§ 41.1.265 - Circolare 26 gennaio 1999, n. 7/99.
Decreto legislativo 23 ottobre 1998, n. 410. Disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi 25 febbraio 1995, n. 77, e 15 [...]


Settore:Normativa nazionale
Materia:41. Enti locali e Regioni
Capitolo:41.1 disciplina generale
Data:26/01/1999
Numero:7

§ 41.1.265 - Circolare 26 gennaio 1999, n. 7/99. [1]

Decreto legislativo 23 ottobre 1998, n. 410. Disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi 25 febbraio 1995, n. 77, e 15 settembre 1997, n. 342, in materia di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.

(G.U. 6 febbraio 1999, n. 30).

 

     1. Premessa.

 

     Il decreto legislativo 23 ottobre 1998, n. 410, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 280 del 30 novembre 1998, contiene disposizioni correttive ed integrative in materia di contabilità ed equilibrio finanziario degli enti locali, nonchè in tema di risanamento degli enti locali in stato di dissesto. Il provvedimento è stato emanato in base alla delega recata dall'art. 2, comma 22, della legge 16 giugno 1998, n. 191, il quale ha introdotto un comma aggiuntivo, il comma 7 bis, all'art. 9 della legge 15 maggio 1997, n. 127.

     La presente circolare è stata predisposta, sentito anche l'Osservatorio permanente per l'attuazione della legge 15 maggio 1997, n. 127, per fornire chiarimenti in ordine alle nuove disposizioni normative, le quali recano modifiche testuali al decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, in materia di ordinamento finanziario e contabile, nonchè alcune disposizioni transitorie.

     Per quanto attiene all'oggetto degli interventi normativi possiamo distinguere le disposizioni del decreto legislativo n. 410 del 1998 in:

     a) nuove norme in materia di organizzazione, programmazione e gestione;

     b) nuove norme in materia di risanamento degli enti locali dissestati;

     c) nuove disposizioni di carattere generale.

 

     2. Nuove norme in materia di organizzazione, programmazione e gestione.

 

     2.1 Disciplina ed organizzazione del Servizio finanziario.

     L'articolo 3, comma 1, del previgente testo del decreto legislativo n. 77 del 1995 prevedeva che l'organizzazione del Servizio finanziario o di Ragioneria, o qualificazione corrispondente, degli enti locali fosse disciplinato dal Regolamento di contabilità dell'ente stesso, di competenza dell'organo consiliare per quanto attiene ad approvazione e modifiche.

     L'art. 1 del decreto legislativo correttivo che si commenta ha previsto, invece, con modifica testuale al predetto art. 3, che l'organizzazione del Servizio finanziario dell'ente locale trovi la sua fonte normativa nel Regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, di competenza della giunta ai sensi dell'art. 35, comma 2 bis, della legge 8 giugno 1990, n. 142, come modificato dalla legge n. 127 del 1997.

     In tal modo, si riconduce in un unico strumento regolamentare la disciplina delle varie articolazioni funzionali dell'ente locale e dei rapporti tra essi intercorrenti in fase di gestione, consentendo sia una visione unitaria della struttura sia più agevoli modifiche alla stessa per migliorarne il funzionamento.

 

     2.2 Disposizioni in materia di controllo preventivo di legittimità degli atti.

     L'art. 2 del decreto legislativo n. 410 del 1998 modifica l'art. 16, comma 4, del decreto legislativo n. 77 del 1995, nella parte in cui disciplina il termine per il controllo sugli atti di bilancio da parte dell'organo regionale di controllo. Infatti, la norma previgente richiamava l'art. 46 della legge 8 giugno 1990, n. 142, il quale prevedeva un termine di quaranta giorni per l'esercizio del controllo su tali atti.

     In conseguenza dell'abrogazione dell'art. 46, disposta dal comma 31 dell'art. 17 della legge n. 127 del 1997, l'art. 2 del decreto legislativo che si commenta introduce opportunamente un richiamo all'art. 17 della legge n. 127 del 1997, il quale prevede (al comma 40) un termine di trenta giorni per il controllo preventivo di legittimità di tutte le deliberazioni soggette a tale controllo, e, quindi, anche del bilancio di previsione.

