§ 80.5.204 – L. 15 febbraio 1958, n. 46.
Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato.


Settore:Normativa nazionale
Materia:80. Pubblica amministrazione
Capitolo:80.5 personale
Data:15/02/1958
Numero:46


Sommario
Art. 1.      Gli impiegati civili di ruolo delle Amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, sono collocati a riposo al compimento del 65° anno di età
Art. 2.      Resta fermo il diritto degli impiegati civili di essere collocati a riposo su domanda al compimento del 40° anno di servizio utile e negli altri casi previsti dalle [...]
Art. 3.      Gli impiegati civili non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, cessano dal servizio al compimento del 65° anno di età
Art. 4.      Il personale di cui al primo e secondo comma dell'art. 1 che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia superato i limiti di età ivi previsti o che li [...]
Art. 5.      Il provvedimento che dispone la nomina a posto di ruolo negli impieghi statali deve contenere l'attestazione che l'impiegato abbia reso la dichiarazione prescritta [...]
Art. 6.      La domanda per ottenere il riscatto dei servizi non di ruolo ai fini del trattamento di quiescenza deve essere presentata, pena la decadenza, almeno tre anni prima del [...]
Art. 7.      Il personale dipendente dalle Amministrazioni statali, comprese quelle con ordinamento autonomo, al quale sia stato richiesto come condizione necessaria per l'ammissione [...]
Art. 8.      L'Amministrazione competente deve predisporre il decreto di collocamento a riposo del dipendente statale per compimento del limite di età e quello di liquidazione [...]
Art. 9.      All'atto della cessazione dal servizio il decreto di liquidazione del trattamento di quiescenza e il libretto (certificato d'iscrizione), ove non ostino particolari [...]
Art. 10.      La concessione del trattamento di liquidazione provvisoria dalla pensione prevista dall'art. 23 della legge 20 aprile 1949, n. 221, è consentita, per le pensioni [...]
Art. 11.      La vedova del dipendente civile, impiegato o salariato di ruolo, deceduto dopo aver maturato venti anni di servizio effettivo, ha diritto alla pensione di riversibilità [...]
Art. 12.      Hanno diritto a pensione, purchè minorenni e, se femmine, a condizione che siano inoltre nubili, gli orfani che siano figli legittimi o legittimati per susseguente [...]
Art. 13.      Le condizioni per la concessione della pensione di riversibilità debbono sussistere al momento del decesso del dipendente o del pensionato e, nel caso in cui vengano a [...]
Art. 14.      Nel caso in cui il pensionato trattenuto in servizio ai sensi del secondo comma dell'art. 4 deceda dopo il quindicesimo anno di servizio effettivo e prima del ventesimo [...]
Art. 15.      Ai fini della riversibilità della pensione in favore delle vedove o degli orfani degli ufficiali e dei sottufficiali cessati dal servizio in applicazione delle [...]
Art. 16.      Nel caso in cui le pensioni spettanti alla vedova ed agli orfani in base alle disposizioni legislative emanate prima della data da cui ha effetto la presente legge siano [...]
Art. 17.      La pensione di riversibilità spetta agli aventi diritto, a norma dei precedenti articoli, anche se il pensionato sia deceduto prima dell'entrata in vigore della presente [...]
Art. 18. 
Art. 19. 
Art. 20.      La presente legge ha effetto dal 1° gennaio 1958
Art. 21.      Le norme contenute nella presente legge, ricorrendo le stesse condizioni ivi previste, si applicano anche nei confronti degli aventi diritto a seguito di decesso degli [...]
Art. 22.      All'onere di 4 miliardi derivante nell'esercizio finanziario 1957-58 dall'applicazione della presente legge si provvede a carico del capitolo n. 498 dello stato di [...]
Art. 23.      Tutte le disposizioni incompatibili con le norme della presente legge sono abrogate


§ 80.5.204 – L. 15 febbraio 1958, n. 46.

Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato.

(G.U. 24 febbraio 1958, n. 47).

 

     Art. 1.

