capitolo 4.2.3, fase 3), è l’entità delle conseguenze, che si può definire come la misura in cui si verificheranno le conseguenze di qualsiasi rischio potenziale degli OGM oggetto di emissione deliberata o immissione sul mercato.

     L’entità va considerata in relazione alle condizioni di riferimento e può essere influenzata dai seguenti aspetti:

     - costruzione genetica,

     - ciascun effetto negativo identificato,

     - numero di OGM emessi (portata dell’emissione),

     - ambiente in cui è prevista l’emissione dell’OGM o degli OGM,

     - condizioni di emissione, comprese le misure di controllo,

     - una combinazione di questi fattori.

     Per ciascun effetto negativo identificato occorre valutare le conseguenze su altri organismi, popolazioni, specie o ecosistemi esposti all’OGM. A tal fine è necessaria una conoscenza approfondita dell’ambiente (ad esempio il sito o la regione) in cui sarà emesso l’OGM e del metodo di emissione. Le conseguenze potranno essere “trascurabili” o non significative e limitate nel tempo o invece “importanti” o significative, con gravi effetti immediati o con effetti permanenti a lungo termine.

     In termini quantitativi l’entità delle conseguenze dovrebbe, ove possibile, essere descritta con aggettivi come “importante”, “moderata”, “ridotta” o “trascurabile”. Nei casi in cui non è possibile identificare un effetto negativo in un determinato ambiente, il rischio associato a tale effetto negativo può essere qualificato come “trascurabile” o non significativo.

     Di seguito sono presentati alcuni esempi di carattere molto generale. L’intento non è quello di imporre criteri definitivi o esclusivi, ma semplicemente di indicare i fattori da prendere eventualmente in considerazione nel valutare le conseguenze.

     - Si possono considerare come “conseguenze importanti” le variazioni significative del numero di appartenenti a una o più specie di altri organismi, comprese le specie minacciate o avvantaggiate a breve o a lungo termine. Queste variazioni possono andare dalla riduzione alla completa scomparsa di una specie, con effetti negativi sul funzionamento dell’ecosistema e/o di altri ecosistemi collegati. In genere queste modifiche non sono facilmente reversibili e l’eventuale recupero dell’ecosistema è molto lento.

     - Si possono considerare come “conseguenze moderate” le variazioni significative della densità di popolazione di altri organismi, che non portano però alla totale scomparsa di una specie né provocano effetti significativi su specie minacciate o avvantaggiate. Possono rientrare in questa categoria transitorie variazioni sostanziali delle popolazioni, purché reversibili, nonché gli effetti a lungo termine, a condizione che non incidano gravemente sul funzionamento dell’ecosistema.

     - Si possono considerare come “conseguenze ridotte” le variazioni non significative della densità di popolazione di altri organismi, che non provocano la scomparsa totale di alcuna popolazione o specie di altri organismi e che non incidono negativamente sul funzionamento dell’ecosistema. I soli organismi eventualmente interessati sono specie non minacciate o non avvantaggiate a breve o a lungo termine.

     - Si possono considerare come “conseguenze trascurabili” i casi in cui non si verificano variazioni significative in nessuna delle popolazioni presenti nell’ambiente né nell’ecosistema.

     Gli esempi sopra riportati tengono conto dei potenziali effetti negativi degli OGM sulle popolazioni, ma in alcuni casi può essere più indicato considerare i possibili effetti su singoli organismi. Un solo rischio potenziale può avere più di un effetto (negativo), e quindi anche l’entità dei singoli effetti negativi può essere differente. Lo stesso rischio potenziale può avere effetti negativi diversi sulla salute umana e sugli habitat agricoli e naturali.

     Le conseguenze potenziali possono essere riassunte in maniera da coprire tutte le entità ecologiche potenzialmente interessate (ad esempio specie, popolazioni, livelli trofici, ecosistemi) compresi gli effetti potenziali e il livello di incertezza.