     La modifica normativa recata dal successivo art. 4 del decreto legislativo n. 410 del 1998 ha lo scopo di eliminare dubbi interpretativi che avrebbero potuto sorgere dalla lettura del secondo comma dell'art. 36 del decreto legislativo n. 77 del 1995, nella parte in cui prevedeva, all'ultimo periodo, la trasmissione all'organo regionale di controllo - ai fini dell'esame preventivo di legittimità - della delibera consiliare di ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi e sul permanere degli equilibri finanziari. Come è noto, infatti, la legge 15 maggio 1997, n. 127, ha riformato l'intera materia del controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, prevedendo, in un'ottica di semplificazione, che solo gli atti di competenza consiliare più rilevanti siano soggetti a tale controllo ed in particolare (con elencazione tassativa) il bilancio di previsione annuale e pluriennale e relative variazioni, il rendiconto della gestione, lo statuto e parte dei regolamenti.

     Orbene, posto che per principio di carattere generale la norma sopravvenuta determina l'abrogazione di tutte le disposizioni con essa contrastanti, la previsione della sottoposizione al controllo della delibera consiliare di cui al richiamato art. 36 era già da ritenersi caducata. Tuttavia, proprio al fine di evitare dubbi interpretativi (fondati su una presunta "specialità" della norma) il legislatore ha ritenuto opportuno prevedere l'eliminazione delle disposizioni in questione.

     Pur se ultroneo, si evidenzia che la deliberazione consiliare di cui trattasi sarà comunque soggetta al controllo dell'organo regionale ove, accertata la presenza di squilibri finanziari, i provvedimenti di riequilibrio della gestione comportino variazioni di bilancio (concretandosi, in tal caso, una delle fattispecie sopra riportate di atti soggetti a controllo).

 

     2.3 Individuazione dei responsabili dei servizi.

     L'art. 3 prevede, al primo comma, l'abrogazione dei primi due commi dell'art. 19 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, introdotti dall'art. 6 del decreto legislativo 11 giugno 1996, n. 336, e, al secondo comma, l'abrogazione di un periodo del comma 9 dell'art. 27 del medesimo decreto legislativo n. 77 del 1995.

     L'art. 19 nel testo previgente prevedeva, al comma 1, che l'individuazione dei responsabili dei servizi dell'ente locale avvenisse mediante delibera di giunta e, al comma 2, che nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e nelle comunità montane la responsabilità di singoli servizi potesse essere affidata ai componenti della giunta, pur se solo in assenza di figure professionali idonee nell'ambito dei dipendenti.

     Le modifiche si rendono necessarie per conformare il testo dell'ordinamento finanziario e contabile alla disciplina vigente in materia di individuazione e nomina dei responsabili dei servizi negli enti locali, al fine precipuo di evitare dubbi interpretativi in questa delicata materia.

     Infatti, la competenza alla nomina dei responsabili dei servizi è attribuita in capo al Sindaco (o Presidente della provincia) dall'art. 36, comma 5 ter, della legge 8 giugno 1990, n. 142, "Ordinamento delle autonomie locali". Inoltre, la separazione tra compiti di direzione politica (affidata agli organi "politici" dell'ente) e compiti gestionali (propri dell'apparato burocratico dell'ente) comporta la necessaria abrogazione del secondo comma, non essendo più possibile la permanenza, anche in via eventuale, di compiti gestionali affidati ad amministratori "politici", come ribadito, da ultimo, dalla legge 16 giugno 1998, n. 191. La modifica recata al comma 9 dell'art. 27 è dovuta ad esigenze di tecnica legislativa, in quanto il richiamo in esso contenuto all'art. 19 non era più conferente in ragione delle modifiche recata a tale ultimo articolo.

 

     3. Nuove norme in materia di risanamento degli enti locali dissestati.

 

     Le disposizioni recate dal decreto legislativo n. 410 del 1998 in materia di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario hanno lo scopo di semplificare ed accelerare le procedure, contemperando le esigenze della collettività rappresentata e dei creditori dell'ente.

 

     3.1 Adempimenti correlati alla dichiarazione di dissesto finanziario.

     L'art. 79 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 15 settembre 1997, n. 342, prevede ora l'obbligo della trasmissione alla Corte dei Conti della deliberazione che dichiara il dissesto, accompagnata da una specifica relazione dei Revisori contabili finalizzata alla ricerca di eventuali responsabilità. L'art. 5 del decreto legislativo n. 410 del 1998 aggiunge un comma, il comma 4 bis, all'art. 79 del decreto legislativo n. 77 del 1995, al fine di chiarire l'ambito temporale di applicazione delle modifiche apportate al citato art. 79.

