§ 80.5.182 – D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 17.
Statuto degli impiegati civili dello Stato.


Settore:Normativa nazionale
Materia:80. Pubblica amministrazione
Capitolo:80.5 personale
Data:11/01/1956
Numero:17


Sommario
Art. 1.  Promessa solenne e giuramento.
Art. 2.  Obbligo della residenza.
Art. 3.  Comportamento in servizio.
Art. 4.  Orario d'ufficio.
Art. 5.  Segreto d'ufficio.
Art. 6.  Dovere verso il superiore.
Art. 7.  Limiti al dovere verso il superiore.
Art. 8.  Responsabilità dei dipendenti verso l'Amministrazione.
Art. 9.  Giurisdizione della Corte dei conti.
Art. 10.  Obbligo di denuncia.
Art. 11.  Responsabilità degli agenti contabili.
Art. 12.  Responsabilità verso i terzi.
Art. 13.  Danno ingiusto.
Art. 14.  Responsabilità negli organi collegiali.
Art. 15.  Diffida.
Art. 16.  Inesecuzione del giudicato amministrativo.
Art. 17.  Comunicazione della diffida.
Art. 18.  Esclusione della responsabilità verso terzi.
Art. 19.  Altri casi di esclusione della responsabilità verso i terzi.
Art. 20.  Giudizio disciplinare per fatti dannosi verso i terzi.
Art. 21.  Funzione.
Art. 22.  Qualifica.
Art. 23.  Trasferimenti.
Art. 24.  Trattamento economico - Assistenza - Miglioramento professionale.
Art. 25.  Riposo settimanale.
Art. 26.  Congedo ordinario.
Art. 27.  Congedo straordinario.
Art. 28.  Congedo straordinario per richiamo alle armi.
Art. 29.  Congedo straordinario per gravidanza e puerperio.
Art. 30.  Cumulo di congedo ordinario e congedo straordinario.
Art. 31.  Trattamento economico durante il congedo.
Art. 32.  Rapporto informativo e giudizio complessivo.
Art. 33.  Rapporto informativo per l'impiegato della carriera direttiva.
Art. 34.  Rapporto informativo per l'impiegato della carriera di concetto.
Art. 35.  Rapporto informativo per l'impiegato della carriera esecutiva.
Art. 36.  Rapporto informativo per l'impiegato della carriera ausiliaria.
Art. 37.  Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera direttiva dell'Amministrazione centrale.
Art. 38.  Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera direttiva presso l'Amministrazione periferica.
Art. 39.  Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera di concetto.
Art. 40.  Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera di concetto presso l'Amministrazione periferica.
Art. 41.  Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera esecutiva.
Art. 42.  Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera ausiliaria od equiparata.
Art. 43.  Ricorso gerarchico avverso il giudizio complessivo espresso sul rapporto informativo.
Art. 44.  Impossibilità di compilazione del rapporto informativo.
Art. 45.  Fascicolo personale e stato matricolare.
Art. 46.  Comando presso altra Amministrazione.
Art. 47.  Carico della spesa.
Art. 48.  Collocamento fuori ruolo.
Art. 49.  Promozione del personale fuori ruolo.
Art. 50.  Casi d'incompatibilità.
Art. 51.  Limiti d'incompatibilità.
Art. 52.  Partecipazione all'amministrazione di enti e società.
Art. 53.  Provvedimenti per casi d'incompatibilità.
Art. 54.  Denuncia dei casi di incompatibilità.
Art. 55.  Divieto di cumulo di impieghi pubblici.
Art. 56.  Cause dell'aspettativa.
Art. 57.  Aspettativa per servizio militare.
Art. 58.  Aspettativa per infermità contratta in servizio e per causa di servizio.
Art. 59.  Aspettativa per motivi di famiglia.
Art. 60.  Cumulo di aspettative.
Art. 61.  Dispensa dal servizio per infermità.
Art. 62.  Motivi del collocamento in disponibilità.
Art. 63.  Trattamento economico.
Art. 64.  Trasferimento ad altre Amministrazioni.
Art. 65.  Servizio temporaneo presso altra Amministrazione.
Art. 66.  Richiamo in servizio.
Art. 67.  Dispensa dal servizio.
Art. 68.  Sanzioni disciplinari.
Art. 69.  Censura.
Art. 70.  Riduzione dello stipendio.
Art. 71.  Sospensione dal grado.
Art. 72.  Assegno alimentare.
Art. 73.  Effetti della sospensione dal grado.
Art. 74.  Destituzione.
Art. 75.  Destituzione di diritto.
Art. 76.  Recidiva.
Art. 77.  Riabilitazione.
Art. 78.  Reintegrazione dell'impiegato assolto in sede di giudizio penale di revisione.
Art. 79.  Reintegrazione dell'impiegato prosciolto in sede di revisione del procedimento disciplinare.
Art. 80.  Premorienza dell'impiegato alla sentenza di assoluzione in sede di revisione.
Art. 81.  Sospensione cautelare obbligatoria.
Art. 82.  Sospensione cautelare facoltativa.
Art. 83.  Esclusione dagli esami e dagli scrutini.
Art. 84.  Ammissione agli esami dell'impiegato prosciolto da addebiti disciplinari.
Art. 85.  Ammissione agli scrutini dell'impiegato prosciolto da addebiti disciplinari.
Art. 86.  Durata della sospensione cautelare.
Art. 87.  Revoca della sospensione.
Art. 88.  Sospensione dal grado a seguito di condanna penale.
Art. 89.  Revoca di diritto della sospensione.
Art. 90.  Censura.
Art. 91.  Procedimento per la irrogazione della censura.
Art. 92.  Ricorso gerarchico.
Art. 93.  Accertamenti.
Art. 94.  Formalità per la contestazione.
Art. 95.  Giustificazioni dell'impiegato.
Art. 96.  Archiviazione degli atti.
Art. 97.  Procedimento.
Art. 98.  Funzionario istruttore e consulente tecnico.
Art. 99.  Facoltà del funzionario istruttore e del consulente.
Art. 100.  Termini per l'espletamento dell'inchiesta.
Art. 101.  Atti preliminari al giudizio disciplinare.
Art. 102.  Deliberazione della Commissione di disciplina.
Art. 103.  Poteri delle Commissioni di disciplina.
Art. 104.  Decisione della Commissione di disciplina.
Art. 105.  Rinvio della decisione.
Art. 106.  Rimborso spese all'impiegato prosciolto.
Art. 107.  Sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del giudizio penale.
Art. 108.  Rapporti tra giudizio disciplinare e cessazione del rapporto di impiego.
Art. 109.  Rapporto tra procedimento disciplinare e giudicato amministrativo.
Art. 110.  Estinzione del procedimento.
Art. 111.  Riapertura del procedimento.
Art. 112.  Effetti della riapertura del procedimento.
Art. 113.  Esonero del direttore generale.
Art. 114.  Dimissioni.
Art. 115.  Trattamento di quiescenza.
Art. 116.  Dimissioni per matrimonio.
Art. 117.  Collocamento a riposo.
Art. 118.  Decadenza.
Art. 119.  Effetti della decadenza.
Art. 120.  Dispensa.
Art. 121.  Accertamento sanitario per la dispensa.
Art. 122.  Riammissione.
Art. 123.  Personale ausiliario.
Art. 124.  Uniforme.
Art. 125.  Sanzioni pecuniarie.
Art. 126.  Consiglio di amministrazione per il personale ausiliario.
Art. 127.  Istituzione.
Art. 128.  Composizione.
Art. 129.  Nomina dei membri ordinari.
Art. 130.  Guarentigie.
Art. 131.  Membri straordinari.
Art. 132.  Attribuzioni del Consiglio superiore della pubblica amministrazione.
Art. 133.  Sezioni.
Art. 134.  Segreteria.
Art. 135.  Adunanze.
Art. 136.  Soppressione della Commissione per l'avventiziato.
Art. 137.  Composizione e competenza.
Art. 138.  Adunanze del Consiglio di amministrazione.
Art. 139.  Commissione di disciplina.
Art. 140.  Ricusazione del giudice disciplinare.
Art. 141.  Istituzione e finalità.
Art. 142.  Ordinamento.
Art. 143.  Albo.
Art. 144.  Infrazioni disciplinari commesse prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
Art. 145.  Procedimenti già trasmessi alle Commissioni di disciplina.
Art. 146.  Procedimenti non trasmessi alle Commissioni.
Art. 147.  Proroga dell'esodo volontario.
Art. 148.  Applicabilità.
Art. 149.  Decorrenza.


§ 80.5.182 – D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 17. [1]

Statuto degli impiegati civili dello Stato.

(G.U. 18 gennaio 1956, n. 14).

 

Titolo I

DOVERI - RESPONSABILITA' - DIRITTI

 

Capo I

DOVERI

 

     Art. 1. Promessa solenne e giuramento.

     L'impiegato, all'atto dell'assunzione in prova, deve fare, davanti al capo dell'ufficio, in presenza di due testimoni, solenne promessa secondo la formula seguente:

     "Prometto di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell'interesse dell'Amministrazione per il pubblico bene".

     Prima di assumere servizio di ruolo l'impiegato deve prestare giuramento davanti al capo dell'ufficio, in presenza di due testimoni, secondo la formula seguente:

     "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell'interesse dell'Amministrazione per il pubblico bene".

     La promessa solenne e il giuramento non si ripetono nel caso di passaggio ad altro impiego.

     Il rifiuto di prestare la promessa solenne o il giuramento importa la decadenza dall'impiego.

 

          Art. 2. Obbligo della residenza.

     L'impiegato deve risiedere nel luogo ove ha sede l'ufficio cui è destinato.

     Il capo dell'ufficio, per rilevanti ragioni, autorizza l'impiegato a risiedere altrove, quando ciò sia conciliabile col pieno e regolare adempimento d'ogni altro suo dovere; dell'eventuale diniego è data comunicazione scritta all'interessato.

 

          Art. 3. Comportamento in servizio.

     L'impiegato deve prestare tutta la sua opera nel disimpegno delle mansioni che gli sono affidate curando, in conformità delle leggi, con diligenza e nel miglior modo, l'interesse dell'Amministrazione per il pubblico bene.

     L'impiegato deve confermare la sua condotta al dovere di servire esclusivamente la Nazione, di osservare lealmente la Costituzione e le altre leggi; non deve svolgere attività incompatibili con l'anzidetto dovere.

     Nei rapporti con i superiori e con i colleghi l'impiegato deve ispirarsi ad uno spirito di assidua e solerte collaborazione; deve essere di guida e di esempio ai dipendenti nello svolgimento delle loro mansioni, in modo da assicurare il più efficace rendimento del servizio.

     Nei rapporti col pubblico, il comportamento dell'impiegato deve essere tale da stabilire completa fiducia e sincera collaborazione fra i cittadini e l'Amministrazione.

     Qualora non sussistano particolari ragioni, da sottoporre al capo dell'ufficio, l'impiegato deve, di regola, trattare gli affari attribuiti alla sua competenza secondo il loro ordine cronologico.

     Fuori dell'ufficio, l'impiegato deve mantenere condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni.

 

          Art. 4. Orario d'ufficio.

     L'orario giornaliero di servizio rimane regolato dalle norme in vigore.

     Quando le esigenze dell'Amministrazione lo richiedono l'impiegato è tenuto a prestare servizio, con diritto alla retribuzione per lavoro straordinario, anche in ore non comprese nell'orario normale, salvo che sia esonerato per giustificati motivi.

 

          Art. 5. Segreto d'ufficio.

     L'impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio; anche se non si tratti di atti segreti, non può dare a chi non ne abbia diritto informazioni o comunicazioni relative a provvedimenti od operazioni amministrative di qualsiasi natura, ed a notizie delle quali sia venuto a conoscenza a causa del suo ufficio quando possa derivarne danno per l'Amministrazione o per terzi.

     Nell'ambito delle proprie attribuzioni l'impiegato, preposto ad un ufficio, rilascia a chi ne abbia interesse copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dalle leggi, dai regolamenti o dal capo del servizio.

 

          Art. 6. Dovere verso il superiore.

     L'impiegato deve eseguire gli ordini inerenti all'esplicazione delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartite dal superiore gerarchico.

     Quando, nell'esercizio delle sue funzioni, l'impiegato rilevi difficoltà o inconvenienti, derivanti dalle disposizioni impartite dai superiori per l'organizzazione o lo svolgimento dei servizi, deve riferire per via gerarchica, formulando le proposte a suo avviso opportune per rimuovere la difficoltà o l'inconveniente.

 

          Art. 7. Limiti al dovere verso il superiore.

     L'impiegato, al quale venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza al superiore che ha impartito l'ordine, dichiarandone le ragioni.

     Se l'ordine è rinnovato per iscritto l'impiegato ha il dovere di darvi esecuzione.

     L'impiegato non deve comunque eseguire l'ordine del superiore, quando l'atto sia vietato dalla legge penale.

 

Capo II

RESPONSABILITA'

 

          Art. 8. Responsabilità dei dipendenti verso l'Amministrazione.

     L'impiegato delle Amministrazioni dello Stato, ancorchè ad ordinamento autonomo, è tenuto a risarcire alle Amministrazioni stesse i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio.

     Se l'impiegato ha agito per un ordine che era obbligato ad eseguire, va esente da responsabilità; salva la responsabilità del superiore che ha impartito l'ordine. L'impiegato risponde, invece, se ha agito per delega del superiore.

 

          Art. 9. Giurisdizione della Corte dei conti.

     L'impiegato, per la responsabilità di cui al precedente articolo, è sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti, nei modi previsti dalle leggi in materia.