     4.2.3. Fase 3: Valutazione della possibilità del verificarsi di ciascun potenziale effetto negativo identificato

     Il fattore determinante per valutare la possibilità o la probabilità che compaiano effetti negativi è rappresentato dalle caratteristiche dell’ambiente in cui l’OGM sarà emesso e dalle modalità di emissione.

     Oltre all’entità delle conseguenze (cfr. capitolo 4. 2. 2, fase 2), un altro elemento importante della valutazione del rischio è la probabilità che si verifichino effetti negativi. In questa fase si dovrà dunque valutare la probabilità che tali effetti si producano realmente. In alcuni casi bisognerà tener conto sia della probabilità che della frequenza. Come nella fase 2 (valutazione delle potenziali conseguenze di ciascun eventuale effetto negativo), per definire la probabilità oltre al rischio potenziale occorre conoscere il numero di OGM, l’ambiente ricevente e le condizioni di emissione. Alcuni fattori importanti da tener presenti sono le condizioni climatiche, geografiche, pedologiche e demografiche e il tipo di flora e di fauna esistente nel potenziale ambiente ricevente.

     Per determinare la capacità di sopravvivenza è opportuno valutare la proporzione di OGM capaci di sopravvivere indipendentemente dalle misure di gestione del rischio previste per l’emissione deliberata o l’immissione in commercio. Se esiste la probabilità di trasferimenti genici, bisogna considerare il probabile numero di tali eventi o l’importanza del fenomeno. Se l’OGM presenta caratteristiche patogene o tossiche, occorre determinare la proporzione di organismi bersaglio presenti nell’ambiente che potrebbero essere interessati.

     La probabilità che un effetto si produca dipende anche dalle specifiche misure di gestione del rischio adottate, che possono impedire il verificarsi del rischio (ad esempio quando la dispersione del polline è impossibile a causa della distruzione delle infiorescenze).

     Spesso, per ciascun effetto negativo identificato, la probabilità delle conseguenze non è valutabile in termini quantitativi, ma può essere espressa con aggettivi come “importante”, “moderata”, “ridotta” o “trascurabile”.

     Gli esempi sopra riportati tengono conto dei potenziali effetti negativi degli OGM sulle popolazioni, ma in alcuni casi può essere più indicato considerare i possibili effetti su singoli organismi. Un solo rischio potenziale può avere più di un effetto (negativo) e quindi anche la probabilità di singoli effetti negativi può essere differente. Lo stesso rischio potenziale può avere effetti negativi diversi sulla salute umana e sugli habitat agricoli e naturali.

     La probabilità può essere riassunta in maniera da coprire tutte le entità ecologiche potenzialmente interessate (ad esempio specie, popolazioni, livelli trofici, ecosistemi), comprese le misure relative agli effetti potenziali e al livello di incertezza.

     4.2.4. Fase 4: Stima del rischio collegato a ciascuna caratteristica identificata dell’OGM o degli OGM

     Nella misura del possibile, compatibilmente con le conoscenze scientifiche, occorre procedere ad una stima del rischio per la salute umana o per l’ambiente rappresentato da ogni caratteristica individuata dell’OGM avente il potenziale di provocare effetti negativi, combinando la probabilità che l’effetto negativo si verifichi e l’entità delle eventuali conseguenze.

     In base alle conclusioni raggiunte nelle fasi 2 e, si deve effettuare una stima del rischio di effetti negativi per ciascuna caratteristica identificata nella fase 1. Ancora una volta è improbabile che si riesca ad effettuare una valutazione quantitativa. Nella stima di ciascun rischio potenziale occorre tener conto dei seguenti elementi:

     - entità delle conseguenze (“importanti”, “moderate”, “ridotte” o “trascurabili”),

     - probabilità degli effetti negativi (“importanti”, “moderati”, “ridotti” o “trascurabili”),

     - se un rischio potenziale comporta più di un effetto negativo, l’entità e la probabilità di ciascun effetto negativo.

