§ 4.2.15 - L.R. 9 agosto 2012, n. 26.
Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania


Settore:Codici regionali
Regione:Campania
Materia:4. assetto e utilizzazione del territorio
Capitolo:4.2 caccia e pesca
Data:09/08/2012
Numero:26


Sommario
Art. 1.  (Finalità)
Art. 2.  (Patrimonio faunistico regionale e tutela)
Art. 3.  (Cattura temporanea e inanellamento)
Art. 4.  (Centri di recupero della fauna selvatica)
Art. 5.  (Esercizio venatorio da appostamento fisso)
Art. 6.  (Allevamento, detenzione e uso dei richiami per la caccia da appostamento)
Art. 7.  (Tassidermia)
Art. 8.  (Funzioni amministrative)
Art. 9.  (Pianificazione faunistico venatoria. Strumenti di attuazione)
Art. 10.  (Piano faunistico)
Art. 11.  (Oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura)
Art. 12.  (Centri pubblici di produzione della selvaggina)
Art. 13.  (Allevamenti privati)
Art. 14.  (Zone di addestramento cani e campi di gare)
Art. 15.  (Specie cacciabili e periodi di attività venatoria)
Art. 16.  (Controllo della fauna selvatica)
Art. 17.  (Introduzione di fauna selvatica dall'estero)
Art. 18.  (Controllo e prevenzione dei danni da popolazioni di cinghiale in soprannumero)
Art. 19.  (Esercizio dell'attività venatoria)
Art. 20.  (Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria)
Art. 21.  (Fondi chiusi)
Art. 22.  (Divieto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione)
Art. 23.  (Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie)
Art. 24.  (Calendario venatorio regionale)
Art. 25.  (Divieti)
Art. 26.  (Indennizzo danni da fauna selvatica)
Art. 27.  (Associazioni Venatorie)
Art. 28.  (Vigilanza venatoria)
Art. 29.  (Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria)
Art. 30.  (Agenti dipendenti degli enti locali)
Art. 31.  (Sanzioni penali)
Art. 32.  (Sanzioni amministrative)
Art. 33.  (Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale)
Art. 34.  (Oblazione e definizione amministrativa delle sanzioni)
Art. 35.  (Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio)
Art. 36.  (Gestione programmata della caccia)
Art. 37.  (Compiti dei Comitati di gestione)
Art. 38.  (Funzione delle Province nella gestione degli ATC)
Art. 39.  (Tassa di concessione regionale)
Art. 40.  (Utilizzazione dei proventi)
Art.41.  (Norma finanziaria)
Art. 42.  (Disposizioni transitorie e finali)


§ 4.2.15 - L.R. 9 agosto 2012, n. 26.

Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania

(B.U. 13 agosto 2012, n. 52)

 

Art. 1. (Finalità)

1. La Regione Campania, nell'ambito dei principi di cui all'articolo 8, comma 1, lettera s) del vigente Statuto regionale ed in conformità a quanto disciplinato, in via generale, dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), e dalla legge regionale 1 settembre 1993, n. 33 (Istituzione dei parchi e riserve naturali in Campania), tutela le specie faunistiche viventi anche temporaneamente sul territorio regionale e, al fine di regolamentare l'attività venatoria, adotta la presente legge.

2. Le norme dettate dalle convenzioni internazionali e dalle direttive comunitarie in materia di tutela del patrimonio faunistico informano l'azione amministrativa della Regione e degli enti delegati.

 

     Art. 2. (Patrimonio faunistico regionale e tutela)

1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità regionale, nazionale ed internazionale.

2. Fanno parte del patrimonio faunistico regionale i mammiferi e gli uccelli temporaneamente o stabilmente dimoranti in stato di naturale libertà in Campania.

3. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

4. Le direttive del Consiglio e della Commissione europea concernenti la tutela dell’ambiente, della fauna e la conservazione degli uccelli selvatici, recepite dalla legge 157/1992, sono integralmente attuate dalla Regione.

5. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le specie di fauna selvatica comunque presenti nel territorio regionale elencate dall’articolo 2 della legge 157/1992 e quelle indicate dagli atti della CEE, o convenzioni internazionali, come minacciate di estinzione.

6. Per le specie di cui al comma 5, non presenti attualmente nel territorio della Regione Campania, è vietata comunque la detenzione sotto qualsiasi forma.

 

     Art. 3. (Cattura temporanea e inanellamento)

1. È vietata in tutto il territorio regionale qualsiasi forma di uccellagione o cattura di fauna selvatica, o di prelievo di piccoli nati, uova o nidi e sono fatte salve le forme di cattura previste e disciplinate dalla presente legge.

2. L’autorizzazione per attività di cattura temporanea per inanellamento degli uccelli a scopo scientifico, ai sensi dell’articolo 4, comma 2 della legge 157/1992, è concessa con provvedimento monocratico della competente struttura regionale.

 

     Art. 4. (Centri di recupero della fauna selvatica)

1. La Giunta regionale, sentito l'Istituto superiore per la ricerca ambientale (ISPRA), autorizza l'istituzione di centri di recupero della fauna selvatica ai sensi dell'articolo 4, comma 6, della legge 157/1992 con le finalità di soccorrere, riabilitare e reintrodurre esemplari di fauna selvatica feriti. Tali autorizzazioni possono essere concesse al Corpo Forestale dello Stato, ai dipartimenti scientifici delle università, alle associazioni venatorie, alle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente che operano in Campania.

2. L’autorizzazione è subordinata alla predisposizione di un progetto esecutivo che illustri nel dettaglio le strutture, le funzioni e le risorse, sia finanziarie sia professionali, e di un dettagliato programma di gestione.

3. La Giunta regionale, a seguito di parere dell’ISPRA, autorizza l'istituzione dei centri di recupero della fauna selvatica e con delibera stabilisce l'assegnazione di eventuali contributi da versare annualmente all'inizio della stagione venatoria.

4. Con regolamento regionale sono dettagliate le disposizioni per l’attuazione delle norme contenute nel presente articolo.

4-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai parchi nazionali presenti sul territorio regionale. In caso di istituzione di centri di recupero della fauna selvatica all’interno dei parchi nazionali, questi ultimi ne danno comunicazione agli uffici regionali competenti [1].

 

     Art. 5. (Esercizio venatorio da appostamento fisso)

1. Sono considerati fissi gli appostamenti di caccia costruiti con adeguati materiali, con preparazione di sito, destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione di caccia e ogni altro appostamento realizzato con strutture fisse o mobili che comportano preparazione di sito o modifica delle condizioni del luogo.

2. Sono anche considerati appostamenti fissi di caccia le tine, le zattere e le imbarcazioni stabilmente e saldamente ancorate nelle paludi e negli stagni o sui margini di specchi di acqua naturali o artificiali e quelli ubicati al largo dei laghi e dei fiumi, destinati all'esercizio venatorio agli acquatici.

3. Gli appostamenti fissi di caccia non possono avere più di un impianto stabile e non più di due postazioni di osservazione o di sparo.

4. Per gli appostamenti all'avifauna selvatica acquatica, collocati in terra ferma, gli impianti devono avere una stabile occupazione di sito ed appostamenti idonei a consentire il costante allagamento del suolo pena la revoca dell'autorizzazione.

4 bis. L'autorizzazione per l'esercizio dell'attività venatoria da appostamento fisso è rilasciata dalle Province in numero non superiore a quelle rilasciate nell'annata venatoria 1989/1990. Le autorizzazioni possono essere richieste da coloro che ne erano in possesso nell'annata venatoria citata [2].

5. L'autorizzazione per l'impianto di appostamento fisso è rilasciata dalla Provincia, ha validità minima per cinque anni, salvo revoca, deve essere corredata da planimetria in scala 1:2000 indicante l'ubicazione dell'appostamento ed è inoltre subordinata al possesso, da parte del richiedente, del consenso scritto del proprietario e del conduttore del terreno, lago o stagno privato qualora trattasi di diversa persona.

6. La Provincia autorizza la costituzione e il mantenimento degli appostamenti fissi anche con uso di richiami vivi di allevamento che richiedono l'opzione per la forma di caccia in via esclusiva e la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico venatorio.

7. Nel rispetto di quanto previsto dai commi 3 e 4 dell'articolo 5 della legge 157/1992 gli appostamenti autorizzati non possono essere in numero superiore ad un appostamento per ogni tremila ettari di superficie provinciale utile alla caccia e non possono essere ubicati a meno di mille metri dalla battigia del mare né avere superficie inferiore a diecimila metri quadrati [3].

8. Ogni appostamento fisso è soggetto al versamento annuale della tassa di concessione regionale prevista dalle tabelle annesse al decreto legislativo 23 giugno 1991, n. 230 (Approvazione della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell’articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, come sostituito dall’articolo 4 della legge 14 giugno 1990, n. 158).

9. Non è consentito costruire appostamenti fissi di caccia a distanza inferiore a cinquecento metri dai confini di parchi e riserve naturali, dalle oasi di protezione e dalle zone di ripopolamento e cattura. La distanza fra appostamenti non deve essere inferiore a cinquecento metri.

10. Ferma restando l'esclusività della forma di caccia ai sensi e per gli effetti del disposto di cui al comma 5 dell'articolo 12 della legge 157/1992 è consentito al titolare ed alle persone autorizzate il vagare o il soffermarsi in attitudine di caccia, entro il raggio di duecento metri dall'appostamento fisso per il recupero della selvaggina ferita anche con l'uso del cane da riporto.

11. È vietata la caccia in forma vagante ad una distanza minore di cento metri dagli appostamenti fissi segnalati con apposite tabelle a cura del titolare, durante l'effettivo esercizio di essi, salvo il consenso del titolare.

12. L'accesso all'appostamento fisso con armi proprie e con l'uso di richiami è consentito unicamente a coloro che abbiano esercitato l'opzione per la specifica forma di caccia. Oltre al titolare, possono accedere all'appostamento fisso le persone autorizzate dal titolare medesimo.

13. Le Province rilasciano autorizzazioni in numero non superiore a quello rilasciato nell'annata venatoria 1989-1990. L’autorizzazione può essere richiesta da coloro che ne erano in possesso nella citata annata venatoria. Se si realizza una possibile capienza, l'autorizzazione per tale quota può essere richiesta da ultrasessantenni, le amministrazioni provinciali in tal caso danno priorità alle domande di inabili, di portatori di handicap fisici e di coloro che per sopravvenuto impedimento fisico non siano più in condizioni di esercitare la caccia in forma vagante [4].

14. Per motivate ragioni le Province possono consentire al titolare di impiantare l'appostamento fisso di caccia in una zona diversa da quella in cui era stato in precedenza autorizzato.

15. Gli appostamenti che non comportino modificazione del sito e siano destinati all'esercizio venatorio per non più di una giornata di caccia sono considerati temporanei. Al termine della giornata il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento.

16. La preparazione dell'appostamento temporaneo non può essere effettuata mediante taglio di piante, né con impiego di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta.

17. Il titolare dell'autorizzazione dell'appostamento fisso di caccia, previo accordo con il proprietario o conduttore del fondo, provvede di norma, durante il corso dell'anno, al mantenimento delle caratteristiche naturali dell'ambiente circostante, per la tutela della fauna selvatica e della flora, almeno nel raggio di cento metri dal centro dell'impianto.

18. È vietato l'uso di richiami vivi che non siano identificati mediante anello inamovibile numerato ed apposto sul tarso di ogni singolo esemplare.

 

     Art. 6. (Allevamento, detenzione e uso dei richiami per la caccia da appostamento)

1. La Giunta regionale con provvedimento disciplina l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento temporaneo.

2. La Giunta regionale disciplina con provvedimento la costituzione e la gestione del patrimonio di richiami vivi da appostamento temporaneo di cattura dell'annata, appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello, merlo, pavoncella e colombaccio. Ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso in via esclusiva è consentita la detenzione di richiami in un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con i richiami vivi, il numero massimo complessivo di richiami non può superare le dieci unità.

3. E’ vietata, in tutto il territorio regionale, la vendita di uccelli di cattura.

4. La sostituzione di un richiamo può avvenire dietro consegna alla Provincia del richiamo morto da sostituire ovvero previa presentazione di certificato del servizio veterinario della Azienda sanitaria locale competente e del relativo anellino.

5. Alle Province spettano compiti di vigilanza e di controllo sull'osservanza delle disposizioni del presente articolo.

 

     Art. 7. (Tassidermia)

1. È vietata la detenzione, il commercio e la preparazione di uccelli o mammiferi, trattati con procedimento tassidermico o con analoghi procedimenti, appartenenti alle specie non cacciabili ai sensi della legge 157/1992, delle direttive CEE e convenzioni internazionali in materia di caccia ed ogni altra disposizione emanata dalla Regione Campania.