     Gli impiegati civili di ruolo delle Amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, sono collocati a riposo al compimento del 65° anno di età.

     I salariati di ruolo delle Amministrazioni predette sono collocati a riposo al compimento del 65° anno di età, se uomini e del 60° anno di età, se donne.

     I provvedimenti di cessazione dal servizio adottati in applicazione dei precedenti commi hanno effetto dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento del limite di età.

     Nulla è innovato alle norme vigenti che stabiliscono limiti fissi di età per il collocamento a riposo di dipendenti civili dello Stato che appartengano a particolari categorie, nè a quelle che stabiliscono per il personale insegnante una particolare decorrenza della cessazione dal servizio.

     Per il personale di cui al primo e secondo comma, collocato a riposo per limiti di età, il servizio effettivo minimo per aver diritto a pensione è stabilito in anni quindici.

     La pensione è commisurata, fino al 30 giugno 1958, al 33,50 per cento, 35,20 per cento, 36,90 per cento, 38,60 per cento e 40,30 per cento dell'ultimo stipendio, paga o retribuzione integralmente percepiti e degli altri eventuali assegni pensionabili, rispettivamente, per 15, 16, 17, 18 o 19 anni di servizio utile.

     A partire dal 1° luglio 1958 le percentuali di cui al precedente comma sono elevate, rispettivamente, al 35 per cento, 36,80 per cento, 38,60 per cento, 40,40 per cento e 42,20 per cento.

 

          Art. 2.

     Resta fermo il diritto degli impiegati civili di essere collocati a riposo su domanda al compimento del 40° anno di servizio utile e negli altri casi previsti dalle vigenti disposizioni.

     Resta del pari ferma la facoltà dell'Amministrazione di collocare a riposo, d'ufficio, l'impiegato quando abbia compiuto quaranta anni di servizio effettivo e negli altri casi in cui tale facoltà sia prevista dalle vigenti disposizioni.

 

          Art. 3.

     Gli impiegati civili non di ruolo delle Amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, cessano dal servizio al compimento del 65° anno di età.

     I salariati non di ruolo delle Amministrazioni predette cessano dal servizio al compimento del 65° anno di età, se uomini e del 60° anno di età, se donne.

     Si applica il disposto del terzo e quarto comma dell'art. 1.

 

          Art. 4.

     Il personale di cui al primo e secondo comma dell'art. 1 che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia superato i limiti di età ivi previsti o che li raggiungerà entro un quinquennio da tale data, senza aver compiuto 40 anni di servizio effettivo, può essere trattenuto in servizio fino al compimento del periodo anzidetto e, comunque, per non oltre un quinquennio dalla data sopraindicata e semprechè non superi i 70 anni di età.

     Il personale di cui al primo e al secondo comma dell'art. 1 che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia superato i limiti di età previsti dall'articolo medesimo, o li raggiungerà entro un triennio da tale data, senza aver compiuto venti anni di servizio effettivo, è trattenuto in servizio fino al raggiungimento di tale anzianità.

 

          Art. 5.

     Il provvedimento che dispone la nomina a posto di ruolo negli impieghi statali deve contenere l'attestazione che l'impiegato abbia reso la dichiarazione prescritta dall'art. 1 del regio decreto 28 giugno 1933, n. 704, circa i servizi di ruolo e non di ruolo eventualmente prestati in precedenza allo Stato, compresi i servizi militari, o ad altri enti pubblici. I documenti comprovanti la prestazione dei predetti servizi, ove non siano stati allegati alla dichiarazione, devono essere presentati entro il termine perentorio di due anni dalla data del decreto di nomina in ruolo. La decadenza non opera quando l'interessato dimostri di avere, almeno due mesi prima della scadenza del suddetto termine, richiesto in forma legale la documentazione necessaria e di non averla ottenuta.

     I dipendenti statali in servizio di ruolo alla data di entrata in vigore della presente legge, i quali non abbiano ancora presentato la dichiarazione dei servizi indicati al precedente comma, debbono rilasciarla, corredata dei documenti comprovanti la prestazione dei servizi stessi, entro due anni dalla data suddetta.