     La Corte, valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto il danno accertato o parte di esso.

     Il diritto al risarcimento si estingue con il decorso del termine di prescrizione ordinario previsto dal Codice civile.

 

          Art. 10. Obbligo di denuncia.

     Il direttore generale e il capo del servizio che vengano a conoscenza, direttamente o a seguito di rapporto cui sono tenuti gli organi inferiori, di fatti che diano luogo a responsabilità ai sensi dell'art. 8 devono farne denuncia al procuratore generale della Corte dei conti indicando tutti gli elementi raccolti per l'accertamento della responsabilità e la determinazione dei danni.

     Qualora il fatto dannoso venga accertato da un impiegato con qualifica di ispettore generale, nel corso di ispezione, questi è tenuto a farne immediatamente denuncia al procuratore generale della Corte dei conti informandone, nel contempo, il direttore generale o il capo del servizio competente.

     Qualora il fatto dannoso sia imputabile al direttore generale o al capo di un servizio posto alle dirette dipendenze del Ministro, la denuncia è fatta a cura del Ministro.

     Ove in sede di giudizio si accerti che la denuncia fu omessa per dolo o colpa, la Corte può condannare al risarcimento anche i responsabili della omissione.

 

          Art. 11. Responsabilità degli agenti contabili.

     Resta regolata dalle norme vigenti la speciale responsabilità degli agenti contabili.

 

          Art. 12. Responsabilità verso i terzi.

     L'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 13 è personalmente obbligato a risarcirlo.

     L'azione di risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente con l'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione, qualora, in base alle norme ed ai princìpi vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato. Peraltro l'Amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente, può rivalersi contro quest'ultimo, secondo le leggi vigenti.

     Per l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici la rivalsa dell'Amministrazione prevista dal comma precedente è ammessa solo nel caso di danni arrecati per colpa grave.

 

          Art. 13. Danno ingiusto.

     E' danno ingiusto, agli effetti previsti dall'art. 12, primo comma, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi, che l'impiegato abbia commesso per dolo o per colpa grave; restano salve le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti.

     La responsabilità personale dell'impiegato sussiste, tanto allorchè la violazione del diritto del terzo sia cagionata dal compimento di atti od operazioni amministrative, quanto allorchè la detta violazione consista nella omissione o nel ritardo ingiustificato di atti od operazioni, al cui compimento l'impiegato sia obbligato per legge o per regolamento.

 

          Art. 14. Responsabilità negli organi collegiali.

     Quando la violazione del diritto sia derivata da atti od operazioni di collegi amministrativi deliberanti, sono responsabili, anche in solido, il presidente ed i membri del collegio che abbiano partecipato all'atto o alla operazione. La responsabilità è esclusa per coloro che abbiano fatto constare nel verbale il proprio dissenso.

 

          Art. 15. Diffida.

     L'omissione di atti o di operazioni amministrative al cui compimento l'impiegato sia tenuto per legge o per regolamento, deve essere fatta constare mediante diffida notificata all'impiegato e all'Amministrazione a mezzo di ufficiale giudiziario.

     Quando si tratti di atti o di operazioni da compiersi ad istanza dell'interessato, la diffida è inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla data di presentazione della istanza.

     Quando l'atto o operazione facciano parte di un procedimento amministrativo, la diffida è inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla data di compimento dell'atto o operazione precedente, ovvero, qualora si tratti di atti o di operazioni di competenza di più uffici, dalla data in cui l'atto precedente, oppure la relazione o il verbale della precedente operazione, trasmessi dall'ufficio che ha provveduto, siano pervenuti all'ufficio che deve attendere agli ulteriori incombenti.

     Se le leggi o i regolamenti amministrativi, ovvero i capitolati generali o speciali o disciplinari di concessione, stabiliscono per il compimento di determinati atti od operazioni termini più brevi o più ampi di quelli previsti nei commi precedenti, la diffida è efficace se notificata dopo la scadenza del termine entro il quale gli atti o le operazioni debbono essere compiuti, secondo la specifica norma che li concerne.

     Decorsi inutilmente trenta giorni dalla notificazione della diffida l'interessato può proporre l'azione di risarcimento, senza pregiudizio della riparazione dei danni che si siano già verificati in conseguenza della omissione o del ritardo.

 

          Art. 16. Inesecuzione del giudicato amministrativo.

     Qualora il danno del terzo derivi dalla mancata esecuzione del giudicato formatosi contro l'Amministrazione, l'azione di risarcimento può essere iniziata soltanto dopo che siano trascorsi sessanta giorni dalla notificazione, con diffida a provvedere, della decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, che, ai sensi dell'art. 27, n. 4, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, dichiara l'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato, salva la riparazione dei danni che si siano già verificati.

 

          Art. 17. Comunicazione della diffida.

     L'impiegato convenuto in giudizio ai sensi dell'art. 12 e quello cui sia stata notificata una delle diffide previste dagli articoli 15 e 16, ha il dovere di informare senza indugio il capo dell'ufficio dal quale dipende.

     I capi di ufficio hanno il dovere di informare senza indugio il Ministro degli atti di citazione e delle diffide, che siano stati notificati loro, ovvero ad impiegati dipendenti.

     Debbono altresì essere comunicate al capo dell'ufficio ed al Ministro, ai sensi del primo e secondo comma del presente articolo, le sentenze, rinunce e transazioni intervenute nei detti giudizi.

     La difesa dell'impiegato convenuto in giudizio può essere assunta dall'Avvocatura dello Stato, nei casi e con le forme previste dall'art. 44 del testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611.

 

          Art. 18. Esclusione della responsabilità verso terzi.

     Alla responsabilità dell'impiegato verso i terzi si applicano le disposizioni del secondo comma dell'art. 8.

 

          Art. 19. Altri casi di esclusione della responsabilità verso i terzi.

     La responsabilità personale verso i terzi è esclusa oltre che negli altri casi previsti dalle leggi, quando l'impiegato sia stato costretto all'azione od omissione dannosa da violenza fisica esercitata sulla persona, ovvero da minaccia di danno grave alla persona o agli averi, propri o dei familiari, semprechè l'impiegato abbia riferito ai superiori, circa la violenza o la minaccia subita, prima di essere convenuto in giudizio per il risarcimento del danno, o prima che gli siano notificate le diffide previste dagli articoli 15 e 16.

     Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, l'Amministrazione potrà sempre valutare se sussista responsabilità disciplinare, civile o contabile dell'impiegato, verso l'Amministrazione stessa.

 

          Art. 20. Giudizio disciplinare per fatti dannosi verso i terzi.

     Il mancato esercizio dell'azione di risarcimento nei confronti dell'impiegato da parte del terzo danneggiato, la reiezione della domanda da parte del giudice adito, come pure le rinunce o transazioni, non escludono che il fatto, la omissione o il ritardo dell'impiegato possano essere perseguiti dall'Amministrazione, qualora concretino infrazioni disciplinari.

 

Capo III

DIRITTI

 

          Art. 21. Funzione.

     L'impiegato ha diritto all'esercizio delle funzioni inerenti alla sua qualifica e non può essere privato del suo ufficio, tranne che nei casi previsti dalla legge.

     Può essere destinato a qualunque altra funzione purchè corrispondente alla qualifica che riveste e al ruolo cui appartiene.

     Tuttavia, quando speciali esigenze di servizio lo richiedono, l'impiegato può temporaneamente essere destinato a mansioni di altra qualifica della stessa carriera.

 

          Art. 22. Qualifica.

     L'impiegato ha diritto di essere qualificato, tanto nel rapporti di servizio che nelle pubblicazioni ufficiali, col titolo conferitogli nell'atto di nomina o di ultima promozione. Egli può usare il titolo ufficiale anche nella vita privata.

     All'atto del collocamento a riposo, può essere conferito all'impiegato il titolo ufficiale onorifico inerente alla qualifica immediatamente superiore.

     L'impiegato, dopo la cessazione dal servizio, purchè non determinata da un provvedimento disciplinare, conserva il titolo che aveva al momento in cui ha lasciato il servizio.

 

          Art. 23. Trasferimenti.

     L'Amministrazione deve dare, periodicamente, notizia delle sedi vacanti nel proprio bollettino ufficiale, qualora non abbia ritenuto di ricoprirle per esigenze di servizio.

     I trasferimenti dell'impiegato da un'altra sede possono essere, disposti a domanda dell'interessato ovvero per motivate esigenze di servizio.

     Nel disporre il trasferimento, l'Amministrazione deve tener conto, oltre che delle esigenze del servizio, delle condizioni di famiglia, di eventuali necessità di studio del dipendente e dei propri figli, nonchè del servizio già prestato in sedi disagiate.

     Il trasferimento da una all'altra sede può essere disposto anche quando la permanenza dell'impiegato in una sede nuoce al prestigio dell'ufficio.

     Il Consiglio di amministrazione è competente a decidere su eventuali ricorsi prodotti dall'impiegato in materia di trasferimento.

 

          Art. 24. Trattamento economico - Assistenza - Miglioramento professionale.

     L'impiegato ha diritto allo stipendio e agli assegni per carichi di famiglia, nelle misure stabilite dalla legge, in relazione alla quantità e qualità delle prestazioni rese.

     Per le ore di servizio effettivamente prestate oltre il normale orario d'ufficio quando siano autorizzate o prescritte dal superiore competente l'impiegato ha diritto ad un compenso per il lavoro straordinario, nella misura stabilita dalla legge in base alla retribuzione per le prestazioni ordinarie integrata da un coefficiente di maggiorazione.

     All'impiegato della carriera direttiva avente qualifica non inferiore a direttore di divisione, od equiparata, il compenso per il lavoro straordinario può essere attribuito in misura forfetaria nel limite massimo consentito dalla legge.

     All'impiegato che svolge mansioni di carattere discontinuo o di semplice attesa e di custodia può essere concesso a titolo di retribuzione per lavoro straordinario, un compenso nella misura e con le modalità stabilite da leggi speciali.

     Ai più meritevoli fra gli impiegati qualificati "ottimo" può essere concesso, su proposta motivata dal Consiglio di amministrazione, l'aumento periodico di stipendio con anticipazione di un anno del periodo prescritto per conseguirlo.

     L'impiegato può fruire nella qualifica rivestita una sola volta del beneficio previsto dal precedente comma; il numero degli impiegati, ai quali può essere attribuito il predetto beneficio, non può superare il venti per cento di coloro che rivestono la stessa qualifica.

     Alla cessazione dal servizio l'impiegato ha diritto al trattamento di quiescenza nei limiti e con le modalità previsti dalla legge.

     La cessione, il sequestro o il pignoramento del trattamento economico spettante all'impiegato, in servizio o in quiescenza, possono aver luogo solo nei casi e nei limiti stabiliti dalle leggi in materia e non possono superare l'aliquota di un quinto dello stipendio.

     Le leggi stabiliscono, altresì, le forme e i limiti dell'assistenza prestata dallo Stato ai propri impiegati anche nella posizione di quiescenza, nonchè le provvidenze necessarie per assicurare agli stessi la disponibilità della casa.

     Lo Stato provvede alla formazione professionale degli impiegati in prova nonchè all'aggiornamento e al perfezionamento di quelli già in carriera, mediante appositi corsi organizzati dall'Amministrazione e fornisce agli stessi le riviste e le altre pubblicazioni all'uopo necessarie.

 

          Art. 25. Riposo settimanale.

     L'impiegato ha diritto ad un giorno di riposo settimanale che, di regola, deve coincidere con la domenica e non presta servizio negli altri giorni riconosciuti festivi.

 

          Art. 26. Congedo ordinario.

     L'impiegato ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un congedo ordinario retribuito di un mese da usufruire in un solo periodo continuativo, compatibilmente con le esigenze di servizio. Egli può chiedere di distribuire il congedo in periodi di minore durata, che non eccedano nel complesso la durata di un mese.

     Il diritto al congedo matura dopo un anno di effettivo servizio.

     L'impiegato non può rinunciare al congedo.

     Il godimento del congedo entro l'anno può essere rinviato o interrotto per eccezionali esigenze di servizio; in tal caso l'impiegato ha diritto al cumulo dei congedi entro il primo semestre dell'anno successivo.

 

          Art. 27. Congedo straordinario.

     All'impiegato, oltre il congedo ordinario, possono essere concessi per gravi motivi congedi straordinari, non eccedenti complessivamente la durata di due mesi nel corso dell'anno.

     Il congedo straordinario compete di diritto quando l'impiegato debba contrarre matrimonio o sostenere esami, o, qualora trattisi di mutilato o invalido di guerra o per servizio, debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità.

     Il congedo straordinario è concesso, in base a motivato rapporto del capo dell'ufficio, dall'organo competente secondo gli ordinamenti particolari delle singole Amministrazioni.

 

          Art. 28. Congedo straordinario per richiamo alle armi.

     L'impiegato richiamato alle armi in tempo di pace per istruzione o per altre esigenze di carattere temporaneo è considerato in congedo straordinario per la durata del richiamo, limitatamente, peraltro, ad un periodo massimo di due mesi.

     Per i richiami alle armi in tempo di guerra si osservano le disposizioni delle leggi speciali.

 

          Art. 29. Congedo straordinario per gravidanza e puerperio.

     All'impiegata che si trovi in stato di gravidanza o puerperio si applicano le norme protettive stabilite dalla legge per la tutela delle lavoratrici madri.

     Per i periodi anteriore e successivo al parto, in cui, a norma della legge richiamata nel precedente comma, l'impiegata ha diritto di astenersi dal lavoro, essa è considerata in congedo straordinario per maternità.