     La nuova disposizione recata dal decreto legislativo correttivo in argomento chiarisce che gli obblighi in materia di invio alla Corte dei Conti della deliberazione di dissesto e della relazione da parte dell'organo di revisione sulle cause che hanno provocato il dissesto non possono avere effetto retroattivo e che, come tali, si applicano solo ai dissesti degli enti locali dichiarati dopo l'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 342 del 1997, vale a dire dal 25 ottobre 1997.

     Infatti, pur essendo la dichiarazione di dissesto un atto necessitato in presenza di determinate condizioni, non si ritiene possibile per gli attuali organi di revisione, affatto diversi da quelli che hanno seguito la gestione del periodo di predissesto, predisporre una relazione dettagliata su vicende di difficile ricostruzione.

 

     3.2 Definizione della massa passiva dell'ente locale dissestato.

     L'art. 87 del decreto legislativo n. 77 del 1995 nel testo previgente disciplinava le modalità temporali di formazione della massa passiva dell'ente locale dissestato, lasciando alla determinazione dell'organo straordinario di liquidazione il termine perentorio entro cui dovevano essere presentate le domande per l'inserimento di presunti crediti nel piano di rilevazione della massa passiva, pur nel rispetto del termine di centottanta giorni a disposizione dell'organo straordinario per la formazione del piano.

     Con la modifica recata dall'art. 6 del decreto legislativo n. 410 del 1998 al comma 2 del citato articolo 87, si prevede che l'organo straordinario di liquidazione provveda alla fissazione di un termine perentorio, almeno di sessanta giorni, prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta giorni, per la presentazione da parte dei presunti creditori delle richieste di ammissione alla massa passiva dell'ente dissestato. La nuova disposizione è correlata con quella recata dal successivo art. 8, con il quale viene abrogato il comma 11 dell'art. 89 del medesimo decreto legislativo n. 77 del 1995, vale a dire la possibilità di domande "tardive" da parte dei presunti creditori, proponibili sino all'approvazione del piano di estinzione. La perentorietà del termine (compensata e bilanciata dal termine minimo di legge che si introduce) consente una definizione certa e non fluttuante del passivo che l'organo straordinario di liquidazione deve provvedere a finanziare. Pertanto, ritenuto congruo il termine fissato per una adeguata pubblicità della situazione di dissesto e dell'avviata procedura di rilevazione delle passività, non possono essere presentate domande "tardive" di ammissione al passivo. Da ultimo, si evidenzia che in base al disposto dell'art. 13 del decreto legislativo correttivo di che trattasi, conservano validità gli atti e provvedimenti in tema di domande "tardive" adottati dagli organi straordinari di liquidazione nelle procedure di risanamento in corso, in quanto, in vigenza della precedente normativa, sono state legittimamente considerate valide anche le richieste presentate dopo la definizione del piano di rilevazione.

 

     3.3 Provvedimenti a carico degli organi straordinari di liquidazione inadempienti.

     Con il decreto legislativo n. 342 del 1997 è stato aggiunto, a suo tempo, il comma 7 bis all'art. 87 del decreto legislativo n. 77 del 1995, con la finalità di porre un limite a comportamenti ingiustificatamente dilatori di alcuni organi della liquidazione, prevedendo che, in caso di inosservanza del termine per la redazione del piano di rilevazione della massa passiva (termine fissato in centottanta giorni dal comma 1 del medesimo art. 87), possa essere disposta la sostituzione dell'organo di liquidazione o di parte di esso. Tuttavia, la formulazione della norma non aveva chiarito le modalità con le quali la sostituzione di uno o più membri delle commissioni di liquidazioni potesse essere comminata.

     Pertanto, con la modifica al citato comma 7 bis, operata dall'art. 6 del decreto legislativo n. 410 del 1998, è stato ora previsto un apposito procedimento ricognitivo, affidando alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali la valutazione, sentiti gli interessati, se il ritardo nel portare avanti le operazioni di rilevazione della massa passiva, nella formalizzazione del piano di rilevazione e di quello di estinzione e, da ultimo, nel pagamento dei creditori, siano riferibili a ingiustificati comportamenti degli organi di liquidazione o invece dipendano da inadempimenti di altri soggetti. Il provvedimento di sostituzione è assunto dal Presidente della Repubblica secondo la procedura prevista per la nomina del Commissario e della Commissione straordinaria che avviene, ai sensi del comma 2 dell'art. 85 del decreto legislativo n. 77 del 1995, con decreto presidenziale su proposta del Ministro dell'interno.