     Ogni OGM deve essere considerato individualmente. Qualsiasi tentativo generale di quantificare quanto descritto in precedenza deve essere effettuato con estrema prudenza. Ad esempio, se un effetto negativo è suscettibile di produrre conseguenze molto importanti ma la probabilità che si verifichi è trascurabile, la valutazione dei rischi può fornire una serie di risultati, che vanno dal rischio elevato fino al rischio trascurabile. Il risultato dipende dalle specifiche circostanze e dalla ponderazione di determinati fattori da parte del notificante, che dovranno essere chiaramente indicati e motivati nella registrazione della valutazione del rischio ambientale.

     Occorre descrivere l’incertezza complessiva associata a ciascun rischio individuato, allegando possibilmente la documentazione riguardante:

     - le ipotesi e le estrapolazioni effettuate ai vari livelli durante la valutazione del rischio ambientale,

     - le diverse valutazioni e i vari pareri scientifici,

     - le incertezze,

     - i limiti accertati delle misure di attenuazione,

     - le conclusioni ricavabili dai dati.

     Anche se la valutazione del rischio ambientale deve tendenzialmente produrre risultati quantificabili, è probabile che numerosi risultati siano di natura qualitativa. E’ tuttavia necessario, ogniqualvolta possibile, che la valutazione del rischio ambientale dia risultati che malgrado la loro natura qualitativa siano confrontabili (ad esempio rispetto ad un organismo non geneticamente modificato).

     4.2.5. Fase 5: Applicazione di strategie di gestione dei rischi derivanti dall’emissione deliberata nell’ambiente o dalla immissione in commercio di OGM

     La valutazione del rischio può identificare rischi che necessitano misure di gestione e si deve inoltre definire una strategia di gestione del rischio.

     A fini preventivi, prima di applicare misure di gestione del rischio occorre prendere in considerazione la possibilità di modificare le condizioni di emissione, preferibilmente finché il rischio è trascurabile. Ad esempio gli elementi genetici che possono causare effetti negativi o non sono definibili dovrebbero essere esclusi dal processo di costruzione genica. Se ciò non è possibile, questi elementi genetici vanno preferibilmente rimossi dall’OGM in una fase successiva, prima dell’emissione deliberata o dell’immissione in commercio.

     Ciò deve essere effettuato nelle fasi 1-4. La gestione del rischio deve controllare un rischio già identificato e coprire le incertezze. Le misure precauzionali devono essere proporzionate al livello di rischio e al livello di incertezza. Se in una fase successiva si dispone di nuovi dati pertinenti, la gestione del rischio deve essere adattata di conseguenza.

     Le misure di gestione devono essere chiaramente finalizzate alla riduzione del rischio. Così, se esiste il rischio che un gene tossico per gli insetti inserito in una specie coltivata sia trasferito a specie vegetali imparentate, le misure di controllo possono comprendere l’isolamento spaziale o temporale rispetto a queste specie o eventualmente lo spostamento del luogo di emissione in una zona in cui l’esposizione a quel determinato rischio (ad esempio una certa specie vegetale) non si verifichi.

     Le strategie di gestione possono prevedere varie misure di isolamento in ciascuna fase della manipolazione e dell’uso di OGM, tra cui metodi di isolamento riproduttivo, barriere fisiche o biologiche, la pulizia di macchine o contenitori che sono stati a contatto con gli OGM, ecc.

     Le tecniche concrete di gestione del rischio dipenderanno dai seguenti fattori:

     - uso dell’OGM (tipo e portata dell’emissione deliberata o dell’immissione in commercio),

     - tipo di OGM (ad esempio, microrganismi geneticamente modificati, piante superiori annuali, piante superiori o animali con un ciclo di vita più lungo, modificazione singola o multipla, esistenza di uno o più tipi di OGM),

     - tipo generale di habitat (ad esempio stato biogeochimico, clima, disponibilità di individui compatibili per incroci in seno alla stessa specie o tra specie diverse, centri di origine, collegamento tra differenti habitat),

     - tipo di habitat agricolo (ad esempio agricoltura, silvicoltura, acquacoltura, zone rurali, dimensioni del sito, numero di OGM differenti),

     - tipo di habitat naturale (ad esempio status di zona protetta).