2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, la preparazione tassidermica delle spoglie è consentita esclusivamente per esemplari appartenenti alle seguenti categorie:

a) fauna selvatica di cui all'articolo 18 della legge157/1992, purché abbattuta nel rispetto delle normative vigenti in materia;

b) fauna proveniente dall'estero, purché l'abbattimento o comunque l'impossessamento siano avvenuti in conformità alle legislazioni vigenti in materia nel Paese di origine e nel rispetto degli accordi internazionali e della normativa prescritta dalla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione - CITES;

c) fauna domestica;

d) fauna di comprovata provenienza da allevamenti autorizzati, purché appartenenti a specie cacciabili.

3. I possessori a qualsiasi titolo di fauna selvatica protetta imbalsamata o di fauna appartenente alle specie di cui al comma 1 dell’articolo 15, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presentano alle amministrazioni provinciali un elenco contenente il numero di esemplari posseduti, la specie a cui appartengono e la presunta epoca di cattura e imbalsamazione. Sono esenti da tale obbligo gli Istituti universitari e i musei naturalistici.

4. Le amministrazioni provinciali a mezzo di proprio personale procedono alla apposizione di proprie targhette inamovibili ed inalterabili su ciascun esemplare denunciato contenente il numero di matricola ad esso assegnato.

5. Le amministrazioni provinciali debbono mantenere il registro dei soggetti imbalsamati appartenenti alla fauna selvatica protetta ed un registro per le specie di cui al comma 1 dell’articolo 15, in cui sono indicate le generalità del possessore, le specie dichiarate, il numero di matricola assegnato, la data presunta di cattura e la data di apposizione del contrassegno. Le amministrazioni provinciali possono richiedere rimborso delle spese sostenute per l'apposizione dei contrassegni.

6. I possessori di selvaggina abbattuta, appartenente alle specie di cui al comma 1 dell’articolo 15, che intendono preparare tali animali con trattamento tassidermico, entro due giorni dall'uccisione dell'esemplare, devono richiedere l'autorizzazione alla amministrazione provinciale competente per territorio. Tale autorizzazione può essere concessa soltanto nel periodo intercorrente tra la data di apertura e quella di chiusura della stagione venatoria di cui all’articolo 24.

7. La mancata osservanza delle norme di cui al presente articolo comporta le sanzioni di cui all'articolo 32, comma 1, lettera c). Sono fatte salve le sanzioni penali di cui all’articolo 30, comma 2 della legge 157/1992 [5].

8. Le autorizzazioni all'esercizio dell'attività di tassidermista sono rilasciate dal dirigente del settore caccia provinciale, a persone nominativamente indicate, che abbiano superato apposito esame colloquio con la commissione di esami di cui all'articolo 35. La prova deve riguardare il riconoscimento delle specie animali oggetto della tutela della presente legge. L'autorizzazione di cui al presente comma non esime da altri obblighi previsti da altre leggi per l'esercizio dell'attività in argomento.

 

     Art. 8. (Funzioni amministrative)

1. Le funzioni amministrative in materia di caccia, salvo quelle espressamente riservate dalla presente legge e dalla legge 157/1992 alla Regione, sono delegate alle amministrazioni provinciali che le esercitano in conformità alle norme statali vigenti ed alla presente legge.

2. La Regione e le Province, per l'espletamento delle funzioni di propria competenza, si avvalgono dei pareri del Comitato tecnico faunistico venatorio regionale e del Comitato tecnico faunistico venatorio provinciale della caccia, organi tecnici consultivi, istituiti ai sensi della legge regionale 10 aprile 1996, n. 8 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell’attività venatoria in Campania) che continuano le proprie funzioni ai sensi della presente legge e così costituiti:

a) Comitato tecnico faunistico venatorio regionale (CTFVR):

1) dall'assessore regionale alla caccia o suo delegato che la presiede;

2) dal dirigente del settore regionale foreste, caccia e pesca;

3) dai Presidenti, o loro delegati, delle amministrazioni provinciali della Campania;

4) da un rappresentante per ciascuna associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale;

5) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale ed operanti in Campania;

6) un rappresentante per ogni ente o associazione di protezione ambientale presente nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale (CTFVN) ed operante a livello regionale [6];

7) da un funzionario regionale del servizio caccia e pesca con funzioni anche di segretario, designato dall'assessore regionale alle foreste, caccia e pesca;

8) da un rappresentante della delegazione regionale dell'Ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI).

b) Comitato tecnico faunistico venatorio provinciale (CTFVP):

1) dal Presidente dell'amministrazione provinciale, o da un suo delegato, che la presiede;

2) dal dirigente dell'ufficio provinciale caccia e pesca;

3) da un rappresentante per ciascuna associazione venatoria riconosciuta a livello nazionale ed operante in provincia;

4) da un rappresentante per ogni ente o associazione di protezione ambientale presente nel Comitato tecnico faunistico venatorio regionale (CTFVR) [7];

5) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionali agricole maggiormente rappresentative in campo nazionale ed operanti a livello provinciale;

6) da un funzionario regionale del settore foreste, caccia e pesca designato dall'assessore regionale competente;

7) da un funzionario regionale del settore tecnico amministrativo provinciale dell'agricoltura designato dall'assessore al ramo;

8) da un dipendente dell'amministrazione provinciale del settore competente con funzione anche di segretario;

9) da un rappresentante della delegazione provinciale dell’ENCI.

3. I componenti dei Comitati durano in carica cinque anni e sono riconfermabili.

4. La Regione e le Province, nell'espletamento delle funzioni legislative ed amministrative, possono avvalersi della collaborazione dell'ISPRA, dei dipartimenti scientifici delle università, di altri enti ed istituti pubblici specializzati nonché delle associazioni venatorie e di protezione ambientale riconosciute a livello nazionale.

5. Il Comitato regionale è convocato almeno ogni sei mesi ed ogni qualvolta lo richieda la maggioranza dei componenti o il Presidente.

6. Il Comitato provinciale è convocato almeno ogni tre mesi e qualora lo richieda la maggioranza dei componenti o il Presidente.

7. La Giunta regionale esercita i poteri di iniziativa e di vigilanza in ordine all'esercizio dei poteri delegati.

8. In caso di accertata inerzia od inosservanza delle direttive impartite la Giunta regionale può sostituirsi all'ente delegato nel compimento degli atti o revocare provvedimenti adottati.

 

     Art. 9. (Pianificazione faunistico venatoria. Strumenti di attuazione)

1. Gli obiettivi di cui all’articolo 1 sono perseguiti mediante:

a) la destinazione di una quota di territorio agro-silvo-pastorale regionale, non inferiore al venti per cento e non superiore al trenta per cento del totale a protezione della fauna selvatica. In detta percentuale sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnata da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole [8];

b) la destinazione di una quota massima del dieci per cento del territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia all'istituzione di strutture per la gestione privata della caccia;

c) la destinazione della rimanente parte del territorio agro-silvo-pastorale regionale a forme di gestione programmata della caccia previste dall'articolo 36 e seguenti [9].

1 bis. La Giunta regionale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, provvede alla rideterminazione dei confini delle aree destinate a protezione della fauna selvatica di competenza regionale, al fine di rispettare i criteri di cui al comma 1 e di riequilibrare la distribuzione delle stesse sull’intero territorio regionale [10].

2. La quota del dieci per cento di territorio da destinare a gestione privata è sottratta alla gestione programmata man mano che sono autorizzate ed istituite strutture private di gestione dell'attività.

 

     Art. 10. (Piano faunistico)

1. La Giunta regionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e ogni qualvolta si renda necessario modificare gli indirizzi di pianificazione faunistico venatoria, propone al Consiglio regionale che, sentita la competente Commissione consiliare in materia, approva il documento di indirizzo e coordinamento dei piani faunistici provinciali.

2. Le Province, entro dodici mesi dall'approvazione del documento di cui al comma 1, nel rispetto delle indicazioni in esso contenute e di quanto previsto all'articolo 9, predispongono, modificano o confermano i propri piani faunistico venatori, articolati per ambiti omogenei e basati su attività costanti di rilevazione e di censimento, previo parere dei rispettivi Comitati tecnico faunistico venatori provinciali CTFVP.

3. I piani faunistici provinciali hanno validità quinquennale e comprendono indicazioni e perimetrazioni dove possono essere istituite:

a) oasi di protezione, destinate al rifugio, alla sosta ed alla riproduzione della fauna selvatica;

b) zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento e fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

c) centri pubblici di produzione della fauna selvatica allo stato naturale o intensivo;

d) centri privati di produzione di selvaggina anche allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola, singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria;

e) zone e relativi periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani su fauna selvatica naturale senza l'abbattimento del selvatico;

f) zone e periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani con l'abbattimento esclusivo di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili;

g) zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi;

h) valichi montani interessati dalle rotte di migrazione;

i) [aree contigue dei parchi nazionali e dei parchi regionali] [11];

l) il piano deve inoltre prevedere i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori di fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e le forme di collaborazione ed incentivazione per la migliore gestione delle strutture di cui alle lettere a), b) e c) ai fini del ripristino degli habitat naturali ed all'incremento della fauna;

m) i piani faunistici provinciali includono i programmi di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica, nonché i programmi di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali e in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell’ISPRA, sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali.

4. In caso di inadempienza delle Province nella formulazione dei piani faunistici o nell’adeguamento agli indirizzi regionali di coordinamento, la Giunta Regionale, esercita i poteri sostitutivi di cui al comma 10 dell’articolo 10 della legge 157/1992, sentito il CTFVR, propone al Consiglio regionale il piano faunistico della provincia inadempiente. L’esercizio dei poteri sostitutivi diventa obbligatorio dopo un anno di mancato rispetto dei termini da parte delle Province.

5. La Giunta regionale, con proprio atto, sentito il CTFVR, propone al Consiglio regionale il Piano faunistico regionale nel quale, oltre a richiamare gli indirizzi di coordinamento per i piani faunistici provinciali previsti nel comma 1, determina i criteri:

a) per la costituzione degli Ambiti territoriali di caccia (ATC) e per l’elezione dei loro organi direttivi;

b) per l’individuazione, nel rispetto dell’indice di densità venatoria minima individuato dal Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, del numero minimo di cacciatori ammissibili in ogni ATC in modo da garantire la residenza venatoria almeno a tutti i cacciatori campani;

c) per la costituzione delle aziende faunistico venatorie, e delle aziende agri-turisticovenatorie e dei centri pubblici e privati di produzione della fauna selvatica allo stato naturale [12].

6. Il piano faunistico venatorio regionale è approvato dal Consiglio regionale previo parere della commissione consiliare competente in materia. Il piano ha validità decennale e può essere sottoposto a modifica o revisione con periodicità quinquennale.

7. Con le modalità evidenziate ai commi precedenti possono essere approvate varianti, integrazioni e modifiche al piano regionale o ai piani provinciali.

 

     Art. 11. (Oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura)

1. Le oasi di protezione sono istituite dalla Provincia sentito il CTFVP.

2. Le oasi di protezione sono finalizzate ad assicurare la sopravvivenza di specie faunistiche in diminuzione, a consentire la sosta e la riproduzione della fauna selvatica, con particolare riferimento alla fauna migratoria, a garantire l'integrità ambientale dei territori di particolare valore naturalistico anche al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie.

3. Le zone di ripopolamento e cattura, istituite con le modalità di cui al comma 1 per la durata pari alla vigenza del piano faunistico provinciale, sono destinate a consentire la riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione nei terreni liberi o nelle strutture di nuova istituzione.

4. La deliberazione che determina i confini delle strutture deve essere notificata ai proprietari e ai conduttori dei fondi interessati mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati. Avverso tale deliberazione i proprietari o i conduttori dei fondi, entro sessanta giorni dalla notifica, possono produrre opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali. Se le opposizioni riguardano almeno il quaranta per cento del territorio da vincolare la struttura non può essere istituita. Nelle zone non vincolate a seguito delle opposizioni dei proprietari resta vietata ogni attività venatoria e le Province possono destinare le predette zone ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.

5. La gestione delle oasi può essere affidata dalla Provincia, mediante convenzioni, ad associazioni ambientaliste presenti nel CTFVP; la gestione delle zone di ripopolamento e cattura può essere affidata da ciascuna Provincia ad una o più associazioni venatorie presenti nel CTFVP ed anche alla delegazione provinciale dell’ENCI. Le Province possono richiedere altresì consulenze specialistiche ai dipartimenti di zoologia delle università. Le convenzioni sono stipulate con modalità stabilite dalla Giunta provinciale.

6. Il territorio adibito a protezione della fauna selvatica di cui al comma 3 dell'articolo 10 della legge 157/1992 deve essere delimitato preferibilmente da confini naturali o strade e tabellato perimetralmente. Le tabelle debbono essere visibili contiguamente.