 

     3.4 Incremento delle disponibilità finanziarie a favore degli enti locali dissestati.

     L'art. 88 del decreto legislativo n. 77 del 1995 prevede, a favore degli enti che abbiano dichiarato lo stato dissesto finanziario, l'assegnazione di un mutuo per il finanziamento delle passività pregresse. Il mutuo, a carico dello Stato, è determinato nella misura massima di una rata di ammortamento pari al contributo statale previsto, al comma 4, in base ad una posta fissa per abitante, maggiorato di un quota fissa per gli enti con popolazione inferiore a 20.000 abitanti.

     La disposizione recata dall'art. 7 del decreto legislativo n. 410 del 1998, consente (mediante l'inserimento del nuovo comma 4 bis) l'impiego delle economie derivanti dal parziale utilizzo delle disponibilità da parte di alcuni degli enti dissestati. La fattispecie si concretizza ove si manifestino ulteriori necessità per esigenze emerse nel corso della procedura di liquidazione e pagamento della massa passiva o nel caso di insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, che rischi di compromettere il risanamento dell'ente. In tali casi, la richiesta di accedere agli eventuali fondi disponibili è avanzata dall'organo consiliare e dall'organo straordinario di liquidazione. Le economie sono assegnate secondo parametri e modalità individuati con decreto del Ministro dell'interno in corso di emanazione. La priorità, in caso di più richieste concorrenti, va agli enti che in precedenza non hanno usufruito integralmente del mutuo a carico dello stato.

 

     3.5 Nuove disposizioni in materia di procedura "semplificata".

     L'art. 9 del decreto legislativo n. 410 del 1998 introduce modifiche all'art. 90 bis del decreto legislativo n. 77 del 1995, in tema di procedura semplificata per il ripiano delle passività degli enti locali in stato di dissesto finanziario.

     La prima delle due modifiche al comma 3 del citato art. 90 bis si è resa necessaria in quanto la norma previgente limitava la possibilità di transigere al tetto massimo del 60% "del solo capitale". Tale limitazione è parsa ingiustificata nei confronti dei creditori che, sovente, attendono da anni il pagamento di crediti e che dovrebbero rinunciare anche al parziale ristoro degli interessi. La nuova formulazione, prendendo a riferimento il debito nel suo complesso (comprensivo, quindi, di interessi e rivalutazione monetaria), appare più equa, anche in relazione a debiti già riconosciuti dall'ente locale. Con la seconda delle modifiche al comma 3 viene opportunamente fissato un termine, pari a sei mesi a decorrere dalla disponibilità del mutuo a carico dello stato, per la proposta da parte dell'organo straordinario di liquidazione ai creditori affinchè questi accettino le transazioni.

     Con la modifica del comma 5 dell'art. 90 bis si elimina un passaggio, al fine di accelerare la definizione della procedura della liquidazione straordinaria: quello della redazione e del deposito del piano di rilevazione. Quest'ultimo era stato introdotto con il decreto legislativo 11 giugno 1996, n. 336, con lo scopo di consentire, a seguito di una prima sommaria definizione dei debiti ammessi alla massa passiva ed in attesa di effettuare un'accertamento definitivo della massa attiva e di quella passiva, l'erogazione di un acconto ai creditori, così da dare agli stessi un ristoro parziale.

     Con l'introduzione della "procedura semplificata" l'erogazione di acconti perde il suo rilievo, poiché i creditori interessati ad avere un pronto pagamento delle loro spettanze possono addivenire alla definizione transattiva del debito ed al suo pagamento in tempi certi. Eliminata in questo modo una parte consistente di debiti, il cui elenco costituisce, per effetto della modifica al comma 6, allegato al piano di estinzione, nulla vieta che sia deliberato direttamente quest'ultimo (la delibazione sommaria dei debiti è, infatti, già avvenuta nell'ambito della procedura semplificata).

     Il piano di estinzione deliberato dall'organo della liquidazione è sottoposto immediatamente all'approvazione del Ministro dell'interno. Segue poi la fase del pagamento dei residui debiti, con evidente risparmio di tempo.

     Qualora l'organo della liquidazione riesca a liquidare l'insieme dei debiti mediante la stipula delle transazioni (ai sensi dell'art. 90 bis) e in assenza di debiti esclusi il piano di estinzione sarebbe superfluo. Infatti la Commissione per gli organici e la finanza locale sarebbe in questo caso chiamata ad una semplice ratifica dell'operato dell'organo della liquidazione, mentre appare più opportuno dare modo di redigere direttamente il rendiconto da inviare al Comitato regionale di controllo ed all'organo di revisione economico finanziaria, competenti alle verifiche sull'operato gestionale.