 

          Art. 30. Cumulo di congedo ordinario e congedo straordinario.

     L'impiegato che ha usufruito del congedo straordinario previsto dagli articoli precedenti conserva il diritto al congedo ordinario.

 

          Art. 31. Trattamento economico durante il congedo.

     Durante il periodo di congedo ordinario e durante il primo mese di congedo straordinario spettano all'impiegato tutti gli assegni, escluse le indennità per i servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario; per il secondo mese di congedo straordinario gli assegni predetti sono ridotti di un quinto.

     All'impiegato in congedo straordinario per richiamo alle armi sono corrisposti lo stipendio e gli assegni personali di cui sia provvisto, nonchè l'eventuale eccedenza degli assegni per carichi di famiglia su quelli che risultino dovuti dall'Amministrazione militare.

     I periodi di congedo straordinario sono inoltre utili a tutti gli altri effetti.

 

Titolo II

RAPPORTI INFORMATIVI

ORGANI COMPETENTI A COMPILARLI - GRAVAMI

 

Capo I

RAPPORTO INFORMATIVO

ORGANI COMPETENTI

 

          Art. 32. Rapporto informativo e giudizio complessivo.

     Per ogni impiegato con qualifica inferiore a direttore generale ed equiparato deve essere redatto entro il mese di gennaio di ciascun anno un rapporto informativo che si conclude con il giudizio complessivo di "ottimo" "distinto", "buono", "mediocre", "insufficiente".

     Il giudizio complessivo deve essere motivato.

     All'impiegato al quale nell'anno cui si riferisce il rapporto informativo sia stata inflitta una sanzione disciplinare più grave della censura non può essere attribuito un giudizio complessivo superiore a "buono".

 

          Art. 33. Rapporto informativo per l'impiegato della carriera direttiva.

     Per l'impiegato della carriera direttiva il rapporto informativo deve essere redatto in base ai seguenti elementi: doti intellettuali e di cultura; qualità morali e di carattere; preparazione e capacità professionale; natura specifica delle attribuzioni; qualità delle prestazioni di servizio o rendimento; capacità organizzativa ed attitudine ad esercitare funzioni di maggiore responsabilità; stima e prestigio goduti in ufficio e fuori.

     Nei rapporti stessi deve essere tenuto, altresì, conto della eventuale attività scientifica, nonchè di ogni altro elemento che possa concorrere a meglio delineare la personalità dell'impiegato.

 

          Art. 34. Rapporto informativo per l'impiegato della carriera di concetto.

     Per il rapporto informativo dell'impiegato della carriera di concetto si tiene conto degli elementi di giudizio previsti dal primo comma dell'articolo precedente in relazione alle diverse funzioni svolte e relative responsabilità.

 

          Art. 35. Rapporto informativo per l'impiegato della carriera esecutiva.

     Per l'impiegato della carriera esecutiva il rapporto informativo deve essere redatto in base ai seguenti elementi: qualità morali e di carattere; capacità professionale; mansioni disimpegnate e rendimento; attaccamento al servizio; comportamento in servizio e fuori.

 

          Art. 36. Rapporto informativo per l'impiegato della carriera ausiliaria.

     Per l'impiegato della carriera ausiliaria il rapporto informativo deve essere redatto in base ai seguenti elementi: qualità morali e di carattere; mansioni disimpegnate e rendimento; attaccamento al servizio; comportamento in servizio e fuori.

 

          Art. 37. Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera direttiva dell'Amministrazione centrale.

     Il rapporto informativo di cui al precedente articolo 32 è compilato:

     a) per gli impiegati con qualifica di ispettore generale e direttore di divisione, dal direttore generale.

     Il giudizio complessivo è espresso dal Consiglio di amministrazione;

     b) per gli impiegati con qualifica di direttore di sezione ed equiparata, dal direttore di divisione. Il rapporto è vistato dal direttore generale il quale lo trasmette con le proprie osservazioni al Consiglio di Amministrazione per il giudizio di cui alla lettera a);

     c) per gli impiegati con qualifica inferiore a direttore di sezione ed equiparata, dal direttore di divisione.

     Il giudizio complessivo è espresso dal direttore generale.

 

          Art. 38. Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera direttiva presso l'Amministrazione periferica.

     Per l'impiegato appartenente alla carriera direttiva in servizio presso l'Amministrazione periferica il rapporto è compilato dal capo dell'ufficio periferico cui l'impiegato appartiene. Il capo dell'ufficio predetto esprime anche il giudizio complessivo per l'impiegato con qualifica inferiore a direttore di sezione.

     Per l'impiegato con qualifica non inferiore a direttore di sezione il giudizio complessivo è dato dal Consiglio di amministrazione.

 

          Art. 39. Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera di concetto.

     Il rapporto informativo di cui all'art. 34 è compilato:

     a) per l'impiegato con qualifica non inferiore a segretario principale, dal direttore di divisione. Il giudizio complessivo è espresso dal direttore generale;

     b) per l'impiegato con qualifica inferiore a segretario principale, dal direttore di sezione. Il giudizio complessivo è espresso dal direttore di divisione.

 

          Art. 40. Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera di concetto presso l'Amministrazione periferica.

     Per l'impiegato appartenente alla carriera di concetto in servizio presso l'Amministrazione periferica il rapporto è compilato:

     a) per l'impiegato con qualifica non inferiore a segretario principale, dal direttore di divisione. Il giudizio complessivo è espresso dal capo del servizio che secondo l'ordinamento dell'organizzazione periferica è preposto al ramo dell'Amministrazione cui gli impiegati stessi appartengono; qualora il capo dell'ufficio periferico sia lo stesso direttore di divisione, il giudizio complessivo è espresso dal direttore generale;

     b) per l'impiegato con qualifica inferiore a segretario principale, dal direttore di sezione. Il giudizio complessivo è espresso dal direttore di divisione.

 

          Art. 41. Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera esecutiva.

     Per l'impiegato appartenente alla carriera esecutiva che presti servizio presso l'Amministrazione centrale o periferica il rapporto è compilato dal direttore di sezione. Il giudizio complessivo è espresso dal direttore di divisione.

 

          Art. 42. Organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera ausiliaria od equiparata.

     Per l'impiegato appartenente alla carriera ausiliaria ed equiparata che presti servizio presso l'Amministrazione centrale o periferica, il rapporto è compilato dal direttore di sezione. Il giudizio complessivo è espresso dal direttore di divisione.

 

Capo II

GRAVAMI

 

          Art. 43. Ricorso gerarchico avverso il giudizio complessivo espresso sul rapporto informativo.

     Il giudizio complessivo è comunicato su apposito modulo all'impiegato che vi appone la data di comunicazione e la propria firma. Qualora ne faccia richiesta, l'impiegato ha diritto di prendere visione del rapporto informativo.

     Entro trenta giorni dalla comunicazione l'impiegato può ricorrere al consiglio di amministrazione, con facoltà di inoltrare il ricorso in piego chiuso. Il Consiglio, sentiti l'ufficio del personale o l'organo che ha espresso il giudizio complessivo, formula il giudizio definitivo.

     La deliberazione del Consiglio di amministrazione è provvedimento definitivo.

 

          Art. 44. Impossibilità di compilazione del rapporto informativo.

     Qualora per uno o più anni non sia stata possibile la compilazione del rapporto informativo da parte degli organi competenti, il giudizio complessivo è formulato dal Consiglio di amministrazione, valutati gli elementi in possesso dell'Amministrazione.

 

          Art. 45. Fascicolo personale e stato matricolare.

     Per ogni impiegato, è tenuto, presso l'ufficio del personale dell'Amministrazione centrale, un fascicolo personale ed uno stato matricolare.

     Il fascicolo personale deve contenere tutti i documenti che possono interessare la carriera. Questi devono essere registrati, numerati e classificati senza discontinuità.

     Nello stato matricolare devono essere indicati i servizi di ruolo e non di ruolo eventualmente prestati in precedenza allo Stato e ad altri enti pubblici; i provvedimenti relativi alla nomina, allo stato, alla carriera e al trattamento economico, i decreti di riscatto dei servizi non di ruolo e le decisioni giurisdizionali sugli atti predetti.

     Nello stato matricolare devono essere inoltre annotati tutti gli atti del fascicolo personale che possono formare oggetto di valutazione per le promozioni. Deve altresì essere indicato lo stato di famiglia con le relative variazioni.

 

Titolo III

COMANDO E COLLOCAMENTO FUORI RUOLO

 

Capo I

COMANDI

 

          Art. 46. Comando presso altra Amministrazione.

     L'impiegato può essere comandato a prestare servizio presso altra Amministrazione statale o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza della Amministrazione cui l'impiegato stesso appartiene.

     Il comando è disposto, per tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza.

     Al comando si provvede, con decreto dei Ministri competenti di concerto con il Ministro per il tesoro, sentiti l'interessato ed il Consiglio di amministrazione.

     Per l'impiegato con qualifica non inferiore a direttore generale si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri interessati di concerto con quello per il tesoro.

 

          Art. 47. Carico della spesa.

     Alla spesa per il personale comandato provvede direttamente ed a proprio carico l'Amministrazione presso cui detto personale va a prestare servizio.

     Per il personale comandato presso enti pubblici, questi sono altresì tenuti a versare all'Amministrazione cui esso appartiene l'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico previsti dalla legge.

 

Capo II

COLLOCAMENTO FUORI RUOLO

 

          Art. 48. Collocamento fuori ruolo.

     Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato e di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'Amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'Amministrazione stessa.

     L'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene.

     Al collocamento fuori ruolo si provvede con decreto dei Ministri interessati di concerto con il Ministro per il tesoro, sentiti l'interessato ed il Consiglio di amministrazione.

     Al collocamento fuori ruolo dell'impiegato con qualifica non inferiore a direttore generale si provvede in conformità all'ultimo comma dell'art. 46.

     Nell'organico cui appartengono gli impiegati fuori ruolo saranno lasciati scoperti, nella qualifica iniziale, tanti posti quanti sono gli impiegati nell'identica posizione.

     Con regolamento saranno determinati i casi nei quali gli impiegati possono essere collocati fuori ruolo.

     Alla spesa per il personale collocato fuori ruolo si provvede a norma dell'art. 47.

 

          Art. 49. Promozione del personale fuori ruolo.

     L'impiegato collocato fuori ruolo è scrutinato per la promozione alla qualifica superiore in base alle normali disposizioni sull'avanzamento in carriera.

     Ove promosso l'impiegato rientra in organico andando ad occupare secondo l'ordine della graduatoria dei promossi un posto di ruolo.

     Se in corrispondenza della qualifica conseguita con la promozione sussista disponibilità di collocamento fuori ruolo, il decreto di promozione può disporre ai sensi del precedente art. 48, il collocamento fuori ruolo anche nella nuova qualifica.

 

Titolo IV

INCOMPATIBILITA' E CUMULO DI IMPIEGHI

 

Capo I

INCOMPATIBILITA'

 

          Art. 50. Casi d'incompatibilità.

     L'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, nè alcuna professione, o assumere altri impieghi alle dipendenze di privati, o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del Ministro competente.

 

          Art. 51. Limiti d'incompatibilità.

     Il divieto di cui all'articolo precedente non si applica nei casi di società cooperative fra impiegati dello Stato.

 

          Art. 52. Partecipazione all'amministrazione di enti e società.

     Nei casi stabiliti dalla legge o quando ne sia autorizzato con deliberazione del Consiglio dei Ministri, l'impiegato può partecipare all'amministrazione o far parte di collegi sindacali in società o enti ai quali lo Stato partecipi o comunque contribuisca, in quelli che siano concessionari dell'Amministrazione di cui l'impiegato fa parte o che siano sottoposti alla vigilanza di questa.

 

          Art. 53. Provvedimenti per casi d'incompatibilità.

     L'impiegato che contravvenga ai divieti posti dagli articoli 50 o 52 viene diffidato dal Ministro, o dal Direttore Generale competente, a cessare dalla situazione d'incompatibilità.

     La circostanza che l'impiegato abbia obbedito alla diffida di cessare dalla situazione d'incompatibilità non preclude l'eventuale azione disciplinare.

     Decorsi quindici giorni dalla diffida, senza che la incompatibilità sia cessata, l'impiegato decade dall'impiego.

     La decadenza è dichiarata con decreto del Ministro competente, sentito il Consiglio di amministrazione.

 

          Art. 54. Denuncia dei casi di incompatibilità.

     Il capo del servizio è tenuto a denunciare al Ministro o all'impiegato da questi delegato, i casi di incompatibilità dei quali sia comunque a conoscenza.

 

Capo II

CUMULO DI IMPIEGHI

 

          Art. 55. Divieto di cumulo di impieghi pubblici.

     Gli impieghi pubblici non sono cumulabili, salvo le eccezioni stabilite da leggi speciali.

     I capi di ufficio, di istituti, o di aziende e stabilimenti pubblici sono tenuti, sotto la loro personale responsabilità, a riferire al Ministero competente, il quale ne dà notizia alla Corte dei conti, i casi di cumulo di impieghi riguardanti il dipendente personale.

     L'assunzione di altro impiego nei casi in cui la legge non consente il cumulo importa di diritto la cessazione dall'impiego precedente, salva l'applicazione delle norme relative al trattamento di quiescenza.

 

Titolo V

ASPETTATIVA E DISPONIBILITA'

 

Capo I

ASPETTATIVE

 

          Art. 56. Cause dell'aspettativa.

     L'impiegato può essere collocato in aspettativa per servizio militare, per infermità o per motivi di famiglia.