     Coloro che cessano dal servizio entro un biennio dalla data di entrata in vigore della presente legge hanno facoltà di presentare la dichiarazione documentata, di cui al precedente comma, fino a 90 giorni dalla data di cessazione dal servizio. In caso di morte del dipendente statale prima della scadenza del biennio gli aventi diritto a pensione di riversibilità possono presentare la predetta dichiarazione entro il termine di 90 giorni dalla data del decesso.

 

          Art. 6.

     La domanda per ottenere il riscatto dei servizi non di ruolo ai fini del trattamento di quiescenza deve essere presentata, pena la decadenza, almeno tre anni prima del raggiungimento del limite di età per il collocamento a riposo. Lo stesso termine si applica per tutti i servizi o periodi che sono riscattabili o riconoscibili soltanto a domanda.

     I servizi che, ai sensi delle disposizioni in vigore, sono riscattabili oppure riconoscibili a domanda possono essere ammessi a riscatto o a riconoscimento soltanto se sono stati dichiarati e documentati ai sensi del precedente art. 5.

     Qualora la cessazione dal servizio abbia luogo prima che sia scaduto il termine di cui al primo comma, la domanda di riscatto o di riconoscimento deve essere presentata, a pena di decadenza, entro 90 giorni dalla cessazione stessa.

     Gli aventi diritto possono presentare domanda di riscatto entro 90 giorni dal decesso del dipendente statale, anche se questi sia incorso nella decadenza di cui al primo comma.

     Nei casi in cui, alla data dell'entrata in vigore della presente legge, sia già scaduto il termine contemplato al primo comma o manchino meno di due anni alla scadenza del termine stesso, la domanda di riscatto o di riconoscimento deve essere presentata, a pena di decadenza, entro un biennio dalla data suddetta. In ogni caso tale domanda non può essere presentata oltre il 90° giorno dalla cessazione dal servizio.

     Nulla è innovato alle disposizioni in vigore che, per particolari categorie di personale, prevedono che la domanda di riscatto o di riconoscimento debba essere presentata entro un termine più breve di quello stabilito nel primo comma del presente articolo.

     Il riscatto dei servizi non di ruolo è disposto con decreto Ministeriale da registrarsi alla Corte dei conti. Entro 90 giorni dalla data della comunicazione del decreto, con il quale si concede o si nega il riscatto, gli interessati possono presentare ricorso alla Corte dei conti. Il procuratore generale presso la Corte dei conti può presentare ricorso entro 90 giorni dalla data di registrazione del decreto di riscatto.

     E' abrogato l'art. 4 del regio decreto 28 giugno 1933, n. 704.

 

          Art. 7.

     Il personale dipendente dalle Amministrazioni statali, comprese quelle con ordinamento autonomo, al quale sia stato richiesto come condizione necessaria per l'ammissione in servizio di ruolo il diploma di laurea o, in aggiunta, quello di specializzazione rilasciato dopo la frequenza di corsi di perfezionamento, può domandare il riscatto, totale o parziale, del periodo di tempo corrispondente alla durata legale degli studi universitari e dei corsi speciali di perfezionamento, ai fini dell'acquisto del diritto e della liquidazione del trattamento di quiescenza.

     Possono essere riscattati, ai sensi del precedente comma, i periodi di studio decorrenti dall'inizio dell'anno accademico d'iscrizione, che non siano contemporanei a servizi civili o militari, di ruolo o non di ruolo, prestati alle Amministrazioni statali di cui al primo comma.

     Il personale che chiede il riscatto dei periodi di studio ai sensi del presente articolo è tenuto al pagamento del contributo previsto dalle disposizioni vigenti sul riscatto dei servizi ai fini di pensione. Qualora la domanda di riscatto sia presentata entro due anni dalla data da cui ha effetto la presente legge, il contributo di riscatto sarà calcolato con riferimento allo stipendio iniziale della carriera di appartenenza previsto dalle tabelle vigenti alla data di presentazione della domanda.