     Occorre descrivere chiaramente quali sono le implicazioni delle misure di gestione del rischio, indicando i necessari adattamenti degli esperimenti, delle condizioni di immissione in commercio ecc. e la riduzione del rischio che si prevede di ottenere.

     4.2.6. Fase 6: Determinazione del rischio generale dell’OGM o degli OGM

     Occorre procedere alla valutazione del rischio generale dell’OGM o degli OGM tenendo conto delle strategie di gestione del rischio proposte.

     Sulla base della fase 4 ed eventualmente della fase 5, occorre effettuare una valutazione finale del rischio complessivo, compresa l’entità e la probabilità degli effetti negativi dell’OGM, considerando la combinazione dei rischi legati a ciascun effetto negativo, compresi gli effetti cumulativi derivanti da altri OGM. La valutazione finale deve fornire una sintesi dei rischi complessivi derivanti dall’emissione deliberata o dall’immissione in commercio e del livello generale di incertezza.

 

     5. Conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell’emissione o dell’immissione in commercio di OGM

     Sulla base della valutazione del rischio ambientale effettuata tenendo conto dei principi e della metodologia descritti ai capitoli 3 e 4, ove opportuno devono essere inserite nelle notifiche le informazioni previste nei punti D1 o D2 dell’allegato II della direttiva 2001/18/CE, al fine di contribuire all’elaborazione di conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell’emissione o dell’immissione in commercio di OGM.

     I futuri sviluppi, soprattutto per gli OGM diversi dalle piante, potranno fornire ulteriori orientamenti sulle informazioni da inserire nelle notifiche.

 

     6. Riesame e adeguamento

     6.1. Riesame e adeguamento di una valutazione del rischio ambientale

     La valutazione del rischio ambientale non deve essere considerata come qualcosa di statico, ma deve essere periodicamente riesaminata e aggiornata o eventualmente modificata per tenere conto di nuove informazioni (ai sensi degli articoli 8 o 20 della direttiva 2001/18/CE.) Il riesame deve comprendere un’analisi dell’efficacia, dell’efficienza e dell’accuratezza della valutazione del rischio ambientale e delle misure di gestione del rischio, tenendo conto dei dati ottenuti da ricerche, da altre emissioni deliberate e dal monitoraggio. Queste caratteristiche dipenderanno anche dal livello di incertezza stabilito dalla valutazione del rischio ambientale.

     A seguito di ciascun riesame si dovrà procedere, a seconda dei casi, all’adeguamento o all’aggiornamento della valutazione e della gestione del rischio.

     6.2. Riesame e adeguamento delle note orientative per la valutazione del rischio ambientale

     La futura evoluzione delle modificazioni genetiche potrà rendere necessario l’adeguamento al progresso tecnico dell’allegato II della direttiva e delle presenti note orientative. Quando la Comunità avrà acquisito una sufficiente esperienza in materia di notifiche per l’emissione dei singoli OGM, sarà possibile diversificare ulteriormente le informazioni richieste per i vari tipi di OGM (ad esempio organismi unicellulari, pesci o insetti) o per usi particolari, come lo sviluppo di vaccini (allegato III, paragrafo 4).

     Il riesame e l’adeguamento delle note orientative per la valutazione del rischio ambientale dovranno eventualmente tener conto delle esigenze di adeguamento al progresso tecnico e della necessità di elaborare nuove linee guida, sulla base dell’esperienza - ove sufficiente - acquisita nell’emissione di alcuni tipi di OGM in determinati ecosistemi, secondo i criteri stabiliti nell’allegato V della direttiva (articolo 7, paragrafo 1), nonché dell’esperienza e delle prove scientifiche in materia di sicurezza dell’immissione in commercio di determinati OGM per la salute umana e per l’ambiente (articolo 16, paragrafo 2).