     Il collocamento in aspettativa è disposto, su domanda dell'impiegato, dall'organo cui tale competenza è attribuita dagli ordinamenti particolari delle singole Amministrazioni. Può anche essere disposto d'ufficio, per servizio militare o per infermità; in tale caso l'impiegato può chiedere di usufruire dei congedi prima di essere collocato in aspettativa.

     Non può in alcun caso disporsi del posto dell'impiegato collocato in aspettativa.

 

          Art. 57. Aspettativa per servizio militare.

     L'impiegato chiamato alle armi per adempiere agli obblighi di leva o per anticipazione del servizio di leva in seguito ad arruolamento volontario è collocato in aspettativa per servizio militare.

     L'impiegato richiamato alle armi in tempo di pace è collocato in aspettativa per il periodo eccedente i primi due mesi di richiamo; per il tempo eccedente tale periodo compete all'impiegato richiamato lo stipendio più favorevole tra quello civile e quello militare, oltre gli eventuali assegni personali di cui sia provvisto.

     Il tempo trascorso in aspettativa è computato per intero ai fini della progressione in carriera o dall'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio.

 

          Art. 58. Aspettativa per infermità contratta in servizio e per causa di servizio.

     L'aspettativa per infermità è disposta, d'ufficio o a domanda, quando sia accertata, in base al giudizio di un medico dell'Amministrazione, l'esistenza di una malattia che impedisca temporaneamente la regolare prestazione del servizio.

     Alle visite per tale accertamento assiste un medico di fiducia dell'impiegato, se questi ne fa domanda e si assume la spesa relativa.

     L'aspettativa per infermità ha termine col cessare della causa per la quale fu disposta; essa non può protrarsi per più di diciotto mesi.

     L'Amministrazione può, in ogni momento, procedere agli opportuni accertamenti sanitari.

     Durante l'aspettativa l'impiegato ha diritto all'intero stipendio per i primi dodici mesi ed alla metà di esso per il restante periodo, conservando integralmente gli assegni per carichi di famiglia.

     Qualora l'infermità che è motivo dell'aspettativa sia riconosciuta dipendente da causa di servizio, permane per tutto il periodo dell'aspettativa il diritto dell'impiegato a tutti gli assegni escluse le indennità per prestazioni di lavoro straordinario; sono, inoltre, a carico dell'Amministrazione le spese di cura, comprese quelle per ricoveri in istituti sanitari e per protesi, nonchè un equo indennizzo per la perdita dell'integrità fisica eventualmente subita dall'impiegato.

     Il tempo trascorso in aspettativa è computato per intero, ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, e del trattamento di quiescenza e previdenza.

 

          Art. 59. Aspettativa per motivi di famiglia.

     L'impiegato che aspira ad ottenere l'aspettativa per motivi di famiglia deve presentare motivata domanda al capo del servizio.

     L'Amministrazione deve provvedere sulla domanda entro un mese, ed ha facoltà, per ragioni di servizio da enunciarsi nel provvedimento, di respingere la domanda, di ritardarne l'accoglimento, e di ridurre la durata dell'aspettativa richiesta.

     L'aspettativa può in qualunque momento essere revocata per ragioni di servizio.

     Il periodo di aspettativa non può eccedere la durata di un anno. L'impiegato non ha diritto ad alcun assegno.

     Il tempo trascorso in aspettativa non è utile nè ai fini dell'anzianità, nè ai fini della progressione nella carriera e del trattamento economico.

     L'impiegato che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo passato in aspettativa.

 

          Art. 60. Cumulo di aspettative.

     Più periodi di aspettativa per motivi di famiglia o per infermità si sommano, agli effetti della determinazione del limite massimo di durata dell'una o dell'altra aspettativa, quando tra essi non interceda un periodo di servizio attivo superiore a sei mesi, qualora l'aspettativa per motivi di famiglia segua quella per infermità e a tre mesi nel caso inverso.

     La durata di più periodi di aspettativa per motivi di famiglia o per infermità non può superare complessivamente due anni e mezzo in un quinquennio.

     Per motivi di particolare gravità il Consiglio di amministrazione può consentire all'impiegato, che abbia raggiunto i limiti previsti dai commi precedenti e ne faccia richiesta, un ulteriore periodo di aspettativa senza assegni di durata non superiore a sei mesi.

 

          Art. 61. Dispensa dal servizio per infermità.

     Scaduti i periodi massimi previsti dagli articoli 58 e 60 l'impiegato che risulti non idoneo per infermità a riprendere servizio è dispensato dal servizio, ove non sia possibile utilizzarlo, su domanda, in altri compiti attinenti alla sua qualifica.

     Si applicano al procedimento di dispensa le norme di cui agli articoli 120 e 121.

 

Capo II

DISPONIBILITA'

 

          Art. 62. Motivi del collocamento in disponibilità.

     L'impiegato è collocato in disponibilità, per soppressione di ufficio o per riduzione di ruoli organici, qualora non si possa far luogo alla utilizzazione presso altra Amministrazione statale a norma del successivo art. 64.

     L'ufficio si considera soppresso quando cessa l'esercizio, da parte dello Stato, delle attività ad esso affidate. Il semplice cambiamento di norma od il mutamento di denominazione non costituiscono soppressione di ufficio.

     Nei casi in cui occorre procedere a collocamenti in disponibilità, il Consiglio di amministrazione designa, in relazione ai gradi o qualifiche, gli impiegati da porre in tale posizione tenendo conto dei precedenti di carriera e delle eventuali richieste degli interessati.,

     Se il collocamento in disponibilità è deliberato nei confronti di impiegato che si trovi in aspettativa per infermità o per motivi di famiglia, l'aspettativa cessa di diritto alla data di collocamento in disponibilità.

 

          Art. 63. Trattamento economico.

     L'impiegato in disponibilità è esonerato dal prestare servizio.

     Ad esso competono lo stipendio e gli assegni per carichi di famiglia con esclusione delle indennità per servizi e funzioni di carattere speciale e per prestazioni di lavoro straordinario.

 

          Art. 64. Trasferimento ad altre Amministrazioni.

     Con decreto del Presidente del Consiglio l'impiegato collocato in disponibilità può essere trasferito, anche su sua domanda, ad un posto vacante nei ruoli di altra Amministrazione, sentiti i relativi Consigli d'amministrazione.

     Il trasferimento può essere effettuato solo a carriere e qualifiche corrispondenti a quelle dell'impiegato collocato in disponibilità. Il trasferimento ad altra carriera o ad altra qualifica può essere disposto soltanto col consenso dell'impiegato.

     Il trasferimento non è consentito nei ruoli nei quali si abbiano già impiegati in disponibilità che possano essere richiamati in servizio ai sensi dell'art. 66. In ogni caso l'impiegato conserva l'anzianità e il trattamento economico di cui godeva, eventualmente, a titolo di assegno personale; nel nuovo ruolo è peraltro collocato dopo gli impiegati del suo grado già appartenenti ad esso.

 

          Art. 65. Servizio temporaneo presso altra Amministrazione.

     Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con le Amministrazioni interessate, l'impiegato in disponibilità può essere destinato a prestare servizio temporaneo presso altra Amministrazione con funzioni adeguate alla sua qualifica.

     In questo caso esso percepisce gli assegni di attività inerenti alla sua qualifica.

     Ove per il servizio temporaneo l'impiegato sia destinato a sede diversa da quella cui era assegnato gli compete il trattamento di missione secondo le norme vigenti.

 

          Art. 66. Richiamo in servizio.

     L'impiegato in disponibilità è richiamato in servizio sentito il Consiglio di amministrazione, quando entro due anni dalla data del collocamento in tale posizione abbia luogo una vacanza nel medesimo grado del suo ruolo.

     L'impiegato riassunto in servizio prende posto nel ruolo, in cui è richiamato, con l'anzianità che aveva alla data del collocamento in disponibilità e con lo stipendio inerente quando non sia stato nel frattempo utilizzato.

 

          Art. 67. Dispensa dal servizio.

     L'impiegato in disponibilità è collocato a riposo ed ammesso al trattamento di quiescenza cui abbia diritto ove, allo scadere di due anni dal collocamento in disponibilità, non sia stato richiamato in servizio ai sensi dell'art. 66 o trasferito ad altra Amministrazione a sensi dell'art. 64.

     Esso a altresì collocato a riposo ed ammesso al trattamento di quiescenza cui abbia diritto qualora non riassuma servizio nel posto cui sia stato richiamato ai sensi dell'art. 66 o rifiuti di assumere servizio nel posto cui sia stato trasferito a sensi dell'art. 64 o al quale sia stato destinato in servizio temporaneo ai sensi dell'art. 65.

     La destinazione a servizio temporaneo prevista dall'art. 65 sospende il decorso del termine di due anni stabilito dal primo comma del presente articolo.

 

Titolo VI

 

Capo I

SANZIONI DISCIPLINARI

 

          Art. 68. Sanzioni disciplinari.

     L'impiegato che viola i suoi doveri è soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari:

     1) la censura;

     2) la riduzione dello stipendio;

     3) la sospensione dal grado;

     4) la destituzione.

     Per l'impiegato con qualifica non inferiore a direttore generale si applica, invece, l'art, 113.

 

          Art. 69. Censura.

     La censura è una dichiarazione di biasimo, scritta e motivata. Essa è inflitta per lievi trasgressioni.

 

          Art. 70. Riduzione dello stipendio.

     La riduzione dello stipendio non può essere inferiore ad un decimo, nè superiore ad un quinto d'una mensilità di stipendio e non può avere durata superiore a sei mesi.

     La riduzione dello stipendio determina il ritardo di un anno nello scatto dello stipendio, a decorrere dalla data in cui matura il primo scatto successivo alla punizione.

     La riduzione dello stipendio è inflitta per grave negligenza in servizio; irregolarità nell'ordine di trattazione degli affari; inosservanza dei doveri di ufficio; contegno scorretto verso i superiori, i colleghi, i dipendenti ed il pubblico; comportamento non conforme al decoro delle funzioni; violazione del segreto di ufficio, semprechè le infrazioni non presentino carattere di particolare gravità.

 

          Art. 71. Sospensione dal grado.

     La sospensione dal grado consiste nell'allontanamento dal servizio con la privazione dello stipendio per non meno di un mese e non più di sei mesi.

     La sospensione e inflitta:

     1) nei casi previsti dall'articolo precedente qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità;

     2) per denigrazione della Amministrazione o dei superiori;

     3) per uso dell'impiego a fini personali;

     4) per violazione del segreto di ufficio che abbia prodotto grave danno;

     5) per comportamento che produca interruzione o turbamento nella regolarità o nella continuità del servizio e per volontario abbandono del servizio, salvo restando quanto è disposto dall'art. 4 della legge 20 dicembre 1954, n. 1181, in ordine alla tutela degli interessi collettivi ed individuali degli impiegati.

     La sanzione è comminata altresì nel caso di tolleranza di abusi commessi da impiegati dipendenti.

 

          Art. 72. Assegno alimentare.

     All'impiegato sospeso è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia.

 

          Art. 73. Effetti della sospensione dal grado.

     L'impiegato al quale sia stata inflitta la sospensione per un periodo non superiore a tre mesi non può fruire dello scatto di stipendio e non può essere promosso se non siano decorsi due anni dalla data dell'infrazione.

     Il periodo di ritardo di cui al precedente comma è portato a tre anni se la sospensione dal grado sia stata superiore a tre mesi.

 

          Art. 74. Destituzione.

     La destituzione è inflitta:

     a) per atti i quali rivelino mancanza del senso dell'onore e del senso morale; nonchè per quelli che siano in grave contrasto con i doveri di fedeltà dell'impiegato;

     b) per grave abuso di autorità o di fiducia;

     c) per dolosa violazione dei doveri di ufficio che abbiano portato grave pregiudizio allo Stato, ad enti pubblici o a privati;

     d) per illecito uso o distrazione di somme amministrate o tenute in deposito, o per connivente tolleranza di abusi commessi da impiegati dipendenti;

     e) per richiesta o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati dall'impiegato per ragioni d'ufficio;

     f) per gravi atti d'insubordinazione commessi pubblicamente, o per eccitamento all'insubordinazione;

     g) per istigazione agli atti di cui al numero cinque dell'art. 71.

 

          Art. 75. Destituzione di diritto.

     L'impiegato incorre nella destituzione, escluso il procedimento disciplinare:

     a) per condanna, passata in giudicato, per delitti contro la personalità dello Stato, esclusi quelli previsti nel capo IV del titolo I del libro II del Codice penale; ovvero per delitti di peculato, malversazione, concussione, corruzione, per delitti contro la fede pubblica, esclusi quelli di cui agli articoli 457, 495, 498 del Codice penale, per delitti contro la moralità pubblica e il buon costume previsti dagli articoli 519, 520, 521, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537 del Codice penale, e per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa e appropriazione indebita;

     b) per condanna passata in giudicato, che importi la interdizione perpetua dai pubblici uffici, ovvero l'applicazione di una misura di sicurezza detentiva o della libertà vigilata.

     Nei casi previsti dal presente e dal precedente articolo il diritto alla quiescenza è regolato dalla disposizioni vigenti.

 

          Art. 76. Recidiva.

     All'impiegato, che incorre in una infrazione disciplinare dopo essere stato punito per una infrazione della stessa specie, può essere inflitta la sanzione più grave dopo quella prevista per l'infrazione stessa.

 

          Art. 77. Riabilitazione.

     Trascorsi due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare e sempre che l'impiegato abbia riportato nei due anni la qualifica di "ottimo", possono essere resi nulli gli effetti di essa, esclusa ogni efficacia retroattiva; possono essere altresì modificati i giudizi complessivi riportati dall'impiegato dopo la sanzione ed in conseguenza di questa.