7. Le strutture anzidette possono essere revocate dalla Giunta regionale, sentito il CTFVR, se vengono meno le finalità per le quali sono state istituite.

8. Se ricorrono eccezionali e particolari necessità ambientali e faunistiche, anche al fine di raggiungere la percentuale di territorio da destinare a protezione ai sensi dell’articolo 10, la Regione, sentito il CTFVR, con delibera della Giunta regionale può istituire coattivamente zone di ripopolamento e cattura.

9. Nelle zone di ripopolamento e cattura l'associazione che stipula la convenzione per la gestione può, sentito il CTFVR, autorizzare gare cinofile con divieto assoluto di abbattimento di fauna di qualsiasi tipo e a condizione che non si arrechi danno alle produzioni agricole.

 

     Art. 12. (Centri pubblici di produzione della selvaggina)

1. I centri pubblici di produzione della selvaggina hanno lo scopo di produrre selvaggina allo stato naturale e sono istituiti prevalentemente su terreni di proprietà di enti pubblici. Tali centri possono essere regionali, provinciali e comprensoriali, in particolare:

a) la Regione può istituire centri pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale utilizzando proprietà demaniali regionali o comunali o anche proprietà private che abbiano i requisiti necessari previo assenso del proprietario. Hanno lo scopo di produrre selvaggina allo stato naturale, con particolare riferimento agli ungulati, in forma estensiva e possono attrezzarsi anche per la produzione intensiva di altre specie di piccola mole. La gestione dei medesimi è affidata al Settore tecnico amministrativo provinciale delle foreste competente, d’intesa con il settore foreste caccia e pesca. I relativi programmi di intervento, sono approvati e finanziati dalla Giunta regionale sentito il Comitato tecnico regionale;

b) le amministrazioni provinciali possono istituire centri pubblici provinciali di produzione della selvaggina allo stato naturale utilizzando proprietà demaniali provinciali o comunali concessi in uso dall'ente proprietario. I centri provinciali hanno gli stessi scopi di quelli regionali, sono gestiti direttamente dalle Province che attuano i programmi di gestione sentito il Comitato tecnico provinciale;

c) i comuni singoli o associati possono richiedere la istituzione di centri pubblici comprensoriali di produzione della selvaggina allo stato naturale. Detti centri hanno le stesse finalità dei centri regionali e provinciali. Il programma di gestione, redatto annualmente, deve essere preventivamente approvato dall'amministrazione provinciale competente per territorio.

2. L'istituzione dei centri pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale è demandata alla Regione Campania che vi provvede con delibera della Giunta regionale.

3. Il prodotto dei centri pubblici di produzione della selvaggina allo stato naturale è destinato ai ripopolamenti. L'eventuale eccedenza di produzione può essere venduta, a prezzo di mercato, per l'utilizzo nelle aziende faunistiche o nelle aziende agrituristico-venatorie di cui all’articolo 23.

 

     Art. 13. (Allevamenti privati)

1. Gli allevamenti privati di specie cacciabili possono essere istituiti a scopo di ripopolamento, alimentare, amatoriale, ornamentale o per la produzione di richiami vivi per la caccia da appostamento.

a) Gli allevamenti per ripopolamento possono essere allo stato naturale o di tipo intensivo:

1) Centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale a scopo di ripopolamento.

La Giunta Regionale, sentito il CTFVR, può autorizzare con provvedimento del settore competente, l'istituzione di centri privati di produzione della selvaggina allo stato naturale con esclusione nell'impianto di qualsiasi attività venatoria. La concessione deve essere oggetto di richiesta di rinnovo ogni cinque anni, a pena di decadenza ed è subordinata al pagamento di una tassa annuale di concessione regionale composta da una quota fissa minima di euro 278,37 e da una parte variabile proporzionata al numero di capi allevati; la quota variabile è stabilita con deliberazione di Giunta regionale ed è aggiornata ogni cinque anni. Il concessionario è tenuto all’osservanza di un apposito disciplinare contenente le modalità di esercizio dell'attività, emanato con il decreto di concessione. L'inosservanza del disciplinare comporta l'immediata revoca della concessione. La selvaggina prodotta può essere venduta previa autorizzazione del Presidente dell’amministrazione provinciale che può esercitare il diritto di prelazione al prezzo corrente di mercato.

2) Centri privati di produzione della selvaggina di tipo intensivo a scopo di ripopolamento.

La Giunta regionale, sentito il CTFVR previa approvazione del progetto di impianto da parte dell'ISPRA, può autorizzare, con provvedimento del settore competente, l’istituzione di Centri privati di produzione della selvaggina di tipo intensivo. La concessione deve essere oggetto di richiesta di rinnovo ogni cinque anni, a pena di decadenza ed è subordinata al pagamento di una tassa annuale di concessione regionale composta da una quota fissa minima di euro 278,37 e da una parte variabile proporzionata al numero di capi allevati; la quota variabile è stabilita con deliberazione di Giunta regionale ed è aggiornata ogni cinque anni. Il mancato pagamento comporta la revoca della concessione.

b) Gli allevamenti a scopo alimentare, amatoriale o ornamentale di specie cacciabili possono essere a carattere familiare o industriale:

1) Allevamenti a carattere familiare che presentano le seguenti caratteristiche:

a) cinghiali per un numero complessivo non superiore a cinque capi adulti più dieci in età non riproduttiva, compresi i nati nell’anno;

b) conigli selvatici fino a cinquanta capi, non contando i soggetti di età inferiore a sessanta giorni;

c) fagiani fino a trenta capi;

d) lepri fino a dieci capi, non contando i soggetti fino a tre mesi;

e) quaglie fino a cinquanta capi;

f) germano reale fino a venti capi.

L'autorizzazione, valevole per un nucleo familiare, è rilasciata con provvedimento del dirigente del settore regionale competente a persona nominativamente indicata a seguito di formale istanza corredata da dichiarazione sostitutiva di certificazione della situazione familiare, relazione tecnico-descrittiva e planimetria delle strutture dell’allevamento. La concessione deve essere oggetto di richiesta di rinnovo ogni cinque anni, a pena di decadenza.

2) Allevamenti a carattere industriale. Rientrano in tale categoria gli allevamenti di una o più delle specie precedenti, per un numero di capi maggiore a quello indicato al punto 1) della presente lettera b).

L’autorizzazione è rilasciata con provvedimento del dirigente del settore regionale competente previa presentazione da parte dell'interessato, di istanza corredata della seguente documentazione:

a) titolo di possesso del fondo da utilizzare per l'allevamento con allegato estratto di mappa;

b) dettagliata relazione tecnico economica con calcolo della redditività;

c) progetto e grafici delle strutture dell'allevamento da realizzare vistati dall'Ufficio sanitario competente per Comune e relativo computo metrico estimativo;

d) licenza edilizia ove le strutture da realizzare lo richiedano.

La concessione deve essere oggetto di richiesta di rinnovo ogni cinque anni, a pena di decadenza ed è subordinata al pagamento di una tassa annuale di concessione regionale composta da una quota fissa minima di euro 278,37 e da una parte variabile proporzionata al numero di capi allevati; la quota variabile è stabilita con deliberazione di Giunta regionale ed è aggiornata ogni cinque anni.

3) Allevamenti a scopo ornamentale o amatoriale di altre specie cacciabili. L'autorizzazione per l’allevamento di una coppia (maschio più femmina) viene rilasciata a persona nominativamente indicata ed a seguito di motivata istanza con provvedimento del dirigente del settore regionale competente previa presentazione di istanza da parte dell'interessato corredata da relazione tecnico-descrittiva e planimetria delle strutture dell’allevamento. La concessione ha durata di cinque anni [13].

2. Le attività amatoriali di ornicoltura, relative alla nidificazione ed all'allevamento in cattività, nonché alla creazione di ibridi, possono essere svolte esclusivamente con i soggetti appartenenti alle famiglie dei fringillidi, dei passeridi, degli emberizidi e dei fasianidi. Le autorizzazioni sono rilasciate dal competente ufficio provinciale e hanno una validità di dieci anni; il rinnovo comporta una nuova richiesta di autorizzazione da inoltrare entro sei mesi dalla scadenza.

a) l'allevatore è tenuto a denunciare alla Provincia, entro il mese di dicembre di ogni anno, i soggetti nati nel proprio allevamento nel corso dell'anno indicando i dati riportati sui singoli anelli dei soggetti; eventuali nuovi acquisti o scambi devono essere denunciati entro tre giorni all'amministrazione provinciale. L’allevatore è tenuto, inoltre, a compilare un registro dell’allevamento personale dove devono essere segnati tutti i soggetti tenuti in allevamento con indicazione della specie, del sesso, del numero progressivo dell’anello, dei dati riportati sull’anello, di data e motivo di entrata o di uscita.

b) i soggetti nati nell’allevamento debbono essere muniti di anelli inamovibili riportanti l'anno di nascita, il numero progressivo del soggetto e la matricola dell'allevatore.

c) le amministrazioni provinciali mantengono il registro istituito ai sensi della legge regionale n. 8/96 contenente i dati di ogni allevatore autorizzato.

d) le amministrazioni provinciali autorizzano anche le manifestazioni ornitologiche nelle quali possono essere esposti esclusivamente soggetti compresi nelle denunce di cui ai commi precedenti [14].

3. Il settore regionale competente istituisce un registro degli allevamenti di fauna selvatica ai sensi dei commi 1 e 2 in cui siano indicate le generalità del soggetto autorizzato, specie allevate e numero di individui autorizzati, codice di allevamento e date di inizio e termine dell’autorizzazione. I soggetti titolari di allevamenti autorizzati, anche ai sensi di precedenti leggi, debbono richiedere l’iscrizione al registro entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

4. [Le autorizzazioni di cui al presente articolo hanno una validità di dieci anni, il rinnovo comporta una nuova richiesta di autorizzazione da inoltrare entro sei mesi dalla scadenza] [15].

5. La mancata osservanza degli obblighi derivanti dal presente articolo comporta la sospensione dell’autorizzazione per un anno e, in caso di recidiva, la revoca.

 

     Art. 14. (Zone di addestramento cani e campi di gare)

1. Le Province, su richiesta delle associazioni venatorie e cinofile ovvero di imprenditori agricoli singoli o associati, istituiscono, su terreni incolti o ad agricoltura svantaggiata, zone destinate all'addestramento, l'allenamento dei cani da caccia ed allo svolgimento delle gare e prove cinofile.

2. Le zone di addestramento e allenamento cani già esistenti possono continuare l'attività, previa istanza da presentare all'amministrazione provinciale competente per territorio entro e non oltre quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge [16].

3. Le Province, su richiesta delle categorie di cui al comma 1, istituiscono zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani da caccia in cui è consentito l'abbattimento di fauna selvatica di allevamento nel rispetto delle pianificazioni faunistico venatorie regionale e provinciale [17].

4. Le zone di addestramento e allenamento cani di cui al comma 1 non possono avere una superficie inferiore a cento ettari e possono anche essere confinanti con le oasi di protezione naturale o con le zone di ripopolamento e cattura o con i parchi e riserve naturali:

a) la concessione è rilasciata o revocata dal dirigente dell’ufficio competente dell’amministrazione provinciale e può essere rilasciata alle associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale ed operanti in provincia, all’ENCI o gruppi cinofili ad esso affiliati e ad imprenditori agricoli singoli o associati, in misura non superiore ad una zona per ciascuno dei soggetti sopra richiamati [18];

b) alla domanda di concessione è allegata una planimetria dei terreni e l'assenso dei proprietari;

c) alle zone di cui al comma 1 è consentito il libero accesso a tutti i richiedenti a parità di diritti e di obblighi e può essere richiesto il pagamento di un biglietto di ingresso giornaliero;

d) nelle predette zone l'addestramento e le gare dei cani sono vietati dall’1 maggio al 31 luglio;

e) le gare e l'addestramento dei cani si svolgono sotto la sorveglianza di apposito personale, a cura dell'associazione od ente gestore, che assicura l'incolumità della selvaggina;

f) nel decreto di concessione sono indicate le specie ed il numero dei capi di selvaggina che periodicamente sono immessi nella struttura a cura del concessionario.

5. Le zone per addestramento e allenamento cani con abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili di cui al comma 3, sono istituite in località distanti almeno centocinquanta metri dai centri abitati e da importanti vie di comunicazione e cinquecento metri dalle strutture faunistiche di cui all’articolo 10, comma 3, lettere a), b), c), d), e), g), ed h) e dalle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette). In particolare:

a) tali zone sono appositamente tabellate con vistose indicazioni a cura del concessionario e non possono avere una superficie superiore a quindici ettari né inferiore a tre ettari;

b) in ciascuna Provincia il numero delle zone è di una per associazione venatoria e cinofila aumentato di una unità ogni duemila tesserati in provincia, o frazione residua non inferiore a mille, e una per imprenditore, singolo o associato;

c) l'esercizio dell'attività su esclusiva selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili è consentito nei modi e tempi disciplinati con il regolamento regionale previsto nel comma 7 da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;

d) la concessione è rilasciata dal dirigente del settore caccia provinciale. Alla richiesta è allegata una planimetria del terreno e l'assenso dei proprietari dei terreni oggetto della concessione;

e) la mancata osservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo comporta la revoca immediata della concessione [19].