     La modifica del comma 6 dell'art. 90 bis, con il quale viene specificato che l'elenco dei debiti transatti con la procedura semplificata costituisce allegato al piano di estinzione e non al piano di rilevazione, trova giustificazione nella modifica apportata al precedente comma 5, che elimina l'obbligo di redigere questo atto qualora venga attuata la procedura semplificata per il pagamento dei debiti, come meglio specificato in precedenza.

     Si ritiene utile evidenziare che l'adozione della procedura semplificata di cui all'art. 90 bis del decreto legislativo n. 77 del 1995 non fa venire meno le garanzie e le tutele previste per i soggetti che avanzino pretese creditorie nei confronti dell'ente. Pertanto, l'organo straordinario di liquidazione dovrà comunque provvedere a notificare i provvedimenti di esclusione agli istanti, ai sensi dell'art. 87, comma 5, avverso i quali potrà essere presentato ricorso al Ministero dell'interno nei tempi e modi previsti dal comma 6 del medesimo art. 87.

 

     3.6 Disposizioni transitorie in materia di risanamento degli enti locali.

     L'art. 12 e l'art. 13 del decreto legislativo n. 410 del 1998 contengono alcune disposizioni transitorie in materia di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario.

     L'art. 12 reca modifiche testuali all'art. 18 del decreto legislativo 15 settembre 1997, n. 342, disponendo, con l'inserimento del comma 1 bis, la conservazione della validità degli atti posti in essere dagli organi straordinari di liquidazione in vigenza della normativa precedente alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 342 del 1997. La nuova lettera del comma 2 dell'art. 18 diviene, in base alle modifiche ora apportate, la seguente: "Le disposizioni di cui agli articoli 86, 87, 88, 89, 90 e 90 bis del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni, si applicano, per quanto compatibili, anche agli enti per i quali non è stato depositato il piano di rilevazione ai sensi dell'art. 89, comma 1, del decreto legislativo n. 77 del 1995. Ai piani di rilevazione non ancora depositati è assegnato un ulteriore termine scadente il 30 settembre 1998".

     L'inciso aggiunto: "per quanto compatibili" serve a chiarire che non necessariamente debbono applicarsi tutte le norme richiamate ma che le stesse debbono essere adattate alla situazione concreta. Nel caso, ad esempio, fosse stato presentato il piano di estinzione e la massa attiva risulti sufficiente al pagamento dell'intera massa passiva, non necessariamente deve essere attivata la procedura semplificata dell'art. 90 bis, ma se ne valuterà l'esigenza in funzione delle possibilità concrete, tenuto conto che la finalità della norma è quella di accelerare il pagamento dell'indebitamento pregresso dell'ente.

     In ordine alla modifica del comma 4, la precisazione riguardante la situazione della massa attiva si rende opportuna per evitare che un'interpretazione strettamente letterale induca a ritenere che le nuove disposizioni si applichino solo quando la massa attiva sia insufficiente al pagamento dei debiti. Conseguentemente, si è precisato che in ogni caso debbono essere applicate le disposizioni come novellate dal decreto legislativo n. 342 del 1997, mentre, qualora la massa attiva sia insufficiente e quindi possa dar luogo ad un pagamento proporzionale dei debiti, l'organo della liquidazione è tenuto a verificare la possibilità di effettuare la procedura semplificata.

     Con l'eliminazione sia del limite dell'ulteriore offerta della transazione di un 20 per cento, sia della suddivisione della fattispecie in due ipotesi, in relazione alla misura degli acconti già erogati (inferiori o superiori al 40 per cento del debito), si vuole dare la possibilità agli organi della liquidazione di agire con maggiore discrezionalità e quindi con maggiore efficacia al fine di raggiungere l'obiettivo di convincere i creditori ad accettare una definizione transattiva delle pretese, lasciando un unico limite superiore quello dell'80 per cento del debito ammesso.

     Va evidenziato, infine, che la locuzione "qualora avesse provveduto ad erogare acconti" va letta con riferimento alla complessiva attività di rilevazione delle passività da parte dell'organo di liquidazione e non con riferimento alla singola partita creditoria. E' del tutto evidente, infatti, che una diversa lettura (volta a consentire la definizione transattiva sino all'80% solo per i crediti per i quali sia stato già erogato un acconto) violerebbe il principio cardine della "par condicio creditorum".