     Il provvedimento è adottato con decreto Ministeriale, sentiti il Consiglio di amministrazione e la Commissione di disciplina.

 

          Art. 78. Reintegrazione dell'impiegato assolto in sede di giudizio penale di revisione.

     Qualora a seguito di giudizio penale di revisione, l'impiegato destituito ai sensi dell'art. 75, sia assolto con la formula prevista dall'art. 566, comma secondo, del Codice di procedura penale, l'impiegato stesso ha diritto ad ottenere la riammissione in servizio, dalla data della sentenza di assoluzione, col medesimo grado e la medesima anzianità che aveva all'atto della destituzione, anche in soprannumero, salvo riassorbimento.

     Se durante il periodo della destituzione l'impiegato non ha potuto partecipare ad esami di promozione, partecipa alla prima sessione successiva alla riammissione in servizio; in tal caso si applicano le disposizioni dell'art. 84 e la promozione viene conferita anche in soprannumero, salvo riassorbimento.

     Se durante il periodo della destituzione si siano svolti scrutini di promozione, si procede ai sensi dell'art. 85 e la promozione eventuale è conferita ai sensi del comma precedente di questo articolo.

     All'impiegato assolto in seguito a giudizio di revisione spettano, per il periodo di destituzione, lo stipendio e gli assegni per carichi di famiglia qualunque sia la durata della destituzione stessa; detto periodo è altresì utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza.

     L'impiegato, già destituito, ed assolto in sede di revisione, può entro sessanta giorni dalla riammissione in servizio, chiedere di essere collocato a riposo col trattamento di quiescenza e previdenza spettantegli.

 

          Art. 79. Reintegrazione dell'impiegato prosciolto in sede di revisione del procedimento disciplinare.

     Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano agli impiegati destituiti a seguito di procedimento disciplinare e quelle del secondo, terzo e quarto comma agli impiegati puniti con sanzioni superiori alla censura, quando, a seguito della revisione del procedimento disciplinare, l'impiegato sia stato prosciolto da ogni addebito, ed altresì nel caso di annullamento del provvedimento disciplinare, o di estinzione del procedimento disciplinare.

 

          Art. 80. Premorienza dell'impiegato alla sentenza di assoluzione in sede di revisione.

     Se l'impiegato è deceduto prima della sentenza di assoluzione in sede di revisione del giudicato penale, o prima del proscioglimento da ogni addebito in sede di revisione del procedimento disciplinare, la vedova e i figli minorenni hanno diritto agli assegni non corrisposti durante il periodo di sospensione, ovvero agli assegni non corrisposti durante il periodo di destituzione, in relazione alla qualifica rivestita dall'impiegato al momento della sospensione o della destituzione, nonchè agli aumenti periodici di stipendio successivamente maturati fino alla data in cui l'impiegato avrebbe raggiunto i limiti massimi di età e di servizio per la permanenza nell'impiego, o fino a quella del decesso, se anteriore.

 

Capo II

SOSPENSIONE CAUTELARE E SOSPENSIONE

PER EFFETTO DI CONDANNA PENALE

 

          Art. 81. Sospensione cautelare obbligatoria.

     L'impiegato, sottoposto a procedimento penale e contro il quale sia stato emesso mandato o ordine di cattura, viene sospeso dal servizio dal capo dell'ufficio.

     La sospensione può essere anche disposta con decreto del Ministro negli altri casi, soltanto quando la natura del reato sia particolarmente grave.

     Il capo dell'ufficio che ha notizia dell'emissione di un mandato o ordine di comparizione, o della convalida del fermo, nei confronti d'un impiegato da lui dipendente, deve riferirne immediatamente all'ufficio del personale del Ministero.

 

          Art. 82. Sospensione cautelare facoltativa.

     Il Ministro può, per gravi motivi, ordinare la sospensione dell'impiegato dal servizio anche prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare.

     La sospensione disposta prima dell'inizio del procedimento disciplinare è revocata e l'impiegato ha diritto alla riammissione in servizio ed alla corresponsione degli assegni non percepiti, se la contestazione degli addebiti, ai sensi del secondo comma dell'art. 93 non ha luogo entro quaranta giorni dalla data in cui è stato comunicato all'impiegato, nelle forme dell'art. 94, il provvedimento di sospensione.

     All'impiegato sospeso ai sensi del presente e del precedente articolo si applicano le disposizioni dell'art. 72.

 

          Art. 83. Esclusione dagli esami e dagli scrutini.

     L'impiegato sospeso ai sensi degli articoli 81 e 82 è escluso dagli esami o dagli scrutini di promozione.

     Quando l'impiegato è stato deferito al giudizio della Commissione di disciplina, il Ministro, anche se non ha disposto la sospensione cautelare, può, sentito il Consiglio d'amministrazione, escludere l'impiegato dall'esame o dallo scrutinio.

 

          Art. 84. Ammissione agli esami dell'impiegato prosciolto da addebiti disciplinari.

     L'impiegato escluso dall'esame che sia stato prosciolto da ogni addebito disciplinare o punito con la censura, è ammesso al primo esame successivo, e, qualora, riporti una votazione in virtù della quale sarebbe stato promovibile, se ottenuta nell'esame originario, è collocato nella graduatoria di questo, tenuto conto della votazione stessa, ed è promosso anche in soprannumero, salvo riassorbimento, con decorrenza, a tutti gli effetti giuridici, con esclusione di quelli economici, dalla stessa data con la quale sarebbe stata conferita la promozione in base al detto esame.

     L'impiegato ammesso all'esame di cui al precedente comma, qualora non abbia raggiunto una votazione tale da consentirgli di essere promosso nella prima sessione ma abbia conseguito una votazione superiore all'ultimo dei promossi di una delle successive sessioni, viene iscritto nella graduatoria nella quale può trovare utile collocazione ed è promosso con la medesima anzianità degli altri impiegati compresi nella graduatoria in cui è collocato.

 

          Art. 85. Ammissione agli scrutini dell'impiegato prosciolto da addebiti disciplinari.

     L'impiegato escluso dallo scrutinio quando sia prosciolto dagli addebiti dedotti nel procedimento disciplinare, o questo si concluda con l'irrogazione della censura, è scrutinato per la promozione.

     Se il Consiglio di amministrazione delibera che l'impiegato scrutinato sia maggiormente meritevole almeno dell'ultimo promosso con lo scrutinio originario, lo designa per la promozione, indicando il posto che deve occupare in graduatoria.

     La promozione è conferita, anche in soprannumero, salvo riassorbimento, con decorrenza dalla stessa data delle promozioni disposte in base allo scrutinio originario.

     Se durante il periodo di sospensione o esclusione si siano svolti più scrutini di promozione, ai quali l'impiegato avrebbe potuto essere sottoposto, il Consiglio d'amministrazione deve valutare l'impiegato per ciascuno dei successivi scrutini, e stabilire in quale di questi avrebbe potuto essere promosso. La data di decorrenza della promozione è quella dello scrutinio per effetto del quale a giudizio del Consiglio d'amministrazione poteva conferirsi la promozione.

 

          Art. 86. Durata della sospensione cautelare.

     Qualora a seguito del procedimento disciplinare venga inflitta all'impiegato la sospensione dal grado, il periodo di sospensione cautelare deve essere computato nella sanzione.

     Se la sospensione dal grado viene inflitta per durata inferiore alla sospensione cautelare sofferta debbono essere corrisposti gli stipendi per il tempo eccedente la durata della punizione.

     Se viene inflitta una sanzione minore, debbono essere corrisposti all'impiegato gli stipendi non percepiti per effetto della sospensione.

     Se il procedimento si conclude con il proscioglimento dell'impiegato, la sospensione è revocata, e l'impiegato riacquista il diritto agli stipendi non percepiti.

     Sono dedotte in ogni caso le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare.

 

          Art. 87. Revoca della sospensione.

     Quando la sospensione cautelare sia stata disposta in pendenza del procedimento penale, e questo si concluda con sentenza di proscioglimento o di assoluzione pagata in giudicato perchè il fatto non sussiste o perchè l'impiegato non lo ha commesso, la sospensione è revocata e l'impiegato ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, escluse le indennità per i servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario, e salva deduzione dell'assegno alimentare eventualmente corrisposto.

     Se il procedimento penale si conclude con sentenza di proscioglimento o di assoluzione passata in giudicato per motivi diversi da quelli contemplati nel comma precedente, la sospensione può essere mantenuta qualora sia iniziato a carico dell'impiegato procedimento disciplinare.

     Il procedimento disciplinare deve avere inizio con la contestazione degli addebiti, entro 180 giorni dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza definitiva di proscioglimento o comunque non oltre 40 giorni dalla data in cui l'impiegato abbia notificato all'Amministrazione la sentenza stessa.

     La sospensione cessa se la contestazione degli addebiti non ha luogo entro il detto termine ed il procedimento disciplinare, per i fatti che formarono oggetto del procedimento penale, non può più essere iniziato.

     Qualora il procedimento disciplinare sia stato sospeso a seguito di denuncia all'autorità giudiziaria, la scadenza del termine predetto estingue altresì il procedimento disciplinare che non può più essere rinnovato.

 

          Art. 88. Sospensione dal grado a seguito di condanna penale.

     L'impiegato, condannato a pena detentiva con sentenza pagata in giudicato, qualora non venga destituito è sospeso dalla qualifica fino a che non abbia scontata la pena.

 

          Art. 89. Revoca di diritto della sospensione.

     Quando, a seguito del giudizio penale di revisione, l'impiegato, già condannato, sia stato assolto ai sensi dell'art. 566 del Codice di procedura penale, la sospensione inflitta ai sensi dell'articolo precedente è revocata di diritto, e si applicano le disposizioni dei precedenti articoli 84 e 85.

 

Capo III

PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

 

Sezione I

PROCEDIMENTO PER L'IRROGAZIONE DELLA CENSURA

 

          Art. 90. Censura.

     La censura è inflitta dal capo dell'ufficio che secondo l'ordinamento dell'Amministrazione centrale o delle circoscrizioni locali è preposto ad un ramo dell'Amministrazione.

     Ai capi di uffici locali, che dipendono direttamente dalla autorità centrale, la sanzione stessa è inflitta dal Ministro.

 

          Art. 91. Procedimento per la irrogazione della censura.

     Il superiore competente ad infliggere la censura contesta l'addebito per iscritto, nella forma prescritta dal successivo art. 94 assegnando all'impiegato un termine non maggiore di dieci giorni, per svolgere per iscritto le proprie giustificazioni.

     La sanzione deve essere motivata o comunicata all'impiegato per iscritto.

     Copia della comunicazione è immediatamente rimessa al capo del personale, insieme con le contestazioni e le giustificazioni.

 

          Art. 92. Ricorso gerarchico.

     Contro il provvedimento con cui viene inflitta la censura è ammesso ricorso gerarchico al Ministro, che provvede con decreto motivato.

 

Sezione II

PROCEDIMENTO PER L'IRROGAZIONE

DELLA DESTITUZIONE E DELLA SOSPENSIONE DAL GRADO

E DELLA RIDUZIONE DELLO STIPENDIO

 

          Art. 93. Accertamenti.

     Il capo del servizio che ha notizia di una infrazione disciplinare commessa da un dipendente, deve compiere sollecitamente gli accertamenti del caso, e, quando ritenga che sia da irrogare la sanzione più grave della censura, trasmette gli atti all'ufficio del personale.

     L'ufficio del personale che riceve la comunicazione o abbia comunque notizia di una infrazione disciplinare commessa da un impiegato, svolti gli accertamenti preliminari, gli contesta subito gli addebiti invitandolo a presentare le giustificazioni.

 

          Art. 94. Formalità per la contestazione.

     La comunicazione delle contestazioni deve risultare da dichiarazione dell'impiegato, scritta sul foglio contenente le contestazioni, copia del quale gli deve essere consegnata. L'eventuale rifiuto a rilasciare la dichiarazione predetta deve risultare da attestazione scritta del capo dell'ufficio.

     Qualora la consegna personale non sia possibile, la comunicazione delle contestazioni viene fatta mediante raccomandata con ricevuta di ritorno.

     Se le comunicazioni relative al procedimento disciplinare non possono effettuarsi nelle forme previste dai due comma precedenti, sono fatte mediante pubblicazione nell'albo dell'ufficio cui l'impiegato appartiene.

 

          Art. 95. Giustificazioni dell'impiegato.

     Le giustificazioni debbono essere presentate entro venti giorni dalla comunicazione delle contestazioni all'ufficio del personale. Possono essere presentate anche al capo dell'ufficio presso il quale l'impiegato presta servizio, che deve apporvi la data di presentazione e curarne l'immediata trasmissione all'ufficio del personale. In tal caso l'impiegato ha facoltà di consegnare in piego chiuso le giustificazioni, perchè siano così trasmesse all'ufficio del personale.

     Il termine della presentazione delle giustificazioni può essere prorogato per gravi motivi, e, per non più di altri quindici giorni, dal capo del personale.

 

          Art. 96. Archiviazione degli atti.

     Il capo del personale quando, in base alle indagini preliminari ed alle giustificazioni dell'impiegato, ritenga che non vi sia luogo a procedere disciplinarmente, ordina l'archiviazione degli atti, dandone comunicazione all'interessato.

     Qualora ritenga che l'infrazione sia punibile con la censura trasmette gli atti al capo del servizio competente perchè provveda alla irrogazione della punizione.

 

          Art. 97. Procedimento.