6. Le Province possono autorizzare nei territori destinati all’attività venatoria dalla presente legge, le rappresentanze provinciali dell'ENCI o le associazioni venatorie e cinofile ad effettuare prove attitudinali sui selvatici di allevamento previo assenso dei proprietari e conduttori dei fondi territorialmente interessati [20].

7. Le procedure e i criteri applicativi previsti nel presente articolo sono stabiliti con regolamento della Giunta regionale emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione [21].

7 bis. Le zone per l’addestramento cani possono essere istituite soltanto nelle località considerate compatibili nella Pianificazione faunistico venatoria regionale e provinciale [22].

 

     Art. 15. (Specie cacciabili e periodi di attività venatoria)

1. Le specie cacciabili in Campania, i periodi di prelievo e le relative limitazioni sono definiti dalla legge 157/1992.

 

     Art. 16. (Controllo della fauna selvatica)

1. La Giunta regionale, con provvedimento amministrativo, per ragioni connesse alla consistenza faunistica, o per la presenza di fasi suscettibili del ciclo biologico, o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità, può vietare o ridurre, per periodi prestabiliti, la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all’articolo 15.

2. La Giunta regionale, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, dispone il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia di cui all’articolo 10, comma 3, lettere a), b) e c). Il controllo, esercitato selettivamente, è praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'ISPRA. Se l'Istituto verifica l'inefficacia dei predetti metodi, la Giunta regionale autorizza piani di abbattimento che devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle Province. Queste ultime possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o di altre persone, purché tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali, delle guardie comunali e delle guardie venatorie volontarie delle associazioni, tutti muniti di licenza per l'esercizio venatorio.

3. La Giunta regionale, con regolamento, istituisce un registro dei cacciatori abilitati alla caccia di selezione, a cui sono iscritti tutti i cacciatori che risultano idonei a seguito di apposito esame a cura della Provincia di residenza e che posseggono la residenza venatoria in un ATC della Regione.

4. Nel caso che il controllo della fauna selvatica sia effettuato nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali per ricomporre squilibri ecologici, lo stesso deve essere attuato dal personale dipendente del parco, munito di licenza per l'esercizio venatorio ed in mancanza od insufficienza con le modalità di cui al comma 3, d'intesa con l'ente gestore della struttura nel rispetto dei principi di cui agli articoli 11, comma 4, e 22, comma 6, della legge 394/1991.

5. La Giunta regionale, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti da forme inselvatichite di specie domestiche verificata l'inefficacia di preventivi metodi ecologici, adottati su parere dell'ISPRA, può autorizzare, su proposta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale tramite le loro strutture regionali, piani di abbattimento attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi su cui si attuano i piani medesimi se questi ultimi sono muniti di licenza per l'esercizio venatorio [23].

 

     Art. 17. (Introduzione di fauna selvatica dall'estero)

1. L'introduzione di selvaggina dall'estero è regolamentata dall'articolo 20 della legge 157/1992.

 

     Art. 18. (Controllo e prevenzione dei danni da popolazioni di cinghiale in soprannumero)

1. La Giunta regionale, per monitorare le popolazioni di cinghiali in soprannumero ed i relativi danni, provvede a mezzo degli uffici regionali competenti alla raccolta, all’archiviazione ed all’elaborazione informatica dei dati relativi:

a) alle popolazioni di cinghiale;

b) ai danni arrecati da tale specie;

c) ai relativi abbattimenti eseguiti sia in regime di caccia ordinaria sia di controllo selettivo.

Le informazioni sono fornite semestralmente dalle Province, dagli ATC e dagli organi di gestione delle Aree protette nazionali e regionali.

2. La Giunta regionale, in funzione delle informazioni disponibili, con proprio provvedimento definisce i criteri per la prevenzione ed il contenimento dei danni, specificando obiettivi, modalità, durata temporale e confini spaziali, nonché le necessarie risorse finanziarie.I periodi per l’esecuzione di tali attività possono differire da quelli stabiliti per l’attività venatoria, in funzione del ciclo biologico della specie, nel rispetto delle fasi riproduttive e di allevamento della prole.

3. Per i territori dove sono accertati ricorrenti danni causati da cinghiali selvatici, gli organi di gestione delle aree protette nazionali e regionali, e quelli degli ATC, devono elaborare, entro novanta giorni dal provvedimento, i programmi di prevenzione e controllo delle popolazioni di cinghiale, di concerto con le competenti strutture delle amministrazioni provinciali. I programmi, sottoposti all’approvazione dell’ISPRA, definiscono tra l’altro gli interventi da attivare applicando i metodi indicati dall’Istituto, sia indiretti sia diretti, specificando i dettagli quali-quantitativi. I metodi diretti sono attivati con priorità nel caso di danni alla circolazione veicolare accertati dagli organi di cui all’articolo 12 del Codice della strada. I programmi hanno validità massima triennale.

4. Gli interventi di controllo programmati sono effettuati da esperti, formati mediante corsi specifici ed autorizzati dagli stessi organi di gestione, sotto la supervisone del responsabile tecnico dell’Ente, coordinati da un biologo o naturalista esperto in controllo selettivo delle popolazioni di cinghiale, e sotto la sorveglianza diretta del Corpo Forestale dello Stato.

5. La Giunta regionale, in caso di inerzia degli enti competenti, esercita poteri sostitutivi per l’elaborazione e l’esecuzione dei programmi di prevenzione e controllo selettivo, nel rispetto della normativa di settore.

6. Gli esemplari catturati con metodi indiretti sono immessi, in coerenza con la pianificazione venatoria provinciale o regionale, nelle aree vocate destinate alla caccia programmata libera in cui le popolazioni del suide risultino in declino. Le carcasse dei cinghiali abbattuti per il controllo selettivo sono obbligatoriamente conferite all’Istituto Zooprofilattico o a centri di controllo e smaltimento alternativi individuati dalla Regione per i rilievi biometrici e gli accertamenti sanitari previsti dalla normativa vigente.

7. E’ vietato:

a) immettere cinghiali in natura su tutto il territorio regionale con modalità diverse da quelle di cui al comma 6, ad eccezione delle sole strutture faunistico venatorie, previste dalla pianificazione faunistica provinciale o regionale, in grado di garantire aree recintate in modo tale da impedire ogni possibile fuga di cinghiali;

b) fornire alimentazione ai cinghiali in maniera artificiale, tranne che per operazioni di censimento e cattura espressamente autorizzate dagli enti competenti ed effettuate secondo le disposizioni vigenti.

La Giunta regionale può impartire con il calendario venatorio regionale motivate disposizioni di deroga ai precedenti divieti.

 

     Art. 19. (Esercizio dell'attività venatoria)

1. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito, purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

2. Il tesserino per l’esercizio dell’attività venatoria predisposto dalla Regione Campania è distribuito gratuitamente dai Comuni ai richiedenti iscritti nella propria anagrafe, previa consegna della ricevuta di versamento della tassa di concessione regionale di cui all'articolo 39 da effettuare su appositi modelli predisposti dalla Regione. La tassa è dovuta anche dai residenti nei Parchi nazionali e regionali.

3. Nei comuni capoluogo di Provincia il tesserino è distribuito dalle amministrazioni provinciali a mezzo dei propri uffici.

4. Il tesserino contiene le generalità complete del titolare, il numero della licenza di caccia, le norme inerenti il calendario regionale e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria.

5. Per l'esercizio dell'attività venatoria in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, siano apposte sul predetto tesserino le indicazioni di cui al comma 4.

 

     Art. 20. (Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria)

1. I mezzi per l’esercizio dell’attività venatoria sono definiti all'articolo 13 della legge 157/1992.

2. Sono consentiti per i fucili ad anima liscia dispositivi tecnici di limitazione al fine di contenere nel serbatoio non più di due cartucce, di calibro non superiore al dodici [24].

2 bis. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia [25].

3. La Giunta regionale con propria deliberazione provvede ad emanare le norme di regolamentazione per la detenzione, l'uso e l'addestramento dei falchi quali mezzi di caccia.

 

     Art. 21. (Fondi chiusi)

1. L'esercizio venatorio è vietato nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri uno e venti centimetri, o da corsi o specchi d'acqua il cui letto abbia la profondità di almeno metri uno e centimetri cinquanta e la larghezza di almeno tre metri.

2. I fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intendono successivamente istituire sono notificati alle componenti amministrazioni provinciali.

3. I proprietari o conduttori dei fondi di cui ai commi 1 e 2 provvedono ad apporre, a loro carico, adeguate tabellazioni, esenti da tasse, secondo le modalità della legge.

4. La superficie dei fondi di cui ai commi 1 e 2 entra a far parte della quota del trenta per cento a protezione della fauna selvatica ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera a).

 

     Art. 22. (Divieto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione)

1. E’ vietato l’esercizio venatorio in forma vagante e l’addestramento dei cani nei casi previsti dall’articolo 15, comma 7, della legge 157/1992.

2. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalla regione Campania, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.

3. I proprietari o conduttori dei terreni in attualità di coltivazione possono delimitare con apposite tabelle, esenti da tasse, secondo le modalità previste dalla legge, gli appezzamenti che intendono vietare alla caccia. Le tabelle sono fornite gratuitamente dall'amministrazione provinciale su richiesta, in carta legale, contenente gli estremi catastali e la coltura in atto sui terreni delimitati e i proprietari o conduttori dei terreni hanno l'obbligo della rimozione delle stesse dopo il raccolto.

4. La delimitazione è comunicata preventivamente all'amministrazione provinciale competente per territorio.

 

     Art. 23. (Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie)

1. La Giunta regionale, su richiesta degli interessati e sentito l'ISPRA, autorizza, con decreto del Presidente o dell'assessore delegato, entro i termini del sette per cento del territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna provincia, l'istituzione di:

a) aziende faunistico-venatorie;

b) aziende agrituristico-venatorie.

L’autorizzazione, per una durata decennale, è concessa a persona nominativamente indicata, di buona condotta morale, civile e senza condanne penali. Alla scadenza il titolare può presentare nuova istanza. L’autorizzazione è revocata per inadempienza o per perdita dei requisiti indispensabili.

1 bis. I provvedimenti che determinano i confini delle aziende faunistico-venatorie al fine della loro costituzione sono notificati ai proprietari o ai conduttori dei fondi per mezzo di affissione all’albo pretorio dei Comuni interessati, anche mediante applicazione dell’articolo 140 codice di procedura civile. I proprietari o i conduttori dei fondi possono produrre motivata opposizione. Se gli atti oppositivi investono una percentuale non inferiore al quaranta per cento del territorio dell’istituenda azienda faunistico-venatoria la stessa non può essere istituita [26].

2. Le aziende faunistico-venatorie e quelle agrituristico-venatorie sono soggette, in eguale misura, al pagamento di una tassa di rilascio dell’autorizzazione ed a una tassa annuale da pagare entro il 31 gennaio di ogni anno. Le tasse di concessione previste sono ridotte nella misura di un ottavo per le sole aziende faunistico-venatorie completamente ricadenti in territori montani o in quelli classificati tali, ai sensi della legge 25 luglio 1952, n. 991 (Provvedimenti in favore dei territori montani).

3. Le aziende faunistico-venatorie non hanno fini di lucro ed hanno personalità giuridica privata in forma associativa, ai sensi del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 619 del 22 settembre 2003 e prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche, con particolare riferimento alla fauna stanziale; le concessioni sono corredate da programmi di conservazione e di ripristino ambientale per garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo piani di assestamento e di abbattimento disposti annualmente dal concessionario ed approvati dalla Provincia; in assenza di tale approvazione non è consentita alcuna attività faunistico-venatoria. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto.

4. Le aziende agrituristico-venatorie hanno finalità di integrazione del reddito agricolo e sono costituite sotto forma di impresa agricola o di consorzio di imprese nel caso di più proprietari. È ammissibile l’affitto dei fondi da includere nell’azienda o il comodato d’uso, per entrambi i casi con durata decennale. Le aziende agrituristico-venatorie sono soggette a tassa di concessione regionale. In tali aziende sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento senza limitazione di capi.