 

          Art. 8.

     L'Amministrazione competente deve predisporre il decreto di collocamento a riposo del dipendente statale per compimento del limite di età e quello di liquidazione definitiva del trattamento di quiescenza in modo da trasmetterli, con il ruolo di pagamento, almeno tre mesi prima del raggiungimento del limite suddetto alla competente Ragioneria centrale. Detto ufficio e la Corte dei conti devono provvedere agli adempimenti di rispettiva competenza almeno trenta giorni prima della data di cessazione dal servizio.

 

          Art. 9.

     All'atto della cessazione dal servizio il decreto di liquidazione del trattamento di quiescenza e il libretto (certificato d'iscrizione), ove non ostino particolari motivi, sono consegnati dal capo dell'Amministrazione, o dell'Ufficio da cui l'interessato dipende, direttamente al titolare, che deve rilasciarne ricevuta con l'indicazione della data. In tal caso all'autenticazione della firma, che il pensionato deve apporre sul libretto, provvede il funzionario che ne effettua la consegna.

     L'Ufficio provinciale del Tesoro, al ricevimento delle partite di pensioni per le quali risulti che la consegna del decreto e del libretto è stata eseguita con le modalità di cui al precedente comma, dispone l'inizio dei pagamenti, e dà comunicazione della liquidazione della pensione al sindaco del Comune di residenza del pensionato. Il sindaco deve fornire assicurazione al predetto Ufficio di aver preso nota nei registri anagrafici del Comune della qualità di pensionato del titolare del libretto.

 

          Art. 10.

     La concessione del trattamento di liquidazione provvisoria dalla pensione prevista dall'art. 23 della legge 20 aprile 1949, n. 221, è consentita, per le pensioni dirette, nei soli casi in cui per particolari motivi non si sia potuto provvedere alla liquidazione definitiva nei termini di cui al precedente art. 8.

     A favore degli insegnanti elementari - e degli aventi diritto, nei casi di decesso dell'insegnante in attività di servizio - la concessione dell'eventuale trattamento provvisorio di pensione ha luogo mediante ruolo di pagamento emesso dai provveditorati agli studi e dato in carico agli Uffici provinciali del Tesoro. Detto ruolo è comunicato alla Corte dei conti per il riscontro consuntivo.

 

          Art. 11.

     La vedova del dipendente civile, impiegato o salariato di ruolo, deceduto dopo aver maturato venti anni di servizio effettivo, ha diritto alla pensione di riversibilità quando il matrimonio sia stato contratto prima della cessazione dal servizio.

     Ha, inoltre, diritto a pensione di riversibilità la vedova del pensionato dello Stato, purchè il matrimonio, qualora sia posteriore alla cessazione del servizio, sia stato contratto dal pensionato prima del compimento del settantaduesimo anno di età e sia durato almeno due anni e se la differenza di età fra i coniugi non sia maggiore di anni venti. Si prescinde dalle suddette condizioni qualora il matrimonio sia stato contratto dal pensionato prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età, o qualora dal matrimonio sia nata prole, anche se postuma [1].

     Il limite di 72 anni di cui al precedente comma è elevato a 75 anni per i titolari di pensioni privilegiate ordinarie, ferme restando le altre condizioni previste dal comma stesso.

     La pensione non spetta alla vedova quando sia stata pronunciata sentenza, passata in giudicato, di separazione per sua colpa. In tal caso, ove sussista lo stato di bisogno, è corrisposto alla vedova un assegno alimentare pari al 20 per cento della pensione diretta; qualora esistano orfani il predetto assegno alimentare non può superare la differenza fra l'importo della pensione di riversibilità che sarebbe spettata alla vedova con orfani ove non fosse stata pronunciata sentenza di separazione e l'importo della pensione dovuta agli orfani.

     Alla vedova del dipendente civile, impiegato o salariato di ruolo, deceduto dopo dodici mesi e prima di venti anni di servizio effettivo, spetta una indennità per una volta tanto nella misura prevista dalla vigenti disposizioni.