     Il capo del personale, quando attraverso le indagini preliminari e le giustificazioni dell'impiegato ritenga che possa applicarsi una sanzione più grave della censura e che il caso sia sufficientemente istruito, trasmette gli atti alla Commissione di disciplina, ai sensi e per gli effetti degli articoli 70 e seguenti, entro il quindicesimo giorno da quello in cui sono pervenute le giustificazioni.

     Se, invece, ritenga opportuno ulteriori indagini, nomina, entro il termine indicato nel comma precedente, un funzionario istruttore scegliendolo tra gli impiegati, di qualifica superiore a quella dell'impiegato.

     Quando la natura delle indagini investe l'esercizio di mansioni tecniche, proprie della carriera cui l'impiegato appartiene, il capo del personale può designare altresì un funzionario della carriera stessa, di qualifica o di anzianità superiore a quella dell'impiegato, per collaborare col funzionario istruttore, se questi appartenga a carriera diversa, nello svolgimento delle indagini con funzioni di consulente tecnico.

     La nomina a funzionario istruttore o a consulente non può essere affidata agli addetti ai Gabinetti e alle Segreterie particolari.

 

          Art. 98. Funzionario istruttore e consulente tecnico.

     Le nomine del funzionario istruttore e del consulente tecnico debbono essere comunicate all'impiegato entro cinque giorni.

     Valgono, per il funzionario istruttore e il consulente le norme circa la astensione e la ricusazione dei componenti delle commissioni di disciplina.

     L'istanza di ricusazione è prorogata per iscritto al capo del personale, che decide in via definitiva, sentito il funzionario ricusato, anche sull'opportunità di rinnovare gli atti istruttori già compiuti.

     Il provvedimento che respinge l'istanza di ricusazione può essere impugnato soltanto insieme con il provvedimento che infligge la punizione disciplinare.

     La mancata proposizione della ricusazione non preclude la facoltà di far valere, in tale sede, i vizi del provvedimento derivanti dall'incompatibilità del funzionario istruttore o del consulente.

 

          Art. 99. Facoltà del funzionario istruttore e del consulente.

     Il funzionario istruttore, nel corso delle indagini, può sentire senza giuramento testimoni e periti, compresi quelli indicati dall'impiegato; può avvalersi a tale scopo della cooperazione di altri uffici della stessa o di altre Amministrazioni.

     Il consulente, oltre a svolgere le particolari indagini affidategli dall'istruttore, ha facoltà di assistere alla assunzione di ogni mezzo di prova e di proporre al funzionario istruttore domande da rivolgersi ai testimoni ed ai periti.

 

          Art. 100. Termini per l'espletamento dell'inchiesta.

     L'inchiesta disciplinare deve essere conclusa entro novanta giorni dalla nomina del funzionario istruttore. Per gravi motivi, il funzionario istruttore, prima della scadenza del detto termine, può chiedere al capo del personale la proroga del termine, per non oltre novanta giorni.

     Il funzionario istruttore e il consulente che, nel corso delle indagini, siano collocati a riposo, le proseguono fino al loro compimento.

     Essi possono essere sostituiti, con decreto motivato del Ministro, per destinazione, con il loro consenso, ad altro ruolo che sia incompatibile con le funzioni di istruttore o di consulente o che, per gravi esigenze di servizio, sia inconciliabile con lo svolgimento di tali funzioni.

     Il provvedimento di sostituzione del funzionario istruttore può essere impugnato dall'impiegato soltanto insieme con il provvedimento che infligge la punizione.

 

          Art. 101. Atti preliminari al giudizio disciplinare.

     Terminate le indagini, e comunque entro il termine originario o prorogato di cui all'articolo precedente, il funzionario istruttore riunisce gli atti in fascicoli, numerandoli progressivamente in ordine cronologico ed apponendo su ciascun foglio la propria firma; correda il fascicolo di un indice da lui sottoscritto, e rimette il fascicolo stesso, entro dieci giorni dalla data dell'ultimo atto compiuto, al capo del personale che lo trasmette, con le eventuali osservazioni, nei dieci giorni successivi alla Commissione di disciplina.

     Entro dieci giorni successivi a quello in cui gli atti sono pervenuti, il segretario della Commissione dà avviso all'impiegato nelle forme previste dall'art. 94 che nei venti giorni successivi egli ha facoltà di prendere visione di tutti gli atti del procedimento e di estrarne copia.

     Trascorso tale termine il presidente della Commissione stabilisce la data della trattazione orale, che deve aver luogo entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma precedente e, quando non ritenga di riferire personalmente, nomina un relatore fra i membri della Commissione.

     La data della seduta fissata per la trattazione orale deve essere comunicata dal segretario all'ufficio del personale, e, nelle forme previste dall'art. 94 all'impiegato, almeno venti giorni prima, con avvertenza che egli ha facoltà di intervenirvi per svolgere oralmente le proprie difese, e di far pervenire alla Commissione, almeno cinque giorni prima della seduta eventuali scritti o memorie difensive.

     Non possono partecipare alla deliberazione i membri della Commissione, che abbiano riferito all'ufficio del personale o svolto indagini ai sensi dell'art. 93 o che abbiano partecipato come funzionari istruttori o consulenti, all'inchiesta.

 

          Art. 102. Deliberazione della Commissione di disciplina.

     Nella seduta fissata per la trattazione orale, il relatore riferisce, in presenza dell'impiegato, senza prendere conclusioni in merito al provvedimento da adottare.

     L'impiegato può svolgere oralmente la propria difesa ed ha per ultimo la parola. Il presidente o, previa sua autorizzazione, i componenti della Commissione, possono rivolgergli domande in merito ai fatti ed alle circostanze che risultano dagli atti del procedimento, o chiedergli chiarimenti in merito agli assunti difensivi.

     Alla seduta può intervenire il capo del personale o un funzionario da lui delegato.

     Della trattazione orale si forma verbale, che viene sottoscritto dal segretario, e vistato dal presidente.

     Chiusa la trattazione orale, e ritiratisi il capo del personale, l'impiegato ed il segretario, la Commissione, intese le osservazioni e le conclusioni del relatore, delibera a maggioranza di voti, osservate lo norme stabilite dall'art. 473 del Codice di procedura penale.

 

          Art. 103. Poteri delle Commissioni di disciplina.

     Se il procedimento e stato rimesso alla Commissione ai sensi del primo comma dell'art. 97, e la Commissione ritenga necessarie ulteriori indagini, può con ordinanza rinviare gli atti all'ufficio del personale, perchè provveda ai sensi del secondo comma dell'art. 97.

     Se il procedimento è stato rimesso alla Commissione, ai sensi del primo comma dell'art. 101, la Commissione, che ritenga necessarie ulteriori indagini, può con ordinanza rinviare gli atti all'ufficio del personale, indicando quali sono i fatti e le circostanze da chiarire e quali le prove da assumere, e richiedendo, se del caso, la nomina del consulente previsto dal terzo comma dell'art. 97. La Commissione assegna il termine entro il quale il funzionario istruttore deve espletare le ulteriori indagini, e restituire gli atti alla Commissione ai sensi e per gli effetti dell'art. 101. Il termine può essere prorogato, per gravi motivi, dal presidente della Commissione.

     La Commissione può sempre assumere direttamente qualsiasi mezzo di prova, nel quale caso, stabilisce con ordinanza la seduta, dando avviso, nelle forme e coi termini di cui al quarto comma dell'art. 101, all'impiegato, che può assistervi e svolgere le proprie deduzioni.

 

          Art. 104. Decisione della Commissione di disciplina.

     Se la Commissione ritiene che nessun addebito possa muoversi all'impiegato, lo dichiara nella deliberazione.

     Se la Commissione ritiene che gli addebiti siano in tutto o in parte sussistenti, propone la sanzione da applicare.

     La deliberazione motivata viene estesa dal relatore, o da altro componente della commissione, ed è firmata dal presidente, dall'estensore e dal segretario.

     Copia della deliberazione, con gli atti del procedimento e copia del verbale della trattazione orale, viene trasmessa, entro venti giorni dalla deliberazione, all'ufficio del personale.

     Il Ministro provvede con decreto motivato a dichiarare prosciolto l'impiegato da ogni addebito o ad infiggere la sanzione in conformità della deliberazione della Commissione, salvo che egli non ritenga di disporre in modo più favorevole all'impiegato.

     Il decreto deve essere comunicato all'impiegato entro dieci giorni dalla sua data, nei modi previsti dall'articolo 94.

 

          Art. 105. Rinvio della decisione.

     Quando la trattazione orale non possa essere esaurita in una sola seduta, o nell'intervallo si sia fatto luogo alla rinnovazione totale o parziale dei componenti della Commissione, la trattazione continua innanzi alla Commissione quale era originariamente costituita, fino alla deliberazione prevista dall'art. 102.

     Se però la Commissione abbia provveduto con ordinanza, ai sensi del primo e del secondo comma dell'art. 103, la trattazione orale in esito all'espletamento delle ulteriori indagini, è rinnovata, con la osservanza delle disposizioni degli articoli 101 e 102, dinnanzi alla Commissione, quale è costituita al momento in cui si fa luogo alla rinnovazione.

     Qualora, iniziata la trattazione orale, sopravvenga una causa di incompatibilità, di ricusazione o di astensione del presidente o di uno dei membri, ovvero taluno di costoro, per impedimento fisico, non sia più in grado di intervenire, la trattazione orale dove essere rinnovata, con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 101 e 102.

 

          Art. 106. Rimborso spese all'impiegato prosciolto.

     L'impiegato prosciolto ha diritto al rimborso delle spese di viaggio sostenute per comparire innanzi alla Commissione ed alle relative indennità di missione.

     Può chiedere, altresì, che gli sia corrisposto il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno per il tempo strettamente indispensabile per prendere visione degli atti del procedimento ed estrarne copia. Il rimborso è dovuto nella misura prevista dalla legge per l'indennità di missione.

     La domanda prevista dal comma precedente deve essere proposta entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto che proscioglie l'impiegato da ogni addebito, e su di essa provvede il capo del personale.

 

          Art. 107. Sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del giudizio penale.

     Qualora per il fatto addebitato all'impiegato sia stata iniziata l'azione penale, il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale e, se già iniziato, deve essere sospeso.

 

          Art. 108. Rapporti tra giudizio disciplinare e cessazione del rapporto di impiego.

     Qualora nel corso del procedimento disciplinare, il rapporto di impiego dell'impiegato cessi anche per dimissioni volontarie o per collocamento a riposo a domanda il procedimento stesso prosegue agli effetti dell'eventuale trattamento di quiescenza e previdenza.

 

          Art. 109. Rapporto tra procedimento disciplinare e giudicato amministrativo.

     Quando il decreto del Ministro, che infligge la sanzione disciplinare, sia annullato per l'accoglimento di ricorso giurisdizionale o straordinario, e la decisione non escluda la facoltà dell'Amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento, il nuovo procedimento deve essere iniziato a partire dal primo degli atti annullati, entro 90 giorni dalla data in cui sia pervenuta al Ministero la comunicazione della decisione giurisdizionale ai sensi dell'art. 87 comma primo del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ovvero dalla data di registrazione alla Corte dei conti del decreto che accoglie il ricorso straordinario e comunque entro trenta giorni dalla data in cui l'impiegato abbia notificato al Ministero la decisione giurisdizionale o lo abbia costituito in mora per la esecuzione del decreto che accoglie il ricorso straordinario.

     Decorso tale termine il procedimento disciplinare non può essere rinnovato.

 

          Art. 110. Estinzione del procedimento.

     Il procedimento disciplinare si estingue, quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto, senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto.

     Il procedimento disciplinare estinto non può essere rinnovato.

     L'estinzione determina altresì la revoca della sospensione cautelare e dell'esclusione dagli esami e dagli scrutini, con gli effetti previsti dagli articoli 84 e 85.

     Nello stato matricolare dell'impiegato non deve essere fatta menzione del procedimento disciplinare estinto.

 

          Art. 111. Riapertura del procedimento.

     Il procedimento disciplinare può essere riaperto, se l'impiegato cui fu inflitta la sanzione, ovvero la vedova o i figli minorenni, che possono avere diritto al trattamento di quiescenza, adducano nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall'addebito.

     La riapertura del procedimento è disposta dal Ministro, su relazione dell'ufficio del personale, ed il nuovo procedimento si svolge nelle forme previste dagli articoli 94 e seguenti.

     Qualora il Ministro non ritenga di disporre la riapertura del procedimento, provvede con decreto motivato, sentito il Consiglio di amministrazione.

 

          Art. 112. Effetti della riapertura del procedimento.

     Nel caso previsto al primo comma dall'articolo precedente la riapertura del procedimento sospende gli effetti della sanzione già inflitta.

     All'impiegato già punito, a favore del quale sia stata concessa su richiesta di lui o della vedova o dei figli minorenni la riapertura del procedimento disciplinare, non può essere inflitta una sanzione più grave dl quella già applicata.

     Qualora egli venga prosciolto, o sia ritenuto passibile di una sanzione meno grave, devono essergli restituiti, in tutto o in parte, gli assegni, escluse le indennità per i servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario, non percepiti, salva deduzione dell'eventuale assegno alimentare. Questa norma vale anche nel caso in cui la riapertura del procedimento sia stata domandata dalla vedova o dai figli minorenni.

 

          Art. 113. Esonero del direttore generale.

     Nel procedimento disciplinare a carico di impiegati con qualifica non inferiore a direttore generale la contestazione degli addebiti viene fatta con atto del Ministro, al quale debbono essere dirette le giustificazioni dell'impiegato.

     Si osservano le disposizioni degli articoli 94 e 95.