5. Le aziende faunistico-venatorie e quelle agrituristico-venatorie possono includere coattivamente fondi per una superficie non superiore al dieci per cento di quella complessiva aziendale, dietro pagamento al proprietario, o conduttore, di una indennità annua che è fissata da successivo regolamento. I fondi inclusi coattivamente sono interdetti alle attività faunistico venatorie per tutta la durata dell’autorizzazione e devono essere identificati a mezzo di installazione di tabelle perimetrali a carico dell’azienda agrituristico-venatoria [27].

6. Le aziende agrituristico-venatorie devono:

a) essere situate nei territori di scarso rilievo ambientale e faunistico;

b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del regolamento C.E.E. 25 aprile 1988 n. 1094.

Non sono da ritenersi di scarso rilievo ambientale e faunistico le aree forestali ed a macchia mediterranea di superficie superiore a due ettari, o quelle di minori dimensioni che formano complessivamente un’area superiore al cinque per cento dell'intera superficie dell'azienda agrituristico-venatoria fatti salvi i limiti preesistenti per le aziende già autorizzate alla data di entrata in vigore della presente disposizione [28].

7. Le aziende agrituristico-venatorie nelle zone umide e vallive sono autorizzate se comprendono solo bacini artificiali con fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle convenzioni internazionali.

8. Le aziende di cui al comma 1 devono essere individuabili mediante l’installazione di tabelle, a carico del titolare dell’azienda medesima, lungo il perimetro esterno e lungo le aree interne per cui è differenziata o interdetta l’attività venatoria. Dalla posizione ove è impiantata ciascuna tabella deve risultare chiaramente visibile sia quella precedente sia la successiva.

9. Nelle aziende di cui al comma 1 l'attività venatoria e l’addestramento dei cani sono consentiti nel rispetto delle norme di cui alla presente legge:

a) nelle aziende faunistico-venatorie tali attività sono riservate solo ai soci;

b) nelle aziende agrituristico-venatorie, tali attività sono consentite a tutti, a fronte del pagamento di una quota di ingresso. In queste aziende è possibile istituire i campi di addestramento cani con abbattimento di fauna di allevamento di cui all’articolo 14, uno per ciascuna azienda più uno ogni duecento ettari; in tal caso la superficie del campo non è conteggiata ai sensi del comma 14.

L’indice di densità venatoria applicabile a tali aziende non può essere differente da quello stabilito dal Ministero per l’ATC in cui esse ricadono [29].

10. La vigilanza interna è affidata alle guardie private dell’azienda, in numero di una ogni duecento ettari, con le caratteristiche di cui al comma 2, lettera b), dell’articolo 28. Gli agenti di cui al citato articolo 28, nell’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza, hanno sempre facoltà di accesso.

11. La mancata osservanza delle norme di cui al presente articolo comporta la revoca della concessione e le sanzioni stabilite dall’articolo 32, comma 1, lettera g), fatti salvi gli altri divieti e sanzioni previste dalla presente legge [30].

12. Le aziende preesistenti alla data di entrata in vigore della presente legge possono continuare l’attività dimostrando, entro sei mesi, il possesso dei requisiti previsti e l’adeguamento alla nuova normativa. Trascorso tale termine l’autorizzazione è sospesa, senza posticipazione dei termini di scadenza.

13. Le tasse di concessione regionale dovute dai concessionari delle aziende di cui al presente articolo sono quelle previste per le aziende faunistiche dal decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 (Approvazione della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell’art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, come sostituito dall’art. 4 della legge 14 giugno 1990, n. 158).

14. La restante quota, pari al tre per cento della superficie del territorio agro-silvo-pastorale di cui all’articolo 9, comma 1, lettera b), è destinata alla istituzione di strutture previste dall’articolo 10, comma 3, lettere d), e) ed f).

 

     Art. 24. (Calendario venatorio regionale)

1. La Giunta regionale, sentito l'ISPRA ed il CTFVR di cui all’articolo 8, entro e non oltre il 15 giugno, pubblica il calendario regionale ed il regolamento relativo all'intera annata venatoria per i periodi e per le specie previste dall’articolo 15, con la indicazione del numero massimo dei capi da abbattere per ciascuna giornata di caccia.

2. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a tre. La Giunta regionale può consentire la libera scelta del cacciatore con esclusione del martedì e del venerdì, nei quali giorni l'esercizio della caccia è in ogni caso sospeso. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto.

La Giunta regionale nell'emanazione del calendario venatorio definisce l'ora legale dell'inizio e della fine della caccia.

3. La caccia alla beccaccia è consentita dalle ore 7,30 fino alle ore 16.00.

4. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.

5. L'addestramento dei cani da ferma, da cerca e da seguita è consentito, nei territori dove non sussiste il divieto di caccia e non vi sono colture in atto, nel periodo consentito per l’attività venatoria, esclusi i giorni di silenzio venatorio. Le Province, con provvedimento di Giunta, possono autorizzare l’anticipo fino a quarantacinque giorni, ad esclusione del martedì e venerdì, delle attività di addestramento cani in aree circoscritte dopo aver accertato l’assenza di esemplari di fauna selvatica in fase di nidificazione o di dipendenza della prole dai genitori [31].

6. La Giunta regionale, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, sentito l'ISPRA, e tenuto conto delle consuetudini locali, può, in deroga a quanto stabilito al comma 2, regolamentare diversamente l'esercizio venatorio alla fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti tra il 1 ottobre ed il 30 novembre.

 

     Art. 25. (Divieti)

1. Oltre quanto previsto agli articoli 3 e 21 della legge 157/1992, è sempre vietato:

a) usare fonti luminose per la ricerca di fauna selvatica durante le ore notturne;

b) causare volontariamente la fuoriuscita di selvaggina da ambiti protetti;

c) l'addestramento e allenamento dei cani in periodi non previsti dal calendario venatorio o in zone non comprese da quelle previste da disposizioni delle amministrazioni provinciali;

d) introdurre cani da caccia nelle oasi di protezione;

e) la caccia a distanza inferiore a mille metri da valichi montani o praticare la caccia vagante a meno di centocinquanta metri di distanza da zone di ripopolamento e cattura, oasi di protezione, centri pubblici o privati di produzione della selvaggina allo stato naturale, campi di addestramento cani;

f) la bruciatura delle stoppie delle colture graminacee e leguminose, nonché prati, erbe palustri ed infestanti, anche nei terreni incolti, in tutto il territorio regionale dal 1 giugno al 20 settembre. Deroghe al periodo di divieto possono essere adottate dal Presidente della Provincia su motivata richiesta del sindaco del comune interessato. In caso di infrazione la responsabilità è del conduttore del fondo;

g) abbandonare e lasciare incustoditi i cani di qualsiasi razza. I cani trovati a vagare sul territorio utile alla caccia in tempo di divieto o sui terreni comunque vincolati a fini faunistici e venatori, devono essere catturati e, se non è possibile la cattura, allontanati;

h) usare, anche senza manifesta attitudine alla caccia, i richiami di cui all’articolo 21, comma 1, lettera r) della legge 157/1992;

i) detenere e commerciare esemplari di mammiferi ed uccelli vivi o morti presi con mezzi non consentiti dalla presente legge;

l) cacciare nelle zone colpite da incendio nei dieci anni successivi allo stesso [32];

m) cacciare sulle spiagge, terre emerse, opere frangiflutti e altri manufatti fissi atti a limitare i flutti marini.

 

     Art. 26. (Indennizzo danni da fauna selvatica)

1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili causati dalla fauna selvatica di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 157/1992, e dall'attività venatoria ed ai sinistri stradali causati dai soli ungulati selvatici, è costituito un fondo regionale che annualmente la Giunta ripartisce tra le amministrazioni provinciali in misura proporzionale alle denunce di danno pervenute l’anno precedente.

2. In ciascuna Provincia è costituito dalla Giunta provinciale un Comitato che provvede all’esame e valutazione delle richieste di indennizzo; il Comitato è composto da:

a) dirigente provinciale esperto in materia, designato dall’assessore provinciale, che lo presiede;

b) tre rappresentanti, in possesso del titolo di laureato in agraria o perito agrario o agrotecnico o tecnico faunistico, esponenti rispettivamente delle organizzazioni agricole, venatorie e di protezione ambientale maggiormente rappresentative a livello provinciale; la designazione è effettuata dal legale rappresentante regionale delle suindicate organizzazioni;

c) un funzionario regionale, laureato in scienze agrarie, del settore tecnico amministrativo dell'agricoltura competente per territorio, designato dall'assessore regionale delegato al ramo;

d) un esperto, laureato in scienze agrarie o in scienze forestali, o in ingegneria, o in giurisprudenza, designato dall'assessore regionale competente;

e) un funzionario della provincia, avvocato dell’ufficio legale, designato dall'assessore provinciale delegato alla materia;

f) da un dipendente dell'ufficio caccia dell'amministrazione provinciale, con funzione di segretario designato dall'assessore provinciale delegato alla materia [33].

3. Il soggetto danneggiato è tenuto a denunciare il danno, entro trenta giorni dall'evento, all'ufficio caccia della Provincia che entro i successivi trenta giorni procede agli accertamenti del caso anche mediante verifiche ed ispezioni sopralluogo.

4. La Provincia, previo esame della pratica da parte del Comitato previsto nel comma 2, entro centottanta giorni dal ricevimento della richiesta, se è disponibile la copertura finanziaria, provvede all’indennizzo del danno accertato nella misura del cento per cento, altrimenti comunica al danneggiato che l’indennizzo è liquidato con priorità l’anno successivo alla ricostituzione del fondo [34].

5. I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere indennizzati anche mediante polizze assicurative stipulate dalle Province o dagli organi di gestione degli ATC, di cui all’articolo 36.

6. I danni provocati negli ATC sono accertati ed indennizzati dagli organi di gestione degli stessi. La Provincia, obbligatoriamente informata per conoscenza, può disporre accertamenti a mezzo dei propri uffici tecnici.

L’indennizzo dei danni provocati nelle strutture faunistiche a gestione privata fa carico ai rispettivi

concessionari.

7. I danni provocati dalla fauna selvatica nelle aree protette sono accertati ed indennizzati dagli enti di gestione delle stesse.

8. Entro il mese di marzo di ogni anno le Province trasmettono al competente settore regionale un rapporto sotto forma di rendiconto annuale dei danni solo accertati e di quelli accertati e liquidati nell’anno precedente.

9. Le somme economizzate sono utilizzate dalle Province per attività di prevenzione dei danni da fauna selvatica e rendicontate l’anno successivo con il rapporto di cui al comma 8.

10. La Giunta regionale disciplina con regolamento procedure e i criteri applicativi di quanto riportato nel presente articolo [35].

 

     Art. 27. (Associazioni Venatorie)

1. Le associazioni venatorie sono libere.

2. Le associazioni venatorie sono quelle previste dall'articolo 34 della legge 157/1992.

3. Le associazioni venatorie riconosciute, oltre ai compiti loro affidati dalla legislazione nazionale vigente provvedono:

a) ad organizzare i cacciatori e a tutelare i loro interessi;

b) a promuovere e diffondere tra i cacciatori una conoscenza venatoria consapevole delle esigenze di difesa della fauna e degli ambienti naturali, anche a mezzo di adeguate iniziative ed interventi;

c) a collaborare nel campo tecnico organizzativo della caccia, con gli organi dello Stato e delle Regioni e con gli enti da esse delegati, ai sensi dell’articolo 8;

d) ad assistere i cacciatori con provvidenze tecniche;

e) a divulgare tra i cacciatori la conoscenza delle leggi che regolano l'esercizio venatorio, con particolare riguardo al corretto uso delle armi e al comportamento in territorio di caccia;

f) a proporre alla competente autorità il riconoscimento delle guardie volontarie venatorie;

g) a curare l'aggiornamento professionale delle predette guardie;

h) ad emanare sanzioni disciplinari nei confronti di loro iscritti che si sono resi responsabili di violazioni della presente legge.

4. La Regione e le amministrazioni provinciali possono affidare, a mezzo di apposite convenzioni, alle associazioni venatorie ed alle associazioni protezionistiche riconosciute, i compiti di vigilanza in strutture faunistiche od in ambiti territoriali ben definiti.

5. Alla stipula delle convenzioni sono invitati tutti gli enti o associazioni di cui al comma 4 e gli incarichi sono attribuiti a condizioni paritetiche purché sia garantita l'efficienza e la capacità.

 

     Art. 28. (Vigilanza venatoria)

1. La vigilanza sull'applicazione delle leggi venatorie è delegata alle Province che provvedono a mezzo dei propri agenti e coordinano le attività degli organi di vigilanza venatoria delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale. La Regione può dotarsi di propri agenti che svolgono le stesse mansioni e rivestono le stesse qualifiche degli agenti dipendenti delle Province.

2. Gli agenti delle Province e della Regione ottengono il riconoscimento, ai sensi della legislazione vigente, della qualità di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. È loro consentito portare armi durante il servizio, per lo svolgimento dei compiti di istituto ed eventuali armi con proiettile a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo 5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale).