     L'art. 13 contiene una disposizione, di carattere transitorio, intesa alla salvaguardia degli atti prodotti dagli organi straordinari della liquidazione in base alla disciplina applicabile prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo che si commenta, al fine di evitare che si debba reiterare lavoro già svolto.

 

     4. Nuove disposizioni di carattere generale.

 

     4.1 Enti strutturalmente deficitari.

     L'art. 10 del decreto legislativo n. 410 del 1998 reca l'abrogazione del comma 3 dell'art. 95 del decreto legislativo n. 77 del 1995. La norma abrogata era una modifica testuale al comma 2 dell'art. 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di definizione degli enti locali strutturalmente deficitari ed enti equiparati. L'abrogazione esplicita si è resa opportuna per eliminare residui dubbi interpretativi sulla vigenza della norma, in quanto la normativa in tema di enti strutturalmente deficitari è stata ridisciplinata integralmente dall'art. 19 del decreto legislativo n. 342 del 1997, con modifica testuale anche del citato comma 2 dell'art. 45, di fatto già costituendo un'abrogazione implicita del comma 3 dell'art. 95.

 

     4.2 Istituzione dell'Osservatorio sulla contabilità e finanza degli enti locali.

     L'art. 11 del decreto legislativo correttivo che si commenta ha istituito l'Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali, sostituendo l'originaria formulazione dell'art. 109 del decreto legislativo n. 77 del 1995 il quale prevedeva l'istituzione presso il Ministero dell'interno di un una Commissione nazionale per la verifica dei principi contabili degli enti locali, con il compito di accertare l'attualità dei principi contabili stessi e la congruità degli strumenti operativi, al fine di proporre eventuali modifiche da apportare all'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. La composizione della commissione prevedeva la partecipazione di un numero elevato di rappresentanti, in totale 24.

     La rapida evoluzione intervenuta nella realtà degli enti locali ed in particolare modo la trasformazione sempre più accentuata di comuni e province in enti erogatori di servizi, come testimonia il diffondersi di società di capitali a partecipazione pubblica per la gestione dei servizi, l'adozione di nuove forme di finanziamento quali i BOC per la realizzazione di opere pubbliche, il riordino delle competenze tra istanze politiche e quelle burocratiche, l'introduzione di una gestione di tipo budgetario e, contemporaneamente, il restringersi dell'area di attività di carattere autoritativo mediante uno snellimento delle procedure amministrative e una sempre maggiore libertà lasciata all'iniziativa dei privati, rispetto ai quali l'intervento pubblico si pone più come controllo successivo piuttosto che sotto forma di autorizzazioni da acquisire preventivamente, etc. hanno modificato molti dei punti di riferimento che il legislatore del 1995 aveva a disposizione, considerato che allora tali processi erano solo in fase iniziale.

     Le modifiche successivamente introdotte nell'ordinamento contabile, in particolare ad opera della legge 15 maggio 1997, n. 127, testimoniano della necessità di adeguare l'ordinamento al mutamento cui è soggetto il mondo delle autonomie locali. pertanto, il legislatore ha ritenuto che la commissione prevista dall'originario art. 109 non rispondesse più alle necessità attuali sia per quanto attiene i compiti sia per la composizione.

     Il nuovo strumento operativo, l'Osservatorio, più snello ma al tempo stesso altamente qualificato, dovrà essere in grado di analizzare con concretezza le nuove problematiche e, se possibile, di anticiparne le ricadute normative. Anche la denominazione di Osservatorio esprime la volontà di istituire un organismo che sia espressione di realtà non solo istituzionali ma anche di istanze della società civile ed in primo luogo dell'Università e del mondo scientifico che possono dare un prezioso contributo anche in vista del fatto che la nuova frontiera su cui gli enti locali sono chiamati ad operare è quella dell'Unione europea ed è con le soluzioni adottate in tale ambito che è necessario raffrontarsi.

     Il nuovo organismo dura in carica cinque anni e vuole porsi nei confronti di comuni, province e comunità montane come un'interfaccia attiva, in grado di recepirne i problemi, analizzarne i contenuti su un piano multidisciplinare, giuridico, sociale ed economico, suggerire soluzioni avanzate e promuovere sperimentazioni di nuovi modelli gestionali.

 

 


[1] Emanata dal Ministero dell'interno.