     Il Ministro qualora non accolga le giustificazioni riferisce al Consiglio dei Ministri il quale delibera sulla incompatibilità del funzionario ad essere mantenuto in servizio e sul diritto al trattamento di quiescenza e previdenza.

     Gli impiegati di cui al primo comma, riconosciuti incompatibili, sono dispensati dal servizio con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro competente.

 

Titolo VII

CESSAZIONE DEL RAPPORTO D'IMPIEGO

RIAMISSIONE IN SERVIZIO

 

Capo I

DIMISSIONI E COLLOCAMENTO A RIPOSO

 

          Art. 114. Dimissioni.

     L'impiegato può in qualunque tempo dimettersi dall'ufficio.

     Le dimissioni debbono essere presentate per iscritto.

     L'impiegato che ha presentato le dimissioni deve proseguire nell'adempimento dei doveri d'ufficio finchè non gli venga comunicata l'accettazione delle dimissioni.

     L'accettazione può essere rifiutata o ritardata per motivi di servizio previo parere del Consiglio di amministrazione o quando sia in corso procedimento disciplinare a carico dell'impiegato.

     Agli effetti del comma precedente, s'intende che sia in corso procedimento disciplinare, se al momento della presentazione delle dimissioni abbia avuto luogo la sospensione cautelare, non ancora seguita dalla contestazione degli addebiti, ovvero se la sospensione cautelare sia stata disposta in attesa della definizione del procedimento penale a carico dell'impiegato.

     Se al momento in cui l'impiegato non sospeso cautelarmente presenta le dimissioni, siano stati iniziati gli accertamenti disciplinari preliminari, la contestazione degli addebiti deve seguire entro trenta giorni dalla data di presentazione delle dimissioni, ed in mancanza della contestazione entro tale termine, le dimissioni debbono essere accettate.

 

          Art. 115. Trattamento di quiescenza.

     L'impiegato dimissionario consegue il diritto alla pensione qualora abbia raggiunto un'età non inferiore a quella prevista per il collocamento a riposo ridotta di cinque anni e conti almeno venti anni di servizio effettivo, oppure, a qualunque età, qualora abbia prestato almeno venticinque anni di servizio effettivo. Negli altri casi l'impiegato dimissionario ha diritto all'indennità per una sola volta in luogo di pensione, nella misura prevista dalle vigenti disposizioni, purchè abbia prestato almeno un anno intero di servizio effettivo.

 

          Art. 116. Dimissioni per matrimonio.

     Le impiegate che abbiano contratto matrimonio possono presentare le dimissioni con il diritto al trattamento di quiescenza eventualmente spettante alla data di risoluzione del rapporto d'impiego, secondo le disposizioni sulle pensioni di cui al testo unico 21 febbraio 1895, n. 70, e successive modificazioni.

     Ai fini del compimento dell'anzianità minima richiesta per la maturazione del diritto alla pensione, è concessa alle impiegate predette un aumento del servizio utile fino al massimo di cinque anni.

 

          Art. 117. Collocamento a riposo.

     Il rapporto d'impiego, oltre che negli altri casi previsti dal presente decreto, cessa con il collocamento a riposo, d'ufficio o a domanda, secondo le disposizioni di cui al testo unico 21 febbraio 1895, n. 70, e successive modificazioni.

 

Capo II

DECADENZA DALL'IMPIEGO

 

          Art. 118. Decadenza.

     Oltre al caso previsto dal precedente art. 53, l'impiegato incorre nella decadenza dall'impiego:

     a) quando perda la cittadinanza italiana;

     b) quando accetti una missione o altro incarico da una autorità straniera senza autorizzazione del Ministro competente;

     c) quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall'ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni, ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più breve;

     d) quando sia accertato che l'impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile.

     La decadenza di cui alle lettere c) e d) è disposta sentito il Consiglio di amministrazione.

 

          Art. 119. Effetti della decadenza.

     La decadenza non comporta la perdita del diritto al trattamento di quiescenza secondo le norme vigenti qualora non derivi da perdita della cittadinanza.

     L'impiegato decaduto ai sensi della lettera d dell'articolo precedente non può concorrere ad altro impiego nell'Amministrazione dello Stato.

 

Capo III

DISPENSA DAL SERVIZIO

 

          Art. 120. Dispensa.

     Può essere dispensato dal servizio l'impiegato divenuto inabile per motivi di salute, salvo che non sia diversamente utilizzato ai sensi del precedente art. 61, nonchè quello che abbia dato prova di incapacità o di persistente insufficiente rendimento.

     E' considerato di insufficiente rendimento l'impiegato che, previamente ammonito, riporti al termine dell'anno nel quale è stato richiamato una qualifica inferiore al buono.

     All'impiegato proposto per la dispensa dal servizio è assegnato un termine per presentare, ove creda, le proprie osservazioni.

     L'impiegato può chiedere di essere sentito personalmente dal Consiglio di amministrazione.

     La dispensa è disposta con decreto motivato del Ministro, sentito il Consiglio di amministrazione.

     E' fatto in ogni caso salvo il diritto al trattamento di quiescenza e previdenza spettante secondo le disposizioni vigenti.

 

          Art. 121. Accertamento sanitario per la dispensa.

     Quando la dispensa debba avvenire per motivi di salute, si procede all'accertamento delle condizioni di salute dell'impiegato mediante visita medica collegiale.

     L'impiegato ha diritto di farsi assistere da un medico di propria fiducia.

 

Capo IV

RIAMMISSIONE IN SERVIZIO

 

          Art. 122. Riammissione.

     L'impiegato di grado inferiore a direttore generale cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo, o per decadenza dall'impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell'art. 118, può essere riammesso in servizio, inteso il parere del Consiglio di amministrazione.

     Può essere riammessa in servizio l'impiegata dichiarata decaduta ai sensi della lettera a) dall'art. 118, quando la perdita della cittadinanza italiana si sia verificata a seguito di matrimonio contratto con cittadino straniero, e l'impiegata abbia riacquistata la cittadinanza italiana per effetto dell'annullamento o scioglimento del matrimonio.

     L'impiegato riammesso è collocato nel ruolo e nel grado cui apparteneva al momento della cessazione dal servizio, con decorrenza di anzianità nel grado dalla data del provvedimento di riammissione.

     La riammissione in servizio e subordinata alla vacanza del posto, e non può avere luogo, se la cessazione dal servizio avvenne in applicazione di provvedimenti di carattere transitorio eccezionale.

 

Titolo VIII

DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PERSONALE AUSILIARIO

 

          Art. 123. Personale ausiliario.

     Al personale ausiliario si applicano le disposizioni dei titoli precedenti in quanto non sia diversamente provveduto dai seguenti articoli.

 

          Art. 124. Uniforme.

     Il personale ausiliario è tenuto a portare l'uniforme secondo le disposizioni stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

     La spesa dell'uniforme e del corredo relativo, determinato con le stesse modalità di cui al precedente comma, è a carico dell'Amministrazione.

     Per speciali esigenze di servizio e per determinate mansioni può essere concesso, sentito il Ministro per le finanze, l'uso gratuito dell'alloggio.

 

          Art. 125. Sanzioni pecuniarie.

     Salva l'applicazione delle sanzioni previste dalle disposizioni del titolo VI, al personale ausiliario può essere inflitta, dal capo dell'ufficio dal quale dipende, la punizione della pena pecuniaria, determinata in misura non eccedente una giornata di stipendio, per una delle seguenti infrazioni:

     a) mancanza di decoro nella persona;

     b) trascuratezza nella pulizia dei locali e dei mobili, o nella conservazione della divisa o degli oggetti di corredo forniti dall'Amministrazione;

     c) negligenza nel vigilare sulla conservazione dei locali, degli incartamenti e dei beni mobili ivi esistenti, ovvero del materiale affidato.

     Durante l'anno, l'importo complessivo di più pene pecuniarie non può eccedere mezza mensilità di stipendio.

     Della pena pecuniaria di cui al presente articolo non si fa menzione nel foglio matricolare.

 

          Art. 126. Consiglio di amministrazione per il personale ausiliario.

     Il Consiglio di amministrazione per il personale ausiliario è composto dal capo del personale, che lo presiede, e da due impiegati con qualifica non inferiore a direttore di sezione, e da un rappresentante del personale ausiliario, con qualifica non inferiore a commesso nominato dal Ministro.

     Le funzioni di segretario sono esercitate da un impiegato con qualifica non superiore a direttore di sezione.

 

Titolo IX

ORGANI COLLEGIALI DELL'AMMINISTRAZIONE

PER IL FUNZIONAMENTO DEI SERVIZI E L'ORDINAMENTO DEL PERSONALE

 

Capo I

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

 

          Art. 127. Istituzione.

     Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Consiglio superiore della pubblica amministrazione.

 

          Art. 128. Composizione.

     Il Consiglio, distinto in due sezioni, è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato e si compone di membri ordinari e di membri straordinari.

 

          Art. 129. Nomina dei membri ordinari.

     I membri ordinari del Consiglio superiore della pubblica amministrazione sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei Ministri.

     Sono membri ordinari:

     a) il ragioniere generale dello Stato;

     b) due magistrati del Consiglio di Stato e due della Corte dei conti con qualifica non inferiore a consigliere, designati dai rispettivi Presidenti;

     c) quattro funzionari designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri con qualifica non inferiore a ispettore generale o equiparato, di cui almeno due preposti ad uffici periferici;

     d) un direttore generale per ciascun Ministero designato dal rispettivo Ministro;

     e) due sostituti avvocati generali dello Stato designati dall'Avvocato generale;

     f) due professori ordinari di Università designati dal Ministro per la pubblica istruzione;

     g) quindici dipendenti dello Stato di cui tre delle carriere direttive, amministrative e tecniche, tre del personale di concetto, tre del personale esecutivo, tre del personale ausiliario e tre del personale salariato eletti dagli appartenenti alle rispettive carriere con sistema maggioritario mediante votazione di due candidati.

     I membri ordinari del Consiglio superiore della pubblica amministrazione, ad eccezione di quello di cui alla lettera a) dell'articolo precedente, permangono in carica tre anni e possono essere confermati.

     Il Consiglio elegge in adunanza generale due presidenti di sezione da scegliersi tra i membri ordinari di cui alle lettere b),c) e d).

 

          Art. 130. Guarentigie.

     I membri ordinari, durante l'esercizio di tale loro ufficio, possono essere collocati a riposo solo a loro domanda o per il raggiungimento dei limiti massimi di età o di servizio.

     Gli stessi non possono essere collocati di ufficio in aspettativa o a riposo per infermità, nè sottoposti a procedimento disciplinare, se non previo parere favorevole del Consiglio superiore della pubblica amministrazione. Tale parere è altresì necessario perchè possa iniziarsi, dopo la cessazione dalla carica, procedimento per addebiti relativi all'esercizio di questa o ad essa connessi.

     I membri di cui al primo comma del precedente articolo durante lo stesso periodo, non possono essere trasferiti, se non a loro domanda o con il loro consenso, a sede di servizio diversa da quella in cui si trovano assegnati al momento della nomina.

 

          Art. 131. Membri straordinari.

     Sono membri straordinari del Consiglio superiore della pubblica amministrazione e partecipano alle sue adunanze con voto deliberativo:

     a) il Capo dello Stato maggiore della difesa per le materie concernenti la militarizzazione del personale civile, il riconoscimento di benefici al personale civile, in rapporto ai servizi ed alle benemerenze di guerra, la ammissione ad impieghi civili dei sottufficiali delle Forze armate;

     b) il Presidente del Consiglio dei lavori pubblici, per le materie concernenti problemi tecnico-costruttivi riguardanti la sistemazione di uffici e servizi statali;

     c) il Presidente del Consiglio superiore di sanità, quando si tratti di problemi igienico-sanitari relativi alla sistemazione degli uffici, alla loro dislocazione territoriale, alle condizioni in cui deve svolgersi il lavoro del personale, alle cautele particolari da adottarsi in caso di epidemia;

     d) il Vice presidente del Consiglio superiore della pubblica istruzione, per gli affari concernenti il personale insegnante d'ogni ordine e grado, ed in genere per i problemi che interferiscono con l'organizzazione degli studi;

     e) il Capo della polizia, il Comandante dell'Arma dei carabinieri, il Comandante generale della Guardia di finanza, in tutti i casi in cui occorra disciplinare la collaborazione o partecipazione delle Forze di polizia a servizi amministrativi;

     f) il Presidente dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali (E.N.P.A.S.) per i problemi attinenti alla previdenza ed assistenza;

     g) il Direttore generale degli Istituti di prevenzione e pena per gli affari attinenti all'ordinamento del personale addetto a tali servizi;

     h) i direttori generali delle Amministrazioni autonome dello Stato, qualora non facciano parte come membri ordinari, per gli affari attinenti agli ordinamenti particolari delle amministrazioni stesse.

 

          Art. 132. Attribuzioni del Consiglio superiore della pubblica amministrazione.

     Il Consiglio superiore della pubblica amministrazione è organo di consulenza del Governo, sulle questioni comuni a tutti i rami dell'Amministrazione dello Stato, in materia di ordinamento del personale civile, organizzazione, funzionamento e perfezionamento tecnico dei servizi.

     Il Consiglio superiore è sentito in tutte le questioni di massima concernenti lo stato giuridico e il trattamento economico del personale civile dello Stato, nonchè l'organizzazione e il funzionamento della pubblica Amministrazione. Può essere sentito altresì su ogni questione comune interessante l'Amministrazione dello Stato.

     Il Consiglio superiore è convocato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che ne richiede il parere di propria iniziativa o su richiesta dei Ministri interessati.