3. Le guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel CTFVN, e quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, ottengono il riconoscimento della qualità di guardia particolare giurata ai sensi dell’articolo 138 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con Regio decreto 18 giugno 1931, n.773; alle guardie venatorie volontarie nell’esercizio delle proprie funzioni è sempre consentito portare utensili da punta e taglio, ed armi da caccia con munizione intera.

4. La vigilanza di cui al comma 1 è , inoltre, affidata:

a) agli ufficiali e guardie del Corpo Forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria;

b) alle guardie giurate comunali forestali e campestri, alle guardie private riconosciute ai sensi del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da legge nazionale o regionale, purché muniti dell’attestato di idoneità di cui al comma 6 [36].

5. Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza [37].

6. La qualifica di guardia volontaria può essere concessa, a norma del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità rilasciato dalla Regione previo superamento di apposito esame. Possono presentare domanda di partecipazione all'esame i cittadini italiani residenti in Campania, maggiorenni, di buona condotta morale e civile e senza condanne penali, la domanda è inoltrata al settore regionale competente per il tramite del rappresentante legale regionale dell'ente o dell’associazione di appartenenza del candidato. Ciascuna associazione può inoltrare annualmente un numero di domande non superiore all’uno per cento dei propri iscritti su base regionale. La commissione regionale esaminatrice è costituita con le modalità di cui al comma 11. Con provvedimento della Giunta regionale è disciplinato lo svolgimento e le materie degli esami.

7. Agli agenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 con compiti di vigilanza è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie è vietato praticare la caccia durante l'esercizio delle loro funzioni.

8. La Regione Campania e le amministrazioni provinciali organizzano corsi di formazione e di aggiornamento per le guardie venatorie volontarie. I corsi possono anche essere organizzati dalle associazioni o dagli enti di appartenenza, sotto il controllo della Regione.

9. Le amministrazioni provinciali coordinano l'attività delle guardie volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste, approvano annualmente dettagliati programmi di attività e forniscono ogni tipo di assistenza e consulenza.

10. La Giunta regionale, compatibilmente con le risorse di bilancio, rimborsa ad enti ed associazioni fino al cinquanta per cento della spesa per i corsi di aggiornamento dei propri agenti di vigilanza concordati con la Regione.

11. La commissione regionale di cui al comma 6 è costituita da:

a) Presidente, competente in materia, nominato dall’assessore competente [38];

b) il dirigente del Comando regionale del Corpo Forestale dello Stato o suo delegato;

c) un esperto in discipline naturalistiche designato dal dipartimento di zoologia dell’università Federico II di Napoli;

d) un esperto in materia giuridica designato dal Presidente della Giunta regionale;

e) un dipendente regionale con qualifica non inferiore a funzionario dell’area generale di coordinamento

sviluppo attività settore primario, servizio caccia e pesca, designato dal dirigente del settore;

f) un componente designato dalla commissione consiliare permanente competente in materia di agricoltura, caccia e pesca;

g) un componente in rappresentanza delle associazioni venatorie designato dal CTFVR;

h) un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole designato dal CTFVR;

i) un rappresentante delle associazioni protezionistiche designato dal CTFVR;

l) un dipendente regionale con funzioni di segretario, designato dall'assessore regionale competente.

12. La commissione regionale di cui al comma 11 è istituita con provvedimento del dirigente del settore regionale competente. I componenti rimangono in carica tre anni e possono essere riconfermati una sola volta.

13. La commissione si riunisce con frequenza settimanale presso l'assessorato all'agricoltura a condizione che vi siano almeno dodici richieste di esame.

14. L’amministrazione provinciale competente al rilascio del decreto di guardia particolare giurata che riscontri comportamenti in violazione dei divieti o dei compiti derivanti dalla presente legge sospende la validità del provvedimento fino alla scadenza. Il riconoscimento dell’idoneità e della qualifica di guardia venatoria volontaria decade definitivamente in seguito alla perdita del requisito di buona condotta e di assenza di condanne. Le associazioni venatorie, agricole ed ambientali organizzano, a loro carico, corsi di aggiornamento, approvati dalla competente struttura regionale per i propri iscritti. La commissione regionale prevista al comma 6 sottopone le guardie volontarie che hanno seguito tali corsi a verifica dell'idoneità ogni dieci anni mediante apposito esame [39].

 

     Art. 29. (Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria)

1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell’articolo 28 possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, l’esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all’articolo 19, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata.

2. Nei casi previsti dall’articolo 30 della legge 157/1992, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d), ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati. In tutti i casi previsti dagli articoli 31 e 32 della legge 157/1992, gli agenti di vigilanza redigono verbale e ne rilasciano copia al contravventore immediatamente. Se ciò non è possibile notificano copia al contravventore entro novanta giorni.

3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'amministrazione provinciale competente la quale, nel caso di fauna viva provvede a liberarla in località adatta, ovvero se non risulta liberabile, la consegnano ad un centro di recupero per la fauna selvatica che provvede alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione del suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna e che risulta liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta l'amministrazione provinciale provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario l'illecito sussiste, l'importo relativo è versato su un conto corrente intestato a ciascuna Provincia.

4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.

5. Gli organi di vigilanza che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denunce, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali conformi alla legislazione vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti. Gli agenti di vigilanza venatoria che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, se accertano infrazioni che prevedono il sequestro delle armi e dei mezzi di caccia e di uccellagione, danno immediata comunicazione anche alla Autorità di Pubblica Sicurezza interessata che provvede al sequestro delle armi e dei mezzi di caccia, a norma dell'articolo 28 della legge 157/1992, e comunica l'avvenuto sequestro all'amministrazione provinciale.

6. Gli agenti venatori volontari di cui all’articolo 28, comma 1, lett. b), esercitano le funzioni proprie della categoria quando sono comandati in servizio di vigilanza dagli enti od associazioni di cui fanno parte od in virtù di convenzioni stipulate con le province.

7. Gli agenti venatori dipendenti dagli enti delegati che abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza), non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza, fatto salvo il divieto di cui all'articolo 9 della stessa legge.

8. Gli agenti di vigilanza venatoria che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, nei casi previsti dall’articolo 32, provvedono al sequestro della fauna selvatica e procedono come previsto dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 32.

9. Gli agenti di polizia giudiziaria, a norma della legislazione statale vigente, nei casi in cui è previsto il sequestro delle armi e dei mezzi di caccia e di uccellagione, provvedono a conservare nei propri uffici il materiale sequestrato.

10. Tutti i verbali redatti dagli agenti che esplicano servizio di vigilanza venatoria sono immediatamente trasmessi all'ente da cui dipendono gli agenti, all'Autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti ed all'amministrazione provinciale.

11. Le amministrazioni provinciali provvedono a comunicare le infrazioni commesse dai cacciatori non residenti sul proprio territorio alle amministrazioni di residenza del contravventore.

12. Le amministrazioni provinciali mantengono l’apposito schedario già istituito dalla legge regionale 8/1996, con l’indicazione dei trasgressori della normativa vigente contenente tutte le indicazioni necessarie ad individuare il tipo di infrazione commessa, la sanzione amministrativa adottata e l'iter del procedimento amministrativo. Lo schedario può essere visionato anche dagli agenti che hanno proceduto alla verbalizzazione dei trasgressori.

13. Tutti gli agenti preposti alla vigilanza per l'attuazione della presente legge curano la tutela degli ambienti naturali al fine di salvaguardare gli habitat della fauna e l'equilibrio ecologico. Detti agenti, qualora accertino fatti che determinano deturpazione o degradado ambientale, sono tenuti a redigere regolare verbale da inoltrarsi alle autorità competenti.

 

     Art. 30. (Agenti dipendenti degli enti locali)

1. Fermo restando le altre disposizioni della legge 65/1986, gli agenti dipendenti degli enti locali, cui sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria, esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio e portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.

2. Gli stessi agenti possono redigere i verbali di contestazione delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti dalla presente legge e gli altri atti indicati agli articoli 28 e 29 anche fuori dall'orario di servizio.

 

     Art. 31. (Sanzioni penali)

1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e della legge 157/1992 si applicano le sanzioni penali previste dall'articolo 30 della medesima legge.

 

     Art. 32. (Sanzioni amministrative)

1. Oltre le sanzioni previste dall'articolo 31 della legge 157/1992, per le violazioni alla presente legge regionale si applicano le seguenti ulteriori sanzioni amministrative:

a) sanzione amministrativa da euro 155,00 a euro 930,00 per chi esercita la caccia senza essere munito del tesserino regionale prescritto dalla presente legge;

b) sanzione amministrativa da euro 77,00 a euro 465,00 per chi costruisce appostamenti fissi di caccia in violazione dell'articolo 5. L'appostamento deve essere rimosso entro due giorni. Scaduto tale termine, gli agenti verbalizzanti procedono al ripristino dei luoghi. Le spese del ripristino sono a carico del contravventore in solido con il proprietario del terreno ove è situato l'appostamento;

c) sanzione amministrativa da euro 77,00 a euro 465,00 e revoca dell'autorizzazione per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 7 e 13, comma 2, se il fatto non costituisce reato fatto salvo quanto previsto dall’articolo 13, comma 5 [40];

d) sanzione amministrativa da euro 103,00 a euro 620,00 per chi viola le disposizioni di cui all'articolo 21, lettere e), f), g), v), z) della legge 157/1992;

e) sanzione amministrativa di euro 26,00 per ciascun capo abbattuto in violazione alle disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 157/1992 se non diversamente sanzionato;

f) sanzione amministrativa da euro 26,00 a euro 155,00 per chi viola le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3, della legge157/92;

g) sanzione amministrativa da euro 26,00 a euro 155,00 per chi viola le disposizioni della presente legge e della legge 157/1992 non espressamente richiamate dal presente articolo.

2. Per le violazioni del presente articolo, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, procedono in ogni caso al sequestro della fauna selvatica.

3. Per le violazioni delle disposizioni di cui alle lettere u), v) e z) del comma 1 dell’articolo 21 della legge 157/1992, gli agenti di vigilanza procedono al sequestro delle trappole, delle reti e di tutto il materiale utilizzato per l'uccellagione.

4. In tutti i casi di cui all'articolo 22, comma 1, della presente legge ed all'articolo 30, comma 1, lettere a), b), g), della legge 157/1992, si procede al ritiro ed alla sospensione dell'apposito tesserino regionale di cui all’articolo 19 fino al termine dell'annata venatoria.

5. Gli agenti verbalizzanti procedono all'immediato ritiro del tesserino regionale nei casi previsti dal comma 4 e lo consegnano all'amministrazione provinciale competente per territorio. In tali casi, il termine di cui all’articolo 34, comma 2, si intende ridotto di un mese dalla data di presentazione del ricorso.

6. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale e doganale.

7. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale – Depenalizzazione).

8. I proventi delle sanzioni sono riscossi dalle amministrazioni provinciali e sono utilizzati per lo svolgimento delle funzioni delegate in materia di caccia.

 

     Art. 33. (Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione dell'esercizio commerciale)

1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 30 della legge 157/1992 nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo, l'autorità amministrativa dispone:

a) la sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, per un periodo da uno a tre anni, nei casi previsti dalle lettere a), b), d) ed i), comma 1, del predetto articolo 31 della legge 157/1992, nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma 1, lettere f), g) e h), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui al comma 2, numero1) dell'articolo 99 del codice penale;

b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci anni, nei casi previsti dalle lettere c), e) ed m), comma 1 del predetto articolo 31 della legge 157/1992, nonché, relativamente ai fatti previsti dallo stesso comma 1, lettere d) ed i), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, comma 2, numero1), del codice penale;

c) l'esclusione definitiva della concessione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti dal predetto articolo 31 della legge 157/1992, comma 1, lettere a), b), c), e) ed m), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui al comma 2, numero1), dell'art. 99 del codice penale;

d) la chiusura dell'esercizio commerciale o la sospensione del relativo provvedimento autorizzativo per un periodo di un mese, nel caso previsto dal comma 1, lettera l) del predetto articolo 31 della legge 157/1992; nelle ipotesi di recidiva di cui al comma 2, numero1) dell'articolo 99, del codice penale, la chiusura o la sospensione è disposta per un periodo da due a quattro mesi.

2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal questore della provincia del luogo di residenza del contravventore, a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario, quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene definitivo il provvedimento di condanna.

3. Se l'oblazione non è ammessa, o non è effettuata nei sessanta giorni successivi all'accertamento, l'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma dell'articolo 31, comma 1, lettere a), b), c), d), e) ed i), della legge 157/1992 al questore, il quale può disporre la sospensione cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica sicurezza.

4. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 31 della legge 157/1992, si applica il provvedimento di sospensione per un anno della licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi indicati dal comma 1, lettera a) dal citato articolo 31 della legge 157/1992, nonché, laddove la violazione sia nuovamente commessa, nei casi indicati alle lettere b), c) e f) del medesimo comma 1. Se la violazione di cui alla citata lettera a) è nuovamente commessa, la sospensione è disposta per un periodo di due anni.

5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato dal questore della provincia del luogo di residenza di chi ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte dell'amministrazione provinciale competente, che è stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria o che non è stata proposta opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato definito il relativo giudizio.

6. L'organo accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate a norma del comma 4 al questore, il quale può valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro temporaneo della licenza ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza.

 

     Art. 34. (Oblazione e definizione amministrativa delle sanzioni)

1. Alle infrazioni amministrative previste dall'articolo 32, si applicano le disposizioni della legge 689/1981. Alla definizione in via amministrativa delle infrazioni provvede direttamente l'amministrazione provinciale competente per territorio. Per la definizione di infrazioni per le quali sono stati prodotti scritti difensivi la Provincia si avvale di un'apposita commissione nominata dal Presidente dell'amministrazione provinciale e così costituita:

a) il dirigente del settore provinciale competente che la presiede;

b) un rappresentante delle associazioni venatorie, un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole ed un rappresentante delle associazioni protezionistiche designati dal CTFV provinciale della caccia, scelti ogni due anni ed alternativamente tra i componenti di cui alla lettera b), comma 2, dell’articolo 8;

c) il responsabile del servizio caccia della amministrazione provinciale;

d) un dipendente regionale dell'Area generale di coordinamento sviluppo attività settore primario designato dall'assessore competente;

e) un dipendente dell'amministrazione provinciale con funzioni di segretario.

2. L'indiziato della trasgressione ed il verbalizzante possono richiedere alla commissione di essere ascoltati, così come la commissione può invitare i verbalizzanti a fornire chiarimenti orali sui fatti trascritti nel verbale e negli scritti difensivi. Copia di tali scritti è tempestivamente trasmessa all'ente cui appartiene il verbalizzante unitamente all'avviso della fissazione della seduta per la discussione dell'infrazione. Se entro un anno dalla presentazione degli scritti difensivi da parte dell'indiziato della trasgressione, gli stessi non sono esaminati dalla commissione, si intendono tacitamente accolti e d'ufficio, con ordinanza, il dirigente del settore provinciale competente provvede all'archiviazione del processo verbale.

3. La commissione in caso di fondatezza del processo verbale applica la sanzione discrezionalmente nei limiti fissati dalla legge, indica i motivi che giustificano l'uso del potere discrezionale tenendo conto della gravità e della tenuità dell'infrazione desunta:

a) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dal tempo, dal luogo e dalla modalità dell'azione;

b) dall'entità del danno economico effettivamente cagionato;

c) dal grado di colpa e dall'intensità del dolo;

d) da eventuali precedenti infrazioni in materia di legislazione venatoria.

4. La commissione applica la sanzione tra il minimo ed il cinquanta per cento del massimo quando concorrono più circostanze attenuanti, ovvero quando queste siano ritenute prevalenti in concorso con circostanze aggravanti.

5. Se concorrono solo circostanze aggravanti o queste sono ritenute prevalenti in concorso con circostanze attenuanti, la commissione applica una sanzione non inferiore al cinquanta per cento del massimo.

6. Se concorrono circostanze aggravanti e circostanze attenuanti ritenute equivalenti la commissione applica la sanzione che avrebbe applicato in assenza delle dette circostanze.

7. In caso di evidente infondatezza dell'accertamento la commissione, sentiti gli agenti verbalizzanti, chiede al dirigente del settore provinciale competente l'ordinanza di archiviazione del processo verbale.

8. La commissione propone al dirigente del settore provinciale competente di ordinare al contravventore il pagamento della sanzione amministrativa stabilita.

9. Alla definizione dei verbali per i quali i verbalizzanti non si sono avvalsi della facoltà del versamento liberatorio in misura ridotta ad un terzo del massimo della sanzione entro sessanta giorni dalla notifica dell'infrazione e che non hanno prodotto all'amministrazione provinciale scritti difensivi entro il termine di trenta giorni, il dirigente del settore provinciale competente ingiunge il pagamento di una somma compresa tra il massimo ed il cinquanta per cento della sanzione amministrativa.

 

     Art. 35. (Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione all'esercizio venatorio)

1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia è rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.

2. Il primo rilascio avviene dopo che il richiedente ha conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito di esami pubblici dinanzi ad una commissione nominata dalla Giunta regionale in ciascun capoluogo di provincia.

3. La commissione di cui al comma 2 è composta da esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.

4. La Giunta regionale stabilisce le modalità per lo svolgimento degli esami che riguardano in particolare nozioni nelle seguenti materie:

a) legislazione venatoria;

b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di riconoscimento delle specie cacciabili, mediante utilizzo di esemplari preparati e di supporti audiovisivi, ovvero di fotografie o immagini;

c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;

d) tutela della natura e principi di salvaguardia della produzione agricola;

e) norme di pronto soccorso.

5. L'attestato di abilitazione è concesso, se il giudizio è favorevole in tutti e cinque gli esami elencati al comma 4, dal dirigente del settore caccia provinciale.

6. Le commissioni di esame per il rilascio dell'attestato di abilitazione all'esercizio venatorio sono istituite dalla Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale competente, hanno sede presso ogni amministrazione provinciale e sono composte da:

a) il Presidente, designato dall’assessore regionale competente, esperto in materia [41];

b) da cinque componenti effettivi esperti nelle materie di cui al comma 4, e cinque supplenti, uno per ciascuna materia, convocati in caso di assenza del corrispondente titolare; i componenti sono designati dall'assessore regionale competente per la caccia. Per acquisire i nominativi da designare l'assessore richiede la segnalazione di terne di esperti per ogni singola materia alle associazioni presenti nel CTFVR che in ogni caso devono essere sentite. L'esperto in zoologia applicata alla caccia deve possedere la laurea magistrale in scienze biologiche o scienze naturali o medicina veterinaria; l'esperto in pronto soccorso deve possedere la laurea magistrale in medicina e chirurgia; l’esperto in armi e munizioni deve essere in possesso dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni di legge [42];

c) dal responsabile del settore caccia dell'amministrazione provinciale con funzioni di segretario o suo delegato [43].

7. I componenti delle commissioni durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati solo per un secondo mandato. In caso di dimissioni o, comunque, di vacanza di posto il sostituto, nominato con decreto dell'assessore regionale alla caccia, dura in carica fino alla scadenza del periodo di nomina del componente sostituito.

8. Il rinnovo delle commissioni con le modalità indicate nei commi precedenti è disciplinato dalla legge 15 luglio 1994, n. 444 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, recante disciplina della proroga degli organi amministrativi).

9. La commissione è validamente insediata dal Presidente o da un suo delegato e da almeno cinque componenti.

10. Per ciascuna seduta il numero dei candidati non può essere inferiore a venti né superiore a trenta. La commissione non può tenere più di due sedute di esami per settimana [44].

11. La Giunta regionale, per particolari e documentate esigenze, a richiesta del Presidente dell'amministrazione provinciale, può concedere deroghe alle limitazioni di cui al comma 10.

 

     Art. 36. (Gestione programmata della caccia)

1 La Giunta Regionale, su parere della commissione consiliare competente in materia, sentito il CTFVR, ripartisce il territorio destinato alla caccia programmata, di cui al comma 1, lettera c) dell’articolo 9, in ATC, destinati alla caccia programmata, di superficie non inferiore a 45.000 ettari, anche ricadenti in più Province o articolati in sub comprensori, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali [45].

2. Ogni cacciatore residente anagraficamente in Campania ha diritto all'accesso con residenza venatoria, per l’intera stagione di caccia, in uno degli ATC istituiti nella Regione. La richiesta deve essere formulata all’Ufficio provinciale competente per l’ATC richiesto, dal 1° febbraio al 31 marzo di ciascun anno, indicando anche l’ordine di preferenza per ciascun altro ATC In assenza di domanda, la richiesta relativa all’anno precedente si intende confermata per l’anno in corso. Elementi della richiesta non più rispondenti all’attualità, o il mancato pagamento della quota di partecipazione, rendono nulla la domanda e determinano l’obbligo della sua riformulazione. Ai cacciatori iscritti ad un ATC della Campania può essere consentito, nei limiti della disponibilità dei posti e subordinatamente al consenso degli organi di gestione, di esercitare la caccia all'avifauna migratoria, in un ATC diverso da quello di appartenenza, previo versamento alla Regione di una quota pari a quella versata per la residenza venatoria e comunicando i dati del versamento entro e non oltre il 31 agosto di ogni anno a pena di esclusione [46].

2 bis. Sono criteri di priorità per l’ammissione con residenza venatoria, nell’ordine: la residenza anagrafica nell’ATC, la residenza anagrafica in ATC confinanti se il numero di cacciatori in esso residenti anagraficamente supera il numero di posti disponibili; in caso di pari requisiti è sempre favorito il cacciatore più anziano [47].

2 ter. Ogni cacciatore residente in Campania può richiedere l’accesso anche ad altri ATC della Regione, e ad ATC fuori regione, se consentito dalle rispettive norme regionali; i cacciatori residenti in altre regioni italiane possono richiedere l’accesso ad un solo ATC della Campania; gli organi di gestione degli ATC applicano, ai cacciatori residenti in altre regioni italiane, le medesime limitazioni stabilite da queste per i cacciatori campani [48].

2 quater. L’ammissione ad un ATC della Campania con residenza venatoria, o senza, è subordinato alla disponibilità di posti, al consenso dell’organo di gestione ed al pagamento della quota di partecipazione [49].

2 quinquies. I cacciatori ammessi in un ATC della Campania per l’intera stagione venatoria, versando alla Regione una quota ulteriore pari a quella di partecipazione, possono esercitare la caccia, esclusivamente su avifauna migratoria, in altri ATC, a scelta, per cinquanta giornate; tale diritto è subordinato per ciascuna giornata alla disponibilità di posti ed al preventivo consenso degli organi di gestione nel rispetto della densità venatoria giornaliera [50].

3. La Giunta regionale, nel rispetto della vigente normativa europea e nazionale, sentiti gli organi di gestione, determina per ciascun Ambito territoriale di caccia:

a) il numero totale di cacciatori ammissibili, applicando l'indice di densità venatoria minima, come indicato dal Ministero competente, all’estensione del territorio agrosilvo-pastorale dell’ATC;

b) il numero di cacciatori ammissibili con residenza venatoria, se possibile in misura proporzionale al territorio utile alla caccia dell’ATC, tale da garantire, con le quote stabilite per tutti gli altri Ambiti, una disponibilità di posti sufficiente per tutti i cacciatori campani;

c) il numero di cacciatori ammissibili nel territorio dell’ATC senza residenza venatoria; in tale quota sono inclusi anche i cacciatori residenti fuori regione in misura non superiore al cinque per cento del totale di cui alla lettera a);

d) il numero di cacciatori ammissibili senza residenza venatoria per l’esclusivo esercizio della caccia su avifauna migratoria, come previsto al comma precedente, in misura non inferiore al dieci per cento del totale di cui alla lettera a);

e) le regole per l’accesso dei cacciatori senza residenza venatoria, anche per periodi inferiori alla stagione venatoria;

f) eventuali criteri di priorità, supplementari a quelli già stabiliti nel presente articolo, per l’ammissione dei cacciatori negli ATC della Campania [51].

4. I componenti dei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia sono nominati con delibera di Giunta provinciale. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia è assicurata la presenza di tutte le associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale previste nell’articolo 34, comma 5 della legge 157/1992, se presenti in forma organizzata sul territorio. Svolge le funzioni di segretario un dipendente dell’ufficio caccia della Provincia competente per territorio a cui possono essere affidate dal comitato di gestione compiti di assistenza tecnica e amministrativa.. Il comitato di gestione, costituito da un massimo di diciannove rappresentanti nel rispetto delle proporzioni previste nell’articolo 14, comma 10 della legge 157/1992, è così costituito:

a) sessanta per cento nominati in rappresentanza di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute dal citato articolo 34 della legge 157/1992, se presenti in forma organizzata sul territorio, un componente per ogni associazione, con priorità per quelle con il maggior numero di iscritti residenti nel territorio dell’ATC risultante da tabulato in copia autentica consegnata all’amministrazione provinciale competente;

b) venti per cento nominati in rappresentanza di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio Nazionale per l’Ambiente, ed operanti nella provincia, un componente per ogni associazione, con priorità per quelle con il maggior numero di iscritti residenti nel territorio dell’ATC risultante da tabulato in copia autentica consegnata all’amministrazione provinciale competente;

c) dieci per cento in rappresentanza delle amministrazioni provinciali, designati dall’assessore provinciale competente, di cui un componente con funzioni di segretario;

d) dieci per cento dei componenti in rappresentanza della Regione Campania, di cui un componente nominato dall’assessore all’agricoltura ed uno dal Presidente della commissione consiliare permanente competente in materia di agricoltura [52].