     In caso di decesso della moglie dipendente civile, o pensionata, la pensione spetta al marito quando questi sia riconosciuto inabile a proficuo lavoro, risulti a carico della moglie ed abbia contratto matrimonio quando la stessa non aveva compiuto i 50 anni di età. In tal caso la pensione è liquidata applicando le percentuali vigenti per la vedova; qualora poi sia stata pronunciata sentenza, passata in giudicato, di separazione per colpa del marito, si osserva il disposto del precedente quarto comma.

     La pensione prevista dal precedente comma e l'assegno alimentare di cui al quarto comma si perdono nel caso che il titolare passi ad altre nozze.

 

          Art. 12.

     Hanno diritto a pensione, purchè minorenni e, se femmine, a condizione che siano inoltre nubili, gli orfani che siano figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio, qualunque sia il tempo in cui il matrimonio è stato contratto, i figli legittimati per decreto, gli adottivi e i naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, del dipendente civile di ruolo, deceduto dopo almeno venti anni di servizio effettivo, o del pensionato.

     La pensione è dovuta anche agli orfani maggiorenni e alle orfane nubili maggiorenni, inabili a proficuo lavoro, conviventi a carico del dipendente civile di ruolo o del pensionato o nullatenenti. Sono equiparate alle orfane nubili le orfane vedove che si trovino nelle condizioni predette e che risultino conviventi a carico del dipendente civile di ruolo o del pensionato da almeno cinque anni dopo la morte del marito [2].

     Non si considerano nullatenenti gli orfani maggiorenni che usufruiscano di un reddito superiore alle lire 240.000 annue tenendo conto di eventuale altra pensione o analogo assegno loro spettante o appartengano a nucleo familiare il cui reddito accertato ai fini della imposta complementare superi un milione di lire all'anno [3].

     Agli effetti del presente articolo sono equiparati ai figli gli affiliati qualora non vi siano figli legittimi aventi diritto a pensione di riversibilità.

     L'atto legale di riconoscimento o la domanda per la dichiarazione giudiziale di paternità dei figli naturali devono essere anteriori al decesso del dipendente o del pensionato. Il decreto di adozione o di affiliazione deve essere anteriore alla data di compimento del 60° anno di età da parte del dipendente o del pensionato.

     Qualora non sopravvivano, nè il coniuge, nè figli, aventi diritto alla pensione, la riversibilità spetta, nella stessa misura stabilita per la vedova, al padre o, in mancanza, alla madre, qualora abbiano un'età superiore ad anni sessanta oppure siano inabili al lavoro proficuo, siano nullatenenti e risultino a carico del deceduto. Si applica per la condizione di nullatenenza, il disposto del precedente terzo comma. In mancanza dei genitori legittimi sono equiparati ad essi gli adottanti, in mancanza di questi i genitori naturali, ed in mancanza anche di questi gli affilianti.

     La pensione spetta, in mancanza di altri aventi diritto, alle sorelle e ai fratelli inabili permanentemente a qualsiasi proficuo lavoro conviventi a carico dell'impiegato.

 

          Art. 13.

     Le condizioni per la concessione della pensione di riversibilità debbono sussistere al momento del decesso del dipendente o del pensionato e, nel caso in cui vengano a cessare, la pensione viene revocata.

 

          Art. 14.

     Nel caso in cui il pensionato trattenuto in servizio ai sensi del secondo comma dell'art. 4 deceda dopo il quindicesimo anno di servizio effettivo e prima del ventesimo anno di detto servizio, non si fa luogo alla liquidazione dell'indennità una volta tanto, e spetta agli aventi diritto la pensione di riversibilità da determinarsi sulla base della corrispondente pensione diretta calcolata ai sensi degli ultimi due commi dell'art. 1.

 

          Art. 15.