     Il Governo può affidare al Consiglio superiore della pubblica amministrazione, nelle materie predette, lo studio di particolari questioni e la formulazione di proposte.

 

          Art. 133. Sezioni.

     Il Presidente del Consiglio, con proprio decreto, stabilisce entro il mese di gennaio di ogni anno la destinazione dei membri del Consiglio superiore a ciascuna sezione, nonchè la ripartizione fra queste degli affari di competenza del Consiglio stesso.

     E' però, in facoltà del Presidente del Consiglio superiore deferire alle Sezioni riunite in adunanza generale gli affari di particolare importanza.

 

          Art. 134. Segreteria.

     Il segretario del Consiglio superiore della pubblica amministrazione è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto col Ministro preposto all'Amministrazione cui l'impiegato appartiene, ed è scelto tra gli impiegati delle amministrazioni dello Stato con qualifica non inferiore a direttore di divisione.

     Con le stesse modalità di cui al comma precedente sono nominati due segretari di sezione scelti tra gli impiegati delle Amministrazioni dello Stato.

     Il segretario del Consiglio ed i segretari di seziono sono collocati nella posizione di fuori ruolo.

     All'ufficio di segreteria sono comandati impiegati dello Stato contro i limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro per il tesoro.

 

          Art. 135. Adunanze.

     Il Presidente del Consiglio superiore della pubblica amministrazione distribuisce i singoli affari tra le Sezioni, secondo la competenza ad esso attribuite a norma del precedente art. 133.

     Il presidente di sezione nomina il relatore tra i membri ordinari e fissa l'adunanza per la discussione.

     Le adunanze generali sono convocate e presieduto dal Presidente del Consiglio e vi assiste il segretario del Consiglio.

     Le deliberazioni dell'adunanza generale sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà dei membri ordinari del Consiglio superiore.

     Le deliberazioni di ciascuna sezione cono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà dei propri membri ordinari.

 

          Art. 136. Soppressione della Commissione per l'avventiziato.

     La Commissione centrale per l'avventiziato istituita ai sensi della legge 4 aprile 1947, n. 207, è soppressa e le relative attribuzioni sono devolute alla competente sezione del Consiglio superiore della pubblica amministrazione.

 

Capo II

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

 

          Art. 137. Composizione e competenza.

     Presso ciascun Ministero è costituito un Consiglio di amministrazione, presieduto dal Ministro o, per sua delega, da un Sottosegretario di Stato o dall'impiegato con qualifica più elevata; è composto dai direttori generali o da chi ne fa le veci, secondo i rispettivi ordinamenti, nei casi di assenza, di legittimo impedimento dei titolari o di vacanza dei relativi posti, nonchè da due rappresentanti del personale scelti dagli altri membri del Consiglio di amministrazione e nominati dal Ministro.

     Il Consiglio di amministrazione esercita le attribuzioni stabilite dalla legge in materia di personale ed esprime il proprio avviso sul coordinamento dell'attività dei singoli uffici e sulle misure idonee ad evitare interferenze o duplicazioni e ad ottenere l'efficienza, la tempestività, e la semplificazione dell'azione amministrativa nonchè su tutte le altre questioni sulle quali il Ministro ritenga di sentirlo.

     Quando il Consiglio si è pronunciato, il suo parere e unito alle proposte dei capi degli uffici negli affari per i quali occorre la decisione del Ministro.

     Nelle Amministrazioni civili il Consiglio viene altresì sentito, con la partecipazione del direttore della Ragioneria centrale competente sulle proposte annuali relative allo stato di previsione della spesa.

     Per gli impiegati con qualifica non inferiore a direttore generale le attribuzioni del Consiglio di amministrazione sono esercitate dal Consiglio dei Ministri.

     Per i personali regolati da disposizioni speciali il Consiglio è costituito nei modi previsti dai rispettivi ordinamenti, ferma l'applicazione delle norme del presente articolo in quanto gli ordinamenti medesimi non stabiliscono diversamente.

 

          Art. 138. Adunanze del Consiglio di amministrazione.

     Il Consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta al mese; almeno ogni trimestre delibera sul conferimento in tutto o in parte dei posti disponibili per promozioni e, in caso affermativo, procede agli scrutini.

     Per la validità delle deliberazioni del Consiglio di amministrazione è necessaria la presenza di almeno due terzi dei componenti, e, in ogni caso, di non meno di tre membri.

     Le deliberazioni si adottano a maggioranza assoluta di voti; in caso di parità, prevale il voto del presidente.

     Le funzioni di segretario del Consiglio di amministrazione sono disimpegnate da un impiegato dell'ufficio del personale che rivesta qualifica non inferiore a quella di direttore di sezione.

 

Capo III

COMMISSIONE DI DISCIPLINA

 

          Art. 139. Commissione di disciplina.

     All'inizio di ogni biennio è costituita, con decreto Ministeriale, una Commissione di disciplina presso ciascuna Amministrazione centrale.

     La Commissione è composta da un direttore generale, presidente, e da due impiegati con qualifica di ispettore generale.

     Le funzioni di segretario sono esercitate da un impiegato della carriera direttiva con qualifica non inferiore a direttore di sezione.

     Per ogni componente della Commissione e per il segretario è nominato un supplente con qualifica identica a quella del titolare.

     Per la validità delle riunioni è necessaria la presenza di tutti i componenti.

     Nessuno può far parte della Commissione per più di quattro anni consecutivi.

 

          Art. 140. Ricusazione del giudice disciplinare.

     I membri della Commissione di disciplina possono essere ricusati nelle ipotesi previste dall'art. 64 del Codice di procedura penale, con dichiarazione notificata dal giudicabile, comunicata al presidente della Commissione prima dell'adunanza, o inserita nel verbale della seduta in cui il giudicabile sia personalmente comparso.

     Sulla istanza di ricusazione decide in via definitiva il presidente, sentito il ricusato. Se sia stato ricusato il presidente, questi trasmette al Ministro la dichiarazione, con le proposte controdeduzioni, e decide definitivamente il Ministro stesso.

     Il provvedimento che respinge l'istanza di ricusazione può essere impugnato soltanto insieme col provvedimento che infligge la punizione.

     Il presidente e il membro della Commissione ricusabili a termine del secondo comma di questo articolo hanno il dovere di astenersi, anche quando non sia stata proposta l'istanza di ricusazione.

     I vizi della composizione della Commissione di disciplina possono essere denunciati col ricorso contro il provvedimento definitivo che infligge la sanzione disciplinare, anche se il giudicabile non li abbia rilevati in precedenza.

 

Titolo X

FORMAZIONE E PERFEZIONAMENTO DEL PERSONALE

Scuola superiore della pubblica amministrazione

 

          Art. 141. Istituzione e finalità.

     E' istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri la Scuola superiore della pubblica amministrazione, con il compito di attuare corsi di preparazione, di formazione per impiegati in prova, di aggiornamento per gli impiegati dei gradi inferiori a direttore di sezione o equiparato, di perfezionamento per i direttori di sezione ed equiparati, di integrazione per il passaggio, nei casi previsti dalla legge, dalla carriera di concetto a quella direttiva degli impiegati non provvisti del diploma di laurea, di specializzazione scientifica e di qualificazione tecnica per i servizi propri di ciascuna carriera e Amministrazione.

     La Scuola promuove e compie studi per il miglioramento tecnico amministrativo delle amministrazioni dello Stato, organizza presso ciascuna di esse corsi dalla stessa richiesti, sovrintende agli istituti, scuole e corsi eventualmente organizzati presso le singole Amministrazioni e ne coordina le attività.

     Per il raggiungimento degli scopi di cui ai precedenti commi, la scuola può anche avvalersi delle Università, dei Ministeri, degli Enti pubblici, degli Istituti ed Enti culturali.

 

          Art. 142. Ordinamento.

     Per l'insegnamento e per le attività di studio si provvede mediante professori titolari di Università e impiegati dello Stato, comandati presso la Scuola. Inoltre possono essere affidati incarichi di insegnamento o di studio, secondo le norme di legge per il conferimento di incarichi e supplenze.

     L'ammissione ai corsi per il personale avviene su domanda dell'interessato in relazione all'anzianità di grado ed alle qualifiche riportate. La frequenza ai corsi può, però, essere obbligatoria.

     L'esito favorevole degli esami per ogni tipo di corso indicato nell'articolo precedente costituisce titolo di merito per conseguire la promozione, sia per esame che per scrutinio, alle qualifiche superiori.

     Con decreto del Capo dello Stato, su Proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per il tesoro e con il Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio dei Ministri ed il Consiglio di Stato, saranno stabiliti gli organi direttivi ed esecutivi, l'ordinamento didattico ed amministrativo, l'organizzazione ed il funzionamento della Scuola nonchè le norme di attuazione delle disposizioni del presente titolo.

 

Titolo XI

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

 

          Art. 143. Albo.

     Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito un albo dei dipendenti civili dello Stato, alla cui tenuta provvede l'ufficio di segreteria del Consiglio.

     All'atto dell'assunzione di ogni impiegato civile o salariato dello Stato, anche da parte delle Amministrazioni autonome, l'ufficio che vi provvede deve farne segnalazione, con la indicazione del titolo dell'assunzione, alla segreteria del Consiglio superiore che, provveduto alla iscrizione all'albo del dipendente assunto, ne trasmette il numero di iscrizione all'ufficio predetto, dandone contemporaneamente comunicazione, con gli estremi del titolo di assunzione, alla Ragioneria centrale competente ed alla Corte dei conti.

     Debbono essere altresì comunicati alla segreteria del Consiglio superiore i nomi di tutti gli impiegati e salariati che cessano dal servizio per qualunque causa.

     L'albo è suddiviso in cinque quadri corrispondenti rispettivamente alle diverse carriere degli impiegati e ai salariati dello Stato.

     Ciascun quadro si suddivide in sezioni distinte per le diverse Amministrazioni centrali da cui gli impiegati e i salariati dipendono.

     In ciascun quadro si inseriscono i numeri di iscrizione all'albo, progressivamente attribuiti ai dipendenti predetti.

     I numeri di iscrizione, già appartenenti agli impiegati o salariati cessati dal servizio, devono essere attribuiti ai nuovi assunti.

     Gli atti concernenti la destinazione di servizio degli impiegati e salariati previsti dai commi precedenti nonchè i relativi titoli di pagamento degli assegni ad essi spettanti non possono aver corso se non risulti da essi anche il numero di iscrizione all'albo dei dipendenti predetti.

     Per gli impiegati civili e i salariati già in servizio all'entrata in vigore del Presente decreto gli uffici competenti anche delle Amministrazioni autonome faranno alla segreteria del Consiglio superiore della pubblica amministrazione le segnalazioni previste dai commi precedenti entro sei mesi dall'istituzione dell'albo.

     Le segnalazioni predette saranno fatte mediante elenchi distinti per le carriere degli impiegati e per la categoria dei salariati.

     Con apposito regolamento saranno emanate le norme eventualmente necessarie per l'attuazione dell'albo.

 

          Art. 144. Infrazioni disciplinari commesse prima dell'entrata in vigore del presente decreto.

     Alle infrazioni disciplinari, commesse prima della entrata in vigore del presente decreto, si applicano le sanzioni previste dal regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2960. Se il presente decreto prevede una sanzione meno grave, si applica la norma più favorevole all'impiegato.

     Qualora l'infrazione consista in un comportamento o in una pluralità di fatti connessi, in parte anteriori e in parte successivi all'entrata in vigore del presente decreto, per i quali debba essere applicata una sola sanzione, si applica in ogni caso la norma più favorevole all'impiegato.

 

          Art. 145. Procedimenti già trasmessi alle Commissioni di disciplina.

     I procedimenti disciplinari, già trasmessi alle Commissioni di disciplina ai sensi dell'art. 69, ultimo comma, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2960, e dei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata fissata nei modi previsti dall'art. 73 dello stesso regio decreto, la trattazione orale, proseguiranno innanzi alle Commissioni predette, sulle cui deliberazioni, adottate ai sensi dell'art. 74 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2960, il Ministro provvederà ai sensi dell'art. 104, quinto comma, del presente decreto.

     I procedimenti disciplinari dei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sia stata ancora fissata la trattazione orale, debbono essere trasmessi alle Commissioni di cui all'art. 139 del presente decreto.

     Nel caso previsto dal comma precedente, il procedimento disciplinare si estingue, se entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, non sia stata comunicata all'impiegato la data della trattazione orale innanzi alla Commissione.

 

          Art. 146. Procedimenti non trasmessi alle Commissioni.

     Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il capo del personale esamina i procedimenti non ancora trasmessi alla Commissione di disciplina, ed adotta i provvedimenti previsti dall'art. 101 del presente decreto.

     Trascorso tale termine senza che nessun provvedimento sia stato comunicato all'impiegato, il procedimento si estingue.

 

          Art. 147. Proroga dell'esodo volontario.

     Le disposizioni di cui alla legge 27 febbraio 1955, n. 53, concernente l'esodo volontario dei dipendenti civili dell'Amministrazione dello Stato, sono prorogate di due anni con effetto dal 24 marzo 1956.

 

          Art. 148. Applicabilità.

     Le disposizioni del presente decreto si applicano a tutti gli impiegati civili dello Stato per i quali non siano emanate disposizioni particolari diverse in base alla legge 20 dicembre 1954, n. 1181.

     Tutte le altre norme incompatibili con quelle del presente decreto sono abrogate.

 

          Art. 149. Decorrenza.

     Il presente decreto ha effetto dal 1° luglio 1956, salvo quanto disposto dall'art. 147.


[1] Abrogato dall'art. 1 del D.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212.