5. In caso di modifica delle designazioni effettuate ai sensi del comma 4, la Giunta provinciale provvede alla sostituzione entro e non oltre trenta giorni. In ogni caso, le funzioni dei componenti sostituiti cessano alla scadenza del suindicato termine.

6. Le designazioni di nomina o di revoca avvengono ad iniziativa delle rispettive strutture provinciali. Se le designazioni non pervengono all'amministrazione provinciale entro il termine di trenta giorni dalla data della richiesta, la Provincia provvede d'ufficio.

7. Gli organi di gestione, così costituiti, eleggono il Presidente ed il Collegio dei revisori dei conti, in numero non inferiore a tre, nel rispetto delle norme vigenti.

8. Gli organi di gestione degli ATC hanno sede presso le competenti amministrazioni provinciali e sono convocati dai rispettivi Presidenti. Possono essere convocati anche su richiesta scritta e motivata di almeno un terzo dei componenti. I componenti durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. Le Province assicurano anche il supporto tecnico ed amministrativo.

8 bis. Il Comitato di gestione provvede alla pubblicazione sul proprio sito Web degli atti assunti nell’esercizio dei propri compiti istituzionali. Trasmette entro il 30 marzo di ogni anno, contestualmente al conto consuntivo corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei conti, una relazione dettagliata sugli aspetti finanziari, amministrativi e tecnici delle attività dallo stesso svolte nell’esercizio finanziario precedente [53].

9. La Giunta regionale, in caso di comprovata inefficienza o inerzia degli organi di gestione degli ATC, nomina un commissario che, coadiuvato dall'ufficio caccia dell'amministrazione provinciale, sostituisce l'organo inadempiente, acquisisce nuove designazioni e propone alla Giunta provinciale la nomina di un nuovo organismo di gestione restando in carica fino al suo insediamento.

 

     Art. 37. (Compiti dei Comitati di gestione)

1. Il Comitato di gestione, entro quattro mesi dal suo insediamento, approva un piano programmatico nel quale devono essere comunque previsti:

a) piani poliennali di utilizzazione del territorio interessato per ciascuna stagione venatoria con i programmi delle immissioni e degli abbattimenti di fauna selvatica;

b) l'istituzione e le modalità organizzative di centri di allevamenti, da gestire in forma di azienda agricola, della fauna selvatica stanziale, muniti di adeguate strutture venatorie per l'adattamento in libertà;

c) le condizioni affinché sia garantita una sufficiente consistenza di base di fauna selvatica durante tutto l'anno solare.

2. Il Comitato di gestione promuove e organizza le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma gli interventi per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione degli incentivi economici ai proprietari ed ai conduttori dei fondi rustici per:

a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale del territorio anche mediante lanci di selvaggina da ripopolamento;

b) le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli, ai sensi del regolamento C.E.E. n. 1094/88 e s.m.i;

c) il ripristino di zone umide e di fossati;

d) la differenziazione e rotazione delle colture;

e) la ricostituzione di siepi, cespugli ed alberi adatti alla sosta, alla riproduzione ed alla nidificazione della fauna selvatica;

f) la tutela dei nidi e dei nuovi nati;

g) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione degli appostamenti e di ambientamento della fauna selvatica.

3. Il Comitato di gestione degli ATC provvede, altresì, ad individuare ed accertare i danni causati alle colture agricole dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività venatoria da segnalare all'amministrazione provinciale ai fini della erogazione di contributi per il risarcimento del danno nonché per gli interventi, preventivamente concordati, atti ad evitare i danni predetti. Per la verifica dei danni il Comitato può richiedere specifici accertamenti agli uffici agricoli e forestali della Regione, della Provincia e delle comunità montane presenti sul territorio.

4. Entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello cui si riferisce è approvato dal comitato il bilancio preventivo dell'ATC ed inviato per le opportune verifiche alla Provincia corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei conti.

5. Ogni ATC ha facoltà di spesa nei limiti di disponibilità di bilancio.

6. Ogni ATC deve trasmettere per l'approvazione alla Provincia, entro il 31 marzo di ogni anno, il rendiconto tecnico finanziario relativo all'esercizio precedente, corredato dalla relazione del Collegio dei revisori dei conti.

7. Il Comitato di cui innanzi, per particolari compiti che richiedono competenze specialistiche, possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, della collaborazione dei dipartimenti di zoologia, di agraria e di scienze naturali delle università.

 

     Art. 38. (Funzione delle Province nella gestione degli ATC)

1. Per il coordinamento della gestione programmata della caccia, le Province:

a) regolamentano il prelievo venatorio, nel rispetto della forma e dei tempi di caccia previsti dalla legge, in rapporto alla consistenza delle popolazioni di specie stanziali accertata tramite censimenti effettuati di intesa con i comitati di gestione;

b) indicano il numero dei capi di fauna selvatica stanziale, distinte per specie, prelevabile durante la stagione venatoria;

c) [determinano il numero, minimo e massimo, dei cacciatori ammissibili in ogni ambito territoriale, in modo che risulti un rapporto cacciatore e territorio utile alla caccia non inferiore alla media regionale ricavato sulla base dei tesserini rilasciati l'anno precedente in conformità all'indice di cui al comma 2 dell’articolo 36] [54];

d) fissano le quote di partecipazione economica da parte dei cacciatori a favore dei Comitati di gestione in misura base non superiore all'importo della tassa di concessione regionale in vigore per fucile a due colpi; la quota di partecipazione giornaliera per l’accesso ad un ATC per periodi inferiori alla stagione venatoria è pari ad un decimo di quella stagionale; le quote sono ridotte del quaranta per cento per i cacciatori residenti in Campania [55].

2. Le quote di cui al comma 1 sono versate su apposito conto corrente presso l'amministrazione provinciale competente e da quest'ultima accreditate ai singoli ATC su apposito conto presso lo stesso tesoriere dell'amministrazione provinciale sul quale il Presidente dell’ATC dispone pagamenti dovuti per le finalità istituzionali degli ATC.

 

     Art. 39. (Tassa di concessione regionale)

1. Per poter esercitare la caccia è dovuta una tassa di concessione regionale istituita ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario), e prevista dall'articolo 23 della legge 157/1992. I proventi derivanti dall'applicazione di tale tassa sono utilizzati per la realizzazione dei fini della presente legge e per il finanziamento o il concorso nel finanziamento di progetti di valorizzazione del territorio presentati anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che nell'ambito della programmazione regionale contemplino, tra l'altro, la creazione di strutture per l'allevamento di fauna selvatica, la manutenzione degli appostamenti, di ambientamento della fauna selvatica, l'adozione di forme di lotta integrata e di lotta guidata, il ricorso a tecniche colturali e tecnologiche innovative non pregiudizievoli per l'ambiente, la valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite, la manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire incendi, il recupero e la riabilitazione di fauna protetta.

2. La tassa regionale di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale, ha validità annuale ed è pari a quella fissata dalla tariffa annessa alla legge regionale 7 dicembre 1993, n. 44 (Determinazione della tariffa per le tasse sulle concessioni regionali) [56].

3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile per uso di caccia la tassa regionale è rimborsata. La tassa di concessione regionale è rimborsata anche al cacciatore che rinuncia all'assegnazione dell'ambito territoriale di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta se non si esercita la caccia durante l'anno.

4. I centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed intensivo, le aziende faunisticovenatorie e le aziende agrituristico-venatorie sono soggetti a tasse regionali.

 

     Art. 40. (Utilizzazione dei proventi)

1. Tutte le entrate di cui alla presente legge sono utilizzate per gli scopi che la stessa si prefigge.

2. La Regione Campania, con la legge di approvazione del bilancio regionale, per ciascun anno finanziario, provvede ad iscrivere stanziamenti in specifici capitoli di previsione della spesa:

a) spese per la ricostituzione e la tutela del patrimonio faunistico;

b) fondo da ripartire tra le Province nella misura del venti per cento per la prevenzione e dell’ottanta per cento per l’indennizzo dei danni causati da specie della fauna selvatica, con priorità se protette o in via di estinzione, costituito con le modalità di cui all'articolo 26, comma 1;

c) fondo da ripartire tra le Province per funzioni delegate;

d) spese per compiti propri della Regione e per tutte le altre spese comunque riguardanti la materia venatoria.

3. I singoli stanziamenti annuali dei capitoli sono stabiliti, nel rispetto delle norme della presente legge, con la legge di approvazione del bilancio.

 

     Art.41. (Norma finanziaria)

1. La presente legge non comporta ulteriori oneri finanziari rispetto agli stanziamenti in bilancio già conseguenti dall’applicazione della legge regionale 8/1996.

2. Al fine di assicurare l’invarianza finanziaria alle spese previste dagli articoli 4, 8, 10, 11, 12, 16, 18, 19, 24, 26, 28, 34, 35, 36 e 39, si fa fronte nell’ambito del tetto del gettito di entrata previsto dall’articolo 40.

2 bis. Ai componenti delle commissioni di cui agli articoli 28, comma 11, 34, comma 1 e 35, comma 3, e dei comitati di cui agli articoli 8, comma 2, 26, comma 2, e 36, comma 4, è riconosciuto il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, i rimborsi spettano anche ai pubblici dipendenti se le attività sono svolte fuori sede [57].

 

     Art. 42. (Disposizioni transitorie e finali)

1. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, approva il regolamento attuativo.

2. In attesa dell’approvazione del regolamento previsto al comma 1 si applicano le norme regolamentari vigenti in attuazione della legge regionale 8/1996 nelle parti non in contrasto con la presente legge.

3. I cacciatori che, per l’annata venatoria 2012/2013, hanno già perfezionato l’iscrizione all’ATC di residenza venatoria mediante il pagamento della relativa quota di partecipazione conservano il diritto acquisito.

4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le norme in contrasto ivi compreso l’articolo 5 della legge regionale 21 maggio 2012, n. 13 (Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1), e la legge regionale 8/1996.

5. Per tutto quanto non previsto nella presente legge si applicano le norme contenute nella legge 157/1992.

6. La presente legge è dichiarata urgente, ai sensi del vigente Statuto, ed entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania.


[1] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 6 maggio 2013, n. 5.

[2] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[3] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[4] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, nella parte in cui non prevedeva che l’autorizzazione per l’impianto di appostamento fisso potesse essere richiesta da coloro che ne erano in possesso nell’annata venatoria 1989-1990 e, solo nel caso in cui si fosse verificata una capienza, dagli ultrasessantenni.

[5] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[6] Numero così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[7] Numero così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[8] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, nella parte in cui non prevedeva che la quota di territorio agro-silvo-pastorale regionale destinata a protezione della fauna selvatica dovesse essere non inferiore al venti per cento del totale.

[9] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, limitatamente alle parole «ivi comprese le aree contigue dei parchi nazionali e regionali».

[10] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[11] Lettera abrogata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[12] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, nella parte in cui prevedeva che la Giunta regionale individuasse nel piano faunistico da essa proposto al Consiglio regionale anche l’indice minimo di densità venatoria regionale.

[13] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[14] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[15] Comma abrogato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[16] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[17] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[18] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[19] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[20] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[21] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[22] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[23] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, nella parte in cui non prevedeva che la Giunta regionale potesse autorizzare piani di abbattimento di animali inselvatichiti di specie domestiche solo previa verifica dell’inefficacia di metodi ecologici di controllo selettivo, su parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

[24] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[25] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[26] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[27] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[28] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[29] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[30] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[31] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013.

[32] Lettera così sostituita dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, nella parte in cuivietava di cacciare nelle zone boschive colpite in tutto o in parte da incendio per i dodici mesi, anziché per i dieci anni successivi all’incendio.

[33] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[34] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[35] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[36] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[37] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[38] Lettera così sostituita dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[39] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[40] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[41] Lettera così sostituita dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[42] Lettera così sostituita dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[43] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[44] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[45] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[46] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12. La Corte costituzionale, con sentenza 12 dicembre 2013, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L.R. 12/2013, nella parte in cui consentiva ad ogni cacciatore iscritto in un ambito territoriale di caccia (ATC) della Regione Campania l’esercizio venatorio su avifauna migratoria in tutto il territorio agro-silvo-pastorale.

[47] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[48] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[49] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[50] Comma inserito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[51] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[52] Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[53] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[54] Lettera abrogata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[55] Lettera così modificata dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[56] Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.

[57] Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 6 settembre 2013, n. 12.