     Ai fini della riversibilità della pensione in favore delle vedove o degli orfani degli ufficiali e dei sottufficiali cessati dal servizio in applicazione delle disposizioni concernenti la riduzione dei quadri delle Forze armate o che comunque abbiano fruito del particolare trattamento economico di sfollamento in base ad altre disposizioni, si considera tempestivo il matrimonio contratto anteriormente alla data in cui sarebbe stato raggiunto, nel grado rivestito all'atto della cessazione dal servizio e nel ruolo di appartenenza, il normale limite di età.

 

          Art. 16.

     Nel caso in cui le pensioni spettanti alla vedova ed agli orfani in base alle disposizioni legislative emanate prima della data da cui ha effetto la presente legge siano di importo superiore alla quota loro dovuta in seguito alla estensione del diritto a pensione alle categorie contemplate nel precedente art. 12, la differenza è conservata a titolo di assegno personale. Detto assegno è calcolato tenendo conto degli aumenti previsti dalla legge 11 luglio 1956, n. 734, ed è riassorbibile in occasione di successivi aumenti.

 

          Art. 17.

     La pensione di riversibilità spetta agli aventi diritto, a norma dei precedenti articoli, anche se il pensionato sia deceduto prima dell'entrata in vigore della presente legge.

 

          Art. 18. [4]

     E' concesso diritto a pensione alle figlie nubili maggiorenni dell'impiegato o del pensionato deceduto prima dell'entrata in vigore della presente legge, che siano state conviventi a carico dello stesso all'atto del decesso e che alla data del 1° gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti anche se le condizioni della inabilità al lavoro e di nullatenenza non sussistevano alla data di morte dell'impiegato o del pensionato.

 

          Art. 19. [5]

     La norma di cui al secondo comma dell'art. 11, relativamente alla età massima del pensionato, alla durata del matrimonio e alla differenza di età fra i coniugi, non si applica ai matrimoni già contratti prima della pubblicazione della presente legge.

 

          Art. 20.

     La presente legge ha effetto dal 1° gennaio 1958.

     Coloro che, anteriormente alla suddetta data, sono venuti a trovarsi nelle condizioni previste dai precedenti articoli hanno diritto, a domanda, ai nuovi benefici concessi dalla presente legge. Tali benefici decorrono dalla data stabilita dal precedente comma se la domanda è presentata all'Amministrazione statale competente entro il 31 dicembre 1958 e, negli altri casi, dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

 

          Art. 21.

     Le norme contenute nella presente legge, ricorrendo le stesse condizioni ivi previste, si applicano anche nei confronti degli aventi diritto a seguito di decesso degli ufficiali, sottufficiali o militari di truppa e del personale delle Ferrovie dello Stato, fatte salve le particolari più favorevoli disposizioni in vigore.

 

          Art. 22.

     All'onere di 4 miliardi derivante nell'esercizio finanziario 1957-58 dall'applicazione della presente legge si provvede a carico del capitolo n. 498 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'esercizio medesimo.

     Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle variazioni di bilancio occorrenti per l'applicazione della presente legge.

 

          Art. 23.

     Tutte le disposizioni incompatibili con le norme della presente legge sono abrogate.


[1] Comma così sostituito dall'art. 1 della L. 14 maggio 1969, n. 252.

[2] La Corte costituzionale, con sentenza n. 22 giugno 1971, n. 135 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui dispone che le orfane hanno diritto alla pensione solo se nubili.

[3] La Corte costituzionale, con sentenza 12 luglio 1972, n. 133 ha dichiarato l’illegittimità del presente comma limitatamente alla parte in cui considera nullatenenti gli orfani maggiorenni che usufruiscono di un reddito non superiore alle lire 240.000 annue anzichè quelli che risultino non assoggettabili per l'ammontare del loro reddito complessivo all'imposta complementare ai sensi delle leggi in vigore.

[4] La Corte costituzionale, con sentenza 22 giugno 1971, n. 136 ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo nella parte in cui, nel concorso di tutte le altre condizioni, esclude dal diritto a pensione i figli maschi celibi che alla data del 15 gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficue siano nullatenenti.

[5] Articolo così modificato dall'art. unico della L. 28 aprile 1967, n. 264.